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le risorse del territorio opportunita` di sviluppo sostenibile

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le risorse del territorio opportunita` di sviluppo sostenibile
Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
SECONDA PARTE
QUADRO CONOSCITIVO DEL PTP
LE RISORSE DEL TERRITORIO
OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO
SOSTENIBILE
RELAZIONE DI SINTESI
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
FONTI E METODOLOGIE D’INDAGINE
Per una corretta descrizione del territorio di riferimento è necessario svolgere
un’attenta analisi, supportata da studi scientifici e di settore, mirante alla
definizione di tutti gli elementi descrittivi del territorio, fisici, economici, storici e
sociali.
La descrizione fisica del territorio provinciale viene affrontata attribuendo ad essa
quel valore d'elemento fondativo nel processo insediativo del territorio. Il sub-strato
fisico con i suoi fattori geo- morfologici, esogeni ed endogeni che ne determinano
trasformazioni e modificazioni, costituiscono nella redazione di un Piano d’area
vasta un elemento sul quale costruire i riferimenti e i materiali progettuali.
All’analisi
fisico-naturale,
in
cui
il
momento
descrittivo
ricopre
un
valore
fondamemtale, il Piano affida le indicazioni progettuali. Infrastrutture territoriali,
trama viaria ed insediamenti urbani, da una parte, risorse dell’ambiente naturale e
storico antropico dall’altra, vanno confrontate costantemente. Ma occorre anche
ribadire che il percorso progettuale del Piano non va affrontato con un approccio
“deterministico” dove la forma naturale determina da sola la forma insediativa, ma
in
un
approccio
che
definiremo
“delle
opportunità”
in
cui
l’oggetto
della
pianificazione, che costituisce la trama funzionale del territorio, incide sulla trama
fisica e viceversa. E’ un approccio metodologico che può contribuire a migliorare gli
equilibri tra valori naturali e valori antropico-funzionali, soprattutto quando
l’oggetto della pianificazione, il territorio della provincia di Enna in questo caso,
possiede una struttura del paesaggio in cui é ancora la trama fisico-naturale ha
prevalere sull’insediamento umano. Nel dare una risposta concreta ad una domanda
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strutturale, il Piano si confronterà attivamente con i valori del paesaggio e
dell’ambiente naturale. Nella formazione delle scelte progettuali il P.T.P. dovrà
saper “interpretare” tali valori, oltre a quelli dell’ambiente urbanizzato, nella
consapevole necessità di dover in ogni modo “modificarli” o coglierne le “modifiche”
in atto.
L'interpretazione di tali valori assume importanza fondamentale non solo per una
necessità di stabilire regole o norme di fruibilità e di conservazione e di uso o
godimento, ma per proporre azioni di modifica sostenibili nella consapevolezza,
tuttavia, che ogni trasformazione incide non solo sulla superficie interessata ma
sulla complessità di un intero ambito d’intervento.
Il metodo interpretativo della struttura fisico-naturale e delle risorse si avvarrà delle
indicazioni e degli indirizzi normativi del PIANO T ERRITORIALE PAESISTICO REGIONALE al
fine di dialogare coerentemente con le azioni di pianificazione avviate dalla Regione,
nella consapevolezza, in ogni modo, che i due Piani, oltre che ad avere una diversa
scala d’ambito amministrativo, trattano contenuti differenti: il PTPR assume il ruolo
un Piano con prevalenti contenuti interpretativi e normativi, finalizzati alla
protezione e alle regole di fruizione di beni culturali ed ambientali; il PTP assume
invece contenuti infrastrutturali strategici e operativi, e pertanto, indica e prescrive
interventi prevalentemente attivi di trasformazione del territorio, ovviamente
calibrati in uno spirito di sostenibilità e compatibilità ambientali.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
IL SISTEMA AMBIENTALE FISICO-NATURALE
IL SISTEMA GEO- MORFOLGICO E I VALORI DEL PAESAGGIO
Il sistema ennese definisce una struttura geografica e territoriale che può essere
posta in sintesi attraverso un doppio sistema di gerarchie. Il primo abbraccia
l’intero territorio ed è identificabile con la centralità dell’intera area interna siciliana.
Esso assume dimensioni, comunque, maggiori rispetto a quelle amministrative.
L’ambito non e del tutto riconoscibile morfologicamente, come invece si verifica per
le unità fisiche del monte ETNA o dei NEBRODI.
Tuttavia essa può essere
identificabile in parte nella regione montuosa degli Erei. I limiti dell’ambito possono
individuarsi “sottraendo” le regioni nebroidee a Nord, a ridosso del crinale dello
spartiacque Nord-sud della Sicilia, quella madonita a nord ovest, quella etnea ad
est e delle valli del Salso Meridionale, del Pietrerossa e del Gornalunga a sud-est.;
Tripartizione della Sicilia in Valli
Il
secondo
sistema
struttura
la
provincia
in
“piccole
regioni”
fisiche
che
arricchiscono il territorio di una forte complessità. Il sistema ennese riesce, infatti, a
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
contenere in se i caratteri fisici e geo- morfologici e, soprattutto paesaggistici, che
configurano
e
si ritrovano
nelle
aree
di
tutto
l’intero
territorio
siciliano,
rappresentandone una straordinaria sintesi, senza comunque tradirne la sua
identità, propria di area centrale, riconoscibile fortemente nel suo formidabile
carattere ambientale, oltre che in quello geo- morfologico. Si tratta di una
complessità che trova ragione d’essere e forza di contenuti nelle radici della
storiografia
e
della
tradizione
geografica
siciliana:
esso
riesce,
infatti,
a
comprendere in se le tre grandi regioni storiche siciliane, individuando nel Monte
Altesina l’elemento di tripartizione del territorio siciliano nella Valle del Belice o del
Mazzara, nel Val di Noto e nel Val Demone. Su questa strutturazione geografica e
culturale le vicende delle dominazioni arabe-normanne daranno vita a veri e propri
ambiti di carattere antropico-culturale e, per certi aspetti, a vere e proprie regioni
funzionali: basti pensare alle politiche successive dei viceré spagnoli e degli ultimi
secoli, oltre che degli assetti amministrativi del periodo tra le due guerre.
Il sistema ennese, richiama nel proprio ambito la Valle del Belice o, più
propriamente definita, Val di Mazzara, nel suo versante occidentale interessato
prevalentemente dal bacino dell’Imera e del Morello, interessando così gli ambiti
territoriali dei comuni di ENNA, VILLAROSA, a nord, e di PIETRAPERZIA e
BARRAFRANCA a sud. La regione modella e storicizza il suo paesaggio grazie alla
ricchezza del substrato fisico minerario e nel grande sistema naturale, delimitato e
protetto oggi dalla Riserva Naturale Orientata del Monte Capodarso. Qui, gli
elementi fisico-naturali e paesaggistici trovano una forte sintesi all’interno del
sistema roccioso e minerario che costituisce il margine orientale dell’altopiano
gessoso-solfifero della Sicilia occidentale. La risorsa mineraria restituisce una forte
e tipica testimonianza di storia e cultura della Sicilia interna, che merita l’attenzione
del Piano proprio per la sua formidabile sintesi di paesaggio naturale e paesaggio
antropizzato.
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Il ponte Capodarso sul Fiume Imera Meridionale e l’Accesso alla Riserva
E’ proprio sul versante della Valle dell’Imera che si ritrovano le più importanti realtà
minerarie solfifere e di sali potassici, con in testa, per le sue dimensioni e le sue
connotazioni produttive, la miniera di Pasquasia.
La valle dell’Imera integra inoltre il paesaggio minerario, con il sistema delle rocche
e dei picchi montuosi (Monte Capodarso e Sabucina), insediati già in età preistorica.
Il paesaggio minerario trova inoltre un prolungamento verso est (serie gessoso
solfifera della formazione di Terravecchia) fino a raggiungere le estremità orientali
del territorio provinciale.
Alla regione del Val di Mazzara si contrappone, nel versante nord del territorio, il
grande complesso idrogeologico del Troina, del Salso superiore e del Simeto,
elementi di continuità tra il Val di Mazzara e il Val Demone. Qui l’articolazione
paesaggistica e fisico naturale del territorio ennese si completa e si arricchisce delle
risorse forestali, faunistiche ed idrogeologiche dei Nebrodi, interessando la parte
sud-occidentale del Val Demone. Al paesaggio minerario e roccioso della valle
dell’Imera Meridionale e del Morello, in questa parte la regione ennese contrappone
l’alternativa di un sistema idrogeologico molto forte e cadenzato dallo spartiacque
Nebroideo che lo separa, in buona parte, dalla provincia di Messina e, ad est, da
Catania.
Aspetti tipici del paesaggio degli Erei
I Nebrodi sono delimitati proprio a sud dal Simeto e dal Troina. I due sistemi
idrografici disegnano il paesaggio in una teoria di colline e picchi montuosi,
articolando valli e crinali della loro complessa struttura fatta d’affluenti e capillari
idrografici. Il Troina, a Nord, disegna il confine amministrativo con Messina, mentre
il Simeto delimita, nel suo versante a nord est, il confine con la provincia di
Catania.
Il carattere torrentizio del sistema idrografico a nord fa si che questi si differenzi
notevolmente dal sistema idrografico che si riversa sulle coste meridionali ed
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orientali della Sicilia, là dove il paesaggio si presenta proprio con caratteri
prettamente “fluviali”. E’ proprio questo carattere torrentizio che sta alla base delle
ragioni che hanno portato la comunità ad organizzare un complesso sistema di
controllo delle acque, attraverso la realizzazione delle dighe e dei bacini idrografici
artificiali. Ciò ha dato così origine ad un paesaggio naturalizzato dai bacini artificiali,
anch’esso formidabile esempio di sintesi tra paesaggio antropico e paesaggio
naturale.
Il sistema insediativo di questa parte della provincia assume i suoi caratteri
fondativi proprio nelle articolazioni collinari delle due valli del Salso e del Troina,
trovando nei crinali spartiacque i caratteri prevalenti del sito medievale della Sicilia
settecentesca. ASSORO, NISSORIA, LEONFORTE, REGALBUTO e CENTURIPE, come
più avanti si descriverà, sono gli insediamenti urbani racchiusi in un sistema
centrale lineare che tracciano e disegnano questa precisa “regola” insediativa, con
l’ultimo che è quasi elemento terminale e porta d’accesso alla conurbazione
pedemontana etnea. Mentre al Nord, sul versante del Troina, un'altra linea
d’insediamenti si inserisce, questa volta, in un sistema di crinali e valli con minori
indici di urbanizzazione e di antropizzazione generale: NICOSIA, SPERLINGA,
TROINA, GAGLIANO e CERAMI.
Il
sistema
dei
laghi
artificiali
generato dagli sbarramenti a monte
delle valli, assume la sua massima
espressione,
in
modificazione
termini
paesaggistica
configurazione
nell’invaso
esprime
di
la
configurazione
ambientale
di
e
di
geografica,
Pozzillo,
sua
ed
nell’invaso
mentre
massima
integrazione
dell’Ancipa
che definisce i limiti d’accesso al
PARCO dei NEBRODI.
La Riserva Naturale Orientata dei Monti Campanito e Sambughetti, si inserisce
come fonte di vegetazione e di verde naturale all’interno di questo preciso e ben
riconoscibile skiline territoriale di valli e crinali. Il bosco del Campanito costituisce
una sorta di appendice del Parco del Nebrodi, riportandone i caratteri vegetazionali
di Faggi Sugheri e Querci. A quest’ultimo si aggiunge, come elemento dalle forti
connotazioni ambientali, la riserva della Valle del Piano della Corte, tra Agira e
Nissoria, un'area forestale di natura ripariale. Il sistema vallivo centrale del Simeto
congiunge lo skiline già accennato, con i suoi caratteri morfologici ben configurati,
con i territori pianeggianti del Simeto e quindi con i giardini della cintura
pedemontana. Un paesaggio arricchito dalle risorse geo- morfologiche del territorio
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lavico che si contrappone ai paesaggi aridi dell’alto Dittaino. Qui il valore
paesaggistico e produttivo é testimoniato dalle dinamiche produttive registrate e
dall'istituzione della “Riserva Naturale Integrale delle Forre Laviche del Simeto”.
Il versante a Sud est del territorio provinciale è invece interessato dalle formazioni
geo-morfologiche calcaree dello Iudica e dal sistema degli Erei centrali. Elemento
comune quasi all’intero territorio sono gli affioramenti gessoso-solfiferi che si
concentrano tra Leonforte, Agira, Centuripe e compendiano la loro presenza
valorizzativa e l’alto valore testiomoniale nel complesso della miniera di Floristella
e di Grottacalda. Altri elementi di spessore paesaggistico naturalistico si ritrovano
nei complessi rocciosi dei quarzareniti che si rivelano nelle ormai note “pietre
incantate della contrada Ronza”.
Il paesaggio a Sud della provincia subisce un altro cambiamento proprio per la
grande risorsa vegetazionale e boschiva di Aidone e di Valguarnera, rappresentata
dalle aree protette dalla Riserva naturale Orientata dei boschi di Rossomanno
Grottascura e Bellia.
Alle aree naturali e naturalistiche si integrano, infatti, a modello di un grande parco
territoriale pluritematico, le aree della Miniera di Floristella-Grottacalda, le aree
naturali e minerarie di Baccarato ed, infine, il sistema delle aree archeologiche di
Morgantina e Piazza Armerina nonché il sietma archeologico di Assoro e quello
inesplorato sdi C.da Geraci.
Area archeologica di Morgantina
E’ proprio la compresenza del sistema archeologico industriale e del sistema
archeologico
classico,
quest’ambito
della
oltre
provincia
al
grande
quello
patrimonio
maggiormente
boschivo,
orientato
che
a
fa
di
ric hiedere
strategie e metodologie di Pianificazione che meritano di costruirsi in sintesi con
gli indirizzi della Pianificazione paesaggistica.
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Bosco di Rossomanno
Il lago di Pergusa rappresenta un elemento di grande originalità idrogeologica
risultando privo di emissari ed immissari (endoreico). Con un perimetro del suo
ovale di circa 5 Km e per una superficie di circa 12 Ha, assume una forte
connotazione biologica grazie all’origine salmastre delle sue acque, pur non avendo
relazioni idrologiche di nessuna natura con il mare. La conca pergusina é protetta
dalla riserva naturale speciale affidata in gestione alla stessa Provincia Regionale di
Enna con la L.R. 71/95.
Come tutte le fonti d’approvvigionamento d’acqua, la conca pergusina porta in sè i
caratteri del sito mitologico. Il lago rappresenta l’elemento centrale di un sistema
culturale e naturale che deve comunque dialogare con i processi d’antropizzazione
in atto, i quali ormai costituiscono un elemento configurante del paesaggio della
Conca.
Il dibattito intorno alla sostenibilità delle attività sportive motoristiche deve cogliere
i caratteri di sito antropizzato. Le iniziative intorno al rilancio della Riserva devono
sostenersi, nella consapevolezza che la Conca possiede un’eccezionale capacità
d’essere luogo di relazioni e di storia umana.
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Va ricordato che con la L.R. n. 7/2003, in deroga alle previsioni regolamentari che
L’Autodromo
La Riserva Naturale di Pergusa
concedevano una moratoria triennale all’attività dell’autodromo in vista della sua
delocalizzazione, ne è stata ristabilita la coesistenza in seno all’area di riserva.
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IL SISTEMA AMBIENTALE-INSEDIATIVO
IL PATRIMONIO STORICO-ARCHEOLOGICO
La provincia di Enna è ricca di numerosi elementi di attrattiva sia di tipo ambientale
e paesaggistico, sia di tipo storico-artistico. Attualmente però si constata che a tale
ricchezza patrimoniale non conseguono politiche capaci di creare valore aggiunto
per l’insufficiente ottimizzazione delle potenzialità turistiche.
Se si considerano i dati statistici relativi alle sole presenze annuali presso la Villa
Romana del Casale a Piazza Armerina (il secondo sito archeologico italiano per
numero di visitatori dopo Pompei), e si confrontano con i dati relativi ai
pernottamenti nella provincia di Enna, si rileva che le sole presenze della Villa
Romana del Casale ammontano ad oltre sei volte gli arrivi totali presso le strutture
ricettive della provincia. Lo stesso dato di permanenza media in queste ultime
risulta estremamente basso.
Ciò significa che il turismo in provincia di Enna è quasi esclusivamente di transito, e
ciò non a causa, come evidentemente dimostrato dai dati di affluenza alla Villa
Romana, di una scarsa attrattività del comprensorio rispetto ai flussi turistici,
quanto piuttosto dalla carenza di politiche di promozione e sviluppo del settore e
dunque di:
•
di un piano di valorizzazione e promozione turistica che abbia lo scopo di
creare performance nell’integrazione delle risorse;
•
di strutture ricettive e di supporto;
•
di una adeguata organizzazione turistica che facendo perno sulla diversità
delle risorse riesca ad attrarre, durante tutto l'anno, i flussi turistici ed
occupare le strutture esistenti.
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Il turismo, che può essere indirizzato ed accolto, è quello di tipo naturalisticoescursionistico del patrimonio fisico/naturale e culturale. Il quale coinvolge fasce
sociali che
dotati di una capacità di spesa superiore alla media; si tratta di un
turismo qualificato che può essere attratto solo da circuiti ben concepiti e strutture
alberghiere e del tempo libero di livello qualitativamente elevato.
Il patrimonio culturale offerto
Il patrimonio storico – culturale della provincia ennese si presenta particolarmente
ricco e variegato.
Solo nel settore monumentale i comuni della provincia hanno, complessivamente, relativamente ai beni già riconosciuti e catalogati – circa 590 monumenti così
distribuiti:
Distribuzione beni monumentali nei comuni della provincia di Enna
COMUNE
QUANTITA’
Agira
50
Aidone
30
Assoro
17
Barrafranca
13
Calascibetta
22
Catenanuova
8
Centuripe
20
Cerami
12
Enna
50
Gagliano C.
14
Leonforte
23
Nicosia
85
Nissoria
1
Piazza Armerina
85
Petraperzia
24
Regalbuto
38
Sperlinga
4
Troina
67
Valguarnera
16
Villarosa
TOTALE
7
586
30____________________________________________________________________
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Al di fuori degli ambiti urbani, inoltre, è presente un notevole numero di masserie,
palazzi nobiliari, miniere, mulini, etc… che mostrano la vastità e la diffusione del
patrimonio provinciale.
Anche in ambito archeologico, ed al pari di quello monumentale, il territorio ennese
può
aspirare
a
rivestire
un
ruolo
significativo
nel
panorama
regionale
in
considerazione dell'alto numero di siti archeologici e dell’alto livello nazionale ed
internazionale che essi rivestono, in rapporto alla localizzazione territoriale.
A parte le già conosciute Villa del Casale e Morgantina, nel territorio sono
individuabili diverse realtà con diversificate localizzazioni:
Distribuzione beni archeologici nei comuni della provincia di Enna
QUANTITA’
Siti vincolati ai sensi
COMUNE
Siti non vincolati
della legge n°1089
Agira
1
6
Aidone
1
40
Assoro
1
9
Barrafranca
/
15
Calascibetta
1
9
Catenanuova
/
2
Centuripe
2
17
Cerami
=
7
Enna
8
41
Gagliano C.
/
2
Leonforte
/
6
Nicosia
1
10
Nissoria
/
3
Piazza Armerina
2
26
Petraperzia
1
28
Regalbuto
1
10
Sperlinga
/
11
Troina
1
6
Valguarnera
1
4
Villarosa
/
4
11
219
TOTALE
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Quanto sopra indicato è solo una parte del vasto ambito del patrimonio storico
culturale della provincia, che con la grandezza - ed in parte inesplorato – del
settore dei beni storico-artistici, presenti nei numerosi edifici religiosi, le biblioteche
e, non ultimi, i beni ambientali e paesaggistici di cui il territorio è ricchissimo
(riserve. Aree boschive, aree lacustri, etc…) possono innescare una forte azione
propulsiva all’economia provinciale.
ELENCO DEI BENI ARCHEOLOGICI E STORICO-ARCHITETTONICO
0 c.da imburgia - necropoli
1 monte altesina - insed.preistorico - centro indig.ellen:abitato e op.dif.(vincolo
1089/39)
2 c.da castagna - necropoli indigena ellen.
3 c.da vaccara - resti bizantini
4 c.da perciata - segnalazione (grotte)
5 resti di castello
6 santi quaranta - necropoli rupestre
7 la croce - necropoli greco classica
8 c.da casalini - resti bizantini
9 c.da grottelle zuccaleo - necropoli eta' ferro
10 s.salvatore - resti eta' bronzo - resti eta' greco classica,romana,bizantina
11 centro urbano - necropoli resto di castello medievale
12 racal - necropoli del bronzo strutture antiche
13 c.da raffo signora dell'orto - fattoria ellenistica
14 contrada lavina - fattoria ellenistica
15 vallone densa - riparo ugo longo - insed.paleol.super.resti ind.tardo gravet tiana
16 monte scalpello - resti eta' neolitica ed eneolitica - centro indig.ellen. -necropoli
17 monte sanita' - santuario eta' arcaica
18 monte s.agata - necropoli indigeno ellen. (vincolo 1089/39)
19 santuario rupestre - resti rta' bizantina
20 castello svevo - ruderi castello medievale
21 c.u. -resti citta' greco romana-necr.eta' ellen. -resti edifici eta' romana
22 monte giuffo-insed.indigeno ellen.-necrop.indigeno ellen. pizzarolus
23 c.da s.giuliano-segnalazione
24 c.da gurgassi - segnalazione
25 grotte baldassarre - necropoli con tombe a grotticella eta' preistorica
26 sottoconvento - necr. tombe grot.eta' preist.-insed.indig.el.-resti biz.(vincolo
1089/39)
27 contrada marcato - resti eta' preistorica-insed.indig.ellen.-resti eta' romana
28 paparanza-resti eta' preist.dal neolitico al bronzo-resti eta' romana
29 centro urbano - abitato, necropoli, opere di difesa ellenistica - terme eta'
romana
30 monte mugana' - tyrakinai - centro abitato greco ellen. - necropoli
31 c.da femmina morta - resti eta' preistorica - tracce abitato eta' greco romana
32 rocca sanpateon - resti eta' neolitica - resti eta' greco romana
33 balzo della rossa - insediamenti rupestri e necropoli
34 c.da cicera - strutture rupestri
35 balzo rocca corta - strutture rupestri
36 monte castello - strutture rupestri
37 valle di cannella - strutture rupestri
38 centro ubano - insediamento rupestre di eta' medievale
39 monte grottavecchia - strutture rupestri
40 contrada monacello - necropoli rupestre
41 c.da piano arena - resti eta' preistorica
42 zorie - segnalazione
43 stupari savarino - segnalazione
44 femminamorta - insed.e necr.romana-insed.tardo antico biz. -necr.(vincolo
1089/39)
45 sparagogna ii - resti eta' greca, eta' ellenistica
46 c.da tamburino - resti eta' preistorica
47 monte s.giorgio - centro indigeno ellen. -centro greco classico
48 monte porticella - resti eta' preistorica
49 sparagogna i - resti eta' greco ellenistica
50 rocche parcazzo - opere difesa eta' preistorica greca - tombe - insediamento
bronzo antico
51 caprarotta - insediamento del bronzo - opere difesa
52 rocche tornambe' - necropoli del bronzo - necropoli indigeno ellen.
53 le rocche - tombe eta' preistorica - tombe eta' ferro
54 cozzo cialandria - insediamento eta' bronzo - tombe eta' ferro
55 serra di mezzo - necropoli eta' bronzo ed eta' ferro
56 runzi - eta' ellenistica e romana - fattoria (vincolo l.1089/39)
57 rancitito - insediamento necropoli eta' ferro - necropoli
58 rocche recinto - insed. eta' del ferro;resti opere di difesa:necropoli con tombe
59 monte cane - tombe a forno dell'eta' del bronzo
60 rocche donna ricca - insediamento eta' del bronzo - tombe a camera
61 c.da balate - necropoli dell'eta' del bronzo
62 serre - necropoli con tombe a forno dell'eta' del bronzo
63 c.da pirito - insediamento eta' del bronzo - necropoli con tombe
64 cozzo sbenta - necropoli con tombe a forno dell'eta' del bronzo
32____________________________________________________________________
Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
65 monte grande - insediamento dell'eta' del bronzo
66 zubia - insediamento dell'eta' del bronzo - centro indigeno ellen.
67 regalsese - resti di eta' alto-medievale e araba
68 localita' della valle - insediamento eta' del bronzo e romano
69 marcato del re - insediamento eta' del bronzo - centro indigeno ellen.
70 la fastuchera - necropoli dell'eta' del bronzo
71 canneto - insediamenti eta' del bronzo - necropoli con tombe
72 vigna d'ascari - necropoli eta' del bronzo - insediamento indigeno ellen.
73 roccazzella - fornaci eta' ellenistica - opere di difesa
74 scalazza - grotte preistoriche insediam. eta' bronzo
75 madonna della cava - resti eta' romana
76 c.da capostra - strutture rupestri
77 abbeveratoio c.da castani - resti eta' bizantina medievale
78 masseria ramata – segnalazione
79 vallone gresti-necropoli romana
80 monte ramursura - centro indigeno ellen. - resti eta' grco ellen e romana necropoli
81 rabottano - resti di edifici fornaci
82 monte navone - resti eta' preistorica - insediamenti indigeni ellen. - resti bizan.
med.
83 friddani - fattoria ellenistica
84 contrada rossignolo - segnalazione
85 monte mangone - necropoli romana
86 masseria geragi - resti dell'eta' romana
87 serra croce - segnalazione
88 scarante - segnalazione
89 montagna di marzo - insediamento indigeno ellen.- opere di difesa e abitato
90 c.da albana - centro indigeno ellenizzato - necropoli greco romana
91 casale - villa tardo ant ica - resti eta' arabo-normanna (vincolo 1089/39)
92 rometta - segnalazione
93 gallinica - necropoli tardo romana e bizantina
94 nasca di morto - resti eta' greca,romana,bizantina.
95 monte manganello - centro indigeno ellenizzato - opere difesa
96 serafina - segnalazione
97 nasta e rastello - resti eta' neolitica - resti bizantini
98 rocche groppazzi - segnalazione
99 monte s.mauro - insediamento eta' bronzo
100 fattoria brajeni - fattoria ellenistico-romana e tardo romana
101 contrada perciata - necropoli - resti eta' greco class. e romana
102 c.da favara - segnalazione
103 contrada picinosi - necropoli indigeno - ellenizzata
104 c.da s.elena - necropoli
105 canalotto - resti strutture romane
106 sampieri - strutture antiche
107 pizzo castellaccio - castello di tavi-ruderi eta' normanna
108 faccia lavata - resti strutture antiche
109 rocca cortese - centro abit.ind.ellen. -necropoli-resti
110 castello - necropoli e resti castello mediev.
111 vallone scaldaferro - resti archeologici vari periodi
112 c.da acqua del conte-insediamento romano
113 monte carangiaro-resti insed.preistorico e indigeno ellenizzato
114 rocca di cerere localizzazione tempio greco-romano
115 monte cafeci-segnalazione
116 banca d'italia-resti strutture eta' greca,romana,bizantina,medievale(vincolo
1089/39)
117 cozzo staglio - necropoli indigeno ellenizzata
118 cozzo jacopo - centro indigeno ellenizzato
119 cozzo matrice-insed.eta' bronzo;cen.indig.ellen;necr.a cam.,sant.greco(vincolo
1089/39)
120 monte della furma - segnalazione
121 castello di lombardia - acropoli citta' greco romana
122 parasporino - necropoli eta' indigeno ellenizzata
123 centro urbano - fornace extra moenia-resti basiliani
124 c.da zagaria-resti eta' indigeno ellenizzata
125 cozzo mandrascati - segnalazione
126 abbeveratoio vitello - segnalazione
127 cozzo stella - resti eta' greco arcaica e greco ellen. - opere difesa
128 rocca crovacchio - necropoli indigeno ellenizzata
129 monte strazzavertole - resti eta' indigeno ellenizzata
130 cinta muraria pisciotto - opere difesa eta' greca (vincolo 1089/39)
131 necropoli pisciotto - necropoli greco ellenistica(vincolo 1089/39)
132 masseria gallizzi - centro indigeno ellenizzato
133 necropoli spirito santo - necropoli rupestre eta' greco classica
134 rossomanno - centro indg.ellen-opere difesa-abitato-necr.santuario(vincolo
1089/39)
135 capodarso-centr.indig.ellen. -opere difesa necropoli-(vincolo 1089/39)
136 monte juculia - segnalazione
137 bubudello - resti fattoria romana - necropoli romana
138 c.da fundro'-insediamento bizantino opere difesa
139 balatella-resti eta' romana
140 gallizzi - resti eta' romana
141 risicalla' - necropoli eta' greca
142 rocche di scioltabino - necropoli romana
143 mola li gotti - resti fattoria romana
144 poggio baronessa - grotta con resti eta' bizantina
145 cozzo capitone - centro indigeno ellenizzato
146 bruchito - segnalazione
147 gerace - villa romana
148 c.da carangiaro - insed.to preist eta' neolitica-eta' del bronzo;resti
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
bizantini;neocrop.
149 c.da cuba muglia-insediamento e necropoli eta' preistorica:dal neolitico al
bronzo antico
150 c.u.chiesa del crocifisso - muro d'argine nei pressi della chiesa
151 c.u. via scipione - resti abitato
152 c.u. chiesa della maddalena - muro antico
153 piano pozzi - muro d'argine
154 monte porcello - resti abitato greco ellenistico
155 strada comunale panaria - casa delle maschere - resti abitato
156 c.da bagni - necropoli
157 c.da casino – necropoli
158 chiesa del crocifisso - strutture ellenistico-romane con mosaico
159 castellaccio - fornace ellenistica-resti castello medievale
160 acqua amara-resti termali eta' ellenistico-romana
161 mulino barbagallo-complesso monumentale statue marmoree di augusto ecc.
162 c.u.monte calvario falde - resti abitato
163 strada comunale panaria - resti abitato
164 carcaci - nec rop.rup.,resti eta'bronzo,strutt.romana(vincolo 1089/39)
165 c.u. stalle antiche
166 piano capitano - necropoli
167 c.u. casa biondi - muro antico
168 c.da bagni-resti termali eta' romana
169 panneria-casa ellenistica (vincolo 1089/39)
170 c.u. - ritrovamento statua loricata
171 vallone difesa - localizzazione ginnasio
172 pressi castellaccio - fornace
173 c.da difesa - fornaci
174 castello di corradino - mausoleo romano
175 c.u. - centro ellenistico romano:mura,abitato,fornaci
176 c.u. - convento s.agostino-ruderi
177 centro urbano la dogana-fontana cisterna eta' romano imperiale
178 gelso - resti abitato
179 c.u.colle dell'annunziata - ruderi
180 fondo castiglione - muro d'argine
181 centro urbano - chiesa madre
182 c.u. via fragala' - stanze antiche
183 c.da agliastrello - resti abitato
184 sp catenanuova-centuripe - fornace
185 chiesa addolorata - resti antichi
186 c.da pietralunga - segnalazione
187 piano pozzi - muro d'argine
188 c.u. fondo calcerano - antica costruzione
189 piano pozzi - muro antico
190 piano pozzi - resti abitato
191 fondo testai'-cisterna antica
192 c.u. case zinna - muro antico
193 c.u. chiesa s.maria delle grazie-muro antico
194 c.da buzzone - resti periodo romano (centro abitato)
195 isola di niente - segnalazione
196 valle coniglio - necropoli tombe camera indigeno ellen.
197 cozzo s.giuseppe-necropoli eta' ferro
198 malpasso - necropoli dell'eneolitico
199 case mastro - necropoli preistorica
200 c.da destra - necropoli eta' bronzo
201 realmese-insed.eneolitico-necrop.tombe grotticella eta'ferro(vincolo 1089/39)
202 chiesa bonriposo - necropoli preistorica
203 vallone calcarella - resti eta' bronzo,necrop.con ipogei eta' ferro
204 c.da setica "siddica" - insediamento preistorico - resti eta' romana
205 ippolito fontanazza - resti et a' del bronzo e romana
206 case vicario - resti di eta' ellenistica e di eta' bizantina - ab. romano
207 miniera galati - necropoli eta' ellenistica e eta' romana
208 giardino di gelsi - necropoli romana
209 centro urbano - resti necropoli bizantina - torre medievale
210 re giurfara - necropoli ellenistica,romana,bizantina
211 c.da tardara - necropoli bizantino - araba
212 c.da s.croce - resti eta' romana
213 s.salvatore - grotte preistoriche
214 c.da torre - insediamento eta' bronzo
215 cadarella - resti eta' ferro e bronzo
216 vallone sottoserra - centro indigeno ellenizzato
217 grotta di s.giorgio - grotta preistorica
218 bosco - resti monastero bizantino
219 s.giugliano - centro indigeno ellenizzato;necropoli ellenistica
220 c.da ciaramito - resti eta' greco arcaica
221 piano corte - centro indigeno ellenizzato - necropoli ellenistica
222 s.giorgio - centro abitato ind./ellen.;necropoli eta' greca;strutture romane
223 s.giugliano - centro indigeno ellenizzato;necropoli ellenistica
224 centro urbano - resti di mura in opus quadratum (poligonale)
225 dolei - insediamento tardo romano (vincolo 1089/39)
226 piano murra - necropoli romana
227 carmine-centro indigeno ellen.:necr.e centro abitato-fornaci eta' ellen.
228 castello-resti eta' medievale
229 casa gres ti - resti eta' greco arcaica-tardo romana,bizantina e medievale
230 cozzo pietrapesce - resti eta' romana e alto medievale
231 morgantina-centro ellen.romano:abitato.,sant.,necr,agora',teatro(vincolo1089/39)
232 casa malaricotta - insediamento medievale
233 casa parisi - necropoli indigeno ellenizzata - resti eta' romana
234 casa tuffo - resti eta' ellenistica tardo romana e bizantina
235 c.de colla e palmera - resti eta' neolitica (ossidiane)
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
236 cozzo s.giuseppe - centro indigeno ellenizzato
237 fosso di feudo nuovo - insediamento eta' ellenistico romana
238 chiesa s.marco - resti eta' alto medievale
239 belmontino sottano-resti eta' romana tardo romana e medievale
240 c.da crunici - tomba a grotticella resti eta' bronzo
241 c.da fargione i - necropoli grotticella eta' preistorica resti eta' bronzo
242 castello gresti - resti eta' romana
243 c.da fargione - resti eta' preist.greca,romana,tardo romana,resti arch.eta'
greca
244 casa toscanello - resti eta' preistorica,greca,romana,bizantina
245 c.da toscanello - tombe grott.eta' preist.,resti eta' bronzo
246 tenuta s.maria la mattina - resti eta' preistorica,greca,romana,bizantina
247 casa valle maida - resti eta' preistorica(lavorazione di selce e ossidiana)
248 cozzo s.bartolo - centro indigeno ellenizzato-resti eta' romana
249 c.da fondacazzo - resti tardo romana,bizantina e medievale
250 cozzo campana - resti eta' preistorica
251 masseria mendola sottana - cava preistorica(quarzite) resti eta' bronzo
252 abbeveratoio dell'acqua-insediamento greco ellenistico
253 collina della moneta-insediamento ellenistico romano-resti eta' tardo romana
254 c.da scoppina-resti eta' preistorica ellenistica,romana e bizantina
255 casa raffiotta-resti eta' preistorica e greca
256 monte dragofosso-resti eta' preistorica
257 c.da prato-insediamento greco arcaico
258 c.da neggi-necropoli ellenistica,resti eta' tardo romana e bizantina
259 casalgismondo sottano-fattoria ellenistico romana
260 masseria giresi-resti eta' bronzo,cava pietra eta' ellenistico romana,resti
bizantini
261 masseria dragofosso-resti eta' preistorica (neolitico e bronzo)
262 monte molera-centro indigeno ellenizzato
263 c.da dragofosso-necropoli ellenistica,insediamento romano e tardo romano
264 masseria sollima-resti eta' ellenistico romana e tardo romana
265 borgo baccarato-resti ellenistico romani,resti castello medievale
266 casa colonica belmontino-insediamento ellenistico romano
267 contrada liotta-strutture edificio con cisterne eta' greca
fonte: indagine del PTP
La valorizzazione dei beni culturali: Il caso della Villa del Casale e dell’area
archeologica di Morgantina
L’analisi delle potenzialità turistiche costituite dai poli, comunemente noti, della
Villa del Casale e dell’area archeologica di Morgantina appare, per molti aspetti,
originale ed interessante.
La prima considerazione che, sta alla base del caso in questione, riguarda la
posizione geografica del territorio provinciale di Enna nel contesto regionale che,
come è noto, è l’unico senza uno sbocco sul mare, pertanto, non può contare
sull’apporto di flussi di turismo balneare che, in qualche misura, sceglie anche
momenti di integrazione della vacanza con la fruizione di beni culturali, preferendo
quelli più noti o quelli indicati dalle organizzazioni turistiche. La capacità di attrarre
flussi turistici legati ai beni culturali, nel caso del territorio ennese, va giocata,
dunque, per intero, sulla loro forza di attrazione e sul forte richiamo di un’offerta
integrata cultura – natura e di quei flussi che non disdegnano il circuito combinato
mare- monti.
La seconda considerazione riguarda la particolare attenzione che viene rivolta al
territorio ed alla individuazione delle linee di uno sviluppo possibile e compatibile,
basato su una puntuale ricognizione delle risorse endogene e su una loro funzione
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
nell’ambito di due specifici strumenti di sviluppo locale: un Leader II ed un Progetto
Integrato Territoriale. Entrambi, ricomprendono i territori dei comuni di Aidone e di
Piazza Armerina, interessando specificatamente il nostro caso.
Il Leader II, ad esempio, ha censito i siti turistici nel territorio interessato al
Progetto (Aidone, Assoro, Enna, Leonforte, Nissoria, Piazza Armerina, Valguarnera,
Villarosa) che sono ben 60 nel territorio di Aidone (compresa l’area di Morgantina e
che può contare anche sul forte segno di identità culturale costituito dal centro
storico) e 48 sono, invece, i siti turistici rilevati nel territorio di Piazza Armerina,
che comprendono oltre la Villa del Casale l’importantissimo ed originale nucleo
storico. La capacità di lettura del territorio e della sua storia, che costituisce
condizione fondamentale per una presa di coscienza della comunità locale delle
risorse disponibili nel territorio stesso e del ruolo per disegnare il futuro della
comunità.
Il PIT opera, con immediatezza, la scelta del turismo come motore dello sviluppo e
la natura e l’archeologia come elementi fondamentali per la promozione turistica.
L’ambito territoriale interessato coincide con l’area meridionale della provincia e
comprende i territori dei comuni di Enna, Aidone, Barrafranca, Calascibetta, Piazza
Armerina, Pietraperzia, Villarosa, con una popolazione di 88.460 abitanti. Uno
strumento di sviluppo locale così fortemente caratterizzato nella scelta del settore
produttivo trainante, turismo – natura - archeologia, doveva necessariamente
partire dalla considerazione della disponibilità delle risorse, che costituiscono il
punto di forza, per lo sviluppo del territorio, dalla contestuale valutazione dei
motivi, che impediscono la loro valorizzazione e che costituiscono punti di
debolezza, da superare con la strategia del Progetto.
Nell’area del PIT è presente la tipologia classica dei beni culturali: siti archeologici,
complessi minerari dismessi, fortificazioni (torri e castelli), edifici di culto di
particolare valore storico - artistico.
La forte identità culturale, oltre che dal patrimonio di beni storico - culturali si può
riscontrare non solo nelle cerimonie tradizionali, ma anche negli usi quotidiani dei
residenti nei centri storici minori, che il PIT considera preziosa risorsa da
valorizzare. Il punto di debolezza che impedisce la piena valorizzazione di questo
patrimonio- come già ricordato - si riferisce alla carenza di sistemi di gestione,
valorizzazione e messa in rete delle risorse naturali, ambientali, culturali ed umane.
Da qui trae la sua ragione il PIT che vuole, appunto, la piena valorizzazione di
questo patrimonio espressione dell’identità locale e base essenziale per un
processo di sviluppo economico dell’area.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Il PIT inserisce tra le sue proposte una molteplicità di interventi per potenziare il
ruolo dei due tradizionali punti di forza del territorio: la Villa del Casale di Piazza
Armerina, l’area archeologica di Morgantina, il Museo Archeologico di Aidone. Il
Museo
viene
considerato,
unitamente
al
sito
archeologico,
“propulsore”
dell’economia locale. Attualmente ospitato in una parte dell’ex Convento dei
Cappuccini, necessita di interventi sia per renderlo maggiormente fruibile, sia per
garantire i necessari livelli di sicurezza. La sua funzione dal punto di vista culturale
è rilevante poiché custodisce i reperti di una area che viene considerata una delle
più importanti del bacino del Mediterraneo.
Il PIT prende anche in considerazione iniziative di promozione del turismo, con il
potenziamento del Teatro ellenistico nel sito di Morgantina. Si prevede, infatti, di
ampliare la sua capienza sino a 1.500 spettatori; l’incremento del numero degli
accessi ed una razionale articolazione dei percorsi, per consentire un’adeguata
lettura delle varie parti del sito. È prevista, inoltre, sempre al fine di migliorare la
lettura del sito, la collocazione di appositi pannelli didattici all’interno dei percorsi.
Ma è convinzione che la potenzialità del sito e la sua capacità di attrarre più
numerosi
flussi
turistici,
dovrà
necessariamente
contare
su
momenti
di
rappresentazioni e di viste notturne, per cui è prevista la realizzazione di un
moderno e razionale impianto di illuminazione.
Il potenziamento della fruizione della Villa del Casale è l’altro obiettivo del PIT.
Opportunamente le iniziative previste partono da una ottimale perimetrazione al
fine di garantire la sicurezza del sito, anche per i reperti non ancora sottoposti a
campagna di indagine. Il PIT si fa carico, inoltre, di migliorarne e
l condizione di
fruizione, razionalizzando gli accessi, la sosta e il parcheggio e la realizzazione
d’una idonea area commerciale. Prevede ancora un’indagine sul paleosuolo per
definire la conoscenza del sistema idrogeologico nel periodo di edificazione della
Villa, nonché interventi di difesa del territorio. Prevede, infine, la riqualificazione
del tratto stradale di collegamento tra la Villa ed il centro di Piazza Armerina e la
definizione progettuale di un collegamento diretto anche con l’accesso alla Villa
attraverso
percorsi
meccanizzati.
Ma
il
necessario
potenziamento
dei
siti
archeologici può contare sull’apporto di tre iniziative di altissimo valore storico e
scientifico promosse congiuntamente dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed
Ambientali di Enna e dalla stessa Provincia Regionale di Enna. Le iniziative hanno
tutte la finalità di ampliare l’aera della conoscenza dei siti della Villa del Casale, di
Morgantina e di Montagna di Marzo.
I dati relativi al numero dei visitatori evidenziano una fruizione assai modesta e,
peraltro, in decremento sia nel Museo che nel sito archeologico ed invece, una
buona fruizione, in modesto incremento, del sito relativo alla Villa Imperiale del
___________________________________________________________________ 37
Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Casale di Piazza Armerina; il numero dei visitatori è risultato nel 2001 - secondo i
dati dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali - superiore a quello dei visitatori di
Segesta e Selinunte.
Proprio per potenziare la capacità di richiamo nazionale ed internazionale del sito, il
PIT si fa carico di iniziative che potenzino il suo ruolo, relative sia alla sua
salvaguardia che all’ampliamento della sua fruizione.
A queste iniziative, già ricordate, si aggiunge quella ulteriore promossa dalla
Soprintendenza
ai
Beni
Culturali
ed
Ambientali
di
Enna,
finalizzata
al
potenziamento del sito e che riguarda una esplorazione archeologica della “ Pars
Fructuaria” della Villa Imperiale del Casale. Della Villa è stata portata alla luce la
parte padronale (Pars Dominica) che con i suoi pavimenti musivi estesi per 3500
mq – dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è nota nel mondo, ed è una
delle ville tardo - romaniche più estese e complesse, collocata in un contesto
territoriale caratterizzato da sconfinati paesaggi agrari, all’interno del quale
sorgeva il “mansio” luogo di sosta e stazione di posta sulla strada romana Catania Agrigentum. Il Progetto prevede l’ampliamento della conoscenza del complesso
archeologico per un sua più completa ed efficace lettura.
Non si conosce, difatti, la “Pars Fructuaria” quella parte, cioè, dedicata all’attività
produttiva svolte nelle Villa, con le costruzioni destinate allo svolgimento delle
attività agricole, alla produzione artigianale legate alla fruizione dell’immenso
patrimonio architettonico e destinate all’alloggiamento della famiglia servile.
L’esito positivo dell’esplorazione archeologica programmata e il ritrovamento delle
testimonianze
che
completano
il
disegno
del
sito,
costituirà
un’occasione di fortissimo richiamo turistico e sarà una pagina
certamente
assai importante
per la politica dei beni culturali in Sicilia.
Un’altra
iniziativa
Soprintendenza
di
che
Enna,
rientra
riguarda
nell’ambito
una
della
campagna
ricerca,
di
scavi
assunta
e
di
dalla
lavori
di
manutenzione straordinaria nel sito archeologico di Morgantina. L’iniziativa parte
dalla considerazione che Morgantina è in una posizione di crocevia, tenuto conto
del sistema viario e del disegno degli insediamenti della Sicilia, che videro venire a
contatto i conquistatori greci, attratti dalle notevoli risorse agricole ed economiche,
con le popolazioni indigene che risiedevano in quei luoghi sin dall’età del bronzo.
Il sito, che si estende per 3 km quadrati, si articola in due nuclei principali:
l’acroporo di “Entella” che è il luogo più elevato (595 m. s.l.m.) e l’ampia contrada
di “Serra Orlando” dove sorgeva la parte più consistente dell’abitato, riferibile al
nucleo insediativo urbano della seconda metà del V secolo; l’antica formazione
greca, conquistata dal condottiero siculo Ducrezio, fu elevata poi al rango di centro
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
di particolare importanza in epoca ellenica, sotto l’egida del monarca siracusano
Gerone II.
Questi brevi e assai parziali cenni storici evidenziano, comunque, il rilevante
interesse storico ed archeologico del sito, che costituiscono un autentico caposaldo
per la conoscenza della Sicilia antica.
Morgantina, assai opportunamente, è stata inclusa tra le aree classificabili come
“Parchi Archeologici” dall’Assessorato Regionale Beni Culturali. L’iniziativa della
Soprintendenza è
esplicitamente finalizzata all’incremento turistico, attualmente
assai modesto con un numero di 30.000 visitatori annui.
Sono previsti, difatti, interventi che facilitino la fruizione del sito e garantiscano al
contempo
la
sicurezza
dei
visitatori,
interventi
conservativi
specialistici sui
pavimenti musivi e sugli intonaci parietali dipinti, che interessano i principali
complessi monumentali, dislocati all’interno delle aree demaniali.
Sono previsti, inoltre,
strumenti per migliorare e agevolare la conoscenza della
storia del sito, con la collocazione di pannelli didattici, che illustrano le varie tappe
del percorso di visita, conducendo il visitatore all’interno di un palinsesto
archeologico, estremamente variegato per epoche e per consistenza tipologica architettonica. E’ prevista anche la realizzazione di una postazione multimediale
dotata di applicazione interattiva, che comprenderà i dati più salienti, relativi alla
storia del sito ed ai risultati delle esplorazioni archeologiche.
A tal fine va ricordata l’iniziativa progettuale della Provincia Regionale di Enna in
ordine alla valorizzazione e fruizione del Teatro ellenistico di Morgantina.
La
terza
iniziativa
della
Soprintendenza
di
Enna
riguarda
“L’esplorazione
archeologica dell’Acropoli e delle aree sacre della Città indigena ellenizzata di
Montagna di Marzo” a Piazza Armerina. Il sito archeologico Montagna di Marzo che
- secondo alcuni studiosi - coincide con la Città indigena di Herbessos citata da
Diodoro Siculo, Polibio e Tito Livio, costituisce uno dei luoghi di maggiore ric hiamo
scientifico della Sicilia. Si tratta, difatti, di uno dei più grandi centri indigeni ellenistici; è un luogo fortificato con un rilevante interesse strategico per il controllo
delle vie di penetrazione destinate al passaggio dalla costa meridionale della Sicilia
(tra Gela e Agrigento) e l’area settentrionale dell’Isola: la Città uscì indenne dalla
fase di romanizzazione della Sicilia che vide, invece, il collasso di molte località del
mondo greco- indigeno con la sua conferma a centro vitale e fiore nte, sino
all’epoca imperiale tardo-romana e bizantina.
Il sito si trova ad una distanza di 20 km. a Nord-Ovest da Piazza Armerina ad un
altitudine di 713 metri all’interno di una vasta conca.
Considerato il valore scientifico, storico e culturale del sito, l’iniziativa si propone di
migliorare il contesto conoscitivo attraverso scavi ed esplorazioni con acquisizione
delle aree e adeguata sistemazione, “finalizzata ad accrescere la pubblica fruizione
e finalizzata alla perimetrazione del sito e istituire il parco archeologico”.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Peraltro, l’istituzione del Parco Archeologico “Montagna di Marzo” è stata riproposta
con forza
dalle Associazioni culturali e dalla comunità locale. A queste iniziative
che riguardano tutta la risorsa archeologica va aggiunta quella che riguarda una
campagna di scavi nell’area Realmese di Calascibetta nonché la valorizzazione dei
siti
archeologici
ricompresi
all’interno
dell’area
del
Morello
(Villarosa
e
Calascibetta).
La vastità ed il valore dei siti archeologici, sinora portati alla luce e quelli di eguale
o maggiore valore, che si presume possano aggiungersi con le programmate
campagne di scavi, fanno dell’ennese un polo centrale dell’archeologia siciliana.
Questa
centralità
potrebbe
affermarsi
con
l’organizzazione,
con
cadenze
programmate, di convegni, seminari, premi, rappresentazioni teatrali o altri
spettacoli di grande suggestione e di forte richiamo.
Attendere fatalisticamente grandi flussi di visitatori, senza una costante presenza
sul mercato turistico, nel mondo accademic o, nelle scuole e non attribuendo
costante ed incisivo rilievo all’esistenza di questo tesoro, non è la via migliore per
ottenere i risultati sperati.
Peraltro, esiste già sul territorio una struttura specializzata e cioè l’Ente Biennale di
Archeologia, che potrebbe assumere la titolarità dei programmi culturali, scientifici
e di immagine. Si potrebbe pervenire anche alla costituzione di un “distretto”
archeologico, quale motore dello sviluppo dell’intero territorio provinciale, con forti
capacità di relazioni esterne all’area e più fondate potenzialità, per un’offerta
turistica integrata, che è ormai fondamentale in tutte le ipotesi di sviluppo del
territorio.
Ed in ultimo, si sottolinea l’utilità di coinvolgere in questo processo una
sopravvenuta risorsa del territorio e, cioè, il Consorzio Ennese Universitario, sia per
il contributo scientifico che può promuovere, sia per la possibile istituzione,
nell’ambito dell’autonomia universitaria,
risorse
territoriali
(corso
di
laurea
di corsi di laurea e master afferenti le
in
archeologia,
master
sull’archeologia
industriale, scuole di restauro e laboratori del mosaico artistico – artigianato d’arte,
etc. – individuazione di una archeopolis - ) dal momento che il territorio offre,
con i suoi siti, una lettura storica e scientifica di straordinario valore.
Questa nuova metodologia può assicurare la maggiore efficacia all’attuazione delle
iniziative programmate cui si è fatto precedentemente cenno.
Non può sottacersi, in questa sede, nemmeno il fatto che le politiche del comparto
turistico in un’epoca post-industriale accompagnata da un ipersviluppo delle
moderne tecnologie di comunicazione e di diffusione mediale permettono di
coniugare luoghi reali con realtà immateriali “trascorse” .
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Non a caso, l’attrazione di flussi turistici economicamente rilevanti, secondo una
ricerca del
CNEL (1997), deve guardare oggigiorno, per quel che ci riguarda, ai
seguenti sistemi:
“ - la turistizzazione del tempo: parchi giochi, parchi a tema, villaggi vacanze,
navi crociera, aeroporti, etc.;
- l’opulenza della ricchezza e del benessere: centri commerciali, ipermercati,
città commerciali, “comunità recintate”, finanziarizzazione del risparmio, etc.;
- il nuovo magico: TV, cinema, interattività, graphic computer, realtà virtuale,
science-fiction, etc.
Ognuno di questi sistemi tende per sua natura ad invadere gli altri, nonché tutte le
restanti dimensioni e sfere della vita individuale e collettiva, determinando via via
un cortocircuito sensoriale dell’ipermodernità. L’identità si fanno meno radicate
socialmente e non sono più possedute così tanto attraverso l’essere-in, il lavorarein, il vivere in posti particolari in cui si passa la maggior parte del proprio tempo.
L’attuale condizione della modernità è data dal fatto che le identità sono basate più
sulla
mobilità,
sul
movimento,
sull’attraversamento,
sul
transito,
sull’essere
“viaggiatore”, e meno sui luoghi d’origine.
L’organizzazione del turismo come settore separato di pratiche, attività e discorsi, si
sta dissolvendo in un più ampio ambito sociale. C’è una sorta di implosione in un
ambito meno differenziato dove confluiscono shopping, sport, cura del corpo,
intrattenimento, ricreazione, e cultura. C’è, ad esempio, un venir meno delle
distinzioni tra i discorsi turistici e gli altri discorsi, inclusi i discorsi dell’educazione.
Interi insegnamenti accademici si presentano oggi sotto forma di turismo: si pensi
al professore che va in aula con la sue diapositive e i suoi filmati, come un amico di
ritorno da una vacanza con la sua cinepresa. Insomma, ci troviamo davanti a
pratiche turistiche sempre meno distinte dalle altre. “ (da Proposta elaborata da
Gianmario Folini ed Alessandro Scasselati per il Consiglio Nazionale Economia e
Lavoro (CNEL) - 1997
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LE RISORSE DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO,
STORICO ED ETNOGRAFICO
La ferrovia storica.
Nel periodo tra le due guerre la politica di infrastrutturazione nel Sud e nella Sicilia,
connessa alle disponibilità di un certo tipo di risorse energetiche, ha visto il
territorio siciliano interessato da un articolato sistema ferroviario che, oltre a voler
completare il sistema dei collegamenti ferroviari lungo le fasce costiere, ha sentito
la necessità di raggiungere le aree interne e con esse il sistema dell'industria
estrattiva al quale si intendeva assegnare un ruolo fondamentale
nell'economia
dell'isola.
La provincia di Enna che tra l'altro ha visto il suo sviluppo amministrativo proprio in
quel periodo é stata interessata sensibilmente da questa politica dei trasporti.
Le linee ferroviarie nel territorio provinciale sono la Palermo-Catania che si sviluppa
longitudinalmente e trova la diramazione verso il Sud in corrispondenza della
stazione di Xirbi nel territorio della provincia di Caltanisetta.
Dalla linea Palermo-Catania. attualmente in servizio, se ne dirama un'altra, in
corrispondenza della stazione di Motta S.Anastasia, che percorre la valle del Simeto
prima e del Salso dopo, per raggiungere il bacino del Pozzillo e quindi Regalbuto.
Questo ramo ferroviario è rientrato nei programmi di dismissione dell'Azienda
FF.SS. Il sistema delle ferrovia storiche lascia in eredità un altro tratto ormai
dismesso che costituiva un'altro ramo dell'asse di collegamento regionale PalermoCatania; si trattava di un tracciato a scartamento ridotto che, diramandosi verso
Nord dalla stazione di Dittaino, collegava i Centri urbani di Assoro, Nissoria per
fermarsi
a
Nicosia;
verso
Sud
invece
raggiungeva
la
valle
del
Calatino,
attraversando i centri di Valguaranera e Piazza Armerina.
L’antica stazione di Piazza Armerina
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La struttura della rete ferroviaria seguiva anch'essa un articolazione gerarchica "a
Pettine" con un asse portante, rappresentato dal collegamento Catania Palermo, e
un sistema di diramazioni a scartamento ridotto che intendevano collegare i centri
urbani e le relative località minerarie e produttive.
Le vicende degli ultimi quarant’anni e le mutate politiche energetiche hanno
radicalmente rifondato le politiche dei trasporti. Gli investimenti scaturiti dai
progetti di sviluppo della programmazione nazionale e regionale dei trasporti,
hanno
sancito lo sviluppo delle rete stradale in sede propria e l'abbandono
progressivo dei cosiddetti "rami" secondari della modalità di trasporto su ferrato. I
percorsi
ferroviari
del
territorio
ennese
hanno
finito
per
rimanere
delle
"permanenze" fisiche sul paesaggio rurale ennese e lasciano allo stesso un'eredità
che assume il livello di bene etno-antropologico con l'interessante sistema di opere
d'arte che strutturano il percorso. Viadotti, muri di contenimento a valle e a monte
dei tracciati, ponti e rilavati, costituiscono un patrimonio storico sul quale costruire
comunque un'attenzione progettuale di recupero legata alla conservazione di questa
formidabile risorsa paesaggistica del territorio ennese.
In tal modo le ferrovie storiche dismesse o incomplete possono costituire l’insieme
di un Parco lineare di interconnessione tra ambiti.
Alla ferrovia dismessa che, comunque, merita un’attenzione particolare da parte del
Piano per il suo carattere di “archeologia infrastrutturale”, il quadro delle risorse
culturali a supporto del quadro strategico del Piano può articolarsi nei sistemi cosi
come individuati nella tav. 23B del Piano: In essa l’ideogramma indica le relazioni
tra i comp onenti dell’intera offerta del patrimonio storico/culturale, si individuano
cosi:
Le componenti storicoarcheologiche
1. Il sistema delle risorse archeologiche di Piazza Armerina, Aidone e presenti quasi
omogeneamente nel territorio che vedono nella centrali della Villa del Casale
attenzioni ormai consolidate nelle iniziative delle associazioni e degli Enti preposti;
l’archeologia rappresenta una risorsa, comunque, diffusa nell’intero territorio e si
articola,
come
si
esplicita
all’interno
della
tavola
23B,
in
quattro
polarità
archeologiche e culturali:
-
l’area archeologica consolidata nel versante a sud di Aidone e Piazza
Armerina;
-
le presenze archeologico-culturali nel territorio di Assoro;
-
l’area degli scavi di Troina nell’area contestuale al Valdemone;
-
l’area del versante del Salso Superiore nel territorio di Regalbuto e Centurie.
2. Il sistema dei percorsi storici delle Regge trazzere che hanno costruito la
struttura dei percorsi di
attraversamento delle a Sicilia federiciana e tardo
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medievale e che costituiscono in buona parte la tessitura del paesaggio antropizzato
delle campagne del Dittaino, del Troina e del Simeto;
3. Il sistema dei centri storici medievali e degli impianti di fondazione del
ripopolamento agrario del settecento con le architetture religiose, militari, dei
castelli e delle architetture rurali che ne completano l’intero patrimonio;
4. Il sistema dell’archeologia industriale (ecomuseo solphopolis), rappresentato
dall’attività minerarie degli ultimi secoli e che vede nel parco minerario di
Floristella- Grottacalda un nodo centrale in un’ area vasta nella quale si diffondono
puntualmente e strategicamente le presenze minerarie dello zolfo e dei sali
potassici.
La struttura che emerge in questi quattro sistemi di valorizzazione turisticoculturale suggerisce un processo di valorizzazione e di immissione nel mercato
dell’offerta del turismo culturale ed escursionistico per circuiti e per parchi tematici.
Attualmente il sistema dell’offerta culturale si estrinseca e si organizza attraverso
un unico circuito: il parco archeologico dei Piazza Armerina e di Aidone, con la
centralità delle Villa del Casale. Le azioni di Piano devono inserire questa realtà in
un sistema di offerte maggiormente articolate che rendano “attivo” il complesso dei
segni storico-culturali del quadro antropico e che li integrino all’offerta dei parchi
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naturalistici e ambientali che costituiscono l’altra forte ricchezza da immettere nel
circuito del mercato internazionale delle offerte turistiche.
IDEOGRAMMA DELLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO ATORICO/CULTURALE
INDIVIDUAZIONE DEI RAMI FERROVIARI DELLA PROVINCIA
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IL PATRIMONIO MINERARIO E MINERALOGICO
PROTETTO (SOLPHOPOLIS)
Un patrimonio d’Archeologia Industriale
La fase storica di estrazione del minerale di zolfo nelle province siciliane ha
un'origine remota e difficilmente documentabile, che vari autori fanno coincidere
con citazioni di periodo classic o o bibliche. La soglia storica di partenza da cui si può
cominciare a considerare l’estrazione dello zolfo un’attività produttiva merita una
particolare attenzione dato che è strettamente legata alla produzione industriale
dell'acido solforico, che, come è noto, gli storici dei processi di organizzazione e
sviluppo dell'industria usano spesso considerare come uno dei più importanti
indicatori dello sviluppo industriale.
La Sicilia della “stagione dello zolfo” non sarà produttrice d’acido solforico e non
avrà grandi occasioni di sviluppo, ma sarà per un secolo la principale ed unica
fornitrice mondiale della materia prima per uno dei più importanti processi
industriali.
Agli inizi del secolo XIX l'attività fondamentale dell'isola era l'agricoltura di tipo
latifondistico, i proprietari, appartenenti all'antica aristocrazia o alle nobiltà di più
recente nascita, non si preoccuparono di apportare migliorie nei loro possedimenti,
la maggior parte dei quali era lasciata a pascolo od a colture estensive.
Nelle campagne si lavorava la terra con metodi arcaici, l'incompetenza nei sistemi
di coltivazione era causa del rapido depauperamento del suolo che dopo qualche
ciclo di coltivazione tornava ad essere abbandonato dai contadini, ormai alla ricerca
di terre più fertili. Da tutto ciò derivavano le condizioni
d’estrema miseria, in cui veniva a trovarsi la classe contadina, analfabeta, abituata
da secoli alla sottomissione, indebitata per i numerosi diritti vessatori del sistema
feudale vigente, e che, quindi, sopportava in silenzio accumulando risentimento e
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prendendo sempre più coscienza della necessità di nuovi rapporti di proprietà e di
lavoro.
L'economia dell'isola, di conseguenza, essendo di natura prevalentemente agricola,
non aveva prospettive rassicuranti; ma l'agricoltura non era, nel quadro economico
dell’isola, l’unica attività; accanto ad essa, all'inizio del 1800, prese l'avvio una
modesta espansione industriale, dovuta al sorgere di alcune iniziative quali:
l'industria vitivinicola nella zona del trapanese e l'estrazione dello zolfo, soprattutto
nelle zone di Girgenti (oggi Agrigento) e di Caltanissetta, (la provincia di Enna, nata
nel 1926, ha nel suo territorio comuni che prima ricadevano nelle provincie di
Caltanissetta e di Catania).
Questa seconda attività, era destinata a divenire sempre più rilevante ai fini
dell'economia dell'isola, a tal punto che nell’arco degli ultimi duecento anni ha
caratterizzato in maniera assolutamente determinante l’economia di un’area molto
ampia del territorio siciliano, con centinaia di migliaia di persone direttamente
legate
alla
produzione
e
con
decine
di
migliaia
di
famiglie
agganciate
a
quest’economia. Un periodo, abbiamo detto, che va considerato a partire dalla
prima occasione di utilizzazione dello zolfo per un processo industriale che si
svilupperà su ampia scala, quello della produzione di acido solforico, e che si
conclude, con una lunga fase di agonia, a partire dal 1905, anno in cui la
valorizzazione dei giacimenti americani rende, rapidamente, il sistema estrattivo
siciliano obsoleto, fino al 1990, anno della definitiva chiusura delle miniere in cui
l’estrazione dello zolfo rappresenta un simulacro di attività produttiva.
La scoperta dei giacimenti di zolfo incominciò verso la prima metà del XVII secolo
nelle province di Girgenti, di Caltanissetta e di Catania; pochi i giacimenti nella
provincia di Trapani ed in quella di Palermo.
In quel periodo, la poca richiesta dello zolfo all'estero, la mancanza di capitali, di
cognizioni di esperienza dei sistemi di estrazione e di fusione, la mancanza di
viabilità per terra e per mare, trattennero l'industria entro limiti strettissimi; molte
cave aperte furono abbandonate perché ritenute improduttive poiché il costo per
l'estrazione non era coperto dal ricavato. Prima del 1800 l'impiego dello zolfo, era
limitato ai pochi usi domestici ed ai pochissimi bisogni della medicina, l'incremento
dell’utilizzazione dello zolfo si ebbe con la scoperta della polvere da sparo; risulta
infatti che le prime fabbriche di polvere da sparo (composta da salnitro, zolfo e
carbone di legno) dei Tudor (1485-1603) importavano dall'Italia lo zolfo.
La prima occasione di abbondante consumo dello zolfo siciliano per produzioni
industriali era venuta dalla messa a punto del sistema Debb per la produzione di
acido solforico. Questo procedimento determinava una priorità della materia prima
per un processo di produzione industriale, vale a affermare che lo zolfo non aveva
più senso e non entrava più in un circuito commerciale solo per determinati utilizzi
“diretti” come in agricoltura o nella produzione di fiammiferi, polvere da sparo, ecc.,
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ma come elemento base per la produzione di un composto chimico che a sua volta
serviva per altri utilizzi industriali.
Esempio di raffinazione dello zolfo
In conseguenza di ciò, la richiesta del prodotto, da parte delle nazioni più
progredite industrialmente crebbe a dismisura.A questo punto è facile collegare
l'enorme fenomeno della rivoluzione industriale con l'incremento vertiginoso del
minerale estratto. Nel 1832 il prezzo dello zolfo subiva un rapido aumento in
seguito all’accresciuta richiesta del minerale all'estero. L'inusitato guadagno spinse i
proprietari siciliani non solo ad estrarre dalle proprie miniere la massima quantità di
zolfo, ma se ne misero in esercizio altre.
La produzione smodata fece si che l'offerta superasse abbondantemente la
domanda.
Ovviamente
la
sovrapproduzione
e
la
conseguente
difficoltà
del
commercio dello zolfo fecero si che tutti corsero ad offrire il lo ro prodotto a
bassissimo prezzo; si davano le miniere in affitto quasi per baratto a speculatori
stranieri, i quali, conoscendo la scarsezza dei capitali dei proprietari siciliani, riuniti
tra di loro a monopolio dettavano legge agli stessi.
L’attività estrattiva in Sicilia era caratterizzata da una discontinuità produttiva ed
economica dovuta a carenze strutturali e gestionali il cui ostacolo era rappresentato
dalla permanenza di un sistemsa produttivo di tipo feudale organizzato e basato
sugli
stessi
sistemi
della
produzione
agricola,
nonché
dalla
mancata
verticalizzazione del settore e dal colonialismo imprenditoriale estero, in cui buona
parte delle attività produttive erano costantemente condizionate dall’incapacità di
controllare sia i meccanismi della produzione che quelli del mercato internazionale,
che provocava ricorrenti crisi, dovute, per lo più alla sovrapproduzione, fino a quella
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fatalmente irreversibile che avvenne subito dopo la guerra di Corea. In questo
limite sta, per l’economia della Sicilia dell’800, la perdita di una fondamentale
occasione storica, quella che certamente avrebbe potuto innescare una reale
rivoluzione industriale, sociale ed economica.
L’industria dei sali potassici e del salgemma
Negli anni ’60 si fa strada l’idea, divenuta poi prevalente tra gli addetti ai lavori e i
politici, che l’unico futuro possibile per l’industria dello zolfo siciliano sta nella
capacità d’assorbimento totale della produzione da parte dell’industria chimica che
va costruita in Sicilia e che deve produrre fertilizzanti, associando così la risorsa
dello zolfo alle altre risorse in ascesa dell’industria estrattiva siciliana, come quella
dei sali potassici
Al lento declino dell’industria estrattiva dello zolfo si è affiancata, quindi, la rapida
crescita di quella dei sali potassici, trovati nel 1951-52 dall'Ente Zolfi Siciliani (Ezi)
in quantità e con tenore tali da poter essere sfruttati industrialmente. Le ricerche
furono intensificate: nel 1953 la Montecatini localizzò un cospicuo giacimento
presso Serradifalco, nel «permesso» San Cataldo, e poi altri a Racalmuto e a
Nicosia; e successivamente la società Trinacria ne rinvenne nei territori di Villapriolo
e Calascibetta, e nella regione Pasquàsia-Capodarso, a sud-ovest di Enna; la Sincat
(Edison) a Santa Caterina Villarmosa ; la Misab (Mineraria S. Barbara) nei dintorni
di Àssoro; la Società Salifera Siciliana non lontano da Serradifalco, e numerosi altri
nello stesso altipiano. In complesso, la regione indiziata a sali potassici corrisponde
all'estensione della formazione gessoso-solfìfera: i giacimenti salini, come quelli
solfìferi, appartengono infatti alla stessa età sarmaziana del Miocene, ma vi si
presentano
con
notevoli
soluzioni
di
continuità.
I
depositi
sono
formati
prevalentemente da kainite, talvolta accompagnata da sali più pregiati come la
carnallite e la silvinite. La necessità di arricchire il minerale almeno fino ad un
tenore del 40% di ossido di potassio comporta una prima lavorazione nell'ambito
delle miniere; e poi, ai fini di uno sfruttamento economicamente conveniente, è
necessaria la presenza di impianti per la trasformazione della kainite in solfato
potassico nelle vicinanze, dove siano a disposizione quantitativi notevoli di acqua.
Alla luce di queste esigenze si realizzarono diversi insediamenti produttivi come lo
stabilimento della società Trinacria presso la stazione ferroviaria di Villarosa, dove
corre il torrente Morello, per la lavorazione dei sali potassici di Pasquàsia e di
Villapriolo e Calascibetta, mentre la Edison collocò gli impianti lungo il Salito, da
dove il solfato potassico viene inviato per ferrovia verso la zona industriale
megarese per la produzione di fertilizzanti ternari. Infine, la Montecatini creò il
complesso allora più imponente: quello che va sotto il nome di «triangolo del
potassio». I tre vertici di questo triangolo industriale erano rappresentati da San
Cataldo, Campofranco e Porto Empédocle, strettamente legati tra di loro. L'industria
dei sali potassici si presentava pertanto come uno dei settori economici più
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promettenti, anche in rapporto con la deficienza di questa materia prima nelle altre
regioni italiane e con le forti capacità di assorbimento del nostro mercato.
Un’altra risorsa del sottosuolo siciliano è il salgemma in massima parte concentrata
nei territori di Cammarata, Cattolica Eraclea e Racalmuto, nel retroterra agrigentino
(nonostante i giacimenti siano molto numerosi e sparsi su un territorio esteso da
Cattolica Eraclea a Nicosia e da Racalmuto a Centùripe, alla base della formazione
solfìfera). La produzione di salgemma siciliano, che non viene più assorbito soltanto
dall'industria chimica dell'Italia settentrionale e degli Stati Uniti, ma è stato
richiesto in quantitativi sempre maggiori anche da quella siciliana per la produzione
di fertilizzanti, è aumentata in breve tempo
Le vicende dei giorni nostri hanno visto il definitivo fallimento di tutti i tentativi di
sviluppo industriale costruiti su queste risorse (zolfo, sali potassici e salgemma), gli
insediamenti produttivi che hanno punteggiato la regione “Gessoso-Solfifera”,
all’interno delle provincie di Enna, Caltanissetta e Agrigento, hanno chiuso i cancelli
e di questa stagione rimangono muta testimonianza.
Le armature infrastrutturali della cultura mineraria:
ferrovia storica, elettrificazione, porti, villaggi operai
Nonostante tutto, grazie allo zolfo, la Sicilia non resta totalmente estranea al
progresso tecnologico, infatti è stata la necessità di far defluire con maggior
continuità, sicurezza e facilità il minerale di zolfo dall'altipiano interno verso le
prime raffinazioni e i più vicini scali portuali a suggerire la realizzazione prima e il
potenziamento poi (tra il 1880 e il 1881) della ferrovia. I primi studi di fattibilità si
devono agli ultimi mesi del governo borbonico, ma sarà il governo di Garibaldi che,
nello stesso 1860, concede ad una Società la realizzazione di tutte le ferrovie
dell'Italia meridionale e insulare.
Per la definizione dei tracciati saranno debitamente considerate le esigenze
dell'industria dello zolfo, l'andamento delle linee è particolarmente sinuoso, ed è
stato dettato più dalla dislocazione o distribuzione delle miniere principali o dei più
notevoli raggruppamenti di miniere di zolfo che dalla morfologia del terreno, le
direttrici fondamentali sono la Palermo-Porto Empedocle, la Catania-Licata e la
Catania-Messina. La chiusura della ferrovia, nella direttrice della principale “via
dello zolfo”, fa si che il rapporto che unisce i luoghi della produzione con gli sbocchi
possibili sia più diretto e immediato. Gli "sbocchi" corrispondono ai principali punti
d'imbarco e sono i porti di Catania, Girgenti, Licata, Palermo e Messina. Il ruolo
della ferrovia è determinante, per il nuovo assetto dell’industria dello zolfo, tant'è
che si stima che più di 1/3 del movimento della medesima si deve al trasporto del
metalloide. Nel 1873 appare completo il tracciato ferroviario sulla costa orientale da
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Messina a Siracusa, mentre la diramazione che da Catania raggiunge il cuore della
regione zolfifera risulta completa fino all'altezza del gruppo di miniere di Asaro
(Assoro) ed in costruzione nella zona che, con una serie di ondulazioni di tracciato,
cinge i gruppi prossimi a Caltanissetta, per giungere fino a Licata. La seconda
direttrice
del
sistema
taglia
trasversalmente
l'isola,
in
direzione
nord-sud,
connettendo, secondo un tracciato con andamento simile a quello della strada
nazionale, Girgenti con Termini Imerese e questa, secondo un percorso di costa, a
Palermo. Il tratto che risulta completato connette il gruppo delle miniere di Lercara
con Termini Imerese e risulta in costruzione nella restante parte del tracciato. La
connessione tra i due tronchi risulta “in progetto” ed affidata ad altri tre tracciati
che chiudono il sistema . Altre linee, ma a scartamento ridotto (linee dello zolfo
anche
queste)
erano
aperte
nello
stesso
altipiano
agrigentino
con
decorso
altrettanto o anche più sinuoso. Il sistema di interrelazioni individuato dalla ferrovia
corrisponde al circuito dei trasporti a scala intermedia, il più difficile da risolvere ed
il più oneroso, l'unico sul quale si potesse programmare, con una certa possibilità di
successo, l'intervento della mano pubblica. Il livello più basso del sistema di
trasporto, quello che consente di portare lo zolfo dal luogo di produzione alla
ferrovia equivale nella quasi totalità dei casi al trasporto a dorso di mulo o, quando
lo stato delle strade lo consente, coi carretti. Con la ferrovia si struttura un
connettivo di comunicazioni principali, si affronta la media e lunga perc orrenza,
lasciando però all'utilizzo della forza motrice animale i percorsi di diramazione: il
percorso zolfare-stazione ferroviaria e quello tra la stazione ferroviaria e i luoghi di
carico, porti e attracchi.
Il patrimonio minerario storico
La presenza di ricche vene solfifere in buona parte del territorio della provincia di
Enna ha da sempre inciso sull'organizzazione economica e sulla cultura dei centri
che hanno legato la loro vita all'attività estratti-va dello zolfo e ai processi di
lavorazione del minerale, anche se i rapporti di produzione sono stati sempre
ampiamente determinati dalla particolare impostazione, di tipo agrario feudale,
dell'economia siciliana, impostazione che non sempre ha consentito una gestione
che facilitasse la massimizzazione delle risorse esistenti; sulla economia siciliana e
sullo sfruttamento delle
risorse ha in effetti spesso pesato una mentalità
scarsamente imprenditoriale, frutto di un modello culturale imperniato sulla
struttura economica del latifondo cerealicolo e riflesso dello specifico contesto
storico e sociale in cui si sono collocate le attività produttive tradizionali.
Le fonti storiche, e in particolare Tucidide, attestano che, fin dal V sec. a.C., erano
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conosciute le potenzialità di sfruttamento dello zolfo per usi bellici; ma, come
riferisce il Valenti, potremmo anche supporre che l'industria zolfìfera fosse
conosciuta in Sicilia fin dal III secolo a.C., come si può dedurre da alcune tegole
trovate nella zona di Agrigento, sul cui fondo sono incise lettere che procedono da
destra a sinistra, come nelle gavite, contenitori per la raccolta dello zolfo liquido,
che, solidificandosi, recava così impresso il nome dei proprietari.
In ogni caso la distribuzione geografica e l'orientamento di alcuni bacini zolfìferi del
territorio della provincia di Enna, collocati con puntuale coincidenza in prossimità di
aree archeologiche e nuclei abitativi quali Morgantina, in prossimità del bacino
zolfifero
cui
appartengono
le
miniere
Baccarato
e
Calvino,
oppure
l'area
archeologica di Realmesi, in prossimità del gruppo delle miniere Gaspa, le
emergenze archeologiche del
Musala
e
Canneto,
territorio di Pietraperzia, ove insistono le miniere
forniscono
un
interessante
formulazione di un'ipotesi su una correlazione
spunto
esistente
di
fra
riflessione
nuclei
per
la
abitativi
e
bacini zolfìferi e ci spingono a ritenere che le popolazioni locali avessero puntato già
fin dal Vili sec. a.C. molti dei loro sforzi sull'estrazione dello zolfo e sulla sua
lavorazione, anche se è dato pensare che essa venisse effettuata in maniera
rudimentale
e
superficiale
e
in
assenza
di
una
reale
pianificazione
dello
sfruttamento.
Peraltro, in seguito ad alcuni studi fatti sulla Tabula peutingeriana, che, insieme all’
Itinerarium Antonini rappresenta una delle principali fonti scritte per la ricostruzione
di una storia della viabilità in Sicilia, in età romana viene individuata una via interna
che da Catina portava a Tennis, passando per Centuripe e per Enna, dato, questo,
che può fare supporre che le stazioni principali dovessero essere in relazione con le
principali attività produttive e con le risorse offerte dal territorio, fra le quali
certamente occupa un ruolo non indifferente lo zolfo, per il quale peraltro la Sicilia è
stata dal secolo scorso fino al 1940 la seconda produttrice mondiale dopo gli Stati
Uniti.
In effetti dal 1736 assistiamo a un vero e proprio decollo dell'industria zolfìfera, da
quando cioè si comincia a fabbricare l'acido solforico con l'impiego dello zolfo. È
però dal 1825 che il numero delle zolfare cresce sensibilmente, anche grazie
all'aumento della richiesta di zolfo per l'affermarsi del metodo della sulfurazione
delle viti; ma, nonostante questo, i sistemi di estrazione e lavorazione dello zolfo
non si avvantaggiano che in maniera "piuttosto marginale dei processi di
meccanizzazione. Infatti, ancora alla fine del secolo scorso le lavorazioni venivano
effettuate
senza
seguire
precise
regole,
sfruttando
gli
affioramenti
e
abbandonandoli appena si esaurivano o si presentavano difficoltà; inoltre nel 1890,
come documenta il Gatto, la profondità media delle zolfare siciliane raggiungeva
appena gli 80 mt. I sistemi di lavorazione rimasero comunque a lungo empirici, in
relazione sia ai criteri di scavo delle gallerie, sia ai sistemi di estrazione del
minerale e di eduzione delle acque .
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Il proprietario in genere si disinteressava della miniera, che spesso faceva parte di
un feudo piuttosto ampio; tuttavia in molti casi tali feudi venivano frammentati, e
tale frammentazione diventava spesso un ostacolo ad un razionale sfruttamento
delle miniere.
Infatti sussisteva piuttosto uno sfruttamento di rapina, in parte per gli elevati costi,
non remunerativi, in parte per l'avidità dei proprietari stessi che in molti casi
esigevano una percentuale che poteva arrivare fino al 40% del prodotto ricavato.
La gestione della miniera veniva in genere assegnata a un gabellato, al quale il
proprietario concedeva il diritto di cercare lo zolfo garantendosi un estaglio o
tangente sul prodotto ricavato, consistente nel pagamento di una quota del
prodotto in natura in ragione di una aliquota variabile. A sua volta il gabelloto
affidava l'estrazione del minerale ai picconieri, che, secondo il tipo di contratto
lavoravano a cottimo o spatito. Nel primo caso, essi erano tenuti a cedere
all'esercente della zolfara un tanto per unità, nel secondo caso si affidava a diverse
persone l'estirpazione, l'estrazione, il trasporto e la fusione del minerale.
I picconieri, per il trasporto all'estemo del minerale, si servivano dei carusi, ragazzi
di sei-otto anni (ma alvolta anche più grandi), che, per mezzo di stirratura poggiati
sulle spalle e il cui peso era mitigato dalle chiumazzate, compivano dai 20 ai 30
viaggi al giorno.
Il contratto che li legava al picconiere era il soccorso morto, una sorta di cauzione
versata dal picconiere alla famiglia del caruso come garanzia, ma che in realtà
finiva, con il mettere in condizione di estrema soggezione il caruso, nei confronti del
picconiere. Tuttavia altre fonti, fra le quali il Baglio, hanno voluto porre l'accento
sulla sostanziale legittimità del soccorso morto, visto piuttosto come una forma di
contratto durevole a garanzia sia del caruso che del picconiere.
Tale impostazione dei rapporti di produzione riusciva parzialmente a fornire una
spiegazione sulle mancate motivazioni del gabellato a uno sfruttamento più
razionale e ad una meccanizzazione dei sistemi di estrazione che garantissero un
adeguamento delle zolfare siciliane alle innovazioni tecniche che, già dal secolo
scorso, si andavano diffondendo nel resto dell'Europa e che avrebbero consentito,
dopo l'investimento iniziale, oltre che un aumento della produzione anche un
miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai, sulle quali peraltro esiste una
cospicua letteratura.
In effetti, quando già nel secolo scorso in altre aree dello zolfo presenti in Italia,
quale ad esempio quella marchigiano-romagnola, assistiamo alla più o meno
graduale sostituzione dei sistemi tradizionali di estrazione e lavorazione dello zolfo
in nome di un più intensivo e razionale sistema di sfruttamento delle vene zolfifere ,
la Sicilia appare ancora molto lontana dal modernizzare le attrezzature e dal
consentire più umane condizioni di lavoro per gli operai, mentre tale impostazione
dei rapporti di produzione finiva con l'improntare un intero universo culturale e
sociale e con l'incidere su aspetti morali, urbanistici ed ecologici.
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Per ogni bacino minerario, venivano in genere sfruttati gli affioramenti superficiali
scavando gallerie semiverticali chiamate buche o scale, che scendono a scalini,
profonde circa 20-30 mt, dalle quali con il piccone a una punta o a due punte il
picconiere abbatteva il minerale che veniva trasportato a spalla fino alla calcarelle,
sostituite intomo alla metà del secolo scorso dai calcheroni; càlcarelle e calcheroni
venivano utilizzati per la fusione dello zolfo ed erano basati sullo steso principio, in
base al quale lo zolfo fuso colava dalle morti e da qui veniva raccolto nelle gavite.
Tuttavia le càlcarelle erano molto meno capienti e nella combustione disperdevano
una notevole quantità di minerale.
Inoltre
nella
calcarella
il
cocuzzolo
rimaneva
scoperto,
perché
si
riteneva
erroneamente che lo zolfo fondesse più rapidamente. Alcune càlcarelle sono ancora
rintracciabili in alcune aree zolfìfere della Provincia di Enna, e molte di queste si
trovano nel complesso minerario zolfifero «Floristella».
Il sistema di coltura era fatto per colonne, archi e pasture; l'adduzione delle acque
veniva
effettuata
con
pompe
di
legno
attivate
a
braccia
d'uomo,
ma
successivamente vennero utilizzate anche le pompe a vapore.
Per quanto riguarda l'area di distribuzione dello zolfo estratto nel territorio ennese,
bisogna porre l'accento sulla mancanza di strade ferrate e rotabili prima dell'Unità,
per cui il trasporto dello zolfo ai porti d'imbarco si compiva a dorso di mulo,
coprendo distanze di circa 80 km. Lo zolfo veniva diretto ai porti della Sicilia
Orientale e qui caricato a spalle d'uomo.
Soltanto alla fine del secolo cominciano ad essere costruite ed utilizzate strade
ferrate in corrispondenza dei principali bacini minerari, e questo elemento consente
indubbiamente una riduzione dei costi di trasporto. La stazione del Dittamo, quella
di Fioristella e la stazione Muglia, tanto per citarne alcune, fungevano da vie interne
di comunicazione su cui gravitavano le principali zolfare dell'Ennese; ad Assoro
inoltre il Travaglia menziona l'esistenza di una ferrovia piccola per il trasporto dello
zolfo.
Le
trasformazioni
e
i
mutamenti
intervenuti
nel
sistema
economico
hanno
modificato profondamente anche il panorama socioculturale della provincia, mentre
la crisi dei settori produttivi tradizionali, primo fra tutti quello zolfifero, può essere
ascritta alla mancata attuazione dei processi di trasformazione mediante la
meccanizzazione delle attività, fattori che hanno portato come epilogo quasi
naturale alla legge 34/88 che ha sancito la definitiva chiusura delle ultime zolfare
rimaste in funzione.
Oggi, nella Provincia di Enna, sono circa venti le miniere di cui ancora si conservano
tracce visibili quali manufatti ed edifici che possono aiutare a ricostruire la storia del
lavoro nelle zolfare, per la quale ci vengono in aiuto le preziose testimonianze di ex
carusi ed ex minatori, veri depositari di un cospicuo patrimonio culturale ancora
tutto da raccogliere e che danno voce a una storia, quella del lavoro in ogni zolfara,
ancora non scritta.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Ad opera della Soprintendenza è stata messa in atto una prima ricognizione
conoscitiva e di un primo censimento delle miniere di zolfo mirante ad accertare ciò
che resta dell'attività estrattiva zolfìfera sul territorio e a localizzare su cartografìa
convenzionale (I.G.M. 1:25.000) i siti minerari zolfìferi dell'Ennese dei quali si
conserva per l'appunto traccia, integrandole con una puntuale verifica fotografica
dei manufatti rimasti.
Molte delle zolfare si sono spente o sono state abbandonate agli inizi del secolo, di
altre rimane soltanto il toponimo. In molti casi per stabilire l'esatta ubic azione delle
zolfare si è fatto ricorso a sopralluoghi diretti, coordinando i dati acquisiti con quelli
archivistici o bibliografici.
Il sistema delle miniere dismesse
La massima parte delle zolfare si trova sulla linea che, attraversando la Sicilia
dall'Etna a Cattolica Eraclea, passa nella sua continuazione presso il punto in cui
sorse nel 1831 l'isola Giulia o Ferdinandea, il che fa supporre che l'azione vulcanica
nella formazione dei bacini solfiferi dovette avere una grande rilevanza unitamente
agli
sconvolgimenti
tettonico-geologici
che
interessarono
il
bacino
del
Mar
Mediterraneo (formazione di Terravecchia). Le miniere si andarono pertanto
moltiplicando, addentrandosi tra le rocce gessoso-solfìfere mioceniche, soprattutto
ad est del corso medio del Plàtani (in un'ampia fascia che da Racalmuto, attraverso
Caltanissetta ed Enna, si spinge fino a Centùripe) su una distanza di 100 chilometri,
e tra il Salso e il Gela (da Campobello di Licata a Caltagirone) per 55 chilometri.
Raggruppamenti cospicui comparvero anche lungo la valle del Plàtani da Lercara
Friddi ad Aragona, e da Bivona a Cattolica Eraclea. Le miniere di zolfo costituiscono
in Sicilia una trentina di gruppi, i quali si possono considerare in certo qual modo
isolati ed indipendenti gli uni dagli altri. I gruppi di zolfare hanno una lunghezza
notevole rispetto alla loro larghezza tanto che, qualche volta, si potrebbe credere
che i depositi solfiferi siano costituiti da filoni di spaccature; sembra però che
nessun
gruppo
abbia
una
larghezza
media
è
superiore
ai
tre
chilometri,
generalmente ogni gruppo varia da uno a due chilometri, mentre la loro lunghezza
supera qualche volta i dieci chilometri. Il gruppo di Villarosa in territorio provinciale
di Enna, tra i più lunghi e produttivi, ha in linea retta un'estensione di almeno sette
chilometri, quello dell'Iuncio in territorio di Caltanissetta di circa sei, il gruppo di
Gebbia Rossa e Grasta presso Delia è lungo due chilometri e nel punto più largo
uno.
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EZI – Localizzazione dei gruppi minerari zolfiferi
I restringimenti, le variazioni di potenza e di ricchezza del minerale sono
frequentissimi, non sempre la parte centrale di un gruppo è la più ricca, accade
spesso che la sua maggiore ricchezza si abbia verso un'estremità; del resto la parte
più ricca è anche la più tormentata sia che si trovi al centro sia che coincida con un
limite del giacimento.
I gruppi principali, i quali presentano una configurazione molto allungata e molto
ristretta, sono:
•
nella provincia di Enna: Valguarnera, Enna, Villarosa, Agira, Assoro e Centuripe,
Leonforte, Rammacca, Regalbuto con prolungamenti verso territori di altre
province come Ramacca e Raddusa.
•
nella provincia di Agrigento, Racalmuto, Grotte, Campobello, Comitini, Aragona,
Casteltermini, Cianciana, Cattolica e Favara;
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
•
nella provincia di Palermo, soltanto il gruppo di Lercara, il quale è testimonianza
della
gestione
imprenditoriale
della
famiglia
Florio.
nella
provincia
di
Caltanissetta, Iuncio, presso il capoluogo, San Leonardo, nelle vicinanze di San
Cataldo, Serradifalco, Delia, Sommatino, Riesi e Montedoro
Parco Minerario Floristella – Grottacalda
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ELENCO ANALITICO DESCRITTIVO
DEI SITI MINERARI PRESENTI NEL TERRITORIO
Box 1 - Aidone, miniera Baccarato
La miniera Baccarato, in territorio di Aidone, secondo quanto riferito dallo Squarzina, risulta inattiva nel
1886 e ricadeva allora in un fondo di proprietà del barone Allegra. Nel 1936 venne poi data in
concessione perpetua al conte Giuseppe Lanza di Mazzarino e successivamente passò all'E.M.S.,
rimanendo attiva per qualche anno. Dopo essere stata chiusa, i terreni vennero assegnati a privati. Molti
manufatti sono andati distrutti, per quanto rimanga ancora qualche traccia del paesaggio antropizzato in
qualche calcherone in rovina, qualche fabbricato e alcune ciminiere di forni Gill. Si intravedono inoltre, il
resto del pozzo, che è stato murato, e il relativo castelletto in pietra.
Box 2 - Aidone, miniera Baccarato
Si tratta di una piccola miniera che nel 1954 era gestita da Alfredo Pincy Trewchella. Proprietario ed
esercente della miniera era invece, nel 1886, come risulta dall'elenco fornito dallo Squarzina, il barone
Cali. Rimane qualche modesto manufatto in rovina. La miniera, comunque, venne disattivata prima degli
anni ‘60
Box 3 - Assoro, miniera Bambinello
Della miniera rimaneva, fino a qualche tempo fa, qualche imbocco di piano inclinato, calcheroni,
castelletti in pietra e in ferro. Si trattava comunque di una piccola miniera di pochi ettari che venne data
nel 1934 in concessione a privati. Anche le pertinenze di questa miniera passarono all'E.M.S. negli anni
'60, ma essa rimase inattiva.
Box 4 – Assoro, miniera Giangagliano
La miniera Giangagliano fa parte di un ampio bacino zolfifero che comprende anche le miniere Zimbalio e
Ogiiastro. Essa fu tenuta per un certo periodo in stato di potenziale coltivazione; la chiusura dei pozzi è
abbastanza recente -1 settembre 1990 -, ma l'area appare nel complesso abbandonata e devastata dal
passaggio di ruspe. Rimane integro soltanto qualche calcherone e alcuni edifici che erano adibiti a uffici,
insieme a una batteria di forni. Gestita dai principi di Gangi fin dalla metà del secolo scorso, venne poi
assegnata in concessione perpetua, dal 1940, a Giulia Alliata principessa di Gangi e, negli anni '60,
venne assorbita dall'E.M.S. È separata dalla miniera Zimbalio dal torrente Giangagliano.
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Box 5 – Assoro, miniere Zimbalio e Ogliastrello
Le miniere Zimbalio e Ogiiastrello, più piccole della Giangagliano e ad essa limitrofe,
conservano
manufatti e testimonianze quali i resti di castelletti in pietra, castelletti in ferro, calcheroni, fabbricati. Le
concessioni erano in realtà più di una, ma la gestione delle due miniere fu sempre unica. Le competenze
di entrambe le miniere" passarono all'E.M.S., ma in realtà esse non vennero più attivate.
Box 6 - Barrafranca, miniera Calati
Ben poco, a parte il paesaggio fortemente antropizzato tipico delle aree minerarie e ricco di rosticci,
rimane della ex miniera Galati, che venne chiusa intorno al 1966. L'area è stata quasi integralmente
smantellata e sono ben pochi i manufatti che rimangono a testimonianza e ricordo dell'attività che si
svolgeva: su un'altura, resti di un vecchio castelletto in pietra cui faceva capo qualche pozzo; poco più in
basso, resti di probabili forni e calcheroni. La miniera, in effetti, era sita in un luogo abbastanza
impervio: oggi infatti, questi manufatti si trovano in parte in mezzo a terre coltivate o anche donate.
Essa venne data nel 1947 in concessione al principe Galvano Lanza di Branciforti, e, successivamente,
passò all'E.M.S. per chiudere definitivamente, come già ricordato, negli anni '60.
Box 7 - Calascibetta, miniera Caspa
Una parte delle miniere del gruppo Gaspa ricadevano in territorio di Calascibetta. Esse facevano parte di
un ampio bacino zolfìfero che coinvolge anche il territorio di Villarosa e nel quale numerose furono le
concessioni e gli sfruttamenti. In effetti tutta l'area è disseminata di resti di manufatti quali batterie di
forni a caricamento dall'alto, imbocchi di gallerie, per lo più ormai chiusi, fabbricati. Le diverse zollare in
genere erano limitrofe, e la ricchezza di testimonianze, come pure la loro ampia dislocazione in questa
zona renderebbe utile una loro mappatura. In particolare la miniera Gaspa Rampollo, come riferisce il
Travaglia, era una delle poche miniere dove si usava fondere il minerale asciutto, dopo che la stagione
avanzata lo aveva prosciugato.
Box 8 - Centuripe, miniera Muglia
La miniera Muglia è una delle più antiche zolfare della Provincia di Enna. Essa faceva parte di un feudo di
proprietà del barone Spitalieri, ma lo sfruttamento della miniera venne abbandonato agli inizi del secolo
poiché si preferirono ad essa le miniere Mannora, più vicine al centro abitato . In questa miniera si
conservano ancora alcuni manufatti, fra i quali due serie di forni denominati localmente «a terziglia», in
pietra, comunicanti fra loro, di cui sono ancora evidenti le «morti» da cui fuoriusciva lo zolfo fuso. Non
rimane invece traccia visibile delle gallerie da cui veniva abbattuto il minerale.
Box 9 - Centuripe, miniere Mormora
Le miniere Marmerà in realtà si articolavano in diverse concessioni, delle quali soprattutto due, la
Palmieri e la Gualtieri, erano le più attive, ed una di queste, la Palmieri, era stata assegnata in
concessione perpetua al Comune di Centuripe nel 1935. Oggi non rimane più quasi alcuna traccia dei
manufatti delle concessioni, fatta eccezione per qualche imbocco di piano inclinato, mentre tutto il resto
è stato utilizzato come cava di rosticci. Le pertinenze di queste miniere passarono all'E.M.S., ma queste
non vennero mai esercitate.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Box 10- Enna miniera Cannarella
Sita nella zona di Pasquasia, chiuse negli anni '50 dopo essere stata assegnata in concessione perpetua
a privati. Oggi rimane solo qualche modesto manufatto in rovina.
Box 11- Enna, miniera Floristella
II complesso minerario zolfìfero «Floristella» è fra quelli che meglio conservano manufatti e strutture in
provincia di Enna. Essa è situata in contrada Grottacalda e fa parte di un unico bacino minerario che
divide con la limitrofa miniera Gallizzi. Il nucleo più antico si trova, fra l'altro, proprio in prossimità della
ex miniera Gallizzi, che è stata chiusa prima degli anni '60. In questa area sono presenti innumerevoli
pozzi e gallerie semiverticali poco profonde (20-30 mt), dove il minerale veniva abbattuto e poi
trasportato per mezzo degli serratura alle vicine calcarelle, alcune delle quali si conservano ancora e che
vennero sostituite, dalla metà del secolo scorso, col sistema del calcherone, che, rispetto a quelle, dava
garanzie di maggiore resa ed era meno inquinante. Nel 1936 venne assegnata in concessione all'Ing. Lo
Meo, fino al passaggio della miniera all'E.M.S., avvenuto nel 1964, e, successivamente, venne tenuta in
stato di potenziale coltivazione, anche se in realtà, a causa della mancanza di personale, non si è potuta
effettuare l'eduzione delle acque dai pozzi, ormai allagati da anni. Con D.A. 1841 del 5 agosto 1990 è
stato apposto sull'area il vincolo storico ed etno-antropologico su proposta della Soprintendenza
BB.CC.AA. di Enna.
Box 12 - Enna, miniera Gallizzi
La miniera venne chiusa intomo agli anni '60. Nel 1886 ricadeva all'intemo di un feudo del barone
Starrabba e Floresta ed era stata data in gestione ad una Società Inglese. Essa è limitrofa alla miniera
Floristella ed attualmente si conservano ancora alcuni forni e imbocchi di gallerie semi verticali, della
stessa epoca, approssimativamente, di quelle che si conservano nel nucleo più antico della Floristella.
Box 13 - Enna, miniera Giumentaro
La miniera Giumentaro Capodarso è stata una delle più grandi e delle più attive della provincia di Enna.
Essa, insieme alla Giangagliano, venne tenuta in manutenzione e nel 1989, i pozzi sono stati
definitivamente chiusi. Essa disponeva di macchinar! abbastanza moderni, che in parte si conservano
ancora in discrete condizioni, fra cui un castelletto in ferro e la sala argani, all'interno della quale sono
disposti i macchinari che servivano per il funzionamento dell'attività estrattiva. Posta di fronte alla
miniera Trabonella, in provincia di Caltanissetta, fu data in concessione a privati nel 1936, passò poi
all'E.M.S. negli anni '60 e fu una delle ultime miniere della provincia ad essere chiusa. Il nucleo più
antico della miniera si trova nella parte alta, dove sono visibili alcune imboccature di gallerie
semiverticali e resti di forni a caricamento dall'alto. Rimangono inoltre nell'area alcuni edifìci, ove sono
conservati gli archiv i e alcuni attrezzi da lavoro, un de posito di dinamite, ove venivano conservati gli
esplosivi utilizzati per l'abbattimento del minerale, e una sala compressori. Il Travaglia attesta che i
sotterranei di questa miniera erano paragonabili alle catacombe di Siracusa.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Box 14 - Enna (contrada Cannavo), miniera S. Caterina Salvatorello-Ingrà
La miniera, sita nella zona del lago di Pergusa, conserva pochissimi manufatti in rovina, fra cui i resti di
alcuni forni e qualche manufatto in pietra. Di proprietà del Regio Demanio, venne data poi, verso la fine
del secolo scorso, in esercizio a Filippo Sinopoli, come risulta dagli elenchi dello Squarzina. Essa,
comunque, chiuse negli anni '60.
Box 15 - Enna, miniera Salinella
Della miniera Salinella si conservano pochi manufatti, individuabili fino a qualche tempo fa
nell'imboccatura di qualche galleria. Essa venne data dal 1943 in concessione al marchese Grimaldi, e
poi chiusa negli anni '50.
Box 16 - Leonforte, miniera Faccialavata (fig. 14)
La miniera, data in concessione perpetua a privati el 1942, venne disattivata intomo agli anni '60. Essa
era fornita di macchinari e c'erano anche numerosi forni, molti dei quali sono stati abbattuti nel 1989. Si
conservano ancora, inoltre, le morti delle batterie di forni, e resti di un castelletto in pietra ormai
semidiruto, oltre a resti di fabbricati in muratura.
Box 17 - Piazza Armerina, miniera Grottacalda
La miniera Grottacalda, limitrofa alla miniera Floristella, era, rispetto a questa, più grande e più
profonda. Intorno ad essa si era sviluppato un vero e proprio villaggio, ricco di edifìci che fungevano da
uffici e da abitazioni per gli operai, e che oggi versano in condizioni di totale abbandono. Si conserva
ancora qualche calcherone e un pozzo verticale, denominato Pozzo Mazzini, con una sala argani,
anch'essa in cemento. All'intemo della miniera Grottacalda passava anche una linea ferroviaria che
percorreva il tracciato di Dittaino, Valguamera, Piazza Armerina. Di proprietà del principe di S. Elia,
passò in concessione dal 1942 alla Società Montecatini e, successivamente, nel 1964, le pertinenze
passarono all'E.M.S.
Box 18 - Pietraperzia, miniera Canneto
La miniera, formata secondo consuetudine da innumerevoli concessioni, risulta attiva nel 1886, ma è
probabile che venne disattivata agli inizi del secolo. Sita in contrada Canneto, in prossimità di un bivacco
utilizzato da pastori, comprende alcune costruzioni in pietra cintate da muretti costituiti da pietra tirata a
secco; conserva ancora integre alcune strutture e manufatti in pietra, e in particolare una serie di forni a
batteria con le relative morti e alcune calcarelle.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
Box 19 - Pietraperzia, miniera di Mantecane
La miniera, sita in contrada Montecane, è forse una delle più antiche della provincia di Ernia. Si
individuano i resti di tré concessioni, ed è ancora perfettamente integra una galleria semiverticale, vicina
ad una ciminiera. Peculiare è la tipologia dei forni, che posseggono all'intemo delle nicchie ricavate nella
stessa pietra, con delle gallerie interne che mettevano in comunicazione fra loro le tre uscite
corrispondenti ad altrettante morti. Venne con molta probabilità disattivata agli inizi del secolo.
Box 20 - Pietraperzia. miniera Musala
La miniera è sita nel territorio del Comune di Pietraperzia, in contrada Musala. Dagli elenchi fomiti dallo
Squarzina e aggiornati al 1884 sappiamo che alla fine del secolo scorso era inattiva. Negli anni '60 passò
all'E.M.S., ma venne poi disattivata dopo pochi anni. È peculiare la tipologia dei calcheroni, collegati fra
loro da un camminamento interno e che si conservano ancora in discreto stato. Fra gli altri manufatti si
conservano ancora il pozzo di riflusso per la circolazione dell'aria e il pozzo, ancora integro ma coperto
per motivi di sicurezza con una gabbia di ferro e profondo circa 20-30 mt. Si conservano ancora, inoltre,
alcuni carrelli, compressori e picconi.
Box 21 - Valguamera Caropepe, miniera Spirito Santo Marciano
Di questa miniera rimangono pochissimi manufatti, fra cui i ruderi di un pozzo con impianti. La
concessione era, negli anni '50, di privati, ma per le pertinenze passarono negli anni '60 all'E.M.S.,
anche se non vennero mai esercitate.
Box 22 - Villarosa, miniera Gaspa La Torre
La zolfara Gaspa La Torre ricade parte in territorio di Villarosa, parte in territorio di Calascibetta. La
gestione della miniera, dapprima privata, passò poi all'E.M.S. nel 1965; la chiusura della miniera
avvenne nel 1968. All'intemo dell'area mineraria rimangono i resti di alcuni fabbricati, utilizzati come
uffici e come spogliatoi; si conservano inoltre anche i resti dei forni con funzionamento «a terziglia», e si
intravedono ancora le due entrate operai, ormai murate.
Box 23 - Villarosa, miniera Pagliarello
La miniera Pagliarello si trova posta di fronte alla miniera Gaspa La Torre. Esisteva già nel secolo scorso
ed era di proprietà degli eredi del duca di Villarosa, che la assegnarono comunque in gestione, come
spesso accadeva. Essa è limitrofa ad altre zolfare, che conservano ancora, come questa, resti di forni a
caricamento dall'alto e l'imbocco, seppure murato, delle gallerie.
Box 24 - Villarosa, miniera Garciulla
Si tratta anche in questo caso di una zolfara abbastanza antica; la troviamo menzionata negli elenchi
forniti dallo Squarzina, ed era anch'essa di proprietà degli eredi del duca di Villarosa. Rimangono resti di
forni.
Box 25 - Villarosa, miniera Pampinello
La miniera, attiva nel secolo scorso, venne disattivata negli anni '50. Rimangono ruderi di impianti.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
L’ Ente parco e il parco minerario
L’Ente Parco Minerario Floristella-Grottacalda è stato istituito con legge della
Regione
Siciliana 15 maggio 1991 n°17 (art.6).
Esso è un ente di diritto pubblico ed ha sede nel territorio di Enna nella ex miniera
Floristella; partecipano alla sua gestione: la Regione Siciliana, la Provincia
Regionale di Enna ed i Comuni di Enna, Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera.
Lo Statuto dell’Ente è stato approvato con Decreto del Presidente della Regione
Siciliana in data 01 dicembre 1992.
L’Ente ha il compito di provvedere alla gestione del parco minerario al fine di
perseguire:
•
La
protezione,
ricadente nel suo
conservazione
e
difesa
del
complesso
minerario
zolfifero
territorio;
•
Il recupero del palazzo Pennisi sito nell’area mineraria;
•
La protezione, conservazione e difesa del paesaggio e dell’ambiente naturale
dell’area mineraria in sé e dell’area circostante forestata;
•
Il corretto uso e assetto del territorio costituente il parco;
•
Lo sviluppo delle attività produttive e lavorative compatibili con le finalità del
parco;
•
L’uso sociale e pubblico dei beni ambientali, favorendo le attività culturali,
ricreative e turistiche compatibili con le esigenze prioritarie di tutela;
•
Lo
sviluppo
dell’attività
di
ricerca
etno-antropologica
finalizzata
all’investigazione, esame, catalogazione, conservazione della “società mineraria”
e della tecnologia per una riscoperta della “cultura mineraria” degli strumenti e
delle strutture produttive, nonché dei modi di vivere il luogo e il rapporto di
lavoro;
•
L’attività di sperimentazione universitaria in materia di architettura e di
archeologia industriale;
•
Le attività didattiche di conoscenza e di ricerca per le scuole di ogni ordine e
grado.
La
gestione
dell’Ente
è
demandata
al
suo
Presidente,
al
Consiglio
di
Amministrazione, ad un Revisore dei Conti, al suo Direttore. Il Consiglio di
Amministrazione si avvale di un Comitato Tecnico-Scientifico presieduto dal
Soprintendente ai beni culturali e ambientali della provincia di Enna.
Le entrate dell’Ente sono costituite dalle dotazioni finanziarie che annualmente sono
deliberate dalla Regione e dagli Enti locali facenti parte del consiglio, e sono
destinate prevalentemente al raggiungimento delle finalità statutarie. La gestione
finanziaria è disciplinata dall’art. 10 dello statuto dell’Ente.
In atto l’area del parco si estende su circa 400 Ha sottoposti ai vincoli di tutela
culturale e ambientale e comprende l’area mineraria di Floristella e la circostante
area del demanio forestale. Gli attuali confini del parco sono destinati ad estendersi
64____________________________________________________________________
Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
alla contigua area della miniera Grottacalda con l’apposizione su di essa dei vincoli
di tutela.
il contesto territoriale del parco minerario floristella-grottacalda
Il Parco Minerario Floristella-Grottacalda è ubicato nel cuore della provincia di Enna,
in Sicilia.
Una provincia quella di Enna che, situata nel settore centro - orientale della Sicilia,
presenta dal punto di vista fisico, le caratteristiche tipiche di area interna. Essa è,
infatti, l’unica provincia siciliana a non avere alcuno sbocco sul mare.
La provincia si sviluppa prevalentemente su territori a prevalente morfologia
collinare, per una superficie pari all’80% circa di quella complessiva, e su territori
montani per il 20% circa, questi ultimi concentrati prevalentemente nella zona
settentrionale ed a ridosso dell’area delle Madonie e dei Nebrodi; gli unici territori
pianeggianti sono quelli dei comuni di Catenanuova e Centuripe confinanti con la
Piana di Catania.
La collina rappresenta anche la conformazione altimetrica prevalente anche dal
punto di vista demografico essendo in essa localizzati 16 comuni (pari all’80,0% del
totale) per una popolazione totale pari a 148.969 unità (pari all’84,0% del totale).
Localizzati in montagna i rimanenti 4 comuni.
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Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
TURISMO, BENI CULTURALI E
STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE IN ATTO
La provincia di Enna è ricca di numerosi elementi di attrattiva sia di tipo ambientale
e paesaggistico, sia di tipo storico - artistico. Attualmente però si constata
l'insufficiente sfruttamento delle potenzialità turistiche.
Se si considerano i dati statistici relativi alle sole presenze annuali presso la Villa
Romana del Casale a Piazza Armerina (il secondo sito archeologico italiano per
numero di visitatori dopo Pompei), e si confrontano con i dati relativi ai
pernottamenti nella provincia di Enna, si rileva che le sole presenze della Villa
Romana del Casale ammontano ad oltre sei volte gli arrivi totali presso le strutture
ricettive della provincia. Lo stesso dato di permanenza media in queste ultime
risulta estremamente basso.
Ciò significa che il turismo in provincia di Enna è quasi esclusivamente di transito, e
ciò non a causa, come evidentemente dimostrato dai dati di affluenza alla Villa
Romana, di una scarsa attrattività del comprensorio rispetto ai flussi turistici,
quanto piuttosto alla mancanza di strutture ricettive e di supporto, e di una
adeguata organizzazione per lo sfruttamento, durante tutto l'anno, delle strutture
esistenti
Il turismo che può essere indirizzato ed accolto è quello di tipo culturale che
possiede una capacità di spesa superiore alla media; si tratta di un turismo
qualificato che può essere attratto solo da strutture alberghiere e del tempo libero
di livello qualitativamente elevato.
Il patrimonio storico – culturale della provincia ennese si presenta particolarmente
ricco e variegato.
Solo nel settore monumentale i comuni della provincia hanno, complessivamente, relativamente ai beni già riconosciuti e catalogati – circa 590 monumenti così
distribuiti:
Tab.1 – Distribuzione beni monumenta li nei comuni della provincia di Enna
COMUNE
QUANTITA’
COMUNE
QUANTITA’
Agira
50
Leonforte
23
Aidone
30
Nicosia
85
Assoro
17
Nissoria
1
Barrafranca
13
Piazza Armerina
85
Calascibetta
22
Petraperzia
24
Catenanuova
8
Regalbuto
38
Centuripe
20
Sperlinga
4
Cerami
12
Troina
67
Enna
50
Valguarnera
16
Gagliano C.
14
Villarosa
7
TOTALE
586
66____________________________________________________________________
Provincia Regionale di Enna - Piano Territoriale Provinciale – PROGETTO DI MASSIMA
In ambito territoriale, inoltre, sono presenti un notevole numero di masserie,
palazzi nobiliari, miniere, mulini, etc… che mostrano la vastità e la diffusione del
patrimonio provinciale.
Anche in ambito archeologico, ed al pari di quello monumentale, il territorio ennese
può
aspirare
a
rivestire
un
ruolo
significativo
nel
panorama
regionale
in
considerazione dell'alto numero di siti archeologici e dell’alto livello nazionale ed
internazionale che essi rivestono, in rapporto alla localizzazione territoriale.
A parte le già conosciute Villa del Casale e Morgantina, nel territorio sono
individuabili diverse realtà con diversificate localizzazioni:
Tab.2 Distribuzione beni archeologici nei comuni della provincia di Enna
QUANTITA’
Siti vincolati ai sensi
Siti
COMUNE
della legge n°1089
vincolati
Agira
1
6
Aidone
1
40
Assoro
1
9
Barrafranca
/
15
Calascibetta
1
9
Catenanuova
/
2
Centuripe
2
17
Cerami
=
7
Enna
8
41
Gagliano C.
/
2
Leonforte
/
6
Nicosia
1
10
Nissoria
/
3
Piazza Armerina
2
26
Petraperzia
1
28
Regalbuto
1
10
Sperlinga
/
11
Troina
1
6
Valguarnera
1
4
Villarosa
/
4
TOTALE
11
219
non
Quanto sopra indicato è solo una parte del vasto ambito del patrimonio storico
culturale della provincia, che con il vasto
- ed in parte inesplorato – settore dei
beni storico artistici presenti nei numerosi edifici religioso, le biblioteche e, non
ultimi, i beni ambientali e paesaggistici di cui il territorio è ricchissimo (riserve. Aree
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boschive, aree lacustri, etc…) possono innescare un’azione forte azione propulsiva
all’economia provinciale .
L’analisi delle potenzialità turistiche costituite dai poli, comunemente noti, come
Villa del Casale ed area archeologica di Morgantina appare, per molti aspetti,
originale ed interessante.
La prima considerazione che, sta alla base del caso in questione, riguarda la
posizione geografica del territorio provinciale di Enna nel contesto regionale che,
come è noto, è l’unico senza uno sbocco sul mare, pertanto, non può contare
sull’apporto di flussi di turismo balneare che, in qualche misura, sceglie anche
momenti di integrazione della vacanza con la fruizione di beni culturali, preferendo
quelli più noti o quelli indicati dalle organizzazioni turistiche. La capacità di attrarre
flussi turistici legati ai beni culturali, nel caso del territorio ennese, va giocata,
dunque, per intero, sulla loro forza di attrazione e sul forte richiamo di un’offerta
integrata cultura - natura.
La seconda considerazione riguarda la particolare attenzione che viene rivolta al
territorio ed alla individuazione delle linee di uno sviluppo possibile e compatibile,
basato su una puntuale ricognizione delle risorse endogene e su una loro funzione
nell’ambito di due specifici strumenti di sviluppo locale: un Leader II ed un Progetto
Integrato
Territoriale.
Entrambi,
ricomprendono
i
territori
dei
comuni
di
Valguarnera, Enna e di Piazza Armerina, interessano specificatamente il nostro
caso.
Il Leader II, ad esempio, ha censito i siti turistici nel territorio interessato al
Progetto (Aidone, Assoro, Enna, Leonforte, Nissoria, Piazza Armerina, Valguarnera,
Villarosa) che sono ben 60 nel territorio di Aidone (compresa l’area di Morgantina e
che può contare anche sul forte segno di identità culturale costituito dal centro
storico) e 48 sono, invece, i siti turistici rilevati nel territorio di Piazza Armerina, che
comprendono oltre la Villa del Casale l’importantissimo ed originale nucleo storico.
La capacità di lettura del territorio e della sua storia, che costituisce condizione
fondamentale per una presa di coscienza della comunità locale delle risorse
disponibili nel territorio stesso e del ruolo per disegnare il futuro della comunità.
Il PIT opera, con immediatezza, la scelta del turismo come motore dello sviluppo e
la natura e l’archeologia come elementi fondamentali per la promozione turistica.
L’ambito territoriale interessato coincide con l’area meridionale della provincia e
comprende i territori dei comuni di Enna, Aidone, Barrafranca, Calascibetta, Piazza
Armerina, Pietraperzia, Villarosa, con una popolazione di 88.460 abitanti. Uno
strumento
di
Barrafranca,
sviluppo
locale
Calascibetta,
così
Piazza
fortemente
Armerina,
caratterizzato
Pietraperzia,
Enna,
Villarosa,
Aidone,
con
una
popolazione di 88.460 abitanti. Uno strumento di sviluppo locale così fortemente
caratterizzato nella scelta del settore produttivo trainante, turismo
– natura -
archeologia, doveva necessariamente partire dalla considerazione della disponibilità
delle risorse, che costituiscono il punto di forza, per lo sviluppo del territorio, dalla
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contestuale valutazione dei motivi, che impediscono la loro valorizzazione e che
costituiscono punti di debolezza, da superare con la strategia del Progetto.
Nell’area del PIT è presente la tipologia classica dei beni culturali: siti archeologici,
complessi minerari dismessi, fortificazioni (torri e castelli), edifici di culto di
particolare valore storico - artistico.
La forte identità culturale, oltre che dal patrimonio di beni storico - culturali si può
riscontrare non solo nelle cerimonie tradizionali, ma anche negli usi quotidiani dei
residenti nei centri storici minori, che il PIT stesso
considera preziosa risorsa da
valorizzare. Il punto di debolezza che impedisce la piena valorizzazione di questo
patrimonio- come già ricordato - si riferisce alla carenza di sistemi di gestione,
valorizzazione e messa in rete delle risorse naturali, ambientali, culturali ed umane.
Da qui trae la sua ragione il PIT che vuole, appunto, la piena valorizzazione di
questo patrimonio espressione dell’identità locale e base essenziale per un processo
di sviluppo economico dell’area.
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