Comments
Description
Transcript
La variabilità diamesica
VARIABILITÀ DIAMESICA 1. Premessa. Definizione e statuto dalla variazione diamesica Una volta consolidatosi il modello di analisi dei sistemi linguistici ispirato alla variabilità, si è avvertita l'esigenza di postularne una quarta importante dimensione da porre in relazione con l'influenza esercitata dal mezzo o canale attraverso cui avviene la comunicazione. Per definire questo parametro espressivo, Alberto Mioni, estraendo l'elemento formativo dia- comune alla serie diatopico, diastratico, diafasico e combinandolo con l'affissoide greco meso- nel senso di "mezzo", ha introdotto il tecnicismo d i a m e s i c o (Mioni 1983, p. 508) intendendo dunque per variazione diamesica l’insieme dei fenomeni linguistici connessi con la selezione di un determinato mezzo di comunicazione (scritto, parlato, telefonico, radiofonico, telematico ecc.). 2. Diversità di strategie tra scritto e parlato La scelta del mezzo impiegato nella trasmissione del messaggio ha in effetti una ricaduta importante sulla sua configurazione linguistica. Così, ad esempio, un testo scritto non avrà le ripetizioni e la ridondanza che sono caratteristici dell'orale; per contro nel parlato, a differenza dello scritto, sono frequenti "le interruzioni, le riprese, i cambiamenti di costruzione, le correzioni": in definitiva i vari tipi di comunicazione comportano modalità diverse di pianificazione del discorso e di organizzazione testuale dell'enunciato. Le due polarità estreme di tale continuum possono essere definite in termini di parlato prototipico e scritto prototipico. Scritto e parlato prototipici presentano un nucleo di caratteristiche contrapposte che conviene qui passare in rassegna (seguiremo Bernardelli-Pellerey 1999, pp. 53-62). PARLATO PROTOTIPICO SCRITTO PROTOTIPICO - elaborazione in tempo reale - compresenza di parlante e interlocutore - ancoramento al contesto di produzione e di ricezione - evanescenza dell'enunciato - irreversibilità della formulazione - impossibilità dell'ascoltatore di tornare indietro - ordine e tempo di ascolto obbligati - impossibilità di verifica - pianificazione del testo - distanza fra scrivente e lettore - autonomia dal contesto di produzione e di ricezione - permanenza del testo - possibilità di correzione - possibilità del lettore di muoversi avanti e indietro sul testo - tempi liberi di fruizione - controllo delle affermazioni Lungi tuttavia dal costituire entità discrete e nettamente discriminabili, parlato e scritto costituiscono in realtà tipologie disposte secondo un continuum al cui interno figurano una vasta gamma di tipi intermedi. Per rendere conto di un quadro tipologico così complesso, che non si esaurisce nella schematica contrapposizione tra oralità e scrittura, è stata elaborata una articolata serie di opzioni terminologiche. Innanzitutto quello che sopra abbiamo definito come ‘parlato prototipico’ è stato ribattezzato da Giovanni Nencioni (1976) come parlato-parlato, formula con cui si indica "il parlato spontaneo (detto anche in situazione), quello cioè di una normale conversazione a faccia a faccia, non preparata prima a tavolino né condotta dai parlanti con la consapevolezza di essere registrati". La polarità opposta al parlato-parlato è stata individuata nel cosiddetto scritto-scritto, espressione, coniata dallo stesso Nencioni, con cui "si designano quei testi scritti (tipicamente quelli letterari tradizionali) che non mostrano alcun intento di avvicinarsi allo stile del parlato": le citazioni sono tratte da Rossi 1999, rispettivamente alle pp. 533 e 541. 3. Modalità espressive intermedie tra scritto e parlato All'intersezione tra scritto e parlato si collocano tutta una serie di varietà intermedie, che formano un continuum ininterrotto disposto tra i due poli estremi della variabilità diamesica. 3.1 In una posizione intermedia tra oralità e scrittura piene si collocano innanzitutto tutta una gamma di realizzazioni, d i p e r s é o r a l i , ma alle quali è estranea la caratteristica irriflessa del parlato spontaneo, proprio delle interazioni verbali faccia a faccia. Si possono avere le seguenti forme comunicative: parlato dialogico, letto, ecc. ad esempio il parlato letto ad alta voce proprio dei notiziari radiofonici e televisivi; a rigore un testo letto ad alta voce o recitato a memoria non si può considerare parlato vero e proprio (Voghera 1992 in Rossi 1999, p. 35). parlato pubblico formale parlato recitato Si tratta di un parlato precostruito, "imparato a memoria sulla base di un testo scritto" (Rossi 1999, p. 533), in genere il cosiddetto copione; è proprio "degli attori che seguono una sceneggiatura scritta e che spesso vengono doppiati in studio, quindi senza rumori di sottofondo, se non quelli previsti dal regista" (Diadori 1994, p. 14). parlato-scritto Con questa formula si indica un tipo di discorso con il quale un parlante legge o declama un testo già redatto in precedenza da lui stesso o da altri; è proprio dei servizi giornalistici trasmessi per radio o televisione, delle voci fuori campo che si ascoltano come sottofondo dei documentari e dei messaggi promozionali in pubblicità. 3.2 La ‘lingua trasmessa’ Un insieme coerente di varietà ibride concorre a formare il cosiddetto ‘trasmesso’, specifico delle moderne forme di comunicazione linguistica a distanza (radio, televisione, cinema, ma anche telefonia, fissa e mobile) e nel quale gioca un ruolo importante il mezzo tecnico utilizzato per la trasmissione del messaggio. L'individuazione di tale categoria prende le mosse da un intervento di Sabatini (1982), il quale mira ad isolare una varietà che differisce dall'oralità vera e propria fino a costituire una sorta di "terzo canale" in cui il parlato acquista una rango di semiufficialità. Tra i vari generi di lingua trasmessa, vanno ricordati il parlato radiofonico (su cui si può rimandare alla sintesi di Atzori 2003 e ora di Maraschio 2011) e televisivo (per l'italiano televisivo cfr. in particolare Diadori 1994, Losi 2007), il parlato cinematografico, il linguaggio usato durante le conversazioni telefoniche (da fisso e da mobile) e ultimamente anche la lingua dei nuovi media (web, chat on line, e-mail, sms, social media ecc.). Il parlato radiofonico Dobbiamo premettere innanzitutto, sul piano storico, il ruolo pionieristico di ’agenzia linguistica unificatrice’ esercitato dalla radio che, come fa rilevare Maraschio 2011, “ha agito in modo duplice: da una parte sui singoli parlanti, innalzandone la competenza passiva, ossia la capacità di comprendere l’italiano; dall’altra sull’intera Italia linguistica e sull’italiano stesso, ponendosi di fatto, insieme alla televisione, come nuovo modello normativo e contribuendo negli ultimi decenni all’affermazione dell’italiano neostandard (o italiano dell’uso medio)”. Malgrado le novità degli ultimi anni, resta confermata “la vitalità della radio … la sua importanza crescente presso pubblici diversi e la sua capacità di adeguarsi ai mutamenti tecnologici e sociali in atto” (ibidem). Nel complesso la lingua della radio si può ascrivere al livello dell’italiano dell’uso medio; ma non mancano trasmissioni che si caratterizzano per il fatto di saper proporre un parlato medio-alto (“Prima pagina”, Giornali-radio). Il parlato televisivo Il parlato cinematografico o parlato filmico “Il parlato filmico, pur nella sua specificità, offre una campionatura delle varietà sociolinguistiche tipiche del luogo e dell’epoca in cui è stato realizzato” (Diadori 2012, p. 248) Il parlato telefonico Un caso a parte è dato dal parlato telefonico, che, almeno nella sua configurazione tradizionale (da telefonia fissa), può presentare, rispetto agli scambi dialogici in presenza, delle caratteristiche di maggiore strutturazione imposte dalla distanza ovvero dall'eventualità che gli interlocutori non abbiano reciproca dimestichezza. Diverse sono le caratteristiche della comunicazione telefonica che avvenga attraverso il cellulare, diffusasi a partire dai primi anni Novanta del XX secolo ed oggi ormai imperante ed invasiva. La comunicazione mediata dal computer e le ‘scritture brevi’ Una particolare forma di comunicazione a distanza che si va sempre più diffondendo è quella della lingua scritta mediata dal computer (cfr. Pistolesi 2004 e Crystal 2005); a proposito di tali nuove forme di scrittura Antonelli 2007, pp. 141-161 parla di neoepistolarità tecnologica e menziona la formula dell’italiano digitato coniata da Gastaldi 2002. Da essa discendono le cosiddette ‘scritture brevi’ di cui forniamo una sintetica definizione tratta dall’abstract di Chiusaroli 2012. L’espressione “scritture brevi oggi” è intesa a definire forme grafiche sintetiche introdotte negli ultimi decenni nella scrittura della cosiddetta comunicazione mediata dal computer (CMC). Abbreviazioni e acronimi, segni e simboli, ricorrenti in e-‐‑mail, sms, chat, instant messaging, sono solitamente considerati una singolarità delle giovani generazioni, o spesso ritenuti errori grafici illogici ed incongruenti; tuttavia una loro analisi funzionale nella catena e nel sistema, insieme a un confronto fra sistemi grafici in sincronia e in diacronia, mostrano la coesistenza di tipi universali e un equilibrio permanente tra forme gergali o idioletti e norma ideale, agli scopi della pragmatica della comunicazione nel dominio della rete. Altre peculiarità del parlato • I segnali discorsivi Il parlato mostra una spiccata predilezione per l'impiego dei cosiddetti segnali discorsivi. Con questo tecnicismo si intendono "quegli elementi che, svuotandosi in parte del loro significato originario, assumono dei valori che servono a sottolineare la strutturazione del discorso, a connettere elementi frasali .... ed a esplicitare la collocazione dell'enunciato in una dimensione interpersonale..." (Bazzanella 2003, p. 406). Possono essere distinti in varie tipologie a seconda della loro collocazione nell'enunciato (ad apertura o chiusura della conversazione ovvero come dispositivi finalizzati al mantenimento della comunicazione), del ruolo svolto dal parlante in sede di scambio verbale (come locutore si avvarrà di segnali di presa di parola, conclusione ecc.; come interlocutore farà ricorso a segnali di conferma, di assenso, interruzione ecc.) o infine della funzione assolta da tali elementi (riformulazione, correzione ecc.). Un utile schema riepilogativo si può leggere nell'apposito riquadro di De Mauro 2000, p. 2391. Studi recenti sulla comunicazione parlata Si sta sempre più diffondendo tra linguisti e tecnologi della voce un forte interesse, tanto teorico, quanto applicativo, per le manifestazioni parlate della lingua, osservate possibilmente in condizioni diafasiche diversificate e tendenzialmente spontanee. Una migliore conoscenza dei meccanismi di funzionamento della lingua parlata è infatti un obiettivo cruciale sia per gli studiosi di linguistica sia per quanti (ingegneri, informatici) lavorano alla ottimizzazione dei sistemi di interazione vocale tra l'uomo e la macchina. In particolare in Italia, sul modello di quanto avviene all'estero nell'ambito delle Speech Communication Sciences, si vanno consolidando gli studi sulla comunicazione parlata, finalizzati a garantire centralità al soggetto parlante e alle basi biologiche della comunicazione, tematizzando tra l'altro "lo studio delle strategie messe in atto dai parlanti nelle interazioni dialogiche, gli studi sui disturbi del linguaggio e quelli sulla fenomenologia fonica di emozioni e sentimenti, le applicazioni relative al cosiddetto trattamento automatico del parlato e le attività per la conseguente predisposizione di strumenti (banche dati, sistemi di analisi, di sintesi e di codifica automatiche), l’emergere di nuove professioni (periti fonici giudiziari, esperti in ingegneria linguistica, linguisti computazionali) e l’espandersi, nell’accademia e nella società, di professioni classiche, come foniatri e logopedisti" (si riporta dal testo della Proposta di costituzione di un gruppo di studio sulla comunicazione parlata in seno alla Società di Linguistica Italiana). .