Surya Namaskara - Diventare Insegnante Hatha Yoga Online
by user
Comments
Transcript
Surya Namaskara - Diventare Insegnante Hatha Yoga Online
Surya Namaskara Il sole è simbolo di luce. Nella tradizione cristiana il sole è un simbolo di Cristo; l'alba è la Pasqua. Nella tradizione indiana è consuetudine sedersi in adorazione di fronte al sole sia al mattino che alla sera. L'ideale è alzarsi prima dell'alba, considerata l'ora del Brahman, l'ora divina, nella quale il campo energetico intorno a noi è più intenso. “Mi alzo, apro gli occhi, apro le braccia innanzi a te. Mi muovo e mi sento cosi assorbito, la mia anima e il mio respiro sono mossi talmente dalla tua magnificenza, mi sento cosi umile, modesto…quando arrivo a toccare quella magnificenza è talmente immensa che mi sento cosi piccolo da inchinarmi fino a terra”... Nello Hatha Yoga c'è una pratica molto importante il “Saluto al Sole”, Surya Namaskara in sanscrito, che simboleggia un inno poetico eseguito con il corpo. L'intera sequenza dei movimenti dovrebbe essere effettuata con un atteggiamento devozionale, senza limitarsi al mero aspetto ginnico. In questa pratica ogni gesto è simbolico: il movimento di un braccio è un’offerta del braccio al Divino, non è semplicemente esercitare un muscolo, ma significa "Ecco, ti dono il mio braccio, ricevo da te forza e movimento". Un piegamento in avanti verso il basso accompagnato da una espirazione è un gesto di umiltà, modestia, un inchino alla Madre Terra. Un movimento verso l'alto o all'indietro è come guardare il cielo, mentre mi riempio di sole e di luce. Mantenere la posizione più a lungo simbolizza allungare la vita e in effetti prolunga la vita; mantenere una posizione immobile significa non disperdere quella energia di cui ti sei riempito. Come non sentirsi energizzati dopo essersi alzati presto al mattino, rivolti al sole, riempiti di luce per poi inchinarsi alla Madre Terra? E dalla terra rialzarsi guardando in alto ricolmi di nuova vita? "Con le mani congiunte, fermo di fronte al Sole, avverto amore e gioia nel fondo del mio cuore. Mi apro e dal calore mi lascio riempire. Porgendo il viso al suolo, in umile rispetto, m’inchino al suo splendore. Sollevo il volto al Sole e allora mi ricordo: “son polvere di terra”… Mi volgo alla sua luce, a simile statura e cerco di elevarmi ad altezza suprema per poi di nuovo arrendermi. Fermo, restando in piedi, richiamo alla memoria che “il Vero Sole è in me” Il Saluto al sole, Surya namaskara, e' composto da una sequenza di 12 asana ripetute due volte , arretrando in Ashwa Sanchalanasana con una gamba poi con l' altra (tenendo sempre la giusta respirazione). Una pratica quotidiana di alcuni cicli completi , meglio se posti di fronte al sole nascente o tramontante ,fa sentire sicuramente i suoi effetti positivi. Anche se praticanti esperti compiono agevolmente molti cicli completi e' bene non eccedere nella pratica finche non si raggiunge un certo progresso. I benefici fisici si fanno sentire e la salute ne ha giovamento ma sarebbe bene non fermarsi a questo... E' importante durante l'esecuzione delle asana , la giusta sequenza delle respirazioni. Ad ogni asana e' abbinata la concentrazione su di un determinato chakra e la recitazione o ascolto di un mantra. La concentrazione sui chakra puo'avvenire visualizzando il respiro che penetra o fuoriesce dal chakra stesso. All'inizio si procedera' lentamente tenendo la posizione e la concentrazione per diversi secondi per poi giungere ad una pratica fluida. La consapevolezza della posizione , del movimento , del respiro , del chakra dell'energia che si muove e del suono del mantra rendono il saluto al sole una meravigliosa pratica meditativa e spirituale. Il movimento della consapevolezza tra i vari chakra muove l'energia nelle nadi e le riequilibra mentre la pratica del saluto al sole rivitalizza e genera energia pranica. Nei mantra solari possiamo trovare divinita' che sono manifestazioni simboliche e aspetti di vari elementi della nostra coscienza e del nostro spirito e dello spirito universale. Al termine della pratica e' bene riequilibrarsi portando la consapevolezza sul respiro , o altre pratiche di pranayama, distesi in savasana finche il respiro e il ritmo cardiaco non sono tornati tranquilli . Superati i primi ostacoli e presa una certa dimistichezza il saluto al sole puo' diventare un dolcissimo contatto con la nostra natura piu'profonda . All' inizio serene emozioni espresse non si sa a quale forma il nostro intelletto possa immaginare , o generate non si sa per quale intento che in quell'attimo agita la nostra mente , ma poi ... ... movimento seguito da una profonda pace interiore sperimentando la nostra consapevolezza senza nessun altro scopo che la gioia del momento. Ogni anno il sole attraversa 12 fasi differenti chiamate rashi. Ognuno di questi rashi ha delle caratteristiche e attributi propri che vengono concentrati nei mantra solari. Ogni mantra solare ha un suo significato, ma anche il suono di ogni sua sillaba stimola la shakti (energia). Om mitray namaha Mi inchino all'amico di tutti Om ravaye namaha Rendo omaggio a colui che brilla Om suryay namaha Mi inchino a colui che induce l'attivita' Om bhanave namaha Rendo omaggio a colui che illumina Om khagay namaha OM a colui che si muove attraverso il cielo Om pushne namaha Rendo omaggio a colui che da forza e nutrimento Om hiranyagarbhay namaha OM al Se' cosmico dorato Om marichaye namaha Mi inchino ai raggi del sole Om adityay namaha Rendo omaggio al figlio di Aditi Om savitre namaha Mi inchino alla forza stimolante del sole Om arkay namaha Om a colui che e'degno di essere lodato Om bhaskaray namaha Mi inchino a colui che conduce all'illuminazione Bija Mantra Vibrazioni di energia . Essi vengono ripetuti 4 volte in un ciclo di Saluto al Sole al posto dei Mantra Solari. • • • • • • Om Hram Om Hrim Om Hrum Om Hraim Om Hraum Om Hraha Al ritmo del diaframma di Claudio Conte, disegni di Sabrina Conte (Tratto da Yoga Yournal.it) Il “soffio vitale” sussiste solo quando un certo numero di funzioni vegetative sono garantite. Possiamo però considerare la semplice sopravvivenza come “vita”, oppure con questo termine intendiamo qualcosa che comporta anche un certo numero di attività volontarie e consapevoli? La respirazione si pone come zona di confine e di collegamento tra le attività involontarie e quelle volontarie. Ombrello in movimento Il diaframma, unico muscolo deputato principalmente alla respirazione, ha la forma di una cupola che si inarca verso l’alto dentro la gabbia toracica. Possiamo schematicamente immaginarlo come un ombrello aperto che separa la cavità addominale da quella toracica. È composto sia da fibre muscolari contrattili ed elastiche sia da tessuto connettivo tendineo (principalmente nella parte centrale, il centro frenico), ciò gli consente di essere elastico, sensibile alla contrazione e allo stiramento, nonché di mantenere inalterata la propria forma. Respiro spontaneo In un’inspirazione inconscia e riflessa di ampiezza limitata (come nel sonno profondo) il diaframma ha come punto fisso il suo bordo esterno e abbassa il centro frenico. La leggera pressione produce una lieve espansione addominale. Si tratta del movimento, completamente involontario, che dovrebbe sempre prodursi all’inizio di una fase inspiratoria. In un’inspirazione cosciente e volontaria di grande ampiezza, dopo la fase involontaria, il punto fisso si inverte. Il perimetro esterno del diaframma si solleva allargandosi, permettendo l’elevazione e l’apertura delle costole inferiori fluttuanti. Non forzare, sii consapevole Troppo spesso, nella prima fase di una respirazione cosciente, tendiamo a essere poco consapevoli e troppo “volontari”. Invece di attendere che l’inspirazione cominci spontaneamente con la contrazione involontaria del diaframma, per proseguire con la sua contrazione volontaria che apre le costole fluttuanti, decidiamo di inspirare e, per sottolineare bene questa fase (addominale), esercitiamo una forte spinta verso il basso con il diaframma. È, tuttavia, importante sapere che se il diaframma esercita una spinta intensa verso il perineo usa come punto fisso la circonferenza della gabbia toracica, chiudendone la base e impedendone l’elevazione. Come succede molto spesso anche nella vita quotidiana, il volontarismo privo di consapevolezza ci porta a una sforzo intenso che produce effetti opposti alle nostre aspettative. Dove gli opposti si toccano C. G. Jung, nel suo seminario “Commento psicologico sul Kundalini Yoga” del 1932, paragonava il diaframma alla superficie terrestre. Al di sotto c’è la massa viscerale, con le sue pulsioni istintive e infuocate come il magma, che spesso eruttano come un vulcano in modo incontrollato e distruttivo. Sopra di esso cuore e polmoni, la sensibilità e il sentimento, lo spazio aereo del cielo e della luce. Il diaframma separa queste due aree, ma le mette anche in relazione con il suo movimento ritmico e costante. Una relazione consapevole e armonica tra queste due dimensioni dell’essere umano è ciò che permette di esprimere nella vita non la ricerca egocentrica del soddisfacimento delle proprie pulsioni, ma la consapevole espansione della sensibilità in un sentimento unico e altruista. Il cristianesimo lo chiama “amore”, il buddhismo “compassione”. Etimologicamente “patire insieme con”, capacità di condividere le sofferenze altrui nel desiderio di alleviarle, sentimento forte orientato verso gli altri.