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Biomeccanica dell`osso - Dott. Lorenzo Castellani
8 TRIBOLOGIA Biomeccanica dell’osso Argomento sicuramente in via di sviluppo non solo a livello ortopedico: la biomeccanica insieme alla tribologia sono oggi una branca parallela che coinvolge l’ortopedia ma anche la bioingegneria, la fisica e la statistica. Le ossa fanno parte dei connettivi mineralizzati e hanno come principali funzioni il sostegno dei tessuti molli e la possibilità, tramite le giunzioni articolari, di garantire il movimento. Costituite principalmente da cristalli d’idrossiapatite, le ossa, acquisiscono in vivo spiccate proprietà meccani- che come la durezza, la resistenza a forze di compressione trazione e torsione, che ne delineano le qualità. Date tali caratteristiche si è potuto osservare come possono essere associate a modelli teorici formati da materiali di origine non biologica (ad esempio fibre di vetro o carbonio) molto più semplici e pratici da analizzare. Dati statistici riportano come i valori limite di sforzo e deformazione a rotture in prove con forze di compressione siano maggiori rispetto ai corrispondenti valori nelle prove di trazione: le ossa reagiscono quindi in modo differente a seconda del tipo di forza che sono costrette a sopportare. Tali differenze sono riferibili principalmente alla natura anisotropa e non omogenea dell’osso: se infatti, consideriamo che nella struttura dell’osso ci troviamo di fronte a considerevoli parti costituite non da materiale compatto e omogeneo ma altresì da materiale costituito da un certo numero di strutture riunite (più osteomi compongono un osso) possiamo capire come le caratteristiche meccaniche dipendano dalla specifica composizione spaziale delle superfici resistenti. Il diverso comportamento dell’osso in trazione e in compressione è dunque riferibile a una diversa risposta delle strutture fondamentali della matrice ossea rispetto al carico: vi è quindi una maggior capacità dell’osso di assorbire energia quando sottoposto a forze di compressione (ovvero maggior resistenza ad assorbire urti) rispetto alla resistenza che oppone nei confronti delle forze in trazione. Per una corretta valutazione della risposta meccanica dell’osso a stimoli esterni è necessaria una conoscenza, almeno grossolana , della composizione del matrice ossea. Il tessuto osseo può infatti essere considerato come un materiale composito forma- to da una matrice di tipo organico e da una componente minerale. I cristalli di idrossiapatite sono molto robusti e rigidi: il loro modulo elastico presenta valori lungo il proprio asse di circa 160 GPa che possono essere messi a confronto, per esempio, con quelli dell’acciaio 200 GPa e quelli dell’alluminio 70 GPa. Il collagene, componente principale della matrice ossea, non presenta un modulo elastico lineare (ben definito) che possa essere calcolato come quello dei metalli: tuttavia possiamo attribuire come valore significativo 1 GPa (notevolmente inferiore alla componente minerale). In definitiva il modulo elastico complessivo dell’osso (valutato su componenti dirette di osso femorale) risulta pari a 18 GPa: valore intermedio tra quello dell’idrossiapatite e quello del collagene. In termini assoluti questo valore apparentemente sterile e asettico ci permette di capire quanto l’osso sia simile come sopportazione delle forze all’alluminio e quindi ci permette di testare materiali quanto più simili, per resistenza e consistenza, all’osso in vivo. La spiegazione esiste ed è riscontrabile a livello morfofunzionale: il collagene infatti comprimendo e “saldando” insieme i cristalli di apatite garantisce non solo una maggior resistenza intrinseca all’osso, ma anche la possibilità di ammortizzare gli urti attraverso micro spostamenti dei singoli cristalli all’interno della matrice con la conclusione di un’ottimizzazione della distribuzione delle forze di carico. Come ormai noto da tempo il tessuto osseo è uno dei più metabolicamente attivi: in esso coesistono continui processi di riassorbimento e di deposito, mirati ad adeguare la struttura alle diverse variabili meccaniche. Accanto a queste considerazione generale è convinzione generale che l’evoluzione delle strutture ossee (in senso filogenetico) si siano condotte in senso da ottimizzare forma e dimensione delle stesse per poter minimizzare gli sforzi interni. Distribuendo il materiale in modo tale da ottenere un peso minimo strutturale e/o un minimo ingombro di volume. Questi concetti; applicati alla geometria della struttura ossea, sono noti da diversi anni e sono stati formulati con chiarezza per la prima volta da Wolff nel 1892 (Leggi di Wolff): • Legge generale della trasformazione ossea: stabilisce che a ogni variazione funzionale corrisponde una variazione architetturale del tessuto. • Legge traiettoriale dell’osso trabecolare: stabilisce che la distribuzione e l’orientamento delle trabecole ossee dell’osso spongioso si alterano dinamicamente al variare della storia di carico esterna; e che in condizioni di equilibrio l’organizzazione delle trabecole riflette precisamente la storia media di carico a cui quel volume di tessuto è stato sottoposto. Una rivisitazione di queste leggi fu fatta qualche anno dopo, nel 1895 da Roux che ponendo maggiori attenzioni al ruolo attivo che l’osso è in grado di svolgere, introdusse il concetto di rimodellamneto osseo secondo i due seguenti principi: • Principio dell’adattamento funzionale: ovvero l’adattamento di un organo alla sua funzione attraverso l’adattamento conseguente all’eseguire la funzione stessa e nel modificare la sua conformazione e/o struttura. • Principio del progetto minimax: ovvero progetto che ottiene la massima resistenza con l’uso di minimo materiale. Un caso assai caratteristico di ottimizzazione della struttura dell’osso è costituito dall’organizzazione delle trabecole nella testa femorale: essa infatti deve sostenere il peso del corpo umano durante la deambulazione trasmettendolo attraverso il femore alle altre strutture della coscia e della gamba secondo linee di forza ben definite. Le trabecole ossee posizionate secondo semi archi concentrici e intersecati è un brillante esempio di minor utilizzo di materiale per il massimo del rendimento nel supporto del peso; la costituzione di strutture ad arco permette lo scarico del peso in punti differenti della testa femorale e contemporaneamente garantisce quei requisiti di leggerezza (dati dallo spazio vuoto tra una trabecola e la successiva) essenziali per non sovraccaricare l’uomo durante la locomozione. L’equilibrio tra deposizione e riassorbimento d’osso in funzione dei carichi a cui è sottoposto è responsabile quindi della disposizione delle trabecole ossee (es. la testa femorale). Lo stesso fenomeno può essere valutato anche in senso contrario: la mancanza di sollecitazioni meccaniche tipiche dei pazienti allettati per lunghi periodi o degli astronauti (non soggetti alla forza di gravità) si manifestano con atrofia ossea. Rarefazione, assottigliamento, riduzione di spessore: nel complesso riduzione della resistenza. Esiste pertanto un range di sollecitazione meccaniche che costituisce l’ottimo dei valori per i quali l’osso si trova in un equilibrio tra deposito e riassorbimento di matrice. Lorenzo Castellani Matteo Laccisaglia