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La sfida di una classe difficile
LAVORO DI DIPLOMA DI CARLOTTA VALLI MASTERS OF ARTS SUPSI IN INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA MEDIA ANNO ACCADEMICO 2010/2011 LA SFIDA DI UNA CLASSE DIFFICILE RELATORE DARIA DELORENZI CROCI Sommario Introduzione .......................................................................................................................... 2 Le motivazioni della scelta........................................................................................... 2 Nascita della domanda di ricerca.................................................................................. 3 Metodologia di ricerca ................................................................................................. 3 Raccolta e analisi dei dati............................................................................................. 4 Qualche riflessione teorica ........................................................................................... 4 Il percorso della ricerca............................................................................................... 6 Analisi dei dati ...................................................................................................................... 7 Interruzione della scrittura del diario............................................................................ 7 Primo livello di analisi: che cosa racconto nel mio diario?............................................ 7 Secondo livello di analisi: identifico i punti tematici del mio diario e delle mie domande formative. .................................................................................................................... 8 Studio di tipo qualitativo e quantitativo del mio diario. .......................................... 9 Analisi qualitativa del mio diario................................................................ 9 Analisi quantitativa del diario....................................................................11 Conclusione all’analisi del mio diario........................................................12 Studio qualitativo delle mie domande formative e riflessioni. ...............................13 Conclusioni all’analisi delle mie domande formative e riflessioni..............20 Il mio primo intervento: lettera alla quarta C. ..............................................................21 Analisi delle loro risposte alla mia lettera....................................................................21 Definizione dei punti tematici...............................................................................22 Conclusioni relative all’analisi delle risposte degli allievi .....................................24 Il mio secondo intervento: lezione sull’evoluzione ......................................................24 A cosa mi sono ispirata? .......................................................................................24 Descrizione della lezione che cerca di rispondere ai consigli degli allievi .............25 Esito dell’attività ..................................................................................................26 Conclusioni ..........................................................................................................................27 Le mie riflessioni finali ...............................................................................................27 I miei guadagni formativi............................................................................................28 Riferimenti bibliografici principali........................................................................................31 Carlotta Valli Introduzione Le motivazioni della scelta Il 6 settembre 2010 sono nell’aula G245 e aspetto la mia nuova classe di quarta. Per accoglierli ho preparato sul tavolo delle fotografie che raffigurano alcuni elementi che studieremo durante l’anno. Non sono subito riconoscibili come tali ed è proprio questo il mio obiettivo. Si tratta di un esercizio di conoscenza poiché attraverso un’immagine devono descriversi. Io sono la prima a cominciare. Non parlano moltissimo, ma la prima ora scorre velocemente. Ci ritroviamo così a iniziare il primo argomento del programma di fisica: energia. Organizzo diverse postazioni in laboratorio. Il lavoro procede abbastanza tranquillamente e la mia prima lezione termina velocemente. In queste due ore noto però, che sono molto silenziosi nelle discussioni in classe. Giustifico il loro atteggiamento con l’impostazione della mia lezione: probabilmente l’attività preparata è noiosa. Mi faccio forza pensando che la situazione affrontando il programma di genetica migliorerà. Si tratta di una materia alla quale sono molto legata perché i miei studi universitari si sono concentrati su questo ramo della biologia e, a differenza della fisica, la sento sulla mia pelle. Inoltre, nel mio primo anno di formazione, le lezioni progettate su questo argomento mi avevano dato molta soddisfazione. Decido quindi di calare la mia carta vincente decisa a coinvolgerli nel mondo delle Scienze Naturali. Le mie aspettative sono presto deluse. Proprio in seguito allo svolgimento delle lezioni di genetica si comincia a creare sempre più la mia frustrazione nel non sapermi relazionare con loro. Ogni lezione mi sembra un supplizio perché da parte loro non sento nessun tipo di coinvolgimento ma solo un silenzio assordante. Prendo coscienza di avere un problema che mi fa soffrire moltissimo e sento il forte bisogno di affrontarlo e di risolverlo. Ma chi può darmi una risposta che si traduca in uno sviluppo positivo della mia relazione con la classe? Chiedo inizialmente aiuto e consigli a molti miei colleghi. Le risposte ottenute mi sembrano poco soddisfacenti e contrastanti tra di loro. C’è chi mi consiglia di essere più dura e meno tollerante (“Comincia a dettare per un’ora” oppure “Metti degli avvisi sul diari”). Altri invece suggeriscono di comportarmi in modo più permissivo e gioioso (“Proponi delle attività 2 La sfida di una classe difficile ludiche” oppure “Introduci dei premi”). Entrambe queste strade non mi convincono. A quel punto comprendo che non esiste una risposta preconfezionata al mio problema. Devo intraprendere un mio percorso interiore alla ricerca di risposte. Nascita della domanda di ricerca La nascita della mia domanda di ricerca è l’inevitabile conseguenza di quanto espresso in precedenza. Si tratta, per me, di assumere il compito di investire energie nel cercare di affrontare il problema relazionale che si era creato tra me e la classe. Quali risorse può attivare l’insegnante di Scuola Media nell’affrontare il disagio in una classe difficile? Cosa s’intende con “classe difficile”? Quale tipo di barriere si pongono tra l’insegnante e una classe? Metodologia di ricerca In questo lavoro di diploma la metodologia di ricerca adottata è quella della ricerca azione. Con questo termine si richiamano due concetti contrapposti. Attraverso la ricerca si vuole approfondire un aspetto della realtà attraverso una raccolta di informazioni. Con la parola azione invece si riassume l’idea di introdurre in quella stessa realtà dei cambiamenti. In questo lavoro non esamino nel dettaglio delle teorie relative alle scienze dell’educazione, poiché le stesse potranno essermi utili soprattutto in sede di analisi dei dati. Il mio obiettivo è di analizzare una situazione reale legata alla difficile relazione con una classe e di provare a introdurre dei cambiamenti in positivo. Da docente provo a trasformarmi in una ricercatrice che investiga su un determinato problema e cerca di adottare delle soluzioni. Per raggiungere questo scopo è essenziale però riflettere sulle proprie azioni, condizione necessaria per ottenere un miglioramento nella propria pratica educativa. In una ricerca azione il docente-ricercatore deve indicare le fasi di lavoro e successivamente di interpretare i dati ottenuti. Inizialmente si parte con l’obiettivo di investigare su un certo problema (domanda di ricerca) e si raccolgono le informazioni alla situazione presa in esame. Successivamente si definiscono gli interventi attraverso cui cambiare quella realtà. Come terza fase si fa una valutazione dei dati ottenuti in modo tale da registrare gli eventi. Per 3 Carlotta Valli quanto riguarda il mio lavoro di ricerca non ho progettato fin dal principio i miei interventi nella classe. Dapprima ho dovuto analizzare il mio diario che ha rappresentato lo strumentoguida del mio percorso interiore e in seguito riflettere sulle azioni da intraprendere con la classe. In effetti, solo dopo questa pratica, ero pronta a intervenire con dei cambiamenti. Raccolta e analisi dei dati Come già espresso al paragrafo precedente, i dati sono stati raccolti nell’arco di quattro mesi attraverso la compilazione di un diario. Secondo Zabalza (2001) i diari “sono dei documenti nei quali gli insegnanti raccolgono le proprie impressioni su ciò che via via accade nella propria classe.” (pag. 10) L’analisi del mio diario è stata prevalentemente qualitativa e si è succeduta in due fasi. Inizialmente ho arricchito il mio racconto con domande e riflessioni. In seguito ho esaminato più in dettaglio quali focus dominavano il mio diario e le mie rielaborazioni. Sono stati inoltre analizzati anche i prodotti degli allievi. Si tratta delle loro risposte a una lettera scritta di mio pugno. Inizialmente non era stato previsto di esaminare questo tipo di dato ma l’esigenza è nata nel corso della ricerca in quanto ho ritenuto le loro risposte molto significative e l’analisi delle stesse ha saputo originare importanti sviluppi del mio cammino con la classe. Anche in questo caso l’analisi si è basata sulla ricerca di punti tematici e sulla categorizzazione delle risposte degli allievi. Sia per il mio diario che per le risposte dei miei allievi ho identificato i vari focus che li caratterizzavano. Questo processo mi ha aiutata a prendere le distanze dalla mia componente emotiva nell’analizzare i dati raccolti. Infatti come docente è faticoso leggere il dato in modo neutro perché è toccata la propria sfera intima. Qualche riflessione teorica Spesso l’insegnante si ritrova ad affrontare problemi di cui non esiste una soluzione pronta all’istante. Dunque il docente si deve trasformare in una sorta di ricercatore con l’obiettivo di individuare una risposta alle sue domande. Un modo per costruire un proprio sapere educativo è partire dalla propria esperienza. Come ha affermato Luigina Mortari (2007) 4 La sfida di una classe difficile “Costruire sapere a partire dall’esperienza significa sostituire alla logica del top down, cioè quella che ritiene esserci sempre disponibile una teoria entro la quale sussumere l’esperienza, la logica del from the ground up, che mira a fare della pratica il luogo in cui si elabora il sapere.” (pag. 13) È necessario però fare molta attenzione al significato che si attribuisce alla parola esperienza. Quest’ultima non significa semplicemente provare sulla propria pelle qualche attività. Luigina Mortari (2007) nel suo libro la definisce nei seguenti termini: “l’esperienza prende forma quando il vissuto diventa oggetto di riflessione e il soggetto se ne appropria consapevolmente per comprenderne il senso. C’è esperienza quando si esplora la vita preriflessiva e si attribuisce senso a quello che accade.” (pag.14) Tenere un diario aiuta il docente nella sua pratica riflessiva. Infatti dapprima si descrivono i fatti che maggiormente lo hanno colpito. In un secondo momento si rileggono quegli stessi episodi narrati con la dovuta distanza per estrapolarne delle riflessioni o degli interrogativi. A partire dalla presa di coscienza del proprio modo di agire si possono in seguito ipotizzare quali passi compiere in futuro. In conclusione, il diario è uno strumento utile alla crescita professionale di un insegnante poiché gli permette di sviluppare la consapevolezza delle proprie azioni. 5 Carlotta Valli Il percorso della ricerca 6 La sfida di una classe difficile Analisi dei dati Interruzione della scrittura del diario. Nel mese di gennaio decido di non scrivere più il diario perché questa pratica perché non mi aiuta più. Mi sento come imbrigliata nella mia aurea negativa: i miei sfoghi diventano sempre più pesanti e ripetitivi. L’attività di scrittura si trasforma in un supplizio perché costato che nel rapporto con la mia classe non faccio nessun progresso. Sono bloccata in un punto e l’interruzione della scrittura del diario testimonia questa battuta d’arresto. Dopo qualche settimana utile a prendere le distanze dai miei scritti, sento l’esigenza di rileggere quanto annotato nel mio quaderno. Il diario cambia finalità: da luogo di confessione diventa invece uno strumento per rielaborare i fatti accaduti nell’arco di questi mesi. Mi trasformo in osservatrice di me stessa e provo a razionalizzare gli eventi accaduti. Con questa motivazione mi immergo sempre di più nell’analisi del mio diario. Esamino il mio testo in due fasi cercando di volta in volta di aumentare la profondità dell’analisi. Primo livello di analisi: cosa racconto nel mio diario? Inizialmente rileggo per intero la mia narrazione da cui estrapolo alcune prime considerazioni. Nel mio diario descrivo principalmente la mia relazione con gli allievi della mia classe di quarta. Raramente riporto casi di ragazzi problematici all’interno di altre classi. In questo gruppo mi preoccupa molto il loro silenzio e il poco coinvolgimento dimostrato alle mie lezioni. Per questo motivo, seguendo le indicazioni di Zabalza (2001), posso definire il mio diario come “espressione delle caratteristiche degli alunni e dei relativi insegnanti” (pag. 68). Infatti, i miei scritti si concentrano principalmente sulle descrizioni degli alunni più problematici e del mio rapporto con loro. Di riflesso racconto i miei stati d’animo in particolari situazioni e di come agisco nei momenti di tensione con loro. In minima parte riporto nel mio diario la descrizione di attività svolte con la classe. Ridondanze e dominanze. Protagonisti del mio diario sono quattro allievi di quarta. In ogni pagina del mio quaderno si ripete lo stesso schema: uno di loro ha compiuto un’azione, io 7 Carlotta Valli rispondo e successivamente rifletto sul mio stato d’animo e mi interrogo sulla qualità delle mie risposte. In particolare mi chiedo se esse siano state opportune ed efficaci. Dal mio diario: “G. mi dice “ ‘soressa, lei è tra le soresse che preferisco”. Non credo a questa sua affermazione. Non mi fido di lui. Già questo dovrebbe farmi riflettere. Poi aggiunge “lei e la soressa B.”. a quel punto mi irrigidisco. B è nota in sede per essere una docente molto permissiva e casinista. Non voglio essere come lei. Puntualizzo con G “ guarda che se pensi di fare casino con me ha sbagliato proprio”. Lui mi risponde “ no, soressa, è perché con lei si può scherzare”. Questo episodio mi ha fatto riflettere. Se è vero da una parte non mi piace dare avvisi né fare blitz, dall’altra mi sono spaventata nel vedermi in un certo immaginario. Che docente voglio essere?” (7 dicembre) Secondo livello di analisi: identifico i punti tematici del mio diario e delle mie domande formative. Procedo a una seconda rilettura del mio diario ed estrapolo da alcuni passaggi domande formative e riflessioni. Per farlo costruisco una tabella composta da tre colonne (vedi allegato 1). Nella prima è riportato il mio diario mentre nelle altre due annoto rispettivamente le mie domande formative e le mie riflessioni. Tabella 1. Analisi del diario. DIARIO 6-7 settembre 2010 Sono state definite le caratteristiche dell’energia. AVRANNO CAPITO? Sono muti. Hanno lavorato a gruppi in malo modo: disattenti, annoiati, sbuffanti. Hanno dato risposte superficiali. 8 INTERROGATIVI RIFLESSIONI Quale escamotage utilizzare per entrare nelle loro teste? Non si capisce cosa sentono. La sfida di una classe difficile In seguito approfondisco ulteriormente il contenuto dei miei scritti. Identifico quindi i punti tematici che caratterizzano il mio diario, le mie domande e riflessioni nate dalla rilettura dei mio “scrivere”. Studio di tipo qualitativo e quantitativo del mio diario. Decido di esaminare il mio diario sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Analisi qualitativa del mio diario. Rileggendo il mio diario classifico alcuni passaggi in categorie. Il testo è molto lungo e per rintracciare queste etichette mi aiuto con delle parole chiave. Colore rosso: emozioni e sentimenti del docente Con questo colore metto in evidenza le frasi che descrivono i miei stati d’animo e le mie emozioni scaturite di fronte a certi comportamenti. Dal mio diario: “Non potevo più vederli davanti a me. Mi mettono a disagio, non sto bene nel vedere le loro facce. Sto male.” (4 ottobre) “Mi fa arrabbiare moltissimo…” (14 settembre) “Per quanto mi riguarda ho fatto schifo…” (21 settembre) Colore giallo: percezione della classe In questa categoria riassumo i passaggi della mia narrazione che si concentrano sulla descrizione dei loro comportamenti come classe. Dal mio diario: “Sono state definite le caratteristiche dell’energia. AVRANNO CAPITO? Sono muti.” (7 settembre) 9 Carlotta Valli “In più loro non parlano. Come so quello che gli passa per la testa?” (14 settembre) “...mi sembra di far lezione a un muro immenso e invalicabile.” (14 dicembre) Colore viola: indicazioni operative Con questo colore ho evidenziato le indicazioni operative che mi suggerisco dal momento che ho avuto un riscontro positivo nell’utilizzare determinati strumenti. Dal mio diario: “Devo far scrivere maggiormente la risposta individuale in modo da osservare i loro pensieri. Lavorare sulla forma scritta per arrivare alla forma orale.” (5 ottobre) “C’era la posta in gioco di un + sul registro.” (25 ottobre) Colore blu: gli avvenimenti della lezione Con questa etichetta raccolgo le frasi in cui descrivo lo svolgimento delle mie lezioni. In questi passaggi rifletto dunque sulla didattica. Dal mio diario: “Ho fatto fare degli esercizi individuali, di cui uno particolarmente complesso.” (25 ottobre) “Ho lasciato la pompa idraulica sul tavolo.” (25 ottobre) “Per quanto riguarda la didattica, l’idea di fare un indice è utile però da fare cammin facendo, non in una botta sola.” (22 novembre) Colore azzurro: interrogativi sulla relazione Sottolineo con questo colore i passaggi in cui mi pongo delle domande per migliorare la mia relazione con i singoli allievi che manifestano comportamenti particolarmente problematici. Dal mio diario: “Come faccio a tenere a freno queste mie sensazioni nei suoi confronti? Come faccio a gestirlo?” (6 dicembre) 10 La sfida di una classe difficile “Perché è interessato a me? Perché mi dice che sa dove abito e che il giorno x mi ha visto attraversare la strada?” (15 novembre) Colore grigio: interazione con i colleghi In questa categoria rientrano i passaggi che riguardano gli incontri e discussioni avute con i miei colleghi di sede. Dal mio diario: “Ho parlato con una mia collega di francese che insegna anche lei a una parte della 4 nell’opzione di francese.” (17 gennaio) “Ho incontrato per i corridoi della scuola M. Conosceva la mia situazione con la 4 e ha pensato di darmi un fascicolo che per lui è stato illuminante.” (12 ottobre) Analisi quantitativa del diario. Dopo questo lavoro, decido di procedere a un’analisi quantitativa per contare quante volte sono presenti questi focus all’interno del mio diario. Dal seguente grafico emerge un quadro sorprendente: le categorie più rappresentate riguardano “emozioni e sentimenti del docente” e “percezione della classe”. Hanno poca rilevanza i passaggi che riguardano le operazioni messe in atto per fronteggiare questa situazione di tensione. Nel mio diario dedico poco spazio alla riflessione sulla didattica e alla descrizione delle interazioni con i colleghi. 11 Carlotta Valli Figura 1 – ripartizione all’interno del mio diario dei vari punti tematici Conclusione all’analisi del mio diario. I dati emersi mi portano a fare due riflessioni. In primo luogo ripenso al motivo che mi ha spinto a scrivere un diario. Nell’arco di questi mesi ho sentito il bisogno di buttar fuori tutte le mie emozioni ed evitare così che tutta la tensione accumulata mi facesse esplodere. La scrittura mi ha aiutato a liberarmi dei pesi che mi opprimevano. Inizialmente il diario è stato usato come una sorta di confessionale. In un secondo momento è diventato invece un punto di partenza per razionalizzare le mie emozioni e provare così a identificare i miei errori. 12 La sfida di una classe difficile In secondo luogo, dalle due categorie più rappresentate emerge un mio dilemma. Questo termine richiama tutti gli aspetti che preoccupano il docente. Nel mio caso, il dilemma verte sulle rappresentazioni di me stessa e dei miei allievi. Tutte le annotazioni sul diario si concentrano sulle mie reazioni e sui loro comportamenti cercando di individuarne le responsabilità di una situazione così compromessa. Il mio dilemma verte quindi sul seguente interrogativo: di chi è la colpa se la relazione è così conflittuale? Sono io d essere incapace di motivarli oppure sono loro che non si entusiasmano mai? Figura 2 – Rappresentazione schematica di un mio dilemma Studio qualitativo delle mie domande formative e riflessioni. In seguito all’analisi del mio diario, elaboro il mio testo attraverso delle domande formative e delle riflessioni. Successivamente, classifico queste annotazioni secondo i loro contenuti individuando le seguenti categorie o “etichette”. Le mie rielaborazioni sono dominate dai seguenti punti tematici. Io e la mia classe comunichiamo? Il mio linguaggio Come vedo la mia classe? Come mi vedo io? Io e la didattica Soluzioni “operative” 13 Carlotta Valli Io e i miei colleghi Che docente voglio essere? Successivamente definisco i contenuti di queste etichette estrapolando alcune frasi del mio diario. Io e la mia classe comunichiamo? In questa etichetta raggruppo domande e riflessioni che riguardano il dialogo tra me e la classe. Fin dalla prima lezione il gruppo si contraddistingue per il suo mutismo che col passare del tempo diventa sempre più insopportabile. Alcune domande vertono sulla ricerca di uno strumento che mi permetta di capire il loro punto di vista. Ho sempre interpretato il loro silenzio come la scelta di non voler dialogare con me. Sarà veramente così? Oppure questo comportamento veicola un altro messaggio? Dalle mie annotazioni a margine: “Non si capisce cosa sentono. Quale escamotage utilizzare per entrare nelle loro teste?” “Come so quello che passa loro nella testa? Ho un muro davanti a me e non riesco a scavalcarlo” Se analizzo i racconti raccolti sui singoli allievi, mi accorgo che in questi mesi alcuni di loro hanno inviato una sorta di messaggio. Solo rileggendo alcuni episodi descritti nel mio diario, razionalizzo che non ho voluto ascoltare alcuni loro messaggi, oppure che li ho interpretati con un’accezione negativa. Dal mio diario: “soressa ho quindici anni, non sono più obbligato a venire a scuola. Perché devo stare a scuola a prendere tre?” (19 ottobre) “Gli ho detto ‘nei prossimi dieci minuti sistemi i fogli e domani mi porti il classificatore con i divisori’. Me lo sono scritta sul registro convinta che non me l’avrebbe portato. SORPRESA: 14 La sfida di una classe difficile non ho detto nemmeno buongiorno e il classificatore era già sulla mia scrivania.” (19 ottobre) Il mio linguaggio Raccoglie le riflessioni fatte sul mio linguaggio. Il 12 ottobre un mio collega mi consiglia di leggere il libro insegnanti efficaci di Thomas Gordon. Attraverso questo documento ripenso al mio modo di rivolgermi agli allievi nei momenti di tensione. Dal mio diario: “… (il mio linguaggio) spesso è accusatorio. Mi rivedo nelle parole di Gordon. Devo lavorare molto su me stessa riguardo questo aspetto.” (11 ottobre) Da quel giorno decido di approfondire questa problematica. Fino ad allora non mi ero soffermata a riflettere su quali parole uso per parlare con i miei allievi. Mi rendo conto che inconsapevolmente spesso ho fatto uso di termini che veicolano messaggi negativi. Dal mio diario: “Ho litigato con T davanti alla classe. (…) l’ho fermata a lezione terminata. Ho spiegato le mie ragioni e le ho dato la possibilità di spiegarsi a sua volta. Lei sembra aver capito e inaspettatamente mi ha chiesto scusa spontaneamente alla fine del confronto. Sono rimasta stupita” (13 settembre) “M viene durante la pausa, di sua spontanea volontà, a chiedermi se si è comportato bene. Ho risposto che considerando la sua età doveva saperlo lui.” (4 ottobre) Come vedo la mia classe? In questa etichetta raccolgo le riflessioni che riguardano i rapporti di dominanza tra me e qualche allievo. Nei miei diari raramente prendo in considerazione la classe per intero. Difatti questo gruppo è fortemente condizionato da alcuni elementi che ne dettano l’andamento. Anch’io come docente sono attratta verso questi soggetti. In aula si manifesta fisicamente come la mia attenzione sia completamente e costantemente rivolta verso di loro. 15 Carlotta Valli Dal mio diario: “In queste ore ho messo C e B e R in fondo. Non potevo più vederli davanti a me.” (4 ottobre) “… mentre gli altri risolvevano gli esercizi di termica, io R e M ci siamo messi ad ordinare cronologicamente le schede e ad annotare quelle mancanti.” (18 gennaio) Anche nel mio diario sono i loro nomi a ripetersi più spesso nel testo e addirittura in data 1819 ottobre, l’intero spazio della mia scrittura è utilizzato per commentare i loro comportamenti. Dal mio diario: “Più di tutti mi colpiscono R, M e G” (10 gennaio) Io e la didattica In questa categoria raccolgo quelle riflessioni che riguardano la progettazione delle mie lezioni. Dal mio diario emerge la volontà di coinvolgere i miei allievi nel mondo delle scienze progettando lezioni interessanti e stimolanti. Mi scontro però con un’altra realtà: la classe sembra disinteressata e indifferente alla mie proposte didattiche. Questo fatto alimenta e fa crescere la mia frustrazione. Dal mio diario: “Qualsiasi lezione faccio li trovo sempre più disinteressati e annoiati” (11 gennaio) “Faccio di tutto per rendere le mie lezioni più interessanti e non serve a nulla” (5 ottobre) Il programma di fisica si rivela ben presto ostico e questo contribuisce ad aumentare la problematicità della situazione. Si tratta, infatti, di un ramo delle Scienze Naturali che ho approfondito poco nel mio percorso universitario. Per questo motivo riscontro fin dall’inizio grosse difficoltà a insegnarla e ciò si ripercuote sulla qualità e sull’efficacia del mio insegnamento. 16 La sfida di una classe difficile Dal mio diario: “Da una parte mi piace perché sto imparando la termica io stessa mentre la insegno. Mi rendo conto di fare molti click mentre scrivo alla lavagna. La didattica della lezione ne risente però molto.” (29 novembre) “Mi sembra tutto molto statico e pesante da apprendere” Soluzioni “operative” Con questa etichetta raggruppo le domande e le riflessioni contenenti già delle indicazioni operative. Ad esempio, di fronte al loro mutismo ripenso alla possibilità durante le lezioni di scienze di puntare sulla scrittura e sul ritmo. Dal mio diario: “… far scrivere maggiormente la risposta individuale in modo da osservare i loro pensieri. Lavorare sulla forma scritta per arrivare alla forma orale.” (4 ottobre) “Per quanto riguarda ho fatto schifo. Ritmo lento, poco incalzante, troppo poco determinata.” (21 settembre) Mi interrogo anche sull’opportunità di motivare gli allievi all’apprendimento con una nota positiva sul registro. Infatti la mia paura è che gli allievi non siano stimolati dalla materia in sé, ma dalla mia valutazione. Dal mio diario: “Ho fatto fare degli esercizi individuali, di cui uno particolarmente complesso c’era la posta in gioco di un + sul registro. L’attività ha funzionato nel senso che sono stati concentrati fino all’ultimo.” (25 settembre) Inoltre, vorrei aiutare gli allievi più in difficoltà partendo dalla cura del loro materiale. Difatti i loro classificatori spesso si trovano in una situazione disastrosa. Rifletto quindi sul fatto che 17 Carlotta Valli delle schede lacunose e disordinate non possono certo essere di sostegno al loro apprendimento. Dal mio diario: “Sono rimasta colpita dal livello di disordine accumulato in quei classificatori. Era tutto sparpagliato, tutto scritto male, schede dall’aria un po’ stropicciata. Come possono studiare Scienze con quella baraonda di classificatore?” (18 gennaio) Io e i miei colleghi In questa etichetta riassumo tutte le riflessioni che raccontano i rapporti con i miei colleghi. Riguardo al comportamento della classe mi confronto raramente i con i miei colleghi. Dal mio punto di vista sarebbe invece importante trovare una linea d’azione comune o quantomeno aumentare i feedback con loro. Dal mio diario: “I docenti devono decidere insieme una linea comune da seguire. La classe secondo me sente che dall’altra altra parte non c’è un fronte comune, che siamo frastagliati sia come metodi che come attitudine (avviso sì avviso no).” (30 novembre) “La docente di classe ha riferito di un metodo che sta applicando con loro. Posso sapere che lavoro sta facendo? Magari lo posso seguire anche io” (29 novembre) Come sono io? In questo caso raccolgo le mie riflessioni concernenti la mia sfera emotiva. Parte preponderante delle mie domande e riflessioni riguardano proprio la mia persona e il mio carattere. Dalle mie frasi emerge uno stato d’animo caratterizzato dall’insicurezza e ciò si traduce coll’interpretare ogni avvenimento con un’accezione negativa. Dal mio diario: 18 La sfida di una classe difficile “G mi ha detto “’soressa lei è una grande, è già finita la lezione?” potrebbe sembrare un complimento ma io l’ho letta come “lei è talmente cretina che ci fa fare degli esercizi molto semplici che io sono in grado di risolvere in poco tempo e il restante tempo posso fare quello che mi pare.” (26 ottobre) “Sono stata contenta dell’iniziativa di R (sistemare il classificatore) e sono contenta di averlo ascoltato e seguito. Mi sono proprio sentita di fargli i complimenti. (dubbio: non l’avrà fatto perché sono in arrivo i giudizi, vero?)”. (18 gennaio) Questa mia insicurezza incide anche sul mio ruolo di insegnante perché è costante la ricerca di autorevolezza nei loro confronti. Dal mio diario: “Negli ultimi cinque minuti ho dato loro il compito di scrivere cosa hanno imparato in questa lezione. M e G stavano parlando d’altro e io mi stavo già innervosendo.” (12 ottobre) “Naturalmente mi sono sentita in colpa, come una docente che non sa come tenere il gruppo.” (30 novembre) Che docente voglio essere? In questa categoria raccolgo gli indizi che descrivono la ricerca di quale modello di docente seguire. In modo particolare rifletto su che tipo di insegnante voglio diventare. Emerge quindi un secondo dilemma: autorevolezza versus affettuosità. Da una parte come docente ci tengo a creare con le mie classe un clima di lavoro positivo e stimolante. Dall’altra però ho paura che questo mio modo di pormi risulti troppo di complicità con i miei allievi, minando così la mia autorevolezza. 19 Carlotta Valli Dal mio diario: Secondo dilemma: affettuosità versus autorevolezza Affettuosità Autorevolezza “A italiano non c’è turbolenza perché ‘hanno paura’ della loro docente di classe… certi metodi non li utilizzo perché non credo risolvano i problemi” (29 novembre) “Faccio di tutto per rendere le lezioni più interessanti e non serve a nulla” (5 ottobre) “Ho chiesto a M se gli era piaciuta la lezione” (12 ottobre) “Gli ho fatto i complimenti per la calligrafia!” (19 ottobre) “Non devo pormi con loro in modo amichevole. Non sono la loro amica. Sono la loro insegnante” (28 novembre) “Se è vero che da una parte non mi piace dare avvisi né fare blitz, dall’altra mi sono spaventata nel vedermi in un certo immaginario (essere troppo permissiva)” (6 dicembre) “Mi sono sentita in colpa come una docente che non sa tenere il gruppo” (29 novembre) Conclusioni all’analisi delle mie domande formative e riflessioni. Esaminando il mio diario e le mie riflessioni, emergono chiaramente alcuni dati del mio percorso fatto con la classe. Per rompere il silenzio si può provare a comunicare in forma scritta. Come docente sono calamitata da certi soggetti minando così il rapporto con l’intera classe, sono ostaggio di questo rapporto di forza. Negli occhi dei miei allievi ricerco la stima e il rispetto. Sono molto incerta però su come raggiungere questo risultato ed è per questo che mi dimeno in atteggiamenti a volte più comprensivi a volte più fermi e duri. Sono in evidente difficoltà a insegnare il programma di scienze. Qualcosa nella didattica rende le mie lezioni pesanti da seguire poiché la situazione di giorno in giorno si fa più complicata. Sorprendentemente c’è molto di me stessa in questo diario. Difatti sono descritti molti miei stati d’animo e alcuni aspetti del mio carattere. Sono spesso triste e frustrata e in questa 20 La sfida di una classe difficile situazione mostro il lato fragile e insicuro del mio carattere. In questo diario risulta evidente come io mi stia mettendo in gioco prima di tutto come persona. Il mio primo intervento: lettera alla quarta C. Dopo aver analizzato il mio diario, prendo sempre maggior consapevolezza del fatto che è ora di descrivere alla classe il mio stato d’animo. Nonostante questa convinzione, sono molto imbarazzata e intimorita nel dover affrontare la questione oralmente. Difatti per me significa mettere a nudo i miei sentimenti davanti a loro e ho paura di non poter mantenere il controllo della mie emozioni. Prendendo spunto dal diario in cui affermo “devo passare dalla forma scritta per arrivare a quella orale”, decido così di impostare una lettera (vedi allegato 2). In questo modo ho la possibilità di leggere le loro risposte in totale tranquillità e senza timore di avere un crollo emotivo di fronte a loro. Inoltre ho anche il tempo per riflettere sulle loro parole e quindi meditare in quale modo migliorare la mia relazione con loro. Mettere per iscritto i miei sentimenti si rivela un’attività complessa perché per loro non ho altro che parole forti e dure. Inizialmente la lettera assomiglia più ad un atto d’accusa verso la classe che a uno strumento per risollevare un rapporto in crisi. Solo attraverso un intervento esterno riesco a rendere il mio messaggio più affettuoso. Analisi delle loro risposte alla mia lettera Nell’analisi delle loro risposte il passaggio più difficile da compiere è leggere i loro scritti estraniandomi dall’autore. Infatti mi rendo conto che, riconoscendo le varie calligrafie, ne distorco il significato. Nel mio immaginario non riesco ad accettare i loro responsi, non tanto per i contenuti, ma per l’opinione che ho verso l’autore. Molte frasi richiamano eventi dolorosi che non mi danno la serenità giusta per analizzare questi dati. Inoltre a una prima lettura tutte le risposte mi sembrano simili nei contenuti. Quindi faccio molta fatica ad astrarre i dati e a renderli “neutri”. Decido così di riscrivere le frasi a computer e lasciare decantare i loro messaggi per qualche settimana. Dopo una seconda rilettura degli scritti dei ragazzi effettuata in modo più distaccato, ritrovo all’interno delle loro risposte diversi punti tematici (vedi allegato 3). 21 Carlotta Valli Definizione dei punti tematici Colore giallo: ‘soressa lei va bene così Questa etichetta raccoglie i rinforzi positivi. In queste frasi gli allievi mi attestano fiducia e mi sostengono. Dalle loro risposte: “Lei è una delle docenti più disponibili che abbia mai avuto, infatti rispiega anche cento volte e ci viene sempre incontro” “Per quanto riguarda lei non muovo alcuna critica” “Il problema non è lei, anche perché secondo me se dovrei confrontare lei con il docente dell’anno scorso lei è molto meglio.” “Il nostro silenzio non è dovuto al suo modo di insegnare” “Non è colpa vostra se noi siamo silenziosi” “Invece quest’anno avendo trovato una docente che spiega bene, in caso di dubbi è sempre disponibile mi trovo bene” Colore rosso: come devo cambiare il mio modo di insegnare Con questo colore riassumo i consigli dei miei allievi riguardanti proprio il mio modo di insegnare. Lo trovano ripetitivo e monotono e reputano che si scriva troppo. Un allievo giustifica questi miei errori con la mia giovane età. Dalle loro risposte: “ciò che manca, è un po’ di originalità nell’insegnamento, un po’ di vita, un po’ meno di monotonia” “essere, alcune volte, eccessivamente ripetitiva”” “a volte si scrive troppo e la classe si annoia” “sono i suoi primi anni di insegnamento e magari non sa come confrontarsi difronte a certe situazioni” “Magari rispiegare l’esercizio per essere sicuri di aver capito.” 22 La sfida di una classe difficile Colore azzurro: Come devo cambiare la didattica delle lezioni Raccoglie le proposte dei miei allievi che principalmente mi consigliano di organizzare più attività a gruppi ed esperienze di laboratorio. Difatti sentono il bisogno di essere coinvolti più attivamente durante le ore di scienze. Dalle loro risposte: “Parlando da allieva, penso che a catturare maggiormente la nostra attenzione potrebbero essere gli esperimenti.” “Quando facciamo l’esperienze la classe viene coinvolta di più.” “Secondo me per aver qualcosa in più da questa classe dovrebbe fare più esperimenti in laboratorio.” “per migliorare la nostra attenzione deve essere migliorato il metodo. Lezioni più attive.” “Saremmo più partecipi in laboratorio, facendo degli esperimenti” “Sia sull’ora singola che a laboratorio, svolgere attività in gruppo e poi discutere con la classe su ciò che i rispettivi gruppi hanno scritto” “Ci piacerebbe fare anche più cose a pratiche” Colore verde: Come classe si vedono così In questa categoria raccolgo le frasi in cui si descrivono come classe. Confermano il loro silenzio e le intemperanze di alcuni loro compagni. Dalle loro risposte: “Questa classe fa sempre così ad ogni lezione, tutti i docenti dicono le sue stesse cose. Alcune volte alcuni saltano fuori con delle battute e anche questo fa arrabbiare di più i docenti” “Questo difetto opprimente è presente in tutte le lezioni e non solo nella sua” “Questa classe è formata da allievi un po’ menefreghisti” “La classe non è tutta interessata, c’è sempre qualcuno che disturba” “Siamo una classe che non partecipa molto” 23 Carlotta Valli Colore viola: Secondo me il programma di scienze è … In questo caso raccolgo le loro impressioni riguardanti il programma di scienze. Scopro che ad alcuni di loro il programma interessa. Dalle loro risposte “Trovo l’argomento di scienze di 4 media molto interessante.” “Trovo questa materia interessante anche se non tutti gli argomenti suscitano in me un particolare interesse per questo alcune volte rimango indifferente e imparziale.” “Io credo che il programma vada bene” “Non credo che ci sia niente riguardante la scienza che mi interessi veramente” “Certi argomenti di teoria, specialmente a laboratorio, sono noiosi e non ci catturano l’attenzione e l’interesse.” “Secondo me scienze è una materia interessante ed importante per la nostra vita … che alcuni argomenti non ci interessano quello è vero.” Conclusioni relative all’analisi delle risposte degli allievi Studiando le loro risposte ne esco rafforzata poiché riesco a sentire la loro stima e fiducia. Al tempo stesso accetto un loro valido consiglio: riprendere le attività di gruppo per renderli protagonisti delle lezioni di scienze. Inoltre questo modo di impostare le lezioni potrà rompere la monotonia e la ripetitività che alcuni allievi lamentano. Il mio secondo intervento: lezione sull’evoluzione A cosa mi sono ispirata? Per costruire una nuova lezione sull’evoluzione, mi ispiro ad una attività svolta poco tempo prima intitolata “esperti di nicchia”. Questa lezione aveva due obiettivi. Da una parte preparare la classe alla verifica sulla genetica perché questa parte del programma di Scienze era stata molto tortuosa e lunga. I concetti affrontati erano quindi molto complessi da comprendere e, inoltre, la mia intenzione era quella di renderli maggiormente autonomi nella costruzione del loro sapere. L’attività prevedeva che ogni gruppo preparasse un piccolo 24 La sfida di una classe difficile riassunto per uno dei vari argomenti affrontati. Ho così preparato loro una tabella in cui riportavo su tre colonne rispettivamente: il gruppo, il tema (schede) e delle domande. La lezione aveva funzionato bene poiché ciascun gruppo si era sentito responsabile del proprio lavoro. Dei riassunti fatti bene significavano la possibilità di prepararsi in modo proficuo alla verifica. Dal mio diario: “Incomincio a girare tra i banchi e mi sento un po’ un poliziotto perché devo continuamente motivarli. Quando però ribadisco che quanto avrebbero scritto sarebbe stato fotocopiato senza nessuna modifica da parte mia (a parte evidenti errori di contenuto) ognuno di loro sembra aver rizzato bene le proprie antenne. S mi chiede “ma davvero ‘soressa non li sistema lei?”. Da quel momento in poi hanno tutti lavorato con ritmi diversi.” Descrizione della lezione che cerca di rispondere ai consigli degli allievi Preparo una scheda (vedi allegato 4) in cui riscrivo all’interno di fumetti alcune loro risposte alla mia lettera. In particolare riporto il loro desiderio di svolgere più attività a gruppi. Mettere in evidenza le loro richieste è importante: posso veicolare il messaggio che tengo in considerazione i loro pensieri. Attraverso questa scheda giustifico un nuovo punto di partenza dal momento che questa lezione sull’evoluzione rappresenta un punto di rottura rispetto al percorso intrapreso. Con questa attività mi pongo l’obiettivo di ribaltare il mio modo d’insegnare che era impostato in modo unidirezionale. Fino a questo momento ho dominato la lezione dalla mia cattedra con domande e suggerimenti, mentre dai banchi si levavano solo flebili risposte in un clima caratterizzato dal silenzio. In questa lezione decido invece di decentrarmi rispetto al lavoro della classe, cioè di spostarmi dalla cattedra ai loro banchi. In questo nuovo ruolo non controllo più le loro azioni e i loro pensieri come accadeva in precedenza. Sono gli allievi stessi a doversi ritagliare la posizione di protagonisti di questa lezione diventando responsabili nella costruzione del loro sapere. Questa attività prevede quattro postazioni diverse in cui sono toccati vari temi legati all’evoluzione. Non solo gli argomenti affrontati sono diversi, ma anche il tipo di materiale 25 Carlotta Valli messo a disposizione lo è. Siccome una critica di un mio allievo ruota sul fatto che si scrive troppo, propongo loro degli stimoli di natura diversa: un filmato, delle foto, degli oggetti da toccare. Postazione 1: “homer … What took you so long?!” (“Homer … perché ci hai messo tanto?!”). In questa postazione ho preparato un video con protagonista Homer dei Simpson intento a fare un lunghissimo viaggio nel tempo. Da questo filmato ciascun gruppo prova a dare qualche indicazione su quale aspetto dell’evoluzione soffermarsi. Postazione 2: rocce misteriose. In questa attività ogni gruppo tenta di identificare un oggetto misterioso posto sul tavolo. In particolare devono fare delle previsioni sull’identità dell’oggetto e su che cosa ci può raccontare. Postazione 3: storie strane. In questa postazione l’obiettivo è provare a capire cosa significa l’aggettivo “vestigiale”. Postazione 4: un mestiere importante. In questo caso si tratta di esaminare delle fotografie che raffigurano degli studiosi intenti a scavare. Il compito di ciascun gruppo è individuare l’oggetto delle loro ricerche e i luogo in cui si potrebbero trovare. Esito dell’attività Al termine della lezione ho un sorriso sulle labbra. Questa lezione diventa per me un momento di svolta. Per la prima volta non ho sentito sulle mie spalle la responsabilità di dover condurre la lezione. I gruppi si sono gestiti autonomamente e il mio compito è stato quello di girare tra i banchi a dare loro sostegno. Questa volta era affidata a loro la responsabilità di esplorare dei materiali e di individuare la risoluzione dei problemi posti. Li ho visti motivati nell’affrontare le diverse postazioni, i risultati ottenuti si sono rivelati interessanti e mi permetteranno di progettare le prossime lezioni tendo conto di quanto sono riusciti a produrre. 26 La sfida di una classe difficile Conclusioni Le mie riflessioni finali Le mie riflessioni finali iniziano con una domanda che mi sono posta al termine di questo lavoro: perché ho aspettato così tanto ad espormi e a creare un contatto positivo con la classe? Per lungo tempo non mi sono esposta per la paura del loro giudizio. Temevo di essere definita come un’insegnante incapace di proporre attività interessanti e di coinvolgere i suoi gli allievi. Il loro silenzio e apatia mi confermavano queste sensazioni. Si è così innescato un processo a spirale a connotazione negativa in cui mi sono lasciata trascinare per molto tempo. Gli allievi non parlavano mai ed io interpretavo il loro mutismo come indifferenza. In risposta a questa mia rappresentazione della classe ho cominciato a impostare sempre di più lezioni di tipo frontale. Questo tipo di insegnamento è diventato ben presto la mia corazza: mi permetteva di mantenere il controllo sulle loro risposte o sulle loro emozioni. Inoltre avevo la sicurezza di riuscire a portare a termine il programma di scienze. La modalità di lavoro adottata si è rivelata però, ben presto inefficace perché per entrambe le parti, sia per me sia per gli allievi, fare lezione era diventato un supplizio. Dopo questo lavoro di ricerca ho capito che di fronte al silenzio della mia classe ho risposto con la stessa carta. Invece di confrontarmi subito con loro ho preferito impostare diversamente la mia didattica con delle lezioni frontali che non favorivano certamente il dialogo con la classe. Probabilmente ho fatto fatica a prendere di petto la questione anche a causa del rapporto con i miei colleghi. Anche in questo caso non c’è stato un confronto, ma solo il silenzio. In generale c’era poca voglia di discutere sulla situazione della classe partendo dal presupposto che fosse ormai irrimediabilmente persa. Ogni docente del consiglio di classe ha perciò trovato il proprio metodo per risolvere il conflitto nelle sue ore. Qualcuno ha utilizzato modi più autoritari altri invece sono stati più permissivi. Mi sono quindi ritrovata ad affrontare questo problema da sola. Nonostante questa solitudine, ho deciso di non lasciar perdere e di sfruttare il mio lavoro di diploma per provare a trovare una soluzione. Non avevo voglia di abbandonare la classe a questa sua rappresentazione ed era forte il bisogno di poter lavorare serenamente con loro nelle ore di scienze. Rimango però consapevole che la cosa migliore per 27 Carlotta Valli risolvere questo genere di conflitti rimanga quella in cui tutti i docenti sono coinvolti. È, secondo me, il consiglio di classe che si deve assumere la responsabilità di trovare una via d’uscita comune quando la gestione di una classe è difficile per tutti. Per i motivi che ho appena elencato, ho impiegato diversi mesi per trovare il coraggio di esprimere liberamente le mie emozioni. Non è stato facile perché ho toccato corde legate alla mia sfera intima. Questo passo così difficile da compiere si è poi rivelato liberatorio. Da allora il mio rapporto con la quarta è cambiato. Entro in classe serena sapendo di non dover calcare il palcoscenico da sola. So che i miei allievi sono con me sul palco a condividere gli oneri e gli onori del fare scienze. I miei guadagni formativi Da questo lavoro di diploma ne ho tratto diversi insegnamenti. Ho imparato che in situazioni di difficoltà è importante agire tempestivamente. Per lunghe settimane mi sono tenuta dentro queste emozioni sbagliando perché avrei dovuto comunicare il mio disagio alla classe molti mesi prima. Difatti con il passare del tempo i rapporti si incancreniscono a tal punto da mal sopportare l’entrata in aula. Oggi so che non è necessario arrivare a questo stato di frustrazione per imboccare la via d’uscita giusta. Un insegnamento molto importante riguarda soprattutto la comunicazione. Per risolvere un conflitto è fondamentale dialogare con i propri allievi cercando di ascoltare le loro proposte. Inizialmente non ho esplicitato il mio stato d’animo preferendo chiudermi nel mio silenzio. Forse non ero ancora pronta. Infatti per compiere un passo del genere avevo bisogno di prendere progressivamente coscienza che quella era la strada da imboccare e che dentro di me avevo la forza di espormi. Quando mi sono decisa a parlare con loro, mi sono accorta che è difficile ascoltare realmente i pensieri dei miei allievi. Ho fatto fatica a liberarmi dai pregiudizi che mi ero costruita su di loro. In questo mio percorso di ricerca ho anche rivalutato l’importanza delle parole usate per esprimere una propria opinione. In un momento di sconforto, dietro suggerimento di un mio collega, ho letto il libro intitolato insegnanti efficaci di Thomas Gordon. Come riporto nel mio diario, questo testo “mi ha aperto una finestra su un altro mondo”. Pagina dopo pagina, ho ripensato al mio linguaggio accorgendomi presto che nelle situazioni critiche è spesso 28 La sfida di una classe difficile accusatorio e basato sul “tu”. “Perché oggi hai fatto casino? Perché non stai facendo nulla?”. Fino a quel momento non mi ero mai fermata a riflettere sull’importanza, non solo del tono, ma anche delle parole usate nel dialogare con i miei allievi. Mi rendo conto che in un momento di contrasto è molto facile impostare dei messaggi in seconda persona nei confronti dell’allievo. Così facendo ci si pone però solo in maniera più antagonista l’uno verso l’altro. Come descrive Gordon (1991) “I messaggi in seconda persona sono quasi sempre recepiti dagli studenti come valutazioni negative di se stessi (reprimere, umiliare, denigrare).” (pag.132) Ho provato quindi a modificare il mio modo di rivolgermi ai miei allievi impostando il discorso su di me, cioè spiegando le mie emozioni di fronte a un certo comportamento. In questo caso si parla di mandare dei messaggi definiti da Gordon (1991) in prima persona. “i messaggi in prima persona favoriscono un rapporto più intimo. Rivelano gli insegnanti per quello che sono: delle persone vere con cui gli studenti possono instaurare rapporti significativi”. (pag. 135) Questo lavoro di ricerca mi ha anche aiutata a scoprire il diario come strumento formativo. Devo essere sincera sul fatto che più di una volta avevo provato a scrivere un diario, una pratica che ho sempre interrotto quasi subito. In questo caso ho cominciato casualmente ad annotare i miei pensieri sul mio registro senza prefiggermi l’obiettivo di scrivere un diario. Man mano che il rapporto con la classe si faceva complicato, i pensieri si facevano più articolati e lunghi fino al punto in cui ho dovuto dedicare uno spazio ben definito ai miei testi. Il motivo che mi ha portato a non interrompere questo esercizio risiede nel bisogno di riflettere sulle mie azioni. Secondo Zabalza (2001), il diario è uno strumento che permette : a. “il processo di autoconsapevolizzazione della propria azione nella necessità di individuarne le componenti per poterle raccontare; b. il processo di ricodificazione della stessa azione (la tradizione dell’azione in scrittura) che consente la razionalizzazione delle pratiche e la sua conversione in fenomeni modificabili (e pertanto, migliorabili).” (pag. 25) 29 Carlotta Valli Analizzare il proprio diario non è però così semplice come sembra. Si tratta di dati che hai prodotto tu stesso e nei quali sono intrappolati un groviglio di sentimenti. Attraverso la ricerca dei punti tematici sono però riuscita a distaccarmi dalla mia sfera emotiva e a rileggere gli eventi accaduti con altri occhi. Attraverso questo processo ho potuto rivalutare alcune azioni e quindi vedere me stessa con occhi diversi. Solo allora ho potuto individuare i miei errori e di conseguenza la nuova strada da percorrere. Non posso dimenticare di citare, a conclusione di questo mio lavoro, il valore che hanno assunto le parole dei miei allievi nel ridefinire il mio essere insegnante “con loro”: è infatti nelle loro parole che ho trovato gli spunti per iniziare una nuova relazione che spero potrà svilupparsi positivamente anche in futuro. 30 La sfida di una classe difficile Riferimenti bibliografici principali - Mortari, L. (2009). Ricercare e riflettere. La formazione del docente professionista. Roma: Carocci. - Mortari, L., (2003). Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione. Roma: Carocci. - Polito, M. (2000). Attivare le risorse del gruppo classe. Nuove strategie per l’apprendimento reciproco e la crescita personale. Trento: Erickson. - Polito, M. (2003). Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo. Come intrecciare benessere in classe e successo formativo. Trento: Erickson. - Gordon, T. (1991). Insegnanti efficaci. Firenze: Giunti. (ed. or. 1983). - Zabalza Beraza, M. A. (2001). I diari di classe. Torino: Utet. - Di Natali, L. (2008). La Ricerca-Azione per la personalizzazione dell’azione educativa e didattica. Perugia: Vega. Disponibile in: http://www.vegajournal.org/content/archivio/44-anno-iv-numero-1/105-la-ricercaazione-per-la-personalizzazione-dellazione-educativa-e-didattica [aprile 2008] QUESTA PUBBLICAZIONE, LA SFIDA DI UNA CLASSE DIFFICILE, SCRITTA DA CARLOTTA VALLI, È RILASCIATA SOTTO CREATIVE COMMONS ATTRIBUZIONE – NON COMMERCIALE 3.0 UNPORTED LICENSE. 31 TESTO INTERROGATIVI RIFLESSIONI 6-7 settembre 2010 Sono state definite le caratteristiche dell’energia. AVRANNO CAPITO? Sono muti. Hanno lavorato a gruppi in malo modo: disattenti, annoiati, Non si capisce cosa sentono. Quale escamotage utilizzare per entrare nelle loro teste? sbuffanti. Hanno dato risposte superficiali. 13 - 14 settembre 2010 In quel momento non dovevo sostenere quel tipo di conversazione davanti alla classe. Avrei dovuto interrompere questo dialogo fin da subito. Era tra me e lei e l’intera classe non c’entrava Ho litigato con T davanti alla classe. Davanti ad una correzione di una prova formativa in cui ho detto che l’italiano va curato e corretto molto di più, lei mi risponde che il suo testo va benissimo. Mi fa arrabbiare moltissimo e questo mi porta a fare due errori grossolani. Ho dato troppo Ho imposto la mia autorità nel dialogo. spago alla discussione e per terminarla ho detto “ho ragione io”. Cretina. Mi sono subito resa conto dell’autogol e l’ho fermata a lezione terminata. Ho spiegato le mie ragioni e le ho dato la possibilità di spiegarsi a sua volta. Lei sembra aver capito e inaspettatamente mi ha chiesto scusa spontaneamente alla Perché T ha sentito la necessità di chiedermi scusa? fine del confronto. Sono rimasta stupita. 1 20 e 21 settembre 2010 Complessivamente la classe ha lavorato meglio delle ultime lezioni. C’è un miglioramento comportamentale. Speriamo Il ritmo e la mia determinazione incidono sulla qualità della lezione. Gli allievi sono sensibili a cose. Devono sentire la mia autorebolezza non sia occasionale. Per quanto mi riguarda ho fatto schifo. Ritmo lento, poco incalzante, troppo poco determinata. Le cause sono due: presa alla sprovvista da un piccolo spiraglio di luce e in dubbio io stessa su caratteri specifici e variazioni individuali. Ho fatto un discorso a tu per tu con G. Ha un comportamento insopportabile. A laboratorio ho fatto una prova formativa andata La prova formativa mi è servita a capire quali punti delle mie lezioni non hanno funzionato. In questo caso è stata una prova formativa PER ME. Ho riflettuto su me stessa e sulla mia azione. disastrosamente. Ho ragionato sul perché. Sicuramente la poca attenzione da parte loro. Però io ho sbagliato sicuramente qualcosa. Forse più di qualcosa. NON HO COSTRUITO CON LORO UN PERCORSO PER CAPIRE COME SVOLGERE UN DIAGRAMMA DI FLUSSO. Ho forzato con loro la mano, sapendo già io la risposta. A ripensarci non so nemmeno io quali strumenti metto in atto per risolvere gli esercizi. In più loro non parlano. Come so quello che gli passa per la testa? G mi ha stupito. Sembra fuori di testa ma con la C e la serra ha dimostrato di avere delle belle qualità sia di materia che Come so quello che passa loro nella testa? Ho un muro davanti a me e non riesco a scavalcarlo. A volte siamo talmente accecati dai nostri pregiudizi verso alcuni allievi, che non guardiamo i loro lati positivi, magari li abbiamo davanti agli occhi. 2 relazionali. Secondo me è molto dolce. 27 e 28 settembre 2010 le prime due ore di laboratorio vanno bene, mentre le ultime due sono un inferno. Lo strumento “colloquio privato” dopo la lezione non funziona più. Non devo pormi con loro in Perché questo strumento del colloquio privato non funziona più? modo amichevole. Non sono la loro amica. Sono la loro insegnante. Sono proprio stronzi. Non devo pormi con loro in modo amichevole. Sono la loro insegnante. 4 e 5 ottobre 2010 ORA DI GENETICA - è stata una giornata da cui sono uscita piangente. È stato davvero orribile stare per una lezione intera davanti ad un muro e non ad una classe. Chiedevo loro delle informazioni e neanche aprivano il classificatore. Uno strazio. Aria di superiorità, di sfida. R che dice “l’abbiamo già fatto l’anno scorso”. Non sono più lucida talmente mi hanno innervosito. Faccio di tutto per rendere le lezioni più interessanti e non serve a nulla. Hanno lo stesso entusiasmo che copiare dal vocabolario. Cosa devo fare. ORA DI LABORATORIO – in queste ore ho messo C e B e R in fondo. Non potevo più vederli davanti a me. Mi Sono le mie lezioni particolarmente noiose che li rendono così poco entusiasti di fronte alla mia materia? Sono io a renderli così poco coinvolti nella materia? Sarà giusto mettere questa barriera fisica tra me e loro? mettono a disagio, non sto bene nel vedere le loro facce. Sto male. C’è comunque un piccolo miglioramento. M viene 3 durante la pausa, di sua spontanea volontà, a chiedermi se si è comportato bene. Ho risposto che considerando la sua età Ho posto una barriera comunicativa con M. Quante altre volte l’ho fatto? doveva saperlo lui. Resta in classe un problema di “mutismo”. Devo far scrivere Devo far scrivere maggiormente gli allievi: dalla forma scritta arrivare a quella orale. maggiormente la risposta individuale in modo da osservare i loro pensieri. Lavorare sulla forma scritta per arrivare alla forma orale.. Ho un’autostima che è pari a zero. 11 e 12 ottobre 2010 GENETICA – settimana migliore rispetto alla precedente. Non che ci volesse molto. Credo siano abituati ad metodo più “tradizionalista”, del tipo copia e scrivi. L’unico momento in cui sono concentrati è quando copiano dalla Sono incanalati in un certo modo di lavorare, che è molto diverso dal mio. È giusto imporre loro il mio metodo di lavoro? Devo cambiare io o cambiare loro? lavagna. Forse devo lasciare loro il tempo per abituarsi a poco a poco al mio metodo. Ho notato una qualche domanda in più. Niente di miracoloso ma almeno un piccolo miglioramento. Ho chiesto a M se gli era piaciuta la lezione. La sua risposta è stata “verso la fine sono stato un po’ troppo spiritoso”. In M si è creata una spirale distruttiva, da cui è difficile tirarsi fuori. Nella testa ha dei meccanismi di autodifesa incredibili. FISICA – in gruppi ristretti ho potuto osservare meglio i “casi difficili”. M è quello che mi lascia più sorpresa. Ha lavorato molto bene in laboratorio. C’era con la testa. Non 4 ha fatto disastri come G (ha fatto uscire acqua dai vasi comunicanti. Ha passato dieci minuti ad asciugare). È stato intuitivo nella risoluzione di qualche inconveniente tecnico. Ha pulito i banchi da solo e con una serietà sorprendente (a tal punto da essere preso in giro dai compagni). Negli ultimi cinque minuti ho dato loro il compito di scrivere cosa hanno imparato in questa lezione. M e G stavano parlando d’altro e io mi stavo già innervosendo. Mi sono detta ora li richiamo, ritiro, etc. poi ad un certo punto Mi sento poco autorevole nei loro confronti. Mi sento che le mie parole non hanno peso per loro. ha cominciato a lavorare da solo e qualcosina ha fatto. Forse bisogna solo lavorare sui tempi. A volte degli incontri ti cambiano la vita. Ho incontrato per i corridoi della scuola M. Conosceva la mia situazione con la Devo lavorare sul ritmo delle lezioni. 4 e ha pensato di darmi un fascicolo che per lui è stato illuminante. Si tratta del metodo Gordon. Dopo averlo letto quasi divorandolo, è stato per me ancora più che illuminante. Mi ha aperto una finestra su un altro mondo. Ho cominciato a riflettere e analizzare il mio linguaggio. Spesso è accusatorio. Mi rivedo nelle parole di Gordon. Devo lavorare molto su me stessa riguardo questo aspetto. Gli allievi sentono molto la negatività e io lo sono nei loro confronti. I miei gesti e le mie espressioni, ancora prima “gli insegnanti non sono delle macchine infallibili e insensibili” (Gordon). Ho sbagliato ma non sono anche io un essere umano e i miei errori. delle parole, trasmettono negatività. 5 18 e 19 ottobre 2010 M. Ho fatto una verifica sull’energia. M mi ha consegnato il compito dopo dieci minuti. non ho detto nulla. Naturalmente ero curiosa di sapere cosa ha fatto. Poi nella pausa ha vinto la curiosità e l’ho guardato. Molti errori dovuti alla fretta e alla poca concentrazione. Gli ho riferito il mio pensiero. Lì per lì ha borbottato qualcosa. Poi si avvicina e gironzola intorno al mio banco. È il suo modo di mostrare che ha qualcosa da dire. Parliamo dei suoi errori. Quando riprende la lezione distribuisco dei fogli. Quando arrivo al suo banco mi dice “ ‘soressa ho quindici anni, non sono più obbligato a venire a scuola. Perché devo stare a scuola a prendere tre?”. Ha cominciato a descrivermi la sua disastrosa situazione Perché M ha sentito il bisogno di confidarsi con me, di dirmi queste cose? Come avrei dovuto comportarmi? Avrò risposto in modo adeguato? scolastica. È difficile dargli un motivo per continuare. Mi sono ripromessa di difenderlo nei consigli di classe a patto che veda a lezione il suo impegno e la sua determinazione. È un ragazzo senza scopo e senza fiducia. È come dice la D, devo far vedere che ho fiducia in lui. È un ragazzo completamente sfiduciato nei confronti dei docenti e della scuola. R. A pelle non mi piace, mi irrita guardarlo e ascoltarlo. Parla sempre a vanvera, cose che non c’entrano nulla. 6 Durante la lezione di genetica si guardava in giro e disturbava. Ho chiesto di prendere i fogli e intanto ho osservato la mappetta. Era contenuto di tutto: tedesco, inglese, comunicazione alle famiglie,… Gli ho detto “nei prossimi dieci minuti sistemi i fogli e domani mi porti il classificatore con i divisori. Me lo sono scritta sul registro convinta che il giorno dopo non me l’avrebbe portato. Perché R ha sentito la necessità di portarmi il classificatore? SORPRESA: non ho detto nemmeno buongiorno e il classificatore era già sulla mia scrivania. L’ho controllato, ho preso un post-it e ho scritto: “apprezzo il tuo impegno. Per lunedì sistemi i fogli in ordine cronologico”. Riconsegnato il classificatore, ha letto subito le frasi A volte mi dimentico di esaltare i lati positivi. Questa volta no. riportate sul post-it. Gli ho fatto i complimenti per la calligrafia. E. È un ragazzo sicuramente debole scolasticamente, fragile, con poca fiducia in se stesso. Affiancato ad O, l’allievo più bravo scolasticamente, mostra di poter seguire le lezioni. Mi Perché ad oggi questa collaborazione è naufragata? ha stupito nella verifica perché ha svolto un discreto lavoro. Quando ho corretto la sua verifica ero così contenta per lui! Ci tiene tanto ad andare bene! G. Sicuramente bravo scolasticamente. I suoi comportamenti sono dettati dalla ribellione verso la sua famiglia, verso la scuola, verso il “dover fare”. Ho fatto una 7 supplenza e lui ha lavorato bene, svolgendo silenziosamente i suoi compiti. Mi ha molto meravigliato. Ha inciso il fatto che c’erano M e R? Nel gruppo R, M, G ed E chi trascina? In generale la classe continua ad essere molto difficile da gestire. In particolar modo mi pesa l’ora di genetica con Questo mio senso di impotenza , di fragilità da dove deriva. Mi sento poco autorevole tutta la classe. Mi sento impotente, come su di una barca in tempesta con al paura costante di naufragare. Mercoledì sono arrivate due signore di pianificazione familiare in 4. hanno interrotto la lezione e se ne sono andate. Intervento del direttore, lettera a casa e naturalmente provvedimenti disciplinari in arrivo. Fatti che mi colpiscono il 25 e 26 ottobre 1 – ho problemi di gestione con M, O e G. A causa loro i lavori di gruppo diventano per me un supplizio. Urlano Di fronte a questo comportamento, cosa avrei dovuto fare? Qual è la risposta più corretta? invece che parlare, sono litigiosi su qualsiasi cosa, girano tra i banchi disturbando. Di fronte a O che faceva il verso e i gesti della scimmia durante un esperimento di laboratorio, d’istinto l’ho spedito al banco. Se questa cosa fosse successa con i fuochi accesi? Come sarebbe andata a finire? Mi sono sentita in colpa, non l’ho fatto volentieri. Cosa avrei dovuto fare? 4 LABORATORIO – ho fatto fare degli esercizi individuali, di cui uno particolarmente complesso c’era la posta in gioco 8 di un + sul registro. L’attività ha funzionato nel senso che sono stati concentrati fino all’ultimo. T è rimasta stupita “manca solo un quarto d’ora?”. L’altro gruppo è stato effervescente. Erano veramente attivati da quell’esercizio e molto in competizione tra loro. È giusto utilizzare i + sul registro come strumento di motivazione? Perché questa lezione così “tradizionale” ha funzionato meglio di altre lezioni? G mi ha detto “’soressa lei è una grande, è già finita la lezione?”. Potrebbe sembrare un complimento ma io l’ho letta come “lei è talmente cretina che ci fa fare degli esercizi molto semplici che io sono in grado di risolvere in poco tempo e il restante tempo posso fare quello che mi pare”. Infatti, lui ha impiegato dieci minuti a risolvere questo famoso esercizio complicatissimo mentre i suoi compagni il doppio senza riuscire a risolverlo. Ho seguito più da vicino R. Ci sono certi atteggiamenti che non riesco a capire. Mangia la cicca davanti a me e fa finta di sputarla e nel frattempo ne ingoia tre R a che gioco sta giocando con me? Vuole provocarmi? Con quale scopo? Testare le mie reazioni? contemporaneamente. Sempre davanti a me stacca a morsi la punta ad una matita. Cosa disgustosa a vedersi. Io non ho reagito, non gli ho detto proprio niente, ho provato a rimanere impassibile. Ho provato a non cogliere quella che per me è una provocazione. Credo però che la mia faccia avrà mostrato segni di disgusto. Sta forse aspettando che gli dica che è un’idiota? L’ho seguito mentre risolve un 9 esercizio e gli ho consigliato di utilizzare la matita colorata per indicare i livelli iniziali e finali nei vasi comunicanti. Siccome tutte le matite non erano temperate, mi sono messa a temperargliele. Richiamata da un altro allievo, mi sono allontanata un attimo. Girandomi ho visto che lui stesso ha continuato a temperare senza che io glielo dicessi. Se a R viene dato un compito più operativo lavora Ho lasciato la pompa idraulica sul tavolo. L’unico che mi ha chiesto a cosa serviva è stato M. Ho risposto “fai delle ipotesi”. Si è messo a lavorare con G. Scatenati M ha preso l’iniziativa di riempire d’acqua i recipienti e accendere la macchina. Ho forse fatto l’errore di dire “se ci riuscite vi metto un più sul registro”. Erano motivati quindi per compiacermi? Per il più sul registro? È giusto utilizzare i più come dei biscottini? 15 e il 16 novembre 2010 Non riesco a gestire la prima. Più di tutti mi irrita M mette in discussione me e i compagni. “non abbiamo fatto niente a scienze” “voi non capite nulla”. Quando lancia queste frecciate mi ferisce. Continua a disturbare. Mi viene un istinto omicida che neanche con la quarta mi è venuto. Ho provato a parlarci ricordandomi quanto letto con polito. Mi sembra pentito, mi sembra con le lacrime agli occhi e poi fa peggio di prima. Oggi mi sono talmente innervosita che l’ho 10 spedita in fondo all’aula. Mio grande sbaglio ma non so proprio come gestirla. Mi irrita a pelle. non so cosa fare. Anche O disturba però non mi ferisce. Invece M ha un atteggiamento che mi irrita tantissimo e penso si veda. In qualsiasi gruppo lo metta gli altri sono stupidi e non l’ascoltano. Avrà senz’altro dei problemi grossi a casa. Ma Cosa posso fare di fronte ad un atteggiamento di sfida? io cosa posso fare? M di quarta mi ha chiesto se la mia penna era una Mont blanc. Anzi prima mi ha chiesto quanto costava. Perché è interessato a me? Perché mi dice che sa dove abito e che il giorno x mi ha visto attraversare la strada? M e la classe mi stanno studiando. Cosa penseranno di me? 22 e 23 novembre M mi ha portato il compito sua sponte (ricopiare una scheda non fatta causa sua malattia). Dopo aver controllato il suo foglio spiegazzato, la prima metà non era stata fatta. Il giorno dopo me l’ha portato finito e copiato. Il foglio è ancora più stropicciato. A M piaccio o mi sta solo lisciando Perché è importante per me piacere alla classe e a lui? il pelo per il voto a scienze? Fare lezione in quarta è un supplizio perché è come discutere con un muro davanti. Non mostrano emozioni. Stanno muti. Mi sento come un poliziotto che deve fare gli interrogatori. Qualche volta però O alza la mano. Qualcuno alza la mano più spesso. 11 Mi sono sentita contenta in un determinato tempo di questa lezione di genetica. Sono riuscita a prendere una risposta di G, scriverla e ributtarla. Ho visto un lampo di attività nel Di fronte al mutismo, vedo dei segnali positivi. Ci sono o cerco disperatamente degli appigli loro cervello quando l’ho fatto. Sono riuscita a fare una cosa Ce la posso fare ad accendere un bagliore di interesse. Sono brava. Devo sentirmi tale che M riesce a fare in ogni lezione. Ributtare indietro la palla. Spesso ho tra le mani questa palla e io non so come gestirla. La ributto? La tengo? Spesso me la “pappo” io. Dico “brava” e scrivo la risposta. Ho veramente difficoltà nel brainstorming. È una mia manifestazione di insicurezza? In difficoltà sento molto forte il bisogno di tenere sotto controllo la situazione. Perché ne ho bisogno così assoluto? Perché voglio tenere tutto sotto controllo (ossessivacompulsiva)? Oppure per mia ignoranza? È un caso che sono riuscita a farlo naturalmente per la prima volta a genetica) Sta di fatto che ho messo la quarta in condizioni di attivare un pochino il cervello quando ricopiano dalla lavagna. Ho sentito dire da E. “ma è giusto quello che abbiamo scritto?” . la sua compagna di classe legge e risponde “secondo me si”. A questo punto scrivono la risposta. In quarta faccio più fatica di quanto immaginassi con la termica. non riesco a lavorare sui due piani: idraulica e termica. più di una volta gli allievi hanno esclamato “ma Non devo dare loro la pappa pronta. Con il fatto che sono muti tendo a pormi le domande e a rispondermi io stessa. Mi sembra di fare tutto io Ho grosse affrontare il quarta difficoltà ad programma di stiamo parlando di idraulica o di termica?” In prima non ne vogliono sapere di lavorare con un proprio 12 compagno. M, H, A e O hanno grosse difficoltà ad interagire con gli altri. La frase che ritorna più frequentemente è “non mi ascolta” accompagnata da “non fa come dico io”. Un supplizio per me. Quello che mi preoccupa di più è M. non riesce a lavorare nemmeno con il suo migliore amico. Dopo dieci minuti ho visto prendere le sue cose e riportarle al suo banco. Lavorare in gruppo è sicuramente una competenza da sviluppare. Infatti incide profondamente sulla qualità del lavoro svolto a scienze. Posso anche preparare delle lezioni bellissime ma se non sono capaci di collaborare diventerà una tragedia greca. Come faccio a far sviluppare questa capacità? Mi leggo Topping? Per quanto riguarda la didattica, l’idea di fare un indice è utile però da fare cammin facendo, non in una botta sola. Infatti, il brainstorming non deve durare più di un quarto d’ora. Fare l’indice dopo due mesi di scuola è un lavoro interminabile. Saper fare un protocollo è una competenza? Saper fare un protocollo che tipo di competenza è? 29 e 30 novembre Non so se essere contenta della lezione di termica. Da una parte mi piace perché sto imparando la termica io stessa mentre la insegno. Mi rendo conto di fare molti click mentre scrivo alla lavagna. La didattica della lezione ne risente però 13 molto. Mi sembra tutto molto statico e pesante da apprendere. A volte vedo degli occhi interrogativi e mi chiedo se è colpa mia. Mi chiedono continuamente il laboratorio però non sono previste molte esperienze. Inoltre mi sembra che sia un escamotage per non fare molto a Cosa rende le lezioni di termica così pesanti e statiche? Il programma di fisica è un work in progress. La sto imparando anche io con loro e ciò può essere positivo o negativo. Da una parte riesco a vedere degli ostacoli, ma dall’altro di fronte alla classe mi rende molto fragile. lezione. Ma capiranno quello che dico loro? Hanno delle facce che non fanno trasparire nulla. Sempre in quarta L. e M. sono venute a lamentarsi perché nella classe durante il lavoro individuale c’era stato un po’ di casino (soprattutto da parte di R e E) e non si erano potute concentrare al massimo delle loro possibilità. Naturalmente mi sono sentita molto in colpa, come una docente che non sa Anche in questo episodio traspare il profondo senso di sfiducia in me stessa come tenere il gruppo. mi hanno detto che a italiano non c’è turbolenza perché “hanno paura” della loro docente di classe. A quel punto sono stata ferma nell’affermare che certi metodi non li utilizzo perché risolvano i problemi. Paradossalmente gli allievi cercano una visione autoritaria del docente. Sono rimasta un po’ stupefatta. Le allieve stesse mi chiedevano avvisi sul diario e blitz. È come se la classe fosse tarata su un certo tipo di lavoro. Scrivere, copiare dalla lavagna, verifiche inattese, avvisi a casa. Come posso allora impostare un certo lavoro a scienze se loro stessi sono abituati a copiare dalla lavagna e amen? È come allenare una squadra abituata a giocare con una certa tattica (ad 14 Matura sempre di più in me la convinzione che essi rifiutano un altro tipo di lavoro che non sia quello a cui sono già abituati. esempio in difesa) mentre tu imponi una tattica opposta (cioè in attacco). Mi sembra una battaglia persa già in partenza. la docente di classe mi ripete spesso “dai un avviso se x o y fanno casino, per favore”. Mi ha quasi supplicato di dare un avviso se fanno casino. A parte che non si comportano in modo tale da dare un avviso. Non mi mancano di rispetto. L’unica cosa sono muti. Do un avviso perché sono emotivamente ed intellettualmente dei muri con me durante le ore di scienze? “Dai un avviso a G se fa casino”. Ma G Dal mio punto di vista la repressione non funziona con questo tipo di allievo con me non si comporta male. È un cafoncello intelligente e carino e quindi si sente legittimato a investire solo una piccola parte del suo cervello a lezione. Sempre di più mi accorgo che è stata una gran cagata non riunire il consiglio di classe. I docenti devono decidere insieme una linea comune da seguire. La classe secondo me sente che dall’altra parte non c’è un fronte comune, che siamo frastagliati sia come metodi che come attitudine (avviso sì o avviso no). La docente di classe ha riferito di un metodo che sta applicando con loro. Posso sapere che lavoro sta facendo? Magari lo posso seguire anche io… non ci deve Quanto incide un consiglio di classe poco coeso sul comportamento di questa classe? c’è un problema di comunicazione non solo allievo – docente ma anche docente - docente essere solo una comunicazione docente-allievo ma anche docente-docente. 15 6 e 7 dicembre G mi dice “ ‘soressa, lei è tra le soresse che preferisco”. Non Che tipo di insegnante voglio essere? credo a questa sua affermazione. Non mi fido di lui. Già C’è una terza via tra una visione di insegnamento autoritario e uno permissivo, cioè quello proposto da Gordon. questo dovrebbe farmi riflettere. Poi aggiunge “lei e la soressa B.”. a quel punto mi irrigidisco. B è nota in sede per essere una docente molto permissiva e casinista. Non voglio essere come lei. Puntualizzo con G “ guarda che se pensi di fare casino con me ha sbagliato proprio”. Lui mi risponde “ no, soressa, è perché con lei si può scherzare”. Questo episodio mi ha fatto riflettere. Se è vero da una parte non mi piace dare avvisi né fare blitz, dall’altra mi sono spaventata nel vedermi in un certo immaginario. Che docente voglio essere? Dico a M “mi sei tanto bravo e simpatico, però se eviti di disturbare… ” e lui e tutta la classe si mette a ridere. Io rimango spiazzata. Perché ridono? Chiedo spiegazioni. Una ragazzina mi risponde “perché nessun docente glielo dice mai, lo sgridano tutti”. M ha il potere di irritarmi a pelle, anche solo come ti guarda. Come faccio a tenere a freno queste mie sensazioni nei suoi confronti? Come faccio a Quale trucco posso utilizzare per nascondere le mie sensazioni? gestirlo? 13 e 14 dicembre GENETICA – giornata no. Un disastro assoluto. Sono 16 uscita dall’aula esausta psicologicamente. Ho fatto la lezione su Moszy, lezione a cui tengo tantissimo. L’hanno seguita come se presentassi carta da cesso. È stato per me umiliante in cui avrei voluto veramente dar loro un libro di testo di genetica da far copiare. Sembra che per loro sia tutto uguale, tutto insignificante, tutto da buttare via. Nella pausa ho incontrato un’altra docente della 4. Ancora una volta mi confido con un collega sul mio disagio. Mi risponde che dovrei farli divertire di più oppure di farli alzare/correre. Ma il mio compito di insegnante è fare il clown o la docente di ginnastica? Mi sorge una domanda. Fra sei mesi saranno in una scuola superiore o a fare un apprendistato. In quella nuova situazione non ci sarà nessuno a farli “divertire”. Il lunedì sera, abbastanza demoralizzata, me ne torno a casa. Sulla strada incontro R, M ed E. Mi fermano chiedendomi della verifica. Tergiverso. Ne nasce una discussione con loro molto franca. Cominciano con accusare gli altri docenti di determinati comportamenti tenuti nei loro confronti. Li stoppo. Non mi interessa quello che fanno gli altri. Mi interessa ciò che accade nelle mie aule. Dico loro che ho cominciato a settembre con tutto l’entusiasmo e passione possibile ed immaginabile. Mi ritrovo a dicembre senza più 17 voglia di insegnare loro, perché mi sembra di far lezione con un muro immenso e invarcabile. Dico loro che sono aperta a qualsiasi critica, basta che non sia fatta bisbigliando in fondo all’aula mentre parlo. Dico loro che non sono perfetta, faccio anche io degli errori però vorrei mi siano fatti notare in modo trasparente, davanti a me. E mi dice che è bello parlare con me perché li ascolto. Da un lato questa affermazione mi fa piacere ma dall’altro non posso non notare che alla fine rimangono parole. Quando faccio lezione non la vedo questa stima. Nei loro visi non vedo nulla. Mi accorgo dentro di me, mentre parlo con loro, di aver investito finora moltissime energie e di aver ricevuto. Ho perso la fiducia e la pazienza con loro. Non ascolto realmente ciò che mi dicono perché in mi aspetto dei fatti. Forse nelle relazioni c’è un tempo per le parle e uno per i fatti. Sarà un’impressione sbagliata, ma io sento questo. A M che mi dice che vuole fare più esperienze in laboratorio, rispondo che sarà mio compito trovare una soluzione in questo senso, ma che allo stesso tempo mi sento stanca di investire così tante energie per preparare delle lezioni potenzialmente interessanti per loro e non vedere un barlume di interesse nei loro occhi. Ho detto loro che ci sto provando a far funzionare le cose ma anche loro ci devono mettere del loro. Vedremo come si evolverà la questione. 20 e 21 dicembre 18 LABORATORIO – devo parlare con E. Mi risponde costantemente con un tono del tipo “lei è una cretina”. Ho lasciato troppo correre questo atteggiamento, presa come sono dai miei allievi maschi. M se ne sta tranquillo tutta la lezione, senza fare nulla se non copiare. Gli esercizi da fare individualmente non li ha nemmeno toccati. Ha guardato in giro per tutto il tempo. Alla fine della lezione mi ha detto “ ‘soressa vede che oggi mi sono comportato bene?” In serata scopro che M ha spaccato il setto nasale a G per questioni di cuore. È stato naturalmente coinvolto il direttore nella questione. Ho scoperto che R sarà sospeso dalla passeggiata scolastica perché ha picchiato un ragazzino di seconda. Dal tono in cui è stato chiamato in direzione dall’altoparlante non si preannunciava nulla di buono. 10 e 11 gennaio 2011 GENETICA – Come al solito anche il primo giorno dell’anno ho trovato un muro davanti a me. Qualsiasi lezione faccia li trovo sempre più disinteressati e annoiato. Per la prima volta metto per iscritto il mio calo di autostima dopo tanti mesi. Ciò comincia ad incidere sulla mia autostima. Girando tra i banchi, guardo i loro fogli. Alcuni scrivono male, brutta calligrafia. È una cosa che in quarta non si dovrebbe più 19 fare. Anche a livello dei contenuti non siamo molto distanti: scrivono male e soprattutto fanno il minimo sindacale richiesto. Più di tutti mi colpiscono R, M e G. R, è più forte di me, non riesco a sopportarlo. Mi tengo bene a mente le parole di Gordon, in cui dice che prima di tutto siamo persone. Quindi Tutta la mia attenzione è rivolta verso pochi elementi e non a tutta la classe ci sta che lui mi stia antipatico. Però con lui non riesco proprioa ad essere professionale e razionale. Dio, quando mi guarda con quella faccia! Oggi mi ha chiesto se poteva dormire. Io gli ho risposto di sì. Si è sorpreso del fatto che non gli ho messo l’avviso. Comunque alla fine non ha dormito, anzi ha continuato ad intervenire facendo sempre la stessa domanda che non c’entrava nulla con quello che stavamo facendo. Cerco di ricordarmi le parole di gordon sulla comunicazione. Ma è difficile con lui perché proprio un’antipatia di pelle. G invece ha il potere di farmi sentire stupida, è come se Un docente non è un gatto di marmo. È normale provare certe antipatie e simpatie. riuscisse a toccare certe mie fragilità. Non mi fido di lui e tutto ciò che dice lo sento come un’accusa nei miei confronti. Non ci sono frasi scatenanti oggi, ma il tono con cui mi dice le cose oppure quello che non mi dice a voce ma le sue espressioni tipo “che cretina questa”. Come mi devo comportare con lui? 20 Come mi devo comportare con questa classe? Cosa devo fare per ritrovare un po’ di serenità dentro di me? Come posso ritrovare la mia serenità? LABORATORIO – Oggi ho parlato con la docente di classe e sono rimasta alquanto stupita da certe sue dichiarazioni. Parlando della sua classe, è uscita con questa affermazione “ho detto loro di domandarsi come mai nessun ripetente di quarta è arrivato in 4, perché è una classe se fa schifo”. Non ho ben capito se l’ultima parte è stata detta o pensata da lei, però non si dovrebbero mai dire queste cose, soprattutto ora che ho letto Gordon e mi sono resa conto della grande importanza del linguaggio. E pensare che all’inizio dell’anno E mi aveva riferito una cosa del genere. Infatti mi aveva detto “’soressa ma la nostra docente di classe ci dice che facciamo schifo, questo è offensivo nei nostri confronti” 17 e 18 gennaio Laboratorio – oggi R è entrato in aula e mi ha chiesto se lo potevo aiutare a risistemare i fogli di Scienze. Non solo: ha ricomprato prontamente un classificatore nuovo perché ieri gli si è rotto. Ho accettato la sua proposta e mentre gli altri risolvevano degli esercizi di termica, io R e M ci siamo Mi sono estromessa ancora una volta dalla classe anche fisicamente. messi a ordinare cronologicamente le schede e ad annotare quelle mancanti. Sono rimasta colpita dal livello di disordine accumulato in quei classificatori. Era tutto sparpagliato, 21 tutto scritto male, schede dall’aria un po’ stropicciata. Come possono studiare Scienze con quella baraonda Manca loro un sostegno che parte proprio dalle cose più elementari di classificatore? Per me è stato un momento bello stare un po’ con loro, soprattutto mi sono sentita come se avessi posato l’armatura per un po’. Ho potuto essere me stessa tranquilla e serena. Perché loro tre da soli non mi hanno fatto provare sensazioni negative? Perché sono stata bene? Sono stata contenta dell’iniziativa di R e sono contenta di averlo ascoltato e seguito. Mi sono proprio sentita di fargli i complimenti. (dubbio: non l’avrà fatto perché sono in arrivo i giudizi, vero?) M mi preoccupa però. Mi sembra stia affondando sempre di più. Adesso deve pure affrontare le conseguenze del suo gesto. Il padre di G ha sporto denuncia per lesioni e non vuole assolutamente ritirarla. Inoltre ha tutte le materie sotto. Mi ha lanciato una frase, mentre stavo lavorando con loro, del tipo “non ho più voglia di fare niente”. Io in quel momento mi sono paralizzata, non sapevo come motivarlo. Come motivare sfiduciato? un ragazzo Cosa avrei dovuto dirgli? Come dirglielo? 4 – ho parlato con una mia collega di francese che insegna anche lei ad una parte della 4 nell’opzione di francese. Ha le stesse mie difficoltà. Dice che non riesce a fare nessuna discussione per esercitare l’oralità perché sono muti e annoiati. Mi sono sentita confortata. A volte ho la 22 sensazione di essere da sola ad avere questi problemi. Prima – che bello oggi sono venute due allievi per chiedermi se potevano fare una presentazione alla classe sulla criptozoologia. Sono contenta che siano così interessate alle scienze e vogliano partecipare in prima persona alle lezioni 23 Allegato 2: lettera alla 4C. Morbio Inferiore, 28 marzo 2011 Care ragazze e cari ragazzi, ho deciso di scrivervi questo messaggio per comunicarvi il disagio che provo nel fare lezione nella vostra classe. Fin dal primo giorno in cui ho cominciato a lavorare con voi sono stata subito colpita dal vostro silenzio di fronte alle mie domande. Nel corso delle settimane questo silenzio è diventato sempre più opprimente. Per ogni mia attività proposta, sia di genetica che di fisica, la vostra risposta è sempre stata il silenzio! Per me è diventato molto difficile fare lezione con voi. Difficile perché non riesco a proporvi un’attività in grado di catturare il vostro interesse e utile per voi a comprendere quel concetto. Difficile perché non riesco a dialogare con voi in modo entusiasmante e costruttivo su un qualsiasi argomento. Non manca molto tempo alla conclusione dell’anno scolastico ma ci tengo a terminare la mia esperienza con voi in modo positivo. In particolare, vorrei riuscire a trattare degli argomenti che possano suscitare il vostro interesse. A questo proposito, mi piacerebbe ricevere delle riflessioni su questo scritto e magari anche delle proposte da parte vostra. Vi prego di scrivere le vostre riflessioni o ciò che desiderate proporre sul retro di questo foglio e di riconsegnarlo sulla mia scrivania. Vi ringrazio anticipatamente per il vostro contributo e vi assicuro che saprò prendere in considerazione i contenuti dei vostri scritti. Carlotta Valli, la vostra docente di scienze Allegato 3: Risposte degli allievi e definizione dei punti tematici Un allievo non ha scritto nulla lasciando la pagina in bianco. “Personalmente trovo l’argomento di scienze di 4 media molto interessante. Parlando da allieva, penso che a catturare maggiormente la nostra attenzione potrebbero essere gli esperimenti; siamo ragazzi e penso che imparare osservando o esperimentando di persona, piuttosto che con le spiegazioni verbali, sia più interessante. Penso inoltre che sarebbe più stimolante lavorare in gruppo, anche come delle piccole competizioni, che allo stesso tempo ti facciano memorizzare determinati argomenti. Secondo me, lei è una delle docenti più disponibili che abbia mai avuto, infatti rispiega anche cento volte e ci viene sempre incontro. Forse, ciò che manca, è un po’ di originalità nell’insegnamento, un po’ di vita, un po’ meno di monotonia.” “Trovo questa materia interessante anche se non tutti gli argomenti suscitano in me un particolare interesse per questo alcune volte rimango indifferente e imparziale. Per quanto riguarda lei non muovo alcuna critica se non quella di essere, alcune volte, eccessivamente ripetitiva.” “Secondo me quest’anno per migliorare dobbiamo impegnarci” “Lei insegna bene ma a volte si scrive troppo e la classe si annoia. Quando facciamo l’esperienze la classe viene coinvolta di più. Io la capisco perché sono i suoi primi anni di insegnamento e magari non sa come confrontarsi difronte a certe situazioni.” “Questa classe fa sempre così ad ogni lezione, tutti i docenti dicono le sue stesse cose. Alcune volte alcuni saltano fuori con delle battute e anche questo fa arrabbiare di più i docenti. Secondo me dovrebbe, al posto di usare molte schede, fare delle lezioni più frontali e coinvolgerci di più ad esempio con delle attività di gruppo.” “Secondo me per aver qualcosa in più da questa classe dovrebbe fare più esperimenti in laboratorio, ma dato che quello che sto scrivendo non accadrà, mi sembra un po’ inutile questa lettura.” “Il problema non è lei, anche perché secondo me se dovrei confrontare lei con il docente dell’anno scorso lei è molto meglio nonostante i miei voti che non sono soddisfacenti e la causa è che sono io che dovrei impegnarmi di più a studiare, anche se io con tutta me stessa cerco sempre di migliorare ma non riesco a prendere una nota soddisfacente.” “Io credo che il programma vada bene ma per migliorare la nostra attenzione deve essere migliorato il metodo. Lezioni più attive.” “Non lo so.” “Per me l’insegnamento è corretto e giusto. Forse solo l’ora di lunedì si potrebbero fare qualche esperienza, siccome stiamo vedendo l’evoluzione, potremmo usare ad esempio dei microscopi per osservare le cellule contenute. O magari anche fare lavori di gruppo, come ad esempio ricerche, …” “Il nostro silenzio non è dovuto al suo modo di insegnare ma al nostro comportamento. Questo difetto opprimente è presente in tutte le lezioni e non solo nella sua. Probabilmente ci stanchiamo facilmente facendo la teoria e saremmo più partecipi in laboratorio, facendo degli esperimenti.” “Le lezioni vanno bene, ma c’è una cosa che vorrei: sia sull’ora singola che a laboratorio, svolgere attività in gruppo e poi discutere con la classe su ciò che i rispettivi gruppi hanno scritto.” “Non ho proposte, non credo che ci sia niente riguardante la scienza che mi interessi veramente. Capisco che non le piaccia fare lezione con noi, per caso questa classe è formata da allievi un po’ menefreghisti, ma non è colpa di nessuno, lei termini il suo programma di scienze che a me va benissimo e stia tranquilla, magari in futuro, crescendo, proveremo più interesse verso la sua materia.” “Non è colpa vostra se noi siamo silenziosi. Nelle ore di laboratorio penso sia perché siamo stanchi e poi ci piacerebbe fare anche più cose a pratiche. Invece nelle ore di genetica siamo tutta la classe, quindi è più difficile gestirci.” “Credo che facendo più esempi pratici potremmo interessarci di più alle lezioni. Certi argomenti di teoria, specialmente a laboratorio, sono noiosi e non ci catturano l’attenzione e l’interesse. Magari rispiegare l’esercizio per essere sicuri di aver capito.” “Secondo me scienze è una materia interessante ed importante per la nostra vita, solo che in questo anno per me è stato un po’ difficile, anche se a scienze vado bene. È stato difficile perché la classe non è tutta interessata, c’è sempre qualcuno che disturba … la mia condotta di scienze è molto buona e per la mia materia va bene. Scienze è sempre stata la materia più difficile per me, perché negli ultimi tre anni delle medie ho preso molte insufficienze, invece quest’anno avendo trovato una docente che spiega bene, in caso di dubbi è sempre disponibile mi trovo bene. Siamo una classe che non partecipa molto e che alcuni argomenti non ci interessano quello è vero. Io alla fine guardo me, perché io a scienze vado bene e spero di migliorare e di dare il massimo negli ultimi lavori scritti. Io con lei soressa non ho problemi, e spero di riuscire a migliorare in scienze e di partecipare di più.” Allegato 4: descrizione dell’attività in risposta ai consigli degli allievi. UN NUOVO PUNTO DI PARTENZA In queste settimane ho avuto il tempo per riflettere sulle risposte date alla mia lettera. Molte di esser si concentravano su questo aspetto Per migliorare la nostra attenzione deve essere migliorato il metodo. Lezioni più attive. Coinvolgerci di più con delle attività di gruppo C’è una cosa che vorrei: sia all’ora singola che a laboratorio svolgere attività di gruppo e poi discutere con la classe ciò che i rispettivi gruppi hanno scritto. Proviamo quindi già da oggi ad impostare diversamente le lezioni di Scienze seguendo queste indicazioni! EVOLUZIONE A POSTAZIONI Finora ci siamo concentrati sulla storia della Biston betularia. Oggi ci addentriamo in qualcosa di diverso ma sempre legato al tema dell’evoluzione. In fondo all’aula trovate quattro postazioni e ognuna tratta un argomento diverso. Postazione 1 Postazione 2 Postazione 4 Postazione 3 Per ogni postazione trovate delle indicazioni da seguire e avete a disposizione cinque – dieci minuti terminare il lavoro richiesto. A quel punto potete passare alla postazione successiva. Al termine della rotazione, ogni gruppo ha il compito di raccogliere le risposte date dalla classe per la postazione assegnata e di sintetizzare gli scritti dei propri compagni su un cartellone A3. Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4 Buon lavoro! Postazione 1 “HOMER … WHAT TOOK YOU SO LONG?!” (“Homer … perché ci hai messo tanto?!”) Guarda il filmato. Singolarmente descrivi ciò che ti ha colpito su un foglietto. In gruppo, annotate nel fumetto sottostante in che modo questo filmato ci può aiutare a capire l’evoluzione. Aiutatevi con le vostre prime impressioni! Postazione 2 ROCCE MISTERIOSE Sul tavolo trovate degli oggetti misteriosi. Che cosa sono? Cosa ci possono raccontare? Discutetene tra di voi e riportare le vostre risposte in questo fumetto di gruppo! Postazione 3 STORIE STRANE In questa postazione vi aspetta un compito importante. Sul tavolo sono presenti due documenti. Vi invito a leggerli. Durante la lettura forse vi sarete accorti che in questi documenti sono contenuti delle parole strane come l’aggettivo “vestigiale”. Secondo voi cosa significa questa parola? Riportate la risposta di gruppo in questo fumetto. Documento 1 LA CODA Tutti possediamo una coda vestigiale chiamata “coccige”. Si tratta della parte terminale della colonna vertebrale ed è fatta a forma di triangolo. Nella specie umana, il coccige è costituito da numerose vertebre fuse insieme e sporgenti al di sotto del bacino. Nelle specie provviste di coda evidente, queste vertebre non sono fuse insieme. Documento 2 LA PELLE D’OCA Altri muscoli vestigiali diventano evidenti in inverno o quando si guarda un film dell’orrore. Si tratta degli arrector pili, i piccoli muscoli che si attaccano alla base di ciascun pelo del nostro corpo. Quando questi muscoli si contraggono, i peli si rizzano con il tipico effetto “pelle d’oca” (così detto perché in quelle circostanze la nostra pelle è simile a quella di un’oca spennata). Postazione 4 UN MESTIERE IMPORTANTE Qui di seguito vi propongo delle immagini scattate in un luogo preciso. Cosa stanno facendo queste persone? Potete immaginare anche il luogo? Riportate le vostre risposte sul fumetto di gruppo!