la ristrutturazione del debito dell`impresa secondo la novella dell`art
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ARTI GRAFICHE APOLLONIO Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Marta Maria PEDRINOLA LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO DELL’IMPRESA SECONDO LA NOVELLA DELL’ART. 182-BIS L.F. Paper numero 73 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814 e-mail: [email protected] Dicembre 2007 LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO DELL’IMPRESA SECONDO LA NOVELLA DELL’ ART 182-BIS L.F. di Marta Maria PEDRINOLA Dottoranda di ricerca in Economia Aziendale Università degli Studi di Brescia Indice 1. Introduzione ............................................................................................... 1 2. L’evoluzione degli istituti .......................................................................... 2 2.1 La prassi previgente al D.L. 14 marzo 2005 n° 35.............................. 2 2.2 La riforma della disciplina delle procedure concorsuali nel suo iter ... 5 2.2.1 Dal progetto Chiaraviglio alla Commissione Trevisanato.......................... 5 2.2.2 Le recenti iniziative governative e il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006 n° 5 ................................................................................................... 9 3. Le soluzioni concordate della crisi d’impresa.......................................... 12 4. La disciplina dell’accordo di ristrutturazione dei debiti .......................... 15 4.1 La natura dell’ accordo ....................................................................... 15 4.2 Le fasi esecutive................................................................................... 16 4.3 La forma e il contenuto dell’accordo ................................................. 18 5. La posizione dei creditori nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e il trattamento dei creditori estranei all’accordo (art. 182bis)............................................................................................................ 20 6. La relazione dell’esperto.......................................................................... 22 7. Conclusioni .............................................................................................. 25 Appendice Fonti Giurisprudenziali .............................................................. 28 Bibliografia .................................................................................................. 37 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. 1. Introduzione Il fenomeno della crisi dell’impresa sorge parallelamente alla nascita dell’impresa stessa, essendone una fase fisiologica del ciclo di vita 1 , ma è forse a partire dagli anni Settanta del XX secolo che le <crisi> hanno cessato di essere fenomeni ciclici o episodici per divenire una dinamica permanente all’interno dell’intero sistema industriale2 . La volontà di dare una definizione univoca al termine <crisi> si scontra tuttavia con la diversità dei pareri e degli approcci utilizzati dai diversi Autori: in tal senso, noto è l’uso del termine in senso strettamente finanziario, come sinonimo di insolvenza, considerando in crisi l’impresa che “non è in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, o meglio quando vengono meno le condizioni di liquidità e di credito necessarie per adempiere, regolarmente e con mezzi normali, alle obbligazioni contratte.” 3 . Ancora, secondo autorevole opinione “[…]la crisi si sostanzia nell’instabilità della redditività che porta a rovinose perdite economiche e di valore del capitale, con conseguenti dissesti nei flussi finanziari, perdita della capacità di ottenere affidamenti creditizi per un crollo di fiducia da parte della comunità finanziaria, ma anche da parte dei clienti e fornitori, innescando così, un pericoloso circolo vizioso” 4 . Acclarata l’esistenza di uno stato di crisi, il problema principale riguarda la scelta della soluzione da attuare. A tal riguardo è noto come si possa agire più o meno contemporaneamente su più fronti che - almeno in linea ipotetica - si declinano nei seguenti: i) scelte di gestione tipica; ii) scelte di natura finanziaria, in particolare di ri-negoziazione dell’indebitamento oneroso, senza escludere nuovi apporti di capitale proprio; iii) liquidazione di singoli elementi del patrimonio, specie ove non connessi alla gestione caratteristica; iv) attuazione di un <piano di risanamento> dell’azienda, acclarata la sussistenza di seri presupposti per il rilancio dell’attività aziendale; v) cessione parziale o totale dell’azienda. 1 Cfr. G. MORANDINI presidente della Piccola Industria di Confindustria, intervento al convegno “Dalla riforma della crisi alla crisi della riforma”, tenutosi l’ 11 maggio 2007 a Milano. 2 Cfr. L. GUATRI, “Crisi e risanamento delle imprese”, Milano, Giuffrè editore, 1986. 3 Cfr. M. ZITO, “Fisiologia e patologia delle crisi di impresa”, Giuffrè, Milano, 1999. 4 Cfr. L. GUATRI, “Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore”, EGEA, Milano, 1995. 1 Marta Maria Pedrinola La scelta dovrebbe riguardare, come è stato affermato 5 , l’alternativa che presenti il minor onere, inteso come differenza tra il valore dell’impresa in crisi e il valore successivo ad ogni singola scelta. Le scelte ricordate ai numeri (i), (iii), (iv), (v), sono da tempo ampiamente trattate dalla letteratura. Altrettanto le scelte sub (ii), le quali peraltro sono oggi mutate nella propria attuazione, dopo il D.L. 14 marzo 2005 n° 35. Nel prosieguo verranno quindi trattati: l’evoluzione degli istituti (§ 2); le soluzioni concordate della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 14 citato (§ 3); la disciplina dell’accordo di ristrutturazione del debito (§ 4); la posizione e il trattamento dei creditori (§ 5); la relazione dell’esperto (§ 6). 2. L’evoluzione degli istituti 2.1 La prassi previgente al D.L. 14 marzo 2005 n° 35 La legge fallimentare del 1942 6 ha disciplinato, pressoché immutata, la materia delle procedure concorsuali per più di sessanta anni 7 . Quel Regio Decreto considerava la liquidazione del patrimonio e la conseguente dissoluzione dell’azienda quale strumento ultimo di regolamentazione del fenomeno dell’insolvenza 8 . 5 Cfr. S. PROSPERI, “Il governo economico della crisi aziendale”, Giuffrè, Milano, 2003. 6 Regio decreto 16 marzo 1942 n° 267, Gazzetta Ufficiale n° 81 Edizione Straordinaria del 6 aprile 1942. 7 La citata disciplina è stata affiancata dalla Legge n° 95 del 3 aprile 1979 (Legge Prodi), per l’amministrazione delle grandi imprese commerciali in crisi. Una tra le motivazioni che hanno portato all’emanazione di tale Legge è stato il tentativo di risolvere i problemi che si verificavano nel momento in cui un’impresa di grandi dimensioni, per essere stata soggetta ad una procedura concorsuale, cessava l’attività, provocando gravi conseguenze per l’intero sistema economico e sociale. La Legge Prodi si connotava per la finalità conservativa delle attività aziendali, da attuarsi mediante la prosecuzione, riattivazione o conversione delle stesse. Si trattava di una procedura il cui cuore era la continuazione dell’attività, proprio per evitare i danni gravi ed irreparabili che potevano derivare da brusche interruzioni della stessa. L’obiettivo primo era il salvataggio dal fallimento delle imprese ritenute di maggior interesse per l’economia nazionale, le quali erano in tutto o anche solo in parte da ritenersi recuperabili. Essa tendeva a contemperare la tutela dei creditori, in base al criterio della par condicio, col proseguimento delle attività produttive e in tal modo a contribuire a conservare i livelli occupazionali in atto. Tale procedura venne abrogata nel 1999 con l’approvazione del D. Lgs. n° 270, su sollecitazione europea per rispetto del principio concorrenziale di non assistenza statale alle imprese. 8 Cfr. G. BRUNETTI in “Le crisi d’impresa tra prevenzione e superamento. Un punto di vista aziendale” in www.portaleaziende.it. 2 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. L’incipit della legge sanciva espressamente che “erano soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori” 9 . A tal riguardo erano considerati <piccoli imprenditori 10 > coloro che avessero esercito un’attività commerciale, che fossero titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile, o che avessero investito un capitale non superiore a lire novecentomila 11 . Si sottolineava dunque l’esigenza di salvaguardare tale delicata categoria imprenditoriale, proteggendola da un eventuale fallimento, che avrebbe minato la palese esiguità dell’attività di impresa, e indebolito il patrimonio economico produttivo che essa costituiva nell’insieme 12 . Se si escludono le finalità risanatorie dell’istituto -innovativo per l’epocadell’amministrazione controllata 13 , che aveva lo scopo di salvaguardare l’attività aziendale e favorirne il risanamento così da consentire all’imprenditore il soddisfacimento delle obbligazioni contratte, negli altri casi l’obiettivo principale era di ottimizzare gli interessi dei creditori, considerati collettivamente secondo il principio della par condicio creditorum, rispetto all’attivo fallimentare. Da ciò discendeva una finalità principalmente liquidatoria della procedura fallimentare, la quale mirava alla monetizzazione dei cespiti dell’azienda disgregata. L’impronta del Legislatore rispondeva ai principi economici e giuridici propri di quel tempo, fondati su una visione patrimonialista 14 di favor 9 Si veda art. 1 R.D. 16 marzo 1942, n° 267. Limite così elevato dalla Legge 20 ottobre 1952, n. 1375. 11 La Corte Costituzionale, con sentenza n° 570 del 22 dicembre 1989, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma. A seguito di ciò la categoria del “piccolo imprenditore” è stata individuata in base all’art. 2083 c.c. che recita: “Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”. 12 Cfr. VINDIGNI, “Piccolo imprenditore: decisioni nuove, problemi vecchi”, nota alla Sentenza Trib. Firenze, 31 luglio 1990, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 1990. 13 Introdotta dal Legislatore del 1942, l’Amministrazione Controllata aveva il precipuo scopo di conservare l’apparato produttivo. Era un mezzo che la legge concedeva al debitore in temporanea difficoltà per prevenire l’insolvenza stessa e la dichiarazione di fallimento, allorquando esistessero comprovate possibilità di risanare l’impresa. Tale procedura è stata abrogata dalla riforma del diritto fallimentare di cui al D. Lgs. n° 5 del 2006 a decorrere dal 16 luglio 2006, fatte salve le procedure a quella data già pendenti. 14 Cfr. Circolare n° 15 del 19 luglio 2006 “La Riforma del diritto Fallimentare”, Fondazione Luca Pacioli. 10 3 Marta Maria Pedrinola creditoris 15 . A ciò si aggiungeva l’intento afflittivo con cui il Legislatore del ‘42 considerava l’imprenditore insolvente, punito per la sua condotta giudicata riprovevole con l’istituto del fallimento che lo spossessava del suo patrimonio e gli imponeva limitazioni anche di tipo personale16 . Questi principi rispondevano congiuntamente all’antica tradizione punitiva di repressione del reato anche economico, e alla più recente del diritto penale di uno Stato autoritario. Quei principi, come noto, mutarono più tardi nel tempo, congiungendosi peraltro al favor di cui poi godette l’impresa in crisi - nell’ipotesi di poterla risanare in toto o parzialmente - a vantaggio dei dipendenti, dei creditori, del sistema. A quell’impianto legislativo, forse rigido forse imperfetto rispetto alle necessità delle imprese e del sistema, e alla nettezza dell’azione giudiziaria, si era poi sommata nel tempo la sempre più complessa organizzazione delle attività economiche. Questa suggeriva la riconsiderazione delle procedure concorsuali già basate sulla liquidazione dei beni aziendali, nonché la definizione di soluzioni alternative che consentissero la ristrutturazione e il salvataggio dell’impresa quale azienda organizzata. Gli interventi giuridici effettuati, nel contesto internazionale come in Italia, ebbero l’obiettivo di rendere più flessibile la gestione della crisi, e introdussero strumenti di carattere prevalentemente negoziale finalizzati a consentire, in sede stragiudiziale, un più efficiente controllo della crisi stessa. A tal proposito il 9 gennaio 2006 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo recante “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali” 17 , decreto che dovrebbe concludere un iter legislativo iniziatosi negli anni ’70 del secolo XX. Filo conduttore della riforma è stata la volontà di recuperare l’impresa o 15 La relazione di accompagnamento alla Legge Fallimentare del 1942 era chiara a tal proposito e stabiliva: “Nelle sue linee generali la presente Legge reagisce alla concezione troppo liberistica del codice del 1882 […] e offre una più energica tutela degli interessi generali rispetto a quelli individuali dei creditori e del debitore. Si suole parlare a tale proposito di una concezione pubblicistica del fallimento contrapposto a una tradizionale concezione privatistica […] La nuova Legge assume la tutela dei creditori come un altissimo interesse pubblico e pone in essere tutti i mezzi perché la realizzazione di questa tutela non venga intralciata da alcun interesse particolaristico. […]”. 16 Si trattava dell’obbligo di consegna al Curatore della corrispondenza, dell’obbligo di residenza, dell’iscrizione nel Pubblico registro dei falliti e della perdita dell’elettorato attivo e passivo. 17 Il D. Lgs. 9 gennaio 2006, n° 5, recante “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali, a norma dell’art. 1, comma 5, della legge 14 marzo 2005, n° 80”, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 12, Supplemento Ordinario n° 13 del 16 gennaio 2006. 4 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. parte di essa, talché fine della procedura non è più la mera liquidazione dei beni (con il conseguente soddisfacimento dei creditori), bensì la conservazione e il risanamento dell’impresa stessa: da un sistema legislativo orientato ai creditori si è quindi transitati ad uno orientato all’impresa, pur nel senso anzidetto. Accanto alle procedure liquidatorie sono state infatti introdotte, o potenziate, procedure alternative di ristrutturazione o riorganizzazione, il cui obiettivo principale è tipicamente il recupero dell’economicità aziendale. Le soluzioni concordate si innestano principalmente su procedure nonliquidatorie, e hanno la funzione di incoraggiare la collaborazione del debitore. In particolare, la disciplina degli accordi stragiudiziali, introdotta nell’ordinamento italiano dall’art 182-bis L.F., ha risposto alla volontà di favorire le ipotesi di composizione contrattuale della crisi, affidando la gestione della stessa ai soggetti coinvolti dal dissesto, riconoscendo loro la possibilità di promuovere e definire soluzioni pattizie alternative. L’utilizzazione di tali strumenti, ancorché largamente realizzati in precedenza nella prassi d’impresa al di fuori della Legge Fallimentare, presupponeva sì accordi tra debitore e creditori sulle possibili modalità di soddisfacimento dei crediti, ma doveva però sempre e comunque venire posta in relazione con il rischio di successiva dichiarazione di fallimento e con le sue conseguenze, sia per il debitore 18 sia per i creditori, esponendo questi ultimi al rischio di azioni revocatorie e all’applicazione delle previsioni di cui all’art. 218 L.F. 19 . Il D.L. n° 35 del 2005 ha quindi fortemente assecondato l’esigenza di prevedere una tutela normativa in favore delle soluzioni privatistiche della crisi d’impresa, al fine di limitare i rischi evidenziati. 2.2 La riforma della disciplina delle procedure concorsuali nel suo iter 2.2.1 Dal progetto Chiaraviglio alla Commissione Trevisanato L’esigenza di una modifica della Legge Fallimentare si inizia a sentire già a partire dagli anni ’70 del XX secolo, da un lato con l’importante 18 In caso di successiva dichiarazione di fallimento, poteva venire accusato di bancarotta preferenziale. 19 Si veda art. 218 L.F. “Salvo che il fatto costituisca un reato più grave, è punito con la reclusione fino a due anni l’imprenditore esercente un’attività commerciale che ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III titolo II libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’ impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni”. 5 Marta Maria Pedrinola proposta Chiaraviglio-Gerini-Servergnini e il Decreto Legge n° 602 del 5 ottobre 1978 20 (poi non convertito), dall’altro con l’approvazione della Legge n° 95 del 3 aprile 1979 21 . Il progetto sopra menzionato, opera di tre dottori commercialisti, proponeva una riforma delle procedure concorsuali che prevedesse quale condizione applicativa “una situazione di crisi, intesa in senso economico di squilibrio tra costi e ricavi di gestione, insufficienza cioè di questi a coprire quelli” 22 . Si anticipava 23 quindi la possibilità di un intervento preventivo sull’impresa in ragione della considerazione dell’insolvenza come “punto di arrivo di un cammino, nel corso del quale le manifestazioni del cattivo andamento sono state sicure e numerose” 24 . La novità di maggior rilievo riguardava il piano di ristrutturazione 25 che gli amministratori potevano proporre al Tribunale competente il quale prescindendo da ogni possibile controllo di merito - dopo aver esaminato la correttezza formale della domanda, dichiarava l’impresa sottoposta a controllo giudiziario. Nel corso di questo periodo di “controllo giudiziale”, l’amministrazione della società continuava ad essere affidata all’organo societario e il Tribunale, oltre a poter disporre la moratoria dei pagamenti e la sospensione degli interessi, poteva approvare ulteriori provvedimenti “strumentali agli effetti della più agevole riuscita del piano di ristrutturazione” 26 . Si reputava inoltre dovessero costituire ulteriori condizioni per la riuscita del piano: i) il riconoscimento delle pre-deduzioni ai creditori posteriori; ii) l’obbligatorietà della procedura per tutto il ceto creditorio, il cui parere era vincolante soltanto nell’ipotesi in cui si richiedeva la protrazione della moratoria oltre l’anno; iii) il controllo costante da parte del Tribunale; iv) la salvaguardia del principio della par condicio creditorum. 20 Rubricato “Misure dirette ad agevolare la ripresa delle imprese in difficoltà”. La quale convertiva in legge, con modificazioni, il decreto-legge 30 gennaio 1979, n° 26, concernente provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. 22 Cfr. L. CHIARAVIGLIO – L. GERINI – O. SEVERGNINI “Le procedure concorsuali previste dalla legislazione vigente e l’attuale realtà economica e sociale”. Relazione presentata al XXI° Congresso nazionale dei Dottori Commercialisti tenutosi in Venezia nel mese di ottobre 1978 e pubblicata sulla Rivista dei dottori commercialisti, 1979. 23 Si prescindeva ciò dalla manifestazione finanziaria, bastando per l’avvio di una procedura lo stato di crisi economica. 24 Cfr. L. CHIARAVIGLIO – L. GERINI – O. SEVERGNINI op. cit.. 25 In caso di crisi di non breve durata, ma comunque sanabile. 26 Cfr. L. CHIARAVIGLIO – L. GERINI – O. SEVERGNINI op. cit.. 21 6 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. Nel caso in cui gli amministratori dell’impresa avessero interpretato lo squilibrio tra costi e ricavi come manifestazione di crisi irreversibile, non rimediabile con qualsivoglia ristrutturazione, loro dovere era di porre fine all’impresa, “accingendovi si quando la stessa era ancora nelle condizioni di poter assolvere tutte le sue obbligazioni”. Le modifiche proposte invece all’istituto del concordato preventivo e al fallimento erano volte all’acceleramento e alla semplificazione delle procedure, al riordinamento delle sanzioni, infine alla responsabilizzazione di coloro che svolgevano funzioni di amministrazione e controllo all’interno dell’impresa. Questo progetto non ebbe alcun seguito parlamentare, così come i progetti di riforma della Legge Fallimentare che in qualche modo raccolsero tale proposta. Il successivo progetto complessivo di riforma delle procedure concorsuali, il disegno di legge n° 7458 27 , risale all’anno 2000. Esso conteneva una proposta di legge-delega che puntava a riordinare le procedure concorsuali, predisponendone due sole, che sostituivano tutte le precedenti: i) una di crisi; ii) una di insolvenza. Scopo della prima procedura era di consentire il risanamento dell’impresa e la continuazione dell’attività. Le caratteristiche principali riguardavano la gestione dell’impresa e l’amministrazione del patrimonio che rimanevano all’imprenditore, sebbene assoggettate al controllo giudiziale. Il giudice delegato e i commissari giudiziali potevano controllare la procedura e autorizzare il compimento degli atti di gestione e amministrazione di particolare rilevanza. La procedura di insolvenza, a propria volta, si divideva in due fasi: la prima tesa all’accertamento della consistenza effettiva del patrimonio del debitore, la seconda volta ad attuare un programma alternativamente di risanamento o di liquidazione. Il disegno di legge non prevedeva alcuna conseguenza di carattere personale in capo all’imprenditore, né forma alcuna di soluzione stragiudiziale della crisi. Parallelamente al disegno di legge n° 7458, veniva presentata alla 27 Recante “Delega al governo per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi”, presentato il 24 novembre 2000. 7 Marta Maria Pedrinola Camera dei Deputati la proposta di legge n° 7497 28 . Anche tale proposta distingueva tra una procedura di carattere anticipatorio 29 e una di carattere liquidatorio 30 , ma al contrario della precedente contemplava: i) la possibilità di accordi tra debitore e creditore; ii) l’abbreviazione generale dei termini, al fine di rendere più celere la procedura; iii) meccanismi premiali a favore del debitore che richiedesse tempestivamente l’avvio della procedura. Nonostante la completezza delle due proposte di legge-delega, nessuna fu approvata nel corso della XIII legislatura. Alla fine del 2001 veniva quindi istituita, presso il Ministero della Giustizia, la Commissione per la riforma della disciplina delle procedure concorsuali (c.d. Commissione Trevisanato 31 ), che avrebbe dovuto elaborare un autonomo progetto di legge-delega da presentare al Parlamento. La commissione elaborò una proposta che prevedeva la sostituzione delle procedure concorsuali ancora in vigore con una disciplina organica articolata in: i) meccanismi di prevenzione e di allerta; ii) procedura di composizione concordata della crisi; iii) procedura di insolvenza 32 . L’attivazione della procedura di composizione concordata della crisi si proponeva venisse subordinata alla sussistenza di alcune condizioni (quali l’impossibilità o la temporanea difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni o il pericolo di insolvenza) determinate da una situazione di squilibrio patrimoniale, economico, finanziario tale da compromettere la continuità aziendale. La procedura di insolvenza, che al contrario della precedente aveva quale unico presupposto l’impossibilità di adempiere 28 Rubricata “Delega al Governo per la riforma delle procedure della crisi di impresa”. Fu presentata il 14 dicembre 2000 su iniziativa dei deputati: Veltroni, Mussi, Agostini, Folena, Finocchiaro, Fidelbo, Benvenuto, Biasco, Brunale, Cennamo, Chiusoli, Panattoni, Rabbito, Targetti, Vannoni. 29 La procedura di ristrutturazione delle passività. 30 La procedura di insolvenza. 31 “Commissione per l’elaborazione di principi direttivi di uno schema di disegno di legge-delega al governo, relativo all’emanazione della nuova legge fallimentare ed alla revisione delle norme concernenti gli istituti connessi”. Istituita con D.I. 28 novembre 2001 presso l’Ufficio Legislativo. 32 Cfr. “La riforma della disciplina della crisi d’impresa” progetto coordinato da Innocenzo Cipolletta, Stefano Micossi, e Giangiacomo Nardozzi, in www.confindustria.it. 8 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. regolarmente alle proprie obbligazioni, si caratterizzava per essere di natura liquidatoria. Uno dei punti più problematici della proposta di riforma riguardava tuttavia la disciplina degli atti pregiudizievoli per i creditori. Su questo punto si confrontavano, all’interno della commissione, due visioni contrapposte: la prima considerava l’azione revocatoria come uno strumento avente funzione risarcitoria 33 , mentre la seconda ribadiva l’impostazione della legge fallimentare, evidenziando l’importanza dello strumento ai fini della tutela del principio della par condicio creditorum 34 . La commissione Trevisanato non trovando una soluzione unica e condivisa presentava, nel 2003 due disegni di legge, uno di maggioranza e uno di minoranza, entrambi senza esito parlamentare. 2.2.2 Le recenti iniziative governative e il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006 n° 5 Contestualmente ai lavori di tale Commissione, il Consiglio dei Ministri aveva tuttavia approvato, l’8 marzo 2002, il disegno di legge n° 1243, recante “Modifiche urgenti al R.D. 16 marzo 1942, n° 267”. Questo intervento avrebbe dovuto avere carattere meramente anticipatorio di una riforma di più ampio respiro, ed era “teso ad adeguare la normativa vigente, senza sconvolgerne l’impianto, in modo da consentire che le procedure pendenti e quelle sopravvenienti potessero, da subito, svolgersi secondo regole più chiare e certe e concludersi, per quanto possibile, in tempi più brevi” 35 . Tra le modifiche di maggior rilievo vi era l’eliminazione del richiamo alla nozione di <piccolo imprenditore>, l’abrogazione delle disposizioni concernenti la presunzione muciana 36 , la limitazione delle incapacità personali del fallito, la possibilità di disporre la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, l’abrogazione dell’istituto della riabilitazione civile. I contenuti del citato disegno-legge furono modificati nel dicembre 2004, allorché il Governo presentò un corposo numero di emendamenti che ne ampliavano notevolmente i contenuti. Tale intervento 37 si proponeva di apportare importanti modifiche a numerosi disposti della legge fallimentare, 33 Concezione indennitaria, per cui dovevano essere revocati soltanto gli atti che pregiudicano le garanzie patrimoniali. 34 Cfr. “La riforma della disciplina della crisi d’impresa” progetto coordinato da Innocenzo Cipolletta, Stefano Micossi e Giangiacomo Nardozzi, in www.confindustria.it. 35 Si veda la relazione al Disegno di legge n° 1243. 36 Secondo la quale si presupponevano comprati con denaro del fallito i beni acquistati dal coniuge dello stesso nei 5 anni precedenti la dichiarazione di fallimento. 37 Noto come maxi-emendamento. 9 Marta Maria Pedrinola e rinviava alla stesura di una successiva legge-delega la definizione di ulteriori principî. Gli emendamenti del Governo, ancorché approvati nel Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004, non furono però oggetto di successivo dibattito parlamentare. Per non rendere vane le proposte di modifica contenute nel maxiemendamento, il Parlamento ne riprese alcuni tra gli elementi più qualificanti nel D.L. 14 marzo 2005 n° 35, proponendosi di inserire le restanti disposizioni all’interno di un disegno di legge che avrebbe dovuto trovare definizione in sede parlamentare. Con la Legge n° 80 dello stesso anno il Governo ha poi provveduto alla conversione in legge del D.L. n° 35; in autunno è stato licenziato un decreto attuativo 38 approvato dal Consiglio dei ministri il 22 dicembre 2005. Per ultimare il processo il 16 gennaio 2006 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. del 9 gennaio 2006 n° 5 39 . Gli addetti ai lavori hanno parlato di una “rivoluzione copernicana” 40 che porrebbe l’Italia al passo con l’Europa nella disciplina delle procedure concorsuali. Il provvedimento interviene in maniera significativa sulla disciplina concorsuale, a completamento dei primi interventi apportatati dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n° 35, nell’ambito del quale il Legislatore ha da un lato modificato la disciplina del concordato preventivo e della revocatoria fallimentare, dall’altro introdotto alcuni innovativi istituti che ampliano gli spazi per la gestione privatistica della crisi dell’impresa. Una delle novità di maggior rilievo è l’introduzione nella legge fallimentare del nuovo art. 182-bis, concernente gli accordi di 38 Su proposta del Ministro della giustizia, Castelli e del Ministro dell’economia e delle finanze Tremonti, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che attua la delega conferita al Governo a riformare l’istituto del fallimento e le procedure connesse. Il provvedimento incide su ampie parti della disciplina contenuta nel regio decreto n. 267 del 1942 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo,dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) innovandole significativamente ed abrogandone diverse parti (ad esempio l’intera disciplina dell’amministrazione controllata) secondo criteri improntati all’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto del fallimento, all’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie relative, alla valorizzazione del ruolo e dei poteri del curatore fallimentare e del comitato dei creditori, al ridimensionamento di quelli del giudice delegato; viene introdotta ex-novo la disciplina dell’esdebitazione, cioè la liberazione del debitore dai debiti residui nei confronti dei creditori in taluni casi di buona condotta. 39 Rubricato “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80”. 40 L’espressione è del Ministro della Giustizia Roberto Castelli, in un articolo pubblicato su “Il Giornale” del 23 dicembre 2005. 10 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. ristrutturazione del debito. Si tratta di un istituto ampiamente conosciuto e diffuso nella prassi, ben definito in molteplici legislazioni straniere41 , già codificato dall’ABI 42 , di cui si auspicava da parte di alcuni la recezione anche nell’ordinamento nazionale, quale strumento di risoluzione negoziale della crisi 43 dell’impresa, nel senso del suo risanamento 44 . Da sempre, infatti, debitori e creditori sono soliti ricorrere a concordati stragiudiziali per definire i loro rapporti e cercare di superare la situazione di crisi, ma ciò avveniva senza poter fruire dei vantaggi della stabilità e certezza giuridica che scaturiscono solo dalla recezione nell’ordinamento. Era quindi necessaria una legittimazione di diritto positivo che assegnasse 41 Principale punto di riferimento è la legislazione statunitense, che disciplina la procedura della Corporate Reorganization, in cui occupano un posto centrale gli accordi tra debitore e creditori, che tengono in grande considerazione le ragioni dell’impresa e dell’imprenditore (debtor oriented,), cui si cerca di fornire il c.d. fresh start, ovvero una nuova opportunità di operare sul mercato. Nella procedura statunitense è prevista anche la suddivisione dei creditori in classi secondo interessi omogenei, e il trattamento differenziato delle singole classi; la differenza più rilevante rispetto agli accordi di cui all’art. 182-bis è data dalla regola del “cram down”, secondo la quale, se c’è almeno una classe di creditori a favore dell’accordo, questo si impone anche ai creditori il cui dissenso non è dovuto dal fatto che ricevono un trattamento inferiore a quanto potrebbero ricevere in sede di liquidazione dell’impresa. 42 L’Associazione Bancaria Italiana nel gennaio 2000 ha redatto il “Codice di Comportamento per affrontare i processi di ristrutturazione atti a superare le crisi di impresa”, finalizzato a far emergere con tempestività le situazioni di difficoltà delle imprese finanziate dal settore e ad individuare i conseguenti comportamenti. L’iniziativa ha consentito al sistema bancario italiano di ispirarsi alle esperienze estere più significative, dove il ricorso ai Codici di comportamento è largamente diffuso. Obiettivo del Codice è fissare i principi comportamentali che facilitano l’adozione di procedure di concertazione finalizzate al superamento di difficoltà reversibili dell’ impresa. Il Codice, predisposto con l’ausilio di un rappresentativo gruppo di lavoro della Commissione Tecnica Legale, è stato approvato dal Comitato Esecutivo dell’ABI nella riunione del 20 ottobre 1999. Esso è aperto all’adesione volontaria delle banche e degli altri intermediari finanziari (di cui agli articoli 106 e 107 Testo unico bancario), che possono aderirvi anche a livello di gruppo. 43 Secondo S. BONFATTI, “La promozione e la tutela delle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa nella riforma della legge fallimentare”, tratto dal sito <www.Iudicium.it>, la composizione negoziale delle crisi d’impresa è un fenomeno caratterizzato da due anime: quella degli accordi stragiudiziali e quella degli accordi che si raggiungono in sede giudiziale e sotto la sorveglianza dell’Autorità Giudiziaria. La dottrina e i vari progetti di riforma della legge fallimentare avrebbero fatto emergere un terzo genere di accordi, quelli formati prima e fuori dall’accesso dell’impresa a procedure giudiziarie, ma che poi prevedono l’assoggettamento del piano all’omologazione dell’Autorità Giudiziaria, come presupposto per poter attribuire all’accordo particolari effetti di stabilità. 44 Cfr. A. BELLO, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella riforma della legge fallimentare”, tratto dal sito www.ilcaso.it. 11 Marta Maria Pedrinola agli accordi una certa protezione da parte dell’ordinamento, in modo da tutelarne l’attuazione. 3. Le soluzioni concordate della crisi d’impresa Il Legislatore ha dunque previsto molteplici strumenti innovativi intesi a favorire la gestione privatistica della crisi dell’impresa. Oltre alla rivisitazione del concordato preventivo, il quale prevede ora all’art. 160 la possibilità per il debitore di proporre un piano ai propri creditori, un provvedimento ulteriore - il D.L. n° 35 del 2005 - ha introdotto due nuove procedure per la gestione e il superamento dello stato di crisi: i) l’accordo di ristrutturazione, ora previsto dall’art. 182-bis L.F.; ii) il piano per il risanamento dell’esposizione debitoria, ora contenuto nell’art. 67, comma secondo, lettera d) L.F.. Il piano menzionato nell’art. 160 L.F., preliminare alla proposta di concordato preventivo, è finalizzato “alla ristrutturazione dei debiti e al soddisfacimento dei crediti anche attraverso la cessione dei beni, l’accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori (nonché a società partecipate da questi ultimi) di azioni, quote o obbligazioni anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito; nonché l’attribuzione a un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato preventivo, il cui ruolo potrebbe essere ricoperto da uno o più creditori, ovvero da una o più società da questi partecipate o da costituirsi nel corso della procedura, le cui azioni siano attribuite ai creditori per effetto del concordato”. L’accordo di ristrutturazione, ex art. 182-bis, riguarda la sola ristrutturazione dei debiti. Il piano di cui all’art. 67 lett. d), ha come obiettivo “il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e il riequilibrio della situazione finanziaria” 45 . La terminologia impiegata dal Legislatore nel definire gli istituti appena indicati è differenziata, il che invita a riflettere sul significato dei termini ristrutturazione 46 e risanamento 47 . 45 Si veda P. MARANO, “La ristrutturazione dei debiti e la continuazione dell’impresa”, in “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali” n° 1 del 2006, p. 101-105, che indica quello previsto nell’ambito dell’art. 160 L.F. come accordo procedimentalizzato con i creditori, quello introdotto dall’art. 182-bis L.F. come accordo stipulato con i creditori e la fattispecie di cui all’art. 67, secondo comma, lett. d) L.F. come piano che sembrerebbe addirittura prescindere da un accordo con i creditori. 46 Cui si riferiscono sia l’art. 160 L.F. sia l’art. 182-bis L.F.. 47 Contemplato invece nell’art. 67 comma secondo, lettera d), L.F.. 12 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. Al riguardo le opinioni dei primi commentatori non sono univoche. Secondo alcuni i due vocaboli hanno il medesimo significato in quanto l’espressione “risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa”, contenuta nell’art. 67, ha l’accezione di <ristrutturazione dei debiti>, in quanto risulta essere difficile -al fine del risanamento- prescindere dall’utilizzazione di strumenti propri della ristrutturazione, quali ad esempio, dilazioni di pagamento, rinunzie, emissioni di obbligazioni o di titoli di debito, concessione di nuova finanza, e con riferimento alla posizione del debitore non ricorrere a operazioni straordinarie, liquidazioni o interventi sulle componenti di costo 48 . Secondo altri, invece, i lemmi non hanno significato analogo. La ristrutturazione fa seguito al deteriorarsi delle condizioni economicofinanziarie dell’impresa e prevede la ri-programmazione dei debiti in termini sia quantitativi, sia di scadenza; il risanamento, invece, è volto a riequilibrare la situazione finanziaria dell’impresa a breve o a lungo termine, vale a dire a consentire che le eventuali entrate fronteggino le eventuali uscite, così da ritenere che nella maggior parte dei casi le misure attuate ai fini della ristrutturazione potranno servire ai fini del risanamento finanziario dell’impresa 49 . Il piano delineato nell’art. 67, comma secondo, lett. d), dovrà in ogni caso avere come obiettivo il raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario dell’impresa nella logica di continuità della medesima 50 . Un elemento aggiuntivo che differenzia gli istituti in esame riguarda le fasi attuative degli stessi. Sia negli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F., sia nell’ambito del concordato preventivo, possono infatti riscontrarsi due momenti: 48 Cfr. P. MARANO, op. cit. Si veda L. MANDRIOLI, “I piani di ristrutturazione e di risanamento: il ruolo e le responsabilità del professionista nella predisposizione delle relazioni e nell’attività di attestazione”, in Atti del Convegno su “La riforma del diritto fallimentare” tenutosi a Carate Brianza l’11 e 12 novembre 2005. L’Autore evidenzia che il rapporto tra il concetto di ristrutturazione e risanamento si risolverebbe nel rapporto tra genus e species, in quanto la ristrutturazione dei debiti rappresenterebbe una delle differenti modalità tramite cui si può raggiungere il risanamento. Secondo S. D’AMORA, “Note esegetiche sul nuovo concordato preventivo e le procedure di ristrutturazione dei debiti”, in www.fallimentitribunalemilano.net, poi, la norma impone il risanamento dell’esposizione debitoria e non il risanamento dell’impresa, il che implicherebbe un esame del piano, qualora fosse stata proposta un’azione revocatoria, avuto riguardo esclusivamente alla situazione debitoria (passivo in perfetto equilibrio con l’attivo) e alla struttura finanziaria (flussi di cassa idonei a fronteggiare le uscite ivi previste) e non anche ai parametri economici. Per l’autore, dunque, è sufficiente che il piano risponda all’esigenza di risanare l’esposizione debitoria e di pervenire all’equilibrio finanziario. 50 Si veda B. CENATI, Relazione per convegno Sinergia, Milano il 18-21 ottobre 2005. 49 13 Marta Maria Pedrinola i) il primo a contenuto negoziale basato sul raggiungimento dell’intesa tra debitore e creditori (e approvazione da parte di questi ultimi con le maggioranze prescritte dalla legge); ii) il secondo propriamente giudiziale, consistente nell’omologazione da parte del Tribunale. Nell’ambito dell’art. 67, comma secondo, lett. d) manca invece qualsiasi coinvolgimento non solo dell’autorità giudiziaria, ma anche dei creditori. Il piano di risanamento risulta infatti autonomo, non conducendo necessariamente alla conclusione di accordi stragiudiziali: il Legislatore specifica che il piano deve apparire idoneo a “consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”, ma non fa menzione né di accordi raggiunti sul punto con i creditori, né di successivi controlli da parte dell’autorità giudiziaria 51 . Nel piano di risanamento 52 , pertanto, non solo risulta annullata la fase di garanzia dell’intervento giudiziario, ma non si fa neppure menzione allo strumento dell’accordo: esso resta solo un’ipotesi, non è la regola. Il piano di cui al citato art. 67, comma secondo, lett. d) L.F., appare, dunque, esclusivamente atto dell’imprenditore “...a formazione solo eventualmente contrattuale...” 53 . E’ evidente come la differenza tra accordi di risanamento e accordi di ristrutturazione non consista tanto nella diversità dei due concetti esaminati, quanto nel fatto che i primi, stando alla lettera della norma, non passino attraverso il vaglio giudiziale, essendosi il Legislatore limitato a prevederne la sola attestazione della ragionevolezza ai sensi dell’art. 2501-bis, comma 4 c.c. 54 . 51 Cfr. Fondazione Aristeia, “Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182- bis”, giugno 2006. 52 Cfr. S. BONFATTI, “La promozione e la tutela delle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa nella riforma della legge fallimentare”, tratto dal sito <www.Iudicium.it>. 53 Si veda M. FERRO, “I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese fra debitore e creditori: storia italiana della timidezza complessiva”, in “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali” n° 5 del 2005, p. 587600. 54 Si veda art. 2501-bis “...la relazione degli esperti di cui all’art 2501-sexies attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma...”. 14 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. 4. La disciplina dell’accordo di ristrutturazione dei debiti 4.1 La natura dell’ accordo L’articolo 182-bis, rubricato “Accordi di ristrutturazione dei debiti”, è collocato tra le norme del novellato concordato preventivo. La lettera della legge non chiarisce tuttavia se la disciplina degli accordi di ristrutturazione costituisca modalità “semplificata” del concordato preventivo ovvero procedura alternativa, dotata di una propria autonomia. Il tema è dibattuto, e la dottrina - particolarmente la dottrina giuridicaregistra opinioni contrastanti. Un primo orientamento dottrinale sembra propendere per la tesi dell’identificazione dell’istituto quale strumento rafforzativo della domanda per l’ammissione alla procedura di Concordato preventivo 55 : tale convincimento si basa sulla facoltà del debitore di depositare 56 l’accordo di ristrutturazione dei debiti esclusivamente con la dichiarazione e la documentazione di cui all’art. 161 L.F., e tenuto conto dell’ubicazione stessa dell’art. 182-bis nell’ambito della procedura di Concordato preventivo. Una seconda opinione ritiene invece che la previsione legislativa di cui all’art. 182-bis L.F. debba venire considerata fenomeno assolutamente autonomo, che si distacca totalmente dal concordato preventivo. A favore di tale ipotesi 57 può essere considerato il fatto che il Legislatore non ha imposto, nella formulazione del D.L. 35 del 2005, condizione oggettiva alcuna per il deposito dell’ accordo di ristrutturazione, diversamente da quanto previsto dall’art. 160 L.F., che prevede lo “stato di crisi” dell’imprenditore 58 . In tal senso si è pronunciato anche il Tribunale di Bari 59 stabilendo che: “l’art. 182-bis introduce un nuovo istituto che deve essere considerato autonomo e distinto rispetto al concordato preventivo; con la conseguenza 55 In tal senso G. VERNA, “Sugli accordi di ristrutturazione ex art. 182- bis L.F.”, in “Il Diritto fallimentare e delle società commerciali” n. 5 del 2005, p. 865-875. 56 Si veda art. 182-bis: “Il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all’art. 161, un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti[…]” 57 In tal senso G. LO CASCIO “La nuova Legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla mini riforma per decreto-legge”, in “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali” n. 4 del 2005, p. 361-365; S. AMBROSINI in “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella nuova legge fallimentare: prime riflessioni” in “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali”, n° 8 del 2005, p. 949-951. 58 Il Decreto Legislativo n° 169 del 12 settembre 2007 ha modificato tale condizione e anche con riguardo all’art. 182-bis prevede che l’imprenditore, per poter presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti, debba trovarsi in stato di crisi. 59 Con decreto del 21 novembre 2005. 15 Marta Maria Pedrinola che la richiesta del debitore al Tribunale ha ad oggetto la sola omologa dell’accordo che ne sancisce l’efficacia e non l’apertura di un procedimento, con relativa istruttoria, come previsto invece per il concordato preventivo”. Ulteriore elemento da considerarsi è la circostanza secondo cui, a differenza del concordato preventivo, qui i creditori non aderenti all’accordo avranno pieno diritto di venire regolarmente soddisfatti: nei loro riguardi non si verificherà alcun effetto remissorio. Per tale insieme di ragioni le due procedure devono essere ritenute autonome e differenziate. 4.2 Le fasi esecutive La procedura descritta dall’art. 182-bis individua due differenti fasi per la definizione degli accordi per la ristrutturazione dei debiti. La prima si connota per avere caratteristiche più propriamente stragiudiziali: l’imprenditore in crisi rinegozia con i propri creditori la situazione debitoria; a questa fase ne segue una seconda, di natura giudiziale, dalla quale il Legislatore fa derivare l’effettiva produzione degli effetti legali che l’accordo persegue. Per poter accedere allo strumento in esame occorre che siano rispettati requisiti a) soggettivi, b) oggettivi. Quanto al presupposto soggettivo, l’art. 182-bis, nell’originaria formulazione contenuta nel D.L. 35 del 2005, precisa che può accedere alla relativa procedura “il debitore” 60 . Nonostante la difformità rispetto al termine “imprenditore” utilizzato agli articoli 1 e seguenti del novellato R.D. n° 267 del 1942, l’orientamento più diffuso sembra ritenere che il presupposto soggettivo sia il medesimo per l’accesso sia agli accordi di cui all’art. 182-bis sia per il fallimento; possono pertanto accedere a tale procedura gli imprenditori commerciali privati non piccoli 61 che vogliano prevenire lo stato di insolvenza e la relativa apertura della procedura concorsuale. Per quanto poi riguarda il presupposto oggettivo, la norma in esame non prevede un criterio specifico: nel silenzio della legge, la maggior parte degli interpreti ha ritenuto che il Legislatore si sia implicitamente riferito allo “stato di crisi”, introdotto, in maniera innovativa, nell’ambito della novellata disciplina del concordato preventivo. 60 L’articolo è stato modificato dal decreto correttivo, D. Lgs. n° 169 del 12 settembre 2007, e ora recita: “L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161 l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti…” 61 Cfr. A. COPPOLA in “L’accordo per la ristrutturazione dei debiti” in A.A.V.V. “Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di ristrutturazione dei debiti” a cura di S. Pacchi, IPSOA, Milano 2005. 16 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. La scelta del requisito dello “stato di crisi”, in luogo del concetto di insolvenza 62 , deriva dal carattere prevalentemente risanatorio che il Legislatore ha voluto imprimere alla nuova disciplina del concordato. La legge n° 80 del 2005 non presentava alcuna definizione di <stato di crisi>, e gli interpreti della materia erano concordi nel ritenere che l’intento del Legislatore fosse di consentire all’espressione la più ampia interpretazione possibile, ricomprendendovi sia la difficoltà temporanea sia lo stesso stato d’insolvenza. Sotto il profilo letterale, può risultare utile la definizione di crisi data dalla Commissione Trevisanato nel febbraio 2005, che la definiva come “la situazione patrimoniale, economica e finanziaria in cui si trova l’impresa, tale da determinare il rischio d’insolvenza”. Con riferimento a tale requisito si sono tuttavia registrate, nella fase successiva all’entrata in vigore del D.L. n° 35 del 2005, due differenti correnti interpretative. A quanti ritenevano che lo <stato di crisi> fosse una condizione diversa dallo stato di insolvenza e, come tale, inidonea a comprendere quest’ ultimo, si è contrapposto l’orientamento di chi sosteneva che lo stato di crisi comprendeva l’insolvenza, con la conseguenza che sarebbero legittimate ad accedere alla procedura in esame anche le imprese che versano in una situazione di grave dissesto 63 . Il dibattito è stata definitivamente risolto dall’art. 36 del D.L. n° 275 del 2005 64 , che ha aggiunto all’art. 160 L.F. un ulteriore comma, chiarendo che per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza 65 . Proseguendo nell’analisi delle condizioni richieste per la presentazione dell’accordo, il primo comma dell’ art. 182-bis richiede al debitore il deposito della dichiarazione e della documentazione di cui all’art. 161; anche in questo caso il Legislatore opera un rinvio espresso alla disciplina del concordato preventivo. L’accordo deve venire accompagnato da una accurata documentazione, idonea a identificare la situazione economica e finanziaria dell’impresa in crisi. 62 Cui faceva riferimento l’art. 160 L.F. prima delle novità introdotte nel 2005. In tal senso una decisione del Tribunale di Treviso, secondo cui la nuova terminologia usata dal Legislatore in sostituzione dello stato di insolvenza giustificherebbe “una differenza concettuale tra i due termini”. Il suddetto Tribunale ritiene, pertanto, che “in assenza di definizioni normative, si debba fare ricorso al contenuto economico del termine crisi, e cioè una situazione di stallo dell’economia dovuta a fattori di breve periodo cioè a cause contingenti di squilibrio o inefficienza che precede l’insolvenza stessa, ma che tendenzialmente risulta reversibile”. 64 D.L. 30 dicembre 2005, n° 273, convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2006, n° 51, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n° 49 del 28 febbraio 2006 - S. O. n° 47. 65 Si veda art. 160 che recita: “[…]Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.” 63 17 Marta Maria Pedrinola Si rende pertanto necessario, anche nell’ambito di tale procedura il deposito di: i) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; ii) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; iii) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; iv) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. 4.3 La forma e il contenuto dell’accordo Come si evince dalla formulazione della norma 66 , la definizione dell’accordo che il debitore provvede a depositare in Tribunale presuppone la sua preliminare definizione, nonché l’avvenuto raggiungimento dell’adesione da parte dei creditori. Si tratta di un contratto stipulato tra il debitore ed i propri creditori, rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. Ai fini del raggiungimento del quorum anzidetto, risulta del tutto indifferente sia il numero dei creditori - così che la maggioranza potrebbe venire imputata anche ad un solo creditore - sia l’eventuale privilegio, potendo partecipare all’accordo qualsiasi creditore 67 . Data la rilevanza del tema anche ai fini sia della responsabilità68 sia garantistici 69 , pare suggeribile la forma scritta. Ad ogni modo, l’articolo 1967 del codice civile prevede che la transazione, che l’accordo indiscutibilmente contiene, debba essere provata per iscritto70 . Tale ipotesi è stata poi ribadita dal Tribunale di Brescia che, con il decreto citato alla nota 67, ha sottolineato l’esigenza che gli accordi di ristrutturazione vengano realizzati in forma scritta. Altresì, il Tribunale di 66 Si veda art. 182-bis che recita: “Il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all’articolo 161, un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei”. 67 In questo senso il Tribunale di Brescia con decreto del 22 febbraio 2006 ha indicato che la maggioranza va calcolata con riferimento a tutti i creditori, privilegiati compresi. 68 Del professionista che deve redigere la relazione sull’attuabilità dell’accordo stesso. 69 Si veda art. 1967 “Prova”: La transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto del n° 12 dell’art. 1350. 70 Cfr. A.A.V.V. “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.)”, intervento al Convegno di Viterbo del 24 novembre 2006. 18 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. Bari, con pronuncia del 21 novembre 2005, ha indicato la necessità di accordi con firme a sottoscrizione autenticata. Per quanto riguarda poi il contenuto che tale accordo può avere, il Legislatore non offre alcuna specificazione dell’espressione “ristrutturazione dei debiti”, lasciando alla piena autonomia delle parti la definizione economica-giuridica. A quel contenuto si potrà addivenire nel confronto tra debitore in crisi e ceto creditorio (ove in questo possono coesistere posizioni anche differenziate dei singoli creditori). Quel confronto, peraltro, cercherà di conciliare interessi contrapposti più di sempre, e appunto da risolversi in via negoziale, di un negoziato ove, paradossalmente, ambedue le parti è come se fossero contraenti deboli. In tale monopolio bilaterale infatti il ceto creditorio è perennemente combattuto tra concessioni - costose e comunque ex-ante rischiose - ed esiti concorsuali potenzialmente più problematici. L’assoluta libertà riservata dal Legislatore alla determinazione dei contenuti dell’accordo trova un limite nella necessità che le pattuizioni in esso contenute siano però lecite, e funzionali allo scopo di rispettare l’accordo con i partecipanti 71 . Più in generale, l’accordo deve venire improntato alla finalità di ripristinare la condizione di solvibilità dell’impresa debitrice, attraverso un pagamento in percentuale dei creditori aderenti al patto e senza necessità che tra costoro sia rispettata la regola della par condicio creditorum. Gli accordi depositati in Tribunale devono poi venire iscritti nel Registro delle Imprese; nel termine di trenta giorni dall’iscrizione 72 i creditori (non aderenti all’accordo) ed ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il giudizio di omologa del Tribunale deve verificare la fondatezza dei requisiti oggettivi e soggettivi, e decidere sulle eventuali opposizioni presentate. È oggetto di controversia in dottrina 73 se il giudizio di omologazione debba riguardare anche il merito dell’accordo o se debba limitarsi ad un controllo di legittimità riguardante il rispetto dei criteri di legge posti a fondamento dell’accordo e la sua non-contrarietà a norme imperative. Al riguardo il Tribunale di Milano si è recentemente così espresso “[…] 71 A titolo meramente esemplificativo, l’accordo potrebbe contenere: dilazioni di pagamento, rinunce totali o parziali agli interessi o ad una parte del capitale, erogazione di nuova finanza, conversione di crediti in capitale. 72 Da tale momento l’accordo acquista piena efficacia. 73 Cfr. D. BENINCASA “Crisi d’impresa: accordi di ristrutturazione dei debiti e soluzioni stragiudiziali”, tratto dal sito www.altalex.it. 19 Marta Maria Pedrinola il collegio deve valutare anche il merito del ricorso e soffermarsi sulla concreta attuabilità del piano, intesa come il rispetto coerente degli accordi prospettati sulla base delle concrete prospettive di realizzo basandosi su un ragionevole grado di monetizzazione con particolare attenzione alla posizione dei creditori estranei all’accordo.” 74 . Se non ci sono opposizioni, il Tribunale provvederà senza instaurare il contraddittorio, verificando comunque il rispetto formale della documentazione presentata e valutando l’esistenza delle risorse da destinare ai creditori estranei. Viceversa, se ci sono opposizioni, il Tribunale procede in contraddittorio tra le parti, pronunciandosi con decreto motivato in Camera di Consiglio. Il decreto è reclamabile avanti alla Corte d’Appello entro 15 giorni dalla pubblicazione nel Registro delle imprese; essa decide con sentenza che può, nei casi ammessi dalla legge, essere impugnata mediante ricorso in Cassazione. In caso di mancata omologa dell’accordo depositato, non opera l’effetto di automatismo fra rigetto dell’omologa e dichiarazione di fallimento. Infine, sempre nel silenzio della legge, deve ritenersi che, ove l’impresa non adempia gli obblighi assunti con l’accordo di ristrutturazione, i creditori aderenti possano domandare la risoluzione dello stesso secondo la disciplina generale prevista in materia contrattuale 75 . Il Legislatore ha inoltre affermato, nell’art. 67, comma 3, lett. e) L.F., che gli atti compiuti, i pagamenti eseguiti e le garanzie concesse dal debitore in esecuzione dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis non sono soggetti a revocatoria. 5. La posizione dei creditori nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e il trattamento dei creditori estranei all’accordo (art. 182bis) Per quanto riguarda i creditori estranei all’accordo, l’articolo 182-bis li menziona con esclusivo riferimento alla relazione redatta dal professionista, la quale ne deve attestare il regolare soddisfacimento. Due sono a tal proposito, le questioni di maggiore importanza: la prima consiste nell’individuazione della categoria giuridica costituita dai creditori estranei all’accordo; la seconda riguarda il loro trattamento e il significato del concetto di <regolare pagamento>. Per quanto concerne il primo problema, i creditori estranei sono: i) i 74 Si veda il decreto del Tribunale di Milano depositato il 23 gennaio 2007. Cfr. “Fallimento 2006 - Memento Pratico”, IPSOA ove si dice che creditori non aderenti, invece, non avranno interesse ad agire perché non sono lesi nei loro diritti dall’accordo, essendone estranei. 75 20 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. creditori che non hanno accettato l’accordo; ii) i creditori non invitati a partecipare all’accordo e quindi esclusi. La posizione di questi soggetti, comunque coinvolti dall’accordo di ristrutturazione, è importante 76 per più di un motivo: in primo luogo giacché esentati dall’azione revocatoria - di cui all’art. 67, comma secondo, lett. e) L.F.- e in secondo luogo poiché privati, di conseguenza, della garanzia rappresentata dai beni del debitore ex art. 2740 77 c.c. 78 . Per quanto riguarda poi il significato da attribuirsi al concetto di “regolare pagamento” di tali creditori, si sono manifestati due diversi orientamenti. Il primo, finora prevalente, interpreta la disposizione nel senso che rispetto ai creditori estranei- l’adempimento debba essere puntuale e integrale 79 : nella sostanza l’accordo con i creditori aderenti dovrebbe raggiungere lo scopo di liberare risorse finanziarie idonee a estinguere le passività nei confronti dei creditori estranei 80 . Essendo inoltre l’accordo di ristrutturazione un contratto, vale il principio per cui il contratto ha forza di legge tra le parti, e non produce effetti rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge, come recita l’art. 1372 c.c. 81 . Confermano tale interpretazione gran parte delle sentenze in tema, da 76 Cfr. U. DE CRESCIENZO - L. PANZANI, “Il nuovo diritto fallimentare. Dal maxiemendamento alla legge n. 80 del 2005”, IPSOA, Milano, 2005. 77 Si veda l’art. 2740 “Responsabilità patrimoniale”: Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge. 78 Cfr. Fondazione Aristeia “Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182- bis”, giugno 2006. 79 In tal senso S. AMBROSINI, “Sub art. 182-bis, Accordi di ristrutturazione dei debiti”, in Il nuovo concordato preventivo, Milano 2005; U. DE CRESCIENZO - L. PANZANI, “Il nuovo diritto fallimentare”, Milano, 2005; M. FABIANI, “In salvo chi ha votato contro”, in Il sole 24 ore, 16 aprile 2006; M. FERRO, “I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell'insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese fra debitore e creditori: storia italiana della timidezza complessiva”, in Fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 5 del 2005. 80 In questo senso anche il Tribunale di Brescia che, con decreto del 22 febbraio 2006 sancisce:“[…] per regolare pagamento dei «creditori estranei» (dissenzienti, privilegiati per cui si prevede il regolare pagamento ed estranei veri e propri) si deve intendere l’esatto pagamento del debito alla sua scadenza e non il pagamento secondo le regole concordate tra il debitore e i creditori aderenti all’accordo (in particolare, trattandosi di accordo di natura privatistica, non solo chi non aderisce ad esso ma anche chi vi resta estraneo va regolarmente pagato, per cui con la locuzione «creditori estranei» si deve intendere che il Legislatore in questo caso minus dixit quam voluit, pena la palese incostituzionalità della norma)”. 81 Si veda l’art. 1372 “Efficacia del contratto”: Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge (1671, 2227). Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge. 21 Marta Maria Pedrinola Milano a Bari 82 . Il secondo orientamento ritiene invece che l’espressione esaminata vada intesa come pagamento dei creditori estranei nella stessa percentuale riconosciuta ai creditori aderenti e rispettando le scadenze con questi concordate 83 . Questa interpretazione è stata accolta dal Tribunale di Milano nel decreto di omologa depositato il 21 dicembre 2005, ove si stabilisce che anche i creditori dissenzienti devono essere soddisfatti in misura analoga a quanto previsto per i sottoscrittori dell’accordo. Questa seconda interpretazione rende l’istituto in esame sicuramente più invitante per l’imprenditore, che in questo modo non sarebbe tenuto a soddisfare integralmente il 40% dei crediti; ma non ha trovato conferma nelle successive pronunce giurisprudenziali, neppure del medesimo Tribunale. È altresì verisimile che i creditori non accettanti la proposta del debitore difficilmente si riterrebbero soddisfatti da un pagamento parziale, come anche è indubbio che i creditori esclusi dalla stipulazione dell’accordo non possano accettare condizioni che non li compensino della perdita che comunque devono sopportare, cioè di non poter aggredire direttamente il patrimonio del debitore per mezzo dell’azione revocatoria 84 . Per queste motivazioni un’interpretazione di questo tipo non appare del tutto convincente 85 . 6. La relazione dell’esperto L’art. 182-bis L.F. subordina l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti alla redazione di una relazione, che attesti l’idoneità di quello ad assicurare il regolare pagamento dei creditori 82 Tribunale di Salerno, decreto 3 giugno 2005; Tribunale di Roma, ordinanza 7 luglio 2005; Tribunale di Bari, decreto 21 novembre 2005; del Tribunale di Milano, decreto del 16 gennaio 2006; nonché del Tribunale di Brescia 22 febbraio 2006. 83 In tal senso G. VERNA, “Sugli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fallimentare” in “Il Diritto fallimentare e delle società commerciali” n. 5 del 2005, p. 865875; B. QUATRARO, “Il giudizio di omologazione” relazione tenuta al forum sulla riforma della legge fallimentare, ottobre 2005; S. D’AMORA, “Note esegetiche sul nuovo concordato preventivo e le procedure di ristrutturazione dei debiti”, in www.fallimentitribunalemilano.net. 84 Si veda art. 67 lett. e) L.F.:“Non sono soggetti all’azione revocatoria: gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis.”. 85 Cfr. Fondazione Aristeia, “Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182- bis”, giugno 2006. 22 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. estranei. All’esperto chiamato a redigere tale documento non erano richiesti, nell’originaria formulazione della norma, particolari requisiti professionali, differentemente da quanto previsto sia nell’art. 67 sia nell’art. 161 L.F.. Questa disposizione è stata però modificata dal decreto correttivo - D. Lgs. n° 169 del 12 settembre 2007- che uniforma i requisiti richiesti al professionista incaricato di redigere le relazioni citate e prevede che esso debba possedere, oltre le caratteristiche contenute nell’art. 28, lett. a) e b), anche l’iscrizione nel registro dei Revisori Contabili. Per quanto concerne il primo articolo la norma dispone che “la ragionevolezza del piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’ esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria” deve essere attestata ai sensi dell’art. 2501-bis, comma quarto, c.c. 86 . Questa norma prevede che l’esperto, esterno all’impresa, deve essere scelto da quest’ultima tra i soggetti di cui all’art. 2409-bis, comma primo c.c., vale a dire tra revisori contabili e società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia, ovvero -in caso di società con azioni quotate in mercati regolamentati- tra le società di revisione iscritte all’albo tenuto presso la Consob. Per quanto riguarda l’art. 161, si prevede che “la relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di ristrutturazione proposto ai creditori dal debitore all’atto della presentazione della domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo” sia redatta da un professionista avente i requisiti di cui all’art. 28 L.F., vale a dire: i) avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili; ii) studi professionali associati o società di professionisti i cui soci siano in possesso di uno dei requisiti del punto precedente 87 . Mentre con riferimento agli incarichi menzionati negli articoli 67 e 161 L.F., il Legislatore aveva avvertito la necessità di specificare i criteri in base ai quali potesse essere valutata la professionalità dell’esperto, nessun criterio era stato al contrario definito per l’individuazione dell’esperto cui affidare la relazione ex art. 182-bis L.F., lacuna poi sanata nel Decreto 86 Che rinvia alla relazione redatta da esperti in merito alle indicazioni contenute nel progetto di fusione ex art. 2501-sexies c.c.. 87 Tale soggetto non deve tuttavia essere: i) dichiarato interdetto, inabilitato, fallito o condannato ad una pena che importa l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici; ii) coniuge, parente e affine entro il quarto grado del fallito, creditore del fallito o colui che abbia prestato la sua attività professionale a favore del fallito o che sia ingerito nell’impresa nei due anni anteriori alla dichiarazione del fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento. 23 Marta Maria Pedrinola Legislativo 88 n° 169 ricordato 89 . La relazione dell’esperto, prevista per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, deve attestare l’idoneità di quelli ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Dovrà trattarsi di un giudizio professionale positivo, volto a offrire all’autorità giudiziaria “parametri economici oggettivi e convincenti al fine di evitare il sindacato di merito da parte del Tribunale in fase di omologazione” 90 . L’esperto non potrà dunque limitarsi a esaminare l’accordo stipulato tra debitore e creditori, ma si spingerà ad esaminare la situazione reddituale, patrimoniale e finanziaria del debitore, e dovrà verificare la sussistenza e la tipologia di mezzi e risorse che potranno servire al pagamento dei loro crediti. Il parere dell’esperto è di natura sia giuridica sia economico-aziendale. Sotto il profilo giuridico, l’esperto dovrà illustrare che siano state raggiunte le maggioranze previste dall’art. 182-bis, nonché il contenuto dilatorio e/o remissorio dell’accordo, in relazione alle varie categorie o classi di creditori, come pure i criteri adottati per la eventuale suddivisione dei creditori in classi omogenee per posizione giuridica ed interessi economici. Sotto il profilo economico-aziendale, occorre che la relazione dimostri che le fonti di entrata siano sufficienti, per importi e tempi di liquidazione, a soddisfare le scadenze, sia nuove che originarie, dei debiti, pattuite nell’accordo di ristrutturazione. Al riguardo, l’esperto dovrà quantomeno compiere una limited review 91 , in contraddittorio con il debitore e con l’ausilio della documentazione contabile, per rilevare se si evidenzino significative discordanze tra la situazione redatta dal debitore la effettiva, anche con riguardo a eventi che possono essersi manifestati tra la data cui la situazione è riferita e il momento di riferimento della relazione peritale. Sul tema della responsabilità dell’esperto, posto che manca un’apposita previsione legislativa al riguardo, non si può applicare il regime di responsabilità previsto dall’art. 64 c.p.c. 92 , in quanto l’esperto non è 88 L’articolo 22 di tale decreto legislativo dispone che esso entrerà in vigore il primo gennaio 2008. Le relative disposizioni si applicheranno ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti a tale data, nonché alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore. 89 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n° 241 del 16-10-2007. 90 Cfr. D. POSCA, “Concordato preventivo: così le nuove regole” in Leggi e Fisco, 2005, tratto dal sito www.denaro.it.. 91 Cfr. G. VERNA, op.cit. 92 Si veda art. 64 Responsabilità del consulente: “Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti. In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con 24 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. consulente tecnico nominato dall’autorità giudiziaria. Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale nei confronti dell’imprenditore mandante può trovare applicazione l’art. 2236 c.c. 93 , ma solo in caso di dolo o colpa grave, dovendosi riconoscere che la relazione “implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà”. Con riguardo alla responsabilità extracontrattuale per i danni arrecati ai creditori o ai terzi si potrà ricorrere all’art. 2043 c.c. 94 , dimostrando il danno patito e il suo insorgere a causa di un fatto doloso o colposo dell’esperto. 7. Conclusioni Il Governo ha approvato, in data 15 giugno 2007, uno schema di decreto legislativo che modifica il Regio Decreto n° 267 del 1942, riformato nel 2005, con il D.L. del 14 marzo, n° 35da cui il D. Lgs. 9 gennaio 2006, n° 5. Acquisiti i pareri delle Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato, rispettivamente il 25 luglio e il 1° agosto, è stato emanato il Decreto Legislativo 12 settembre 2007 n° 169 95 . Le linee-guida della riforma 2005 appaiono salvaguardate, mentre le novità di maggior rilievo riguardano tre profili specifici. Il primo concerne il presupposto soggettivo della dichiarazione di fallimento, contenuto nell’art. 1 L.F., presupposto che, nei primi dieci mesi di applicazione ha già determinato vari problemi interpretativi di non facile soluzione. Le innovazioni proposte non solo chiariscono alcuni profili, ma inseriscono anche sensibili modifiche; l’obiettivo è abbassare le soglie di fallibilità, giudicate eccessive, e evitare che un numero eccessivo di imprese si sottraggano alle procedure concorsuali. I parametri di riferimento per determinare i soggetti che sono esclusi dal fallimento 96 non sono più due, ma tre: l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a lire venti milioni. Si applica l’art. 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti”. 93 Si veda art. 2236 “Responsabilità del prestatore d’opera”: se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”. 94 Si veda art. 2043 “Risarcimento per fatto illecito”: qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. 95 Rubricato “Disposizioni integrative e correttive al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, nonché al decreto legislativo n. 5 del 2006, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, a norma dell'articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge n. 80 del 2005. 96 Sono esclusi dal fallimento i piccoli imprenditori, definiti in negativo attraverso il ricorso a parametri quantitativi. 25 Marta Maria Pedrinola attivo patrimoniale 97 annuo che, nei tre esercizi precedenti la presentazione dell’istanza 98 , non dovrà essere superiore a 300 mila euro ; ii) ricavi lordi annui che, nei tre esercizi precedenti la presentazione dell’istanza, non dovranno superare i 200 mila Euro; iii) ammontare dei debiti inferiore a 500 mila euro, compresi i debiti non scaduti. i) Si tratta di criteri che devono essere tutti presenti affinché l’imprenditore sia sottratto alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo 99 . Dal momento che le soglie della non-fallibilità sono state accresciute e che l’attivo patrimoniale e i ricavi lordi devono essere inferiori ai massimi indicati in ciascun anno, <l’area di fallibilità> risulta ampliata rispetto a quella individuata dalla disciplina 2005 100 . Da segnalare a riguardo anche una importante modifica dell’art. 15 L.F., ove al comma 9 si prevede che, in ogni caso, non si dichiara il fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati, risultanti dagli atti dell’istruttoria pre-fallimentare risulti complessivamente inferiore a 30 mila Euro 101 . Si è inoltre rovesciato il sistema dell’onere probatorio, talché grava sul debitore il dovere di dimostrare di non aver superato alcuno dei tre parametri dimensionali. “Si evita, così, di premiare con la non fallibilità quegli imprenditori che scelgono di non difendersi in sede di istruttoria prefallimentare o che non depositino la documentazione contabile dalla quale sarebbe possibile rilevare i dati necessari per verificare la sussistenza dei parametri dimensionali” 102 . 97 Espressione che sostituisce quella di investimenti nell’azienda e che fa riferimento alla precisa elencazione contenuta nell’art. 2424 c.c.. 98 O dall’inizio dell’attività se di durata inferiore. 99 Tali parametri potranno essere aggiornati ogni 3 anni con decreto del Ministero della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento. 100 Al riguardo si veda la relazione illustrativa del Decreto correttivo: “[…] L’eccessiva riduzione dell’area di fallibilità, venutasi a determinare a seguito della novella del 2006, spesso ha impedito di assoggettare a fallimento ed alle conseguenti sanzioni penali imprenditori di rilevanti dimensioni con elevati livelli di indebitamento, danneggiando in tal modo sia i numerosi creditori insoddisfatti, che il sistema economico in generale. Quindi la necessità di eliminare gli eccessi della riduzione dell’area della fallibilità, ha consigliato l’introduzione del nuovo criterio dell’ammontare dell’indebitamento complessivo dell’imprenditore […]”. 101 Tale limite era di 25 mila Euro nel D.L. 35 del 2005. 102 Cfr. la relazione illustrativa del Decreto correttivo. 26 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. La seconda innovazione di notevole rilievo concerne la disciplina del concordato preventivo, e consente di eliminare un’ingiustificata disparità di trattamento; si prevede infatti che la proposta di concordato preventivo possa disporre che i creditori privilegiati non vengano integralmente soddisfatti, applicandosi cioè la stessa regola dettata per il concordato fallimentare 103 (pur restando fermo che i creditori privilegiati, il cui soddisfacimento non sia integrale, sono da considerarsi chirografari per la parte residua del credito). La terza importante novità riguarda gli accordi di ristrutturazione dei debiti, laddove si prevede che il debitore possa chiedere la protezione del proprio patrimonio da iniziative cautelari e azioni esecutive di terzi estranei all’accordo. Il Tribunale potrà infatti stabilire, per un tempo non superiore a 60 giorni, la sospensione degli atti esecutivi o cautelari già intrapresi, nonché l’inibizione di azioni esecutive o cautelari da intraprendere. Inoltre come già ricordato-, al fine di uniformare i requisiti previsti dall’articolo in esame con quelli contenuti nell’art. 67, comma terzo, lett. d) e nell’art. 161, si prevede che il professionista incaricato di redigere la relazione prevista negli articoli citati, debba possedere, oltre le caratteristiche contenute nell’art. 28, lett. a) e b) 104 , anche l’iscrizione nel registro dei revisori contabili. A completare il decreto una serie di disposizioni transitorie, per cui in caso di sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima dell’entrata in vigore del presente decreto è applicata la legge anteriore. La norma infine, in vigore dal 1° gennaio 2008, estende retroattivamente l’applicazione dell’istituto dell’esdebitazione anche alle procedure fallimentari pendenti alla data del 16 luglio 2006. 103 A condizione che la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile dalla vendita dei beni sui quali il privilegio cade. 104 Si tratta di: avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). 27 Marta Maria Pedrinola Appendice Fonti Giurisprudenziali Tribunale di Bari, decreto 21 novembre 2005 – Pres. Napoleone, Rel. Monteleone. (omissis) Il Legislatore, con il d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in l. 14 maggio 2005 n. 80 non ha riscritto la disciplina del concordato preventivo, ma usando la tecnica della novellazione ha abrogato o modificato alcune norme del vecchio testo legislativo inserendone di nuove finalizzate al perseguimento di obiettivi innovativi assolutamente estranei all’istituto tradizionale. L’intento di valorizzare l’autonomia privata per la gestione della crisi dell’impresa si è concretamente manifestato con l’introduzione di un sistema di soluzioni stragiudiziali, la cui efficacia sia garantita da un provvedimento di omologazione da parte dell’autorità giudiziaria che riguardi, peraltro, il solo controllo di legalità e di correttezza della procedura svolta. Secondo tale previsione dopo l’art. 182 l. fall. è stato, così, inserito come è noto l’art. 182 bis (accordi di ristrutturazione dei debiti) che prevede che l’imprenditore in crisi possa depositare con la dichiarazione e la documentazione di cui all’art. 161 (che riguarda il concordato così come modificato dalla l. 80/05) «un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti unito ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei». Da un primo esame di tale nuova disciplina risulta garantito il pieno rispetto del principio dell’autonomia privata, in base al quale il contenuto contrattuale vincola i contraenti e non gli estranei ad esso, dovendosi, quindi, intendere per regolare pagamento che il medesimo sia integrale e alle scadenze pattuite. D’altro canto, la finalità pubblicistica che permea tutti i procedimenti concorsuali e che implica che sia data tutela anche agli interessi generali è garantita dall’intervento dell’autorità giudiziaria. Infatti, l’accordo deve essere sottoposto all’omologazione da parte del tribunale che deve decidere anche sulle opposizioni secondo le modalità di seguito riportate. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis l. fall. sono caratterizzati da due fasi: quella propriamente stragiudiziale, nella quale l’imprenditore «in crisi» negozia con i creditori la propria situazione debitoria e quella giudiziale, in cui l’accordo necessita dell’omologazione per essere produttivo di effetti legali. La relazione illustrativa al d.l. 35/05 invero non chiarisce se il nuovo istituto abbia una sua autonomia o sia piuttosto una particolare ipotesi di concordato preventivo (come del resto ritenuto in origine dalla ditta individuale istante), in quanto essa, a tale proposito afferma che «il concordato diviene lo strumento 28 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. attraverso il quale la crisi di impresa può essere risolta anche attraverso accordi stragiudiziali che abbiano ad oggetto la ristrutturazione dell’impresa». Proprio per la novità assoluta ed anche per la singolarità dell’istituto non poche luci ed ombre si addensano tuttavia in pari misura sul lavoro interpretativo che la nuova norma disciplinatrice richiede. Uno dei profili interpretativi sul quale non sembra esservi accordo unanime è quello che riguarda la struttura del procedimento, se, cioè, l’art. 182 bis l. fall. introduca un nuovo istituto autonomo rispetto al concordato preventivo o se, invece, questo debba intendersi come un’ulteriore tipologia di proposta di concordato preventivo nel quale finisca per confluire, seppur con una procedura semplificata. Si ritiene di dover propendere per la tesi autonomistica militando a suo favore almeno due dati testuali. In primis nella rubrica del novellato titolo III del r.d. 267/42 sono state aggiunte le parole «e degli accordi di ristrutturazione»; inoltre il dettato normativo di cui all’art. 67, 3° comma, lett. e), l. fall. che prevede la non assoggettabilità ad azione revocatoria «... degli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182 bis». È significativo, inoltre, che per la disciplina degli accordi di ristrutturazione il rinvio a quella del concordato preventivo novellato, si attua solo per alcuni aspetti procedurali e, cioè, con un primo rinvio all’art. 161 l. fall. che fissa le modalità per la presentazione della dichiarazione e della documentazione. È richiesta, quindi, la presentazione al tribunale dell’accordo, già concluso stragiudizialmente con i creditori, che siano state rispettate le forme previste per la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. Un secondo rinvio è fatto all’art. 183, che disciplina il reclamo avverso il decreto di omologazione. Nessuna altra norma che riguardi il concordato preventivo è richiamata dall’art. 182 bis. L’accoglimento della tesi autonomistica determina così alcune precise conseguenze. Non è, infatti, previsto che l’imprenditore chieda al tribunale un provvedimento di apertura della procedura: quel che il debitore chiede è l’omologazione dell’accordo che ne sancisca l’efficacia. Nessun riferimento, quindi, all’esigenza di svolgere un’istruttoria per l’ammissione alla procedura come previsto, invece, per il concordato preventivo, né da parte del tribunale v’è possibilità di sindacato alcuno in relazione all’ammissibilità della procedura medesima. Né alcun riferimento normativo viene fatto all’art. 177 l. fall. (maggioranza per l’approvazione del concordato), in quanto evidentemente in epoca antecedente alla proposizione dell’accordo tra le parti è già intervenuta un’intesa e quindi, apertamente, un consenso è gia stato prestato. Il presupposto soggettivo è il medesimo del fallimento: deve trattarsi di un imprenditore commerciale privato, non piccolo ex art. 1 l. fall., che versi tuttavia, ai sensi del novellato art. 160 l. fall. in «stato di crisi». 29 Marta Maria Pedrinola Il giudizio del tribunale deve riguardare quindi la sussistenza del requisito oggettivo, e cioè la sussistenza di uno «stato di crisi» dell’impresa, stato non meglio definito, ma nel quale possono essere ricomprese tutte quelle situazioni di difficoltà economica e finanziaria dell’impresa, sia che esse si siano già tradotte, sia che non si siano ancora tradotte, nello stato di insolvenza irreversibile rilevante ex art. 5 l. fall. L’espressione usata dal Legislatore lungi dall’escludere lo stato di insolvenza, lo ricomprende in sé, ponendosi i concetti di «crisi» e «insolvenza» in rapporto, per l’appunto di genere a specie. La norma in commento non richiede particolari formalità, se non evidentemente l’utilizzo della forma scritta, dato che l’accordo deve essere depositato in tribunale e pubblicato nel registro delle imprese. La norma tuttavia nulla dice in ordine alle formalità che devono assistere la manifestazione del consenso dei creditori né tanto meno circa le modalità di raccolta del consenso, ovvero se l’accordo debba essere contenuto in un unico documento oppure se il debitore possa depositare tanti singoli accordi, come avvenuto nel caso di specie. La necessità insopprimibile di valorizzare la genuinità della manifestazione della volontà dei creditori unitamente al momento della successiva pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese impone che le sottoscrizioni debbano essere autenticate e certificate da un soggetto dotato di tale potere. Il 2° comma dell’art. 182 bis prevede che l’accordo di ristrutturazione dei debiti è pubblicato nel registro delle imprese ed acquista efficacia dal giorno in cui avviene detta pubblicazione, ai sensi dell’ultimo comma; è fissato altresì il termine di trenta giorni dalla pubblicazione entro il quale i creditori ed ogni altro interessato hanno facoltà di proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione, sempre necessaria a prescindere dai casi di opposizione o meno. È onere del tribunale vagliare e valutare la sussistenza dei presupposti, delle condizioni procedurali di accesso innanzi elencate dal 1° comma (particolarmente della dichiarazione e documentazione di cui all’art. 161 l. fall.), ed il raggiungimento della percentuale del sessanta per cento dei crediti rispetto al passivo complessivamente vantato dal debitore, il tutto come desumibile dalla relazione dell’esperto. La più comune operazione di ristrutturazione dei crediti consiste in una moratoria nel pagamento dei debiti scaduti ovvero in una modifica dei termini contrattuali del debito originario, identificandosi così sostanzialmente in un pactum de non petendo. La stipulazione del patto non determina l’estinzione dell’originario rapporto obbligatorio, in quanto i crediti risultano temporaneamente inesigibili ma non estinti, e quindi la funzione del pactum de non petendo si risolve nell’incidere sulle modalità di esecuzione dell’obbligazione preesistente, senza alcuna alterazione dell’oggetto e del titolo. L’accordo ex art. 182 bis l. fall. è quindi caratterizzato dall’intervento di una pluralità di creditori che si riconoscono in un piano di ristrutturazione che ha il precipuo obiettivo di prevenire o rimuovere lo 30 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. stato di insolvenza nel quale versa una società in crisi. Il problema di non facile soluzione per l’interprete risiede quindi nella valutazione dell’idoneità di tale negozio, al cui perfezionamento abbia concorso di fatto la volontà di una parte soltanto dei creditori, a rendere inattuale e superato lo stato di insolvenza. Negli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall. tale soluzione va ricercata nella concreta fattibilità dell’accordo, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Infatti particolare importanza assume il sindacato dell’attuabilità dell’accordo soprattutto con riferimento al soddisfacimento integrale dei creditori estranei, elemento questo tanto valorizzato dalla legge in quanto diretto a garantire il regolare e tempestivo pagamento di questi ultimi. Evidente appare, nella ratio legis, la necessità dell’accentuazione del momento di tutela in quanto diretto alla protezione di rapporti giuridici facenti capo a terzi rimasti estranei ed all’oscuro dell’intervenuto accordo, che, vincolante per i soli aderenti, non pone al riparo il debitore dalle azioni esecutive esperibili da parte dei creditori estranei. Tanto premesso in ordine all’accordo di ristrutturazione per debiti come in atti proposto va evidenziato quanto segue: — l’accordo di ristrutturazione risulta depositato, in originale, in tanti singoli atti senza l’autentica delle sottoscrizioni dei creditori; — risulta depositato esclusivamente il rapporto di trasmissione telematica avvenuta in data 25 ottobre 2005 dell’accordo di ristrutturazione al registro delle imprese, mentre non è desumibile la data dell’avvenuta pubblicazione da cui decorrono come visto gli effetti giuridici, in primis la decorrenza del termine di trenta giorni per l’opposizione da parte dei creditori o di ogni altro interessato; — non è dato desumere, con certezza, dal tenore letterale della relazione del dott. Domenico Di Lorenzo, attestante invero molto genericamente la fattibilità del piano, se la percentuale del sessanta per cento dei crediti rispetto al passivo complessivamente vantato dal debitore, richiesta dalla norma in commento, sia stata raggiunta e in quale percentuale; — in tutti gli undici accordi prodotti sub punto 6), in maniera difforme da quanto previsto dall’art. 182 bis l. fall., irritualmente, è previsto che «il creditore si obbliga, ove necessario, a manifestare per iscritto in apposito documento il proprio consenso alla ristrutturazione del debito con le modalità qui convenute e ciò ai fini della pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, per come disposto dall’art. 182 bis l. fall.»; — infatti, alla luce di quanto sin qui esposto, il consenso dovrebbe già essere intervenuto e l’accordo all’atto della proposizione del ricorso già depositato e pubblicato presso il registro delle imprese da oltre trenta giorni; — il pagamento dei creditori estranei all’accordo non può essere postergato «entro e non oltre il termine di sessanta mesi dalla data di omologazione del concordato» (rectius dell’accordo di ristrutturazione), ben al di là della scadenza naturale dei crediti vantati ed in ragione della loro naturale esigibilità, in mancanza comunque di garanzie in ordine al puntuale adempimento. 31 Marta Maria Pedrinola Alla luce delle argomentazioni che precedono, appare indispensabile sentire le parti prima della decisione in ordine alla richiesta omologa. Tribunale di Brescia, decreto 22 febbraio 2006 – Pres. Cumin, Rel. Sabbadini. (omissis) A scioglimento della riserva, nel giudizio di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. proposto dalla società M. s.r.l. (ricorso n. 7/06); vista l’opposizione proposta da C.G.C. s.r.l.; visti ed esaminati gli atti e rilevato che, trattandosi di procedure assolutamente nuove ed il cui testo normativo appare assai carente sia dal punto di vista tecnico che lessicale, ritiene opportuno il tribunale fissare, prima facie, i principî cui si atterrà nella valutazione di detti accordi: 1) l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 l. fall. è un istituto che, trovando collocazione all’interno della legge fallimentare, è applicabile solo alle imprese di cui all’art. 1 l. fall. ed è autonomo rispetto al concordato, trattandosi di un contratto consensuale plurilaterale, di natura sostanzialmente privatistica, per cui non sono applicabili né estensivamente né analogicamente le norme stabilite per il concordato preventivo; 2) per il principio di cui all’art. 1326 c.c., esso si conclude nel momento in cui l’ultima accettazione giunge a conoscenza di tutte le altre parti, che nel caso di specie si presume con il deposito e la pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese; 3) anche se non è espressamente previsto alcun requisito particolare di forma per l’accordo, la forma scritta appare indispensabile per il deposito e la pubblicazione nel registro delle imprese e la verifica delle adesioni pervenute; 4) la percentuale dei creditori «rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti» va calcolata, secondo la lettera della norma, sul totale dei crediti, comprendendo quindi non solo i creditori dissenzienti, ma anche i privilegiati e gli eventuali creditori rimasti estranei o non avvisati dal debitore; 5) per regolare pagamento dei «creditori estranei» (dissenzienti, privilegiati per cui si prevede il regolare pagamento ed estranei veri e propri) si deve intendere l’esatto pagamento del debito alla sua scadenza e non il pagamento secondo le regole concordate tra il debitore e i creditori aderenti all’accordo (in particolare, trattandosi di accordo di natura privatistica, non solo chi non aderisce ad esso ma anche chi vi resta estraneo va regolarmente pagato, per cui con la locuzione «creditori estranei» si deve intendere che il Legislatore in questo caso minus dixit quam voluit, pena la palese incostituzionalità della norma); 6) per evidenti ragioni sistematiche, attesi i limiti propri del giudizio di omologazione del tribunale, il presupposto del raggiungimento minimo della maggioranza del sessanta per cento dei crediti deve sussistere al momento del deposito e della pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, anche se saranno sempre ammissibili adesioni successive; 7) dette condizioni devono essere previamente fatte proprie dal debitore, trasfuse 32 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. nell’accordo e verificate dall’esperto, non potendo il tribunale in sede di omologa modificare i termini dell’accordo o apporre nuove o diverse condizioni, ma potendo solo omologare o meno l’accordo come proposto; 8) l’eventuale mancanza del presupposto del raggiungimento della maggioranza del sessanta per cento dei crediti al momento del deposito e della pubblicazione nel registro delle imprese, non potrà essere sanata da adesioni pervenute successivamente, ma il debitore dovrà attivarsi per iniziare nuovamente la procedura, secondo la lettera della norma che prevede il deposito dell’accordo che sia stato «stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti». Tutto ciò premesso, rilevato che nel caso di specie l’accordo è stato depositato sulla base di presupposti all’evidenza diversi da quelli sopra indicati; rilevato peraltro che attesa l’oggettiva situazione di confusione esistente, allo stato, pare opportuno al tribunale non adottare nessun altro provvedimento consentendo al debitore, se lo vuole, di presentare un altro accordo che tenga conto di quanto sopra indicato; per questi motivi, non omologa l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. proposto dalla società M. s.r.l.. Tribunale di Roma, decreto 4-16 ottobre 2006 – Pres. F. Severini, Rel. M. Manzi. La previsione dell’istituto degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis l.f. indica il tentativo del Legislatore di attenuare i profili officiosi delle procedure concorsuali privilegiando quelli pattizi. Agli organi giurisdizionali non è più richiesto di tutelare in via principale gli interessi dei soggetti coinvolti nella crisi d’impresa ricercando profili di insolvenza a carico degli imprenditori al fine di rendere “sano” il mercato e di dirigere e vigilare sul buon andamento della gestione delle procedure, bensì di ergersi a garanti del rispetto delle regole prescelte dai soggetti privati decidendone gli eventuali conflitti. Nonostante l’art. 182 bis che regola gli accordi di ristrutturazione sia collocato nel titolo III accanto alle norme sul concordato preventivo, tra i due istituti vi è una marcata differenza che non consente di affermare che tra gli stessi vi sia un rapporto tra genus a species. Non può essere omologato l’accordo di ristrutturazione che non preveda espressamente le modalità di pagamento dei creditori non aderenti e che ai fini del computo del 60% dei creditori aderenti vengano considerati solo quelli muniti di titolo esecutivo. 33 Marta Maria Pedrinola 34 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. 35 Marta Maria Pedrinola 36 La ristrutturazione del debito dell’impresa secondo la novella dell’art 182-bis L.F. Bibliografia A.A.V.V., “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.)”, intervento al Convegno di Viterbo del 24 novembre 2006. AMBROSINI S., “Sub art. 182-bis, Accordi di ristrutturazione dei debiti”, in Il nuovo concordato preventivo, Milano 2005. AMBROSINI S., “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella nuova legge fallimentare: prime riflessioni”, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 8 del 2005. 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L’elenco completo dei paper è disponibile al seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it 39 48- Pier-Luca BUBBI, I metodi basati sui flussi: condizioni e limiti di applicazione ai fini della valutazione delle imprese aeroportuali, novembre 2005. 49- Simona FRANZONI, Le relazioni con gli stakeholder e la responsabilità d’impresa, dicembre 2005. 50- Francesco BOLDIZZONI, Arnaldo CANZIANI, Mathematics and Economics: Use, Misuse, or Abuse?, dicembre 2005. 51- Elisabetta CORVI, Michelle BONERA, Web Orientation and Value Chain Evolution in the Tourism Industry, dicembre 2005. 52- Cinzia DABRASSI PRANDI, Relationship e Transactional Banking models, marzo 2006. 53- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Federica LEVATO, Brand Extension & Brand Loyalty, aprile 2006. 54- Mario MAZZOLENI, Marco BERTOCCHI, La rendicontazione sociale negli enti locali quale strumento a supporto delle relazioni con gli Stakeholder: una riflessione critica, aprile 2006 55- Marco PAIOLA, Eventi culturali e marketing territoriale: un modello relazionale applicato al caso di Brescia, luglio 2006 56- Maria MARTELLINI, Intervento pubblico ed economia delle imprese, agosto 2006 57- Arnaldo CANZIANI, Between Politics and Double Entry, dicembre 2006 58- Marco BERGAMASCHI, Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali, dicembre 2006 59- Arnaldo CANZIANI, Renato CAMODECA, Il debito pubblico italiano 1971-2005 nell'apprezzamento economico-aziendale, dicembre 2006 60- Giuseppina GANDINI, L’evoluzione della Governance nel processo di trasformazione delle IPAB, dicembre 2006 61- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Ottavia PELLONI, Brand Extension: l’impatto della qualità relazionale della marca e delle scelte di denominazione, marzo 2007 62- Francesca GENNARI, Responsabilità globale d’impresa e bilancio integrato, marzo 2007 63- Arnaldo CANZIANI, La ragioneria italiana 1841-1922 da tecnica a scienza, luglio 2007 64- Giuseppina GANDINI, Simona FRANZONI, La responsabilità e la rendicontazione sociale e di genere nelle aziende ospedaliere, luglio 2007 65- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Ottavia PELLONI, La valutazione di un’estensione di marca: consonanza percettiva e fattori Brand-Related, luglio 2007 66- Marco BERGAMASCHI, Crisi d’impresa e tecnica legislativa: l’istituto giuridico della moratoria, dicembre 2007. 67- Giuseppe PROVENZANO, Risparmio…. Consumo….questi sconosciuti !!! , dicembre 2007. 68- Elisabetta CORVI, Alessandro BIGI, Gabrielle NG, The European Millennials versus the US Millennials: similarities and differences, dicembre 2007. 69- Anna CODINI, Governo della concorrenza e ruolo delle Authorities nell’Unione Europea, dicembre 2007. 70- Anna CODINI, Gestione strategica degli approvvigionamenti e servizio al cliente nel settore della meccanica varia, dicembre 2007. 71- Monica VENEZIANI, Laura BOSIO, I principi contabili internazionali e le imprese non quotate: opportunità, vincoli, effetti economici, dicembre 2007. 72- Mario NICOLIELLO, La natura economica del bilancio d’esercizio nella disciplina giuridica degli anni 1942, 1974, 1991, 2003, dicembre 2007. 40 ARTI GRAFICHE APOLLONIO Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Marta Maria PEDRINOLA LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO DELL’IMPRESA SECONDO LA NOVELLA DELL’ART. 182-BIS L.F. Paper numero 73 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814 e-mail: [email protected] Dicembre 2007