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sperare contro ogni speranza
1° INCONTRO
SPERARE CONTRO OGNI SPERANZA
LA PAROLA: dal Vangelo secondo Luca 23, 33-49
La domanda che nasce spontanea dalla lettura del testo sembra quasi banale: ‚Ma come puoi tu
portare salvezza, portare nel mondo la speranza, tu che sei appeso ad una croce?; come può
venire la speranza da un fallito, da un abbandonato?‛. È la stessa obiezione che rivolgono a Gesù i
capi del popolo e i soldati: ‚Ha salvato gli altri… salvi se stesso‛. La morte infatti è sempre stata
sentita da tutti come una realtà tragica, come la lontananza definitiva dal Dio della vita. Con la
morte cessa qualsiasi relazione con gli altri e con Dio. E Gesù ha vissuto fino in fondo questa
esperienza: la sua morte fu reale. Egli era disceso dal cielo per amore nostro, per compiere, in unità
piena con il volere del Padre, il suo disegno di salvezza per il mondo. Ineffabile kénosi di Dio che
Paolo ci fa contemplare
nel bellissimo inno della lettera ai Filippesi (2,6-8) presentandoci Cristo nell’atto di spogliare se
stesso della sua forma divina, per assumere la ‘condizione di servo’ e diventare in tutto e per tutto
simile a noi. Immagine di un Dio che si dona senza riserve, che dona la propria vita senza misura,
fino a salire in croce, dove prende su di sé tutta la
colpa del mondo.
L’esperienza di Gesù invece va in un’altra direzione perché ci fa vedere come nella piena e totale
consapevolezza del compiere la volontà di Dio e del dono totale di sé agli altri, riemerge la
sovranità e affidabilità di Dio che dalla morte fa sorgere la vita piena. Gesù, facendo dono della
sua vita per Dio e per i fratelli, fa della morte in croce un evento di salvezza. Di fronte alla tragicità
del momento, Gesù non smette di invocare Dio come Padre e di affermare solennemente la sua fede
in questo ‘papà’, nella cui mano stanno l’esistenza, la vita, la morte e la storia degli uomini.
A destra e alla sinistra di Gesù ci sono due malfattori, crocifissi come lui, che rappresentano tutta
l’umanità. Davanti a Gesù non si può restare indifferenti e neutrali ma si deve prendere una
decisione. I ladroni crocifissi con Gesù rappresentano i due atteggiamenti fondamentali dell’uomo di
fronte al Dio messo in croce: uno lo maledice, l’altro inizia a credere e fa la sua bella professione di
fede, sufficiente per far dire a Gesù: ‚Oggi sarai con me in paradiso‛. Gesù svela i pensieri dei
cuori perché l’uomo si decida se affidarsi a lui, se ricominciare ancora a sperare in un futuro
migliore, in una vita ricca e piena di significato, oppure cadere nel vuoto di una vita senza senso e
significato, che non sa che farsene di un Cristo che sale sulla croce! Non c’è il buono o il cattivo.
Tutti e due sono
malfattori, meritevoli della pena capitale. La differenza sta nel fatto che uno si fida di Gesù pur non
comprendendo fino in fondo cosa stia accadendo: Dio è lì che condivide con lui la sua sofferenza,
eppure è capace di dare speranza, di rovesciare anche le situazioni umanamente impossibili,
perché ha vinto la morte con la forza dell’amore. L’amore
crocifisso non è debolezza ma forza, una forza che governa la storia e che nessuna potenza umana
potrà mai sopraffare.
Non è facile per nessuno superare lo scandalo della croce e riuscire a farla diventare, anche nella
nostra vita di ogni giorno, segno e strumenti di speranza! Per cercare il suo valore e il suo
significato più vero dobbiamo andare oltre i nostri standard e i nostri criteri. Non è facile. Anche
noi, come Gesù, dobbiamo avere il coraggio di gridare: ‚Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito‛. Gesù ci rivela che tutti abbiamo uno spirito, un’anima e la
consegna nelle mani del Padre. Così Gesù compie l’ultimo atto di obbedienza al Padre. Ha dato
tutto quello che poteva dare, si è abbandonato, si è affidato totalmente alla volontà del Padre.
Sembra la morte della speranza, e diventa invece la capacità di sperare contro ogni speranza,
perché si affida e ci affida totalmente alla volontà di Dio Padre. Diceva Max Turian: ‚Scoraggiarsi,
mai! Bisogna andare avanti, ognuno al suo posto, con serietà e fedeltà. E magari quando uno meno
se la aspetta, si apre un varco, per cui la storia fa un salto di qualità‛.
Tutti noi abbiamo vissuto e forse stiamo ancora vivendo momenti di solitudine e di abbandono. Non
ci sentiamo compresi, a volte siamo delusi, traditi. Avvertiamo l’insufficienza delle nostre forze e la
solitudine davanti a compiti che sono più grandi di noi.
Veniamo talvolta a contatto con dolori e sofferenze di molti ” pensiamo alle grandi tragedie
dell’umanità: guerre, povertà … - e noi non possiamo far nulla. In certi momenti la stessa luce della
fede e l’amore sembrano spegnersi e cadiamo nella tristezza e nell’angoscia. Sono piccole o meno
piccole notti dell’anima, a volte prolungate, che oscurano in noi la certezza della presenza del Dio
vicino che ha dato un senso a tutta la nostra vita.
Ed è lì, sulla croce che Gesù, ormai prossimo alla morte, si rivolge al Padre gridando: ‚Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?‛ (Marco 15,34). Grido misterioso di un Dio che si sente
abbandonato da Dio oppure grido di totale fiducia e certezza di quel Dio che chiama Abbà,
Padre? Al culmine della sua vita, Gesù è tradito dagli uomini, i suoi non sono più con lui. Sembra
anche oscurarsi ciò che gli è più proprio: la sua intima unione con il Padre, il suo legame di Figlio.
Ma nello sperimentare questa sofferenza, Gesù compie l’opera più bella e grande di tutta la sua
missione: si abbandona alla volontà del Padre, riconciliando così tutta l’umanità con Dio.
Quel vertice di dolore raggiunto dal Figlio di Dio si spalanca ai nostri occhi come il culmine del suo
amore per noi, ridonandoci la speranza di una vita nuova.
‚ Perché avessimo la luce ti sei fatto cieco;
perché avessimo l’unione hai provato la separazione dal Padre;
perché possedessimo la sapienza ti sei fatto ‘ignoranza’;
perché ci rivestissimo dell’innocenza, ti sei fatto ‘peccato’;
perché sperassimo in Dio ti sei fatto quasi ‘disperato’;
perché Dio fosse in noi l’hai provato lontano da te‛.
Domande per il gruppo
“ Tutti noi abbiamo vissuto momenti di solitudine e di abbandono. Prova in gruppo a
condividere qualcuna di queste esperienze!
“ Hai corso anche tu il rischio dell’autosufficienza, del non abbandono alla misericordia
del Padre?
“ La croce è il luogo della manifestazione dell’amore totale e gratuito del Padre.
Necessaria, come abbiamo visto dal ladrone crocifisso con Gesù, la fiducia in Lui; siamo
in grado di superare lo scandalo della croce e trasformarlo in luogo di salvezza e di
amore?
“ Conosci missionari che hanno dato la vita per l’annuncio e la diffusione del Vangelo?
2° INCONTRO
LE RAGIONI DELLA SPERANZA
LA PAROLA: Dal Vangelo secondo Luca 2,1-20
La vita nuova che nasce presso la grotta di Betlemme ed arricchisce tutta l’umanità, non è solo
qualcosa che si richiude nel singolo, come un tesoro geloso da difendere perché nessuno lo possa
rubare! È invece un dono che riguarda l’umanità e deve raggiungere ogni singola persona per
costruire un nuovo stile di vita. È la ragione prima della nostra speranza, il fondamento di tutta la
nostra vita che ci permette anche di rendere ragione della nostra speranza a chi ci sta vicino. ‚Vi è
nato un Salvatore!‛. I primi a rendersene conto sono stati proprio i semplici pastori, simbolo di tutta
l’umanità, che accorre per riscoprire ed accogliere il grande prodigio accaduto.
È la salvezza che Gesù ci offre. Ma quale salvezza Gesù offre all’uomo? Non certo un benessere
attento solo ai desideri materiali, né una sicurezza e tranquillità che scarica tutto su Dio. La salvezza
che Gesù offre è il recupero della dignità originaria, il ritorno alle sorgenti, la scoperta di una
grandezza che abita nel cuore di ognuno e che deve essere portata alla luce, liberata dalle macerie
che lungo i secoli e nella storia personale di ciascuno si sono depositate nel crollo degli ideali e
della speranza. Con la venuta di Gesù rinasce l’uomo nuovo, l’uomo vero, l’uomo in tutta la sua
grandezza, nell’armonia di tutto il suo essere. L’uomo recupera e torna all’autentica libertà,
fondamento della speranza, diventando responsabile di se stesso e degli altri suoi simili, capace di
spendere tutta la sua vita pur di camminare sulla strada indicata da Dio. La salvezza che Gesù offre
è dunque il dono della vera libertà, perché Gesù, venendo sulla terra e assumendo la condizione
umana (cfr. Filippesi 2,5-11), restituisce all’uomo la sua vera identità, riportandolo alla dignità
originaria, così come Dio lo ha pensato e voluto.
La ragione più profonda della speranza, che è il recupero della dignità della persona umana, è
racchiusa nelle parole che l’angelo ha rivolto ai pastori:
NON TEMETE! - Ma di che cosa avevano paura i pastori? E noi, di cosa abbiamo paura? Tutti gli
uomini e le donne di ogni epoca e di ogni condizione, tutti, e soprattutto quelli che apparentemente
sembrano più allegri, spensierati e sicuri, portiamo nascosta una grande paura. Ecco quello che
anche noi abbiamo in comune con i pastori di Betlemme: la notte ci circonda e ci turba. C’è chi
teme di non riuscire a superare una prova, un esame, un concorso; chi ha paura del destino; chi ha
paura di se stesso; chi del tradimento di un amico/a; chi addirittura della vita. Tutti poi abbiamo
paura del dolore e della morte. Il non temere dell’annuncio natalizio riguarda tutti, perché tutti
abbiamo paura!
OGGI - È l’oggi della salvezza. I tempi si sono compiuti e l’attesa si è realizzata. L’evangelista Luca
è molto attento all’oggi della salvezza, cosciente dell’attualità della salvezza. Se non siamo salvati
‚oggi‛, se non è ‚oggi‛ che Dio ci fa toccare con mano la sua benevolenza, il futuro di gioia
rimane una chimera, una speranza non realizzata. Compimento infatti è una parola che ha un
significato molto forte nella bibbia. È l’adempimento della promessa
fatta agli uomini da Dio all’inizio della storia della salvezza (cfr. Abramo, Mosè, David…) è che in
Cristo si realizza.
È NATO IL SALVATORE - Gesù viene chiamato ‚Salvatore‛. Chiamare uno salvatore significa
riconoscergli un’importanza eccezionale, un titolo che viene riservato solo a Dio, l’unico capace di
portare salvezza e di liberare l’umanità. Gesù è salvatore perché, innalzato alla destra di Dio è
stato costituito Signore e chiunque invoca il suo nome sarà salvato (cfr. Atti 4, 9-12). Dalla bocca
dell’angelo di Dio esce l’affermazione essenziale della professione di fede della cristianità: è Gesù
Salvatore fin dalla nascita, anche se rimane ancora tutto velato fino alla piena realizzazione nella
risurrezione. Gesù con la sua venuta rende possibile la nostra piena liberazione e la nostra
definitiva speranza.
Con la venuta di Gesù l’umanità tutta riscopre la sua vocazione originaria, riconducendo ogni uomo
e ogni donna a scoprirsi come fratello e sorella. Il Natale è l’inaugurazione di un’epoca definitiva,
di un mondo totalmente nuovo dove ‚il lupo dimorerà insieme con l’agnello… e il bambino metterà
la mano nel covo di serpenti velenosi‛ (Isaia 11,6-9). Sarà l’epoca della pace!
Gesù è il principe della pace, come era gia stato annunciato. È colui che raduna il gregge disperso
e lo conduce sui pascoli fiorenti di una umanità salvata (cfr. salmo 23). Parlare di pace oggi, può
sembrare ancora più di ieri un’illusione e una utopia. Ma noi ci crediamo perché non è fondata
sulle nostre parole o sulla nostra volontà, ma è un dono di Dio che noi dobbiamo accogliere, perché
annunciato dai suoi messaggeri.
Domande per il gruppo
“ Quali sono le mie paure e miei timori? Che cosa ostacola oggi la speranza di realizzazione
della mia vita?
“ Non temere! È valido anche per me il messaggio dell’angelo? Perché non devo temere? Su
cosa si fonda la mia fiducia e la mia speranza?
“ Molte persone e molte organizzazioni lavorano e lottano per la difesa dei diritti delle
persone. Sei consapevole che è Gesù il fondamento della giustizia e della piena
realizzazione della persona umana?
“ La ricerca sincera della pace, così tanto compromessa anche ai nostri giorni, è spesso frutto
di mode e di luoghi comuni. Si pensa sempre a dare la colpa agli altri, a quelli che non la
pensano come noi. Lavorare per la pace invece parte dal cammino personale di ciascuno,
da alcune scelte che coinvolgono la nostra vita, dall’impegnarci in prima persona alla
comprensione dell’altro, alla solidarietà con i più poveri e al perdono, dall’accogliere la
pace come dono di Dio e frutto dello Spirito Santo!
3° INCONTRO
LE FRAGILITA’ DELLA SPERANZA
LA PAROLA: Dal Vangelo secondo Giovanni 20,11-18
Il cammino di Maria Maddalena, che non riconosce subito ma progressivamente il risorto, è
riferimento esemplare per ogni discepolo che si pone sulla stessa strada, alla ricerca del Signore
Gesù. Come si può incontrare oggi il Risorto al di là delle nostre fragilità? Come superare la
tristezza e lo scandalo della croce? Punto di partenza è la situazione di sconforto che riflette la
condizione di ogni credente e di ogni comunità cristiana colpita dallo scandalo della croce.
La scena inizia con un ‚invece‛, contrapponendo il comportamento di Maria con quello dei due
discepoli che dopo l’annuncio della risurrezione tornano a casa. Maria di Magdala ‘invece non
riesce a tornare a casa, non riesce a staccarsi dal sepolcro, anche se vuoto. Non è ancora una fede
matura, ma il suo pianto e il suo ostinarsi a rimanere presso la tomba indicano la non
rassegnazione. Questa donna ha perso tutto, ha perso Gesù e almeno vuole ricordarlo presso la sua
tomba… e a questo punto si accorge che non c’è nemmeno l’ultimo residuo: il cadavere!
La sua condizione interiore è di angoscia e disperazione, anche se le rimane ancora una risorsa: la
non rassegnazione. Chi ama veramente una persona sente la sua morte come inaccettabile.
Il racconto dell’incontro con il Risorto si sviluppa in due scene...
La prima: Maria curvandosi si volta indietro, verso la tomba, per cercare in alcuni segni la presenza
di Gesù risorto; ma non bastano, è necessario qualcosa di più. Non è sufficiente infatti ricordare,
ritornare al passato, voltarsi indietro per riconoscere il Cristo risorto. Non è sufficiente nemmeno
‚guardare‛ per riconoscere e incontrare il Risorto. Gli occhi della Maddalena sono ancora incapaci
di riconoscerlo, pur avendolo ‚visto‛ e scambiandolo per il custode, come i due di Emmaus (cfr.
Luca 24, 15-16).
Nella seconda scena è Gesù stesso che prende l’iniziativa per portare avanti il cammino di
maturazione della fede di Maria Maddalena e la sua capacità di riconoscere Gesù risorto: Gesù
infatti chiama Maria per nome ed ella lo riconosce subito, proprio perché si sente chiamata per
nome! Nel rapporto con Dio non servono gli occhi, non è sufficiente il ‘vedere solo fisico! Maria non
lo riconosce vedendolo, lo riconosce solo sentendosi chiamata per nome, sentendosi conosciuta ed
amata da Lui. Il pastore infatti conosce le proprie pecorelle e le chiama per nome, così esse
riconoscono la sua voce e lo seguono (cfr. Giovanni 10, 3-4).
Ora la Maddalena non è più chinata verso il sepolcro, né è voltata indietro, ma è rivolta solo verso
il Risorto.
Lo riconosce in modo diverso. L’incontro con il Risorto porta a scoprire la sua nuova condizione di
vita: egli viene dall’alto, è di lassù (cfr. Giovanni 8, 23) ed è colui che deve tornare nel seno del
Padre (cfr. Giovanni 1,18). Con la risurrezione/glorificazione Gesù, con tutta la sua umanità, con
tutto il suo essere, ritorna al Padre per essere per sempre con noi e con tutta l’umanità. ‚Ecco, io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo‛ (Matteo, 28,20).
Ora che lo ha ritrovato, vorrebbe non più separarsi da Lui: ‘Rabbunì’ significa proprio ‘mio
maestro’, quasi a indicare una proprietà personale, non condivisibile con altri. Ma la risposta di
Gesù è chiara e precisa: ‚Non mi trattenere!‛. Maria Maddalena è invitata a varcare anche l’ultima
soglia, che la porta a non più rivolgersi al passato, ma al futuro. E questo passaggio è possibile
solo con la fede.
Maria, e con lei anche noi, siamo chiamati, attraverso il dono dello Spirito, a riconoscere la nuova
identità di Gesù: Figlio di Dio divenuto pienamente uomo, nella morte e risurrezione entra in
comunione con il Padre, sedendo accanto a Lui nella gloria.
La missione che Gesù affida a Maria di comunicare agli altri la nuova modalità di relazione e di
incontro con Gesù risorto, è espressa nelle parole della Maddalena: ‚Ho visto il Signore‛. Non è
più un vedere, un guardare alla ricerca di chissà che cosa o di quale segno straordinario, ma è un
vedere con gli occhi della fede che nasce unicamente e
solamente dalla chiamata di Gesù. Maria infatti riconosce Gesù risorto solo dopo che si è sentita
chiamata per nome, dopo l’esperienza personale con Lui, frutto di una reale capacità di amare.
Domande per il gruppo
“ Puoi riconoscere Gesù solo se senti che il suo messaggio è indirizzato proprio a te, che
Dio ti sta chiamando per nome. Se non riesci a stabilire una relazione intensa e
personale con Lui… nemmeno se lo incontrassi faccia a faccia sapresti riconoscerlo. Senti
il Signore vicino a Te? Lo cerchi? Nella preghiera sei riuscito a stabilire una autentica
relazione personale, da amico ad amico?
“ Gesù è presente, parla con la Maddalena, ma non è ancora stata capace di
riconoscerlo. È la situazione di tanti giovani di oggi. Ma il racconto evangelico ci offre
una indicazione chiara: per incontrare veramente Gesù non bisogna guardare indietro,
ritornare al passato. Non ci viene chiesto di sopportare il dolore e la sofferenza ma di
trasformarli. Il percorso della fede pasquale ci porta ad aprirci alla speranza di un futuro
nuovo.
“ Solo la certezza della presenza del Risorto che ci ama e ci conosce per nome apre la via
per una missione nuova: annunciatori di speranza.
“ Nella vita di ogni giorno, con i tuoi amici/che, a scuola o nell’ambiente di lavoro, sei un
profeta di sventura o un annunciatore di speranza? Sei rivolto sempre a rimpiangere il
passato, oppure è la speranza che guida il tuo cammino e le tue scelte?
4° INCONTRO
IL NOME DELLA SPERANZA
LA PAROLA: Dal Vangelo secondo Marco 16,1-8
Marco non ci vuole dare la cronologia della Risurrezione; non vuol fare un resoconto in diretta, dal
vivo, ma ci racconta un’esperienza di fede profonda che hanno vissuto i discepoli e la prima
comunità cristiana. Pertanto per comprendere la risurrezione è necessario sentirci discepoli, trovarci
in cammino e alla sequela di Gesù. È un cammino che parte dalla chiamata e via via, passando per
la croce, giunge di fronte ad una tomba vuota.
Ma è proprio da qui che è ripartita la speranza! Da qui prende avvio la proclamazione e
l’annuncio del Regno di Dio.
Dalla ‚fuga‛ della donne siamo spinti ad entrare anche noi nel sepolcro per ascoltare e riascoltare
l’annuncio della nostra salvezza. Ci viene offerta la lieta notizia pasquale che irrompe nella nostra
vita e nella nostra storia per offrire significato e senso a tutta la nostra esistenza. Con Cristo risorto,
la vita umana non è più consegnata all’assurdo e alla disperazione, né al caso o alla fortuna,
perché ogni vicenda umana, ogni vita umana è custodita nelle mani di Dio. Le donne sono le
protagoniste di questo racconto. Esse diventano le testimoni oculari negli avvenimenti centrali della
pasqua di Gesù: passione-morte-annuncio della risurrezione. Sono donne che hanno vissuto fino in
fondo la sequela e il servizio a Gesù, fin dagli inizi del suo ministero pubblico in Galilea (cfr. Marco
15,41). È una presenza fedele e continua al maestro, una fedeltà ininterrotta fin dagli inizi!
Nell’andare al sepolcro trovano che la tomba è aperta! Caratteristica centrale di tutte le tombe è di
essere ben chiuse, sia perché devono difendere il cadavere da eventuali atti sacrileghi, sia
soprattutto per proteggere i vivi dai morti. La pietra deve separare e distinguere chiaramente i vivi
dai morti, la vita dalla morte.
Ma proprio da qui prende l’avvio il loro cammino spirituale. Alzato lo sguardo vedono che la pietra
è stata rotolata via, che non c’è più nessuna barriera, nessuna separazione tra i vivi e i morti.
Quello che sembrava impossibile, si è inaspettatamente realizzato: la morte è stata vinta.
Eppure la pietra rotolata via non basta, non è sufficiente per incontrarsi con il Risorto. Il cammino di
fede è ancora lungo e tortuoso. L’espressione ‘cercate’ interpreta tutto l’agire delle donne ed è il
vero impulso che le spinge ad andare. Si nota la distanza assoluta tra il cercare delle donne, tipico
del punto di vista umano che si ferma solo al passato, e l’azione gratuita di Dio che apre al futuro!
Nell’assenza del cadavere di Gesù che costituiva l’oggetto della loro ricerca, esse sono invitate a
disporsi ad accogliere un nuovo modo di presenza della persona cercata, offrendo non solo nuove
modalità ma ragioni e motivazioni più solide e più vere.
Voi cercate… il crocifisso È risorto … non è qui.
Crocifissione e risurrezione sono accostate in forte contrasto tra loro. La gloria della risurrezione
però non toglie l’ignominia della croce. All’identità piena di Gesù appartiene la risurrezione e la
crocifissione; colui che è riconosciuto come Signore, è un crocifisso. Anche se il racconto non ci dice
com’è avvenuta la risurrezione, né si sofferma a descrivere com’è il risorto.
Centrale l’affermazione: non è qui. E il discorso cade ancora sulla tomba. Non è solo aperta e
illuminata, è vuota! Diventando un oggetto inutile, così come la morte per Lui è sorpassata.
Annunciare allora che la tomba è vuota significa che la morte stessa ha cominciato a morire.
L’angelo offre alle donne un altro progetto, cambiando radicalmente il loro: andate.
Anche all’inizio del racconto c’è un ‘andavano’, ma era per ungere un morto, un cadavere; ora
invece vanno per annunciare la risurrezione. Il Risorto offre un nuovo movimento di sequela,
cambiando radicalmente la motivazione
dell’andare: prima erano rivolte al passato, ora invece a nuove prospettive di futuro!
Ora iniziano un andare che non finirà più, perché tutta la loro vita sarà orientata ad annunciare la
speranza del Risorto. È un annuncio che prende le mosse dalla Galilea, il luogo della prima
evangelizzazione universale; ‚Galilea delle genti‛ viene chiamata. Il Risorto proietta la comunità
cristiana all’annuncio missionario, portando il vangelo a tutte le genti.
Impegno bello, meraviglioso, ma non facile!
Le donne infatti non eseguono subito il comando. ‚Andate e dite‛ e invece ‚fuggirono e non dissero
nulla‛. È un finale che esprime la reazione delle donne: paura, timore e stupore! Sempre,
all’entusiasmo del primo momento subentra la paura e il dubbio. Il silenzio con il quale le donne
reagiscono all’ordine dell’angelo e il silenzio con il quale Marco chiude il suo vangelo sono un
prezioso indicatore per tutti noi chiamati ad annunciare il vangelo, ad essere giovani missionari. Per
annunciare il Risorto, dobbiamo anche saper far silenzio. L’esperienza della Pasqua del Signore va
personalizzata, va fatta propria nella riflessione e nella continua rimeditazione, perché prima di
annunciare siamo chiamati a vivere una forte relazione con il Risorto. Dobbiamo saper testimoniare
con la vita l’esperienza della risurrezione.
Annunciare è prima di tutto meditare: dalla contemplazione fioriranno parole che hanno sapore,
che trasmettono e restituiscono vita, che sono capaci di coinvolgere.
Domande per il gruppo
“ Anche oggi è presente il rischio di voltarsi indietro, di guardare sempre al passato, magari
rimpiangendolo. La spinta al cambiamento deve venire più che dalla nostalgia di ciò che
eravamo, dalla prospettiva del futuro che ci sta di fronte. Ecco la grazia che dobbiamo
chiedere al Risorto. Prova a raccontare in gruppo una tua esperienza di vita, dove hai
sperimentato la verità di quanto sopra espresso.
“ Per accogliere con fede la risurrezione è indispensabile una sequela di fedeltà. Non si
improvvisa la partecipazione all’esperienza della risurrezione. I frutti della Pasqua ci
vengono donati… ma a noi sta la capacità di accoglierli. So accogliere il Signore? So
aspettare, so aprire la porta quando passa e bussa? Quali sono oggi i segni della sua
presenza?
“ Il racconto di Marco (16,1-8) ci invita ad un atteggiamento meditativo. Non dobbiamo mai
catturare o rinchiudere nella nostra esperienza personale la rivelazione di Dio. Dio è più
grande e va al di là di ogni schema. Dobbiamo ripartire continuamente, ricominciando a
leggere il vangelo, a riavviare la propria sequela. A che punto mi trovo nel cammino di
sequela del Risorto? Sono in ascolto della sua voce, della sua chiamata? So rispondere SI
alla sua chiamata?
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