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ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI Indice 0.1. Prerequisiti 1 0.2

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ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI Indice 0.1. Prerequisiti 1 0.2
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
MARTINO GARONZI
Indice
0.1. Prerequisiti
0.2. Notazioni particolari
1. Gruppi
1.1. Esercizi di struttura
1.2. Gruppi ciclici
1.3. Gruppi simmetrici e alterni
1.4. Gruppi di matrici
1.5. Il gruppo diedrale
2. Anelli e Campi
2.1. Anelli
2.2. Polinomi
2.3. Campi finiti
2.4. Interi di Gauss
2.5. Campi di spezzamento
2.6. Polinomi ciclotomici
2.7. Costruibilità
2.8. Cardinalità e lemma di Zorn
Riferimenti bibliografici
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Ci sono due sezioni, la prima è “Gruppi”, la seconda “Anelli e Campi”. Per ogni dubbio è possibile scrivermi.
Il mio indirizzo e-mail è [email protected].
0.1. Prerequisiti. Comincio con l’elencare i prerequisiti per capire i testi degli esercizi proposti.
(1) Terminologia base di teoria degli insiemi (inclusioni, unione, intersezione, funzioni, relazioni, cardinalità).
(2) Principio dei cassetti (Pigeon hole principle): se A è un insieme finito e f : A → A è una funzione allora f
è iniettiva se e solo se è suriettiva.
(3) Funzione ϕ di Eulero: ϕ(n) è il numero di elementi di {1, . . . , n} coprimi con n. Ricordiamo che se n, m
sono coprimi allora ϕ(nm) = ϕ(n)ϕ(m), e che se p è un primo allora ϕ(pa ) = (p − 1)pa−1 . Segue che se
Qk
n = i=1 pi ai è la decomposizione di n come prodotto di potenze di primi pi a due a due distinti (data dal
teorema fondamentale dell’aritmetica) allora
ϕ(n) =
k
Y
(pi − 1)pi ai −1 .
i=1
(4) Le seguenti nozioni: gruppo, gruppo ciclico, gruppo abeliano, sottogruppo, indice di un sottogruppo, sottogruppo normale, classe laterale (destra e sinistra), quoziente, omomorfismo, isomorfismo, automorfismo,
nucleo di un omomorfismo, ordine di un gruppo, ordine di un elemento, teoremi di isomorfismo.
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(5)
(6)
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(16)
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(18)
(19)
(20)
(21)
Prodotti diretti di gruppi.
Teorema cinese del resto.
Azioni di gruppi, stabilizzatori, orbite, azioni transitive.
Gruppo simmetrico e gruppo alterno, permutazioni, notazione coi cicli disgiunti.
Gruppo diedrale (di ordine 2n), la sua presentazione è D2n := ha, b : an = 1, b2 = 1, bab = a−1 i.
Teorema di Lagrange per l’indice dei sottogruppi, teorema di Cauchy sull’esistenza di elementi di ordine primo,
teorema di Cayley (ogni gruppo è sottogruppo di un gruppo simmetrico), teorema di Sylow sui sottogruppi di
ordine una potenza di un primo.
Algebra lineare: campi, spazi vettoriali, omomorfismi e matrici invertibili.
Due elementi x, y ∈ G si dicono coniugati in G se esiste g ∈ G tale che g −1 xg = y. In questo caso scriveremo
anche y = xg .
Un sottogruppo H ≤ G si dice proprio se H 6= G, e in questo caso scriveremo H < G.
Un sottogruppo H ≤ G si dice massimale se ogni volta che H ≤ K ≤ G si ha K = H oppure K = G.
CG (x) := {g ∈ G : gx = xg}, il centralizzante
di x in G.
T
Z(G) := {g ∈ G : gx = xg ∀x ∈ G} = x∈G CG (x), il centro di G.
Un gruppo G si dice semplice se ogni volta che N G si ha N = {1} oppure N = G.
Le seguenti nozioni: anello commutativo unitario e non unitario, dominio di integrità, campo, ideale, ideale
principale, ideale massimale, omomorfismo di anelli, nucleo di un omomorfismo, teoremi di isomorfismo, elementi nilpotenti e idempotenti, caratteristica di un anello, anello di polinomi, teorema di Ruffini, criterio di
Eisenstein per l’irriducibilità di un polinomio, estensioni di campi, campo di riducibilità completa, elementi
costruibili con riga e compasso.
PID (dominio a ideali principali), UFD (dominio a fattorizzazione unica), dominio euclideo.
Polinomi primitivi e lemma di Gauss (un polinomio monico a coefficienti interi e primitivo è irriducibile in
Z[X] se e solo se è irriducibile in Q[X]).
Lemma di Zorn, Assioma della scelta, Principio del buon ordinamento, teorema di Cantor-Schroeder-Bernstein.
0.2. Notazioni particolari.
(1) Le composizioni di permutazioni sono effettuate da destra a sinistra. Quindi per esempio (12)(123) = (23).
(2) L’inclusione tra insiemi si indica con ⊆ o ⊇, l’inclusione propria con ⊂ o ⊃: se A, B sono due insiemi, A ⊂ B
significa che A ⊆ B e A 6= B.
Q
(3) Il prodotto cartesiano di una famiglia
di insiemi {Ai }i∈I si indica con i∈I Ai . Se I è un insieme finito,
Q
diciamo {1, . . . , n}, il prodotto i∈I Ai si indica anche con A1 × · · · × An .
(4) Se G è un gruppo, la scrittura H ≤ G indica che H è un sottogruppo di G, la scrittura H G indica che H è
un sottogruppo normale di G. La scrittura H < G indica che H ≤ G e H 6= G, la scrittura H G indica che
H G e H 6= G.
(5) |G : H|: l’indice del sottogruppo H ≤ G.
(6) Se A, B ⊆ G allora il prodotto AB è definito come segue: AB := {ab : a ∈ A, b ∈ B}.
(7) Se G è un gruppo e X ⊆ G, hXi indica il sottogruppo di G generato da X, cioè l’intersezione dei sottogruppi
di G contenenti X. Se X = {a1 , . . . , an } scriveremo spesso ha1 , . . . , an i invece di h{a1 , . . . , an }i. G si dice
ciclico se esiste g ∈ G tale che G = hgi, cioè G = {1, g, g 2 , g 3 , . . .}.
(8) Fp = Z/pZ, dove p è un numero primo.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
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1. Gruppi
1.1. Esercizi di struttura.
1.1.1. Normale. Scrivere esplicitamente i laterali destri di H in G, dove:
• G = hai è un gruppo ciclico di ordine 10 e H = ha2 i è il sottogruppo di G generato da a2 .
• G come sopra e H = ha5 i.
• G = S3 e H = {σ ∈ G | σ(1) = 1}.
Risoluzione. Sia G = hai un gruppo ciclico di ordine 10 e sia H = ha2 i = {1, a2 , a4 , a6 , a8 } ∼
= C5 . Allora H ha
|G : H| = 2 laterali destri in G, uno è H stesso, l’altro è Ha = {a, a3 , a5 , a7 , a9 }.
Sia ora G come sopra e H = ha5 i = {1, a5 } ∼
= C2 . Allora H ha |G : H| = 5 laterali destri in G, uno è H stesso, gli
altri sono
Ha = {a, a6 }, Ha2 = {a2 , a8 }, Ha3 = {a3 , a8 }, Ha4 = {a4 , a9 }.
Sia ora G = S3 = {1, (12), (13), (23), (123), (132)} e
H = {σ ∈ G | σ(1) = 1} = {1, (23)}.
Allora H ha |G : H| = 3 laterali destri in G, uno è H stesso, gli altri sono
H(12) = {(12), (132)}, H(13) = {(13), (123)}.
La composizione è fatta da destra a sinistra.
1.1.2. Normale. Dare un esempio di un gruppo abeliano non ciclico e di un gruppo non abeliano. Trovare un gruppo
G per ognuno dei seguenti casi: Z(G) = G, Z(G) = {1}, {1} =
6 Z(G) 6= G.
Risoluzione. C2 × C2 è un esempio di gruppo abeliano non ciclico. È abeliano perché prodotto diretto di gruppi
abeliani, è non ciclico perché ha ordine 4 ed è privo di elementi di ordine 4 (ogni suo elemento ha ordine 1 oppure 2).
Si ha quindi Z(C2 × C2 ) = C2 × C2 .
Il gruppo S3 ha centro identico: Z(S3 ) = {1}. Questo si deduce facilmente dalla tabella della moltiplicazione in S3 (le
permutazioni sono composte da destra a sinistra):
S3
1
(12)
1
1
(12)
(12)
(12)
1
(13)
(13) (123)
(23)
(23) (132)
(123) (123) (13)
(132) (132) (23)
(13) (23)
(13) (23)
(132) (123)
1
(132)
(123)
1
(23) (12)
(12) (13)
(123) (132)
(123) (132)
(23)
(13)
(12)
(23)
(13)
(12)
(132)
1
1
(123)
Se due elementi non commutano tra loro non stanno nel centro.
Inseriamo qui il reticolo dei sottogruppi di S3 .
Sym(3) WW
LLL WWWWW
rr
LLL WWWWW
r
r
r
WWWW
LLL
rr
WWWW
r
L
r
W
r
{1, (13)}
{1, (123), (132)}
{1, (12)}
{1, (23)}
LLL
rr
hhhh
h
LLL
r
h
h
r
hh
LLL
rrr hhhhh
LL
rhrhrhhhhhh
r
h
{1}
4
MARTINO GARONZI
Usando l’esercizio 1.1.22 più avanti, ottenete allora che Z(C2 × S3 ) = Z(C2 ) × Z(S3 ) = C2 × {1}, e quindi G = C2 × S3
è un esempio di gruppo con 1 6= Z(G) 6= G. Un altro esempio di tale gruppo è GL(n, K), il gruppo moltiplicativo
delle matrici invertibili n × n a coefficienti nel campo K. Il centro di questo gruppo, come è noto, è il gruppo delle
matrici scalari invertibili, isomorfo a K ∗ (il gruppo moltiplicativo degli elementi di K diversi da zero).
1.1.3. Facile. È vero che i sottogruppi abeliani sono sempre normali?
Risoluzione. No, per esempio il sottogruppo h(12)i di S3 è abeliano (anzi ciclico) e non è normale in S3 , infatti
per esempio (123)(12)(123)−1 = (13)(132) = (23) non appartiene a h(12)i = {1, (12)}.
1.1.4. Facile. Siano G un gruppo, H, N due suoi sottogruppi e supponiamo che N sia normale in G. Mostrare che
H ∩ N è un sottogruppo normale di H.
Risoluzione. Dati h ∈ H e x ∈ H ∩ N , dobbiamo mostrare che h−1 xh ∈ H ∩ N , cioè che h−1 xh ∈ H e che
h xh ∈ N . Che sia h−1 xh ∈ H segue dal fatto che H è un gruppo, quindi è chiuso rispetto alla moltiplicazione e
agli inversi e h, x ∈ H. Che sia h−1 xh ∈ N segue dal fatto che h ∈ H ⊆ G, che x ∈ N e che N è normale in G.
−1
1.1.5. Normale. Mostrare che i sottogruppi di indice 2 sono sempre normali.
Risoluzione. Siano G un gruppo e H un suo sottogruppo di indice 2. In altre parole H ha in G esattamente
due laterali destri, ed esattamente due laterali sinistri. Sia x ∈ G. Dobbiamo mostrare che xHx−1 = H, cioè che
xH = Hx. Se x ∈ H questo è chiaro essendo Hx = H = xH, quindi ora supponiamo x 6∈ H. Allora H 6= Hx e
H 6= xH. Siccome G ha indice 2 segue che H ∪ Hx = G = H ∪ xH quindi xH = G − H = Hx.
1.1.6. Normale. Siano G un gruppo finito e p un numero primo. Mostrare che le seguenti affermazioni sono equivalenti:
(1) ogni g ∈ G ha come ordine una potenza di p,
(2) |G| è una potenza di p.
Risoluzione. Mostriamo che (1) ⇒ (2). Supponiamo quindi che ogni g ∈ G abbia come ordine una potenza di p.
Dobbiamo mostrare che |G| è una potenza di p, cioè che non esistono primi diversi da p che dividono |G|. Supponiamo
quindi per assurdo che esista un primo q diverso da p che divide |G|. Per il teorema di Cauchy esiste in G un elemento
x di ordine q, e questo contraddice (1).
Mostriamo che (2) ⇒ (1). Supponiamo quindi che |G| sia una potenza di p. Prendiamo g ∈ G. Dobbiamo mostrare
che o(g) è una potenza di p. Il sottogruppo hgi di G ha ordine che divide |G| (per il teorema di Lagrange), e d’altra
parte il suo ordine è esattamente o(g). Ne segue che o(g) divide |G|, che è una potenza di p, quindi anche o(g) è una
potenza di p.
1.1.7. Facile. Siano G un gruppo e x, y ∈ G. Mostrare che xy e yx sono coniugati in G.
Risoluzione. x−1 (xy)x = yx.
1.1.8. Medio. Siano G un gruppo e H un suo sottogruppo. Dato x ∈ G, definiamo xHx−1 := {xhx−1 | h ∈ H}.
Mostrare che si tratta di un sottogruppo di G isomorfo a H. I sottogruppi di G della forma xHx−1 si chiamano i
sottogruppi coniugati di H in G. Sia N l’intersezione di tutti i coniugati di H in G. Mostrare che
• N è un sottogruppo normale di G,
• ogni sottogruppo normale di G contenuto in H è contenuto in N .
Di solito l’intersezione dei coniugati di H in G si indica con HG e si chiama il cuore normale di H in G.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
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Risoluzione. xHx−1 è un sottogruppo di G perché 1 = x · 1 · x−1 ∈ xHx−1 essendo 1 ∈ H, se a, b ∈ H
allora (xax−1 )(xbx−1 ) = x(ab)x−1 ∈ xHx−1 essendo ab ∈ H, e (xax−1 )−1 = xa−1 x−1 ∈ xHx−1 essendo a−1 ∈ H.
L’applicazione
H → xHx−1 , h 7→ xhx−1
è un isomorfismo di gruppi.
Per la normalità di N si veda l’esercizio 1.1.10. Sia ora M un sottogruppo normale di G contenuto in H. Allora per
ogni g ∈ G si ha M = gM g −1 ⊆ gHg −1 . In altre parole M è contenuto in tutti i coniugati di H, e quindi è contenuto
nella loro intersezione: M ⊆ HG .
1.1.9. Facile. Mostrare che nessun gruppo è unione di due sottogruppi propri.
Risoluzione. Sia per assurdo G un gruppo tale che G = H ∪ K con H, K < G. Siano h ∈ G − K e k ∈ G − H.
Allora siccome G = H ∪ K si deve avere h ∈ H e k ∈ K. Ora, hk ∈ G = H ∪ K, e quindi hk ∈ H oppure hk ∈ K. Ma
se hk ∈ H allora H 3 h−1 (hk) = k, assurdo, e se hk ∈ K allora K 3 (hk)k −1 = h, assurdo.
1.1.10. Un criterio di normalità. Medio. Sia H una
T famiglia di sottogruppi di un gruppo G con la proprietà che
gHg −1 ∈ H per ogni H ∈ H, g ∈ G. Dimostrare che H∈H H è un sottogruppo normale di G. Dedurre che:
(1) L’intersezione dei coniugati di un dato sottogruppo di G è un sottogruppo normale di G;
(2) se G è finito, l’intersezione dei sottogruppi di un fissato indice in G è un sottogruppo normale di G;
(3) Se X è un sottoinsieme di G tale che gxg −1 ∈ X per ogni x ∈ X, g ∈ G allora hXi, il sottogruppo di G
generato da X, cioè l’intersezione dei sottogruppi di G che contengono X, è un sottogruppo normale di G;
mostrare
inoltre che se X = {aba−1 b−1 | a, b ∈ G} allora G/hXi è abeliano;
T
(4) g∈G CG (g) è un sottogruppo normale di G (è uguale al centro di G).
T
Risoluzione. Sia x ∈ N = H∈H H, e sia g ∈ G. Dobbiamo mostrare che gxg −1 ∈ N , cioè che gxg −1 ∈ H per
ogni H ∈ H. Sia quindi H ∈ H. Dobbiamo mostrare che gxg −1 ∈ H, cioè che x ∈ g −1 Hg. Ma g −1 Hg ∈ H per ipotesi,
e quindi x ∈ N ⊆ g −1 Hg.
Ora, (1) segue facilmente. (2) segue dal fatto che i coniugati di un sottogruppo hanno il suo stesso ordine e quindi il
suo stesso indice (in un gruppo finito). (4) segue dal fatto che CG (gxg −1 ) = gCG (x)g −1 (per questo si veda l’esercizio
1.1.17). Mostriamo (3). Sia H la famiglia dei sottogruppi di G che contengono X. Bisogna mostrare che se H ∈ H
e g ∈ G allora gHg −1 ∈ H, cioè che gHg −1 ⊇ X, cioè che H ⊇ g −1 Xg. Ma essendo X ⊇ g −1 Xg per ipotesi, questo
segue dal fatto che H ⊇ X. Sia ora X = {aba−1 b−1 | a, b ∈ G}. Per mostrare che G/hXi è abeliano dobbiamo
mostrare che per ogni a, b ∈ G si ha
hXiahXib = hXibhXia,
cioè (ricordando come è definito il prodotto nel quoziente) che hXiab = hXiba, cioè che aba−1 b−1 ∈ hXi. Ma questo
segue dal fatto che aba−1 b−1 ∈ X ⊆ hXi.
1.1.11. Normale. Un sottogruppo H di un gruppo G si dice “sottogruppo massimale” se H 6= G e ogni volta che
K ≤ G e H ≤ K ≤ G si ha K = H oppure K = G. In altre parole, un sottogruppo si dice massimale se è proprio e non
è contenuto propriamente in nessun sottogruppo proprio di G. Mostrare che l’intersezione dei sottogruppi massimali
di un gruppo G è un sottogruppo normale di G. Tale intersezione si chiama “sottogruppo di Frattini” di G.
Risoluzione. Per 1.1.10 basta mostrare che i coniugati di un sottogruppo massimale sono sottogruppi massimali.
Sia dunque M un sottogruppo massimale di G, e sia g ∈ G. Dobbiamo mostrare che gM g −1 è un sottogruppo
massimale di G. Sia K ≤ G tale che gM g −1 < K ≤ G. Dobbiamo mostrare che K = G. Da gM g −1 < K segue
M < g −1 Kg, e quindi g −1 Kg = G per massimalità di M . Ne segue che K = gGg −1 = G.
6
MARTINO GARONZI
1.1.12. Medio. Siano A, B due sottogruppi di un gruppo finito G. Definiamo AB := {ab | a ∈ A, b ∈ B}.
(1)
(2)
(3)
(4)
Mostrare
Mostrare
Mostrare
Mostrare
che
che
che
che
|AB| = |A|·|B|
|A∩B| .
AB = BA se e solo se AB è un sottogruppo di G.
se almeno uno tra A e B è normale in G allora AB è un sottogruppo di G.
se A, B sono normali in G allora AB è un sottogruppo normale di G.
Risoluzione. Consideriamo l’applicazione
f : A × B → AB,
f (a, b) := ab.
L’insieme A × B ammette la partizione {f −1 (y) : y ∈ AB}, dove f −1 (y) = {(a, b) ∈ A × B | f (a, b) = y}. Per
dimostrare (1) basta quindi dimostrare che per ogni y ∈ AB si ha |f −1 (y)| = |A ∩ B|. Sia y = a1 b1 ∈ AB. Dobbiamo
−1
contare le coppie (a2 , b2 ) ∈ A × B tali che a1 b1 = y = a2 b2 . Da a1 b1 = a2 b2 segue z := a−1
∈ A ∩ B.
2 a1 = b2 b1
Ora, a2 = a1 z −1 e b2 = zb1 . Ne segue che la coppia (a2 , b2 ) è determinata a partire dalla coppia (a1 , b1 ) in tanti modi
quante sono le scelte per z, cioè |A ∩ B|.
Mostriamo (2). Mostriamo (⇒). Supponiamo AB = BA. Dobbiamo mostrare che AB ≤ G. Che sia 1 ∈ AB segue
da 1 ∈ A, 1 ∈ B e 1 = 1 · 1. Prendiamo a1 , a2 ∈ A e b1 , b2 ∈ B. Dobbiamo mostrare che (a1 b1 )(a2 b2 ) ∈ AB e che
(a1 b1 )−1 ∈ AB. Siccome AB = BA, esistono a3 ∈ A, b3 ∈ B tali che b1 a2 = a3 b3 , e quindi
(a1 b1 )(a2 b2 ) = a1 (b1 a2 )b2 = a1 (a3 b3 )b2 = (a1 a3 )(b3 b2 ) ∈ AB.
−1
Inoltre siccome AB = BA esistono a4 , b4 con (a1 b1 )−1 = b−1
1 a1 = a4 b4 ∈ AB.
Mostriamo (⇐). Supponiamo che AB ≤ G. Dobbiamo mostrare che AB = BA. Siccome i due insiemi AB e BA
hanno la stessa cardinalità (per (1)), basta mostrare che AB ⊆ BA. Siano a ∈ A, b ∈ B. Dobbiamo trovare a0 ∈ A,
b0 ∈ B con ab = b0 a0 . Siccome ab ∈ AB ≤ G si ha b−1 a−1 = (ab)−1 ∈ AB, quindi esistono a1 ∈ A, b1 ∈ B con
−1
−1
−1
0
0
b−1 a−1 = a1 b1 . In altre parole ab = b−1
1 a1 , quindi basta scegliere b = b1 , a = a1 .
Mostriamo (3). Supponiamo per esempio che A G (l’altro caso è del tutto analogo). Per mostrare che AB ≤ G
basta mostrare che AB = BA, e come sopra, siccome |AB| = |BA|, per questo basta mostrare che AB ⊆ BA. Siano
a ∈ A, b ∈ B. Allora ab = b(b−1 ab) ∈ BA essendo A G.
Mostriamo (4). Siano a ∈ A, b ∈ B, g ∈ G. Dobbiamo mostrare che g −1 abg ∈ AB. Ma g −1 abg = (g −1 ag)(g −1 bg) ∈
AB essendo A, B G.
1.1.13. Normale. Siano H, K sottogruppi del gruppo finito G e sia x ∈ G. Definiamo HxK = {hxk : h ∈ H, k ∈ K}
|H||K|
(un tale insieme si chiama “laterale doppio”). Mostrare che |HxK| = |H∩xKx
−1 | .
Risoluzione. Osserviamo che la moltiplicazione a destra per un dato elemento è una biiezione G → G, quindi
|HxK| = |HxKx−1 |. Ora basta applicare 1.1.12 ai sottogruppi A = H e B = xKx−1 .
1.1.14. Medio. Sia G un p-gruppo finito (dove p è un primo). Mostrare che i sottogruppi massimali di G sono normali
in G e hanno indice p.
Risoluzione. Mostriamo che i sottogruppi massimali di G sono normali e hanno indice p. Scriviamo |G| = pn , e
procediamo per induzione su n. Se n = 1 allora {1} è normale, massimale e ha indice p. Supponiamo ora n > 1. Come
è noto, dall’equazione delle classi segue che i p-gruppi non banali hanno centro non banale, quindi Z(G) 6= {1}. Sia
g ∈ Z(G) di ordine p (esiste per il teorema di Cauchy). Siccome g ∈ Z(G), hgi G. Sia M un sottogruppo massimale
di G. Se g ∈ M allora M/hgi è un sottogruppo massimale di G/hgi (per il teorema di corrispondenza) e quindi siccome
|G/hgi| è una potenza di p minore di pn , per ipotesi induttiva M/hgi è normale in G/hgi e di indice p, quindi M è
normale in G e ha indice p, infatti |G : M | = |G/hgi : M/hgi| = p. Supponiamo ora che g 6∈ M . Siccome hgi G,
M hgi ≤ G, e siccome M è massimale e M ≤ M hgi ≤ G, e M hgi =
6 M (essendo g 6∈ M ) si ha M hgi = G. Siccome
g ∈ Z(G) si ha g ∈ NG (M ) (il normalizzante di M in G), quindi NG (M ) contiene M e g e quindi contiene M hgi = G,
in altre parole M G. Inoltre M ∩ hgi = 1 e quindi per 1.1.12 |G| = |M hgi| = |M | · |hgi| = |M |p, da cui |G : M | = p.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
7
1.1.15. Normale. Siano A, B due sottogruppi normali di G. Supponiamo che A ∩ B = {1} e che AB = G. Mostrare
che G ∼
= A × B.
Risoluzione. Consideriamo l’applicazione
f : A × B → G,
f (a, b) := ab.
Poiché AB = G, l’applicazione f è suriettiva. Mostriamo che è un isomorfismo di gruppi. Osserviamo prima che
per ogni a ∈ A, b ∈ B vale ab = ba.
Infatti aba−1 b−1 ∈ A ∩ B (essendo aba−1 ∈ B perché B G e ba−1 b−1 ∈ A perché A G), quindi da A ∩ B = {1}
segue aba−1 b−1 = 1, cioè ab = ba.
• f ((a, b)(c, d)) = f (ac, bd) = acbd = abcd = f ((a, b))f ((c, d)).
• f ((a, b)−1 ) = f (a−1 b−1 ) = a−1 b−1 = b−1 a−1 = (ab)−1 = f ((a, b))−1 .
• Iniettività: se f (a, b) = 1 allora ab = 1 e quindi b = a−1 ∈ A ∩ B = {1}, da cui a = b = 1, cioè (a, b) = (1, 1).
• Suriettività: segue dall’ipotesi AB = G.
1.1.16. Il sottogruppo dei quadrati. Normale. Sia p un primo. Calcolare |{x2 | x ∈ Fp }|.
Risoluzione. Ricordiamo che Fp = Z/pZ. Definiamo Fp ∗ := Fp − {0}. Sia f : Fp ∗ → Fp ∗ l’applicazione definita da
f (x) := x2 . Siccome Fp ∗ è un gruppo commutativo, f è un omomorfismo di gruppi e il suo nucleo è {a ∈ Fp ∗ : a2 = 1}.
Siccome Fp è un campo, le radici del polinomio X 2 − 1 sono 1 e −1 (per il teorema di Ruffini) quindi ker(f ) = {−1, 1}.
Per il teorema di isomorfismo Fp ∗ / ker(f ) ∼
= Im(f ) = {x2 : x ∈ Fp − {0}}, quindi |Im(f )| = |Fp ∗ |/2 = (p − 1)/2 e
2
|{x : x ∈ Fp }| = |{0} ∪ Im(f )| = 1 + (p − 1)/2 = (p + 1)/2.
1.1.17. Facile. Siano g, x ∈ G. Mostrare che CG (g −1 xg) = g −1 CG (x)g.
Risoluzione. Mostriamo che CG (g −1 xg) ⊆ g −1 CG (x)g. Sia quindi y ∈ CG (g −1 xg). Dobbiamo mostrare che
y ∈ g −1 CG (x)g, cioè che gyg −1 ∈ CG (x), cioè che (gyg −1 )x = x(gyg −1 ). Ma y ∈ CG (g −1 xg) e quindi
(gyg −1 )x = gy(g −1 xg)g −1 = g(g −1 xg)yg −1 = x(gyg −1 ).
Mostriamo che CG (g −1 xg) ⊇ g −1 CG (x)g. Sia quindi y ∈ g −1 CG (x)g, cioè gyg −1 ∈ CG (x). Dobbiamo mostrare che
y ∈ CG (g −1 xg), cioè che yg −1 xg = g −1 xgy. Ma gyg −1 ∈ CG (x) e quindi
y(g −1 xg) = g −1 (gyg −1 )xg = g −1 x(gyg −1 )g = (g −1 xg)y.
1.1.18. Facile. Siano H ≤ G, x ∈ G. Mostrare che
{g ∈ G | Hxg = Hx} = x−1 Hx.
Risoluzione. Sia K := {g ∈ G : Hxg = Hx}. Mostriamo che K ⊆ x−1 Hx. Sia quindi g ∈ K. Dobbiamo
mostrare che g ∈ x−1 Hx. g ∈ K significa Hxg = Hx, cioè xgx−1 ∈ H, cioè g ∈ x−1 Hx. Mostriamo che K ⊇ x−1 Hx.
Sia quindi x−1 hx ∈ x−1 Hx, con h ∈ H. Dobbiamo mostrare che x−1 hx ∈ K, cioè che Hx(x−1 hx) = Hx. Ma
Hx(x−1 hx) = Hhx = Hx essendo h ∈ H.
1.1.19. Facile. Siano G un gruppo finito, p un primo che divide |G|. Dimostrare che esiste g ∈ G di ordine p. (Questo
è il Teorema di Cauchy: dimostrarlo usando il teorema di Sylow).
Risoluzione. Sia P un p-sottogruppo di Sylow di G. Si tratta di un sottogruppo non banale di G, quindi siccome
dobbiamo mostrare che esiste in G un elemento di ordine p possiamo assumere che G = P . Sia 1 6= g ∈ G. Allora
l’ordine di g in G, uguale all’ordine del sottogruppo hgi, deve dividere |G| (per il teorema di Lagrange) e quindi è una
k−1
potenza di p diversa da 1. Diciamo o(g) = pk con k ≥ 1. Allora g p
ha ordine p.
8
MARTINO GARONZI
S
1.1.20. Medio. Sia H un sottogruppo di un gruppo finito G. Mostrare che se g∈G gHg −1 = G allora necessariamente
H = G. Questo rimane vero se G è infinito? Se no, fornire un controesempio.
Risoluzione. Ricordiamo che H ha esattamente |G : NG (H)| coniugati in G, dove NG (H) = {g ∈ G : gHg −1 =
H} indica il normalizzante di H in G. Siccome H ⊆ NG (H) si ha |G : NG (H)| ≤ |G : H|. Ne segue che i coniugati di
H coprono al massimo
1 + (|H| − 1)|G : NG (H)| ≤ 1 + (|H| − 1)|G : H| = 1 + |G| − |G : H|
elementi di G. Siccome |G : H| ≥ 1, se i coniugati di H coprono tutto G allora si deve avere |G : H| = 1, cioè G = H.
Se G è infinito allora questo non è più vero in generale. Come esempio prendiamo G = GL(n, C) il gruppo delle
matrici invertibili a coefficienti complessi, con n > 1, e H il sottogruppo che consiste delle matrici triangolari superiori.
Siccome C è algebricamente
chiuso, ogni matrice n × n a coefficienti complessi è coniugata a una matrice triangolare
S
superiore, quindi g∈G gHg −1 = G.
1.1.21. Normale. Trovare un gruppo che sia unione di tre sottogruppi propri. Trovarne uno non abeliano.
Risoluzione. Il gruppo C2 × C2 = hai × hbi ha esattamente tre sottogruppi propri, quelli generati da (a, 1), (1, b)
e (a, b). Hanno ordine 2. Il reticolo dei sottogruppi di C2 × C2 = hai × hbi è il seguente.
C2 × CK2
KKK
ss
s
KKK
s
s
KKK
ss
s
s
s
h(a, b)i
h(a, 1)i
h(1, b)i
KK
t
KK
t
t
KK
tt
KK
tt
KK
t
tt
{1}
Siccome C2 × C2 = {(1, 1), (a, 1), (1, b), (a, b)}, tale gruppo è uguale all’unione dei suoi sottogruppi propri.
Ora osserviamo che se G è un gruppo e N è un suo sottogruppo normale tale che G/N è unione di tre sottogruppi
propri allora per il teorema di corrispondenza anche G è unione di tre sottogruppi propri. Infatti se G/N = A/N ∪
B/N ∪ C/N con N ⊆ A, B, C ≤ G allora G = A ∪ B ∪ C (se g ∈ G allora gN appartiene a uno tra A/N, B/N, C/N ,
per esempio gN ∈ A/N , ma allora gN = aN per qualche a ∈ A, in particolare g = an per qualche n ∈ N e quindi
g ∈ A essendo n ∈ N ⊆ A). Per trovare un gruppo non abeliano che sia unione di tre sottogruppi propri basta quindi
trovare un gruppo non abeliano G che ammetta un sottogruppo normale N tale che G/N ∼
= C2 × C2 . Un esempio di
tale gruppo è G = S3 × (C2 × C2 ). Infatti G/(S3 × {1}) ∼
C
×
C
.
Ricordo
che
in
generale
se A, B sono due gruppi
= 2
2
∼
allora (A × B)/(A × {1}) ∼
B
e
(A
×
B)/({1}
×
B)
A
(basta
applicare
il
primo
teorema
di
isomorfismo
per i gruppi
=
=
alle due proiezioni canoniche A × B → B, (a, b) 7→ b e A × B → A, (a, b) 7→ a).
1.1.22. Facile. Siano A, B due gruppi. Dimostrare che Z(A × B) = Z(A) × Z(B), dove Z(G) indica il centro del
gruppo G. Dedurre che un prodotto diretto di gruppi abeliani è un gruppo abeliano.
Risoluzione. Mostriamo che Z(A × B) ⊆ Z(A) × Z(B). Sia quindi (x, y) ∈ Z(A × B), con x ∈ A e y ∈ B.
Dobbiamo mostrare che (x, y) ∈ Z(A) × Z(B), cioè che x ∈ Z(A) e che y ∈ Z(B). Mostriamo per esempio che
x ∈ Z(A), l’altro caso è analogo. Sia quindi a ∈ A. Dobbiamo mostrare che xa = ax. Siccome (x, y), (a, 1) ∈ A × B e
(x, y) ∈ Z(A × B), si ha (x, y)(a, 1) = (a, 1)(x, y), cioè (xa, y) = (ax, y) e quindi xa = ax.
Mostriamo che Z(A × B) ⊇ Z(A) × Z(B). Sia quindi (x, y) ∈ Z(A) × Z(B), cioè x ∈ Z(A) e y ∈ Z(B). Dobbiamo
mostrare che (x, y) ∈ Z(A × B), cioè che per ogni (a, b) ∈ A × B si ha (a, b)(x, y) = (x, y)(a, b). Ma siccome x ∈ Z(A)
e y ∈ Z(B) si ha ax = xa e by = yb e quindi (a, b)(x, y) = (ax, by) = (xa, yb) = (x, y)(a, b).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
9
Se A, B sono entrambi abeliani allora Z(A) = A e Z(B) = B e quindi Z(A × B) = Z(A) × Z(B) = A × B, cioè
A × B è abeliano.
1.1.23. Normale. Siano M, N due sottogruppi normali di un gruppo G tali che M N = G. Mostrare che G/M ∩ N ∼
=
G/N × G/M .
Risoluzione. Sia ϕ : G → G/N ×G/M l’omomorfismo (canonico) definito da ϕ(g) := (gN, gM ). Il suo nucleo è dato
dagli elementi g ∈ G tali che gN = N e gM = M , cioè g ∈ N e g ∈ M , cioè g ∈ N ∩ M . Quindi ker(ϕ) = N ∩ M . Per il
teorema di isomorfismo, per concludere basta quindi mostrare che ϕ è suriettiva. Sia quindi (aN, bM ) ∈ G/N × G/M .
Dobbiamo trovare g ∈ G tale che gN = aN e gM = bM . Siccome G = M N possiamo scrivere a = mn e b = m0 n0
con m, m0 ∈ M e n, n0 ∈ N . Allora aN = mnN = mN e bM = m0 n0 M = n0 (n0−1 m0 n0 )M = n0 M essendo
n0−1 m0 n0 ∈ M , essendo M normale in G. Quindi basta scegliere g = mn0 . Infatti gN = mn0 N = mN = aN e
gM = mn0 M = n0 (n0−1 mn0 )M = n0 M = bM .
1.1.24. Medio. Sia G un gruppo. Sia N l’intersezione dei sottogruppi normali K di G tali che G/K è abeliano.
Mostrare che G/N è abeliano. Mostrare che N è il sottogruppo di G generato da {ghg −1 h−1 | g, h ∈ G}. N si chiama
“sottogruppo derivato” di G. Il sottogruppo derivato di G di solito si indica con G0 oppure con [G, G].
Q
Risoluzione. Sia I la famiglia dei sottogruppi normali K di G tali che G/K è abeliano, e sia ϕ : G → K∈I G/K
l’omomorfismo (canonico) definito da ϕ(g) := (gK)K∈I .TIl suo nucleo è dato dagli T
elementi g ∈ G tali che gK = K
per ogni K ∈ I, cioè g ∈ K per ogni K ∈ I, cioè Q
g ∈ K∈I K. Quindi ker(ϕ) = K∈I K = N . Per il teorema di
isomorfismo G/N è isomorfo a un sottogruppo di K∈I G/K, che essendo un prodotto diretto di gruppi abeliani è
abeliano (cf. l’esercizio 1.1.22). Quindi G/N , isomorfo a un sottogruppo di un gruppo abeliano, è anch’esso abeliano.
Mostriamo che N è uguale al sottogruppo G0 di G generato dagli elementi della forma ghg −1 h−1 al variare di
g, h ∈ G. Mostriamo che N ⊆ G0 . Siccome N è l’intersezione dei sottogruppi normali K di G tali che G/K è abeliano,
per mostrare che N ⊆ G0 basta mostrare che G/G0 è abeliano. In altre parole, dobbiamo mostrare che se g, h ∈ G allora
G0 gG0 h = G0 hG0 g, cioè G0 gh = G0 hg, cioè G0 ghg −1 h−1 = G0 , cioè ghg −1 h−1 ∈ G0 , e questo è vero per definizione di
G0 . Mostriamo che G0 ⊆ N . Siccome G0 è generato dagli elementi della forma ghg −1 h−1 e N è un sottogruppo di G,
per mostrare che G0 ⊆ N basta mostrare che ghg −1 h−1 ∈ N per ogni g, h ∈ G. Siccome G/N è abeliano abbiamo
N gN h = N hN g, cioè N gh = N hg, cioè N ghg −1 h−1 = N , cioè ghg −1 h−1 ∈ N .
1.1.25. Facile. Siano A, B due sottogruppi normali di un gruppo G. Se A ⊆ B allora esiste un omomorfismo suriettivo
G/A → G/B.
Risoluzione. Consideriamo l’applicazione f : G/A → G/B definita da f (gA) := gB. Mostriamo che è ben definita.
In altre parole dobbiamo mostrare che se g, h ∈ G sono tali che gA = hA allora f (gA) = f (hA), cioè gB = hB, cioè
h−1 g ∈ B. Ma per ipotesi gA = hA, quindi h−1 g ∈ A, che è contenuto in B, quindi h−1 g ∈ B. L’applicazione f è
allora ben definita e suriettiva (se gB ∈ G/B allora f (gA) = gB). Mostriamo che è un omomorfismo di gruppi. Si ha
f (1G/A ) = f (1A) = 1B = 1G/B , e se g, h ∈ G allora f (gA · hA) = f (ghA) = ghB = gB · hB = f (gA) · f (hA).
1.1.26. Controesempi: coniugato. Se G è un gruppo finito, x ∈ G e H ≤ G allora da xHx−1 ⊆ H segue che xHx−1 = H
(per questioni di cardinalità). Se G è infinito questo non è più vero (cioè può succedere che xHx−1 sia contenuto
strettamente in H). Controesempio: G = GL2 (Q),
1 m
H := {
| m ∈ Z} ≤ G.
0 1
2 0
Scegliere x :=
e fare il conto.
0 1
Tuttavia se H è normale in G allora xHx−1 è uguale ad H per ogni x ∈ G.
10
MARTINO GARONZI
1.1.27. Controesempi: Potenze terze. Se un gruppo finito G è tale che g 2 = 1 per ogni g ∈ G allora G è abeliano.
Esiste un gruppo finito G non abeliano tale che g 3 = 1 per ogni g ∈ G, eccolo:

1
G := { 0
0
a
1
0

b
c  | a, b, c ∈ F3 } ≤ GL3 (F3 ).
1
1.1.28. Facile. Sia G un gruppo abeliano finito di ordine dispari. Dimostrare che l’applicazione ϕ : G → G, g 7→ g 2 è
un automorfismo di G.
Risoluzione. Dobbiamo mostrare che ϕ è un isomorfismo di gruppi.
Mostriamo che ϕ è un omomorfismo di gruppi. Siccome G è abeliano si ha
ϕ(xy) = (xy)2 = xyxy = xxyy = x2 y 2 = ϕ(x)ϕ(y).
Inoltre ϕ(1) = 12 = 1. Segue che ϕ è un omomorfismo di gruppi.
Mostriamo che ϕ è iniettivo. Se ϕ(x) = 1 allora x2 = 1, cioè x = 1 oppure x ha ordine 2 in G. Per il teorema di
Lagrange, se x ha ordine 2 allora 2 divide |G|. Siccome |G| è dispari, 2 non divide |G| e quindi x = 1.
Mostriamo che ϕ è suriettivo. Questo segue dal principio dei cassetti essendo G un insieme finito e ϕ : G → G una
funzione iniettiva.
1.1.29. Medio. Dimostrare che ogni gruppo finito con più di due elementi ammette automorfismi non identici.
Risoluzione. Sia G un gruppo finito con |G| > 2. Se G non è abeliano allora preso g ∈ G − Z(G) (un elemento
di G fuori dal centro di G) il coniugio tramite g, γg : G → G, è un automorfismo non identico di G (l’omomorfismo
G → Aut(G) indotto dal coniugio ha come nucleo Z(G)). Quindi possiamo assumere che G sia abeliano. Segue che
l’applicazione x 7→ x−1 è un automorfismo di G, quindi possiamo assumere che questo automorfismo sia identico, in
altre parole x = x−1 per ogni x ∈ G, cioè x2 = 1 per ogni x ∈ G. G è un gruppo abeliano finito ogni cui elemento
non identico ha ordine 2, quindi è isomorfo a C2 n per qualche intero n ≥ 1. Aut(G) è quindi isomorfo a GL(n, 2),
il gruppo delle matrici n × n a coefficienti nel campo con due elementi F2 = Z/2Z (osserviamo infatti che visto C2 n
come lo spazio vettoriale F2 n , ogni omomorfismo C2 n → C2 n è F2 -lineare, essendo ogni elemento di F2 una somma di
uni), e ovviamente GL(n, 2) 6= {1}.
T
1.1.30. Medio. Sia G un gruppo finito, e sia N := {1}6=H≤G H. Mostrare che N è un sottogruppo normale di G.
Mostrare che se N 6= {1} allora G è un p-gruppo per qualche primo p. E’ vero che se N 6= {1} allora G dev’essere
necessariamente abeliano?
Risoluzione. Siccome i coniugati di un sottogruppo non banale sono ancora sottogruppi non banali, la normalità
di N segue dall’esercizio 1.1.10. Supponiamo ora che N 6= {1}. Mostriamo che G è un p-gruppo per qualche primo p.
Per assurdo questo sia falso. Allora esistono due primi distinti p, q che dividono |G|. Per il teorema di Cauchy esistono
elementi x, y ∈ G con x di ordine p e y di ordine q. Ma siccome N è contenuto in tutti i sottogruppi non banali di
G, N è contenuto in hxi e hyi, quindi N ⊆ hxi ∩ hyi = {1} (ricordiamo infatti che o(x) = p e o(y) = q sono coprimi),
quindi N = {1}, assurdo.
Se N T
6= {1} allora G non necessariamente è abeliano, per esempio il gruppo dei quaternioni Q8 = {±1, ±i, ±j, ±k}
verifica {1}6=H≤Q8 H = h−1i = {−1, 1} (ricordiamo che ij = k = −ji e che i2 = j 2 = k 2 = −1). Inseriamo qui il
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
11
reticolo dei sottogruppi di Q8 .
Q8 M
MMM
qq
q
MMM
q
q
q
MMM
q
q
q
M
qq
hii ∼
hji ∼
hiji ∼
= CL4
= C4
= C4
LLL
q
q
q
LLL
q
LLL
qqq
qqq
hi2 i ∼
= C2
{1}
Inoltre questo gruppo ha la seguente proprietà: ogni sottogruppo di Q8 è normale in Q8 . Un gruppo (non necessariamente finito) non abeliano ogni cui sottogruppo è normale si dice Hamiltoniano (definizione data da Dedekind). I
gruppi Hamiltoniani sono stati classificati (da Dedekind nel 1897 quelli finiti), e sono tutti della forma Q8 × H × K
dove H è un gruppo abeliano ogni cui elemento non identico ha ordine 2 e K è un gruppo abeliano ogni cui elemento
ha ordine finito dispari. Questo dice che Q8 è “essenzialmente” l’unico gruppo Hamiltoniano, nel senso che tutti gli
altri esistono grazie a lui.
1.1.31. Medio. Sia G un gruppo finito.
(1) Dimostrare che se tutti i sottogruppi di Sylow di G sono normali allora G è isomorfo al prodotto diretto dei
suoi sottogruppi di Sylow.
(2) Dimostrare che se tutti i sottogruppi di Sylow di G sono normali e ciclici allora G è ciclico.
(3) Dimostrare che se G è abeliano e |G| è un prodotto di primi a due a due distinti allora G è ciclico.
Risoluzione.
(1) Siano P1 , . . . , Pk i sottogruppi di Sylow di G. Per il teorema di Sylow, se i ∈ {1, . . . , k} allora ogni sottogruppo
di Sylow di G di ordine |Pi | è coniugato a Pi , che è normale in G, cioè coniugato solo a se stesso, per cui Pi è
l’unico sottogruppo di G di ordine |Pi |. Consideriamo l’applicazione
ϕ : P1 × · · · × Pk → G,
(g1 , . . . , gk ) 7→ g1 · · · gk .
Indichiamo l’immagine di ϕ con P1 · · · Pk . Mostriamo che |P1 · · · Pk | = |G|. Siccome P1 , . . . , Pk sono normali
in G, da 1.1.12 (1) e (3) segue, per induzione su k, e usando il fatto che i |Pi | sono a due a due coprimi, che
|P1 · · · Pk | = |P1 (P2 · · · Pk )| = |P1 | · |P2 · · · Pk | = |P1 | · · · |Pk | = |G|.
Deduciamo che ϕ è una applicazione suriettiva tra due insiemi con la stessa cardinalità, quindi ϕ è biiettiva
per il principio dei cassetti. Per mostrare che è un isomorfismo basta quindi mostrare che rispetta il prodotto,
e per questo basta mostrare che se i, j ∈ {1, . . . , k} e i 6= j, gi ∈ Pi , gj ∈ Pj allora gi gj = gj gi . Questo segue
dal fatto che Pi , Pj sono normali e Pi ∩ Pj = {1}. Infatti gi gj gi−1 gj−1 ∈ Pi ∩ Pj = {1} essendo gi gj gi−1 ∈ Pj e
gj gi−1 gj−1 ∈ Pi .
(2) Se i sottogruppi di Sylow di G sono normali e ciclici allora G è isomorfo a un prodotto diretto di gruppi ciclici
di ordine coprimo a due a due, e segue dal teorema cinese del resto (cf. l’esercizio 1.2.4) che G è ciclico.
(3) Se |G| è un prodotto di primi a due a due distinti, cioè se |G| non è diviso da quadrati diversi da 1, allora i
sottogruppi di Sylow di G hanno ordine primo, quindi sono ciclici, e sono normali in G se G è abeliano, quindi
per quanto detto in questo caso G è ciclico.
12
MARTINO GARONZI
1.1.32. Facile. Mostrare che un sottogruppo massimale non può avere esattamente due coniugati.
Risoluzione. Sia M un sottogruppo massimale di un gruppo G e supponiamo per assurdo che M abbia esattamente
due coniugati. In particolare M non è normale in G (ogni sottogruppo normale è il suo unico coniugato), quindi
M ⊆ NG (M ) 6= G (dove NG (M ) indica il normalizzante di M in G) e siccome M è massimale otteniamo che
NG (M ) = M . Sappiamo che il numero di coniugati di M in G è uguale all’indice del suo normalizzante in G, quindi
siccome NG (M ) = M si ha 2 = |G : NG (M )| = |G : M |. Ma allora M è un sottogruppo di G di indice 2, quindi è
normale (cf. l’esercizio 1.1.5), assurdo.
1.1.33. Facile. Sia H un sottogruppo di un gruppo G. Siano, al solito,
NG (H) := {g ∈ G | gHg −1 = H},
CG (H) := {g ∈ G | gh = hg ∀h ∈ H}
il normalizzante e il centralizzante di H in G, rispettivamente. Mostrare che CG (H) è un sottogruppo normale di
NG (H) e costruire un omomorfismo iniettivo
NG (H)/CG (H) → Aut(H).
Risoluzione. Mostriamo che CG (H) NG (H). Sia n ∈ NG (H), e sia x ∈ CG (H). Dobbiamo mostrare che
n−1 xn ∈ CG (H), cioè che n−1 xnh = hn−1 xn per ogni h ∈ H. Sia quindi h ∈ H. Siccome nhn−1 ∈ H si ha
n−1 xnh = n−1 x(nhn−1 )n = n−1 (nhn−1 )xn = hn−1 xn.
Consideriamo ora l’omomorfismo NG (H) → Aut(H) dato dal coniugio. Il suo nucleo è proprio CG (H), e l’ultimo
asserto segue quindi dal primo teorema di isomorfismo.
1.1.34. Medio. Siano p un primo, n un intero positivo e Cp n il prodotto diretto Cp × · · · × Cp (n volte). Dimostrare
che Aut(Cp n ) = GL(n, p). Dimostrare che Aut(C2 2 ) ∼
= S3 .
Risoluzione. Possiamo vedere Cp n come lo spazio vettoriale n-dimensionale su Fp , V = Fp n . Osserviamo che
ogni omomorfismo di gruppi additivi (V, +) → (V, +) è automaticamente Fp -lineare, infatti ogni elemento di Fp è una
somma di uni. Ne segue che Aut(Cp n ) ∼
= GL(n, p). Per mostrare che GL(2, 2) ∼
= S3 si può osservare che GL(2, 2)
è un gruppo non abeliano di ordine 6 e procedere come nell’esercizio 1.1.35. Un altro modo è considerare l’azione
di GL(2, 2) sui tre vettori non nulli di F2 2 , che fornisce un omomorfismo iniettivo GL(2, 2) → S3 che quindi è un
isomorfismo, essendo |GL(2, 2)| = 6 = |S3 |.
1.1.35. Normale. Mostrare che c’è un unico gruppo non abeliano di ordine 6 a meno di isomorfismo.
Risoluzione. Sia G un gruppo non abeliano di ordine 6. Dalla teoria di Sylow segue che N2 ∈ {1, 3} e N3 = 1.
Se N2 = 1 allora G ∼
= C3 × C2 ∼
= C6 è ciclico quindi abeliano. Segue che N2 = 3. L’azione di coniugio di G sui
suoi tre 2-Sylow induce un omomorfismo G → S3 , che è iniettivo in quanto i 2-Sylow hanno ordine 2, quindi la loro
intersezione è banale. Quindi G è isomorfo a un sottogruppo di S3 di ordine 6 = |S3 |, e ne segue che G ∼
= S3 .
1.1.36. Medio. Un gruppo G si dice semplice se non ammette sottogruppi normali diversi da {1} e da G. Mostrare
che per ogni primo p il gruppo ciclico Cp è semplice. Mostrare che ogni gruppo semplice abeliano è finito e isomorfo
a Cp per qualche primo p.
Risoluzione. Che Cp sia semplice segue dal fatto che gli unici suoi sottogruppi sono {1} e Cp , per il teorema di
Lagrange. Sia ora G un gruppo semplice abeliano. Dato 1 6= g ∈ G, hgi è normale in G (essendo G abeliano) quindi
G = hgi (essendo G semplice). Se G fosse infinito allora hg 2 i sarebbe un sottogruppo normale proprio non banale di
G. Quindi G è finito. Mostriamo che |G| è un numero primo. Se esistesse un divisore d di |G| con d 6= 1 e d 6= |G|
allora hg d i sarebbe un sottogruppo normale proprio non banale di G, assurdo.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
13
1.1.37. Normale. Dimostrare che se un gruppo G ha ordine 48 allora non è semplice.
Risoluzione. Sia G un gruppo di ordine 48. Per 1.1.36, se G è semplice allora non è abeliano. Siccome i
2-sottogruppi di Sylow di G hanno indice 3, il risultato segue dall’esercizio 1.3.23.
1.1.38. Difficile. Dimostrare che se un gruppo G ha ordine 144 = 24 · 32 allora non è semplice.
Risoluzione. Sia per assurdo G un gruppo semplice di ordine 144. Per 1.1.36 G è non abeliano. Siccome il numero
dei p-sottogruppi di Sylow di G è uguale all’indice del normalizzante di un p-sottogruppo di Sylow di G, per il teorema
di Sylow e l’esercizio 1.3.23 possiamo assumere che G abbia nove 2-Sylow e sedici 3-Sylow.
Siano P, Q due 3-sottogruppi di Sylow distinti di G. Avendo ordine 9, P e Q sono abeliani, quindi P ∩ Q è normale
in P e in Q. Ne segue che P e Q sono contenuti in NG (P ∩ Q), ed essendo P 6= Q l’ordine |NG (P ∩ Q)| è diviso da
2 · 32 . Supponiamo che NG (P ∩ Q) 6= G. Per 1.3.23 NG (P ∩ Q) ha indice 8 in G, cioè ordine 2 · 32 . Ma allora P
ha indice 2 in NG (P ∩ Q), quindi P NG (P ∩ Q), cioè NG (P ∩ Q) ⊆ NG (P ). Questo contraddice il fatto che G ha
|G : NG (P )| = 16 3-Sylow.
Deduciamo che NG (P ∩ Q) = G, cioè P ∩ Q G. Siccome G è semplice, segue che P ∩ Q = {1} e quindi il numero
di elementi di G di ordine una potenza di 3 è esattamente 16 · (9 − 1) + 1 = 129. D’altra parte G ha almeno 16
elementi di ordine una potenza di 2 (gli elementi di un 2-sottogruppo di Sylow). Siccome 144 − 128 = 16, G ha un
unico 2-sottogruppo di Sylow, assurdo.
1.1.39. Normale. Sia G un gruppo. Mostrare che se G/Z(G) è ciclico allora G = Z(G), cioè G è abeliano.
Risoluzione. Supponiamo che G/Z(G) sia ciclico, generato da gZ(G). Allora G è l’unione disgiunta dei laterali
di Z(G) del tipo g n Z(G), quindi ogni elemento di G si scrive nella forma g n z con n un intero e z ∈ Z(G). Siano
g n z, g m w ∈ G con n, m interi e z, w ∈ Z(G). Dobbiamo mostrare che commutano. Questo segue dal fatto che
z, w ∈ Z(G) e dal fatto che due qualsiasi potenze di g commutano tra loro (infatti g n g m = g n+m = g m+n = g m g n ):
g n zg m w = g n g m zw = g m g n wz = g m wg n z.
1.1.40. Facile. Sia G un gruppo e supponiamo che Aut(G) sia ciclico. Mostrare che G è abeliano.
Risoluzione. Consideriamo l’omomorfismo G → Aut(G) dato dal coniugio, g 7→ ϕg dove ϕg (x) := gxg −1 . Il nucleo
di tale omomorfismo è il centro Z(G) quindi per il teorema di isomorfismo G/Z(G) è isomorfo a un sottogruppo di
Aut(G). In particolare, siccome Aut(G) è ciclico, anche G/Z(G) è ciclico e quindi G è abeliano (1.1.39).
1.1.41. Medio. Sia G un gruppo di ordine 231 = 3 · 7 · 11. Mostrare che il centro Z(G) contiene un 11-Sylow di G,
ed è uguale a esso se G non è abeliano.
Risoluzione. Per il teorema di Sylow, G ha un unico 11-Sylow, che è quindi normale in G. Sia esso P . Siccome
P ha ordine 11, che è un numero primo, P è ciclico generato da un qualsiasi suo elemento diverso da 1, quindi tutti
gli elementi di P diversi da 1 hanno lo stesso centralizzante in G, sia esso C. Essendo P abeliano, P ⊆ C. Sia
1 6= g ∈ P . Il numero di coniugati di g in G è uguale a |G : C|, che divide 231/11 = 21 essendo P ⊆ C. Quindi
|G : C| ∈ {1, 3, 7, 21}. Avendo tutti gli elementi di ordine 11 lo stesso centralizzante, hanno tutti lo stesso numero di
coniugati, quindi |G : C| deve dividere il numero degli elementi di ordine 11, cioè |P | − 1 = 10. Segue che |G : C| = 1,
cioè C = G, cioè g ∈ Z(G), e quindi P = hgi ⊆ Z(G). Supponiamo ora che G non sia abeliano, cioè Z(G) 6= G.
Siccome |hgi| = 11, per concludere che Z(G) = P basta mostrare che Z(G) non può avere indice 3 o 7. Questo segue
dal fatto che 3 e 7 sono primi e dall’esercizio 1.1.39.
1.1.42. Medio. Dimostrare che se un gruppo G ha un 2-sottogruppo di Sylow ciclico allora G ammette un sottogruppo
di indice 2 (che quindi è normale). Dedurre che se |G| = 2n con n > 1 dispari allora G non è semplice.
14
MARTINO GARONZI
Risoluzione. L’azione di G su G a sinistra data da (g, x) 7→ gx determina un omomorfismo iniettivo G → Sym(G).
Pensando G come contenuto in Sym(G), il candidato sottogruppo di indice 2 è G ∩ Alt(G). Siccome |Sym(G) :
Alt(G)| = 2, G ∩ Alt(G) ha indice 2 in G a meno che non sia G ⊆ Alt(G). Mostriamo che questo non è vero. Sia
g ∈ G un generatore di un 2-sottogruppo di Sylow di G (che è ciclico per ipotesi). Scriviamo |G| = 2n · m con m
dispari. L’inclusione G ⊆ Sym(G) è determinata dall’azione di moltiplicazione a sinistra, quindi la struttura ciclica di
g in Sym(G) consiste di m cicli disgiunti ognuno di lunghezza 2n . Siccome m è dispari, segue che g ∈ Sym(G) è una
permutazione dispari, quindi g 6∈ Alt(G). Ne segue che G 6⊆ Alt(G).
Se |G| = 2n con n dispari allora i 2-sottogruppi di Sylow di G hanno ordine 2, quindi sono ciclici e possiamo
applicare quanto appena discusso.
1.1.43. Difficile. Sia G un gruppo semplice non abeliano di ordine minore di 168. Mostrare che |G| = 60.
Risoluzione. Osserviamo che A5 è un gruppo semplice di ordine 60 e SL(3, 2) è un gruppo semplice di ordine
168. Sia G un gruppo semplice non abeliano di ordine minore di 168. Nella tabella che segue i numeri sono discussi
secondo i seguenti criteri.
• pn : i p-gruppi finiti hanno centro non banale, quindi |G| non è una potenza di un primo.
• (2): per 1.1.42 |G| non è della forma 2n con n dispari.
• ind(m): per 1.3.23 G non ha sottogruppi propri di indice minore di 5. Nella fattispecie, G non ha sottogruppi
di Sylow di indice minore di 5.
• p-facile: se p è un dato primo che divide |G|, G non può avere un unico p-sottogruppo di Sylow. Quindi, detta
pk la massima potenza di p che divide |G|, per il teorema di Sylow ci dev’essere almeno un divisore di |G|/pk
maggiore di 1 e congruo a 1 modulo p.
• Se |G| = 132 = 22 · 3 · 11 possiamo assumere che N11 = 12 e N3 = 22, dove Np indica il numero di p-sottogruppi
di Sylow di G. G ha 12 · 10 elementi di ordine 11, quindi 12 elementi di ordine diverso da 11. Ma essendo
N3 = 22, G ha 44 elementi di ordine 3, assurdo.
• inters(p): il lemma che segue.
Lemma 1 (Trucco dell’intersezione). Siano G un gruppo finito, p un numero primo che divide |G|, e scriviamo
|G| = m · pe con (m, p) = 1. Supponiamo che np 6≡ 1 mod (p2 ). Sia P un p-Sylow di G. Allora esiste un p-Sylow Q
di G tale che |P ∩ Q| = pe−1 . In particolare il normalizzante di P ∩ Q contiene sia P che Q. In particolare P ∩ Q è
normale oppure P è non massimale.
Dimostrazione. Il p-Sylow P agisce allegramente sull’insieme Ω dei p-Sylow di G per coniugio. Osserviamo che
|Ω| = np . Per l’equazione delle orbite e per la condizione np 6≡ 1 mod (p2 ) si ha che deve esistere un’orbita l’orbita di Q, diciamo - di cardinalità p. Per il principio del conteggio lo stabilizzatore di Q in P , cioè il sottogruppo
NG (Q) ∩ P , ha ordine pe−1 , e dovendo normalizzare Q è contenuto in Q (come è noto, se un p-sottogruppo normalizza
un p-sottogruppo di Sylow allora vi è contenuto). Segue che NG (Q) ∩ P ⊆ P ∩ Q.
Ora, P ∩ Q ha indice p sia in P che in Q, quindi è normale in entrambi (esercizio 1.1.14), e quindi P e Q sono
contenuti propriamente in NG (P ∩ Q). Se P è massimale allora segue NG (P ∩ Q) = G, cioè P ∩ Q è normale.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
Num
Fatt
Tipo
1
1
1
2
2
p
3
3
p
4
22
pn
5
5
p
6
2·3
(2)
7
7
p
8
23
pn
9
32
pn
10
2·5
(2)
11
11
p
12
22 · 3
ind(3)
13
13
p
14
2·7
(2)
15
3·5
5-facile
16
24
pn
17
17
p
18
2 · 32
(2)
19
19
p
20
22 · 5
5-facile
21
3·7
7-facile
22
2 · 11
(2)
23
23
p
24
23 · 3
ind(3)
25
52
pn
26
2 · 13
(2)
27
33
pn
2
28
2 ·7
7-facile
29
29
p
30
2·3·5
(2)
31
31
p
32
25
pn
33
3 · 11 11-facile
34
2 · 17
(2)
35
5·7
7-facile
36
22 · 32
ind(4)
37
37
p
38
2 · 19
(2)
39
3 · 13 13-facile
40
23 · 5
ind5
41
41
p
42
2·3·7
(2)
Num
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
Fatt
Tipo
43
p
22 · 11 11-facile
32 · 5
ind5
2 · 23
(2)
47
p
24 · 3
ind(3)
72
pn
2
2·5
(2)
3 · 17
17-facile
22 · 13
ind(4)
53
p
2 · 32
(2)
5 · 11
11-facile
23 · 7
inters(2)
57
p
2 · 29
(2)
59
p
22 · 3 · 5
A5
61
p
2 · 31
(2)
32 · 7
7-facile
6
2
pn
5 · 13
13-facile
2 · 3 · 11
(2)
67
p
22 · 17 17-facile
3 · 23
23-facile
2·5·7
(2)
71
p
23 · 32 inters(3)
73
p
2 · 37
(2)
3 · 52
ind(3)
22 · 19 19-facile
7 · 11
11-facile
2 · 3 · 13
(2)
79
p
24 · 5
ind5
34
pn
2 · 41
(2)
83
p
22 · 3 · 7 7-facile
Num
Fatt
85
5 · 17
86
2 · 43
87
3 · 29
88
23 · 11
89
89
90
2 · 32 · 5
91
7 · 13
92
22 · 23
93
3 · 31
94
2 · 47
95
5 · 19
96
25 · 3
97
97
98
2 · 72
99
32 · 11
100
22 · 52
101
101
102 2 · 3 · 17
103
103
104
23 · 13
105
3·5·7
106
2 · 53
107
107
108
22 · 33
109
109
110 2 · 5 · 11
111
3 · 37
112
24 · 7
113
113
114 2 · 3 · 19
115
5 · 23
116
22 · 29
117
32 · 13
118
2 · 59
119
7 · 17
120 23 · 3 · 5
121
112
122
2 · 61
123
3 · 41
124
22 · 31
125
53
126 2 · 32 · 7
15
Tipo
17-facile
(2)
29-facile
11-facile
p
(2)
13-facile
23-facile
31-facile
(2)
19-facile
ind(3)
p
(2)
11-facile
ind(4)
p
(2)
p
13-facile
7-facile
(2)
p
ind(4)
p
(2)
37-facile
inters(2)
p
(2)
23-facile
29-facile
13-facile
(2)
17-facile
inters(2)
pn
(2)
41-facile
31-facile
pn
(2)
Num
Fatt
127
127
128
27
129
3 · 43
130
2 · 5 · 13
131
131
132 22 · 3 · 11
133
7 · 19
134
2 · 67
135
33 · 5
136
23 · 17
137
137
138
2 · 3 · 23
139
139
140
22 · 5 · 7
141
3 · 47
142
2 · 71
143
11 · 13
144
24 · 32
145
5 · 29
146
2 · 73
147
3 · 72
148
22 · 37
149
149
150
23 · 52
151
151
152
23 · 19
153
32 · 17
154
2 · 7 · 11
155
5 · 31
156 22 · 3 · 13
157
157
158
2 · 79
159
3 × 53
160
25 · 5
161
7 · 23
162
2 · 34
163
163
164
22 · 41
165
3 · 5 · 11
166
2 · 83
167
167
168
23 · 3 · 7
Tipo
p
pn
43-facile
(2)
p
vd. su
19-facile
(2)
ind5
17-facile
p
(2)
p
7-facile
47-facile
(2)
13-facile
es. 1.1.38
29-facile
(2)
ind(3)
ind(4)
p
5-facile
p
19-facile
17-facile
(2)
31-facile
13-facile
p
(2)
53-facile
ind(5)
23-facile
(2)
p
41-facile
11-facile
(2)
p
SL(3, 2)
1.1.44.
Normale. Sia G un gruppo, e sia H un suo sottogruppo di indice finito. Mostrare che anche HG :=
T
−1
gHg
ha indice finito in G.
g∈G
16
MARTINO GARONZI
Risoluzione. L’azione di G su {xH | x ∈ G} data da (g, xH) 7→ gxH induce un omomorfismo G → Sym(|G : H|)
di nucleo HG . Per il primo teorema di isomorfismo ne deduciamo un omomorfismo iniettivo G/HG → Sym(|G : H|).
Ne segue che |G : HG | = |G/HG | ≤ |Sn | = n!, dove n = |G : H|.
1.1.45. Facile. Fare un esempio di un sottogruppo H di un gruppo infinito G con H non normale e di indice finito.
Risoluzione. Sia G = X × S3 , con X un fissato gruppo infinito. Il sottogruppo H = X × h(12)i di G non è normale
in G (per il teorema di corrispondenza, essendo G/(X × {1}) ∼
= S3 ed essendo h(12)i non normale in S3 ) e ha indice 3.
1.1.46. Normale. Sia G un gruppo. Supponiamo che l’intersezione dei sottogruppi di G di indice finito sia uguale a
{1}. Mostrare che l’intersezione dei sottogruppi normali di G di indice finito è uguale a {1}.
Risoluzione. Segue subito dal fatto che il cuore normale di un sottogruppo di indice finito ha indice finito (esercizio
1.1.44). Infatti
\
\
\
N⊆
HG ⊆
H.
N G,|G:N |<∞
H≤G,|G:H|<∞
H≤G,|G:H|<∞
1.1.47. Medio. Siano H, K due sottogruppi di un gruppo G. Mostrare che se |G : H| e |G : K| sono finiti allora
|G : H ∩ K| ≤ |G : H| · |G : K|.
Risoluzione. Supponiamo dapprima che G sia finito. Sia al solito HK = {hk : h ∈ H, k ∈ K}. Ricordiamo che
|HK| = |H|·|K|
|H∩K| . Si ha
|G : H| · |G : K|
|G| · |H ∩ K|
|G|
=
=
≥1
|G : H ∩ K|
|H| · |K|
|HK|
essendo HK ⊆ G.
Supponiamo ora che G non sia necessariamente finito. Dato X ≤ G sia LX l’insieme dei laterali destri di X in G.
Per definizione di indice, |LX | = |G : X|. Consideriamo l’applicazione
LH × LK → LH∩K ∪ {∅}
(Hx, Ky) 7→ Hx ∩ Ky.
Per concludere basta mostrare che questa applicazione è ben definita e che la sua immagine contiene LH∩K .
• Buona definizione. Siano Hx ∈ LH , Ky ∈ LK . Vogliamo mostrare che Hx ∩ Ky ∈ LH∩K ∪ {∅}. Se
Hx ∩ Ky = ∅ abbiamo finito. Supponiamo quindi Hx ∩ Ky 6= ∅, e sia g ∈ Hx ∩ Ky. Allora Hx = Hg e
Ky = Kg, e otteniamo Hx ∩ Ky = Hg ∩ Kg = (H ∩ K)g ∈ LH∩K .
• L’immagine contiene LH∩K . Sia (H ∩ K)g ∈ LH∩K . Allora Hg ∈ LH , Kg ∈ LK e Hg ∩ Kg = (H ∩ K)g.
1.1.48. Normale. Un gruppo G è detto T -gruppo se ogni volta che H, K sono due suoi sottogruppi tali che H K G
si ha H G. In altre parole, nell’insieme dei sottogruppi di G la relazione di normalità è transitiva.
(1) Mostrare che ogni gruppo abeliano è un T -gruppo.
(2) Mostrare che ogni gruppo semplice è un T -gruppo.
(3) Mostrare che S3 , S4 , S5 sono T -gruppi.
(4) Sia n un intero con n ≥ 5. Sapendo che An è un gruppo semplice dimostrare che Sn è un T -gruppo.
(5) Trovare un 2-gruppo non abeliano che sia un T -gruppo.
(6) Trovare un 2-gruppo che non sia un T -gruppo.
Risoluzione.
(1) Se G è un gruppo abeliano allora ogni sottogruppo di G è normale in G e quindi G è un T -gruppo.
(2) Se G è un gruppo semplice e H K G allora K = {1} oppure K = G. Nel primo caso H = {1} G, nel
secondo caso H G. Quindi G è un T -gruppo.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
17
(3) Il risultato segue facilmente dai fatti di seguito elencati.
• I sottogruppi normali di S3 sono {1}, h(123)i e S3 .
• I sottogruppi normali di S4 sono {1}, V = {1, (12)(34), (13)(24), (14)(23)}, A4 , S4 .
• I sottogruppi normali di S5 sono {1}, A5 , S5 (cf. l’esercizio 1.3.20).
(4) Mostriamo che i sottogruppi normali di Sn sono {1}, An e Sn . Il fatto che Sn è un T -gruppo segue facilmente
da questo fatto. Sia N un sottogruppo normale di Sn con N 6= {1} e N 6= Sn . Allora N ∩ An An e quindi,
siccome An è un gruppo semplice, si ha N ∩ An = {1} oppure N ⊇ An . Siccome An ha indice 2 in Sn e
N 6= Sn , se N ⊇ An allora N = An . Supponiamo ora che sia N ∩ An = {1}. Se x, y ∈ N sono diversi da 1
allora sono entrambi permutazioni dispari e quindi xy è pari, per cui xy ∈ An ∩ N = {1}, cioè xy = 1. Ne
segue che N = {1} oppure N ∼
= C2 è generato da un elemento di ordine 2, che quindi appartiene al centro
di Sn , essendo N Sn (ogni sottogruppo normale di ordine 2 è centrale). Quest’ultimo caso non è possibile
perché Z(Sn ) = {1} (esercizio 1.3.11).
(5) Ogni sottogruppo del gruppo dei quaternioni Q8 è normale (cf. l’esercizio 1.1.30), quindi Q8 è un T -gruppo
non abeliano.
(6) Sia G = D4 il gruppo diedrale di ordine 8, diciamo D4 = h(1234), (12)(34)i ≤ S4 (cf. l’esercizio 1.3.12). Allora
h(12)(34)i h(1234)i D4 ma h(12)(34)i 6 D4 , essendo (1234)(12)(34)(1234)−1 = (23)(14) 6∈ {1, (12)(34)} =
h(12)(34)i.
1.1.49. Facile. Siano G un gruppo e N un suo sottogruppo normale. È sempre vero che Z(G/N ) = Z(G)N/N ? Se sı̀
dimostrarlo, altrimenti esibire un controesempio.
Risoluzione. Non è sempre vero. Per esempio N := h(123)i S3 = G e G/N ha ordine 2, quindi è abeliano e
Z(G/N ) = G/N , mentre Z(G) = {1} e quindi Z(G)N/N = N/N .
1.1.50. Normale. Un sottogruppo H di un gruppo G si dice “caratteristico” se per ogni ϕ ∈ Aut(G) si ha ϕ(H) ⊆ H.
Per dire che H è un sottogruppo caratteristico di G scriveremo H c G. Mostrare che:
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
(8)
(9)
(10)
(11)
H c G se e solo se ϕ(H) = H per ogni ϕ ∈ Aut(G);
se H c G allora H G;
se H, K c G allora HK c G;
se G è finito e H è l’unico sottogruppo di G di ordine |H| allora H c G;
ogni sottogruppo di Sylow normale è caratteristico;
ogni sottogruppo di un gruppo ciclico è caratteristico;
se X ⊆ G e ϕ(X) ⊆ X per ogni ϕ ∈ Aut(G) allora hXi c G;
hghg −1 h−1 | g, h ∈ Gi c G e hg 2 | g ∈ Gi c G;
An c Sn per ogni n ≥ 1;
c è transitiva: se H c K c G allora H c G;
se H c K G allora H G.
Risoluzione.
(1) Se ϕ(H) = H per ogni ϕ ∈ Aut(G) allora certamente H c G. Mostriamo il viceversa. Supponiamo H c G, e
sia ϕ ∈ Aut(G). Siccome ϕ(H) ⊆ H, ci rimane da mostrare che H ⊆ ϕ(H). Siccome H c G e ϕ−1 ∈ Aut(G),
si ha ϕ−1 (H) ⊆ H, e applicando ϕ ad ambo i membri otteniamo H ⊆ ϕ(H).
(2) Dato g ∈ G, l’applicazione γg : G → G data da γg (x) := g −1 xg è un automorfismo di G, quindi se H c G
allora γg (H) ⊆ H per ogni g ∈ G, cioè H è normale in G.
(3) H e K sono caratteristici in G e quindi sono normali in G. Segue che HK G. Se h ∈ H, k ∈ K e ϕ ∈ Aut(G)
allora ϕ(hk) = ϕ(h)ϕ(k) ∈ HK e quindi HK è caratteristico in G.
(4) Sia ϕ ∈ G. Dobbiamo mostrare che ϕ(H) ⊆ H. Siccome ϕ è un isomorfismo, H e ϕ(H) sono due sottogruppi
(cf. l’esercizio 1.1.58) di G della stessa cardinalità, quindi per l’ipotesi di unicità segue ϕ(H) = H.
18
MARTINO GARONZI
(5) Se un p-sottogruppo di Sylow è normale allora è l’unico p-sottogruppo di Sylow, e il risultato segue dal punto
(4).
(6) Ogni sottogruppo di un gruppo ciclico finito è l’unico del suo ordine, quindi il risultato segue dal punto (4).
(7) Cf. l’esercizio 1.1.58.
(8) Cf. l’esercizio 1.1.58.
(9) Segue dal fatto che An è l’unico sottogruppo di Sn di indice 2, cioè di ordine n!/2 (esercizio 1.3.21) e dal punto
(4).
(10) Supponiamo H c K c G, e sia ϕ ∈ Aut(G). Siccome K c G, ϕ(K) = K quindi ϕ|K è un automorfismo di
K. Siccome H c K si ha ϕ(H) = ϕ|K (H) = H.
(11) Supponiamo H c K G, e sia g ∈ G. Allora g −1 Kg = K essendo K G. Siccome γg : K → K, x 7→ g −1 xg
è un automorfismo di K e H c K, segue che g −1 Hg = H.
1.1.51. Medio. Siano A e B due gruppi finiti. Mostrare che se |A| e |B| sono coprimi allora A × {1} e {1} × B
sono caratteristici in A × B. Mostrare che se A × {1} e {1} × B sono caratteristici in A × B allora Aut(A × B) ∼
=
Aut(A) × Aut(B).
Risoluzione. Supponiamo che |A| e |B| siano coprimi. Mostriamo solo che A×{1} è caratteristico, l’altro enunciato
è analogo. Sia a ∈ A e f ∈ Aut(G). Dobbiamo mostrare che πB (f ((a, 1))) = 1 dove πB : A × B → B, (a, b) 7→ b è la
proiezione sul secondo fattore. Scriviamo f ((a, 1)) = (a0 , b0 ) e sia k l’ordine di a. Allora (1, 1) = f ((1, 1)) = f ((a, 1)k ) =
f ((a, 1))k = (a0 , b0 )k = (a0k , b0k ) per cui b0k = 1. Siccome l’ordine di b0 è coprimo con k segue πB (f ((a, 1))) = b0 = 1.
Ora supponiamo che A × {1} e {1} × B siano caratteristici in A × B e sia f ∈ Aut(A × B). Allora per l’ipotesi
esistono fA ∈ Aut(A) e fB ∈ Aut(B) con f ((a, b)) = f ((a, 1))f ((1, b)) = (fA (a), 1)(1, fB (b)) = (fA (a), fB (b)). Sia
ϕ : Aut(A × B) → Aut(A) × Aut(B) che manda f in (fA , fB ). Si verifica facilmente che si tratta di un isomorfismo
di gruppi.
1.1.52.
(1)
(2)
(3)
Medio. Trovare due gruppi finiti A e B tali che detto G := A × B si abbia
A × {1} e {1} × B non sono caratteristici in G.
Uno tra A × {1} e {1} × B è caratteristico in G, l’altro no.
A × {1} e {1} × B sono caratteristici in G ma hanno ordine non coprimo (cf. con 1.1.51).
Risoluzione.
(1) G = C2 × C2 . Qui Aut(G) agisce transitivamente su G − {1} (cf. 1.1.57) quindi i due fattori non sono
caratteristici.
(2) G = S3 ×C2 . Siccome Z(S3 ) = {1} si ha Z(G) = {1}×C2 (cf. 1.1.22) e quindi {1}×C2 è caratteristico (il centro
è sempre un sottogruppo caratteristico, facile esercizio). Scriviamo ora S3 = {1, (12), (13), (23), (123), (132)}
e C2 = hεi e definiamo τ ∈ Aut(G) tramite le posizioni τ (((123), 1)) = ((123), 1), τ (((12), 1)) = ((12), ε) e
τ ((1, ε)) = (1, ε). Si verifica facilmente che queste assegnazioni definiscono un automorfismo di G e τ (S3 ×
{1}) 3 ((12), ε) quindi τ (S3 × {1}) 6= S3 × {1}, in particolare S3 × {1} non è caratteristico. Per la cronaca
Aut(G) ∼
= S3 × C2 dove S3 rappresenta gli automorfismi interni e il C2 è generato da τ .
(3) G = S3 × C3 . Anche qui {1} × C3 è caratteristico essendo il centro di G. Anche S3 × {1} è caratteristico
perché è generato dagli elementi di G di ordine 2, e gli automorfismi preservano l’ordine degli elementi. In
generale se G è un qualsiasi gruppo, un sottogruppo generato da un sottoinsieme X di G tale che ϕ(X) ⊆ X
per ogni ϕ ∈ Aut(G) è sempre caratteristico (cf. 1.1.58).
1.1.53. [Argomento di Frattini] Medio. Siano G un gruppo finito, N G e P un p-sottogruppo di Sylow di N .
Mostrare che NG (P )N = G. Suggerimento: dato g ∈ G si ha gP g −1 ⊆ N e |gP g −1 | = |P |.
Risoluzione. Siccome N è normale, NG (P )N ≤ G. Mostriamo l’inclusione G ⊆ NG (P )N . Sia quindi g ∈ G. Allora
gP g −1 è un sottogruppo di G contenuto in gN g −1 = N (essendo N normale) e di ordine |P |, quindi è un p-sottogruppo
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
19
di Sylow di N . Segue dal teorema di Sylow che esiste n ∈ N tale che nP n−1 = gP g −1 , cioè n−1 gP g −1 n = P , cioè
g −1 n ∈ NG (P ), da cui g −1 ∈ NG (P )n ⊆ NG (P )N , cioè g ∈ NG (P )N .
1.1.54. Medio. Sia G un gruppo finito e sia Φ(G) l’intersezione dei sottogruppi massimali di G. Si chiama “sottogruppo
di Frattini” di G. Mostrare che Φ(G) è un sottogruppo caratteristico di G ogni cui sottogruppo di Sylow è normale in
G.
Risoluzione. Che Φ(G) sia caratteristico in G segue dall’esercizio 1.1.58. Sia P un sottogruppo di Sylow di G.
Per l’argomento di Frattini (esercizio 1.1.53), NG (P )Φ(G) = G. Vogliamo mostrare che P G, cioè che NG (P ) = G.
Supponiamo per assurdo che sia NG (P ) 6= G. Poiché G è finito, esiste un sottogruppo massimale M di G che contiene
NG (P ). Ma allora M contiene sia NG (P ) che Φ(G) (per definizione di Φ(G)), quindi NG (P )Φ(G) ⊆ M < G, assurdo.
1.1.55. Difficile. Sia G un gruppo finito di ordine pari e sia P un suo 2-sottogruppo di Sylow. Mostrare che se P è
ciclico allora esiste un sottogruppo caratteristico N di G di ordine |G : P |.
Risoluzione. Consideriamo l’azione di G su X = G a sinistra data dalla moltiplicazione a sinistra, G × X 3
(g, x) 7→ gx. Tale azione determina un omomorfismo iniettivo G → Sym(G). Possiamo quindi pensare a G come a
un sottogruppo di Sym(G) (questo è precisamente il contenuto del teorema di Cayley). Per 1.1.42, il sottogruppo
G ∩ Alt(G) di G ha indice 2 in G. Sia ϕ ∈ Aut(G) e sia g ∈ G. Detto k l’ordine di g, la decomposizione di g in
cicli disgiunti consiste di |G|/k cicli di lunghezza k. Siccome ϕ è un automorfismo di G, ϕ(g) ha anch’esso ordine
k, quindi la sua struttura ciclica è la stessa di quella di g. Ne segue che se g ∈ Alt(G) allora anche ϕ(g) ∈ Alt(G).
Deduciamo che G ∩ Alt(G) è caratteristico in G. Ora, siccome la relazione c (essere caratteristico in) è transitiva
(esercizio 1.1.50), e i 2-sottogruppi di Sylow di G ∩ Alt(G) sono anch’essi ciclici (in quanto 2-sottogruppi di G, ognuno
di essi è contenuto in un qualche 2-sottogruppo di Sylow di G, che è ciclico), argomentando per induzione troviamo
un sottogruppo caratteristico di G di ordine |G : P |.
1.1.56. Medio. Sia G un gruppo, e sia f : G → Aut(G) l’omomorfismo dato dal coniugio: f (g)(x) := gxg −1 . Il
gruppo f (G) si indica con Inn(G) e si chiama gruppo degli automorfismi interni di G. Mostrare che Inn(G) Aut(G).
Il quoziente Aut(G)/Inn(G) si indica con Out(G) e si chiama gruppo degli automorfismi esterni di G. Trovare un
gruppo G per ognuno dei seguenti casi:
Out(G) = {1}, Out(G) ∼
6 Out(G) ∼
6 Aut(G).
= Aut(G), {1} =
=
Risoluzione. Si ha Out(S3 ) = {1} (esercizio 1.3.26), Out(G) ∼
= Aut(G) se e solo se G è abeliano (questo è
equivalente a dire che f (G) = {1}, dimostrarlo è facile) e Out(A4 ) 6= {1} (cf. esercizio 1.3.27).
1.1.57. Difficile. Sia G un gruppo finito. Mostrare che l’azione di Aut(G) su G − {1} data da
ΓG : Aut(G) × (G − {1}) 3 (ϕ, g) 7→ ϕ(g) ∈ G − {1}
è ben definita. Mostrare che:
(1) se G = Cp n , dove p è un primo e n è un intero positivo, allora ΓG è transitiva;
(2) viceversa, se ΓG è transitiva allora esistono un primo p e un intero positivo n tali che G ∼
= Cp n .
Risoluzione.
(1) Vedendo Cp n = Fp n come spazio vettoriale n-dimensionale su Fp = Z/pZ, un automorfismo di Cp n è un
suo automorfismo in quanto Fp -spazio vettoriale (infatti una applicazione Fp n → Fp n è un omomorfismo di
gruppi additivi se e solo se è Fp -lineare, essendo ogni elemento di Fp una somma di uni), quindi è dato da una
matrice invertibile n × n. Dati due qualsiasi elementi (vettori) non nulli v, w ∈ Cp n , esiste sempre una matrice
invertibile che manda v in w: basta completare v a una base, scrivere una matrice n × n invertibile che ha w
come prima colonna e poi tornare alla base originale.
20
MARTINO GARONZI
(2) Supponiamo che ΓG sia transitiva. Siccome gli automorfismi conservano gli ordini degli elementi, tutti gli
elementi non identici di G hanno lo stesso ordine. Ne segue che tale ordine comune è un numero primo:
chiamatolo m, se esistesse un divisore proprio d di m con d 6= 1 allora detto 1 6= g ∈ G l’elemento g m/d
avrebbe ordine 1 < d 6= m. Quindi ogni elemento non identico di G ha lo stesso ordine, un numero primo
p. In virtù del teorema di struttura per i gruppi abeliani finiti, per concludere che G ∼
= Cp n basta mostrare
che G è abeliano. Ricordiamo che il centro di un gruppo è un sottogruppo caratteristico (esercizio 1.1.58).
Z(G) 6= {1} essendo G un p-gruppo (si veda 1.1.6). Dalla transitività di Aut(G) segue allora che G coincide
col suo centro, cioè G è abeliano.
1.1.58. Medio. Siano G un gruppo, H ≤ G e A ≤ Aut(G). H si dice “A-invariante” se ϕ(H) ⊆ H per ogni
ϕ ∈ A. Ricordiamo che un sottogruppo è normale se e solo se è Inn(G)-invariante (dove Inn(G) indica l’insieme
degli automorfismi “interni” di G, cioè quelli della forma γg : G → G, x 7→ g −1 xg), è caratteristico se e solo se è
Aut(G)-invariante. Mostrare che:
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
dato ϕ ∈ Aut(G) si ha ϕ(H) ≤ G;
H è A-invariante se e solo se ϕ(H) = H per ogni ϕ ∈ A;
{1} e G sono A-invarianti;
se A ≤ B ≤ Aut(G) e H è B-invariante allora H è A-invariante;
H è {1}-invariante;
il centro Z(G) di G è un sottogruppo caratteristico.
Sia ora H T
una famiglia di sottogruppi di G con la proprietà che per ogni H ∈ H, ϕ ∈ A si abbia ϕ(H) ∈ H.
Mostrare che H∈H H è A-invariante. Dedurre che:
(8)
(9)
(10)
(11)
se X ⊆ G è tale che ϕ(X) ⊆ X per ogni ϕ ∈ A allora hXi, il sottogruppo di G generato da X, è A-invariante;
Φ(G), il sottogruppo di Frattini di G, cioè l’intersezione dei sottogruppi massimali di G, è caratteristico in G;
hghg −1 h−1 | g, h ∈ Gi e hg 2 | g ∈ Gi sono caratteristici in G;
più in generale, se H è un sottogruppo di G generato da “parole”, cioè elementi del tipo xε11 · · · xεkk dove
εi ∈ {1, −1} per ogni i = 1, . . . , k e x1 , . . . , xk variano in G, allora H è caratteristico in G.
Fare un esempio di:
(12) sottogruppo normale non caratteristico;
(13) gruppo G non semplice e privo di sottogruppi caratteristici propri e non banali.
Risoluzione.
(1) Siccome 1 ∈ H, 1 = ϕ(1) ∈ ϕ(H). Se x, y ∈ H allora siccome xy ∈ H, ϕ(x)ϕ(y) = ϕ(xy) ∈ ϕ(H), quindi
ϕ(H) è chiuso rispetto al prodotto. Inoltre siccome x−1 ∈ H, ϕ(x)−1 = ϕ(x−1 ) ∈ ϕ(H), quindi ϕ(H) contiene
gli inversi dei suoi elementi. Ne segue che ϕ(H) ≤ G.
(2) Senz’altro se ϕ(H) = H per ogni ϕ ∈ A allora H è A-invariante. Mostriamo il viceversa. Supponiamo che H
sia A-invariante, e sia ϕ ∈ A. Dobbiamo mostrare che ϕ(H) = H. Siccome H è A-invariante, ϕ(H) ⊆ H e
ϕ−1 (H) ≤ H. Ne segue che H = ϕ(ϕ−1 (H)) ⊆ ϕ(H) ⊆ H. Quindi ϕ(H) = H.
(3) Se A ≤ Aut(G) e ϕ ∈ A allora ϕ(1) = 1 e ϕ(G) = G (cf. il punto precedente). Quindi {1} e G sono
A-invarianti.
(4) Supponiamo A ≤ B ≤ Aut(G) e H ≤ G sia B-invariante. Allora ϕ(H) ⊆ H per ogni ϕ ∈ B, in particolare
questo vale per ogni ϕ ∈ A (essendo A ⊆ B) e quindi H è A-invariante.
(5) 1 ∈ A lascia fisso ogni elemento, quindi 1(H) = H, quindi H è {1}-invariante.
(6) Bisogna mostrare che se g ∈ Z(G) e ϕ ∈ Aut(G) allora ϕ(g) ∈ Z(G), cioè ϕ(g)x = xϕ(g) per ogni x ∈ G. Sia
quindi x ∈ G. Siccome ϕ è una funzione biiettiva G → G, esiste h ∈ G con x = ϕ(h), e quindi
ϕ(g)x = ϕ(g)ϕ(h) = ϕ(gh) = ϕ(hg) = ϕ(h)ϕ(g) = xϕ(g).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
21
T
Sia x ∈ N = H∈H H, e sia ϕ ∈ A. Dobbiamo mostrare che ϕ(x) ∈ N , cioè che ϕ(x) ∈ H per ogni H ∈ H.
Sia quindi H ∈ H. Dobbiamo mostrare che ϕ(x) ∈ H, cioè che x ∈ ϕ−1 (H). Ma ϕ−1 (H) ∈ H per ipotesi, essendo
ϕ−1 ∈ A ≤ Aut(G), e quindi x ∈ N ⊆ ϕ−1 (H).
(8) Segue dal fatto che hXi è l’intersezione dei sottogruppi di G contenenti X, e che se X ⊆ H ≤ G e ϕ ∈ A allora
X ⊆ ϕ(H).
(9) Segue dal fatto che se H è un sottogruppo massimale di G e ϕ ∈ A allora anche ϕ(H) è massimale.
(10) Sia X := {g 2 : g ∈ G}. Per mostrare che hXi è caratteristico in G basta mostrare che se x ∈ X e ϕ ∈ Aut(G)
allora ϕ(x) ∈ X. Questo segue dal fatto che ϕ è un omomorfismo: se g ∈ G allora ϕ(g 2 ) = ϕ(g)2 ∈ X. L’idea
è la stessa se X = {ghg −1 h−1 | g, h ∈ G}: si ha ϕ(ghg −1 h−1 ) = ϕ(g)ϕ(h)ϕ(g)−1 ϕ(h)−1 ∈ X.
(11) È una facile generalizzazione del punto precedente.
(12) Sia G = C2 × C2 = hai × hbi. Il sottogruppo hai è normale ma non caratteristico. In realtà, ogni sottogruppo
proprio non banale di G è non caratteristico (cf. l’esercizio 1.1.57).
(13) Un esempio è Cp n , dove p è un primo e n ≥ 2 è un intero. Si veda l’esercizio 1.1.57.
1.1.59. Normale. Si consideri la funzione f : R → C∗ definita ponendo
f (r) = cos(2πr) + i sin(2πr) = ei2πr
per ogni r ∈ R.
(1) Si mostri che f è un omomorfismo del gruppo additivo dei reali nel gruppo moltiplicativo dei complessi non
nulli.
(2) Si determinino nucleo e immagine di f .
(3) Si verifichi che il sottogruppo T degli elementi periodici di C∗ è f (Q).
(4) Si provi che T è isomorfo al gruppo additivo Q/Z.
(5) Qual è card(T )?
Risoluzione.
(1) Dobbiamo mostrare che f (0) = 1 e che se r, s ∈ R allora f (r + s) = f (r)f (s). Calcoliamo:
f (0) = cos(2π0) + i sin(2π0) = cos(0) + i sin(0) = 1.
f (r + s) = ei2π(r+s) = ei2πr+i2πs = ei2πr e2πs .
Un altro modo è fare tutti i conti con la forma polare, ma non è strettamente necessario:
f (r + s)
f (r)f (s)
=
cos(2π(r + s)) + i sin(2π(r + s)) = cos(2πr + 2πs) + i sin(2πr + 2πs) =
=
cos(2πr) cos(2πs) − sin(2πr) sin(2πs) + i sin(2πr) cos(2πs) + i cos(2πr) + i sin(2πs),
=
(cos(2πr) + i sin(2πr))(cos(2πs) + i sin(2πs)) =
=
cos(2πr) cos(2πs) + i sin(2πs) cos(2πr) + i sin(2πr) cos(2πs) + i2 sin(2πs) cos(2πr).
Siccome i2 = −1 otteniamo f (r + s) = f (r)f (s).
(2) Il nucleo è {r ∈ R | f (r) = 1}. f (r) = 1 significa cos(2πr) + i sin(2πr) = 1, cioè (confrontando parte reale e
parte immaginaria) cos(2πr) = 1 e sin(2πr) = 0. Queste sono due semplicissime equazioni trigonometriche.
Entrambe hanno come soluzione r ∈ Z. Quindi ker(f ) = Z, il gruppo additivo degli interi.
L’immagine è {f (r) | r ∈ R}. Ricordiamo che f (r) = ei2πr . Un elemento di C di questa forma ha certamente
modulo 1, quindi sta sulla circonferenza unitaria C = {z ∈ C | |z| = 1}. Infatti
p
√
|f (r)| = | cos(2πr) + i sin(2πr)| = cos(2πr)2 + sin(2πr)2 = 1 = 1.
22
MARTINO GARONZI
L’idea è mostrare che l’immagine di f è uguale a C. Abbiamo appena dimostrato che f (R) ⊆ C, mostriamo
quindi l’altra inclusione. Se c ∈ C allora |c| = 1, quindi la scrittura di c in forma polare è cos(α) + i sin(α). A
questo punto basta quindi scegliere r = α/2π per ottenere f (r) = c. Quindi C ⊆ f (R), e quindi C = f (R).
(3) Mostriamo che T ⊆ f (Q). Prendiamo z ∈ T . Vogliamo dimostrare che z ∈ f (Q). Siccome z è periodico,
z n = 1 per qualche intero n > 1. In particolare 1 = |z n | = |z|n e quindi |z| = 1. Ne segue che la scrittura di z
in forma polare è z = cos(α) + i sin(α). Come sappiamo bene, si ha
z n = (cos(α) + i sin(α))n = cos(nα) + i sin(nα).
Siccome z n = 1 otteniamo che cos(nα) = 1 e sin(nα) = 0. Queste sono due semplicissime equazioni trigonometriche. La prima ha come soluzione nα ∈ 2πZ. La seconda ha come soluzione nα ∈ πZ. Siccome devono
valere entrambe, otteniamo che nα ∈ 2πZ. In particolare, siccome n 6= 0, dividendo per n otteniamo che esiste
a ∈ Z con α = 2πa/n. Ne segue che f (a/n) = z, e quindi z ∈ f (Q).
Mostriamo che f (Q) ⊆ T . In altre parole, dobbiamo mostrare che se r = a/b ∈ Q, con a, b ∈ Z, b > 0
(posso fare questa scelta a meno di cambiare il segno ad a), allora f (a/b) è periodico. Dobbiamo cioè trovare
n > 0 tale che f (a/b)n = 1. Scegliamo n = b. Allora
f (a/b)b = (cos(2πa/b) + i sin(2πa/b))b = cos(b(2πa/b)) + i sin(b(2πa/b)) = cos(2πa) + i sin(2πa) = 1.
(4) Consideriamo la funzione f ristretta a Q: f |Q : Q → C∗ , x 7→ f (x). Si tratta di un omomorfismo di gruppi di
nucleo ker(f ) ∩ Q = Z ∩ Q = Z e immagine T . Per il teorema di isomorfismo, Q/Z ∼
= T.
(5) Abbiamo appena considerato una funzione suriettiva Q → T (si tratta della proiezione sul quoziente, Q →
Q/Z). Per definizione di cardinalità, segue che |Q| ≥ |T |, cioè |T | ≤ |N| (ricordare che Q è numerabile), cioè
T è al più numerabile. D’altra parte le classi di 1/n, con n intero positivo, sono a due a due distinte in Q/Z e
quindi |T | = |N|. Detto formalmente, la funzione N → Q/Z, n 7→ 1/n + Z è iniettiva (e questo, per definizione
di cardinalità, implica che |N| ≤ |Q/Z| e quindi ci permette di concludere che |T | = |N|). Infatti se fosse
1/n + Z = 1/m + Z allora 1/n − 1/m ∈ Z, ed è facile vedere che questo è assurdo a meno che n = m.
1.1.60.
(1)
(2)
(3)
(4)
Normale. Siano G un gruppo finito, N un suo sottogruppo normale e p un divisore primo di |G|.
Mostrare che se P è un p-sottogruppo di Sylow di G allora P ∩ N è un p-sottogruppo di Sylow di N .
Il numero di p-sottogruppi di Sylow di N è minore o uguale del numero di p-sottogruppi di Sylow di G?
Mostrare che se P è un p-sottogruppo di Sylow di G allora P N/N è un p-sottogruppo di Sylow di G/N .
Il numero di p-sottogruppi di Sylow di G/N è minore o uguale del numero di p-sottogruppi di Sylow di G?
Risoluzione.
(1) Siccome P ∩ N ≤ P e P è un p-gruppo, per il teorema di Lagrange anche P ∩ N è un p-gruppo. Per concludere
che P ∩ N è un p-sottogruppo di Sylow di N dobbiamo quindi dimostrare che |N |/|P ∩ N | = |N : P ∩ N | non
è divisibile per p. Ma sappiamo che |P N | = |P | · |N |/|P ∩ N | e quindi
1 |P | · |N |
|P N |
|N |
=
=
.
|P ∩ N |
|P | |P ∩ N |
|P |
Siccome N è normale in G, P N ≤ G e quindi per il teorema di Lagrange |P N | divide |G|. Ne segue che
|N |/|P ∩ N | = |P N |/|P | divide |G|/|P |, che non è divisibile per p perché P è un p-sottogruppo di Sylow di
G. Quindi nemmeno |N |/|P ∩ N | è divisibile per p.
(2) Mostriamo che la risposta è sı̀. Sia Q un p-sottogruppo di Sylow di N . Allora Q è un p-sottogruppo di G,
quindi è contenuto in un p-sottogruppo di Sylow P di G. Ora siccome P ∩ N ≤ P e P è un p-gruppo, per il
teorema di Lagrange anche P ∩ N è un p-gruppo. Quindi P ∩ N è un p-sottogruppo di N contenente Q, che
è un p-sottogruppo di Sylow di N . Ne segue che P ∩ N = Q, e quindi la funzione
Sylp (G) → Sylp (N ), P 7→ P ∩ N
è ben definita (per il punto precedente) e suriettiva. Questo prova l’asserto.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
23
(3) Osserviamo innanzitutto che P N ≤ G perché N è normale in G. Si ha
|P N/N | = |P N |/|N | =
1 |P | · |N |
|P |
=
.
|N | |P ∩ N |
|P ∩ N |
In particolare |P N/N | divide |P |, che è una potenza di p, quindi |P N/N | è una potenza di p, cioè P N/N è un
p-gruppo. Per concludere che P N/N è un p-sottogruppo di Sylow di G/N dobbiamo quindi dimostrare che
|G/N : P N/N | = |G/N |/|P N/N | non è divisibile per p. Ma
|G/N |/|P N/N | =
|G| · |P ∩ N |
|G : P |
|G|/|N |
=
=
|P N |/|N |
|P | · |N |
|N : P ∩ N |
divide |G : P |, che non è divisibile per p, quindi neanche |G/N : P N/N | è divisibile per p.
(4) Mostriamo che la risposta è sı̀. Sia Q/N un p-sottogruppo di Sylow di G/N , con N ≤ Q ≤ G. Sia P un
p-sottogruppo di Sylow di Q. Mostriamo che P è un p-sottogruppo di Sylow di G. Per farlo basta mostrare
che p non divide |G : P |. Ma |G : P | = |G|/|P | = (|G|/|Q|)(|Q|/|P |) = |G : Q| · |Q : P |, e siccome p non divide
|Q : P | (perché P è un p-sottogruppo di Sylow di Q) per concludere basta mostrare che p non divide |G : Q|.
Ma
|G|/|N |
= |G/N : Q/N |
|G : Q| = |G|/|Q| =
|Q|/|N |
non è divisibile per p perché Q/N è un p-sottogruppo di Sylow di G/N . Ne segue che P è un p-sottogruppo di
Sylow di G, quindi come già osservato P N/N è un p-sottogruppo di Sylow di G/N . Inoltre P, N ⊆ Q e quindi
P N ≤ Q. Entrambi i sottogruppi P N/N e Q/N di G/N sono p-sottogruppi di Sylow di G/N , e il primo è
contenuto nel secondo, quindi sono uguali: Q/N = P N/N . Ne segue che la funzione
Sylp (G) → Sylp (G/N ), P 7→ P N/N
è ben definita (per il punto precedente) e suriettiva. Questo prova l’asserto.
1.1.61. Medio. Ricordiamo che un endomorfismo di un gruppo G è un omomorfismo G → G. È vero che ogni
endomorfismo iniettivo di un gruppo è necessariamente un isomorfismo? È vero che ogni endomorfismo suriettivo di
un gruppo è necessariamente un isomorfismo?
Suggerimento: per l’iniettività considerare il gruppo (Z, +), per la suriettività considerare il gruppo (C∗ , ·). Per
ottenere un’infinità di controesempi considerare la seguente costruzione. Dati un gruppo G e una funzione f : I → I
la funzione ϕf : GI → GI che manda (gi )i∈I in (gf (i) )i∈I è un omomorfismo.
1.1.62. Normale. Se G è un gruppo abeliano allora ogni sottogruppo di G è normale. È vero il viceversa? Cioè, è
vero che se ogni sottogruppo di un gruppo G è normale allora G è necessariamente abeliano?
Risoluzione. No non è vero, un controesempio è il gruppo dei quaternioni Q8 (cf. con l’esercizio 1.1.30).
1.1.63. Sia G un gruppo finito, e siano H, K sottogruppi di G. Supponiamo che gli indici |G : H|, |G : K| siano
coprimi. Mostrare che:
• |G : H ∩ K| = |G : H| · |G : K|,
• HK = G.
Suggerimento: confrontare con l’esercizio 1.1.47.
Risoluzione. Osserviamo che |G : H ∩ K| = |G : H| · |H : H ∩ K| e anche |G : H ∩ K| = |G : K| · |K : H ∩ K|
quindi |G : H| e |G : K| dividono entrambi |G : H ∩ K|. Siccome per ipotesi |G : H| e |G : K| sono coprimi, anche
|G : H| · |G : K| divide |G : H ∩ K|, in particolare |G : H| · |G : K| ≤ |G : H ∩ K|. D’altra parte per l’esercizio 1.1.47
si ha |G : H ∩ K| ≤ |G : H| · |G : K| e quindi otteniamo |G : H ∩ K| = |G : H| · |G : K|. Si ha quindi
1=
|G : H| · |G : K|
|G|2 |H ∩ K|
|H ∩ K|
|G|
=
= |G|
=
.
|G : H ∩ K|
|G||H||K|
|H||K|
|HK|
24
MARTINO GARONZI
In altre parole |G| = |HK| e quindi, siccome G è finito e HK ⊆ G, G = HK.
1.1.64. Facile. Supponiamo che nel gruppo G ogni sottogruppo ciclico sia normale. Mostrare che in G ogni sottogruppo
è normale.
Risoluzione. Sia H un sottogruppo di G. Per mostrare che H è normale basta mostrare che se h ∈ H e g ∈ G
allora ghg −1 ∈ H. Ma hhi è normale in G per ipotesi, quindi ghg −1 ∈ hhi ⊆ H.
1.1.65. Siano G un gruppo finito, g ∈ G e N G. Siano A := CG/N (gN ) e B := CG (g). Mostrare che |A| ≤ |B|. È
vero che necessariamente |A| divide |B|?
1.1.66. Teorema di Landau. Difficile. Sia n un intero positivo. Mostrare che ci sono solo un numero finito di gruppi
con esattamente n classi di coniugio.
1.1.67. Facile. Sia G un gruppo finito e sia X un sottoinsieme di G tale che 1 ∈ X e xy ∈ X per ogni x, y ∈ X.
Mostrare che X è un sottogruppo di G. Nota: qui l’ipotesi essenziale è che G è finito. Confrontare col sottoinsieme
{0, 1, 2, . . .} di (Z, +).
Risoluzione. Sia x ∈ X. Dobbiamo mostrare che x−1 ∈ X. Consideriamo la funzione f : X → X che manda a in
xa. Tale funzione è ben definita per ipotesi, ed è anche iniettiva, infatti da xa = xb con a, b ∈ X segue, moltiplicando
a sinistra per x−1 , che a = b. Siccome X è finito, per il principio dei cassetti f è anche suriettiva. Ora 1 ∈ X per
ipotesi, quindi deve esistere a ∈ X con f (a) = 1, cioè xa = 1 da cui a = x−1 .
1.1.68. Medio. Sia P un p-sottogruppo di Sylow di un gruppo finito G e sia H = NG (P ) il suo normalizzante in G.
Provare che NG (H) = H.
Risoluzione. È chiaro che H ⊆ NG (H), ora proviamo l’inclusione inversa. Sia g ∈ NG (H) e mostriamo che g ∈ H.
Osserviamo che essendo P H, gP g −1 è un sottogruppo di Sylow di H quindi, per il teorema di Sylow, esiste h ∈ H
con hP h−1 = gP g −1 . Ne segue che h−1 gP g −1 h = P in altre parole h−1 g ∈ NG (P ) = H. Siccome h ∈ H segue
g ∈ hH = H.
1.1.69. Normale. Sia G un gruppo finito e sia H un suo sottogruppo. Provare che il numero di p-sottogruppi di
Sylow di H è minore o uguale a quello dei p-sottogruppi di Sylow di G.
Risoluzione. Dato P un p-sottogruppo di Sylow di H per il teorema di Sylow esiste un p-sottogruppo di Sylow QP
di G tale che P ⊆ QP . Inoltre se P1 6= P2 sono due p-sottogruppi di Sylow di H allora QP1 6= QP2 essendo in generale
QP ∩ H = P . Ne segue che la funzione P 7→ QP che manda un p-sottogruppo di Sylow di H in un p-sottogruppo di
Sylow di G è iniettiva e quindi il numero di p-sottogruppi di Sylow di H è al più uguale al numero di sottogruppi di
Sylow di G.
1.1.70. Facile. Provare che se il centro di un gruppo finito G ha indice n, allora ogni elemento di G ha al più n
coniugati.
Risoluzione. Sia g ∈ G. Il numero di coniugati di g in G è uguale a |G : CG (g)|. Siccome Z(G) ⊆ CG (g) si ha
n = |G : Z(G)| = |G : CG (g)| · |CG (g) : Z(G)| da cui |G : CG (g)| ≤ n.
1.1.71. Difficile. Siano p, q, r tre primi distinti, con p < q < r, e sia G un gruppo di ordine pqr. Mostrare che
nr (G) = 1, cioè che G ha un solo r-Sylow.
Risoluzione. Supponiamo per assurdo che nr 6= 1. Per il teorema di Sylow nr divide pq, quindi nr ∈ {1, p, q, pq}.
D’altra parte nr 6= 1 per ipotesi e nr ≡ 1 mod r, da cui nr > r e siccome p, q < r segue nr = pq. Quindi G ha
(r − 1)pq elementi di ordine r.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
25
Mostriamo che nq = 1. Supponiamo per assurdo che nq 6= 1. Per il teorema di Sylow nq divide pr, e per ipotesi
nq 6= 1, quindi nq ∈ {p, r, pr}. D’altra parte 1 6= nq ≡ 1 mod q implica che nq > q > p, quindi nq 6= p per cui
nq ∈ {r, pr}, in particolare nq ≥ r. Quindi G ha almeno r(q − 1) elementi di ordine q. Ovviamente G ha anche p
elementi di ordine 1 o p. Quindi pqr = |G| è maggiore o uguale di (r − 1)pq + r(q − 1) + p = pqr − pq + rq − r + p.
Segue che r − p ≥ q(r − p) da cui semplificando per r − p 6= 0 otteniamo 1 ≥ q, assurdo.
Sia ora Q un q-Sylow di G. Come abbiamo visto nq = 1 cioè Q G. Detto R un r-Sylow di G si ha allora RQ ≤ G
(un prodotto di due sottogruppi è un sottogruppo se uno di essi è normale). Inoltre G/Q ha ordine pr e RQ/Q ha
ordine r, quindi RQ/Q è un r-Sylow di G/Q. Il numero di r-Sylow di G/Q, per il teorema di Sylow, è 1 (divide p ed è
≡ 1 mod r, quindi è 1 essendo p < r). Ne segue che RQ/Q G/Q e quindi per il teorema di corrispondenza RQ G.
Siccome RQ contiene R ed è normale in G, RQ contiene tutti i coniugati di R, cioè contiene tutti gli r-Sylow di G,
che avendo ordine r sono anche r-Sylow di RQ. Ma RQ ha ordine rq, quindi per il teorema di Sylow RQ ha un solo
r-Sylow (il numero di r-Sylow di RQ è ≡ 1 mod r e divide q, quindi è 1 essendo q < r). In altre parole RQ ha un
solo sottogruppo di ordine r. Siccome tutti gli r-Sylow di G sono contenuti in RQ, segue che nr = 1. Assurdo.
1.1.72. Difficile. Siano p, q due primi distinti e sia m un intero positivo. Mostrare che i gruppi di ordine pm q non
sono semplici. Suggerimento: dato un gruppo G di ordine pm q e detti P e Q due p-Sylow di G, considerare il seguente
problema: hNP (P ∩ Q), NQ (P ∩ Q)i è un p-gruppo?
Risoluzione. Si tratta di un caso particolare del teorema pa q b di Burnside, che dice che in un gruppo finito semplice
non abeliano non ci sono classi di coniugio non banali di cardinalità una potenza di un primo (questo implica che i
gruppi di ordine pa q b non sono semplici: basta considerare la classe di coniugio di un elemento centrale di un p-Sylow).
Sia G un gruppo di ordine pn q. Se p = q allora G è un p-gruppo e quindi Z(G) 6= {1}, per cui G non è semplice.
Supponiamo ora p 6= q. Se G ha un solo p-Sylow allora esso è normale e G non è semplice. Per il teorema di Sylow
possiamo quindi assumere che G abbia q p-Sylow. Se due qualsiasi p-Sylow hanno intersezione banale allora i p-Sylow
coprono q(pn − 1) + 1 = |G| − (q − 1) elementi, quindi in G c’è spazio per al più un q-Sylow; siccome ce n’è almeno
uno, esso è normale, quindi G non è semplice.
Supponiamo quindi che esistano due p-Sylow con intersezione non banale. Siano P1 , P2 due p-Sylow tali che |P1 ∩P2 |
è il massimo possibile, e sia Ni := NPi (P1 ∩ P2 ) per i = 1, 2. Mostriamo che J := hN1 , N2 i non è un p-gruppo. Se
lo fosse, allora per il teorema di Sylow sarebbe contenuto in un p-Sylow R di G. A meno di scambiare P1 e P2 tra di
loro possiamo assumere che sia R 6= P2 . Allora abbiamo P1 ∩ P2 ⊆ N1 ∩ P2 ⊆ R ∩ P2 e dalla massimalità di |P1 ∩ P2 |
segue che P1 ∩ P2 = R ∩ P2 . D’altra parte R ∩ P2 ⊇ N2 ⊇ P1 ∩ P2 e quindi P1 ∩ P2 = N2 = NP2 (P1 ∩ P2 ), in altre
parole P1 ∩ P2 è auto-normalizzato in P2 , e questo contraddice il fatto seguente.
Lemma 2. Sia P un p-gruppo finito e sia H un sottogruppo proprio di P . Allora NP (H) 6= H.
Dimostrazione. Scriviamo |P | = pn e procediamo per induzione su n. Se n = 1 allora P ∼
= Cp e l’enunciato è
chiaramente vero. Supponiamo ora che sia n > 1. Sia H < P , e sia x un elemento centrale di P diverso da 1 (esiste
perché i p-gruppi finiti hanno centro non banale). Se x ∈ H allora H/hxi < P/hxi e applicando l’ipotesi induttiva
troviamo che NP/hxi (H/hxi) = K/hxi =
6 H/hxi, da cui NP (H) = K 6= H. Supponiamo ora che sia x 6∈ H. Siccome x
è centrale normalizza H, cioè x ∈ NP (H) e quindi NP (H) 6= H.
Riepilogando, abbiamo quindi ottenuto che J non è un p-gruppo, quindi il suo ordine è diviso da q. Poiché |G| = pn q,
J contiene un q-Sylow di G, sia esso Q. Allora dalla definizione di J segue che Q normalizza P1 ∩ P2 . D’altra parte
Q agisce per coniugio sui p-Sylow di G transitivamente (infatti G = QP1 e G agisce transitivamente, per il teorema
di Sylow) cioè ogni p-Sylow di G ha la forma xP1 x−1 con x ∈ Q. Siccome Q normalizza P1 ∩ P2 segue che P1 ∩ P2 è
contenuto in tutti i p-Sylow di G, quindi è contenuto nella loro intersezione, che è il cuore normale di P1 , (P1 )G , che
è un sottogruppo normale di G. Siccome {1} =
6 P1 ∩ P2 ⊆ (P1 )G ⊆ P1 ⊂ G otteniamo allora che G non è semplice.
26
MARTINO GARONZI
1.1.73. Medio. Mostrare che i gruppi di ordine 3 · 5 · 17 sono ciclici. (Si confronti con 1.2.12).
Risoluzione. Sia G un gruppo di ordine 3 · 5 · 17. Dal teorema di Sylow segue che n17 (G) = 1, cioè c’è un solo
17-Sylow, che quindi è normale. Chiamiamolo N . Ora siccome N è normale in G, G agisce su N per coniugio, e
questo determina un omomorfismo iniettivo G/CG (N ) → Aut(N ), dove CG (N ) indica il centralizzante di N in G, cioè
{g ∈ G : gn = ng ∀n ∈ N } (cf. l’esercizio 1.1.33). Ora N ha ordine 17 che è primo, quindi N ∼
= C16 .
= C17 e Aut(N ) ∼
Dal teorema di Lagrange segue che |G/CG (N )| = |G : CG (N )| divide sia |G| = 3 · 5 · 17 che |Aut(N )| = 16 e quindi
|G : CG (N )| = 1, cioè G = CG (N ), cioè N ⊆ Z(G).
Dal teorema di Sylow segue che n3 ∈ {1, 5 · 17}. Supponiamo n3 6= 1, cioè n3 = 5 · 17. Detto P un 3-Sylow, questo
significa che |G : NG (P )| = 5 · 17, cioè, siccome P ⊆ NG (P ), NG (P ) = P . Questo è falso perché N , essendo contenuto
nel centro, normalizza P . Similmente per 5: dal teorema di Sylow segue che n5 ∈ {1, 3 · 17}, quindi se n5 6= 1 allora
detto Q un 5-Sylow si ha NG (Q) = Q e questo è assurdo perché N , essendo contenuto nel centro, normalizza Q.
Ora, abbiamo capito che N, P, Q sono normali. Inoltre hanno ordine a due a due coprimo. Usando 1.1.12, 1.1.15 e
il teorema cinese del resto 1.2.4 a tutto spiano troviamo che N P ∼
= N × P e Q sono normali e ciclici in G, di ordini
17 · 3 e 5, quindi |N P Q| = 3 · 5 · 17 = |G| da cui G = N P Q ∼
=N ×P ×Q∼
= C3·5·17 .
1.1.74. Difficile. Sia G un gruppo finito non abeliano. Se ogni sottogruppo proprio di G è abeliano allora G non è
semplice.
Risoluzione. Siccome G è non abeliano, G è l’unione dei suoi sottogruppi massimali, quindi ha almeno due
sottogruppi massimali non coniugati H, K (cf. esercizio 1.1.20). Per ipotesi H, K sono abeliani, quindi H ∩ K è
normale in hH, Ki = G, per cui possiamo supporre che H ∩ K = {1}. Lo stesso argomento dimostra che H e K hanno
intersezione banale coi loro coniugati distinti. Ne segue che il numero di elementi che i coniugati di H più i coniugati
di K coprono è esattamente (qui supponiamo che |H| ≥ |K|)
|
[
(gHg −1 ∪ gKg −1 )|
=
1 + (|H| − 1)|G : H| + (|K| − 1)|G : K|
=
1 + 2|G| − |G : H| − |G : K|
≥
1 + 2|G| − 2|G : H|
≥
1 + 2|G| − |G| = 1 + |G|,
g∈G
assurdo.
1.1.75. Medio. Sia G un gruppo finito e sia H un sottogruppo di G. Supponiamo che per ogni 1 6= h ∈ H si abbia
CG (h) ⊆ H. Mostrare che |H| e |G : H| sono coprimi.
Risoluzione. Sia p un divisore primo di |H|. Dobbiamo mostrare che p non divide |G : H|. Sia P un p-sottogruppo
di Sylow di H. Per il teorema di Sylow esiste un p-sottogruppo di Sylow Q di G tale che P ⊆ Q. Siamo ricondotti a
mostrare che Q = P . Siccome Q è un p-gruppo non banale, Z(Q) 6= {1}: sia 1 6= x ∈ Z(Q). Allora dato 1 6= y ∈ P
(che esiste essendo P 6= {1}) si ha xy = yx, cioè x ∈ CG (y), quindi per ipotesi x ∈ H. Ma allora essendo x ∈ Z(Q), si
ha Q ⊆ CG (x) ⊆ H per ipotesi, da cui Q = P .
1.1.76. Teorema di Scorza. Difficile. Supponiamo che il gruppo finito G sia unione di tre sottogruppi propri A, B, C.
Sia N := A ∩ B ∩ C. Mostrare che N è un sottogruppo normale di G e che G/N è isomorfo al gruppo di Klein C2 × C2 .
Risoluzione. L’idea è dimostrare che A, B, C devono avere indice 2 in G.
Diciamo che |A| ≥ |B| ≥ |C|. Siccome 1 appartiene ad A ∩ B ∩ C, l’unione A ∪ B ∪ C non è disgiunta, quindi
|G| < |A| + |B| + |C| ≤ 3|A|. Quindi |G| < 3|A|, cioè |G : A| < 3, cioè |G : A| = 2 essendo G 6= A.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
27
In particolare A è normale. Siccome B e C sono sottogruppi di G non contenuti in A (se uno tra B e C fosse
contenuto in A allora G sarebbe l’unione di due sottogruppi propri, cosa impossibile) segue che AB = G = AC (infatti
AB e AC sono sottogruppi di G - essendo A normale - e contengono A - che ha indice 2 - propriamente).
E da questo segue facilmente, usando la formula |AB| = |A| · |B|/|A ∩ B|, che A ∩ B ha indice 2 in B e anche che
A ∩ C ha indice 2 in C.
Ora il trucco è osservare che da G = A ∪ B ∪ C segue anche, ovviamente, che (*) G = A ∪ (B − A) ∪ (C − A).
Ora B − A = B − (A ∩ B) quindi |B − A| = |B − (A ∩ B)| = |B| − |A ∩ B| = |B| − |B|/2 = |B|/2. Similmente
|C − A| = |C|/2. Quindi da (*) segue che |G| ≤ |A| + |B − A| + |B − C| = |A| + |B|/2 + |C|/2. Usando che
|A| = |G|/2 e che |B| ≥ |C| troviamo che |G| ≤ |G|/2 + |B|/2 + |B|/2 da cui anche B ha indice 2 e quindi da
|G| ≤ |A| + |B|/2 + |C|/2 = |G|/2 + |G|/4 + |C|/2 segue che anche C ha indice 2.
Quindi A, B, C hanno indice 2 in G, quindi sono normali in G e quindi anche N = A ∩ B ∩ C è normale in G.
Ora, |G : N | = |G : A ∩ B ∩ C| ≤ |G : A| · |G : B ∩ C| ≤ |G : A| · |G : B| · |G : C| = 8 (si confronti con 1.1.47).
Vogliamo dimostrare che |G : N | = 4. Per questo basta escludere che sia |G : N | = 8 (infatti N è contenuto in A ∩ B
che ha indice |G : A ∩ B| = |G : B| · |B : A ∩ B| = 4). Per escludere che l’indice sia 8 si può andare a vedere come
sono fatti i gruppi di ordine 8. Un altro modo è osservare che B − A e C − A devono essere disgiunti. Infatti hanno
entrambi cardinalità |G|/4 e G = A ∪ (B − A) ∪ (C − A), quindi la loro unione ha cardinalità |G − A| = |G|/2. Dal
fatto che B − A e C − A sono disgiunti segue che B ∩ C è contenuto in A. In altre parole N = A ∩ B ∩ C = B ∩ C.
Quindi N ha indice |G : B ∩ C| = |G : B| · |B : B ∩ C| = 4 in G.
Dal fatto che G è unione di A, B, C e dal fatto che A, B, C contengono A ∩ B ∩ C = N segue che G/N è uguale
all’unione A/N ∪ B/N ∪ C/N . Quindi il gruppo G/N ha ordine 4 ed è l’unione di alcuni suoi sottogruppi propri.
Quindi non è ciclico (si confronti con 1.2.1). L’unico gruppo non ciclico di ordine 4 è (a meno di isomorfismo) il gruppo
di Klein C2 × C2 . Quindi G/N ∼
= C2 × C2 .
1.1.77. Normale. Sia G un gruppo finito. Mostrare che le seguenti affermazioni sono equivalenti.
(1) G ha un unico sottogruppo massimale.
(2) G è un p-gruppo ciclico.
Risoluzione. Se G è un p-gruppo ciclico, diciamo generato da g ∈ G, allora hg p i è l’unico sottogruppo massimale
k
di G. Infatti i sottogruppi di G sono hg p i con k = 0, . . . , n − 1 dove |G| = pn .
Ora supponiamo che G abbia un unico sottogruppo massimale, sia esso M . Sia g un elemento di G fuori da M .
Allora se fosse hgi 6= G, hgi sarebbe contenuto in un sottogruppo massimale di G, cioè in M (dato che M è l’unico
sottogruppo massimale di G), ma questo contraddice il fatto che g 6∈ M . Questo implica che hgi = G e quindi G è
ciclico. Se G non fosse un p-gruppo allora esisterebbero almeno due divisori primi distinti p e q di |G| per cui hg p i e
hg q i sarebbero due sottogruppi massimali distinti di G (di indici p e q rispettivamente).
1.1.78. Medio. Sia G un gruppo finito di ordine n e sia S un sottoinsieme di G tale che 1 ∈ S. Mostrare che
S n := {x1 · · · xn : x1 , . . . , xn ∈ S} è un sottogruppo di G. Si può rimuovere l’ipotesi che 1 ∈ S?
Risoluzione. Se S = {1} non c’è niente da dimostrare, quindi ora supponiamo che sia S 6= {1}. Siccome 1 ∈ S, le
potenze di S formano una catena: S ⊆ S 2 ⊆ S 3 ⊆ . . .. Ora, siccome G è finito, questa catena si deve stabilizzare, esiste
cioè m intero positivo con S k = S m per ogni k ≥ m, in altre parole S m = S m+1 . Sia m minimo con questa proprietà.
Allora tutte le inclusioni S 0 = {1} ⊂ S ⊂ S 2 ⊂ . . . ⊂ S m−1 ⊂ S m sono proprie, quindi esistono elementi g1 , . . . , gm tali
che gi ∈ S i − S i−1 per ogni i = 1, . . . , m. Ne segue che m = |{g1 , . . . , gm }| ≤ |G| = n e quindi S m = S m+1 = . . . = S n .
Resta da mostrare che S m ≤ G. Certamente 1 ∈ S m essendo 1 ∈ S, e siccome la catena è stabile da S m in poi,
S m S m = S 2m = S m . Segue da 1.1.67 che S m ≤ G.
1.1.79. Difficile. Sia G un gruppo finito. Mostrare che le seguenti affermazioni sono equivalenti.
(1) G è un prodotto di sottogruppi propri.
(2) G non è un p-gruppo ciclico.
28
MARTINO GARONZI
i
Risoluzione. (1) ⇒ (2). Se G è un p-gruppo ciclico, diciamo G = hgi, allora i sottogruppi di G sono i hg p i per
i = 0, . . . , n dove |G| = pn per cui H = hg p i contiene tutti i sottogruppi propri di G, e quindi un qualsiasi prodotto di
sottogruppi propri di G è contenuto in H per cui non è uguale a G.
(2) ⇒ (1). Supponiamo che G non sia un p-gruppo ciclico. Per 1.1.77 G ha almeno due sottogruppi massimali H e
M . Se M G allora HM ≤ G e H, M ⊆ G quindi, essendo H e M massimali, ne deduciamo HM = G, quindi G è un
prodotto di sottogruppi propri. Supponiamo ora che M non sia normale in G, cosicché esiste g ∈ G con gM g −1 6= M .
Consideriamo il prodotto Π = M · gM g −1 . Siccome 1 ∈ M ∩ gM g −1 e gM g −1 6= M , Π contiene M propriamente.
Siccome Π è un prodotto di sottogruppi, 1 ∈ Π. Per 1.1.78 si ha allora Π|G| ≤ G, d’altra parte Π|G| ⊇ Π ⊃ M per cui
Π|G| = G essendo M massimale. Quindi G è un prodotto di al più 2|G| coniugati di M , in particolare è un prodotto
di sottogruppi propri.
1.1.80. Medio. Sia G un gruppo (non necessariamente finito). Sia A l’insieme dei sottogruppi di G×G che contengono
∆ := {(x, x) : x ∈ G} e sia B l’insieme dei sottogruppi normali di G. Costruire una biiezione A → B. Dedurre che
G è semplice se e solo se ∆ è un sottogruppo massimale di G × G.
Risoluzione. Definiamo α : A → B tramite la posizione α(S) := {g ∈ G : (g, 1) ∈ S} e definiamo β : B → A
tramite la posizione β(N ) := (N × {1})∆ = {(ng, g) : n ∈ N, g ∈ G}. È facile vedere che α e β sono funzioni ben
definite, cioè che α(S) ∈ B per ogni S ∈ A e β(N ) ∈ A per ogni N ∈ B. Per concludere basta mostrare che α e β sono
una l’inversa dell’altra.
• Sia S ∈ A e mostriamo che β(α(S)) = S. Si ha β(α(S)) = β({g ∈ G : (g, 1) ∈ S}) = {(ng, g) : (n, 1) ∈
S, g ∈ G} = S∆ = S. L’ultima uguaglianza segue da ∆ ⊆ S.
• Sia N ∈ B e mostriamo che α(β(N )) = N . Si ha α(β(N )) = α({(ng, g) : n ∈ N, g ∈ G}) = {x ∈ G : x =
ng, g = 1, ∃n ∈ N } = N .
Osserviamo che A e B sono reticoli rispetto all’intersezione e al sottogruppo generato. Le biiezioni α, β sono
isomorfismi di reticoli, nel senso che rispettano le inclusioni.
1.1.81. Funzione di Moebius. Medio. Sia M l’insieme delle funzioni N → C (qui si considera 0 6∈ N). Consideriamo
l’operazione ∗ in M definita come segue: se f, g ∈ G allora
X
(f ∗ g)(n) :=
f (d)g(n/d).
d|n
La somma è sui divisori di n, inclusi 1 e n. Siano
• δ : N → C la funzione che manda 1 in 1 e ogni n 6= 1 in 0,
• u : N → C la funzione che manda tutto in 1: u(n) = 1 ∀n ∈ N,
• µ : N → C la funzione che manda 1 in 1, n in (−1)k se n è il prodotto di k primi a due a due distinti e n in 0
se n è diviso da un quadrato diverso da 1. Tale funzione si chiama “funzione di Moebius classica”.
Mostrare che (M, ∗) è un monoide commutativo con elemento neutro δ e che l’inverso di u in M è µ (il fatto che
u ∗ µ = δ in letteratura si chiama “formula di inversione di Moebius”). Dedurre che
X
ϕ(n) =
d · µ(n/d),
d|n
dove ϕ è la funzione totiente di Eulero.
Mostrare che G := {f ∈ M : f (1) 6= 0} con l’operazione ∗ è un gruppo.
Risoluzione. Ecco la funzione µ per valori piccoli di n.
1
n
µ(n) 1
2
−1
3
−1
4
0
5
−1
6
1
7
−1
8
0
9
0
10
1
11
−1
12
0
13
−1
14
1
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
29
Che ∗ sia commutativa è facile da vedere. Le altre cose enunciate sono mostrate qui di seguito.
P
(1) Mostriamo che δ è un elemento neutro per ∗. Se f ∈ M si ha (f ∗ δ)(n) = d|n f (d)δ(n/d) = f (n), essendo
per definizione δ(n/d) diverso da zero solo per n = d, nel qual caso δ(n/d) = δ(1) = 1. Ne deduciamo che
f ∗ δ = f , e ovviamente anche che δ ∗ f = f essendo ∗ commutativa.
(2) Mostriamo che ∗ è associativa. Siano dunque a, b, c ∈ M . Osserviamo che dato m ∈ N si ha
{(d, n) ∈ N × N : n|m, d|m/n} = {(d, n) ∈ N × N : d|m, n|m/d}.
Con questo in mente andiamo a mostrare che (a ∗ b) ∗ c = a ∗ (b ∗ c). Si ha


X
X X

((a ∗ b) ∗ c)(m) =
(a ∗ b)(m/n)c(n) =
a(d)b(m/dn) c(n)
n|m
n|m
d|m/n

=
X
a(d) 
d|m
=

X
b(m/dn)c(n) =
X
a(d)(b ∗ c)(m/d)
d|m
n|m/d
(a ∗ (b ∗ c))(m).
(3) Mostriamo che u ∗ µ = δ. Si ha
(u ∗ µ)(1) =
X
u(d)µ(1/d) = u(1)µ(1) = 1.
d|1
Dato ora n ∈ N con n > 1, dobbiamo mostrare che (u ∗ µ)(n) = 0, in altre parole che
n = p1 a1 · · · pk ak . Siccome µ(d) = 0 ogni volta che d è diviso da quadrati, si ha
X
X
µ(d) = µ(1) +
µ(pi1 · · · pih ),
P
d|n
µ(d) = 0. Scriviamo
{i1 ,...,ih }
d|n
dove {i1 , . . . , ih } varia nella famiglia dei sottoinsiemi non vuoti di {1, . . . , k}. Raggruppando tali sottoinsiemi
per cardinalità, e ricordando che {1, . . . , k} ha esattamente hk sottoinsiemi di cardinalità h, otteniamo che
X
µ(d) = µ(1) +
d|n
k
X
X
µ(pi1 · · · pih ) =
h=1 {i1 ,...,ih }
Ricordando la formula del binomio di Newton, (a + b)n =
k X
k
h=0
Pn
i=0
n
i
h
(−1)h .
ai bn−i otteniamo allora che
k k X
X
k
k
(−1)h =
(−1)h 1k−h = (−1 + 1)k = 0k = 0,
h
h
h=0
h=0
come volevamo.
(4) Mostriamo che G := {f ∈ M : f (1) 6= 0} con l’operazione ∗ è un gruppo. Innanzitutto, G è chiuso per
∗ infatti se f, g ∈ G allora (f ∗ g)(1) = f (1)g(1) 6= 0 essendo f (1) 6= 0 6= g(1). Rimane da mostrare che
se f ∈ G allora f ha un inverso in G. Lo faremo costruendo induttivamente g ∈ G tale che f ∗ g = δ.
Si deve avere 1 = δ(1) = (f ∗ g)(1) = f (1)g(1) quindi g(1) = 1/f (1) (questo ha senso perché f (1) 6= 0).
Ora prendiamo
g(n). Si deve avere
P
P n > 1, supponiamo
P di conoscere g(m) per ogni m < n e costruiamo
1
0 = δ(n) =
f
(d)g(n/d)
=
f
(d)g(n/d)
+
f
(1)g(n)
da
cui
g(n)
=
−
d|n,d6=1 f (d)g(n/d).
d|n
d|n,d6=1
f (1)
Questo determina g(n) essendo g(n/d) per ipotesi noto per d 6= 1, infatti n/d < n.
1.2. Gruppi ciclici.
30
MARTINO GARONZI
S
1.2.1. Normale. Sia G un gruppo. Mostrare che H<G H 6= G se e solo se G è ciclico.
Qui la scrittura H < G significa che H è un sottogruppo di G diverso da G.
S
S
Risoluzione. (⇒). Supponiamo
che H<G H 6= G. Dobbiamo mostrare che G è ciclico. Siccome H<G H 6= G
S
esiste g ∈ G tale che g 6∈ H<G H, in altre parole g non appartiene a nessun sottogruppo proprio di G. Siccome hgi,
il sottogruppo di G generato da g, è un sottogruppo di G a cui g appartiene, ne deduciamo che hgi non è proprio, cioè
hgi = G. Quindi G è ciclico.
S
S
(⇐). Supponiamo che G sia ciclico. Dobbiamo mostrare che H<G H 6= G, cioè che G − H<G H 6= ∅. In altre
parole, dobbiamo trovare un elemento di G che non appartiene a nessun sottogruppo proprio di G. Siccome G è
ciclico esiste un elemento che lo genera,Schiamiamolo g. Allora hgi = G. Mostriamo che g non appartiene a nessun
sottogruppo proprio di G (cioè g ∈ G − H<G H). Se H ≤ G contiene g allora contiene hgi = G e quindi H = G, cioè
H non è proprio.
1.2.2. Medio. Sia H un sottogruppo normale di un gruppo finito G. Supponiamo che H sia ciclico. Mostrare che
ogni sottogruppo di H è normale in G.
Risoluzione. Osserviamo che poiché H è ciclico esso ammette un unico sottogruppo di ordine un fissato divisore di
|H|. Ora sia K un sottogruppo di H, e sia g ∈ G. Dobbiamo mostrare che g −1 Kg = K. Ma g −1 Kg è un sottogruppo
di H di ordine |K| (cf. il prossimo esercizio), e dall’osservazione qui sopra segue allora che g −1 Kg dev’essere uguale
a K.
1.2.3. Medio. Sia G un gruppo finito. Mostrare che se tutti i sottogruppi massimali di G sono coniugati allora G è
ciclico.
Svolgimento. Se G è un p-gruppo allora i sottogruppi massimali di G sono normali e quindi G ha un solo sottogruppo massimale per cui è ciclico (generato da un qualsiasi elemento che non appartiene al sottogruppo massimale).
Supponiamo quindi che G non sia un p-gruppo. Sia M un sottogruppo massimale di G e sia P un sottogruppo di
Sylow di G. Siccome G non è un p-gruppo, P 6= G quindi P è contenuto in un sottogruppo massimale di G, cioè in
un coniugato di M , diciamo P ⊆ gM g −1 . Ma allora g −1 P g ⊆ M e quindi |P | divide |M | per il teorema di Lagrange.
Siccome questo vale per ogni sottogruppo di Sylow P , segue che |M | è diviso da tutte le potenze di primo che dividono
|G| e quindi M = G, assurdo.
Un altro modo per risolvere l’esercizio era il seguente: se tutti i sottogruppi massimali
S sono coniugati alloraSdetto M
uno di loro, ogni sottogruppo proprio di G è contenuto in un coniugato di M e quindi g∈G gM g −1 contiene H<G H,
ora se G è non ciclico questa unione è uguale a G per 1.2.1 e questo contraddice 1.1.20.
1.2.4. Medio. Dimostrare che se n, m sono due numeri interi positivi coprimi allora Cnm è isomorfo a Cn × Cm
(teorema cinese del resto).
Risoluzione. Sia g un generatore di Cnm . Allora g n ha ordine m e g m ha ordine n. L’idea è verificare che
l’applicazione
Cnm → Cn × Cm ,
x 7→ (xm , xn )
è un isomorfismo di gruppi.
1.2.5. Normale. Sia g un elemento di ordine n in un dato gruppo. Sia m un intero positivo. Mostrare che l’ordine di
g m è n/M CD(n, m), dove M CD(n, m) indica il massimo comun divisore tra n e m.
Risoluzione. Sia r = n/M CD(n, m). Detto mcm(n, m) il minimo comune multiplo tra n e m, si ha M CD(n, m) ·
mcm(n, m) = n · m e quindi (g m )r = g mr = g mcm(n,m) = 1 dato che n divide mcm(n, m). Supponiamo ora che
(g m )s = 1 per qualche intero s. Dobbiamo mostrare che r divide s. Essendo 1 = (g m )s = g ms , n divide ms. Dividendo
per M CD(n, m) troviamo che r divide (m/M CD(n, m))s, quindi divide s essendo (r, m/M CD(n, m)) = 1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
31
1.2.6. Normale. Sia a un elemento di ordine n in un dato gruppo. Sia r un intero positivo. Mostrare che har i =
haM CD(r,n) i.
Risoluzione. Sia d = M CD(r, n). Siccome d divide r, ar ∈ had i. Per concludere che har i = had i ci rimane da
mostrare che ad ∈ har i. Usando l’algoritmo di Euclide riusciamo a scrivere d = xr + yn con x, y ∈ Z. Ne segue che
ad = axr+yn = axr ∈ har i.
1.2.7. Normale. Sia n un intero positivo. Mostrare che i sottogruppi di Cn sono tutti ciclici. Sia d un divisore di n.
Mostrare che Cn ha un unico sottogruppo di ordine d.
Risoluzione. Scriviamo Cn = hxi e sia H ≤ Cn . Sia m il più piccolo intero positivo tale che xm ∈ H. Mostriamo
che H = hxm i. Sia xk un elemento di H. Effettuiamo la divisione con resto di k per m trovando q, r interi positivi
con 0 ≤ r < m tali che k = mq + r. Abbiamo allora xk = xmq+r = (xm )q xr da cui xr = ((xm )q )−1 xk . Siccome
xm , xk ∈ H segue xr ∈ H. Siccome r < m segue dalla minimalità di m che r = 0, per cui xk = xmq = (xm )q . Quindi
ogni elemento di H è una potenza di xm , per cui H è ciclico.
Ora sia d un divisore di n e sia H un sottogruppo di Cn di ordine d. Mostriamo che H = hxn/d i. Sia xm un
generatore di H. Siccome per 1.2.6 hxm i = hx(n,m) i a meno di sostituire m con (n, m) possiamo assumere che m
divida n. Siccome xm ha ordine d e m divide n, per 1.2.5 si ha d = o(xm ) = n/(n, m) = n/m da cui m = n/d. Quindi
H = hxm i = hxn/d i.
1.2.8. Medio. Sappiamo che se G è un gruppo ciclico finito allora per ogni divisore d di |G| esiste un unico sottogruppo
di G di ordine d (1.2.7). Mostrare il viceversa: se G è un gruppo finito tale che per ogni divisore d di |G| esiste un
unico sottogruppo di G di ordine d allora G è ciclico.
Risoluzione. Supponiamo che per ogni divisore d di |G| esista un unico sottogruppo di G di ordine d. Vogliamo
mostrare che G è ciclico. Per 1.1.31 siamo ridotti al caso in cui G è un p-gruppo per qualche primo p, diciamo |G| = pn .
Allora per l’ipotesi esiste un unico sottogruppo di ordine pn−1 , sia esso H. Sia g ∈ G − H. Supponiamo che esista un
sottogruppo massimale M di G che contiene g. Per 1.1.14 M ha indice p in G, cioè |M | = pn−1 . Siccome H è l’unico
sottogruppo di G di ordine pn−1 , si deve avere M = H e quindi g ∈ M = H, assurdo. Ne segue che g non appartiene a
nessun sottogruppo massimale di G. Siccome ogni sottogruppo proprio di G è contenuto in un sottogruppo massimale
di G (questo segue immediatamente dal fatto che G è finito, non serve il lemma di Zorn) segue che g non appartiene
a nessun sottogruppo proprio di G, in particolare hgi non è un sottogruppo proprio di G, cioè hgi = G. Quindi G è
ciclico.
1.2.9. Automorfismi di gruppi ciclici. Difficile. Sia n un intero positivo. Ricordiamo che ϕ(n) indica il numero di
elementi di {1, . . . , n} coprimi con n. Mostrare le seguenti cose.
(1) Sia d un divisore di n. Allora |{x ∈ Cn : o(x) = d}| = ϕ(d). In particolare Cn ha ϕ(n) generatori.
(2) Sia Z/nZ l’anello degli interi modulo n, e sia U (Z/nZ) il gruppo moltiplicativo degli elementi invertibili di
Z/nZ. Allora U (Z/nZ) ∼
= Aut(Cn ).
(3) | Aut(Cn )| = ϕ(n).
Qk
(4) Scriviamo n = i=1 pai i coi primi pi a due a due distinti, e p1 = 2 (se n è dispari a1 = 0). Se a1 ≤ 2 allora
Aut(Cn ) ∼
= Cϕ(n) , se invece a1 ≥ 3 allora Aut(Cn ) ∼
= C2 × Cϕ(n)/2 .
Risoluzione. (1) Sia x ∈ Cn con o(x) = |hxi| = d. Per 1.2.7 Cn ha un unico sottogruppo di ordine d, chiamiamolo
H. Per l’unicità di H necessariamente hxi = H. Ne segue che H contiene tutti gli elementi di Cn di ordine d. Siamo
quindi ridotti a contare gli elementi di ordine d nel gruppo ciclico H di ordine d, in altre parole possiamo supporre
che sia d = n. Sia xm ∈ Cn tale che hxm i = hxi = Cn . In altre parole o(xm ) = n. Per 1.2.5 abbiamo quindi
n = o(xm ) = n/(n, m) da cui (n, m) = 1, cioè n e m sono coprimi.
32
MARTINO GARONZI
(2) Sia ora f ∈ Aut(Cn ) e scriviamo Cn = hxi, f (x) = xk . Questo determina completamente f dato che f (xm ) =
f (x)m = xkm . Siccome f è un automorfismo preserva gli ordini degli elementi e quindi n = o(x) = o(f (x)) =
o(xk ) = n/(n, k) da cui (n, k) = 1, cioè n e k sono coprimi. Viceversa se n e k sono coprimi allora l’assegnazione
f (xm ) = xkm definisce un automorfismo di Cn . Ne segue che ad ogni k ∈ {1, . . . , n} coprimo con n corrisponde un
unico f = fk ∈ Aut(Cn ), quello che manda x in xk . Osserviamo che U (Z/nZ) = {k + nZ : (k, n) = 1}. Definiamo
U (Z/nZ) → Aut(Cn ) mandando k + nZ in fk . Si verifica facilmente che si tratta di un isomorfismo di gruppi.
(3) Segue da (2), infatti gli elementi invertibili di Z/nZ sono della forma k + nZ con (k, n) = 1, quindi sono
esattamente ϕ(n).
Qk
(4) Usando 1.1.51 iterativamente troviamo Aut(Cn ) = i=1 Aut(Cpai ). Poiché per il teorema cinese del resto 1.2.4
i
un prodotto diretto di due gruppi ciclici di ordine coprimo è un gruppo ciclico, siamo ridotti a mostrare che se n = pa
con p primo dispari allora Aut(Cn ) ∼
= Cϕ(n) e che se n = 2a con a ≥ 3 allora Aut(Cn ) ∼
= C2 × C2a−2 .
1.2.10. Funzione totiente di Eulero. Sia n un intero positivo. Ricordiamo che ϕ(n) indica il numero di elementi di
{1, . . . , n} coprimi con n. Mostrare le seguenti cose.
(1) Se n, m sono interi positivi coprimi allora ϕ(nm) = ϕ(n)ϕ(m).
Qk
(2) Se n = i=1 pai i è la fattorizzazione di n in prodotti di potenze di primi a due a due distinti allora ϕ(n) =
Qk
ai −1
.
i=1 (pi − 1)pi
(3) Se n divide m allora ϕ(n) divide ϕ(m).
Risoluzione. (1) Siano n, m coprimi. Per il teorema cinese del resto (1.2.4) Cnm ∼
= Cn × Cm . Per 1.1.51,
ϕ(nm) = | Aut(Cnm )| = | Aut(Cn × Cm )| = | Aut(Cn ) × Aut(Cm )| = | Aut(Cn )|| Aut(Cm )| = ϕ(n)ϕ(m).
Qk
Qk
(2) Per il punto (1) si ha ϕ( i=1 pai i ) = i=1 ϕ(pai i ), siamo quindi ridotti a calcolare ϕ(pa ) dove p è un primo
e n è un intero positivo. Gli elementi di {1, 2, . . . , pa } non coprimi con pa sono quelli divisibili per p, cioè sono
p, 2p, 3p, . . . , pa−1 p = pa , quindi sono pa−1 . Quelli coprimi sono quindi pa − pa−1 = pa−1 (p − 1).
(3) Segue dal punto (2).
P
1.2.11. Normale. Usando le proprietà di Cn (il gruppo ciclico di ordine n) dimostrare che d|n ϕ(d) = n.
Risoluzione. L’idea è partizionare gli elementi di Cn secondo il loro ordine. Per ogni divisore d di n ci sono in Cn
esattamenteP
ϕ(d) elementi di ordine d (1.2.9(1)), e ogni elemento di Cn ha un unico ordine, ed esso divide n. Quindi
n = |Cn | = d|n ϕ(d).
1.2.12. Numeri ciclici. Difficile.
Sia n un intero positivo. Mostrare che le seguenti affermazioni sono equivalenti.
(1) n e ϕ(n) sono coprimi.
(2) Ogni gruppo di ordine n è ciclico.
Risoluzione. (1) ⇒ (2). Procediamo per induzione su n. Supponiamo che n e ϕ(n) siano coprimi, e sia G un
gruppo di ordine n. Per ipotesi induttiva, usando 1.2.10(5), possiamo supporre che tutti i sottogruppi propri e tutti i
quozienti propri di G siano ciclici. In particolare per 1.1.74 G non è semplice, quindi ammette un sottogruppo normale
N con N 6= {1} e N 6= G. Quindi N è ciclico (per ipotesi induttiva). L’azione di coniugio di G su N fornisce un
omomorfismo G → Aut(N ) il cui nucleo è il centralizzante CG (N ) = {g ∈ G : gx = xg ∀x ∈ N }. Dal teorema
di isomorfismo ne segue un omomorfismo iniettivo G/CG (N ) → Aut(N ) (1.1.33), quindi |G/CG (N )| = |G : CG (N )|
divide |Aut(N )| = ϕ(|N |). Ora, siccome |N | divide |G|, ϕ(|N |) divide ϕ(|G|) e quindi siccome |G| e ϕ(|G|) sono
coprimi, |G| e |Aut(N )| = ϕ(|N |) sono coprimi (cf. 1.2.9), quindi |G : CG (N )| e |Aut(N )| sono coprimi, e allora
necessariamente |G : CG (N )| = 1 (perché |G : CG (N )| divide |Aut(N )|), cioè G = CG (N ), cioè N è contenuto nel
centro di G, Z(G), in particolare Z(G) 6= {1} e siccome G/Z(G) è ciclico (come tutti i quozienti propri di G) segue
(come è noto) che G = Z(G), cioè G è abeliano. Ora siccome n e ϕ(n) sono coprimi n non è diviso da quadrati (per
1.2.10(2)), diciamo n = p1 · · · pk con p1 , . . . , pk primi distinti, e prendiamo gi ∈ G di ordine pi per ogni i = 1, . . . , k
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
33
(esistono per il teorema di Cauchy). Siccome gli ordini di g1 , . . . , gk sono a due a due coprimi g1 · · · gk ha ordine
o(g1 · · · gk ) = o(g1 ) · · · o(gk ) = p1 · · · pk = |G| quindi G è ciclico.
(2) ⇒ (1). Per cominciare n non è diviso da quadrati perché se p è un primo e p2 divide n allora Cp × Cp × Cn/p2
è un gruppo non ciclico di ordine n. Scriviamo quindi n = p1 · · · pk con p1 , . . . , pk primi distinti a due a due.
ϕ(n) = (p1 − 1) · · · (pk − 1). Se n e ϕ(n) non fossero coprimi esisterebbero pi = p e pj = q primi distinti tali che q
divide p − 1. Se troviamo un gruppo G non ciclico di ordine pq possiamo dedurre che G × Cn/pq è un gruppo non
ciclico di ordine n, contraddizione. Siamo quindi ricondotti a mostrare che se p e q sono due numeri primi e q divide
p − 1 allora esiste un gruppo non ciclico di ordine pq. Il numero di p-cicli nel gruppo simmetrico Sp è (p − 1)!, quindi
il numero di p-Sylow è (p − 1)!/(p − 1) = (p − 2)! (ogni p-Sylow ha ordine p quindi contiene p − 1 elementi di ordine
p). Ne segue che P := h(1 . . . p)i, che è un p-Sylow di Sp , ha esattamente |Sp : NSp (P )| = (p − 2)! coniugati in Sp , da
cui |NSp (P )| = p(p − 1). Ora P è normale in NSp (P ) e per il teorema di Cauchy, siccome q divide p − 1 che divide
p(p − 1) = |NSp (P )|, esiste x ∈ NSp (P ) di ordine q. Sia G := hP, xi. Siccome x normalizza P si ha G = P hxi. Siccome
|P | = p e o(x) = q sono coprimi si ha |G| = |P hxi| = |P | · |hxi| = pq. Quindi G è un sottogruppo di Sp di ordine pq.
Ne segue che G non è ciclico, infatti Sp non ha elementi di ordine pq (un tale elemento avrebbe nella struttura ciclica
un p-ciclo e quindi non ci sarebbe spazio per nient’altro).
1.3. Gruppi simmetrici e alterni.
1.3.1. Normale. Trovare un automorfismo non identico di S3 .
Risoluzione. Prendiamo ϕ : S3 → S3 dato dal coniugio tramite g = (12), ovvero ϕ(x) := g −1 xg. Si tratta di un
isomorfismo perché:
• ϕ(1) = g −1 · 1 · g = g −1 g = 1;
• ϕ(xy) = g −1 xyg = g −1 xgg −1 yg = ϕ(x)ϕ(y);
• ϕ è iniettivo: se ϕ(x) = 1 allora 1 = ϕ(x) = g −1 xg, quindi moltiplicando a sinistra per g e a destra per g −1
otteniamo x = gg −1 = 1;
• ϕ è suriettivo: se y ∈ S3 allora ϕ(gyg −1 ) = g −1 (gyg −1 )g = (g −1 g)y(g −1 g) = y.
ϕ è non identico perché per esempio ϕ((13)) = (12)−1 (13)(12) = (12)(13)(12) = (23) 6= (13).
1.3.2. Normale. Siano σ = (134), τ = (13) ∈ S4 . Calcolare |hσ, τ i| usando il teorema di Lagrange.
Risoluzione. Sia H := hσ, τ i. Contenendo σ e τ , per il teorema di Lagrange |H| è divisibile per 2 e per 3 e quindi
per 6. D’altra parte σ(2) = 2 = τ (2), e quindi H è contenuto nello stabilizzatore di 2, cioè l’insieme delle permutazioni
che fissano 2: H ⊆ Stab(2). Ma Stab(2) ha ordine 3! = 6, e siccome contiene H, che ha ordine divisibile per 6, segue
che Stab(2) = H, in particolare |H| = 6.
1.3.3. Normale. Se X è un insieme indichiamo con Sym(X) l’insieme delle biiezioni X → X. Si tratta di un gruppo
con l’operazione di composizione. Mostrare che se X, Y sono insiemi equipotenti allora Sym(X) ∼
= Sym(Y ).
Risoluzione. Sia f : X → Y una biiezione. L’applicazione Sym(X) → Sym(Y ) che manda ϕ in f ◦ ϕ ◦ f −1 è un
isomorfismo di gruppi.
1.3.4. Normale. Sia H := {σ ∈ S7 | σ({1, 2, 3}) ⊆ {1, 2, 3}}, dove σ({1, 2, 3}) := {σ(1), σ(2), σ(3)}. Mostrare che H
è un sottogruppo di S7 isomorfo a S4 × S3 (usare 1.1.15).
Risoluzione. Siano
A := {σ ∈ H | σ(i) = i ∀i ∈ {1, 2, 3}} ≤ H,
B := {σ ∈ H | σ(i) = i ∀i ∈ {4, 5, 6, 7}} ≤ H.
34
MARTINO GARONZI
Osserviamo che A ∼
= S4 (tramite σ 7→ σ|{4,5,6,7} ) e che B ∼
= S3 (tramite σ 7→ σ|{1,2,3} ). Per 1.1.15, per concludere
basta mostrare che A, B sono normali in H, che AB = H e che A ∩ B = {1}. Che sia A ∩ B = {1} è ovvio (se
σ ∈ H fissa 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 allora σ = 1 per definizione). Che sia AB = H segue dal fatto che per ogni σ ∈ H si ha
σ = σ|{1,2,3} σ|{4,5,6,7} . Rimane da mostrare che A e B sono normali in H. Siano σ ∈ A, h ∈ H. Dobbiamo mostrare
che τ = hσh−1 ∈ A, cioè che τ (i) = i per ogni i ∈ {1, 2, 3}. Sia quindi i ∈ {1, 2, 3}. Allora h−1 (i) ∈ {1, 2, 3} perché
h−1 ∈ H (perché h ∈ H), quindi τ (i) = h(σ(h−1 (i))) = h(h−1 (i)) = i. La dimostrazione che B H è del tutto
analoga.
1.3.5. Normale. Osserviamo che se H ≤ G e N G allora HN ≤ G (un prodotto di due sottogruppi è un sottogruppo
se uno dei due normalizza l’altro) e applicando il primo teorema di isomorfismo all’omomorfismo H → HN/N che
manda h in hN otteniamo H/H ∩ N ∼
= HN/N (secondo teorema di isomorfismo). Sia H un sottogruppo di Sn non
contenuto in An . Mostrare che H ha tanti elementi pari quanti dispari.
Risoluzione. Si ha HAn ≤ Sn essendo An Sn . Inoltre An ⊆ HAn (ogni a ∈ An si scrive 1 · a e 1 ∈ H) e
An 6= HAn (altrimenti sarebbe H ⊆ An , falso per ipotesi). Quindi abbiamo An < HAn ≤ Sn . Ricordiamo che
|Sn : An | = 2, quindi
2 = |Sn : An | = |Sn : HAn | · |HAn : An |.
Queste uguaglianze coinvolgono interi positivi, quindi siccome 2 è un numero primo uno tra |Sn : HAn | e |HAn : An |
dev’essere 1. Siccome |HAn : An | 6= 1 (perché HAn 6= An ) si deve avere |Sn : HAn | = 1, cioè HAn = Sn . Il secondo
teorema di isomorfismo implica allora che C2 ∼
= Sn /An = HAn /An ∼
= H/H ∩ An , da cui |H : H ∩ An | = 2, cioè
|H ∩ An | = |H|/2, cioè gli elementi pari di H sono esattamente |H|/2. Gli altri |H|/2 elementi di H sono quindi
dispari.
1.3.6. Teorema di Wilson. Medio. Mostrare che un numero p è primo se e solo se p divide (p − 1)! + 1. Suggerimento
per (⇒): trovare il numero di p-sottogruppi di Sylow di Sym(p).
Risoluzione. (⇒). Supponiamo che p sia primo. Il numero di p-cicli in Sym(p) è (p − 1)! (scelto un punto da
cui far partire il ciclo, gli altri p − 1 punti possono essere sistemati in tutti i modi possibili). Siccome ogni p-ciclo di
Sym(p) genera un p-sottogruppo di Sylow di Sym(p) (perché essendo p primo, la massima potenza di p che divide
| Sym(p)| = p! è p), ogni p-ciclo appartiene ad uno e un solo p-sottogruppo di Sylow (quello che genera). Siccome i
p-sottogruppi di Sylow hanno ordine p (primo), essi sono ciclici e contengono esattamente p − 1 elementi di ordine p.
Ne segue che il numero di p-sottogruppi di Sylow di Sym(p) è (p − 1)!/(p − 1) = (p − 2)!. Per il teorema di Sylow,
(p − 2)! ≡ 1 mod (p). Moltiplicando ambo i membri per p − 1 otteniamo (p − 1)! ≡ p − 1 ≡ −1 mod (p), in altre
parole p divide (p − 1)! + 1.
(⇐). Supponiamo che p divida (p − 1)! + 1. Mostriamo che p è primo. Se p è prodotto di due interi distinti
1 < a < b < p allora chiaramente p = ab divide 1 · 2 · · · a · · · b · · · (p − 1) = (p − 1)!, quindi non divide (p − 1)! + 1.
Supponiamo quindi che questo non sia vero. Allora è facile accorgersi che p dev’essere un primo oppure il quadrato
di un primo. Se p è un primo abbiamo finito. Supponiamo che p sia il quadrato di un primo, diciamo p = q 2 con q
primo. Se 2q < q 2 allora chiaramente q 2 divide (q 2 − 1)! quindi non divide (q 2 − 1)! + 1. Deduciamo che 2q ≥ q 2 , cioè
q ≤ 2, ed essendo q primo otteniamo q = 2. Concludiamo osservando che 4 non divide (4 − 1)! + 1 = 7.
1.3.7. Normale. Sia n ≥ 3 un intero. Sia i ∈ {1, . . . , n} e sia U := {σ ∈ Sn | σ(i) 6= i}. Mostrare che U non è un
sottogruppo di Sn e che non è contenuto in nessun sottogruppo proprio di Sn .
Risoluzione. Che U non sia un sottogruppo di Sn segue dal fatto che 1 6∈ U , infatti 1(i) = i (ricordo che 1 ∈ U è la
funzione identità {1, . . . , n} → {1, . . . , n}). Ora calcoliamo |U |. Osserviamo che Sn − U = {σ ∈ Sn : σ(i) = i}, quindi
Sn − U è un sottogruppo di Sn isomorfo a Sn−1 e |Sn − U | = (n − 1)!, quindi |U | = n! − (n − 1)! = (n − 1)(n − 1)!. Ora
supponiamo che un H ≤ Sn contenga U , e sia m l’indice |Sn : H|. Allora |H| ≥ |U | si scrive n!/m ≥ (n − 1)(n − 1)!
da cui n ≥ (n − 1)m cioè m = 1 e H = G.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
35
1.3.8. Normale. Determinare il centralizzante CG (σ) dove G = Sn e σ è un n-ciclo oppure un (n − 1)-ciclo.
Risoluzione. Sappiamo che il numero di coniugati di σ in G è uguale all’indice del centralizzante di σ in G. D’altra
parte sappiamo che in Sn i coniugati di σ sono tutti e soli gli elementi con la stessa struttura ciclica di σ, quindi sono
(n − 1)! se σ è un n-ciclo e n(n − 2)! se σ è un (n − 1)-ciclo. Ne segue che nel primo caso |Sn : CSn (σ)| = (n − 1)!
quindi |CSn (σ)| = n, nel secondo caso |Sn : CSn (σ)| = n(n − 2)! quindi |CSn (σ)| = n − 1. In ogni caso abbiamo quindi
|CSn (σ)| = |hσi|. D’altra parte hσi ⊆ CSn (σ) (σ commuta con le sue potenze). Siccome stiamo lavorando con insiemi
finiti, concludiamo che CSn (σ) = hσi.
1.3.9. Normale. Sia H := {σ ∈ Sn | σ(1) = 1}. Determinare l’intersezione
T
g∈Sn
gHg −1 .
T
Risoluzione. Mostriamo che g∈Sn gHg −1 = 1. Per i = 2, . . . , n consideriamo il coniugato (1i)H(1i)−1 . Se σ sta
T
in tale coniugato allora σ(i) = i. Ne segue che se σ ∈ g∈Sn gHg −1 allora σ(i) = i per i = 1, 2, . . . , n, cioè σ = 1.
1.3.10. Normale. Sia P un 2-Sylow di S4 . Determinare O2 (S4 ) :=
T
g∈S4
gP g −1 .
Risoluzione. Sia N = {1, (12)(34), (13)(24), (14)(23)} S4 . Mostriamo che O2 (S4 ) = N . Siccome N è un 2sottogruppo normale di S4 , N è contenuto in tutti i 2-Sylow di S4 . Infatti per il teorema di Sylow N è contenuto in
un 2-Sylow P di S4 , e per ogni g ∈ S4 si ha N = gN g −1 ⊆ gP g −1 , quindi N è contenuto in tutti i coniugati di P , cioè
in tutti i 2-Sylow di S4 (che sono a due a due coniugati, per il teorema di Sylow). Ne segue che N ⊆ O2 (S4 ). Siccome
|P | = 8 e P non è normale in S4 , la cardinalità dell’intersezione dei coniugati di P dev’essere minore di 8, cioè al più
4. Siccome |N | = 4, segue che O2 (S4 ) = N .
1.3.11. Normale. Dimostrare che se n è un intero maggiore di 2 allora il centro di Sn è banale: Z(Sn ) = {1}.
Risoluzione. Sia g ∈ Z(Sn ). Dobbiamo mostrare che g = 1. Supponiamo quindi per assurdo che g 6= 1. Allora
esistono i 6= j in {1, . . . , n} tali che g(i) = j. Sia ϕ il 2-ciclo (ij). Siccome g ∈ Z(Sn ) si ha gϕ = ϕg e quindi
g(j) = g(ϕ(i)) = ϕ(g(i)) = ϕ(j) = i.
Siccome n > 2 esiste k ∈ {1, . . . , n} tale che i 6= k 6= j. Sia θ il 3-ciclo (ijk). Allora
k = θ(j) = θ(g(i)) = g(θ(i)) = g(j) = i,
assurdo.
Osserviamo che questo non è vero per n = 2: S2 ∼
= C2 e Z(S2 ) = S2 6= {1}.
1.3.12. Medio. Dimostrare che i 2-Sylow di S4 sono isomorfi a D4 , il gruppo diedrale di ordine 8.
Risoluzione. Siccome |S4 | = 24 = 23 · 3, i 2-Sylow di S4 hanno ordine 23 = 8. Il gruppo diedrale D4 ha ordine 8,
quindi per concludere basta trovare un omomorfismo iniettivo D4 → S4 , cioè un’azione fedele di D4 su quattro punti.
Ragionando geometricamente, cioè vedendo D4 come il gruppo delle isometrie del quadrato, possiamo semplicemente
prendere l’azione indotta di D4 sui vertici di tale quadrato. Si tratta appunto di un’azione fedele su quattro punti.
36
MARTINO GARONZI
Inseriamo qui il reticolo dei sottogruppi di D4 = ha, b | a2 = b2 = 1, (ab)4 = 1i.
D
mm 4 QQQQQ
QQQ
mmm
m
m
QQQ
mm
m
QQQ
m
mmm
habi ∼
hb, abai ∼
ha, babi ∼
= C4
= C2N× C2
= C2 Q× C2
QQQ
m
NNN
p
m
p
m
p
QQQ
NNN
p
mm
p
m
Q
m
p
Q
NNN
QQQ
pp
mmm
p
m
p
NN
Q
m
m
pp
hai WWWWW
hababi
habai
hbabi Q
gg hbi
WWWWW
QQQ
ggggg
mm
g
m
g
WWWWW
g
QQQ
m
g
WWWWW
Q
mmm
ggggg
WWWWWQQQQQ
mmgmgggggggg
m
m
WWWWWQQ
m g
W
gmmgggg
{1}
1.3.13. Normale. Qual è il massimo ordine di un elemento di S12 ?
Risoluzione. Ricordiamo che l’ordine di un elemento scrivibile come prodotto di k cicli disgiunti di lunghezze
l1 , . . . , lk è uguale al minimo comune multiplo mcm(l1 , . . . , lk ). Quindi il massimo ordine di un elemento di S12 è
uguale a
k
X
m := max{mcm(l1 , . . . , lk ) : Z 3 l1 , . . . , lk ≥ 1,
li = 12}.
i=1
Osserviamo che (1 2 3 4 5)(6 7 8 9)(10 11 12) ha ordine 5 · 4 · 3 = 60, quindi m ≥ 60. Prendiamo σ ∈ S12 tale che
o(σ) = m. Se ogni ciclo in σ (cioè che compare nella decomposizione di σ in cicli disgiunti) ha lunghezza al massimo
6 allora 60 ≤ m = o(σ) ≤ mcm(1, 2, 3, 4, 5, 6) = 60, da cui m = 60. Quindi per mostrare che m = 60 basta escludere
che esista in σ un ciclo di lunghezza maggiore di 6. Supponiamo quindi che σ ammetta un ciclo di lunghezza almeno
7. Siccome rimangono al più cinque punti da distribuire, è facile accorgersi che dev’essere
60 ≤ m = o(σ) ≤ max{7 · 6, 8 · 3, 9 · 2, 10, 11, 12} = 42,
assurdo.
1.3.14. Facile. Trovare un sottogruppo di S6 di ordine 9.
Risoluzione. Per 1.1.15, h(123), (456)i ∼
= h(123)i × h(456)i ha ordine 3 · 3 = 9.
1.3.15. Facile. Esibire un intero positivo n tale che Sn contenga un elemento di ordine maggiore di n2 .
Risoluzione. In S19 l’elemento
(1 2 3 4)(5 6 7)(8 9 10 11 12)(13 14 15 16 17 18 19)
ha ordine mcm(4, 3, 5, 7) = 4 · 3 · 5 · 7 = 420, e 192 = 361.
1.3.16. Facile. E’ vero che S7 ammette un sottogruppo ciclico di ordine 20?
Risoluzione. No. Un (eventuale) sottogruppo ciclico di S7 di ordine 20 è generato da un elemento σ ∈ S7 di
ordine 20. Mostriamo che non esistono elementi di S7 di ordine 20. Se per assurdo σ ∈ S7 ha ordine 20 allora nella
decomposizione di σ in cicli disgiunti deve comparire almeno un ciclo di lunghezza multipla di 5 (ricordiamo che l’ordine
di un prodotto di cicli disgiunti è uguale al minimo comune multiplo delle lunghezze dei cicli della decomposizione).
L’unico multiplo positivo di 5 minore di 7 è 5, quindi nella decomposizione di σ deve apparire un 5-ciclo. Siccome gli
elementi disponibili sono solo 7, la decomposizione di σ in cicli disgiunti sarà del tipo (abcde) (che ha ordine 5) oppure
(abcde)(f g) (che ha ordine 10). Assurdo.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
37
1.3.17. Normale. Determinare il centralizzante di (13)(42) in S4 .
Risoluzione. Sia g = (13)(42) ∈ S4 = G. Cominciamo col determinare l’ordine del centralizzante CG (g) di g.
Il numero di coniugati di g in G è uguale all’indice |G : CG (g)|. Siccome i coniugati di g in S4 sono esattamente
tutti e soli gli elementi di S4 con la stessa struttura ciclica di g, essi sono i tre elementi (12)(34), g = (13)(24),
(14)(23). Quindi |G : CG (g)| = 3 e troviamo che |CG (g)| = 24/3 = 8. CG (g) è quindi un 2-Sylow di G. Siccome
(1432)2 = g, (1432) ∈ CG (g) (ogni elemento commuta con le sue potenze). Inoltre V = {1, (12)(34), (13)(24), (14)(23)}
è un sottogruppo abeliano (e normale) di S4 di ordine 4 (è il gruppo di Klein, isomorfo a C2 × C2 ) e contenente g,
quindi V ⊆ CG (g). In effetti CG (g), isomorfo al gruppo diedrale di ordine 8 (cf. l’esercizio 1.3.12), è generato da
(1432) e V . Per avere l’usuale presentazione del gruppo diedrale, possiamo osservare che CG (g) = h(1432), (12)(34)i
(cf. 1.5).
1.3.18. Normale. Dimostrare che i sottogruppi di indice primo di un gruppo finito sono massimali. Il viceversa non
è vero: dimostrare che
H = {σ ∈ S4 | σ(1) = 1}
è un sottogruppo massimale di S4 di indice 4.
Risoluzione. Sia G un gruppo finito e sia K un suo sottogruppo con |G : K| = p un numero primo. Per mostrare
che K è massimale basta mostrare che se K < H ≤ G allora H = G. Sia dunque K < H ≤ G. Si ha
p = |G : K| =
|G| |H|
|G|
=
·
= |G : H| · |H : K|.
|K|
|H| |K|
Siccome p è primo e H 6= K si deve avere |G : H| = 1, cioè G = H.
Mostriamo ora che H = {σ ∈ S4 | σ(1) = 1} è un sottogruppo massimale di S4 di indice 4. Che H abbia indice 4
segue dal fatto che |H| = 6, infatti H ∼
= S3 . Un modo per mostrare che H è massimale è usare l’esercizio 1.3.21: se H
non fosse massimale sarebbe contenuto in un sottogruppo di S4 di ordine 12, cioè indice 2, quindi sarebbe H ⊆ A4 ,
assurdo perché (23) ∈ H − A4 .
1.3.19. Normale. Dimostrare che esiste un sottogruppo normale N di S4 tale che S4 /N ∼
= S3 .
Risoluzione. Consideriamo l’azione di coniugio di S4 sui suoi tre 2-Sylow. Essa fornisce un omomorfismo S4 → S3 .
Il nucleo di questa azione è l’intersezione dei 2-Sylow, cioè V = {1, (12)(34), (13)(24), (14)(23)} (cf. l’esercizio 1.3.10).
Ne segue che S4 /V è un gruppo di ordine |S4 /V | = |S4 |/|V | = 24/4 = 6 = |S3 | isomorfo a un sottogruppo di S3 (per
il teorema di isomorfismo), e quindi S4 /V ∼
= S3 .
1.3.20. Difficile. Consideriamo il gruppo alterno di grado 5, A5 . Questo esercizio mira a dimostrare che A5 è un
esempio di gruppo semplice non abeliano.
(1) Dimostrare che due elementi di A5 con la stessa struttura ciclica sono coniugati in A5 se non sono due 5-cicli.
(2) Dimostrare che in A5 ci sono due classi di coniugio di 5-cicli. Trovarne dei rappresentanti.
(3) Elencare le classi di coniugio di A5 e le rispettive cardinalità.
(4) Dimostrare che ogni sottogruppo normale N di un gruppo G è unione di classi di coniugio in G.
(5) Dedurre che A5 è un gruppo semplice.
Risoluzione. Il gruppo A5 ha ordine 5!/2 = 60, contiene
• l’identità 1,
• 15 elementi di struttura ciclica (2, 2),
• 20 elementi di struttura ciclica (3),
• 24 elementi di struttura ciclica (5).
38
MARTINO GARONZI
Come è noto, gli elementi di una data struttura ciclica formano una singola classe di coniugio in S5 . La situazione
è diversa nel gruppo alterno.
Sia n un intero positivo, e sia x ∈ An . Siano CSn (x) e CAn (x) rispettivamente i centralizzanti di x in Sn e in An .
Siano ClSn (x) e ClAn (x) rispettivamente le classi di coniugio di x in Sn e in An . Per il principio del conteggio
|An | = |CAn (x)| · |ClAn (x)|,
|Sn | = |CSn (x)| · |ClSn (x)|,
quindi poiché |Sn | = 2|An |, CAn (x) = CSn (x) se e solo se ClAn (x) 6= ClSn (x). In altre parole, la classe di coniugio di
x “si spezza” (ovvero ClAn (x) 6= ClSn (x)) se e solo se x non è centralizzato da permutazioni dispari.
Mettiamoci ora nel caso in esame, n = 5. (12)(34) è centralizzato da (1324) (essendo (1324)2 = (12)(34)), che è
dispari, quindi ClA5 ((12)(34)) = ClS5 ((12)(34)), cioè la classe di coniugio di (12)(34) in A5 consiste di tutti e soli gli
elementi di A5 di struttura ciclica (2, 2). (123) è centralizzato da (123)(45), essendo (123)(123)(45) = (132)(45) =
(123)(45)(123), e (123)(45) è dispari, quindi ClA5 ((123)) = ClS5 ((123)), cioè la classe di coniugio di (123) consiste di
tutti e soli i 3-cicli di A5 . Il centralizzante di (12345) in S5 è h(12345)i (questo si vede in modo standard contando i
coniugati di (12345), cf. 1.3.8), quindi i 5-cicli non sono centralizzati da permutazioni dispari. Ne segue che ci sono
due classi di coniugio di 5-cicli in A5 , e dei rappresentanti sono (12345) e (13245). Si può dimostrare che in generale
la classe di coniugio di un elemento di An si spezza se e solo se la struttura ciclica di tale elemento consiste di cicli di
lunghezze dispari a due a due distinte.
Le classi di coniugio di A5 hanno quindi cardinalità 1, 15, 20, 12, 12. Sia {1} =
6 N A5 . N è unione di alcune di
queste classi (questo segue immediatamente dalla normalità: se x ∈ N allora tutti i coniugati di x stanno in N ), tra
cui la classe con un elemento (essendo 1 ∈ N ), e |N | divide |A5 | = 60. Una verifica diretta mostra che nessun divisore
proprio di 60 è della forma “1 più una somma di alcuni tra 15, 20, 12, 12”. Ne segue che N = A5 .
1.3.21. Medio. Sia n ≥ 2 un intero. Dimostrare che l’unico sottogruppo di Sn di indice 2 è An .
Risoluzione. Sia Q := {x2 : x ∈ Sn }. L’idea è mostrare che An è generato da Q: An = hQi. Il risultato seguirà
facilmente da questo fatto. Siccome ogni elemento di An è un prodotto di un numero pari di 2-cicli (trasposizioni),
per mostrare che hQi = An basta mostrare che il prodotto di due 2-cicli è un quadrato in Sn . Prendiamo due 2-cicli,
siano essi (12) e (ij), con i < j (possiamo fare questa scelta a meno di cambiare i nomi ai simboli). Ci sono tre casi
possibili.
• {i, j} ∩ {1, 2} = ∅. In questo caso (12)(ij) = (1i2j)2 .
• i = 1, j 6= 2. In questo caso (ij)(12) = (1j)(12) = (12j) = (1j2)2 .
• i = 1, j = 2. In questo caso (12)(ij) = (12)2 = 1 = 12 .
Abbiamo quindi che An = hQi. Osserviamo che se n ≥ 6 allora An 6= Q, essendo (12)(3456) ∈ An − Q.
Sia ora H un sottogruppo di Sn di indice 2. Dobbiamo mostrare che H = An . Siccome H e An hanno lo stesso
ordine, finito, basta mostrare che An ⊆ H. Siccome H ha indice 2, è normale in Sn , e possiamo considerare la proiezione
sul quoziente ϕ : Sn → Sn /H ∼
= C2 . Osserviamo che se x ∈ Sn allora ϕ(x2 ) = ϕ(x)2 = 1 essendo |Sn /H| = 2. Questo
implica che Q = {x2 : x ∈ Sn } ⊆ ker(ϕ) = H, e quindi, siccome H ≤ Sn , anche An = hQi ⊆ H.
1.3.22. Normale. Dimostrare che i sottogruppi non abeliani di S4 non sono semplici.
Risoluzione. S4 non è semplice perché ammette il sottogruppo normale proprio A4 . Sia H un sottogruppo proprio
non abeliano di S4 . Allora |H| divide |S4 | = 24, quindi |H| ∈ {1, 2, 3, 4, 6, 8, 12}. Siccome i p-gruppi hanno centro non
banale, siamo ridotti a mostrare che i gruppi di ordine 6 e 12 non sono semplici.
• Supponiamo |H| = 6. Allora dal teorema di Sylow H ha un unico 3-Sylow, che quindi è normale in H.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
39
• Supponiamo |H| = 12. Sia P un 2-Sylow di H. Allora |P | = 4 e |H : P | = 3. Se P è l’unico 2-Sylow
di H allora P H e quindi H non è semplice. Per il teorema di Sylow, possiamo quindi assumere che il
numero di 2-Sylow di H sia uguale a 3. In altre parole, P ha tre coniugati. Detto PH il cuore normale di
P in H, cioè l’intersezione dei coniugati di P in H, H/PH si immerge in S3 , più precisamente l’azione di
coniugio di H sull’insieme dei coniugati di P induce un omomorfismo H → S3 il cui nucleo è PH . Ne segue
che |H/PH | ≤ |S3 | = 6, quindi PH 6= {1}. PH è quindi un sottogruppo normale proprio (perché contenuto in
P ) e non banale di H, che quindi non è un gruppo semplice.
Osserviamo che abbiamo mostrato di più di quanto era richiesto. Abbiamo mostrato che per ogni divisore d di 24,
ogni gruppo semplice di ordine d è abeliano.
1.3.23. Normale. Sia G un gruppo semplice non abeliano. Mostrare che G non ammette sottogruppi propri di indice
minore di 5.
Risoluzione. Esista per assurdo un sottogruppo proprio H di G di indice minore di 5. Consideriamo l’azione
di G a sinistra su {xH | x ∈ G} data da (g, xH) 7→ gxH. Il nucleo di questa azione è il cuore normale di H, HG ,
cioè l’intersezione dei coniugati di H in G. Essendo HG un sottogruppo normale proprio (perché contenuto in H) del
gruppo semplice G, si deve avere HG = {1}. Abbiamo quindi un omomorfismo iniettivo G → Sn , dove n = |G : H|.
Siccome n < 5, Sn si immerge in S4 e ne deduciamo per composizione un omomorfismo iniettivo G → S4 . G è quindi
isomorfo a un sottogruppo di S4 , e questo contraddice l’enunciato dell’esercizio 1.3.22.
1.3.24. Medio. Sia n ≥ 5 un intero. Sapendo che An è un gruppo semplice, mostrare che se H ≤ Sn e H 6= An , Sn
allora |Sn : H| ≥ n. Dedurre che se un sottogruppo di Sn ha indice n allora è massimale. Dedurre che per ogni
i ∈ {1, . . . , n} lo stabilizzatore di i, {σ ∈ Sn | σ(i) = i} ≤ Sn , è un sottogruppo massimale.
Risoluzione. Sia H ≤ Sn con H 6= An , Sn . Ricordiamo che l’azione di Sn sull’insieme dei laterali sinistri di H in
Sn determina un omomorfismo Sn → Sym(|Sn : H|) di nucleo HSn (il cuore normale di H in Sn , cioè l’intersezione dei
coniugati di H in Sn ). Siccome HSn Sn , HSn ⊆ H e gli unici sottogruppi normali di Sn sono {1}, An e Sn (cf. lo
svolgimento dell’esercizio 1.1.48), segue che HSn = {1}, quindi n! divide |Sn : H|!, e questo implica che |Sn : H| ≥ n.
Ora, se K è un sottogruppo di Sn di indice n allora ogni sottogruppo di Sn che contiene K propriamente deve avere
indice minore di n, quindi deve essere uguale a Sn . Segue che i sottogruppi di Sn di indice n sono massimali. L’asserto
sullo stabilizzatore segue dal fatto che esso ha indice n in Sn .
Digressione: se n ≥ 2 e n 6= 6 allora ogni sottogruppo di Sn di indice n è lo stabilizzatore di un punto. Per quanto
riguarda il caso n = 6 si veda l’esercizio 1.3.28.
1.3.25. Medio. Sia G = S7 il gruppo simmetrico di grado 7. Per ogni p ∈ {3, 5, 7} sia σp il p-ciclo (1 · · · p) ∈ G.
Per ogni tale p trovare un p-sottogruppo di Sylow P di G, e determinare gli ordini |NG (P )| e |CG (σp )|, il numero di
coniugati di σp in G e il numero dei p-sottogruppi di Sylow di G.
Fare lo stesso con A7 al posto di S7 .
Risoluzione. Per trattare il caso G = A7 , ricordiamo che la classe di coniugio di un elemento x ∈ An è uguale alla
sua classe di coniugio in Sn a meno che la decomposizione di x in cicli disgiunti non consista di cicli di lunghezze dispari
a due a due distinte (cf. lo svolgimento dell’esercizio 1.3.20), e in questo caso la Sn -classe è unione di esattamente due
An -classi della stessa cardinalità. In particolare la classe di coniugio di un 3-ciclo in A7 è uguale alla sua classe in S7 ,
e lo stesso vale per i 5-cicli, mentre la classe di coniugio di un 7-ciclo in A7 ha la metà degli elementi della sua classe
in S7 .
• σ3 = (123) ∈ S7 = G. Siccome |G| = 7!, i 3-Sylow di G hanno ordine 32 , quindi uno di essi è h(123), (456)i ∼
=
C3 × C3 (cf. l’esercizio 1.1.15). Siccome i 3-Sylow sono coniugati, ogni 3-Sylow di G è isomorfo a C3 × C3 e
quindi è generato da due
3-cicli disgiunti, cioè è determinato da due orbite di lunghezza 3. Ne segue che G
ha esattamente 7 · 21 63 = 70 3-Sylow (si osservi che 70 ≡ 1 mod (3), coerentemente col teorema di Sylow)
40
MARTINO GARONZI
•
•
•
•
•
e quindi |G : NG (P )| = 70 e deduciamo che |NG (P )| = 7!/70 = 72. I coniugati di σ3 in G sono tutti e soli
i 3-cicli, quindi sono 2 · 73 = 70. Ne segue che |G : CG (σ3 )| = 70 e quindi |CG (σ3 )| = 7!/70 = 72. Siccome
σ3 ∈ CG (σ3 ) e ogni permutazione che lascia fissi 1, 2, 3 commuta con σ3 otteniamo che CG (σ3 ) ∼
= C3 × S4 .
σ5 = (12345) ∈ S7 = G. Siccome |G| = 7!, i 5-Sylow di G hanno ordine 5, quindi uno di essi
è
P = hσ5 i. Il
numero di coniugati di σ5 in G è uguale al numero di 5-cicli in G, quindi è uguale a 4! · 75 = 24 · 21 = 504.
Ne segue che |G : CG (σ5 )| = 504 e quindi |CG (σ5 )| = 7!/504 = 10. Siccome σ5 , (67) ∈ CG (σ5 ) segue che
CG (σ5 ) ∼
= C5 × C2 ∼
= C10 . Il numero di 5-Sylow di G è uguale al numero di 5-cicli di G diviso per il
numero di 5-cicli contenuti in un 5-Sylow, quindi è uguale a 504/4 = 126 (osserviamo che 126 ≡ 1 mod (5),
coerentemente col teorema di Sylow). Ne segue che |G : NG (P )| = 126 e quindi |NG (P )| = 7!/126 = 40.
σ7 = (1234567) ∈ S7 = G. Siccome |G| = 7!, i 7-Sylow di G hanno ordine 7, quindi uno di essi è P = hσ7 i.
Il numero di coniugati di σ7 in G è uguale al numero di 7-cicli in G, quindi è uguale a 6! = 720. Ne segue
che |G : CG (σ5 )| = 6! e quindi |CG (σ5 )| = 7!/6! = 7. Siccome σ7 ∈ CG (σ7 ) segue che CG (σ7 ) = hσ7 i ∼
= C7 .
Il numero di 7-Sylow di G è uguale al numero di 7-cicli di G diviso per il numero di 7-cicli contenuti in un
7-Sylow, quindi è uguale a 6!/6 = 5! = 120 (osserviamo che 120 ≡ 1 mod (7), coerentemente col teorema di
Sylow). Ne segue che |G : NG (P )| = 120 e quindi |NG (P )| = 7!/120 = 42.
σ3 = (123) ∈ A7 = G. Siccome |G| = 7!/2, i 3-Sylow di G hanno ordine 32 , quindi uno di essi è h(123), (456)i ∼
=
C3 × C3 (cf. l’esercizio 1.1.15). Siccome i 3-Sylow sono coniugati, ogni 3-Sylow di G è isomorfo a C3 × C3 e
quindi è generato da due 3-cicli disgiunti, cioè è determinato da due orbite di lunghezza 3. Ne segue che G
ha esattamente 7 · 63 = 140 3-Sylow (si osservi che 140 ≡ 1 mod (3), coerentemente col teorema di Sylow)
e quindi |G : NG (P )| = 140 e deduciamo che |NG (P )| = (7!/2)/140 = 18. I coniugati di σ3 in G sono tutti e
soli i 3-cicli, quindi sono 2 · 73 = 70. Ne segue che |G : CG (σ3 )| = 70 e quindi |CG (σ3 )| = (7!/2)/70 = 36.
σ5 = (12345) ∈ A7 = G. Siccome |G| = 7!/2, i 5-Sylow di G hanno ordine 5, quindi uno di essi
è P = hσ5 i. Il
numero di coniugati di σ5 in G è uguale al numero di 5-cicli in G, quindi è uguale a 4! · 75 = 24 · 21 = 504.
Ne segue che |G : CG (σ5 )| = 504 e quindi |CG (σ5 )| = (7!/2)/504 = 5. Siccome σ5 ∈ CG (σ5 ) segue che
CG (σ5 ) = hσ5 i ∼
= C5 . Il numero di 5-Sylow di G è uguale al numero di 5-cicli di G diviso per il numero di 5cicli contenuti in un 5-Sylow, quindi è uguale a 504/4 = 126 (osserviamo che 126 ≡ 1 mod (5), coerentemente
col teorema di Sylow). Ne segue che |G : NG (P )| = 126 e quindi |NG (P )| = (7!/2)/126 = 20.
σ7 = (1234567) ∈ A7 = G. Siccome |G| = 7!/2, i 7-Sylow di G hanno ordine 7, quindi uno di essi è P = hσ7 i.
Il numero di coniugati di σ7 in G è uguale alla metà del numero di 7-cicli in G, quindi è uguale a 6!/2 = 360.
Ne segue che |G : CG (σ5 )| = 6!/2 e quindi |CG (σ5 )| = (7!/2)/(6!/2) = 7. Siccome σ7 ∈ CG (σ7 ) segue che
CG (σ7 ) = hσ7 i ∼
= C7 . Il numero di 7-Sylow di G è uguale al numero di 7-cicli di G diviso per il numero di 7-cicli
contenuti in un 7-Sylow, quindi è uguale a 6!/6 = 5! = 120 (osserviamo che 120 ≡ 1 mod (7), coerentemente
col teorema di Sylow). Ne segue che |G : NG (P )| = 120 e quindi |NG (P )| = (7!/2)/120 = 21.
1.3.26. Medio. Dimostrare che Aut(S3 ) ∼
= S3 .
Si può dimostrare che per ogni n > 2, n 6= 6 si ha Aut(Sn ) ∼
= Sn .
Risoluzione. Si ha S3 = {1, (12), (13), (23), (123), (132)}. Aut(S3 ) agisce su S3 nel modo ovvio: Aut(S3 )×S3 → S3 ,
(ϕ, σ) 7→ ϕ(σ). Questa azione conserva l’ordine degli elementi. Siccome gli elementi di S3 di ordine 2 sono esattamente
i tre scambi, abbiamo un omomorfismo f : Aut(S3 ) → Sym({(12), (13), (23)}) ∼
= S3 . Vogliamo mostrare che f è un
isomorfismo.
• f è iniettivo. Mostriamo che se f (σ) = 1 allora σ = 1. Il punto è che {(12), (23), (13)} genera S3 . Se f (σ) = 1
allora σ fissa (12), (13), (23) e quindi fissa anche h(12), (13), (23)i = S3 , cioè σ = 1.
• f è suriettivo. Lo mostriamo in modo indiretto. Siccome f è iniettivo, basta mostrare che |Aut(S3 )| ≥ |S3 |.
Consideriamo l’azione di S3 su se stesso per coniugio. Se G è un qualunque gruppo e g ∈ G allora G → G, σ 7→
g −1 σg è un isomorfismo di gruppi, ed è l’identità se e solo se g ∈ Z(G). Siccome Z(S3 ) = {1} (cf. la risoluzione
dell’esercizio 1.1.2), questo determina un omomorfismo iniettivo S3 → Aut(S3 ), per cui 6 = |S3 | ≤ |Aut(S3 )|.
1.3.27. Questo esercizio mira a dimostrare che Aut(A4 ) ∼
= S4 .
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
41
(1) Sia P un 3-Sylow di A4 . Mostrare che esiste i ∈ {1, 2, 3, 4} tale che P = {σ ∈ S4 | σ(i) = i}. In altre parole, i
3-Sylow di A4 sono gli stabilizzatori dei punti.
(2) Ora sia Ω l’insieme dei quattro stabilizzatori in A4 , Ω = {Stab(i) | i ∈ {1, 2, 3, 4}}. Mostrare che se ϕ ∈ Aut(A4 )
e ω ∈ Ω allora ϕ(ω) ∈ Ω (usare il punto precedente).
(3) Dedurne un omomorfismo Aut(A4 ) → Sym(Ω) ∼
= S4 , e mostrare che è un isomorfismo.
Digressione: usando le stesse idee, si dimostra che se n ≥ 3 è un intero diverso da 6 (cf. con l’esercizio 1.3.28)
allora Aut(An ) ∼
= Sn .
Risoluzione.
(1) I 3-Sylow di A4 sono ciclici di ordine 3, quindi sono in totale la metà del numero di 3-cicli in A4 , cioè 4. Sia
P un 3-Sylow di A4 . Allora P ha ordine 3, quindi è generato da un elemento di A4 di ordine 3, cioè da un
3-ciclo. Ne segue che P ha esattamente un punto fisso e quindi è contenuto nello stabilizzatore di un punto,
H. Siccome |H| = 3 = |P | segue che P = H.
(2) Se ω ∈ Ω allora poiché ϕ è un isomorfismo |ϕ(ω)| = |ω| = 6 e quindi dal punto precedente segue che ϕ(ω) è lo
stabilizzatore di un punto, cioè ϕ(ω) ∈ Ω.
(3) Abbiamo quindi che Aut(A4 ) agisce su Ω mandando (ϕ, ω) in ϕ(ω). In altre parole, se g ∈ A4 fissa i ∈ {1, 2, 3, 4}
e ϕ ∈ Aut(A4 ) allora anche ϕ(g) fissa i. Mostriamo che tale azione è fedele. Sia quindi ϕ ∈ Aut(A4 ) tale
che ϕ(ω) = ω per ogni ω ∈ Ω. Dobbiamo mostrare che ϕ è necessariamente l’identità A4 → A4 . Siccome
i 3-cicli di A4 generano A4 , basta mostrare che ϕ fissa i 3-cicli. Sia g ∈ A4 un 3-ciclo. Se ϕ(g) 6= g allora
siccome g e ϕ(g) hanno lo stesso (unico) punto fisso, ϕ(g) dev’essere l’inverso di g: ϕ(g) = g −1 (ci sono solo
due 3-cicli che fissano un dato punto). Supponiamo (a meno di cambiare i nomi ai simboli) che g = (123).
Allora ϕ(g) = (132). Ci sono due possibilità.
• ϕ((124)) = (124). Allora
(243) = (132)(124) = ϕ((123))ϕ((124)) = ϕ((123)(124)) = ϕ((13)(24)).
• ϕ((124)) = (142). Allora
(243) = (132)(124) = ϕ((123))ϕ((142)) = ϕ((123)(142)) = ϕ((143)).
In entrambi i casi ϕ manda un elemento che muove 1 in un elemento che lo fissa, assurdo. Deduciamo che
Aut(A4 ) agisce fedelmente su Ω, quindi l’omomorfismo associato Aut(A4 ) → Sym(Ω) ∼
= S4 è iniettivo, per cui
| Aut(A4 )| è isomorfo a un sottogruppo di S4 .
Consideriamo l’omomorfismo f : S4 → Aut(A4 ) dato dal coniugio: f (g)(x) = gxg −1 . Dal fatto che i
sottogruppi normali di S4 sono {1}, V = {1, (12)(34), (13)(24), (14)(23)}, A4 e S4 segue che f è iniettivo. Ne
segue che |S4 | divide | Aut(A4 )|. Siccome Aut(A4 ) è isomorfo a un sottogruppo di S4 , segue che Aut(A4 ) ∼
= S4 .
1.3.28. Trovare un sottogruppo di S6 di indice 6 che non sia lo stabilizzatore di un punto. Suggerimento: considerare
l’azione di coniugio di S5 sull’insieme dei suoi 5-Sylow.
Risoluzione. S5 agisce per coniugio sui suoi sei 5-Sylow e tale azione è transitiva. Ne deduciamo un omomorfismo
ϕ : S5 → S6 di nucleo PS5 , il cuore normale di un 5-Sylow P in S5 . Osserviamo che P ha ordine 5 e non è normale
in S5 , quindi PS5 = {1}. Ne deduciamo che ϕ è un omomorfismo iniettivo, quindi ϕ(S5 ) ha ordine |S5 | = 5! e quindi
ha indice 6 in S6 . Siccome l’azione considerata è transitiva, l’immagine ϕ(S5 ) non può essere lo stabilizzatore di un
punto.
1.3.29. Mostrare che il gruppo alterno A4 non ha sottogruppi di indice 2.
Risoluzione. Sia per assurdo H un sottogruppo di A4 di indice 2, cioè ordine |A4 |/2 = 6. Osserviamo che H ha
indice 2 in A4 e quindi è normale: H A4 . Il numero dei 3-Sylow di H divide 2 ed è congruo a 1 modulo 3, quindi H
ha un unico 3-Sylow, chiamiamolo P , che quindi è normale ed è l’unico sottogruppo di H di ordine 3. Ne segue che
42
MARTINO GARONZI
P è normale in A4 , infatti se g ∈ A4 allora g −1 P g è un sottogruppo di A4 contenuto in g −1 Hg = H (H è normale) di
ordine |g −1 P g| = |P | = 3, e quindi g −1 P g = P essendo P l’unico sottogruppo di H di ordine 3. P è generato da un
3-ciclo, senza perdita in generalità supponiamo che P = h(123)i. Allora (124) ∈ A4 e (124)(123)(124)−1 = (243) 6∈ P ,
e questo contraddice P A4 .
Inseriamo qui il reticolo dei sottogruppi di A4 . Si ha A4 = ha, bi dove a = (123) e b = (12)(34).
h A4 ;SMMSSS
hhhhh
;; MMMSSSS
h
h
h
h
;; MMM SSSS
hhh
h
h
h
hh
;; MMM SSSS
hhhhh
MMM SSSS
;;
SSS
MMM
2
;;
hb, a bai ∼
= C2 × C2
SSS
MMM
;;
P
SSS
P
p
P
p
M
SSS
P
;
p
M
PPP
;;
MMM
SSS
pp
p
P
p
SSS
PPP
;
M
p
p
M
;
SS
p
M
P
p
pp
2
2
∼
∼
∼
habi
C
hbai
C
habai ∼
hbi YYYYYYY
hai
C
ha
bai
haba
i
=
=
= C3
=
3
3
3
VVV
YYYYYY
JJ
hh
eeeeee
q
h
e
h
e
YYYYYY VVVVVVVV
q
e
J
h
e
h
e
q
J
q
YYYYYY
hhh
eeeee
YYYYVYVYVVVVVV JJJJ
qqqhhhhheheheheeeeeeee
q
YYYYYYVVVV JJ
q
e
h
e
YYYYVYVYV
qhqheheheheeee
{1} e
1.3.30. Normale. Determinare n3 (S7 ), cioè contare i 3-Sylow di S7 .
Risoluzione. Si ha |S7 | = 7! = 2 · 3 · 4 · 5 · 6 · 7, quindi i 3-Sylow di S7 hanno ordine 32 = 9. Troviamone uno.
Sia P := h(123), (456)i. Notiamo che (123) e (456) sono cicli disgiunti quindi commutano. Mostriamo che P ∼
=
h(123)i × h(456)i ∼
= C3 × C3 da cui segue |P | = 9, da cui segue che P è un 3-Sylow di S7 .
Siano A := h(123)i, B := h(456)i. Allora A, B P . Infatti il normalizzante NP (A) contiene (123) (infatti (123)
centralizza il sottogruppo che genera, in particolare lo normalizza) e anche (456) (infatti (456) centralizza (123) e
quindi centralizza h(123)i, in particolare normalizza h(123)i) e quindi contiene h(123), (456)i = P , da cui NP (A) = P
cioè A P . Analogamente NP (B) = P da cui B P . Abbiamo A = {1, (123), (132)} e B = {1, (456), (465)} e quindi
A ∩ B = {1}. Siccome A centralizza B, AB = BA e quindi AB ≤ P , da cui P = hA, Bi = AB. Abbiamo dimostrato
che A, B P , A ∩ B = {1} e AB = P e quindi otteniamo che P ∼
= A × B.
I coniugati di P sono del tipo gP g −1 con g ∈ S7 , quindi sono del tipo gh(123), (456)ig −1 = hg(123)g −1 , g(456)g −1 i.
Siccome g(123)g −1 = (g(1) g(2) g(3)) e g(456)g −1 = (g(4) g(5) g(6)), e siccome g è una biiezione, i due 3-cicli
g(123)g −1 e g(456)g −1 sono anch’essi disgiunti. Ne deduciamo che tutti i coniugati di P , e quindi tutti i 3-Sylow di
S7 , sono generati da due 3-cicli disgiunti.
Quindi contare i 3-Sylow di S7 equivale a contare le partizioni {a,
b, c} ∪ {d, e, f } ∪ {g} dove {a, b, c, d, e, f, g} =
{1, 2, 3, 4, 5, 6, 7}. Scegliamo g in 7 modi e a questo punto ci sono 21 63 partizioni di {a, b, c, d, e, f } in due sottoinsiemi
di cardinalità 3 (una volta sceltone uno la partizione è determinata, e ogni partizione è determinata da due tali
sottoinsiemi). Ne segue che n3 (S7 ) = 7 · 12 63 = 70. Osserviamo che 70 è congruo a 1 modulo 3, come dev’essere. Per
la cronaca, otteniamo anche che 70 = |S7 : NS7 (P )| = 7!/|NS7 (P )| da cui |NS7 (P )| = 7!/70 = 72.
1.3.31. Medio. Sia n un numero dispari. Mostrare che l’n-ciclo (1 . . . n) è coniugato al suo inverso nel gruppo alterno
Alt(n) se e solo se n ≡ 1 mod 4.
Risoluzione. Osserviamo che siccome n è dispari (1 . . . n) ∈ Alt(n). Supponiamo che n ≡ 1 mod 4. Allora
n+1
n−1
scambi, ed essendo n−1
l’elemento (2, n)(3, n − 1) · · · ( n−1
2 , 2 ) appartiene ad Alt(n) (essendo un prodotto di
2
2
−1
pari per ipotesi) e coniuga σ = (1 . . . n) in (1, n, n − 1, . . . , 3, 2) = σ .
Ora supponiamo che σ sia coniugato al suo inverso in Alt(n). Cioè esiste τ ∈ Alt(n) con τ στ −1 = σ −1 . Sia
n+1
−1
= σ −1 . Abbiamo ρσρ−1 = σ −1 = τ στ −1 per
ρ := (2, n)(3, n − 1) · · · ( n−1
2 , 2 ). Come abbiamo visto, anche ρσρ
−1
−1
−1
cui τ ρσρ τ = σ, cioè τ ρ ∈ CSn (σ). Ma per 1.3.8 CSn (σ) = hσi, in particolare CSn (σ) ⊆ Alt(n). Ne segue che
n−1
τ −1 ρ ∈ Alt(n) e siccome τ ∈ Alt(n), ρ ∈ τ Alt(n) = Alt(n). Siccome ρ è un prodotto di n−1
2 scambi, ne segue che 2
è pari, cioè n ≡ 1 mod 4.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
43
1.3.32. Difficile. Dato un gruppo finito G, indichiamo con d(G) la minima cardinalità di un insieme X ⊆ G tale che
hXi = G. Sia n un intero positivo e sia H ≤ Sn . Mostrare che d(H) ≤ n − 1, cioè esiste X ⊆ H con |X| ≤ n − 1 e
hXi = H.
Risoluzione. Procediamo per induzione su n. Se n = 1 allora H = {1} e basta prendere X = ∅. Ora supponiamo
che il risultato valga per n − 1 e dimostriamo che vale per n. Sia Ω = {1, . . . , n} = O1 ∪ . . . ∪ Ok dove O1 , . . . , Ok sono
le orbite dell’azione di H su Ω. Scriviamo |Oi | = ni per i = 1, . . . , k. L’azione di H su Oi determina un omomorfismo
fi : H → Sni , sia Hi la sua immagine. Consideriamo l’omomorfismo
f : H → H1 × . . . × Hk ,
h 7→ (f1 (h), . . . , fk (h)).
Tk
Tale omomorfismo è iniettivo perché ker(f ) = i=1 ker(fi ) = {1}. Supponiamo k > 1, e sia N il nucleo di f1 .
Allora H/N è isomorfo a un sottogruppo di Sn1 e f (N ) è contenuto in Sn2 × . . . × Snk ≤ Sn2 +...+nk , per cui per
ipotesi induttiva d(H/N ) ≤ n1 − 1 = r e, siccome f (N ) ∼
= N , d(N ) = d(f (N )) ≤ n2 + . . . + nk − 1 = t. Siano
h1 , . . . , hr ∈ H con h{h1 N, . . . , hr N }i = H/N e siano n1 , . . . , nt con h{n1 , . . . , nt }i = N . Allora è facile vedere che
h{h1 , . . . , hr , n1 , . . . , nt }i = H, per cui d(H) ≤ r + t = n1 − 1 + n2 + . . . + nk − 1 = n − 2.
Supponiamo ora k = 1. In altre parole, l’azione indotta di H su Ω è transitiva. Sia K := {σ ∈ H : σ(1) = 1} lo
stabilizzatore di 1 in H. Siccome l’azione di K non è transitiva (fissa 1) si ha K 6= H quindi esiste un sottogruppo
massimale M di H che contiene K. Supponiamo che l’azione indotta di M su Ω sia transitiva. Sia h ∈ H e sia m ∈ M
tale che m(h(1)) = 1. Allora mh ∈ K e quindi h ∈ m−1 K ⊆ M . Questo dimostra che H = M , che è falso, quindi
l’azione indotta di M non è transitiva. Ma allora possiamo applicare il caso già discusso (il caso k > 1) per concludere
che d(M ) ≤ n−2. Sia h ∈ H −M . Siccome M è massimale, hM, hi = H e quindi d(H) ≤ d(M )+1 ≤ (n−2)+1 = n−1.
1.4. Gruppi di matrici.
1.4.1. Normale. Sia F un campo, e sia GLn (F ) l’insieme delle matrici n × n a coefficienti in F e invertibili. Si tratta
di un gruppo con l’operazione di usuale moltiplicazione tra matrici. Indichiamo con F ∗ il gruppo moltiplicativo che
consiste degli elementi non nulli di F . Consideriamo la funzione det : GLn (F ) → F ∗ che manda A in det(A). Mostrare
che si tratta di un omomorfismo suriettivo di gruppi. Dedurre che GLn (F )/SLn (F ) è isomorfo a F ∗ .
Risoluzione. Che det preservi la moltiplicazione è il teorema di Binet. det è suriettivo perché dato a ∈ F ∗
la matrice diagonale n × n che ha a nell’entrata (1, 1) e 1 in tutte le altre entrate diagonali è invertibile e il suo
determinante è a. Ricordiamo che SLn (F ) consiste delle matrici n × n invertibili a coefficienti in F e di determinante
1, in altre parole SLn (F ) = ker(det). L’isomorfismo enunciato segue allora dal primo teorema di isomorfismo.
1.4.2. Normale. Si consideri l’insieme G delle matrici
a 0
| a, b ∈ Z/7Z, a 6= 0}.
G={
b 1
(1) Si verifichi che G è un sottogruppo di GL(2, Z/7Z);
(2) Si verifichi che ϕ : G → (Z/7Z)∗ definita da
a 0
7→ a
b 1
è un omomorfismo suriettivo di gruppi.
(3) Si descriva il nucleo di ϕ.
(4) Qual è l’ordine di G?
(5) Dire quanti sono i 2-Sylow, quanti i 3-Sylow e quanti i 7-Sylow.
Per ogni gruppo che vi capita sottomano provate a domandarvi quanti sono i p-Sylow, per ogni primo p che vi viene
in mente.
44
MARTINO GARONZI
Risoluzione del punto 5. Indicherò con Np (G) il numero di p-sottogruppi di Sylow di G. Osserviamo che G ha
ordine 42 (ho 6 scelte per a e 7 per b), e che Z/7Z − {0} è un gruppo moltiplicativo ciclico generato da 3 + 7Z, quindi
32 + 7Z ha ordine 3 e 33 + 7Z ha ordine 2. Siano
1 0
−1 0
2 0
x=
, y=
,z =
.
1 1
0 1
0 1
Osserviamo che o(x) = 7, o(y) = 2, o(z) = 3. Quindi hxi è un 7-Sylow, hyi è un 2-Sylow e hzi è un 3-Sylow.
Determiniamone i normalizzanti.
a 0
a−1
0
L’inversa di g =
∈ G è
.
b 1
−ba−1 1
• Vediamo quando g normalizza hxi, cioè quando manda x in una sua potenza. Questo accade solo quando esiste
un c ∈ Z/7Z tale che
a−1
0
1 0
a 0
1 0
=
.
−ba−1 1
1 1
b 1
c 1
Facendo il conto otteniamo come unica condizione c = a, e quindi NG (hxi) = G per cui N7 (G) = 1 (c’è un
solo 7-Sylow). Potevamo accorgercene anche usando il teorema di Sylow, dato che nessun divisore di 42/7 = 6
diverso da 1 è congruo a 1 modulo 7.
• Vediamo quando g normalizza hyi, cioè quando manda y in una sua potenza. Questo accade solo quando esiste
un c ∈ {1, −1} tale che
a−1
0
−1 0
a 0
c 0
=
.
−ba−1 1
0 1
b 1
0 1
a 0
Facendo il conto otteniamo c = −1 e 2b = 0, da cui b = 0. Quindi NG (hyi) = {
| 0 6= a ∈ Z/7Z}.
0 1
In particolare |NG (hyi)| = 6 e quindi N2 (G) = |G : NG (hyi)| = 42/6 = 7.
• Vediamo quando g normalizza hzi, cioè quando manda z in una sua potenza. Questo accade solo quando esiste
un c ∈ {1, 2, 4} tale che
a−1
0
2 0
a 0
c 0
=
.
−ba−1 1
0 1
b 1
0 1
a 0
Facendo il conto otteniamo c = 2 e −b = 0, da cui b = 0. Quindi NG (hyi) = {
| 0 6= a ∈ Z/7Z}. In
0 1
particolare |NG (hzi)| = 6 e quindi N3 (G) = |G : NG (hzi)| = 42/6 = 7.
1.4.3. Medio. Dati un gruppo G e un primo p indico con Np (G) il numero di p-sottogruppi di Sylow di G. Calcolare
Np (G) in ognuno dei seguenti casi:
• G = GL(2, p), il gruppo generale lineare (le matrici 2 per 2 invertibili a coefficienti in Fp ),
• G = SL(2,
p), il
gruppo speciale lineare (le matrici di GL(2, p) di determinante 1),
a b
• G={
| ac 6= 0} ≤ GL(2, Z/pZ), e quando p = 3 o 5 calcolare anche N2 (G) - magari provate a dare
0 c
un valore a p, per esempio 7, 11, 13, e provate a calcolare Nq (G) per ogni primo q che divide |G|.
Faccio il caso G = SL(2, p). Per cominciare, calcoliamo |G|. Sappiamo che la funzione GL(2, p) → Fp − {0}
che manda una matrice nel suo determinante è un omomorfismo di gruppi (per il teorema di Binet) ed è suriettivo
(facile esercizio), inoltre il suo nucleo è SL(2, p) (per definizione), per cui per il primo teorema di isomorfismo si ha
GL(2, p)/SL(2, p) ∼
= Fp − {0}. In particolare |GL(2, p)/SL(2, p)| = p − 1 e quindi |SL(2, p)| = |GL(2, p)|/(p − 1). Ora,
l’ordine di GL(2, p) si determina contando le possibilità per le colonne: una matrice 2 per 2 invertibile è il dato di due
vettori-colonna linearmente indipendenti, ho quindi p2 − 1 scelte per il primo vettore (devo escludere il vettore nullo)
e p2 − p per il secondo (devo escludere tutti i multipli del primo vettore scelto), quindi |GL(2, p)| = (p2 − 1)(p2 − p) e
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
45
di conseguenza |SL(2, p)| = p(p2 − 1). In particolare, siccome p è primo e non divide p2 − 1, i p-sottogruppi di Sylow
di SL(2, p) hanno ordine p. Ne vogliamo trovare uno. Prendiamo
1 b
P := {
| b ∈ Fp }.
0 1
Si vede facilmente che |P | = p. Siccome i p-Sylow sono tutti coniugati, il numero di p-Sylow è uguale al numero
di coniugati di P in G, che sappiamo essere uguale all’indicedel normalizzante
di P in G. Siamo quindi ridotti a
x y
calcolare |NG (P )|. Un generico elemento di G ha la forma g =
dove xw − yz = 1. Il suo inverso sarà quindi
z w
w −y
g −1 =
. Dobbiamo trovare NG (P ), cioè dobbiamo trovare tutti i g ∈ G tali che per ogni h ∈ P si abbia
−z x
1 b
−1
ghg ∈ P . Scriviamo h =
. Dobbiamo quindi trovare tutti i x, y, z, w ∈ Fp tali che per ogni b ∈ Fp esiste
0 1
0
b ∈ Fp tale che
−1 x y
1 b
x y
1 b0
=
.
z w
0 1
z w
0 1
Facendo i conti, ricordando che xw − zy = 1, otteniamo le relazioni seguenti:
z 2 b = 0,
zxb = 0,
x2 b = b0 .
Siccome questo deve valere per ogni b, ponendo b = 1 otteniamo z 2 = 0, cioè z = 0 (z appartiene a Fp che è un campo).
Quando z = 0 le prime due relazioni sono verificate e perché valga la terza basta scegliere b0 = x2 b. Ne segue che
x y
x
y
NG (P ) = {
∈ G | z = 0} = {
| x, y ∈ Fp , x 6= 0}.
z w
0 x−1
In particolare |NG (P )| = p(p − 1) e quindi Np (G) = |G|/|NG (P )| = p(p2 − 1)/(p(p − 1)) = p + 1 che incidentalmente
è congruo a 1 modulo p (coerentemente col teorema di Sylow).
1.4.4. Normale. Quante sono le matrici diagonalizzabili in GL(3, 3)?
Risoluzione. Una matrice diagonalizzabile è una matrice che appartiene alla classe di coniugio di una matrice
diagonale. Ricordiamo che la classe di coniugio di un elemento ha tantielementi quant’è
l’indice del centralizzante

a 0 0
di tale elemento. Una matrice diagonale di G = GL(3, 3) è del tipo g =  0 b 0 . Osserviamo che siccome g è
0 0 c
invertibile e in F3 ci sono solo due elementi non nulli, non può essere a 6= b 6= c 6= a. Se a = b = c allora l’unico coniugato
di g è g stesso. Consideriamo l’altro caso, a = b 6= c. Un facile calcolo mostra che il centralizzante di g ha ordine 96.
In conclusione, le matrici diagonalizzabili di GL(3, 3) sono 2 + |GL(3, 3)|/96 = 2 + (26 · 24 · 18)/96 = 2 + 117 = 119.
1.4.5. Si consideri il gruppo di matrici
G={
a
b
0
1
| a ∈ {1, −1}, b ∈ Q}.
(1) Si dimostri che per ogni sottogruppo S del gruppo additivo di Q l’insieme
1 0
H(S) = {
| x ∈ S}
x 1
è un sottogruppo normale di G.
(2) Si verifichi che il centro di G è identico.
(3) Si elenchino gli elementi del centro di G/H(Z).
46
MARTINO GARONZI
Risoluzione.
(1) Chiaramente H(S) contiene la matrice identica (basta scegliere x = 0), e se x, y ∈ S si ha x + y ∈ S, essendo
S un sottogruppo additivo di Q, e quindi
1 0
1 0
1
0
·
=
∈ H(S).
x 1
y 1
x+y 1
Scegliendo y = −x vediamo da qui che ogni elemento in H(S) ha l’inverso in H(S). Queste osservazioni
a 0
dimostrano che H(S) è un sottogruppo di G. Mostriamo che è normale. Sia g =
∈ G. Il suo inverso
b 1
a
0
è dato da g −1 =
. Dato x ∈ S si ha
−ba 1
1 0
a
0
1 0
a 0
−1
=
g
g =
x 1
−ba 1
x 1
b 1
a
0
a 0
1 0
=
=
.
x − ba 1
b 1
xa 1
Siccome xa ∈ {x, −x} si ha xa ∈ S (perché S è un sottogruppo additivo di Q) e quindi otteniamo
H(S)
G.
a 0
(2) Il centro di G è dato da quegli elementi g ∈ G tali che gh = hg per ogni h ∈ G. Scriviamo g =
∈G
b 1
c 0
eh=
∈ G. Effettuando i prodotti gh, hg vediamo che la condizione gh = hg diventa
d 1
ac
0
ac
0
=
.
bc + d 1
ad + b 1
Otteniamo bc + d = ad + b, e questo deve essere vero per ogni h ∈ G, cioè per ogni c ∈ {1, −1}, d ∈ Q.
Scegliendo d = 0 e c = −1 otteniamo b = −b, cioè b = 0. Ma allora d = ad per ogni d ∈ {−1, 1}, e scegliendo
d = 1 otteniamo a = 1. Quindi g = 1.
−1 −1
(3) Il centro di G/H(Z) è dato da quegli elementi
gH(Z)
∈ G/H(Z)
tali che
ghH(Z) = hgH(Z), cioè g h gh ∈
a 0
c 0
H(Z), per ogni h ∈ G. Scriviamo g =
∈Geh=
∈ G. Ricordando che a2 = c2 = 1, un
b 1
d 1
semplice conto dimostra che
1
0
g −1 h−1 gh =
.
−b − ad + bc + d 1
Quindi la condizione che g −1 h−1 gh ∈ H(Z) per ogni h ∈ G diventa la seguente: −b − ad + bc + d ∈ Z per ogni
c ∈ {1, −1}, d ∈ Q. Scegliendo c = 1 otteniamo che (1 − a)d ∈ Z per ogni d ∈ Q, e questo è possibile solo se
a = 1 (se a = −1 allora 2d ∈ Z per ogni d ∈ Q, e questo è chiaramente falso, basta scegliere d = 1/3), quindi
deduciamo che a = 1 e b(c − 1) ∈ Z per ogni c ∈ {1, −1}. In particolare scegliendo c = −1 otteniamo 2b ∈ Z.
D’altra parte, se a = 1 e 2b ∈ Z allora la condizione −b − ad + bc + d ∈ Z è verificata per ogni c ∈ {−1, 1},
d ∈ Q. Di conseguenza
1
1 0
Z(G/H(Z)) = {
H(Z) ∈ G/H(Z) | b ∈ Z}.
b 1
2
1 0
Sia allora b = n/2 con n ∈ Z, e sia g =
. Se n è pari gH(Z) = H(Z). Se n è dispari, n = 2k + 1 con
b 1
1
0
k ∈ Z, allora b = 12 + k e gH(Z) =
H(Z). Questi sono i due elementi del centro di G/H(Z).
1/2 1
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
47
1.5. Il gruppo diedrale. Sia n un intero positivo. Indico con Dn il gruppo diedrale di ordine 2n. Esso ammette la
presentazione
Dn = ha, b | an = 1 = b2 , bab = a−1 i.
Elenchiamo di seguito alcune proprietà basilari di questo gruppo.
• hai Dn , in particolare da 1.2.2 segue che ogni sottogruppo di hai è normale in Dn .
• hbi non è normale in Dn a meno che n = 2, nel qual caso Dn = D2 è abeliano e anzi D2 ∼
= C2 × C2 , il gruppo
di Klein.
• hai ∩ hbi = {1}.
• Dn = haihbi, cioè ogni elemento di Dn ha la forma ah bk con h, k ∈ Z, e siccome hai ∩ hbi = 1, la scrittura ah bk
di un dato elemento è unica.
1.5.1. Facile. Sia G un gruppo finito con due elementi distinti x, y di ordine 2. Mostrare che hx, yi è un gruppo
diedrale.
Risoluzione. Sia n l’ordine di z = xy. Mostriamo che hx, yi ∼
= Dn , il gruppo diedrale di ordine 2n. Per farlo basta
mostrare che xzx = z −1 . Abbiamo xzx = xxyx = yx e siccome xy · yx = xx = 1, si ha yx = (xy)−1 = z −1 come
voluto.
1.5.2. Normale. Sia D = D60 il gruppo diedrale di ordine 120. Vogliamo calcolare N2 (D), il numero di 2-Sylow di
D. Si ha D = haihbi dove a ha ordine 60, N = hai è normale in D, b ha ordine 2 e bab = a−1 . Per il lemma, tutti i
sottogruppi di N sono normali in D.
Siccome ha15 i D (per 1.2.2), l’esercizio 1.1.12 implica che ha15 ihbi ≤ D e che l’ordine di tale sottogruppo è
15
|ha i| · |hbi|/|ha15 i ∩ hbi| = 8/|ha15 i ∩ hbi|. Mostriamo che ha15 i ∩ hbi = {1}. Siccome hbi = {1, b}, basta ovviamente
mostrare che b 6∈ ha15 i, e per questo basta ovviamente mostrare che b non è una potenza di a. Se lo fosse, allora in
particolare commuterebbe con a e quindi dall’uguaglianza bab = a−1 seguirebbe che a = a−1 (ricordare che b2 = 1),
da cui a2 = 1. Ma questo è assurdo perché a ha ordine 60. Ne segue che |ha15 ihbi| = 8. Siccome |D| = 120 = 23 · 15, e
P := ha15 ihbi ha ordine 8, per definizione P è un 2-Sylow di D.
Quanti sono i 2-Sylow di D? Per il teorema di Sylow, essi sono tanti quanti i coniugati di P , cioè tanti quant’è
l’indice del normalizzante di P in D, cioè |D : ND (P )|. L’esercizio chiede di dimostrare che sono 15, in altre parole che
|ND (P )| = 8. Siccome P ha ordine 8 e P ⊆ ND (P ), dobbiamo dimostrare che ND (P ) ⊆ P (perché allora ND (P ) = P
e deduciamo che ND (P ) ha ordine 8).
Sia g ∈ ND (P ). Dobbiamo dimostrare che g ∈ P . Possiamo scrivere g = ar bs in modo unico. Siccome b ∈ P si ha
gbg −1 ∈ P , per cui siccome P = ha15 , bi per la considerazione in grassetto si ha gbg −1 = a15k bh con k ∈ {0, 1, 2, 3} e
h ∈ {0, 1}. Otteniamo che
a15k bh = gbg −1 = ar bs bb−s a−r = ar ba−r = ar ba−r bb = a2r b.
Ho usato il fatto che ba−r b = ar , dedotto facilmente dal fatto che bab = a−1 . Se fosse h = 0 allora avremmo a15k = a2r b,
in particolare b sarebbe una potenza di a, e abbiamo già visto che questo è falso. Quindi h = 1 e a15k−2r = 1, da cui
60 (l’ordine di a) divide 15k − 2r, in particolare 15 divide 15k − 2r e quindi 15 divide 2r, cioè 15 divide r. In altre
parole ar ∈ ha15 i e quindi g = ar bs ∈ P .
1.5.3. Medio. Dato un intero positivo n, contare i 2-sottogruppi di Sylow del gruppo diedrale Dn . Suggerimento:
andare a quoziente col 2-Sylow di hai.
Risoluzione. Poiché hai Dn , ogni sottogruppo di hai è normale in Dn (esercizio 1.2.2). Sia N il 2-Sylow di hai.
Allora N Dn e per il teorema di Sylow N è contenuto in tutti i 2-Sylow di Dn (è contenuto in uno di essi e quindi è
contenuto in tutti, essendo N normale ed essendo i 2-Sylow a due a due coniugati). Per il teorema di corrispondenza,
48
MARTINO GARONZI
il numero di 2-Sylow di Dn è uguale al numero di 2-Sylow di Dn /N . Ora, Dn /N ∼
= D2n/2k dove 2k è la massima
potenza di 2 che divide n. Siamo quindi ridotti a discutere il caso in cui n è dispari.
Supponiamo quindi che n sia dispari. Allora hbi è un 2-Sylow di Dn , quindi il numero di 2-Sylow di Dn è uguale
al numero di coniugati di hbi, che è uguale al numero di coniugati di b essendo b un elemento di ordine 2. Essendo
b−1 ab = a−1 , ogni elemento di Dn si scrive come am oppure am b per qualche intero m.
• am b(am )−1 = ba−2m è uguale a b se e solo se a−2m = 1, se e solo se n divide −2m, cioè, siccome n è dispari,
n divide m. Quindi l’unica potenza di a che commuta con b è 1.
• (am b)b(am b)−1 = am bbba−m = am ba−m è uguale a b se e solo se am = 1 (cf. sopra).
Ne segue che CDn (b) = hbi e quindi b ha |Dn : CDn (b)| = |Dn : hbi| = n coniugati in Dn . Ne segue che Dn ha n
2-sottogruppi di Sylow. Osserviamo che questo è coerente col teorema di Sylow: n è dispari, quindi n ≡ 1 mod (2).
In conclusione, se n > 1 è un qualsiasi intero allora il numero di 2-Sylow di Dn è n/2k dove 2k è la massima potenza
di 2 che divide n.
1.5.4. Facile. Trovare il centro del gruppo diedrale Z(Dn ).
Risoluzione. Dn è generato da due elementi a, b con o(a) = n, o(b) = 2 e bab = a−1 . Si ha Dn = haihbi con
hai ∩ hbi = {1}. Sia z = ai bj un elemento del centro di Dn . Tale elemento commuta con a e quindi a · ai bj = ai bj · a
da cui moltiplicando a sinistra per bj a−i abbiamo bj abj = a. Se j è dispari allora a−1 = bab = bj abj = a da cui n = 2
e in questo caso Z(D2 ) = D2 . Supponiamo ora n > 2. Allora j è pari quindi z = ai . Tale elemento commuta con b
quindi ai b = bai da cui ai = bai b = a−i cioè a2i = 1, in altre parole n divide 2i. Se n è dispari allora n divide i quindi
z = 1 e otteniamo Z(Dn ) = {1}. Se n è pari allora z ∈ {1, an/2 } quindi Z(Dn ) = {1, an/2 }.
Riassumendo, se n = 1, 2 allora Dn è abeliano quindi Z(Dn ) = Dn , se n ≥ 3 è dispari allora Z(Dn ) = {1} e se
n ≥ 3 è pari allora Z(Dn ) = {1, an/2 }.
1.5.5. I sottogruppi normali del gruppo diedrale. Medio. Sia G := Dn il gruppo diedrale di ordine 2n. Mostrare
quanto segue.
(1) Se n è dispari i sottogruppi normali di G sono G e i sottogruppi di hai.
(2) Se n è pari i sottogruppi normali di G sono G, i sottogruppi di hai e i sottogruppi ha2 , bi, ha2 , abi, entrambi di
indice 2.
Risoluzione. Sappiamo che i sottogruppi di hai sono normali in G, in quanto sottogruppi di un sottogruppo ciclico
normale.
Sia ora N un sottogruppo normale di G non contenuto in hai. Allora esiste un intero i tale che ai b ∈ N , quindi
N contiene a−1 (ai b)a = ai−1 ba = ai−1 babb = ai−2 b, per cui N contiene (ai b)−1 (ai−2 b) = ba−i ai−2 b = ba−2 b = a2 .
Quindi N ⊇ ha2 i.
Se n è dispari allora ha2 i = hai, quindi N contiene a e siccome contiene anche ai b contiene anche b da cui N = G.
Supponiamo ora che n sia pari. Abbiamo visto sopra che i sottogruppi normali di G non contenuti in hai contengono
ha2 i, quindi corrispondono, tramite il teorema di corrispondenza, ai sottogruppi normali di G/ha2 i, che ha ordine
|G : ha2 i| = |G : hai| · |hai : ha2 i| = 4 quindi è abeliano (notiamo che |hai : ha2 i| = 2 perché n è pari). Non è ciclico
in quanto i suoi due elementi aha2 i e bha2 i hanno entrambi ordine 2. Ne segue che G/ha2 i ∼
= C2 × C2 . Dal teorema
di corrispondenza segue che ci sono esattamente quattro sottogruppi di Dn che contengono a2 , e sono tutti normali
(corrispondono a sottogruppi di G/ha2 i ∼
= C2 × C2 e quindi sono normali essendo C2 × C2 abeliano). Uno di essi è
Dn . Siccome i sottogruppi propri non banali di C2 × C2 sono tre, ognuno generato da un elemento di ordine 2, gli altri
tre sottogruppi di Dn che contengono ha2 i sono generati da a2 e da un elemento di Dn che modulo ha2 i ha ordine 2
(cioè la cui classe in G/ha2 i ha ordine 2). Certamente i tre elementi a, b e ab hanno ordine 2 modulo ha2 i (infatti non
stanno in ha2 i ma il loro quadrato ci sta), ed è facile verificare che le loro classi modulo ha2 i sono a due a due distinte
(per esempio bha2 i =
6 abha2 i perché altrimenti si avrebbe, moltiplicando a sinistra per b, ha2 i = a−1 ha2 i, cioè a ∈ ha2 i,
assurdo perché n è pari). Quindi i sottogruppi di Dn che contengono ha2 i sono Dn , ha, a2 i = hai, ha2 , bi e ha2 , abi.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
49
Segue che i sottogruppi normali di Dn non contenuti in hai sono Dn , ha2 , bi e ha2 , abi.
1.5.6. Classi del gruppo diedrale. Medio. Indichiamo con k(G) il numero di classi di coniugio del gruppo finito G.
Sia n un intero positivo. Mostrare che k(Dn ), il numero di classi di coniugio del gruppo diedrale di ordine 2n, vale
n+3
n+6
2 se n è dispari e 2 se n è pari.
Risoluzione. Scriviamo G = Dn .
Supponiamo che n sia dispari. b ha |G : CG (b)| coniugati e il centralizzante CG (b) consiste degli elementi ai bj che
commutano con b. Un tale elemento commuta con b se e solo se ai commuta con b. Da ai b = bai segue a−i = bai b = ai
da cui a2i = 1 cioè n divide 2i, cioè, siccome n è dispari, n divide i quindi ai = 1. Segue che CG (b) = {1, b}, quindi
b ha |G : CG (b)| = 2n/2 = n coniugati in G. Siccome hai G, i coniugati di b stanno tutti fuori da hai, e siccome
sono proprio n, tanti quanti gli elementi fuori da hai, i coniugati di b sono tutti e soli gli elementi fuori da hai, quindi
ci rimane da esaminare le classi delle potenze di a. Prendiamo quindi k ∈ {0, 1, . . . , n − 1} e contiamo i coniugati di
ak . Coniughiamo quindi ak con un elemento ai bj . Siccome ai commuta con ak possiamo assumere bj = b, e abbiamo
ai bj ak (ai bj )−1 = ai bak ba−i = a−k . Quindi i coniugati di ak sono ak e a−k . Ora, se sono uguali ak = a−k allora
a2k = 1 cioè n divide 2k cioè, siccome k è dispari, n divide k e ak = 1. Quindi se ak 6= 1 allora ak ha esattamente due
coniugati. Segue che in hai ci sono esattamente 1 + n−1
2 classi di coniugio, una di cardinalità 1 (quella dell’identità) e
n+3
le altre di cardinalità 2. In totale, le classi di coniugio di G sono quindi 2 + n−1
2 = 2 .
i
Ora supponiamo che n sia pari. Come prima, se a commuta con b allora n divide 2i e in questo caso questo implica
ai ∈ {1, an/2 }. Ne segue che CG (b) = {1, b, an/2 , an/2 b} quindi b ha 2n/4 = n/2 coniugati in G. I coniugati di b hanno
la forma ai bj b(ai bj )−1 = ai ba−i = a2i b quindi, siccome n è pari, b non è coniugato ad ab. Contiamo i coniugati di
ab. Un elemento ai bj centralizza ab se e solo se ai bj ab(ai bj )−1 = ab. Se j è pari questo significa a2i+1 b = ab da cui
a2i = 1 cioè n divide 2i e otteniamo ai ∈ {1, an/2 }. Se j è dispari abbiamo invece ai babba−i = ab da cui a2i−1 b = ab
cioè a2i−2 = 1 cioè n divide 2i − 2 da cui ai ∈ {a, a1+n/2 }. Ne segue che CG (b) = {1, an/2 , ab, a1+n/2 b} quindi ab ha
2n/4 = n/2 coniugati in G. I coniugati di b insieme ai coniugati di ab sono n/2 + n/2 = n e sono tutti fuori da hai,
quindi sono tutti e soli gli elementi non coniugati a potenze di a (perché |G − hai| = n) e ci rimane da esaminare le
classi delle potenze di a. Come visto, dato k ∈ {0, . . . , n − 1}, i coniugati di ak sono ak e a−k . Se sono uguali ak = a−k
allora a2k = 1 cioè n divide 2k da cui ak ∈ {1, an/2 }. Ne segue che 1 e an/2 hanno un solo coniugato, mentre tutte le
altre potenze di a hanno esattamente due coniugati. Quindi in hai ci sono 1 + 1 + n−2
2 classi di coniugio. In totale, le
n+6
classi di coniugio di G sono quindi 4 + n−2
=
.
2
2
1.5.7. Medio. Sia G un gruppo finito e sia k(G) il numero di classi di coniugio di G. Mostrare che l’insieme
C := {(x, y) ∈ G × G : xy = yx}
ha cardinalità k(G)|G|. Dedurre che la probabilità che due elementi di un gruppo diedrale commutino tende a 1/4 al
tendere all’infinito dell’ordine del gruppo.
S
P Risoluzione. Osserviamo che C = x∈G {x} × CG (x) e che questa unione è disgiunta. Di conseguenza |C| =
cx il numero di coniugati di x in G, allora cx |CG (x)| = |G| per l’equazione delle
x∈G |CG (x)|. Per ogni x ∈ G sia P
classi e otteniamo che (*) |C| = |G| x∈G c1x . Siano x1 , . . . , xk rappresentanti di classi di coniugio distinte in G, dove
k = k(G). Nella somma (*) possiamo raggruppare tutti gli elementi coniugati e osservare che se x, y sono coniugati
Pk
Pk
allora cx = cy . Ne segue che |C| = |G| i=1 cxi cx1 = |G| i=1 1 = k|G|.
i
Ora, la probabilità che due elementi di G presi a casi commutino si può pensare come il rapporto |C|/|G × G|
(numero di casi favorevoli fratto numero di casi possibili). Per quello che abbiamo visto, siccome |G × G| = |G|2 ,
tale probabilità è uguale a k(G)/|G|. Notiamo che se G è abeliano allora ogni classe di coniugio ha esattamente
un elemento, in altre parole k(G) = |G| e questa probabilità diventa 1, cioè due elementi presi a caso commutano
sicuramente.
50
MARTINO GARONZI
Bene, ora per rispondere alla domanda sul diedrale siamo ricondotti a calcolare k(Dn ). Come abbiamo visto in
n+6
1.5.6, k(Dn ) = n+3
2 se n è dispari e k(Dn ) = 2 se n è pari. In ogni caso essendo |Dn | = 2n il rapporto k(Dn )/|Dn |
tende a 1/4 quando n → ∞.
1.5.8. Difficile. Dimostrare che se n è un intero positivo allora D2n ∼
= Dn × C2 se e solo se n è dispari.
Risoluzione. Scriviamo G = D2n = haihbi con o(a) = 2n, o(b) = 2 e bab = a−1 .
(⇒) Supponiamo per assurdo che D2n ∼
= Dn × C2 con n pari. Allora per 1.5.6, indicando con k(G) il numero di
classi di coniugio di G si ha
n+6
2n + 6
= k(D2n ) = k(Dn × C2 ) = k(Dn )k(C2 ) =
· 2,
2
2
assurdo.
(⇐) Supponiamo che n sia dispari e mostriamo che G = ha2 ihbi × han i, questo ci basta perché ha2 ihbi ∼
= Dn (perché
siccome o(a) = 2n, o(a2 ) = n) e han i ∼
= C2 . Per farlo basta mostrare le seguenti cose: H := ha2 ihbi e Z := han i sono
normali in G, si intersecano in {1} e HZ = G. Mostriamo che H e Z sono normali in G. Siccome G è generato da a
e b basta mostrare che a e b normalizzano H e Z. Mostriamo che a normalizza H. Sia quindi a2k bh ∈ H e calcoliamo
x = aa2k bh a−1 = a2k+1+ bh dove = ±1. Siccome 2k + 1 + è pari segue che x ∈ H. Mostriamo che b normalizza
H. Sia quindi a2k bh ∈ H e calcoliamo ba2k bh b−1 = a−2k bh ∈ H dato che −2k è pari. Mostriamo che a normalizza Z.
Questo è chiaro dato che Z = han i e a commuta con le sue potenze. Mostriamo che b normalizza Z. Si ha Z = {1, an }
e b1b−1 = 1 ∈ Z e ban b−1 = a−n = an ∈ Z dato che o(a) = 2n. Ora mostriamo che H ∩ Z = {1}. Prendiamo
quindi un elemento comune, che avrà le due forme ank = x = a2h bt . Da qui segue bt = ank−2h per cui bt = 1 essendo
hai ∩ hbi = 1. Ne segue che ank−2h = 1 quindi 2n divide nk − 2h perché o(a) = 2n. Siccome n è dispari, segue che n
divide h quindi x = 1. Segue che H e Z sono normali in G e si intersecano in {1}, quindi |HZ| = |H||Z| = 4n = |G|
da cui HZ = G.
1.5.9. Quanti automorfismi ha il gruppo diedrale di ordine 8? E il gruppo diedrale di ordine 2n?
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
51
2. Anelli e Campi
2.1. Anelli. Nel seguito, a meno di specifiche esplicite, A è un fissato anello commutativo unitario, con 1 6= 0.
2.1.1. Nilpotenti. Quali sono gli n tali che Z/nZ ammette elementi nilpotenti diversi da 0? Un elemento a si dice
nilpotente se an = 0 per qualche n ∈ N. Si veda l’esercizio 2.1.38.
2.1.2. Mostrare che l’insieme degli elementi nilpotenti di A è un ideale di A contenuto in ogni ideale primo di A.
Risoluzione. Sia I l’insieme degli elementi nilpotenti di A. Ovviamente 0 ∈ I, essendo 01 = 0. È chiaro che se
i ∈ I e a ∈ A allora ai è nilpotente: esiste infatti un intero n ≥ 1 con in = 0 e quindi (ai)n = an in = an ·0 = 0. Rimane
da mostrare che se i, j ∈ I allora i + j ∈ I. Siano n, m interi positivi con in = 0 = j m . Per il teorema binomiale di
Newton (che vale per ogni anello commutativo),
n+m
X n + m
n+m
(i + j)
=
ik j n+m−k .
k
k=0
Per concludere che i + j è nilpotente basta mostrare che ik j n+m−k = 0 per ogni k ∈ {0, . . . , n + m}, e siccome
an = 0 = bm , per questo basta mostrare che se k ∈ {0, . . . , n + m} allora o k ≥ n oppure n + m − k ≥ m. Riscrivendo
la seconda disuguaglianza come n − k ≥ 0, questo diventa ovvio.
Mostriamo che I è contenuto in tutti gli ideali primi di A. Sia quindi p un ideale primo di A. Ricordo che questo
signfica che ogni volta che a, b ∈ A e ab ∈ p si ha a ∈ p oppure b ∈ p. Sia i ∈ I. Dobbiamo mostrare che i ∈ p. Sia n
un intero positivo con in = 0. Siccome p è un ideale, in = 0 ∈ p. Esiste quindi il più piccolo intero positivo k tale che
ik ∈ p. Sia esso m. Allora si ha i · im−1 = im ∈ p. Siccome p è primo e im−1 6∈ p, si deve avere i ∈ p.
Una curiosità: si può dimostrare che I coincide con l’intersezione degli ideali primi di A.
2.1.3. Teorema Cinese del Resto (Chinese Remainder Theorem). Siano I, J due ideali di A. Definiamo I + J :=
{i + j | i ∈ I, j ∈ J} (è un ideale di A) e definiamo IJ come l’ideale di A generato dall’insieme {ij | i ∈ I, j ∈ J}.
Dimostrare che IJ ⊆ I ∩ J. Dimostrare che se I + J = A allora IJ = I ∩ J e
∼ A/I × A/J.
A/IJ =
Risoluzione.
• Mostriamo che IJ ⊆ I ∩ J. Basta mostrare che S = {ij | i ∈ I, j ∈ J} ⊆ I ∩ J, infatti IJ è l’ideale di A
generato da S, cioè l’intersezione degli ideali di A contenenti S, quindi se I ∩ J, che è un ideale, contiene S
allora contiene anche IJ. Prendiamo quindi i ∈ I e j ∈ J. Dobbiamo mostrare che ij ∈ I ∩ J. ij ∈ I perché
i ∈ I e j ∈ A, e ij ∈ J perché j ∈ J e i ∈ A. Quindi ij ∈ I ∩ J.
• Supponiamo ora che I + J = A. Allora esistono i ∈ I e j ∈ J tali che i + j = 1. Dobbiamo mostrare che
IJ = I ∩ J, e siccome IJ ⊆ I ∩ J (per quanto detto sopra) basta mostrare che I ∩ J ⊆ IJ. Sia a ∈ I ∩ J, e
scriviamo
a = a · 1 = a(i + j) = ai + aj.
Per mostrare che a ∈ IJ basta quindi mostrare che ai, aj ∈ IJ (infatti da questo segue che ai + aj ∈ IJ, dato
che IJ è un ideale). ai ∈ IJ perché i ∈ I e a ∈ J (dato che a ∈ I ∩ J ⊆ J), e aj ∈ IJ perché j ∈ J e a ∈ I
(dato che a ∈ I ∩ J ⊆ I).
• Consideriamo ora l’omomorfismo ϕ : A → A/I × A/J che manda a in (a + I, a + J). Il suo nucleo è ovviamente
I ∩ J (se (a + I, a + J) = (I, J) allora a + I = I e a + J = J, cioè a ∈ I e a ∈ J). Siccome nelle nostre
ipotesi I + J = A, abbiamo I ∩ J = IJ e quindi per concludere che A/IJ ∼
= A/I × A/J basta mostrare che
ϕ è suriettiva, perché allora l’asserto seguirà dal teorema di isomorfismo (quello che dice che se A → B è un
omomorfismo di anelli allora A/ ker(ϕ) ∼
= ϕ(A)). Mostriamo quindi che ϕ è suriettiva.
Sia (a + I, b + J) ∈ A/I × A/J. Siccome I + J = A, esistono i, i0 ∈ I e j, j 0 ∈ J tali che a = i + j e
b = i0 + j 0 . Ma allora siccome + in un anello è commutativa si ha a + I = i + j + I = j + i + I = j + I e
b + J = i0 + j 0 + J = i0 + J. Segue facilmente che ϕ(i0 + j) = (a + I, b + J).
52
MARTINO GARONZI
2.1.4. Idempotenti. Quali sono gli n tali che Z/nZ ammette idempotenti diversi da 0 e da 1? Ricordiamo che un
elemento e di A si dice idempotente se e2 = e.
Sia e ∈ A un elemento idempotente. Allora anche 1−e è idempotente, infatti (1−e)2 = 1+e2 −2e = 1+e−2e = 1−e.
eA = {ea | a ∈ A} è un anello commutativo unitario con elemento neutro e, e (1 − e)A è un anello commutativo
unitario con elemento neutro 1 − e. L’applicazione
A → eA × (1 − e)A
a 7→ (ea, (1 − e)a)
è un isomorfismo di anelli. Viceversa, se A e B sono due anelli commutativi unitari allora (1, 0) e (0, 1) sono idempotenti
di A × B diversi da 0 = (0, 0) e da 1 = (1, 1). Infatti (1, 0)2 = (12 , 02 ) = (1, 0) e (0, 1)2 = (02 , 12 ) = (0, 1).
Il teorema cinese del resto (o meglio, una sua opportuna istanza: cf. 2.1.3) dice questo: se n, m sono due numeri
coprimi allora esiste un isomorfismo di anelli Z/nmZ ∼
= Z/nZ × Z/mZ, quello che manda x + mnZ in (x + nZ, x + mZ).
Quindi se n non è una potenza di un primo allora è il prodotto di due numeri coprimi e quindi per il teorema cinese
del resto e la discussione sopra, Z/nZ ammette elementi idempotenti diversi da 0 e da 1.
Viceversa, se n è una potenza di un primo allora Z/nZ non ha idempotenti diversi da 0 e da 1. Infatti se ne
avesse allora da quanto detto Z/nZ sarebbe isomorfo a un prodotto diretto di anelli non banali, in particolare sarebbe
isomorfo a un prodotto diretto di gruppi (additivi, abeliani) non banali (ogni anello è un gruppo additivo abeliano).
Siccome n è una potenza di un primo p tali due fattori diretti sarebbero p-gruppi, e quindi per il teorema di Cauchy
conterrebbero ognuno un sottogruppo di ordine p, e questi due sottogruppi sarebbero distinti in quanto contenuti in
due fattori diretti. Ne segue che il gruppo (additivo) ciclico Z/nZ conterrebbe due sottogruppi distinti di ordine p,
assurdo.
2.1.5. Supponiamo che a2 = 0 per ogni ±1 6= a ∈ A. Mostrare che A ha caratteristica 2, 3 o 4.
Risoluzione. Siccome 1 6= 0, 2 6= 1. Se 2 = −1 allora 3 = 0 e quindi A ha caratteristica 3. Supponiamo quindi che
3 6= 0. Allora 0 = 22 = 4, quindi A ha caratteristica 2 o 4.
2.1.6. Dato un gruppo abeliano G, dotare End(G), l’insieme degli omomorfismi G → G, della struttura di anello.
Descrivere End(Cn ).
Risoluzione. Usiamo la notazione additiva in G. Dotiamo End(G) delle operazioni + e ◦ definite da:
(f + g)(x) := f (x) + g(x),
(f ◦ g)(x) := f (g(x))
per ogni x ∈ G. È facile verificare che (End(G), +, ◦) è un anello. Mostriamo per esempio che vale la proprietà
distributiva: se x ∈ G allora
(f ◦ (g + h))(x) = f ((g + h)(x)) = f (g(x) + h(x)) = f (g(x)) + f (h(x)) = (f ◦ g)(x) + (f ◦ h)(x),
quindi f ◦ (g + h) = (f ◦ g) + (f ◦ h). Inoltre
((f + g) ◦ h)(x) = (f + g)(h(x)) = f (h(x)) + g(h(x)) = (f ◦ h)(x) + (g ◦ h)(x),
quindi (f + g) ◦ h = (f ◦ h) + (g ◦ h).
Sia ora f ∈ End(Cn ), e usiamo la notazione additiva in Cn . Sia a un generatore di Cn . Allora f è univocamente
determinato da f (a), infatti f (ka) = kf (a) per ogni k ∈ Z. D’altra parte per ogni k ∈ Z la funzione fk (x) := kx è
un omomorfismo di gruppi Cn → Cn . L’applicazione ϕ : Z → End(Cn ) che manda k in fk è quindi suriettiva, ed è
un omomorfismo di anelli, infatti se k, h ∈ Z allora fh+k (x) = (h + k)x = hx + kx = fh (x) + fk (x) e fhk (x) = hkx =
fh (kx) = fh (fk (x)) = (fh ◦ fk )(x). Il suo nucleo è dato da quegli interi k ∈ Z tali che fk (x) = 0, cioè kx = 0, per ogni
x ∈ Cn . Se ka = 0 allora n divide k (perché a ha ordine n), e d’altra parte se n divide k allora ka = 0. Ne segue che
ker(ϕ) = nZ, e per il primo teorema di isomorfismo per gli anelli si ha Z/nZ ∼
= End(Cn ).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
53
2.1.7. A cosa è isomorfo il quoziente Z[X]/(X − 1) ?
Risoluzione. Consideriamo l’omomorfismo di anelli Z[X] → Z dato da P (X) 7→ P (1). Si tratta di un omomorfismo
suriettivo (per ottenere P (1) = c basta prendere il polinomio costante c). Il suo nucleo è I = {P (X) ∈ Z[X] | P (1) = 0}.
Per il teorema di isomorfismo (che dice che se ϕ : A → B è un omomorfismo di anelli allora A/ ker(ϕ) ∼
= ϕ(A)),
se mostriamo che I = (X − 1) allora possiamo concludere che Z[X]/(X − 1) ∼
= Z. L’inclusione (X − 1) ⊆ I è ovvia
(un qualsiasi polinomio del tipo (X − 1)f (X) valutato in 1 restituisce zero). Mostriamo l’inclusione I ⊆ (X − 1).
Se P (X) ∈ I raccogliendo X − 1 otteniamo P (X) = (X − 1)Q(X) + c con Q(X) ∈ Z[X] e c ∈ Z (la divisione
con resto per polinomi monici si può fare senza intoppi in Z[X]). Siccome P (X) ∈ I si ha c = P (1) = 0, e quindi
P (X) = (X − 1)Q(X) ∈ (X − 1).
2.1.8. Mostrare che se A è un dominio di integrità finito allora A è un campo.
Risoluzione. Sia A un dominio di integrità finito. Sia a ∈ A con a 6= 0. Dobbiamo mostrare che a è invertibile in
A, cioè che esiste b ∈ A con ab = 1. Consideriamo l’applicazione ϕ : A → A che manda x in ax. ϕ è iniettiva, infatti
se x, y ∈ A sono tali che ax = ay allora a(x − y) = 0 e quindi x − y = 0, cioè x = y, perché a 6= 0 e A è un dominio
di integrità. Quindi ϕ è un’applicazione iniettiva di un insieme finito in se stesso. Per il principio dei cassetti, ϕ è
suriettiva. In particolare esiste b ∈ A con ϕ(b) = 1, cioè ab = 1.
2.1.9. Sia R l’insieme delle funzioni continue R → R. Mostrare che con le operazioni (f + g)(x) := f (x) + g(x),
(f · g)(x) := f (x)g(x) l’insieme R è un anello commutativo unitario. Sia M := {f ∈ R | f (2) = 0}. Mostrare che M è
un ideale massimale di R. A cosa è isomorfo R/M ?
Risoluzione. La verifica che R è un anello è standard. Lo zero di R è la funzione costante f : x 7→ 0 e l’uno di R è
la funzione costante f : x 7→ 1 (si tratta di funzioni costanti, quindi continue). Sia ϕ : R → R l’applicazione definita da
ϕ(f ) := f (2). Si tratta di un omomorfismo suriettivo di anelli. Infatti ϕ(f +g) = (f +g)(2) = f (2)+g(2) = ϕ(f )+ϕ(g),
e ϕ(f g) = (f g)(2) = f (2)g(2) = ϕ(f )ϕ(g). Inoltre ϕ è suriettiva perché per ottenere ϕ(f ) = c ∈ R basta prendere la
funzione costante f : x 7→ c. Siccome ker(ϕ) = M , per il primo teorema di isomorfismo per gli anelli si ha R/M ∼
= R.
Siccome R è un campo, M è un ideale massimale di R.
2.1.10. Ricordo che se A, B sono due anelli (non necessariamente commutativi) allora A × B è un anello con le
operazioni definite come segue:
(a, b) + (c, d) := (a + c, b + d),
(a, b) · (c, d) := (ac, bd).
Lo zero è (0, 0), l’uno è (1, 1).
(1) Se A, B sono domini di integrità è vero che A × B è un dominio di integrità?
(2) Siano A, B due campi. Quali sono gli ideali di A × B?
Risoluzione.
(1) No, non è mai vero. Infatti se A, B sono domini di integrità allora in A × B abbiamo (1, 0) · (0, 1) = (0, 0) ma
(1, 0) 6= (0, 0) e (0, 1) 6= (0, 0).
(2) Gli ideali di A × B sono {(0, 0)}, A × B, A × {0} e {0} × B. Mostriamo che davvero non ce ne sono altri.
Sia I un ideale di A × B, e sia (0, 0) 6= (a, b) ∈ I. Se a 6= 0 6= b allora I 3 (a, b)(a−1 , b−1 ) = (1, 1) e quindi
I = A × B. Supponiamo quindi che uno tra a e b sia zero, per esempio a = 0 (l’altro caso è analogo). Siccome
(a, b) 6= (0, 0) si ha b 6= 0 e quindi I 3 (0, b)(0, b−1 ) = (0, 1), per cui per ogni d ∈ B si ha I 3 (0, 1)(0, d) = (0, d)
e quindi I ⊇ {0}×B. Ora, se la prima componente di ogni elemento di I è zero allora chiaramente I = {0}×B,
altrimenti esiste c ∈ A − {0} con (c, d) ∈ I per qualche d ∈ B, ma allora come prima otteniamo A × {0} ⊆ I
da cui I = A × B.
54
MARTINO GARONZI
2.1.11.
(1)
(2)
(3)
(4)
Sia R = Z/nZ l’anello degli interi modulo n.
Mostrare che un elemento m + nZ ∈ R è invertibile se e solo se m è coprimo con n.
Dedurne che il gruppo delle unità di R ha ordine ϕ(n), dove ϕ è la funzione totiente di Eulero.
Dedurne il teorema di Eulero-Fermat: se a ∈ Z è coprimo con n allora aϕ(n) ≡ 1 modulo n.
Dedurne il piccolo teorema di Fermat: se p è un primo allora per ogni a ∈ Z si ha ap ≡ a modulo p.
Risoluzione.
(1) Se m + nZ è invertibile allora esiste a + nZ ∈ R con (m + nZ)(a + nZ) = ma + nZ = 1 + nZ, cioè n divide
ma − 1, cioè esiste b ∈ Z con ma − 1 = bn, da cui am − bn = 1. Se d è un divisore positivo comune di m e n
allora da am − bn = 1 segue d divide 1 e quindi d = 1. Segue che m, n sono coprimi.
Se m, n sono coprimi allora esistono a, b ∈ Z con am + bn = 1 (algoritmo di Euclide) e quindi (m + nZ)(a +
nZ) = ma + nZ = 1 − bn + nZ = 1 + nZ.
(2) Da (1) segue che U (R) = {m + nZ : M CD(n, m) = 1} e quindi |U (R)| = ϕ(n) per definizione di ϕ.
(3) Se a ∈ Z è coprimo con n allora a + nZ è invertibile in Z/nZ e quindi a + nZ ∈ U (R). Siccome U (R) è un
gruppo finito ogni suo elemento g verifica g |U (R)| = 1, quindi (a + nZ)|U (R)| = 1 + nZ, cioè aϕ(n) ≡ 1 mod (n).
(4) Osserviamo che ϕ(p) = p − 1. Se a ∈ Z è divisibile per p allora a ≡ 0 mod (p) e quindi ap ≡ 0 ≡ a mod (p).
Supponiamo ora che p non divida a. Allora a e p sono coprimi e quindi dal punto precedente segue che ap−1 ≡ 1
mod (p). Moltiplicando i due membri per a otteniamo quindi ap ≡ a mod (p).
2.1.12. Quante e quali sono le soluzioni dell’equazione X 2 = 1 in Z/323Z?
Risoluzione. Siccome 323 = 17 · 19, per il teorema cinese del resto Z/323Z ∼
= Z/17Z × Z/19Z e quindi l’equazione
data ammette esattamente 2 · 2 = 4 soluzioni. Si tratta degli x ∈ Z/323Z tali che uno dei seguenti sistemi è verificato:
(
(
(
(
x ≡ 1 mod (17)
x ≡ 1 mod (17)
x ≡ −1 mod (17)
x ≡ −1 mod (17)
x ≡ 1 mod (19)
x ≡ −1 mod (19)
x ≡ 1 mod (19)
x ≡ −1 mod (19).
Riscriviamo i sistemi in questo modo:
(
(
19x ≡ 19 mod (323)
19x ≡ 19 mod (323)
17x ≡ 17 mod (323)
17x ≡ −17 mod (323)
(
19x ≡ −19 mod (323)
17x ≡ 17 mod (323)
(
19x ≡ −19
17x ≡ −17
mod (323)
mod (323).
Usando l’algoritmo di Euclide troviamo che −8 · 19 + 9 · 17 = 1. Riscriviamo ora −8 · I + 9 · II per ognuno di questi
sistemi (dove I e II sono le due righe), ottenendo
x≡1
mod (323), x ≡ −305 ≡ 18
mod (323), x ≡ 305
mod (323), x ≡ −1 ≡ 322
mod (323).
2.1.13. Mostrare che se S è un sottoinsieme non vuoto di A allora l’ideale I di A generato da S è uguale all’insieme
J = {s1 a1 + · · · + sk ak | k ∈ N, s1 , . . . , sk ∈ S, a1 , . . . , ak ∈ A}.
Come sono fatti gli elementi dell’ideale di Z[X] generato da {X, 2}?
Risoluzione. Dobbiamo mostrare che I = J. Se s ∈ S e a ∈ A allora s ∈ S ⊆ I, e quindi sa ∈ I essendo I un
Pk
ideale. Quindi per ogni s1 , . . . , sk ∈ S, a1 , . . . , ak ∈ A si ha i=1 si ai ∈ I essendo I un ideale. Questo dimostra che
J ⊆ I.
Mostriamo ora che I ⊆ J. Siccome I è uguale all’intersezione degli ideali di A contenenti S, per mostrare che
I ⊆ J basta mostrare che J è un ideale di A contenente S. Che J contenga S è facile: per scrivere s ∈ S come
Pk
somma i=1 si ai con s1 , . . . , sk ∈ S, a1 , . . . , ak ∈ A basta scegliere k = 1, s1 = s e a1 = 1. Mostriamo che J è un
Pk
ideale di A. Per ottenere 0 = i=1 si ai ∈ J basta scegliere k = 1, a1 = 0 e s1 ∈ S qualunque (S è non vuoto).
Pk
Pk
Pk
Se i=1 si ai ∈ J con s1 , . . . , sk ∈ S, a1 , . . . , ak ∈ A e a ∈ A allora a i=1 si ai = i=1 si aai ∈ J essendo aai ∈ A
Pk
Ph
per ogni i = 1, . . . , k. Se
i=1 si ai ,
i=1 ti bi ∈ J con s1 , . . . , sk , t1 , . . . , th ∈ S, a1 , . . . , ak , b1 , . . . , bh ∈ A allora
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
55
Pk
Ph
Pr
+ i=1 ti bi = i=1 ui ci dove r = k + h, ui = si ∈ S e ci = ai ∈ A per i = 1, . . . , k, ui = tr−i ∈ S e
ci = br−i ∈ A per i = k + 1, . . . , k + h = r. Abbiamo finito.
Ne segue che l’ideale di Z[X] generato da {X, 2} è uguale a {Xf (X) + 2g(X) : f (X), g(X) ∈ Z[X]}. Un altro
modo di descriverlo è il seguente: (X, 2) = {f (X) ∈ Z[X] : f (0) è pari}.
i=1 si ai
2.1.14. Mostrare che se A è un dominio di integrità allora la caratteristica di A è 0 oppure un numero primo.
Risoluzione. Sia n la caratteristica di A, e supponiamo che n 6= 0. Ricordiamo che n è il più piccolo intero positivo
k tale che la somma di k uni in A è zero: 1 + · · · + 1 = 0, dove gli addendi sono esattamente k. Per abuso di notazione
la somma di k uni in A verrà indicata ancora con k. Se n non è primo allora esistono due interi a, b maggiori di 1 tali
che n = ab e quindi ab = 0 in A. Siccome A è un dominio di integrità si deve avere a = 0 oppure b = 0 in A, e questo
viola la minimalità di n in quanto caratteristica di A.
2.1.15. Siano n, m ∈ Z. Sia I l’ideale di Z generato da {n, m}. Mostrare che I = (M CD(n, m)).
Risoluzione. Sia d = M CD(n, m). Per l’algoritmo di Euclide esistono a, b ∈ Z con an + bm = d. In particolare
d ∈ I e quindi (d) ⊆ I. D’altra parte ogni elemento di I si scrive come combinazione nx + my con x, y ∈ Z (esercizio
2.1.13), in particolare ogni elemento di I è divisibile per d e quindi I ⊆ (d). Segue che I = (d).
2.1.16. Mostrare che se I, J sono ideali di A allora IJ, l’ideale di A generato da {ij | i ∈ I, j ∈ J}, è uguale a
{i1 j1 + · · · + ik jk | k ∈ N, i1 , . . . , ik ∈ I, j1 , . . . , jk ∈ J}.
Risoluzione. Si procede esattamente come nell’esercizio 2.1.13.
2.1.17. L’endomorfismo di Frobenius. La caratteristica di A sia il primo p. Mostrare che l’applicazione ϕ : A → A,
a 7→ ap è un omomorfismo di anelli. Si chiama “endomorfismo di Frobenius”. Determinare tale endomorfismo quando
A = Z/pZ.
p
p p
Risoluzione. Siano a, b ∈ A. Si P
ha ϕ(ab)
= (ab) = a b = ϕ(a)ϕ(b). Ora mostriamo che ϕ(a + b) = ϕ(a) + ϕ(b).
p
p i p−i
p
Abbiamo che ϕ(a + b) = (a + b) = i=0 i a b , quindi per concludere che questa somma è uguale a ϕ(a) + ϕ(b) =
p!
e p ne
ap + bp basta mostrare che p divide pi se 1 ≤ i ≤ p − 1. Questo segue dal fatto che p è primo: pi = (p−i)!i!
divide il numeratore ma non il denominatore.
2.1.18. A è un ideale di A. È principale?
Risoluzione. Sı̀, è principale generato da 1. Infatti ogni a ∈ A si scrive come a · 1.
2.1.19. L’ideale I = (X 2 − 4, X 3 + X − 2X 2 − 2) di Q[X] è principale. Trovarne un generatore.
Risoluzione. In generale in un anello euclideo A se a, b ∈ A si ha (a, b) = (M CD(a, b)). La dimostrazione è la
stessa dell’esercizio 2.1.15. Quindi siccome Q[X] è un anello euclideo (perché Q è un campo! Occhio: Z[X] non è un
anello euclideo) un generatore di I è il massimo comun divisore dei polinomi X 2 − 4 e X 3 + X − 2X 2 − 2. Fattorizziamo
questi due polinomi. Otteniamo
X 2 − 4 = (X − 2)(X + 2),
X 3 + X − 2X 2 − 2 = (X − 2)(X 2 + 1).
Siccome X + 2 e X 2 + 1 sono coprimi, il massimo comun divisore è X − 2. Quindi I = (X − 2).
56
MARTINO GARONZI
2.1.20. L’ideale I = (X 5 + 2X 3 + X 2 + 1, X 2 + X − 2) di Q[X] è principale. Trovarne un generatore.
Risoluzione. Come sopra, un generatore è il massimo comun divisore dei due polinomi generatori dell’ideale. Per
trovarlo applichiamo l’algoritmo di Euclide. Ricordiamo come funziona. Sia A un anello euclideo e siano n, m ∈ A.
Volendo trovare x, y ∈ A con nx + my = MCD(n, m), costruiamo una tabella le cui prime due righe sono:
n
1
0
m
0
1
n
m
Ora aggiungiamo righe a questa tabella seguendo il procedimento seguente.
n
1
0
..
.
a1
a2
a3
m
0
1
..
.
b1
b2
b3
n
m
..
.
c1
c2
c3
Le righe vanno lette in questo modo: ai n + bi m = ci . Se a1 , a2 , b1 , b2 , c1 , c2 sono dati, a3 , b3 , c3 sono determinati nel
seguente modo. Si effettua la divisione con resto tra c1 e c2 ottenendo c1 = c2 q + r, con q, r ∈ Z e 0 ≤ r < c2 .
Si scelgono a3 = a1 − qa2 , b3 = b1 − qb2 e c3 = r. L’algoritmo termina quando si trova un resto uguale a zero, e
il resto immediatamente precedente è uguale al MCD(n, m). Facciamo un esempio in Z: troviamo x, y ∈ Z tali che
2013x + 367y = MCD(2013, 367).
367
2013
1
0
2013
0
1
367
1
−5
178
−2
11
11
33
−181
2
−167 916
1
Otteniamo quindi che MCD(2013, 367) = 1 e −167 · 2013 + 916 · 367 = 1. Osserviamo un paio di cose:
• i numeri −167 e 916 non erano facilissimi da trovare andando a tentativi;
• otteniamo che l’inverso di 2013 modulo 367 è −167 e l’inverso di 367 modulo 2013 è 916.
Ora applichiamo lo stesso metodo ai due generatori dell’ideale I. Ricordiamo che in Q[X] la divisione con resto
di f (X) e g(X) fornisce due polinomi q(X), r(X) ∈ Q[X] con f (X) = q(X)g(X) + r(X) e deg(r(X)) < deg(g(X))
oppure r(X) = 0.
X 5 + 2X 3 + X 2 + 1
1
0
1
−(X/16 + 27/256)
X2 + X − 2
0
X 5 + 2X 3 + X 2 + 1
1
X2 + X − 2
3
2
−(X − X + 5X − 6)
16X − 11
1 + (X/16 + 27/256)(X 3 − X 2 + 5X − 6)
−215/256
Otteniamo che il massimo comun divisore è 1, e
(256/215)(X/16 + 27/256)(X 5 + 2X 3 + X 2 + 1) − (256/215)(1 + (X/16 + 27/256)(X 3 − X 2 + 5X − 6))(X 2 + X − 2) = 1.
Segue che I = (1) = Q[X].
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
57
2.1.21. È vero che l’ideale (4, X) di Z[X] è principale?
Risoluzione. Mostriamo che la risposta è no. Osserviamo che questo dimostra che il procedimento adoperato
nell’esercizio 2.1.20 non può essere adattato per anelli non euclidei. In effetti Z[X] è un anello non euclideo. Siccome
(4, X) non è principale in Z[X], Z[X] non è nemmeno un PID.
Se (4, X) fosse principale allora esisterebbe f (X) ∈ Z[X] con (f (X)) = (4, X), in particolare esisterebbero
g(X), h(X) ∈ Z[X] con (1) 4 = f (X)g(X) e (2) X = f (X)h(X). Da (1) segue che f (X) ha grado zero e quindi
f (X) = f ∈ Z. Quindi da (2) abbiamo X = f · h(X). Sostituendo X = 1 otteniamo 1 = f · h(1), in particolare f
è invertibile in Z e quindi (4, X) = (f (X)) = Z[X]. Ma questo è assurdo perché (cf. esercizio 2.1.13) se potessimo
scrivere 1 = 4a(X) + Xb(X) con a(X), b(X) ∈ Z[X] allora sostituendo X = 0 otterremmo 1 = 4 · a(0), assurdo perché
4 non è invertibile in Z.
2.1.22. Sia A un dominio di integrità. Mostrare che A è un campo se e solo se ogni ideale di A[X] è principale.
Risoluzione. Sappiamo già che se A è un campo allora A[X] è un anello euclideo con la funzione grado, in
particolare è un PID. Mostriamo che se A[X] è un PID allora A è un campo. Supponiamo quindi che A[X] sia un
PID, e sia a ∈ A, a 6= 0. Dobbiamo mostrare che a è invertibile, cioè che esiste b ∈ A con ab = 1. Per ipotesi l’ideale
(a, X) è principale, sia f (X) ∈ A[X] un suo generatore: (a, X) = (f (X)). Allora esistono g(X), h(X) ∈ A[X] tali che
(1) f (X)g(X) = a e (2) f (X)h(X) = X. Siccome A è un dominio, il grado di un prodotto di polinomi di A[X] è
uguale alla somma dei gradi, quindi da (1) deduciamo che f (X) ha grado zero, f (X) = f ∈ A, e da (2) sostituendo
X = 1 otteniamo f · h(1) = 1, quindi f (X) = f è invertibile in A[X] e (a, X) = (f (X)) = A[X]. Ma questo è assurdo
perché (cf. esercizio 2.1.13) se potessimo scrivere 1 = a · r(X) + X · s(X) con r(X), s(X) ∈ A[X] allora sostituendo
X = 0 otterremmo 1 = a · r(0), assurdo perché per ipotesi a non è invertibile in A.
2.1.23. Ideali primi. Un ideale I di A si dice primo se I 6= A e ogni volta che a, b ∈ A e ab ∈ I si ha a ∈ I oppure
b ∈ I.
(1) Sia I un ideale di A, e sia S := A − I. Mostrare che I è primo se e solo se i seguenti due fatti sono veri:
• 1 ∈ S,
• per ogni x, y ∈ S si ha xy ∈ S.
(2) Mostrare che l’ideale (0) di A è primo se e solo se A è un dominio di integrità.
(3) Mostrare che l’ideale I di A è primo se e solo se A/I è un dominio di integrità.
(4) Mostrare che ogni ideale massimale di A è primo.
(5) Dare un esempio di ideale primo non massimale.
(6) Dare un esempio di ideale proprio (cioè diverso dall’anello di cui è ideale) non primo.
(7) Mostrare che se ogni ideale proprio di A è primo allora A è un campo.
(8) Quali sono gli ideali primi di Z? Quali sono quelli massimali?
(9) L’ideale (X) di Q[X] è primo? È massimale? L’ideale (X) di Z[X] è primo? È massimale?
(10) Mostrare che se A è finito allora ogni ideale primo di A è massimale.
Risoluzione.
(1) Supponiamo che I sia primo. Allora per definizione I 6= A e quindi 1 ∈ A − I = S. Se x, y ∈ S = A − I allora
xy 6∈ I, altrimenti poiché I è primo uno tra x e y apparterrebbe a I. Quindi xy ∈ A − I = S.
Ora supponiamo che 1 ∈ S e che per ogni x, y ∈ S si abbia xy ∈ S. Poiché 1 ∈ S = A − I, I 6= A. Ora
supponiamo che a, b ∈ A siano tali che ab ∈ I. Dobbiamo mostrare che uno tra a e b appartiene a I, quindi
supponiamo per assurdo che questo sia falso, cioè che a, b 6∈ I. Allora a, b ∈ A − I = S e quindi per l’ipotesi
ab ∈ S = A − I, cioè ab 6∈ I, assurdo.
(2) Se (0) = {0} è primo in A allora dati a, b ∈ A con ab = 0 si ha ab ∈ (0) e quindi uno tra a e b appartiene a
(0), cioè è uguale a 0. Segue che A è un dominio di integrità. Viceversa, supponiamo che A sia un dominio di
integrità e che a, b ∈ A verifichino ab ∈ (0). Allora ab = 0 e quindi uno tra a e b è zero (essendo A un dominio
di integrità) cioè appartiene a (0). Questo dimostra che (0) è un ideale primo di A.
58
MARTINO GARONZI
(3) Supponiamo che I sia un ideale primo di A. La corrispondenza canonica tra gli ideali di A contenenti I e gli
ideali di A/I preserva la primalità (e anche la massimalità), quindi I/I è primo in A/I, quindi per il punto
precedente A/I è un dominio di integrità. Viceversa se A/I è un dominio di integrità allora per il punto
precedente I/I è un ideale primo di A/I e quindi I è un ideale primo di A.
(4) Sia I un ideale massimale di A. Allora A/I è un campo, in particolare è un dominio di integrità. Segue dal
punto precedente che I è un ideale primo.
(5) L’ideale (0) di Z è primo perché Z è un dominio di integrità ma non è massimale perché Z non è un campo.
(6) L’ideale (4) di Z non è primo perché 2 · 2 ∈ (4) ma 2 6∈ (4).
(7) Supponiamo che ogni ideale proprio di A sia primo, e sia 0 6= a ∈ A. Dobbiamo mostrare che a è invertibile in
A. Se mostriamo che (a2 ) non è un ideale primo potremo dedurre dall’ipotesi che (a2 ) non è un ideale proprio,
cioè che (a2 ) = A 3 1, per cui esiste b ∈ A con a · (ab) = a2 b = 1 e quindi a è invertibile. Mostriamo quindi
che (a2 ) non è un ideale primo. Se lo fosse allora da a · a = a2 ∈ (a2 ) seguirebbe a ∈ (a2 ) e quindi esisterebbe
b ∈ A con a2 b = a, da cui a(ab − 1) = 0. Siccome (0) è un ideale proprio di A, esso è primo e quindi da
a(ab − 1) = 0 ∈ (0) segue che ab − 1 = 0 (essendo a 6= 0) cioè ab = 1 e quindi a è invertibile, per cui anche a2
è invertibile e (a2 ) = A non è un ideale primo, assurdo.
(8) Siccome Z/nZ è un campo se e solo se n è un numero primo, gli ideali massimali di Z sono della forma (p) = pZ
con p numero primo - quindi tutti questi ideali sono anche primi - e l’unico ideale primo non massimale di Z
è (0): ogni altro ideale è del tipo nZ con n 6= 0 un intero non primo, diciamo n = ab con a, b ∈ Z − {1, −1}, e
ab = n ∈ nZ ma a, b 6∈ nZ, quindi nZ non è un ideale primo.
(9) Dato un anello A, l’omomorfismo di valutazione in zero A[X] → A, f (X) 7→ f (0) è suriettivo e ha come nucleo
(X). Per il teorema di isomorfismo per gli anelli abbiamo quindi che A[X]/(X) ∼
= A. Ne segue che (X) è
massimale in A[X] se e solo se A è un campo (è il caso di A = Q) e (X) è primo in A[X] se e solo se A è un
dominio di integrità (è il caso di A = Z).
(10) Supponiamo A finito e sia I un ideale primo di A. Poiché la corrispondenza canonica tra gli ideali di A
contenenti I e gli ideali di A/I preserva la primalità e la massimalità, e poiché possiamo andare a quoziente
modulo I, non c’è lesione di generalità nell’assumere I = (0). In altre parole, se mostriamo il risultato per
l’ideale nullo allora essendo l’ideale nullo di A/I primo, è massimale dato che A/I è anch’esso finito (!), e
quindi I è massimale in A. Supponiamo quindi I = (0). Siamo ridotti a mostrare che se A è un dominio di
integrità finito allora è un campo. Questo è l’esercizio 2.1.8.
Notiamo che questo stesso argomento mostra più in generale che se I è un ideale primo di A e l’anello A/I
è finito allora I è massimale.
2.1.24. Siano I, J ideali primi di A. Mostrare che IJ è primo se e solo se IJ = I oppure IJ = J.
Risoluzione. L’implicazione (⇐) è ovvia. Mostriamo (⇒). Supponiamo per assurdo che IJ sia primo e che
IJ 6= I, IJ 6= J. Ricordiamo che IJ ⊆ I ∩ J (cf. esercizio 2.1.3). Siano i ∈ I − IJ, j ∈ J − IJ. Allora ij ∈ IJ, che
per ipotesi è primo, ma i, j 6∈ IJ, assurdo.
2.1.25. Siano I1 , . . . , Ik ideali di A, e sia I1 · · · Ik l’ideale di A generato dall’insieme {i1 · · · ik | i1 ∈ I1 , . . . , ik ∈ Ik }.
Mostrare che se un ideale primo p di A contiene I1 · · · Ik allora esiste j ∈ {1, . . . , k} tale che p contiene Ij .
Risoluzione. Supponiamo che l’ideale primo p di A contenga I1 · · · Ik , e per assurdo che p 6⊇ Ij per ogni j = 1, . . . , k.
Per r = 1, . . . , k sia ir ∈ Ij − p. Allora i1 · · · ik ∈ I1 · · · Ik ⊆ p e i1 , . . . , ik 6∈ p, e questo contraddice il fatto che p è un
ideale primo.
2.1.26. Dato a ∈ A definiamo V (a) come l’insieme degli ideali primi p di A contenenti a. Dati a, b ∈ A trovare c ∈ A
tale che V (a) ∪ V (b) = V (c).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
59
Risoluzione. Scegliamo c = ab. Mostriamo che V (a) ∪ V (b) ⊆ V (ab). Se p ∈ V (a) ∪ V (b) allora a, b ∈ p e quindi
ab ∈ p perché p è un ideale, e quindi p ∈ V (ab). Mostriamo che V (a) ∪ V (b) ⊇ V (ab). Se p ∈ V (ab) allora ab ∈ p e
quindi siccome p è primo, o a ∈ p, cioè p ∈ V (a), oppure b ∈ p, cioè p ∈ V (b).
2.1.27. Topologia di Zariski. Sia Spec(A) l’insieme degli ideali primi di A. Dato un ideale I di A definiamo V (I) come
l’insieme dei
P p ∈ Spec(A) tali che I ⊆ p, e definiamo D(I) := Spec(A) − V (I). Data una famiglia I di ideali di A
definiamo I∈I I come l’insieme
delle somme i1 + . . . + ik dove i1 ∈ I1 , . . . , ik ∈ Ik e {I1 , . . . , Ik } ⊆ I. Si tratta
S
dell’ideale di A generato da I∈I I. Mostrare che:
(1) Se I, J sono due ideali e I ⊆ J allora D(I)
S ⊆ D(J).
P
(2) Se I è una famiglia di ideali di A allora I∈I D(I) = D( I∈I I).
(3) Se I, J sono due ideali di A allora D(I) ∩ D(J) = D(I ∩ J).
(4) D({0}) = ∅.
(5) D(A) = Spec(A).
Dedurre che l’insieme {D(I) | I A} è una topologia su Spec(A). Si chiama “topologia di Zariski”. Nel caso in cui
A = k[X] dove k è un campo algebricamente chiuso determinare una biiezione Spec(A) − {(0)} → A.
Risoluzione. Punto (1). Passando ai complementari, vediamo che si tratta di dimostrare che V (I) ⊇ V (J), cioè
che ogni ideale primo che contiene J contiene anche I. QuestoPè ovvio essendo I ⊆ J.
Punto (2). L’inclusione ⊆ segue dal punto (1) essendo J ⊆ I∈I I per ogni J ∈ I (infatti ogni j ∈ J è una somma
i1 + · · · + ik con i1 ∈ I1 , . . . , ik ∈ Ik e I1 , . . . , Ik ∈ I, basta scegliere k =T1, I1 = J e i1 =Pj). Mostriamo l’inclusione ⊇.
Passando ai complementari, vediamo che si tratta
( I∈I I), cioè che se un ideale
Pdi dimostrare che I∈I V (I) ⊆ V P
primo p di A contiene
ogni
I
∈
I
allora
contiene
I.
Questo
segue
dal
fatto
che
I∈I
I∈I I è l’ideale generato dagli
S
ideali in I, cioè da I∈I I (è l’intersezione degli ideali che contengono ogni I ∈ I, quindi è contenuto in p essendo
questo un ideale che contiene ogni I ∈ I).
Punto (3). Passando ai complementari, vediamo che si tratta di dimostrare che V (I) ∪ V (J) = V (I ∩ J). Mostriamo
(⊆). Sia quindi p ∈ V (I) ∪ V (J). Allora p contiene I oppure J, e siccome I ∩ J è contenuto sia in I che in J deduciamo
che p contiene I ∩ J, cioè p ∈ V (I ∩ J). Mostriamo (⊇). Sia quindi p ∈ V (I ∩ J), cioè I ∩ J ⊆ p. Dobbiamo mostrare
che p ∈ V (I) ∪ V (J), cioè che p contiene I oppure J. Supponiamo per assurdo che questo non sia vero, per cui esistono
i ∈ I − p e j ∈ J − p. Questo contraddice il fatto che p è un ideale primo, infatti ij ∈ I ∩ J ⊆ p.
Punto (4). Si tratta di dimostrare che V ({0}) = Spec(A), cioè che ogni ideale primo contiene l’ideale nullo. Questo
segue dal fatto che ogni ideale contiene lo zero.
Punto (5). Si tratta di dimostrare che V (A) = ∅, cioè che nessun ideale primo contiene A. Questo segue dal fatto
che per definizione un ideale primo è proprio.
I punti (2), (3), (4), (5) insieme implicano che la famiglia dei D(I) al variare di I tra gli ideali di A è una topologia
su Spec(A) (per definizione di topologia). Se k è un campo gli ideali primi di k[X], che è un PID, sono l’ideale nullo e
gli ideali generati dai polinomi irriducibili. Se k è algebricamente chiuso i polinomi irriducibili hanno grado 1, quindi
in questo caso ogni ideale massimale è della forma (X − a) con a ∈ k. Quindi gli elementi di k sono in corrispondenza
biunivoca con gli ideali massimali di k[X], data da a 7→ (X − a).
√
2.1.28. Il radicale di un ideale. Dato un ideale I di A definiamo I (il radicale di I) come l’insieme {a ∈ A | an ∈
I per qualche n ∈ N}. Mostrare che:
√
(1) I è un ideale di A contenente
p√ I; √
(2) se I è un ideale di A allora √ I = I;
(3) se I è un ideale primo allora I = I;
√
√
(4) se I, J sono due ideali di A e I ⊆ J allora √I ⊆ J;
(5) se I è un’intersezione di ideali√primi allora
I =√I; √
√
(6) se I, J sono ideali di A allora IJ = I ∩ J = I ∩ J; √
(7) se I è un ideale primo di A e n è un intero positivo allora I n = I.
60
MARTINO GARONZI
Una curiosità: si può dimostrare che
√
I coincide con l’intersezione degli ideali primi di A contenenti I.
Facciamo una digressione. Sia k un anello commutativo unitario, e sia A = k[X1 , . . . , Xn ] l’anello dei polinomi
in n indeterminate su k. Definiamo k n := {(a1 , . . . , an ) : a1 , . . . , an ∈ k}. Se S ⊆ k n definiamo I(S) := {f ∈ A :
f (s) = 0 ∀s ∈ S} l’insieme dei polinomi i cui zeri comprendono tutti gli elementi di S, e se J è un ideale di A definiamo
V (J) := {z ∈ k n : f (z) = 0 ∀f ∈ J}, l’insieme degli zeri comuni a tutti gli elementi di J. Il Nullstellensatz di Hilbert,
o teorema degli zeri di Hilbert (considerato il punto di contatto tra l’algebra e la geometria) afferma che se k è un
campo algebricamente chiuso e J è un qualsiasi ideale di A = k[X1 , . . . , Xn ] allora
√
I(V (J)) = J.
√
Se J è un ideale massimale allora è primo e quindi J = J e otteniamo che I(V (J)) = J. In particolare V (J) 6= ∅
(infatti I(∅) = A) e quindi esiste P = (a1 , . . . , an ) ∈ V (J). In particolare I(V (J)) = J contiene gli elementi X1 −
a1 , . . . , Xn −an , quindi contiene l’ideale (X1 −a1 , . . . , Xn −an ), che è massimale e quindi coincide con J. Riassumendo,
se k è un campo algebricamente chiuso allora ogni ideale massimale di k[X1 , . . . , Xn ] è del tipo (X1 − a1 , . . . , Xn − an )
con a1 , . . . , an ∈ k (!). Quindi gli ideali massimali di k[X1 , . . . , Xn ] sono in biiezione con k n . In geometria algebrica
moderna (Grothendieck, 1928 - 2014) i “punti” (oggetto di accese discussioni nel corso dei secoli) e gli ideali massimali
sono moralmente la stessa cosa.
√
√
i1 = i ∈ I e quindi i ∈ I. Mostriamo
Risoluzione.
Punto (1). Che √I contenga I è chiaro, perché se i ∈ I allora
√
√
che I è un ideale. Che sia 0 ∈ I è chiaro perché 01 = 0 ∈ √
I. Se x ∈ I e a ∈ A allora dato un intero
√ n≥1
con xn =√0 abbiamo (xa)n = xn an = 0 · an = 0, da cui xa ∈ I. Ci rimane da mostrare che se x, y ∈ I allora
Pn+m
x + y ∈ I. Sappiamo√che esistono interi n, m ≥ 1 con xn , y m ∈ I. Abbiamo (x + y)n+m = i=0 xi y n+m−i . Per
concludere che x + y ∈ I basta mostrare che (x + y)m+n ∈ I, e per questo basta mostrare che se i ∈ {0, . . . , n + m}
allora xi y n+m−i ∈ I. Siccome xn = 0 = y m , per questo basta mostrare che o i ≥ n oppure n + m − i ≥ m, in altre
parole che o i ≥ n oppure n√− i ≥ 0. Questo è ovvio.
Osserviamo che l’ideale I corrisponde (tramite il teorema di corrispondenza) al radicale dell’ideale nullo di A/I
(cf. l’esercizio 2.1.2). Questo implica che nel p
fare la dimostrazione qui sopra si poteva benissimo
I = (0).
p√ supporre
√
√
√
I
⊆
I
lo
sappiamo
già,
quindi
mostriamo
che
I
⊆
I.
Sia quindi
Mostriamo
il
punto
(2).
Che
sia
p√
p√
√
√
n
a∈
I, e mostriamo che a ∈ I. Siccome a ∈
I esiste un intero n ≥ 1 tale che a ∈ I, quindi esiste un intero
√
m
m ≥ 1 tale che (an ) ∈ I, cioè anm ∈ I. Quindi a ∈ I.
√
√ Sia I un ideale primo di A. Sappiamo già che I ⊆ nI, quindi dobbiamo mostrare che
√ Mostriamo il punto (3).
I ⊆ I. Sia quindi a ∈ I, e mostriamo che a ∈ I. Sia n ≥ 1 un intero tale che a ∈ I. Sia m ≤ n il minimo intero
non negativo k con la proprietà che ak ∈ I (con la convenzione che a0 = 1). Allora a · am−1 = am ∈ I e poiché I è
primo e am−1 6∈ I (per minimalità di m) otteniamo a ∈ I.
√
√
√
Mostriamo
il punto (4). Supponiamo I ⊆ J. Dobbiamo mostrare che I ⊆ J. Sia quindi
a ∈ I, e mostriamo
√
√
che a ∈ J. Sia n ≥ 1 un intero tale che an ∈ I. Siccome I ⊆ J, si ha an ∈ J. Quindi a ∈ J.
√ I punti
√ (6) e (3) insieme implicano il punto (5) e il punto (7). Ci rimane da mostrare il punto
√ (6). L’inclusione
√
√
IJ ⊆ I ∩ J segue dal fatto che IJ ⊆ I ∩ J (cf.
l’esercizio
2.1.3)
e
dal
punto
(3),
e
l’inclusione
I ∩J ⊆ I ∩ J
√
√
√
√
√
segue dal punto (3). Ci rimane da mostrare che I ∩ J ⊆ √ IJ. Sia quindi a ∈ I ∩ J, e siano n, m ≥ 1 interi tali
che an ∈ I, am ∈ J. Allora an+m = an am ∈ IJ, quindi a ∈ IJ.
2.1.29. Dimostrare che in un dominio ogni√elemento primo è irriducibile. Fare un esempio di elemento irriducibile non
primo. Suggerimento: decomporre 6 in Z[ −5].
Risoluzione. Sia A un dominio di integrità, e sia a ∈ A un suo elemento primo. Ricordiamo che per definizione a
è diverso da zero e non invertibile e ogni volta che divide un prodotto xy con x, y ∈ A divide x oppure y. Dobbiamo
mostrare che a è irriducibile. Scriviamo a = bc con b, c ∈ A. Dobbiamo mostrare che uno tra b e c è invertibile.
Siccome a · 1 = a = bc, a divide bc, quindi a divide b oppure c, supponiamo senza perdita in generalità che divida b, e
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
61
scriviamo ad = b con d ∈ A. Allora a = bc = adc e quindi a(1 − dc) = 0. Siccome A è un dominio e a 6= 0 otteniamo
che 1 − dc = 0,
c è invertibile.
√ cioè dc = 1, quindi
√
√
√
√
√
In A = Z[ −5] = {a + b −5 : a, b ∈ Z} si ha 6 = 2 · 3 = (1 + −5)(1 − −5) e 2, 3, 1 + −5, 1 − −5
sono elementi
Per esempio
se 2 fosse primo allora siccome divide
√ irriducibili
√ di A. In particolare non sono primi.
√
√
6 = (1 + −5)(1 − −5) dovrebbe dividere uno tra 1 + −5 e 1 − −5, che sono però irriducibili. Inoltre A è
un esempio di√un dominio non fattoriale, infatti le due decomposizioni di 6 che abbiamo scritto non sono associate,
essendo U (Z[ −5]) = {1, −1}. Quest’ultima cosa si verifica facilmente osservando che un elemento di A è invertibile
se e solo se la sua norma (in senso complesso, N (a + ib) = a2 + b2 ) è uguale a ±1.
√
√
2.1.30. Sia Z[ 5] := {a + b 5 | a, b ∈ Z}. Sia
√
ϕ : Z[ 5] → Z/11Z,
√
a + b 5 7→ a + 4b + 11Z.
√
(1) Verificare che ϕ è un omomorfismo
di anelli e che (11, 4 − 5) ⊆ ker(ϕ).
√
√
√
(2) Osservando che 11 = (4 − 5)(4 + 5), provare√che ker(ϕ) = (4 − √
5).
(3) Verificare che 11 è un elemento riducibile in Z[ 5]. 11 è primo in Z[ 5]?
Risoluzione. Punto (1). Naturalmente ϕ(0) = 0 e ϕ(1) = 1. Siano a, b, c, d ∈ Z. Si ha
√
√
ϕ((a + b 5) + (c + d 5))
√
ϕ((a + c) + (b + d) 5) = a + c + 4(b + d) + 11Z =
√
√
(a + 4b) + 11Z + (c + 4d) + 11Z = ϕ(a + b 5) + ϕ(c + d 5),
=
=
√
√
ϕ((a + b 5) · (c + d 5))
√
√
ϕ(a + b 5)ϕ(c + d 5)
=
=
√
ϕ(ac + 5bd + (ad + bc) 5) = ac + 5bd + 4ad + 4bc + 11Z,
(a + 4b + 11Z)(c + 4d + 11Z) = ac + 4ad + 4bc + 16bd + 11Z.
Siccome 5√≡ 16 mod (11), segue che ϕ è un omomorfismo
di anelli. Siccome ker(ϕ) è un ideale,
√
√ per mostrare
che (11, 4 − 5) ⊆ ker(ϕ) basta mostrare
che
11,
4
−
5
∈
ker(ϕ),
cioè
che
ϕ(11)
=
0
e
ϕ(4
−
5) = 0. Si ha
√
ϕ(11) = 11 + 11Z = 11Z = 0 e ϕ(4 − 5) = 4 √
+ (−4) + 11Z = 11Z = 0.
√
Punto (2). Abbiamo già mostrato che √
4 − 5 ∈ ker(ϕ), e da√questo segue ceh (4 − 5) ⊆ ker(ϕ), essendo ker(ϕ)
un ideale. Mostriamo che ker(ϕ)
a + 4b ∈ 11Z.
√ ⊆ (4 − √ 5). Sia quindi
√ a + b 5 ∈ ker(ϕ), cioè √
√ Dobbiamo mostrare
che esistono c, d ∈ Z con (4 − 5)(c + d 5) = a + b 5, cioè 4c − 5d + (4d − c) 5 = a + b 5, cioè 4c − 5d = a e
4d − c = b, da cui otteniamo 11d = a + 4b e 11c = 4a + 5b. Per ipotesi a + 4b ∈ 11Z, cioè esiste k ∈ Z con a + 4b = 11k.
Osserviamo che 4 · 11k = 4(a + 4b) = 4a + 5b + 11b, da cui 11(4k − b) = 4a + 5b. Quindi basta scegliere c = 4k − b e
d = k.
√
√
√
√
Punto
(3). 11 è riducibile perché 11 = (4 − 5)(4 + 5)√e 4 − √
5, 4 + 5 non sono invertibili.
Per esempio se
√
√
4 + 5 fosse invertibile esisterebbero a, b ∈ Z con 1 = (a + b 5)(4 + 5) = 4a + 5b + (a + 4b) 5, da cui 4a + 5b = 1
e a + 4b = 0, da cui −11b = 1, assurdo. Siccome
√ in ogni dominio di integrità gli elementi primi sono irriducibili (cf.
l’esercizio 2.1.29), 11 non è nemmeno primo (Z[ 5] è un dominio di integrità perché è un sottoanello di R, che è un
campo).
2.1.31. Struttura di un’estensione semplice. Sia a un elemento di C. Consideriamo l’applicazione
ϕ : Q[X] → C, ϕ(P (X)) := P (a).
Si tratta di un omomorfismo di anelli. Indicheremo con Q[a] l’immagine di ϕ, cioè
Q[a] := ϕ(Q[X]) = {P (a) : P (X) ∈ Q[X]},
62
MARTINO GARONZI
e con Q(a) il campo delle frazioni di Q[a], cioè
Q(a) := Frac(Q[a]) = {
P (a)
: P (X), Q(X) ∈ Q[X], Q(a) 6= 0}.
Q(a)
Ora, ker(ϕ) è un ideale di Q[X].
Se ker(ϕ) = (0) diremo che a è trascendente su Q;
se ker(ϕ) 6= (0) diremo che a è algebrico su Q.
Un altro modo di dirlo è il seguente. La moltiplicazione in Q(a) induce su Q(a) una struttura (naturale) di Q-spazio
vettoriale, e la sua dimensione, chiamata anche “grado” dell’estensione Q(a) ⊇ Q, si indica con [Q(a) : Q]. Si ha:
a è algebrico su Q se e solo se [Q(α) : Q] è finito,
a è trascendente su Q se e solo se [Q(α) : Q] è infinito.
Se a è algebrico su Q allora [Q(a) : Q] risulta uguale al grado del polinomio minimo di a su Q (cf. sotto).
Supponiamo ora che a sia trascendente su Q. Allora per il teorema di isomorfismo ϕ induce un isomorfismo
Q[a] ∼
= Q[X]. In particolare Q[a] 6= Q(a), dato che Q[X] non è un campo (per esempio 1/X 6∈ Q[X]).
Supponiamo ora che a sia algebrico su Q. Allora ker(ϕ) è un ideale principale (perché Q[X] è un PID) generato
da un certo polinomio f (X) 6= 0 di Q[X], che possiamo scegliere monico, dato che gli elementi di Q sono invertibili
in Q[X]. f (X) si chiama il “polinomio minimo di a su Q”. Mostriamo che f (X) è irriducibile. Scriviamo quindi
f (X) = g(X)h(X) con g(X), h(X) ∈ Q[X]. Dobbiamo mostrare che uno tra g(X) e h(X) è invertibile in Q[X].
Siccome f (X) ∈ ker(ϕ) si ha 0 = f (a) = g(a)h(a) e siccome Q è un campo si ha g(a) = 0 oppure h(a) = 0.
Supponiamo per esempio che g(a) = 0, l’altro caso è analogo. Allora g(X) ∈ ker(ϕ), quindi esiste `(X) ∈ Q[X] tale
che g(X) = `(X)f (X). Ma allora f (X) = g(X)h(X) = `(X)f (X)h(X), quindi f (X)(1 − `(X)h(X)) = 0, e siccome
Q[X] è un dominio e f (X) 6= 0 si ha 1 − `(X)h(X) = 0, cioè `(X)h(X) = 1, quindi h(X) è invertibile in Q[X]. Nel
caso h(a) = 0 era g(X) a risultare invertibile.
Morale, se a è algebrico su Q allora il suo polinomio minimo f (X) è irriducibile, quindi l’ideale da lui generato in
Q[X] è massimale (perché Q[X] è un PID) e Q[a] ∼
= Q[X]/(f (X)) (per il teorema di isomorfismo) è un campo (in
quanto quoziente di un anello modulo un ideale massimale). Siccome Q(a) è il campo delle frazioni di Q[a], otteniamo
che Q(a) = Q[a].
2.1.32. Sia n > 1 un intero. Determinare la somma e il prodotto delle radici n-esime di 1 in C.
Risoluzione. Siano a1 , . . . , an le radici n-esime di 1 in C. Esse sono tutte distinte e si ha ai n = 1 per ogni
i = 1, . . . , n, quindi per il teorema di Ruffini (X − a1 ) · · · (X − an ) = X n − 1. In particolare la somma a1 + · · · + an
è uguale all’opposto (additivo) del coefficiente di X n−1 in X n − 1, cioè a 0, e il prodotto a1 · · · an è uguale al termine
noto di X n − 1 a meno del segno: a1 · · · an = −(−1)n .
2.1.33. È vero che l’intersezione di due ideali primi è ancora un ideale primo?
Risoluzione. No, per esempio in Z si ha 2Z ∩ 3Z = 6Z.
2.1.34. Sia A un dominio. Mostrare che se l’insieme degli ideali di A è finito allora A è un campo.
Risoluzione. Supponiamo che A sia un dominio con un numero finito di ideali. Sia 0 6= a ∈ A. Per l’ipotesi, gli
ideali (a), (a2 ), (a3 ), . . ., (an ), . . . sono un numero finito, quindi esistono due interi n, m ≥ 1 con n < m e (an ) = (am ),
quindi esiste un elemento invertibile u ∈ A con an u = am , da cui an (am−n − u) = 0. Siccome A è un dominio e a 6= 0,
otteniamo am−n = u. Siccome m − n > 0, ne segue che a è invertibile.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
63
2.1.35. Sia f : A → B un omomorfismo di anelli, e siano I un ideale di A, J un ideale di B.
(1) Mostrare che f −1 (J) è un ideale di A.
(2) È sempre vero che f (I) è un ideale di B?
Se sı̀, dimostrarlo, altrimenti trovare un controesempio.
(3) Mostrare che se f è suriettiva allora f (I) è un ideale di B.
(4) Mostrare che f −1 (f (I)) è un ideale di A.
(5) È sempre vero che f −1 (f (I)) = I?
(6) È vero che se J è un ideale primo di B allora f −1 (J) è un ideale primo di A?
Se sı̀, dimostrarlo, altrimenti trovare un controesempio.
(7) È vero che se J è massimale in B allora f −1 (J) è massimale in A?
Se sı̀, dimostrarlo, altrimenti trovare un controesempio.
Risoluzione. Punto (1). Siano x, y ∈ f −1 (J), a ∈ A. Dobbiamo mostrare che ax, x + y ∈ f −1 (J), cioè che
f (ax) ∈ J e che f (x + y) ∈ J. Ma f (ax) = f (a)f (x) ∈ J perché f (x) ∈ J, f (a) ∈ B e J è un ideale di B, e
f (x + y) = f (x) + f (y) ∈ J perché f (x), f (y) ∈ J e J è un ideale di B.
Punto (2). Mostriamo che la risposta è no. L’omomorfismo f : Z → Q definito da f (x) := x (l’inclusione di Z in
Q) è tale che f (2Z) = 2Z, ma 2Z non è un ideale di Q (Q è un campo, quindi gli unici suoi ideali sono (0) e Q).
Punto (3). Siano i, j ∈ I, b ∈ B. Dobbiamo mostrare che bf (i), f (i)+f (j) ∈ f (I). Si ha f (i)+f (j) = f (i+j) ∈ f (I)
perché i + j ∈ I, essendo i, j ∈ I e I un ideale di A. Ora, siccome f è suriettiva esiste a ∈ A tale che f (a) = b.
Otteniamo che bf (i) = f (a)f (i) = f (ai) ∈ f (I) perché ai ∈ I, essendo i ∈ I, a ∈ A e I un ideale di A.
Punto (4). Siano x, y ∈ f −1 (f (I)), a ∈ A. Dobbiamo mostrare che ax, x + y ∈ f −1 (f (I)), cioè che f (ax) ∈
f (I) e che f (x + y) ∈ f (I). Siccome x, y ∈ f −1 (f (I)), esistono i, j ∈ I con f (x) = f (i) e f (y) = f (j). Si ha
f (ax) = f (a)f (x) = f (a)f (i) = f (ai) ∈ f (I) essendo ai ∈ I, essendo a ∈ A, i ∈ I e I un ideale di A. Si ha
f (x + y) = f (x) + f (y) = f (i) + f (j) = f (i + j) ∈ f (I) essendo i + j ∈ I, essendo i, j ∈ I e I un ideale di A.
Punto (5). Mostriamo che la risposta è no. Consideriamo la proiezione canonica f : Z → Z/2Z. Allora f (4Z) = (0),
ma f −1 ((0)) = 2Z 6= 4Z.
Punto (6). Mostriamo che la risposta è sı̀. Sappiamo per il punto (1) che f −1 (J) è un ideale di A. Per mostrare
che è primo dobbiamo mostrare che se a, b ∈ A sono tali che ab ∈ f −1 (J) allora a ∈ f −1 (J) oppure b ∈ f −1 (J).
Supponiamo quindi che ab ∈ f −1 (J), cioè che f (ab) ∈ J. Ma allora f (a)f (b) = f (ab) ∈ J, quindi siccome J è primo
si ha f (a) ∈ J, cioè a ∈ f −1 (J), oppure f (b) ∈ J, cioè b ∈ f −1 (J).
Punto (7). Mostriamo che la risposta è no. Consideriamo l’omomorfismo f : Z → Q definito da f (x) := x
(l’inclusione di Z in Q). Siccome Q è un campo, l’ideale (0) di Q è massimale, ma f −1 ((0)) = (0) non è un ideale
massimale di Z, perché Z non è un campo (oppure, se lo si vuole esplicitare, perché per esempio (0) ⊂ 2Z ⊂ Z).
2.1.36. Supponiamo che per ogni a ∈ A esista n ∈ N maggiore di 1 tale che an = a. Mostrare che ogni ideale primo
di A è massimale.
Risoluzione. Sia I un ideale primo di A. Allora nel dominio di integrità A/I si ha bn = b per ogni b ∈ A/I, quindi
ogni b 6= 0 in A/I è invertibile (è il solito argomento: da bn = b segue b(bn−1 − 1) = 0, e siccome b 6= 0 e siamo in un
dominio, bn−1 = 1), cioè A/I è un campo e quindi I è un ideale massimale di A.
2.1.37. Anelli locali. Utilizzando il lemma di Zorn, mostrare che ogni ideale proprio di A è contenuto in un ideale
massimale di A. Dedurre che se A ha un unico ideale massimale M allora U (A) = A − M , cioè gli elementi invertibili
di A sono tutti e soli gli elementi di A che non appartengono a M .
Un anello unitario con un unico ideale massimale si dice locale.
Risoluzione. Sia I un ideale proprio di A. Per mostrare che esiste un ideale massimale di A contenente I basta
applicare il lemma di Zorn alla famiglia F degli ideali di A contenentiSI. Siamo quindi ridotti a mostrare che se
I1 ⊆ I2 ⊆ . . . ⊆ In ⊆ . . . è una catena di ideali contenenti I allora J = n≥1 In è un ideale di A. Siano j1 , j2 ∈ J e
64
MARTINO GARONZI
a ∈ A. Dobbiamo mostrare che aj1 , j1 + j2 ∈ J. Per definizione di J esiste un intero n ≥ 1 con j1 , j2 ∈ In , e siccome
In è un ideale si ha aj1 , j1 + j2 ∈ In , da cui aj1 , j1 + j2 ∈ J essendo In contenuto in J.
Supponiamo ora che A abbia un unico ideale massimale M . Ovviamente gli elementi di M sono non invertibili,
perché M è un ideale proprio di A. Questo dimostra che U (A) ⊆ A − M . Se a ∈ A non è invertibile allora (a) è un
ideale proprio di A e quindi è contenuto in un ideale massimale di A. Siccome M è l’unico ideale massimale di A si
ha a ∈ M . Questo dimostra che A − U (A) ⊆ M , cioè U (A) ⊇ A − M .
√
√
2.1.38. Sia n un
√ intero positivo.k Calcolare nZ, il radicale di nZ in Z. Ricordo che se I è un ideale di A allora I è
definito cosı̀: I := {a ∈ A | a ∈ I per qualche intero k ≥ 1}. Trovare gli interi positivi n tali che Z/nZ ammette
elementi nilpotenti non nulli.
Qk
ai
Risoluzione. Scriviamo
n
=
con p1 , . . . , pk primi a due a due distinti e a1 , . . . , ak interi positivi. Un intero
i=1 pi
√
a ∈ Z appartiene a nZ se e solo se una certa potenza aN di a è divisibile per n, √
cioè è divisibile per p1 a1 , . . . , pk ak .
Siccome possiamo prendere
√ N più grande di a1 , . . . , ak , la conclusione è che a ∈ nZ se e solo se a è divisibile per
p1 , . . . , pk . Ne segue che nZ = p1 · · · pk Z.
L’insieme degli elementi nilpotenti di un anello commutativo unitario A coincide col radicale dell’ideale nullo, (0),
detto anche “nilradicale”. Il nilradicale
dal
√ di un quoziente A/I corrisponde (tramite la corrispondenza canonica data√
teorema di corrispondenza) all’ideale I di A. Quindi A/I√ammette elementi nilpotenti non nulli se e solo se I 6= I.
Nel caso di A = Z e I = nZ, come visto sopra, si ha I 6= I se e solo se n non è della forma p1 · · · pk con p1 , . . . , pk
primi a due a due distinti, se e solo se n è diviso da quadrati diversi da 1.
P
Q
2.1.39. Sia n ≥ 2 un intero e sia A = Z/nZ. Calcolare a∈A a e 06=a∈A a.
P
Risoluzione. Calcoliamo S = a∈A a.PIn questa somma gli elementi a ∈ A tali che a 6= −a vengono semplificati
col loro opposto, −a. Ne segue che S = a∈A, a=−a a. L’uguaglianza a = −a si può riscrivere come 2a = 0, e da
questo deduciamo a = 0 se 2 è invertibile in Z/nZ, cioè se n è dispari. Quindi se n è dispari allora S = 0. Supponiamo
ora che n sia pari. Scriviamo a = m + nZ con m ∈ {0, . . . , n − 1}. L’uguaglianza a = −a, equivalente a 2a = 0, è
equivalente al fatto che n divideP
2m. Siccome 0 ≤ m ≤ n − 1 si ha 0 ≤ 2m ≤ 2n − 2 e quindi siccome n divide 2m,
m ∈ {0, n/2}. Ne segue che S = a∈A, a=−a a = 0 + n/2 + nZ = n/2 + nZ. Riassumendo: se n è dispari allora S = 0,
se n è pari allora S Q
= n/2 + nZ.
Calcoliamo P = 06=a∈A A. Se esistono due interi distinti 0 < x, y < n tali che n divide xy allora (x+nZ)(y+nZ) = 0
e quindi P = 0. Supponiamo che questo non sia vero. Allora ci sono solo due casi possibili: o n = p è un numero
primo oppure n = 4. Se n = 4 allora P = 1 · 2 · 3 + 4Z = 2 + 4Z. Supponiamo ora che n = p sia un primo. Abbiamo
P = 1 · 2 · · · · · (p − 1) + pZ. Siccome Z/pZ è un campo, ogni suo elemento non nullo ammette inverso.
Q Se x ∈ Z/pZ
Q − {0}
è tale che x−1 6= x allora nel prodotto x viene semplificato col suo inverso x−1 . Ne segue che P = x=x−1 x = x2 =1 x.
Gli elementi x ∈ Z/pZ tali che x2 = 1 sono zeri del polinomio X 2 − 1, quindi sono 1 e −1 (siamo su un campo). Ne
segue che P = 1 · (−1) = −1 + pZ (cf. l’esercizio 1.3.6). Riassumendo: se n = 4 allora P = 2 + 4Z, se n = p è primo
allora P = −1 + pZ, e se n non è primo ed è diverso da 4 allora P = 0.
P
2.1.40. Sia V uno spazio vettoriale finito (come insieme) sul campo Z/pZ, dove p è un primo. Calcolare v∈V v.
P
Risoluzione. Se p 6= 2 allora v 6= −v per ogni v ∈ V e quindi
v∈V v
P ogni addendo nella sommatoria S =
si semplifica con il suo inverso additivo, e deduciamo che S =
v
=
0.
Supponiamo
ora
che
p
= 2.
v∈V, v=−v
In questo caso v = −v per ogni v ∈ V . Sia n = dimF2 (V ). Allora è noto dall’algebra lineare che V è isomorfo
come spazio vettoriale a F2 n . Facciamo i conti in questo spazio, cioè assumiamo che V = F2 n . Indichiamo con 1
l’elemento (1, 1, . . . , 1)t di F2 n . Si ha v 6= 1 + v e v + (1 + v) = 1 per ogni v ∈ V . Siccome |V | = 2n , ne segue che
S = 21 |V |(1, . . . , 1)t = 2n−1 (1, . . . , 1)t , quindi S = 0 se 2n−1 è pari, cioè se n ≥ 2. Supponiamo ora n = 1. Allora
S = 0 + 1 = 1. Riassumendo: se p è dispari oppure dimFp (V ) ≥ 2 allora S = 0, e se p = 2 e dimF2 (V ) = 1 allora
S = 1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
65
2.1.41. Mostrare che non esistono omomorfismi di anelli C → R, R → Q, Q → Z, Z/nZ → Z.
Risoluzione.
(1) Sia per assurdo f : C → R un omomorfismo di anelli. Osserviamo che f (1) = 1 e quindi f (−1) = −1 (infatti
f (1) + f (−1) = f (1 − 1) = f (0) = 0). Abbiamo f (i)2 = f (i2 ) = f (−1) = −1, e questo è assurdo perché R non
ammette radici quadrate di −1.
(2) Sia per assurdo g : R → Q un omomorfismo di anelli. Osserviamo che g(2) = g(1+1) = g(1)+g(1) = 1+1 = 2.
√ 2
√
Abbiamo f ( 2)2 = f ( 2 ) = f (2) = 2, e questo è assurdo perché Q non ammette radici quadrate di 2.
(3) Sia per assurdo h : Q → Z un omomorfismo di anelli. Abbiamo 1 = h(1) = h(2·1/2) = h(2)·h(1/2) = 2·h(1/2),
e questo è assurdo perché Z non ammette inversi di 2.
(4) Sia per assurdo ` : Z/nZ → Z un omomorfismo di anelli. Allora in Z si ha 0 = `(0 + nZ) = `(n + nZ) = n,
assurdo.
√
√
2.1.42. Esistono omomorfismi di anelli Z[ 2] → Z[ 3]?
√
√
Risoluzione. La risposta è no. Ricordiamo che se d ∈ Z si definisce Z[ d] := {a + b d : a, b ∈ Z}. Supponiamo
√
√
√
√ 2
per assurdo
Z[ 2] → Z[ 3]. Allora si ha f ( 2)2 = f ( 2 ) = f (2) = 2,√quindi
√
√ che esista un omomorfismo
√
√ di anelli f : √
2 ∈ Z[ 3], cioè esiste a + b 3 ∈ Z[ 3] con (a + b 3)2 = 2. Svolgendo il quadrato otteniamo a2 + 3b2 + 2ab 3 = 2
e quindi a2 + 3b2 = 2 e ab = 0. Dalla seconda a = 0 oppure b = 0. Se a = 0 allora dalla prima 3b2 = 2 con b ∈ Z,
assurdo. Se b = 0 allora dalla prima a2 = 2 con a ∈ Z, assurdo.
2.1.43. Ricordiamo che x ∈ A si dice “divisore dello zero” se esiste 0 6= y ∈ A con xy = 0. Sia 0 6= a ∈ A, e sia
fa : A → A, fa (t) := at.
(1) Mostrare che fa è iniettiva se e solo se a non è un divisore dello zero in A.
(2) Mostrare che fa è suriettiva se e solo se a è invertibile in A.
(3) Mostrare che se A è finito (come insieme) allora ogni elemento di A è un divisore dello zero oppure è invertibile.
Risoluzione. Punto (1). Supponiamo che fa sia iniettiva. Dobbiamo dimostrare che a non è un divisore dello zero.
Sia quindi b ∈ A tale che ab = 0. Dobbiamo mostrare che b = 0. Si ha fa (0) = a · 0 = 0 = ab = fa (b), quindi b = 0
dato che fa è iniettiva. Supponiamo che a non sia un divisore dello zero in A. Dobbiamo mostrare che fa è iniettiva.
Siano b, c ∈ A con fa (b) = fa (c). Dobbiamo mostrare che b = c. Si ha ab = fa (b) = fa (c) = ac e quindi ab − ac = 0,
cioè a(b − c) = 0. Siccome a non è un divisore dello zero segue che b − c = 0, cioè b = c.
Punto (2). Supponiamo che fa sia suriettiva. Dobbiamo mostrare che a è invertibile in A. Siccome fa è suriettiva
esiste b ∈ A tale che fa (b) = 1, cioè ab = 1. Quindi a è invertibile. Supponiamo che a sia invertibile in A. Dobbiamo
mostrare che fa è suriettiva. Sia quindi c ∈ A. Dobbiamo trovare b ∈ A con fa (b) = c, cioè ab = c. Siccome a è
invertibile possiamo scegliere b = a−1 c. Si ha infatti fa (b) = ab = a(a−1 c) = (aa−1 )c = c.
Punto (3). Supponiamo che A sia finito, e sia a ∈ A. Per il principio dei cassetti fa è iniettiva se e solo se è
suriettiva. In altre parole (cf. punti (1) e (2)) a non è un divisore dello zero se e solo se è invertibile.
2.1.44. Trovare tutti gli omomorfismi di anelli ϕ : C → C tali che ϕ(r) = r per ogni r ∈ R.
Risoluzione. Sia ϕ : C → C un omomorfismo di anelli tale che ϕ(r) = r per ogni r ∈ R. Osserviamo che
ϕ(i)2 = ϕ(i2 ) = ϕ(−1) = −1, quindi ϕ(i) = ±i. Se ϕ(i) = i allora per ogni a, b ∈ R si ha ϕ(a + ib) = a + ib, cioè ϕ è
l’identità C → C. Se ϕ(i) = −i allora per ogni a, b ∈ R si ha ϕ(a + ib) = a − ib, cioè ϕ è il coniugio C → C. In questo
secondo caso ϕ è effettivamente un omomorfismo di anelli in quanto ϕ(0) = 0 = 0, ϕ(1) = 1 = 1 e
ϕ((a + ib) + (c + id)) = ϕ(a + c + i(b + d)) = a + c + i(b + d) = a + c − i(b + d) = a − ib + c − id = ϕ(a + ib) + ϕ(a − id),
ϕ((a + ib)(c + id)) = ac − bd + i(ad + bc) = ac − bd − i(ad + bc) = (a − ib)(c − id) = ϕ(a + ib)ϕ(c + id).
66
MARTINO GARONZI
Riassumendo, ci sono esattamente due omomorfismi C → C che ristretti a R sono l’identità: l’identità e il coniugio.
Sono entrambi isomorfismi.
2.1.45. Sia B un anello (non necessariamente unitario). Mostrare che:
(1) se b2 = b per ogni b ∈ B allora B è commutativo;
(2) se b3 = b per ogni b ∈ B allora B è commutativo.
Una curiosità: per un teorema di Jacobson, se per ogni b ∈ B esiste un intero n ≥ 2 tale che bn = b allora B è
commutativo.
Risoluzione. Mostriamo (1). Supponiamo che b2 = b per ogni b ∈ B. Dobbiamo mostrare che B è commutativo.
Siano b, c ∈ B. Dobbiamo mostrare che bc = cb. Si ha 2b = (2b)2 = 4b2 = 4b, da cui 2b = 0, cioè (*) b = −b. Ma
allora da b + c = (b + c)2 = b2 + bc + cb + c2 = b + bc + cb + c usando (*) segue che bc = cb.
Mostriamo (2). Supponiamo che b3 = b per ogni b ∈ B. Dobbiamo mostrare che B è commutativo. Siano b, c ∈ B.
Dobbiamo mostrare che bc = cb. Da b3 = b e (2b)3 = 2b segue che (*) 3b = −3b. Ora da b + b2 = (b + b2 )3 segue
3b + 3b2 = 0 e quindi per (*) otteniamo (**) 3b2 = 3b. Per cui 3(b + c) = 3(b + c)2 = 3(b2 + bc + cb + c2 ) e grazie a
(*) otteniamo (***) 3bc = 3cb. Le uguaglianze b + c = (b + c)3 e b − c = (b − c)3 si riscrivono, dopo qualche conto, in
questo modo:
b2 c + bcb + bc2 + cb2 + cbc + c2 b = 0,
−b2 c − bcb + bc2 − cb2 + cbc + c2 b = 0.
Sommando queste due uguaglianze otteniamo (****) 2bc2 + 2cbc + 2c2 b = 0. Moltiplicando (****) a destra/sinistra
per c otteniamo
2bc + 2cbc2 + 2c2 bc = 0,
2cbc2 + 2c2 bc + 2cb = 0.
Sottraendo queste due uguaglianze otteniamo 2bc = 2cb. Questo, insieme a (***), ci porta alla conclusione che
bc = 3bc − 2bc = 3cb − 2cb = cb.
2.1.46. Sia K un campo. Indichiamo con Aut(K) l’insieme degli isomorfismi di anelli K → K (un elemento di tale
gruppo si chiama “automorfismo di K”). Mostrare
che Aut(K) è un gruppo rispetto alla composizione. Determinare
√
tale gruppo quando K = Q e quando K = Q( 2).
Risoluzione. Sia G = Aut(K). Mostriamo che G è un gruppo. Il suo elemento neutro è la funzione identità
1 = id : K → K, id(x) := x. Ora siano g, h ∈ G, e mostriamo che g ◦ h ∈ G. Mostriamo che g ◦ h : K → K
è un omomorfismo di anelli. Siano x, y ∈ K. Dobbiamo mostrare che g ◦ h(x + y) = g ◦ h(x) + g ◦ h(y) e che
g ◦ h(xy) = g ◦ h(x)g ◦ h(y). Abbiamo
g ◦ h(x + y) = g(h(x + y)) = g(h(x) + h(y)) = g(h(x)) + g(h(y)) = g ◦ h(x) + g ◦ h(y),
g ◦ h(xy) = g(h(xy)) = g(h(x)h(y)) = g(h(x))g(h(y)) = g ◦ h(x)g ◦ h(y).
Inoltre g ◦ h(1) = g(h(1)) = g(1) = 1. Ne segue che g ◦ h è un omomorfismo di anelli. Mostriamo che è un
automorfismo di K, cioè che è un isomorfismo. Per farlo basta esibire la funzione inversa. Si ha (g ◦ h)−1 = h−1 ◦ g −1 ,
infatti (g ◦ h) ◦ (h−1 ◦ g −1 ) = g ◦ id ◦ g −1 = id = 1. In conclusione, g ◦ h ∈ G. Ora sia g ∈ G, e mostriamo che
g −1 ∈ G. Siccome g −1 è una funzione biiettiva (la sua inversa è g), per mostrare che g −1 ∈ G basta mostrare che
g −1 : K → K è un omomorfismo di anelli. Si ha g −1 (1) = g −1 (g(1)) = 1. Siano ora x, y ∈ K. Dobbiamo mostrare che
g −1 (x + y) = g −1 (x) + g −1 (y) e che g −1 (xy) = g −1 (x)g −1 (y). Si ha
g −1 (x + y) = g −1 (g(g −1 (x)) + g(g −1 (y))) = g −1 (g(g −1 (x) + g −1 (y))) = g −1 (x) + g −1 (y),
g −1 (xy) = g −1 (g(g −1 (x))g(g −1 (y))) = g −1 (g(g −1 (x)g −1 (y))) = g −1 (x)g −1 (y).
Supponiamo che K = Q. Siccome Q è l’unico sottocampo di se stesso, l’unico omomorfismo di anelli K → K è
l’identità (cf. l’esercizio 2.3.5) quindi in particolare Aut(K) = {1}.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
67
√
√
2
Supponiamo
√
√ che K = Q(
√ 2). Siccome 2 è algebrico su Q (è radice del polinomio non nullo X − 2) si ha
Q( 2) = Q[ 2] = {a + b 2 : a, b ∈ Q} (cf. 2.1.31). Sia g ∈ G = Aut(K). L’intersezione dei sottocampi di
K (il suo campo primo, o sottocampo fondamentale) è Q (ogni campo di caratteristica
zero ha Q come sottocampo
√
2
∈
K
fondamentale), e per 2.3.5 si ha g(x) =
x
per
ogni
x
∈
Q.
Siano
a,
b
∈
Q,
e
sia
a
+
b
√
√
√
√ (come detto, ogni elemento
di K ha questa forma). Si ha g(a + b 2) = g(a) + g(b 2) = g(a) + g(b)g( 2) = a + bg( 2) essendo a, b ∈ Q. Quindi
√
√ 2
√
√
√
√
√
Si ha g( 2)2 = g(
g è completamente determinato da√g( 2). √
√ 2 ) = g(2)
√ = 2, quindi g( 2) = ± 2. Se g( 2) = 2
allora
√ g è l’identità K → K. Se g( 2) = − 2 allora g(a + b 2) = a − b 2 e quindi g non è altro che la restrizione a
Q( 2) del coniugio C → C. Tale restrizione è effettivamente un automorfismo di K, quindi G consiste di due elementi,
identità e coniugio (ristretto), per cui G = Aut(K) ∼
= C2 .
2.1.47. Consideriamo l’insieme


a 0 0
R := { 0 a 0  | a, b, c ∈ F2 }.
b c a
Mostrare che R è un sottoanello commutativo di M (3, 2), l’anello delle matrici 3 × 3 a coefficienti in F2 . Trovare gli
elementi invertibili, gli elementi nilpotenti e gli elementi idempotenti di R.
Risoluzione. 0 ∈ R (basta scegliere a = b = c = 0) e 1 ∈ R (basta scegliere a = 1 e b = c = 0). La somma è per
componenti, quindi si vede subito che R è chiuso per la somma. Siano a, b, c, a0 , b0 , c0 ∈ F2 . Abbiamo

 0
 

a 0 0
a 0 0
aa0
0
0
 0 a 0   0 a0 0  = 
0
aa0
0 .
0
0
0
0
0
0
0
b c a
b c a
ab + ba ac + ca aa0
Ne segue che R è chiuso anche per il prodotto e quindi è un sottoanello di M (3, 2). Siccome l’uguaglianza appena
scritta rimane vera se scambiamo i ruoli di a, a0 , b, b0 , c, c0 nel membro di destra, R è commutativo. Siccome R consiste
di matrici triangolari inferiori, dire che un suo elemento è invertibile è come dire che per tale elemento a 6= 0, cioè
a = 1. Quindi R ha quattro elementi invertibili (si hanno 2 scelte per b e 2 scelte per c): si tratta di
 
 
 


1 0 0
1 0 0
1 0 0
1 0 0
 0 1 0 ,  0 1 0 ,  0 1 0 ,  0 1 0 .
0 0 1
0 1 1
1 0 1
1 1 1
Gli elementi nilpotenti non sono invertibili quindi per essi è a = 0. Siccome ogni elemento di F2 è idempotente,

a
 0
b
2  2
0 0
a
0
a2
a 0  = 0
c a
2ab 2ac
 
0
a
0 = 0
a2
0
0
a
0
Deduciamo che gli elementi nilpotenti r ∈ R sono tutti quelli che hanno a = 0, e
elementi nilpotenti (si hanno 2 scelte per b e 2 scelte per c): si tratta di

 
 
 
0 0 0
0 0 0
0 0 0
0
 0 0 0 ,  0 0 0 ,  0 0 0 ,  0
0 0 0
0 1 0
1 0 0
1

0
0 .
a
per essi vale r2 = 0. Ci sono quattro
0
0
1

0
0 .
0
Dal calcolo del quadrato scritto sopra otteniamo che un elemento r ∈ R è idempotente, cioè verifica r2 = r, se e solo
se b = c = 0. Quindi gli unici elementi idempotenti di R sono quelli banali, 0 e 1.
68
MARTINO GARONZI
2.1.48. Trovare tre anelli commutativi di cardinalità 4 a due a due non isomorfi.
Risoluzione. Siano A = Z/4Z, B = Z/2Z × Z/2Z. A e B sono due anelli di cardinalità 4 e non sono isomorfi,
infatti non sono isomorfi nemmeno come gruppi additivi: il gruppo (A, +) è ciclico (generato da 1), il gruppo (B, +)
non è ciclico (ha tre elementi di ordine 2, (1, 0), (0, 1), (1, 1)). Inoltre A e B non sono campi, perché in A l’elemento
2 6= 0 è non invertibile (essendo 22 = 0) e in B l’elemento (1, 0) non è invertibile (essendo (1, 0)(x, y) = (x, 0) 6= (1, 1)
per ogni x, y ∈ Z/2Z). L’anello C = F2 [X]/(X 2 + X + 1), quoziente di F2 [X] con un ideale massimale (perché generato
da un polinomio irriducibile nel PID F2 [X]), è un campo. Quindi A ∼
6 B∼
6 C∼
6 A.
=
=
=
2.1.49. Trovare tutti gli ideali massimali e tutti gli ideali primi di Z/nZ per ogni intero n ≥ 2.
Risoluzione. Siccome A = Z/nZ è un anello finito, tutti gli ideali primi di A sono massimali (cf. l’esercizio 2.1.23).
Quindi siccome ogni ideale massimale è primo, un ideale di A è primo se e solo se è massimale. Troviamo gli ideali
massimali di A. Per il teorema di corrispondenza gli ideali di A sono in corrispondenza con gli ideali di Z (che è
un PID) contenenti nZ, quindi sono della forma mZ/nZ dove m divide n. Per il terzo teorema di isomorfismo si ha
Z/nZ ∼
mZ/nZ = Z/mZ, quindi questo quoziente è un campo (equivalentemente, mZ/nZ è un ideale massimale di Z/nZ) se e
solo se m è primo. Quindi gli ideali primi di Z/nZ sono tutti e soli i suoi ideali massimali e sono della forma pZ/nZ
dove p è un divisore primo di n. Segue che il numero di ideali massimali di Z/nZ è uguale al numero di divisori primi
distinti di n. Questo stesso ragionamento si adatta per mostrare la stessa cosa se al posto di Z c’è un qualsiasi PID.
2.1.50. Un elemento a ∈ A si dice “divisore dello zero” se esiste 0 6= b ∈ A con ab = 0. È vero che l’insieme dei divisori
dello zero è sempre un ideale? Se sı̀ dimostrarlo, altrimenti trovare un controesempio.
Risoluzione. È falso. Per esempio −2 e 3 sono divisori dello zero in Z/6Z (infatti 3 · (−2) = −6 = 0) ma
3 + (−2) = 1 non è un divisore dello zero.
2.1.51. Trovare tutti gli omomorfismi di anelli Z/120Z → Z/42Z.
Risoluzione. Ricordiamo che si parla di anelli unitari. Z/nZ non ha sottoanelli unitari propri (un sottoanello,
dovendo contenere 1, contiene tutte le somme di uni e quindi dev’essere uguale a Z/nZ), quindi siccome l’immagine
di un omomorfismo è un sottoanello del codominio, se n, m ≥ 2 sono interi distinti e m non divide n non ci sono
omomorfismi di anelli Z/nZ → Z/mZ. D’altra parte se m divide n allora la proiezione Z/nZ → (Z/nZ)/(mZ/nZ) ∼
=
Z/mZ è un omomorfismo di anelli.
2.2. Polinomi.
2.2.1. Dimostrare che i numeri primi congrui a 1 modulo 2, 3, 4 o 6 sono infiniti. [Confrontare con 2.6.7]
Risoluzione. Mostriamo che se n ∈ {2, 3, 4, 6} i numeri primi della forma nk + 1 con k ∈ N sono infiniti. Per
ogni numero useremo un polinomio intelligente. Si tratta di generalizzazioni della famosa dimostrazione di Euclide del
caso n = 2. Come vedremo, quello che ci serve è scrivere la fattorizzazione in irriducibili di X n − 1 ed esaminarne le
conseguenze.
(1) n = 2. Mostriamo che i numeri primi della forma 2k + 1 con k ∈ N sono infiniti. Sia
P (X) = X + 1.
Supponiamo per assurdo che i primi della forma 2k + 1 (cioè i primi dispari) siano un numero finito, p1 , . . . , pr .
Sia m il loro prodotto: m = p1 · · · pr , e sia p un divisore primo di P (2m) = 2m + 1. Allora p è dispari, perché
divide P (2m) = 2m + 1 che è dispari, e quindi divide m (per definizione di m). Ma allora p divide m e 2m + 1
quindi divide 2m + 1 − 2m = 1, assurdo.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
69
(2) n = 4. Mostriamo che i numeri primi della forma 4k + 1 con k ∈ N sono infiniti. Sia
P (X) = X 2 + 1.
Supponiamo per assurdo che i primi della forma 4k + 1 siano un numero finito, p1 , . . . , pr . Sia m il loro
prodotto: m = p1 · · · pr , e sia p un divisore primo di P (2m) = 4m2 + 1. Allora 2m è una radice quadrata di
−1 in Fp , infatti p divide (2m)2 + 1. Inoltre −1 6= 1 in Fp perché p è dispari (divide 4m2 + 1 che è dispari).
Detto α = 2m + pZ ∈ Fp abbiamo allora che α2 = −1 e quindi α 6= 1 (altrimenti α2 = 1), α2 = −1 6= 1,
α3 = α2 α = −α 6= 1 (altrimenti α = −1 e quindi α2 = 1) e α4 = (α2 )2 = (−1)2 = 1. Quindi α ha ordine
4 nel gruppo moltiplicativo G = Fp − {0}, che ha ordine p − 1, da cui per il teorema di Lagrange 4 divide
|G| = p − 1, cioè esiste un intero h tale che 4h = p − 1 da cui p = 4h + 1. Ma allora per definizione di m si
deve avere che p divide m. Ma allora p divide 4m2 + 1 e m, quindi divide 4m2 + 1 − m(4m) = 1, assurdo.
(3) n = 3. Mostriamo che i numeri primi della forma 3k + 1 con k ∈ N sono infiniti. Sia
P (X) = X 2 + X + 1.
Supponiamo per assurdo che i primi della forma 3k+1 siano un numero finito, p1 , . . . , pr . Sia m il loro prodotto:
m = p1 · · · pr , e sia p un divisore primo di P (3m) = (3m)2 +3m+1. Osserviamo che 3m(3m+1) ≡ −1 mod p,
quindi l’elemento α := 3m + pZ di Fp non è zero (p divide P (3m), che è coprimo con 3m, quindi p non divide
3m) e non è 1 (se fosse 1 allora −1 ≡ 1(1 + 1) mod p e quindi p = 3, assurdo perché p divide P (3m) che è
congruo a 1 modulo 3). D’altra parte si ha
α3 − 1 = (α − 1)(α2 + α + 1) = (α − 1)P (α) = (α − 1) · 0 = 0,
per cui α3 = 1 in Fp . Questo implica che α ha ordine 3 nel gruppo moltiplicativo G = Fp ∗ , che ha ordine
p − 1. Dal teorema di Lagrange segue allora che 3 divide p − 1, cioè p è della forma 3h + 1 con h intero. Ma
allora per definizione di m si deve avere che p divide m. Ma allora p divide P (3m) = (3m)2 + 3m + 1 e m,
quindi divide (3m)2 + 3m + 1 − m(9m + 3) = 1, assurdo.
(4) n = 6. Mostriamo che i numeri primi della forma 6k + 1 con k ∈ N sono infiniti. Sia
P (X) = X 2 − X + 1.
Supponiamo per assurdo che i primi della forma 6k+1 siano un numero finito, p1 , . . . , pr . Sia m il loro prodotto:
m = p1 · · · pr , e sia p un divisore primo di P (6m) = (6m)2 −6m+1. Osserviamo che 6m(6m−1) ≡ −1 mod p,
quindi l’elemento α := 6m + pZ di Fp non è zero (p divide P (6m), che è coprimo con 6m, quindi p non divide
6m) e non è 1 (se fosse 1 allora 0 ≡ P (6m) ≡ P (1) = 1 modulo p, assurdo). Inoltre
• α2 6= 1. Infatti se fosse α2 = 1 allora 0 = α2 − 1 = (α − 1)(α + 1) e siccome Fp è un campo, è un dominio,
quindi vale la legge di cancellazione. Segue che α = ±1. Abbiamo già visto che α 6= 1. Ora se fosse
α = −1 allora 0 ≡ P (α) = P (−1) = 3 mod p, cioè p = 3, e questo è assurdo perché p divide P (6m) che
è coprimo con 6 e quindi anche con 3.
• α3 6= 1. Infatti se fosse α3 = 1 allora 0 = α3 − 1 = (α − 1)(α2 + α + 1) e siccome Fp è un campo,
è un dominio, quindi vale la legge di cancellazione. Siccome, come abbiamo visto, α 6= 1, segue che
α2 + α + 1 = 0. Ma allora
0 = P (α) = α2 − α + 1 = (α2 + α + 1) − 2α = −2α.
Siccome p divide P (6m), che è coprimo con 6, si ha p 6= 2 e quindi da −2α = 0 segue, moltiplicando per
l’inverso di −2 in Fp , che α = 0, che come abbiamo visto è falso.
D’altra parte siccome P (α) = 0 si ha
α6 − 1
=
(α − 1)(α + 1)(α2 − α + 1)(α2 + α + 1)
=
(α − 1)(α + 1)(α2 + α + 1)P (α) = 0,
quindi α6 = 1. Questo implica che α ha ordine 6 nel gruppo moltiplicativo G = Fp ∗ , che ha ordine p − 1. Dal
teorema di Lagrange segue allora che 6 divide p − 1, cioè p è della forma 6h + 1 con h intero. Ma allora per
70
MARTINO GARONZI
definizione di m si deve avere che p divide m. Ma allora p divide P (6m) = (6m)2 − 6m + 1 e m, quindi divide
(6m)2 − 6m + 1 − m(36m − 6) = 1, assurdo.
Quelli che ho chiamato “polinomi intelligenti” in questo esercizio si chiamano in letteratura “polinomi ciclotomici”.
√
2.2.2. Sapendo che Z[ −2] è un U.F.D., determinare tutte le soluzioni intere dell’equazione X 2 + 2 = Y 3 .
Risoluzione. La sigla U.F.D. indica “Unique Factorization Domain”, dominio a fattorizzazione
unica, detto
√ anche
√
“dominio fattoriale”. Siano x, y due interi tali che x2 +2 = y 3 . Nel seguito la scrittura −2 indica l’elemento i 2 ∈ C.
(1) y è dispari. Infatti se y fosse pari allora y 3 sarebbe divisibile per 4 e quindi x2 ≡ 2 mod (4). Questo è assurdo
perché 2 non è un residuo quadratico modulo 4, cioè non è un quadrato in Z/4Z. I quadrati modulo 4 sono
02 = 0, 12 = 1, 22 = 0, 32 = 1.
√
√
√
−2)(x − √
−2). Come per Z[i], in Z[ −2] si può definire la norma di
(2) Da √
x2 + 2 = y 3 segue√y 3 = (x + √
a + −2b come N (a + −2b) = (a + −2b)(a − −2b) = a2 + 2b2 ≥ 0, e si osserva che la funzione α 7→ N
√(α) è
−2 e
moltiplicativa,
cioè
N
(αβ)
=
N
(α)N
(β)
(si
tratta
della
norma
in
senso
complesso).
Mostriamo
che
x
+
√
√
√
comune
di
x
+
−2
e
x
−
−2.
Vogliamo
mostrare
che
α
è
invertibile
x − √−2 sono coprimi. Sia α un divisore
√
√
√
√
√
in Z[√ −2]. Siccome α divide x+ −2 e x− −2, α divide (x+ −2)−(x− −2)
√ = 2 −2
√ quindi N (α) divide
N (2 −2) = 8, in particolare N (α) è una potenza di 2. D’altra parte da (x + −2)(x − −2) = y 3 segue che
N (α) divide N (y 3 ) = y 6 , che è dispari essendo
√ y dispari per il punto (1). Quindi N (α) è una potenza di 2
dispari, quindi N (α) = 1. Scriviamo α = a + −2b con a, b ∈ Z. Allora 1 = N (α) = a2 + 2b2 ≥ 2b2 e questo
implica b =√0, da cui a2 = 1, e quindi α = a = ±1 è invertibile.
√
√
(3) Siccome Z[ −2] è un U.F.D., e il cubo y 3 si scrive come prodotto di due elementi coprimi (x+ −2)(x−
√ −2),
segue √
che tali due elementi sono entrambi cubi (!). In particolare esistono a, b ∈ Z tali che x + −2 =
(a + b −2)3 . D’ora in poi sono conti. Sviluppando il prodotto si ottengono le relazioni
a3 − 6ab2 = x,
3a2 b − 2b3 = 1.
Dalla seconda otteniamo che b è invertibile in Z e quindi b = ±1. Se b = 1 allora dalla seconda 3a2 −2 = 1, cioè
a2 = 1, cioè a = ±1. Se b = −1 allora dalla seconda −3a2 + 2 = 1, cioè a2 = 1, cioè a = ±1. In conclusione
a = ±1 e b = ±1. Sostituendo nella prima otteniamo che i possibili valori per x sono ±5, a cui corrisponde il
valore y = 3. Queste sono soluzioni della nostra equazione. Morale, le uniche soluzioni intere di X 2 + 2 = Y 3
sono X = 5, Y = 3 e X = −5, Y = 3.
2.2.3. Fare un esempio di anello A che non sia un campo e che ammetta un unico ideale massimale.
Risoluzione. Sia A := R[X]/(X 2 ). Chiaramente (X)/(X 2 ) è un ideale massimale di A, infatti il quoziente
R[X]/(X 2 ) ∼ R[X] ∼
=
=R
(X)/(X 2 )
(X)
è un campo. Per mostrare che non ce ne sono altri basta mostrare che ogni elemento di A fuori da (X)/(X 2 ) è invertibile.
Sia dunque aX + b + (X 2 ) ∈ A con aX + b 6∈ (X). Allora b 6= 0, e quindi (aX + b)(aX − b) = aX 2 − b2 ≡ −b2
mod (X 2 ). Siccome −b2 6= 0, −b2 è invertibile in R e segue che aX + b + (X 2 ) è invertibile in A. A non è un campo
perché X è un elemento nilpotente non nullo di A (infatti X 2 = 0 in A).
A è un esempio di anello locale (cf. con 2.1.37).
2.2.4. Fattorizzare P (X) = X 3 + X 2 + X + 3 in Z[X], Q[X], R[X], C[X] e in Fp [X] per ogni primo p minore o uguale
di 50.
Risoluzione. Il polinomio P (X) è monico a coefficienti in Z, quindi primitivo, quindi per il lemma di Gauss è
irriducibile su Z se e solo se lo è su Q. Siccome ha grado 3, se fosse riducibile su Z ammetterebbe una radice a ∈ Z,
da cui a3 + a2 + a + 3 = 0 e otteniamo che a(a2 + a + 1) = −3 per cui a divide −3, cioè a ∈ {1, −1, 3, −3}. Ma
P (1) = 6 6= 0, P (−1) = 2 6= 0, P (3) = 42 6= 0, P (−3) = −18 6= 0. Quindi P (X) è irriducibile in Z[X] e in Q[X].
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
71
Siccome P (X) è un polinomio di grado dispari, esso ammette uno zero in R (per accorgersene basta pensare al
grafico della funzione R → R, x 7→ P (x)). Sia esso a. Allora per il teorema di Ruffini X − a divide P (X) e possiamo
trovare un polinomio Q(X) tale che P (X) = (X − a)Q(X) nel solito modo.
1
a
1
1
a
1+a
1
a + a2
1 + a + a2
3
a + a2 + a3
0
Otteniamo che X 3 + X 2 + X + 3 = (X − a)(X 2 + (1 + a)X + 1 + a + a2 ). Quindi gli altri due zeri di P (X) sono
x2,3 =
p
p
1
1
(−(a + 1) ± (a + 1)2 − 4(1 + a + a2 )) = (−(a + 1) ± −3a2 − 2a − 3).
2
2
Siccome −3a2 − 2a − 3 < 0 per ogni a ∈ R, il polinomio Q(X) trovato è irriducibile su R e quindi P (X) ammette uno
zero reale e due zeri complessi coniugati non reali. Questo conclude la discussione per quanto riguarda R e C.
Per quanto riguarda la fattorizzazione in Fp [X], siccome P (X) se riducibile deve ammettere un fattore di grado 1
(avendo P (X) grado 3), cioè uno zero in Fp , si tratta di fare un numero finito di verifiche. La tabella seguente riassume
le fattorizzazioni di P (X) in Fp [X] per ogni primo p ≤ 127. La tabella sotto è l’analogo per il polinomio X 3 − 3X + 1,
che mi permetterà di fare una digressione.
p
X3 + X2 + X + 3
2
(X + 1)3
3
X(X + 2)2
3
5
X + X2 + X + 3
7
(X + 4)(X 2 + 4X + 6)
11
X3 + X2 + X + 3
13
X3 + X2 + X + 3
17
(X + 5)(X + 15)2
19
X3 + X2 + X + 3
23
X3 + X2 + X + 3
29 (X + 11)(X + 23)(X + 25)
31 (X + 15)(X 2 + 17X + 25)
37 (X + 25)(X 2 + 13X + 9)
41
X3 + X2 + X + 3
43
X3 + X2 + X + 3
47 (X + 31)(X 2 + 17X + 38)
p
53
59
61
67
71
73
79
83
89
97
101
103
107
113
127
X3 + X2 + X + 3
(X + 43)(X 2 + 11X + 5)
(X + 12)(X 2 + 48X + 15)
(X + 6)(X 2 + 56X + 31)
(X + 23)(X + 52)(X + 60)
(X + 38)(X + 52)(X + 53)
(X + 34)(X 2 + 40X + 28)
(X + 74)(X 2 + 6X + 31)
(X + 45)(X 2 + 39X + 72)
(X + 32)(X 2 + 58X + 14)
(X + 59)(X 2 + 39X + 28)
(X + 75)(X 2 + 27X + 97)
X3 + X2 + X + 3
X3 + X2 + X + 3
X3 + X2 + X + 3
X3 + X2 + X + 3
72
MARTINO GARONZI
p
X 3 − 3X + 1
p
X 3 − 3X + 1
3
2
X +X +1
53
(X + 18)(X + 39)(X + 49)
3
(X + 1)3
59
X 3 + 56X + 1
3
5
X + 2X + 1
61
X 3 + 58X + 1
3
7
X + 4X + 1
67
X 3 + 64X + 1
3
11
X + 8X + 1
71
(X + 16)(X + 25)(X + 30)
13
X 3 + 10X + 1
73
(X + 14)(X + 25)(X + 34)
17
(X + 3)(X + 4)(X + 10)
79
X 3 + 76X + 1
19 (X + 10)(X + 12)(X + 16) 83
X 3 + 80X + 1
3
23
X + 20X + 1
89
(X + 12)(X + 36)(X + 41)
29
X 3 + 26X + 1
97
X 3 + 94X + 1
3
31
X + 28X + 1
101
X 3 + 98X + 1
37 (X + 14)(X + 28)(X + 32) 103
X 3 + 100X + 1
3
41
X + 38X + 1
107
(X + 7)(X + 40)(X + 60)
43
X 3 + 40X + 1
113
X 3 + 110X + 1
3
47
X + 44X + 1
127 (X + 53)(X + 87)(X + 114)
La digressione è la seguente. Notiamo che al variare del primo p ≤ 127 il polinomio X 3 + X 2 + X + 3 ammette
decomposizioni di tutte le strutture possibili: (3), (2, 1) e (1, 1, 1) (qui ogni entrata rappresenta il grado di un fattore
irriducibile). Invece X 3 − 3X + 1 non ammette la struttura (2, 1). Si può dimostrare che in effetti non esiste nessun
primo p per cui la struttura di decomposizione di X 3 − 3X + 1 è (2, 1). Questo si può spiegare con la teoria di Galois,
grazie al teorema di densità di Chebotarev, osservando che il gruppo di Galois (cioè il gruppo degli automorfismi di
un campo di riducibilità completa) di X 3 + X 2 + X + 3 è S3 (il gruppo simmetrico di grado 3), mentre il gruppo di
Galois di X 3 − 3X + 1 è A3 (il gruppo alterno di grado 3). Le fattorizzazioni (1, 1, 1) corrispondono all’identità (che
appartiene sia a S3 che ad A3 ), le fattorizzazioni (3) corrispondono ai 3-cicli (che appartengono sia a S3 che ad A3 ),
mentre le fattorizzazioni (2, 1) corrispondono ai (2, 1)-cicli, cioè ai 2-cicli, che appartengono a S3 ma non ad A3 (!). Il
motivo per cui si vedono più fattorizzazioni (3) nella tabella sotto che fattorizzazioni (1, 1, 1) (circa il doppio) è che
in A3 il numero dei 3-cicli è il doppio del numero di (1, 1, 1)-cicli (ci sono due 3-cicli ma una sola identità). Più in
generale, il teorema di Chebotarev dice che al tendere di p all’infinito la proporzione di fattorizzazioni di un dato tipo
coincide con la proporzione di elementi della corrispondente struttura ciclica nel gruppo di Galois.
2.2.5. Siano a1 , . . . , an degli interi a due a due distinti. Mostrare che il polinomio `(X) := (X − a1 ) · · · (X − an ) + 1 è
riducibile in Z[X] se e solo se uno dei seguenti fatti accade:
• n = 2 e |a1 − a2 | = 2;
• n = 4 e a1 , a2 , a3 , a4 sono consecutivi.
In questi due casi trovare fattorizzazioni esplicite di `(X).
Suggerimento: scrivere `(X)Q= f (X)g(X) con f (X), g(X) ∈ Z[X] non costanti. Detto I := {i ∈ {1, . . . , n} | f (ai ) = 1}
dimostrare che f (X) = 1 + i∈I (X − ai ). Dedurre da questo una stima su n.
Risoluzione. Chiamiamo A := {a1 , ..., an }. Supponiamo che `(X) sia riducibile, e scriviamo `(X) = f (X)g(X),
con f (X), g(X) ∈ Z[X] polinomi non costanti. Poiché `(X) è monico, possiamo tranquillamente supporre che f (X) e
g(X) siano monici (se non lo sono basta sostituirli coi loro opposti). Uno tra f e g ha grado minore o uguale di n/2, sia
esso f (X) senza perdita in generalità. Si ha che `(ai ) = f (ai )g(ai ) = 1, quindi f (ai ) = g(ai ) = ±1, per ogni i = 1, ..., n.
Sia I l’insieme degli ai tali che f (ai ) = g(ai ) = 1. Allora essendo |A| = n, uno tra I e A − I ha almeno n/2 elementi,
quindi il grado di f (X) non può essere strettamente minore di n/2 (altrimenti uno tra f (X) − 1 e f (X) + 1 sarebbe
un polinomio non costante con grado al più n/2 − 1 e almeno n/2 zeri). Ne segue che deg(f (X)) = deg(g(X)) = n/2,
in particolare n dev’essere pari. A meno di riordinare gli ai supponiamo che I = {a1 , ..., an/2 }. f (X) − 1 e g(X) − 1
sono polinomi monici entrambi di grado n/2 con n/2 zeri in comune (gli elementi di I), quindi
f (X) − 1 = (X − a1 )...(X − an/2 ) = g(X) − 1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
73
In particolare f (X) = g(X) e `(X) = f (X)2 . Siccome an 6∈ I, f (an ) = −1, cioè (an − a1 )...(an − an/2 ) + 1 = −1, cioè
(an − a1 )...(an − an/2 ) = −2. Ora i numeri interi an − a1 , ..., an − an/2 sono a due a due distinti ed il loro prodotto è
−2, quindi è immediato che deve aversi n/2 ≤ 3, ovvero n ≤ 6. Ne segue che n ∈ {2, 4, 6}.
• n = 2. In questo caso date le assunzioni precedenti si ha a2 − a1 = −2. E questa condizione implica
l’uguaglianza f (X)2 = (X − a1 + 1)2 = `(X) = (X − a1 )(X − a2 ) + 1.
• n = 4. Scriviamo a1 = a, a2 = b, a3 = c, a4 = d. L’uguaglianza f (X)2 = `(X) diventa
((X − a)(X − b) + 1)2 = (X − a)(X − b)(X − c)(X − d) + 1.
Sviluppando ed eguagliando i coefficienti si ottengono le seguenti due relazioni:
c + d = a + b,
cd = ab + 2.
Ne segue che c e d sono zeri del polinomio X 2 − (a + b)X + ab + 2. L’esistenza di tali c e d implica che il
discriminante (a + b)2 − 4(ab + 2) = (a − b)2 − 8 è un quadrato. Ma gli unici due quadrati che differiscono di 8
unità sono 1 e 9 (per questo basta osservare per esempio che (m + 1)2 − m2 = 2m + 1 ≥ 9 se m ≥ 4), quindi
(a − b)2 − 8 = 1 e a − b = ±3, e risolvendo l’equazione X 2 − (a + b)X + ab + 2 = 0 nei due casi a − b = 3,
a − b = −3 si ottiene rispettivamente {c, d} = {a − 1, a − 3} e {c, d} = {a + 1, a + 2}. In entrambi i casi a, b, c, d
sono consecutivi e vale (X − a)(X − b)(X − c)(X − d) + 1 = ((X − a)(X − b) + 1)2 .
• n = 6. Da f (a6 ) = g(a6 ) = −2 otteniamo
(a6 − a1 )(a6 − a2 )(a6 − a3 ) = −2 = (a5 − a1 )(a5 − a2 )(a5 − a3 ).
L’unica fattorizzazione di −2 in tre interi distinti è −2 = 1·(−1)·2. Siano x = a6 −a1 , y = a6 −a2 , z = a6 −a3 ,
w = a5 − a1 . Si ha x 6= y 6= z 6= x. Siccome a5 − a2 = w − x + y, a5 − a3 = w − x + z si ha
xyz = −2 = w(w − x + y)(w − x + z).
Possiamo quindi supporre senza perdita in generalità che w = y e siccome x 6= 2y − x = w − x + y si deve
avere x = y − x + z, cioè z = 2x − y. Otteniamo che xy(2x − y) = −2 = y(2y − x)x e quindi 2x − y = 2y − x,
cioè x = y, assurdo.
2.2.6. Siano a1 , . . . , an degli interi a due a due distinti. Mostrare che il polinomio `(X) := (X − a1 ) · · · (X − an ) − 1 è
irriducibile in Z[X]. Suggerimento: cf. l’esercizio precedente.
Risoluzione. Chiamiamo A := {a1 , ..., an }. Supponiamo che `(X) sia riducibile, e scriviamo `(X) = f (X)g(X),
con f (X), g(X) ∈ Z[X] polinomi non costanti. Poiché `(X) è monico, possiamo tranquillamente supporre che f (X)
e g(X) siano monici (se non lo sono basta sostituirli coi loro opposti). Uno tra f e g ha grado minore o uguale di
n/2, sia esso f (X) senza perdita in generalità. Si ha che `(ai ) = f (ai )g(ai ) = −1, quindi f (ai ) = −g(ai ) = ±1,
per ogni i = 1, ..., n. Sia I l’insieme degli ai tali che f (ai ) = −g(ai ) = 1. Allora essendo |A| = n, uno tra I e
A − I ha almeno n/2 elementi, quindi il grado di f (X) non può essere strettamente minore di n/2 (altrimenti uno
tra f (X) − 1 e f (X) + 1 sarebbe un polinomio non costante con grado al più n/2 − 1 e almeno n/2 zeri). Ne segue
che deg(f (X)) = deg(g(X)) = n/2, in particolare n dev’essere pari. A meno di riordinare gli ai supponiamo che
I = {a1 , ..., an/2 }. f (X) − 1 e g(X) + 1 sono polinomi monici entrambi di grado n/2 con n/2 zeri distinti (gli elementi
di I) quindi f (X) = (X − a1 ) · · · (X − an/2 ) + 1 e g(X) = (X − a1 ) · · · (X − an/2 ) − 1. Ne segue che f (X) − 1 = g(X) + 1
e questo contraddice il fatto che f (an ) = −g(an ) = −1.
2.2.7. Mostrare che se P (X) ∈ C[X] è divisibile per (X − c)2 dove c ∈ C allora il polinomio derivato P 0 (X) ammette
c come zero. Dedurre che se n è un intero positivo allora il polinomio X n − 1 non ammette zeri multipli in C.
Risoluzione. Per ipotesi P (X) = (X −c)2 Q(X) con Q(X) ∈ C[X]. Quindi P 0 (X) = 2(X −c)Q(X)+(X −c)2 Q0 (X).
Sostituendo X = c otteniamo quindi che P 0 (c) = 0. Se il polinomio X n − 1 ammettesse uno zero multiplo c ∈ C allora
c sarebbe zero di (X n − 1)0 = nX n−1 , cioè ncn−1 = 0 e quindi c = 0, e questo contraddice il fatto che c è uno zero di
X n − 1, cioè cn = 1.
74
MARTINO GARONZI
2.2.8. Dimostrare che se n è un intero positivo allora il polinomio P (X) = 1 + X + · · · + X n non ammette zeri multipli
in C.
Risoluzione. Osserviamo che P (X) = (X n+1 − 1)/(X − 1). Siccome P (1) = n + 1, 1 non è uno zero di P (X).
Quindi se P (X) ammettesse zeri multipli in C allora anche X n+1 − 1 ammetterebbe zeri multipli in C, e questo è falso
per 2.2.7.
2.2.9. Sia p un primo. Quali sono gli interi positivi n tali che l’applicazione fn : Z/pZ → Z/pZ, a 7→ an è suriettiva?
Dato f (X) ∈ Fp [X] mostrare che f (X)p = f (X p ).
Risoluzione. Mostriamo che si tratta di tutti e soli gli interi positivi n tali che n e p − 1 sono coprimi. Osserviamo
che per il principio dei cassetti fn è suriettiva se e solo se è iniettiva, se e solo se gn : Fp ∗ → Fp ∗ , gn (a) := an è
iniettiva. Ma gn è un omomorfismo di gruppi, quindi è iniettivo se e solo se ker(gn ) = 1, cioè l’unico elemento a ∈ Fp ∗
tale che an = 1 è 1. Ora possiamo cominciare.
Se fn non è iniettiva allora esiste 1 6= a ∈ Fp ∗ è tale che fn (a) = fn (1), cioè an = 1, quindi detto d > 1 l’ordine
di a nel gruppo moltiplicativo Fp ∗ (Fp è un campo) si ha che d divide n (perché an = 1), e d’altra parte d divide
|Fp ∗ | = p − 1 (per il teorema di Lagrange), quindi d > 1 divide MCD(n, p − 1) e quindi n e p − 1 non sono coprimi.
Viceversa se n e p − 1 non sono coprimi allora esiste un intero d > 1 che divide MCD(n, p − 1) quindi detto a un
elemento di Fp ∗ di ordine d (un tale elemento esiste perché Fp ∗ , gruppo moltiplicativo di un campo finito, è ciclico) si
ha ad = 1 e quindi anche an = 1, e d’altra parte a 6= 1 perché a ha ordine d > 1. Quindi fn non è iniettiva essendo
fn (1) = fn (a).
Pn
Scriviamo f (X) = i=0 ai X i con a1 , . . . , an ∈ Fp . Per il piccolo teorema di Fermat si ha ai p = ai . Siccome Fp [X]
ha caratteristica p, l’elevamento alla p è un omomorfismo (Frobenius: cf. l’esercizio 2.1.17). Si ha quindi
n
n
n
n
X
X
X
X
i
f (X)p = (
ai X i )p =
(ai X i )p =
ai p X ip =
ai (X p ) = f (X p ).
i=0
i=0
i=0
i=0
2.2.10. Discutere la riducibilità del polinomio X 4 + X 3 + 2 in Fp [X] per ogni primo p minore di 20.
Risoluzione. La seguente tabella riassume le fattorizzazioni per ogni primo p ≤ 127.
X4 + X3 + 2
p
2
X 3 (X + 1)
3
X4 + X3 + 2
5
(X + 2)2 (X 2 + 2X + 3)
7
(X + 3)(X 3 + 5X 2 + 6X + 3)
11
(X + 8)(X 3 + 4X 2 + X + 3)
13
(X + 11)(X 3 + 3X 2 + 6X + 12)
17
(X 2 + 6X + 4)(X 2 + 12X + 9)
19
X4 + X3 + 2
23 (X + 19)(X 3 + 5X 2 + 20X + 11)
29
X4 + X3 + 2
31 (X + 16)(X 3 + 16X 2 + 23X + 4)
37 (X + 21)(X 3 + 17X 2 + 13X + 23)
41
X4 + X3 + 2
43
X4 + X3 + 2
47 (X + 35)(X + 42)(X 2 + 18X + 11)
p
53
59
61
67
71
73
79
83
89
97
101
103
107
113
127
X4 + X3 + 2
X4 + X3 + 2
(X + 22)(X + 31)(X 2 + 7X + 9)
(X + 19)(X 3 + 43X 2 + 37X + 29)
(X + 52)(X 3 + 16X 2 + 39X + 49)
X4 + X3 + 2
X4 + X3 + 2
(X + 44)(X 3 + 36X 2 + 75X + 18)
(X + 26)(X + 37)(X + 49)(X + 55)
(X + 18)(X 3 + 72X 2 + 39X + 10)
(X + 4)(X + 25)2 (X + 44)
(X + 33)(X 3 + 69X 2 + 46X + 98)
(X + 7)(X + 36)(X 2 + 61X + 9)
(X 2 + 20X + 33)(X 2 + 88X + 26)
(X + 39)(X + 94)(X 2 + 94X + 104)
(X + 81)(X 3 + 47X 2 + 3X + 11)
Ora facciamo una digressione. Confrontiamo questa tabella con la digressione fatta nella risoluzione dell’esercizio
2.2.4. Qui ognuna delle strutture di fattorizzazioni occorre, (1, 1, 1, 1), (1, 1, 2), (2, 2), (1, 3), (4), e possiamo quindi
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
75
dedurre euristicamente che il gruppo di Galois di X 4 + X 3 + 2 su Q è S4 . Al variare del primo p, la struttura (1, 1, 1, 1)
capiterà con frequenza 1/24, la struttura (1, 1, 2) capiterà con frequenza 6/24, la struttura (2, 2) capiterà con frequenza
3/24, la struttura (1, 3) capiterà con frequenza 8/24, la struttura (4) capiterà con frequenza 6/24.
2.2.11. Sia a un elemento nilpotente di A, e sia u un elemento invertibile di A. Mostrare che u + a è invertibile.
Risoluzione. Si ha che au−1 è nilpotente e u + a = u(1 + au−1 ), quindi possiamo assumere che u = 1. Se a = 0
l’asserto è ovvio. Supponiamo ora che a 6= 0, e sia n il minimo intero positivo tale che an = 0. Siccome a 6= 0, n ≥ 2.
Procediamo per induzione su n. Osserviamo che (1 + a)(1 − a) = 1 − a2 , quindi 1 + a è invertibile se 1 − a2 è invertibile.
Ma (−a2 )n−1 = (−1)n−1 a2n−2 = 0 essendo 2n − 2 ≥ n (perché n ≥ 2). Segue per ipotesi induttiva che 1 − a2 è
invertibile, quindi anche 1 + a lo è.
2.2.12. Sia P (X) = a0 + a1 X + a2 X 2 + · · · + an X n ∈ A[X]. Mostrare che:
(1) P (X) è nilpotente in A[X] se e solo se a0 , . . . , an sono nilpotenti in A;
(2) P (X) è invertibile in A[X] se e solo se a0 è invertibile in A e a1 , . . . , an sono nilpotenti in A.
Risoluzione. Proviamo (1). Se a0 , . . . , an sono nilpotenti in A allora a0 , a1 X, . . . , an X n sono nilpotenti in A[X]
e quindi P (X), in quanto somma di nilpotenti, è anch’esso nilpotente. Supponiamo ora che P (X) sia nilpotente, e
sia k ∈ N>0 tale che P (X)k = 0. Procediamo per induzione su n. Il termine dominante di P (X)k = 0 è akn X nk
quindi akn = 0 e an X n è nilpotente. Ma allora anche P (X) − an X n , somma di nilpotenti, è nilpotente e per induzione
a0 , . . . , an−1 sono nilpotenti.
Proviamo (2). Se a0 è invertibile e a1 , . . . , an sono nilpotenti in A allora a1 X, . . . , an X n sono nilpotenti in A[X]
e per 2.2.11 e il punto (1), P (X) è invertibile in A[X]. Supponiamo ora che P (X) sia invertibile in A[X] e sia
Q(X) = b0 + b1 X + . . . + bm X m ∈ A[X] tale che P (X)Q(X) = 1. Abbiamo che
1 = P (X)Q(X) =
n X
m
X
ai bj X i+j =
i=0 j=0
m+n
X
X
ai bj X k .
k=0 i+j=k
P
Ne segue che a0 b0 = 1, in particolare a0 è invertibile, e i+j=k ai bj = 0 per k =
6 0. Procediamo per induzione su n.
Se n = 0 il risultato è banale. Supponiamo n > 0. Mostriamo per induzione su k ≤ m che
ak+1
n bm−k = 0.
l+1
Siccome n > 0, m + n > 0 e an bm = 0, e questo risolve
P il caso k = 0. Supponiamo ora che an kbm−l = 0 per ogni
0 ≤ l < k. Siccome m + n − k ≥ n > 0, sappiamo che i+j=m+n−k ai bj = 0 e moltiplicando per an abbiamo che
X
X
0=
ai akn bj = ak+1
ai ann−1−i ak+i−n+1
bm+n−k−i = ak+1
n bm−k +
n
n bm−k ,
i+j=m+n−k
i<n
ak+i−n+1
bm+n−k−i
n
infatti i termini
sono uguali a zero per ipotesi induttiva. Ponendo k = m otteniamo allora
am+1
b
=
0,
e
siccome
b
è
invertibile
(ricordo che a0 b0 = 1) deduciamo che an è nilpotente. Ora, siccome P (X) è
0
0
n
invertibile e −an X n è nilpotente, per 2.2.11 anche P (X)−an X n è invertibile e quindi per ipotesi induttiva a1 , . . . , an−1
sono nilpotenti.
2.2.13. Sia p un numero primo. Quali sono i polinomi f (X) ∈ Z[X] tali che (f (X), p) è un ideale massimale di Z[X]?
Risoluzione. Dimostriamo che si tratta dei polinomi f (X) che sono irriducibili modulo p. Consideriamo la
composizione dell’omomorfismo di riduzione modulo p, Z[X] → Z/pZ[X], con la proiezione sul quoziente modulo
(f (X)) ottenendo l’omomorfismo suriettivo
ϕ : Z[X] → Z/pZ[X]/(f (X)), P (X) 7→ P (X) + (f (X)),
76
MARTINO GARONZI
dove P (X) denota il polinomio P (X) ridotto modulo p. Mostriamo che ker(ϕ) = (f (X), p). Che sia (f (X), p) ⊆ ker(ϕ)
è facile, segue dal fatto che f (X), p ∈ ker(ϕ). Mostriamo che ker(ϕ) ⊆ (f (X), p). Sia P (X) ∈ ker(ϕ). Allora f (X)
divide P (X) in Z/pZ[X], quindi esiste Q(X) ∈ Z[X] con f (X) · Q(X) = P (X), quindi esiste R(X) ∈ Z[X] con
f (X)Q(X) − P (X) = pR(X), da cui P (X) = f (X)Q(X) − pR(X) ∈ (f (X), p).
Grazie al teorema di isomorfismo otteniamo allora che
Z[X] ∼ Z/pZ[X]
A=
.
=
(f (X), p)
(f (X))
Sappiamo che (f (X), p) è massimale in Z[X] se e solo se A è un campo, se e solo se (f (X)) è un ideale massimale di
Z/pZ[X], e siccome Z/pZ[X] è un PID (in quanto anello di polinomi su un campo), questo è equivalente a dire che
f (X) è irriducibile modulo p.
2.2.14. Sia Qn (X) il polinomio 1 + X + X 2 + · · · + X n−1 . Mostrare che Qnm (X) = Qn (X m )Qm (X).
Risoluzione. L’idea è osservare che Qn (X)(X − 1) = X n − 1, per cui Qn (X) = (X n − 1)/(X − 1) e quindi
Qn (X m )Qm (X) =
X mn − 1
X mn − 1 X m − 1
=
= Qmn (X).
m
X −1 X −1
X −1
2.2.15. Sia p un intero positivo e sia P (X) = 1 + X + X 2 + · · · + X p−1 .
(1) Mostrare che se P (X) è irriducibile in Q[X] allora p è un numero primo.
(2) Mostrare che se p è primo allora P (X) è irriducibile in Q[X].
Suggerimento: operare la sostituzione X → X + 1.
Risoluzione. Il punto (1) segue dall’esercizio 2.2.14. Mostriamo il punto (2). Siccome P (X) è monico, è primitivo
quindi per il lemma di Gauss siamo ridotti a mostrare che P (X) è irriducibile in Z[X], e per questo basta mostrare
p
−1
che P (X + 1) è irriducibile in Z[X]. Si ha P (X) = XX−1
, quindi
p p−1 X
(X + 1)p − 1
1 X p
p
i
P (X + 1) =
=
X =
X i.
X
X i=1 i
i
+
1
i=0
Il termine di grado p − 1 è pp = 1, non divisibile per p, e il termine di grado 0 è p1 = p, divisibile per p ma non
per p2 . Per il criterio di Eisenstein, per concludere che P (X) è irriducibile basta mostrare che p divide pi per ogni
p!
i = 1, . . . , p − 1. Ma questo segue dal fatto che p è primo, dato che pi = i!(p−i)!
e p divide il numeratore di questa
frazione ma non il denominatore.
2.2.16. È vero che il numero di zeri di un polinomio f (X) ∈ A[X] è sempre minore o uguale del grado di f (X)?
Suggerimento: no.
Risoluzione. Il polinomio X 2 − X su Z/6Z ha quattro zeri in Z/6Z: 0, 1, 3, 4.
2.2.17. Determinare l’inverso di X 3 − X + 1 + (X 2 + 1) in Q[X]/(X 2 + 1). Determinare l’inverso di −2i + 1 in Q[i] ⊂ C.
Risoluzione. Osserviamo che X 3 − X + 1 + (X 2 + 1) = X(X 2 + 1) − 2X + 1 + (X 2 + 1) = −2X + 1 + (X 2 + 1).
Vogliamo trovare polinomi A(X), B(X) ∈ Q[X] tali che (X 2 + 1)A(X) + (−2X + 1)B(X) = 1. Un modo è applicare
l’algoritmo di Euclide ai polinomi X 2 + 1 e −2X + 1 come fatto nell’esercizio 2.1.20. In questo caso la cosa è fattibile
senza (tanti) conti osservando che (−2X + 1)(−2X − 1) = 4X 2 − 1 = 4(X 2 + 1) − 5 da cui, dividendo per 5, otteniamo
(4/5)(X 2 + 1) + (1/5)(2X + 1)(−2X + 1) = 1. Ne segue che l’inverso di X 3 − X + 1 + (X 2 + 1) in Q[X]/(X 2 + 1) è
2X/5 + 1/5 + (X 2 + 1).
Osserviamo che il teorema di isomorfismo applicato all’omomorfismo di valutazione Q[X] → C, P (X) 7→ P (i) (che
ha come nucleo proprio (X 2 + 1)) fornisce un isomorfismo Q[X]/(X 2 + 1) ∼
= Q[i]. Per i conti fatti qui sopra l’inverso
di −2i + 1 in Q[i] è 2i/5 + 1/5.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
77
2.2.18. Quali sono i polinomi f (X) ∈ Q[X] tali che Q[X]/(f (X)) ammette elementi nilpotenti non nulli?
Risoluzione. Sia P (X) + (f (X)) ∈ Q[X]/(f (X)) un elemento nilpotente. Ciò significa che esiste n ∈ N tale che
f (X) divide P (X)n . Siccome Q[X] è un dominio fattoriale (U.F.D.), questo è equivalente a dire che ogni fattore
irriducibile di f (X) divide P (X). Questo non implica che f (X) divida necessariamente P (X) a meno che f (X) non si
spezzi in fattori irriducibili a due a due distinti. Quindi Q[X]/(f (X)) ammette elementi nilpotenti non nulli se e solo
se f (X) è diviso da quadrati non invertibili, cioè esiste R(X) ∈ Q[X] di grado positivo tale che R(X)2 divide f (X).
Si confronti con l’esercizio 2.1.38.
2.2.19. Determinare tutti gli ideali massimali di R[X]/(X 4 − 1).
Risoluzione. Ricordiamo che R[X], anello dei polinomi a coefficienti in un campo, è un PID, quindi gli ideali
massimali di R[X] sono del tipo (f (X)) con f (X) ∈ R[X] irriducibile. Per il teorema di corrispondenza, gli ideali
massimali di R[X]/(X 4 − 1) sono in corrispondenza biunivoca canonica con gli ideali massimali di R[X] contenenti
(X 4 −1), cioè coi polinomi irriducibili f (X) ∈ R[X] che dividono X 4 −1 (ricordiamo che se A è un PID e a, b ∈ A allora
(a) ⊆ (b) se e solo se b divide a). Siccome X 4 − 1 = (X 2 − 1)(X 2 + 1) = (X + 1)(X − 1)(X 2 + 1) e X + 1, X − 1, X 2 + 1
sono irriducibili in R[X], gli ideali massimali di R[X]/(X 4 − 1) sono tre:
(X + 1)/(X 4 − 1),
(X − 1)/(X 4 − 1),
(X 2 + 1)/(X 4 − 1).
Pn
2.2.20. Sia f (X) = i=0 ai X i ∈ Z[X] un polinomio primitivo, e supponiamo che esista un primo p tale p non divide
an e f (X) è irriducibile modulo p. Mostrare che f (X) è irriducibile in Q[X].
Una curiosità: il polinomio X 4 − 10X 2 + 4 è irriducibile su Z ma è riducibile modulo p per ogni primo p (il suo
gruppo di Galois non contiene 4-cicli).
Risoluzione. Per il lemma di Gauss, f (X) essendo primitivo è irriducibile in Q[X] se e solo se è irriducibile in
Z[X]. Mostriamo che f (X) è irriducibile in Z[X]. Supponiamo che f (X) = P (X)Q(X) con P (X), Q(X) ∈ Z[X].
Siano b, c rispettivamente i coefficienti del termine di grado massimo di P (X), Q(X). Allora bc = an , quindi p non
divide b né c. Quindi i polinomi ridotti modulo p, P (X), Q(X) hanno lo stesso grado di P (X), Q(X) rispettivamente.
Siccome f (X) ∈ Fp [X] è irriducibile, uno tra P (X), Q(X) ha grado zero, quindi uno tra P (X), Q(X) ha grado zero
in Z[X]. Siccome f (X) = P (X)Q(X) è primitivo segue che uno tra P (X), Q(X) è uguale a uno dei polinomi costanti
1, −1, cioè è invertibile in Z[X].
2.2.21. Mostrare che il polinomio P (X) = (X 2 − 2)(X 2 − 3)(X 2 − 6) non ha zeri in Z ma ha zeri in Fp per ogni primo
p.
Risoluzione. Sia p un primo. Dobbiamo mostrare che P (X) ha uno zero modulo p. Ovviamente questo è vero
se p ∈ {2, 3}, quindi ora supponiamo p 6= 2, 3. Consideriamo G := {x2 : x ∈ Fp ∗ }, dove Fp ∗ denota il gruppo
moltiplicativo Fp − {0}. Osserviamo che siccome p 6= 2, 3, si ha 2, 3 ∈ Fp ∗ . Abbiamo visto nell’esercizio 1.1.16 che G
è un sottogruppo di Fp ∗ di indice 2, quindi se x, y ∈ Fp − {0} non appartengono a G (cioè non sono quadrati) allora
x ≡ y mod (G), cioè xG = yG, e quindi xyG = xGyG = xGxG = x2 G = G, cioè xy ∈ G, cioè il prodotto xy è un
quadrato. Per concludere basta applicare questo ragionamento a x = 2 e y = 3: se 2 e 3 non sono quadrati modulo p
allora 2 · 3 = 6 è un quadrato modulo p. E questo è equivalente a dire che P (X) ha uno zero modulo p.
2.2.22. Utilizzando il criterio di Eisenstein dimostrare che P (X) = X 4 + X 3 + X 2 + X + 1 è irriducibile in Q[X].
Risoluzione. Osserviamo che basta mostrare che P (X + 1) è irriducibile. Infatti se questo è vero e P (X) =
Q(X)R(X) con Q(X), R(X) ∈ Q[X] allora S(X) := P (X + 1) = Q(X + 1)R(X + 1) e quindi siccome P (X + 1) è
irriducibile uno tra Q(X + 1) e R(X + 1) ha grado zero, diciamo senza perdita di generalità che Q(X + 1) ha grado
78
MARTINO GARONZI
zero, Q(X + 1) = a ∈ Q. Allora Q(X)R(X) = P (X) = S(X − 1) = aR(X), da cui Q(X) = a ha grado zero. Abbiamo
P (X + 1) = (X + 1)4 + (X + 1)3 + (X + 1)2 + (X + 1) + 1 = X 4 + 5X 3 + 10X 2 + 10X + 5.
Questo polinomio è irriducibile per il criterio di Eisenstein applicato al primo 5.
2.2.23. Quanti sono i polinomi irriducibili di grado 2 in F2 [X]? E in F3 [X]?
Risoluzione. I polinomi di grado 2 in F2 [X] sono:
X 2 , X 2 + 1, X 2 + X, X 2 + X + 1.
Siccome X 2 = X · X, X 2 + 1 = (X + 1)2 e X 2 + X = X(X + 1), l’unico polinomio irriducibile di grado 2 in F2 [X] è
X 2 + X + 1 (tale polinomio è irriducibile in F2 [X] perché ha grado 2 e non ha zeri in F2 ).
I polinomi di grado 2 in F3 [X] sono:
X 2 , X 2 + 1, X 2 + 2, X 2 + X, X 2 + 2X, X 2 + X + 1, X 2 + X + 2, X 2 + 2X + 1, X 2 + 2X + 2.
Un polinomio di grado 2 è irriducibile in F3 [X] se e solo se non ammette zeri in F3 , quindi sostituendo 0, 1, 2 ∈ F3
otteniamo che i polinomi irriducibili di grado 2 in F3 [X] sono X 2 + 1, X 2 + X + 2 e X 2 + 2X + 2.
È tempo per una digressione. Sia µ : N − {0} → N − {0} la funzione definita come segue: µ(1) = 1, µ(n) = 0 se
n è diviso da quadrati non invertibili, µ(n) = (−1)k se n è il prodotto di k primi a due a due distinti. µ si chiama
“la funzione di Moebius classica”.
P Si può dimostrare che se p è un numero primo, il numero di polinomi irriducibili di
grado n in Fp [X] è uguale a n1 d|n µ( nd )pd .
2.2.24. Sia K un campo e sia f (X) ∈ K[X] irriducibile. Sia ϕ : K → F = K[X]/(f (X)) definita da
Pnϕ(a) :=
a + (f (X)). Mostrare che F è un campo e che ϕP
è un omomorfismo iniettivo di anelli. Scriviamo f (X) = i=0 ai X i
n
con a1 , . . . , an ∈ K. Trovare uno zero di g(Y ) = i=0 ϕ(ai )Y i ∈ F [Y ] in F .
Risoluzione. F è un campo perché è il quoziente del PID K[X] modulo l’ideale generato da un polinomio
irriducibile (in un PID un ideale generato da un elemento irriducibile è massimale). ϕ : K → F è un omomorfismo
perché è la restrizione a K della proiezione canonica K[X] → K[X]/(f (X)), ed è iniettivo perché K è un campo (in
generale se f : A → B è un omomorfismo di anelli commutativi unitari e A è un campo allora f è iniettiva, infatti
il suo nucleo è un ideale di A diverso da A, che è un campo, e quindi è l’ideale nullo). Uno zero di g(X) in F è
α := X + (f (X)). Infatti si ha
g(α) = g(X + (f (X))) =
n
X
i=0
(ai + f (X))(X + f (X))i =
n
X
ai X i + (f (X)) = f (X) + (f (X)) = (f (X)) = 0 ∈ F.
i=0
2.2.25. Sia f (X) ∈ Z[X] un polinomio tale che f (a) è primo per ogni a ∈ Z. Mostrare che f (X) è un polinomio
costante.
Risoluzione. Sappiamo che f (0) è un numero primo, chiamiamolo p. Raccogliendo X in f (X) ove possibile (in
altre parole, effettuando la divisione con resto di f (X) per X) troviamo un unico polinomio g(X) ∈ Z[X] tale che
f (X) = Xg(X) + f (0) = Xg(X) + p. Sia a un intero qualsiasi. Allora f (ap) = apg(p) + p = p(ag(p) + 1), quindi p
divide f (ap). Siccome f (ap) è un numero primo deduciamo che f (ap) = ±p. Quindi ci sono infiniti interi a tali che
f (ap) = p, oppure ci sono infiniti interi a tali che f (ap) = −p. Ne segue che uno dei polinomi f (X) + p, f (X) − p ha
infiniti zeri, quindi è il polinomio nullo. Siccome f (0) = p, segue che f (X) è il polinomio costante p.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
79
2.2.26. Siano f (X) = X 2 + 3X + 3, g(X) = X + 3 in A = Z[X]. Mostrare che gli ideali (f (X)), (g(X)) sono primi e
non massimali in A e che l’ideale (f (X)) + (g(X)) è massimale in A.
Risoluzione. Osserviamo che f (X), g(X) sono irriducibili in A (f (X) ha grado 2 e non ha zeri in Z, e g(X) ha
grado 1). Da questo segue immediatamente che (f (X)) e (g(X)) sono ideali primi di A. Infatti in generale se P (X) è un
polinomio irriducibile di Z[X] allora (P (X)) è un ideale primo: se a(X), b(X) ∈ Z[X] sono tali che a(X)b(X) ∈ (P (X))
allora P (X) divide a(X)b(X), e siccome P (X) è irriducibile e Z[X] è un U.F.D. (un dominio fattoriale), P (X) è primo
quindi divide uno tra a(X) e b(X) che quindi appartiene a (P (X)).
Osserviamo che f (X), g(X) sono irriducibili modulo 2, quindi (f (X), 2) e (g(X), 2) sono ideali massimali di Z[X]
(cf. l’esercizio 2.2.13) e contengono (f (X)), (g(X)) propriamente (gli elementi di questi ideali hanno grado maggiore
o uguale di rispettivamente 2 e 1, mentre il polinomio 2 ha grado zero), quindi (f (X)) e (g(X)) non sono massimali.
Osserviamo che f (X) = X(X + 3) + 3 = Xg(X) + 3 e quindi (f (X)) + (g(X)) = (f (X), g(X)) contiene 3, quindi
contiene g(X) − 3 = X, quindi contiene l’ideale (X, 3). Viceversa (X, 3) contiene (f (X), g(X)) essendo g(X) = X + 3 e
f (X) = Xg(X) + 3, quindi (f (X)) + (g(X)) = (X, 3). Come visto per esempio nell’esercizio 2.2.13 si ha Z[X]/(X, 3) ∼
=
F3 (cf. sotto per la trattazione specifica) e quindi (X, 3) è un ideale massimale di Z[X].
Mostriamo che in generale se p è un primo e a ∈ Z allora Z[X]/(X − a, p) ∼
= Z/pZ. Consideriamo l’omomorfismo
di anelli
γ : Z[X] → Z/pZ, γ(f (X)) := f (a) + pZ.
Si tratta della composizione della valutazione in a con la proiezione canonica Z → Z/pZ. Il suo nucleo è
ker(γ) = {f (X) ∈ Z[X] | f (a) + pZ = pZ} = {f (X) ∈ Z[X] | p|f (a)}.
Dimostriamo che ker(γ) = (p, X − a).
• Mostriamo che ker(γ) ⊆ (p, X − a). Sia f (X) ∈ ker(γ). Allora p divide f (a), quindi esiste c ∈ Z con f (a) = pc.
Ne segue che il polinomio f (X)−pc ammette a come zero, quindi effettuando la divisione con resto di f (X)−pc
con X − a, che è monico, riusciamo a scrivere f (X) − pc = (X − a)g(X) per qualche g(X) ∈ Z[X]. Ma allora
f (X) = g(X)(X − a) + pc ∈ (p, X − a).
• Mostriamo che (p, X − a) ⊆ ker(γ). Sia h(X) = f (X)p + g(X)(X − a) un generico elemento di (p, X − a), con
f (x), g(x) ∈ Z[X] (cf. l’esercizio 2.1.13). Si ha h(a) = f (a)p + g(X) · 0 = f (a)p ∈ pZ, da cui h(X) ∈ ker(γ).
L’omomorfismo γ è suriettivo in quanto se n + pZ ∈ Z/pZ allora γ(n) = n + pZ. Segue dal teorema di isomorfismo
per gli anelli che Z[X]/(p, X − a) ∼
= Z/pZ.
2.2.27. Trovare un ideale I di R = F2 [X]/(X 4 + 1) tale che R/I ∼
= F2 [X]/(X 2 + 1).
Risoluzione. Osserviamo che X 4 + 1 = (X + 1)4 = (X 2 + 1)2 . Scegliamo I = (X 2 + 1)/(X 4 + 1). Per il terzo
teorema di isomorfismo per gli anelli si ha
R/I =
F2 [X]/(X 4 + 1) ∼ F2 [X]
.
=
(X 2 + 1)/(X 4 + 1)
(X 2 + 1)
2.2.28. Sia I := {2f (X) | f (X) ∈ Z[X]}. Mostrare che I è un ideale di Z[X]. È primo? È massimale?
Risoluzione. La riduzione modulo 2 fornisce un omomorfismo suriettivo Z[X] → F2 [X], e il suo nucleo è I. Ne
segue che Z[X]/I ∼
= F2 [X] è un anello di polinomi su un campo, quindi è un dominio di integrità ma non un campo.
Ne segue che I è un ideale primo non massimale di Z[X].
2.2.29. Trovare tutti gli ideali (specificando quali sono primi e quali massimali), tutti gli elementi invertibili, idempotenti e nilpotenti dei seguenti anelli:
A = F2 [X]/(X 2 + X + 1),
B = F2 [X]/(X 2 + 1),
C = F2 [X]/(X 3 + 1),
È vero che questi quattro anelli sono non isomorfi a due a due? Qual è la loro cardinalità?
D = F2 [X]/(X 3 + X).
80
MARTINO GARONZI
Risoluzione. Sia F = F2 . Osserviamo che i nostri quattro anelli sono della forma F [X]/(f (X)) con f (X) un
polinomio a coefficienti in F , e gli ideali di un tale anello, per il teorema di corrispondenza, sono in corrispondenza
biunivoca canonica con gli ideali di F [X] contenenti (f (X)). Ora, siccome F [X] è un PID, gli ideali di F [X] contenenti
(f (X)) sono della forma (g(X)) dove g(X) divide f (X). In altre parole gli ideali di F [X]/(f (X)) sono in corrispondenza
biunivoca coi polinomi g(X) ∈ F [X] che dividono f (X).
Ogni elemento di F [X]/(f (X)) si può scrivere nella forma P (X)+(f (X)) con P (X) polinomio di grado strettamente
minore di n = deg(f (X)) (per vederlo uno esegue la divisione con resto di P (X) per f (X) ottenendo P (X) =
Q(X)f (X) + R(X) con deg(R(X)) < deg(f (X)) e osserva che P (X) + (f (X)) = Q(X)f (X) + R(X) + (f (X)) =
R(X) + (f (X))). Un polinomio a coefficienti in F2 di grado minore di n è del tipo a0 + a1 X + · · · + an−1 X n−1 ,
quindi i polinomi di F2 [X] di grado minore di n sono esattamente 2n (ho due scelte per ogni coefficiente ai ∈ F2 ,
i = 0, . . . , n − 1). In particolare F [X]/(f (X)) è un anello finito di cardinalità 2n . Ne segue che:
• Siccome X 2 + X + 1 è irriducibile in F2 [X], gli ideali di A sono
{0}, A.
A ha due ideali. Quindi A è un campo con 22 = 4 elementi.
• Siccome X 2 + 1 = (X + 1)2 in F2 [X], gli ideali di B sono
{0}, B, (X + 1)/(X 2 + 1).
B ha tre ideali. B ha 22 = 4 elementi.
• Siccome X 3 + 1 = (X + 1)(X 2 + X + 1) in F2 [X] e X 2 + X + 1 è irriducibile, gli ideali di C sono
{0}, C, (X + 1)/(X 3 + 1), (X 2 + X + 1)/(X 3 + 1).
C ha quattro ideali. C ha 23 = 8 elementi.
• Siccome X 3 + X = X(X + 1)2 in F2 [X], gli ideali di D sono
{0}, D, (X)/(X 3 + X), (X + 1)/(X 3 + X), (X(X + 1))/(X 3 + X), ((X + 1)2 )/(X 3 + X).
D ha sei ideali. D ha 23 = 8 elementi.
Osserviamo che il numero di ideali di A, B, C, D è sempre diverso (due, tre, quattro, sei), quindi A, B, C, D sono a
due a due non isomorfi (!).
Osserviamo che siccome B, C, D hanno più di due ideali, non sono campi. Per il teorema cinese del resto (esercizio
2.1.3) si ha inoltre
F2 [X]
F2 [X]
F2 [X]
∼
∼
×
C=
=
= F2 × A,
((X + 1)(X 2 + X + 1))
(X + 1) (X 2 + X + 1)
D=
F2 [X]
∼ F2 [X] × F2 [X] ∼
=
= F2 × B.
(X(X + 1)2 )
(X)
((X + 1)2 )
Siccome A è un campo, non ha elementi nilpotenti diversi da zero, i suoi elementi idempotenti sono zeri di Y 2 − Y
e quindi sono 0 = (X 2 + X + 1) e 1 + (X 2 + X + 1), e i suoi elementi invertibili sono i tre elementi diversi da zero.
Elenchiamo per chiarezza gli elementi di A. Sia IA = (X 2 + X + 1). Allora
A = {IA , 1 + IA , X + IA , X + 1 + IA }.
Elenchiamo ora gli elementi di B. Sia IB = (X 2 + 1).
B = {IB , 1 + IB , X + IB , X + 1 + IB }.
Chiaramente IB è nilpotente e idempotente e 1 + IB è idempotente. Si ha
(X + 1 + IB )2 = (X + 1)2 + IB = 0 + IB ,
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
81
per cui X + 1 + IB è nilpotente e quindi non invertibile e non idempotente. Inoltre
(X + IB )2 = X 2 + IB = 1 + X 2 + 1 + IB = 1 + IB ,
quindi X + IB è non idempotente, invertibile e quindi non nilpotente.
Osserviamo ora che in un anello del tipo R × S dove R, S sono anelli commutativi unitari, un elemento nilpotente/invertibile/idempotente è della forma (r, s) dove r, s sono entrambi nilpotenti/invertibili/idempotenti. Nel
seguito ricordiamo che F2 ha un invertibile, un nilpotente e due idempotenti.
Siccome A ha tre invertibili, due idempotenti e un nilpotente, C ∼
= F2 × A ha tre invertibili, quattro idempotenti e
un nilpotente. Ora li troviamo esplicitamente. Elenchiamo gli elementi di C. Sia IC = (X 3 + 1). Allora
C = {IC , 1 + IC , X + IC , X + 1 + IC , X 2 + IC , X 2 + 1 + IC , X 2 + X + IC , X 2 + X + 1 + IC }.
Chiaramente IC è nilpotente, non invertibile e idempotente e 1 + IC è non nilpotente, invertibile e idempotente. Gli
elementi nilpotenti di C sono della forma P (X) + IC dove una opportuna potenza di P (X) è zero modulo IC , cioè
è divisibile per X 3 + 1 = (X + 1)(X 2 + X + 1). Siccome X 3 + 1 si decompone in due fattori irriducibili distinti, se
divide una potenza P (X)k allora ogni suo fattore divide P (X), in altre parole X 3 + 1 divide P (X), in altre parole
P (X) + IC = 0. Questo dimostra che in C lo zero è l’unico elemento nilpotente. Per l’algoritmo euclideo sappiamo
che P (X) + IC è invertibile se e solo se P (X) e X 3 + 1 sono coprimi, e quindi U (C) = {1 + IC , X + IC , X 2 + IC }. Gli
elementi idempotenti di C sono della forma P (X) + IC dove P (X)2 + IC = P (X) + IC , in altre parole X 3 + 1 divide
P (X)2 − P (X) = P (X)(P (X) − 1). IC , 1 + IC sono idempotenti (lo sappiamo), X + IC non è idempotente perché
X 3 + 1 non divide X 2 − X, X + 1 + IC non è idempotente perché X 3 + 1 non divide (X + 1)2 − (X + 1) = X 2 − X,
X 2 + IC non è idempotente perché X 3 + 1 non divide (X 2 )2 − X 2 = X 4 + X 2 = X(X 3 + 1) + X 2 + X, X 2 + 1 + IC
non è idempotente perché X 3 + 1 non divide (X 2 + 1)2 = X 4 + 1 = X(X 3 + 1) + X + 1, X 2 + X + IC è idempotente
perché X 3 + 1 divide (X 2 + X)2 − (X 2 + X) = X 4 + X 2 − X 2 − X = X(X 3 + 1), e X 2 + X + 1 + IC è idempotente
perché X 3 + 1 divide (X 2 + X + 1)2 − (X 2 + X + 1) = X 4 − X = X(X 3 + 1).
Siccome B ha due invertibili, due idempotenti e due nilpotenti, D ∼
= F2 × B ha due invertibili, quattro idempotenti
e due nilpotenti. Ora li troviamo esplicitamente. Elenchiamo gli elementi di D. Sia ID = (X 3 + 1). Allora
D = {ID , 1 + ID , X + ID , X + 1 + ID , X 2 + ID , X 2 + 1 + ID , X 2 + X + ID , X 2 + X + 1 + ID }.
Chiaramente ID è nilpotente, non invertibile e idempotente e 1 + ID è non nilpotente, invertibile e idempotente. Gli
elementi nilpotenti di D sono della forma P (X) + ID dove una opportuna potenza di P (X) è zero modulo ID , cioè è
divisibile per X 3 + X = X(X + 1)2 . Quindi gli elementi nilpotenti di D sono ID e X(X + 1) + ID . Per l’algoritmo
euclideo sappiamo che P (X) + ID è invertibile in D se e solo se P (X) e X 3 + X sono coprimi, e quindi U (D) =
{1 + ID , X 2 + X + 1 + ID }. Gli elementi idempotenti di D sono della forma P (X) + ID dove P (X)2 + ID = P (X) + ID ,
in altre parole X 3 + X divide P (X)2 − P (X) = P (X)(P (X) − 1). ID e 1 + ID sono idempotenti (lo sappiamo), X + ID
non è idempotente perché X 3 + X non divide X 2 − X, X + 1 + ID non è idempotente perché X 3 + X non divide
(X + 1)2 − (X + 1) = X 2 − X, X 2 + ID è idempotente perché X 3 + X divide (X 2 )2 − X 2 = X 2 (X 2 + 1), X 2 + 1 + ID
è idempotente perché X 3 + X divide (X 2 + 1)2 − (X 2 + 1) = X 4 − X 2 = X 2 (X 2 + 1), X 2 + X + ID non è idempotente
perché X 3 + X non divide (X 2 + X)2 − (X 2 + X) = X 4 + X 2 − X 2 − X = X(X 3 + X) + X 2 + X, e X 2 + X + 1 + ID
non è idempotente perché X 3 + X non divide (X 2 + X + 1)2 − (X 2 + X + 1) = X 4 − X = X(X 3 + X) + X 2 + X.
2.2.30. Trovare f (X), g(X) ∈ Q[X] tali che f (X)(X 8 − 1) + g(X)(X 6 − 1) = M CD(X 8 − 1, X 6 − 1).
Risoluzione. Si può procedere con l’algoritmo di Euclide come nell’esercizio 2.1.20. Un altro modo è osservare che
X 2 − 1 divide sia X 6 − 1 che X 8 − 1 (questo volendo si può dedurre dal teorema di Ruffini operando la sostituzione
Y = X 2 ) e X 8 − 1 − X 2 (X 6 − 1) = X 2 − 1. Quindi abbiamo f (X) = 1 e g(X) = −X 2 .
82
MARTINO GARONZI
2.2.31. Discutere la riducibilità dei seguenti polinomi su Q:
3X 5 + 18X 2 + 24X + 6,
7X 3 + 12X 2 + 3X + 45,
2X 10 + 25X 3 + 10X 2 − 30.
Risoluzione. Per il primo, dopo aver raccolto il fattore comune 3, basta applicare il criterio di Eisenstein a 2,
per il terzo basta applicarlo a 5. Il criterio di Eisenstein non si applica al secondo polinomio perché 32 divide 45. Se
mostriamo che il secondo polinomio è irriducibile modulo 2 potremo dedurre che è irriducibile su Z. Siamo quindi
ridotti a mostrare che P (X) = X 3 + X + 1 è irriducibile su F2 , e siccome si tratta di un polinomio di grado 3 basta
mostrare che non ha zeri in F2 . Questo segue dal fatto che P (0) = 1 = P (1).
2.2.32. Sia f (X) = X 2 + X + 1 ∈ F3 [X]. Dire quanti elementi ha A = F3 [X]/(f (X)), e verificare se A è un dominio
di integrità.
Risoluzione. Sia P (X) + (f (X)) ∈ A. Effettuando la divisione con resto di P (X) con f (X) otteniamo P (X) =
Q(X)f (X) + R(X) con R(X) = 0 oppure R(X) ha grado minore di deg(f (X)) = 2. Ne segue che P (X) + (f (X)) =
Q(X)f (X) + R(X) + (f (X)) = R(X) + (f (X)) e quindi ogni elemento di A si può scrivere come P (X) + (f (X)) con
P (X) di grado minore di 2. In altre parole P (X) = aX + b con a, b ∈ F3 . I polinomi di questo tipo sono 32 (abbiamo
tre scelte per ognuno dei coefficienti a, b) e quindi |A| = 32 = 9. Inoltre f (X) si decompone come (X + 2)2 e quindi A
non è un dominio di integrità, infatti X + 2 + (f (X)) 6= 0 ma (X + 2 + (f (X)))2 = (X + 2)2 + (f (X)) = (f (X)) = 0.
2.2.33. Fattorizzare i polinomi
X 2 + 1, X 3 + 1, X 4 + 1, X 5 + 1
in
Z[X], Q[X], R[X], C[X], Fp [X]
per ogni primo p minore di 20.
Risoluzione. Osserviamo che si tratta di quattro polinomi monici, in particolare primitivi, quindi sono irriducibili
su Q se e solo se lo sono su Z. X 2 + 1 è irriducibile su Z perché non ha zeri in Z. X 3 + 1 = (X + 1)(X 2 − X + 1)
e X 2 − X + 1 è irriducibile su Z (questo lo si vede usando il teorema di Ruffini e la classica formula di risoluzione
delle equazioni polinomiali di secondo grado). Per mostrare che P (X) = X 4 + 1 è irriducibile su Z mostriamo il fatto
equivalente che P (X + 1) è irriducibile. Si ha
P (X + 1) = (X + 1)4 + 1 = X 4 + 4X 3 + 6X 2 + 4X + 2,
e il criterio di Eisenstein si può applicare al primo 2. Si ha X 5 + 1 = (X + 1)(X 4 − X 3 + X 2 − X + 1) e per mostrare
che X 4 − X 3 + X 2 − X + 1 è irriducibile su Z basta mostrare che è irriducibile modulo 2. Siamo quindi ridotti a
mostrare che Q(X) = X 4 + X 3 + X 2 + X + 1 è irriducibile modulo 2. Siccome Q(X) non ha zeri in F2 , per il teorema
di Ruffini non ha fattori di grado 1. Dobbiamo ancora esaminare la possibilità che sia
X 4 + X 3 + X 2 + X + 1 = (aX 2 + bX + c)(dX 2 + eX + f ).
Se questo è vero allora in particolare a, d, c, f 6= 0 e quindi a = d = c = f = 1. Sviluppando il prodotto otteniamo
allora
X 4 + X 3 + X 2 + X + 1 = X 4 + (b + e)X 3 + beX 2 + (b + e)X + 1,
otteniamo quindi b + e = 1 e be = 1. Da be = 1 segue b 6= 0 6= e, quindi b = e = 1 e questo contraddice b + e = 1.
X 4 + 1 si fattorizza su C come
(X − eiπ/4 )(X − ei3π/4 )(X − ei5π/4 )(X − ei7π/4 ).
Per dedurre la fattorizzazione su R basta accoppiare le radici coniugate, eiπ/4 , ei7π/4 e ei3π/4 , ei5π/4 . Otteniamo
√
√
X 4 + 1 = [(X − eiπ/4 )(X − ei7π/4 )] · [(X − ei3π/4 )(X − ei5π/4 )] = (X 2 − 2X + 1) · (X 2 + 2X + 1).
X 5 + 1 si fattorizza su C come
(X − eiπ/5 )(X − ei3π/5 )(X − ei5π/5 )(X − ei7π/5 )(X − ei9π/5 ).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
83
Per dedurre la fattorizzazione su R basta isolare la radice reale, ei5π/5 = −1, e accoppiare le radici coniugate, eiπ/5 ,
ei9π/5 e ei3π/5 , ei7π/5 . Otteniamo
X5 + 1
=
(X + 1) · [(X − eiπ/5 )(X − ei9π/5 )] · [(X − ei3π/5 )(X − ei7π/5 )] =
=
(X + 1) · (X 2 − 2 cos(π/5)X + 1) · (X 2 − 2 cos(3π/5)X + 1).
La seguente tabella riassume le fattorizzazioni di X 4 + 1, X 5 + 1 modulo p per ogni primo p minore di 20.
p
X4 + 1
2
(X + 1)4
2
3
(X + X + 2)(X 2 + 2X + 2)
5
(X 2 + 3)(X 2 + 2)
2
7
(X + 4X + 1)(X 2 + 3X + 1)
11 (X 2 + 3X + 10)(X 2 + 8X + 10)
13
(X 2 + 5)(X 2 + 8)
17 (X + 2)(X + 8)(X + 9)(X + 15)
19 (X 2 + 6X + 18)(X 2 + 13X + 18)
X5 + 1
(X + 1)(X + X 3 + X 2 + X + 1)
(X + 1)(X 4 + 2X 3 + X 2 + 2X + 1)
(X + 1)5
4
(X + 1)(X + 6X 3 + X 2 + 6X + 1)
(X + 1)(X + 3)(X + 4)(X + 5)(X + 9)
(X + 1)(X 4 + 12X 3 + X 2 + 12X + 1)
(X + 1)(X 4 + 16X 3 + X 2 + 16X + 1)
(X + 1)(X 2 + 4X + 1)(X 2 + 14X + 1)
4
2.2.34. Trovare un campo F e due polinomi distinti P (X), Q(X) ∈ F [X] tali che P (a) = Q(a) per ogni a ∈ F .
Risoluzione. Scegliamo F = F2 , P (X) = 0 e Q(X) = X 2 + X.
2.2.35. Polinomi e funzioni polinomiali. Sia K un campo, e sia P (X) ∈ K[X]. Definiamo fP : K → K tramite la
posizione fP (a) := P (a). fP si dice “funzione polinomiale associata a P ”. Sia K K l’insieme delle funzioni K → K.
Consideriamo la funzione
ϕ : K[X] → K K ,
P 7→ fP .
Mostrare che:
(1) ϕ è iniettiva se e solo se K è infinito;
(2) ϕ è suriettiva se e solo se K è finito.
Risoluzione. Punto (1). (⇒). Se K è finito allora |K K | = |K||K| e quindi anche K K è finito. D’altra parte K[X]
è infinito, dato che ci sono polinomi di ogni grado. Siccome ϕ va da un insieme infinito a uno finito, non può essere
iniettiva. Un altro modo di vederlo era il seguente. Ogni a ∈ K diverso da zero appartiene al gruppo moltiplicativo
K ∗ = K − {0} e quindi verifica a|K|−1 = 1, per cui ogni a ∈ K è zero di X |K| − X, quindi ϕ(X |K| − X) = ϕ(0).
(⇐). Supponiamo che K sia infinito, e siano P (X), Q(X) ∈ K[X] tali che ϕ(P (X)) = ϕ(Q(X)). Dobbiamo mostrare
che P (X) = Q(X). ϕ(P (X)) = ϕ(Q(X)) significa che P (a) = Q(a) per ogni a ∈ K, quindi il polinomio R(X) :=
P (X) − Q(X) verifica R(a) = 0 per ogni a ∈ K. Siccome K è infinito, R(X) è un polinomio che ammette infiniti zeri.
Dal teorema di Ruffini segue allora che R(X) è il polinomio nullo: R(X) = 0, in altre parole P (X) = Q(X).
Punto (2). (⇒). Supponiamo che K sia infinito. Consideriamo la funzione f : K → K definita da f (1) = 1
e f (a) = 0 per ogni 1 6= a ∈ K. Se esistesse un polinomio P (X) ∈ K[X] tale che P (a) = f (a) per ogni a ∈ K
allora siccome K è infinito P (X) avrebbe infiniti zeri senza essere il polinomio nullo (infatti P (1) = 1 6= 0). Questo
contraddice il teorema di Ruffini. (⇐). Supponiamo che K sia finito. Osserviamo che con somma e prodotto definiti
puntualmente, K K è un anello commutativo, e ϕ è un omomorfismo di anelli. Il suo nucleo consiste Q
di tutti i polinomi
P (X) tali che P (a) = 0 per ogni a ∈ K, cioè (per il teorema di Ruffini) dei polinomi divisibili per a∈K (X − a). Ne
Q
segue che il nucleo di ϕ è l’ideale generato da Q(X) = a∈K (X − a). Osserviamo che Q(X) e X |K| − X sono entrambi
polinomi monici, hanno lo stesso grado e gli stessi zeri, tutti distinti, quindi sono uguali: Q(X) = X |K| − X. Per il
teorema di isomorfismo per gli anelli l’immagine di ϕ è isomorfa a K[X]/(X |K| − X), che è uno spazio vettoriale su
K di dimensione |K|. Ne segue che |ϕ(K[X])| = |K||K| = |K K | e quindi ϕ(K[X]) = K K , cioè ϕ è suriettiva.
84
MARTINO GARONZI
2.2.36. Sia ψ ∈ C una radice primitiva terza dell’unità. Sapendo che Z[ψ] è un dominio a fattorizzazione unica,
mostrare che l’equazione X 3 + Y 3 = Z 3 non ammette soluzioni intere non nulle in X, Y, Z. Questo è un caso
particolare del teorema di Fermat-Wiles.
2.3. Campi finiti.
2.3.1. Sappiamo che il gruppo moltiplicativo degli elementi non nulli di un campo finito è ciclico. Questo è vero anche
per campi infiniti? Suggerimento: qual è la cardinalità di un gruppo ciclico infinito?
Risoluzione. Ogni gruppo ciclico infinito è isomorfo a (Z, +). Infatti se G = hgi è un gruppo ciclico infinito
allora G → (Z, +), g n 7→ n è un isomorfismo di gruppi. Ne segue che ogni gruppo ciclico infinito è numerabile. Il
gruppo moltiplicativo R∗ degli elementi non nulli di R non può essere ciclico perché non è numerabile. Mostriamo
che nemmeno Q∗ , il gruppo moltiplicativo del campo Q, è ciclico. Se per assurdo fosse ciclico allora detto a un suo
generatore avremmo an = −1 per qualche n ∈ N, quindi 1 = |an | = |a|n , cioè |a| = 1, quindi a ∈ {1, −1} ha ordine 1
o 2, assurdo.
2.3.2. Fare un esempio di campo con otto elementi.
Risoluzione. Sia F := F2 [X]/(X 3 + X + 1). Il polinomio X 3 + X + 1 è irriducibile in F2 [X] perché ha grado 3 e
non ha zeri in F2 . Quindi l’ideale che genera nel PID F2 [X] è massimale e quindi F è un campo. Sappiamo che F è
uno spazio vettoriale su F2 di dimensione uguale al grado di X 3 + X + 1, cioè 3, e quindi |F | = 23 = 8.
2.3.3. Mostrare che F := F5 [X]/(X 2 + 2) è un campo. Quanti elementi ha? Trovare un generatore per il gruppo
moltiplicativo ciclico F ∗ = F − {0}.
Risoluzione. Per mostrare che F è un campo basta mostrare che f (X) = X 2 + 2 è irriducibile in F5 [X] (cf.
2.1.31). f (X) è irriducibile perché ha grado 2 e non ha zeri in F5 . F è un F5 -spazio vettoriale di dimensione 2 quindi
ha 52 = 25 elementi. Il gruppo moltiplicativo F ∗ = F − {0}, di ordine 25 − 1 = 24, essendo il gruppo moltiplicativo
di un campo finito, è ciclico. Troviamone un generatore. α := X + (X 2 + 2) ∈ F è uno zero di f (X) (cf. l’esercizio
2.2.24), in altre parole α2 = 3. Elenchiamo le potenze di α. Si ha
α1 = α, α2 = 3, α3 = 3α, α4 = 4, α5 = 4α, α6 = 2, α7 = 2α, α8 = 1.
Ne segue che l’ordine di α è 8. Ora consideriamo l’elemento α + 1 (che non abbiamo ancora citato) ed elenchiamone
le potenze. Si ha (α + 1)2 = 2α + 4, (α + 1)3 = α. Quindi α + 1 ha ordine 3 modulo hαi. Siccome (α + 1)3 = α ha
ordine 8, ne segue che α + 1 ha ordine 24, cioè genera il gruppo moltiplicativo ciclico F ∗ .
2.3.4. Mostrare che F := F2 [X]/(X 4 + X + 1) è un campo. Quanti elementi ha? Trovare un generatore del gruppo
moltiplicativo ciclico F ∗ = F − {0}.
Risoluzione. Per mostrare che F è un campo basta mostrare che f (X) = X 4 + X + 1 è irriducibile in F2 [X] (cf.
2.1.31). f (X) non ha fattori di grado 1 perché non ha radici in F2 (cf. il teorema di Ruffini). Per concludere che
f (X) è irriducibile basta mostrare che non si decompone come prodotto di due polinomi di grado 2. Siano quindi
a, b, c, d ∈ F2 con
X 4 + X + 1 = (X 2 + aX + b)(X 2 + cX + d).
Sviluppando e uguagliando i coefficienti otteniamo che a + c = 0, d + ac + b = 0, ad + bc = 1 e bd = 1. Da bd = 1
segue b 6= 0 6= d e quindi b = d = 1. Quindi siccome c = −a otteniamo che 0 = d − a2 + b = a2 , per cui a = c = 0.
Questo contraddice ad + bc = 1. Per cui F è un campo. F è un F2 -spazio vettoriale di dimensione 4 quindi ha 24 = 16
elementi. Il gruppo moltiplicativo F ∗ = F − {0}, di ordine 16 − 1 = 15, essendo il gruppo moltiplicativo di un campo
finito, è ciclico. Troviamone un generatore. Sia α := X + (f (X)) ∈ F . Osserviamo che α è uno zero di f (X) (cf.
l’esercizio 2.2.24), in altre parole α4 = α + 1. Elenchiamo le potenze di α:
α0 = 1, α1 = α, α2 , α3 6= 1, α4 = α + 1, α5 = α2 + α 6= 1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
85
Siccome α è un elemento di un gruppo ciclico di ordine 15 e non ha ordine 3 né 5, deve avere ordine 15 e quindi genera
F ∗.
2.3.5. Sia K un campo e sia F l’intersezione dei suoi sottocampi (il suo campo primo, o sottocampo fondamentale).
Mostrare che ogni omomorfismo di anelli ϕ : K → K verifica ϕ(a) = a per ogni a ∈ F .
Ricordo che se K ha caratteristica p > 0 allora F ∼
= Fp , e se K ha caratteristica zero allora F ∼
= Q.
Risoluzione. F è il sottocampo di K generato da {0, 1}, quindi è l’insieme degli elementi della forma n · m−1
dove n, m sono somme di uni (cioè elementi della forma 1 + 1 + · · · + 1) e m 6= 0. Siccome ϕ(1) = 1 e ϕ rispetta le
somme (è un omomorfismo) si ha anche ϕ(n) = n e ϕ(m) = m. Siccome ϕ è un omomorfismo segue che ϕ(n · m−1 ) =
ϕ(n) · ϕ(m)−1 = n · m−1 .
2.3.6. Siano p un numero primo, n un intero positivo. Indichiamo con GL(n, p) il gruppo degli isomorfismi lineari
Fp n → Fp n con la composizione (fissata una base dello spazio, si tratta del gruppo delle matrici n × n invertibili a
coefficienti in Fp ). Mostrare che nel gruppo GL(n, p) esiste un elemento di ordine pn − 1. Trovare esplicitamente un
elemento di GL(3, 3) di ordine 26. Suggerimento: considerare un campo con pn elementi.
Risoluzione. Sia F un campo con pn elementi. Sappiamo che la moltiplicazione in F induce su F una struttura
(naturale) di Fp -spazio vettoriale di dimensione n. Sappiamo quindi dall’algebra lineare che F ∼
= Fp n (isomorfismo
∗
di spazi vettoriali). Il gruppo moltiplicativo F = F − {0} è ciclico, essendo F un campo finito. Sia a ∈ F ∗ un suo
generatore: F ∗ = hai. Sia ϕ : F → F la funzione definita da ϕ(x) := ax. Si ha che ϕ è un isomorfismo di Fp -spazi
vettoriali (la verifica è standard). L’inverso di ϕ è dato da ϕ−1 : F → F , x 7→ a−1 x. La scelta di una Fp -base di F ci
permette di identificare F con Fp n per cui ϕ corrisponde a un isomorfismo lineare Fp n → Fp n , cioè a un elemento di
GL(n, p). Il suo ordine è uguale all’ordine di a in F ∗ , cioè pn − 1 (ricordo che a genera il gruppo ciclico F ∗ , che ha
ordine pn − 1).
Facciamo un esempio concreto. Sia F := F3 [X]/(X 3 + 2X + 1). F è un campo perché X 3 + 2X + 1 ∈ F3 [X] è
irriducibile (ha grado 3 e non ha zeri in F3 ). Sia a = X + (X 3 + 2X + 1) ∈ F . Allora a3 = a + 2. Vogliamo capire se
a è un generatore del gruppo F ∗ , ciclico di ordine 26. Abbiamo
a3 = a + 2, a4 = a2 + 2a, a5 = 2a2 + a + 2, a6 = a2 + a + 1, a7 = a2 + 2a + 2,
a8 = 2a2 + 2, a9 = a + 1, a10 = a2 + a, a11 = a2 + a + 2, a12 = a2 + 2, a13 = 2.
Siccome 22 = 1, deduciamo che a ha ordine 26 e quindi è effettivamente un generatore di F ∗ . Una base del F3 -spazio
vettoriale F è data da {1, a, a2 }. Vogliamo scrivere la matrice dell’isomorfismo F3 -lineare ϕ : F → F , x 7→ ax rispetto
alla base {1, a, a2 }. Abbiamo
ϕ(1) = a, ϕ(a) = a2 , ϕ(a2 ) = a3 = a + 2.
Ne segue che la matrice cercata è

0
 1
0
0
0
1

2
1 
0
Questo è un elemento di GL(3, 3) di ordine 26.
2.3.7. Esistono campi finiti algebricamente chiusi?
Risoluzione. Mostriamo che la risposta è no. Sia F un campo finito. Mostriamo che F non è algebricamente
chiuso. Scriviamo F = {a1 , . . . , an } e consideriamo il polinomio
P (X) = (X − a1 )(X − a2 ) · · · (X − an ) + 1.
Per costruzione, P (a) = 1 6= 0 per ogni a ∈ F . Quindi P (X) è un polinomio di grado positivo in F [X] senza zeri in
F , quindi F non è algebricamente chiuso.
86
MARTINO GARONZI
2.3.8. Sia K un campo di caratteristica diversa da 2 ogni cui elemento è un quadrato (cioè, per ogni a ∈ K esiste
b ∈ K con b2 = a). Mostrare che K è infinito. Riuscite ad esibire un tale K che non sia algebricamente chiuso?
Risoluzione. Sia F un campo finito. Per rispondere alla prima domanda basta mostrare che non ogni elemento
di F è un quadrato. Sia F ∗ il gruppo moltiplicativo di F . L’applicazione ϕ : F ∗ → F ∗ definita da ϕ(x) = x2 è
un omomorfismo di gruppi, essendo F ∗ un gruppo abeliano, e per il principio dei cassetti è suriettiva se e solo se è
iniettiva. Quello che dobbiamo mostrare è che ϕ non è suriettiva, quindi basta mostrare che non è iniettiva. Siccome
la caratteristica di K è diversa da 2 si ha 1 6= −1 e ϕ(1) = ϕ(−1), quindi ϕ non è iniettiva.
Un esempio di campo non algebricamente chiuso in cui ogni elemento è un quadrato è il campo dei numeri complessi
costruibili.
2.3.9. Sappiamo che se p è un primo allora il gruppo moltiplicativo Fp ∗ = Fp − {0} è ciclico. Trovarne un generatore
per ogni primo p minore di 20.
Risoluzione. Troviamo per esempio un generatore del gruppo G = F7 ∗ . Elenchiamo le potenze di 2: 2, 22 = 4,
2 = 1. Ne segue che 2 ha ordine 3 in G, che è un gruppo ciclico di ordine 6, quindi 2 non è un generatore di G.
D’altra parte 32 = 2 ha ordine 3, quindi 3 ha ordine 6 e quindi genera G. La seguente tabella riassume quali sono dei
generatori di Fp ∗ per ogni primo p minore di 20.
3
2
1
3
2
5
2
7
3
11 13 17
2 2 3
19
2
2.3.10. Trovare un campo infinito di caratteristica diversa da zero.
Risoluzione. Sia p un primo. Il campo Fp (X) = Frac(Fp [X]), il campo delle frazioni dell’anello dei polinomi
Fp [X], è infinito e ha caratteristica p.
2.4. Interi di Gauss.
2.4.1. Gli interi di Gauss. Il polinomio X 2 + 1 ∈ Z[X] è irriducibile in Z[X] (ha grado 2 e non ha zeri in Z), ed è il
nucleo della valutazione in i, cioè dell’omomorfismo vi : Z[X] → C definito da vi (P (X)) := P (i). L’immagine di vi
viene denotata con Z[i], e per il teorema di isomorfismo Z[i] ∼
= Z[X]/(X 2 +1). L’anello Z[i] si chiama “anello degli interi
di Gauss”. Si ha ovviamente Z[i] = {a+ib : a, b ∈ Z}. Z[i] è un dominio di integrità (essendo un sottoanello del campo
C). Si dimostra che Z[i] è un anello euclideo con la funzione “norma” N : Z[i] → N, N (a+ib) := (a+ib)(a−ib) = a2 +b2 .
La norma è moltiplicativa, nel senso che se α, β ∈ Z[i] allora N (αβ) = N (α)N (β). Essendo un anello euclideo, Z[i] è
in particolare un PID (dominio a ideali principali), quindi un U.F.D. (dominio a fattorizzazione unica). In particolare
gli elementi primi in Z[i] coincidono con gli elementi irriducibili. I numeri primi positivi di Z che rimangono primi in
Z[i] sono tutti e soli quelli congrui a 3 modulo 4. Il motivo è che un primo congruo a 1 modulo 4 è sempre una somma
di due quadrati e a2 + b2 = (a + ib)(a − ib).
(1) Mostrare che gli elementi invertibili di Z[i] sono tutti e soli quelli di norma 1, cioè 1, −1, i, −i.
(2) Mostrare che se un elemento α ∈ Z[i] è tale che N (α) è un numero primo allora α è irriducibile in Z[i].
(3) Dire se 1 + i, 1 + 2i, 6 + i, 10 + i sono primi in Z[i].
(4) Vale il viceversa di (2)? Cioè, è vero che se α ∈ Z[i] è irriducibile allora N (α) è un numero primo?
(5) Fattorizzare 10 in irriducibili in Z[i].
(6) Fattorizzare 73 + 14i in irriducibili in Z[i]. La sua norma è 732 + 142 = 5525 = 52 · 13 · 17.
(7) Trovare un intero che sia somma di due quadrati non nulli in almeno tre modi.
Risoluzione. Punto (1). Sia a + ib ∈ Z[i] invertibile. Allora esiste c + id ∈ Z[i] tale che (a + ib)(c + id) = 1, quindi
1 = N (1) = N ((a + ib)(c + id)) = N (a + ib)N (c + id) = (a2 + b2 )(c2 + d2 ). Segue che N (a + ib) = a2 + b2 = c2 + d2 = 1,
quindi siccome a, b, c, d ∈ Z si deve avere (a, b), (c, d) ∈ {(1, 0), (−1, 0), (0, 1), (0, −1)}. Se a = 0, b = ±1 otteniamo
a + ib = ±i, se b = 0, a = ±1 otteniamo a + ib = ±1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
87
Punto (2). Supponiamo che N (α) = p sia un numero primo, e scriviamo α = βγ con β, γ ∈ Z[i]. Dobbiamo
mostrare che uno tra β e γ è invertibile. Abbiamo p = N (α) = N (βγ) = N (β)N (γ). Siccome p è primo, uno tra N (β)
e N (γ) è uguale a 1, cioè uno tra β e γ è invertibile (cf. il punto (1)).
Punto (3). Sono tutti primi perché N (1 + i) = 2, N (1 + 2i) = 5, N (6 + i) = 37, N (10 + i) = 101 sono numeri primi.
Punto (4). Il viceversa di (2) non vale. Infatti 3 è irriducibile in Z[i] (essendo congruo a 3 modulo 4) ma N (3) = 9 non
è un numero primo. Una dimostrazione diretta del fatto che 3 è irriducibile è la seguente. Scriviamo 3 = (a+ib)(c+id)
con a, b, c, d ∈ Z. Dobbiamo mostrare che uno tra a + ib e c + id è invertibile. Prendendo le norme otteniamo
32 = N (3) = (a2 + b2 )(c2 + d2 ), quindi se a + ib, c + id non sono invertibili allora a2 + b2 6= 1 6= c2 + d2 (cf. il punto
(1)), e quindi a2 + b2 = 3. In particolare a2 , b2 ≤ 1 e da qui è facile dedurre un assurdo (ricordo che a, b ∈ Z).
Punto (5). Osserviamo che 10 = 2 · 5. Siccome 2 = 12 + 12 e 5 = 12 + 22 riusciamo a scrivere 2 = (1 + i)(1 − i)
e 5 = (1 + 2i)(1 − 2i), quindi 10 = (1 + i)(1 − i)(1 + 2i)(1 − 2i). Abbiamo scomposto 10 in quattro fattori di norme
rispettivamente 2, 2, 5, 5, numeri primi, quindi i quattro fattori trovati sono irriducibili, e quindi primi (siamo in un
U.F.D.).
Punto (6). Scriviamo 5, 13 e 17 come somme di due quadrati. Abbiamo 5 = 12 + 22 , 13 = 22 + 32 e 17 = 12 + 42 .
Ne segue che 5 = (1 + 2i)(1 − 2i), 13 = (2 + 3i)(2 − 3i) e 17 = (1 + 4i)(1 − 4i). Otteniamo che
(73 + 14i)(73 − 14i) = N (73 + 14i) = 5525 = 52 · 13 · 17 = (1 + 2i)2 (1 − 2i)2 (2 + 3i)(2 − 3i)(1 + 4i)(1 − 4i).
Abbiamo scomposto N (73 + 14i) come prodotto di fattori di norma un numero primo, quindi irriducibili. Un metodo
che funziona sempre per dedurre da questo una fattorizzazione di 73 + 14i è selezionare un fattore per ogni coppia di
fattori coniugati (qui il “coniugato” di a+ib è a + ib = a−ib). Abbiamo (1+2i)2 (2+3i)(1+4i) = (−3+4i)(−10+11i) =
−14 − 73i, e quindi
73 + 14i = i(−14 − 73i) = (−i)(1 + 2i)2 (2 + 3i)(1 + 4i) = (1 − 2i)2 (−2i − 3)(1 − 4i).
Punto (7). Usando l’uguaglianza (*) (a2 + b2 )(c2 + d2 ) = (ac + bd)2 + (ad − bc)2 possiamo considerare
(12 + 12 )(12 + 22 )(12 + 32 )(12 + 42 )(22 + 32 ) = 22100.
L’idea è che potremo usare l’uguaglianza (*) in molti modi. In effetti se la applichiamo ai fattori 1,2 e 3,4 e poi 5; 2,4
e 3,5 e poi 1; 2,5 e 3,4 e poi 1 otteniamo
22100 = 502 + 1402 = 442 + 1422 = 1242 + 822 .
Non sono sicuro che 22100 sia il minimo intero scrivibile come somma di due quadrati in tre modi diversi.
2.4.2. Sia R := Z[i] l’anello degli interi di Gauss.
(1) Sia ϕ : R → Z/2Z data da ϕ(m + in) := m + n + 2Z. Mostrare che si tratta di un omomorfismo di anelli e
trovare un generatore per l’ideale principale ker(ϕ) di R.
(2) Sia p un primo e sia θ : R → Fp [X]/(X 2 + 1) data da θ(m + in) := m + nX + (X 2 + 1). Mostrare che si tratta
di un omomorfismo suriettivo di anelli.
Risoluzione. Punto (1). È chiaro che ϕ(0) = 0 e ϕ(1) = ϕ(1 + i · 0) = 1. Siano a + ib, c + id ∈ R. Dobbiamo
mostrare che ϕ((a + ib) + (c + id)) = ϕ(a + ib) + ϕ(c + id) e che ϕ((a + ib)(c + id)) = ϕ(a + ib)ϕ(c + id). Si ha
ϕ((a + ib) + (c + id)) = ϕ((a + c) + i(b + d)) = a + c + b + d + 2Z = a + b + 2Z + c + d + 2Z = ϕ(a + ib) + ϕ(c + id),
ϕ((a + ib)(c + id)) = ϕ(ac − bd + i(ad + bc)) = ac − bd + ad + bc + 2Z,
ϕ(a + ib)ϕ(c + id) = (a + b + 2Z)(c + d + 2Z) = ac + ad + bc + bd + 2Z.
Siccome −bd = bd, otteniamo che anche ϕ((a + ib)(c + id)) = ϕ(a + ib)ϕ(c + id) e quindi ϕ è un omomorfismo di anelli.
Certamente ker(ϕ) è un ideale principale di R dato che R è un PID. Troviamone un generatore. Si tratta di scommettere
su un elemento particolarmente semplice, o “canonico”. Osserviamo che 1+i ∈ ker(ϕ), essendo ϕ(1+i) = 1+1+2Z = 0.
Poiché ker(ϕ) è un ideale, segue che (1 + i) (l’ideale di R = Z[i] generato da 1 + i) è contenuto in ker(ϕ). Per mostrare
che 1 + i è effettivamente un generatore di ker(ϕ) ci resta da mostrare che ker(ϕ) ⊆ (1 + i). Sia quindi a + ib ∈ ker(ϕ).
Allora a + b è pari. Dobbiamo trovare c + id ∈ R tale che (1 + i)(c + id) = a + ib, cioè a + ib = c − d + i(c + d), cioè
88
MARTINO GARONZI
a = c − d e b = c + d. Sommando e sottraendo queste due uguaglianze otteniamo c = (a + b)/2 e d = (b − a)/2. Ci
resta da mostrare che (a + b)/2 e (b − a)/2 sono interi, cioè appartengono a Z. Questo segue dal fatto che a + b è pari,
dato che b − a ≡ a + b mod (2) e quindi anche b − a è pari.
Punto (2). Ricordiamo che un generico elemento di A = Fp [X]/(X 2 +1) è della forma P (X)+(X 2 +1), ed effettuando
la divisione con resto di P (X) per (X 2 + 1) si può assumere che P (X) abbia grado minore di 2 (cf. l’esercizio 2.2.29).
Quindi ogni elemento di A è della forma aX + b + (X 2 + 1) con a, b ∈ Fp . Dati a, b ∈ Fp , siano m, n ∈ Z tali che
a = m + pZ e b = n + pZ. Allora θ(m + in) = a + bX + (X 2 + 1) e quindi θ è una funzione suriettiva. Mostriamo che
si tratta di un omomorfismo di anelli. Si ha θ(0) = θ(0 + i · 0) = 0 e θ(1) = θ(1 + i · 0) = 1. Siano a + ib, c + id ∈ R.
Dobbiamo mostrare che θ((a + ib) + (c + id)) = θ(a + ib) + θ(c + id) e che θ((a + ib)(c + id)) = θ(a + ib)θ(c + id). Si ha
ϕ((a + ib) + (c + id))
= ϕ((a + c) + i(b + d)) = a + c + (b + d)X + (X 2 + 1) =
=
(a + bX + (X 2 + 1)) + (c + dX + (X 2 + 1)) = ϕ(a + ib) + ϕ(c + id),
ϕ((a + ib)(c + id)) = ϕ(ac − bd + i(ad + bc)) = ac − bd + (ad + bc)X + (X 2 + 1),
ϕ(a + ib)ϕ(c + id) = (a + bX + (X 2 + 1))(c + dX + (X 2 + 1)) = ac + adX + bcX + bdX 2 + (X 2 + 1).
Siccome bdX 2 + (X 2 + 1) = −bd + (X 2 + 1) otteniamo che anche ϕ((a + ib)(c + id)) = ϕ(a + ib)ϕ(c + id).
2.4.3. In Z[i] trovare il massimo comun divisore D tra a = 3 + 6i e b = 3 + i e trovare x, y ∈ Z[i] con ax + by = D.
Risoluzione. Decomponiamo a e b in irriducibili come fatto in 2.4.1. Si ha
N (a) = 32 + 62 = 45 = 32 · 5 = 32 (2 + i)(2 − i),
N (b) = 32 + 12 = 10 = 2 · 5 = (1 + i)(1 − i)(2 + i)(2 − i).
Queste sono fattorizzazioni in irriducibili in Z[i] essendo 3 irriducibile in Z[i] (perché congruo a 3 modulo 4: cf.
l’esercizio 2.4.5) e 1+i, 1−i, 2+i, 2−i elementi la cui norma è un numero primo (cf. 2.4.1). Come fatto in 2.4.1, scegliamo
un rappresentante per ogni coppia di fattori coniugati. Abbiamo 3(1 + 2i) = a e (1 + i)(2 + i) = 1 + 3i = i(3 − i) = ib,
quindi
b = (1 + i)(2 + i)/i = (1 + i) · (2 + i) · (−i) = (1 − i)(2 − i)i = (1 + i)(2 − i).
Siccome Z[i] è un U.F.D., cioè un dominio fattoriale (essendo un PID e anzi addirittura un dominio euclideo) e
a = 3(1 + 2i) = 3i(2 − i), il massimo comun divisore tra a e b (che ricordo essere definito a meno di associati, cioè a
meno di moltiplicare per un elemento invertibile di Z[i], cioè per 1, −1, i o −i) è D = 2 − i. Ora dobbiamo trovare
x = c + id, y = e + if ∈ Z[i] tali che (c + id)(3 + 6i) + (e + if )(3 + i) = D = 2 − i. Sviluppando i prodotti e uguagliando
i coefficienti otteniamo
3c − 6d + 3e − f = 2,
6c + 3d + e + 3f = −1.
Ricavando f dalla prima e sostituendo nella seconda, dopo le semplificazioni otteniamo 3c − 3d + 2e = 1. Questa
uguaglianza è verificata se c − d = 1 e e = −1. Sostituendo e = −1 e d = c − 1 nelle varie uguaglianze troviamo
f = 1 − 3c, e ora segliendo c = 0 otteniamo d = −1, e = −1, f = 1. In conclusione
ax + by = (3 + 6i)(−i) + (3 + i)(−1 + i) = 2 − i = D.
2.4.4. Sia A := Z[i] l’anello degli interi di Gauss. Indichiamo con N (a) la norma di a ∈ A.
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
Mostrare
Mostrare
Mostrare
Mostrare
Mostrare
che
che
che
che
che
I := {a ∈ A | N (a) è pari} è un ideale primo di A.
f : Z[i] → Z/2Z, a 7→ N (a) + 2Z è un omomorfismo di anelli.
Z[i]/I ∼
= Z/2Z.
I = (1 + i).
(1 + i) è un ideale massimale di Z[i].
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
89
Risoluzione. Punto (1). 0 ∈ I perché N (0) = 0 è pari, e se x ∈ I e a ∈ A allora N (ax) = N (a)N (x) (la norma è
moltiplicativa) quindi siccome N (x) è pari (perché x ∈ I) anche N (ax) è pari e quindi ax ∈ I. Per concludere che I è
un ideale dobbiamo mostrare che se x, y ∈ I allora x + y ∈ I. Siano quindi x, y ∈ I. Scriviamo x = a + ib, y = c + id
con a, b, c, d ∈ Z. Si ha
N ((a + ib) + (c + id)) = (a + c)2 + (b + d)2 = a2 + c2 + 2ac + b2 + d2 + 2bd = 2(ac + bd) + N (a + ib) + N (c + id). (∗)
Per ipotesi x = a + ib ∈ I e y = c + id ∈ I, quindi N (a + ib), N (c + id) sono pari e quindi anche N (x + y), somma di
numeri pari (per (*)), è pari.
Punto (2). Chiaramente f (0) = 0 e f (1) = 1. Il fatto che f rispetta il prodotto segue direttamente dal fatto che la
norma è moltiplicativa. Per concludere che f è un omomorfismo di anelli dobbiamo dimostrare che se x, y ∈ A allora
f (x + y) = f (x) + f (y), cioè N (x + y) ≡ N (x) + N (y) mod (2). Questo segue da (*).
Punto (3). f è suriettiva essendo f (0) = 0 e f (1) = 1 (cioè f ({0, 1}) = Z/2Z). Siccome il nucleo di f è proprio I,
l’isomorfismo richiesto segue dal teorema di isomorfismo per gli anelli.
Punto (4). Chiaramente 1 + i ∈ I essendo N (1 + i) = 2, pari. Siccome I è un ideale segue che (1 + i) ⊆ I.
Mostriamo che (1 + i) ⊇ I. Sia x = a + ib ∈ I. Dobbiamo trovare c + id ∈ Z[i] tale che (1 + i)(c + id) = a + ib, cioè
c−d+i(c+d) = a+ib, cioè c−d = a e c+d = b. Sottraendo queste due uguaglianze troviamo −2d = a−b e sommandole
troviamo 2c = a + b. Siccome a + ib ∈ I si ha che N (a + ib) = a2 + b2 è pari e quindi anche a2 − b2 = (a + b)(a − b) è
pari (è congruo a a2 + b2 modulo 2). Ne segue che uno tra a + b, a − b è pari e quindi lo sono entrambi (sono congrui
modulo 2). Quindi i numeri (a − b)/(−2), (a + b)/2 sono interi e possiamo scegliere c = (a + b)/2, d = (a − b)/(−2).
Punto (5). I = (1 + i) è un ideale massimale di Z[i] perché Z[i]/I ∼
= Z/2Z è un campo (cf. il punto (3)).
2.4.5. Quali sono i numeri primi p irriducibili in Z[i]?
Risoluzione. Si confronti con 2.4.1. Mostriamo che i numeri primi che non sono irriducibili in Z[i] sono quelli
congrui a 3 modulo 4. Il primo 2 è riducibile in Z[i], essendo 2 = (1 + i)(1 − i) e 1 + i, 1 − i non invertibili (hanno norma
2). Sia ora p un primo dispari. Se p è riducibile allora esistono a+ib, c+id ∈ Z[i] non invertibili (cioè con norma diversa
da 1) tali che (a + ib)(c + id) = p. Prendendo le norme otteniamo (a2 + b2 )(c2 + d2 ) = p2 . Abbiamo scomposto p2 come
prodotto di due interi positivi diversi da 1, quindi siccome p è primo dev’essere a2 + b2 = c2 + d2 = p. Viceversa se p è
somma di due quadrati a2 +b2 allora ovviamente a 6= 0 6= b (essendo p un numero primo) e p = a2 +b2 = (a+ib)(a−ib) è
prodotto di due interi di Gauss non invertibili e quindi è riducibile. Concludiamo che i numeri primi che sono riducibili
in Z[i] sono quelli scrivibili come somma di due quadrati.
Mostriamo ora che un primo dispari è somma di due quadrati se e solo se è congruo a 1 modulo 4.
Sia p un primo dispari che sia somma di due quadrati, a2 + b2 = p. Siccome p è primo, p non divide né a né b.
Infatti se per esempio divide a allora p2 divide a2 e da a2 + b2 = p segue che p divide b2 e quindi divide b, quindi
p2 divide p, assurdo. Riducendo modulo p otteniamo a2 ≡ −b2 mod (p), e quindi dividendo per b2 (che è invertibile
modulo p essendo non divisibile per p) otteniamo (ab−1 + pZ)2 = −1 + pZ. Ne segue che esiste x ∈ Fp = Z/pZ con
x2 = −1. In particolare x 6= 1, inoltre x3 = x2 · x = −x 6= 1 e x4 = 1. Quindi x ha ordine 4 nel gruppo moltiplicativo
Fp ∗ . Dal teorema di Lagrange segue che 4 divide |Fp ∗ | = p − 1 e quindi p ≡ 1 mod (4).
Supponiamo ora che p sia congruo a 1 modulo 4. Allora 4 divide p−1 = |Fp ∗ |, quindi siccome Fp ∗ , in quanto gruppo
moltiplicativo di un campo finito, è ciclico, esiste a ∈ Fp ∗ di ordine 4. Quindi a2 6= 1 è zero del polinomio X 2 − 1, per
cui a2 = −1. Ne segue che a è zero del polinomio X 2 + 1 ∈ Fp [X], che quindi è riducibile. Ne segue che Fp [X]/(X 2 + 1)
non è un campo: si ha X + a + (X 2 + 1) 6= 0 ma (X + a + (X 2 + 1))(X − a + (X 2 + 1)) = X 2 + 1 + (X 2 + 1) = 0. Ma
ricordiamo (cf. l’esercizio 2.2.13) che
Z[X]
Fp [X]
Z[i] ∼
∼
.
=
=
(p)
(X 2 + 1, p)
(X 2 + 1)
Per quello che abbiamo appena detto, questi tre anelli (tra loro isomorfi) non sono campi. Quindi l’ideale (p) di Z[i]
non è massimale. Siccome Z[i] è un PID, questo significa che p non è irriducibile in Z[i]. Ora basta proseguire come
sopra: esistono a + ib, c + id non invertibili in Z[i] tali che (a + ib)(c + id) = p, da cui prendendo le norme otteniamo
che a2 + b2 = p.
90
MARTINO GARONZI
2.4.6. L’ideale (3, −1 +
√
√
−5) di Z[ −5] è principale?
√
√
Mostriamo che la risposta è no. Facciamo uso della funzione norma N√
(a + b −5) := (a + b −5)(a −
√Risoluzione.
b −5) = a2 + 5b2 ∈ N. Come
per Z[i], anche qui la norma
è moltiplicativa. Se (3, −1 + −5) fosse
√
√
√ un ideale principale
allora esisterebbe α ∈ Z[ −5] tale che (α) = (3, −1+ −5), in particolare
α
dividerebbe
3
e
−1+
−5, quindi passando
√
−5)
=
6,
quindi
N
(α)
∈
{1,
3}.
Supponiamo che
alle norme otterremmo che N (α)
dividerebbe
N
(3)
=
9
e
N
(−1
+
√
2
2
N (α) = 3. Scriviamo
α
=
a
+
b
−5
con
a,
b
∈
Z.
Otteniamo
a
+
5b
=
3,
ed
è
facile
vedere
che
questo
√
√
√
√ non è possibile.
√
Quindi (a + b −5)(a − b −5) =√N (α) = 1,√quindi α√= a + b −5 è invertibile
e
quindi
(3,
−1
+
−5)
√
√
√ = Z[ −5].
In particolare esisterebbero a√+ b −5, c +√d −5 ∈√Z[ −5] tali che 3(a + b −5) + (−1 + −5)(c + d −5)
√= 1 (cf.
l’esercizio 2.1.13), cioè 3a + b −5 − c − d −5 + c −5 − 5d = 1, in altre parole (3a − c − 5d) + (b − d + c) −5 = 1,
perciò 3a − c − 5d = 1 e 3b − d + c = 0. Sostituendo d = 3b + c nella prima otteniamo 3(a − 5b − 2c) = 1, assurdo.
√
√
2.4.7. Trovare tutti gli elementi invertibili dell’anello Z[ −5] = {a + b −5 : a, b ∈ Z}.
√
2
2
Risoluzione. Consideriamo
√ la norma in senso complesso, N (a+b −5) = a √+5b ∈ N. Come per Z[i] (l’anello degli
interi di Gauss), anche
in Z[ −5] la norma è moltiplicativa,
cioè se α, β ∈ Z[ −5] allora N (αβ) = N (α)N (β). Ora,
√
√
prendiamo α ∈ Z[ −5] invertibile. Allora esiste β ∈ Z[ −5] tale che αβ = 1, quindi 1 = N (1) = N (αβ)
√ = N (α)N (β),
quindi N (α) è un numero intero√non negativo che divide 1 e quindi N (α) = 1. Scriviamo α = a + b −5 con a, b ∈ Z.
Segue che 1 = N (α) = N (a + b −5) = a2 + 5b2 ≥ 5b√2 e quindi b√= 0. Otteniamo che a2 = 1 e quindi α = a = ±1.
Ne segue che il gruppo degli elementi invertibili di Z[ −5] è U (Z[ −5]) = {−1, 1}.
2.4.8. Trovare tutti gli interi n ≥ 1 tali che n! è somma di due quadrati.
Fare uso del seguente risultato, dovuto a Chebyshev: se n ≥ 8 allora esiste un primo p congruo a 3 modulo 4 tale
che n/2 < p < n.
Risoluzione. Ricordiamo che la proprietà di essere somma di due quadrati è moltiplicativa, nel senso che se n e
m sono somme di due quadrati anche n · m è somma di due quadrati. Infatti vale la seguente identità (polinomiale
addirittura)
(a2 + b2 )(c2 + d2 ) = (ac + bd)2 + (ad − bc)2 .
Qk
Sia n un intero maggiore di 1, e scriviamo la sua fattorizzazione in primi come n = i=1 pi ai . Nel seguito dimostriamo
che n è somma di due quadrati se e solo se ogni volta che pi ≡ 3 mod (4), ai è pari. In altre parole, n è somma di
due quadrati se e solo se i primi congrui a 3 modulo 4 compaiono nella fattorizzazione di n un numero pari di volte.
• (⇒). Supponiamo che n sia somma di due quadrati, n = a2 + b2 . Vogliamo mostrare che (*) i primi congrui
a 3 modulo 4 compaiono nella fattorizzazione di n un numero pari di volte. Procediamo per induzione su
n. Prendiamo un divisore primo p di n congruo a 3 modulo 4. Riducendo modulo p otteniamo a2 + b2 ≡ 0
mod (p), quindi siccome non ci sono radici quadrate di −1 modulo p (perché p ≡ 3 mod (4)) si deve avere
a2 ≡ b2 ≡ 0 mod (p) (altrimenti, al solito, (ab−1 )2 ≡ −1 mod (p)), in altre parole p divide a e b. Scriviamo
a = pα e b = pβ e otteniamo n = p2 (α2 + β 2 ). Per ipotesi induttiva α2 + β 2 verifica (*) e quindi anche n
verifica (*).
• (⇐). Supponiamo che ogni primo congruo a 3 modulo 4 compaia nella fattorizzazione di n un numero pari di
a /2
volte. Poiché possiamo scrivere pi ai = (p2i ) i ogni volta che pi ≡ 3 mod (4), e ai /2 ∈ N essendo ai pari, per
la moltiplicatività (cf. la prima riga di questa risoluzione di esercizio) siamo ridotti a dimostrare che i primi
congrui a 1 modulo 4 sono somme di due quadrati. Questo l’abbiamo visto nella risoluzione dell’esercizio 2.4.5.
Ne segue che se n! è una somma di due quadrati allora per ogni primo p congruo a 3 modulo 4 è falso che p ≤ n < 2p
(altrimenti p dividerebbe n! una sola volta), in altre parole n < p oppure n ≥ 2p. In particolare se per dire n < 100
allora certamente n < 59 (perché 2 · 59 > 100), quindi n < 31 (perché 2 · 31 > 59), quindi n < 19 (perché 2 · 19 > 31),
quindi n < 11 (perché 2 · 11 > 19), quindi n < 7 (perché 2 · 7 > 11).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
91
Per procedere in questo modo in generale ci serve sapere che per ogni n abbastanza grande esiste un primo p congruo
a 3 modulo 4 tale che n/2 < p < n. Questo è vero per un teorema di Chebyshev. Concludiamo che se n! è somma di
due quadrati allora necessariamente n < 7, e andando a vedere le fattorizzazioni di n! per n = 1, . . . , 6 otteniamo che
gli unici interi n ≥ 1 tali che n! è somma di due quadrati sono 1, 2 e 6.
2.5. Campi di spezzamento.
√ √
√
√
2.5.1. È vero che Q( 5, 11) = Q( 5 − 11)?
√
√
√ √
Mostriamo che la risposta è sı̀. Il fatto che K = Q( 5 − 11) ⊆ Q( 5, 11) = F è chiaro,
√ Risoluzione.
√
√ √ essendo
5, 11 ∈ F√ed essendo
F
un
campo.
Mostriamo
che
K
⊇
F
.
Per
fare
questo
basta
mostrare
che
5, 11 ∈ K.
√
√
√
Si ha K 3 ( 5 − 11)2 = 5 + 11 − 2 55, da cui 55 ∈ K, essendo K un campo contenente Q. Siccome K è un
campo,
√ contiene
√
√il prodotto
√ di ogni
√ due suoi elementi, e anche le somme di prodotti di suoi elementi. Ne segue che
K 3 55( 5 − 11) = 5 11 − 11 5, e
√
√
√
√
√
√
√
√
√
√
K 3 5 11 − 11 5 + 11( 5 − 11) = −6 11,
K 3 5 11 − 11 5 + 5( 5 − 11) = −6 5.
√
√
√
√
Segue che −6 5/(−6) = 5, −6 11/(−6) = 11 ∈ K.
2.5.2. Sia α ∈ C uno zero di f (X) = X 3 − 5X − 1. Esprimere l’inverso dei seguenti elementi come polinomio in α:
α + 1,
α2 + α + 1,
2 + α.
Risoluzione. L’idea è applicare l’algoritmo di Euclide come nell’esercizio 2.1.20. Applichiamolo a f (X) con X + 1,
X 2 + X + 1 e X + 2.
X 3 − 5X − 1
X2 + X + 1
X 3 − 5X − 1
X +1
1
0
X 3 − 5X − 1
1
0
X 3 − 5X − 1
0
1
X2 + X + 1
0
1
X +1
1
−(X − 1)
−5X
1
−(X 2 − X − 4)
3
X/5 + 1/5
1 + (X 2 − 1)/5
1
X 3 − 5X − 1
1
0
1
X +2
0
1
−(X 2 − 2X − 1)
X 3 − 5X − 1
X +2
1
Otteniamo che
f (X)/3 − (1/3)(X 2 − X − 4)(X + 1) = 1,
(X/5 + 1/5)f (X) + (1 + (X 2 − 1)/5)(X 2 + X + 1) = 1,
f (X) − (X 2 − 2X − 1)(X + 2) = 1.
Siccome f (α) = 0, sostituendo X = α otteniamo che l’inverso di α + 1 è (−1/3)(α2 − α − 4), l’inverso di α2 + α + 1 è
1 + (α2 − 1)/5, l’inverso di 2 + α è −(α2 − 2α − 2).
√
2.5.3. Sia u := 2 − i ∈ C.
(1) Mostrare che u
√ è algebrico su Q e trovarne il polinomio minimo f (X) su Q.
(2) Mostrare che 2 ∈ Q(u).
(3) Il campo Q(u) è un campo di riducibilità completa per f (X) su Q?
√
√
√
Risoluzione. Punto (1). Si ha u2 = 2 − 1 − 2i 2 = 1 − 2i 2 e quindi (u2 − 1)2 = (−2i 2)2 = −8. Ne segue che
u è zero del polinomio f (X) = (X 2 − 1)2 + 8 = X 4 − 2X 2 + 9 ∈ Q[X] e quindi è algebrico su Q. Mostriamo che f (X)
è il polinomio minimo di u su Q. Per farlo basta mostrare che f (X) è irriducibile in Q[X]. Siccome f (X) è primitivo
(essendo monico), per il lemma di Gauss basta dimostrare che f (X) è irriducibile in Z[X]. f (X) non ha fattori di
grado 1 perché non ha zeri in Z (eventuali zeri interi dovrebbero dividere 9 e si verifica a mano che 1, −1, 3, −3, 9, −9
92
MARTINO GARONZI
non sono zeri di f (X)). Un’eventuale fattorizzazione propria di f (X) consiste quindi di due fattori di grado 2. Siano
a, b, c, d ∈ Z con X 4 − 2X 2 + 9 = (X 2 + aX + b)(X 2 + cX + d). Sviluppando il prodotto deduciamo che:
a + c = 0, d + ac + b = −2, ad + bc = 0, bd = 9.
Dalla prima ricaviamo c = −a quindi dalla terza a(d − b) = 0. Se a = 0 allora d + b = −2 e bd = 9, ed elencando i casi
troviamo che questo è impossibile. Ne segue che a 6= 0 e quindi d = b, 9 = bd = b2 per cui b = d = ±3. Se b = d = 3
allora a2 = 8, assurdo, e se b = d√= −3 allora a√2 = −4, assurdo. Deduciamo che il grado [Q(u) : Q] è deg(f (X)) = 4.
Punto (2). Si ha u2 = 1 − 2i 2 e quindi i 2 ∈ Q(u) essendo Q(u) un√campo √
contenente
Q. Siccome
√
√ Q(u) è un
campo, contiene le somme dei prodotti dei suoi elementi e quindi Q(u) 3 i 2u = i 2( 2 − i) = 2i + 2 e
√
√
√
√
√
Q(u) 3 (2i + 2) − ( 2 − i) = 3i, (2i + 2) + 2( 2 − i) = 3 2.
√
√
Ne segue che i = 3i/3 ∈ Q(u) e 2 = 3 2/3 ∈ Q(u).
p
√
√
4
2
Punto (3). Le radici di P
(X)
=
X
−
2X
+
9
sono
±
1 ± 2i 2. Volendo scrivere 1 ± 2i 2 come
è
√
√ un quadrato,
√
2
una buona idea trattare 2i 2 come un doppio
prodotto
(cf.
l’esercizio
2.5.14).
Troviamo
che
1
±
2i
2
=
(
2
±
i)
,
e
√
√
quindi le quattro radici di f (X) sono ±( 2 ± i). Siccome i, 2 ∈ Q(u) (per il punto (2)) concludiamo che Q(u) è un
campo di riducibilità completa per f (X) su Q.
2.5.4. Sia f (X) = X 3 + 3X + 3 ∈ F5 [X].
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
Mostrare che f (X) è irriducibile in F5 [X].
Sia K = F5 [X]/(f (X)). Mostrare che K è un campo.
Sia ϕ : F5 → K definita da ϕ(a) := a + (f (X)). Mostrare che ϕ è un omomorfismo iniettivo di anelli.
Identificando F5 con ϕ(F5 ) ⊆ K, mostrare che esiste α ∈ K con f (α) = 0.
Mostrare che K ∼
= F5 (α) ∼
= F5 [α].
Trovare l’inverso di α2 e di 1 + α in F5 [α].
Risoluzione. Si confronti con 2.1.31. Sia F := F5 .
Punto (1). f (X) è irriducibile in F [X] perché ha grado 3 e non ha zeri in K.
Punto (2). L’ideale (f (X)) di F [X] è massimale essendo F [X] un PID e f (X) un elemento irriducibile di F [X],
quindi il quoziente K = F [X]/(f (X)) è un campo.
Punto (3). ϕ : F → K è un omomorfismo di anelli essendo la restrizione a F della proiezione canonica F [X] →
F [X]/(f (X)) = K. ϕ è iniettivo perché F è un campo (ϕ(1) = 1 6= 0 e ker(ϕ) è un ideale del campo F , quindi
ker(ϕ) = {0}). In generale un omomorfismo di anelli tra due campi è sempre iniettivo.
Punto (4). Scegliamo α = X + (f (X)). Per come sono definite le operazioni nel quoziente si ha f (α) = f (X +
(f (X))) = f (X) + (f (X)) = (f (X)) = 0.
Punto (5). Siccome α è zero del polinomio non nullo f (X), α è algebrico su F e quindi F (α) = F [α]. Applicando
il teorema di isomorfismo all’omomorfismo suriettivo F [X] → F dato dalla valutazione in α otteniamo che K ∼
=
ϕ(F [X]) = F [α].
Punto (6). L’idea è applicare l’algoritmo di Euclide (cf. l’esercizio 2.1.13) a f (X) = X 3 + 3X + 3 con X 2 e con
X + 1. Abbiamo
X 3 + 3X + 3
X2
1
0
0
1
1
−X
−(X/3 − 1/3) 1 + X(X/3 − 1/3)
X 3 + 3X + 3
X2
3X + 3
1
X 3 + 3X + 3
1
0
1
X +1
0
1
−(X 2 − X + 4)
X 3 + 3X + 3
X +1
−1
Otteniamo che
−(X/3 − 1/3)f (X) + (1 + X(X/3 − 1/3))X 2 = 1,
−f (X) + (X 2 − X + 4)(X + 1) = 1.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
93
Ricordiamo che f (α) = 0. Quindi sostituendo X = α e ricordando che 1/3 = 2 in F5 = F otteniamo che l’inverso di
α2 è 2α2 + 3α + 1 e l’inverso di α + 1 è α2 + 4α + 4.
2.5.5. Svolgere l’esercizio precedente con Q al posto di F5 .
Risoluzione. È tutto uguale tranne che alla fine non riduciamo modulo 5. Quindi l’inverso di α2 è α2 /3 − α/3 + 1
e l’inverso di α + 1 è α2 − α + 4.
2.5.6. Determinare il grado del campo di riducibilità completa L di X 4 + 9 su Q. Trovare u ∈ C tale che L = Q(u).
√
Risoluzione.
Le quattro radici di P (X) = X 4 + 9 in C sono νk = θk 3 dove θ è una radice primitiva quarta di −1,
√
scegliamo θ = 22 (1+i), e k = 1, 3, 5, 7. Per definizione, il campo di riducibilità completa è quindi L = Q(ν1 , ν3 , ν5 , ν7 ).
√
√
Osserviamo che ν3 /ν1 = θ2 =
√ i, quindi i ∈ L, e 2ν1 = 6(1+i), da cui siccome i ∈ L deduciamo che 6 ∈ L. Quindi L
contiene il campo F = Q(i, 6). Per mostrare che L = F basta quindi mostrare che L ⊆ F , cioè che ν1 , ν3 , ν5 , ν7 ∈ F .
Abbiamo
r
r
3
1√
3
1√
6(1 + i) ∈ F,
ν3 =
6(−1 + i) ∈ F,
ν1 =
(1 + i) =
(−1 + i) =
2
2
2
2
r
r
3
1√
3
1√
ν5 =
(−1 − i) =
6(−1 − i) ∈ F,
ν7 =
(1 − i) =
6(1 − i) ∈ F.
2
2
2
2
√
Scegliamo u := 6 + i. La verifica che L = Q(u) è standard, cf. l’esercizio 2.5.9. Siccome u ha grado 4 su Q deduciamo
che [L : Q] = 4. Possiamo dedurre che L = Q(νk ) per ogni k = 1, 3, 5, 7, infatti il campo Q(νk ) è contenuto in L e ha
grado 4 = [L : Q] su Q, essendo P (X) il polinomio minimo di ν1 , ν3 , ν5 , ν7 ed essendo 4 = deg(P (X)) = [Q(νk ) : Q]
per k = 1, 3, 5, 7.
2.5.7. Trovare u ∈ C tale che Q(π 6 , π 10 ) = Q(u).
Risoluzione. Si ha π 10 /π 6 = π 4 e π 10 /(π 4 )2 = π 2 , quindi Q(π 2 ) ⊆ Q(π 6 , π 10 ). D’altra parte π 6 = (π 2 )3 e
π 10 = (π 2 )5 , quindi Q(π 2 ) ⊇ Q(π 6 , π 10 ). Scegliamo quindi u = π 2 .
2.5.8. Trovare le radici di X 4 − 25 in Z, Q, R e in F3 .
4
2
2
Risoluzione.
come
√ P (X) = X − 25 si decompone
√
√ (X − 5)(X + 5), quindi non ha radici in Z e in Q. Le radici
reali sono ± 5, le radici complesse sono ± 5, ±i 5. Per trovare gli zeri di P (X) in F3 basta sostituire 0, 1, 2 ∈ F3
alla X nel polinomio ridotto X 4 − 25 ≡ X 4 + 2. Si ha P (0) = 2 6= 0, P (1) = 3 = 0 e P (2) = 3 = 0, quindi gli zeri di
P (X) in F3 sono 1 e 2.
√
√
√
2.5.9. Dimostrare che Q( 7 + i) = Q( 7, i). Dimostrare che 7 + i è algebrico su Q e trovarne il polinomio minimo
su Q.
√
√
è chiaro, essendo
√ Risoluzione. Mostriamo che la risposta è sı̀. Il fatto che K = Q( 7 + i) ⊆ Q( 7, i) = F √
7, i ∈√F ed essendo F un√campo. Mostriamo
che
K
⊇
F
.
Per
fare
questo
basta
mostrare
che
7, i ∈ K. Si ha
√
√
K 3 ( 7 + i)2 = 7 − 1 + 2 7i, da cui 12 (( 7 + i)2 − 6) = 7i ∈ K, essendo K un campo contenente Q. Siccome
K è un
contiene √
il prodotto di ogni due suoi elementi (e anche somme di prodotti di suoi elementi), quindi
√ campo,
√
K 3 7i( 7 + i) = 7i − 7, e
√
√
√
√
√
K 3 7i − 7 + ( 7 + i) = 8i,
K 3 7i − 7 − 7( 7 + i) = −8 7.
√
√
Segue che 8i/8 = i, −8 7/(−8)
= 7 ∈ K.
√
Per mostrare che a√:= 7 + i è algebrico su Q basta trovare un polinomio non nullo a coefficienti in Q di cui è zero.
Abbiamo a2 = 6 + 2 7i, da cui (a2 − 6)2 = −4 · 7. Ne segue che a è zero del polinomio P (X) = (X 2 − 6)2 + 28 =
X 4 − 12X 2 + 64, per cui è algebrico su Q. Inoltre il polinomio minimo di a, essendo un generatore del nucleo della
94
MARTINO GARONZI
valutazione in a, divide il polinomio P (X), quindi per mostrare che P (X) è effettivamente il polinomio minimo di a
basta mostrare che è irriducibile su Q, cioè, per il lemma di Gauss, che è irriducibile su Z. Che P (X) non abbia zeri
in Z, cioè fattori di grado 1 in Z[X], è chiaro: se esistesse a ∈ Z con P (a) = 0 allora si avrebbe (a2 − 6)2 = −28,
assurdo (−28 non ha radici quadrate in Z). Mostriamo che P (X) non ammette fattorizzazioni in due fattori di grado
2. Supponiamo per assurdo che
X 4 − 12X 2 + 64 = (X 2 + aX + b)(X 2 + cX + d)
con a, b, c, d ∈ Z. Otteniamo:
a + c = 0, d + ac + b = −12, ad + bc = 0, bd = 64.
Se a = 0 allora dalla prima c = 0 e quindi b + d = −12 e bd = 64 con b, d ∈ Z, ed è facile vedere che questo è
impossibile. Quindi a 6= 0 e c = −a, quindi dalla terza d = b, dalla quarta b2 = 64 quindi b = d = ±8. Dalla seconda
2b = a2 − 12. Se b = 8 segue a2 = 28, assurdo, e se b = −8 segue a2 = −4, assurdo.
Un modo più veloce per mostrare che il polinomio minimo di a è P (X), dopo aver osservato che a è radice di P (X),
era determinare
il grado [Q(a) : Q], che notoriamente è uguale al grado del polinomio minimo di a su Q. Siccome
√
Q(a) = Q( 7, i), per la formula dei gradi si ha
√
√
√
√
[Q(a) : Q] = [Q( 7, i) : Q] = [Q( 7, i) : Q( 7)] · [Q( 7) : Q] = 2 · 2 = 4.
√
√
√
2
Che
in
à sia [Q( 7, i) : Q( 7)] = 2 segue dal fatto che i ha grado 2 su Q( 7), infatti il polinomio X + 1Ï irriducibile
Q( 7)[X], questo è un fatto di facile verifica: se fosse riducibile esisterebbero x, y ∈ Q tali che (x + 7y)2 = −1, da
cui 0 ≤ x2 + 7y 2 = −1, assurdo.
Quindi il polinomio minimo di a ha grado 4 e divide P (X), che ha grado 4, quindi è proprio P (X).
2.5.10. Sia a ∈ C e sia f (X) ∈ Q[X] un polinomio non costante. Mostrare che f (a) è algebrico su Q se e solo se a è
algebrico su Q.
Risoluzione. Se f (a) è algebrico su Q allora esiste un polinomio non nullo g(X) tale che g(f (a)) = 0, quindi il
polinomio g(f (X)) ∈ Q[X] è un polinomio non nullo che ha a come zero, quindi a è algebrico. Supponiamo ora che
a sia algebrico su Q. Questo significa che il grado [Q(a) : Q] è finito. Ovviamente f (a), essendo un polinomio in a a
coefficienti in Q, appartiene a Q(a), quindi per la formula dei gradi
[Q(a) : Q] = [Q(a) : Q(f (a))] · [Q(f (a)) : Q],
in particolare [Q(f (a)) : Q] è finito, cioè f (a) è algebrico su Q.
2.5.11. Verificare che i due anelli A = Z/6Z × Z/6Z e B = Z/6Z[X]/(X 2 − 2) hanno la stessa cardinalità e calcolarla.
Sono isomorfi?
Risoluzione. In generale se R, S sono due insiemi finiti allora |R × S| = |R| · |S|, quindi |A| = 6 · 6 = 36. Gli
elementi di B sono classi P (X) + (X 2 − 2) e siccome X 2 − 2 è monico, ogni occorrenza di X 2 in P (X) si può far
calare di grado (cf. l’esercizio 2.2.32), in altre parole si può assumere che il grado di P (X) sia minore di 2, cioè
P (X) = aX + b con a, b ∈ Z/6Z. Avendo 6 scelte per ognuno dei coefficienti a, b otteniamo |B| = 36 = |A|. Ora,
l’elemento b = X + (X 2 − 2) ∈ B verifica b2 = 2, quindi se fosse A ∼
= B esisterebbe a = (x, y) ∈ A con a2 = 2, cioè
2 2
(x , y ) = (2, 2), con x, y ∈ Z/6Z. Ma 2 non è un quadrato in Z/6Z, infatti in questo anello si ha 02 = 0, 12 = 1,
22 = 4, 32 = 3, 42 = 4, 52 = 1. Quindi A ∼
6 B.
=
2.5.12. Mostrare che se n è un intero positivo allora sin(π/n) è algebrico su Q.
iπ/n
−iπ/n
−e
Risoluzione. Ricordiamo che eiα = cos(α) + i sin(α), quindi si ha sin(π/n) = e
. Siccome gli elementi
2i
n
iπ/n
−iπ/n
iπ/n n
iπ
algebrici formano un campo e e
,e
, 2i sono algebrici (infatti (e
) = e = −1, (e−iπ/n ) = e−iπ = −1 e
(2i)2 = −4) anche sin(π/n) è algebrico.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
95
√
√
√
2.5.13. Determinare l’inverso di 4 + 2 3 2 + 3 4 in Q[ 3 2].
√
Risoluzione. α = 3 2 è una radice di X 3 − 2. Dobbiamo trovare l’inverso di α2 + 2α + 4 in Q[α]. Osserviamo che
siccome α è zero di un polinomio non nullo di Q[X], α è algebrico su Q e quindi Q[α] = Q(α) è un campo.
L’idea è trovare il massimo comun divisore tra X 3 − 2 e X 2 + 2X + 4 tramite l’algoritmo di Euclide. Procediamo
come nell’esercizio 2.1.20.
X 3 − 2 X 2 + 2X + 4
1
0
X3 − 2
2
0
1
X + 2X + 4
1
−(X − 2)
6
Otteniamo che (1/6)(X 3 − 2) − (1/6)(X − 2)(X 2 + 2X + 4) = 1. Siccome α3 − 2 = 0, operando la sostituzione X = α
otteniamo che −(1/6)(α − 2)(α2 + 2α + 4) = 1, quindi l’inverso di α2 + 2α + 4 in Q[α] è −α/6 + 1/3.
√
2.5.14. Mostrare che il campo di riducibilità completa di P (X) = X 4 + 2X 2 + 9 su Q è Q(i 2).
√
Risoluzione. Le radici di P (X) in C sono le radici quadrate in C di −1±2i 2 (questi numeri si ottengono
√ risolvendo
l’equazione di secondo grado risultante alla sostituzione Y = X 2 ). Vogliamo√quindi esprimere −1 ± 2i 2 come un
quadrato di qualcosa in C. Volendo che questo
√ “qualcosa”
√ 2 sia un binomio, 2i 2 giocherà il ruolo di doppio prodotto
√
(cf. l’esercizio 2.5.3). Troviamo
che
−1
±
2i
2
=
(1
±
i
2) , e quindi le quattro radici di P (X) in C sono ±(1 ± i 2), e
√
appartengono
tutte a Q(i √
2). Quindi
in C è √
contenuto√in
√
√ il campo di riducibilità completa L di P (X)√su Q contenuto
√
Q(i 2). D’altra√parte 1 + i 2, 1 − i 2 ∈ L √
(sono zeri di P (X)) e quindi L 3 (1 + i 2 − (1 − i 2))/2 = 2i 2/2 = i 2,
quindi L ⊇ Q(i 2). Ne segue che L = Q(i 2). A posteriori ci accorgiamo che P (X) è riducibile su Q (altrimenti L
conterrebbe il sottocampo
di grado
4 = deg(P
da uno zero di P (X)) ed effettivamente accoppiando le
√
√ (X)) generato
√
√
radici coniugate 1 + i 2, 1 − i 2 e −(1 + i 2), −(1 − i 2) troviamo che P (X) = (X 2 + 2X + 3)(X 2 − 2X + 3).
2.5.15. Siano F un campo e α = X 3 /(X + 1) ∈ F (X). Mostrare che α è trascendente su F e che X è algebrico su
F (α). Determinare il polinomio minimo di X su F (α).
Risoluzione. Ricordiamo che F (X) indica il campo delle frazioni dell’anello dei polinomi F [X]. X è algebrico su
F (α) perché è zero del polinomio P (Y ) = Y 3 − (Y + 1)α ∈ F (α)[Y ]. Quindi il grado [F (α)(X) : F (α)] è finito. Se α
fosse trascendente su F allora [F (α) : F ] sarebbe finito e quindi dalla formula dei gradi
[F (α)(X) : F ] = [F (α)(X) : F (α)] · [F (α) : F ]
sarebbe finito, quindi X apparterrebbe all’estensione finita (in particolare algebrica) F (α)(X) ⊇ F e quindi sarebbe
algebrico su F , assurdo. Il polinomio P (Y ) ∈ F (α)[Y ] ha X come zero e quindi il polinomio minimo di X su
F (α) divide P (Y ). Per mostrare che è proprio P (Y ) basta mostrare che P (Y ) è irriducibile in F (α)[Y ], e siccome
ha grado 3 basta mostrare che non ha zeri in F (α). Osserviamo che P (0) = −α 6= 0. Supponiamo per assurdo
che esista β = f (α)/g(α) ∈ F (α) (qui f (X), g(X) ∈ F [X] sono coprimi e g(α) 6= 0) tale che P (β) = 0. Allora
β 3 = α(β + 1). Moltiplicando per g(α)3 otteniamo f (α)3 = αg(α)2 (f (α) + g(α)), quindi α è zero del polinomio
f (Y )3 − Y g(Y )2 (f (Y ) + g(Y )) ∈ F [Y ]. Siccome α è trascendente su F segue che tale polinomio è il polinomio nullo,
e quindi f (Y )3 = Y g(Y )2 (f (Y ) + g(Y )) in F [Y ]. Ne segue che g(Y ) divide f (Y )3 , quindi siccome f (Y ) e g(Y )
sono coprimi nel dominio fattoriale (U.F.D.) F [Y ], cioè non hanno fattori irriducibili in comune, otteniamo che g(Y )
è un polinomio non nullo di grado zero (ricordiamo che g(α) 6= 0, quindi g(Y ) non è il polinomio nullo), diciamo
g(Y ) = b ∈ F − {0}. Ne segue che f (Y )3 = b2 Y (f (Y ) + b) e questo è assurdo: infatti detto n il grado di f (Y ), siccome
b 6= 0 si avrebbe 3n = n + 1.
√
2.5.16. Mostrare che i seguenti numeri sono algebrici su Q e determinare il loro polinomio minimo su Q e su Q( 2).
√
√
√
√
√
√
√
√
3− 2
2
4
a=
, b = 1 + 3 2, c = i 3, d =
(1 + i), e = 2 + 5, f = 3 + 3 2.
2
2
96
MARTINO GARONZI
Risoluzione. Osserviamo che a, b, c, d, e, f non appartengono a Q, quindi il loro polinomio minimo su Q ha grado
maggiore di 1 (in generale un elemento di C appartiene a Q se e solo se è algebrico su Q di grado 1). In particolare,
se uno di essi è zero di un polinomio monico di grado 2 di Q[X] allora tale√polinomio è il suo polinomio minimo su Q.
Per un esempio di come stabilire se un elemento appartiene o meno a Q( 2) si veda l’esercizio 2.1.42.
Si ha (2a − 3)2 = 2 quindi a è zero di (2X − 3)2 − 2 = 4X 2 − 12X + 7 ∈ Q[X], quindi (moltiplichiamo
√ per 1/4)
anche di Pa (X) = X 2 − 3X + 7/4,
che
è
quindi
il
polinomio
minimo
di
a
su
Q.
Inoltre
ovviamente
a
∈
Q(
2) quindi
√
il polinomio minimo di a su Q( 2) è Qa (X) = X − a.
Si ha ((b − 1)/3)2 = 2, quindi b è zero di (X − 1)2 /9 − 2 = X 2 /9 − 2X/9 + 1/9 − 2 ∈ Q[X], quindi (moltiplichiamo
√
per 9) anche di Pb (X) = X 2 − 2X − 17,
che
è
quindi
il
polinomio
minimo
di
b
su
Q.
Inoltre
ovviamente
b
∈
Q(
2)
√
quindi il polinomio minimo di b su Q( 2) è Qb (X) = X − b.
√
√
Si ha c4 = 9, quindi c è zero di Pc (X) = X 4 − 9 ∈ Q[X]. Gli zeri di Pc (X) sono ± 4 3, ±i 4 3, quindi
√
√
√
√
4
4
4
4
Pc (X) = X 4 − 9 = (X − 3)(X + 3)(X − i 3)(X + i 3).
√
Siccome
le quattro radici di Pc (X) non appartengono a Q( 2), per concludere che Pc (X) è irriducibile
√
√ su Q e su
Q( 2) basta mostrare che il prodotto del primo fattore scritto con tutti gli altri non appartiene a Q( 2)[X] (infatti
√
un eventuale fattore di grado 2 è necessariamente di questa forma). Quindi il polinomio minimo di c su Q e su Q( 2)
è lo stesso, Pc (X) = X 4 − 9.
Si ha d2 = i, quindi d4 = −1, cioè d è zero di Pd (X) = X 4 + 1. X 4 + 1 è irriducibile su Z - e quindi anche su Q, per
il lemma di Gauss - e questo si può vedere in vari modi: cercando eventuali fattori di grado 2 e dimostrando che non
ne esistono, col criterio di Eisenstein effettuando la sostituzione X → X + 1 (come fatto nell’esercizio 2.2.33) oppure
osservando che
√
√
√
√
2
2
2
2
4
X + 1 = (X −
(1 + i))(X −
(1 − i))(X −
(−1 + i))(X −
(−1 − i))
2
2
2
2
√
e accoppiando
come fatto per c qui sopra. Ora osserviamo
che d 6∈ Q( 2), quindi
d non ha grado 1 su
√
√ le radici
√
√
2
2
2
Q( 2), e ( 2d √
− 1) = −1, quindi d è zero del polinomio ( 2X − √
1) + 1 = 2X − 2 2X + 2, quindi anche di
Qd (X) = X 2 − 2X + 1, che quindi è il polinomio minimo di d su Q( 2).
√
Si ha e2 = 7 + 2 10, quindi e è zero di Pe (X) = (X 2 − 7)2 − 40 ∈ Q[X]. La verifica che√
e ha grado 4 su Q, cioè che
Pe (X) è√irriducibile in √
Q[X], è standard (cf. l’esercizio 2.5.9). Ora √
osserviamo che e 6∈ Q( 2), quindi e non ha grado
2
2
1 su
√ Q( 2), e che (e − 2) = 5, quindi e è zero di Qe (X) = (X − 2) − 5, che quindi è il polinomio minimo di e su
Q( 2).
√
Si ha f 2 = 21 + 6 6, quindi f è zero di Pf (X) = (X 2 − 21)2 − 216 ∈ Q[X]. La verifica che f √ha grado 4 su Q,
cioè che Pf (X) è √
irriducibile in Q[X],
che f 6∈ Q( 2), quindi f non
√ è standard (cf. l’esercizio 2.5.9). Ora osserviamo
√
ha grado 1 su Q( √
2), e che (f − 3 2)2 = 3, quindi f è zero di Qf (X) = (X − 3 2)2 − 3, che quindi è il polinomio
minimo di f su Q( 2).
2.5.17. Sia α ∈ C algebrico di grado dispari su Q. Mostrare che Q(α) = Q(α2 ).
Risoluzione. Ovviamente α2 ∈ Q(α). Per ipotesi il grado [Q(α) : Q] è dispari. Per la formula dei gradi,
[Q(α) : Q] = [Q(α) : Q(α2 )] · [Q(α2 ) : Q].
Siccome [Q(α) : Q] è dispari e α ha grado 1 oppure 2 su Q(α2 ) (essendo α zero di X 2 − α2 ∈ Q(α2 )[X]), tale grado
deve essere uguale a 1, cioè [Q(α) : Q(α2 )] = 1, in altre parole Q(α2 ) = Q(α).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
97
2.5.18. Sia u ∈ C un elemento algebrico di grado p primo su Q. Mostrare che se K è un campo tale che Q ⊆ K ⊆ Q(u)
allora K = Q oppure K = Q(u).
Risoluzione. Basta usare la formula dei gradi. Si ha
p = [Q(u) : Q] = [Q(u) : K] · [K : Q].
Siccome p è primo, uno tra [Q(u) : K] e [K : Q] è uguale a 1, in altre parole Q(u) = K oppure K = Q.
2.5.19. Esercizio 4 dell’appello del 27 agosto 2012. Sia u =
√
√
2(1 + i) ∈ Q[ 2, i].
(1) Verificare che Q(u2 ) = Q[i].
(2) Trovare il polinomio minimo f (X) di u su Q.
(3) Controllare se Q(u) è un campo di spezzamento di f (X) su Q.
√
Risoluzione.
essendo zeri rispettivamente di X 2 + 1 e X 2 − 2,
√
√ Osserviamo che siccome2 i e 2 sono algebrici,
4
Q[ 2, i] = Q( 2, i) e Q[i] = Q(i). Si ha u = 4i, quindi u = −16, cioè u è zero di X 4 + 16. Scomporre X 4 + 16 su C
equivale a trovare le radici quarte di −16, e facendolo troviamo
√
√
√
√
X 4 + 16 = (X 2 − 4i)(X 2 + 4i) = (X − 2(1 + i))(X + 2(1 + i))(X − 2(1 − i))(X + 2(1 − i))
(X − u)(X + u)(X − u)(X + u).
√
√
Qui u indica il coniugato di u = 2(1 + i), cioè u = 2(1 − i). Dal fatto che u, −u, u, −u 6∈ Q segue che X 4 + 16 non
ha fattori di grado 1 in Q[X], e accoppiandoli in tutti i modi possibili troviamo che non ha nemmeno fattori di grado
4
2 in Q[X]. Deduciamo che f (X)
in Q[X], quindi
è il polinomio minimo di u su Q.
√ = X + 16 è irriducibile
√
√
Osserviamo che Q(u) = Q( 2(1 + i)) ⊆ Q(i, 2). Inoltre Q(i, 2) ha grado 4 su Q, e questo si vede usando la
formula dei gradi:
√
√
√
√
[Q( 2, i) : Q] = [Q( 2)(i) : Q( 2)] · [Q( 2) : Q].
√
√
√
√
Il grado [Q( 2) : Q] è uguale a 2 perché il polinomio minimo di 2 su Q è X 2 −2, di grado 2. Il grado [Q( 2)(i) : Q( 2)]
2
è certamente minore o uguale a 2 essendo i zero
essere 1 altrimenti
√
√ di X + 1, di grado 2, e d’altra parte non può
2 ∈ Q(i) e quindi esisterebbero a, b ∈ Q con 2 = a + bi, da cui quadrando otteniamo 2 = a2 − b2 + 2abi, quindi
ab = 0, cioè 2 = a2 oppure 2 = −b2 , assurdo
perché 2 e −2 non sono quadrati in Q.
√
Il √
campo Q(u) è contenuto in Q(i, 2) e hanno entrambi dimensione (grado)
√ 4 su Q, quindi sono uguali: Q(u) =
Q(i, 2). Si vede facilmente che i quattro zeri di f (X) appartengono a Q(i, 2). Ne segue che Q(u) è un campo di
spezzamento di f (X) su Q.
=
2.5.20. Esercizio 5 dell’appello del 13 settembre 2012. Sia u :=
p
√
2 + 5.
(1) Trovare il polinomio minimo f (X) di u su Q.
(2) Scrivere u + 1/u come polinomio in u.
(3) Calcolare [E : Q] dove E è un campo di spezzamento di f (X) su Q.
√
Risoluzione. Si ha u2 = 2 + 5 e quindi (u2 − 2)2 = 5. Sia f (X) = (X 2 − 2)2 − 5. Si ha f (u) = 0. Per mostrare
che f (X) è il polinomio minimo di u su Q dobbiamo mostrare che è irriducibile su Q. Si ha
q
q
q
q
√
√
√
√
√
√
f (X) = (X 2 − 2 − 5)(X 2 − 2 + 5) = (X − 2 + 5)(X + 2 + 5)(X − 2 − 5)(X + 2 − 5).
p
p√
√
√
Qui 2 − 5 indica l’elemento i
5 − 2 ∈ C (si osservi che 2 − 5 < 0). Ragionando come nell’esercizio 2.5.19, cioè
accoppiando tutti e quattro i fattori, deduciamo che f (X) è irriducibile.
Si ha f (X) = (X 2 − 2)2 − 5 = X 4 − 4X 2 − 1, quindi u(u3 − 4u) = 1 e deduciamo che 1/u = u3 − 4u. Quindi
u + 1/u = u3 − 3u.
98
MARTINO GARONZI
p√
Sia v := i
5 − 2. u e v sono entrambi zeri di f (X), ma u è reale mentre v non lo è. Si ha inoltre E√= Q(u,
√ v). Ne
2
segue che Q(u) 6= E, infatti Q(u)
è
contenuto
in
R
mentre
E
no
(infatti
v
∈
E
−
R).
Siccome
v
=
2
−
5,
5 ∈ Q(v)
√
e siccome u è zero di X 2 − 2 − 5 ∈ Q(v)[X], segue che u ha grado 1 oppure 2 su Q(v). Dalla formula dei gradi
[E : Q] = [Q(v)(u) : Q(v)] · [Q(v) : Q].
Siccome E non ha grado 4 su Q (altrimenti sarebbe uguale a Q(u), essendo quest’ultimo un sottocampo di E di grado
4 su Q) e [Q(v) : Q] = deg(f (X)) = 4 (ricordiamo infatti che f (X), essendo un polinomio irriducibile su Q con v come
zero, è il polinomio minimo di v su Q), segue che [Q(v)(u) : Q(v)] > 1. Siccome u ha grado al più 2 su Q(v) (per la
discussione fatta), segue che [Q(v)(u) : Q(v)] = 2 e quindi [E : Q] = 2 · 4 = 8.
2.5.21. Sia α una radice di f (X) = X 3 + X 2 + 1 ∈ F2 [X] in un’estensione opportuna di F2 . Mostrare che F2 (α) è un
campo di spezzamento per f (X).
Risoluzione. Osserviamo innanzitutto che f (X) è irriducibile in F2 [X] (ha grado 3 e non ha zeri in F2 , infatti
f (0) = f (1) = 1), in particolare α 6∈ F2 , α è algebrico su F2 (essendo zero del polinomio non nullo f (X) e F2 [α] =
F2 (α) ∼
= F2 [X]/(f (X)) è un campo con 23 = 8 elementi. Applichiamo il teorema di Ruffini a f (X) con la sua radice
α, trovando
1
1
0
1
α
α
α + α2
α2 + α3
1 1 + α α + α2 1 + α2 + α3 = 0
e quindi f (X) = (X − α)g(X), dove g(X) = X 2 + (1 + α)X + α + α2 . Dobbiamo mostrare che le radici di g(X) stanno
in F2 (α). Ci piacerebbe applicare la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado
√
−b ± b2 − 4ac
x1,2 =
2a
ma non possiamo perché siamo in caratteristica 2 e quindi non possiamo dividere per 2 (cioè moltiplicare per l’inverso
di 2: infatti 2 = 0 quindi non ci sono inversi di 2). Siccome F2 (α) ha 23 = 8 elementi, un metodo relativamente rapido
è valutare g(x) per ogni x ∈ F2 (α). Facendolo, ricordando che α3 = α2 + 1 (essendo f (α) = 0) troviamo che
g(α2 )
= α4 + (1 + α)α2 + α + α2 = α(α2 + 1) + α2 + α2 + 1 + α + α2
= α2 + 1 + α + α2 + α2 + 1 + α + α2 = 0.
Questo dimostra che F2 (α) è campo di spezzamento per f (X): sappiamo infatti dal teorema di Ruffini che possiamo
scrivere g(X) = (X −α2 )h(X) con h(X) ∈ F2 (α)[X]. Volendo trovare questo h(X) esplicitamente possiamo riapplicare
Ruffini ottenendo
1
1+α
α + α2
2
2
2
α
α
α + α3 + α4
2
2
1 1 + α + α α + α + α2 + α3 + α4 = 0
Ne segue che f (X) = (X − α)(X − α2 )(X − (1 + α + α2 )).
2.5.22. Sia f (X) = X 5 + 1 ∈ F3 [X]. Mostrare che la decomposizione in irriducibili di f (X) è (X + 1)g(X) con
g(X) ∈ F3 [X] irriducibile di grado 4. Sia α uno zero di g(X) in una opportuna estensione di F3 . Dire se α genera il
gruppo moltiplicativo F3 (α)∗ = F3 (α) − {0}.
Risoluzione. Applicando per esempio il teorema di Ruffini troviamo che f (X) = (X + 1)g(X) con g(X) =
X 4 − X 3 + X 2 − X + 1. Studiando le possibili fattorizzazioni di g(X) su F3 troviamo che g(X) è irriducibile. Sia α
un suo zero. Siccome g(X) ha grado 4, F3 (α) ∼
= F3 [X]/(g(X)) è un campo con 34 = 81 elementi. I suoi elementi sono
tutti quelli del tipo
a0 + a1 α + a2 α2 + a3 α3 ,
a0 , a1 , a2 , a3 ∈ F3 .
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
99
Come si vede, ci sono |F3 | = 3 scelte possibili per ogni parametro ai , i = 1, 2, 3, 4, quindi in totale 34 = 81 elementi. Il
gruppo moltiplicativo F3 (α)∗ ha 80 elementi, quindi per dire se α lo genera dobbiamo capire se l’ordine moltiplicativo
di α è esattamente 80. Sicuramente divide 80 (teorema di Lagrange), quindi se non è 80 è al massimo 40. Un metodo
sicuro ma (a priori!) pieno di conti è fare tutte le potenze 1, α, α2 , . . . , α40 . Se sono tutte diverse da 1 allora α ha
ordine 80, altrimenti no. In questo caso possiamo evitare i conti osservando che α5 + 1 = (α + 1)g(α) = 0 essendo
g(α) = 0 e quindi α5 = −1, per cui α10 = 1. Segue che l’ordine di α divide 10 (e in realtà è proprio 10, infatti divide
10, non è 5 perché α5 = −1 6= 1, e non è 2 perché α ha grado 4 su F3 ), e 80 non divide 10. Segue che α non genera il
gruppo moltiplicativo F3 (α)∗ .
2.5.23. Gradi dei campi di spezzamento.
(1) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 4 + X 2 + 1 su Q. Esaminando le fattorizzazioni di
P (X) in due fattori di grado 2 troviamo che
P (X) = (X 2 − X + 1)(X 2 + X + 1),
√
quindi i quattro zeri di P (X) in C sono 12 (±1 ± i 3), cioè ekiπ/3 = (eiπ/3 )k con k = 1, 2, 4, 5. Siccome gli zeri
sono tutti potenze di eiπ/3 , segue che il campo di spezzamento di P (X) su Q contenuto in C è Q(eiπ/3 ), ha
grado 2. Infatti il polinomio minimo di eiπ/3 è il sesto polinomio ciclotomico, X 2 − X + 1.
• Sul campo F2 si ha P (X) = (X 2 + X + 1)2 e X 2 + X + 1 è irriducibile quindi i campi di spezzamento di
P (X) hanno grado 2.
• Sul campo F3 si ha P (X) = (X − 1)2 (X + 1)2 quindi F3 , che ovviamente ha grado 1 su F3 , è un campo
di spezzamento di P (X).
• Sul campo F5 si ha P (X) = (X 2 + X + 1)(X 2 − X + 1) e i due fattori sono irriducibili perché hanno grado
2 e non hanno zeri in F5 . I quattro zeri di P (X) sono 21 (±1 ± α) dove α è tale che α2 = 2. Ne segue che
F5 (α) = F5 [α] è un campo di spezzamento per P (X) su F5 e ha grado 2.
√
(2) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 3 + 2 su Q. Siano u = 3 2 e ζ = eiπ/3 . I tre zeri
complessi di P (X) sono −u, ζu, ζ 2 u. Sia E il campo di spezzamento di P (X) su Q contenuto in C. Allora da
−u, ζu ∈ E segue ζ = −(ζu)/(−u) ∈ E per cui E = Q(u, ζ). Ora u ha grado 3 su Q (il suo polinomio minimo
è X 3 − 2, irriducibile per il criterio di Eisenstein) e ζ ha grado 2 su Q (il suo polinomio minimo è X 2 − X + 1,
il sesto polinomio ciclotomico). Dalla formula dei gradi [E : Q] = [E : Q(u)] · [Q(u) : Q] = [E : Q(u)] · 3 e
[E : Q] = [E : Q(ζ)] · [Q(ζ) : Q] = [E : Q(ζ)] · 2, quindi [E : Q] è diviso da 2 e da 3, per cui è diviso da 2 · 3 = 6,
essendo 2 e 3 coprimi. D’altra parte [E : Q] = [Q(u, ζ) : Q] = [Q(u)(ζ) : Q(u)] · [Q(u) : Q] ≤ 2 · 3 = 6 essendo
il grado di ζ su Q(u) minore o uguale a 2, infatti ζ ha grado 2 su Q. Segue che [E : Q] = 6.
• Sul campo F2 si ha P (X) = X 3 quindi F2 , che ovviamente ha grado 1 su F2 , è un campo di spezzamento
di P (X).
• Sul campo F3 si ha 23 = 2 quindi X 3 + 2 = (X + 2)3 (ho applicato l’endomorfismo di Frobenius) quindi
F3 è un campo di spezzamento di P (X) e ha grado 1.
• Sul campo F5 si ha P (2) = 0 e applicando Ruffini otteniamo P (X) = (X − 2)(X 2 + 2X + 4). Il polinomio
X 2 + 2X + 4 è irriducibile su F5 , infatti ha grado 2 e non ha zeri in F5 , quindi detto α un suo zero il
campo F5 (α) = F5 [α] è un campo di spezzamento per P (X) su F5 , e ha grado 2.
(3) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 6 + 1 su Q. Ricordiamo che X 3 + 1 = (X + 1)(X 2 −
X + 1). Sostituendo X con X 2 abbiamo allora X 6 + 1 = (X 2 + 1)(X 4 − X 2 + 1). Gli zeri complessi
√ di questo
polinomio sono ±i e ±eiπ/6 , ±ei5π/6 , di cui gli ultimi quattro sono potenze di ζ = eiπ/6 = 12 ( 3 + i). Ne
√
segue che il√campo di spezzamento
E di P (X)√su Q contenuto in C è uguale a Q(i, ζ) = Q(ζ, 3). Si ha
√
√
ζ − ζ 5 = 21 ( 3 + i) − 21 (− 3 + i) = 3 quindi 3 ∈ Q(ζ) e segue che E = Q(ζ) ha grado 4 su Q.
• Sul campo F2 si ha X 6 + 1 = (X 3 + 1)2 = (X + 1)2 (X 2 + X + 1)2 e X 2 + X + 1 è irriducibile, quindi
ogni suo zero genera un campo di spezzamento per P (X), che quindi ha grado 2.
• Sul campo F3 si ha X 6 + 1 = (X 2 + 1)3 e X 2 + 1 è irriducibile, quindi ogni suo zero genera un campo di
spezzamento per P (X), che quindi ha grado 2.
100
MARTINO GARONZI
• Sul campo F5 si ha X 6 + 1 = (X 2 + 1)(X 4 − X 2 + 1) = (X − 2)(X − 3)(X 4 − X 2 + 1). Esaminando le
fattorizzazioni di X 4 −X 2 +1 in due fattori di grado 2 troviamo X 4 −X 2 +1 = (X 2 +2X −1)(X 2 −2X −1).
Quindi i sei zeri di P (X) sono 2, 3, ±1 ± α dove α è un elemento che verifica α2 = 2. Quindi un campo
di spezzamento di P (X) su F5 è F5 (α) = F5 [α], ha grado 2.
√
√
(4) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 6 + 3 su Q. Sia u := 6 3 e sia ζ = eiπ/6 = 12 ( 3 + i).
I sei zeri complessi di P (X) sono ±ζu, ±ζ 3 u, ±ζ 5 u. Sia E il campo √
di spezzamento di P (X)
√ su Q contenuto
in C. Allora si vede subito che E = Q(ζu, ζ 2 ). Siccome ζ 2 = 12 (1 + i 3) si ha E = Q(ζu, i 3). D’altra parte
√
i 3 = (ζu)3 e quindi E = Q(ζu) ha grado 6 su Q, essendo P (X) = X 6 + 3 il polinomio minimo di ζu su Q
(irriducibile per il criterio di Eisenstein).
• Sul campo F2 si ha X 6 + 3 = X 6 + 1 e questo caso è stato discusso nell’esercizio precedente.
• Sul campo F3 si ha X 6 + 3 = X 6 quindi un campo di spezzamento di P (X) su F3 è F3 .
• Sul campo F5 si ha 33 = 2 = −3 quindi X 2 − 3 divide X 6 + 3 (sto semplicemente dicendo che detto
T = X 2 , essendo 33 + 3 = 0 per il teorema di Ruffini T − 3 divide T 3 + 3) e applicando Ruffini troviamo
X 6 + 3 = (X 2 − 3)(X 4 + 3X 2 + 4). Cercando le fattorizzazioni troviamo allora che X 6 + 3 = (X 2 −
3)(X 2 + X + 2)(X 2 + 4X + 2). Detto α un elemento tale che α2 = 3 gli zeri di P (X) sono ±α e ±3 ± 3α,
quindi F5 (α) = F5 [α] è un campo di spezzamento di P (X) su F5 e ha grado
√ 2.
(5) Trovare il grado di un campo di spezzamento di X 4 − 2 su Q. Sia u = 4 2. I quattro zeri complessi di
P (X) = X 4 − 2 sono ±u, ±iu. Sia E il campo di spezzamento di P (X) su Q contenuto in C, cioè E =
Q(u, −u, iu, −iu) = Q(u, iu) = Q(u, i). Siccome Q(u) ⊆ R, i 6∈ Q(u) quindi siccome i ha grado 2 su Q
(essendo zero di X 2 + 1), i ha grado 2 anche su Q(u) (tale grado è infatti al più 2 e non può essere 1 essendo
i 6∈ Q(u)). Dalla formula dei gradi
[E : Q] = [Q(u, i) : Q] = [Q(u)(i) : Q(u)] · [Q(u) : Q] = 2 · 4 = 8.
• Sul campo F2 si ha P (X) = X 4 quindi F2 è un suo campo di spezzamento, e ha grado 1.
• Sul campo F3 si ha P (X) = X 4 + 1 = (X 2 + X + 2)(X 2 − X + 2) (fattorizzazione ottenuta andando
a cercare i fattori ma anche osservando che P (X) = (X 2 + 2)2 − X 2 e applicando il prodotto notevole)
quindi gli zeri di P (X) sono 2(±1 ± α) dove α è un elemento tale che α2 = 2. Segue che F3 (α) = F3 [α] è
un campo di spezzamento di P (X) su F3 e ha grado 2.
• Sul campo F5 si ha che P (X) = X 4 − 2 è irriducibile (lo si dimostra cercando le fattorizzazioni a mano).
Sia u un suo zero. Allora P (X) = X 4 − 2 = (X 2 − u2 )(X 2 + u2 ) = (X + u)(X − u)(X 2 − 4u2 ) =
(X + u)(X − u)(X + 2u)(X − 2u). Quindi F5 (u) = F5 [u] è un campo di spezzamento di P (X) su F5 e ha
grado 4.
Ricordo che, come visto al tutorato, quanto accade con F5 è generale: se F è un campo finito e f (X) ∈ F [X]
è un polinomio irriducibile con uno zero α in un’estensione di F allora F (α) è un campo di spezzamento di
f (X) su F .
(6) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 4 + 2 su Q. Siano
√
√
2
4
iπ/4
ζ=e
=
(1 + i),
u = 2.
2
I quattro zeri complessi di P (X) sono ζu, ζ 3 u, ζ 5 u = −ζu e ζ 7 u = −ζ 3 u. Sia E ⊆ C il campo di spezzamento
di P (X) su Q, cioè E = Q(ζu, ζ 3 u, ζ 5 u, ζ 7 u). Allora siccome E è un campo E 3 (ζu)(ζ 7 u)√= ζ 8 u2 = u2 ,
E 3 (ζu)2 = ζ 2 u2 per cui anche E 3 (ζ 2 u2 )/u2 = ζ 2 = 21 (1 + i)2 = i. Ma allora essendo 2 = u2 si ha
√
ζ = 22 (1 + i) = u2 (1 + i)/2 ∈ E essendo u, i ∈ E. Ne segue che anche E 3 (ζu)/ζ = u e quindi
E = Q(ζu, ζ 3 u, ζ 5 u, ζ 7 u) = Q(u, ζ) = Q(u, i).
Il grado di Q(u, i) = E su Q è 8, infatti Q(u) ha grado 4 su Q (perché il polinomio minimo di u su Q è X 4 − 2,
irriducibile per il criterio di Eisenstein) i ha grado ≤ 2 su Q(u) (essendo i zero di X 2 + 1) e i 6∈ Q(u) essendo
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
101
Q(u) ⊆ R 63 i per cui i ha grado 2 su Q(u), quindi per la formula dei gradi
[E : Q] = [Q(u)(i) : Q(u)] · [Q(u) : Q] = 2 · 4 = 8.
• Sul campo F2 si ha P (X) = X 4 + 2 = X 4 quindi F2 è un campo di spezzamento per P (X) su F2 , e ha
grado 1.
• Sul campo F3 si ha P (X) = X 4 − 1 = (X 2 − 1)(X 2 + 1) = (X − 1)(X + 1)(X 2 + 1) quindi detto α uno
zero di X 2 + 1, che è irriducibile, un campo di spezzamento è F3 (α), ha grado 2.
• Sul campo F5 si vede che P (X) è irriducibile studiando le fattorizzazioni e quindi, per la nota nell’esercizio
precedente, un campo di spezzamento è F5 (α) dove α è una qualsiasi radice di P (X) in una qualche
estensione di F5 . Si può fare anche a mano, come per l’esercizio precedente, ottenendo P (X) = X 4 − 3 =
(X 2 − α2 )(X 2 + α2 ) = (X − α)(X + α)(X − 2α)(X + 2α).
(7) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 4 + 4 su Q. Risolvendo l’equazione biquadratica
troviamo X 2 = ±2i da cui i quattro zeri complessi di P (X) sono ±(1 ± i), quindi un campo di spezzamento
per P (X) è Q(i), e ha grado 2 su Q.
• Sul campo F2 si ha P (X) = X 4 quindi F2 è un campo di spezzamento per P (X) su F2 , e ha grado 1.
• Sul campo F3 si ha P (X) = X 4 + 1 e questo caso è stato discusso nell’esercizio riguardante il polinomio
X 4 − 2.
• Sul campo F5 si ha P (X) = X 4 − 1 = (X 2 − 1)(X 2 + 1) = (X − 1)(X + 1)(X − 2)(X + 2) quindi F5 è un
campo di spezzamento per P (X) su F5 , e ha grado 1.
2
(8) Trovare il grado di un campo di spezzamento di P (X) = X 4 +2X
+9 su Q. Risolvendo
√ l’equazione
√ biquadratica
√
Ora si ha −1 ± 2i 2 = (1 ± i 2)2 per cui i
otteniamo che gli zeri u di P (X) verificano √u2 = −1 ± 2i 2. √
quattro zeri complessi di P (X) sono ±(1 ± i 2). Segue che Q(i 2) è un campo di spezzamento per P (X) su
Q e ha grado 2.
• Sul campo F2 si ha P (X) = X 4 + 1 = (X + 1)4 quindi F2 è un campo di spezzamento per P (X) su F2 , e
ha grado 1.
• Sul campo F3 si ha P (X) = X 4 + 2X 2 = X 2 (X 2 − 1) = X 2 (X − 1)(X + 1) quindi F3 è un campo di
spezzamento per P (X) su F3 , e ha grado 1.
• Sul campo F5 si ha P (X) = X 4 + 2X 2 + 4 e studiando le fattorizzazioni abbiamo P (X) = (X 2 + 2X +
3)(X 2 − 2X + 3). Le radici di P (X) sono quindi ±1 ± α dove α è un elemento tale che α2 = 3. Segue che
F5 (α) è un campo di spezzamento di P (X) su F5 , ha grado 2.
2.6. Polinomi ciclotomici.
2.6.1. Sia z una radice primitiva nona di 1. Mostrare che z 6 + z 3 + 1 = 0, trovare il polinomio minimo di z su Q e dire
se Q(z) è campo di spezzamento su Q di X 9 − 1.
Risoluzione. Ricordiamo che se n è un intero positivo allora indicato con Φn (X) il polinomio ciclotomico n-esimo,
cioè il polinomio monico le cui radici sono le radici primitive n-esime di 1 si ha
Y
Xn − 1
.
Xn − 1 =
Φd (X) ⇒ Φn (X) = Q
d<n,d|n Φd (X)
d|n
È ovvio che Φ1 (X) = X−1. Con questa informazione possiamo determinare induttivamente tutti i polinomi ciclotomici:
Φ2 (X) =
Φ4 (X) =
Φ6 (X) =
X2 − 1
= X + 1,
X −1
X4 − 1
= X 2 + 1,
(X − 1)(X + 1)
X6 − 1
= X 2 − X + 1,
(X − 1)(X + 1)(X 2 + X + 1)
Φ3 (X) =
Φ5 (X) =
X3 − 1
= X 2 + X + 1,
X −1
X5 − 1
= X 4 + X 3 + X 2 + X + 1,
X −1
Φ7 (X) =
X7 − 1
= X 6 + X 5 + X 4 + X 3 + X 2 + X + 1,
X −1
102
MARTINO GARONZI
Φ8 (X) =
X8 − 1
= X 4 + 1,
(X − 1)(X + 1)(X 2 + 1)
Φ9 (X) =
X9 − 1
= X 6 + X 3 + 1.
(X − 1)(X 2 + X + 1)
Ne segue che z è zero di Φ9 (X) = X 6 +X 3 +1 e quindi z 6 +z 3 +1 = 0. Mostriamo che Φ9 (X) è irriducibile su Q. Per il
lemma di Gauss, basta mostrare che è irriducibile su Z, e per farlo basta mostrare che Φ9 (X + 1) è irriducibile. Usando
il fatto che l’elevamento alla 3 è un omomorfismo in caratteristica 3 (Frobenius) abbiamo (le seguenti congruenze sono
modulo 3)
Φ9 (X + 1)
=
(X + 1)6 + (X + 1)3 + (X + 1) ≡ ((X + 1)2 + (X + 1) + 1)3
=
(X 2 + 2X + 1 + X + 1 + 1)3 ≡ X 6 .
Siccome Φ9 (1) = 3, segue dal criterio di Eisenstein che Φ9 (X + 1) è irriducibile in Z[X]. Quindi Φ9 (X) è il polinomio
minimo di z su Q. Q(z) è campo di spezzamento di X 9 − 1 su Q perché gli zeri di X 9 − 1 sono le radici none di 1,
cioè le potenze di z.
2.6.2. Sia p un numero primo, e sia z una radice primitiva p-esima di 1. Mostrare che:
(1) 1, z, . . . , z p−1 sono linearmente dipendenti su Q,
(2) ogni sottoinsieme proprio di {1, . . . , z p−1 } è linearmente indipendente su Q.
Risoluzione. Punto (1). Il grado [Q(u) : Q] è uguale a ϕ(p) = p − 1, cioè Q(u) ha dimensione p − 1 su Q.
Siccome 1, . . . , z p−1 sono p elementi di Q(u), e p > p − 1, segue che essi sono linearmente dipendenti su Q. Troviamo
esplicitamente una combinazione lineare che fa zero. z è una radice primitiva p-esima di 1, quindi è radice del polinomio
ciclotomico p-esimo Φp (X) = 1+X +. . .+X p−1 . Ne segue che 1+. . .+z p−1 = 0, quindi 1, z, . . . , z p−1 sono linearmente
dipendenti su Q.
P
Punto (2). Sia A un sottoinsieme proprio e non vuoto di {1, . . . , z p−1 }, e supponiamo che zj ∈A aj z j = 0 per
P
alcuni aj ∈ Q. Vogliamo mostrare che questi aj sono tutti zero. z è zero del polinomio P (X) = zj ∈A aj X j , quindi il
polinomio minimo di z, Φp (X), deve dividere P (X): P (X) = Φp (X)Q(X) per qualche Q(X) ∈ Q[X]. Siccome il grado
di P (X) è minore o uguale di p − 1 = deg(Φp (X)), segue che Q(X) è un polinomio costante, diciamo Q(X) = a ∈ Q.
Ma allora
P (X) = aΦp (X) = a + aX + aX 2 + . . . + aX p−1 .
Siccome A è un sottoinsieme proprio di {1, z, . . . , z p−1 }, almeno uno dei coefficienti di P (X) è zero e quindi a = 0.
Segue che P (X) è il polinomio nullo, e quindi i suoi coefficienti (gli aj con z j ∈ A) sono tutti nulli.
2.6.3. Sia Φn (X) il polinomio ciclotomico n-esimo. Mostrare che se n > 1 è dispari allora Φ2n (X) = Φn (−X).
Risoluzione. Mostriamo che ogni zero di Φ2n (X) è zero di Φn (−X). Sia z uno zero di Φ2n (X), cioè una radice
primitiva 2n-esima di 1. Questo significa che il gruppo moltiplicativo generato da z ha 2n elementi. z è zero di
X 2n − 1 = (X n − 1)(X n + 1). Siccome z n 6= 1 (perché l’ordine moltiplicativo di z è 2n) segue che z è zero di
X n + 1, cioè z n = −1. Siccome n è dispari, (−z)n = 1, quindi −z è una radice n-esima di 1. Mostriamo che l’ordine
moltiplicativo di −z è proprio n. Sia d l’ordine moltiplicativo di −z. Allora d divide n, quindi è dispari, per cui da
(−z)d = 1 segue z d = −1 e quindi z 2d = 1. Siccome l’ordine moltiplicativo di z è 2n, segue che 2n divide 2d e quindi
n divide d, e otteniamo che n = d. Segue che −z è una radice primitiva n-esima di 1 e quindi Φn (−z) = 0, cioè z è
radice di Φn (−X).
Ora, siccome n è dispari si ha
deg(Φ2n (X)) = ϕ(2n) = ϕ(2)ϕ(n) = ϕ(n) = deg(Φn (X)) = deg(Φn (−X)).
Siccome i due polinomi Φ2n (X) e Φn (−X) hanno lo stesso grado, uguale a ϕ(n), sono monici (notiamo infatti che
ϕ(m) è pari per ogni m > 2, quindi (−X)ϕ(n) = X ϕ(n) ) e hanno ϕ(n) zeri, tutti distinti, in comune, segue dal teorema
di Ruffini (applicato ϕ(n) volte) che sono uguali: Φ2n (X) = Φn (−X).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
2.6.4. Siano K un campo e P (X) =
P (X), cioè
Pn
i=0
103
ai X i ∈ K[X] irriducibile. Indichiamo con P 0 (X) il polinomio derivato di
n
n
X
X
P 0 (X) = (
ai X i )0 =
iai X i−1 .
i=0
i=1
Mostrare che le due affermazioni seguenti sono equivalenti:
(1) P (X) ha uno zero multiplo (cioè esiste a ∈ F , con F ⊇ K, tale che (X − a)2 divide P (X) in F [X]);
(2) P 0 (X) è il polinomio nullo.
Mostrare che se p è un numero primo il polinomio X n − 1 ∈ Fp [X] ha zeri multipli se e solo se p divide n.
Risoluzione. (1) implica (2). Diciamo P (X) = (X − a)2 Q(X) con Q(X) ∈ F [X], F ⊇ K. Allora
P 0 (X) = 2(X − a)Q(X) + Q0 (X)(X − a)2 = (X − a)(2Q(X) + Q0 (X)(X − a)).
Ne segue che a è uno zero comune di P (X) e P 0 (X), in particolare P (X) e P 0 (X) non sono coprimi in F [X], quindi
nemmeno in K[X]. Infatti se fossero coprimi in K[X] allora siccome K[X] è un dominio euclideo potremmo applicare
l’algoritmo di Euclide e trovare polinomi A(X), B(X) ∈ K[X] con A(X)P (X) + B(X)P 0 (X) = 1, e valutando in a
otterremmo 0 = 1, assurdo. Siccome P (X) è irriducibile in K[X], segue che P (X) divide P 0 (X). Siccome il grado di
P 0 (X) è strettamente minore del grado di P (X), segue che P 0 (X) è il polinomio nullo.
(2) implica (1). Sia a uno zero di P (X) in un’opportuna estensione F di K. Allora P (X) = (X − a)Q(X) per un
Q(X) ∈ F [X]. Derivando otteniamo P 0 (X) = Q(X) + (X − a)Q0 (X), e valutando in a abbiamo P 0 (a) = Q(a). Se
P 0 (X) è il polinomio nullo allora Q(a) = P 0 (a) = 0 e quindi per il teorema di Ruffini X − a divide Q(X), per cui
(X − a)2 divide P (X) = (X − a)Q(X).
Osserviamo che senza l’ipotesi di irriducibilità, vale comunque che uno zero multiplo di un polinomio P (X) è uno
zero comune a P (X) e P 0 (X). Il polinomio derivato di X n − 1 è nX n−1 , e questi due polinomi hanno zeri in comune
se e solo se n = 0 in Fp , cioè p divide n.
2.6.5. Sia n un intero positivo. Mostrare che Φn (0) = ±1.
Risoluzione. Siccome Φn (X) ∈ Z[X] si ha Φn (0) ∈ Z. Siano η1 , . . . , ηϕ(n) le radici primitive n-esime di 1. Per
definizione, si ha
Φn (X) = (X − η1 ) · · · (X − ηϕ(n) ) ⇒ Φn (0) = (−1)ϕ(n) η1 · · · ηϕ(n) .
Segue che Φn (0) è, a meno del segno, il prodotto di tutte le radici primitive n-esime di 1 e quindi è una radice 2n-esima
di 1. Le uniche radici dell’unità appartenenti a Z sono 1 e −1, quindi Φn (0) = ±1.
2.6.6. Sia n un intero positivo. Sia µ la funzione di Moebius classica, cioè la funzione N → C definita in 1.1.81.
Mostrare che µ(n) è uguale alla somma delle radici primitive n-esime di 1 in C.
Risoluzione. Usiamo le notazioni in 1.1.81. Sia FP
(n) la somma delle radici primitive n-esime di 1 in C. Allora la
somma di tutte le radici n-esime di 1 in C è uguale a d|n F (d) = (F ∗ u)(n), e d’altra parte, se n > 1, è anche uguale
all’opposto del termine di grado 1 in X n − 1, che vale 0. In altre parole F ∗ u = δ. Ne segue che
F = F ∗ δ = F ∗ (u ∗ µ) = (F ∗ u) ∗ µ = δ ∗ µ = µ.
2.6.7. Mostrare che se n è un intero positivo allora ci sono infiniti primi della forma nk + 1, con k intero positivo.
Risoluzione. Confrontare con l’esercizio 2.2.1. Supponiamo per assurdo che siano finiti, e chiamiamoli p1 , . . . , ph .
Sia a := np1 · · · ph . Sia p un divisore primo di Φn (a). Allora a è zero del polinomio ridotto Φn (X) ∈ Fp [X]. Segue
dall’esercizio 2.6.5 che a è invertibile modulo p, cioè p non divide a, in particolare p non divide n. Segue dall’esercizio
2.6.4 che X n − 1 non ha zeri multipli in Fp , quindi se d1 , d2 sono due divisori distinti di n allora Φd1 (X) e Φd2 (X)
104
MARTINO GARONZI
non hanno zeri comuni in Fp . Sicome a è zero di Φn (X), segue che Φd (a) 6= 0 per ogni divisore d di n tale che d < n.
Quindi se d < n è un divisore di n allora nel campo Fp si ha
Y
ad − 1 =
Φd0 (a) 6= 0.
d0 |d
D’altra parte Φn (a) = 0, quindi an ≡ 1 mod (p). Ne segue che a ha ordine n nel gruppo moltiplicativo Fp − {0}.
Siccome questo gruppo ha ordine p − 1, dal teorema di Lagrange segue che n divide p − 1 e quindi p è congruo a 1
modulo n, quindi divide a, assurdo.
2.7. Costruibilità.
2.7.1. Sia z ∈ C un elemento costruibile su Q. Mostrare che il grado di z su Q è una potenza di 2. Mostrare che
sin(2π/11) non è costruibile su Q.
Risoluzione. Sappiamo che z è costruibile se e solo se z appartiene a un intercampo Q ⊆ K ⊆ C raggiungibile
da Q tramite una sequenza di estensioni di grado 2. In particolare dalla formula dei gradi segue che [K : Q] è una
potenza di 2. Sempre dalla formula dei gradi, [K : Q] = [K : Q(z)] · [Q(z) : Q], quindi [Q(z) : Q] è una potenza di 2.
Supponiamo che sin(α) sia costruibile, per qualche α ∈ R. Allora anche cos(α) è costruibile, infatti cos2 (α) =
1−sin2 (α), 1−sin2 (α) è costruibile (i numeri costruibili formano un campo) e le radici quadrate di un numero costruibile
sono costruibili. Quindi essendo i costruibile (essendo Q ⊂ Q(i) un’estensione di grado 2), anche eiα = cos(α)+i sin(α)
è costruibile. Sia ora α = 2π/11. Allora µ11 = eiα è una radice primitiva 11-esima di 1, quindi siccome Φ11 (X) è
irriducibile il grado di µ11 su Q è deg(Φ11 (X)) = ϕ(11). Ne segue che se sin(2π/11) è costruibile allora ϕ(11) è una
potenza di 2. Ma ϕ(11) = 10 non è una potenza di 2. Quindi sin(2π/11) non è costruibile.
Una digressione. Usando la teoria di Galois si dimostra che le radici primitive n-esime di 1 (e quindi gli n-agoni
regolari) sono costruibili se e solo se ϕ(n) è una potenza di 2.
2.7.2. Sia z ∈ C costruibile su Q. Mostrare che anche il coniugato z è costruibile.
Risoluzione. Siccome z è costruibile esiste una catena di intercampi
Q = K1 ⊂ K2 ⊂ · · · ⊂ Kt 3 z,
con Kt ⊆ C e [Ki : Ki−1 ] = 2 per ogni i = 2, . . . , t. Sia τ : C → C il coniugio, τ (a + ib) = a − ib. Si tratta di un
automorfismo di campi. Applicandolo alla catena scritta otteniamo una catena di intercampi
Q = τ (Q) = τ (K1 ) ⊂ τ (K2 ) ⊂ · · · ⊂ τ (Kt ) 3 τ (z) = z.
Per concludere basta mostrare che [τ (Ki ) : τ (Ki−1 )] = [Ki : Ki−1 ] per ogni i = 2, . . . , t. Sia dunque i ∈ {2, . . . , t}. Sia
{v, w} una Ki−1 -base di Ki e mostriamo che {τ (v), τ (w)} è una τ (Ki−1 )-base di τ (Ki ). Che sia un insieme di generatori
è chiaro, infatti ogni elemento di Ki si scrive come av + bw con a, b ∈ Ki−1 e τ (av + bw) = τ (a)τ (v) + τ (b)τ (w).
Mostriamo che è linearmente indipendente. Siano a, b ∈ Ki−1 tali che τ (a)τ (v) + τ (b)τ (w) = 0. Allora τ (av + bw) = 0
e quindi av + bw = 0, essendo τ un isomorfismo di campi. Siccome v, w sono indipendenti su Ki−1 segue a = b = 0 e
quindi τ (a) = 0 = τ (b).
2.7.3. Elemento di grado 4 non costruibile. Sia f (X) = X 4 − 4X + 2 ∈ Q[X]. Mostrare che gli zeri di f (X) in C hanno
grado 4 e non sono costruibili. Questo corrisponde, tramite la teoria di Galois, al fatto che il gruppo simmetrico S4
ammette sottogruppi massimali di indice 4 (cf. l’esercizio 1.3.18).
Risoluzione. Gli zeri di f (X) hanno grado 4 su Q se e solo se f (X) è irriducibile su Q. Questo si vede direttamente
scrivendo le candidate fattorizzazioni di f (X) e uguagliando i coefficienti. Siano α1 , α2 , α3 , α4 gli zeri di f (X) in C.
Due di essi sono reali e gli altri due no, diciamo che quelli reali sono α1 e α3 , e diciamo che α2 = α1 e α4 = α3 (dove
α indica il coniugato di α, a + ib = a − ib). Fattorizziamo f (X) su R: scriviamo
X 2 − 4X + 2 = (X 2 + aX + b)(X 2 + cX + d) = (X − α1 )(X − α2 )(X − α3 )(X − α4 ).
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
105
Svolgendo i calcoli si ottiene c = −a, b + d = a2 , a(d − b) = −4 e bd = 2. Poiché a = −(α1 + α2 ), b = α1 α2 ,
c = −(α3 + α4 ) e d = α3 α4 e gli elementi costruibili formano un campo, dalle relazioni scritte deduciamo che se un αi
è costruibile allora lo è anche il suo coniugato αi (cf. l’esercizio 2.7.2), e quindi lo sono anche a, b, per cui applicando
Ruffini, siccome gli elementi costruibili formano un campo, sono costruibili anche c, d. Deduciamo che se per assurdo
un αi è costruibile allora anche t := b + d è costruibile. Ora,
t(t2 − 8) = a2 ((b + d)2 − 8) = a2 ((b + d)2 − 4bd) = a2 (b − d)2 = 16,
quindi t è zero del polinomio X 3 − 8X − 16, irriducibile su Z, dunque su Q. b + d risulta essere un elemento costruibile
di grado 3, assurdo (3 non è una potenza di 2: cf. l’esercizio 2.7.1).
2.8. Cardinalità e lemma di Zorn.
2.8.1. Siano A ⊆ C l’insieme degli elementi algebrici su Q, T ⊆ C l’insieme degli elementi trascendenti su Q. Mostrare
che |A| = |N| e |T | = |C|. In altre parole, gli elementi trascendenti sono “molti di più” di quelli algebrici.
Risoluzione. Siccome A ∪ T = C, il fatto che |A| = |N| implica che |T | = |C|. Infatti T è infinito (per esempio
perché contiene π, π 2 , π 3 , . . .), quindi |T | ≥ |N|, e quindi se |A| = |N| allora
|C| = |A ∪ T | ≤ |A| + |T | ≤ 2|T | ≤ |T |,
per cui |T | = |C| dal teorema di Cantor-Schroeder-Bernstein.
Mostriamo che |A| = |N|. Siccome Q ⊆ A, A è infinito. Siccome ogni polinomio ha un numero finito di zeri,
possiamo costruire una funzione suriettiva (Q[X] − {0}) × N → A come segue: ordiniamo gli zeri di ogni polinomio
0 6= P (X) ∈ Q[X] e mandiamo (P (X), n) nell’n-esimo zero di P (X) se tale zero è definito, in un qualunque elemento
di A (per esempio 0) altrimenti. Si ha quindi
|N| ≤ |A| ≤ |Q[X] × N| = |Q[X]| · |N| = |Q| · |N| = |N|2 = |N|.
Segue che |A| = |N| dal teorema di Cantor-Schroeder-Bernstein.
2.8.2. Utilizzando il fatto che |X| · |X| = |X| se X è un insieme infinito (conseguenza del lemma di Zorn) mostrare
che se S è un insieme infinito allora S è equipotente all’insieme dei sottoinsiemi finiti di S.
Risoluzione. Sia F l’insieme dei sottoinsiemi finiti di S. Osserviamo che la funzione S → F che manda s in
{s} è iniettiva e quindi |S| ≤ |F |. Per il teorema di Cantor-Schroeder-Bernstein, per concludere basta mostrare che
|F | ≤S |S|. Per ogni intero positivo n sia Fn l’insieme dei sottoinsiemi di S di cardinalità al più n. Chiaramente
F = n>0 Fn . Osserviamo che la funzione
ψ : S n = S × · · · × S → Fn ,
(s1 , . . . , sn ) 7→ {s1 , . . . , sn }
è ben definita ed è suriettiva (se {s1 , . . . , sm } ∈ Fn con m ≤ n allora ψ(s1 , . . . , sm , sm , . . . , sm ) = {s1 , . . . , sm }), quindi
|S n | ≥ |Fn |. La funzione S → Fn che manda s in {s} è iniettiva e quindi |S| ≤ |Fn |. Siccome |S|n = |S| · · · |S| = |S|
(cf. l’enunciato) si ha
|S| ≤ |Fn | ≤ |S n | = |S|n = |S|.
Dal teorema di Cantor-Schroeder-Bernstein segue allora che |S| = |Fn |. Sia fn : S → Fn una biiezione. La funzione
ϕ : S × N≥1 → F,
è suriettiva: se A ∈ F allora
−1
ϕ(f|A|
(A), |A|)
(s, n) 7→ fn (s)
= A. Abbiamo quindi
|F | ≤ |S × N≥1 | = |S| · |N| = |S|,
da cui |F | ≤ |S|, come volevamo.
106
MARTINO GARONZI
2.8.3. Utilizzando l’esercizio 2.8.2 mostrare che ad ogni insieme non vuoto può essere data una struttura di gruppo.
Risoluzione. Sia S un insieme non vuoto. Se esiste un gruppo G tale che |S| = |G| allora data una biiezione
f : S → G la seguente operazione ∗ rende S un gruppo:
a ∗ b := f −1 (f (a) · f (b))
∀a, b ∈ S,
dove · indica l’operazione in G. Con questa operazione, S diventa un gruppo isomorfo a G (infatti f diventa un
isomorfismo di gruppi). Questo procedimento è standard e di solito si chiama “trasporto di struttura”.
Se S è finito allora il gruppo ciclico di ordine |S| è equipotente ad S: |C|S| | = |S|.
Supponiamo quindi che S sia infinito. Per 2.8.2 S è equipotente a F , l’insieme delle parti finite di S, quindi per
concludere basta dotare F della struttura di gruppo. Dati A, B ∈ F definiamo
A ∗ B := A4B = (A − B) ∪ (B − A).
Con questa operazione (che si chiama “differenza simmetrica”) F diventa un gruppo con elemento neutro ∅.
2.8.4. Esercizi sul Lemma di Zorn. Nei seguenti esercizi è data una famiglia non vuota X ordinata per inclusione e
si richiede di mostrare che X ha elementi massimali. La strategia è sempre la stessa: si applica il Lemma di Zorn.
Si considera quindi una catena C in X, cioè un sottoinsieme totalmente ordinato di X, e si mostra che ammette un
maggiorante in X, cioè che esiste un elemento x ∈ X tale che c ⊆ x per ogni c ∈ C. Per il Lemma di Zorn segue allora
che X ha elementi massimali.
(1) Sia G un gruppo e siano a 6= 1 un suo elemento, S un suo sottoinsieme, con 1 6∈ S. Allora le seguenti famiglie
X di sottogruppi di G, ordinate per inclusione, sono non vuote e hanno elementi massimali: la famiglia dei
sottogruppi di G che non contengono a, la famiglia dei sottogruppi di G disgiunti da S, e, quando S è finito,
la famiglia dei sottogruppi di G che non contengono S.
(2) Sia A anello commutativo unitario e siano S un sottoinsieme di A che non contiene 0, x un elemento non
nilpotente di A (cioè xn 6= 0 per ogni n intero positivo). Allora la famiglia X degli ideali di A disgiunti da S,
ordinata per inclusione, è non vuota e ha elementi massimali. Ora sia S l’insieme delle potenze di un elemento
x di A non nilpotente, cioè S = {xn : n ∈ N>0 } (S non contiene 0 essendo 01 = 0). Mostrare che allora
gli elementi massimali di X sono ideali primi di A e dedurre che un elemento di A è nilpotente se e solo se
appartiene a tutti gli ideali primi di A.
Esercizio
1. Osserviamo che in tutti e tre i casi {1} ∈ X, quindi X 6= ∅. Sia C = {Hλ }λ∈Λ una catena in X, e sia
S
H := λ∈Λ Hλ . Certamente H è un maggiorante per C, essendo Hλ ⊆ H per ogni λ ∈ Λ (per definizione di unione).
Rimane da dimostrare che H ∈ X, e per questo è necessario che H sia un sottogruppo di G.
• L’elemento neutro 1 di G appartiene ad H essendo 1 ∈ HS
λ per ogni λ ∈ Λ e quindi anche 1 ∈ H.
• Sia x ∈ H e mostriamo che x−1 ∈ H. Siccome x ∈ H = λ∈Λ Hλ per definizione di unione esiste λ ∈ Λ con
x ∈ Hλ per cui anche x−1 ∈ Hλ (essendo Hλ un sottogruppo)
quindi x−1 ∈ H (per definizione di unione).
S
• Siano x, y ∈ H e mostriamo che xy ∈ H. Siccome H = λ∈Λ Hλ per definizione di unione esistono λ, µ ∈ Λ
tali che x ∈ Hλ e y ∈ Hµ . Siccome l’inclusione induce in C un ordine totale (perché C è una catena) si ha
Hλ ⊆ Hµ oppure Hµ ⊆ Hλ . Nel primo caso x ∈ Hλ ⊆ Hµ 3 y quindi siccome Hµ è un sottogruppo di G,
xy ∈ Hµ ⊆ H e quindi xy ∈ H. Nel secondo caso y ∈ Hµ ⊆ Hλ 3 x quindi siccome Hλ è un sottogruppo di
G, xy ∈ Hλ ⊆ H quindi xy ∈ H.
Per mostrare che H ∈ X ci rimane da verificare una condizione, che è diversa nei tre casi.
• Caso 1. X = {K ≤ G : Sa 6∈ K}. Dobbiamo quindi mostrare che a 6∈ H. Se fosse a ∈ H allora per definizione
di unione siccome H = λ∈Λ Hλ esiste λ ∈ Λ tale che a ∈ Hλ , e questo contraddice il fatto che Hλ ∈ X.
• Caso 2. X = {K ≤ G : S ∩ K =S∅}. Dobbiamo quindi mostrare che S ∩ H = ∅. Se fosse S ∩ H 6= ∅ allora
esisterebbe a ∈ S con a ∈ H = λ∈Λ Hλ , quindi per definizione di unione esiste λ ∈ Λ tale che a ∈ Hλ e
siccome a ∈ S questo contraddice il fatto che Hλ ∈ X.
ESERCIZI SU GRUPPI E POLINOMI
107
• Caso 3. S è finito e X = {K ≤ G : S 6⊆ K}. Dobbiamo quindi mostrare che S 6⊆ H. Scriviamo
S = {a1 , . . . , ak } e supponiamo perSassurdo che sia S ⊆ H. Allora ai ∈ H per ogni i = 1, . . . , k quindi per
definizione di unione siccome H = λ∈Λ Hλ esistono λ1 , . . . , λk ∈ Λ tali che ai ∈ Hλi per ogni i = 1, . . . , k.
Siccome l’ordine in C indotto dall’inclusione è totale, esiste j ∈ {1, . . . , k} tale che Hλi ⊆ Hλj per ogni
i = 1, . . . , k (in un insieme totalmente ordinato i sottoinsiemi finiti hanno un unico minimo e un unico
massimo), quindi ai ∈ Hλj per ogni i = 1, . . . , k cioè S ⊆ Hλj e questo contraddice il fatto che Hλj ∈ X.
S
Esercizio 2. Osserviamo che {0} ∈ X, quindi X 6= ∅. Sia C = {Iλ }λ∈Λ una catena in X, e sia I := λ∈Λ Iλ .
Certamente I è un maggiorante per C, essendo Iλ ⊆ I per ogni λ ∈ Λ (per definizione di unione). Rimane da
dimostrare che I ∈ X, e per questo è necessario che I sia un ideale di A.
• 0 appartiene ad I essendo 0 ∈ Iλ per ogni λ ∈ Λ e quindi anche 0 ∈ I.
S
• Sia x ∈ I e sia a ∈ A, mostriamo che ax ∈ I. Per definizione di unione siccome I = λ Iλ esiste λ ∈ Λ tale
che x ∈ Iλ per cui ax ∈ Iλ essendo Iλ un ideale, quindi anche ax ∈ I per definizione di unione. In particolare
quando a = −1 otteniamo che −x ∈ I, cioè I contiene S
gli inversi additivi dei suoi elementi.
• Siano x, y ∈ I, mostriamo che x + y ∈ I. Siccome I = λ∈Λ Iλ per definizione di unione esistono λ, µ ∈ Λ tali
che x ∈ Iλ e y ∈ Iµ . Siccome l’inclusione induce in C un ordine totale (perché C è una catena) si ha Iλ ⊆ Iµ
oppure Iµ ⊆ Iλ . Nel primo caso x ∈ Iλ ⊆ Iµ 3 y quindi siccome Iµ è un ideale di A, x + y ∈ Iµ ⊆ I e quindi
x + y ∈ I. Nel secondo caso y ∈ Iµ ⊆ Iλ 3 x quindi siccome Iλ è un ideale di A, x + y ∈ Iλ ⊆ I quindi
x + y ∈ I.
Per mostrare
che I ∈ X ci rimane da verificare che S ∩ I = ∅. Se fosse S ∩ I 6= ∅ allora esisterebbe a ∈ S con
S
a ∈ I = λ∈Λ Iλ , quindi per definizione di unione esiste λ ∈ Λ tale che a ∈ Iλ e siccome a ∈ S questo contraddice il
fatto che Iλ ∈ X.
Consideriamo ora il caso in cui S = {xn : n ∈ N>0 } dove x è un elemento non nilpotente di A, cioè xn 6= 0 per
ogni n ∈ N>0 . Sia P un elemento massimale di X (abbiamo appena dimostrato che esiste). Mostriamo che è un ideale
primo. Dobbiamo cioè mostrare che se α, β ∈ A con αβ ∈ P allora almeno uno tra α e β appartiene a P . Supponiamo
quindi per assurdo che sia αβ ∈ P con α 6∈ P e β 6∈ P . Allora gli ideali P + (α) e P + (β) contengono P propriamente,
infatti α e β non appartengono a P . Siccome P è un elemento massimale di X segue che P + (α), P + (β) 6∈ X. In altre
parole esistono n, m interi positivi con xn ∈ P + (α) e xm ∈ P + (β), cioè esistono a, c ∈ P e b, d ∈ A con xn = a + αb,
xm = c + βd. Allora abbiamo
xn+m = xn xm = (a + αb)(c + βd) = ac + aβd + αbc + αβbd
e questo elemento appartiene a P , infatti a, c ∈ P , αβ ∈ P e P è un ideale. Deduciamo che xn+m ∈ P e questo
contraddice il fatto che P ∈ X. In conclusione, P è un ideale primo di A.
Sia ora N l’insieme degli elementi nilpotenti di A. Mostriamo che N è uguale all’intersezione degli ideali primi di
A.
• (⊆). Se x ∈ N e I è un ideale primo di A allora esiste un intero positivo n con xn = 0 ∈ I e quindi, siccome I
è un ideale primo, da x · xn−1 = xn ∈ I segue x ∈ I oppure xn−1 ∈ I, e per induzione concludiamo che x ∈ I.
Quindi x appartiene a tutti gli ideali primi di A, quindi appartiene alla loro intersezione.
• (⊇). Sia x un elemento di A che appartiene a tutti gli ideali primi di A, e mostriamo che x ∈ N . Se fosse
x 6∈ N allora per quanto dimostrato sopra la famiglia X = {J A : xn 6∈ J ∀n ∈ N>0 } ha un elemento
massimale P , che come visto è un ideale primo di A. Siccome P ∈ X si ha x = x1 6∈ P e questo contraddice il
fatto che x appartiene a tutti gli ideali primi di A.
2.8.5. Tu e altre infinite persone indossate un cappello. Ogni cappello è rosso oppure verde. Ogni persona vede il
colore del cappello di ogni altra persona, ma non vede il colore del proprio; a parte questo, non ci si può scambiare
informazioni (ma si può fissare una strategia prima della comparsa dei cappelli). Simultaneamente, ognuno prova a
108
MARTINO GARONZI
indovinare il colore del proprio cappello. Si vince se solo un numero finito di persone si sbaglia. Trovare una strategia
vincente.
Risoluzione. Sia X l’insieme delle persone e sia I l’insieme {rosso, verde}. Un’assegnazione di cappelli è una
funzione f : X → I, cioè un elemento di I X . Diciamo che f, g ∈ I X sono equivalenti se l’insieme {x ∈ X : f (x) 6= g(x)}
è finito, cioè se f e g coincidono al di fuori di un insieme finito. Denotiamo con [f ] la classe di f ∈ I X . Quando è
data un’assegnazione f , la persona x conosce f (y) per ogni y 6= x ma non conosce f (x). Siccome {x} è un insieme
finito, la persona x certamente conosce [f ]. L’idea è che x sceglierà una g ∈ [f ] e proverà a indovinare che il colore del
suo cappello è g(x). La cosa funziona solo se ogni altra persona sceglie la stessa g. Quindi la strategia è la seguente:
usando l’assioma della scelta, prima della comparsa dei cappelli le persone scelgono un rappresentante gC di ogni classe
di equivalenza C. Alla comparsa dei cappelli, associata all’assegnazione f ∈ I X , ogni persona x calcola [f ] e dichiara
che il colore del suo cappello è g[f ] (x). Questo è tutto perché per definizione g[f ] e f differiscono solo su un numero
finito di persone.
Riferimenti bibliografici
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M. Aschbacher, Finite Group Theory; Cambridge Studies in Advanced Mathematics.
M. Isaacs, Finite Group Theory; Graduate Studies in Mathematics.
D. Gorenstein, Finite Groups; American Mathematical Society.
P. J. Cameron, Permutation Groups; London Mathematical Society.
D. J. S. Robinson, A Course in the Theory of Groups; Springer.
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