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Strategia globale nella gestione dei fanghi
Ecomondo 8a Fiera Internazionale del Recupero di Materia e dello Sviluppo sostenibile Rimini 3/6 novembre 2004 Strategia globale nella gestione dei fanghi Giuseppe Mininni, Camilla M. Braguglia, Roberto Passino, Maria Concetta Tomei Cnr – Istituto di Ricerca sulle Acque – via Reno, 1 – 00198 Roma Riassunto In questo lavoro sono illustrati gli aspetti principali riguardanti la gestione dei fanghi di depurazione, la cui produzione può essere stimata attualmente in circa 1,1 milioni di tonnellate di sostanza secca l’anno. Tale produzione è destinata ad aumentare per effetto dell’attuazione del D. lgs. 152/99 e successive modificazioni, che ha recepito la Direttiva 91/271. La riduzione attesa dello smaltimento dei fanghi in discarica, che copre oggi circa il 70 % della domanda di smaltimento, e la prossima emanazione di norme europee più restrittive sull’utilizzazione su suolo agricolo richiedono che la gestione dei fanghi sia affrontata con una seria programmazione di ambito territoriale. Molti impianti dovranno essere adeguati affinché il trattamento dei fanghi consenta di giungere alle caratteristiche idonee all’esito finale. I criteri generali, da seguire nell’adeguamento, sono: - massimizzare l’utilizzazione agricola, anche mediante la separazione del trattamento dei fanghi primari e di quelli secondari; - provvedere al recupero energetico ottimizzando le prestazioni della digestione anaerobica; - programmare la realizzazione d’alcuni impianti d’incenerimento dedicati per lo smaltimento di fanghi non conformi, e in ogni caso non adatti all’utilizzazione agricola, con l’obiettivo di rendere questi impianti autosufficienti dal punto di vista energetico, intrinsecamente sicuri per quanto concerne le emissioni di diossine e furani ed il più possibile compatti con costi d’impianto e di esercizio sostenibili. 1. Introduzione La produzione di fanghi urbani, pur non essendo ufficialmente nota, è tale da costituire un rilevante fattore di rischio per l’ambiente (alla popolazione residente di oltre 57 milioni si deve aggiungere la popolazione equivalente industriale stimata in circa 110 milioni). La produzione dei fanghi urbani è stata quindi stimata in circa 1,1 milioni di t di sostanza secca/anno1. I fanghi di depurazione sono classificati come rifiuti speciali non pericolosi con codici CER 19 08 05 (fanghi urbani) e 19 08 12 (fanghi biologici industriali). Nel caso di presenza di sostanze pericolose, questi ultimi sono classificati come rifiuti pericolosi con il codice 19 08 11*. Attualmente i sistemi utilizzati in Italia per assicurarne un destino finale, conforme alle normative di settore, sono l’utilizzazione in agricoltura e lo scarico controllato. L’incenerimento, infatti, non ha alcuna significativa applicazione. Per quanto riguarda in particolare lo scarico controllato, il D. lgs. 36/03 e le norme attuative del 13 marzo 2003, oltre a prevedere requisiti per i siti di smaltimento sensibilmente più restrittivi di quelli precedentemente in vigore, hanno posto il limite minimo di concentrazione di sostanza secca del 25 %. Lo smaltimento in discarica è, poi, subordinato al rispetto dei limiti del test dell’eluato ed alla presenza nei fanghi di PCB e di diossine/furani (TE) in concentrazioni non superiori a 10.000 e 2 µg/kg, rispettivamente. Non è da trascurare il limite posto per il potere calorifico inferiore che, a partire dall’1/1/2007, non potrà essere superiore a 13.000 kJ/kg (3.100 kcal/kg). Tale limite potrà condizionare lo smaltimento in discarica dei fanghi essiccati termicamente. Con la piena applicazione della nuova normativa sulle discariche, il cui termine è il 16 luglio 2005, questa forma di smaltimento risulterà sensibilmente più costosa in relazione ai nuovi requisiti richiesti, sia nel merito tecnico degli impianti sia per effetto degli adempimenti amministrativi cui devono attenersi i gestori, soprattutto in relazione alla gestione post-operativa ed alle garanzie finanziarie. La gestione post-operativa deve essere assicurata per un tempo di almeno 30 anni dopo la chiusura del sito, considerando che questo è il tempo minimo richiesto per la raccolta ed il trattamento del percolato. Il limite della concentrazione di sostanza secca del 25 % costituirà un ulteriore fattore d’incremento dei costi, considerando che usualmente la concentrazione di solidi difficilmente supera il 20 %. L’incremento fino al 25 % comporterà oneri rilevanti per l’adeguamento delle macchine di disidratazione meccanica, mediante l’adozione d’apparecchiature d’ultima generazione2 e la probabile maggiore diffusione di filtropresse al posto di centrifughe e nastropresse. In alternativa sarebbe possibile ricorrere ad un elevato dosaggio di calce, con conseguente incremento della quantità di fanghi da smaltire. La futura Direttiva sull’utilizzazione dei fanghi in agricoltura, di cui è disponibile una terza bozza, porrà probabilmente limiti più severi sul contenuto di metalli nei fanghi e nei terreni e nuovi limiti sui microinquinanti organici, prima non considerati, fra i quali sono compresi i composti organici alogenati, gli alchilbenzeni solfonati lineari, i dietilftalati, i nonilfenoli, gli Ipa, i Pcb, le diossine e i furani. Tale proposta di direttiva classifica infine i trattamenti dei fanghi in avanzati e convenzionali, consentendo l’utilizzazione con sistemi tradizionali di spandimento solo nel caso di trattamenti avanzati e restringendo molto le opportunità nel caso di trattamenti convenzionali. È pertanto evidente che l’utilizzazione agricola sarà consentita solo per fanghi di certificata qualità, che siano stati preventivamente sottoposti a trattamenti spinti di stabilizzazione/disinfezione. La progressiva attuazione del D. lgs. 152/99 comporterà poi inevitabilmente un incremento della produzione dei fanghi per effetto della diffusione delle strutture depurative anche ai centri di piccole dimensioni, e per effetto dei più elevati livelli d’abbattimento prescritti per il trattamento degli scarichi. Queste considerazioni fanno emergere la necessità di un progressivo adeguamento strutturale degli impianti, volto ad un’efficace gestione del ciclo dei fanghi con l’obiettivo di massimizzare la loro utilizzazione, nel rispetto dei requisiti d’accettabilità e delle condizioni tecnico-economiche, e di garantire il loro smaltimento in condizioni di sicurezza quando il recupero dei fanghi non sia possibile. È da osservare, anche, che soprattutto per i grandi impianti è necessario assicurare una certa diversificazione fra le alternative di recupero/smaltimento che possono garantire flessibilità ovviando ai 2 problemi relativi all’impossibilità, temporanea o permanente, di ricorrere a quella inizialmente prescelta. Hall3 ha fornito la seguente stima dei costi unitari dello smaltimento: - uso su suolo agricolo 150-400 €/t di secco; - essiccamento termico 300-800 €/t di secco; - incenerimento 450-800 €/t di secco; - scarico controllato 200-600 €/t di secco. Nel presente lavoro è discussa una strategia di gestione dei fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane che risponde ai requisiti sopra indicati. Tale strategia è basata sulla gestione separata dei fanghi primari e secondari. 2. Aspetti generali sulle caratteristiche, sulla produzione e sul trattamento dei fanghi di depurazione delle acque reflue urbane Un impianto tipico di depurazione delle acque di scarico urbane comprende, dopo i trattamenti preliminari di grigliatura e dissabbiatura, un trattamento primario (sedimentazione primaria) ed uno secondario (ossidazione a fanghi attivi con sedimentazione secondaria). La produzione di fanghi primari e secondari, estratti dai relativi sedimentatori, può essere stimata in circa 48 e 27,1 g/ab x d, rispettivamente. Alla concentrazione di solidi stimata del 4 (fanghi primari) e del’1,1 % (fanghi secondari) occupano un volume di 1,2 e 2,46 L/ab x d. La produzione totale dei fanghi primari e secondari è quindi pari a 75,1 g/ab x d, con un volume di 3,66 L/ab x d, che rispetto al volume di scarico trattato di 250 L/ab x d corrisponde all’1,5 % circa. I fanghi non possono essere utilizzati e/o smaltiti senza un preventivo trattamento in quanto presentano caratteristiche chimiche (presenza di sostanza organica ad elevato indice di putrescibilità, di metalli pesanti e di microinquinanti organici), fisiche (modesta concentrazione di solidi) e biologiche (elevate concentrazioni di parassiti, batteri e virus patogeni) da determinare un rilevante impatto sull’ambiente. Pur essendo modesta la produzione rispetto al volume d’acqua trattata, il trattamento dei fanghi comporta rilevanti costi d’impianto e d’esercizio che, per i grandi impianti, possono raggiungere fino al 35 e al 50 % del costo totale del trattamento2. I trattamenti tipici dei fanghi di depurazione, per un grande impianto, sono costituiti da una prima fase di concentrazione, che normalmente è effettuata per gravità in un bacino di separazione statico detto ispessitore, da un trattamento di digestione anaerobica a 35 °C, rivolto alla riduzione di odori e batteri patogeni ottenuta mediante l’abbattimento e la degradazione della sostanza organica con produzione di biogas (60-70 % di CH4 + 30-40 % di CO2), e da un trattamento di disidratazione meccanica preceduto dal condizionamento chimico. Negli ultimi anni ha assunto una certa importanza l’essiccamento termico, che può essere adottato con vantaggio economico quando i costi unitari dello smaltimento (€/t di fanghi da smaltire) sono molto elevati. L’essiccamento termico è però utile soprattutto quando è disponibile calore di scarto da utilizzare per l’operazione, come nel caso dell’incenerimento. Ciascuno dei trattamenti suddetti può presentare configurazioni impiantistiche differenti in funzione dell’obiettivo finale, che è quello di rendere idoneo il fango alle condizioni imposte dalle operazioni di recupero o di smaltimento (allegati B e C del D. lgs. 22/97). 3 Tutte le impostazioni progettuali sono attualmente basate sul trattamento combinato dei fanghi primari e secondari, che sono miscelati o a monte della fase di stabilizzazione biologica o prima dell’ispessimento a gravità. In alcuni casi i fanghi secondari sono inviati al sedimentatore primario con l’obiettivo di facilitare la coagulazione del materiale colloidale presente ed aumentarne il livello di separazione. Si osserva, tuttavia, che i fanghi primari e quelli secondari presentano caratteristiche differenti (Tabb. 1 e 2). I fanghi primari, inoltre, si addensano e si degradano più facilmente di quelli secondari che sono molto più diluiti e presentano una certa resistenza alla biodegradazione, poiché le cellule biologiche del fango attivo sono protette da una membrana. Alcuni riferimenti di letteratura pongono in risalto che i fanghi primari sono più inquinati di quelli secondari, con riferimento a metalli e microinquinanti organici4,5. Parametro Quantità prodotta (g/ab·giorno) Solidi sospesi (kg/m3) Solidi volatili (% di solidi sospesi) Densità del secco (kg/m3) Densità del tal quale (kg/m3) Potere calorifico (kcal/kg solidi secchi) BOD5/solidi volatili COD/solidi volatili N organico/solidi volatili N (% di solidi secchi) P come P2O5 (% di solidi secchi) K come K2O (% di solidi secchi) pH Acidi volatili come acido acetico (mg/L) Intervallo 30-90 30-60 65-90 1.300-2.000 1.010-1.050 3.800-5.600 0,5-1,1 1,2-1,6 0,02-0,06 1,5-4 0,5-2,8 0-1 5-8 200-2.000 Valore più frequente 50 40 75-80 1.400 1.015 4.350 2,5 1,6 0,4 6 500 Tab. 1 - Caratteristiche dei fanghi primari (U.S. EPA, 19796) Parametro Quantità prodotta (g/ab·giorno) Solidi sospesi (kg/m3) Solidi volatili (% di solidi sospesi) Densità del secco (kg/m3) Densità del tal quale (kg/m3) Potere calorifico (kcal/kg solidi secchi) COD/solidi volatili N (% di solidi secchi) P come P2O5 (% di solidi secchi) K come K2O (% di solidi secchi) pH Intervallo 20-30 5-15 75-90 1.100-1.500 1.000-1.050 2.700-4.500 5-10 3-11 0,5-0,7 6-8 Valore più frequente 22-27 10 80 1.200 1.003 3.600 2,2 7-8 7 Tab. 2 - Caratteristiche di fanghi secondari (U.S. EPA, 19796) Nel seguito sono discusse le prestazioni delle operazioni tipiche di trattamento nell’ipotesi di trattamento convenzionale e di trattamento separato fra fanghi primari e secondari. 2.1.1 Ispessimento a gravità Considerando cautelativamente i valori più bassi di concentrazione dell’intervallo riportato da Metcalf & Eddy7, le concentrazioni dei fanghi primari e secondari ispessiti 4 a gravità possono essere assunte pari all’8 ed al 2,5 %, rispettivamente. Analogamente, nel caso di trattamento convenzionale la concentrazione dei fanghi misti ispessiti è stata calcolata pari al 4,6 %. 2.1.2 Digestione anaerobica La percentuale di abbattimento dei solidi volatili può essere assunta pari al 50 ed al 30 %, rispettivamente per i fanghi primari e secondari5. Per i fanghi misti tale abbattimento può essere fissato pari al 42,8 %, considerando che l’apporto di solidi volatili nei fanghi misti è dato per il 64 % dai fanghi primari e per il 36 % da quelli secondari. La produzione di biogas può essere calcolata con la seguente equazione di Buswell e Müller8: C a H b Oc N d + 4a − b − 2c + 7 d a b − 3d c a b c 5 − CH 4 + − + − d CO2 + dNH 4 HCO3 H 2O → + 4 8 4 2 2 8 4 8 La produzione di biogas è stata perciò valutata in 0,969 (fanghi primari) e 0,793 Nm3/kg di solidi volatili abbattuti (fanghi secondari), considerando come formula bruta C18H19NO9 per i fanghi primari e C5H7NO2 per i secondari. Per un impianto tradizionale (fanghi misti) la produzione di biogas può essere analogamente stimata in 0,924 Nm3/kg di solidi volatili. La produzione totale di biogas, nella digestione separata dei fanghi primari e secondari per un impianto al servizio di 500.000 abitanti equivalenti, può essere stimata in 8.721 e 2.420 Nm3/d). La produzione, per un impianto tradizionale, è uguale alla somma dei valori sopra riportati (11.141 Nm3/d). La produzione specifica è pari a 22,3 L/ab x d. La concentrazione dei fanghi, dopo la digestione anaerobica, decresce per effetto della trasformazione dei solidi volatili in biogas. È necessario tenere conto anche dell’evaporazione con saturazione a 35 °C della corrente di biogas prodotta. 2.1.3 Disidratazione meccanica La concentrazione dei fanghi dopo la disidratazione con centrifuga può essere stimata considerando che in media si ottiene un incremento di concentrazione pari a circa 6 volte. Per la filtropressatura il fattore di incremento della concentrazione è sensibilmente più elevato e può essere considerato in prima approssimazione pari a 9. L’operazione di filtropressatura è più complessa e costosa della centrifugazione in quanto, non essendo continua, richiede l’esecuzione di una serie di operazioni con conseguente maggiore impegno del personale di conduzione. A parità di potenzialità, le filtropresse sono sensibilmente più costose delle centrifughe. Per la disidratazione dei fanghi, infine, possono essere utilizzate anche le nastropresse, che presentano il vantaggio dell’operazione continua e della migliore efficienza di separazione liquido-solido rispetto alla centrifugazione. In questo caso la resa dell’operazione, come concentrazione di solidi del fango disidratato, è di poco più elevata di quella della centrifuga. La conduzione dell’operazione può presentare, tuttavia, alcuni problemi per effetto dell’usura delle tele, dell’elevata richiesta di acqua di lavaggio in pressione per le tele, ed infine per la possibile perdita laterale di fango. 5 Nel seguito della discussione si farà riferimento unicamente alla centrifugazione (Fig. 1) che per la sua versatilità può essere utilizzata in numerose applicazioni, quando sia previsto come destino finale l’utilizzazione agricola o l’incenerimento. Le nastropresse, la cui potenzialità massima di trattamento generalmente non supera 15-20 m3/h per unità, sono utilizzate più frequentemente sugli impianti di potenzialità medio bassa. L’utilizzazione tipica delle filtropresse sembra essere ristretta al caso di smaltimento del fango in discarica. A priori non può essere esclusa l’utilizzazione delle filtropresse quando è prevista l’utilizzazione agricola, anche se trattandosi di una tecnologia costosa potrebbe risultare conveniente solo quando le elevate distanze da percorrere per raggiungere i siti di spandimento e/o gli stoccaggi richiesti nei periodi di impedimento all’utilizzazione siano tali da consigliare un maggior livello di disidratazione del fango. L’utilizzazione della filtropressa quando è previsto l’incenerimento può essere considerata valida solo operando il condizionamento chimico con polielettroliti: il tipico condizionamento con cloruro ferrico e calce è da escludere in questi casi per i problemi relativi alla conseguente produzione di HCl, molto aggressivo ad elevata temperatura, e per la possibile produzione di microinquinanti organici clorurati. Fig. 1 - Schema di centrifuga a coclea Pieralisi 2.1.4 Stima delle caratteristiche dei fanghi in funzione del trattamento In Tab. 3 sono riportate sia la produzione dei fanghi per un impianto di 500.000 abitanti equivalenti sia le caratteristiche (solidi totali e volatili), stimate in funzione del trattamento. 2.1.5 Essiccamento ed incenerimento In questo studio è preso in considerazione un processo integrato con essiccamento a contatto indiretto del fango prima dell’incenerimento in un forno a letto fluido, utilizzando vapore a media pressione (1,22 MPa e 188 °C) prodotto in una caldaia a valle del forno. La condensazione del vapore nell’essiccatore consente di recuperare 1.987 kJ/kg di vapore. Il processo a cui si fa riferimento è illustrato in Fig. 29. In questo processo si è ipotizzato di usare un essiccatore a contatto indiretto (a dischi o a palette) per il cui funzionamento sia richiesto il riciclo del fango essiccato in modo da 6 garantire l’alimentazione all’essiccatore con una concentrazione minima del 60 % di secco. La maggioranza degli essiccatori, infatti, richiede il riciclo del fango per ovviare ai problemi d’intasamento dell’apparecchiatura, dovuti alle caratteristiche collose del fango a concentrazioni inferiori al 60 %. Ciò renderebbe impossibile l’avanzamento del fango all’interno dell’essiccatore. La portata di riciclo deve essere tarata in funzione della concentrazione del fango in ingresso. Solidi secchi Fanghi umidi Produzione SV Produzione ST Quantità prodotta Livello di trattamento Tipologia di fango (g/ab. x d) (% di ST) (kg/ab. x d) (%) (t/d) Primario 48,0 75,0 1,20 4,0 600 Fango grezzo Secondario 27,1 75,1 2,54 1,1 1.272 Misto 75,1 75,01 3,74 2,01 1.872 Primario 48,0 75,0 0,60 8,0 300 Fango ispessito Secondario 27,1 75,1 1,08 2,5 542 Misto 75,1 75,0 1,63 4,6 816 Primario 30,0 60,0 0,58 5,2 288 Fango digerito Secondario 21,0 67,8 1,08 1,9 539 Misto 51,0 63,2 1,60 3,2 801 Primario 30,0 60,0 0,096 31,2 48,0 Fango disidratato Secondario 21,0 67,8 0,18 11,8 89,9 con centrifuga Misto 51,0 63,2 0,27 19,1 134 Primario 30,0 60,0 0,082 36,4 41,2 Fango disidratato Secondario 21,0 67,8 0,15 13,6 77,0 con nastropressa Misto 51,0 63,2 0,23 22,3 114 Primario 30,0 60,0 0,064 46,9 32,0 Fango disidratato Secondario 21,0 67,8 0,12 17,5 59,9 con filtropressa Misto 51,0 63,2 0,18 28,6 89,1 Tab. 3- Stima della produzione e delle caratteristiche dei fanghi prodotti da un impianto di depurazione di acque reflue urbane con potenzialità pari a 500.000 abitanti L’essiccatore prevede poi un by-pass (corrente n. 4) che ha l’importante funzione di parzializzare l’alimentazione dell’essiccatore e quindi di ridurne la sua potenzialità evaporativa. L’obiettivo è, infatti, di alimentare al forno a letto fluido il fango alla concentrazione minima che consente di operare la combustione in condizioni autotermiche. L’alimentazione del fango ad una concentrazione superiore comporterebbe, per altro, un inutile sovradimensionamento dell’essiccatore e della caldaia con l’unica prospettiva di produrre una quantità maggiore di fumi e quindi di recuperare in caldaia calore superiore a quello richiesto per l’essiccamento termico. In questo caso, che però come si vedrà rappresenta un’ipotesi di scarsa rilevanza, la quantità di calore in eccesso può essere recuperata per la produzione d’energia elettrica. Mininni et al.10 hanno messo a punto un algoritmo per il calcolo delle caratteristiche delle diverse correnti di processo riportate in Fig. 2. Le assunzioni di base per i bilanci entalpici e di materia sono riportate in Tab. 4. 7 L’algoritmo si basa su una procedura iterativa che consente di determinare la concentrazione minima di solidi della corrente in ingresso al forno, che consente che l’operazione di combustione nel forno a letto fluido avvenga senza richiesta di combustibile ausiliario. In queste condizioni è possibile calcolare la composizione volumetrica dei fumi in uscita dal forno, e quindi il calore che è possibile recuperare in caldaia, imponendo una temperatura d’uscita dei fumi non inferiore a 250 °C per impedire la condensazione dei prodotti corrosivi. Si confronta, quindi, questa quantità di calore con quella richiesta per essiccare i fanghi dalla concentrazione in uscita dalla disidratazione meccanica a quella della corrente in ingresso al forno, valutata all’inizio delle iterazioni. Se il calore recuperabile in caldaia è sufficiente ad essiccare i fanghi, allora il procedimento si chiude e la caldaia può essere dimensionata per recuperare tutto il calore disponibile nei fumi, producendo quindi una quantità di vapore in esubero rispetto alle necessità dell’essiccamento termico, o per produrre esattamente il vapore richiesto per l’essiccamento. In questo secondo caso la temperatura dei fumi di uscita dalla caldaia sarà superiore a 250 °C. Fig. 2 - Schema di un processo integrato per l’incenerimento dei fanghi 1: 2: 3: 4: 5: 6: 7: 8: 9: 10: 11: 12: 13: 14: 15: 16: 17: 18: Fango dalla disidratazione Fango di alimentazione all’essiccatore al 60 % di secco Riciclo dell’essiccatore By-pass dell’essiccatore Fango essiccato al 90 % di secco Vapore condensato a 1,22 MPa in uscita dall’essiccatore Fumane sature in uscita dall’essiccatore a 100 °C Acqua di alimentazione al condensatore a contatto diretto a 10 °C Fumane sature di alimentazione al forno a 50 °C Acqua in uscita dal condensatore da inviare in testa all’impianto di depurazione Aria di alimentazione all’essiccatore a 20 °C Fango di alimentazione al forno dopo miscelazione con by-pass Aria di combustione a 20 °C Aria di combustione del combustibile ausiliario a 20 °C Combustibile ausiliario (metano) Fumi di combustione Fumi in uscita dalla caldaia Vapore saturo a 1,22 MPa prodotto in caldaia 8 Se la quantità di calore recuperabile in caldaia non è sufficiente ad essiccare i fanghi alla concentrazione inizialmente valutata per la corrente in ingresso al forno, si riduce progressivamente la concentrazione d’alimentazione al forno calcolando la quantità di combustibile richiesto per la combustione, fino a determinare le condizioni di pareggio energetico (calore recuperabile in caldaia = calore richiesto per l’essiccamento). Parametro Analisi elementare dei solidi volatili Estrazione di gas incondensabili dall’essiccatore a contatto indiretto Valore Fango primario: C 54,96 %, H 4,83 %, O 36,64 %, N 3,56 Fango misto: C 54,29 %, H 5,33 %, O 33, 64%, N 6,75 % 1,5 kg/kg di acqua evaporata Fango primario 18.309 kJ/kg; Fango misto 19.245 kJ/kg Potere calorifico superiore del metano 38.083 kJ/Nm3 Perdite di calore (% del calore in ingresso e/o di quello 5 % nel forno e nel condensatore; 7 % sviluppato) nell’essiccatore e nella caldaia Eccesso d’aria per la combustione del metano rispetto 20 % all’aria stechiometrica Quanto necessario per mantenere il 6 % in Eccesso d’aria per la combustione dei solidi volatili volume di O2 nei fumi di combustione Conversione dell’azoto presente nei solidi volatili in 5% NO Condizioni all’uscita del condensatore Saturazione dei gas Calore specifico dei solidi 1.255 kJ/(kg °C) Entalpia richiesta per la produzione d’energia elettrica 10.050 kJ/kWh Temperatura minima d’uscita dei fumi dalla caldaia 250 °C Potere calorifico superiore dei solidi volatili (PCS) Tab. 4 - Assunzioni per bilanci entalpici e di materia nell’essiccamento termico e nell’incenerimento dei fanghi (Task Force on Thermal Destruction11) La procedura sopra descritta è stata applicata per confrontare un processo d’incenerimento fanghi, senza essiccamento termico, con il processo integrato sopra descritto. La Fig. 3 mostra la produzione di fumi, da cui dipende direttamente il dimensionamento del forno e della linea di depurazione, in funzione della concentrazione del fango dopo disidratazione meccanica. È stata fatta, inoltre, la distinzione tra l’incenerimento di fango primario o di fango misto. In funzione delle tecnologie di disidratazione adottabili, la Tab. 6 mostra che nel caso di fango primario le concentrazioni dopo l’operazione variano tra il 31,6 (centrifuga) e il 46,9 % (filtropressa). Per motivi precauzionali si è preferito non considerare quest’ultimo valore, anche perché sarebbe possibile raggiungere tale concentrazione solo a seguito di condizionamento con calce e cloruro ferrico, che per quanto si è detto sono sconsigliabili per l’incenerimento. Per un impianto con processo integrato da 500.000 abitanti, che produce 25,5 t di secco/d di fanghi misti di cui 15 t/d di primari, la produzione di fumi varia da 14.500 Nm3/h (fanghi misti al 15 %) a 3.800 Nm3/h (fanghi primari al 40 %). Per un impianto d’incenerimento di rifiuti urbani della medesima potenzialità si può stimare una produzione di fumi pari a circa 140.000 Nm3/h, e cioè 10 – 37 volte superiore alla portata di fumi prodotti nell’incenerimento dei fanghi. 9 In Fig. 4 è riportato il consumo di metano per gli stessi scenari riportati precedentemente. Fig. 3 - Produzione specifica di fumi nell’incenerimento dei fanghi Fig. 4 - Consumo specifico di metano per l’incenerimento dei fanghi Le Figg. 3 e 4 mostrano che il processo integrato presenta numerosi vantaggi rispetto ad uno tradizionale. Infatti, in quest’ultimo caso la produzione di fumi aumenta dell’80190 % (fango primario) e del 140-185 % (fango misto). Gli incrementi più elevati si riferiscono alle concentrazioni più basse. Questa situazione è confermata per i consumi di metano, che si azzerano nel caso del processo integrato con concentrazioni uguali o superiori al 30 %, che però possono essere normalmente raggiunte solo con fanghi primari. In ogni caso, anche alla più bassa concentrazione del 15 % (fanghi misti), il 10 consumo di metano per il processo integrato presenta valori abbastanza contenuti (0,33 Nm3/kg di solidi secchi). Il consumo di metano diventa proibitivo per un processo tradizionale (fino a 1,62 Nm3/kg di solidi secchi). Solo per concentrazioni del 35-40 % esso assume valori prossimi a quello di un processo integrato con concentrazione d’ingresso del 15 %. In Fig. 5 è riportata la produzione potenziale di energia elettrica che è possibile ricavare dal recupero termico dei fumi dell’incenerimento per i diversi scenari. Per un impianto tradizionale, la produzione di energia elettrica è abbastanza elevata e decresce in funzione della concentrazione del fango di ingresso al forno. Ciò è dovuto all’elevato consumo di metano nell’incenerimento, che naturalmente decresce in funzione della concentrazione. La produzione di energia elettrica non deriva, quindi, dalla sostanza organica contenuta nel fango ma solo dal combustibile ausiliario utilizzato e quindi l’impianto d’incenerimento si configura, piuttosto, come una centrale termoelettrica. Fig. 5 - Produzione potenziale d’energia elettrica dal recupero termico dei fumi dell’incenerimento per un impianto da 500.000 abitanti L’energia elettrica può essere recuperata per il processo integrato solo nei casi di esubero rispetto alle necessità termiche dell’essiccamento, e ciò avviene quando la concentrazione del fango dopo disidratazione meccanica è pari o superiore al 30 %. In questo caso la produzione aumenta con la concentrazione a seguito del maggiore esubero di energia rispetto alle necessità dell’essiccamento. Nel caso più favorevole (fango primario con concentrazione del 40 %) la potenza resa stimata è pari a 0,21 MW. Naturalmente un bilancio economico potrà consentire di valutare se in questo caso sia conveniente spingere il recupero energetico fino alla produzione d’energia elettrica. Ciò comporterebbe un sovradimensionamento della caldaia e naturalmente la dotazione di turbina ed alternatore. Si osserva al riguardo che la scelta di produrre energia elettrica comporta la necessità di dimensionare la caldaia, in modo che la temperatura dei fumi in uscita sia pari a 250 °C. In caso contrario, la caldaia può essere dimensionata per produrre il vapore sufficiente per l’essiccamento termico (in questo caso la temperatura d’uscita dei fumi sarà 11 superiore a 250 °C). Per un processo integrato con fango primario con concentrazione d’ingresso del 40 % è stata calcolata una temperatura d’uscita dei fumi di circa 600 °C (485 e 330 °C con concentrazioni del 35 e del 30 %, rispettivamente). In queste condizioni operative si riduce o addirittura si elimina la formazione di diossine e furani, che avviene in un intervallo di temperatura di 250-400 °C12. 3. Conclusioni Il trattamento dei fanghi è stato fino ad oggi impostato secondo criteri tradizionali, ritenuti idonei dai progettisti per assicurarne il recupero (utilizzazione agricola) o lo smaltimento in discarica, in condizioni di sicurezza e nel rispetto della normativa di settore. Il D. lgs. 36/03 con il D.M. 13 marzo 2003 ha posto, tuttavia, nuove restrizioni, soprattutto con riferimento alla concentrazione minima di sostanza secca del 25 %, che non sarà facilmente conseguita utilizzando le tecnologie di disidratazione attuali, almeno per i fanghi misti (primari + secondari). Solo per gli impianti dotati di filtropresse probabilmente non si presenteranno problemi, ma tale tecnologia è prevalentemente applicata sui grandi impianti. L’utilizzazione agricola dei fanghi a livello europeo non è considerata con grande favore, ed in molti Paesi (Svezia e Svizzera) non è praticamente più consentita. Questa diffidenza, legata prevalentemente al timore della presenza di microinquinanti organici ed ai problemi igienico – sanitari, si va rapidamente estendendo. La Commissione Europea ha valutato con molta attenzione questi problemi ed ha presentato una proposta di revisione della Direttiva 86/278 (recepita con il ns. D. lgs 99/92), dove: a) sono introdotti nuovi limiti sui microinquinanti organici; b) sono resi più severi i limiti sui metalli; c) sono individuati alcuni processi di stabilizzazione e disinfezione dei fanghi che saranno obbligatori ai fini dell’utilizzazione agricola, almeno ricorrendo ai sistemi tradizionali di spandimento. Il trattamento dei fanghi dovrà, quindi, essere strettamente legato al destino finale in quanto ogni alternativa disponibile, che sia di recupero o di smaltimento, richiede precisi requisiti da rispettare e quindi l’adozione di una specifica filiera di trattamento. Questo studio ha posto in rilievo la sensibile differenza delle caratteristiche dei fanghi primari e di quelli secondari. Le prestazioni di tutti i processi di cui è costituita la linea fanghi (ispessimento, digestione, disidratazione meccanica) sono sensibilmente migliori se attuati sui fanghi primari rispetto ai secondari, che però sono più ricchi di nutrienti (azoto e fosforo). Le concentrazioni d’azoto e fosforo (P2O5) nei fanghi secondari sono, infatti, stimate nel 7-8 e nel 7 %, rispettivamente, rispetto ai valori del 2,5 e 1,6 % nei fanghi primari. Secondo alcuni studi di letteratura, inoltre, i fanghi secondari presentano concentrazioni più basse, rispetto ai primari, d’inquinanti organici ed inorganici. La separazione del trattamento dei fanghi primari e secondari offrirebbe quindi sensibili vantaggi, nell’ipotesi che i fanghi primari più inquinati siano destinati allo smaltimento (discarica o incenerimento) ed i fanghi secondari all’utilizzazione agricola. Oltre al tradizionale sistema di smaltimento in discarica, che si ritiene continuerà ad essere diffusamente utilizzato anche se a costi progressivamente crescenti, per i fanghi primari, soprattutto per i grandi impianti, può essere proposto lo smaltimento per incenerimento. Ricorrendo ad un processo integrato è possibile realizzare un impianto molto compatto ed efficiente, dove il calore sia recuperato solo per le esigenze 12 intrinseche di processo e cioè per essiccare i fanghi alla concentrazione minima richiesta per una combustione autosostentante. In queste condizioni la portata di fumi prodotta è molto bassa, inferiore al 3 % della portata di fumi prodotta da un impianto della medesima potenzialità destinato all’incenerimento di rifiuti urbani. 4. Bibliografia [1] G. Mininni, A.C. Di Pinto, R. Passino. “Le strategie nella gestione dei fanghi di depurazione alla luce dei Decreti legislativi 22/97, 152/99 e 258/00”, Atti Ricicla 6/9 novembre 2002, Rimini, 346-359 (2002). [2] M. Abu-Orf, C.D. Muller, C. Park & J. t: Novak “Innovative technologies to reduce water content of dewatered municipal residuals” Journal of Residuals Science & Technology, 1, (2), 83-92 (2004). [3] J. Hall. “Ecological and economical balance for sludge management options” In: Langenkamp and Marmo (Eds.) “Proceedings of Workshop on Problems around Sludge” Stresa (NO) 18-19 November 1999, European Commission Joint Research Centre, 155-172 (2000). 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