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UdA sacerdozio - secondaria II

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UdA sacerdozio - secondaria II
Il potere e la gloria di Graham Greene
di Andrea Monda
Sono tanti i romanzi e i film che parlano del sacerdozio e che hanno come personaggio di rilievo
un sacerdote. Sembrerebbe quindi per niente facile operare una scelta e indicarne uno in particolare.
Mi viene subito in mente, ovviamente, Il diario di un curato di campagna di George Bernanos in
cui il sacerdote è colui che è esortato “ad essere sale e non miele della terra” e poi mi sovviene
anche un altro romanzo, molto più recente e meno noto, Padre Joe di Tony Hendra (edito in Italia
da Mondadori ma con scarso successo), splendido ritratto di un monaco benedettino inglese
realmente esistito. Però se devo scegliere la mia predilezione va per il prete protagonista de Il
potere e la gloria di Graham Greene. Pochi romanzi mi hanno fatto capire, come questo di Greene,
il senso del sacerdozio e, quindi, anche della fede cristiana. Il lettore non ci troverà niente di
“edificante” in questo crudo racconto di un prete santo, anzi toccherà con mano tutte le fragilità, le
cadute, le miserie che i sacerdoti, come tutti gli esseri umani, vivono necessariamente sulla loro
difficile via verso la santificazione. Il prete di Greene è infatti un santo, non un “santino”; è un prete
in carne e ossa, senza fronzoli, senza “spiritualismi”, senza retorica. È un prete vero, cioè vero
uomo, al tempo stesso santo e peccatore. Nel 1948 Graham Greene scrive Il nocciolo della
questione che contiene, nella prima pagina, questa citazione tratta da Charles Peguy: Al cuore stesso
della cristianità nessuno è così competente come il peccatore in materia di cristianità. Nessuno se
non il santo. È una specie di “manifesto” della poetica dello scrittore inglese che parlerà sempre
dell’uomo, dell’uomo che vive nella storia, cioè nel già e non ancora, che è sempre ad un tempo
santo e peccatore. Nei suo Saggi cattolici aveva peraltro affermato: “È un controsenso, infatti, voler
ritrarre un’umanità peccatrice in una letteratura scevra di peccato”. Il protagonista del capolavoro
di Graham Greene, Il potere e la gloria del 1940, è quindi questo prete qui, santo e peccatore.
Reduce da un viaggio in Messico il romanziere inglese racconta attraverso una “favola eterna” (il
protagonista non ha nemmeno il nome) gli orrori della persecuzione anti-cattolica che oltre un
decennio prima si era scatenata in quella nazione.
La trama è ad un tempo semplicissima e complessa. È la storia di un prete, senza nome, che vive
nel Messico nella fine degli anni ’20. è un prete corrotto che non solo ha tradito la sua vocazione –
ha avuto infatti una figlia da una relazione con una donna – ma continuamente manca alla sua
missione: è un vigliacco e fugge di continuo alla persecuzione di quegli anni feroci vivendo
praticamente alla macchia e occultando il suo ministero. Tutto il libro, sino al finale a sorpresa in
cui il prete vigliacco ritrova il coraggio e vivendo da prete subirà il martirio della fede, è la
descrizione di quel continuamente. In un breve, intenso, articolo dell’ottobre 1940, intitolato A casa
e dedicato alla descrizione dei quartieri di Londra distrutti dai bombardamenti nazisti, Greene
scrive: “Ci si abitua a qualunque cosa…” però poi aggiunge: “Ci sono delle cose alle quali non ci
si abitua mai perché non hanno connessione: la santità, la fedeltà e il coraggio degli esseri umani
abbandonati al libero arbitrio: simili virtù appartengono ai vecchi edifici delle università e alle
cattedrali, reliquie di un mondo con fede.” 1 Il potere e la gloria parla di questa santità che spezza
l’abitudine, che interrompe la “connessione” (viene in mente Eliot che chiamava la Chiesa “La
Straniera”), che spezza l’abitudine, la catena del vizio. Il prete corrotto ad un certo punto riacquista
il coraggio e la fedeltà e proprio nel finale, smette di fuggire e, semplicemente, vive il sacerdozio in
pienezza, fino in fondo, pagando con la vita la sua fedeltà a Cristo e la sua carità verso il prossimo.
Già il particolare dell’essere senza nome è molto eloquente: l’autore vuole mettere l’accento
sull’umiltà necessaria per la realizzazione della missione a cui ogni sacerdote risponde diventando
prete, sul fatto cioè che nessuno “fa” il prete ma si “è” prete per cui l’uomo e la funzione si
identificano, coincidono, per dirla con McLuhan, il messaggero è il messaggio. Ma è molto più
1
G. GREENE, Greene inedito, Longanesi, 1962, pag.686 e ss.
A. MONDA – Il potere e la gloria
Settembre 2009 – pag. 2
efficace leggere le parole stesse dell’anonimo protagonista del romanzo quando parla, per l’ultima
volta, nel momento in cui sta per essere fucilato e si rivolge così al luogotenente, rivoluzionario,
razionalista e ateo, che lo ha catturato: “…questa è un’altra differenza tra noi. È inutile che
lavoriate per il vostro scopo, a meno che non siate un uomo buono voi stesso. E non ci saranno
sempre uomini buoni nel vostro partito. E allora si avrà di nuovo tutta la vecchia fame, le violenze,
l’arricchirsi ad ogni costo. Ma il fatto ch’io sia un codardo, e tutto il resto, non ha molta
importanza. Posso mettere Dio lo stesso nella bocca di un uomo, e posso dargli il perdono di Dio.
Anche se ogni prete della chiesa fosse come me, non ci sarebbe nessuna differenza sotto questo
aspetto” 2 . Le rivoluzioni solamente umane hanno bisogno di eroi, di super-uomini, la chiesa di
Cristo esige solo il sì di semplici e veri uomini (come Cristo è vero uomo), la loro totale adesione,
perché la fede cristiana, come ricorda l’introduzione della Deus Caritas est di Benedetto XVI, non è
frutto di una grande idea o di una teoria filosofica ma di un incontro tra due persone, quella di
Cristo con quella del credente, un incontro reale tra persone vere, con tutte le loro limitazioni.
Non può non venire in mente una delle più immagini di G. K. Chesterton (con cui Greene era
imparentato per via della moglie), che il grande giallista inglese inventa per descrivere il mistero
della chiesa: nel saggio Eretici del 1905, in polemica con Shaw e la sua teoria del superuomo, GKC
spiega che “Il signor Shaw non riesce a capire che ciò che è prezioso e degno d’amore ai nostri
occhi è l’uomo, il vecchio bevitore di birra, creatore di fedi, combattivo, fallace, sensuale e
rispettabile. E le cose fondate su questa creatura restano in perpetuo; le cose fondate sulla fantasia
del Superuomo sono morte con le civiltà morenti che sole le hanno partorite. Quando, in un
momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra
angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una
parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non
hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e
costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la
storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché
nessuna catena è più forte del suo anello più debole.” 3 Un successore di Pietro, Paolo VI, aveva
molto apprezzato il romanzo di Greene e quando incontrò in udienza privata l’autore si
complimentò con lui… e Greene non perse l’occasione per far notare al Santo Padre che quel
romanzo negli anni ’40 era stato messo all’indice dal card. Pizzardo all’epoca prefetto del
Sant’Uffizio!
La sorte paradossale di questo grande romanzo ripete la paradossalità interna alla vicenda
raccontata dall’autore che immette in questa storia tutta la forza del cattolicesimo “paolino”, quella
forza che sta nella debolezza; anche la Chiesa, come ricordava Chesterton, è soggetta a questa
condizione paradossale. In un altro dei suoi racconti più toccanti, L’ultima parola Greene immagina
la morte dell’ultimo pontefice che, morendo, con le sue ultime parole, converte il suo carnefice.
Il problema che spesso nasce nei confronti dei sacerdoti è quello della “dis-incarnazione” per
cui il credente, spesso in ottima fede, vede nel sacerdote non un uomo in carne ossa ma un’idea
astratta, l’idea dell’autorità perfetta, moralmente immacolata, trascinante e vincente. Il romanzo di
Greene compie il fondamentale lavoro di riportarci con i piedi per terra e farci toccare con mano la
carne e le ossa dei sacerdoti, quelli veri. Una formidabile iniezioni di sano realismo, ecco cos’è
questo splendido romanzo dello scrittore inglese.
Tutta la letteratura di Greene è una letteratura cristiana che, secondo Charles Moeller, autore di
una monumentale opera in 5 volumi su Cristianesimo e Letteratura, è una glossa alla sentenza
evangelica “non giudicare” 4 . Una letteratura radicata nel cristianesimo ma, direi, nella sua
“versione inglese”, amante cioè dell’umorismo e del paradosso, proprio come nel caso del citato
2
G. GREENE, Il potere e la gloria, Mondatori, Milano, 1990, pag.268
G. K. CHESTERTON, Eretici, Piemme, Casale Monferrato, 1998, pag.44
4
cfr. C. MÖLLER, Letteratura moderna e cristianesimo, vol. I, Milano, Vita e pensiero, 1961, pagg.243-281
3
A. MONDA – Il potere e la gloria
Settembre 2009 – pag. 3
Chesterton, una letteratura dove la presenza della Grazia scaturisce da forti contrasti. In realtà
Greene descrive soprattutto il peccato, l’inferno. È la visione messa in luce molto chiaramente dalla
scrittrice americana cattolica Flannery O’Connor quando scrive: “La narrativa riguarda tutto ciò
che è umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate di impolverarvi, non dovreste tentare di
scrivere narrativa.” 5
In quanto cristiana l’opera di Greene si distingue per la sottolineatura data all’elemento
materiale. L’autore cioè fa sentire fortemente il peso, la sostanza, la corporeità e la fisicità
dell’esistenza umana e della sua fede nel cattolicesimo che, ricorda Romano Guardini, è la religione
più materialista di tutte. Nel momento della conversione al cattolicesimo Graham Greene scelse
come nome cristiano quello dell’apostolo Tommaso, l’apostolo incredulo che per credere vuole
mettere il dito nelle ferite di Cristo. È Cristo risorto (come dice l’Aquinate “fino alle unghie”), che
con le sue ferite ci salva, che permette che noi crediamo. Senza le ferite di Cristo la nostra fede non
esisterebbe, non sussisterebbe. E Greene, come tutti i suoi personaggi e tutti i suoi lettori, è in
continuo dissidio tra la fede e l’incredulità, una lotta interiore che lacera l’anima e che gli fa
attraversare la vita come una via crucis: Cristo come modello dell’umanità, come realizzazione
piena di ogni uomo, Cristo in tutta la sua umanità fragile, sensibile, materiale. Niente di più lontano
dalle forme di spiritualità o peggio di spiritualismo oggi molto di voga, da tutto questo proliferare di
sette e movimenti che vanno sotto il nome di New Age e che spesso rivelano una natura gnostica,
catara, manichea. Aveva ragione Chesterton quando un secolo fa avvisava: se buttiamo fuori dal
nostro orizzonte Dio non diventeremo atei bensì creduloni, pronti a credere a tutto! Ad una religione
totalmente irrazionale e capricciosa Chesterton e Greene contrappongono la forza di una fede che
convive, coabita in un dinamismo vivificante tra corpo e anima, tra pensiero e materia, razionalità e
affettività. Non essere più incredulo, ma credente! dice Cristo a Tommaso… “Mio Signore! Mio
Dio!” risponde l’apostolo inginocchiandosi. E’ tutto qui lo spazio dell’avventura umana, è questo il
territorio della letteratura, se vuole essere cristiana, cioè pienamente umana, unione di naturale e
soprannaturale, perché, sempre Chesterton, “se togliamo il soprannaturale, rimarrà l’innaturale”.
Del prete de Il potere e la gloria ignoriamo il nome ma non la destinazione: è quella che aspetta
tutti noi se solo riusciamo a fare come lui, piegare il nostro orgoglio, la nostra paura, e se ci
affidiamo a Cristo che viene ogni giorno a bussare, discretamente ma continuamente, alla nostra
porta, come è detto nel libro dell’Apocalisse (Ap 3,20).
***
Mario Sissa ha preparato una splendida presentazione con Sliderocket sul
sacerdozio, con testi, immagini, video, ecc.. Il link, accessibile a tutti, è il seguente:
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Il lavoro è utile e raccomandabile per la secondaria di primo e secondo grado.
5
F. O’CONNOR, Nei territori del diavolo, Roma, Theoria, 1993, pag. 42.
Spunti sul sacerdozio – S. VENTURA
settembre 2009 – pag. 1
Il Sacerdozio…
spunti di Sergio Ventura
0] CONTESTO … da ‘chiarificare’ :
•
cosa ai ragazzi interessa del clericale-gerarchico (= dall’alto)? Cosa del ??? (dal basso insieme … verso l’alto)? Perché sono attratti dalle questioni c.d. attuali (celibato, omosessualità/pedofilia, ricchezza, femminile, etc.)?
•
cosa significa consacrazione (ad es. ‘successo del modello’?), ordinazione (ad es. ‘capo/guida normativa cui la comitiva ob-audisce’?), sacrificio, etc?
•
si riesce a trattare l’argomento solo nell’unità didattica sulla etero-omo-sessualità e sul matrimonio?
1] FONDAZIONE BIBLICA :
•
Il sacerdozio (ed il sacrificio?) nel mondo pagano – sacerdoti/esse, sciamani, pontefici, etc.
•
Nell’A.T. abbiamo : 1) funzionari a servizio del popolo su e-lezione/mandato/ispirazione di
J., 2) mediatori/rappresentanti umani dell’agire salvifico di J. (1 SAM 8-10; IS 11; ML 5;
EZ 34; IS 42.49.52.53 : Mosè, Giudici carismatici, Re/Sacerdoti ‘criticati’ dai Profeti ‘messianici’, Messia – anche ‘straniero’! -) quali ‘controimmagine critica ed utopica dei reali
rapporti di forza’ (p.298, vol.II), 3) l’unzione generale (GL 3; EZ 39), spesso usando in modo ‘rovesciato’ i simboli pagani egiziani (ad es. : unzione ma non generazione, sedere alla
destra, etc.) e fenici (ad es. : espiazione sacrificale di animali perfetti)
•
Nel N.T. Gesù è il Re/Sacerdote ‘nuovo’ e Profeta dell’Amore di una comunità tutt’intera
sacerdotale (1 PT 2,9) e dotata di carismi (paolini), presbiteri/diaconi (giudeo-cristiani), episcopi/diaconi (ellenistici) – per imposizione delle mani (quale risposta alle prime ‘sfide eretiche’ modellata sulla SEMIKA ebraica) quale gesto benedicente, terapeutico, investitura -,
tra loro insistemabili, ma armonizzabili secondo una dialettica di ‘modelli in contesti’ da
‘concertare’
2] SVILUPPO STORICO-TEOLOGICO :
•
Sacralizzazione del presbitero, sacramentalizzazione/giuridicizzazione dei suoi compiti
(meno carismi e profezia), anche se c’è la partecipazione comunitaria all’elezione del vescovo e al rito d’imposizione delle mani (e l’arrestato perché cristiano è sacerdote di per sé!)
Æ unità interna vs conflitti con l’esterno
•
conflitto tra gerarchia e laici, concentrazione sul ‘potere eucaristico’ (= forma e materia del
sacramento dell’Ordine), Lutero critica la riduzione cultuale (a scapito della Parola e del Sacrificio Unico), mentre Trento critica la riduzione alla parola (a scapito dell’Eucaristia e della Confessione) ma la teologia successiva assolutizza i dogmi di Trento (riducendo la predicazione e svalutando i pastori)
Spunti sul sacerdozio – S. VENTURA
settembre 2009 – pag. 2
•
DS 3859; LG 18 e passim; 10 (popolo sacerdotale , ma differenza essenziale); LG 25+DV
21; LG 21. 29. 2-3
2bis] INTERDISCIPLINARE :
•
Letteratura : don Abbondio e fra Cristoforo (Manzoni), starec Zosima (Dostoevskij), don
Camillo (Guareschi), padre Brown (Chesterton), Diario di un curato di campagna (Bernanos), …
•
Filosofia : le comunità/’sette’ filosofiche per ‘successione’, Le cinque piaghe della chiesa
(Rosmini), Freud (cura d’anime e psico-terapia), …
•
Arte : storia della disposizione dell’altare, …
•
Scienze : Teilhard de Chardin, …
2ter] EXTRA-DISCIPLINARE :
•
Musica : la figura del disc-jockey
•
Mass-Media : Gargamella (Puffi), De Filippi, prete di Casomai (D’Alatri), Neo in Matrix,
pastore dei Simpsons, il prete e la suora del film Il dubbio,
•
Politica : il rapporto leader pubblico - atti c.d. privati (Clinton, Berlusconi, etc.)
3] TESTIMONIANZE ATTUALI :
•
don Milani, don Turoldo, padre Kolbe, don Ciotti, don di Liegro (cf. anche il film!)
Spunti sul sacerdozio – S. VENTURA
settembre 2009 – pag. 3
?] DEFINIZIONE DOGMATICA :
a)
il Consilium dei preti/anziani/presbiteri (= lungimiranti? noesi del prima e del dopo… cf. Iliade
I,344 : Achille; II, 108-110 : Menelao) …
… in seno ad una comunità universale di sacerdoti/carismatici (episcopi – vedette di fronte alle eresie; diaconi – governatori della carità; altri senza ordinazione …) …
…ha la (protestante?) funzione – per cui è ordinato (come un militare-giudice-politico?) – & la (cattolica?) essenza - per cui è con-sacrato (in modo permanente/indelebile 1 e giuridico) …
…di ad-ministrare/servire (e non asservire) la volontà di J. - perché da Lui e-letto/i-stituito –, predicando la parola/celebrando i sacramenti/praticando l’unità agapica …
…per/grazie all’imposizione delle mani (= epiclesi – cf. Ippolito nel 235 d.C), in seguito all’elezione di Jhwh, istituita e realizzata da Gesù …
… in ‘persona’ / rappresentante Christi 2 : nella 3 (= verso Cristo) & di fronte 4 (= come Cristo) la ecclesia …
… fino al sacrificio (= chenotico/spirituale) di sé 5 , alfine di ‘scoprire’/attivare/far spazio (a)i doni
fatti dal Signore alla sua Chiesa (p.424) …
b)
La Comunione/Commozione trinitaria …
… è testimoniata/resa vicina (= simbolo reale, segno, sacramento) …
… nel mondo (senza essere del mondo) …
… dall’Ec-clesia : a) popolo chiamato/radunato dal Padre,
b) costituente un corpo agente come il Figlio crocifisso-risorto (Lc 24 o Gv 21?)
c) tempio santificante come lo Spirito ‘effuso liberamente’ a tutti nei
carismi/doni di grazia …
… per essere : a) una (intra ed extra : dialogo ecumenico ed interreligioso),
b) santa (non tanto senza peccato, ma nel peccato capace di riconoscerlo e superarlo),
1
L’indebilità dovrebbe significare sia la fedeltà di Jhwh in Gesù, sia l’affidabilità oggettiva del presbitero a
prescindere dalla sua soggettività.
2
Solo maschio (= questione femminile)? Realmente (= questione protestante)? Comunque novello Re (ma
corretto dai Profeti) e Sacerdote (ma ‘spezzato’ da Jhwh), nel nuovo senso datogli da Gesù (Re ‘impotente’,
Profeta ‘giusto-pacificatore’, Sacerdote ‘che offre sé esistenzialmente/spiritualmente’, Ultimo ‘definitorio o
indecidibile’) – cf LG 10-12; 34-36 -.
3
Santo/incarnato? Dinamica erotica (cf la sessualità del religioso) …
4
Sacro/separato (perché ‘trasformato’)? Dinamica erotica (cf la sessualità del religioso) …
5
Quale autodistruttivo desiderio di annientamento – Drewermann, Nietzsche – o creativo distacco dal desiderio autodistruttivo?
Spunti sul sacerdozio – S. VENTURA
settembre 2009 – pag. 4
c) cattolica (= universalmente aperta)
d) apostolica (= missionaria)
Noi, la Famiglia/Compagnia di Gesù (cfr il libro di Ratzinger) …
… siamo chiamati/separati urgentemente dal caos e riorientati verso la volontà di J. con discorsi diretti (=parabole spiegate) e rimproveri (apocalittici) o consolazioni (del pane/vino e dello spirito)…
… radunati/raccolti tra tutti diversi (= noi universale : i 70 di Lc si riferiscono ai popoli pagani - cf.
la Bibbia dei 70 - o meglio ‘timorati’/diaconi, i 12 ai profeti/tribù : zeloti come Giuda e Simone,
collaborazionisti come Matteo-Levi, pescatori come Pietro capo di Andrea, Giovanni e Giacomo,
greci come Filippo ed Andrea), su base non genealogica ma elettiva/intima, dopo la preghiera al
Padre, per tornare all’origine e sperare nella Lux Gentium …
… ma solo se convivono con Gesù in sé l’inviato per conoscerlo (= intimamente) ed esserne, come
suo Corpo, gli inviati (= apostelli) prima ad Israele e poi ai Pagani …
… annunciando il vangelo che libera/scaccia dai demoni (= potenze malvagie separatrici/caotiche
ed accusatrice), perché razionalizza il mondo e, grazie a questa ragione, guarendo/terapeutizzando
(in modo non magico cioè usando le forze del male) …
… ma i suoi (= Nazaret ed il prologo di Gv) non lo accolgono o ne contestano la Croce (Pietro, 12,
3).
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