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Le miniere dell`Arera
24 Focus L’ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 26 AGOSTO 2013 La rinascita delle miniere Le tonnellate di zinco e piombo ancora da estrarre Stando alle indagini effettuate durante gli ultimi anni di apertura delle miniere, la quantità di zinco e piombo ancora estraibile tra la Val del Riso e Oltre il Colle si aggirerebbe sugli 11 milioni di tonnellate. Finora nel comprensorio sarebbero state estratte «solo» 800 mila tonnellate 11 milioni a Metalli hi-tech e zinco nell’Arera Gli ex minatori pronti a tornare Le miniere della Val Vedra, a Zorzone di Oltre il Colle. A destra, l’ingresso della galleria e, sotto, le protezioni che delimitano un pozzo FOTO MARIO ROTA L’incontro degli ultimi lavoratori a Oltre il Colle dopo i progetti australiani di riapertura «Si cercano pure materiali usati in tecnologia» A Oltre il Colle GIOVANNI GHISALBERTI «La vera miniera a cui gli australiani guardano è sotto l’Arera, a grandi profondità. Qui ci sono zinco e piombo, ma loro cercano anche le cosiddette "terre rare", elementi chimici utilizzati nelle tecnologie, nell’elettronica, nella ricerca medica». Lo dicono gli ex minatori, lo ripete Luigi Furia, ex sindaco di Gorno, all’indomani degli annunciati progetti di riapertura delle miniere della Val del Riso e di Oltre il Colle da parte della Energia Minerals, società australiana di West Perth. Sabato sera, nella sala della biblioteca di Oltre il Colle – caschetto ancora in testa e lampada all’acetilene tra le mani – loro, gli ex lavoratori del sotterraneo orobico, innamorati delle miniere chiuse dal 1982, si sono presentati per ascoltare Luigi Furia, autore del libro che racconta la storia mineraria bergamasca. E per capire questo rinnovato interesse attorno ai 250 chilometri di gallerie che in un secolo sono state scavate tra la Val del Riso e la Val Parina, tra Gorno e Oltre il Colle. Qualcuno ci crede, altri restano più scettici. Ma in tutti c’è l’auspicio che le miniere possano tornare a vivere, magari convivendo con un parziale utilizzo anche a fini turistici. I tempi sono cambiati, i pericoli e la fatica di un tempo non ci sarebbero più. Secondo loro i giovani pronti a scendere sottoterra ci sono. Profondo conoscitore della storia mineraria della Val del Riso è proprio Furia, sindaco «Impatto minimo, anche gli impianti per la lavorazione previsti sotto terra» Gli ex: meglio che negli stabilimenti. Sarebbe l’unica riaperta in Italia per dieci anni di Gorno, nel periodo in cui ancora si estraeva. Lui, come altri ex minatori oltrecollesi, ha incontrato e accompagnato in questi mesi i dirigenti della Energia Minerals tra i cunicoli sotto la montagna. «Questi, se vogliono, ce la fanno a riaprire – dice – l’importante è che prevalga il buon senso». Lo studioso accenna alla contrarietà degli ambientali- sti: «Nessuno vuole distruggere. Anzi, finora sono i "verdi" che con la loro politica hanno lasciato al "verde" i montanari. Se c’è una ricchezza che può andare a beneficio di queste comunità, ben venga che sia sfruttata. Se no lo spopolamento continuerà». E nell’illustrare la propria ricerca Furia, figlio di padre minatore emigrato proprio in Australia, ricorda come, il secolo scorso, le miniere di Gorno e Oltre il Colle davano da mangiare ogni anno a quasi duemila persone. Problemi di sicurezza e salute non ce ne sarebbero. «Il lavoro oggi è meccanizzato, sicuramente meno faticoso – continua –. Oggi come allora chi vuole fare il minatore non deve avere paura del buio e del chiuso: per il resto tanti di loro oggi ripetono che il lavoro in miniera era mille volte meglio di quello negli stabilimenti, come operai. Il vantaggio? Sicuramente l’indipendenza. I minatori, ricevuti gli incarichi, si organizzavano in squadre. E lavoravano con piena autonomia». Ancora sui progetti australiani e dell’impatto ambientale . «In caso di riapertura l’ingresso in miniera sarebbe da Riso di Gorno – prosegue lo studioso –. Qui c’è ancora una galleria, larga quattro metri, che, dopo 11 I numeri A 1982 800 mila L’anno di chiusura Le miniere di Gorno-Oltre il Colle vennero chiuse, dopo circa un secolo, nel 1982. Il minerale da estrarre c’era ancora ma l’Eni preferì farlo arrivare dall’estero. Le tonnellate già estratte Secondo il sito Internet della compagnia australiana Energia Minerals finora nel comprensorio della Val del Riso sono state estratte circa 800 mila tonnellate di zinco e piombo. 980 mila 11 L’investimento per la riapertura La stima per i primi due anni di attività, sistemazione delle tratte e sondaggi compresi, è di circa 980.000 euro. Il cronoprogramma delle attività di ricerca sta per essere esteso nell’arco di tre anni. Nei primi sei mesi si dovrebbe avviare la sistemazione della galleria Riso-Parina con 250.000 euro. I chilometri della Riso-Parina Se l’attività estrattiva dovesse riprendere la Energia Minerals, probabilmente, per arrivare nelle viscere del monte Arera, utilizzerebbe la galleria Riso-Parina, con ingresso a Gorno, lunga 11 chilometri. Il cunicolo, largo quattro metri, consentirebbe l’ingresso dei macchinari. chilometri, consentirebbe di accedere con i macchinari sotto l’Arera, l’area di maggiore loro interesse. Di argento c’è n’è poco ed estrarlo non converrebbe. Sicuramente ci sono zinco e piombo, almeno 11 milioni di tonnellate già accertate quando le miniere chiusero. E poi le "terre rare" che dicono potrebbero essere presenti, proprio perché ci sono zinco e piombo. Come già fanno in Australia, i primi impianti per la trasformazione dei minerali sarebbero realizzati sempre sotto la montagna, in grandi gallerie». Se l’estrazione dovesse riprendere, quello di Gorno-Oltre il Colle sarebbe l’unica miniera di zinco-piombo riattivata. ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA a «Enormi quantità ancora da estrarre Ma si preferì l’estero» OLTRE IL COLLE a Le miniere della Val del Riso e di Oltre il Colle chiusero nel 1982, dopo circa un secolo di attività. Perché non c’era più nulla da cavare? No, al contrario. Zinco e piombo abbondavano e proprio in quegli anni si accertò la presenza di 11 tonnellate di materiale da estrarre. Anzi, era il periodo in cui la tecnologia e i motori stavano iniziando a migliorare decisamente la vita del minatore. Ma improvvisamente tutto venne chiuso. «L’Eni, ultima proprietaria – spiega lo storico Luigi Furia – importava gas e petrolio dall’Algeria. Da allora pensò che sarebbe stato più conveniente comprare dall’Africa L’imbocco del pozzo di 380 metri che collega l’Arera con Gorno FOTO ROTA 25 L’ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 26 AGOSTO 2013 La compagnia australiana che sta investendo Nel progetto della Val del Riso anche la Valle Camonica Il progetto di riapertura delle miniere della Val del Riso è della Energia Minerals Italia, braccio operativo della compagnia con sede a West Perth, in Australia (www.energiaminerals.com), specializzata nello sfruttamento di minerali e in particolare di uranio. La società ha attivi sette progetti, cinque in Australia e due in Italia. Quelli italiani sono a Novazza-Val Vedello, per la ricerca di uranio e appunto Gorno-Oltre il Colle (unito alla Val Camonica), principalmente per zinco e piombo. Dopo i cinque permessi di ricerca già ottenuti dalla Regione in Val del Riso, la compagnia australiana ha richiesto altri cinque permessi, in par- ticolare per la zona della Val Parina e del monte Arera, interessando quindi, soprattutto il territorio di Oltre il Colle. Ma le ricerche coinvolgono parzialmente anche Oneta, Ardesio, Roncobello e Premolo. a «Non ci sono più i rischi di una volta» Quando si moriva per silicosi e per le mine «Ma oggi tutto è meccanizzato e sicuro» A Oltre il Colle Gli ex minatori sabato sera alla presentazione del libro di Luigi Furia a Oltre il Colle anche zinco e piombo. Così le miniere vennero chiuse». Fu quello il periodo in cui – raccontano gli ex minatori – sui vagoncini «si caricava il minerale con tanto scarto o addirittura si coprivano intere vene di minerale puro scoperto nella roccia. A Roma, in qualche modo, si doveva giustificare la chiusura delle miniere». Lino Palazzi, oggi 76 anni, iniziò a fare il minatore a 22, nel 1958. Era l’addetto alle armature, ovvero alla costruzioni delle strutture che dovevano sostenere le gallerie. Un lavoro pericoloso perché una volta sparata la mina e crollata la volta era lui a dover intervenire per tenere in piedi il tutto. «Ricordo che quando si stava- no facendo le ricerche del minerale era il periodo di Pasqua – dice Palazzi –. L’ingegnere che guidava i sondaggi disse che avevamo trovato l’"uovo di Pasqua", tanta era la quantità e la qualità del minerale scoperto da estrarre. Invece si doveva tenere tutto nascosto, perché si doveva chiudere». Così anche il famoso pozzo di 380 metri che negli ultimi tre anni collegò l’Arera con Gorno di fatto non venne quasi mai utilizzato. «Lo si raggiunge entrando dal Ribasso Forcella di Zorzone – continua Palazzi – l’ultimo imbocco alle miniere dell’Arera oggi rimasto ancora accessibile. Dopo qualche centinaia di metri si arriva a questo cunicolo che, «Oggi il lavoro è meccanizzato e molto più facile. Già quando le miniere vennero chiuse le condizioni erano decisamente migliorate». Morti per silicosi, sotto le frane o per lo sparo delle mine resterebbero un lontanissimo ricordo. La miniera, già negli Anni ’80 e a maggior ragione oggi, non sarebbe più pericolosa. Tanto che proprio gli ultimi minatori ricordano con nostalgia quel periodo. Walter Scolari, di Oltre il Colle, oggi ha 61 anni. Nei cunicoli della Val Vedra ha lavorato come locomotorista, dal 1976 al 1982, anno della chiusura. Guidava i carrelli che trasportavano il minerale. Oggi fa il manutentore, il giardiniere e il custode. «Io tornerei subito in miniera, molto meglio che in uno stabilimento». «Lavorare otto ore sotto terra non mi dava alcun problema – ricorda – e poi oggi tutto il lavoro sarebbe facilitato». E sul progetto della Energia Minerals che pensa? «Purtroppo sono trascorsi già 31 anni – dice Scolari che è anche guida del Consorzio minerario GornoOltre il Colle – e nulla si è fatto per mantenere in piedi le miniere. Oggi sarebbero state un patrimonio turistico formidabile. Invece lì dentro cade tutto e recuperarle costerà sempre di più. Il minerale però non manca di certo». Secondo i dati riportati proprio sul sito web della società australiana finora sarebbero state estratte circa 800 mila tonnellate di zinco e piombo. Quanto ancora di estraibile accertato già negli Ottanta, a chiusura delle miniere, era addirittura di 11 milioni di tonnellate. Cosa che, se- in verticale, raggiunge Gorno. Ne avrebbero dovuto costruire altri due accanto, per la ventilazione e soprattutto per il trasporto. In questo modo il minerale estratto da questa parte sarebbe andato direttamente a Gorno». In pratica si sarebbe evitato il trasporto coi camion lungo le strade del paese, visto che il minerale doveva raggiungere la laveria di Gorno (edificio dove avvenivano cernita e lavorazione di quanto estratto). Ma ormai la decisione era presa. Le miniere chiusero da lì a poco. E quel pozzo rimase solo a testimoniare il mancato inizio di una nuova epoca mineraria. ■ G. Gh. Lino Palazzi, 76 anni ©RIPRODUZIONE RISERVATA Achille Palazzi con una mascherina Walter Scolari con una lampada condo lo studioso Luigi Furia, potrebbe dare lavoro, con le tecnologie di oggi, per almeno una decina d’anni. A ricordare come era il lavoro di una volta in miniera è Achille Palazzi, 70 anni, di Zorzone. Iniziò a 18 anni e lavorò fino a 40, nel 1982. «In quel periodo era di fatto l’unico lavoro – dice –. All’inizio sicuramente molto faticoso, perché, per esempio il materiale si caricava ancora col badile. Poi, poco alla volta, tutto è migliorato. Ricordo il gas delle mine: quello era tossico, spesso venivano i capogiri e si cadeva a terra. È successo anche a me, tanti venivano portati fuori dalla mi- niera. Per anni, per fare i buchi dove mettere le mine, si usarono le perforatrici a secco, quelle che, facendo uscire un sacco di polvere, provocavano la silicosi. Le mascherine che davano in dotazione erano di fatto inutili perché si impregnavano di fango. Finalmente arrivarono le perforatrici ad acqua che eliminarono il problema della polvere. Però lo stipendio, per il periodo era molto buono. Tra l’altro proprio chi lavorava in miniera aveva agevolazioni fiscali». E la possibile riapertura? «Io non ci credo molto ma lo spero – prosegue Palazzi –. Quando chiusero c’era ancora un sacco di minerale da estrarre. La chiusura fu solo una scelta politica, perché di lavoro ce n’era. Penso che oggi, se dovessero riaprire le miniere, i giovani pronti a entrare ci sarebbero. Le condizioni ormai sono decisamente migliorate». ■ L’attività estrattiva potrebbe portare lavoro per una decina d’anni G. Gh. FONTANELLA Porzione di casa da ristrutturare, disposta su due livelli e sottotetto. Ampi spazi solo 55.000 € non soggetto ad ace ROMANO Bellissimo trilocale completamente ristrutturato con box, cantina e solarium. Pronto da abitare solo 83.000 € cl g ipe 189,36 tel. 0363/913700