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L`UNIVERSALIZZAZIONE IN MATEMATICA Per ogni dunque
L’UNIVERSALIZZAZIONE IN MATEMATICA Per ogni ... dunque ... per tutti! Il Principio di Induzione1Matematica (P.I.M.) Premessa Il metodo dimostrativo basato sul Principio di Induzione Matematica per convalidare la teorematicità universale di una proposizione di una teoria matematica, nonostante il termine “in-duzione“ compaia in entrambi, non va confuso con il metodo per induzione2 (induttivo) proprio delle scienze sperimentali. Quest’ultimo universalizza il comportamento di un certo numero di eventi vincolati da una legge locale. La validità di questa legge di tendenza viene convalidata da rilievi statistici e dall’occorrenza di credenze od opinioni (il cui grado viene oggi misurato dalla probabilità) ed è quindi estesa a tutti i possibili casi in cui si ripresenti una situazione analoga. Si fonda su inferenze logiche del tipo: In-duzione (x generalizzazione) P C P--->C (x possibilità altamente probabile) (legge universale: P implica C). Se accade che ogni volta che “P” si da contemporaneamente anche “C”, allora si può congetturare (con buona probabilità, fino a prova contraria) che tutte le volte che “P” sempre anche “C”: P--->C; vel viceversa: C--->P, C implica P. Se ogni volta che si lascia “libero un corpo pesante3(P)” questo “cade verso il basso (C)”, è altamente probabile (fino a prova contraria) che “tutti i corpi liberi e pesanti 1 La prima formulazione del P.I.M. (Principio di Induzione Matematica) come assioma dell’aritmetica dei numeri naturali fu fatta dal grande matematico Giuseppe Peano (1858-1932) che lo inserì tra i nove postulati della prima assiomatizzazione dell’aritmetica in Arithmetices principia novo metodo exposita (1889). 2 Con l'induzione [dal greco epagoghè: introduzione, importazione ma anche invocazione; dal verbo epagho: apporto, applico, aggiungo, inferisco, cito come testimone, chiamo in aiuto, conduco, adduco, convinco, induco, importo ...] si produce l’universale dal particolare. 3 “pesante” significa “ all’interno di un campo gravitazionale, che è notoriamente attrattivo”. 2 cadano sempre verso il basso: P --->C”; vel viceversa “C--->P: tutti i corpi che cadono verso il basso sono liberi e pesanti”. In casi come questo, ma non sempre, la legge congetturata è commutativa: P<-->C; un corpo cade verso il basso se e solo se è libero e pesante, o in altre parole: “condizione necessaria e sufficiente perché un corpo cada verso il basso è che sia libero e pesante e viceversa”. Le affermazioni “P” e “C” sono logicamente equivalenti. In generale, la ripetitività della syncronicità o del susseguirsi temporale o spaziale con cui due eventi del tipo "P" e "C" (casualmente ?) accadono, genera abitudine e consuetudine4che si insinuano e sedimentano nella memoria. Per generalizzazione e quindi per il processo di universalizzazione si produce la categoria della causalità che si costituisce induttivamente come a-posteriori per la specie ma come "a-priori" ereditato per gli individui (Kantismo5 dinamico: una proposta epistemologica che concilia posizioni storico-pragmatiche con posizioni aprioristiche. Si tratta di un’ipotesi seduttivamente innovativa anche se ancora tutta da indagare). In questo tipo di argomentazione6si cela surrettiziamente la speranza che la legge universale congetturata non venga mai falsificata (Popper7ed epigoni a parte: 4 Hume per esempio, riteneva che l’inferenza induttiva delle scienze sperimentali non fosse fondata sulla ragione, ma sulla consuetudine e sull’abitudine, secondo cui a partire dai casi osservati ci attendiamo naturalmente le stesse regolarità nei casi futuri: “...per quanto vi sia nel mondo qualche cosa come il caso (chance) la nostra ignoranza della causa reale di ogni avvenimento ha lo stesso influsso dell’intelletto e genera una sorta di credenza od opinione”. (D.Hume, Ricerca sull’intelletto umano, cit., p. 62). Gli universali kantiani, formali ed astratti, unificano l’ontologico con il logico; sono forme a priori dell’intelletto, condizioni per l’esperienza. Noi modelliamo il reale come un insieme unitario e strutturato, di fenomeni determinati o oggetti discretizzati nello spazio e nel tempo, connessi da relazioni isomorfe a leggi necessarie del nostro intelletto, ossia da strutture trascendentali del nostro pensiero. Già Hegel riesce in qualche modo a storicizzare l’astratezza degli universali kantiani rendendoli concreti, cioè storici e, molto più tardi, lo stesso Kuhn ebbe a definirsi un “kantiano con categorie mobili ”. 5 6 Lo scetticismo nei confronti di questo tipo di argomentazione ha, in realtà, origini molto antiche. Nel IV sec. a. C. si svilupparono diverse scuole di pensiero, molte delle quali durarono fino al II sec. d.C., fra queste il pirronismo di Elide (360-275 a.C.). La fonte principale delle posizioni di tale scuola sono gli scritti di Sesto Empirico (circa 200 d.C.) che fornì argomenti per una grande varietà di dubbi scettici (cfr. Sesto empirico, Contro i logici, tr.it. Laterza, Bari 1975). Uno di questi è se e l’induzione possa condurre alla conoscenza: “Facile a confutarsi stimo essere il procedimento per induzione. E invero, poiché vogliono per via di essa confermare l’universale, muovendo dai particolari, o faranno questo percorrendo “tutti” i particolari o soltanto “alcuni”. Se soltanto “alcuni”, l’induzione sarà mal sicura, essendo possibile 3 falsificazionismo), ma semmai ulteriormente corroborata da prove o sperimenti futuri (: verificazionismo8). Il metodo induttivo delle scienze sperimentali azzarda congetture dalla validità generale9 spesso altamente probabile, ma si tratta di un metodo che non ha nulla a che fare con il rigore matematico10. che all’universale contrasti qualcuno dei particolari omessi per l’induzione. Se “tutti”, intraprenderanno un’impresa impossibile, infiniti essendo e illimitati i particolari. Ond’è che in questa maniera, e per un verso e per l’altro, secondo me, accade che l’induzione vacilli.”. (Sesto Empirico, Scritti Pirroniani, tr. it., Laterza, Roma Bari 1988, p.104). 7 Anche per Popper, un numero per quanto elevato di verificazioni non consente di considerare universalmente vera una legge o più in generale una teoria scientifica. Egli critica il principio di induzione delle scienze sperimentali, in quanto non si possono inferire leggi o teorie universali da singoli fatti osservabili; mentre una sola falsificazione è sufficiente per dimostrarne la falsità. Di più, il criterio di falsificazione definisce scientifico un sistema di asserzioni se e solo se è potenzialmente falsificabile. Una teoria è falsa quando viene falsificata, mentre non si può mai sapere se è vera; per Popper le teorie debbono essere considerate valide finché non sono falsificate. Il concetto di "teoria scientifica" può solo aspirare ad uno statuto di validità provvisoria; fino a che non viene falsificata rimane una semplice "congettura". 8 Il "principio di verificazione", formulato a livello filosofico dal "Circolo di Vienna" come strumento metodologico, è così esprimibile: sono dotate di significato quelle proposizioni che permettono un confronto diretto tra la loro formulazione linguistica, più o meno sintetica o formale, e la realtà empirica. Il “verificazionismo” decide quali enunciati hanno significato, ma non è applicabile a se stesso in quanto non verificabile empiricamente. Questo paradosso porterà, in seguito, Neurath ad optare per il "fisicalismo" che abbandona il confronto tra proposizioni e realtà per un confronto intra-linguistico tra enunciati ed enunciati: un’espressione è vera se è coerente con il sistema linguistico in cui è inserita . Si parla di "fisicalismo" perché invece di una corrispondenza tra linguaggio e realtà, Neurath postula addirittura la loro identità. 9 Gli “universali”, in Kuhn, assumono un nuovo look: paradigmatico, storico, provvisorio. Per “Paradigma” s’intendono i modelli e i metodi, universalmente riconosciuti, funzionali per indagare negli ambiti di ricerca in atto. Quando un modello paradigmatico non riesce a normalizzare le “anomalie” entro le proprie strutture, si genera una “catastrofe epistemologica” che porta all’elaborazione di nuovi paradigmi. Da qui la tesi, condivisa da Kuhn con Feyerabend, dell’"incommensurabilità" delle teorie, che consiste nell’impossibilità, in seguito alle fratture rivoluzionarie, di porre a confronto teorie scientifiche collocate all’interno di differenti paradigmi e tradizioni filosofiche. Lo scienziato è portato inevitabilmente a porsi problematiche di carattere non solo epistemologico ma anche ontologico. La comunità scientifica attraversa momenti di “riorientamento gestaltico” che impongono la costruzione di paradigmi sempre più efficaci. E’ una scienza con degli invarianti sempre in discussione, che coniuga il momento popperiano della falsificabilità con il momento della stabilità e della risoluzione “normale”. Feyerabend diventò famoso per la sua visione anarchica della scienza e il suo negare l'esistenza di regole metodologiche “universali”. 4 *** Tornando all’induzione matematica, il nome “Induzione matematica”, fu introdotto dal matematico De Morgan nell’articolo “ Induction (mathematics)”, uscito nel 1838 sulla Penny Cyclopedia e il termine “induzione” fu utilizzato per la prima volta dal matematico Bernoulli per indicare il tipo di ragionamento ricorsivo da n a (n + 1) (induzione dimostrativa!). La tecnica dimostrativa dell’induzione matematica si affermò definitivamente alla fine del XIXo secolo grazie ai lavori di Frege, Dedekind, Cantor sui fondamenti della Matematica e soprattutto con l’opera di Peano che la applicò nella sua Teoria dei numeri, inserendola tra gli assiomi della teoria. Peano diede una precisa formulazione del principio d’induzione matematica, equivalente a quella oggi più comunemente in uso11. L’induzione matematica viene anche chiamata “Induzione completa” o “argomentazione ricorrente”, quest’ultima introdotta da Dedekind(1831-1916). *** Formulazione rigorosa del Principio di Induzione Matematica, in termini di proprietà: 12 Sia A(n) (leggi: A di enne), un'Affermazione dipendente da un numero naturale qualsiasi, volendo anche zero incluso. Supponiamo che: 10 Per Kant la "ragione pura”, il concentrato di “a priori" degli individui, si autofonda sulla rigorosa "certezza" tipica di quella forma di conoscenza che i Greci chiamavano: mathematiké. 11 Peano assunse come concetti primitivi quelli di numero 1 e di successore. Sia dato un insieme N di numeri, per cui valgano i seguenti assiomi: -N non è vuoto ed 1 appartiene ad N. -Esiste una corrispondenza biunivoca da N su N - (1). Il corrispondente del numero n mediante tale funzione viene detto successore di n (indicato solitamente con succ(n) o n*). -Sia A un sottoinsieme di N. Se “1” appartiene ad A e, per ogni numero” n”, se n appartiene ad A anche ”succ(n)” appartiene ad A, allora A coincide con N, cioè contiene tutti i numeri naturali. 12 Cfr. Gabriele Lolli, Dipartimento di Matematica, Università di Torino. 5 1) A(0) vel A(1) sia vera: (cioè che l’affermazione sia vera quando n = 0, vel n = 1, chiamate basi) e che, contemporaneamente, : 2) se A(n) è vera anche A(n + 1) lo sia, qualunque sia il valore di n; [vale a dire: se l’affermazione A(n) è vera per un indeterminato valore n di N, è necessariamente vera anche per il valore successivo a n, cioè per (n + 1); o, in altre parole, la verità di A per un qualsiasi valore di n implica la verità di A per il valore (n +1): V A(n) ======>V A(n + 1) (passaggio induttivo) ], allora [ soddisfatte le ipotesi 1) e 2) ]: A(n) è Vera per ogni numero naturale n. Ricapitolando (redundantia non nocet!): partendo dall’assioma metalogico: premessa/e conseguenza (supposta/e)Vera/e ==============> Vera, Implicazione Valida (ragionamento fondato) una proprietà A(n) vale per tutti i numeri naturali N, se è vera per n=0 e/o n=1 (o più generalmente per un certo n >1…) e se essa è sempre trasferibile da un naturale qualunque al suo successivo. Una tale proprietà si dice induttivamente invariante. Le due proprietà 1) e 2), indipendenti fra loro, devono valere simultaneamente. Esempio tipico 6 Si immagini di dover far cadere una serie infinita di tessere di un “domino” poste verticalmente ad una distanza reciproca minore della loro altezza. Se il primo in qualche modo cade verso il secondo, e anche il secondo cade verso il terzo, che a sua volta cade verso il quarto e così via, uno dopo l’altro cadono tutti. -La proprietà di cadere, in questo caso, per esempio, verso destra, è induttiva per il motivo che la distanza è minore dell'altezza. La prima ipotesi non si riferisce necessariamente solo al valore 1, se la caduta iniziasse da un ennesimo pezzo, a cadere di conseguenza sarebbero tutti i pezzi successivi all’ennesimo, in altre parole dall’ennesimo in poi. -Se non cade nessun domino, naturalmente, rimangono tutti in piedi, anche se la proprietà di cadere verso destra è induttiva. Altro esempio tipico Pensiamo ad una fila infinita di soldati schierati davanti al loro comandante. Questi sussurra all’orecchio del primo della fila una parola d’ordine e gli ordina di comunicarla all’orecchio del suo vicino; ordina quindi a tutti i soldati di comunicare la parola ricevuta dal compagno che lo precede a quello che lo segue. Essendo la fila infinita, il passaggio induttivo continua a ripetersi senza fine. Il comandante è sicuro che ogni soldato e quindi tutti conoscano la parola d’ordine: il primo soldato la conosce perché gliel’ha comunicata lui stesso, ed inoltre sa che i suoi soldati ubbidiscono sempre ai suoi ordini in modo preciso. Può fare una verifica semplicemente chiedendo la parola d’ordine ad un unico, qualsiasi, soldato della fila. *** La famosa proprietà dei numeri naturali N, esprimibile nei termini: la somma di dei primi enne numeri, con n > 2, si può ottenere sommando l’ultimo numero n della serie con il primo, cioè 1, moltiplicando poi la somma per n e dividendo il risultato per 2, ( In formule: 1 + 2 + ... + n = (n + 1) . n (che, per ovvie proprietà aritmetiche) = 2 7 = (n + 1) . n/2 oppure = n . (n + 1)/2 ) è una proprietà induttiva, cioè vale per tutti i numeri naturali. (Attenzione che i due numeri n e la somma (n + 1) sono successivi, quindi necessariamente uno dei due è pari, vale a dire divisibile per 2). Tale proprietà, come aveva intuito l’allora giovane matematico Carl Friedrich Gauss, verso la fine del XVIII° sec., afferma, ad esempio, che la somma dei primi 100 numeri naturali si può ottenere sommando l’ultimo numero 100 col primo 1, moltiplicando quindi la somma per la metà dei numeri della serie, cioè per 50: (100 + 1) . 100/2 = 101 . 50 = 5.050 . Proviamola x induzione: -per n = 2: 1+2 = (2 + 1) . 2 = 3 è Vera; 2 -se vale anche il passo induttivo per un generico n >2: 1 + 2 + … + n = (n + 1) n =====> implica 2 => 1 + 2 + … + n + (n + 1) = [(n + 1) + 1] (n + 1) = (n + 2 )( n + 1) , 2 2 allora essa, per il Principio di Induzione Matematica, vale per ogni n. *** Proviamo il passo induttivo, dimostrando che se è Vero che: 1 + 2 + ... + n = (n + 1)n 2 è Vero anche che: per n >2 qualsiasi, 1 + 2 + … + n + (n + 1) = (n + 2 )(n + 1)/2. 8 Dimostrazione (<=chi è allergico alle dimostrazioni matematiche può saltarla) Dobbiamo provare che: 1 + 2 + ... + n = (n + 1)n/2 =====> implica =>1 + 2 + … + n + (n + 1) = (n + 2)(n + 1)/2. Ma: 1 + 2 + … + n + (n + 1) = (1 + 2 + … + n) + (n + 1); per la proprietà associativa dell’addizione Il primo addendo, per ipotesi e uguale a: 1 + 2 + ... + n = (n + 1)n/2; sostituendo: (1 + 2 + … + n) + (n + 1) = (n + 1)n/2 + (n + 1) = raccogliendo (n + 1) = ( n + 1) [(n/2 + 1 ] = (n + 1)(n + 2) = (n + 1)( n + 2)/2 = (n + 2)( n + 1)/2 2 c.v.d. (<=fine della dimostrazione) E’ interessante notare come la somma tra i due naturali: 100 e 1, che sono simmetrici rispetto a metà della distanza tra 50 e 51, risulti uguale alle somme tra tutte le altre coppie di simmetrici: (100 + 1) = 99 + 2 = 98 + 3 = 97 + 4 = … = (50 + 51) = … = 4 + 97 = 3 + 98 = 2 + 99 = (1 + 100), tutte uguali a 101! … *** Facoltativamente: vediamo un altro esempio di proprietà universalmente valida per i Naturali N0 (zero incluso). 9 Sia n un numero naturale qualsiasi, la proprietà dell’espressione aritmetica (n3 – n) di essere divisibile per 3 vale per tutti i naturali. Dobbiamo provare due cose: - che essa è vera per n = 0 (vel n = 1) - e che se (n3 – n) è divisibile per 3, anche [(n + 1)3 – (n+1)] è divisibile per 3. Per n = 0: n3 – n = 03 – 0 = 0 – 0 = 0, che è ovviamente divisibile per 3. (Allo stesso modo, volendo, per n = 1: n3 – n = 13 – 1 = 1 – 1 = 0; che è pure ovviamente divisibile per 3). Supponiamo ora che, per un generico n, (n3 – n) sia divisibile per 3 e facciamo vedere che quest’ipotesi implica che, anche per il successivo (n+1), l’espressione [(n + 1)3 – (n + 1)] è divisibile per 3. Dire che (n3 – n) è divisibile per 3 equivale a dire che esiste ed è unico un naturale m < n tale che: n3 – n = 3m; ma: (n3 – n) = n . (n2 – 1) = n . (n + 1) . (n – 1) = = (n – 1) . n . (n + 1); quindi, sostituendo e tralasciando il segno di moltiplicazione, : (n – 1) n (n + 1) = 3m. (n3 – n) = (n – 1) n (n + 1) è il prodotto di tre naturali consecutivi ... “sicuramente“ tra i tre fattori c’è un multiplo di 3! ... Proviamo ora, per induzione, che anche [(n + 1)3 – (n + 1)] è divisibile per 3: [(n + 1)3 – (n + 1)] = (n + 1) . [(n + 1)2 – 1] = = (n + 1)[ n2 + 1 + 2n – 1] = (n + 1)[ n2 + 1 + 2n - 1 ] = = (n + 1)(n2 + 2n) = raccogliendo n nel secondo fattore = 10 = (n + 1) n [ n + 2 ] = n(n + 1)(n + 2); ( … ancora tre naturali consecutivi!) Dobbiamo dimostrare che questo risultato è ancora di un multiplo di 3. Ma: (n + 2) = (n – 1 + 3)! Sostituendo nella moltiplicazione: n(n + 1)(n + 2) = n(n+1)(n – 1 + 3) = n(n + 1)[(n – 1) + 3] = . . . = (n – 1) n(n + 1) + 3 n(n + 1); (n – 1) n (n + 1) = 3m per ipotesi; dunque si ha: n (n + 1)( n + 2) = 3m + 3n (n +1) = 3[ m + n ( n + 1) ], che è evidentemente un multiplo di 3! c. v. d. Dimostrato il passaggio induttivo, la proprietà, per il principio di induzione vale per ogni n. La proprietà di essere primo, invece, non è induttiva per i numeri naturali, altrimenti si dimostrerebbe che tutti i numeri naturali sono primi (!). * ** Dimostrare A(n) per ogni n (per induzione) significa, ripetiamo ancora una volta, provare due cose: che A(0) [vel A (1), vel A (n) per un n qualsiasi] è vera, e che A(n) =>A(n + 1). Chi si prende carico di assicurarci che allora A(n) vale per ogni e quindi potenzialmente per tutti gli infiniti N0? La struttura stessa dei numeri naturali N0!, in cui ogni numero si ottiene dal primo iterando un numero finito di volte l'operazione successore. Applicando l’assioma metalogico della: De-duzione (modus ponens) 11 A(n) A(n) =>A(n+1) A(n+1) (x necessità) (teorema), ricorsivamente ad ogni passo: A(0) A(0) =>A(1) A(1) A(1) =>A(2) A(2) A(2) =>A(3) A(3) A(3) =>A(4) A(4) ... A(n) A(n) =>A(n+1) A(n+1) ... A(0) vale per l’ipotesi 1); A(1) vale per l’ipotesi 2); dunque vale A(3) sempre per la 2); quindi A(4)...e così via all’infinito, cioè per ogni “ n” ... dunque per tutti gli “n” (per il Principio di Ricorsione, sostanzialmente equivalente al P I M13). 13 Sono almeno due i principi equivalenti al P I M: -Principio di Ricorsione (P R), detto anche Principio di Induzione forte: Se per ogni intero k, la validità della A(i) per tutti gli i < k, implica A(k), allora vale per ogni intero n. e -Principio di Buon Ordinamento (P B O): Ogni insieme non vuoto di numeri naturali contiene un minimo elemento. (Cfr. G. Mazzaghi - B.Picchi, Il principio di Induzione, in L'insegnamento della Matematica e delle scienze integrate, VOL.14 N.2, SEZ.B, febbraio 1991). 12 Per altre strutture, per esempio per i razionali, questa tecnica dimostrativa non è applicabile. Si parla quindi di Principio d’induzione sui naturali. Tale principio era noto ed in uso dei matematici prima della sua formulazione esplicita in forme equivalenti. *** Dal punto di vista logico è da tener presente quanto segue: l'obiettivo finale è quello di dimostrare, mediante deduzione ricorsiva che la proprietà A è vera “potenzialmente” per tutti gli n appartenenti ad N0. (UNIVERSALIZZAZIONE MATEMATICA!) Invece il singolo passo induttivo non si riferisce a tutti gli n ma ad un generico n, qualunque: per esso non si dimostra A(n), ma si dimostra che se valesse A(n) allora varrebbe anche A(n+1). La deduzione ricorsiva deduce particolare da particolare: universalizza sequenzialmente e “discretamente” nel senso matematico del termine. Il principio di induzione matematica, utilizzato prevalentemente in Teoria dei numeri (ma non solo necessariamente in essa), raramente ci consente di immaginare o enunciare proprietà; si limita ad offrire una via per dimostrare congetture preventivamente intuite per altra via. Nella ricerca delle proprietà ci si può servire del principio di induzione statistica tipico delle scienze sperimentali; effettuando una serie di prove per tentativi ed errori, finché non si intuisca una legge chiara cui soddisfano tutti i casi esaminati. Fatto questo, si prova a dimostrare la validità universale della legge congetturata utilizzando il metodo di Induzione completa o altre tecniche. Solo a dimostrazione avvenuta si è autorizzati a ritenere universalmente valida la congettura o la formula intuita, scoperta o costruita. Tali equivalenze si possono dimostrare provando che P I M => PR, PR => P B O e infine, per chiudere il triangolo, P B O => P I M. Provata l’equivalenza tra i tre principi (che per questioni di spazio non riportiamo qui), di volta in volta ci si potrà servire nelle dimostrazioni induttive di quello più gestibile. 13 Dal punto di vista del rigore logico-matematico non basta il conforto di alta probabilità statistica per avvalorare una legge; è necessaria la certezza14 che la congettura sia un Teorema per la Teoria; vale a dire che sua verità sia stata convalidata da una rigorosa e generale dimostrazione. Ad esempio, la formula: n2 + n + 41 fornisce sempre numeri primi se si sostituiscono ad n tutti i valori da 1 a 39, ma per n = 40 si ottiene: 402 + 40 + 41 = 1600 + 81 = 1681 = 412 che non è ovviamente primo. Solo una corretta deduzione15, molto amata dai greci e dai filosofi sempre alla ricerca della verità16, garantisce che una volta accettate in qualche modo per vere le premesse, necessariamente dobbiamo accettare per vera e incontestabile anche la conclusione. La certezza è un buon garante per la verità, anche se può accadere che all’interno di un sistema deduttivo ci possano essere delle verità indimostrabili o proposizioni indecidibili. Ma su questo punto apriremmo un altro fondamentale capitolo della storia recente della matematica… 14 Cartesio, fondatore di un tipo di sapere basato sulla certezza e sull'esattezza, per raggiungere le quali fondamentale è il Metodo unitamente alla consapevolezza che ciò che sfugge al metodo non è conoscibile, considerava la scienza non come un garante di verità definitive quanto un ambito di ricerca continua di verità provvisorie, all'interno della quale la conoscenza è in continua espansione. 15 Nella “disposizione dimostrativa” (hexis), che dovrebbe guidare la strutturazione del sapere scientifico, i due procedimenti “induttivo” e “deduttivo” spesso si alternano. Aristotele nell’Etica Nicomachea, VI, 3, si esprime nei termini: “ La scienza ... è una disposizione che dirige la dimostrazione... si conosce in modo scientifico quando ... ci sono noti (per induzioni successive) i principi primi ...”. Tuttavia presenta come “vera scienza” solo la sistemazione “deduttiva” operata con l’“apodeixis”. La “dimostrazione” assicura i due caratteri essenziali della scienza Aristotelica: -le premesse universali prime, immediate, assiomatiche -la struttura sillogistica che muove dagli Universali e deduce il particolare. 16 Spetta sempre ai greci il merito di aver reso astratta la matematica. Platone raccomandava che i futuri re-filosofi fossero istruiti, dai venti ai trenta anni, nello studio delle scienze cosidette esatte: aritmetica, geometria, astronomia e armonia. Insistendo sulla matematica come propedeutica alla filosofia. Per il filosofo, la matematica risultava rigorosa in quanto i suoi esiti erano universali e necessari; ciò, a sua volta, dipendeva dalla stabilità del suo oggetto, cui Platone attribuiva una natura metasensibile. Le testimonianze antiche attestano la pratica del problem-solving, introdotta dallo stesso Platone che sollecitava i propri discepoli a confrontarsi con problemi matematici sempre nuovi, ricorrendo ai procedimenti di analisi. 14 La distinzione metodologica fra matematica e scienza sperimentale è comunque chiara, poiché la scienza sperimentale accoglie anche conclusioni provvisorie ottenute per induzioni su base statistico-probabilistica mentre le conclusioni basate sulla deduzione logica sono valide per sempre, anche se di tanto in tanto si impongono delle rivisitazioni dei fondamenti17e degli ampliamenti o mutamenti teorici. *** Il principio di induzione matematica si può estendere agli ordinali transfiniti, che costituiscono un ampliamento dei naturali. Prende il nome di induzione transfinita ed è più potente del principio di induzione forte, in quanto permette la dimostrazione di teoremi che non possono essere dimostrati con l’induzione matematica ordinaria. Attenzione però, ribadiamo, colpo di scena! ?: non c'è un motivo necessario per cui il Principio di induzione matematica [: la trasferibilità della verità di A(n) ad A(n+1) garantisce la verità per tutti gli infiniti A(n)] debba essere di per sè vero! Infatti, è un principio, uno schema assiomatico, interno alla Teoria dei numeri. Ci sono aritmetiche "non standard" (vedi aritmetica di Robinson18) in cui è non vale.19 17 La verità matematica dell’esattezza dipende, si sa, dagli “assiomi assunti”; se viene meno la loro giustificazione si cade ovviamente in una condizione di indecidibilità, nel senso che non sono giustificabili all’interno del sistema logico che su di essi si fonda. 18 Cfr. Giorgio T. Bagni Università di Udine. L’aritmetica di Robinson fu introdotta da Tarski, Mowstowski e Robinson nel 1953. Si indica con Q, ed è più debole di quella di Peano, del primo ordine. Lo schema induttivo assiomatico dell’aritmetica di Peano: (A(o), A(n) => A(n+1)) => A(n+1) per ogni n appartenente ad No, viene sostituito dallo schema assiomatico: per ogni n diverso da zero, esiste m tale che: n = (m + 1); che nella teoria di Peano è invece un teorema facilmente dimostrabile per induzione. Se l’aritmetica di Peano (PA) ha infiniti assiomi, uno per ogni formula con variabile libera, Q ne ha un numero finito. Entrambe le teorie (PA e Q), la prima non finitamente assiomatizzabile, la seconda finitamente, sono comunque incomplete. 15 19 Neanche l’aritmetica, dunque, è un sistema oggettivo di essenze, strutture, principi e regole immutabili dell’essere, ma di costruzioni poeticamente vincolate, la cui origine è rintracciabile nella grammatica del linguaggio comune e delle sue istituzioni. Secondo Wittgentstein, si tratta di paradigmi grammaticali. 16 Bibliografia Peano G., Arithmetices Principia nova methodo exposita, Opere scelte, U.M.I. 1959, Roma ed. Cremonese Peano G., I fondamenti dell'Aritmetica nel Formulario del 1898, Opere scelte, U.M.I. 1959, Roma Pera M., Hume, Kant e l'induzione, il Mulino, Bologna 1982 Hume D., Opere filosofiche, ed.it. a cura di E. Lecaldano, Laterza, Roma-Bari 1992 Kant, I., Critica della ragion pura, ed.it. a cura di G. Colli, Adelphi, Milano 1976 Sesto Empirico, Scritti Pirroniani, tr. it., Laterza, Roma Bari 1988 Popper K.R., Congetture e confutazioni, 2 voll., tr.it. il Mulino, Bologna 1972 Popper K.R., Logica della scoperta scientifica, tr. it. Einaudi, Torino 1979 Carnap, R., Analiticità, significanza, induzione, a cura di A. Meotti e M. Mondadori, il Mulino, Bologna 1982 Khun, T.S., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, tr. Einaudi, Torino 1985 Feyerabend, P.K., I limiti della ragione, tr.it. Il Saggiatore 1983 Feyerabend, P.K.,Contro il metodo, tr.it.Feltrinelli, Milano 1990 Feyerabend, P.K., Addio alla Ragione, tr.it. Armando, Roma 1990 Feyerabend, P.K., Dialogo sul metodo, tr.it. 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