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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Manuale di
Sorveglianza
Nutrizionale
2003
Manuale di
Sorveglianza
Nutrizionale
I
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Prefazione del Prof. F. Romano
Presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
L’INRAN è impegnato da molti anni nello sviluppo di strumenti per la realizzazione di
un Sistema Informativo Nutrizionale integrato a livello nazionale. E già nel 1994 veniva
pubblicato il volume “SIN - Sistema Informativo Nutrizionale”(1), che poneva le basi
concettuali di un tale sistema.
Con questo manuale si fa un ulteriore, e sostanziale, passo avanti proponendo
strumenti e metodologie in grado di rendere il SIN parte attiva del Sistema Sanitario
Nazionale. La sua realizzazione è il frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare di
ricercatori INRAN che hanno partecipato come Unità Operativa Tecnico-Scientifica al
progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico degenerative” svoltosi negli anni 2000-2002. Tale progetto,
finanziato dal Ministero della Salute, è stato l’occasione per realizzare e sperimentare
strumenti preziosi per l’attività di sorveglianza nutrizionale sul territorio. Questo è stato
possibile grazie al qualificato livello di partecipazione delle Unità Operative Regionali
interessate, e, in particolare, grazie al Coordinamento Nazionale della Regione Puglia
che ha svolto il ruolo di capofila. Il progetto, che coinvolgeva inizialmente tre Unità
Operative Regionali (Puglia, Emilia Romagna e Lombardia), è stato esteso ad altre tre
Regioni (Calabria, Campania e Toscana) che ne hanno fatto richiesta in corso d’opera. Si
è così evidenziata l’importanza per gli operatori territoriali di trovare momenti di collaborazione e confronto in un contesto progettuale di respiro nazionale.
Sono convinto che questo manuale possa rappresentare un primo, e fondamentale,
snodo intorno al quale articolare una attenzione diffusa delle esperienze e professionalità presenti nel Paese e spero vivamente che l’attività iniziata con le Regioni coinvolte nel
progetto possa proseguire e svilupparsi ulteriormente allargandosi alle altre realtà regionali.
(1) Ferro-Luzzi A., Leclercq C., Martino L. & Berardi D. (1994) SIN – Sistema Informativo Nutrizionale.
Monografie dei Quaderni della Nutrizione. Roma: INRAN
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Prefazione della Dott.ssa M. Caroli
Coordinatore Nazionale del Progetto Ministeriale
Questo manuale non è solo un prodotto del Progetto Ministeriale “Sorveglianza ed
educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronicodegenerative”: è molto di più.
Il documento rappresenta, infatti, per gli elementi procedurali ed esemplificativi che
offre, la base tecnico-scientifica comune su cui si è snodato il percorso compiuto dalle
Unità Operative delle sei Regioni d’Italia che, nella cornice organica del progetto nazionale, hanno coerentemente sviluppato un programma di interventi coordinati.
Ed è esattamente questa duplice chiave di lettura che mi sembra giusto proporre: di
riferimento scientifico, formativo-informativo, integrato da elementi di esperienze maturate
dall’interazione fra le competenze dell’INRAN, istituzione di ricerca, l’Università, istituzione di ricerca e formazione e quelle delle Unità Operative Regionali che rispondono
principalmente ad una mission di prevenzione e promozione della salute.
Il valore aggiunto di uno strumento come questo è quello di fornire un supporto
trasversale e calibrato; si rivolge infatti ad un target di utenze multidisciplinari e differenziate sul piano del know-how, per lo sviluppo flessibile di strategie e programmi di intervento, partendo da un livello qualitativamente standardizzato e condiviso di conoscenze.
Si tratta insomma di un prezioso strumento di orientamento culturale, di revisione
della letteratura scientifica e di “nutrimento” (consentitemi l’assonanza con la tematica)
intelligente per sostenere ed orientare al massimo livello di appropriatezza gli interventi
sanitari in materia di sorveglianza nutrizionale, abbattendo gli elementi di disomogeneità
legati alla disuguaglianza delle conoscenze.
Su queste basi ed in questa prospettiva i professionisti della sanità e le diverse
Istituzioni, a cominciare dalle Aziende Sanitarie Locali, potranno rimodulare e riadattare
i percorsi pilota proposti dal manuale, sviluppando strategie di intervento aderenti al
profilo e al bisogno del proprio territorio.
L’efficacia di questo manuale non può che fondarsi infatti sulla consapevolezza che
non si tratta di una raccolta di percorsi rigidi da riprodurre acriticamente, ma piuttosto di
un patrimonio cognitivo comune che dovrà coniugarsi, nel governo del territorio, con una
organica visione strategica e con buon impianto organizzativo, che veda la partecipazione di tutti i protagonisti per un orientamento delle politiche e degli interventi operativi
coerente con criteri di efficacia ed efficienza.
Solo attraverso una appropriata allocazione delle risorse e la valorizzazione delle
potenzialità inespresse a livello del territorio i principi enunciati dal manuale possono
essere fruiti nel loro significato più pieno, che è quello di condurre verso obiettivi concreti.
Le idee guida, le indicazioni metodologiche, le opinioni e le raccomandazioni di
esperti fornite dal manuale devono essere necessariamente tradotte nei percorsi di
studio e nelle scelte di intervento più appropriate rispetto alla fisionomia del contesto
locale, attraverso la piena integrazione della dimensione formativa, gestionale, etica ed
economica accanto a quella dell’appropriatezza scientifica.
E’ questa, a mio giudizio, la valenza più significativa del manuale e delle esperienze
V
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
condotte in coerenza con i suoi contenuti dalle Unità Operative Regionali nell’ambito del
progetto ministeriale che sono orgogliosa di aver coordinato cercando di porre la
massima attenzione alla valorizzazione delle competenze e del patrimonio caratteristico
delle Unità Operative protagoniste, ma anche delle sinergie tra le stesse.
Su queste basi mi auguro che il percorso che tutti insieme abbiamo compiuto non sia
solo un esercizio di messa a fuoco di temi e problemi in un’ottica estemporanea e “cristallizzata”, ma possa aprire una visione prospettica e la motivazione a fare di più nel futuro,
sia per le Unità Operative che hanno partecipato al progetto, sia per tutte le AASSLL del
territorio italiano.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
AUTORI:
Noemi Bevilacqua
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Francesco Branca
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Giulia Cairella
Dipartimento di Prevenzione - ASL Roma B
Laura Censi
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Dina D’Addesa
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Amleto D’Amicis
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Catherine Leclercq
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Laura Rossi
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Anna Saba
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Stefania Sette
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Garden Tabacchi
Specialista in Scienza dell’Alimentazione; Istituto di Fisiologia e Nutrizione Umana,
Università di Palermo
Aida Turrini
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
VII
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Il presente manuale rappresenta uno dei prodotti del progetto “Sorveglianza ed
educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico
degenerative” che è stato finanziato, promosso e supportato dal Ministero della Salute
nell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzati 1% Sanità.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Unità Operative del progetto ministeriale “Sorveglianza nutrizionale basata su dati
locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative”
UO “Regione Puglia”
Margherita Caroli (Coordinatore Nazionale del Progetto), UO di Igiene della Nutrizione
Dipartimento di Prevenzione AUSL Brindisi 1
Carlo Di Cillo (Coordinatore Amministrativo Nazionale del Progetto), Coordinatore
Assessorato alla Sanità Regione Puglia
Fulvio Moramarco (Responsabile UVAR AUSL BR1)
Vito Martucci (Direttore Dipartimento di Prevenzione AUSL BR1)
Gruppo di Lavoro: Rosanna Anaclerio, Laura Argentieri, Teresa Colonna, Elvira D’Amuri,
Maria Anna Tomaselli.
UO “Regione Emilia Romagna”
Coordinamento Metropolitano dei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle quattro Aziende
USL della Provincia di Bologna
Responsabile Scientifico: Gabriele Cavazza
Coordinatore Scientifico e delle Attività: Augusta Albertini
Gruppo di Ricerca - Dipartimento di Sanità Pubblica: G. Barbieri, N. Collina, M. Colonna,
E. Dalle Donne, S. De Giorgi, F. Francia, A. Gerosa, E. Guberti, G. Laffi, F. Mezzetti, P.
Pandolfi, G. Peroni, L. Quadri, I. Stefanelli, S. Turchi
Collaboratori – Area Materno Infantile: Sarti; L. Ferri, M. G. Milani, R. Ricci, P. De Vescovi,
G. Santini, M. T Bartolini, M. B. Mattei; M. Bertini, L. Ferranti, M. Santonicola, P. Baietti, G.
Ferranti, L. Ricci, B. Colaiuda, D. Rubini, M. Mazzocchi, M. Casari, A. Degli Esposti, A.
Papasodero, M. Vivarelli, L. Sponghi, M. Gabrielli, L. Moschella, A. Baldini, S. Festi, P.
Lenzi, E. Valenti, C. De Maria, A. Faraldi
Collaboratori – Università degli Studi di Bologna: G. Cavrini, M. Nicolucci Facoltà di
Scienze Statistiche; Azienda Ospedaliera Policlinico S. Orsola-Malpighi Endocrinologia
Pediatrica: A. Balsamo, M. Gennari
Collaboratori - Consulenti: T. Beccari, Dietista; F. Celenza, Biologa.
UO “Regione Lombardia”
UO Prevenzione Direzione Generale Sanità Regione Lombardia: Vittorio Carreri
(Dirigente UO e Responsabile Scientifico progetto); Maurizio Salamana
Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ASL Provincia di Lodi: Maria Grazia Silvestri
(Responsabile SIAN e coordinatore fasi operative del progetto); Martina di Prampero;
Viviana Lisci; Elena Armondi; Franco Binelli; Maurizio Credali
Osservatorio Epidemiologico ASL Provincia di Lodi: Salvatore Mannino
Dipartimento di Prevenzione ASL Provincia di Lodi: Carlo Rozzoni (Responsabile
Dipartimento); E. Ariano (Responsabile Settore Sanitario).
UO “Regione Toscana”
Mariano Giacchi, CREPS - Sezione Sanità Pubblica del Dipartimento FMSeSP Università di Siena (Responsabile scientifico dell’UO)
IX
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Emanuela Balocchini (Responsabile U.O.C. Igiene Pubblica della Regione Toscana); A.
M. Giannoni (Responsabile P.O. Promozione ed Educazione alla Salute della Regione
Toscana)
Gruppo di Ricerca: Giacomo Lazzeri (Coordinatore attività sul campo), Stefania Rossi
(Responsabile statistico), Barbara Bianconi, Angela Ciliberti, Simone Cocco, Maria
Giovanna D’Amato, Chiara Guidoni, Margherita Gulino, Michele Martiello, Alessio Zani
(CREPS - Università di Siena); Maria Rita Caciolli, Cristina Fagotti (Dipartimento Diritto
alla Salute e Politiche di Solidarietà della Regione Toscana)
Gruppo operativo territoriale dell’UO “Regione Toscana”:
ASL Arezzo: Fulvio Armellini (Responsabile UO/U.F.IAN), Chiara Cinughi de’ Pazzi,
Patrizia Baldaccini, Rossella Leonardi;
ASL Empoli: Maria Giannotti (Responsabile UO/U.F.IAN), Claudio Baglioni, Francesca
Chiaverini, Roberto Giannini, Cristiana Procuranti, Elena Corsinovi;
ASL Firenze: Patrizia Giannelli, Tiziana De Marco, Brunella Librandi, Alessandra Maggi,
Rina Brunetti, Angela Ghelmi, Ilia Di Marco, Claudia Russo, Roberto Vigevani;
ASL Grosseto: Franca Narduzzi (Responsabile UO/U.F.IAN), Rosalba Lorenzoni, Rita
Cancelli;
ASL Livorno: Maria Grazia Rastelli, Mauro Fiorini (Responsabile UO/U.F.IAN), Marinella
Frasca, Giuliano Baldacci, Antonia Amici, Paola Fatighenti;
ASL Lucca: Fausto Morgantini, Alessandro Scacchiotti, Bianca Maria Mulini;
ASL Massa: Patrizia Carignani (Responsabile UO/U.F.IAN), Manuela Terreni, Maria
Giuseppina Galli, Paola Antonioli
ASL Pisa: Eleonora Virgone (Responsabile UO/U.F.IAN), Margherita Brunetti , Elena
Griesi, Cristina Verdiani, Mariacristina Baldocchi;
ASL Pistoia: Paola Picciolli (Responsabile UO/U.F.IAN zona Pistoia), Monica Tognarelli
(Responsabile UO/U.F.IAN zona Valdinievole), Alda Isola, Franca Moretti, Elena
Tomassetto, Stefania Vezzosi;
ASL Prato: Giuseppe Vannucchi (Responsabile UO/U.F.IAN), Riccardo Innocenti,
Domenico Mariani, Roberta Gestri, Patrizia Medea;
ASL Siena: Simonetta Sancasciani (Responsabile UO./U.F.IAN), Alessandra Bagnoli,
Antonella Bellugi, Alfea Pinzuti;
ASL Viareggio: Giovanna Camarlinghi (Responsabile UO/U.F.IAN), Piero Cibeca, Paola
Gridelli, Gianna Innocenti.
UO “Regione Campania” ASL Napoli 4
Francesco Tancredi (Direttore Sanitario ASL Napoli 4)
Silvestre Principato (Direttore Dipartimento di Prevenzione e del SIAN, ASL Napoli 4)
Pierluigi Pecoraro (Responsabile Scientifico e Operativo, SIAN, ASL Napoli 4)
Pasquale A.M. Miranda (Referente Servizio Materno Infantile ASL Napoli 4)
Bruna Guida (Referente Dip. Neuroscienze Area di Dietetica e Nutrizione, Università di
Napoli Federico II)
Gruppo di Lavoro: Grazia Formisano, Maiello Annunziata, Nunziata Giuseppe Pietro,
Anna Maria Santomassimo (Responsabili UO Materno Infantile ASL Napoli 4).
X
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
UO “Regione Calabria”
Marina La Rocca (Responsabile scientifico e tecnico UO - Dirigente medico UO Igiene
Pubblica - Settore Igiene Alimenti e Nutrizione)
Gruppo di Lavoro: Attilio Cirillo (Dirigente medico Unità Distrettuale Materno-Infantile),
Annalisa Spinelli (Dirigente medico responsabile UO Educazione Sanitaria).
UO INRAN
Gruppo di Coordinamento: Francesco Branca, Amleto D’Amicis, Catherine Leclercq
(Responsabile Scientifico dell’UO)
Laura Rossi (Responsabile Operativo dell’UO)
Gruppo di Ricerca: Laura Censi, Dina D’Addesa, Anna Saba, Aida Turrini.
XI
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Ringraziamenti
Al termine di questo lavoro, gli autori sentono il piacere e il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno contribuito in modo diverso alla sua realizzazione.
Si è già detto che il manuale è il risultato di un lavoro multidisciplinare che ha visto il coinvolgimento attivo di molti ricercatori. Il testo finale è stato rielaborato e impreziosito dei
consigli e dei suggerimenti delle professionalità operanti nelle Unità Operative Regionali
che più direttamente hanno lavorato a contatto con l’Unità Operativa Tecnica.
Un sentito ringraziamento va infine fatto alle colleghe dell’INRAN Raffaela Piccinelli,
Cinzia Le Donne e Deborah Martone che sono state un prezioso supporto nelle ultime
fasi di stesura del testo e che hanno contribuito a renderlo più gradevole nella lettura.
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
1. I PRINCIPI DELLA SORVEGLIANZA NUTRIZIONALE
•
La sorveglianza nutrizionale è definita come quell’insieme combinato di azioni
finalizzate a documentare la presenza e la distribuzione in una popolazione di
stati morbosi associati o mediati dalla dieta, per stabilirne le cause, individuarne
le tendenze nel tempo, nello spazio e negli strati sociali, predirne le modifiche,
mettere a fuoco le priorità e consentire un preciso orientamento delle misure
correttive e preventive.
•
La sorveglianza nutrizionale deve essere considerata come un strumento di
promozione della salute in campo nutrizionale mentre gli interventi di promozione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali.
•
Non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, la sua impostazione varia a seconda dei mezzi a disposizione, dei problemi di salute pubblica
specifici del Paese, dello stato delle conoscenze scientifiche e degli scopi prefissati dal committente.
•
Le priorità di un sistema di sorveglianza si basano sulle informazioni fornite
da indicatori epidemiologici e socio-sanitari della popolazione; considerazioni
ulteriori devono essere effettuate in relazione al grado di prevenibilità delle
malattie.
•
Si stima che nell’anno 2000 le malattie croniche a componente alimentare siano
state responsabili per il 60% della mortalità generale e che contribuiscano per il
43% al carico globale di malattie croniche; le patologie croniche che rientrano
nel dominio di un sistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continua
vigilanza della loro distribuzione e della loro incidenza, attraverso la raccolta
sistematica, il consolidamento e la valutazione dei tassi di mortalità e morbosità
e di altri dati rilevanti, sono strumenti potenti per la attuazione di strategie preventive e correttive.
1.1 La sorveglianza
La sorveglianza, nel suo significato più ampio, è definita come un sistema coordinato
di attività mirate alla raccolta sistematica e continuativa di dati e alla loro rapida analisi
finalizzata ad un obiettivo specifico. Nel caso della Sorveglianza Nutrizionale, questo
obiettivo consiste, secondo la definizione dell’OMS, nel “documentare la presenza e
distribuzione in una popolazione di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, allo
scopo di stabilirne le cause, di individuarne le tendenze nel tempo, nello spazio e negli
strati sociali, di predirne le modifiche, di mettere a fuoco le priorità e di consentire un
preciso orientamento delle misure correttive e preventive” (Ferro-Luzzi & Leclercq, 1993;
Kelly, 1988; World Health Organization Study Group, 1976).
Il concetto di sorveglianza, applicato in passato alla notifica delle malattie, è stato
allargato anche alla nutrizione a partire dal 1974, quando in occasione della World Food
1
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Conference è stato introdotto per la prima volta il termine Sorveglianza Nutrizionale. Fu
inizialmente concepita nell’ottica delle problematiche dei Paesi in Via di Sviluppo e fu
quindi diretta soprattutto al controllo delle forme primarie di malnutrizione da carenza. Più
recentemente la sorveglianza nutrizionale è stata rivolta anche alla prevenzione dei
problemi propri dei Paesi Occidentali, nei quali le manifestazioni patologiche derivano da
eccessi e squilibri alimentari piuttosto che da carenze.
La sorveglianza si avvale degli strumenti forniti dall’epidemiologia per descrivere ed
analizzare i rapporti tra patologie e fattori eziologici nella popolazione. I risultati degli studi
epidemiologici forniscono una parte delle informazioni che concorrono all’identificazione di
indicatori, la cui valutazione consente la programmazione di interventi di politica nutrizionale.
Un piano di sorveglianza nutrizionale è, dunque, guidato da ragioni pratiche, in
quanto parte dall’esigenza di comprendere i problemi sanitari della popolazione correlati
all’alimentazione, per intraprendere azioni correttive o preventive.
Caratteristiche peculiari di un sistema di sorveglianza sono la sistematicità e la
regolarità nel tempo delle informazioni raccolte senza comunque escludere che si utilizzino risultati ottenuti da singoli studi epidemiologici per completare la base informativa.
L’elemento chiave su cui poggia l’architettura di un sistema di sorveglianza è costituito dal concetto di “indicatore”, da intendersi come la scala che misura le variazioni del
fenomeno. L’indicatore può essere una variabile, un insieme di variabili un rapporto tra
variabili, ecc. Al concetto di indicatore si collega quello di “livello soglia per l’intervento”.
Tale livello, definisce la soglia del valore superata la quale si ritiene utile intervenire; il
limite è fissato in modo soggettivo in relazione alla gravità attesa del problema sanitario
considerato e alla propensione o meno a favorire l’intervento.
Un sistema di sorveglianza deve essere in grado di identificare e descrivere i
problemi di sanità pubblica, stimare il carico di morbosità e soddisfare le esigenze di un
programma di prevenzione.
1.2 Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia
L’epidemiologia consente fondamentalmente la descrizione della presenza di un
fenomeno nella popolazione (epidemiologia descrittiva), e permette di associare un
fattore eziologico ad una determinata patologia (epidemiologia analitica); ma, a differenza
della sorveglianza, l’informazione non viene generata ed analizzata con regolarità, in
quanto i dati possono non essere raccolti in maniera sistematica e continua nel tempo. I
dati che vengono raccolti in un sistema di sorveglianza possono anche essere gli stessi
che vengono raccolti in uno studio epidemiologico; è l’uso che se ne fa che è sostanzialmente differente. Infatti, dal punto di vista metodologico, la sorveglianza può essere
compresa tra gli studi di epidemiologia descrittiva, finalizzati allo sviluppo di politiche
sanitarie. Inoltre, il processo decisionale sviluppato da un piano di sorveglianza, rende la
sorveglianza stessa lo strumento di cui si avvalgono gli artefici della politica nutrizionale.
Le informazioni raccolte da uno studio epidemiologico possono essere un utile complemento, per cui a volte una combinazione dei due tipi di approccio , sorveglianza ed epidemiologia, può rivelarsi utile (Kuczmarsky et al., 1994; Branca, 1999).
Come già accennato, l’obiettivo finale della sorveglianza è quello di intervenire per
I principi della sorveglianza nutrizionale
2
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
prevenire le patologie a componente nutrizionale: le risorse impiegate hanno ragione di
essere se portano a un miglioramento della salute della popolazione e a un risparmio in
termini di costi sociali delle malattie.
Un sistema di sorveglianza, partendo da informazioni scientifiche basate su prove di
efficacia, deve produrre indicazioni pratiche. La sorveglianza nutrizionale deve essere
considerata come un mezzo di promozione della salute in campo nutrizionale mentre gli
interventi di promozione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali.
1.3 Le politiche nutrizionali
Nella Conferenza Internazionale sulla Nutrizione del 1992 è stata ribadita l’importanza della pianificazione delle politiche nutrizionali per la riduzione delle patologie correlate all’alimentazione che presentano un forte impatto sulla popolazione in termini di
mortalità e morbosità. Le prime indicazioni su come sviluppare politiche nutrizionali nel
contesto europeo sono state fornite da Helsing (Helsing, 1991): innanzitutto, è importante
che le attività nutrizionali siano coordinate da un organo centrale in grado di attribuire
specifici ruoli ai soggetti coinvolti nelle politiche stesse. I prerequisiti necessari sono la
creazione di un sistema informativo che fornisca indicatori utili a valutare lo stato di nutrizione e di salute nonché la definizione di valori soglia specifici.
Mettere in atto una politica nutrizionale significa conoscere e soddisfare i bisogni,
percepiti e non, della popolazione in ambito nutrizionale. Significa, quindi, identificare
priorità e promuovere azioni, orientandosi verso politiche agrarie, industriali, legislative e
sanitarie che inducano scelte alimentari, stili di vita e ambienti favorevoli per la promozione della salute. La realizzazione di politiche nutrizionali prevede l’attuazione di iniziative dirette ai consumatori. Tali iniziative comprendono la formazione di professionisti nei
settori della salute e dell’educazione; gli interventi educativi sulla popolazione; l’etichettatura nutrizionale; la regolamentazione della fortificazione degli alimenti e la legislazione
sulla sicurezza alimentare.
Non esistono, comunque, regole precise per sviluppare e migliorare le politiche nutrizionali, in quanto esse devono riflettere le diverse esigenze di ciascun paese.
La promozione della salute, dal punto di vista nutrizionale, viene compresa tra gli
obiettivi del Piano Sanitario Nazionale 1999-2001: in base a tale documento l’alimentazione della popolazione italiana deve tendenzialmente adeguarsi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici; nel più recente Piano Sanitario
Nazionale 2002-2004 viene ulteriormente ribadito che l’incidenza di numerose patologie
è legata agli stili di vita, tra cui rientrano l’alimentazione e l’attività fisica. Ulteriori precisazioni sugli interventi da privilegiare per realizzare le politiche nutrizionali sono disponibili nei vari Piani Sanitari Regionali, nei documenti di indirizzo, nelle linee guida e nelle
proposte metodologiche, forniti dalle Istituzioni, dalle Società Scientifiche ecc.
1.4 I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della sorveglianza
La realizzazione di politiche nutrizionali richiede necessariamente il coinvolgimento di
una molteplicità di attori: gli operatori sanitari e le istituzioni preposte alla tutela della
salute, l’industria e l’agricoltura, gli organi e gli strumenti della comunicazione, la
comunità europea ed internazionale.
3
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Diverse sono le istituzioni pubbliche coinvolte nelle politiche nutrizionali.
Il Ministero della Salute (già Ministero della Sanità) è l’organo centrale del Servizio
Sanitario Nazionale preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materia
sanitaria (mediante i Piani Sanitari Nazionali), alla definizione degli obiettivi da raggiungere per il miglioramento dello stato di salute della popolazione e alla determinazione dei
livelli di assistenza da assicurare a tutti i cittadini, in condizioni di uniformità sull’intero
territorio nazionale. All’interno del Ministero della Salute è presente la Direzione Generale
della Sanità Pubblica Veterinaria, degli Alimenti e della Nutrizione che provvede alle
attività ed agli interventi di spettanza statale, anche derivanti da obblighi comunitari, in
materia di sicurezza alimentare e nutrizionale. Il Ministero della Salute, inoltre, si avvale
di un proprio organismo scientifico, l’Istituto Superiore di Sanità, per quanto attiene gli
aspetti igienico-sanitari, tossicologici ed epidemiologici connessi alla qualità degli
alimenti (intesi come prodotti finiti, materie prime, ingredienti, ecc.). Il sistema sanitario ha
proprie articolazioni a livello periferico: in particolare, sono impegnati sul fronte del
controllo qualitativo degli alimenti gli Uffici di Sanità Marittima e Aerea, nonché gli Istituti
Zooprofilattici Sperimentali, principalmente per quanto concerne gli alimenti di origine
animale, con le loro articolazioni regionali.
Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF – già Ministero dell’Agricoltura) preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materia di qualità dei
prodotti derivanti dall’attività agricola (coltivazione e zootecnia), ha condotto fin dagli anni
’60 iniziative per il miglioramento dello stato nutrizionale della popolazione. Il MiPAF, si
avvale, come organo scientifico, dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione (INRAN), con il quale mette in atto le proprie iniziative in ambito nutrizionale.
L’INRAN ospita anche un centro collaborativo della Organizzazione Mondiale della Sanità
per le politiche nutrizionali nei Paesi in Via di Sviluppo.
Un ruolo non secondario, per la realizzazione delle politiche nutrizionali, deve essere
riconosciuto anche al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sia per quanto
riguarda gli aspetti di ricerca scientifica, sia per quanto riguarda l’attività di formazione
(Università) degli operatori che, a diversi livelli, intervengono nell’attuazione delle politiche
nutrizionali, ma anche per la pianificazione di programmi didattici nell’ambito scolastico.
Non va, inoltre dimenticato, che la collaborazione dell’istituzione scolastica (uffici
Scolastici, Dirigenti, corpo docente) è fondamentale per un buon risultato delle politiche
nutrizionali, dal momento che le scuole, soprattutto quelle di primo grado, sono l’ambito
principale per l’attivazione dei programmi di sorveglianza nutrizionale in quanto l’impostazione di corretti stili alimentari è più efficace se viene impostata sin dai primi anni di vita.
Un ruolo fondamentale nel conseguimento degli obiettivi di salute definiti dai piani
nazionali viene riconosciuto dalla legislazione alle Regioni; tale ruolo è stato ancor più
enfatizzato a seguito dell’approvazione della Legge Costituzionale 3/2001, che ha attribuito alle Regioni autonomia legislativa in materia sanitaria, e quindi anche in materia di
stato di salute della popolazione, per il quale le politiche nutrizionali sono fondamentali.
Altrettanto importante è il ruolo delle Regioni nella programmazione e nella definizione di obiettivi di qualità delle produzioni agricole e della loro valorizzazione, sia sotto
l’aspetto economico-produttivo sia sotto quello qualitativo ai fini alimentari.
Infine, esiste un’articolazione del sistema sanitario a livello locale: le Aziende Sanitarie
Locali, che hanno compiti istituzionali precisi che interessano la sfera nutrizionale.
I principi della sorveglianza nutrizionale
4
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Infatti, i Decreti Legislativi 502/92 e 517/93 individuano nel Dipartimento di
Prevenzione la struttura unica di riferimento deputata a svolgere la funzione preventiva e
nel Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN), il servizio che assolve compiti
specifici per la garanzia della sicurezza e qualità nel settore alimentare e nutrizionale.
Il DM 185 del 16/10/1998 “Approvazione linee-guida concernenti l’organizzazione del
Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) nell’ambito del Dipartimento di
Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali”, identifica per l’area funzionale Igiene della
Nutrizione, le seguenti articolazioni:
• Sorveglianza nutrizionale
• Educazione alimentare
• Nutrizione collettiva
• Dietetica preventiva
La realizzazione di tali attività mira a garantire la promozione della salute in campo
nutrizionale, ponendosi lo scopo ambizioso di modificare lo stile di vita della collettività.
Non deve essere, inoltre, trascurato il ruolo che varie istituzioni svolgono nella raccolta
di dati utili alle politiche nutrizionali, quali ad esempio l’Istituto Nazionale di Statistica
(ISTAT) o altre analoghe con ruolo di “osservatorio” a livello nazionale o regionale.
Dovendo, infine rispondere alla domanda “a chi giova?” è fondamentale il ruolo della
popolazione utente (bambini, famiglie, educatori, ecc.) senza la cui collaborazione ogni
programmazione sarebbe vanificata.
Il testo dell’Accordo Stato-Regioni, recepito dal Dpcm del 20 Novembre 2001,
identifica i Livelli Essenziali di Assistenza (G.U. n.33 dell’8 Febbraio 2002) con cui lo Stato
stabilisce il ventaglio delle prestazioni che la Sanità pubblica si impegna a garantire a tutti
i cittadini; nel capitolo dell’Assistenza Sanitaria Collettiva in ambiente di vita e di lavoro,
tra le funzioni di prevenzione collettiva, sono comprese la sorveglianza e la prevenzione
nutrizionale.
Ciò sta evidentemente a significare che la promozione della salute in campo nutrizionale rientra tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini.
1.5 Progettazione di un sistema di sorveglianza
Lo schema riportato nella figura 1.5.1 mette in evidenza come il bisogno di dati, che
possono essere prodotti con i sistemi di sorveglianza nutrizionale e con la ricerca in ambito
nutrizionale, sia importante per indirizzare le politiche nutrizionali e mettere a punto gli interventi correttivi. Il bisogno di dati chiude il ciclo sorveglianza-interventi di cui deve essere
valutata l’efficacia e l’impatto sulla salute pubblica. Il disegno di un sistema di sorveglianza
richiede l’attuazione di alcune tappe, non necessariamente sequenziali ma interattive e soggette a continui aggiustamenti (Martino & Ferro-Luzzi, 1997; Ferro-Luzzi & Leclercq, 1991).
5
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Figura 1.5.1 – Ciclo sorveglianza-interventi nella realizzazione delle politiche
nutrizionali
Il primo passo da compiere consiste nell’accertare l’esistenza di un problema di
sanità pubblica per la popolazione considerata, valutando le dimensioni e quindi la
gravità del problema sanitario legato all’alimentazione. A tale scopo possono essere
utilizzati i dati statistici di morbosità e mortalità relativi alla patologia in esame.
Alcune patologie a componente nutrizionale hanno infatti raggiunto dimensioni tali da
influire notevolmente sulla mortalità della popolazione. La mortalità prematura è un
indicatore rilevante dell’impatto di una patologia sulla popolazione poiché identifica
l’insieme dei decessi che si possono prevenire e che hanno un maggiore costo sociale.
La mortalità da sola, comunque, non è sufficiente a rappresentare l’andamento di una
malattia nella popolazione, soprattutto per quelle patologie a bassa letalità o che presentano un aumento del tasso di sopravvivenza. Pertanto, per meglio definire il quadro
sanitario delle malattie a componente nutrizionale è necessario far riferimento anche ai
dati di morbosità. Per esprimere in modo sintetico e standardizzato il livello di morbosità
di una popolazione è utile fare riferimento ai tassi di prevalenza e di incidenza, il cui
calcolo risulta problematico quando non si hanno registrazioni sistematiche dei casi come
invece accade per le malattie a dichiarazione obbligatoria. Il tasso di ricovero, la durata
media della degenza e l’occupazione dei posti letto, relativi ai DRG (Diagnosis Related
Group) di pertinenza di patologie a componente nutrizionale sono gli indicatori di ospedalizzazione utilizzati per valutare il livello di morbosità; tali indicatori vanno interpretati
tenendo conto anche del contesto sociale ed assistenziale sviluppato per il trattamento
della specifica patologia.
I Paesi Industrializzati, negli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal diffondersi di patologie cronico-degenerative, che rappresentano il risultato dell’interazione tra ambiente, genetica e stile di vita. Si stima che nell’anno 2000 queste
malattie a componente alimentare siano state responsabili per il 60% della mortalità generale e che contribuiscano per il 43% al carico globale di malattie croniche
I principi della sorveglianza nutrizionale
6
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
nel mondo (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm). Come già detto, nella
patogenesi di queste malattie intervengono più fattori e risulta difficile riconoscere e stabilire un collegamento netto con un solo determinante responsabile. In queste patologie
l’alimentazione ha sicuramente un ruolo importante sia come fattore di rischio sia come
fattore protettivo. Le malattie a componente nutrizionale che rientrano nel dominio di un
sistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continua vigilanza della loro distribuzione e delle loro tendenze di incidenza, attraverso la raccolta sistematica, il consolidamento e la valutazione di rapporti di mortalità e morbosità e di altri dati rilevanti, sono
uno strumento potente per la attuazione di strategie preventive e correttive.
La prevalenza delle malattie è solo un aspetto del loro impatto sulla società. Vi sono
molti altri aspetti che devono essere presi in considerazione per poter valutare l’effetto
sulla salute pubblica di certe patologie. La filosofia del Global Burden of Disease è quella
di misurare l’impatto delle patologie non solo in termini di prevalenza ma anche in termini
di durata della patologia, del suo effetto sulla mortalità generale, in termini di disabilità e
di inabilità al lavoro. In questo senso alcuni fattori di rischio possono anche non essere
una causa diretta di malattia ma possono avere delle conseguenze sociali rilevanti. Per
tener conto di tutti questi aspetti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Banca
Mondiale in collaborazione con la Harvard School of Public Health (Murray & Lopez,
1996) hanno messo a punto un indice applicabile a livello di popolazione che tenga conto
di tutti questi fattori, il Disability Adjusted Life Years (DALYs) che è una misura degli anni
di vita vissuti al netto della disabilità e che comprende anche gli anni di vita lavorativi
persi. Questo indice viene utilizzato per la stima del carico globale di malattie in differenti
regioni del mondo.
La lista delle malattie per le quali si conosce o si sospetta un ascendente, quanto
meno parziale, da parte dell’alimentazione è lunga e, spesso, diversa a seconda degli
autori. Nella lista entrano certamente le cardiopatie ischemiche, le malattie cerebrovascolari, alcuni tumori, il diabete mellito di tipo 2, l’osteoporosi, alcune forme di anemia,
l’obesità, il gozzo, la carie dentaria, la calcolosi renale.
La tappa successiva consiste nel valutare i costi sociali della malattia per definire le
priorità dell’intervento di sanità pubblica. Infatti, in particolare quando le risorse del
servizio sanitario sono limitate, è importante decidere per quale patologia rispetto alle
altre è necessario un intervento prioritario. I costi socio-sanitari delle patologie possono
essere valutati come:
• costi diretti, rappresentati dai costi per la cura della malattia, che comprendono le
degenze in ospedale, i farmaci, le visite ambulatoriali e domiciliari, le visite specialistiche, le analisi di laboratorio, ecc. Indicatori dei costi diretti possono essere i dati di
dimissione ospedaliera, per causa di ricovero.
• costi indiretti, la cui valutazione pone dei problemi concettuali, in quanto si dovrebbe
considerare la sofferenza individuale, il cambiamento della qualità di vita, ecc.;
pertanto per la stima di questi costi si ricorre alla perdita di attività lavorativa, dovuta
sia all’assenteismo per malattia che ai decessi prematuri, e che viene calcolata come
anni di vita produttiva persi (Years of Productive Life Lost, YPLL), dati dalla differenza
tra l’età alla morte ed i 65 anni, negli individui morti in età adulta ma prima di 65 anni.
In Italia non sono disponibili valutazioni complete e dettagliate dei costi diretti, ma la
rilevazione della morbosità ospedaliera può utilmente consentire una stima dell’impatto
7
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
delle varie malattie sui costi diretti. A partire dal 1995 il modello di rilevazione dei livelli di
ospedalizzazione dell’ISTAT è stato sostituito con la Scheda di Dimissione Ospedaliera
(SDO). La nuova rilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gli
istituti di cura pubblici e privati (per il tramite delle regioni) per ogni paziente dimesso
(compresi i deceduti). La SDO, che costituisce uno stralcio della cartella clinica, contiene
informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo di
nascita, luogo di residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosi
alla dimissione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital).
Come in altri Paesi industrializzati, in Italia, le due principali cause di morte sono le
malattie circolatorie seguite dai tumori. La Relazione sullo Stato Sanitario del Paese
riporta che nel 1996, su 100 persone che sono morte in Italia, circa 43 sono decedute in
seguito ad una patologia del sistema circolatorio. Nell’ambito del gruppo delle malattie del
sistema circolatorio, la maggior parte dei decessi è risultata causata da patologie con
fattore di rischio dietetico, con il 31% dei casi riconducibili ad affezioni ischemiche del
cuore e il 28% dei casi di natura cerebrovascolare (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT,
2000). La seconda principale causa di morte è costituita dai tumori, a cui nel 1996 è da
attribuire poco più del 28% dei decessi. Seguono, con contributi al di sotto del dieci per
cento, le altre cause. I tumori, con il 27% di morti prima dei 65 anni, hanno un impatto più
elevato sulle morti premature rispetto alle malattie cardiovascolari (10% di morti prima dei
65 anni). Dal calcolo degli anni di vita lavorativa persi in Italia per alcune malattie con
fattore di rischio dietetico, appare che i tumori rappresentano la causa di morte che più
contribuisce all’YPLL con il 26% rispetto al 15% per le malattie circolatorie. Tra le malattie
circolatorie, il contributo delle cardiopatie ischemiche all’YPLL è doppio rispetto alle
malattie cerebrovascolari. In termini di costi diretti, la maggior quota di dimissioni dai
reparti di assistenza nell’anno 1997 è stata rilevata per le malattie dell’apparato cardiocircolatorio (15%) per le quali si è avuta una degenza media di 9 giornate. I tumori sono
stati la diagnosi principale alla dimissione in un numero inferiore di casi (10%) benché,
per queste patologie, la degenza media sia stata più lunga (10 giornate). Per i ricoveri in
day hospital, il maggior numero di schede di dimissione ospedaliera si riferisce ai tumori
(15%); questa pratica di ricovero è stata attuata per le malattie cardiovascolari nel 7% dei
casi (ISTAT, 2000). Considerando che una giornata di ricovero ospedaliero costa in media
circa 500 Euro e tenendo conto del numero di ricoveri effettuati e delle degenza media
osservata, si stima che i costi ospedalieri per le malattie cardiovascolari e i tumori siano
stati pari a circa 11.000 milioni di Euro nel 1997 (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT,
2000). Non occorre ricordare che i costi ospedalieri rappresentano solo una parte delle
spese sanitarie totali.
Più complesso è il ragionamento che va fatto nel caso di malattie come l’obesità che
non rappresentano una causa diretta di morte. Infatti in questo caso va considerata anche
la stima dei costi per il trattamento delle complicanze che può talvolta superare i costi per
il trattamento della patologia primaria. Il primo metodo per la stima dei costi dell’obesità
è stato messo a punto (e successivamente ripreso da altri autori) da Colditz nel 1992
negli Stati Uniti (Wolf & Colditz, 1996). Esso consiste nell’individuare innanzitutto le
patologie principalmente correlate all’obesità; in seguito, partendo dall’assunzione che
una proporzione dei casi è diagnosticata tra gli obesi e una quota di essi è imputata direttamente all’obesità, si stima la proporzione dei casi di ciascuna malattia imputabile all’o-
I principi della sorveglianza nutrizionale
8
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
besità e i costi aggregati per la relativa cura. Globalmente, nei paesi industrializzati i costi
sociali della obesità sono circa il 2-5% della spesa sanitaria nazionale. Circa l’80% dei
costi attribuibili all’obesità è determinata dal trattamento delle malattie cardiovascolari
(26%), dell’ipertensione arteriosa (32%) e del diabete mellito di tipo 2 (20%) (Bjorntorp &
Van Itallie, 1994).
La definizione delle priorità d’intervento si basa anche sul grado di prevenibilità di
una malattia attraverso la modificazione di uno o più fattori di rischio dietetico. A questo
scopo è necessario quantificare la relazione tra il fattore alimentare e l’incidenza della
malattia, valutando il rischio attribuibile alla dieta per mezzo di studi epidemiologici sperimentali, di comparazione tra diverse popolazioni o mediante l’estrapolazione di esperimenti con interventi di manipolazione dietetica. L’evidenza scientifica su cui si basa
l’ipotesi della relazione dieta-patologia, è diversa per le varie malattie. In realtà quando si
tratta di malattie cronico-degenerative, aventi un quadro eziologico multifattoriale e non
riconducibili ad un unico determinante, sussistono complicate interazioni tra genetica,
comportamento ed ambiente, per cui il fattore dietetico può pesare in maniera diversa in
relazione al grado di esposizione agli altri fattori; inoltre si può avere un lungo periodo di
latenza tra esposizione al fattore nutrizionale e manifestazione della malattia.
L’identificazione di un fattore di rischio o di protezione deve essere basata sulla relazione
dimostrata da studi di intervento come gli studi randomizzati controllati (Randomised
Controlled Trials - RCT) svolti su popolazioni con caratteristiche analoghe a quelle della
popolazioni in cui viene effettuata la raccomandazione. Un rapporto redatto da una
commissione di esperti e promosso congiuntamente dall’OMS e dalla FAO evidenzia i
fatto-ri di rischio e di protezione per patologie croniche a componente nutrizionale,
nonché gli obiettivi in grado di modificare il rischio attribuibile legato all’esposizione ad
uno specifico fattore (Tabelle 1.5.1-1.5.6).
Il rapporto è al momento in fase di stesura (la versione definitiva sarà pubblicata entro
il 2003) pur essendo stato reso disponibile nella sua versione preliminare in formato
elettronico (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm).
I criteri utilizzati per descrivere la forza dell’evidenza sono i seguenti:
Convincente (+++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che mostrano una
associazione consistente tra l’esposizione e la patologia; le informazioni sono derivate da
RCT di sufficiente durata e di buona qualità.
Probabile (++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che evidenziano l’associazione tra l’esposizione e la patologia, ma con dati contraddittori; le informazioni provengono da studi clinici non randomizzati o studi controllati di buona qualità, ma di
insufficiente durata o con insufficiente numerosità dei soggetti.
Possibile (+): le informazioni provengono da studi epidemiologici del tipo caso-controllo
o studi descrittivi. Non sono disponibili RCT né studi controllati di buona qualità. Sono
necessari RCT per supportare l’associazione evidenziata.
Insufficiente (0): l’evidenza è basata sul risultato di pochi studi che mostrano risultati
suggestivi, ma in ogni modo insufficienti per stabilire un’associazione tra l’esposizione e
la patologia.
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I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.1 (A) - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulle MALATTIE
CARDIOVASCOLARI
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
I principi della sorveglianza nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.1 (B)
Nota: Nel rapporto EURODIET (2001) (Eurodiet Core Report, 2001) la raccomandazione
relativa alla attività fisica viene espressa come LAF ≥ 1.75 che corrisponde ad un esercizio
fisico moderato di circa 90 min/die in un soggetto sedentario.
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
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I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.2 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sui TUMORI
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
I principi della sorveglianza nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.3 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OBESITA’
Nota: Soggetti che svolgono una intensa attività fisica, con regimi alimentari ad elevato contenuto di frutta, verdura legumi e cereali integrali possono assumere un quantitativo di lipidi fino
a 35% senza rischio di avere un incremento ponderale (Eurodiet Core Report, 2001).
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
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I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.4 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sul DIABETE DI TIPO 2
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
I principi della sorveglianza nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.5 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulla CARIE DENTALE
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
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I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 1.5.6 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OSTEOPOROSI
Nota: Il livello di evidenza contrassegnato con * é riferito ad individui di età superiore a 50
anni
Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm
I principi della sorveglianza nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
1.6 Scelta degli indicatori
L’elemento chiave del sistema informativo è costituito dagli indicatori. Gli indicatori
devono avere la caratteristica di essere sufficientemente sensibili per potere rilevare
fedelmente cambiamenti, tendenze, andamenti spaziali e temporali (Eylenbosch & Noah,
1988).
Si riconoscono quattro tipi di indicatori: di rischio dietetico, di rischio non dietetico, di
stato pre-clinico, di esito. La loro analisi permette di ottenere informazioni sulla situazione
attuale e sulle tendenze dei consumi alimentari, sullo stato nutrizionale del paese e sulle
relazioni esistenti tra fattori di rischio alimentare e patologie.
Indicatori di rischio dietetico: definiscono la composizione della dieta e le caratteristiche dei consumi alimentari a livello di popolazione. Consentono di determinare i sottogruppi di popolazione che presentano, rispetto ad alcuni fattori alimentari (o ad alcuni
nutrienti) valori di consumo (livelli di assunzione) tali da esporli al rischio di contrarre una
specifica malattia. E’ quindi importante individuare i fattori alimentari da prendere in
considerazione e quindi stabilire gli intervalli accettabili di consumo.
Indicatori di rischio non dietetico: descrivono lo stile di vita ed i parametri ambientali che influenzano le condizioni di salute a loro volta correlate anche con fattori nutrizionali. Per esempio: il fumo di sigaretta e l’attività fisica.
Indicatori di stato pre-clinico: sono parametri di natura biochimica il cui incremento
al di sopra dei valori soglia evidenzia un aumentato rischio per specifiche patologie.
Producono informazioni relative all’impatto del rischio dietetico sulla popolazione e
permettono di stimare la prevalenza di soggetti a rischio.
Indicatori di esito: sono derivati dalle statistiche di morbosità e mortalità delle
malattie correlate all’alimentazione. Sono utili nella descrizione dello stato di salute della
popolazione, in quanto permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattia
e di valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischio
dietetico. Permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattia e consentono
di valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischio
dietetico. In relazione alla gravità del problema sanitario considerato viene fissato un
“livello soglia per l’intervento”, ovvero quel valore superato il quale si ritiene utile intraprendere degli interventi correttivi (World Health Organization Study Group, 1976).
1.7 Modalità di raccolta dati
Le generalità di un sistema di raccolta dati sono relative alla creazione di un flusso di
informazioni sulle abitudini alimentari, sulla prevalenza dei problemi legati all’alimentazione, sulla loro distribuzione sul territorio nazionale e sulla loro evoluzione nel tempo. Si
è già detto che questi dati devono servire a orientare degli eventuali interventi correttivi
e/o preventivi e a documentare l’impatto sulla popolazione di una politica alimentare e
nutrizionale coerente ed adeguata alle reali necessità del paese. Non esiste un sistema
unico per la raccolta dati e a seconda delle necessità e delle risorse si può ricorrere alla
raccolta di dati primari, ossia di dati rilevati con delle indagini ad hoc, oppure si possono
utilizzare i dati secondari ovvero dati già esistenti che istituzioni pubbliche e/o private
rilevano per altri scopi. Di dati primari e secondari si parlerà più in dettaglio nel secondo
e nel terzo capitolo del presente manuale. In questo paragrafo verrà invece fatta una
rassegna dei vari sistemi di raccolta dati in Italia e in altre parti del mondo
17
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
1.7.1 Esperienza italiana
La messa in opera di un sistema di Sorveglianza Nutrizionale su base nazionale era
uno degli impegni presi dall’Italia in occasione della Conferenza Internazionale sulla
Nutrizione organizzata dalla FAO/OMS nel dicembre del 1992. L’INRAN, su incarico del
Ministero della Sanità (ora Ministero della Salute) nel periodo 1992-1994, ha messo a
punto i presupposti concettuali di un modello teorico di Sorveglianza Nutrizionale basato
esclusivamente sui dati secondari. Il sistema elaborato (Sistema Informativo Nutrizionale
- SIN) si poneva i seguenti obiettivi:
• monitorare su tutto il territorio le principali patologie correlate all’alimentazione,
rilevando gli indicatori descrittivi ed analitici della situazione, come consumi alimentari, stato di nutrizione, mortalità, morbosità, costi diretti ed indiretti;
• disegnare un quadro che integri la situazione nazionale con quella delle varie realtà
locali, fornendo le indicazioni operative utilizzabili per l’attuazione di progetti di sorveglianza a livello regionale.
Tale progetto di sistema informativo nutrizionale integrato su tutto il territorio nazionale, trova la sua naturale evoluzione nel sistema pilota finanziato dal Ministero della
Salute, attualmente in corso “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basati su dati
locali per la prevenzione di malattie cronico-degenerative”. Di questo progetto si tratterà
più in dettaglio nel capitolo 5 del presente testo. Qui basti ricordare che rispetto al SIN,
questa iniziativa si caratterizza per avere in sè un forte coinvolgimento degli Enti territoriali (AASSLL) che, con la consulenza tecnico-scientifica dell’INRAN, si sono occupati
della raccolta di dati primari e secondari.
Il Ministero della Salute ha predisposto nel 2001 l’attuazione di un “Progetto Obiettivo
per l’Alimentazione e la Nutrizione”, che prevede una prima parte che ha lo scopo di
fornire un quadro completo delle problematiche alimentari e nutrizionali a livello nazionale. La seconda parte del progetto propone gli obiettivi per il miglioramento dello stato
di nutrizione della popolazione e dell’igiene degli alimenti, obiettivi che verranno usati
come base per predisporre interventi nella popolazione e per valutarne successivamente
l’impatto.
Dati primari sono stati e sono attualmente raccolti nel contesto di progetti di ricerca
finalizzati allo studio del rapporto alimentazione/salute. Tuttavia, a causa della mancanza
di continuità spazio-temporale non possono essere utilizzati per produrre quegli indicatori che qualificano appunto un sistema di sorveglianza, anche se l’intento informativo è
di questo tipo. Tra gli studi che appartengono a questo filone e nell’ambito dei quali sono
stati raccolti dati primari, ricordiamo quello condotto per stimare l’assunzione di sodio e
la proporzione dello stesso derivante dalla quota “discrezionale” (Leclercq & Ferro-Luzzi,
1991); uno studio che ha esaminato l’associazione tra il consumo di prodotti vegetali e lo
stato vitaminico della popolazione (Maiani & D’Amicis, 1997); e i due studi condotti
dalI’INRAN negli anni 80’ e negli anni 90’ per tracciare i profili dei consumi alimentari degli
italiani (Cialfa et al., 1991; Turrini et al., 2001).
L’Assessorato Politiche per la Qualità della Vita della regione Lazio nel 1998/99 ha
coordinato il progetto regionale: “L’Igiene della Nutrizione nei SIAN della Regione Lazio:
formazione degli operatori e monitoraggio dello stato nutrizionale in età evolutiva”. Tale
progetto, avviato nel Gennaio 1999, ha permesso la formazione in ambito nutrizionale
degli operatori dei SIAN delle AASSLL del Lazio. L’attività congiunta delle AASSLL del
Lazio, coordinata scientificamente dall’INRAN, ha consentito l’attivazione del monitoraggio dello stato nutrizionale dei bambini di terza elementare della regione sulla base di
un protocollo comune, la produzione di dati omogenei, di elevata qualità scientifica, la loro
I principi della sorveglianza nutrizionale
18
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
elaborazione in indicatori dello stato nutrizionale e la realizzazione di una banca dati
regionale, con modalità ripetibili in successivi anni scolastici. Nel secondo anno di attività
(1999-2000) la quasi totalità delle AASSLL del Lazio ha esteso il monitoraggio a circa
l’80% degli alunni di terza elementare del proprio territorio. Per ogni ASL, è stato formato
il personale che ha effettuato l’informatizzazione a livello locale dei dati raccolti, tramite
un software comune, appositamente predisposto.
Le informazioni derivate dai dati raccolti a livello nazionale devono essere rappresentative delle realtà locali. Lo svolgimento delle attività di sorveglianza a livello locale
deve necessariamente tenere conto della realtà presente, delle esperienze disponibili,
delle risorse umane e strumentali.
Allo stato attuale il panorama in Italia è estremamente eterogeneo: un primo censimento su attività di sorveglianza nutrizionale è stato effettuato dal Corso di
Perfezionamento “Igiene degli Alimenti e della Nutrizione: Alimentazione e Rischio
Biologico” dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ed ha interessato tutte le
AASSLL di 8 regioni, situate nel Nord, Centro e Sud Italia. E’ stato evidenziato che le
attività di sorveglianza nutrizionale sono meno frequenti (in media nel 30% delle AASSLL
censite) rispetto ad attività di educazione alimentare o progetti di lavoro sulla ristorazione
collettiva, e nella maggioranza dei casi non sono continuative nel tempo; i migliori risultati si riscontrano nelle realtà in cui è presente un coordinamento regionale particolarmente sensibile alle problematiche nutrizionali (Tarsitani & Cairella, 2002).
1.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale
Come già detto, non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, tanto
meno valido a livello internazionale; la sua impostazione varia a secondo dei mezzi a
disposizione, dei problemi di salute pubblica specifici del Paese, dello stato delle
conoscenze scientifiche e degli scopi prefissati dal committente (Leclercq et al., 1995).
Ad un estremo si colloca il modello di monitoraggio degli Stati Uniti che si basa su
una indagine primaria effettuata su campioni rappresentativi della popolazione e relativa
all’insieme delle problematiche nutrizionali. Tale rilevazione, condotta a livello individuale,
include anche misurazioni di parametri biochimici con finalità, oltre che di sorveglianza,
anche di ricerca epidemiologica. Gli Stati Uniti sono stati i primi, negli anni ’30, ad avere
condotto attività di sorveglianza nutrizionale, e sono tuttora in corso o in pianificazione
circa 45 sistemi basati sulla raccolta di dati primari, come condizioni di salute della
popolazione, uso dei servizi sanitari, consumi alimentari e stato nutrizionale. Nel 1990 è
stato istituito il National Nutrition Monitoring and Related Research Program (NNMRR)
(Kuczmarsky et al., 1994) un piano federale costituito da un’interconnessione di attività
federali e statali, che forniscono informazioni sullo stato nutrizionale della popolazione
statunitense, sulle condizioni che influenzano lo stato nutrizionale degli individui e sulle
relazioni tra dieta e salute. Inoltre è stato elaborato un Ten-Year Comprehensive Plan, che
rappresenta la base per pianificare e coordinare le attività, i cui obiettivi consistono nella
raccolta continuativa e coordinata di dati e nel miglioramento della loro qualità, al fine di
stabilire un programma adeguato di politica nutrizionale, sia a livello nazionale che a
livello locale. Tutti i dati vengono pubblicati periodicamente, per essere sempre a disposizione di chi opera nel settore. Le curve standard di riferimento per altezza e peso in età
evolutiva sono basate sui dati prelevati dal NNMRR, anche se attualmente vengono
revisionati utilizzando i dati di un altro programma, il National Health and Nutrition
Examination Survey (NHANES), che consiste nella raccolta di dati anamnestici, di esami
fisici e biochimici, e nella somministrazione e valutazione di questionari. Un altro sistema
19
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
nazionale di raccolta dati è il Nationwide Food Consumption Survey (NFCS), che si
occupa dei consumi delle famiglie e degli individui.
Sono stati poi realizzati altri programmi dal National Center of Disease Control and
Prevention (CDC), che prestano maggiore attenzione a gruppi di popolazione ad elevato
rischio di esposizione: sono il PedNSS (Pediatric Nutritional Surveillance System), un
sistema sviluppato nel 1972 dal CDC, che si occupa di monitorare la situazione sui
bambini; ancora, il Behavioral Risk Factor Surveillance System (BRFSS), che opera dal
1984 nella sorveglianza dei fattori di rischio per la salute legati al comportamento e
fornisce inoltre dati sulle tendenze dell’obesità (con tutte le limitazioni delle misure di
altezza e peso poiché si tratta di dati dichiarati), dell’attività fisica e del consumo di frutta
e verdura; il Youth Risk Behavior Surveillance System (YRBSS) che rileva dal 1990 i
fattori di rischio comportamentali tra giovani di età compresa tra 9 e 12 anni, attraverso
valutazioni condotte nelle scuole da agenzie per l’educazione e la salute. Va infine
menzionato il Pregnancy Nutrition Surveillance System (PNSS), utile ad identificare e
ridurre i rischi per la salute delle donne in gravidanza.
Anche la Commissione Europea ha recepito l’importanza di attuare strategie di
sorveglianza nutrizionale e le azioni intraprese sono illustrate in un lavoro recente
(Brussaard et al., 2001) nel quale vengono descritte le motivazioni che hanno condotto
all’istituzione del gruppo di lavoro su European Food Consumption Survey Method
(EFCOSUM). La Direzione Generale per la Salute del Consumatore (DG SANCO F/3)
ha avviato la attività “Health Monitoring Programme”1 il cui obiettivo è la costituzione di
una rete telematica EUPHIN (European Union Public Health Information Network) che
raccoglierà i risultati su tre fronti: miglioramento dell’informazione per lo sviluppo della
salute pubblica, capacità di far rapidamente fronte alle minacce per la salute, sviluppo
di interventi di promozione della salute (EUPHIN Management Summary (2001)
(www.europa.eu.int/comm/dgs/health_consumer/library/tenders/call26_1_en.pdf).
La rete telematica contiene diverse banche dati tra cui l’Health Information and
Exchange System of Member States (HIEMS) studiato per rispondere alle domande
relative alle questioni di salute. Questa banca dati contiene indicatori riguardanti i fattori
demografici e socioeconomici, lo stato di salute, i determinanti della salute e i sistemi
sanitari (ECHI 2001: Design for a set of European Community Health Indicators
www.europa.eu.int).
Il monitoraggio della dieta per periodi prolungati di tempo è essenziale per pianificare
interventi adeguati e per valutarne l’efficacia.
Tuttavia, il gruppo di lavoro SCOOP (Scientific Co-operation task 7.1.1. - 1997
Scientific considerations for the development of measures on the addition of vitamins and
minerals to foodstuffs) ha anche messo in evidenza che nonostante tutti i Paesi Membri
raccolgano dati di consumo alimentare i risultati non sono facilmente comparabili. Per
ovviare a questo problema sono state intraprese diverse iniziative, come il progetto
DAFNE (DAta Food Networking) che utilizza i dati delle indagini sui consumi delle famiglie
(Trichopoulou & Naska, 2001), le azioni concertate FLAIR-Eurofoods-Enfant, poi proseguita nel COST99, e progetti multi-centrici come l’EPIC (European Prospective
Investigation into Cancer and Nutrition; (Riboli, 1992). Ognuna di queste esperienze ha
fornito elementi per la progettazione di un sistema comune di monitoraggio dei consumi
alimentari (Brussaard et al., 2001).
1.
Decision No, 1400/97/EC of the European Parlament and of the Council of 30 June 1997 adopting a
programme of Community action on health monitoring within the framework for action in the field of public
health (1997 to 2001) (89/622/EEC) http://europa.eu.int/comm/health/ph/programmes/monitor/monitdir.htm.
I principi della sorveglianza nutrizionale
20
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Altri studi su alimentazione e salute sono stati realizzati in specifici gruppi di popolazione come il progetto multicentrico Survey Europe on Nutrition in the Elderly: a
Concerted Action (SENECA) che ha coinvolto 12 Paesi europei dal 1983 al 1994 (de
Groot et al., 1991; van ‘t Hof et al., 1991), svolto in collaborazione con l’Organizzazione
Mondiale per la Sanità e l’Università delle Nazioni Unite.
Per quanto riguarda la situazione nei vari Paesi in Europa, sono stati condotti e sono
ancora in corso studi di sorveglianza nutrizionale basati sia su dati primari che su dati
secondari.
In Irlanda esiste un centro che si occupa specificatamente di sorveglianza nutrizionale il “National Nutrition Surveillance Centre” affiliato al Department of Health Promotion,
National University of Ireland, Galway. L’iniziativa è stata promossa dal Department of
Health and Children nel 1992 con cui collaborano membri delle Unità di Health
Promotion, e di Food Sciences. Mandato specifico della struttura è quello di fornire informazioni, di raccogliere dati e di indirizzare le politiche nazionali in tema di nutrizione e
salute. Vengono raccolti dati sulle produzioni e sui consumi alimentari, sulla attitudine dei
consumatori nei riguardi delle tematiche alimentari e indicatori dello stato di nutrizione e
di salute della popolazione. Periodicamente viene prodotto un rapporto tecnico-scientifico
che viene opportunamente diffuso (www.nuigalway.ie/hpr/nnsc.htm).
Tra i primi, la Gran Bretagna nel 1991 ha affrontato il problema della valutazione
dello stato di salute della popolazione nel documento “The Health of the Nation”. Inoltre,
allo studio “Dietary and Nutritional Survey of British Adults” (Gregory et al., 1995) sono
seguite altre attività, condotte dal Ministero dell’Agricoltura e della Sanità. Allo stato
attuale il “Dietary and Nutritional Survey of British Population” raccoglie periodicamente
dati sulle abitudini alimentari e sullo stato di nutrizione, effettuando anche valutazioni
biochimiche, in quattro sottogruppi di popolazione di differente età.
Nei Paesi Bassi nel 1987-88 è stato istituito il primo “Dutch National Food
Consumption Survey”, programma ripetuto ogni cinque anni, il cui obiettivo è stato quello
di valutare le abitudini alimentari e lo stato nutrizionale della popolazione, di identificare i
gruppi a rischio e studiare l’impatto dei diversi stili di vita e dei fattori socio-demografici
sull’apporto nutrizionale (Hulshof, 1993).
In Spagna, in particolare, in Catalogna è stata intrapresa una simile iniziativa a
partire dal 1986, per stimare lo stato nutrizionale della popolazione attraverso la valutazione dei consumi e la misurazione di parametri biochimici e antropometrici.
In Svezia l’unico studio di sorveglianza nutrizionale è stato condotto nel 1989 con lo
scopo di valutare i consumi alimentari della popolazione, tuttavia la responsabilità di
monitorare l’apporto alimentare e nutrizionale è affidata al National Food Administration.
Il Parlamento della Danimarca ha approvato un piano di sorveglianza sui consumi
alimentari nazionali, sebbene un piano di monitoraggio nutrizionale per i nutrienti e i
contaminanti sia stato già incorporato nel Food Monitoring System dal 1983. I due principali progetti di sorveglianza sono stati effettuati dalla National Food Agency of Denmark
nel 1985 e nel 1995.
Altri piani di sorveglianza nutrizionale che utilizzano dati primari sono condotti in
Belgio, Francia e Ungheria.
Studi di monitoraggio che coinvolgono Paesi in diversi continenti sono promossi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia attraverso l’implementazione di un sistema informativo come il
Geographical Information System (GIS) che contiene evidenze e informazioni per le politiche
sanitarie (WHO, www3.who.int/whosis/menu.cfm?path=statistics,gis&language=english), sia
21
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
promuovendo studi internazionali come il progetto MONICA (www.ktl.fi/monica), che ha
l’obiettivo di valutare i trend delle malattie cardiovascolari e per questo utilizza statistiche
sanitarie, valutandone e documentandone la qualità.
1.8 Indicazioni per la costruzione di un sistema italiano
In Italia, in particolare, le principali malattie correlate all’alimentazione che rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica, in termini di mortalità, morbosità e di
costi sanitari, sono le malattie cardiovascolari e i tumori.
Dell’impatto delle malattie del sistema circolatorio e dei tumori sul Sistema
Sanitario Nazionale si è già ampiamente trattato nel precedente paragrafo. In questa
sede basti ricordare che tra il 1990 e il 1994 la mortalità per malattie del sistema circolatorio (soprattutto cardiopatie coronariche e accidenti cerebrovascolari) è andata
diminuendo, sia tra gli uomini che tra le donne. Il rischio di cardiopatie ischemiche, in
particolare, secondo tre studi effettuati tra il 1978 e il 1987 è diminuito del 14% per gli
uomini e del 18% per le donne, e ciò è stato più evidente al Centro-Nord che al Sud. La
spiegazione di questa diminuzione si può ricondurre alla riduzione dei fattori di rischio
come pressione arteriosa (nei due sessi, ma soprattutto nelle donne), indice di massa
corporea (solo nelle donne) e abitudine al fumo (solo negli uomini).
La seconda principale causa di morte in Italia è costituita dai tumori, a cui, nel 1996
è da attribuire poco più del 28% dei decessi. I dati disponibili sui tumori sono dati ISTAT
del 1997, per quanto riguarda la mortalità, e dati dei Registri tumori italiani relativi al
periodo 1988-1992 pubblicati nel 1998 (Zanetti, 1998). Il maggior numero assoluto di
decessi è attribuibile ai tumori del polmone; seguono quelli del colon-retto, dello stomaco
e della mammella. Secondo la stima di Doll e Peto elaborata per gli Stati Uniti (Doll &
Peto, 1981), un terzo delle morti per tumore è attribuibile ad errate abitudini alimentari,
corrispondenti in Italia a circa 50-60.000 decessi all’anno. Più precisamente, all’alimentazione possono essere attribuiti il 30-40% dei tumori per gli uomini e circa il 60% per le
donne. Alcuni nutrienti infatti, nella loro forma nativa o per effetto delle trasformazioni dei
processi tecnologici, sono responsabili della iniziazione e della promozione di alcuni tipi
di tumore. Altri rappresentano, invece, dei fattori protettivi nei confronti di alcuni tipi di
tumore. Il Codice Europeo contro il cancro (Europe Against Cancer, 1993) destina all’alimentazione tre raccomandazioni su sei indicando specificamente di moderare il consumo
di alcolici, aumentare il consumo di frutta, verdura e cereali ad elevato contenuto di fibra
ed evitare il sovrappeso limitando il consumo di alimenti ad elevata densità energetica. I
tassi di mortalità per tumore hanno raggiunto il loro massimo a metà degli anni ’80 ma,
un recente rapporto sul sistema sanitario e la salute della popolazione italiana (Ministero
della Salute, 2000) riporta che negli ultimi anni e nelle generazioni più giovani, si osserva,
per la prima volta nel nostro secolo, una diminuzione della mortalità per tumori. Questa
tendenza è stata osservata sia negli uomini che nelle donne e in maggior misura al Nord
e al Centro. Guardando le proiezioni per il 2005 si prospetta un andamento simile, con
una continua diminuzione al Nord e al Centro mentre si ritiene che potrebbe essere
possibile un lento aumento al Sud. Queste statistiche indicano che il maggior potenziale
guadagno nella lotta contro i tumori può essere ottenuto nelle regioni meridionali, dove è
meno diffusa la rete assistenziale oncologica. La scarsa diffusione dei registri tumori in
tali regioni rende tuttavia difficile una corretta formulazione degli obiettivi e la valutazione
degli interventi necessari. Risulta, quindi, prioritario attivare e incentivare le attività di
almeno tre registri tumori nell’area meridionale e consolidare l’attività dei registri esistenti
e operanti nel territorio nazionale.
Sono disponibili molti dati sull’obesità che evidenziano come la sua prevalenza sia in
I principi della sorveglianza nutrizionale
22
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
aumento in gran parte dei paesi sviluppati, e in particolare la sua diffusione in età evolutiva sta diventando sempre più allarmante. Negli Stati Uniti oltre un quarto dei bambini è
obeso. In Italia, benché al momento manchi una valutazione nazionale della prevalenza
di obesità in età evolutiva, si stima che dal 10% al 32% dei bambini in età scolare risulti
essere obeso (Istituto Auxologico Italiano, 2000; Istituto Auxologico Italiano, 2001).
Complessivamente si osserva una prevalenza più alta nei maschi rispetto alle femmine e
nelle aree meridionali del paese rispetto alle aree settentrionali. Il dato è preoccupante:
un bambino su sette risulta essere obeso e l’obesità in età pediatrica è un fattore di
rischio per l’obesità da adulti. L’obesità in età adulta non è l’unica possibile conseguenza
dell’obesità infantile; si devono considerare anche delle complicanze immediate: già
nell’età infantile, infatti, si possono rilevare rischi di tipo organico, come ipertensione
arteriosa, dislipidemia, diabete di tipo 2, situazioni di disagio sociale dovute al comportamento discriminatorio da parte di coetanei e di adulti, che porta allo sviluppo di una bassa
autostima nell’età adolescenziale. I dati più recenti sull’obesità dell’adulto sono stati forniti
dall’Indagine Multiscopo ISTAT sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” del
periodo Settembre-Dicembre 1999 (Ministero della Salute, 2000), con la quale è stato
evidenziato che:
• 53,8% di adulti sono normopeso, in misura uguale per uomini e donne;
• 33,4% di adulti sono in sovrappeso, prevalentemente uomini (42% contro il 25,7%
delle donne);
• 9,1% di adulti sono obesi, uomini e donne in misura uguale, più al Sud (11,4%) che al
Nord-Ovest (7,5%);
• 3,6% di adulti sono sottopeso, prevalentemente donne giovani (86%).
Nonostante l’Italia si collochi negli ultimi posti nella classifica europea dell’obesità,
negli ultimi anni l’incremento dell’obesità e del sovrappeso verificatosi è attribuibile non
tanto ad una maggiore assunzione di energia, che, al contrario, risulta diminuita, quanto
ad una maggiore sedentarietà dovuta principalmente al tipo di attività lavorativa e alla
scarsa attività fisica durante il tempo libero (Astrup, 2001).
L’obesità e il sovrappeso, inoltre, sono inversamente correlati allo stato socio-economico, in particolare tra le donne.
L’osteoporosi è un’altra malattia per la quale l’alimentazione e lo stile di vita sono
determinanti importanti. Questa patologia pur non essendo mortale contribuisce significativamente alla spesa pubblica, infatti la degenza per le fratture causate da questa patologia
è generalmente lunga, soprattutto considerando le fratture dell’anca e della colonna vertebrale, responsabili rispettivamente del 57% e del 17% dei costi ospedalieri per fratture
patologiche. Le fratture si verificano principalmente nelle donne dopo la menopausa e
negli anziani in genere, e per il 20% portano al decesso entro 6 mesi dal trauma, anche
se spesso la causa di morte riportata sui certificati è differente. Inoltre, il numero di dimessi
con diagnosi di osteoporosi è fortemente sottostimato, trattandosi di una patologia di difficile individuazione e spesso associata a complicanze più evidenti che costituiscono il
motivo della ospedalizzazione. Il motivo principale che induce a considerare l’osteoporosi
una malattia altamente prioritaria sono le proiezioni nel tempo della situazione attuale;
infatti, si assiste da una parte a un aumento dell’incidenza di fratture patologiche, e
dall’altra le proiezioni demografiche indicano un forte incremento nei prossimi 20 anni della
popolazione anziana e, in particolare, di quella femminile (Gennari, 2001).
Il diabete di tipo 2 è strettamente associato all’alimentazione, e secondo alcuni
autori, la componente attribuibile alla dieta è di circa l’80%. L’obesità rappresenta un
importante fattore di rischio. Il rapporto tra obesità e diabete risulta più evidente se oltre
23
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
all’Indice di Massa Corporea si considera la distribuzione del tessuto adiposo; infatti, il
rischio di diabete aumenta progressivamente con l’aumentare della circonferenza della
vita. La rilevazione della prevalenza del diabete di tipo 2 è piuttosto complessa, in quanto
la malattia nei primi anni è spesso asintomatica e la diagnosi viene in genere posta nel
corso di accertamenti per altre patologie o in occasione di ricoveri per complicanze già in
atto, soprattutto eventi coronarici o altre vasculopatie. La prevalenza del diabete di tipo 2,
stimata da rilevazioni incrociate sul consumo di farmaci, dimissioni ospedaliere e centri
di diabetologia, viene comunque stimata intorno al 2,7-3%. Indagini di popolazione
condotte su ampia scala e basate sulla curva da carico del glucosio, forniscono percentuali più elevate, tra il 6% e l’11%. Negli anni a venire si prevede un ulteriore progresso a
carattere epidemico mondiale, del diabete mellito. Incrementi consistenti sono previsti
anche per i Paesi Industrializzati dell’Area Occidentale ma il maggior contributo verrà
pagato dai Paesi in Via di Sviluppo, dove per il più facile accesso alle fonti alimentari e la
contemporanea riduzione del dispendio energetico è facile prevedere per i prossimi
decenni un rilevante incremento della prevalenza del diabete mellito. L’impatto sociale del
diabete di tipo 2 è globalmente elevato. Relativamente alle complicanze, studi condotti
sulla popolazione italiana, hanno evidenziato una prevalenza di retinopatia compresa tra
14-35% e di nefropatia diabetica del 10% circa; inoltre il 30-40% dei diabetici presenta
polineuropatia distale simmetrica. L’incidenza di patologie cardiovascolari è superiore di
2-6 volte nella popolazione diabetica. La morbosità e la mortalità per cardiopatia ischemica sono due volte maggiori nei maschi e 4 volte maggiori nelle femmine rispetto alla
popolazione non diabetica (Brunetti, 2000).
L’ipertensione rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardio-cerebrovascolari.
Dall’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare, nell’ambito di uno studio collaborativo fra
Istituto Superiore di Sanità e Associazione medici cardiologi ospedalieri (www.cuore.iss.it),
è stata condotta nel 1998 una indagine trasversale su un campione di popolazione di età
35-74 anni. I dati sono stati raccolti con metodologie standardizzate da operatori sanitari
opportunamente addestrati e, durante le operazioni di screening, sottoposti al controllo di
qualità per la rilevazione delle misurazioni. Circa il 31% dei soggetti esaminati risultava
iperteso (pressione arteriosa sistolica e diastolica uguale o maggiore di 160 o 95 mmHg
rispettivamente) con una prevalenza leggermente più alta nei maschi (33%) rispetto alle
femmine (29%). Non si osserva un pattern definito di prevalenza dell’ipertensione per area
geografica (Ministero della Salute, 2000). Nella indagine sullo Stato di Salute condotta
dall’ISTAT il 10% degli uomini e il 13% delle donne dichiara di essere iperteso; nella fascia
di età uguale o superiore a 65 anni dichiarano di essere ipertesi il 31% degli uomini e il 39%
delle donne. Questi dati raccolti tramite intervista forniscono ovviamente una prevalenza di
ipertensione arteriosa più bassa rispetto a quella raccolta tramite misurazione diretta
nell’ambito dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli anni ’70 si è verificato un
aumento dei livelli di colesterolo ematico, in seguito non vi sono stati cambiamenti significativi. La già menzionata indagine collaborativa dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (www.cuore.iss.it) ha raccolto tra gli altri anche dati di colesterolemia. La
ipercolesterolemia è stata definita con valori di colesterolo ematico uguale o superiore a
240 mg/dl; sono stati definiti borderline i soggetti con colesterolemia compresa fra 200 e
240 mg/dl. In base a questi risultati è stata trovata una prevalenza di ipercolesterolemia
del 24% con prevalenze più elevate nelle femmine (26%) rispetto ai maschi (22%). Più di
un terzo (36%) della popolazione esaminata è a rischio di sviluppare ipercolesterolemia
avendo dei valori borderline. In questo caso le differenze tra i due sessi sono meno
marcate (38% nei maschi e 36% nelle femmine).
I principi della sorveglianza nutrizionale
24
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
In Italia come in altri Paesi del mondo industrializzato sono tuttora presenti malattie
attribuibili a carenze di nutrienti essenziali.
A causa della bassa assunzione di iodio, il gozzo è un reale problema di salute
pubblica in Italia. Molti studi condotti tra il 1978 e il 1991 hanno mostrato che la prevalenza di gozzo in Italia nei bambini in età scolare (6-14 anni) varia tra il 14 e il 73% con
percentuali più alte nelle regioni centrali e meridionali (Aghini Lombardi et al., 1993). Va
notato comunque che negli studi sono stati utilizzati strumenti di diversa sensibilità e
specificità. Nella maggior parte dei casi, il gozzo consiste in una tumefazione limitata e
reversibile della tiroide. La strategia nutrizionale è ben definita: il metodo più semplice ed
economico è la profilassi iodica che consiste nel sostituire con sale iodato o iodurato il
sale comune. Nei Paesi dove è stata attuata, la profilassi iodica ha dimostrato la sua
efficacia eradicando la malattia entro pochi anni dalla supplementazione. I disturbi da
carenza di iodio sono ancora presenti in molti paesi europei. Attualmente solo in
Finlandia, Svezia e Regno Unito sono state attuate strategie nutrizionali per garantire un
adeguato apporto di iodio, mentre in Francia, Germania ed Italia, l’assenza di piani di
prevenzione e la mancata profilassi iodica ha come conseguenza un’elevata prevalenza
dei disturbi da carenza di iodio (Vitti et al., 2001).
La carenza di ferro è frequente e largamente diffusa tra diversi gruppi della popolazione italiana. Tra i più esposti si trovano bambini, adolescenti, donne in gravidanza e
anziani. In un recente studio multicentrico è stata valutata la prevalenza di carenza di
ferro nelle ragazze (11-15 anni) e nelle donne (20-23 anni) in sei Nazioni Europee
(Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda e Polonia). La coorte italiana era composta
da 750 ragazze di scuola secondaria superiore e da 375 donne selezionate casualmente
nella popolazione calabrese. Basse riserve di ferro sono state riscontrate nel 12% delle
ragazze e nell’8% delle donne (van de Vijver et al., 1999). Nei gruppi vulnerabili di popolazione quali bambini e adolescenti, si stima che in una limitata percentuale di casi (2%),
la carenza di ferro è tale da provocare anemia. E’ necessario sottolineare, comunque, che
la carenza di ferro ha un impatto negativo sulla capacità di resistenza dell’organismo alle
infezioni, sulla capacità lavorativa e/o di apprendimento, indipendentemente dalla
comparsa di vera e propria anemia. La prevalenza di anemia ferropriva non sembra,
dunque molto elevata benché le classi socio-economiche più disagiate possano richiedere una attenzione particolare. L’anemia può essere anche di origine non nutrizionale,
conseguente a infezioni o patologie croniche infiammatorie che compromettono l’assorbimento del ferro.
Per concludere la panoramica delle malattie legate all’alimentazione va menzionata
la carie dentaria che è una malattia dovuta all’azione di batteri appartenenti alla famiglia
degli Streptococchi, ed è associata ad una serie di comportamenti legati all’igiene orale
e all’assunzione di cibi ad elevato potere cariogeno (principalmente gli zuccheri fermentescibili). In Italia la carie ha un’alta prevalenza, con forte incidenza tra i bambini. Lo
studio ASSILT e uno studio randomizzato su bambini in età scolare hanno esaminato
questo fenomeno tramite la valutazione dei dmft (numero totale di denti cariati, mancanti
e otturati), e la media è risultata inferiore a 1 all’età di 6 anni, varia da 4 a 6 all’età di 13
anni ed aumenta a 13 negli adulti (15-64 anni). L’obiettivo da raggiungere dovrebbe
essere, secondo l’OMS, un valore di dmft inferiore a 3 all’età di 12 anni. La prevenzione,
oltre ad una corretta igiene orale, consiste nella riduzione del consumo di zuccheri
fermentescibili e nell’attuazione di profilassi con fluoro. In Italia la prevalenza della carie
nei bambini di 12 anni di età è del 63%, un valore, comunque, inferiore rispetto alle altre
nazioni europee industrializzate (Sheiham, 2001).
Le allergie e le altre intolleranze alimentari interessano, in genere, limitati gruppi di
25
I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
popolazione. Negli ultimi anni l’incremento dell’incidenza delle allergie alimentari è stato
attribuito all’aumentata stimolazione del sistema immunitario per effetto delle campagne
di vaccinazione, che hanno determinato forti fenomeni di ipersensibilità. Bisogna fare una
distinzione tra intolleranza ed allergia in senso stretto: generalmente un’intolleranza
alimentare non coinvolge il sistema immunitario e la sintomatologia è piuttosto varia e
generalizzata, comprendendo sintomi che vanno dal mal di testa alla nausea; in un
fenomeno allergico, invece, si ha l’intervento del sistema immunitario, con sintomi più
specifici, che di solito consistono in orticaria, gonfiore, fino a portare, nel caso estremo,
a shock anafilattico. La principale allergia alimentare è quella alle proteine del latte
vaccino, molto comune nei bambini, ma che con il tempo può essere reversibile; le
allergie ai pesci, crostacei e alla frutta secca sono anch’esse abbastanza diffuse, e di
solito permangono anche in età adulta. Tra le intolleranze, le più comuni sono quella al
lattosio, al glutine (che in realtà ha una patogenesi più complessa e, se non curata, può
portare a quadri sintomatologici più gravi) e ad alcuni additivi alimentari (per esempio
solfiti). L’intolleranza al lattosio presenta un’elevata incidenza negli adulti; tale ampia diffusione può essere spiegata almeno in parte con la tendenza a prescrivere con eccessiva
facilità latti modificati a bambini che presentano una sintomatologia aspecifica riconducibile a fenomeni di scarsa digeribilità del latte, portando in tal modo ad una definitiva inattivazione dell’enzima lattasi.
Oltre al valore nutrizionale degli alimenti è importante anche lo studio del comportamento alimentare; rientrano in questa area sindromi come anoressia, bulimia e altri
disturbi del comportamento alimentare (DCA) non altrimenti specificati. La prevenzione, la diagnosi ed il trattamento di queste situazioni richiedono il coinvolgimento di
specialisti dell’area psicologico-psichiatrica e di altre figure professionali, secondo un
modello di intervento disciplinare integrato. Negli ultimi anni i DCA hanno subito un
notevole incremento soprattutto tra gli adolescenti e le giovani donne di tutte le classi
sociali, tanto da provocare un allarme sociale. I rischi vitali sono elevati e sono dovuti al
sommarsi di vari fattori fisici e psichici. Il Ministero della Salute ha deciso di procedere
all’ulteriore approfondimento degli aspetti scientifici, sanitari e sociali del problema attraverso l’elaborazione di un progetto obiettivo che ha lo scopo di definire percorsi terapeutici efficaci, tutelare la salute mentale e affrontare il problema del disagio giovanile, del
quale i DCA rappresentano un allarmante aspetto (Ministero della Sanità, 1997).
Un altro aspetto da considerare riguarda le malattie a trasmissione alimentare, la
cui incidenza globale è spesso difficile da stabilire in quanto una parte consistente degli
episodi non viene segnalata. I fattori che hanno portato ad una compromissione della
sicurezza alimentare negli ultimi anni sono diversi: i modificati sistemi di approvvigionamento degli alimenti, l’aumento della popolazione esposta, il cambiamento dei comportamenti sociali, le mutate condizioni ambientali, che hanno determinato modifiche di
alcune nicchie ecologiche. La sorveglianza routinaria dei focolai epidemici di malattie
trasmesse da alimenti permette di stimare il ruolo sostenuto dalle diverse tipologie di
alimenti nel veicolare gli agenti responsabili di malattia. Gli agenti eziologici responsabili
delle malattie a trasmissione alimentare includono batteri (Clostridium Botulinum,
Salmonella Enteritidis, Escherichia 159, Salmonella Typhi), virus (virus dell’epatite A),
parassiti (Tenia) e prioni (come quello responsabile dell’encefalite spongiforme bovina).
I dati disponibili in Italia derivano dal sistema di notifica obbligatorio per i casi di
malattie infettive, che richiede una segnalazione individuale per ogni caso diagnosticato
e una notifica per i focolai epidemici (Salmaso & Tozzi, 2001). Durante il periodo 19911995 sono stati notificati 3.090 focolai epidemici di infezioni: tossinfezioni ed intossicazioni di origine alimentare che hanno coinvolto 26.235 soggetti. I focolai il cui agente
I principi della sorveglianza nutrizionale
26
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
eziologico è stato identificato sono stati il 79,1%. I dati riferibili a focolai rappresentano
solo una piccola parte delle malattie a trasmissione alimentare: i casi sporadici infatti
sono molto più comuni di quelli manifestatisi come focolai. Le Salmonelle hanno causato
sia il maggior numero di focolai (72%) che di casi sporadici (55,3%); la Salmonella D è il
sierogruppo più rappresentato (66,2%). L’alimento più frequentemente responsabile è
l’uovo e le preparazioni che lo contengono (in particolare maionese e tiramisù); i focolai
hanno coinvolto soprattutto gruppi familiari (67,8%), mentre fra i servizi di ristorazione
collettiva sono stati interessati i ristoranti nell’8,7% degli episodi (Prete et al., 1996). Il
botulismo è una malattia relativamente rara tra quelle trasmesse da alimenti ma
purtroppo spesso letale. L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il numero più elevato
di casi di botulismo, molti dei quali si verificano nelle regioni meridionali e sono dovuti
principalmente alla produzione domestica di conserve (Salmaso & Tozzi, 2001).
Secondo il bollettino epidemiologico del Ministero della Salute nell’anno 1999 dei 21
casi di botulismo segnalati a livello nazionale 11 erano dislocati al sud e nelle isole
(www.sanita.it/malinf/BollEpid). In Italia non esiste ancora un sistema integrato di sorveglianza di laboratorio per le infezioni da Campylobacter, tuttavia, i risultati di diversi studi
effettuati ad hoc e di alcuni studi multicentrici, evidenziano come anche nel nostro Paese
le infezioni da Campylobacter giocano un ruolo di primaria importanza nello scenario
delle malattie a trasmissione alimentare (Luzzi, 2001). Per quanto riguarda le infezioni da
Escherichia coli tra il 1988 il 1997 il sistema di sorveglianza ha identificato oltre 200 casi,
con incidenza media di 0,2-0,3 per 100.000 abitanti nella fascia d’età 0-15 anni. Questa
incidenza risulta comunque bassa rispetto ad altri paesi dell’Europa centrale (Caprioli et
al., 1992; Caprioli et al., 1997; Gianvinti et al., 1994). Anche la listeriosi è una malattia
soggetta a notifica in vari paesi europei, tra cui l’Italia. I dati relativi all’incidenza della
malattia nel periodo compreso tra il 1993 e il 1999 mostrano che, nel nostro paese, la
malattia è piuttosto rara (30-40 casi l’anno), anche se è assai probabile che la malattia
sia sottostimata (Gianfranceschi & Aureli, 2001).
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I principi della sorveglianza nutrizionale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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I principi della sorveglianza nutrizionale
30
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
2. DATI PRIMARI
•
•
•
•
•
I dati primari sono quelli raccolti con indagini realizzate ad hoc. La raccolta
sistematica di dati primari è un esercizio complesso e costoso. Un’alternativa più
economica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è quella dei
sistemi di sorveglianza basati sui siti sentinella.
In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e poco
efficiente prendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare il
sistema di sorveglianza è necessario scegliere nell’ambito della popolazione in
esame un campione rappresentativo e significativo.
L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizionale di individui e popolazioni. E’ molto importante in ogni caso fissare dei limiti
per l’interpretazione degli indici antropometrici e, in età evolutiva, disporre di una
popolazione di riferimento per confrontare il gruppo di bambini studiati.
La misura dei consumi alimentari permette di tracciare il profilo dietetico della
popolazione. Per questa rilevazione possono essere utilizzate metodologie
diverse a seconda degli obiettivi della ricerca stessa. I metodi che maggiormente
si adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionale sono il diario alimentare, il
recall delle 24 ore ed il questionario di frequenza.
I consumi alimentari permettono di stimare i livelli di ingestione dei vari nutrienti
che vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Gli indicatori di rischio dietetico permettono di valutare l’adeguatezza della dieta. Ovviamente esistono dei
requisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati di composizione degli
alimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta di stimare la prevalenza di carenze in nutrienti.
2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale, comportamenti alimentari
Affinché il sistema informativo di un piano di sorveglianza nutrizionale risulti il più
possibile razionale e completo è necessario operare una scelta dei dati da raccogliere; i
dati devono essere coerenti con gli obiettivi del progetto e fornire le indicazioni necessarie per tracciare il profilo nutrizionale della popolazione.
Se le informazioni relative alla popolazione in esame non sono sufficienti, occorre
pianificare uno studio sul campo e raccogliere dati primari.
La raccolta sistematica di dati primari è un esercizio complesso e costoso e richiede
la realizzazione di indagini realizzate ad hoc. La sorveglianza basata su dati primari è un
lusso che possono permettersi solo pochi Paesi al mondo.
I dati primari devono fornire informazioni su:
• condizioni socio-economiche (livello di reddito, professione), culturali e ambientali
della popolazione;
• stato nutrizionale della popolazione, rilevato per mezzo di misure antropometriche o di
valutazioni biochimiche;
• modelli di dieta (espressi in alimenti, nutrienti e altre componenti degli alimenti);
• determinanti delle scelte alimentari.
31
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
2.2 Metodologie d’indagine
Lo stato di nutrizione di una popolazione può essere rilevato effettuando su campioni
rappresentativi della popolazione:
• misure antropometriche;
• valutazioni biochimiche;
• valutazioni sui consumi alimentari.
Un’alternativa più economica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è
quella dei sistemi di sorveglianza non rappresentativi della popolazione, ma basati sui siti
sentinella. Questi siti sono individuati, secondo criteri di convenienza, negli ospedali, o
nei distretti di Aziende Sanitarie Locali. E’ possibile concentrare le risorse a disposizione
e il personale esperto nei siti sentinella. Il problema principale nell’utilizzazione dei dati
raccolti con questo sistema è che non possono essere estrapolati all’intera popolazione.
Tuttavia, i siti sentinella sono pensati per segnalare situazioni di rischio, per valutare
l’affidabilità di sistemi di raccolta di dati o per analizzare la distribuzione di una data
patologia per gruppi di età, classi sociali o altre variabili.
2.3 Campionamento
In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e poco efficiente
prendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare il sistema di sorveglianza
è necessario scegliere nell’ambito della popolazione in esame un campione rappresentativo e significativo. Vanno inoltre individuati i gruppi di popolazione maggiormente
esposti ad un determinato fattore di rischio per la patologia.
Nel campionamento devono essere considerate:
• variabili biologiche: età, sesso, razza, stato di salute, fattori genetici;
• variabili ambientali: regioni geografiche, zone ecologiche (mare, montagna, collina,
ecc...);
• variabili socio-economiche e culturali: reddito, professione, stato civile, abitudini
alimentari, livello culturale.
La scelta deve essere effettuata non solo sulla base di informazioni relative ad un
determinato momento nel tempo, ma anche sulla base di analisi delle tendenze storiche,
per identificare quei gruppi nei quali si prospetta un trend positivo.
In linea generale, occorre l’adozione di un metodo probabilistico che garantisca, a
priori, a tutti i componenti della popolazione di poter essere inclusi nel campione. Di
seguito vengono riportati i principali metodi di campionamento:
• campionamento casuale semplice: se la popolazione è omogenea si può procedere
ad una randomizzazione utilizzando la tavola dei numeri casuali;
• campionamento casuale stratificato: se la popolazione non è omogenea si procede
prima ad una stratificazione per determinate variabili (età, sesso, ecc...), quindi si
esegue il campionamento casuale per ogni strato. In questo modo da ogni sottogruppo viene estratto un campione randomizzato di entità proporzionale alla percentuale di quel sottogruppo nella popolazione totale;
• campionamento a cluster: il metodo consiste nel dividere la popolazione in gruppi
(ad es. tutti gli abitanti di un edificio tutte le classi di una scuola, tutti i reparti di un
ospedale, ecc...) che diventano le unità dalle quali ne verrà randomizzata una quota
da includere nello studio;
• campionamento sistematico: gli individui vengono elencati in una lista e si stabilisce
un passo di campionamento in base alle dimensioni della popolazione. Ad esempio si
Dati primari
32
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
può decidere di selezionare un individuo ogni 5, ovviamente il primo sarà scelto in
modo casuale. In questo caso bisogna fare attenzione che nella lista non ci sia una
ripetibilità costante, in quanto si selezionerebbe lo stesso tipo di individui; ad es. se si
tratta di una lista di famiglie con un numero uguale di figli, il prelievo con un ritmo di
due o tre componenti campionerebbe sempre un genitore o un figlio.
I differenti aspetti del campionamento verranno ulteriormente approfonditi in relazione
ai dati secondari e una trattazione specifica verrà fatta anche per spiegare la metodologia
di campionamento utilizzata per la raccolta di dati primari nel progetto pilota di sorveglianza.
2.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici
Un sistema di sorveglianza deve disporre di tecniche e strumenti adeguati per la
raccolta dei dati e di personale specializzato in grado di utilizzarli, per cui è necessario
che gli operatori siano opportunamente “addestrati” prima di cominciare la raccolta dei
dati.
L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizionale di
individui e popolazioni, a patto che le misure siano prese con la dovuta precisione e
accuratezza. Anche la strumentazione che si utilizza non è una strumentazione
complessa, ma a dispetto della apparente semplicità con cui queste misure si possono
rilevare, bisogna seguire dei protocolli di raccolta dati sufficientemente rigorosi per garantire la comparabilità dei dati raccolti. Come verrà più in dettaglio esplicitato in altre parti
del presente manuale, i punti di repere e le modalità di rilevamento delle misure antropometriche devono essere quelli raccomandati dalla Organizzazione Mondiale della
Sanità (World Health Organization, 1995).
In questa sede è opportuno sottolineare che per uno studio di sorveglianza nutrizionale la scelta delle misure da effettuare dovrebbe essere dettata da considerazioni
pratiche di semplicità, in modo da garantire la raccolta di pochi e semplici parametri che
siano rilevati in modo sufficientemente preciso e che siano in grado di fornire indicazioni
sullo stato nutrizionale della popolazione. In questo senso peso e statura sono misure
antropometriche che si prestano bene ad essere incluse in un sistema di sorveglianza,
mentre altre rilevazioni quali lo spessore delle pliche cutanee, vista la difficoltà di avere
delle misure replicabili, possono rappresentare un elemento di criticità del sistema.
2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto
Negli studi epidemiologici la valutazione dello stato nutrizionale è comunemente
eseguita sulla base di semplici misure antropometriche. Negli studi su larga scala, in
genere, sono utilizzate le misure del peso e della statura, assumendo che, per una determinata statura, le variazioni del peso corporeo siano attribuibili, in gran parte, a variazioni
nel contenuto di grasso corporeo. Tali misure sono combinate tra loro in vari tipi di
rapporto, al fine di “mettere in relazione” il peso con la statura e costituire gli indici dello
stato nutrizionale. I requisiti fondamentali per questi indici sono una bassa correlazione
con la statura ed un’elevata correlazione con il peso ed il grasso corporeo. Va notato,
tuttavia, che questi, indici che mettono in relazione il peso e la statura non permettono di
distinguere variazioni del peso dovute alla massa muscolare, alla massa ossea, al contenuto di acqua, o all’ accumulo di grasso (Norgan & Ferro-Luzzi, 1982). Inoltre va precisato
che i termini “obesità” e “sovrappeso” sono spesso utilizzati come sinonimi, ma rappresentano due diverse condizioni: il termine “obesità” indica un eccesso di tessuto adiposo
che andrebbe misurato o valutato con le opportune tecniche, mentre il termine “sovrap-
33
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
peso” indica semplicemente un eccesso di peso per una determinata statura (Troiano &
Flegal, 1999). Nonostante i loro limiti, gli indici che mettono in relazione il peso e la statura
possono essere utilizzati in vari contesti come “indicatori del grado di adiposità”.
L’Indice di Massa Corporea (IMC, kg/m2), o indice di Quetelet, calcolato dividendo il
peso espresso in kg per il quadrato della statura espressa in metri, è l’indice ponderale
più utilizzato nell’adulto (World Health Organization, 1995; World Health Organization,
1998) come espressione del peso “aggiustato” per la statura, e come indice di adiposità,
in quanto è quello maggiormente correlato con il grasso corporeo e, allo stesso tempo,
quello meno correlato con la statura (Benn, 1971; Billewicz et al., 1962; Garn & Pesick,
1982; Keys et al., 1972; Lee et al., 1981; Micozzi et al., 1986; Norgan & Ferro-Luzzi, 1982;
Revicki & Israel, 1986; Ross et al., 1988; Troiano & Flegal, 1999; Wormsley & Durnin,
1977). Tuttavia, l’IMC è comunque influenzato dalla statura, specialmente ai due estremi
della distribuzione (Lee et al., 1981; Freeman et al., 1995). La capacità predittiva dell’IMC
nei confronti del grasso a livello individuale spiega soltanto circa il 50% della varianza del
contenuto di grasso espresso come percentuale del peso corporeo (Norgan, 1990).
Quindi individui con uno stesso IMC possono avere una diversa quantità di grasso
corporeo. Ad esempio gli atleti possono avere un IMC elevato, ma l’eccesso di peso in
questo caso è dovuto alla massa muscolare e non ad un eccesso di grasso corporeo.
Invece, a livello di gruppo tale indice è risultato fortemente correlato con il grasso, con un
errore standard del 3-6% del peso corporeo (Wormsley & Durnin, 1977). Nonostante i
suoi limiti, l’IMC rappresenta un indice semplice da calcolare, ampiamente utilizzato,
specialmente negli studi su larga scala, per valutare il rischio di malattia. La relazione tra
IMC e le principali cause di malattia e mortalità è stata diffusamente studiata ed è risultata a forma di “U”, in quanto sia l’eccessiva magrezza che l’eccesso di peso possono
essere causa di rischio per la salute (Rissanen et al., 1989; Rissanen et al., 1991; Waaler,
1984; World Health Organization, 1995). Pertanto nell’adulto, lo stato nutrizionale determinato mediante l’IMC è valutato utilizzando un approccio epidemiologico, cioè sulla
base del rischio di malattia e di mortalità associato ai valori dell’IMC. Quindi i valori soglia
dell’IMC per la definizione dello stato nutrizionale sono stati ricavati, dall’inflessione delle
curve di correlazione tra l’IMC ed i tassi di mortalità e di morbosità. I valori internazionalmente accettati sono quelli proposti dall’OMS (World Health Organization, 1995; World
Health Organization, 1998) (Tabella 2.4.1.1) e sono unificati per sesso ed età. Va, tuttavia,
sottolineato che tali valori soglia andrebbero applicati con cautela nell’anziano, in quanto
l’IMC può avere un differente significato negli individui più anziani rispetto ai giovani, a
causa della riduzione della statura con l’età (World Health Organization, 1995). La statura
può diminuire con l’avanzare dell’età di 1-2 cm per decade, o più rapidamente nelle età
più avanzate, soprattutto a causa della compressione delle vertebre, delle modifiche nella
forma e nell’altezza dei dischi vertebrali, della perdita del tono muscolare o delle
modifiche nella postura (Rossman, 1977; Svanborg et al., 1991).
L’IMC varia ampiamente tra le popolazioni di anziani e dipende da vari fattori, tra cui
le modificazioni biologiche correlate con l’età, lo stato di salute, lo stile di vita ed i fattori
socioeconomici (World Health Organization, 1995). Inoltre, va considerata la grande
variabilità inter-individuale nelle variazioni della composizione corporea e dell’IMC dovute
anche alla variabilità inter-individuale nel processo di invecchiamento. Nelle popolazioni
europee è stato osservato che tale indice, come il peso, tende ad aumentare nella mezza
età e a stabilizzarsi prima negli uomini che nelle donne. Per entrambi i sessi l’IMC inizia
a diminuire dopo i 70-75 anni (Rossman, 1977; Waaler, 1984; Waaler, 1988). Se la statura
non varia, una diminuzione dell’IMC riflette la diminuzione nel peso corporeo; se tuttavia
anche la statura diminuisce, come avviene in età avanzata, allora la diminuzione nell’IMC
Dati primari
34
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
risulta inferiore a quella che si avrebbe per un’analoga diminuzione del peso in gruppi di
età in cui la statura si mantiene stabile.
Anche la relazione tra IMC, massa grassa e massa cellulare varia con l’età. Con
l’avanzare dell’età si verificano significative modifiche nella massa magra (in senso qualitativo perché varia la sua composizione e in senso quantitativo perché diminuisce la
massa cellulare) e nella distribuzione del grasso. Si osserva una progressiva ridistribuzione del grasso: il tessuto adiposo sottocutaneo tende a diminuire e quello intra-addominale ad aumentare (Chumlea & Baumgartner, 1989; Rossman, 1977). Per gli individui al
di sopra dei 65 anni di età non è ancora chiaro il rischio per la salute dovuto all’eccesso
di peso. Sembra, infatti, che ad età più avanzate un moderato sovrappeso sia associato
ad un minore rischio di mortalità (Andres, 1985). Oltre gli 80 anni di età la magrezza e la
perdita di massa magra possono rappresentare un problema più importante rispetto
all’eccesso di peso (World Health Organization, 1995). Infatti, una cospicua perdita di
massa magra può ridurre la massa cellulare al di sotto di un livello minimo necessario per
il mantenimento delle funzioni fisiologiche.
Tabella 2.4.1.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC per la valutazione dello stato
nutrizionale nell’adulto
(*) Il sottopeso comporta un basso rischio di insorgenza di patologie croniche, quali
malattie cardiovascolari, obesità, diabete ecc, ma può essere correlato ad altre situazioni
cliniche, quali anoressia, malassorbimenti, ecc.
Fonte: World Health Organization, 1998
2.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva
L’IMC è risultato altamente correlato con il contenuto di grasso corporeo (Deurenberg
et al., 1991; Dietz & Robinson, 1998) e con il rischio di malattia (Gidding et al., 1995;
Higgings et al., 1980; Must & Strauss, 1999; Power et al., 1997) e di mortalità a lungo
termine (Must et al., 1992) anche nei bambini e negli adolescenti. Tuttavia l’IMC non
sembra un buon indicatore di adiposità nei bambini più magri (Bray et al., 2001).
Malgrado i suoi limiti, tale indice è stato recentemente accettato a livello internazionale
come indice di adiposità anche in età evolutiva, in quanto considerato appropriato per una
definizione “pratica” del sovrappeso in questa fascia di età (Barlow & Dietz, 1998; Bellizzi
& Dietz, 1999; Himes & Dietz, 1994).
In età evolutiva, i normali processi di crescita e di sviluppo determinano variazioni
nella composizione corporea alle varie età. Pertanto, durante l’infanzia e l’adolescenza la
35
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
relazione tra il peso per una data statura ed il grado di adiposità dipende soprattutto
dall’età e dal sesso. Di conseguenza, anche i valori soglia degli indici utilizzati per la
definizione dello stato nutrizionale in età evolutiva sono età e sesso specifici. Tali valori
sono determinati applicando un approccio statistico, che implica la scelta arbitraria di un
valore soglia di un indicatore, da una popolazione di riferimento (Flegal, 1993), in quanto
l’applicazione di un approccio epidemiologico in questa fascia di età comporta delle difficoltà metodologiche ed, allo stato attuale, i dati per supportare una definizione dello stato
nutrizionale basata sugli esiti, come per l’adulto, sono scarsi e di difficile interpretazione.
Ciò è causa della mancanza di accordo sulla definizione dello stato nutrizionale in età
evolutiva. Attualmente, pochi studi hanno valutato il rischio per la salute associato ad un
eccesso di grasso corporeo in tale fascia di età (Dwyer & Blizzard, 1996; Washino et al.,
1999; Williams et al., 1992). Mentre la prevalenza dell’obesità in età pediatrica tende ad
aumentare rapidamente, specie nei paesi industrializzati (World Health Organization,
1998), con importanti conseguenze per la sanità pubblica, in quanto, l’obesità in età infantile, aumenta la probabilità che l’obesità e le patologie ad essa correlate persistano anche
in età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al., 1994; Rolland Cachera et al., 1987; World
Health Organization, 1998), allo stato attuale la conoscenza delle dimensioni del
fenomeno, che è fondamentale per sviluppare degli adeguati piani di prevenzione, è
ostacolata dalla mancanza di una definizione univoca del sovrappeso e dell’obesità in età
evolutiva (Bellizzi & Dietz, 1999). L’esame della letteratura evidenzia, pertanto, l’utilizzo di:
1. diversi indicatori; 2. diversi criteri per i valori soglia; 3. diverse popolazioni di riferimento.
La valutazione dello stato nutrizionale in età infantile dipende dalla definizione adottata:
l’uso di diversi valori di riferimento, indicatori e valori soglia fornisce risultati diversi. Come
indici per definire lo stato nutrizionale sono utilizzati soprattutto il peso-per-statura (che
permette di confrontare il peso di un individuo con la distribuzione in centili del peso di un
gruppo individui di riferimento con la stessa statura, ma non necessariamente della stessa
età) e l’IMC-per-età (che permette di confrontare l’IMC di un individuo con la distribuzione
in centili dell’IMC di un gruppo individui di riferimento della stessa età, ma non necessariamente con la stessa statura). Esistono tre “scuole di pensiero” per la scelta dei centili,
denominate per convenienza “scuola europea”, “scuola americana” e “dell’OMS” (Cole,
1994). In Europa in genere sono utilizzati il 3°, il 10°, il 25°, il 50°, il 75°, il 90° ed il 97°
centile. L’NCHS americano utilizza il 5° percentile invece del 3°, l’85° invece del 90° ed il
95° centile invece del 97° centile; nella versione più recente delle curve di riferimento
NCHS (Kuczmarski et al., 2000), sono stati aggiunti anche il 3° ed il 97° centile. I valori
soglia per la definizione del sovrappeso e dell’obesità corrispondono ai valori dei centili
più alti: i più comuni sono rispettivamente l’85° o il 90° ed il 95° o il 97°. E’ anche utilizzata
la definizione di obesità per un eccesso di peso superiore del 20% rispetto al 50° centile
del peso-per-statura. I valori soglia per la definizione del sottopeso sono il 3° o il 5°
percentile. L’OMS non usa i centili, ma lo z-score, che esprime il valore dell’indice come
numero di deviazioni standard al di sopra o al di sotto del valore medio o della mediana:
la definizione di sovrappeso corrisponde ad un valore dell’indicatore maggiore di + 2 zscore, rispetto alla mediana della popolazione di riferimento, mentre quella di sottopeso
ad un valore dell’indicatore minore di - 2 z-score (World Health Organization, 1995).
Anche la terminologia utilizzata nella valutazione dello stato nutrizionale in età infantile non è uniforme: è stato raccomandato che i soggetti con IMC, o peso-per-statura,
compreso tra l’85° ed il 95° percentile siano definiti “a rischio di sovrappeso”, mentre
siano classificati “in sovrappeso”, quelli con IMC o peso-per-statura superiore al 95°
percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz, 1994). Tuttavia, a volte valori dell’IMC
superiori all’85° percentile sono considerati indicativi di sovrappeso e quelli superiori al
95° indicativi di obesità.
Dati primari
36
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
L’OMS aveva raccomandato in età infantile l’uso dell’indice peso-per-statura e la
popolazione di riferimento americana dell’NCHS (Dibley et al., 1987a; Dibley et al.,
1987b; World Health Organization, 1986; World Health Organization, 1995). Tali dati di
riferimento sono stati recentemente revisionati e sono state pubblicate le nuove curve di
crescita (Kuczmarski et al., 2000), che, come già detto, includono anche il 3° ed il 97°
percentile, oltre il 5° ed il 95°. Inoltre, sono state elaborate le tabelle con i valori dell’IMCper-età, valide tra i 2 ed i 20 anni, in sostituzione delle tabelle NCHS del peso-per-statura
del 1977 (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977), il cui uso era limitato
ai bambini in età prepubere (fino a 11,5 anni ed una statura inferiore ai 145 cm per i
maschi, e fino a 10 anni ed una statura inferiore a 137 cm per le femmine). L’indice pesoper-statura è stato inserito in alternativa all’IMC-per-età, per consentire una maggiore
flessibilità nel passaggio alle nuove tabelle di riferimento (Flegal et al., 2002); tuttavia il
suo utilizzo è stato criticato (Cole, 1979; Cole, 1985; Flegal et al., 2002). Questi dati di
riferimento sono basati su indagini nazionali eseguite negli Stati Uniti e sono destinati ad
essere utilizzati per bambini ed adolescenti degli USA (Flegal et al., 2001). Tali valori
possono essere applicati per identificare i bambini e gli adolescenti con IMC ai limiti
superiori della distribuzione, considerando “in sovrappeso” quelli con IMC maggiore o
uguale al valore corrispondente al 95° percentile; “a rischio di sovrappeso” quelli con IMC
compreso tra i valori dell’85° e del 95° percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz,
1994). Un’applicazione analoga dei valori di riferimento dell’IMC-per-età ai limiti inferiori
della distribuzione può essere utilizzata per valutare il “rischio di sottopeso” od il “sottopeso”, anche se, al riguardo, per il momento non esistono specifiche raccomandazioni da
parte di esperti (Kuczmarski et al., 2000).
La Consensus Conference Italiana sull’Obesità del 1991 (Crepaldi et al., 1991a;
Crepaldi et al., 1991) aveva suggerito l’utilizzo dei valori di riferimento del peso-perstatura americani dell’NCHS (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977),
o di quelli inglesi (Tanner, 1965).
Un comitato di esperti dell’OMS (de Onis & Habitcht, 1996), aveva provvisoriamente
raccomandato per gli adolescenti, l’uso delle tabelle di riferimento americane dei valori
dell’IMC specifici per sesso e per età di Must et al. (Must et al., 1991).
L’European Childhood Obesity Group (Poskitt, 1995) aveva indicato l’utilizzo dei valori
di riferimento francesi dell’IMC specifici per sesso ed età (Rolland-Cachera, et al.,1991).
In Italia la maggior parte dei pediatri ha utilizzato in passato ed usa ancora le tabelle
di riferimento inglesi (Tanner, et al.1966; Tanner & Whitehouse, 1976) relative al peso ed
alla statura, oppure quelle francesi (Rolland-Cachera et al., 1991) relative all’IMC, mentre
alcuni centri utilizzano dati di riferimento locali (Falorni et al., 1998; Luciano et al., 1997;
Merola et al., 1998; Nicoletti, 1992; Schwarzemberg et al., 1998; Zoppi et al., 1996),
sviluppati nella propria città o regione. Inoltre, sono state pubblicate di recente delle
nuove tabelle di riferimento italiane per la statura, il peso e l’IMC (Cacciari et al., 2002)
per l’età evolutiva (6-20 anni di età), distinte per il Nord-Centro e per il Sud Italia.
L’OMS ha sottolineato la necessità di utilizzare un sistema di classificazione unificato
dello stato nutrizionale in età evolutiva (World Health Organization, 1998). Per questo,
l’International Obesity Task Force (IOTF) (Cole et al., 2000) ha proposto una definizione
di sovrappeso ed obesità basata su dati di riferimento internazionali e su un nuovo
criterio, che definisce i valori soglia dell’IMC specifici per sesso ed età in modo che siano
collegati a quelli dell’IMC dell’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia e
di mortalità. Le curve di riferimento sono state elaborate a partire dai dati dell’IMC provenienti da studi trasversali sull’accrescimento, rappresentativi a livello nazionale di sei
paesi (Brasile, Gran Bretagna, Hong Kong, Olanda, Singapore e Stati Uniti), con ampie
37
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
differenze nella prevalenza dell’obesità, per un totale di più di 192000 soggetti, di età
compresa tra 0-25 anni di età. I paesi inclusi nell’elaborazione delle curve di riferimento
sono quelli che al momento rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: la rappresentatività nazionale (più di 10000 soggetti per ciascuno studio), un intervallo di età minimo
compreso tra 6 e 18 anni ed il controllo di qualità, per ridurre al minimo gli errori di misura.
Per ogni serie di dati sono stati identificati separatamente i percentili che, all’età di 18
anni, intersecano rispettivamente il valore di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2 riferimento; questi
sono stati poi combinati e sono stati definiti i valori soglia internazionali per il sovrappeso
e l’obesità, specifici per sesso ed età (Figura 2.4.2.1 e Tabella 2.4.2.1), rappresentativi
dei paesi di riferimento, ma indipendenti dal livello di obesità di ciascuno di essi (Cole et
al., 2000). Tale approccio è ancora basato su una definizione statistica del sovrappeso e
dell’obesità, ma rappresenta un tentativo di collegare i valori soglia per l’età evolutiva ai
fattori di rischio dell’adulto. Tuttavia, sebbene la terminologia utilizzata sia la stessa, le
conseguenze sulla salute per i bambini con un IMC al di sopra dei valori soglia possono
essere diverse da quelle dell’adulto (Cole et al., 2000) Bisogna inoltre puntualizzare che
i valori soglia per il sottopeso non sono stati ancora pubblicati. Potrebbe essere applicato
lo stesso tipo di approccio utilizzato per derivare i valori soglia per il sovrappeso e l’obesità. Tuttavia, il valore soglia per il sottopeso nell’adulto pari a 18.5 kg/m2 (World Health
Organization, 1995; World Health Organization, 1998) corrisponde al 12° centile delle
curve di riferimento inglesi di Cole e collaboratori (Cole, 1990), pari ad una prevalenza
inaccettabilmente alta di bambini sottopeso (Cole et al., 2000). Un’alternativa potrebbe
essere il valore soglia a 18 anni pari a 17.0 kg/m2, che corrisponde al 2° centile delle
curve di riferimento inglesi di Cole et al. (Cole, 1990) (Cole et al., 2000). Mentre i centili
che corrispondono ai valori soglia per il sovrappeso e l’obesità sono risultati associati con
il rischio di malattia in età evolutiva (Freedman et al., 1999), non sono ancora stati studiati
gli effetti sulla salute di un IMC al di sotto dei valori soglia per il sottopeso in età evolutiva, che devono ancora essere validati come marcatori del rischio di malattia (Cole et al.,
2000). Inoltre, i valori soglia dell’IMC per il sottopeso potrebbero essere inadatti nei più
giovani (Taylor et al., 2002), in quanto, come già detto, l’IMC non sembra un buon indicatore di adiposità nei bambini magri (Bray et al., 2001).
In conclusione, definire lo stato nutrizionale in età evolutiva sulla base di un approccio
epidemiologico è ancora problematico e viene, perciò utilizzato l’approccio statistico. Ciò
ha determinato l’assenza di un accordo internazionale sull’uso degli indicatori dello stato
nutrizionale, dei valori soglia e dei dati di riferimento. Nessuno dei vari metodi che sono
stati proposti è necessariamente quello corretto, ma ciascuno ha i suoi vantaggi ed i suoi
limiti e dovrebbe, perciò, essere utilizzato con cautela. Tuttavia, è essenziale il raggiungimento di un consenso sulla definizione di obesità in età evolutiva, per valutarne la prevalenza, seguire il suo andamento nel tempo e consentire confronti nazionali ed
internazionali, al fine di pianificare gli opportuni interventi di prevenzione di tale condizione (World Health Organization, 1998). A tale proposito l’International Obesity Task
Force (IOTF) ha proposto un metodo internazionale (Cole et al., 2000), che ha sicuramente ancora dei limiti. Sono necessarie ulteriori giustificazioni per lo sviluppo di valori
soglia a partire da dati tanto eterogenei e sono necessari ulteriori studi relativi alle conseguenze sullo stato di salute per valori dell’IMC superiori ai valori soglia e per valutare se
debbano essere considerate differenze etniche (Inoue et al., 2000; Wang & Wang, 2002;
Wang et al., 2000). Resta ancora comunque irrisolto il problema della definizione del
sottopeso. Tuttavia, tale metodo, pur essendo ancora basato su un approccio statistico,
presenta diversi vantaggi: è basato su valori di riferimento internazionali dell’IMC età e
sesso specifici, dai 2 ai 18 anni di età, derivati da una combinazione di dati provenienti
da sei diversi paesi e collegati con i valori soglia del sovrappeso e dell’obesità adottati
Dati primari
38
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
per l’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia e di mortalità. Il suo utilizzo,
inoltre, consente una continuità nei valori soglia per il sovrappeso e l’obesità raccomandati dall’età evolutiva fino all’età adulta.
Figura 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per la
definizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva di Cole et
al., 2000, che intersecano i valori dell’IMC di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2
a 18 anni.
Fonte: Cole et al., 2000 modificato
39
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per la
definizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva
Fonte: Cole et al., 2000
Dati primari
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari
Per valutare i consumi alimentari è necessario raccogliere i dati primari attraverso
indagini di popolazione mirate. Tali indagini sono eseguite utilizzando metodologie di
rilevamento dei consumi che possono essere raggruppate in tre categorie (D’Amicis,
1999) (Figura 2.5.1):
a. tendenti a valutare la dieta attuale (pesata, diario alimentare, recall, ecc.)
b. tendenti a valutare la dieta passata (storia dietetica)
c. tendenti a valutare la dieta abituale (frequenza di consumo)
Ciascun metodo ha i suoi vantaggi e svantaggi, può essere più o meno complesso,
avere un diverso grado di precisione e richiedere una maggiore o minore collaborazione
da parte del soggetto in esame (Ferro-Luzzi & Norgan, 1991; Bingham, 1987) (Figura
2.5.2).
D’altro canto, la valutazione dei consumi alimentari della popolazione è estremamente complessa e può essere studiata in diversi modi, sia per stimare l’assunzione di
costituenti chimici (come nutrienti essenziali, componenti non nutritivi degli alimenti e
contaminanti) che per valutare il consumo di alimenti e gruppi di alimenti.
Figura 2.5.1 - Riferimento temporale alle misure della dieta
Tempo
Dieta pregressa
Dieta attuale
a
Dieta attuale
(pesata, diario alimentare,
recall, ecc.)
b
Dieta pregressa
(storica dietetica
c
Dieta abituale
(frequenza di consumo)
Fonte: modificata da D’Amicis 1999
41
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Figura 2.5.2 - Relazione tra accettabilità e precisione nelle tecniche di rilevamento
dei consumi alimentari
Fonte: modificata da Ferro-Luzzi & Norgan, 1991
La scelta tra le diverse metodiche di rilevamento dei consumi alimentari è determinata dallo scopo dello studio (precisione e accuratezza necessaria), dalle caratteristiche
della popolazione e dalle disponibilità economiche, di tempo, di personale e di mezzi.
Inoltre, non esistono questionari standard, ma, in base alla metodica scelta e quindi in
base all’obiettivo della ricerca stessa, il tipo di formulario va ideato, costruito e validato di
volta in volta con studi pilota.
I metodi che maggiormente si adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionale
sono il diario alimentare, il recall delle 24h e la frequenza di consumo. Generalmente il
diario alimentare per pesata è considerato il metodo migliore per stimare i consumi, ma
richiede un considerevole impegno da parte del soggetto e i risultati possono non essere
rappresentativi se i soggetti modificano le loro abitudini alimentari durante il periodo
dell’indagine. Anche la storia dietetica può fornire informazioni molto dettagliate, tuttavia
il ricordo spesso risulta essere impreciso ed approssimato (Bingham, 1987). In anni
recenti è stata, infine, studiata la possibilità di ricavare una stima dell’assunzione abituale
di alimenti a partire da rilevazioni ripetute su brevi periodi (24h- recall). Le diverse procedure proposte sono state confrontate nel lavoro di Hoffmann e collaboratori (Hoffmann et
al., 2002).
2.5.1 Metodologia
Il diario alimentare
Questa tecnica, messa a punto da diversi autori, come riportato in un lavoro che
raccoglie varie esperienze (Buzzard, 1998), consiste in una dettagliata lista di tutti gli
alimenti consumati da un individuo in uno o più giorni. Gli alimenti consumati sono
Dati primari
42
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
registrati dal soggetto (o dall’osservatore, soprattutto nel caso della registrazione per
pesata precisa) al momento stesso del consumo, in modo da evitare possibili dimenticanze; per questa ragione è consigliato l’uso di formulari che abbiano un formato piccolo,
in modo da poter essere portato in tasca e permettere che la registrazione del consumo
di un alimento avvenga contemporaneamente al consumo stesso.
I soggetti saranno istruiti in anticipo sul come tenere un accurato e completo diario
alimentare; inoltre saranno anche informati sia sull’obiettivo dell’indagine stessa che
sull’importanza che hanno a tale scopo le informazioni alimentari. Si usano questionari
costruiti ad hoc per l’indagine con le istruzioni di compilazione allegate che aiutino il
soggetto a registrare nel dettaglio richiesto i propri consumi alimentari.
La quantità degli alimenti consumati viene determinata o mediante il peso dell’alimento o usando l’espressione in misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, porzioni,
ecc...).
Il diario alimentare va attentamente controllato giornalmente da un osservatore dopo
la compilazione per assicurare l’adeguato livello di dettaglio richiesto nella descrizione
dell’alimento e delle eventuali preparazioni alimentari (ricette) e chiarire eventuali informazioni dubbie.
I limiti di questa tecnica sono essenzialmente dovuti all’alta collaborazione richiesta al
soggetto coinvolto nell’indagine ed alla variabilità dei consumi alimentari nel tempo, con
differenze a volte notevoli fra stagioni e giorni della settimana. Per questa ragione, lì dove
è possibile, si consiglia la registrazione dei consumi relativi a più giorni, consecutivi e non.
Recall
Il recall è un metodo abbastanza semplice, diretto, poco costoso, utilizzabile in
soggetti di differenti livelli socio-culturali e consente di stimare in modo affidabile i
consumi abituali di gruppi di individui. E’ il metodo ideale per operare su campioni
numerosi, in quanto richiede solo da 30 a 60 minuti ad intervista ed un impiego di personale limitato che però deve essere addestrato (ogni rilevatore può effettuare da 6 a 10
interviste al giorno; D’Amicis, 1999). Tale tecnica può garantire buoni risultati medi su
larghi campioni ma è indubbiamente meno affidabile quando si vogliono valutare i
consumi alimentari di singoli individui a causa di variazioni giornaliere a volte molto
ampie. Al fine di prendere in considerazione la variabilità individuale della dieta (variazioni
giornaliere, stagionali, festività), il recall può essere ripetuto nel tempo.
L’intervistatore, coadiuvato da supporti visivi (modelli di alimenti, tazze, bicchieri,
cucchiai, fotografie di piatti pronti, ecc.) chiede al soggetto di descrivere con precisione
la giornata e tutto ciò che ha consumato nelle 24 ore precedenti per risalire alla quantità
consumata di ogni alimento o bevanda.
Inoltre si prendono informazioni sulla preparazione delle pietanze per risalire alla
composizione e alla quantità dei vari ingredienti (Figura 2.5.1.1).
Tale tecnica, per la sua spiccata componente soggettiva, può presentare limitazioni,
introdurre errori sistematici e - se non rigorosamente applicata - comportare una grave
diminuzione dell’attendibilità dei risultati. L’accuratezza dell’indagine dipende dall’abilità
del rilevatore a far ricordare al soggetto ciò che ha mangiato e, ancor più, a stimare la
grandezza delle porzioni. In letteratura esistono svariati studi, effettuati in diverse condizioni e su diversi gruppi di popolazione, con lo scopo di validare il metodo del recall
(Bingham, 1987; Buzzard, 1998). Complessivamente, il recall tende a sottostimare i
consumi alimentari di circa il 10%; le differenze tra l’assunzione energetica rilevata
mediante indagini effettuate tramite il recall e quelle rilevate mediante tecniche più
precise o comunque simultanee al consumo (in cui il fattore memoria non interferisce con
43
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
il consumo) variano da 0 al 19% e sono considerevolmente diverse tra gli individui
(Karvetti & Knuts, 1985; Carter et al., 1981). Le differenze sono maggiori per i micronutrienti (Bingham, 1987; Turconi, 1993). In generale, i soggetti che consumano poco
rispetto alla media tendono a sovrastimare i propri consumi, mentre quelli che mangiano
di più tendono a sottostimarli. Tale fenomeno è stato denominato “flat slope syndrome” ed
è riportata da molti autori (Buzzard, 1998).
Considerando i consumi espressi come alimenti, esiste un’alta variabilità di errore.
Alcuni studi evidenziano che le differenze percentuali di consumo di alimenti in alcuni casi
sono molto elevate, in quanto i soggetti tendono: a ricordare alimenti che non hanno
ingerito o viceversa ad omettere alimenti consumati. Nel primo caso il range varia da un
massimo del 29% delle occasioni di consumo per lo zucchero ad un minimo del 3% per
il pane; mentre nel caso dell’omissione di alimenti le differenze percentuali più elevate si
riscontrano per i vegetali cotti, 50% di volte; uova 43%, dolciumi 34% e quelle più basse
per il pesce e patate 5% (Karvetti & Knuts, 1985).
Figura 2.5.1.1 - Esempio di questionario utilizzato per tecnica recall
Fonte: Sette, 1999
Frequenza di consumo
Con questa tecnica si valuta la frequenza di consumo di determinati alimenti, riferita
ad un determinato periodo di tempo (settimana, mese, anno) per classificare gli individui
di una popolazione, consumatori di determinati alimenti e/o nutrienti. Questo metodo è
molto utilizzato in studi epidemiologici.
Dati primari
44
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
E’ molto importante la costruzione del questionario di frequenza di consumo.
Particolare attenzione deve essere focalizzata sulla scelta degli alimenti e sulla tipologia
di frequenza richiesta. Per questa ragione il questionario di frequenza deve essere
costruito, mediante una opportuna analisi statistica, a partire da una base di dati rilevata
con precisione su un campione simile a quello che si vuole studiare (Willett, 1988). Il
questionario, quindi, è composto da:
a) una lista di alimenti, scelti in base all’obiettivo della ricerca, con numerosità
adeguata, escludendo gli alimenti di scarso consumo che non permetterebbero di
classificare i soggetti in base ai consumi stessi; tutto ciò, al fine di rendere il questionario più gestibile e preciso.
b) una sezione con le risposte relative alle frequenze di consumo, nelle quali i soggetti
indicano quanto spesso un determinato alimento viene consumato
Come si vede nell’esempio riportato in Figura 2.5.1.2, ogni riga corrisponde ad un
singolo alimento (es. pane bianco) o ad un gruppo di alimenti che hanno simile composizione chimica (es. crackers, grissini, ecc.). Queste righe sono raggruppate in categorie di
alimenti (es. Cereali; Latte e derivati; Frutta; Ortaggi; ecc.; (Teufel, 1997).
Al soggetto viene chiesto di valutare (per autocompilazione o mediante un’intervista)
per ogni riga-alimento o la frequenza media di consumo (come assunzione abituale) o
quella relativa ad uno specifico periodo (es. durante l’ultimo mese o anno).
Figura 2.5.1.2 - Esempio di questionario per frequenza di consumo
Fonte: Sette, 1999
45
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Il metodo della frequenza di consumo, che valuta la frequenza degli alimenti consumati,
spesso è integrato con domande per stimare le quantità consumate dei vari cibi, facendo
riferimento a modelli o porzioni medie (tazza, bicchiere, rosetta, fetta di pane, ecc...).
Nella figura 2.5.1.3 è riportato un esempio di codifica delle unità di misure casalinghe
con relativa descrizione.
La frequenza di consumo è un buon metodo che consente di caratterizzare sottogruppi all’interno di una popolazione omogenea. Tale metodica è ampiamente utilizzata
per studi epidemiologici che mettono in relazione la dieta con la prevalenza di malattie
cronico-degenerative (cancro, malattie cardiovascolari) in quanto permette di valutare i
consumi abituali, retrospettivi e relativi a lunghi periodi (anno, mese, ecc.) (Willett, 1988).
Molti autori hanno sviluppato questionari abbreviati (con un minor numero di
alimenti), in grado di classificare i soggetti secondo il loro consumo alimentare, nel modo
più efficiente ed economico, riproducendo al meglio la variabilità di consumo. Data la
specificità della dieta italiana i questionari sviluppati in altri Paesi non possono essere
trasferiti come tali alla nostra realtà, ma è stato tuttavia possibile elaborare e validare
questionari di frequenza abbreviati idonei e mirati alla realtà italiana (Trevisan et al., 1992)
(Ferraroni, 1993). La costruzione del questionario ridotto deve essere progettata
inserendo quegli alimenti che maggiormente contribuiscono all’apporto del nutriente che
si vuole indagare e alla sua variabilità inter-individuale.
Figura 2.5.1.3 - Unità di misura casalinghe
Fonte: Sette, 1999
Dati primari
46
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
2.5.2 Fonti di errore
Caratteristiche dell’intervistatore
Sia per il recall che per la frequenza di consumo non è da sottovalutare l’importanza
dell’abilità dell’intervistatore, che deve avere molta esperienza e buon livello di addestramento.
L’intervistatore deve mettere a proprio agio il soggetto e spiegare chiaramente gli scopi
dell’intervista: deve aiutare a ricordare i consumi con domande semplici e precise; deve
aiutare a precisare le quantità fornendo modelli ed esempi (fotografie, bicchieri, ecc.) e deve
avere una chiara idea della grandezza delle porzioni mediamente consumate. Inoltre deve
conoscere le abitudini, i menù locali e le ricette più comuni. Non deve influenzare o dare
l’impressione di dubitare delle risposte. Deve posticipare ogni commento al termine dell’intervista o del periodo di studio per non interferire con l’indagine.
Il ruolo dell’intervistatore è importantissimo ai fini della buona riuscita dell’indagine e
della qualità dei dati, infatti deve essere abile ad individuare possibili imprecisioni e/o
errori con discrezione, utilizzando anche domande incrociate “trabocchetto” per ottenere
la corretta informazione sul consumo degli alimenti.
Da alcuni studi è emerso che il soggetto intervistato da differenti intervistatori può
dare risposte diverse (Bingham, 1987); è pertanto indispensabile, prima della fase esecutiva di una indagine alimentare, standardizzare la procedura dell’intervista ed effettuare
prove di ripetibilità del metodo sui soggetti.
Età e sesso dei soggetti
L’età dei soggetti in studio è un fattore molto importante da tenere in considerazione
ai fini della scelta del metodo da utilizzarsi per l’indagine stessa. Sia per gli anziani che per
i bambini sono stati effettuati numerosi studi di convalida per misurare le capacità di
ricordo. Non sempre i risultati sono concordanti, anche se il ricordo dei bambini si ritiene
sia meno accurato e talvolta inventato. L’anziano si sa, è meno abile, rispetto all’adulto,
nella capacità di ricordare, anche in questo caso i risultati di studi di validazione sono differenti. Nella valutazione dei propri consumi sembra che gli anziani tendano a sovrastimare
i piccoli consumi, mentre grandi quantità di alimenti tendono a essere sottostimate.
Esiste una differenza nell’accuratezza delle risposte legata al sesso.
Tradizionalmente è evidente che le donne sono più coinvolte, rispetto agli uomini,
nell’acquisto degli alimenti e nella preparazione dei pasti, rendendo quindi più facile
anche l’identificazione delle dimensioni e dei pesi delle porzioni. Non tutti i dati comunque
confermano l’ipotesi che le donne registrino più accuratamente i loro consumi.
Durata dell’indagine e dimensione del campione
La variazione giornaliera dei consumi alimentari è molto grande e l’ampiezza varia in
relazione al nutriente in esame. Misure di consumi alimentari basate su un singolo giorno
o su un piccolo campione di individui mediante il diario alimentare o il recall delle 24h
possono dare una stima discreta del valore medio per il gruppo di popolazione, ma la
deviazione standard ottenuta è più elevata di quella risultante nel lungo periodo. Di
conseguenza, misure di associazione in studi epidemiologici, come coefficienti di regressione e correlazione danno risposte molto deboli, tanto da non essere rilevati e compromettere la validità del risultato (Willett, 1988).
Un singolo giorno dà una stima non corretta della reale assunzione di alimenti o
nutrienti di un individuo, ma può essere migliorata usando un valore medio derivante dalla
registrazione dei consumi di più giorni ripetuti sulla stessa persona. Il numero di giorni
47
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
necessari per ottenere un buon risultato dipende sia dal grado di precisione desiderata
che dalla variabilità dell’alimento o nutriente. Inoltre, la dimensione del campione e la
durata dell’indagine sono due parametri interdipendenti per valutare il consumo medio di
popolazione: per esempio, un singolo giorno di registrazione può essere sufficiente se la
misura del campione (numero degli individui) è sufficientemente grande per determinare
ad esempio l’assunzione media dei grassi totali in definiti sottogruppi di popolazione
(Buzzard, 1998).
Se lo scopo richiede la stima della distribuzione delle assunzioni individuali all’interno
del gruppo, è necessario raccogliere più di un giorno per individuo; ad es. nel caso della
determinazione di gruppi di soggetti a rischio per una assunzione non adeguata di un
dato nutriente (Leclercq, 1999). Più il periodo dell’indagine è lungo, più la distribuzione
degli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali.
Comunque, come risulta dai dati di letteratura, per ottenere un buon risultato a livello
individuale, 7 giorni sono sufficienti per stimare i consumi di energia e macronutrienti, ma
almeno 14 giorni sono necessari per vitamine, minerali e fibra. La variabilità giornaliera è
del 4-45% per l’energia e del 9-52% per le proteine (Turconi, 1993). Le variazioni da una
settimana all’altra sono minori di quelle da un giorno all’altro; studi in letteratura mettono
in evidenza anche differenze stagionali. La variabilità è più alta per apporti di vitamine,
minerali, colesterolo, fibra e alimenti in generale rispetto a quella per i macronutrienti,
dovuta in parte alla scarsa frequenza con cui alcuni alimenti vengono assunti.
Fattori psicologici - peso corporeo
Tra i fattori psicologici che influenzano la risposta della valutazione dei consumi
alimentari, comportando perdita di precisione ed accuratezza, il peso corporeo riveste
sicuramente un ruolo molto importante: persone obese tendono a sottostimare i propri
consumi, diminuendo la grandezza delle porzioni e omettendo il consumo di alcuni
alimenti (Turconi, 1993; Lafay et al., 1997).
Traduzione in principi nutritivi
Nella fase elaborativa esiste la possibilità di errori che possono compromettere l’attendibilità dei risultati delle indagini. Spesso il consumo di alimenti è riportato approssimativamente attraverso il numero e le dimensioni delle porzioni espresse in misure casalinghe,
quindi la componente soggettiva da parte dell’operatore che traduce la quantità in grammi
va ridotta al minimo (Slimani et al., 1999). Lo stesso problema si riscontra nell’attribuire, per
similitudine, una composizione in nutrienti ad alimenti non contemplati nelle tabelle di
composizione. Studi condotti per valutare l’entità di questi errori, nell’elaborazione di una
stessa scheda dietetica, hanno riscontrato differenze significative da rilevatore a rilevatore,
con un coefficiente di variazione nella stima dell’assunzione giornaliera che varia dal 3%
per proteine al 17% per il rapporto grassi polinsaturi/grassi saturi (Bingham, 1987).
La traduzione in energia e nutrienti viene effettuata mediante l’uso di tabelle di
composizione degli alimenti. Si deve considerare che i contenuti in nutrienti delle tabelle
sono dati medi che non tengono conto delle variazioni derivanti, sia nei prodotti animali
che in quelli vegetali, dalla diversa composizione del terreno o mangime, dal grado di
maturazione o età dell’animale, da differenze climatiche o di altro genere; le tabelle si
riferiscono per la maggior parte ad alimenti a crudo, per tale ragione il valore di alcuni
nutrienti, in particolare quello delle vitamine, può non rispecchiare l’effettivo contenuto
negli alimenti consumati dopo cottura (Tabella 2.5.2.1).
Tuttavia, nell’ultima edizione delle Tabelle di Composizione degli Alimenti dell’INRAN,
edizione 2000, (Carnovale & Marletta, 2000) è stata inclusa la composizione di alimenti
cotti e di alimenti industriali o artigianali che hanno subito processi di conservazione.
Dati primari
48
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Le tabelle di composizione utilizzate per la traduzione in principi nutritivi sono determinanti agli effetti della validità dei risultati. In base alle esigenze e allo scopo dello studio,
devono quindi essere revisionate, ampliate con la composizione degli alimenti locali e
conseguentemente completate per tutte le voci necessarie ai fini dell’inchiesta stessa
(acidi grassi, colesterolo, ecc.) Ciò può essere fatto sia utilizzando valori ricavati da
tabelle di altri paesi con precisi criteri, sia campionando localmente e analizzando gli
alimenti di cui non si conosce la composizione.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati programmi informatici per la traduzione dei
consumi alimentari da alimenti a nutrienti per ottenere dati più attendibili, per facilitare le
procedure di elaborazione e per ridurre i tempi dell’elaborazione stessa. In particolare
nell’ambito di uno studio multicentrico europeo è stato utilizzato un software (Slimani et al.,
1999) per la standardizzazione del recall delle 24h e per la traduzione da alimenti e porzioni
in nutrienti.
Un programma computerizzato è stato sviluppato anche in Italia, per la realizzazione
dell’indagine alimentare INRAN-RM-2001 (Leclercq et al., 2002) svolta nell’ambito del
progetto europeo “Montecarlo”. Il software permette l’inserimento del diario alimentare,
così come riportato dal soggetto in unità di misure casalinghe, su supporto magnetico (Le
Donne et al., 2002). Il programma prevede la contemporanea codifica e la quantificazione
automatica di ogni alimento mediante l’uso di banche dati contenenti informazioni sia sui
singoli alimenti, che sulla composizione di piatti compositi (ingredienti di ricette), prevede
inoltre la traduzione da misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, unità, porzioni
piccole, medie e grandi, ecc.) in quantità espressa in grammi1.
Questi software per l’inserimento dati ed elaborazione delle indagini alimentari,
permettono di ridurre al minimo gli errori dovuti ad interpretazioni soggettive ed arbitrarie
da parte del rilevatore.
Tabella 2.5.2.1 - Composizione in vitamine di alcuni alimenti
Fonte: Carnovale & Marletta, 2000
1.
Per informazioni in proposito, consultare il sito internet www.inran.it/Ricerca/rischioalimentare o
chiedere informazioni all’indirizzo e-mail [email protected]
49
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezza della dieta
in una popolazione
Nei Paesi industrializzati le carenze nutrizionali sono spesso di natura sub-clinica,
vale a dire senza che segni clinici permettano di identificarle. Servono quindi strumenti
sensibili per misurare l’adeguatezza della dieta. In alcuni casi si possono usare marcatori
biochimici dell’apporto dietetico, ad esempio l’escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore è
un indicatore dell’ingestione di sodio nella dieta, i livelli plasmatici di ascorbato sono un
indicatore dell’ingestione di vitamina C, ecc… Marcatori biochimici sono stati però sviluppati e validati solo per un numero limitato di nutrienti e la loro misura non è sempre possibile su campioni rappresentativi della popolazione. L’utilizzo dei dati di un’indagine
alimentare permette invece di stimare l’assunzione di un numero molto elevato di
nutrienti. Ciò permette, inoltre, di individuare situazioni di ingestione eccessiva di alcuni
nutrienti o di squilibrio della dieta in termini di macronutrienti o di energia.
La valutazione dell’adeguatezza della dieta mediante indagine alimentare può
apparire concettualmente facile. I consumi alimentari permettono di stimare i livelli di
ingestione dei vari nutrienti che vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Una situazione di carenza, e quindi di inadeguatezza della dieta, viene evidenziata da livelli di
assunzione abituali inferiori al fabbisogno. In realtà il problema è molto più complesso di
quanto non sembri in prima analisi, poiché non si dispone generalmente né dell’apporto
abituale con la dieta (bensì di una stima più o meno precisa dell’apporto osservato nei
soli giorni d’indagine alimentare), né del fabbisogno di ogni individuo (bensì di una stima
del fabbisogno medio nella popolazione o del livello di assunzione raccomandato).
2.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e qualità dei dati rilevati
Una delle difficoltà nell’ottenere stime dei livelli di ingestione abituale deriva dall’elevata variabilità intra-individuale (da giorno a giorno nello stesso soggetto) dei consumi
alimentari. Tale variabilità è particolarmente elevata per i nutrienti che sono distribuiti in
modo disomogeneo nei vari alimenti. Un esempio caratteristico è quello della vitamina A.
Il contenuto di vitamina A nel fegato di bovino/suino è elevatissimo: da 11.000 a 37.000
Retinolo Equivalenti (R.E.) / 100 g, rispetto ai valori molto bassi (tracce) riscontrati nelle
altre carni (Carnovale & Marletta, 1997). Il consumo di una porzione di fegato in un giorno
d’indagine crea una fortissima variabilità intra-individuale. Se l’indagine dura una sola
giornata, i soggetti che hanno consumato fegato durante il giorno della registrazione
avranno un apporto osservato di vitamina A elevatissimo. I soggetti che invece nel giorno
d’indagine avranno consumato solo carne e cereali senza nessun alimento fonte di
vitamina A (come frutta, verdure, uova, latte e derivati) avranno un apporto osservato
pressoché nullo. La distribuzione osservata degli apporti sarà quindi molto larga. La figura
2.6.1.1 illustra come aumentando il numero di giorni d’indagine, diminuisca la variabilità
e quindi la distribuzione degli apporti osservati diventa più stretta e con una minore prevalenza di apporti sia molto bassi che molto elevati. Più giorni dura l’indagine più la distribuzione degli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali. L’utilizzo
di una distribuzione di apporti osservata in un solo giorno d’indagine porta quindi a sovrastimare la percentuale di popolazione con livelli di ingestione in eccesso e in difetto.
Aumentando il numero di giorni d’indagine si riduce l’entità di questa sovrastima. Più
la variabilità intra-individuale degli apporti di un nutriente è elevata, maggiore è il numero
di giorni necessari per ottenere una distribuzione degli apporti abituali. Un’alternativa può
essere quella di realizzare indagini brevi e poi di correggere la distribuzione degli apporti,
avendo a disposizione una stima della variabilità intra-individuale degli apporti per i
nutrienti d’interesse (National Research Council, 1986).
Dati primari
50
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Prima di utilizzare i dati di un indagine alimentare per valutare l’adeguatezza della
dieta è fondamentale controllare la qualità dei dati ed in particolare assicurarsi che non
ci sia stata una sottostima consistente dei livelli di assunzione. Due cause importanti di
sottostima possono essere 1) la presenza di dati mancanti nelle Tabella di Composizione
utilizzate per l’elaborazione dei dati e 2) la sottostima dei consumi da parte dei soggetti
d’indagine. E’ quindi fondamentale effettuare un controllo su questi due aspetti prima di
interpretare i risultati dell’indagine.
Per potere controllare la presenza di dati mancanti, occorre avere a disposizione la
Tabella di Composizione degli Alimenti utilizzata. Per l’elaborazione dei dati d’indagine
non è quindi auspicabile l’utilizzo di un software che non permetta l’accesso alla banca
dati di composizione degli alimenti utilizzata. La presenza di dati mancanti va controllata,
specie per gli alimenti che potenzialmente possono essere una fonte principale di assunzione dei nutrienti d’interesse. Per questo abbiamo controllato nelle Tabelle di
Composizione dell’Istituto Nazionale della Nutrizione (Carnovale & Marletta, 1997) la
presenza del dato relativo al ferro nelle carni fresche e trasformate. Il dato manca per il
prosciutto crudo di Parma e San Daniele mentre sono ambedue ricchi di ferro. Potrebbero
essere consumati regolarmente da alcuni soggetti ed essere quindi per loro una fonte
importante di ferro. La dieta di questi soggetti potrebbe quindi risultare erroneamente
carente in ferro. E’ quindi auspicabile l’utilizzo di banche dati i cui valori mancanti siano
stati completati per analogia con altri alimenti o sulla base di altre tabelle di composizione. E’ disponibile una banca dati di questo tipo per l’Italia (Salvini et al., 1998).
Per quel che riguarda la sottostima dei consumi da parte dei soggetti, questa è molto
frequente nei soggetti obesi per motivi di ordine psicologico, ma può avvenire in
qualunque gruppo di popolazione se i soggetti non sono abbastanza motivati o
abbastanza seguiti: il consumo di alcuni alimenti può non essere riportato per dimenticanza o per scarso interesse (vedi paragrafo 2.5.2).
Figura 2.6.1.1. - Effetto della variabilità intraindividuale sulla distribuzione degli
apporti osservati
% di soggetti
Media
Apporto abituale
riferito ad un lungo
periodo
Apporto misurato con un
solo giorno di indagine
Apporto
eccessivo
Apporto
insufficiente
Apporto
51
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
L’OMS suggerisce un metodo per evidenziare sottostime grossolane (World Health
Organization, 1985). Il rapporto tra il contenuto energetico (EI) medio della dieta di un
gruppo di popolazione e il suo Metabolismo Basale (MB) medio dovrebbe essere
compreso tra 1,5 e 2,1. Secondo l’OMS, un rapporto tra apporto medio di energia osservato e metabolismo di base calcolato (EI/MB) inferiore a 1,27 come media del gruppo di
popolazione è indicativo di sottostime grossolane dei consumi. In questo caso i dati di
consumo rilevati non possono essere utilizzati per stimare l’adeguatezza della dieta. Il
metabolismo basale medio del gruppo di popolazione può essere calcolato a partire dalle
equazioni di Schofield riportate anche nei LARN Italiani (SINU, 1996) conoscendo il
sesso, l’età media e il peso medio dei soggetti. In un articolo di Goldberg et al. (Goldberg
et al., 1991) vengono riportati livelli soglia più specifici da utilizzare a secondo della
numerosità della popolazione.
2.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli di assunzione raccomandati
Esiste una variabilità dei fabbisogni anche nell’ambito di una ristretta classe di età e
sesso. Uno stesso livello di apporto può essere adeguato per alcuni soggetti (che hanno
un fabbisogno basso), ma insufficiente per altri soggetti (che hanno un fabbisogno
elevato). Un esempio caratteristico è quello del fabbisogno di ferro nelle donne in età
fertile. Un apporto di ferro di 12 mg al giorno può essere adeguato per una donna con
perdite mestruali contenute, ma insufficiente per una donna con perdite abbondanti. In
questo caso la zona di sovrapposizione tra apporti adeguati e inadeguati è molto larga e
risulta quindi difficile definire una soglia di apporto al di sopra della quale è garantita
l’adeguatezza della dieta. Per questo motivo la misura dell’apporto permette solo di
stimare la probabilità che l’apporto sia più o meno sufficiente. Di conseguenza, nella
donna in età fertile, mentre al di sotto di una certo apporto di ferro la probabilità che
questo sia insufficiente è 100, è difficile stabilire un livello di apporto di ferro al di sopra
del quale viene garantita la sua adeguatezza.
Per alcuni nutrienti, oltre al rischio di carenza, può esserci un rischio di assunzione
eccessiva con la dieta. La figura 2.6.2.1 riporta il tipo di curva che mette in relazione il
Figura 2.6.2.1 - Probabilità che un livello di apporto osservato sia insufficiente o
in eccesso.
APPORTO
ECCESSIVO
INTERVALLO
DI SICUREZZA
Rischio di eccesso
Rischio di inadeguatezza
LIVELLI DI
ASSUNZIONE
RACCOMANDATO
Livello di apporto osservato
Nota: Esiste una variabilità individuale, sia nel fabbisogno minimo (da cui la stima del rischio di inadeguatezza)
che nella capacità di tollerare apporti eccessivi (da cui la stima del rischio di eccesso). L’intervallo di sicurezza
è un intervallo di apporti nel quale sia la probabilità di eccesso che quella di inadeguatezza sono basse.
Fonte: modificato da National Research Council, 1986
Dati primari
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
livello di apporto con il rischio sia di eccesso che di inadeguatezza. Sulla base di queste
due curve può essere stabilito l’intervallo di sicurezza nell’ambito del quale è minimo sia
il rischio di eccesso che il rischio di inadeguatezza (World Health Organization, 1990).
Esiste una variabilità dei fabbisogni degli individui anche per l’energia. Tuttavia, nel
caso dell’energia il rischio per la salute aumenta anche se l’apporto giornaliero si
discosta di pochissimo in eccesso (obesità) o in difetto (malnutrizione). Per l’energia, si
definisce quindi solo il fabbisogno medio, senza stabilire un apporto raccomandato. Nel
caso invece di nutrienti essenziali, viene usato un approccio conservativo poiché i rischi
per la salute sono maggiormente legati ad una carenza che non ad un eccesso
(Commission of the European Communities, 1993; SINU, 1996). Per definizione, i livelli
raccomandati in nutrienti essenziali coprono (cioè superano) i fabbisogni del 97,5% della
popolazione (media più due deviazioni standard), allo scopo di assicurare un margine di
sicurezza (Figura 2.6.2.2).
Figura 2.6.2.2 - Confronto tra due approcci: approccio conservativo per la definizione di un livello raccomandato di un nutriente e approccio
normativo per la stima del fabbisogno medio energetico.
% di soggetti
Fabbisogno
medio in energia
% di soggetti
Livelli di
assunzione
raccomandato
per il nutriente
Fabbisogno in energia
Fabbisogno per un nutriente
Nota: Si ipotizzano distribuzioni normali dei fabbisogni nella popolazione.
Fonte: modificato da Gibson, 1993
2.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare l’adeguatezza della
dieta
Proprio per via del margine di sicurezza prima menzionato, è un errore confrontare
direttamente i livelli di assunzione di un individuo o di una popolazione con il livello raccomandato in un dato nutriente (Department of Health, 1991; Institute of Medicine, 2000)
53
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
(Leclercq, 1999). Il livello raccomandato non può essere utilizzato come livello soglia per
classificare i soggetti in “carenti” e “non carenti”. Infatti, mentre i soggetti con livelli di
assunzione in un dato nutriente superiori al livello raccomandato possono essere considerati “non carenti” con una buona probabilità (97,5%), non si possono invece considerare “carenti” tutti i soggetti i cui livelli di assunzione sono inferiori ai livelli raccomandati.
Si sovrastimerebbe così di molto la percentuale di popolazione realmente carente.
Nel caso non si disponga di informazioni precise circa i fabbisogni, una soluzione può
essere quella di utilizzare come limite i 2/3 del livello di assunzione raccomandato. Viene
arbitrariamente classificato carente qualunque soggetto i cui livelli di apporto siano
inferiori a questa soglia. Un esempio di utilizzo di questo metodo si trova nel lavoro di
Scaccini et al. (Scaccini et al., 1992).
Per quanto riguarda invece l’adeguatezza del contenuto in energia della dieta, non
può essere stabilita solo sulla base della misura degli apporti, ma è necessaria una stima
sufficientemente precisa del fabbisogno energetico dei soggetti in esame.
2.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza della dieta (metodo
probabilistico)
Il metodo probabilistico può essere applicato per stimare la probabilità che l’apporto
osservato sia inferiore al fabbisogno di un singolo soggetto. E’ più utile però applicarlo a
gruppi di popolazione per stimare la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Tale
proporzione viene utilizzata come “proxy” della prevalenza della carenza. Praticamente il
metodo consiste nel moltiplicare la percentuale di popolazione in ogni intervallo di
apporto per la probabilità che tale apporto sia inadeguato. Sommando le varie percentuali così calcolate, si ottiene la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Nella
tabella 2.6.4.1 il metodo viene esemplificato.
Dati primari
54
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 2.6.4.1 - Stima della proporzione di uomini adulti i cui apporti di proteine
sono inferiori ai rispettivi fabbisogni: un’applicazione del metodo
probabilistico
(1) La distribuzione degli apporti in proteine è rappresentata dalla percentuale di popolazione in 10 intervalli stabiliti arbitrariamente.
(2) In ognuno degli intervalli stabiliti, si calcola lo z score del punto centrale rispetto alla distribuzione dei
fabbisogni: z = punto centrale – fabbisogno medio/deviazione standard. Nell’esempio: fabbisogno
medio = 42; deviazione standard = 6,3.
(3) La probabilità di inadeguatezza in ogni intervallo è data dall’area a destra del valore z nella distribuzione normale standardizzata.
(4) Per ogni intervallo la percentuale di popolazione viene moltiplicata per la probabilità di inadeguatezza. Sommando le varie prevalenze ottenute si arriva alla stima della prevalenza di inadeguatezza
nell’insieme della popolazione.
Fonte: modificato da National Research Council, 1986
55
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Inoltre, questo metodo viene illustrato dettagliatamente in un volume, pubblicato
insieme ai Dietary Reference Intakes (DRI) americani (equivalente dei nostri LARN),
interamente dedicato all’utilizzo dei DRI per la valutazione della dieta (Institute of
Medicine, 2000). Il metodo viene illustrato graficamente nella figura 2.6.4.1.
Figura 2.6.4.1 - Area di sovrapposizione tra la curva di rischio di inadeguatezza e
la curva di distribuzione degli apporti abituali.
Nota: Nell’esempio, l’assunzione media (115 unità) è lievemente più alta del fabbisogno medio (100
unità). La curva di rischio e la distribuzione di assunzione abituale si sovrappongono in maniera significativa. La percentuale di individui a rischio di inadeguatezza (area scura) al livello dell’assunzione media
è di circa il 25%. Il rischio di inadeguatezza aumenta man mano che l’assunzione si avvicina al fabbisogno medio.
Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000
Per applicare il metodo probabilistico è necessario conoscere il fabbisogno medio per
il nutriente d’interesse ed avere informazioni sulla forma della curva di distribuzione dei
fabbisogni nel gruppo di popolazione oggetto di studio. Se non si conosce la distribuzione
dei fabbisogni si può in prima analisi fare l’ipotesi di una distribuzione normale con una
deviazione standard pari al 15% della media. Il risultato non varia molto con la stima della
variabilità dei fabbisogni. Va invece presa in considerazione la forma della curva specialmente se la distribuzione dei fabbisogni è molto larga, come nel caso del ferro nella
donna in età fertile. Per potere applicare questo metodo si deve inoltre fare l’ipotesi che
gli apporti osservati in un individuo abbiano una bassa correlazione con il fabbisogno di
quell’individuo (quest’ipotesi non è valida per quanto riguarda l’energia). Nel caso in cui i
fabbisogni e gli apporti variano con uno stesso parametro, quale ad esempio il peso
corporeo, è necessario esprimere entrambi in funzione di questo parametro (/ kg p.c.)
prima di effettuare l’analisi (Department of Health, 1991).
Il metodo probabilistico non permette di identificare singolarmente i soggetti carenti,
ma presenta il notevole vantaggio di evitare le forti sottostime e/o sovrastime alle quali si
va incontro utilizzando dei valori soglia di apporto arbitrari per identificare i soggetti
carenti. Purtroppo non viene molto utilizzato anche perché non è ancora stato sviluppato
Dati primari
56
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
uno software che permetta facilmente sia di verificare che le ipotesi alla base del metodo
siano verificate sia di effettuare la stima probabilistica (Institute of Medicine, 2000).
In compenso, una versione semplificata del metodo probabilistico è stata sviluppata:
l’”Estimated Average Requirement (EAR) cut-point method”. Questo metodo può essere
applicato se la distribuzione dei fabbisogni è simmetrica intorno al fabbisogno medio e se
la variabilità degli apporti è più elevata della variabilità dei fabbisogni. In queste condizioni, è stato dimostrato che la prevalenza di soggetti carenti è molto ben stimata dalla
proporzione di soggetti i cui apporti sono inferiori al fabbisogno medio che viene quindi
utilizzato come livello soglia (Institute of Medicine, 2000). In questo modo non c’è quindi
bisogno di conoscere la variabilità dei fabbisogni. La figura 2.6.4.2 illustra graficamente il
metodo.
In conclusione esistono dei requisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati di
composizione degli alimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta di
stimare la prevalenza di carenze in nutrienti. Inoltre, vanno utilizzate metodologie appropriate e sono necessarie informazioni sia sulla variabilità intra-individuale dei consumi che
sulla variabilità inter-individuale dei fabbisogni per potere interpretare correttamente i dati.
Figura 2.6.4.2 - La versione semplificata del metodo probabilistico: il metodo del
livello soglia”. L’area scura rappresenta il sottogruppo di individui
per i quali l’assunzione è inferiore al fabbisogno medio, l’area in
chiaro invece rappresenta la parte di individui con una assunzione abituale superiore al fabbisogno.
Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000
57
Dati primari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Dati primari
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
3. DATI SECONDARI
•
I dati secondari sono quelli raccolti per scopi diversi da quelli della sorveglianza.
Questi dati non sono sempre coerenti con gli obiettivi del sistema, né sono omogenei
o esaurienti.
•
Un’attenta valutazione della qualità dei dati è necessaria prima del loro uso all’interno di un sistema informativo. Devono essere presi in considerazione gli aspetti
tecnici della raccolta (periodicità, livello di aggregazione, dimensioni dell’area di
osservazione) e gli aspetti qualitativi della raccolta (sensibilità, specificità, accuratezza).
•
Con questo sistema, l’acquisizione dei dati può essere fatta in modo relativamente
rapido e con costi limitati. I dati possono essere corretti e ottimizzati e così fornire
risultati di precisione in qualche modo comparabili con quelli ottenuti usando dati
primari.
•
Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di dati
secondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente dai
Food Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS). In Italia fonti di dati
secondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio dietetico sono banche
dati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delle
Famiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini Multiscopo
ISTAT, gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA),
ricerche di mercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc).
•
Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che forniscono
informazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono le schede di
morte, le schede di dimissione ospedaliera (SDO), il sistema informativo
sanitario (SIS) del Ministero della Salute, le liste di esenzione ticket, il registro dei
farmaci, le rilevazioni relative al rinnovo delle patenti. Ulteriori informazioni in area
sanitaria possono essere derivate dalle cartelle cliniche dei medici di medicina
generale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonché da dati dei
laboratori di analisi.
Un’alternativa alla raccolta di dati primari è la sorveglianza nutrizionale basata sui
dati secondari, ossia su dati già raccolti per altri scopi. Oltre a permettere un notevole
risparmio di risorse, questo esercizio ha lo scopo di potenziare e migliorare al massimo
la qualità dei dati già raccolti che sono spesso un patrimonio sotto-utilizzato. In questo
caso le finalità sono puramente di sorveglianza, dal momento che le relazioni tra
patologie e fattori di rischio sono stabilite a priori. Si tratta di creare un flusso di informazioni a partire da fonti di dati secondari relative al rischio dietetico, agli stati pre-clinici e
alla mortalità e morbosità per le malattie scelte.
3.1 Analisi e selezione dei dati
Un momento estremamente delicato nella progettazione di un sistema informativo è
rappresentato, dall’analisi, dalla valutazione e dalla selezione di dati utili per definire lo
65
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
stato di salute della popolazione. Per utilizzare al meglio i dati secondari è necessario
assicurarsi che la matrice su cui si intende operare sia pertinente e che le diverse variabili siano codificabili in modo omogeneo; si deve accertare la possibilità di accesso alle
fonti dei dati, quindi la loro reperibilità, la loro rilevanza ai fini del problema e la coerenza
con gli obiettivi dello studio (Rizzi, 1987).
Nella raccolta dei dati secondari bisogna considerare gli aspetti tecnici:
• struttura o Ente responsabile del rilevamento;
• periodicità della rilevazione;
• livello di aggregazione (familiare, regionale, nazionale);
• dimensioni dell’area di osservazione (rilevazione parziale, generale o a campione);
• serie storica disponibile;
• sistema di registrazione delle informazioni (cartaceo, elettronico).
e gli aspetti qualitativi:
• sensibilità (capacità di registrare piccole variazioni nella risposta di una variabile alla
modificazione di un’altra variabile ad essa correlata);
• specificità (capacità di rilevare la risposta di una specifica variabile ad un fenomeno);
• accuratezza (completezza, standardizzazione, dettaglio nella classificazione e livello
di codifica, criteri di stima di variabili derivate1);
• precisione (capacità di misurare correttamente il valore di una variabile);
• rappresentatività statistica (precisione delle stime).
Nella istituzione di un sistema di sorveglianza nutrizionale, la scelta di ricorrere alla
raccolta di dati secondari è dettata da numerose considerazioni di ordine pratico. Innanzi
tutto la realizzazione di indagini primarie, soprattutto di tipo biochimico, risulta estremamente costosa o non realizzabile su vasta scala, per cui gli elevati investimenti richiesti
potrebbero essere utilizzati in altro modo. Inoltre, i dati secondari sono ampiamente
disponibili, possono essere acquisiti in modo abbastanza rapido, e possono essere
soggetti a correzioni ed ottimizzazioni. Tuttavia, questi dati non sono sempre coerenti con
gli obiettivi del sistema, non sono esaurienti, né omogenei, viste le differenti fonti da cui
provengono. Si deve cercare, dunque, di incrociare banche dati di provenienza diversa,
associando fonti di dati continuative con rilevazioni occasionali, allo scopo di potenziare
e rendere i dati più omogenei. Oltre a ciò, la disponibilità di dati statistici da diverse fonti
può essere di aiuto nell’interpretazione dei risultati ottenuti con indagini sul campo e nella
costruzione di un sistema integrato. Infatti, anche realizzando rilevazioni con dati primari
si fa ricorso a informazioni derivanti da dati secondari. Per fare due semplici esempi, si
consideri un caso di campionamento e un caso di definizione degli obiettivi. In riferimento
al primo, per ottenere un campionamento rappresentativo occorre conoscere la struttura
socio-economico e demografica dell’area di appartenenza e i dati possono essere disponibili nelle statistiche fornite dalle Istituzioni locali. Considerando il secondo, di fronte a
più aspetti da studiare e in presenza di risorse limitate (budget, tempo, personale, ecc…)
la scala di priorità può essere stabilita in base ad un’analisi dei dati su patologie, mortalità, ecc...
1. es. calcolo dell’età (anni, mesi, ecc.), dell’indice di Massa Corporea.
Dati secondari
66
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
3.2 Fonti di dati
Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di dati
secondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente dai
Food Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS).
I FBS sono ormai raccolti e pubblicati dalla maggior parte dei Paesi Europei, e forniscono informazioni sulle disponibilità alimentari per il consumo individuale, a livello nazionale. La preparazione e la distribuzione dei FBS ai diversi paesi è stata effettuata negli
anni ‘40 dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO), e la stessa
attività viene svolta dalla Organization for Economic Cooperation and Development
(OECD). Nel 1971 la FAO ha reso questi dati disponibili includendoli nel sistema statistico
di dati chiamato “Interlink Computer Storage and Processing System of Food and
Agricultural Commodity Data” (ICS), che fornisce informazioni sulla produzione primaria,
sulla pesca e su 380 prodotti trasformati di circa 200 paesi. E’ interessante notare che sia
i singoli paesi che le organizzazioni internazionali utilizzano la stessa procedura generale
nella preparazione dei FBS. Il manuale pubblicato dalla FAO nel 1949 ha senza dubbio
contribuito a questa uniformità. La procedura è basata sul concetto che la quantità totale
annua di cibo prodotto in un determinato paese, aggiunta alla quantità totale importata e
aggiustata per cambiamenti negli stocks, dà la fornitura totale disponibile. Sottraendo da
questo totale la quantità esportata, quella delle scorte, quella utilizzata per la manifattura
e quella persa durante lo stoccaggio ed il trasporto, si ottiene la quantità disponibile per
il consumo umano. La quantità di cibo disponibile per il consumo individuale viene calcolata dividendo per la popolazione totale.
Gli svantaggi nell’utilizzare i FBS per studi di sorveglianza nutrizionale sono dovuti al
fatto che i dati sulla disponibilità di cibo pro-capite sono alquanto approssimativi; inoltre,
spesso si ha una sovrastima sul reale apporto nutritivo e non si hanno informazioni sulla
distribuzione degli alimenti. In più, questi dati provengono da una varietà di fonti, la cui
qualità può variare consistentemente. Pertanto, essi devono essere utilizzati con cautela.
L’altra fonte di dati è costituita dalle Household Surveys (o inchieste familiari),
generalmente condotte dagli enti statistici nazionali di 18 paesi europei: Austria, Belgio,
Cipro, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Regno Unito, Grecia,
Ungheria, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo e Svezia. Le inchieste sui
consumi familiari si distinguono in Household Budget Surveys (HHBS) e Household Food
Consumption Surveys (inchieste sui consumi familiari). In Europa le inchieste del primo
tipo vengono condotte più frequentemente. Francia, Italia, Olanda, Svezia e Regno Unito
sono gli unici paesi europei a condurre le Household Food Consumption Surveys, e tra
questi solo il Regno Unito le sta effettuando su base annuale. Attualmente in Gran
Bretagna questi sistemi di sorveglianza vengono condotti continuamente dal 1940.
Uno dei limiti delle inchieste sui consumi familiari consiste nel fatto che la disponibilità alimentare viene in realtà registrata come approvvigionamento; in molti paesi, inoltre,
non si considerano lo stoccaggio, le perdite e il deterioramento. Frequentemente non
sono disponibili informazioni su alimenti consumati fuori casa. Le indagini non vengono
effettuate in modo continuativo avendo una periodicità compresa tra 1 e 7 anni.
Nonostante ciò, al momento le HHBS rappresentano la fonte dati più importante ed
utilizzata dei paesi industrializzati, in quanto sono basate su campioni familiari rappre-
67
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
sentativi della popolazione, permettono di descrivere la distribuzione del rischio alimentare riferito a fattori socio-economici e geografici, e consentono di identificare modelli di
consumi alimentari associati a un rischio particolarmente elevato o basso.
Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che forniscono
informazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono:
• banche dati istituzionali, con rilevazione continuativa su tutto il territorio nazionale.
Forniscono indicazioni generali sullo stato sanitario della popolazione italiana e
consentono di valutare l’andamento nel tempo di alcuni indicatori di mortalità e di
morbosità: schede di morte, schede di dimissione ospedaliera (SDO), sistema informativo sanitario (SIS) del Ministero della Salute, liste di esenzione ticket, registro dei
farmaci, rinnovo delle patenti.
Ulteriori informazioni in area sanitaria possono essere derivate dalle cartelle cliniche
dei medici di medicina generale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonché
da dati di laboratorio. A queste informazioni vanno aggiunti i bilanci di salute che sono
rilevazioni periodiche del pediatra di libera scelta. In esse sono compresi parametri utili
per descrivere lo stato nutrizionale del soggetto (peso e statura). La principale limitazione
di questi dati è che hanno una copertura territoriale limitata a seconda del bacino di
utenza in cui viene effettuata la rilevazione.
Altre fonti di dati secondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio dietetico sono:
• banche dati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delle
Famiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini Multiscopo ISTAT,
gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA), ricerche di
mercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc...).
Dati secondari in area sanitaria
Le schede di morte vengono compilate dal medico che accerta il decesso e raccolte
dall’ISTAT che ne cura l’elaborazione e la diffusione. Esse dovrebbero consentire di
risalire non solo alla causa terminale del decesso ma anche alla causa iniziale, ossia a
quella patologia che attraverso complicanze o stati morbosi intermedi (causa intermedia),
determina l’istaurarsi della causa terminale. Questo sistema ha il vantaggio di avere una
copertura totale di rilevazione, ma spesso la compilazione delle schede risente di un
certo livello di approssimazione, il che ne limita l’uso per fini epidemiologici.
La scheda di dimissione ospedaliera fa parte del sistema statistico nazionale e
sostituisce, dall’anno 1995, un’analoga rilevazione effettuata dall’ISTAT limitatamente ai
dimessi nella prima settimana del mese. Le informazioni sono ordinate secondo le
seguenti tipologie di ricovero ospedaliero:
• attività di ricovero per acuti in regime ordinario/diurno
• attività di riabilitazione in regime ordinario/diurno
• attività di lungodegenza.
La composizione della casistica trattata viene classificata secondo il sistema di
classificazione internazionale delle malattie versione IX (è in corso l’attuazione della
versione X) e secondo il sistema D.R.G. (Diagnosis Related Groups) versione 10.0. La
rilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gli istituti di cura
pubblici e privati, per ogni paziente dimesso (compresi i deceduti); contengono informa-
Dati secondari
68
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
zioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo di nascita,
residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosi alla dimissione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital).
Un’altra fonte di dati secondari importante è costituita dai Registri Tumori (Zanetti,
1998) nei quali dagli anni ’80 si effettua la registrazione continua dei casi di tumore in 9
province italiane: Torino, Genova, Varese, Trieste, Parma, Forlì/Ravenna, Firenze, Latina,
Ragusa. I Registri Tumori aggiornano i loro dati ogni 5 anni e li inviano allo IARC
(International Agency for Research of Cancer) a Lione per la pubblicazione (Cancer
incidence in five continents): dal mese di Maggio 2001 sono disponibili i dati relativi al
periodo 1993-1997. La copertura della raccolta è solo parziale, e riguarda il 10% della
popolazione italiana. Tuttavia, la copertura locale è completa anche se la loro distribuzione sul territorio nazionale non è uniforme, in quanto concentrata soprattutto nel Nord
Italia. Le principali variabili raccolte sono: dati demografici, localizzazione e caratteristiche
istologiche del tumore, data della diagnosi, fonte dell’informazione. La rilevazione
consente di determinare stime di prevalenza e di incidenza dei tumori, oltre a fornire informazioni sui tassi di letalità e sui tassi di sopravvivenza medi delle diverse forme tumorali.
L’estensione dei dati di incidenza all’intero territorio nazionale va fatta con estre-ma
cautela.
Dati secondari sui consumi alimentari
Il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN) effettuato periodicamente dall’ISTAT, viene
ricavato mediante indagini sull’agricoltura e sul commercio con l’estero, fornendo dati
sugli alimenti disponibili al consumo umano a livello nazionale. In Italia il BAN rappresenta l’equivalente dei Food Balance Sheets (FBS) presentati e standardizzati per tutti i
paesi nel 1949 dalla FAO. E’ un metodo che fornisce il calcolo delle disponibilità per i
consumi alimentari della popolazione, è abbastanza semplice da realizzare, non costoso
e del quale si dispongono serie storiche; tuttavia le informazioni che si ottengono sono
solo delle stime approssimative della disponibilità di alimenti pro-capite e, soprattutto, non
possono essere disaggregate per piccole aree o per classi di popolazione, non permettendo ad esempio il monitoraggio di sottogruppi di popolazione a rischio. I principali
vantaggi nell’utilizzazione del BAN risiedono nel fatto che vengono pubblicati dalla
maggior parte dei Paesi Europei, e forniscono informazioni sulle disponibilità alimentari
per il consumo delle famiglie, a livello nazionale.
L’Indagine sui Consumi delle Famiglie (ICF), anch’essa effettuata dall’ISTAT,
rappresenta un buon metodo per la valutazione dei consumi alimentari, poiché permette
di rilevare la spesa media mensile familiare totale e ripartita per categoria di alimenti,
nonché la spesa media mensile per i pasti fuori casa. L’indagine permette inoltre di
monitorare il trend dei consumi medi familiari, consentendo un’analisi comparativa in
diverse aree territoriali, in differenti contesti sociali ed a seconda della stratificazione
demografica. La principale limitazione di questa rilevazione è che essa riguarda l’acquisto
degli alimenti e non propriamente il loro consumo senza tener conto degli scarti, degli
alimenti acquistati in grande quantità come scorta e dei pasti fuori casa. Inoltre, il livello
di registrazione (libretto familiare) non consente una valutazione individuale dei consumi.
Bisogna precisare che l’ICF è l’equivalente italiano dei già menzionati Household
Budget Surveys e che il suo principale vantaggio è la possibilità di comparare i dati con
quelli di altri Paesi. Un altro vantaggio è che, analogamente al BAN, i dati consentono una
69
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
valutazione dell’andamento temporale dei consumi. Tra l’altro, le stime ottenute dall’ICF
sono utilizzate per valutare con maggiore precisione la quota della produzione destinata
ai consumi delle famiglie, al netto dei reimpieghi e degli “scarti di sistema”.
Le Indagini Multiscopo sulle Famiglie condotte dall’ISTAT affrontano delle
tematiche sociali rilevanti come la salute, il tempo libero, la cultura. Vengono prese in
considerazione le caratteristiche anagrafiche, sociali e territoriali degli individui per
costruire un’immagine della società italiana nella sua complessità, a partire dalla molteplicità e varietà dei comportamenti individuali. Questo tipo di indagine fornisce anche dati
di frequenze di consumo alimentare rappresentative della popolazione italiana, suddivise
per età e per sesso. Il rilevamento consente una stima orientativa dei consumi, in quanto
gli alimenti sono raggruppati in maniera eterogenea e senza tener conto degli scarti. I
risultati vengono pubblicati ogni due anni.
La tabella 3.2.1 riassume le caratteristiche delle indagini fin qui riportate delineando
Tabella 3.2.1 - Valutazione comparativa tra le differenti indagini sui consumi
alimentari in Italia
Fonte: Turrini, 1999
Dati secondari
70
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
la metodologia, il grado di variabilità e di precisione di ciascuna di esse.
Tra gli studi condotti da Istituti che operano nel campo agricolo e delle ricerche di
mercato va citato il Panel famiglie ISMEA/AC Nielsen. Il Panel si basa su rilevazioni a
cadenza settimanale degli acquisti di prodotti alimentari delle famiglie, stratificate in base
a variabili socio-demografiche e territoriali, rappresentative dell’intera popolazione
italiana. Questo tipo di indagine permette di valutare l’evoluzione dei consumi familiari ed
individuali. Inoltre, consente una suddivisione per grosse aree geografiche. Tuttavia,
essendo uno studio “partecipativo”, può essere soggetto ad una distorsione dovuta al
condizionamento delle famiglie coinvolte.
In sintesi, i dati secondari sui consumi alimentari pur presentando alcune limitazioni
come la scarsa disaggregabilità dell’informazione a livello locale, risultano estremamente
utili per monitorare le tendenze di consumo a livello nazionale, per macro aree e per
regioni.
Per completare il quadro delle fonti di dati secondari vanno citate: banche dati non
continuative, operanti in aree geograficamente o temporalmente limitate, riferite a specifiche problematiche sanitarie; si tratta di banche dati costruite sulla base di studi condotti
su piccola scala, al fine di approfondire particolari aspetti dell’alimentazione o in specifici
gruppi di popolazione.
3.3 Campionamento
In uno studio basato sulla raccolta di dati secondari, la tecnica di campionamento è
variabile: alcune rilevazioni sono a carattere totale (es: registri di mortalità), ma nella
maggior parte dei casi si tratta di indagini campionarie.
Il disegno del campionamento è realizzato in modo tale da includere tutti i fattori che
possono influire sulla variabilità dei caratteri statistici oggetto di analisi, per assicurare
una stima della distribuzione. Per gli ICF, ad esempio, il campionamento è a due stadi con
stratificazione delle unità del primo stadio.
La strutturazione in stadi è funzionale alla definizione del campione quando alcuni
fattori sono comuni a fasce di popolazione. Per esemplificare, nelle ICF le unità del primo
stadio sono rappresentate dai comuni, che sono estratti per primi, da questi sono poi
estratte le famiglie, che costituiscono, quindi, le unità del secondo stadio. I comuni sono
stratificati cioè classificati in base a tipologia di comune, dimensione demografica e regione
di appartenenza. Sono così individuati 228 strati, di cui 107 sono costituiti da un solo
comune (autorappresentativo) e sono sempre inclusi nel campione. I restanti 121 (nonautorappresentativi) sono raggruppati per strati omogenei all’interno di ciascuna regione di
appartenenza: tra questi ultimi sono estratti 3 comuni per strato, rispettivamente per il primo,
il secondo e il terzo mese di ciascun trimestre. Ogni trimestre vengono rinnovati.
Da tutti i comuni selezionati sono estratte con tecnica casuale circa 27.000 famiglie
l’anno, ovvero circa 2.250 famiglie al mese residenti nei 228 comuni che sono inclusi di volta
in volta nell’indagine.
Le famiglie sono estratte dagli elenchi anagrafici dei comuni campionati. In realtà, le
liste create sono due: l’elenco degli intestatari e l’elenco delle famiglie suppletive, ossia
quelle famiglie che vanno ad integrare quelle unità che dopo l’estrazione rifiutano o sono
71
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
impossibilitate a partecipare oppure risultano irreperibili.
In base ad un disegno di questo tipo sono inclusi nel campione, in modo controllato,
tutti quei fattori socio-economici e demografici che possono avere effetti sulle modalità
osservate.
Oltre al disegno di campionamento occorre poi definire la tecnica di estrazione che può
variare da una applicazione delle tavole dei numeri aleatori a un’estrazione sistematica. In
questo secondo caso, viene estratto casualmente il primo numero e i successivi sono determinati dal passo di campionamento, che è calcolato in base alla proporzione tra popolazione di riferimento e numero di unità da estrarre (es.: per un campione di 100 unità su una
popolazione di 10.000, il passo sarà di 100, cioè viene estratto un individuo su 100).
Esistono anche tecniche di campionamento non casuale (ragionato, per quote) che
vengono in genere utilizzate per universi particolari (es.: indice dei prezzi) o in ambiti
particolari (studi pilota, indagini di mercato preliminari). La differenza principale tra
campioni estratti con tecnica casuale e non-casuale è la possibilità di determinare l’errore
campionario e le stime per intervallo (intervallo di confidenza). Il livello di errore ammesso
è spesso del 5%, ma può variare in base al tipo di studio.
3.4 Valutazione della qualità del dato
La misura probabilistica dell’errore fornisce informazioni sulla precisione statistica,
ma quest’ultima ha un senso applicativo solo se i dati raccolti rispondono anche a criteri
di accuratezza, cioè completezza e congruenza.
La valutazione della qualità del dato deve essere quindi corredata da un altro insieme
di informazioni, in particolare quelle relative al tipo di trattamento dei dati (registrazione
su modello di rilevazione, codifica, inserimento su supporto informatico), alle procedure
di controllo (revisione manuale, revisione basata su procedure software) e alla tecnica di
correzione dei dati registrati (criteri di completamento e criteri di variazione).
In generale, i dati più affidabili sono quelli ben documentati per quanto riguarda sia
gli aspetti più propriamente statistici che gli errori non campionari. L’ISTAT, ad esempio,
pubblica nei volumi statistici le appendici metodologiche e produce anche una serie di
testi della collana “Metodi e norme”. Per avere un’idea più chiara della complessità di
questo sistema sarebbe utile una descrizione del lavoro di preparazione del personale
che effettua il lavoro sul campo.
3.5 Miglioramenti della qualità dei dati
Quando si tratta di dati secondari, il miglioramento dei dati grezzi non è più possibile.
Quello che è, invece, possibile è una validazione incrociata di dati analoghi forniti da
diverse fonti. Questo tipo di analisi mette in evidenza eventuali slineature determinate da
significati diversi attribuiti alla stessa variabile o da diversi livelli di aggregazione di
modalità. In sintesi, è possibile aumentare il potenziale informativo, più che migliorare la
qualità del dato in sé, facendo attenzione alla descrizione di come il dato viene ottenuto
nei diversi studi. Se le fonti di dati forniscono informazioni comparabili è possibile
ricostruire il quadro di un fenomeno oggetto di studio, congiungendo le informazioni
complementari.
Dati secondari
72
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Dati sui consumi alimentari e dati su patologie possono essere inseriti in una base di
dati se sono relativi ad una stessa popolazione e sono entrambi rilevati con indagini
rappresentative. Se non tutte le fonti sono rappresentative i dati possono essere utilizzati
solo in modo limitato e, non fa male ripeterlo, documentato.
Questo approccio può essere utile soprattutto per la formulazione di ipotesi di
partenza per il disegno di uno studio di approfondimento che preveda una rilevazione ad
hoc, in cui le ipotesi stesse potranno essere sottoposte a test.
Poiché i dati secondari non sono necessariamente coerenti tra loro e possono provenire dalle fonti più disparate, vanno tenuti in considerazione tutti quegli elementi che
permettono di selezionare indicatori più specifici rispetto alla definizione del fenomeno
considerato. Altri elementi utili da considerare e che consentono di ottenere un miglioramento della qualità del dato sono:
• Conoscenza delle metodologie di raccolta dati: l’utilizzazione di metodologie di
studio diverse si riflette sulle tipologie di dati prodotti, particolarmente per quel che
riguarda le quantità di consumo. Questa valutazione permette di selezionare l’indagine più coerente con gli obiettivi definiti nello studio di sorveglianza.
• Applicazione di fattori di correzione: le valutazioni sui consumi alimentari effettuate
all’interno delle rilevazioni ISTAT non tengono conto della componente di edibilità degli
alimenti e degli scarti. Entrambi i fattori determinano una sovrastima di alcuni gruppi
di alimenti. La correzione dei consumi può essere effettuata per quanto riguarda la
componente di edibilità e degli scarti (Tabella. 3.5.1) secondo quanto risultante dalle
tabelle di composizione e dai dati dell’indagine sui consumi alimentari dell’INRAN.
• Valutazione critica del dato in relazione alle caratteristiche sanitarie e sociodemografiche della popolazione in esame: la riproducibilità di un indicatore va
valutata in base al confronto tra le caratteristiche della popolazione in cui il dato viene
misurato e le caratteristiche dei gruppi al suo interno. Popolazioni con caratteristiche
socio-sanitarie dissimili non consentono l’estrapolazione del dato.
• Accurata definizione dell’indicatore e del livello soglia per quell’indicatore con
rielaborazione dei dati di incidenza e prevalenza: ad esempio, considerando il
numero di dimessi con diagnosi di osteoporosi si avrebbe una sottostima della prevalenza di questa patologia in quanto tale voce diagnostica non compare quasi mai nelle
Schede di Dimissione Ospedaliera. Ma anche considerando il solo dato di incidenza
delle fratture ossee, non si è in grado di stimare quanta parte di esse dipenda dalla
osteoporosi. Selezionando tra i diversi casi di fratture traumatiche le donne di età
superiore a 50 anni e gli uomini di oltre i 75 anni e le sedi di frattura maggiormente
legate all’evento osteoporotico, si otterrà una stima più corrispondente alla realtà della
prevalenza di tale patologia (Ferro-Luzzi et al., 1994).
• Definizione dei fattori bio-fisiologici legati alla incidenza della patologia: la
conoscenza della storia biologica della malattia consente di selezionare gli indicatori
più utili per la sorveglianza di una specifica patologia a componente nutrizionale.
Tornando all’esempio precedente sull’osteoporosi, alcuni distretti ossei caratterizzano
in maniera più peculiare di altri la presenza della patologia osteoporotica.
73
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 3.5.1 – Correttivi relativi alla componente di edibilità e agli scarti.
Fonte: Ferro-Luzzi et al., 1994
Dati secondari
74
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Bibliografia
Ferro-Luzzi A, Martino L, Leclercq C & Branca F (1994): Relazione scientifica del
Progetto Pilota di Sorveglianza Nutrizionale elaborata per il Ministero della Sanità.
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione. Roma: Istituto Nazionale
di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN).
Rizzi A (1987): Introduzione ed analisi dei dati. Quaderno n°B1. Roma: Dipartimento di
Statistica, Probabilità e Statistiche Applicate.
Turrini A (1999): Metodologie di indagine dei consumi alimentari. In: Argomenti di igiene
della nutrizione, eds. Cairella G, Leclercq C, Tarsitani G, 155-164. Roma: Futura
Grafica.
Zanetti R (1998): Fatti e cifre dei tumori in Italia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore.
75
Dati secondari
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
76
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
4. IL PASSAGGIO DALLA SORVEGLIANZA AGLI INTERVENTI
• La valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione di
interventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. L’intervento
può essere di carattere preventivo o correttivo, può riguardare singoli individui,
alcuni gruppi o l’intera popolazione.
• Un altro concetto particolarmente importante nel passaggio dalla sorveglianza agli
interventi è quello della definizione dei livelli soglia per l’intervento oltre i quali
è necessario mettere in atto misure per la correzione di un problema di sanità
pubblica. Per disegnare gli interventi infatti è necessario disporre di un quadro
teorico che leghi l’esito – la patologia – ai fattori di rischio e che contestualizzi
ciascun fattore di rischio nella particolare situazione temporale e spaziale in cui
si deve intervenire.
• Gli interventi preventivi possono essere di prevenzione universale, se diretti a
tutta la popolazione; di prevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popolazione che presentano un rischio particolare di insorgenza di patologie correlate
con l’alimentazione; di prevenzione mirata, se diretti agli individui che presentano un problema o una patologia legata all’alimentazione.
• Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elemento
essenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamento
alimentare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire o
favorire eventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati. Per intervenire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo la tecnica del
“social marketing” definito come “l’applicazione delle tecniche di marketing
commerciale ai problemi sociali”.
• L’Educazione Alimentare è un modello di intervento di salute pubblica. Essa
comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari corretti
e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano, vissuto non
come costrizione, ma come valore condiviso.
4.1 Introduzione
La valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione di
interventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. Svolgere attività di
sorveglianza fine a se stesse è inappropriato, allo stesso modo non è etico fare una
diagnosi in un individuo e non trattare la patologia identificata.
Questo passaggio pone alcuni problemi metodologici, legati alla decisione su quando
considerare un intervento e sulla progettazione dell’intervento, in relazione all’efficacia
attesa. La sorveglianza può anche avere un ruolo preliminare di richiamo dell’interesse
dell’opinione pubblica e dei responsabili delle istituzioni, così da persuadere circa l’opportunità di mobilitare risorse.
L’intervento può essere di carattere preventivo o di carattere correttivo, può riguardare
singoli individui, alcuni gruppi o l’intera popolazione.
77
Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
4.2 Quando intervenire?
4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito
Nel capitolo 1 di questo manuale sono già state identificate alcune aree prioritarie,
ossia quelle patologie che – in virtù della loro diffusione – sono considerate problemi
importanti per la sanità pubblica. La valutazione delle priorità è stata effettuata in rapporto
al costo sociale della patologia (la somma dei costi diretti, ossia la spesa per la cura
della patologia, e dei costi indiretti, ossia il carico di mortalità, morbosità e disabilità
indotta da quella patologia). Questi stessi criteri possono essere utilizzati per stabilire
quando si vuole scegliere di intervenire. Nel caso degli interventi preventivi, una considerazione importante infatti è legata alla prevenibilità di una certa condizione.
Per alcune patologie, come l’osteoporosi e le malattie neurodegenerative, il dato di
mortalità non rende conto del costo sociale, che risiede prevalentemente nella disabilità
indotta. In tal caso, è preferibile utilizzare dati di morbosità. La tabella 4.2.1.1 indica il tipo
di dati utili a descrivere il costo sociale di una serie di alcune patologie a componente
nutrizionale.
Tabella 4.2.1.1 - Patologie a componente nutrizionale misurate con indicatori di
mortalità e morbosità
Un primo criterio per la decisione può essere basato sulla comparazione geografica tra i tassi di mortalità e morbosità tra diversi Paesi del mondo o tra diverse regioni
dello stesso Paese. A questo proposito si può fare l’esempio dei grandi interventi per la
prevenzione delle patologie cardiovascolari, come il progetto della North Karelia, in
Finlandia, per il quale la decisione fu presa in relazione alla comparazione dei tassi di
mortalità per infarto. Per effettuare le comparazioni è necessario utilizzare i tassi standardizzati per età, oppure standardizzare i tassi per la struttura della popolazione, usando
una popolazione di riferimento.
Un secondo criterio per la decisione può essere la variazione nel tempo. Se l’incidenza di una patologia è in crescita, è necessario prendere contromisure prima che si
verifichi un’emergenza per la sanità pubblica. Per le analisi longitudinali, la base di
popolazione e la metodologia di raccolta dei dati deve essere coerente. Inoltre, la variazione nel tempo può essere calcolata quando si dispone di serie storiche di dati suffi-
Interventi
78
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
cientemente lunghe. Probabilmente, è inappropriato dare giudizi sulla tendenza nel
tempo quando si dispone di dati per meno di quattro-cinque anni.
La scelta su quando intervenire è in ogni caso determinata da quanto la società
ritiene accettabile e da quanto il Sistema Sanitario è in grado di investire per risolvere il
problema. Esiste probabilmente un punto di equilibrio tra queste due categorie, ma il
livello soglia può essere estremamente variabile. Inoltre è possibile selezionare all’interno
della popolazione alcuni gruppi per i quali si vuole ottenere il minimo del carico di
malattia, come per i bambini o le donne in gravidanza.
Gli indicatori di esito consentono di dare un giudizio sull’intera popolazione, e quindi
non consentono di effettuare azioni preventive sui singoli individui a rischio.
4.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie
Quando possibile, è preferibile non attendere la comparsa della patologia per
decidere un intervento, perché quanto più a monte è l’azione preventiva, tanto più è
efficace. La scelta del quando intervenire si lega pertanto alla misura delle variabili intermedie (o indicatori di stato pre-clinico), che sono indicative di un processo che aumenta
la probabilità di comparsa della patologia. Esempi di queste variabili sono, per le
patologie cerebrovascolari, la pressione arteriosa; per l’infarto, la colesterolemia totale e
HDL; per il diabete di tipo 2, il sovrappeso e l’obesità; per la frattura del femore, la densità
ossea. La scelta di questi indicatori dipende dal valore predittivo che essi hanno, dalla
precocità della loro capacità predittiva, dalla capacità di essere influenzati da modifiche
dello stile di vita, e dalla praticità della loro misura. Il vantaggio dell’uso di questi indicatori intermedi è di poter svolgere interventi preventivi sui singoli individui.
Per la colesterolemia e la pressione arteriosa è stata documentata una relazione
graduale con il rischio cardiovascolare e cerebrovascolare, ed è quindi possibile calcolare il rischio cui ogni individuo, nonché l’intera popolazione, sono esposti. Tuttavia, nel
caso delle patologie a eziologia multifattoriale, l’utilizzazione di una sola variabile intermedia potrebbe portare a sottostimare il rischio reale. Sono stati quindi sviluppati
algoritmi di calcolo del rischio che combinando le diverse variabili riescono a predire la
maggioranza degli eventi patologici. La tabella 4.2.2.1 illustra il calcolo del Framingham
Health Score, basato sulla misura della pressione arteriosa, della colesterolemia totale,
della colesterolemia HDL e sul riscontro dell’abitudine al fumo di sigaretta, con il quale è
possibile valutare se un individuo ha un rischio da 0 al 30% di avere un infarto del
miocardio nei dieci anni successivi.
Per altre variabili la capacità predittiva è minore. La determinazione con la migliore
capacità predittiva per l’osteoporosi è la densitometria ossea (DEXA) effettuata al collo del
femore. Tuttavia, in donne bianche di 50-59 anni, sarebbero necessari 750 esami densitometrici per predire una sola frattura del femore o delle vertebre in un periodo di cinque
anni. Non ci sono dati che indicano che la valutazione periodica della densità ossea o la
somministrazione precoce di farmaci preventivi abbia un buon rapporto costo-efficacia. E’
allora preferibile una valutazione individualizzata dell’insieme dei fattori di rischio. La
diagnosi e il trattamento delle donne a rischio di osteoporosi sarebbe più efficace indirizzando il trattamento solo alle donne con i valori di massa ossea più bassi. Le donne nel
terzile più basso di Densità Minerale dell’osso (Bone Mineral Density – BMD) senza altri
fattori di rischio avevano un’incidenza delle fratture pari a 2,6 per 1000 anni-donna,
rispetto a 27,3 per 1000 anni-donna nelle donne con cinque o più fattori di rischio.
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Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Nel caso dei tumori, le variabili intermedie adeguate sono disponibili solo per alcune
forme. Ad esempio, la presenza di alterazioni della morfologia dell’epitelio vaginale
predice il cancro della cervice uterina e la presenza di alterazioni dei dotti ghiandolari
visibile alla mammografia predice il cancro della mammella. In questi casi, l’identificazione di una lesione precoce suggerisce di intraprendere azioni preventive.
Tabella 4.2.2.1 – Stima del rischio (nell’arco di 10 anni) per individui di sesso
maschile (Framingham Health Score)
La tabella 4.2.2.2 indica le variabili intermedie utili alla valutazione del rischio delle
più importanti patologie a componente nutrizionale.
Tabella 4.2.2.2 - Patologie a componente nutrizionale e variabili intermedie
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
La misura delle variabili intermedie può essere utilizzata per decidere su interventi
preventivi a carattere individuale e di popolazione. In questo secondo caso è bene considerare sia la prevalenza del fattore di rischio che la capacità che quel fattore ha di predire
la comparsa della patologia. Queste due grandezze possono essere combinate nel
rischio relativo di popolazione, calcolato con la formula RR/(p * RR + (1 – p)), dove p
è la prevalenza del fattore di rischio e RR è il rischio relativo. La tabella 4.2.2.3 mostra la
variazione del rischio in relazione a diverse prevalenze del fattore di rischio nella popolazione.
Tabella 4.2.2.3 - Stime del rischio relativo derivate dal rischio relativo osservato
in studi epidemiologici in relazione alla prevalenza del fattore di
rischio nella popolazione
Quando si usano le variabili intermedie per prendere decisioni sugli interventi è
necessario stabilire quali livelli sono considerati indicativi di un problema di sanità
pubblica, ossia i livelli di attenzione per i quali si consiglia un intervento. Si parla dunque
anche di livelli soglia per l’intervento.
La tabella 4.2.2.4 indica la prevalenza di anemia, bassi livelli plasmatici di retinolo e
bassa escrezione urinaria di iodio necessari a dare inizio a programmi di intervento
correttivi. Anche in questo caso, il razionale della scelta di questi livelli è basato sull’esperienza e sulla valutazione di alcuni Comitati di Esperti. Tuttavia, alcuni Paesi potrebbero non ritenere accettabili tali livelli. Naturalmente, una determinante importante per la
decisione di intervenire è la quantità delle risorse disponibili.
Tabella 4.2.2.4 – Valori di prevalenza di carenze di alcuni micronutrienti necessari
per dare inizio a interventi di sanità pubblica
Emoglobina < 12 g/dL
Grave
Moderato
Lieve
≥ 40%
15.0 - 39.9%
5.0 - 14.9%
Retinolo plasmatico < 20µg/dL
Grave
Moderato
Lieve
≥ 20%
≥ 10 - < 20%
≥ 2 - < 10%
Iodio urinario < 100µg/dL
≥ 20%
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Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Stabilire un obiettivo in relazione a una patologia non consente di prendere in esame
la qualità della vita, per la quale sarebbero più appropriati indicatori funzionali relativi al
possesso di autonomia, di un buona capacità di risposta immunitaria, di una capacità
riproduttiva, di una adeguata funzione intellettiva, e così via. Per questi aspetti l’uso delle
variabili intermedie è essenziale. In virtù di questo livello più elevato di benessere anche
i livelli soglia potrebbero essere modificati. Ad esempio, è stato dimostrato che anche
leggere carenze di ferro sono in grado di influenzare la funzione intellettiva e dunque in
virtù dell’ottimizzazione di quest’ultima anche le situazioni di carenza marginale possono
giustificare interventi tesi a migliorare lo stato di nutrizione per il ferro.
La misura delle variabili intermedie consente interventi preventivi della comparsa
delle patologie e consente di verificare l’effetto degli interventi sulle stesse coorti in cui gli
indicatori sono stati misurati.
4.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita
Anche gli indicatori dello stile di vita possono essere utilizzati per stimare un rischio
individuale e un rischio di popolazione. La decisione di intervenire sulla base dei soli
indicatori di stile di vita, dipende dal livello di evidenza del rapporto tra il fattore di rischio
e l’incidenza delle patologie.
Il progetto Eurodiet ha analizzato la letteratura relativa al rapporto tra il livello dei
fattori di rischio nutrizionale e il rischio di sviluppare diverse patologie, indicandone anche
il livello di evidenza (stabilito secondo il sistema Cochrane). Il livello di evidenza più
elevato, per il quale sono necessari Trial Clinici Randomizzati, è presente solo per
l’energia, gli acidi grassi saturi e il sodio. Per gli altri nutrienti vi sono studi isolati condotti
in doppio cieco o studi ecologici, non condotti in doppio cieco. La tabella 4.2.3.1 riporta
gli obiettivi raccomandati per la popolazione per ridurre globalmente le patologie
croniche. I livelli di evidenza sono stabiliti in rapporto alle malattie cardiovascolari,
cerebrovascolari, al diabete, al cancro.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 4.2.3.1 – Obiettivi nutrizionali raccomandati a livello di popolazione dalla
commissione di esperti EURODIET basati su differenti livelli di
evidenza. Per alcuni sottogruppi di popolazione, come i bambini,
vengono riportati i fabbisogni specifici.
Assunzione raccomandata di nutrienti e obiettivi nutrizionali per
gruppi di popolazione specifica (gravidanza, allattamento, menopausa)
1.
++++ Informazione derivata da studi randomizzati controllati.
+++ Informazione derivata da un singolo studio con disegno in doppio cieco oppure, per l’allattamento
al seno, da una serie di esperienze non in doppio cieco.
++ Studi ecologici non in doppio cieco e studi fisiologici.
+ Integrazioni di livelli multipli di evidenze da parte di gruppi di esperti.
2. Intervallo di normalità (18.5-25) stabilito dall’OMS.
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Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
In questo caso, la decisione di intervenire è legata a quale percentuale della popolazione si trova a un livello inadeguato.
Alcune metanalisi hanno dimostrato e quantificato il rapporto esistente tra la variazione dell’esposizione a un nutriente e la riduzione del rischio. Questo è stato finora
possibile solo per il consumo di grassi saturi e per il consumo di sodio. L’analisi di dati
osservativi riguardo diverse comunità ha indicato che una riduzione dell’assunzione
dietetica di sodio di 100 mmol/24 h (3 g di sale) riduce la presione sistolica negli individui
di 50-65 anni di età di 10 mmHg in media. Questa riduzione della pressione ridurrebbe la
mortalità specifica per età per ictus del 22% e della mortalità cardiovascolare del 16%
(Law, 2000). Questi valori dovranno guidare il giudizio dei responsabili della sanità
pubblica sul rapporto costo-efficacia di interventi per la riduzione dei consumi di sodio.
4.3 Disegno degli interventi
Per disegnare gli interventi è necessario disporre di un quadro teorico che leghi l’esito
e la patologia ai fattori di rischio e che contestualizzi ciascun fattore di rischio nella particolare situazione temporale e spaziale in cui si deve intervenire. In particolare, sarà
necessario conoscere la distribuzione dei fattore di rischio e le caratteristiche socioeconomiche dei gruppi di popolazione in cui il rischio si manifesta in misura più rilevante.
Dovranno poi essere stabiliti gli obiettivi dell’intervento e i tempi in cui si vuole
raggiungere questi obiettivi.
Secondo la metodologia definita dalle iniziali delle parole che la descrivono VMOSA
(Vision Mission Objectives, Strategies, Actions) (Kansas Health Foundation), il disegno
di un intervento richiede in primo luogo di definire una Vision, ossia le condizioni ideali
che si vogliono raggiungere (es. “bambini sani”), poi una Mission, ossia il cosa e perché
(es. “Promuovere la salute dei bambini attraverso un’iniziativa familiare e comunitaria
integrata”), quindi gli Obiettivi, ossia cosa, quanto e quando verrà raggiunto; le Strategie,
ossia come gli obiettivi saranno raggiunti, e un piano d’Azione, che definisca le azioni, le
responsabilità, il calendario, le risorse necessarie e disponibili, le barriere e i modi per
aggirarle, le collaborazioni.
Nel contesto in cui si muovono gli operatori regionali, la Mission e gli obiettivi che ne
derivano saranno con ogni probabilità legati alle modifiche dello stile di vita. Altre
categorie di intervento, più appropriate a livello nazionale, sono quelle relative alla produzione alimentare, quali le modifiche della produzione primaria per manipolare la
composizione dei prodotti (es. selezione delle varietà, uso di OGM, selezione dei
mangimi); le modifiche dei processi per mantenere le caratteristiche del prodotto (es.
mild technologies), per evitare l’aggiunta di componenti indesiderati (es. riduzione dei
contenuti di sodio), per ridurre o eliminare componenti indesiderati (es. riduzione dei
contenuti di grassi, fortificazione); gli interventi sulla distribuzione e la disponibilità dei
prodotti, quali le modifiche dei sistemi di conservazione (es. refrigerazione) e le
modifiche dei sistemi di distribuzione (es. supermercati).
Le strategie di un intervento di sanità pubblica a livello di una comunità sono tipicamente quelle di fornire informazione e formazione, migliorare i servizi, modificare accesso, barriere e opportunità, modificare le politiche.
Per quanto riguarda il piano d’Azione, è necessario definire il luogo in cui svolgere gli
Interventi
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
interventi, che possono essere le strutture sanitarie, le comunità, le scuole, i luoghi di
lavoro e il target di popolazione, ossia adulti, bambini o l’intera popolazione.
A questo proposito sarà necessario decidere se modificare la distribuzione del fattore
di rischio nell’intera popolazione o solo negli individui ad alto rischio. Gli interventi preventivi possono essere di prevenzione universale, se diretti a tutta la popolazione di
prevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popolazione che presentano un rischio
particolare di insorgenza di patologie correlate con l’alimentazione, di prevenzione
mirata, se diretti agli individui che presentano un problema o una patologia legata all’alimentazione. La scelta può essere operata in relazione alla distribuzione del fattore di
rischio e a valutazioni di costo-efficacia. Inoltre, è necessario verificare che gli individui
che non traggono beneficio dall’intervento – perché il loro rischio è basso – non ne
traggano al contrario dei danni. Ad esempio, nel caso della iodurazione generale del sale,
è necessario valutare quanto possano correre rischi gli individui portatori di ipertiroidismo. Nel caso degli interventi tesi a ridurre la colesterolemia, si è a lungo discusso del
possibile rischio di una riduzione eccessiva in individui con livelli bassi di colesterolo,
finché si è dimostrato che l’associazione tra bassa colesterolemia, e depressione era del
tutto casuale e non legata a relazioni di causa ed effetto.
Gli interventi si possono poi classificare in base alle risorse e alla durata a bassa, a
media ed ad alta intensità. Per quanto riguarda gli operatori, gli interventi possono essere
autosomministrati (ad es. quelli che utilizzano Internet), condotti da professionisti non
sanitari (insegnanti, gruppi di pari specificamente istruiti), da professionisti sanitari
(medici e infermieri) o da specialisti della nutrizione, quali dietisti o nutrizionisti.
Gli interventi possono avere impatto diverso se includono una componente familiare
(ossia le famiglie sono il target principale degli interventi oppure le famiglie del target
primario sono coinvolte in qualche aspetto dell’intervento) o se è previsto il coinvolgimento di una componente di supporto sociale (es. organizzazioni che distribuiscono
alimenti).
Il raggiungimento degli obiettivi è legato sia all’appropriatezza dell’intervento che al
modo con cui esso è condotto. Si parla quindi di efficacia degli interventi, che può
essere verificata attraverso la realizzazione di attività pilota, e di efficienza degli interventi, legati alla operatività su larga scala. La realizzazione di attività pilota è indispensabile nelle fasi iniziali di un intervento. Infatti gli interventi di sanità pubblica sono
processi iterativi fondati su un metodo di prova ed errore e, in questo quadro, i dati della
sorveglianza sono essenziali.
Le informazioni che derivano dalle attività di sorveglianza sono parte di un ciclo di
sorveglianza e intervento che può essere rappresentato dalla spirale contenuta nella
figura 4.3.1. La figura si riferisce in particolare agli interventi di educazione alimentare, ma
può essere utilizzata per illustrare la circolarità di questo processo, che si conclude con un
altro uso dei dati di sorveglianza, ossia la valutazione della efficacia degli interventi.
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Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
4.3.1 Disegno degli interventi
Fonte: Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), 2001
Il disegno degli interventi potrà essere guidato dall’analisi di precedenti schemi di
intervento che si sono dimostrati efficaci.
La figura 4.3.2 illustra i cambiamenti nel livello di consumo di grassi che si sono
ottenuti in diversi interventi svolti in ambiente scolastico. Il messaggio che se ne trae è,
in primo luogo, che è possibile ottenere questo risultato e, in secondo luogo, che l’intensità della risposta è in rapporto alla durata del follow-up.
Figura 4.3.2 – Cambiamenti nel livello di consumo di grassi ottenuti in diversi
interventi svolti in ambiente scolastico
Scuola #1, 5 anni f/u* (Walter, 1988)
Scuola #2, 5 anni f/u (Luepker, 1988 Lytle, 1966)
Scuola #3, 2 anni f/u (Reynolds, 1998)
Risultati unificati (3 studi)
Interventi
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
La tabella 4.3.1 mostra quanto sia variabile il risultato degli interventi per la promozione del consumo di frutta e verdura. Negli interventi analizzati si può andare da nessun
effetto ad aumenti del 73% per la frutta e del 153% per la verdura. L’analisi delle caratteristiche degli interventi dirà quali formule sono più efficaci, anche se sarà in ogni caso
necessaria la conduzione di studi pilota per verificare l’applicabilità e la coerenza di risultati nello specifico contesto in cui ci si muove.
Tabella 4.3.1 - Differenze tra gruppo di intervento e gruppo di controllo nella
percentuale di cambiamento dell’assunzione di frutta e verdura
Un altro elemento importante per la scelta degli interventi è il dato sul rapporto tra
costo ed efficacia. Nello Stanford five-city project (Farquhar et al., 1990; Fortmann &
Varady, 2000), che aveva per obiettivo la riduzione del rischio di infarto e ictus, è stato
realizzato un intervento di comunità su 2 città (N= 122.800) con 2 città controllo
(N=197.500). L’intervento ha utilizzato la social learning theory, un modello di comunicazione-cambiamento comportamentale, principi di organizzazione comunitaria e metodi di
marketing sociale. Nei cinque anni di progetto ciascun individuo è stato esposto a 527
episodi educativi per un totale di 26 ore, attraverso TV e radio, giornali, opuscoli e
comunicazione personale. I risultati sono riportati nella figura 4.3.3. Questo intervento,
giudicato dagli ideatori di basso costo, ha determinato variazioni piccole, ma significative,
su una grande popolazione. L’esperienza dimostra che è possibile ridurre complessivamente il rischio di popolazione per le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. La
sostenibilità e la fattibilità di questo tipo di intervento in contesti diversi deve essere
valutata.
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Figura 4.3.3 - Variazioni delle conoscenze e dei fattori di rischio nei 51-73 mesi
dopo l’intervento educativo
Un aspetto importante da considerare nel disegno degli interventi è quello della collaborazione tra diversi settori e diverse istituzioni. Promuovere le partnership consente sia
di integrare le competenze che di creare sinergie di risorse.
Per quanto riguarda l’integrazione delle competenze, paradigmatico potrebbe essere
il punto della promozione dell’attività fisica. La Figura 4.3.4 indica quali complesse
influenze ambientali influenzino il livello di attività fisica di una popolazione. La promozione dell’attività fisica deve passare attraverso l’eliminazione sia di barriere di carattere
personale e comportamentale (mancanza di motivazione, percepita mancanza di tempo,
obblighi familiari) che di barriere di carattere ambientale (mancanza di strutture dove si
può effettuare esercizio fisico, di percorsi per i pedoni e per le biciclette, di parchi pubblici,
sicurezza dell’ambiente). Pertanto, oltre agli interventi di carattere educativo sarà necessario coinvolgere i pianificatori urbani.
Per quanto riguarda la sinergia delle risorse, si può pensare alla collaborazione tra
regioni nell’impostazione di programmi con maggiore ampiezza, al fine di ottenere una
economia di scala, a partnership con organizzazioni di volontariato, il cosiddetto Terzo
Settore, e con privati.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Figura 4.3.4 – Modello delle influenze ambientali sul livello di attività fisica di una
popolazione
4.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per le strategie di intervento
Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elemento
essenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamento alimentare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire o favorire
eventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati.
La ricerca psico-sociale ha contribuito significativamente alla comprensione di tale
fenomeno e ha suggerito diversi modelli teorici relativi ai determinanti delle scelte alimentari (Stafleu et al., 1991). In questo contesto si inserisce la “Teoria dell’Azione Ragionata”,
TRA, (Ajzen & Fishbein, 1980) estesa e completata con la “Teoria del comportamento
pianificato”, TPB (Ajzen, 1991). Tale approccio teorico sostiene che il comportamento di
un soggetto dipende dalla sua predisposizione verso un comportamento, dalle sue
convinzioni, dalle norme soggettive (la considerazione delle aspettative altrui rispetto al
proprio comportamento), dalle sue intenzioni comportamentali (la decisione di
impegnarsi in un determinato comportamento), dalla percezione di poter esercitare un
controllo su quel comportamento. In generale, tale teoria assume che gli esseri umani
sono generalmente razionali e fanno uso delle informazioni disponibili in un determinato
contesto, prima di decidere se agire o meno in relazione ad un certo comportamento.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Numerosi sono gli studi che hanno applicato le teorie TRA e TPB per lo studio dei
determinanti del comportamento alimentare (Shepherd et al., 1992; Sparks et al., 1995).
Alcuni studi hanno messo in evidenza che una misura soggettiva dell’abitudine
alimentare, che incorpora l’idea che il comportamento alimentare abituale possa essere
non solo il risultato di un comportamento frequentemente ripetuto, ma anche il risultato
di un comportamento non completamente controllato, ha un ruolo importante nel determinare l’intenzione a consumare alimenti dolci e grassi (Towler & Shepherd, 1991). In
particolare, l’abitudine alimentare è risultata essere più importante degli atteggiamenti
nella predizione del consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi in Italia (Saba et al.,
2000). Gli atteggiamenti e le opinioni/conoscenze sembrano avere lo stesso ruolo nella
scelta di alimenti contenenti grassi sia per i soggetti normopeso che per i soggetti sovrappeso (Saba et al., 1999). Alcune piccole differenze sono, invece, emerse nell’attribuzione
dell’importanza all’aspetto “salutistico”, legato all’aumento del peso ed all’elevato contenuto di grassi, di alcuni alimenti. Una maggiore considerazione di tale aspetto si ha,
infatti, nei soggetti sovrappeso, al momento della scelta di alcuni alimenti quali la carne
rossa, il burro ed il formaggio.
4.4.1 Le scelte alimentari in Europa
I risultati di uno studio realizzato nel 1996 su 15 Paesi Europei (Kearney et al.,
1997a), indicano che la qualità e la freschezza degli alimenti, il prezzo, il gusto, il
“desiderio di mangiare sano”, e le “preferenze della famiglia” sono i cinque fattori più
importanti per la scelta alimentare in Europa (Lennernas et al., 1997). Per gli Italiani,
invece, le “preferenze della famiglia”, il prezzo e “il desiderio di mangiare sano” sono,
rispettivamente, al terzo, quarto e quinto posto in ordine di importanza. Anche il fattore
socio-demografico sembra avere un peso nella scelta alimentare. In particolare, sono le
donne, gli anziani e coloro che hanno un livello d’istruzione più alto, ad essere spinti dal
desiderio di mangiare sano nello scegliere i cibi. Il gusto e l’abitudine sembrano, invece,
essere più importanti per i maschi (Lennernas et al., 1997).
I dati dell’indagine pan-EU hanno evidenziato che la maggioranza della popolazione,
nei diversi Paesi Europei, è in grado di citare quali siano gli aspetti che descrivono una
dieta salutare: più frutta e vegetali, meno grassi, e una dieta bilanciata e variata (Margetts
et al., 1997).
Le maggiori difficoltà al cambiamento del comportamento alimentare sembrano essere
la mancanza di tempo e di autocontrollo (che include “forza di volontà” e “rinunciare a cibi
che piacciono”). Dall’indagine pan-Eu emerge che la maggioranza degli europei tra cui
anche gli italiani, crede che non ci sia necessità di cambiare le proprie abitudini alimentari
in quanto ritengono siano sufficientemente adeguate (Kearney et al., 1997b). Tale risultato
evidenzia la necessità di comprendere come il pubblico percepisce la propria dieta, al fine
di prevedere più mirate ed efficaci strategie di promozione di comportamenti alimentari
corretti.
4.4.2 Social marketing
Per intervenire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo la
tecnica del social marketing. Il social marketing è definito come “l’applicazione delle
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
tecniche di marketing commerciale ai problemi sociali” (Andreasen, 1995). In altre parole,
si usano le stesse tecniche utilizzate per vendere prodotti per convincere le persone a
cambiare i loro comportamenti. Mentre nel marketing tradizionale si cerca di convincere
ad acquistare un prodotto per convenienza, per moda o per il suo valore, nel caso del
marketing sociale la motivazione è il beneficio del consumatore o della società. Gli
elementi importanti per pianificare una campagna di marketing sociale sono i comportamenti che si vogliono cambiare, l’identificazione del gruppo del quale si vogliono modificare i comportamenti, l’identificazione delle barriere al cambiamento. L’intervento deve
ridurre il più possibile le barriere, sperimentare la comunicazione del messaggio su di un
piccolo gruppo e infine pubblicizzare i benefici e il cambiamento ottenuto.
I cardini del marketing sociale sono Prodotto, Prezzo, Posto, Promozione, cui solitamente si fa riferimento come le “4P”. Nel marketing sociale il Prodotto è un certo comportamento che si vuole modificare. Il Prezzo è quanto costa a una persona abbandonare
un certo comportamento o assumerne un altro. Modificare un comportamento è una
questione di tempo e di impegno personale. Una buona campagna di marketing sociale
cercherà di ridurre questi costi, ad esempio dando varie forme di supporto, organizzativo,
psicologico e pratico. Il Posto, ossia le caratteristiche ambientali in cui si svolge l’intervento, deve essere tenuto in considerazione, perché può presentare una serie di ostacoli
al cambiamento, quali, ad esempio, l’accesso ai servizi. Infine, la Promozione è la diffusione dell’informazione, attraverso i metodi della pubblicità, attraverso la comunicazione
di massa, ma anche attraverso la comunicazione personale.
4.5 Esempi di legame tra sorveglianza e interventi
In questa sezione si riassumono due esempi di programmi di prevenzione rivolti a
fattori di rischio nutrizionale e realizzati dal National Center for Chronic Disease
Prevention and Health Promotion degli Stati Uniti.
4.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS)
Il PedNSS segue la crescita, il livello di anemia e l’allattamento al seno dei bambini
americani di basso livello socio-economico che partecipano ai programmi per la difesa
della salute finanziati dal governo federale. I dati raccolti comprendono la data di nascita,
la data di visita, l’etnia di appartenenza, il peso, statura, emoglobina o ematocrito in tutti
i bambini dalla nascita a 18 anni, il peso alla nascita e l’allattamento al seno fino all’età
di due anni. I dati sono inviati ai governi regionali che li inviano mensilmente oppure ogni
tre mesi al Center of Disease Control and Prevention, che genera tabelle periodiche. Le
regioni possono analizzare indipendentemente i propri dati. Le informazioni del PedNSS
sono legate alle seguenti azioni:
• erogazione di servizi di attenzione nutrizionale pre-concezionale integrati nell’assistenza sanitaria di base, per occuparsi del rischio nutrizionale prima della gravidanza,
quale il sottopeso, l’obesità e l’anemia;
• attività di ricerca attiva per l’identificazione precoce della gravidanza e dell’ingresso in
attività di cura prenatale, tra cui i servizi del programma WIC (Special Supplemental
Nutrition Program for Women, Infants and Children), rivolti alla buona alimentazione
(includendo un adeguato apporto di ferro), un adeguato guadagno di peso in gravidanza e l’interruzione del fumo e del consumo di alcool;
• promozione della crescita dei bambini (inclusa l’educazione dei genitori sull’alimenta-
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
zione dei bambini), fornitura di alimenti a elevata densità nutrizionale per integrare la
dieta dei bambini a rischio di inadeguata assunzione di nutrienti e assistenza sanitaria;
• realizzazione di strategie innovative per far regredire la crescente tendenza al sovrappeso tra i bambini, tra cui l’identificazione precoce di bambini a rischio di obesità (ad
es. bambini con genitori soprappeso) e l’educazione dei genitori sulle scelte alimentari e l’attività fisica;
• promozione di un adeguato livello di assunzione di ferro e identificazione dei bambini
a rischio di carenza di ferro;
• affermazione dell’allattamento al seno come pratica accettata dalla società;
• promozione di politiche per il supporto dell’allattamento al seno nei luoghi di lavoro e
nei locali pubblici;
• continuo sviluppo e realizzazione di strategie efficaci e culturalmente appropriate per
promuovere l’inizio e la continuazione dell’allattamento al seno.
4.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction
Con il supporto tecnico del CDC, gli Stati dell’Unione raccolgono informazioni sui
comportamenti che conducono all’ictus, al cancro e al diabete: non svolgere abbastanza
attività fisica, consumare una dieta ad alto contenuto in grassi e a basso contenuto in
fibra, uso del tabacco e dell’alcool, non avere sufficiente accesso ai servizi sanitari.
Scopo del programma di sorveglianza è di determinare aspetti prioritari per la salute,
identificare popolazioni a rischio per malattie, disabilità e morte; sviluppare piani strategici e orientare i programmi di prevenzione; sorvegliare l’efficacia degli interventi e i
progressi verso il raggiungimento di obiettivi di prevenzione; educare il pubblico, la
comunità e i pianificatori sulla prevenzione; sostenere le politiche di promozione della
salute e di prevenzione delle malattie.
Queste informazioni sono legate a diversi programmi di sanità pubblica. Ne citiamo in
particolare due, che potrebbero essere rilevanti per la situazione italiana, il Five-a-day e
l’Active Community Environments.
Il Five-a-day è un programma promosso dal National Cancer Institute (NCI) e dalla
Fondazione Produce for Better Health (PBH), un’organizzazione senza scopo di lucro
che rappresenta i produttori di frutta e verdura. Il NCI ha promosso coalizioni di dipartimenti sanitari regionali per sviluppare, realizzare e valutare interventi comunitari di
educazione sanitaria. Il programma comprendeva una campagna sui mezzi di comunicazione di massa, un programma di sensibilizzazione ai punti di vendita e interventi comunitari. Il programma è costato 27 milioni di dollari e ha determinato, per il momento, una
crescita da 19 a 23% dei consumatori di 5 o più porzioni di frutta e verdura.
Il programma Active Community Environments (ACEs) è un’iniziativa promossa dal
CDC per promuovere il camminare, l’andare in bicicletta e lo sviluppo di centri ricreativi
attivi. Il programma prevede interventi sull’ambiente e le politiche tra cui il disegno urbano,
la densità abitativa, la disponibilità di trasporti pubblici, di piste ciclabili e di percorsi
pedonali. Questi obiettivi sono raggiunti grazie alla partnership con l’agenzia di protezione
dell’ambiente. All’interno dell’ACE è stato sviluppato il programma Kids walk to school, un
programma di comunità che ha l’obiettivo di aumentare le opportunità di attività fisica quotidiana, incoraggiando i bambini ad andare a scuola a piedi in gruppo accompagnati dagli
adulti. E’ stata inoltre stabilita una collaborazione con le polizie locali, politici e commercianti
per agevolare l’andare a scuola a piedi e in bicicletta senza pericolo.
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
4.6. Educazione Alimentare in età scolare: un modello di intervento
L’Educazione Alimentare comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari corretti e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano,
vissuto non come costrizione, ma come valore condiviso. La sua finalità ultima è quella
di condurre ad una autonoma capacità di gestione corretta della propria alimentazione e
dunque di difesa nei confronti di ogni forma di malnutrizione.
4.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi
Numerose sono le ricerche epidemiologiche, su base nazionale e internazionale, che
attribuiscono ad una alimentazione squilibrata (sotto il profilo qualitativo e quantitativo) e
ad uno stile di vita sedentario, un ruolo preminente nell’insorgenza delle malattie cronichedegenerative (Rippe et al., 1998; Takashima et al., 1998). Tali patologie, oggi molto diffuse
in Italia e in tutti i Paesi ricchi, compaiono in età adulta, ma mettono le loro radici già
durante l’infanzia e l’adolescenza (Guo et al., 1994; Public Health Service, 1994).
Infatti, è stato chiaramente dimostrato che l’adiposità infantile influenza la morbosità
e la mortalità nella vita adulta (Must et al., 1992; Power et al., 1997): i bambini in sovrappeso hanno maggiori probabilità di divenire degli adulti obesi (Guo et al., 1994). Di conseguenza, più esposti al rischio di malattie cardiovascolari, all’ipertensione, al diabete e ad
alcuni tumori (Pi-Sunyer, 2002; Prentice, 2001).
Uno dei fattori che favorisce l’insorgenza di tali patologie è l’eccessiva assunzione di
grassi, specialmente di quelli saturi (National Research Council and Food and Nutrition
Board, 1989; Public Health Service, 1989). Infatti, molti sono gli interventi che, per modificare le abitudini alimentari della popolazione infantile in senso preventivo, hanno adottato
come uno degli obiettivi primari, “la riduzione dei grassi” (Chang Ma & Contento, 1997;
Dixon et al., 1997; Hunt et al., 1997).
Va rilevato, tuttavia, che i pareri sull’opportunità di limitare l’assunzione di grassi in età
evolutiva sono piuttosto controversi. Secondo alcuni Autori (Pugliese et al., 1987; Vobecky
et al., 1995) tale limitazione, se non ben controllata, può riflettersi negativamente sulla
crescita e sullo stato nutrizionale del bambino. Inoltre, i risultati di un’indagine conoscitiva
(National Health and Nutrition Examination Survey) condotta negli USA, indica che,
sebbene l’assunzione dei lipidi nella razione alimentare media della popolazione infantile
sia diminuita, la prevalenza dell’obesità è comunque aumentata (McDowell et al., 1994;
Troiano & Flegal, 1998).
Al contrario, numerose organizzazioni preposte alla salute pubblica, hanno ampiamente riconosciuto il ruolo protettivo della fibra (Anderson, 1986; Public Health Service,
1989; US Depts of Agriculture and Health and Human Services, 1995). Molti studi hanno
suffragato questa ipotesi e cioè che l’assunzione di adeguate quantità di fibre, diminuisce
il rischio di insorgenza di malattie croniche quali, appunto, l’obesità, il diabete e il cancro
del colon (Anderson, 1986; Anderson & Gustafson, 1987; Council on Scientific Affairs,
1989). Una dieta ricca in fibra si caratterizza normalmente per una ridotta presenza di
grassi e colesterolo (ADA Report, 1999) e si associa ad un minor rischio d’insorgenza di
diversi tumori (Block et al., 1992; Serafini et al., 2002; Steinmetz & Potter, 1991) e di
malattie coronariche (Block et al., 1992; Gey, 1990).
Ma, nelle società industrializzate, oltre ad un’alimentazione incongrua, è anche lo
stile di vita estremamente sedentario e con livelli assai ridotti di attività fisica a costituire
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
un altro importante fattore di rischio: contribuisce cioè alla preoccupante diffusione del
sovrappeso e dell’obesità tra gli adulti e i bambini (Going et al., 1999; Sallis et al., 1992).
Per quanto riguarda i bambini italiani, per esempio, si è riscontrato che già all’età di
6 anni trascorrono quasi due ore al giorno davanti alla televisione. In tal modo occupano
gran parte del loro tempo libero in passatempi passivi e sedentari, trascurando tutti quei
giochi che, al contrario, comportano un certo impegno fisico (Caldarone et al., 1995).
Inoltre, è stato riscontrato che solo una modesta percentuale di bambini e di ragazzi
esercita una regolare attività sportiva.
Nei bambini con bassi livelli di attività fisica si associa un aumento dell’IMC (Indice di
Massa Corporea) (Andersen et al., 1998). Al contrario, l’attività fisica può aiutare i
bambini a:
• mantenere un peso ideale (Troiano et al., 1995);
• ottenere uno stato ottimale di salute delle ossa (Ulrich et al., 1996);
• contrastare la tendenza all’obesità e all’osteoporosi in età adulta (Ulrich et al., 1996).
Tuttavia, a causa delle difficoltà incontrate nel valutare il profilo motorio dei bambini
(Richardson et al., 1994; Sallis, 1993), alcuni studi forniscono dati contrastanti sul legame
tra attività fisica e obesità infantile (Corbin et al., 1994; Pangrazi et al., 1996; Ward &
Evans, 1995). In realtà, senza trascurare la partecipazione ad attività sportive organizzate ma piacevoli, sembra molto più influente uno stile di vita nel complesso più attivo
(Urbinati et al., 1997).
Sostanzialmente è necessario sollecitare i ragazzi, sin da piccoli, al moto spontaneo
(es.: camminare, salire e scendere le scale a piedi, andare in bicicletta, ecc.) e all’attività
fisica di tipo ludico (giochi in movimento), senza per questo trascurare l’abituale pratica di
uno sport. Quest’ultimo tipo di attività, comunque, non sempre produce gli effetti desiderati.
Uno studio condotto nella Provincia di Latina (Urbinati et al., 1997) rivolto alla popolazione scolastica, non ha dimostrato differenze significative tra i soggetti “sedentari” e gli
“sportivi” a livello morfo-funzionale. Gli Autori concludono che gli effetti prodotti dall’attività
sportiva organizzata sono quasi nulli, rispetto alle risposte adattative molto più pronunciate
che l’inattività è in grado di indurre a causa della continuità con cui incide sull’organismo.
Tali constatazioni fanno chiaramente emergere la necessità di promuovere e diffondere, nei soggetti in età evolutiva, una maggiore coscienza critica alimentare e, soprattutto, l’importanza di adottare uno stile di vita più attivo e, quindi, più sano. D’altra parte
l’educazione alimentare, pur senza trascurare l’universo del consumatore in senso lato,
ha sempre riconosciuto nei bambini e nei ragazzi i destinatari privilegiati di una attività
che sia al contempo “educativa” e “preventiva”. Innanzitutto perché i giovani, anche in
tenera età, costituiscono un terreno particolarmente recettivo a nuove conoscenze, ma
anche perché sono più disponibili all’introduzione di miglioramenti e cambiamenti sul
piano comportamentale.
Il mondo della scuola, nelle sue varie componenti, è certamente la sede più idonea
per attuare attività informative ed educative nel campo dell’alimentazione e della nutrizione: essa infatti riesce a coinvolgere non soltanto i ragazzi che la frequentano, ma
anche le famiglie di appartenenza, nonché tutto lo staff scolastico.
4.6.2 Obiettivi prioritari
In tema di educazione alimentare la letteratura scientifica riporta numerosi lavori
riguardanti interventi che hanno avuto come gruppi bersaglio bambini e adolescenti. Dalla
Interventi
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
loro analisi emerge che, per attuare una reale prevenzione primaria, nei confronti delle
malattie croniche, le strategie di intervento più idonee a migliorare lo stile alimentare e di
vita in generale della popolazione scolastica, sono quelle indirizzate prevalentemente a:
• incrementare il consumo di fibra e quindi di prodotti provenienti dal modo
vegetale (Harvey-Berino et al., 1998; Lowe et al., 2001; Perry et al., 1998).
• aumentare l’attività fisica (Harris et al., 1997; Manios & Kafatos, 1999; Muller et al., 1999).
Sulla base di tali considerazioni, e partendo dall’assunto che consumi di adeguate
quantità di frutta, verdura e legumi, grazie alla presenza di generose quantità di fibra,
contribuiscono ad un maggiore senso di sazietà e, conseguentemente, ad una riduzione
del consumo di prodotti ad elevata densità energetica (Giacosa et al., 2000), sembra
lecito porsi come primo obiettivo prioritario “l’incremento dei consumi di frutta, verdura e
legumi”, la cui assunzione si attesta nella fascia italiana giovanile al di sotto dei livelli
raccomandati (Ariano et al., 1997; Beelu et al., 1996; Leclercq et al., 2002).
L’importanza di un adeguato consumo di questi alimenti, con la dovuta attenzione a
quantità non eccessive di condimento, è legata alla fondatezza scientifica, ma anche alla
semplicità con la quale in talune situazioni si può tradurre sul piano pratico (esempio:
sostituzione di merendine di elevata densità energetica con frutta). Peraltro, il consumo
di questi alimenti non solo agevola la riduzione degli introiti calorici e dei grassi, ma
favorisce l’assunzione di vitamine, di elementi minerali e di una molteplicità di componenti
ad attività antiossidante (ADA Report, 1999).
Il secondo obiettivo prioritario può essere “l’incremento dell’attività motoria” e cioè la
necessità e l’importanza di svolgere una maggiore attività fisica. Ma, soprattutto, tale
obiettivo deve tendere al recupero per i giovani di quel patrimonio di attività e di giochi
tradizionali che comportano movimento. La loro pratica quotidiana consentirà di:
• creare i prerequisiti funzionali e strutturali utili all’apprendimento di nuove e più complesse abilità;
• favorire lo sviluppo organico-muscolare.
4.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi
Le indicazioni che ci vengono dalla letteratura sull’argomento, sono abbastanza
univoche nel considerare che, per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, l’Educazione
Alimentare debba essere vista in un’ottica multidisciplinare e che debba mirare essenzialmente a “stimolare” e/o “disincentivare” comportamenti specifici, più che ad ampliare
la semplice acquisizione di conoscenze (Contento et al., 1995; Istituto Nazionale di
Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), 2001). Tutto ciò tenendo nella giusta
considerazione l’insieme dei fattori personali, culturali e ambientali che interagiscono nel
determinare i comportamenti alimentari (Kearney et al., 1997b; Tibbs et al., 2001).
Ciò è tanto più importante quanto più il destinatario dell’azione educativa è giovane.
Nonostante strategie comportamentali e approcci cognitivi costituiscano parte integrante
di ogni attività pedagogica, tuttavia è possibile affermare che la componente comportamentale è di primaria importanza. La componente cognitiva infatti, diventa progressivamente influente con la crescita del bambino. La ricerca evidenzia che per i bambini più
piccoli la scelta del cibo è regolata da fattori emotivi, affettivi e ambientali, quali familiarità e sapore. Essi sono più propensi ad esperienze concrete piuttosto che ad associazioni astratte sugli alimenti. L’elaborazione di processi cognitivi e concetti astratti di
“prevenzione” e di “salute” vanno affrontati gradualmente, quando il bambino approda alla
scuola media (Contento et al., 1995), insieme all’adozione di strategie che aiutino a
promuovere l’autostima (ADA Report, 1999).
95
Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Per sviluppare attività educative appropriate e messaggi nutrizionali mirati, sono di
grande utilità i risultati di due indagini distinti e complementari sui consumi e sui determinanti del comportamento alimentare da condurre sulla popolazione scolastica interessata.
Tali dati consentiranno di conoscere e stimare non solo le abitudini alimentari, in
termini di frequenza, qualità e quantità e le tipologie dei prodotti vegetali preferite o rifiutate, ma anche l’insieme dei fattori motivazionali che sono alla base delle scelte alimentari.
Inoltre, la conoscenza del profilo motorio può essere di ausilio all’impostazione delle
attività volte a incrementare il dispendio energetico. Ma, di grande importanza per il
successo degli interventi, è l’ampio coinvolgimento di tutti coloro che ruotano intorno al
bambino: personale docente, famiglie e operatori della mensa.
A livello scolastico è fondamentale il ruolo svolto dagli insegnanti (Tibbs et al., 2001),
la loro collaborazione richiede una idonea preparazione e il diretto coinvolgimento nella
impostazione e realizzazione del progetto. A tal fine assume particolare rilievo la loro
formazione. Essa deve includere sia attività teoriche che lavori di gruppo. I contenuti del
modulo formativo devono vertere essenzialmente su:
• Linee Guida per una Sana Alimentazione dell’INRAN viste nel loro complesso. In particolare, l’attenzione va focalizzata sulle caratteristiche nutrizionali e sul ruolo degli
alimenti frutta, verdura e legumi. Vanno fornite indicazioni concrete e di facile attuazione sul come e quando assumerli; va sottolineata l’importanza della loro qualità,
varietà, stagionalità e quantità, anche in termini di riferimento al concetto di porzione.
• Ruolo della prima colazione e opportunità di assumere la frutta a merenda e possibilmente, anche durante il primo pasto della giornata.
• Aspetti sensoriali legati agli alimenti e importanza dell’educazione del gusto.
• Ruolo dell’attività fisica e necessità di promuovere tra i ragazzi l’abitudine al
movimento e ad attività fisiche di loro gradimento.
• Individuazione delle metodologie da adottare. Esse dovranno essere tali da motivare
e coinvolgere attivamente i ragazzi in operazioni in cui si vedano protagonisti. La
ricerca in proposito indica che quando nelle attività di Educazione Alimentare sono
presenti elementi quali “sfida”, “fantasia” e “curiosità” -contemplati dalla “Theory of
Intrisecally Motivating Instruction (TIMI)- le probabilità che il target sia intrinsecamente
più motivato ad imparare sono maggiori (Matheson & Spranger, 2001).
Tali attività possono, ad esempio, prevedere:
• realizzazione di schede sulla frutta, verdura e legumi;
• selezione di ricette ad elevato contenuto degli alimenti interessati;
• esperienze in cucina per la preparazione di piatti a base di frutta, verdura e legumi;
• elaborazione di piatti dove gli alimenti vegetali siano protagonisti, ponendo la giusta
enfasi sugli aspetti sensoriali;
• rinforzo di comportamenti corretti e incentivazione di situazioni in cui assaggiare
alimenti vegetali mai consumati prima (per es.: organizzazione di giornate con
merende a base di frutta) ed altre esperienze di educazione del gusto;
• ricerca e valorizzazione di piatti tradizionali a base di verdura, ecc.;
• organizzazione di menù ricchi di prodotti vegetali, da realizzare a casa per il fine settimana, assieme ai genitori;
• altre attività che aiutino a dare una immagine positiva ad un concetto legato ai vegetali,
percepito troppo spesso come negativo;
• anche la realizzazione, insieme ai ragazzi, di giochi e spettacoli e di prodotti quali
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
videocassette, opuscoli, posters, ecc., può rappresentare non solo il risultato tangibile
di un processo di studio e di lavoro, ma costituire al tempo stesso un valido tramite di
comunicazione tra gli stessi ragazzi, la scuola e il mondo esterno.
4.6.4 Coinvolgimento della famiglia
La partecipazione dei familiari, e in particolare quella dei genitori, è essenziale
affinché si sentano corresponsabili di tutto il processo educativo. Tale coinvolgimento non
dovrà limitarsi a semplici messaggi informativi, ma dovrà includere attività stimolanti che
i genitori attueranno insieme ai figli e agli insegnanti (Contento et al., 1995).
Gli incontri con i genitori dovranno prevedere innanzitutto la presentazione e la
discussione dei risultati dell’indagine sui consumi alimentari dei bambini e sul monitoraggio del loro stato nutrizionale. Saranno loro illustrate: le Linee Guida per una Sana
Alimentazione; l’importanza nutrizionale di quegli alimenti di cui si vuole incentivare il
consumo, nonché la qualità, la quantità e le modalità per la loro assunzione. Un altro
essenziale messaggio da trasferire ai genitori, è quello riguardante la necessità di
ampliare il ventaglio delle preferenze dei loro figli attraverso reiterate esposizioni a quei
cibi non graditi (Johnson & Birch, 1994), in una atmosfera serena e non coercitiva. Per
sviluppare l’accettabilità di un alimento non gradito, sembra sia necessario un minimo di
8-10 esposizioni a quel determinato alimento (Birch & Marlin, 1982).
Infine, andrà posta la giusta enfasi sulla necessità che i loro comportamenti innanzitutto, dovrebbero essere improntati su sani e corretti principi: essi, infatti, rappresentano
“modelli” in grado di influenzare lo stile di vita della loro prole (Fisher & Birch, 1995; Tibbs
et al., 2001; Vauthier et al., 1996).
4.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica
Il coinvolgimento degli operatori si può realizzare mediante iniziative che supportino:
• la diffusione di conoscenze sull’importanza degli alimenti vegetali;
• implementazione nella ristorazione delle Linee Guida per una Sana Alimentazione
Italiana dell’INRAN;
• preparazione di piatti più salutari, ma accattivanti nella presentazione;
• collaborazione alla realizzazione di piatti ideati dagli allievi, con la guida degli
insegnanti;
• collaborazione alla realizzazione di esperienze di educazione del gusto.
4.6.6 Verifica
La verifica è una fase importante di ogni processo di comunicazione. Per cui, ogni
progetto di educazione alimentare esige una verifica utile per valutare l’impatto delle
attività svolte. E’ possibile valutare il cambiamento o l’incremento delle conoscenze, il
cambiamento degli atteggiamenti o dei comportamenti effettivi (SINU, 2001). Ovviamente
in relazione ai parametri che si vogliono valutare saranno predisposti gli appositi
strumenti.
4.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative
• Kit “Cultura che nutre” (kit didattico per gli insegnanti)*;
• CD-Rom “Navigando tra alimenti e Nutrizione: guida per una sana alimentazione
97
Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
italiana” (per docenti e studenti delle scuole medie inferiori e superiori)**;
• Opuscoli di tipo informativo-educativo sui prodotti del mondo vegetale (per studenti,
genitori, docenti)**;
• “La terra delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti stagionali per le scuole
elementari)*;
• “La fiera delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti della terra per le scuole
elementari)*;
• Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana (per famiglie e docenti)**;
• Prevenire l’obesità in Italia (Indicazioni metodologiche per docenti e operatori sanitari)**;
• Alla scoperta del gusto (per gli insegnanti)***;
• Pagine web “Nutrirsi con fantasia “, percorso interattivo di educazione alimentare
disponibile nel sito web della Regione Lombardia (www.sanita.regione.lombardia.it) e
in quello della ASL della Provincia di Lodi (www.asl.lodi.it);
• Sito web (www.etuoweb.com/asl/nef.html)***;
• Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate con
Decreto della Direzione Generale della Sanità 01/08/2002 n. 14833 - pubblicate nel
sito (www.sanita.regione.lombardia.it)***;
• Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate con
DGR 17 luglio 1998 n.6/37435 - pubblicate nel BURL 1° supplemento straordinario al
n°33 del 18/08/1998 ***;
• Linee Guida per la Ristorazione Ospedaliera - approvate con Decreto Dirigente Unità
Organizzativa n.16901 del 11/07/2001- pubblicate nel BURL 2° supplemento straordinario al n°31 del 02/08/2001***;
• Linee Guida della Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizione
dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL - approvate con Decreto Dirigente Unità
Organizzativa n.9922 del 30/04/2001 - pubblicate nel BURL estratto dalla serie editoriale ordinaria n°23 del 04/07/2001***;
Materiale disponibile presso:
* Assessorati Regionali all’Agricoltura.
** Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN - ROMA).
*** U.O. Prevenzione Direzione Generale sanità Regione Lombardia- ASL della Provincia
di Lodi
4.6.8 Strumenti realizzabili
•
•
•
•
•
Giochi, fumetti, cartelloni, mostre, ecc.
Materiale audiovisivo o elettronico interattivo.
Calendari che riportino la stagionalità dei prodotti alimentari.
Ricettari.
Altro.
4.6.9 Programmazione delle attività formative ed informative
• Attività formativa per gli insegnanti (tempo proporzionato alla tipologia progettuale e
agli obiettivi).
Interventi
98
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• Attività formativa sugli scolari (minimo 25-30 ore).
• Attività formativa per gli operatori della mensa (minimo 2-3 incontri).
• Attività informativa per i genitori (3-4 incontri).
4.6.10 Figure professionali coinvolte
• Figure professionali con competenze nutrizionali e in analisi sensoriali.
• Docenti.
• Figure professionali con competenze psicologiche (la presenza di uno psicologo come
supporto alle suddette figure professionali, può contribuire a garantire azioni più
incisive).
Un gruppo più ristretto di esperti formatori dovrà assistere gli insegnanti nel loro
percorso didattico.
99
Interventi
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Interventi
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
5. L’ESPERIENZA ITALIANA: PROGETTO PILOTA BASATO SUI DATI LOCALI
• Il progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per
la prevenzione di malattie cronico-degenerative” è stato un progetto biennale
(2000-2002) finanziato dal Ministero della Salute.
• Il progetto inizialmente era articolato in 4 Unità Operative che hanno collaborato
allo sviluppo ed alla sperimentazione del sistema informativo nutrizionale e allo
svolgimento di programmi di formazione e educazione: l’Unità Operativa
Tecnica (INRAN) e tre Unità Operative Regionali (Puglia-Regione Capofila,
Emilia Romagna e Lombardia). In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, a
queste si sono aggiunte altre tre Unità Operative Regionali (Campania, Toscana
e Calabria).
• La definizione del campione rappresentativo dei bambini di 8 anni è stata la
prima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari.
I bambini sono stati quindi sottoposti ad una valutazione antropometrica (peso
e altezza) che è stata effettuata con procedure di rilevamento standardizzate. Ai
bambini è stato somministrato un questionario di frequenza di consumo
alimentare teso a definire il loro profilo dietetico. Ai genitori è stato fatto compilare un questionario sulla attitudine al cibo per valutare i fattori motivazionali
che sono dietro alle scelte alimentari dei genitori nei confronti della alimentazione dei bambini.
• Un terzo dei bambini esaminati risulta in sovrappeso con un 11% di bambini
obesi. Le aree del Sud Italia incluse nel progetto mostrano una prevalenza
maggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del Nord. La situazione
migliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% dei bambini
erano sovrappeso od obesi.
• L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambito
di progetti coordinati centralmente e la necessità di un coordinamento delle
attività di sorveglianza rende importante creare strumenti che permettano una
integrazione e una sinergia delle attività.
5.1 La proposta progettuale
Il progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la
prevenzione di malattie cronico-degenerative” ha preso avvio nel 2000 nell’ambito dei
progetti di Ricerca Finalizzata finanziati dal Ministero della Salute.
La sorveglianza nutrizionale e gli interventi di prevenzione delle patologie a componente nutrizionale nella popolazione sono una competenza dei SIAN, come stabilito nel
loro decreto istitutivo. Non esistono, tuttavia, linee guida nazionali dedicate all’operatività
ed alla scelta di idonee metodologie per l’individuazione delle priorità di intervento e per
la valutazione dell’impatto sulla salute della popolazione e nemmeno una raccolta sistematica di informazione sugli eventi morbosi e sulla distribuzione dei fattori di rischio nella
popolazione, attraverso idonei sistemi di sorveglianza. In particolare non è stata a
tutt’oggi condotta una iniziativa globale nelle AASSLL, che restano un grande potenziale
105
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
inutilizzato. Infatti sono molte le iniziative di raccolta dati a livello locale, ma a causa della
mancata standardizzazione delle metodologie di raccolta dell’informazione e delle procedure di analisi, i risultati sono spesso poco comparabili.
Nell’ottica dello sviluppo di un sistema informativo integrato a livello nazionale e di un
intervento di politica nutrizionale che sia globale ma che consideri anche le specificità
locali, risultava evidente la necessità di una sperimentazione in regioni con diverso
quadro epidemiologico, disponibilità dei dati e tipologia delle strutture che li producono.
Il progetto inizialmente era articolato in 4 Unità Operative che hanno collaborato allo
sviluppo ed alla sperimentazione del sistema informativo nutrizionale e allo svolgimento
di programmi di formazione e educazione: un’Unità Operativa Tecnico-Scientifica e tre
Unità Operative Regionali. In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, a queste Unità
Operative si sono poi aggiunte altre tre Unità Operative Regionali.
Le professionalità che hanno partecipato al progetto avevano già svolto attività sia nel
campo della sorveglianza nutrizionale che in quello dell’educazione nutrizionale. Hanno
quindi potuto mettere in comune le proprie esperienze per sviluppare metodologie
standardizzate che tenessero conto delle diverse realtà territoriali.
Il progetto aveva i seguenti obiettivi:
• Progettazione di sistemi informativi primari e secondari utili alla delineazione di un
profilo di salute rispetto alle malattie cronico-degenerative, con speciale attenzione
all’obesità.
• Stesura di un “Manuale di sorveglianza” che riporti le basi concettuali e metodologiche
del sistema informativo.
• Definizione della prevalenza dell’obesità in età pediatrica e valutazione di alcuni suoi
fattori di sviluppo e di rischio in tre diversi ambiti regionali.
• Formazione di personale medico e docente delle scuole elementari nello specifico
campo dell’epidemiologia, della sorveglianza e della prevenzione nutrizionale.
• Formulazione di progetti pilota per conseguire una riduzione dei fattori di rischio per lo
sviluppo di malattie cronico-degenerative e soprattutto per l’obesità.
• Promozione di una sana alimentazione con l’incremento dell’assunzione di alimenti
vegetali.
La scelta di concentrare l’attenzione sull’obesità in età pediatrica è motivata da
valutazioni oggettive: importanza del fenomeno e delle sue conseguenze ed effettive
possibilità di prevenzione. Nei paesi industrializzati si sta verificando negli ultimi anni un
rapido incremento nella prevalenza dell’obesità che riguarda sia l’età adulta, che l’età
infantile (World Health Organization, 1998). Questo fenomeno è attribuibile soprattutto a
cambiamenti ambientali e sociali verificatesi negli ultimi decenni, che influenzano il
comportamento alimentare, lo stile di vita e l’attività fisica e che riguardano gran parte
della popolazione mondiale (World Health Organization, 1998). Tali cambiamenti favoriscono in special modo la tendenza ad uno stile di vita sempre più sedentario e ad un
consumo di alimenti ad alto contenuto energetico, fattori che favoriscono l’instaurarsi di
un bilancio energetico positivo, con conseguente accumulo di tessuto adiposo.
Nell’obesità, l’aumento di peso è tale da compromettere lo stato di salute, con conseguenze che vanno da un aumento del rischio di morte prematura, a complicanze più o
meno invalidanti, che influiscono sulla qualità della vita e che comportano degli elevati
Progetto pilota italiano
106
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
costi sociali. Data la tendenza al rapido incremento della prevalenza dell’obesità, considerando anche la grande difficoltà nel trattamento di tale patologia, è fondamentale lo
sviluppo di piani di prevenzione.
Particolare considerazione va rivolta alla prevenzione dell’obesità in età infantile, in
quanto la presenza di un eccesso di grasso corporeo in tale fascia di età può essere già
associata a fattori di rischio di malattia e può aumentare la probabilità che l’obesità e le
patologie ad essa correlate persistano anche in età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al.,
1994; Rolland-Cachera et al., 1987; World Health Organization, 1998)
Quest’attività rientrava perfettamente negli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale per
l’anno 2000-2002 che stabiliva tra le sue priorità la riduzione dell’obesità e delle patologie
ad essa correlate.
5.2 L’Unità Operativa Tecnica
L’INRAN, in qualità di Unità Operativa Tecnica, ha svolto il ruolo di consulente scientifico circa gli aspetti metodologici della sorveglianza. Ha collaborato con le sei Unità
Operative Regionali (UUOORR) nello sviluppare piani di sorveglianza, nel valutare le
fonti di dati secondari utilizzabili e nell’impostare la raccolta dei dati primari.
La standardizzazione del rilevamento di dati antropometrici nelle scuole elementari è
stata effettuata tramite la formazione e standardizzazione dei rilevatori e la stesura dei
protocolli per il rilevamento dei dati antropometrici, nel quale è prevista la misura del peso
e dell’altezza. Infatti per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentano
confronti cronologici e geografici dei risultati, è essenziale la standardizzazione dei rilevatori e l’utilizzo di strumenti di adeguata precisione ed accuratezza. L’UO INRAN ha quindi
predisposto l’invio di un esperto antropometrista nelle rispettive sedi delle UUOORR
coinvolte nel progetto. Anche il sistema di codifica dei bambini è stato predisposto centralmente dall’INRAN, al fine di potere, una volta unite le banche dati, identificare facilmente
la sezione, il plesso, la scuola e l’ASL di appartenenza dei soggetti.
L’Unità Operativa Tecnica si è anche occupata della messa a punto di un programma
per l’inserimento dei dati primari. Il software comune ha consentito di avere una banca
dati unica con una codifica unitaria per tutte le variabili. Sono state quindi predisposte le
istruzioni per la pulizia dei dati. I dati primari sono stati quindi trasformati in indicatori di
stato nutrizionale sui quali sono state effettuate le analisi statistiche. Inoltre, sulla base
delle proprie banche dati, l’INRAN ha predisposto un questionario finalizzato all’analisi
dei modelli alimentari dei bambini di 8 anni offrendo inoltre supporto per l’elaborazione
statistica dei dati raccolti nei bacini di sperimentazione.
L’INRAN ha inoltre collaborato con le Unità Operative Regionali alla realizzazione di
strumenti informativi per la popolazione ed ha predisposto il presente Manuale di
Sorveglianza.
Infine, con lo scopo di dare la massima divulgazione al progetto è stato creato uno
spazio sul Sito Web dell’INRAN in cui si è evidenziata l’attività del gruppo di lavoro. Nella
pagina relativa a questo progetto (www.inran.it/Ricerca/sorveglianza/sorveglianza.htm)
vengono brevemente riportati gli obiettivi e la metodologia del lavoro. Vengono indicate le
istituzioni e le persone coinvolte nel progetto con la possibilità di contattarle. Questa
107
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
operazione di pubblicizzazione ha determinato la richiesta da parte di altre regioni di
aderire al progetto.
5.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR)
Il progetto, nella sua fase iniziale, comprendeva le AASSLL di 3 Regioni: Brindisi
(Puglia, Regione capofila del progetto), Bologna e Provincia: Bologna Città, Bologna Sud,
Bologna Nord, Imola (Emilia-Romagna), Lodi (Lombardia). Ad esse si sono aggiunte, in
corso d’opera e con propri fondi, tutte le Aziende Sanitarie della regione Toscana (n° 12),
l’Azienda Sanitaria di Pomigliano D’Arco (Campania) e l’Azienda Sanitaria di Lamezia
Terme (Calabria) (Figura 5.3.1). Ognuna di queste Unità Operative Regionali aveva già
effettuato ricerche in settori collegati al progetto. Le rilevazioni sono state effettuate nel
bacino di utenza delle Aziende Sanitarie (Tabella 5.3.1). Oltre agli aspetti comuni del
progetto, le Unità Operative Regionali (UUOORR) hanno inserito nel progetto una loro
specificità di obiettivi e di metodologie. La banca dati di base è stata comune a tutte le
UUOO e le procedure di raccolta dati sono state rese standardizzate e comparabili. In
ogni caso, nell’ottica dell’autonomia delle UUOORR e della specificità dei protocolli nei
confronti delle particolari esigenze territoriali si è lasciato ai partecipanti la libertà di
decidere quali parti aggiuntive includere nei propri piani di raccolta dati.
Figura 5.3.1 - Le Unità Operative Regionali
Progetto pilota italiano
108
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 5.3.1 - Bacini di sperimentazione delle Unità Operative Regionali
5.3.1 L’ UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila)
Prima dell’inizio del progetto la Regione Puglia, ed in particolare la ASL BR 1, aveva
già espletato diversi progetti di ricerca e monitoraggio nel campo dell’obesità nel suo
territorio. Gli alti valori di prevalenza riscontrati nella popolazione sia adulta che pediatrica
costituivano un problema di sanità pubblica che necessitava di approfondimento ed intervento.
Nel 1999, quindi, la Regione Puglia ha presentato il progetto “Sorveglianza ed educazione alimentare basati su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative” al Ministero della Salute e sin dall’inizio ha affidato la conduzione del lavori all’UO di
Igiene della Nutrizione della ASL BR1.
Il progetto finalizzato può essere considerato una delle attività più importanti messe
in atto dalla Regione Puglia per il conseguimento degli obiettivi nutrizionali espressi come
prioritari dagli ultimi due Piani Sanitari Nazionali.
Nell’ambito del progetto la Regione Puglia ha svolto la funzione di Regione Capofila.
Ogni sei mesi le Unità Operative Regionali e l’Unità Operativa Tecnica hanno inviato
al Capofila una relazione tecnico scientifica delle attività svolte, nonché un dettagliato
rendiconto finanziario delle spese all’interno del progetto. E’ stato poi compito della
Regione Puglia riassumere, integrare e rendere omogenee le varie relazioni scientifiche
in un’unica relazione inviata al Ministero della Salute. Il Ministero della Salute, tramite il
Dipartimento della Programmazione Ufficio IV, ha sempre approvato in toto le attività
svolte nel progetto.
Dal punto di vista della raccolta e della valutazione dei dati secondari disponibili a
livello territoriale la ASL BR1 ha lavorato sui dati regolarmente rilevati su ricoveri ospedalieri e mortalità per la stesura annuale della Relazione sullo Stato di Salute. Su questi
sono stati estratti gli stessi dati per le malattie a concausa nutrizionale.
Per quanto riguarda i dati primari, anche in Puglia è stato misurato un numero rappresentativo di bambini frequentanti la III classe elementare, ma in questa UO il questionario
sui consumi alimentari ai bambini è stato somministrato da personale addestrato e
109
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
standardizzato a gruppi di 4-5 bambini per volta. Ad un sottogruppo di 120 genitori è stato
chiesto di compilare, oltre il questionario sulle abitudini ed attitudini alimentari, anche il
questionario delle frequenze alimentari, senza che i genitori fossero a conoscenza delle
risposte dei figli, allo scopo di verificare la coerenza delle risposte e quindi poter validare
l’uso del questionario indifferentemente con i genitori e/o con i bambini.
Per quanto riguarda gli aspetti della formazione l’UO Puglia ha lavorato di concerto
con l’associazione del Pediatri di Libera Scelta organizzando incontri formativi per la
conoscenza dell’obesità dell’età evolutiva nei suoi vari aspetti e con l’Ufficio Scolastico
Provinciale per l’organizzazione di corsi di formazione per i docenti e di educazione con
gli alunni e le famiglie. A livello regionale il coordinatore scientifico e parte del gruppo di
lavoro hanno contribuito alla stesura delle “Linee guida regionali per la ristorazione collettiva e l’educazione alimentare” pubblicate nel Bollettino Ufficiale Regione Puglia (n. 44
dell’8/4/02). Infine, nell’ambito della comunicazione, l’UO Puglia ha proceduto alla preparazione di un calendario dove per ogni mese sono stati trattati gruppi di alimenti nei loro
aspetti storici, bromatologici, umoristici, culinari e salutari, utilizzando parte degli elaborati dei bambini che hanno partecipato alla rilevazione dei dati primari. La decisione per
questa forma di comunicazione è scaturita dalla necessità di non attuare un’azione di
comunicazione solo per un breve e ristretto periodo di tempo, ma che si estendesse nel
tempo e che entrasse nelle famiglie e nella vita giornaliera.
5.3.2 L’UO Lombardia: Lodi
Il Progetto di ricerca “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali
per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative “ rappresenta un importante
tassello nel percorso strategico della prevenzione in Regione Lombardia. Il progetto,
coordinato dalla UO Prevenzione, ha come riferimento territoriale per le fasi operative
l’ASL della Provincia di Lodi.
Lo scenario in cui il progetto si inserisce riconosce come coordinate le “Linee Guida
della Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizione dei
Dipartimenti di prevenzione delle ASL” (Decreto n.9922 del 30-04-2001), il “Progetto di
definizione operativa del sistema di accreditamento del Dipartimento di Prevenzione in
Regione Lombardia” (DGR n.4057 del 30-03-2001) ed il Piano Socio Sanitario 20022004 della Regione Lombardia che indica, tra gli obiettivi strategici, il controllo dei fattori
di rischio per malattie legate all’alimentazione, il miglioramento delle abitudini alimentari,
la riduzione dell’obesità infantile.
La forte attenzione della UO Lombardia alla tematica dell’alimentazione e della nutrizione è inoltre testimoniata dalle Linee Guida della Regione Lombardia per la
Ristorazione Scolastica (DGR 17 LUGLIO 1998 N.6/37435) aggiornate con Decreto
Dirigente UO Prevenzione 1 agosto 2002 n. 14833, dalle Linee Guida per la Ristorazione
Ospedaliera (decreto della Direzione Generale Sanità n.16901 dell’11-7-2001).
La sorveglianza nutrizionale, la comunicazione ed educazione, la consulenza dietetica in collettività sono, per l’UO Lombarda, fasi integrate e interattive dello stesso
processo di promozione della salute.
In particolare il Progetto Ministeriale rappresenta un contesto strategico per validare
e divulgare, anche a livello interregionale, un modello educativo messo a punto e speri-
Progetto pilota italiano
110
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
mentato nell’ambito territoriale dell’ASL della Provincia di Lodi, teso a promuovere il
consumo di alimenti protettivi della salute nella popolazione infantile. In tale ambito si
sono condotti interventi educativi di promozione del consumo di vegetali nelle collettività
scolastiche, valutando i consumi di verdura prima e dopo l’intervento educativo.
Strumenti e canali di comunicazione si sono inoltre fortemente sviluppati sul fronte
delle iniziative editoriali e informatiche, con la creazione di pagine web di nutrizione.
Per quanto riguarda le fonti di dati secondari, si è operata a livello locale, in relazione
alle patologie target legate all’alimentazione, l’analisi dei dati di mortalità e la stima della
frequenza (prevalenza ed incidenza).
Gli interventi operativi sono stati coordinati e svolti dal SIAN del Dipartimento di
Prevenzione dell’ASL della Provincia di Lodi. Il ruolo delle professionalità attinenti le
competenze dell’osservatorio epidemiologico dell’ASL è stato cruciale.
5.3.3 L’ UO Emilia-Romagna: Bologna
I tempi della ricerca hanno coinciso in Emilia Romagna con l’approvazione del Piano
Sanitario Regionale “Patto di solidarietà per la salute” comprensivo del rapporto tecnico
per la definizione di obiettivi e strategie: Dossier 51 Alimentazione.
In attuazione del Piano Sanitario l’UO Epidemiologia ha lavorato alla stesura del
“Profilo di salute” del territorio sistematizzando dati relativi ai flussi informativi sanitari
correnti: sono stati analizzati i ricoveri e calcolato il tasso di ospedalizzazione, è stata
esplorata la Banca Dati delle prescrizioni farmaceutiche per descrivere la frequenza di
alcune patologie (diabete, ipertensione). Da qui la disponibilità di dati secondari, locali e
recenti, riconducibili a patologie legate all’alimentazione. L’integrazione di queste informazioni ha fornito un importante supporto conoscitivo sia nella fase di disegno della
ricerca che nella programmazione degli interventi.
Ampiamente riconosciuto il ruolo decisivo della prevenzione nutrizionale nel Piano
Sanitario, si è reso necessario da parte dell’UO Nutrizione uno sforzo di elaborazione e
sintesi di una materia tanto complessa. L’attività di formazione “Continuing Nutrition
Education” ha dato avvio a tale processo: la questione nutrizionale è stata affrontata in
modo trasversale sulla base degli aspetti tecnici e professionali che le sono propri.
Intorno alla tematica sono state raccolte e organizzate conoscenze provenienti da ambiti
culturali diversi, riguardanti aspetti sanitari, ambientali e comportamentali. La formazione
a carattere interdisciplinare, è stata rivolta a tutti gli interessati alla ricerca il cui profilo
professionale si prestasse ad inserire competenze nutrizionali.
La complessità per l’UO Emilia Romagna ha riguardato il coordinamento delle
AAUUSSLL corrispondenti al territorio della Provincia di Bologna. La pianificazione ha
richiesto una sinergia dei quattro Dipartimenti di Sanità Pubblica, al cui interno operano
i SIAN, motori della ricerca. Si è costituita una rete i cui nodi inizialmente erano rappresentati da SIAN, Dipartimenti di Pediatria di Comunità e Università di Bologna (Facoltà di
Scienze Statistiche e Dipartimento di Antropologia). Una campagna Provinciale interistituzionale di educazione alimentare “..c’è il tempo per mangiare?” ha arricchito i nodi della
rete con ulteriori interlocutori: il Policlinico Sant’Orsola - Malpighi, il Provveditorato agli
Studi, le Farmacie Comunali, l’Assessorato all’Agricoltura dell’Amministrazione
Provinciale - e l’Osservatorio Epidemiologico del Comune di Bologna, coordinatore
111
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
nazionale del Progetto OMS “Città Sane”. Ciascuno degli Enti ha assunto un ruolo nella
ricerca per la parte di competenza. La metodologia adottata: interistituzionalità, partecipazione dei 9 Quartieri di Bologna e dei 60 Comuni provinciali, coinvolgimento diretto
degli studenti attraverso la Consulta, intergenerazionalità fra giovani e adulti, progettazione per obiettivi, creazione di uno slogan, istituzione di un Centro di Documentazione,
progettazione e realizzazione di siti Web interattivi:
www3.iperbole.bologna.it/educazionealimentare;
www.auslbonord.it/Spre/index.htm;
www.auslbosud.emr.it/obiettivo_salute/educazione_alimentare;
www.luxemburg.bo.it/weblux/aliment/index.htm
L’UO dell’Emilia Romagna parallelamente ha sperimentato un disegno di sorveglianza nutrizionale con rilevazioni dall’età prescolare alla Scuola Elementare, Media
Inferiore e Media Superiore.
E’ stato individuato un campione rappresentativo per la fascia di età d’interesse,
adattando sensibilmente le domande dei questionari, per i ragazzi e per le famiglie, senza
alterare gli obiettivi conoscitivi.
I presupposti per lo studio sperimentati dal gruppo bolognese sono stati quelli di
rispettare la sensibilità dei genitori circa la riservatezza dei dati e di superare la preoccupazione degli insegnanti che temevano un uso strumentale della scuola. Le
AAUUSSLL Bolognesi hanno messo a disposizione, a tal fine, un numero telefonico per
dare trasparenza alla ricerca.
5.3.4 L’UO Toscana
La Regione Toscana è stata la prima Unità Operativa aggiuntiva del progetto. Prima
di entrare in questo progetto comunque la Regione Toscana era già impegnata in una
diffusa attività di rilevazione epidemiologica dei profili nutrizionali di diverse fasce di
popolazione, prevalentemente infantile e giovanile, e di interventi di educazione alla
salute.
I Servizi di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) e di Educazione alla Salute
(EAS), operanti su tutto il territorio regionale, svolgono queste attività in collaborazione
con altri enti, istituzioni e associazioni nell’ottica di un’azione organizzata ed integrata,
prevista dai Piani Sanitari Regionali.
La motivazione ad aderire al progetto Nazionale nasce dalla chiara volontà di
superare la frammentazione delle attività di prevenzione delle patologie a componente
nutrizionale, con un intervento coordinato, continuativo e riproducibile a partire dalla
raccolta di dati confrontabili con quelli provenienti da altre realtà italiane. Tale scelta è
consequenziale alle indicazioni del Piano Sanitario Regionale 1999-2001, ribadite dal
Piano Sanitario Regionale 2002-2004, che prevede esplicitamente lo sviluppo di inziative
coordinate e programmate che partano da un sistema di sorveglianza nutrizionale per
realizzare interventi di prevenzione nutrizionale anche con azioni incisive di educazione
alla salute.
Per la realizzazione del progetto in Toscana, il Dipartimento del Diritto alla Salute e
delle Politiche di Solidarietà della Regione Toscana ha consolidato il rapporto con
Progetto pilota italiano
112
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
l’Università di Siena, attraverso la stipula di una convenzione con il Centro Ricerche
Educazione e Promozione della Salute (CREPS), al quale è stato affidato il coordinamento del progetto stesso. Dato l’interesse suscitato presso tutte le Aziende Sanitarie è
stato deciso di proporre al gruppo di coordinamento nazionale del progetto la partecipazione della Toscana con un campione di tutte le 12 aziende.
Sette aziende (Arezzo, Empoli, Massa, Pisa, Prato, Siena e Viareggio) si sono
impegnate a concludere entro Dicembre 2001 le attività sul campo previste nella prima
fase del progetto. Le altre cinque aziende (Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca e Pistoia)
hanno proceduto alla rilevazione dei dati primari nella prima metà del 2002.
Da questa comune esperienza di lavoro coordinato fra le AAUUSSLL della Toscana
è sorta l’esigenza di organizzare una risposta ai bisogni formativi specifici relativi all’attivazione di un sistema di sorveglianza nutrizionale. A livello di singole AUSL e, successivamente, di Area Vasta (aggregazione funzionale di più Aziende Sanitarie prevista dal
piano sanitario regionale) è stato avviato un percorso di formazione, che assicuri il necessario supporto scientifico, tecnico ed operativo all’implementazione del sistema regionale
di sorveglianza nutrizionale.
Inoltre, per aggiornare il quadro della situazione, sempre nell’ottica di superare la
frammentarietà degli interventi in ambito nutrizionale, è stata effettuata una ricognizione
di tutte le attività svolte in Toscana nel biennio 2000-2001, mediante un apposito questionario on-line inviato a tutte le aziende sanitarie, a tutti i Comuni e alle associazioni e
cooperative che operano nell’ambito regionale.
Nel mese di Dicembre 2002 è stato organizzato un convegno regionale, al quale
hanno partecipato le altre UUOO del Progetto Nazionale, per rendere pubblici i risultati
del progetto in Toscana.
5.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli
Anche la ASL Napoli 4 era già impegnata in progetti di valutazione dello stato nutrizionale in età pediatrica prima del suo ingresso nel progetto. Nella realtà campana è stata
fondamentale la collaborazione tra il SIAN e Il Servizio Materno Infantile che ha contribuito all’opera di sensibilizzazione dei genitori, delle scuole e dei Comuni coinvolti.
La specificità della UO Campania è stata quella di aggiungere al piano di raccolta
antropometrica il rilievo della plica tricipitale e l’esame bioimpedenziometrico per la
valutazione della composizione corporea, al fine di confrontare l’Indice di Massa
Corporea con altri indici di adiposità.
Per il rilievo delle pliche cutanee e dell’esame bioimpedenziometrico sono stati utilizzati strumenti e tecniche già validate scientificamente (Caliper Holtain T.W. e BIA tetrapolare monofrequenza a 50khz). Dopo l’elaborazione dei dati primari, tutti i genitori sono
stati invitati presso le strutture della ASL per ritirare la scheda sulla valutazione dello stato
nutrizionale dei propri figli. Si è osservata una grande partecipazione e interesse all’iniziativa da parte di genitori e insegnanti.
L’inserimento nel progetto ha rappresentato per questa UO l’occasione per un rinnovato interesse nel campo della ricerca in nutrizione. Sono state avviate iniziative di educazione alimentare che hanno previsto la realizzazione di corsi di formazione per gli
113
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
insegnanti delle Scuole Elementari ed incontri di senbilizzazione sul tema alimentazione
e salute con i genitori degli alunni. Inoltre sono stati realizzati Progetti Formativi, accreditati con il sistema della formazione continua in medicina (ECM), per gli operatori del
sistema sanitario, sulle problematiche della sorveglianza nutrizionale e degli interventi
preventivi nei confronti dell’istaurarsi dell’obesità. Per queste attività di formazione l’ASL
Napoli 4 sta collaborando attivamente con il Dipartimento di Neuroscienze – Area di
Dietetica dell’Università di Napoli “Federico II”.
5.3.6 L’UO Calabria: ASL n°6 Lamezia Terme
L’Azienda Sanitaria N° 6 di Lamezia Terme (CZ) è stata l’ultima unità operativa ad
essere inclusa nel progetto, al quale ha aderito con fondi propri. La partecipazione al
progetto ha rappresentato per l’Azienda l’occasione per potenziare e coordinare le attività
di rilevazione antropometrica e di educazione alimentare già in atto in alcune realtà locali,
e per codificare il lavoro di un gruppo multidisciplinare, già spontaneamente costituitosi.
L’Azienda ha aderito al progetto accettando il protocollo nella sua globalità, senza
prevedere aggiunte o specificità, anche in considerazione dei tempi ridotti di operatività.
Il campione di popolazione scolastica è risultato rappresentativo di tutte le realtà
esistenti sul territorio aziendale e ha fornito dati generali sull’intera popolazione scolastica; la numerosità campionaria inferiore a quella delle altre UUOORR deve essere vista
in relazione al fatto che l’Azienda ha un bacino di utenza piuttosto piccolo (Tabella 5.3.1).
La popolazione scolastica coinvolta ha aderito nella sua globalità (alunni, insegnanti,
genitori) con entusiasmo ed immediatezza al progetto, la cui eco ha suscitato forte
interesse anche nella popolazione generale. Sono quindi stati programmati e portati a
termine numerosi progetti di educazione alimentare e nutrizionale, rivolti sia alla popolazione in generale che a molte scuole di ogni ordine e grado, con azioni relative alla realizzazione di corsi di formazione per gli insegnanti ed i genitori e con il coinvolgimento attivo
degli studenti (drammatizzazione, rappresentazioni musicali, laboratori, visite guidate
presso aziende alimentari).
Sono state messe a punto procedure di prevenzione secondaria relative a diagnosi
precoce e trattamento dell’obesità infantile.
La partecipazione al progetto ha suscitato inoltre l’interesse di altre aziende regionali,
con le quali si è aperto un dialogo per la definizione di modalità di lavoro condivise e la
circolazione continua di dati confrontabili, a cui il presente manuale darà un notevole
contributo.
In conclusione bisogna ricordare che molte altre Aziende Sanitarie Locali hanno
chiesto di partecipare al progetto. Il principale limite all’Adesione di altre UUOO è stato
quello di evitare una raccolta dati troppo in ritardo rispetto alla chiusura dei lavori progettuali. Dover rifiutare l’adesione di altri partecipanti è stato un compito difficile; ci si augura
di poter continuare ed espandere queste attività di collaborazione con gli operatori territoriali.
5.4 La stesura dei protocolli
Durante tutto l’arco del progetto sono stati svolti numerosi incontri tra l’UO Tecnica e
Progetto pilota italiano
114
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
le UUOORR per concordare le scelte circa lo svolgimento della raccolta dei dati primari.
I protocolli e i questionari sviluppati dall’INRAN venivano di volta in volta esposti e
discussi per poi essere raffinati in base alle osservazioni delle UUOORR.
Le modifiche e le integrazioni sono sempre state fatte tenendo in considerazione
l’obiettivo finale del progetto e cioè la realizzazione di un progetto pilota che ponga le basi
per l’istituzione del sistema di sorveglianza. La raccolta di dati primari, in un tale sistema,
è un processo oneroso sia dal punto di vista dei costi che del personale. La filosofia che
è stata seguita è stata quindi quella di scegliere poche variabili, semplici ed essenziali
affinché il rilevamento dei dati potesse essere effettuato in modo continuativo e con
modalità facilmente estendibili in maniera standardizzata ad altre realtà regionali.
I protocolli e i questionari presentati in questo manuale possono essere utilizzati per
ripetere la rilevazione in bambini della stessa fascia di età residenti in altre aree, dopo
una opportuna formazione e standardizzazione degli operatori da parte di personale
esperto. E’ molto importante sviluppare questo tipo di questionari con la collaborazione
di esperti nel settore dei consumi alimentari e delle rilevazioni antropometriche. Infatti,
questionari sviluppati “in casa” rischiano di produrre dati inutili o da cui si possono trarre
interpretazioni erronee. Occorre infatti ricordare che i questionari vanno sempre messi a
punto tenendo conto degli obiettivi specifici del progetto.
In questo progetto si è scelto di concentrare l’attenzione sui bambini di 8-9 anni di età,
di terza elementare, sulla base delle seguenti considerazioni:
• evidenze scientifiche suggeriscono che l’obesità in questa fascia di età ha un
moderato valore predittivo riguardo all’obesità dell’adulto (Guo et al., 1994);
• diversi studi hanno evidenziato un rischio di obesità più elevato in questo gruppo di età
(Dietz, 1997; Olivieri et al., 1998; Rolland-Cachera et al., 1984; Wittaker et al., 1998);
• il bambino di 8-9 anni è sufficientemente in grado di recepire messaggi preventivi ed
orientare il proprio comportamento alimentare;
• la fascia di età considerata precede la pubertà consentendo l’eliminazione delle interferenze nella valutazione dello stato nutrizionale legate alla comparsa dello sviluppo
adolescenziale che è un fenomeno biologico estremamente poco prevedibile e con
una forte variabilità inter-individuale.
5.4.1 Campionamento
La definizione del campione rappresentativo della popolazione target ha costituito la
prima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari. Nel caso
del progetto si è trattato dei bambini di 8 anni che frequentavano la terza elementare. La
differenziazione delle realtà locali, sia in termini di caratteristiche demografiche e socioeconomiche che in termini di dati disponibili per la selezione, impone un trattamento specificatamente adattato a ciascuna situazione. Questo, che potrebbe in prima battuta
apparire una limitazione, in realtà ci consente di fornire ulteriori indicazioni metodologiche
per l’impostazione dello schema generale di procedura, e pertanto costituisce un
elemento di arricchimento per future applicazioni.
In sintesi, le tre prime aree coinvolte hanno avuto un campione “personalizzato”. In
particolare:
• la sperimentazione della regione Lombardia che riguarda il bacino di utenza della
provincia di Lodi, si è basata su un campione ragionato, in quanto si tratta di un’area
115
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
a limitata estensione con realtà demografiche e socioeconomiche ben identificate e
con caratteristiche di omogeneità al loro interno ben note ai ricercatori.
• per l’ASL di Brindisi e l’ASL Bologna Nord si è proceduto mediante campionamento
casuale, sia pure con differenziazione dovuta ai dati di base forniti.
5.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione dei campioni casuali
In assenza di altre stime, le numerosità campionarie sono state calcolate tenendo
conto della media e della deviazione standard dell’Indice di Massa Corporeo (IMC) determinato in uno studio condotto dall’INRAN nel 1999 nella regione Lazio, su un campione
rappresentativo di bambini di 8 anni (Pomponi et al., 2000). Tra i valori possibili, è stato
assunto come livello di precisione l’1.5%. Per il calcolo della numerosità campionaria
sono state utilizzate le seguenti modalità a partire dalle stime ottenute nella regione Lazio
(Tabella 5.4.2.1):
• campione casuale stratificato per sesso: la popolazione è suddivisa nei due gruppi
(strati) definiti dal sesso e la numerosità totale risulta dalla somma delle numerosità
calcolate per ciascuno strato;
• campione casuale semplice: è definita la numerosità totale e, per includere l’influenza
del fattore sesso, il campione viene successivamente ripartito in proporzione della
popolazione di ciascuno strato.
Tabella 5.4.2.1 – Caratteristiche del campione studiato nella Regione Lazio
Campione del Lazio
Fonte: Pomponi, 2000
Al fine di illustrare come può essere determinata la numerosità campionaria minima
(n0) per ottenere il livello di precisione desiderato, riportiamo di seguito i diversi passi:
• si può fare riferimento alla curva normale, poiché si tratta di una variabile antropometrica
• la formula di partenza è quella dell’ampiezza del semi-intervallo di confidenza con
P=0,95 della media (χ)
Progetto pilota italiano
116
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• si decide la precisione, cioè l’ampiezza del semi-intervallo (δ)
δ è calcolato come percentuale della stima disponibile della media (1%, 5%, …); più
limitato è l’intervallo, maggiore sarà la precisione della stima e, conseguentemente, più
elevata la numerosità n;
• la numerosità del campione sarà quindi:
≥
La tabella 5.4.2.2 riporta i valori che si otterrebbero utilizzando diversi livelli di precisione con un campionamento casuale stratificato per i due sessi (a) e con un campionamento casuale semplice in cui si tenga conto della proporzione maschi/femmine emersa
dallo studio della Regione Lazio.(b)
Come si può osservare la numerosità minima varia in funzione della precisione (10%,
1,5%,…), della variabile di interesse, della variabilità relativa, ossia della deviazione
standard (σ) e della strategia di campionamento. In particolare, la numerosità è più
elevata per il campione stratificato, cresce con il livello di precisione (δ) e con la variabilità relativa (espressa dalla deviazione standard). Infatti, nel caso del campione stratificato, in cui le numerosità sono calcolate separatamente per i maschi e le femmine, si può
osservare che la numerosità richiesta per il livello di precisione definito, risulta sempre più
alta rispetto alla numerosità campionaria calcolata con il sistema casuale semplice, che
tiene conto della proporzione dei due sessi emersa dallo studio della Regione Lazio. (b)
117
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Tabella 5.4.2.2 – Calcolo della numerosità campionaria minima con diversi livelli di
precisione e con campione stratificato per i due sessi (a) e con
campione casuale semplice (b)
n0 = numerosità campionaria minima
χ = IMC medio stimato dallo studio della Regione Lazio
δ = ampiezza dell’intervallo di precisione che tenga conto della media stimata dell’IMC
e del livello di precisione desiderato (10%, 1,5%, ...)
Progetto pilota italiano
118
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
5.4.3 Adattamento del protocollo alle singole regioni
I diversi sistemi presentano vantaggi e svantaggi. Il campione stratificato permette
una migliore rappresentatività delle sottopopolazioni, ma richiede numerosità più elevate.
Nella scelta della strategia di campionamento, si è dovuto tenere conto di:
• budget
• disponibilità di personale
• minimizzazione dei tempi di spostamento sul campo.
La scelta è perciò caduta su un campionamento casuale semplice con un riproporzionamento del campione in base a strati definiti da ciascuna singola ASL per rispecchiare le caratteristiche del territorio considerate importanti ai fini della variabilità. Si è,
inoltre, scelto un livello di precisione intermedio (1,5%).
Allo scopo di evitare frequenti spostamenti dei rilevatori, la selezione del campione di
bambini è stata effettuata tramite l’estrazione delle scuole, secondo il procedimento di
seguito illustrato:
a) analisi della distribuzione della popolazione target
b) stima del numero di scuole in ciascuno strato, basato sul numero medio di alunni
per classe e sul numero medio di classi per scuola
• n0 / numero medio di alunni per classe = numero di classi
• numero di classi / numero medio di classi per scuola = numero di scuole
L’estrazione dei numeri casuali per identificare le scuole da inserire nel campione è
stata effettuata con il programma EXCEL (Analisi dei dati - Generazione di numeri
casuali) considerando come peso la frequenza relativa degli alunni di ciascuna scuola sul
totale delle scuole appartenenti allo stesso strato.
Sono stati estratti due elenchi di scuole per ciascuna ASL formando un elenco di
titolari (prima estrazione) e di riserve (seconda estrazione) al fine di poter rimpiazzare le
scuole che non volevano o non potevano partecipare allo studio.
ASL di Brindisi
Per effettuare il campionamento della l’ASL BR1 ci si è basati sull’ampiezza demografica dei comuni afferenti all’Azienda che corrisponde anche al territorio provinciale. I
ventidue comuni della Provincia differiscono poco fra loro dal punto di vista delle risorse
economiche e degli stili di vita. Tutte le municipalità hanno una base di attività agricola
(fatta eccezione per Brindisi) e presentano una buona percentuale di attività industriale,
prevalentemente di trasformazione ortofrutticola e tessile, unite ad attività di carattere
turistico. Il campionamento quindi ha tenuto conto di queste differenze di densità di
popolazione ed è stato eseguito estraendo un solo comune fra quelli con popolazione
inferiore a 10.000 abitanti, ed un altro fra quelli con popolazione fra 30.000 e 40.000; è
stata quindi inclusa la città di Brindisi, capoluogo di provincia e unico nucleo abitativo con
una popolazione superiore a 90.000 abitanti. Dal momento che i paesi con una densità
fra 10.000 e 20.000 abitanti sono i più numerosi, in questa fascia di densità di popolazione, sono stati campionati due paesi.
La nota positiva da evidenziare è che ogni scuola contattata ha immediatamente
aderito non solo formalmente, ma impiegando anche forze proprie nelle attività del
progetto. Anche le famiglie hanno aderito in blocco ed hanno anzi auspicato una prose-
119
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
cuzione del progetto anche negli anni successivi ed un coinvolgimento dei bambini di età
inferiore in programmi di valutazione e prevenzione dell’obesità. La conferma dell’accettazione e della collaborazione delle scuole e delle famiglie si evidenzia nell’altissima
percentuale di adesione al progetto pari al 96% del totale campionato.
ASL di Lodi
La popolazione dell’ASL della Provincia di Lodi ammonta a circa 200.000 abitanti,
distribuiti su un territorio di 62 comuni, nessuno dei quali ha dimensione metropolitana.
La città con più abitanti è Lodi, che conta circa 40.000 abitanti. Il territorio di afferenza
della ASL è caratterizzato da un profilo prevalentemente agricolo, con modesta industrializzazione. Si tratta di un territorio omogeneo da punto di vista culturale, che non ha risentito del processo migratorio degli anni ‘60, e che risulta caratterizzato da un notevole
pendolarismo verso Milano. La popolazione ha composizione e profilo demografico
piuttosto uniforme con un decentramento dal capoluogo verso la periferia in rapporto ai
parametri economici del mercato dell’edilizia abitativa.
In base alle connotazioni demografiche, geografiche e culturali si è deciso di effettuare un campionamento di convenienza, definendo un campione di alunni frequentanti
la terza elementare. Il campionamento è stato effettuato in modo da garantire la rappresentatività della popolazione in relazione al numero di alunni nei tre distretti tra le aree
Nord (più direttamente gravitante sull’area metropolitana milanese) e Sud (confinante con
la provincia di Piacenza), alla loro ripartizione per aree rurali ed urbane e alla copertura
di diversi quartieri della città di Lodi. Il campione è stato ristretto alle scuole statali con
ambulatorio di medicina scolastica, ed alle classi con dimensione medio-grande.
L’indagine è stata realizzata definendo un campione “di convenienza” pari al 24%
circa della popolazione di riferimento, coniugando così ampiezza e rappresentatività del
campione con i requisiti di fattibilità ed efficienza, in relazione alle caratteristiche del territorio. In totale sono state inserite 20 classi con numerosità compresa tra 16 e 26 alunni.
Bologna e provincia
In questo caso i dati forniti dall’UOR hanno riguardato la popolazione per età al 1
gennaio 1999 dei comuni appartenenti ai distretti scolastici provinciali e alla Comunità
Montana. L’INRAN ha fornito la proporzione di alunni da selezionare in ciascun distretto
per ciascun fattore di stratificazione (fascia di ampiezza demografica, comunità
montana), in loco sono poi state estratte scuole e sezioni, per garantire rappresentatività
a tutti i quartieri della città di Bologna (centro e periferie) e a tutti i distretti sanitari distribuiti sulla provincia, che disegnano geograficamente specifici bacini di utenza. Il campionamento ha considerato i bambini che avevano 7 anni al 1 gennaio 1999 (seconde classi)
che, hanno avuto 8 anni nel 2000 e, quindi, erano iscritti alla terza elementare, salvo casi
di abbandono o trasferimento, recuperabili nelle riserve previste.
I fattori di stratificazione utilizzati sono 1) classe di ampiezza demografica e 2) appartenenza o meno alla Comunità Montana, più due strati formati dal comune di Imola e dal
comune di Bologna, che rappresentano realtà numericamente superiori in termini abitativi rispetto all’insieme dei comuni della provincia di Bologna.
Progetto pilota italiano
120
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Toscana
Le 12 AASSLL della regione Toscana hanno aderito in blocco al progetto e pertanto
in questa area si è avuta la rappresentatività regionale nello studio nazionale. Le rilevazioni sono state effettuate su oltre 3.000 bambini. Per non sbilanciare numericamente il
campione complessivo rispetto alle altre UUOORR, si è proceduto ad un campionamento
in blocco, mediante il metodo del campionamento casuale a grappolo stratificato ad uno
stadio. Con tale procedura, con il grado di precisione dell’1,5% previsto, e’ stato estratto
il campione.
ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco
La popolazione dell’ASL Napoli 4 ammonta a circa 550.000 abitanti, distribuiti su un
territorio di 35 comuni eterogenei per estensione territoriale e numerosità di popolazione
con un intervallo di densità abitativa compreso tra 2000 e 50.000 abitanti.
Il territorio, caratterizzato tradizionalmente da un profilo prevalentemente agricolo,
oggi vede una compresenza, a volte disordinata, anche di una certa realtà industriale. Si
tratta di un territorio omogeneo dal punto di vista culturale ad eccezione di alcuni comuni
confinanti con la città di Napoli, che risentono di una recente urbanizzazione dovuta più
che altro ad una elevata migrazione dall’area metropolitana.
L’adesione al progetto della ASL Napoli 4, è stata successiva rispetto alle UUOORR
che hanno dato vita al progetto stesso, per cui c’era l’esigenza di effettuare il rilievo dei
dati primari entro la fine dell’anno 2001. Sono state campionate le scuole che hanno dato
la disponibilità ad aderire all’iniziativa anche se non rientrava nella programmazione
prevista per l’anno scolastico in corso. Le scuole sono state invitate a partecipare dietro
comunicazione scritta inviata a tutte le scuole del territorio della ASL.
Il campionamento è stato effettuato, comunque, in modo da garantire la rappresentatività della popolazione in relazione alla distribuzione geografica dei comuni nel territorio afferenti alla ASL. Due scuole campionate infatti, sono confinanti con la città di
Napoli, mentre le altre si spostano verso le zone interne. Il campione è stato ristretto alle
scuole statali con ambulatorio di medicina scolastica ed a quelle scuole che avevano la
possibilità di trasferire gli alunni negli ambulatori dei Distretti Sanitari. Sono state visitate
un totale di 27 classi.
Lamezia Terme
La ASL di Lamezia Terme ha un bacino di utenza di circa 131.000 abitanti distribuiti
su 21 comuni. Il campione, costituito da 212 bambini, rappresenta circa il 20% della
popolazione scolastica di riferimento (alunni della 3° elementare) ed è stato così ripartito:
144 alunni provenienti da tre circoli didattici del comune di Lamezia Terme, dove risiede
più dei 2/3 della popolazione scolastica interessata (pari quindi a circa i 2/3 del campione
totale), e 68 alunni provenienti dai comuni dell’hinterland, in modo da garantire la rappresentatività di tutte le realtà sociali ed economiche esistenti sul territorio aziendale.
5.4.4 Antropometria e scelta delle misure
La definizione di un protocollo comune delle procedure di rilevamento dei dati antro-
121
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
pometrici è fondamentale per la valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva. Ciò
è necessario per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentano
confronti cronologici e geografici dei risultati. Per ottenere dati omogenei è essenziale la
standardizzazione dei rilevatori dei dati antropometrici e l’utilizzo di strumenti di adeguata
precisione ed accuratezza.
Queste considerazioni di carattere generale sono state tenute presenti nella messa a
punto del protocollo per il rilevamento delle misure antropometriche utilizzato nel progetto
nazionale.Tale protocollo viene presentato in dettaglio nell’Allegato A. In questa sede si
vuole sottolineare che in esso vengono descritte le tecniche per il rilevamento delle
misure antropometriche secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (World Health Organization, 1995). Inoltre vengono riportate le tecniche della
standardizzazione dei rilevatori e per la revisione, calibrazione e manutenzione degli
strumenti di misura.
In un progetto di sorveglianza nutrizionale è opportuno limitare la scelta delle misure
antropometriche a quelle strettamente necessarie, in modo da assicurare la correttezza
e l’omogeneità dei dati raccolti, la fattibilità del progetto e la sua ripetibilità. Per questo
motivo in questo progetto sono stati scelti il peso corporeo e la statura, in quanto sono
le misure fondamentali, negli studi antropometrici, per la valutazione dello stato nutrizionale. Queste misure sono infatti sufficientemente semplici da rilevare e la strumentazione
richiesta è relativamente economica e di facile manutenzione.
5.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche
La qualità delle misure antropometriche dipende soprattutto dalla precisione e
dall’accuratezza con cui sono rilevate. La precisione, o riproducibilità, di una misura
dipende dalla differenza tra le misure ripetute in sequenza da uno stesso osservatore o
da osservatori diversi. L’accuratezza rappresenta la dimensione di quanto l’osservazione
s’avvicina al “valore reale” della misura. Sia la riproducibilità, che l’accuratezza sono
determinate dalla capacità di misura dello strumento utilizzato e dall’esperienza del
rilevatore. Di conseguenza, per assicurare la correttezza dei dati raccolti è necessario
utilizzare strumenti di misura di appropriata precisione ed accuratezza. Inoltre è fondamentale che gli osservatori abbiano raggiunto un’adeguata esperienza nel rilevamento
delle variabili antropometriche in studio. Qualora più rilevatori partecipino ad uno studio
antropometrico, è opportuno che questi siano “standardizzati” per i siti e le tecniche di
rilevamento, perchè le misure siano omogenee e confrontabili. A tale scopo ogni studio
deve essere preceduto da una fase di training, durante la quale gli operatori vengono
formati da parte di un operatore più esperto. La “standardizzazione” per i siti e le tecniche
di misura viene, poi, effettuata tramite rilevamento in doppio delle varie misure antropometriche su uno stesso gruppo di soggetti (es. 10 soggetti), sia da parte dell’operatore da
formare, che dell’operatore più esperto. Dal confronto tra l’errore di misura dell’operatore
da formare e quello dell’osservatore più esperto, viene valutato il livello di esperienza
raggiunto (vedi in Allegato A, il paragrafo “La standardizzazione delle misure”). E’ opportuno che il grado di accordo tra le misure dei vari osservatori sia rivalutato periodicamente durante lo svolgimento dello studio e che sia anche ritestata la precisione dei
singoli operatori.
Riassumendo quindi, è fondamentale, per ottenere dati omogenei e scientificamente
Progetto pilota italiano
122
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
validi, utilizzabili sia a livello clinico che epidemiologico, che le misure vengano effettuate
da personale tecnicamente preparato e standardizzato secondo le procedure raccomandate a livello internazionale, e, ovviamente, utilizzando adeguati strumenti di misura.
Riguardo alla strumentazione, come viene meglio dettagliato nell’Allegato A, è necessario effettuare periodicamente una revisione e calibrazione.
5.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e sui comportamenti
Per questo progetto sono stati predisposti appositamente questionari per la raccolta
di dati primari sui consumi alimentari e sui comportamenti alimentari. Per quanto riguarda
i consumi, è stato sviluppato un questionario di frequenza non quantitativo che permettesse di tracciare il profilo alimentare dei bambini di 8 anni oggetto di questo studio. Il
questionario sulle frequenze di consumo alimentare viene riportato nell’Allegato B. Il
questionario è stato compilato dai bambini sotto la guida degli insegnanti e la validità è
stata testata mediante confronto con i dati di consumi registrati per 3 giorni consecutivi
su un campione di scolari romani della stessa età di quelli inclusi nel progetto. Per facilitare il compito dei maestri è stata stilata una guida alla compilazione del questionario che
viene riportata nell’Allegato B. Come si può vedere, sono stati indicati una serie di
suggerimenti pratici quali l’accertamento dell’uso del carattere stampatello e la presenza
del codice su tutte le pagine. Inoltre si è chiesto agli insegnanti di spiegare al bambino il
significato di alcuni termini per l’identificazione degli alimenti che potessero risultare di
difficile comprensione e che non era stato possibile semplificare durante la messa a
punto del questionario stesso. Nella guida sono state indicate le diciture che potevano
ingenerare confusione suggerendo anche come spiegare al bambino di che cosa si
trattasse.
L’altro questionario che è stato messo a punto per questo progetto è stato quello sui
comportamenti e l’attitudine al cibo che viene presentato nell’Allegato C. La raccolta
delle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del comportamento alimentare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppare progetti di
Educazione Nutrizionale più mirati, e a formulare messaggi più calibrati (De Almeida et
al., 1997). In tale ottica, è stato messo a punto il presente questionario che è stato
somministrato ai genitori dei bambini di terza elementare coinvolti nello studio ed è stato
importante per la valutazione delle abitudini alimentari, delle motivazioni nelle scelte
alimentari e dei livelli di attività fisica dei bambini esaminati. Il numero delle domande e il
loro stile coniuga l’esigenza di semplicità nella raccolta dei dati con una quantità di informazioni che non sia troppo onerosa rischiando di andare a scapito della qualità. Inoltre è
stata scelta una veste grafica più chiara possibile per non indurre disattenzione e
stanchezza di lettura da parte del compilatore.
Tale questionario, articolato in più di 20 domande raggruppate per temi, ha avuto lo
scopo di esplorare e indurre il genitore ad esprimere:
• preferenze e rifiuti dei loro figli, in merito all’alimentazione, nonché i fattori che l’influenzano e le reazioni individuali dei genitori a tali comportamenti;
• abitudine e frequenza dei bambini a fare degli spuntini tra i pasti principali davanti alla
TV, frequenza delle richieste di cibi pubblicizzati e se, e perché, tali richieste vengono
soddisfatte;
• parere personale sulla opportunità di effettuare variazioni alle abitudini alimentari dei
loro bambini e la loro personale percezione circa i benefici e gli ostacoli (Lappalainen
123
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
et al., 1997; Zunft et al., 1997) che possono favorire o limitare l’adozione di una
alimentazione ricca di frutta, verdura e legumi;
• fonti delle informazioni riguardanti una corretta alimentazione e livello di fiducia personale nelle diverse fonti informative (De Almeida et al., 1997);
• profilo di attività fisica del bambino nell’arco della giornata, per valutare il livello di
sedentarietà;
• percezione dell’immagine corporea del proprio figlio, utilizzando sette silhouette, da
sottopeso ad obeso (Hill & Silver, 1995) e individuazione di un’immagine che a loro
giudizio, esprima meglio il concetto di salute;
• indicazioni riguardanti: peso, altezza, età e grado di scolarità dei genitori.
Queste sono in sintesi le variabili tenute presenti nella formulazione delle domande,
poste in modo “chiuso” con strutturazione a risposta multipla.
Le informazioni che emergono da questo tipo di valutazione possono essere di aiuto
nell’affrontare in maniera idonea atteggiamenti negativi e barriere potenziali che spesso
si riscontrano nella realizzazione di interventi di Educazione Alimentare volti a determinare modifiche sul piano del comportamento.
Nello spirito dell’aderenza alla realtà locale, richiamata anche nel titolo della Ricerca,
l’UO Emilia Romagna ha sviluppato questionari propri. Ha coinvolto nella stesura degli
stessi famiglie, bambini, l’intero Gruppo Rete aderente al Progetto (Scuola, Sanità,
Agricoltura, Farmacie, Enti Locali, ecc...). A partire dallo schema di questionario proposto
dall’UO Tecnico-Scientifica e nell’ottica dell’Autonomia delle UUOORR, è stato messo a
punto un modello di indagine leggermente diverso che tendesse a rispettare meglio la
dimensione bolognese con tutta la ricchezza di contributi delle Istituzioni Locali che a
diverso titolo dialogano costantemente con la realtà del territorio. I questionari (quello per
i bambini e quello destinato ai genitori) utilizzati dalla UO Emilia Romagna vengono riportati nell’Allegato D.
5.5 Le analisi dei dati
5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati)
Presupposto basilare per l’elaborazione dei dati è il loro trasferimento su supporto
informatico. Questa attività richiede che i dati, opportunamente codificati, siano inseriti in
fogli elettronici o database. L’elaborazione successiva risulterà estremamente semplificata se tale inserimento avviene in modo controllato, ossia predisponendo un programma
di data entry corredato di istruzioni e preferibilmente contenente procedure di controllo
automatico (tenendo conto della capacità di memoria dei computer e della facilità d’uso
da parte degli operatori).
In particolare, questo assicura la standardizzazione della codifica delle informazioni
specialmente nel caso in cui l’inserimento sia effettuato in luoghi e tempi diversi, come è
avvenuto nel presente progetto.
L’unità operativa INRAN ha predisposto un software utilizzando il programma del
Pacchetto Office ACCESS. Mediante una guida all’inserimento dei dati sono state fornite
le indicazioni sulle operazioni da effettuare, la loro sequenza e per ogni tipo di quesito il
metodo di codifica. Come spiegato nell’Allegato A, i bambini vengono identificati con un
codice letterale e numerico. La trasformazione in codice dei dati personali è un requisito
Progetto pilota italiano
124
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
essenziale di questo tipo di studi in quanto permette di assicurare il segreto statistico
(d.lgs 6/9/89 n. 322) e di rispettare la legge sulla privacy (675/96).
La maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del programma è riportata in
figura 5.5.1.1. I dati inseriti sono organizzati in tante tabelle ACCESS quante sono le
maschere. Il codice del bambino viene riportato solo sulla prima maschera con un doppio
controllo di inserimento; poi automaticamente e senza possibilità di modifica il codice si
ritrova su ciascuna maschera. Con questa procedura, il codice del bambino viene digitato
solo all’inizio limitando la possibilità di errori. Un ulteriore filtro in fase di inserimento non
permetteva di inserire codici duplicati. Questo sistema così controllato su una variabile
cruciale come il codice, ha semplificato le procedure di pulizia e di analisi dei dati. Le
tabelle sono state esportate sia in Dbase IV (calcolo di indicatori antropometrici) che su
EXCEL (controllo e generazione file BAMBINI e GENITORI) per poi essere trasferite in
formato SAS (1990) per le elaborazioni statistiche.
Figura 5.5.1.1 - Maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del software
5.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi
Le analisi dei dati costituiscono il mezzo attraverso cui i dati grezzi (matrice dei dati)
forniscono risultati sintetici che descrivono il fenomeno in esame e che consentono l’identificazione e/o la costruzione di indicatori. Le analisi sono realizzate, in generale, a diversi
livelli.
Il primo di essi è l’analisi effettuata sui dati registrati per verificarne completezza (tutte
le variabili sono registrate) e congruenza (i valori sono coerenti). Nel caso dello studio
pilota qui presentato, il controllo ha riguardato l’aggancio dei diversi file inseriti nel
programma ACCESS con le diverse maschere per formare un unico database, da analizzare con un pacchetto statistico (in questo caso il SAS). L’aggancio dei diversi file è stato
125
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
effettuato in EXCEL, generando due cartelle di lavoro (BAMBINI e GENITORI), nei quali
sono state inserite variabili derivate, come l’Indice di Massa Corporea (IMC) del bambino
e di ciascun genitore, la classe di IMC del bambino con metodo IOTF (Cole et al., 2000)
e quella dei genitori (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998),
la classe di età dei genitori (fino a 29, 30-39, 40-49 e 50 anni e oltre), il range di percentili di Luciano et al. (Luciano et al., 1997), e, in seguito, la codifica del livello di istruzione
di ciascun genitore (nessun titolo+elementare bassa; media inferiore+media superiore
media; laurea alta).
Il secondo livello di analisi è quello esplorativo semplice (descrittivo) e analitico
(basato su più variabili), con l’identificazione di connessioni tra diversi caratteri, di cui il
principale è la classe di IMC del bambino, poiché lo studio era finalizzato alla valutazione
dell’obesità infantile. L’analisi è stata essenzialmente di connessione poiché la quasi
totalità delle variabili era di tipo qualitativo e la significatività dei legami è stata effettuata
mediante il test χ2. La comparazione geografica ha messo in evidenza differenze di
comportamento che collimano con atteggiamenti e tradizioni diverse nei riguardi della
percezione del problema. Alcuni risultati preliminari relativi ai dati raccolti nel progetto
ministeriale vengono riportati nel paragrafo 5.5.4.
Il terzo livello di analisi riguarda l’approfondimento di aspetti salienti emersi dalla
prime esplorazioni e dall’applicazione di tecniche multivariate per l’identificazione delle
dimensioni che caratterizzano i modelli di comportamento alimentare e l’identificazione
dei gruppi di bambini/genitori che sono detentori di tali comportamenti. L’uso di una
tecnica piuttosto che un’altra o la scelta del set di variabili dipenderà da quali fattori sono
stati evidenziati come più importanti.
5.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione dei dati
Al di là dell’obiettivo di analisi, possono risultare utili alcune indicazioni pratiche
nell’uso dei diversi tipi di software disponibili per l’elaborazione dei dati (fogli elettronici,
pacchetti statistici). Occorre fare attenzione a come vengono trattati i dati mancanti. Ad
esempio, mentre in SAS o SPSS il vuoto (mancata digitazione) o il valore che il
programma attribuisce come nullo sono entrambi considerati “dato mancante”, in EXCEL
sono trattati come valori diversi quando si riepilogano i dati utilizzando le tabelle pivot.
Risultano, tuttavia, ”dati mancanti” quando si calcolano medie, deviazioni standard e altri
indici sintetici statistici.
Un secondo esempio riguarda il calcolo dell’indice χ2 (descrittivo) e dell’applicazione del
test χ2 (probabilistico) sulle tabelle riassuntive della frequenza di due caratteri (es.: classe di
IMC del bambino e classe di IMC di un genitore). Nelle tabelle pivot le celle che non contengono frequenze risultano vuote. Il calcolo dell’indice descrittivo non presenta problemi,
mentre il valore della probabilità (significatività) del test cambia se le caselle sono lasciate
vuote o se in esse viene inserito il valore zero (cosa possibile solo dopo aver effettuato
“copia” e “incolla speciale – valori”). In sintesi, conviene effettuare delle prove per verificare
le condizioni dei dati ai fini di ottenere l’effettiva rispondenza alle esigenze dell’analisi.
5.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello stato nutrizionale
Al fine di descrivere l’uso del metodo proposto dall’IOTF (Cole et al., 2000) per la
valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva, viene riportata la procedura utilizzata
Progetto pilota italiano
126
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
nell’elaborazione dei dati relativi al peso e alla statura dei bambini di terza elementare,
raccolti nell’ambito del progetto pilota di sorveglianza nutrizionale e vengono riportati
alcuni risultati preliminari. Il percorso concettuale che ha portato alla metodologia riportata da Cole et al (Cole et al., 2000) è descritto in dettaglio nel capitolo 2. La trattazione
dei risultati dei dati raccolti nell’ambito del progetto ministeriale sarà oggetto di pubblicazioni scientifiche e di trattati divulgativi. In questa sede vengono riportati a titolo di
esempio i dati di prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini esaminati divisi per
sesso e per area geografica.
Per ciascun soggetto è stata rilevata la data di nascita, da cui è stata calcolata l’età
esatta (in anni decimali) al momento del rilevamento delle misure antropometriche.
Quindi sono stati applicati i valori soglia relativi a tale età, ottenuti per interpolazione
lineare. Per ogni soggetto la valutazione dello stato nutrizionale è stata effettuata tramite
un programma di calcolo appositamente elaborato utilizzando il software EPI 6.
Nella tabella 5.5.4.1 viene riportata la numerosità campionaria per area geografica e
per sesso. Come si vede sono stati misurati un totale di 5479 bambini di cui 2829 maschi
e 2650 femmine. Per le modalità con cui è stato effettuato il campionamento, la numerosità campionaria per ciascuna area geografica è proporzionale al bacino di utenza delle
AASSLL coinvolte nel progetto.
Tabella 5.5.4.1 – Numerosità campionaria per area geografica e per sesso dei
bambini esaminati nel progetto ministeriale
Nella figura 5.5.4.1 vengono riportate le prevalenze di sovrappeso e obesità nelle
aree geografiche incluse nel progetto. Un terzo dei bambini esaminati ha un peso troppo
elevato rispetto all’altezza con l’11% di bambini obesi. Le aree del Sud Italia incluse nel
progetto mostrano una prevalenza maggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del
127
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Nord. In particolare Lamezia Terme e Pomigliano D’Arco risultano particolarmente
interessate a questo fenomeno con più della metà dei bambini in sovrappeso o obesi. La
situazione migliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% dei
bambini esaminati è obeso o sovrappeso. Le prevalenze osservate sono relative alle aree
geografiche di interesse e l’analisi effettuata è di carattere assolutamente descrittivo. Non
vengono effettuati test statistici di differenze tra le prevalenze. Anche la prevalenza totale
non può essere considerata una prevalenza nazionale ma rappresenta la prevalenza nel
campione totale. Nella figura 5.5.4.2 viene riportata la prevalenza di sovrappeso e obesità
nei maschi e nelle femmine. I due sessi non sono caratterizzati da indici antropometrici
nettamente differenti e le prevalenze globali di sovrappeso e obesità non sembrano differire significativamente tra maschi e femmine. Diversa nei due sessi è la prevalenza di
obesità, che nei maschi è generalmente più elevata. Anche analizzando i dati a livello
regionale non si osservano differenze molto marcate fatta eccezione per Lamezia Terme
in cui le bambine (64%) sono molto più colpite dal sovrappeso rispetto ai maschi (48%).
Figura 5.5.4.1 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso e
dell’obesità nei bambini di terza elementare distinti per area di
appartenenza
Maschi e Femmine
Normopeso/Sottopeso
Puglia
(Brindisi)
Emilia
Romagna
(Bologna)
Progetto pilota italiano
Sovrappeso
Lombardia Campania Calabria
(Lodi)
(Pomigliano (Lamezia
D’arco)
Terme)
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Obesità
Toscana
(Tutta)
Totale
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Figura 5.5.4.2 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso e
obesità nei maschi e nelle femmine per area di appartenenza
Maschi
Normopeso/Sottopeso
Puglia
(Brindisi)
Emilia
Romagna
(Bologna)
Sovrappeso
Lombardia Campania Calabria
(Lodi)
(Pomigliano (Lamezia
D’arco)
Terme)
Obesità
Toscana
(Tutta)
Totale
Femmine
Normopeso/Sottopeso
Puglia
(Brindisi)
Emilia
Romagna
(Bologna)
Sovrappeso
Lombardia Campania Calabria
(Lodi)
(Pomigliano (Lamezia
D’arco)
Terme)
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Obesità
Toscana
(Tutta)
Totale
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
5.6 Rappresentatività dei risultati, discussione
La rappresentatività dei risultati di un’indagine campionaria dipende essenzialmente
dall’estensione dello studio e dalla tecnica di campionamento utilizzata.
La stima della numerosità campionaria è stata effettuata considerando un livello di
precisione dell’1,5% in termini di ampiezza dell’errore standard, utilizzando una stima
precedente della distribuzione dell’IMC relativa allo stesso tipo di popolazione (bambini
di 3a elementare - 8 anni di età - della Regione Lazio). Un eventuale riporto all’universo
dovrebbe quindi riguardare i bambini della ASL in cui lo studio è stato effettuato. La
rappresentatività dei campioni è quindi in generale per singola ASL, se si eccettua il caso
della Regione Toscana in cui le AASSLL hanno partecipato in blocco.
Occorre tenere conto che le unità campionate sono state le scuole e le unità di rilevazione e analisi sono stati i bambini e un loro genitore.
E’ il caso di accennare al fatto che una estensione ad altre aree e un aumento della
numerosità campionaria, aumenterebbero il grado di precisione delle stime per la
popolazione italiana e consentirebbero di effettuare test di confronto al di là dell’analisi
descrittiva.
Un eventuale problema di rappresentatività è legato all’esclusione dal piano di
campionamento delle scuole private. Infatti, il campionamento è stato fatto sulla base
dell’elenco delle scuole pubbliche fornito dal Provveditorato agli Studi. Il gruppo di popolazione che afferisce a queste scuole fa parte di una specifica classe sociale che potrebbe
venir poco rappresentata nel campionamento fatto solo sulle scuole pubbliche. La scelta
è stata motivata da un problema pratico nel reperimento degli elenchi degli alunni delle
scuole private e della loro attendibilità.
5.7 Il contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema di
sorveglianza integrato
Gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale per l’anno 2002-2004 assegnano un ruolo
di primaria importanza alla nutrizione e alla sicurezza alimentare. Il citato documento si
sofferma sulla necessità di attivare una “rete di sorveglianza epidemiologica nazionale in
ambito nutrizionale”. Essa potrà costituire un “osservatorio del rischio associato alle
abitudini e/o modificazioni alimentari della popolazione”, soltanto una volta che:
• siano state assunte e standardizzate le metodologie per la valutazione dell’impatto
dello stato nutrizionale sulla salute della popolazione;
• sia stata effettuata una raccolta sistematica di informazione sugli eventi morbosi e sulla distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione;
• sia condotta un’iniziativa globale a livello delle organizzazioni istituzionalmente preposte a gestire l’attività sanitaria preventiva, nonchè di controllo e monitoraggio (Servizi
di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) dei Dipartimenti di Prevenzione delle
Aziende UUSSLL per la diffusione, il collegamento ed il coordinamento delle attività
delle unità locali.
Oltre all’inserimento di AASSLL che hanno aderito al progetto con fondi propri, le
numerose richieste di collaborazione pervenute all’INRAN durante lo svolgimento del
progetto pilota sono state una chiara conferma dell’esistenza di alcuni bisogni specifici da
Progetto pilota italiano
130
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
parte delle AASSLL per lo svolgimento dell’attività di sorveglianza ed educazione alimentare. Tale collaborazione è già in parte avviata con altre due Aziende: Palermo (Sicilia) e
Catanzaro (Calabria).
In particolare sono emersi chiaramente:
• Un bisogno formativo da parte degli operatori dei SIAN, in particolare, circa le
tecniche di rilevamento dei consumi alimentari, di valutazione dello stato nutrizionale
e di raccolta e trattamento dei dati secondari per la creazione di profili nutrizionali e di
intervento.
• L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambito di
progetti coordinati centralmente. Il coordinamento delle attività di sorveglianza fa si
che i dati raccolti a livello locale in maniera continuativa e con tecniche standardizzate permettano comparazioni tra aree e consentano valutazioni per scelte di
politica nutrizionale basate su dati locali ma integrate a livello nazionale.
Esistono presso l’INRAN competenze specifiche che sono già state sfruttate nell’ambito del progetto biennale e che potrebbero essere utilizzate da un numero più ampio di
AASSLL. Oltre al vasto patrimonio tecnico-scientifico, l’INRAN ha un ruolo istituzionale
centrale nel campo degli Alimenti e della Nutrizione. Le singole attività delle strutture
locali e regionali, opportunamente coordinate, risulterebbero potenziate nella loro
efficacia consentendo quindi la realizzazione di una vera e propria politica nutrizionale,
basata su dati locali ma integrata a livello nazionale.
Allo scopo di attivare una rete di sorveglianza nazionale nel settore della nutrizione e
della sicurezza alimentare, che permetta di coordinare ed ottimizzare gli sforzi delle
Aziende Sanitarie, si è quindi evidenziata l’opportunità di offrire a tutte le regioni italiane
la collaborazione dell’INRAN e di predisporre strumenti idonei alle necessità dei singoli
SIAN attraverso l’attivazione di un Servizio Consulenza Alimenti e Nutrizione (SCAN).
Lo SCAN si propone come uno strumento che permetta alle AASSLL e ad altre strutture private e pubbliche di fruire della conoscenza e dei servizi disponibili presso l’INRAN.
Tramite lo SCAN, l’INRAN intende quindi fornire strumenti validati, conoscenze scientifiche, assistenza tecnico-scientifica per il disegno e la realizzazione di progetti di sorveglianza e di intervento. Un gruppo esteso e multidisciplinare di ricercatori dell’INRAN
sono disponibili a prestare attività di servizio nell’ambito dello SCAN a seconda dei propri
ambiti di competenza. Le richieste d’informazioni vanno inoltrate tramite e-mail a
[email protected]. La divulgazione dell’iniziativa è iniziata a termine del 2002 e il piano di
lavoro in questi primi mesi di attivazione dello SCAN consiste in:
• Identificazione da parte dell’INRAN dei bisogni formativi e di consulenza da parte delle
strutture regionali (AASSLL e Assessorati all’Agricoltura).
• Realizzazione di un pacchetto formativo, che includerà sia il trasferimento di conoscenze scientifiche sia la fornitura di strumenti di supporto.
• Predisposizione di un dossier illustrativo dell’offerta tecnico-scientifica dell’INRAN.
• Svolgimento di attività di consulenza scientifica nell’ambito di specifici progetti territoriali.
Un primo elenco di settori in cui lo SCAN può assicurare il proprio supporto tecnico
viene illustrato nella Figura 5.7.1. Queste sono solo alcune delle attività per le quali si
osserva una corrispondenza tra i servizi offerti dallo SCAN e le necessità delle strutture
territoriali che operano in ambito nutrizionale e che sicuramente trarrebbero un gran
vantaggio dall’essere messi in rete per sviluppare strumenti adeguati alle loro necessità.
Il futuro della sorveglianza nutrizionale è senz’altro in questo tipo di integrazione, a livello
sia nazionale che internazionale.
131
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Figura 5.7.1 - Alcune attività di servizio dell’INRAN disponibili tramite lo SCAN
Progetto pilota italiano
132
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Bibliografia
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child overweight and obesity worldwide: international survey. BMJ. 320, (7244),
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European Union for information on healthy eating. Eur J Clin Nutr. 51 Suppl 2, S1622.
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gli stili alimentari non corretti: obbiettivo dei formatori. La Clinica Dietologica. 25, (1),
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Pomponi G, Piccinelli R, Leclercq C, Morino G, Ciarella G & Censi L (2000): Monitoraggio
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European Union. Eur J Clin Nutr. 51 Suppl 2, S41-6.
133
Progetto pilota italiano
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
134
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• ALLEGATO A •
IL PROTOCOLLO PER IL RILEVAMENTO DELLE MISURE ANTROPOMETRICHE
UTILIZZATO NELL’AMBITO DEL PROGETTO MINISTERIALE
La definizione di un protocollo comune delle procedure di rilevamento dei dati antropometrici è fondamentale per la valutazione dello stato nutrizionale.
COMPOSIZIONE DELLA SQUADRA DI RILEVAMENTO
La squadra di rilevamento dei dati antropometrici deve essere composta da:
• un rilevatore adeguatamente preparato e standardizzato ad eseguire le misure
secondo le raccomandazioni internazionali;
• un assistente affiancato al rilevatore per il rilevamento delle misure e la registrazione dei dati;
• un collaboratore (anche l’insegnante) che aiuti i bambini a svestirsi e rivestirsi ed
assicuri un flusso continuo di soggetti durante la sessione di misura.
METODI DI MISURAZIONE
Le misure antropometriche vanno determinate secondo le istruzioni di seguito riportate, e trascritte, per ciascun soggetto, nella scheda allegata al presente protocollo.
PESO CORPOREO
Preparazione del soggetto: il bambino viene pesato in condizioni standard:
• Dopo la minzione.
• A digiuno (anche se questa condizione spesso non è realizzabile e si rileva la
misura dopo l’assunzione di una comune colazione).
• Senza scarpe.
• Indossando soltanto la biancheria intima.
Strumento
La misura del peso è più semplice e veloce utilizzando bilance pesa persone elettroniche, con divisione 100 g, dotate di display a cristalli liquidi.
E’ necessario effettuare la revisione della bilancia prima di ogni sessione di misure.
E’ opportuno revisionare la bilancia periodicamente anche durante lo svolgimento
della raccolta dati.
Misura del peso
• Prima di ogni sessione di pesate controllare la carica delle batterie.
• Posizionare la bilancia su una superficie piana.
• Accendere la bilancia toccando con un piede la sua superficie, o l’interruttore
(secondo il modello della bilancia utilizzata) ed attendere che lo zero “000.0”
compaia sul display.
• Il soggetto a questo punto può salire sulla bilancia e deve restare immobile, distribuendo il proprio peso equamente sui due piedi.
135
Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• Quando la lettura è stabile, leggere il peso.
• Il peso è registrato ai più vicini 100 grammi (es. kg 35,4).
• Il soggetto può scendere dalla bilancia, che si spegnerà automaticamente.
STATURA
Strumento
La statura è misurata con uno stadiometro fisso o portatile, con una precisione di 0,1
cm. Uno stadiometro si compone di un’asta verticale graduata e di una mobile, orientata
ad angolo retto rispetto a quella verticale, da appoggiare alla testa del soggetto.
Lo strumento può essere fissato ad una parete, o può essere usato senza supporto;
in ogni caso ci si deve accertare che l’asta verticale sia correttamente allineata. L’uso di
un apparecchio che consenta la misurazione della statura col soggetto in piedi su una
bilancia basculabile è assolutamente sconsigliato. Si raccomanda, inoltre, qualora si
utilizzi uno stadiometro portatile di utilizzare una parete senza battiscopa e di accertarsi
che il soggetto non poggi i piedi su un tappeto o su qualsiasi altra struttura che lo sollevi
da terra.
Per posizionare correttamente lo stadiometro portatile occorre fissare alla parete la
sua estremità superiore (con un chiodo oppure con un nastro adesivo), dopo aver esteso
completamente la fettuccia graduata, fino a toccare il pavimento con la barra mobile
orizzontale. E’ fondamentale che lo stadiometro sia correttamente sistemato.
Lo strumento per la misura della statura deve essere regolarmente controllato e
calibrato (vedi il paragrafo: Revisione e Calibrazione degli Strumenti).
Misura della statura
La misura è effettuata dal rilevatore, mentre l’assistente collabora nel controllare che
il bambino mantenga la posizione corretta.
• Il bambino deve essere scalzo o indossare calze leggere. I piedi debbono
poggiare su una superficie piana ed il peso deve essere equamente distribuito sui
piedi.
• La testa deve essere orientata secondo il piano orizzontale di Francoforte: in
modo che il margine inferiore dell’orbita ed il margine superiore del meato
acustico siano sullo stesso piano orizzontale.
• Le braccia pendono liberamente ai lati del tronco con il palmo delle mani rivolto
verso le cosce.
• i talloni, uniti poggiano contro la base della tavola verticale, mentre le punte dei
piedi sono leggermente divaricate, formando un angolo di circa 60°.
• Le scapole e le natiche devono essere in contatto con la tavola verticale.
• Il rilevatore esercita con le mani una leggera trazione verso l’alto, sui processi
mastoidei del soggetto per assicurarsi che stia ben eretto e porta la barra mobile
dello stadiometro in contatto col capo esercitando una pressione sufficiente a
comprimere i capelli.
• La misura è approssimata al più vicino 0,1 cm e si annota sulla scheda di rilevamento (es. 135,3 cm).
Allegato A
136
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
COMPILAZIONE DELLA SCHEDA INDIVIDUALE NEL CORSO DELLA VISITA
La scheda individuale per il rilevamento delle misure andrà accuratamente compilata
in ogni sua parte nel corso della visita, con grafia comprensibile in stampatello. I numeri
vanno trascritti all’interno delle rispettive caselle in modo chiaro, così da non essere
confusi l’uno con l’altro (per esempio il numero 1 con il 7, il 2 con il 4, lo 0 con il 6, il 4
con il 9). Per questo si suggerisce di riportare i numeri nel modo seguente:
Uno - come una linea verticale singola, senza mettere sotto una linea orizzontale;
Due e Tre - vanno scritti senza riccioli;
Quattro - va scritto aperto, in modo da non essere confuso con il nove;
Cinque - va scritto senza chiudere l’occhiello, per non essere confuso con il sei;
Sei - va scritto in modo da non confonderlo con lo zero;
Sette - barrare la stanghetta verticale, in modo che non si confonda con il numero uno;
Otto - scrivere due occhielli sovrapposti, uniti. Può essere confuso con lo zero;
Nove - chiudere l’occhiello, altrimenti può essere confuso con il quattro;
Zero - barrare con una linea diagonale.
Nel compilare la scheda utilizzare una penna ad inchiostro e non una matita. Per
eventuali correzioni durante la compilazione della scheda, barrare il numero sbagliato e
riscrivere completamente quello corretto accanto alle caselle con la cifra sbagliata (non
correggere direttamente sopra alla cifra sbagliata).
Voci contenute nella scheda di misura
• Scuola (nome).
• Sezione.
• Nome e Cognome del bambino.
• Codice del bambino (da attribuire secondo le indicazioni descritte di seguito).
• Sesso del bambino.
• Data di nascita (giorno, mese ed anno).
• Data ed ora del rilevamento delle misure.
• Rilevatore (cognome).
• Codice della bilancia utilizzata (attribuito prima dell’inizio delle misure, al momen-to
della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicata sulla bilancia).
• Codice dello stadiometro utilizzato (attribuito prima dell’inizio delle misure, al
momento della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicata
sullo stadiometro).
• Peso (in kg ai più vicini 100 grammi, es. kg 41,1).
• Statura (in centimetri ai più vicini 0,1 cm: es. cm 135,3).
• Nelle Note vanno indicate tutte le informazioni che il rilevatore riterrà utili e/o
necessarie alla corretta interpretazione dei dati.
137
Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Attribuzione del Codice Bambino
Il Codice Bambino va riportato su tutti i fogli dei moduli di raccolta dati relativi al
progetto di sorveglianza nutrizionale.
Il Codice, composto da lettere e numeri, va attribuito secondo le seguenti indicazioni,
come riportato nell’esempio:
• nelle caselle 1 e 2 vanno trascritte le due lettere che identificano la sigla automobilistica della provincia;
• nelle caselle 3 e 4 vanno riportate le due cifre che compongono il numero di codice
della scuola: tale codice sarà un numero progressivo specificatamente assegnato ad
ogni scuola selezionata per il campione in studio;
• nella casella 5 va riportato il numero che indica il plesso della scuola;
• nella casella 6 va riportata la lettera dell’alfabeto che identifica la sezione della classe
frequentata dal bambino;
• nelle caselle 7 e 8 vanno riportate le due cifre del numero progressivo che identifica il
bambino nel registro di classe.
Modalità di rilevamento delle misure antropometriche
Durante la rilevazione delle misure, il rilevatore legge ogni misura ad alta voce. La
misura viene registrata dall’assistente sulla scheda individuale. L’assistente ripete, poi, ad
alta voce il valore registrato al fine di evitare errori di trascrizione o di interpretazione.
E’ opportuno che ciascun bambino sia sottoposto alle misure singolarmente, in un
ambiente tranquillo, evitando la presenza di altri bambini nel locale. Ciò al fine di evitare,
soprattutto, che la visita crei disagio al bambino (vergogna nello svestirsi, battute di spirito
dei compagni, etc...) e che la confusione possa incrementare la possibilità di errori di
trascrizione delle misure.
Gli alunni assenti nel giorno in cui vengono effettuate le misure, andranno misurati in
un giorno diverso.
Gli alunni portatori di handicap saranno ugualmente sottoposti alle misure, in modo
da non creare loro un disagio psicologico, anche se non sarà possibile eseguire tali
misure secondo le raccomandazioni. L’handicap andrà riportato nella scheda di misura
nelle note. Se il bambino non fosse in grado di salire sulla bilancia, potrà essere pesato
Allegato A
138
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
in braccio ad un’altra persona. Il peso di quest’ultima verrà indicato nelle note, mentre il
peso cumulativo di tale persona più il bambino andrà riportato sulla scheda nella casella
riservata al peso. Il calcolo del peso del bambino potrà essere effettuato successivamente in fase di elaborazione dei dati.
STANDARDIZZAZIONE DELLE MISURE
I rilevatori sono stati standardizzati con il metodo suggerito da Zerfas (Zerfas, 1986).
L’esperto antropometrista dell’INRAN ha il ruolo di riferimento (“golden standard”) per la
standardizzazione.
Prima di effettuare la standardizzazione è necessario che l’operatore da formare
abbia acquisito una buona pratica nel rilevamento delle misure antropometriche.
Per la standardizzazione sono necessari n° 10 soggetti, con caratteristiche simili ai
soggetti in studio (per questo studio bambini di 8-9 anni).
Il test deve essere eseguito sotto la supervisione di un esaminatore esperto. Sia
l’esaminatore, che il rilevatore da formare effettueranno, in rapida successione, due serie
di rilevamenti delle misure antropometriche sugli stessi soggetti, secondo le modalità
descritte di seguito. Tale test permette di valutare sia la precisione che l’accuratezza del
rilevatore da formare. La precisione viene valutata per confronto delle misure ripetute in
doppio sugli stessi soggetti, mentre l’accuratezza viene valutata tramite confronto tra le
misure rilevate dall’operatore da formare con quelle rilevate sugli stessi soggetti dall’esaminatore.
Valutazione della precisione (replicabilità inter-osservatore)
Utilizzare la scheda per il Test della replicabilità
• Codificare i soggetti da 1 a 10.
• Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropometrica che si sta testando.
• Misurare tutti i soggetti e registrare i dati nelle caselle corrispondenti alla “Prima
misura” nella parte 1 della scheda.
• Dopo avere misurato tutti i soggetti consegnare all’esaminatore la parte 1 della
scheda, dopo averla ritagliata lungo la linea tratteggiata (in modo che l’operatore
da testare non sia influenzato nel secondo rilevamento delle misure da quelle
rilevate la prima volta).
• Ripetere le misure sugli stessi soggetti e trascrivere i dati nelle caselle corrispondenti alla “Seconda misura” nella parte 2 della scheda.
• Trascrivere i dati della parte 1 della scheda nelle caselle corrispondenti alla
“Prima misura” nella parte 2 della scheda.
• Calcolare per tutti i soggetti misurati la differenza tra la Prima e la Seconda
misura e riportarla nelle caselle “Differenza” con il relativo segno (+ o -).
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST:
L’interpretazione dei risultati va effettuata in base ai valori riportati nella tabella 1.
• Segnare con cerchio le differenze comprese tra 6 e 9 mm (per la statura) e uguali
a 0,2 kg (per il peso); segnare invece con un quadrato le differenze superiori a
139
Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
10 mm (per la statura) e superiori a 0,3 kg (per il peso). La distinzione tra cerchio
e quadrato è importante per riconoscere errori tecnici di minore entità, da errori
di entità più marcata, in modo che l’esaminatore possa correggere adeguatamente l’operatore da formare nel rilevamento delle misure. Per lo stesso motivo
è anche importante la differenza tra i segni meno ed i segni più tra la prima e la
seconda misura, per il riconoscimento di errori sistematici (prevalenza di segni
positivi o negativi).
• L’operatore da formare supera il test quando il numero di cerchi nella scheda del
test è zero o uguale ad uno; passa il test, ma è al limite dell’errore consentito,
quando il numero di cerchi nella scheda del test è pari a due; deve ripetere il test,
dopo avere ricevuto le adeguate correzioni nel rilevamento delle misure da parte
dell’esaminatore, quando i cerchi sulla scheda sono almeno tre o quando è
presente un quadrato.
Valutazione dell’accuratezza (replicabilità intra-osservatore)
Da effettuare dopo avere superato il test della replicabilità.
Utilizzare la scheda per il Test dell’Accuratezza
• Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropometrica che si sta testando (statura o peso).
• Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il test
della replicabilità dal rilevatore da formare nelle caselle corrispondenti
all’Osservatore.
• Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il test
della replicabilità dall’Esaminatore nelle caselle corrispondenti all’Esaminatore.
• Calcolare la differenza tra la media delle due misure effettuate dall’Osservatore
e la media delle due misure effettuate dall’Esaminatore e riportarla nelle caselle
“Differenza” con il relativo segno (+ o -).
Allegato A
140
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST
Come per il test della replicabilità, va effettuata in base ai valori riportati nella tabella
1, come precedentemente descritto.
Tabella 1 - Valutazione dei test di replicabilità ed accuratezza dei rilevatori delle
misure antropometriche
Fonte: modificato da Zerfas, 1986
REVISIONE E CALIBRAZIONE DEGLI STRUMENTI DI MISURA
Bilancia
La revisione della bilancia va effettuata prima di ogni sessione di misure; è, tuttavia,
opportuno ricontrollare la calibrazione della bilancia periodicamente, durante lo svolgimento della raccolta dati.
La verifica della calibrazione di una bilancia si effettua utilizzando dei pesi standard di
riferimento, compresi nell’intervallo di peso atteso dei soggetti in esame. Se, ad esempio,
si vogliono pesare degli individui di peso compreso tra i 20 kg ed i 50 kg, come nel caso
di bambini di 8-9 anni, si dovrà testare la bilancia utilizzando pesi compresi in tale intervallo.
141
Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Il peso standard deve essere stato determinato mediante uno strumento di classe di
precisione superiore rispetto alla bilancia che si deve testare. Masse di riferimento in
ghisa, di cui sia nota l’indeterminazione (generalmente indicata sul bollino stampigliato
sulla massa stessa: x kg ± y g), possono essere acquistati presso i rivenditori di bilance.
L’indeterminazione della massa di riferimento deve essere almeno di un ordine di
grandezza inferiore alla precisione della bilancia che si deve testare; ad esempio se la
bilancia ha una divisione di 100 g la massa di riferimento dovrebbe avere un’ indeterminazione inferiore o uguale a ± 10 g.
Pesi da 5, 10, 20 kg possono essere combinati insieme, in modo da arrivare al peso
necessario (es. 3 pesi di ghisa da 10 kg impilati, per raggiungere il peso di 30 kg). E’
possibile anche utilizzare mezzi alternativi “di fortuna”, come ad esempio dei bidoni o
delle taniche, di cui sia nota la tara ed i litri di acqua contenuti, riempiti possibilmente con
acqua distillata, considerando che 1 litro di acqua distillata corrisponde ad 1 kg.
Per qualsiasi peso di riferimento considerato è importante che questo sia posto in
modo da gravare al centro della pedana della bilancia e, ovviamente, che non sia sorretto
dall’operatore.
Procedura per la verifica della calibrazione e della linearità della bilancia nell’intervallo da
zero a 50 kg
Per la verifica della calibrazione della bilancia, si controlla, innanzitutto, lo “zero” ed
eventualmente si calibra. Poi si verifica la calibrazione a fondo scala (in questo caso a
50 kg), effettuando n° 5 misure ripetute con il peso di riferimento di 50 kg. I valori misurati
dalla bilancia vanno riportati sulla scheda per la revisione delle bilance. Se la differenza
tra la media delle 5 misure ed il peso di riferimento è superiore a ± 0,1 kg, la bilancia va
ricalibrata, nell’eventualità che sia dotata di tale possibilità, altrimenti ne è sconsigliato
l’utilizzo. Le modalità per effettuare la calibrazione sono, generalmente, riportate nel
manuale d’uso della bilancia, o possono essere richieste al costruttore o al rivenditore
della bilancia.
Successivamente si verifica la linearità della bilancia nell’intervallo tra 0 e 50 kg, effettuando misure ripetute 5 volte a 20 kg, 30 kg e 40 kg, tramite i pesi di riferimento e si
riportano sulla scheda per la revisione delle bilance i valori misurati. Poi, si calcolano (e
si trascrivono sulla scheda), per ciascun peso di riferimento, la media e la deviazione
standard delle 5 misure. Si calcola e si riporta sulla scheda, anche la differenza tra il peso
di riferimento ed il valore medio delle 5 misure a 20 kg, 30 kg, 40 kg. La bilancia potrà
essere utilizzata qualora sia tale differenza, che la deviazione standard tra le 5 misure
ripetute siano comprese entro ± 0,1 kg, per tutti i pesi dell’intervallo considerato.
Stadiometro
Lo stadiometro deve essere installato correttamente e revisionato prima di ogni
sessione di misura, tramite una fettuccia metrica metallica, o un metro metallico di riferimento, con divisione 1 mm. Se la misura fornita dallo stadiometro si discosta di più di ±
1mm dalla misura di riferimento, sarà necessario riposizionare correttamente lo stadiometro ed il lettore (quest’ultimo nel caso dello stadiometro fisso). Per ricalibrare il lettore
occorre smontarlo e riportare le cifre alla lettura corretta corrispondente allo zero (il punto
più basso che raggiunge la barra orizzontale dello stadiometro, che corrisponde in
genere circa ad 85,0 cm).
Allegato A
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato A
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato A
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Bibliografia
Zerfas, A. J. (1986) Checking continous measures. In D.o.E. School of Public Heath, ed.
Manual for Manual for anthropometry UCLA, Los Angeles.
147
Allegato A
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• ALLEGATO B •
IL QUESTIONARIO SULLE FREQUENZE DI CONSUMO ALIMENTARE
Guida alla compilazione del questionario sui consumi alimentari
La presente nota è destinata agli insegnanti, ai quali è richiesto di guidare i bambini
nella compilazione del questionario sul profilo alimentare.
Il questionario ha lo scopo di dare un quadro dei consumi alimentari regionali dei
bambini di 8 anni. La raccolta di questi dati rientra in un progetto nazionale di sorveglianza ed educazione nutrizionale basate sui dati locali per la prevenzione delle malattie
cronico degenerative associate all’obesità.
Sulla pagina di copertina del questionario, nella quale sono indicate le strutture che
stanno contribuendo alla realizzazione del progetto, il bambino segnerà i dati relativi alla
scuola di appartenenza e le proprie specifiche anagrafiche.
Nota importante: Si raccomanda agli insegnanti di guidare il bambino a scrivere in
stampatello per evitare errori nell’interpretazione della grafia.
In fondo a ciascun foglio che compone il questionario, verrà riportato un codice sintetico composto da numeri e lettere. Questo codice permetterà l’identificazione del bambino
senza dover ricorrere al nome; inoltre nel codice sarà prevista l’identificazione della
provincia e della scuola di appartenenza.
Nelle pagine successive il bambino segnerà con una crocetta il quadratino che corrisponde alle proprie abitudini alimentari.
Le frequenze di consumo sono settimanali e quindi i bambino dovrà riportare quante
volte nell’arco di una settimana abitualmente consuma gli alimenti indicati. Questo significa che il questionario non si riferisce ad una precisa settimana ma che deve rispecchiare i consumi abituali del bambino.
Nota importante: Sarà cura degli insegnanti spiegare al bambino il significato di alcuni
termini per l’identificazione degli alimenti che possano risultare di difficile comprensione.
Vengono di seguito riportate le diciture che possano generare confusione:
“Crema spalmabile al cioccolato” (vedi le sezioni “Prima Colazione”, “Merenda del
Mattino”, “Merenda del Pomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Nutella” o
simili.
“Creme spalmabili salate” (vedi le sezioni “Merenda del Mattino”, “Merenda del
Pomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Spuntì” o simili.
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Allegato B
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato B
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato B
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato B
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato B
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato B
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato B
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato B
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• ALLEGATO C •
IL QUESTIONARIO SUI COMPORTAMENTI E L’ATTITUDINE AL CIBO
La raccolta delle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del comportamento alimentare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppare
progetti di Educazione Nutrizionale più mirati, ed a formulare messaggi più calibrati. In
tale ottica, è stato messo a punto un questionario somministrato ai genitori dei bambini
di terza elementare coinvolti nello studio.
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Allegato C
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato C
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato C
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato C
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato C
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato C
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato C
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato C
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
• ALLEGATO D •
IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I BAMBINI
DALLA UO EMILIA ROMAGNA
So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza
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Allegato D
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato D
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato D
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato D
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I GENITORI
DALLA UO EMILIA ROMAGNA
So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza
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Allegato D
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato D
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Allegato D
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Allegato D
172
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
INDICE
Capitolo 1 – I principi della sorveglianza nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1
1.2
1.3
1.4
1
La sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia . . . . . . . . . . . . . . . . .
Le politiche nutrizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della
sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Progettazione di un sistema di sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . .
Scelta degli indicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Modalità di raccolta dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.1 Esperienza italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale . . . . . . . .
Indicazioni per la costruzione di una sistema italiano . . . . . . . . . . .
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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5
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17
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Capitolo 2 – Dati Primari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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1.5
1.6
1.7
1.8
2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale,
comportamenti alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Metodologie d’indagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici . . . . . . . . . . . . . .
2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto . . . . . . . . . . . .
2.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva . . . . . . . .
2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari . . . .
2.5.1 Metodologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5.2 Fonti di errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezza
della dieta in una popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e
qualità dei dati rilevati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli
di assunzione raccomandati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare
l’adeguatezza della dieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza
della dieta (metodo probabilistico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Capitolo 3 – Dati Secondari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3.1 Analisi e selezione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Fonti di dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
65
67
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Indice
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
3.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . .
3.4 Valutazione della qualità del dato
3.5 Miglioramenti della qualità dei dati
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . .
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71
72
72
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Capitolo 4 – Il passaggio dalla sorveglianza agli interventi . . . . . . . . . . . .
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4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Quando intervenire? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita . . . . . . . . . . .
4.3 Disegno degli interventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per
le strategie di intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.1 Le scelte alimentari in Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.2 Social marketing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.5 Esempi di legame tra sorveglianza ed interventi . . . . . . . . . . . . . .
4.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS) . . . . . . . .
4.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction (CDC) . . . .
4.6 Educazione alimentare in età scolare: un modello di intervento . . .
4.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi . . . . .
4.6.2 Obiettivi prioritari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi . . . . .
4.6.4 Coinvolgimento della famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica . . . . .
4.6.6 Verifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative . . .
4.6.8 Strumenti realizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.6.9 Programmazione delle attività formative e informative . . . . . .
4.6.10 Figure professionali coinvolte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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98
99
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Capitolo 5 – L’esperienza italiana: progetto pilota basato
sui dati locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
105
5.1 La proposta progettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2 L’Unità Operativa Tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.1 L’UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila) . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.2 L’UO Lombardia: Lodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.3 L’UO Emilia Romagna: Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.4 L’UO Toscana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli . . .
5.3.6 L’UO Calabria: ASL n° 6 Lamezia Terme . . . . . . . . . . . . . . . .
5.4 La stesura dei protocolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
105
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Indice
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
5.4.1 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione
dei campioni casuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.4.3 Adattamento dei protocolli alle singole regioni . . . . . . . . . . .
5.4.4 Antropometria e scelta delle misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche . . . . . . . . .
5.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e
sui comportamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.5 Le analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati) . . . . . .
5.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi . . . . . . . . . . . . . .
5.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione
dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello
stato nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.6 Rappresentatività dei risultati, discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.7 Contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema
di sorveglianza integrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Allegati
Allegato A. Il protocollo per il rilevamento delle misure antropometriche
utilizzato nell’ambito del Progetto Ministeriale . . . . . . . . . .
135
Allegato B. Il questionario sulle frequenze di consumo alimentare . . . .
149
Allegato C. Il questionario sui comportamenti e l’attitudine al cibo . . . .
157
Allegato D. Il questionario utilizzato dall’UO Emilia Romagna . . . . . . .
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Indice
Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale
Finito di stampare nel mese di marzo 2003
LITOTIPOGRAFIAZESISRLROMA
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www.inran.it
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