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Manutenzione e presidio del territorio montano contro il dissesto

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Manutenzione e presidio del territorio montano contro il dissesto
Manutenzione
e presidio del territorio
montano contro
il dissesto idrogeologico
opportunità di
valorizzazione e sviluppo
nelle aree marginali interne
“...E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro,...
(G. Leopardi “Le ricordanze”)
Manutenzione
e presidio del territorio
montano contro
il dissesto
idrogeologico
opportunità di
valorizzazione e sviluppo
nelle aree marginali interne
Protocollo d'Intesa
tra Ministero dell'Ambiente
e Regione Marche
P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
A cura di · Geom. Massimo Raffaeli e Dott.sa Agr. Giuliana Porrà
Editing · Dott.sa Luana Spernanzoni,
P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Si ringrazia
Dott. Ing. Mario Pompei Regione Marche,
Dott. Geol. Marcello Principi Regione Marche,
Dott. Geol. Mario Smargiasso Regione Marche
e tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato alla realizzazione dei lavori
Schede progettuali · Geom. Massimo Raffaeli,
P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Collaborazione Amministrativa · Dott.sa Fabiana Cipollari, Dott. Geol. Luigi Diotallevi
P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Coordinamento del progetto · Comunità Montana dell’Esino Frasassi
Foto · Massimo Raffaeli · Francesco Leporoni
Progetti degli interventi realizzati dal gruppo di progettazione della Regione Marche:
- Geom. Massimo Raffaeli
- Dott. Agr. Giuliana Porrà
- Dott. Ing. Stefano Leti
- Dott. Ing. Massimiliano Gabrielli
- Dott. Arch. Maria Cristina Borocci
- Dott. Geol. Gianni Scalella (per gli interventi nella provincia di AN)
- Dott. Geol. Alessandro Poeta (per gli interventi nella provincia di MC)
- Dott. Geol. Alessandro Paccapelo (per gli interventi nelle provincie di AP e FM)
- Dott. Geol. Antonio Mari (per gli interventi nella provincia di PU)
Supporto alla progettazione D.R.E.Am. Italia Soc. Coop. a r.l.:
- Dott. Agr. Francesco Leporoni
- Dott. For. Francesco Balloni
- Dott. Geol. Roberto Giannini
- Dott. For. Barbara Tagnani
- Dott. Arch. Massimiliano Pecci
Gabbiano Srl editore · Ancona (AN) · www.adriaeco.eu
Grafica · Clizia Pavani
Stampa
Stibu arti grafiche · Urbania (PU) · www.stibu.it
È vietata la riproduzione anche parziale del presente lavoro.
Manutenzione e presidio
del territorio montano contro
il dissesto idrogeologico
INDICE
opportunità di valorizzazione
e sviluppo nelle aree marginali interne
Gian Mario Spacca, Presidente Regione Marche
Paola Giorgi, Assessore Regione Marche
Il Comitato Tecnico del Protocollo d’Intesa
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Premessa
“Beati i miti perché erediteranno la terra” (Mt 5,5) · Dom Salvatore Frigerio
L’attenzione alle realtà geosociali nella pianificazione territoriale · Ilario Favaretto
Le aree interne e montane tra marginalità e resilienza · Raffaele Zanoli e Danilo Gambelli
La quiete dopo la tempesta · Michele Maiani
Quanta acqua straripata dagli argini! · Fabrizio Giuliani
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Il Protocollo d’Intesa
Il Protocollo d’Intesa. Storia e attuazione · Mario Smargiasso
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Scheda AN02
Recupero ambientale di area percorsa da incendio boschivo
Vallemontagnana, Comune di Fabriano (AN)
Scheda AN04
Riqualificazione ambientale lago Fossi e fosso San Francesco
Località Fossi, Comune di Genga (AN)
Scheda AP02
Stabilizzazione del versante in frana a monte della strada comunale Balzo-Santa Maria in Lapide”
Località Santa Maria in Lapide, Comune di Montegallo (AP)
Scheda APFM05
Riqualificazione fluviale del torrente Ambro
Santuario Madonna dell’Ambro, Comune di Montefortino (FM)
Scheda MC01
Recupero ambientale e stabilizzazione movimento franoso
Terro – San Salvatore, Comune di Sarnano (MC)
Scheda MC02
Riqualificazione fluviale fosso Varogna
Località Nocelleto, Comune di Castelsantangelo sul Nera (MC)
Scheda MC04
Recupero ambientale di area percorsa da incendio boschivo
Le Vene, Comune di Esanatoglia (MC)
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Scheda PU02
Messa in sicurezza della sponda destra del fiume Burano nel tratto di via Venezia
Asta fluviale del fiume Burano in località via Venezia, Comune di Cagli (PU)
Scheda PU04
Interventi di messa in sicurezza delle sponde del fiume Cesano
e riqualificazione ambientale dell’asta fluviale in località “Molino della Torre”
Asta fluviale del fiume Cesano in località Molino della Torre, Comune di Pergola (PU)
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Panoramica generale sugli ulteriori interventi realizzati
Comunità Montana Esino-Frasassi Intervento AN01: Località Camponocecchio – Genga (AN)
Comunità Montana Esino-Frasassi Intervento AN03: Località Cerqueto-Case Palombare – Genga (AN)
Comunità Montana Sibillini Intervento AP01: Località Le Casette – Rotella (AP)
Comunità Montana Sibillini Intervento AP03: Località Granaro fosso del Corvo – Comunanza (AP)
Comunità Montana Sibillini Intervento AP04: Località Incino – Montefortino (FM)
Comunità Montana Alte Valli del Potenza e dell’Esino Intervento MC03: Località bivio D’Ercole - Spindoli, fiume Potenza – Fiuminata (MC)
Comunità Montana Monti Azzurri Intervento MC05: Località Saline Ajello Molino – Penna S. Giovanni (MC)
Comunità Montana Catria e Nerone Intervento PU01: Località Molino-Pontericcioli-S.Rocco Cantiano (PU)
Comunità Montana Catria e Nerone Intervento PU03: Località Pian di Molino - Apecchio (PU)
Comunità Montana del Metauro Intervento PU05: Località Calmazzo - Fossombrone (PU)
Comunità Montana Alta Valmarecchia Intervento PU06: Località Molino delle Polveri - Novafeltria (FC)
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45
Scheda del corso 03p
Territorio – Formazione e aggiornamento professionale degli operatori
p.
99
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51
Gestione del territorio
La gestione virtuosa del territorio: opportunità di ripresa economica · Massimo Raffaeli
p. 105
p.
57
Eventi alluvionali novembre-dicembre 2013 e risposta degli interventi realizzati
Rapporto eventi del novembre e dicembre 2013
p. 108
Alluvione dell’Ambro 1955: fonti storiche
p. 122
p.
63
Appendice
Il Protocollo d’Intesa
Rassegna stampa
Carta di Fonte Avellana 1996
Il “Progetto Appennino”
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69
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REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
126
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140
142
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Il Protocollo d’intesa che firmai – era il 5 settembre 2007 - con l’allora ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, costituiva il coronamento di una decennale politica di impegno del governo regionale per le aree interne. Una politica la cui genesi
si può far risalire alla sottoscrizione della Carta di Fonte Avellana, avvenuta dieci anni prima (il 18 maggio del 1996) e di cui la
Regione Marche fu prima firmataria.
Dagli intenti, con l’intesa del 2007, si passava alle realizzazioni: venti interventi in altrettante aree delle Marche, lungo alcuni
assi vallivi del territorio montano. Quell’atto sarebbe poi divenuto un “modello” esemplificativo di una modalità di azione
particolarmente utile anche nelle emergenze. Negli anni successivi, purtroppo, numerose alluvioni hanno colpito le nostre
Marche, con una furia distruttrice mai verificatasi in precedenza con tanta frequenza e intensità. Effetto dei cambiamenti
climatici che, provocando piogge improvvise e di forte intensità, si abbattono su un territorio ai primi posti in Italia per frane
e rischio idrogeologico.
Uno scenario che rende urgente e non più rinviabile una organica politica di prevenzione. Si tratta di un imperativo, per tutelare anzitutto la sicurezza della comunità marchigiana e, in secondo luogo, per evidenti risparmi economici. Un euro speso
in prevenzione diventa infatti 5 quando ci troviamo a gestire le emergenze. La parola d’ordine è dunque prevenzione, l’unica
strategia in grado di contrastare gli eventi estremi con i quali, è la scienza che ce lo dice, saremo sempre più chiamati a convivere negli anni a venire.
Da qui l’importanza di poter disporre di uno strumento efficace, una “ricetta” per intervenire organicamente e preventivamente sui rischi da dissesto idrogeologico.
Gli interventi previsti dall’intesa del 2007 hanno preso le mosse dalle aree montane. Una scelta quasi obbligata, visto che “è da
lì che nascono i fiumi ma anche i problemi che, se non risolti, diventano devastanti quando raggiungono le pianure e le città
metropolitane”. Di grande interesse il ricorso a tecniche innovative dell’ingegneria naturalistica dal basso impatto ambientale,
ad alta intensità di manodopera e che peraltro hanno dimostrato, in caso di calamità, una maggiore tenuta rispetto ad altre
tipologie di intervento.
Altro punto degno di nota, la sinergia fra Enti: Regione, Unioni Montane, Comuni, ciascuno per le rispettive competenze,
sono chiamati a fare la propria parte, in stretta sinergia e complementarietà. Un ulteriore elemento di assoluta importanza è
quello dei risvolti occupazionali. Il Protocollo risulta un vero e proprio strumento di “politica attiva del lavoro” in aree, quelle
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montane delle Marche, dove la crisi economica ha colpito più che altrove. Fondamentale è stato l’aver impiegato lavoratori che
risiedono nei territori dell’entroterra - beneficiari essi stessi, le loro famiglie, la comunità, l’ambiente, delle positive ricadute
degli interventi effettuati - organizzati nelle cooperative forestali. Persone che si ergono a tutori attivi del territorio e che,
anche forti delle competenze e della professionalità acquisite negli anni, hanno garantito la bontà degli interventi, il rispetto
dei tempi e la qualificazione delle maestranze impiegate. L’intesa del 2007 può in questo senso considerarsi un’anticipazione
del Progetto Appennino con il suo obiettivo di perseguire il benessere e la sicurezza del territorio, la qualificazione ambientale,
il protagonismo delle comunità residenti, la crescita professionale e occupazionale e, non ultima, la rioccupazione di lavoratori
di settori in crisi.
La pubblicazione “Manutenzione e presidio del territorio montano contro il dissesto idrogeologico” è dunque la benvenuta. Si
tratta infatti di un prezioso veicolo di diffusione presso l’opinione pubblica di questo “modello” virtuoso. Un volume di indubbia
utilità per gli amministratori locali, i tecnici, gli operatori e per la stessa Regione chiamata a gestire importanti progetti come
quelli che saranno attivati nell’ambito della programmazione comunitaria 2014/2020 che metterà a disposizione delle Marche
risorse per circa un miliardo di euro.
L’attuazione del Protocollo d’intesa di cui questo volume illustra i risultati, costituisce dunque una buona pratica da replicare
per concorrere a realizzare quella che è da ritenere la più grande “opera pubblica” di cui il Paese necessita: la cura, la manutenzione e la sistemazione del territorio e dei suoi bacini fluviali, anche quale condizione di base per valorizzare le potenzialità
dell’ambiente e del paesaggio del nostro territorio. Un modello che è parte di quel “secondo motore di sviluppo” costituito da
cultura, ambiente, turismo, nuova creatività, per la cui crescita la Regione si è particolarmente impegnata.
Il territorio marchigiano, meraviglioso e accogliente, è per sua stessa natura elemento di attrattività e competitività. Come
tale va curato, difeso e valorizzato. Gli interventi realizzati grazie all’Intesa del 2007 sono lì a dimostrarlo. Facciamone tesoro.
Gian Mario Spacca
Presidente Regione Marche
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Theodore Roosevelt, presidente USA dal 1901 al 1909, a seguito di un incendio devastante che distrusse 1 milione e 200 mila
ettari di territorio degli stati del nord-ovest, lanciò la più vasta campagna della storia per la protezione dell’ambiente naturale
che motivava con queste parole:
“Il criterio del “maggior numero possibile” deve applicarsi all’intero svolgersi del tempo: e in esso noi, vivi oggi, non siamo che
una frazione insignificante. Abbiamo il dovere di rispettare l’insieme degli uomini, specialmente le generazioni non ancora nate:
dobbiamo dunque impedire che una minoranza priva di principi distrugga un patrimonio che appartiene alle generazioni che
verranno. Il movimento per la conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali è essenzialmente democratico per spirito, finalità
e metodo”.
La sicurezza del territorio è una necessità per la popolazione che vi risiede ed è una forma di rispetto per il proprio ambiente e
per la propria cultura. Nel corso dei secoli si è assistito ad inevitabili trasformazioni ambientali a causa della presenza umana,
delle sue attività e di esigenze sociali mutevoli nel tempo, ma alla base delle trasformazioni vi era sempre uno straordinario
rispetto per ciò che era ritenuto unica garanzia di vita e sostentamento per chi vi abitava. Tale attenzione era garantita, quando non ancora da norme scritte, da taciti accordi tra “galantuomini” che consideravano l’ambiente –specie quello collinare e
montano da cui potevano ricavare i mezzi di sostentamento- un dono ricevuto in prestito da utilizzare, da conservare e da
consegnare loro volta in dono alle generazioni successive.
A partire dal secondo dopoguerra, da un’economia basata prevalentemente sull’agricoltura si è passati ad un’economia di tipo
industriale che ha favorito lo spopolamento della montagna e della campagna a favore degli agglomerati urbani, con un doppio effetto negativo a scapito del territorio: uno spopolamento delle aree extraurbane che ha significato nel tempo l’assenza di
manutenzione dell’ambiente rurale e uno sviluppo spropositato dell’edilizia di tipo sia civile che industriale che infrastrutturale, da cui è derivato il consumo di enormi porzioni di suolo.
Concentriamo l’attenzione sulla prima questione.
Stiamo assistendo oggi, con sempre maggior frequenza, a tragedie causate da fattori meteorologici certamente connessi ai
mutamenti climatici di cui l’uomo è il primo responsabile. Un’inversione di tendenza è più che mai necessaria ma esigerebbe
tempi lunghissimi, investimenti ingenti e trasformazioni culturali di abitudini troppo radicate nella società attuale.
Di pari passo – ma con maggiori garanzie di riuscita in tempi più accettabili – è ormai consolidato a tutti i livelli l’obiettivo di
definire strategie e azioni di “adattamento” al cambiamento climatico, e tra le strade possibili non solo la manutenzione del
territorio non può essere evitata, ma occorre promuoverne la massima efficacia. La filosofia del Protocollo d’Intesa segna un
concreto rinnovamento nella concezione di “manutenzione del territorio”: da un lato si manifesta un interesse nei confronti
di zone troppo spesso dimenticate dai principali canali di finanziamento, stabilendo contestualmente i principi di intervento;
dall’altro si favorisce, attraverso l’applicazione delle leggi sulla montagna (Legge 97/94, LL.RR. 35/97 e 18/08), l’affidamento
delle opere a soggetti e imprese residenti e pertanto direttamente interessati al “buon funzionamento” del proprio territorio.
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In quest’ottica è facile intravvedere il forte richiamo culturale ad un’antica e purtroppo dimenticata consuetudine, quella del
residente che torna ad essere custode del territorio in cui vive. Un territorio certamente divenuto di interesse collettivo nel
suo insieme che, se ben mantenuto, mitigherebbe sensibilmente le problematiche che si creano a valle in occasione di eventi
meteorologici anche non particolarmente gravosi; come più volte comprovato dai drammatici fenomeni idrogeologici osservati
nel recente passato, un’azione di prevenzione spinta non è più rinviabile ed a questa sfida, pur in una contingenza economica
negativa, la politica regionale e in primis l’Assessore preposto non intendono sottrarsi.
Viceversa, impegno e capacità di attivare e coordinare specifiche misure normative e finanziarie sono testimoniate dalla caparbietà con cui è stata assegnata una quota importante dei fondi comunitari 2014-2020 alla prevenzione del dissesto idrogeologico.
Così, –nell’ambito di strategie integrate di valorizzazione- la cura del territorio è elemento fondamentale per rendere volano
di sviluppo economico una richiesta sempre maggiore di turismo alternativo a quello di massa e ad una altrettanto crescente
richiesta nel settore educativo-ambientale.
Quanto ai principi auspicati dal Protocollo, è da evidenziare che tutti gli interventi, dislocati sull’intera fascia montana della Regione, hanno avuto un’unica regia: i progetti infatti sono stati redatti da un gruppo di progettazione costituito dalle diverse figure professionali di tecnici operanti all’interno della struttura P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino della Regione Marche. Si
è così garantito un unico modus operandi sull’intero territorio regionale, pur nella diversità dei singoli interventi, dimostrando
se ancora una volta fosse necessario, la buona professionalità dei tecnici operanti all’interno della pubblica amministrazione.
Nell’intento delle amministrazioni che l’hanno redatta, quest’opera non vuole essere la sterile esposizione pubblica di un buon
prodotto realizzato, bensì la dimostrazione che un modo diverso di intendere ed operare, di collaborare tra enti e soggetti
privati non è impossibile quando i propositi coincidono. E’ auspicabile che tutti gli attori, ciascuno nei limiti delle proprie competenze, operino affinché questo modello possa essere replicato ma, soprattutto, possa diventare un esempio, non soltanto
locale, per future azioni da compiere a beneficio del territorio.
Paola Giorgi
Assessore Infrastrutture, Difesa del suolo e della costa, Polizia locale e politiche integrate per la sicurezza,
Porti e aeroporti, Protezione civile, Viabilità, Caccia e pesca sportiva, Politiche comunitarie, Diritti e pari opportunità
Regione Marche
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Considerato che la difesa del suolo nel nostro Paese ha come obiettivo la tutela del territorio, del suolo, degli abitanti, delle
opere infrastrutturali, dei beni ambientali e culturali nonché la salvaguardia delle persone e delle cose dai fenomeni di dissesto
idrogeologico e che tali competenze rientrano, tra quelle affidate al MATTM – Direzione Generale per la Difesa del Suolo, il
Protocollo d’Intesa sottoscritto con la Regione Marche, il 5 settembre 2007, è stato inteso, dai due soggetti promotori dell’iniziativa, come uno strumento per sensibilizzare l’opinione pubblica ad una maggiore responsabilità verso i problemi ambientali.
Il territorio montano è stato individuato come base per promuovere cambiamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti
individuali e collettivi rispetto alla difesa del suolo, nell’ottica di sviluppare anche una maggiore consapevolezza della necessità
di essere sempre più direttamente coinvolti nelle politiche di governo del territorio.
L’Accordo rappresenta una disciplina rivolta allo studio e all’ approfondimento “sul campo” delle necessità di tutela e riqualificazione ambientale rilevate con il coinvolgimento anche di altri soggetti pubblici, quali le Comunità Montane; ciascuna, secondo
le proprie modalità, ha adottato tutte le iniziative necessarie par dare corso alla realizzazione di questa attività sperimentale
di integrazione tra le politiche per la salvaguardia e la valorizzazione delle aree montane e la difesa del suolo, impegnandosi
ad individuare concrete modalità di valorizzazione del sistema territoriale, anche al fine di ottimizzare le risorse disponibili allo
scopo.
Esso ha voluto promuove azioni di difesa del suolo e di prevenzione del rischio idrogeologico del territorio regionale coordinate con attività per la valorizzazione del patrimonio socio/culturale, concorrendo così anche allo sviluppo e al miglioramento
delle capacità produttive, turistiche, e naturalistiche presenti in questi ambiti, rilevando la valenza sociale ed economica del
territorio montano per le imprese e la popolazione della Regione Marche, provocando inoltre un’attenzione a ciò che avviene
nel contesto territoriale di prossimità. Tali obiettivi sono stati la spinta iniziale per provvedere allo stanziamento, sia da parte
del Ministero dell’Ambiente del Territorio e del Mare sia da parte della Regione Marche, dei fondi necessari alla realizzazione
del Protocollo.
L’intesa, così come organizzata, è basata su una continua evoluzione; da un metodo iniziale prevalentemente incentrato su
interventi di tutela e riduzione del rischio idrogeologico, si passa allo studio delle dinamiche delle azioni e risoluzioni delle
emergenze ambientali, con iniziative didattiche da intraprendere e promuovere con gli operatori del settore, per instaurare
una politica di prevenzione sostenibile, programmata e continua. Questo approccio, per produrre i suoi effetti, deve essere un
processo duraturo nel tempo, tant’è che la Regione Marche ha programmato, anche dopo il 2007, lo stanziamento di risorse
proprie per interventi aventi le finalità dello stesso Protocollo.
Altro aspetto positivo di questa iniziativa, è sicuramente l’efficace collaborazione tra la Regione Marche e il MATTM, instaurata
attraverso il previsto “Comitato Tecnico di Coordinamento”; i quattro componenti hanno operato in maniera assidua e responsabile al fine di garantire adeguate soluzioni alle criticità tecnico-amministrative del sistema per giungere ad una apprezzabile
attuazione delle attività previste dal Protocollo.
Il Comitato Tecnico di Coordinamento del Protocollo d’Intesa
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
“Beati i miti perché erediteranno la terra”
(Mt 5,5)
Vi è dunque una mitezza che si esprime nel servizio al prossimo, all’ambiente, alla società, esprimendo in tal modo il rapporto
con Dio. Vorrei, nella riflessione odierna poter affermare qui la nostra “prossimità” alla “terra” cioè a quel “giardino” che la Bibbia
ci dice consegnato all’Umano dal Creatore con una ricchezza di immagini il cui simbolismo la rende universalmente attuale (Gen
2,15)
Ora per affrontare il tema di Genesi 2,15, che penso possiamo definire l’“ETICA del GIARDINO CONSEGNATO ALL’ADAM”, dobbiamo
considerare a priori, seppur a grandi linee, il contesto dell’immagine (il midrash) dell’Eden, così come viene presentata dal testo:
E Adonai/Ihvh pianta un giardino in Eden, a oriente.
Lì mette l’adam da lui formato (Gen 2,8)
………
E Elohim (Adonai/Ihvh) prende l’adam e lo pone nell’Eden
per preservarlo e coltivarlo (servirlo). (Gen 2,15).
Alla sua prima menzione nel libro della Genesi (il BERESHIT), la parola Eden appare tra le due che indicano giardino e oriente: “E
Adonai/Jhwh pianta un giardino in Eden, a oriente” (Gen 2,8. LXX). La descrizione geografica di questo “inizio” è solo apparente:
infatti i particolari che si susseguono nel racconto rendono la geografia simbolica di Eden uno dei temi più sfuggenti dell’intera
Scrittura. A rendere più ambigua la narrazione è il fatto linguistico per il quale in ebraico la nozione di Giardino (gan) e di Eden
si fondono nella parte centrale dell’episodio, che recita gan ‘Eden, “giardino di Eden”, o addirittura, come nel versetto che ci
interessa, recita “lo pone nell’Eden”. Dobbiamo inoltre ricordare che l’espressione italiana “paradiso terrestre” non traduce alcuna
frase biblica ma sostituisce l’ebraico gan ‘Eden con un sostantivo di origine persiana (giardino = paradeisos) usato dai traduttori
della LXX che hanno aggiunto quel “terrestre” che non ha nessun riscontro nell’ebraico biblico.
La connotazione del luogo (l’oriente) viene resa più complessa anche dai significati ebraici del termine ‘eden, che significa letteralmente “piacere”, “delizia”. Perciò il gan‘Eden è allora un “giardino di piacere” nel quale l’Elohim fa spuntare dal suolo ogni
albero desiderabile alla vista e buono da mangiare, ed è quindi lo spazio del decoro e del sollievo che la vegetazione evoca fin
dai tempi più antichi nell’immaginario orientale. Però il gan‘Eden appartiene alla sfera divina, alla sua signoria; esso accoglie al
proprio centro due alberi simbolici che si sottraggono al limitato ambito quotidiano e che coinvolgono tutta la parabola dell’esistenza: l’albero della vita…e l’albero della conoscenza del bene e del male (2,9).
Nel “racconto della prova” l’attenzione della coppia viene attratta dall’albero della conoscenza. Si tratta della tentazione intrinseca all’Adam di voler conoscere, cioè stabilire e di conseguenza giudicare a proprio modo ciò che è bene e ciò che è male,
tentazione di ogni potere, tentazione di gestire le coscienze, tentazione quindi di sostituirsi al Creatore il cui giudizio è sempre
liberante e quindi riservabile a Lui solo, secondo l’indicazione di Gesù di Nazaret (Mt 7,1-3).
Dopo la consumazione dell’albero, il giardino diviene lo spazio della conoscenza la quale si manifesta anzitutto come paura di
ritrovarsi nudi e come il conseguente insorgere della vergogna. Il gan ‘Eden diviene allora un luogo dove nascondersi, e gli alberi,
non più desiderati o gustati, diventano solo uno schermo per ripararsi.
Accanto a questa immagine del giardino, contenuta nella Genesi, nella Scrittura c’è un’altra descrizione dell’Eden che evoca in
maniera più diretta l’antichissima idea mesopotamica del giardino divino, concepito come una dimora di luce, colma di pietre
preziose. Tale descrizione è contenuta nel libro di Ezechiele 28,13-14:
in Eden, giardino di Dio,
tu eri coperto d’ogni pietra preziosa:
rubini, topazi, diamanti, crisoliti, onici
e diaspri, zaffiri, carbonchi e smeraldi;
e d’oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue legature,
preparato nel giorno in cui fosti creato.
Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa;
io ti ho posto sul monte santo di Dio
e camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Chiamato a intervenire in questa pubblicazione che illustra gli interventi attuati nell’ambito del Protocollo d’Intesa siglato nel
settembre 2007 fra il Ministero dell’Ambiente e la Regione Marche, ritengo opportuno segnalare anzitutto come tale esperienza
sia la naturale prosecuzione degli intendimenti sanciti con la stipula della Carta di Fonte Avellana nel 1996. La percezione della
montagna quale scenario naturale, sociale e culturale in cui collocare il presidio antropico, il tema del lavoro e la tutela dell’ambiente non solo a vantaggio dell’economia locale ma di tutta la società fino a valle - al momento della firma patrimonio di pochi
visionari, caratterizzati certo da un alto grado di incoscienza ma anche, oggi possiamo ben dirlo, di lungimiranza - è divenuta,
nel tempo, una acquisizione sempre più diffusa presso larghi strati della popolazione e fatta propria, per se a volte in modo
contraddittorio e non del tutto soddisfacente, dalla classe dirigente e dagli amministratori chiamati a gestire il territorio. Sono
dei concetti che, purtroppo, si sono fatti strada con ritardo e con lentezza, e soprattutto a seguito di eventi calamitosi, a volte catastrofici in termini di costi economici e parimenti tragici in termini di perdita di vite umane. La prevenzione e la mitigazione del
rischio idrogeologico e dei dissesti, la gestione delle foreste e delle aree naturali, la regimazione delle acque e la difesa del suolo
rappresentano delle priorità specie se attuate là dove nasce il problema e cioè a monte, dove il fiume sgorga per discendere a
valle: la montagna, quindi, che da problema diviene opportunità, a beneficio di tutto il resto del territorio. E’ allora evidente che,
in tema di montagna e più in generale di ambiente, il cuore del problema e i risvolti delle opportunità sono da rintracciare nel
rapporto dell’uomo con il complesso delle risorse naturali di cui è circondato, nel rapporto dinamico della creatura con il creato,
che a sua volta crea modificazioni e mutamenti e che non può prescindere da una attività fondamentale quale la “cura” intesa
come gestione attiva improntata al rispetto e finalizzata alla sostenibilità. In questo senso vorrei condividere con voi alcune
riflessioni che, a partire da una analisi di alcuni passi delle Sacre Scritture, colloca la vita, anche spirituale, dell’uomo nella fisicità
della terra, il “giardino” a lui consegnato dal Creatore affinché sia opportunamente coltivato.
Voglio iniziare questa riflessione con la terza “beatitudine” dell’elenco dell’evangelista Matteo, preceduta da “beati i poveri in
spirito” e “beati gli afflitti”. Dobbiamo subito sottolineare che le beatitudini di Matteo (a differenza di quelle enunciate da Luca
(Lc 6,20-26), non sono rivolte direttamente a poveri e infelici nelle loro sofferenze, ma a cristiani animati da certe disposizioni
spirituali, e diventano perciò l’espressione delle esigenze universali di vita conforme agli insegnamenti di Cristo. Il Vangelo non
è una buona notizia che possiamo accontentarci di ascoltare, ma è destinato a trasformare il cuore, sede della coscienza e delle
scelte e, di conseguenza, a trasformare la condotta dei credenti.
Grazie a questo orientamento le beatitudini matteane si accordano con il contesto del “discorso della montagna” il cui tema
generale è quello della “giustizia”, cioè delle esigenze della giustizia cristiana, che sono più ampie di quelle della giustizia degli
scribi e farisei.
Per quanto riguarda il nostro versetto 5, quasi tutti gli esegeti ritengono che esprima o perlomeno supponga un atteggiamento
interiore. Siccome vi sono delle difficoltà nel determinare se tale atteggiamento implichi o meno una situazione sociale sfavorevole che ne costituirebbe l’occasione, perché non tentare di definirla in funzione della sua controparte: ci chiediamo “atteggiamento nei confronti di chi?”.
In genere i commentatori della Chiesa antica affermano che la beatitudine si riferisce a coloro che si mostrano miti nei loro
rapporti con il prossimo, tuttavia Agostino preferisce vedervi una simile sottomissione nei confronti di Dio. Oggi molti ritengono
che non sia il caso di fare una scelta, poiché la medesima disposizione d’animo coinvolge simultaneamente Dio e il Prossimo.
D’altra parte tutti i testi presentano la mansuetudine del “mite” in funzione dei rapporti con il prossimo e non parlano mai di
“mitezza” nei confronti di Dio.
Gesù di Nazaret si presenta ai suoi uditori come “mite e umile di cuore (Mt 11,23) e dice “io non sono venuto per essere servito
ma per servire ” (Mc 10,45).
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
La sua natura impietrita da una vampa di luce richiama lo scenario che si distende dinanzi a Ghilgamesh (fine del III mill.a.C.)
finalmente giunto nel giardino degli dei: “Egli è sbalordito al vedere ogni specie di alberi di pietre preziose: la corniola porta i suoi
frutti … il lapislazzuli porta foglie, anch’esso porta frutti piacevoli da guardare”.
Maestri della tradizione postbiblica, riflettendo sulla dicotomia della vita e sul contrasto che causa la divisione, simboleggiano
questo contrasto nella dualità di Eden e Geenna. Questa viene considerata una specie di immagine speculare dell’Eden, una sua
negazione retorica. Però, pur nella loro sostanziale differenza di qualità, i due “luoghi” erano detti prossimi l’uno all’altro, vicinissimi tra loro, come il discriminare tra le azioni etiche e le trasgressioni è spesso tanto sottile da risultare quasi impercettibile. Ciò
viene rappresentato anche dall’albero “della conoscenza del bene e del male”, immagine esclusivamente biblica.
Torniamo dunque al versetto che ci interessa.
Qui viene esplicitata la prospettiva positiva progettata per l’umanità: Jhwh ha per tutti una proposta di felicità. Il Creatore “prende l’adam”: l’espressione indica l’iniziativa gratuita di Dio che riserva e sé il progetto salvifico dell’umanità, da lui scelta, amata
e collocata in una situazione favorevole.
Essa umanità è chiamata a “preservare e coltivare” il giardino: è questo il suo compito nel mondo. Non è un ruolo da padrone e
sulla terra non dovrebbero esserci padroni, ma solo giardinieri.
In Gen 1,26-28 è scritto:
Elohim ha parlato: “Noi faremo adam,
a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza.
Essi governeranno i pesci del mare, i volatili dei cieli,
gli armenti, tutta la terra, tutti i rettili che strisciano sulla terra”.
Elohim ha creato l’adam a sua immagine,
a immagine di Elohim lo ha creato,
maschio e femmina li ha creati.
Elohim ha pronunciato su di loro la benedizione e ha detto:
“Siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra, percorretela.
Governate i pesci del mare, i volatili dei cieli,
tutti gli esseri che strisciano sulla terra”.
Le nostre traduzioni parlano di “dominio” e in tal modo hanno creato l’atteggiamento convinto dell’uomo dominatore, padrone
assoluto della creazione. La “signoria” del Creatore, di cui l’adam è immagine e somiglianza, è “servizio di vita”, è “diaconia”, non
“dominio di morte”:
…Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutto per la vita, le creature del mondo sono salutifere. (Sap.1,13-14)
Proprio per questo lo stesso libro della Sapienza ammonisce:
Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani. (Sap.1,12).
Il verbo “coltivare” usato rinvia al lavoro umano, ma significa anche “servire” e “servire Dio”, servirlo pure nel culto (cfr.Es 3,12: “…
quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”), per la qual cosa il lavoro umano diventa anche
espressione di culto e di celebrazione: così i due significati del verbo si illuminano reciprocamente.
Il verbo “preservare”, più dinamico di “conservare”, significa infatti anche “vigilare”: non si può coltivare se non si preserva il
giardino dalle molteplici tentazioni di morte.
I due verbi, è importante notarlo, rinviano al linguaggio dell’Alleanza. L’immagine dell’umanità posta nel giardino è strettamente correlata a quella di Ihwh che libera il popolo d’Israele, facendolo uscire dall’Egitto e conducendolo verso una terra “dove
scorre latte e miele”, dopo essersi legato a lui in un rapporto di alleanza. In Es 19,4-5 (fondamento della teologia dell’Alleanza),
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PREMESSA
si legge: “Voi stessi avete visto ciò che ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ha fatto venire fino a me.
Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia Alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è
tutta la terra.” Dunque i due verbi della Genesi ricordano l’impegno di “servire Dio” e “custodire (preservare/vigilare)” l’Alleanza,
rimanendo nello spirito dell’Esodo, cioè quello di un popolo liberato che deve costruire rapporti liberanti di giustizia., cioè di
“fedeltà” alla terra stessa e all’umanità.
Riguardo a questo “parallelismo” non si dimentichi che il testo della Genesi è costruito proprio partendo dall’esperienza storica
di Israele, eretta a simbolo della storia dell’umanità.
Dopo il “rifiuto” dell’obbedienza a Dio, si mettono in bocca a Lui queste parole:
Adonai/Jhwh Elohim dice:
“Ecco, l’uomo è come uno di noi per conoscere il bene e il male.
Perciò che egli non allunghi la sua mano
e non prenda dell’albero della vita, ne mangi e viva perennemente!”
Adonai/Jhwh Elohim lo sfratta dal giardino dell’Eden,
per servire la terra da cui è stato preso.
Egli espulse l’adam
e fece dimorare a oriente del giardino i Kerubim
e la fiamma della spada rutilante
per custodire la via dell’albero della vita. (Gen 3,22-24)
Il testo citato dal libro della Sapienza ci aiuta a comprendere che non è Dio a volere l’infelicità dell’umanità, ma sono le scelte
sbagliate di questa che la provocano.
Solo Dio ha la chiave del giardino per “riaprirlo”: è un dono suo accedervi nuovamente. Qui si inserisce il senso di tutta la rivelazione biblica: dell’Alleanza di Israele con Ihwh nel Primo Testamento e della persona di Gesù di Nazaret nel Secondo Testamento.
E’ un dono rientrante in questa realtà del giardino che Gesù chiama “regno di Dio”: il progetto di Dio di un’umanità nuova che
l’Apocalisse definisce “nuovo cielo e nuova terra” (cfr.Ap 21,1).
L’umanità da sola non può raggiungere la felicità. I nostri giorni e quelli passati ce lo gridano continuamente: c’è un’incapacità
radicale che è espressa nel simbolo dei Kerubim, tratto dalla mitologia babilonese. Occorre perciò riaprirsi alla parola di Dio. Qui
ritorna il valore simbolico dell’albero della vita: Dio proibisce di cibarsene perché quando l’umanità interrompe il rapporto con
Lui, opta per un progetto di morte.
Quindi questo giardino è una consegna-progetto, è una nostalgia-speranza. Nostalgia di qualcosa che spinge in avanti; è il
dolore per la lontananza da Dio, dal suo progetto, dal suo regno. Nostalgia che deve tradursi in speranza attiva, in un lavoro di
costruzione che anima il presente per trasformarlo. Per questo ci viene quotidianamente consegnato, affinché lo serviamo con
quella “mitezza e umiltà di cuore” che ne è la sintesi.
Dom Salvatore Frigerio
Presidente Collegium Scriptorium Fontis Avellanae
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
PREMESSA
L’attenzione alle realtà geosociali
nella pianificazione territoriale
Per La difesa del suolo e la valorizzazione ambientale
delle aree montane
1. La tutela e la valorizzazione dell’ambiente hanno, in generale, una notevole varietà di declinazioni; se poi si misurano con i
problemi e le potenzialità di aree come quelle montane appenniniche, interne rispetto alle realtà di più intenso insediamento
residenziale e produttivo – che nelle Marche sono rappresentate dalla costa e dai principali assi vallivi del suo sistema “a
pettine” – allora le declinazioni assumono connotazioni specifiche, riconducibili a diversi temi. Accennerò solamente – senza
approfondire - ad alcuni di essi, poiché mi sembrano di particolare rilievo dal punto di vista delle aree montane. In primo
luogo la protezione della fauna e della flora, le cui specificità delineano altrettante note distintive suscettibili di valorizzazione
non solamente economica, protezione che assume un valore di particolare risonanza, come suggeriscono accadimenti recenti
relativi a esemplari di animali selvatici la cui esistenza entra in contatto e talvolta in conflitto con le attività umane, turistiche o
di allevamento. Aggiungerei la valorizzazione dei parchi e delle riserve naturali come ambienti di riferimento per il rafforzarsi
della cultura ambientale. Considero inoltre di particolare importanza la difesa del suolo nelle aree rese secondarie dai processi
di sviluppo e che rischiano non solo di degradarsi sotto il profilo del paesaggio e del contributo a una più elevata qualità della
vita, ma di contribuire al declino della capacità di creare nuova ricchezza e di evolvere nelle modalità della sua utilizzazione,
basti pensare ai fenomeni tristemente noti di abbandono e di erosione, di inquinamento e di incapacità di recupero. A questi
aspetti assocerei quelli della tutela e della valorizzazione delle risorse idriche e energetiche, legate alla montagna da tecniche
e tecnologie in cui il nostro Paese è stato precursore, risorse che non solo devono essere tutelate nell’assetto attuale, ma che
possono probabilmente trovare ulteriore valorizzazione da diversi punti di vista.
risorse che occorrerebbe trovare e investire per sanare e recuperare le situazioni degradate e pericolose, riorientare i processi
che rischiano di danneggiare l’ambiente e le risorse che se ne possono trarre, ricercare sperimentare e avviare metodi nuovi di
valorizzazione dell’ambiente per aree che, da secondarie, rischiano di divenire degradate e pericolose (come accade per alcune
nostre aree interne e montane). Tuttavia, l’importanza di tali esempi di intervento resta elevata perché è anche dai singoli,
minuti interventi, che l’azione complessiva trae forza.
L’assetto idrogeologico e la stabilità del suolo, sono obiettivi che possono essere conseguiti solo nel lungo periodo e che si
determinano dalla sommatoria di tutta una serie di azioni che devono, invece, essere fortemente articolate e gestite nel breve
periodo, con la capacità di intervenire rapidamente e senza i ritardi che possono aggravare determinate situazioni di degrado
e di rischio di degrado.
Il grande merito che bisogna riconoscere ai singoli meritori interventi esemplificati nel libro, non deve indurre a abbassare
l’attenzione sulla necessità di azioni e orientamenti generali, di ampiezza adeguata, che agiscano in relazione al fabbisogno
rilevante di politiche ambientali serie e concrete per salvaguardare il territorio montano delle nostra regione.
4. Nelle Marche, è bene ricordarlo, le aree montane non costituiscono una realtà avulsa dai processi di evoluzione e sviluppo
dell’economia, storicamente non sono aree condannate alla secondarietà né alla marginalità. Lo dimostrano alcuni studi e,
nello specifico, uno studio di qualche anno fa condotto dallo scrivente sulla base dei dati intercensuari 1981-2001. In tale
studio si evidenziava come a livello regionale il dato della “diffusione” dello sviluppo su tutto il territorio sembrasse evidente
e consolidato.
Si rilevava come processi di localizzazione rilevanti per settori primari nello sviluppo regionale, avessero interessato anche le
aree interne e montane. E si deduceva che i vincoli orografici legati all’ampiezza della presenza di colline e montagne non precludono l’esistenza di processi insediativi, che, infatti, nei decenni precedenti hanno vissuto una trasformazione significativa,
dove l’espansione più marcata delle “aree forti”, caratterizzate cioè sia da specializzazione che da addensamento localizzativo,
non ha impedito (e non ha contrastato) lo sviluppo nelle aree in ritardo. Così che i processi di insediamento diffuso dei “non
distretti” hanno mantenuto nel tempo il livello raggiunto in termini di numero di comuni coinvolti e si sono fortemente sviluppate le realtà interessate dai fenomeni di specializzazione distrettuale e quelle in cui si sono sovrapposti i due fenomeni, e
nello stesso tempo vi è stata una forte diminuzione del numero dei comuni compresi nelle aree “a bassa specializzazione” e non
soggette a addensamento di imprese rispetto alla superficie territoriale. Alcune di esse, non tutte, erano aree montane: tutte
localizzate nella parte meridionale della regione, in prossimità ai rilievi più alti dell’Appennino marchigiano.
Questo sviluppo a carattere “diffuso” pone in evidenza quanto sia rilevante il problema della sua sostenibilità ambientale
garantita da una azione costante di salvaguardia del territorio. Come le piccole e medie imprese, soggetti dominanti questo
tipo di sviluppo, sono sempre state, nei secoli, parte costitutiva del paesaggio, così oggi il loro diffondersi nel territorio deve
realizzarsi senza alterare il patrimonio paesaggistico.
Prof. Ilario Favaretto
Direttore del Dipartimento di Economia, Società, Politica
Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino
2. Gli esempi di risanamento del territorio che vengono portati in questa pubblicazione, le tecniche innovative per minimizzare
l’impatto ambientale, definite di “ingegneria naturalistica”, indicano che l’innovazione tecnologica può avere un effetto positivo, diretto e rilevante sull’equilibrio sostenibile. Indicano che l’innovazione e tutto ciò che la permea, l’impegno della ricerca e
della sperimentazione, il rigore scientifico, l’attenzione ai risultati già ottenuti e a quelli che si può cercare di raggiungere, non
debbono avere come solo riferimento beni e servizi, processi e soggetti economici. Possono e devono anche cimentarsi con la
sfida della sostenibilità ambientale, la stessa che molti ritengono ancora in contraddizione proprio con il progresso tecnico e
scientifico, con l’innovazione tecnologica e la sperimentazione di nuovi processi, prodotti, organizzazioni. La green economy
è divenuta ormai uno dei rami dell’agire economico più promettente per tassi di crescita, possibilità di occupazione, rilevanza
e sistematicità dei rendimenti attesi. Il convergere di interessi economici con l’impegno ambientale, dei processi di sviluppo
nella capacità di produrre ricchezza con i processi di salvaguardia e valorizzazione sostenibile dell’ambiente, sembra destinato a accrescersi e a trascinare in misura crescente anche il progresso tecnologico e scientifico a misurarsi con le tematiche
dell’ambiente, della sua salvaguardia, della sua fruizione attenta, del recupero delle realtà degradate, del superamento e della
sostituzione delle tecniche e delle tecnologie a impatto negativo.
3. Gli interventi che compaiono in questa pubblicazione possono rappresentare, se non ancora la prova che si è imboccata con
decisione la strada dello sviluppo sostenibile, almeno l’indicazione che si può cominciare ad agire concretamente. Nelle attuali
condizioni di diffuso declino economico e ambientale che riguardano il nostro Paese, gli esempi degli interventi riportati nel
libro non possono avere che un ruolo relativamente marginale, complessivamente trascurabile rispetto all’ammontare delle
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
Le aree interne e montane tra marginalità e resilienza
PREMESSA
guenze delle nostre azioni saranno più vicine a casa, invece di essere tenute così lontane da non essere nemmeno percepite”
(Hopkins, 2009).
Per comprendere l’importanza del concetto di resilienza, anche dal punto di vista economico e occupazionale, è opportuno
soffermarsi sul concetto di “crisi” e sul concetto, ad esso strettamente connesso anche dal punto di vista semantico, di “disastro”.
Una crisi è qualunque evento che può produrre una situazione d’instabilità o di pericolo a un individuo, gruppo, comunità o
altro sistema complesso. Una peculiarità delle crisi è che colpisce solo i sistemi complessi, quelli semplici ne sono immuni.
La crisi è una situazione di pericolo per l’integrità del sistema che, sebbene generalmente considerata sinonimo (Farazmand,
2001; Kim and Lee, 2001) di disastro, dal punto di vista logico lo precede. Il sistema funziona ancora e una decisione o un
intervento correttivo (retroazione) si rendono necessari per evitare che la crisi degeneri, appunto, in disastro.
I disastri, d’altro canto, sono bruschi turbamenti al sistema socioeconomico e ambientale, che comportano la perdita di
vite e beni materiali. I disastri possono essere distinti in naturali (es. terremoti) e prodotti dall‘uomo (es. atti di terrorismo),
sebbene in taluni casi quelli naturali siano indirettamente causati o facilitati dall’azione dell’uomo (es. alluvioni).
A tal fine è utile riportare qui la definizione delle Nazioni Unite (United Nations International Strategy for Disaster Reduction,
UN/ISDR 2004):
“Un disastro è un improvviso evento calamitoso che provoca una grave perturbazione del funzionamento di una comunità
o una società e che causa diffuse perdite umane, materiali, economiche e/o ambientali eccedenti la capacità della comunità
interessata o della società di farvi fronte con la propria dotazione di risorse”.
Un importante concetto collegato a quelli di crisi e disastro è quello di vulnerabilità, che fa riferimento alle caratteristiche
del sistema interessato dal disastro, e alle sue capacità di resistere all’evento disastroso, o di recuperare le condizioni di normalità a seguito dell’evento stesso. Un sistema è quindi tanto più vulnerabile quanto minore è la capacità di resilienza della
collettività interessata dall’evento calamitoso.
In quanto segue, cercheremo di mostrare che le aree interne e montane sono più resilienti, in quanto in grado di adattarsi
più facilmente a condizioni di crisi. Ovviamente questo non impedisce alle crisi e ai disastri di accadere anche nelle predette
aree. Tuttavia – potenzialmente – le aree interne e montane hanno risorse umane, sociali e ambientali che le rendono meno
vulnerabili, nel senso che – in parte proprio grazie alla loro marginalità - hanno maggiori capacità di recupero autonomo di
quanto non abbiano le aree costiere, più dipendenti proprio perché interconnesse con altre aree e i mercati globali.
I territori interni e montani delle Marche hanno, ad esempio, evidenziato una notevole capacità di “resilienza” in termini di
capacità di reazione alla perdurante crisi economica. Da un’analisi dei dati sull’occupazione riferiti ai Sistemi Locali del Lavoro
(SLL), pur in un quadro complessivamente drammatico per quanto riguarda i dati occupazionali, nel caso delle aree montane
meno urbanizzate sembra emergere una maggiore capacità di tenuta in termini di tassi di occupazione, rispetto al caso delle
aree urbane. L’analisi è stata effettuata sulla base di dati ISTAT relativi ai tassi di disoccupazione per SLL tra il 2004 e il 2013.
I 33 SLL marchigiani sono stati classificati in tre categorie: montani non urbani, interni semiurbani e urbani, creando un indicatore che considera congiuntamente la classificazione ISTAT della zona altimetrica e la popolazione del SLL: in tal modo si è
tenuto in considerazione sia l’elemento altimetrico che la localizzazione in distretti più o meno popolati attribuendo a ciascun
SLL un punteggio tanto più alto quanto più esso a) si colloca su fasce altimetriche basse e b) comprende una elevata popolazione residente. Il SLL con punteggio massimo è quello di Ancona, quello con punteggio minimo è quello di S. Angelo in Vado.
Le tabelle 1-3 riportano l’evoluzione dei tassi di disoccupazione per anno e classe, nelle tre tipologie di SLL. Il quadro che
emerge abbastanza chiaramente che, pur con un generale spostamento dei SLL verso valori maggiori di disoccupazione tra
il 2004 e il 2013, le aree montane mostrano maggiori percentuali di SLL nella classi di disoccupazione minori, anche negli
ultimi due anni di maggiore incidenza della crisi economica. Le differenze sono statisticamente significative e non escludono
l’esistenza di un trend temporale di incremento del tasso disoccupazione minore nelle aree interne e montane rispetto a
quelle semi-urbane e urbane1.
La società in cui viviamo è profondamente segnata da un modello di sviluppo che, a dire di molti studiosi, non ha alcun grado
di resilienza.
La resilienza, in ecologia, è un termine che si riferisce alla capacità di un sistema di assorbire un disturbo e di riorganizzasi
ovvero di continuare a funzionare in presenza di shock esterni e cambiamenti indotti (Hopkins, 2009; Walker et al., 2004).
In un contesto economico e sociale, la resilienza fa riferimento all’autosufficienza in campo alimentare ed energetico, e alla
capacità dei sistemi economici locali di resistere ed adattarsi a shock esterni (come una crisi energetica e/o economica).
Il concetto di resilienza è assai più stringente – e anche più utile – dell’ormai abusato concetto di sostenibilità.
Lo “sviluppo sostenibile” almeno nella definizione più nota – quella della Commissione Bruntland (1987) – è, infatti, “uno
sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i
propri bisogni”.
Non conoscendo i bisogni – eccezion fatta per quelli più fondamentali – delle generazioni future e non conoscendo il trend
e la direzione del progresso tecnologico , il termine “sviluppo sostenibile” finisce per essere un concetto equivoco a livello
teorico e inservibile a livello politico-pratico (Basosi, 1991; O’Connor, 1994; Zanoli, 2000).
Secondo Hopkins (2009), tre sono le caratteristiche di un sistema resiliente:
la diversità
la modularità
la riduzione delle retroazioni
Nello specifico, in un sistema economico locale, la diversità fa riferimento al numero delle fonti di reddito e occupazione
di una determinata area o insediamento. Anche la differenziazione nell’uso del suolo agricolo e forestale è un carattere
della (bio)diversità, che accompagna una maggiore flessibilità e capacità di rispondere alle potenziali sfide (economiche,
climatiche, ecc.).
Il termine modularità, invece, fa riferimento alle interconnessioni tra i componenti del sistema. Un sistema troppo connesso
è fortemente esposto agli shock esterni, e questo aumenta la pericolosità di questi ultimi, come abbiamo visto recentemente
con la crisi dei mercati finanziari globali, dove la debolezza di un mercato si trasmette quasi istantaneamente agli altri mercati.
Un sistema economico strutturato in modo modulare, invece, garantisce maggiore “segregazione” tra le componenti del
sistema, impedendo a shock potenzialmente disastrosi di propagarsi a livello globale. Un sistema economico locale può,
dunque, essere più resiliente nella misura in cui riesce – proprio – a essere meno integrato nel sistema economico globale. In
altre parola, la marginalità di un sistema economico diventa in realtà un punto di forza a fronte di minacce esterne derivanti
da crisi globali.
La terza caratteristica è strettamente connessa alla seconda. Quanto più un sistema è modulare, quanto meno velocemente
e pesantemente le conseguenze di un cambiamento di un sistema si trasmettono ad altri sistemi o altre parti del sistema
stesso. In un sistema fortemente globalizzato e con centri decisionali centralizzati, le retroazioni (o feedback) possono essere
deboli, e manifestarsi quando le azioni che le hanno originate hanno ormai superato la soglia di pericolosità. Ad esempio, se
un bacino fluviale non è modulare, e tutti gli affluenti finiscono in un unico corpo idrico magari dopo che gli alvei sono stati
“alleggeriti” da ostacoli e deviazioni che ne rallentavano il corso, un periodo di abbondanti precipitazioni può trasformarsi
in alluvione prima che le risposte (retroazioni) al pericolo possano manifestarsi. Ciò dipende anche dal fatto che i centri
decisionali (ad es. la Protezione Civile) sono lontani spesso dall’origine del problema, il luogo anche fisico dove si manifesta
l’azione potenzialmente distruttiva. In un sistema maggiormente localizzato, i risultati delle azioni umane e degli shock
esterni sono percepiti quasi immediatamente ed è anche più facile verificarne le cause. Le retroazioni quindi possono essere
più tempestive ed efficaci. Restringere, ridurre il circuito delle retroazioni avrà effetti positivi sul sistema, perché “le conse-
1 - Abbiamo usato il test non-parametrico di Cuzik (1985) per verificare l’ipotesi di un trend nell’(incremento del) tasso di disoccupazione nei tre gruppi di SSL (z=2.72, Prob <|z| = 0.007)
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PREMESSA
Una possibile chiave interpretativa di questi risultati
sta proprio nella maggiore resilienza delle aree interne e in particolare quelle montane. In questi territori,
un maggiore legame della popolazione con le risorse
territoriali e ambientali tende a creare una rete di salvaguardia che invece si riduce via via gradualmente nei
contesti semiurbani e urbani.
Ovviamente questa spiegazione tiene anche conto
del fatto che i territori più interni e montani presentano una dinamica negativa della popolazione. Se una
parte delle persone in età lavorativa che non trovano
lavoro abbandona un territorio, è ovvio che – a parità
di posti di lavoro esistenti - la percentuale di occupati
aumenta. Tuttavia, questo fenomeno contribuisce ad
aumentare la resilienza del territorio stesso. Se le aree
montane sono più resilienti, la dinamica della popolazione verso le aree urbane potrebbe – paradossalmente – contribuire a ridurre la resilienza di queste ultime.
Questo perché l’abbandono delle aree interne accresce
la loro marginalità ma anche aumenta la dipendenza
che le aree urbane hanno nei confronti di queste. Facciamo alcuni esempi. Se la popolazione attiva in cerca
di lavoro si sposta dalle aree montane e interne a quelle urbane e costiere, in queste ultime aumenta anche
il tasso di disoccupazione. Inoltre, l’abbandono del territorio montano aumenta la vulnerabilità ambientale
anche delle aree urbane e costiere, come hanno dimostrato alcuni recenti episodi alluvionali, che hanno creato criticità nelle zone interne ma veri e propri disastri
nelle zone costiere.
Programmi di disaster risk management che salvaguardino e innovino la gestione del territorio con progetti di tutela del territorio (agro-ecologia, gestione
forestale sostenibile, tutela dei corsi d’acqua)e che
siano accompagnati da iniziative gestionali specifiche
e innovative, come early warning systems, risk communcation, potrebbero costituire nuove basi per il
consolidamento della capacità di resilienza delle aree
montane, in un’ottica di sostenibilità di lungo periodo.
Una gestione adeguata del rischio di disastri naturali
può quindi coniugarsi con una maggiore resilienza dei
sistemi economici locali, e presentarsi come opportunità per una gestione del territorio anche finanziariamente vantaggiosa.
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PREMESSA
Il cambio di prospettiva “dalla gestione dell’emergenza” alla “gestione preventiva” comporta effetti che esulano dalla sola valutazione monetaria. Danni in termini di perdita di vite, distruzione di abitazioni, luoghi di lavoro e infrastrutture, al di là della
effettiva quantificazione monetaria della ricostruzione, comportano sofferenze sociali difficilmente valutabili. Gli effetti dei disastri sono più acutamente percepiti proprio a livello di comunità locali, proprio per il menzionato principio della riduzione delle retroazioni. Sono dunque i sistemi locali quelli più idonei a creare le condizioni per resistere alle crisi e a prevenire i disastri.
Per Beccattini e Rullani (1993), “il sistema locale è, insieme e congiuntamente, un luogo di accumulazione di esperienze produttive e di vita e un luogo di produzione di nuova conoscenza”.
La conoscenza e l’esperienza accumulata da generazioni nelle aree montane e interne può coniugarsi con le più moderne conoscenze. Il coinvolgimento delle comunità locali e l’attivazione del sistema di conoscenze contestuali è, dunque, essenziale per
ottimizzare il recepimento a livello territoriale degli interventi di disaster risk management. Il concetto di Community Based
Adaptation (CBA) considera in particolare la partecipazione delle risorse sociali, professionali ed economiche locali, il coinvolgimento di conoscenze locali, il recupero e tutela del paesaggio, e gestione sostenibile forestale (IPCC 2012). Approcci territoriali
di questo tipo sono in grado di consolidare le capacità, professionalità e competenze locali e porre le basi per un rafforzamento
delle basi di sviluppo locale a lungo termine. Una adeguata gestione del rischio ambientale a livello territoriale diviene quindi
uno strumento essenziale nell’ottica della sostenibilità tanto ambientale quanto proprio di sviluppo delle capacità delle popolazioni locali a resistere ai crescenti problemi ambientali legati in particolare ai cambiamenti climatici. Il disaster risk management
è infatti ormai considerato come una delle più promettenti strategie per uno sviluppo locale che vada al di là della sostenibilità e
aumenti la resilienza dei sistemi locali (Sperling and Szekely, 2005; G. Schipper and Pelling, 2006; Schipper, 2009).
Riteniamo che sia indispensabile, negli anni a venire, adottare un concetto di sostenibilità che consideri esplicitamente la
capacità di un territorio di “resistere” ad eventuali shock esogeni, perpetuando e possibilmente rinnovando le proprie capacità
di resilienza.
Le aree interne e montane hanno affinato, nei secoli, le loro capacità di resistere alle crisi – sia economiche che ambientali –
facendo della loro marginalità un punto di forza.
Stimolare l’autosufficienza di queste zone, favorendo la creazione di attività connesse alla gestione del territorio e creando
maggiori opportunità di lavoro in queste aree, porterà benefici anche alle zone urbane e costiere. Infatti, la pressione antropica
in queste aree potrebbe ridursi o almeno non aumentare ulteriormente: ciò favorirà un riequilibrio economico e ambientale che
contribuirà a rendere più resilienti anche questi sistemi locali oggi sempre più esposti alla globalizzazione e quindi più fragili.
Raffaele Zanoli e Danilo Gambelli
Università Politecnica delle Marche
Riferimenti bibliografici
Ablala-Bertrand, J.M 2013. Disasters and the Networked Economy. London, Routledge.
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
PREMESSA
La quiete dopo la tempesta
L’onda lunga che è seguita al libro “La Casta” di Stella e Rizzo, per la quale le Comunità Montane erano l’esempio pubblico del
pubblico spreco, si è fermata, finalmente si può iniziare una riflessione pacata su quello che le Comunità Montane rappresentano e hanno rappresentato per lo sviluppo delle aree interne e della montagna marchigiana.
Pure ai tempi dello spreco, la realtà marchigiana degli enti intermedi di coordinamento per la gestione del territorio, lo sviluppo
e la gestione di servizi associati per i comuni montani era profondamente diversa da quella di altre regioni, anche confinanti
con le Marche.
Dalla loro costituzione nel 1972, le Comunità Montane delle Marche -a parità di territorio e di servizi offerti - non hanno mai
superato i 140 dipendenti totali a fronte degli 850 dell’Umbria, i 520 della Toscana o i 6000 della Campania.
E, con questa costante attenzione all’efficienza, le Comunità Montane sono diventare un reale volano di sviluppo e di qualità
della vita nelle aree interne. Basti pensare all’esperienza virtuosa dei GAL per l’utilizzo dei fondi comunitari, alla riorganizzazione dei punti unici di accesso ai servizi socio-assistenziali che legano i piani di ambito alle Comunità Montane ed alle politiche
per la formazione e l’inserimento lavorativo che vedono nelle Comunità Montane gli sportelli più attivi sul territorio.
Ora c’è una sfida che rimette al centro le aree interne e la montagna come luogo chiave per il recupero di competitività del
Paese: il PON aree interne parte dal presupposto che le Aree Interne - quelle solitamente aggregate e coordinate dalle Comunità Montane - rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della
popolazione – assai diversificata al proprio interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di
sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, con problemi demografici ma anche fortemente
policentrica e con forte potenziale di attrazione. L’Italia nel Piano Nazionale di Riforma (PNR) ha adottato una Strategia per
contrastare la caduta demografica e rilanciare lo sviluppo e i servizi di queste aree attraverso fondi ordinari della Legge di
Stabilità e i fondi comunitari.
Rispetto a queste traiettorie, la Regione Marche si è posta come antesignana ragionando su due versanti: il versante del riordino istituzionale e quello della programmazione negoziata per accelerare gli investimenti e la messa in sicurezza del territorio.
Il Piano Operativo Regionale del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, in corso di valutazione da parte della UE ha previsto
significative risorse destinate alle sole arie interne. La mia stima è di circa 150 M euro.
La legge regionale 35 del 2014 stabilisce il superamento delle Comunità Montane prevedendo la nascita delle Unioni Montane
di Comuni. E’ una buona legge, la quale, salvaguardando le funzioni che storicamente la Comunità Montane hanno svolto ne
ampia le possibilità diventando sempre più luoghi di erogazione dei servizi per conto dei Comuni.
Anche il recente provvedimento della Giunta Regionale sul riordino territoriale va nella giusta direzione in quanto grosso modo
salvaguarda l’integrità territoriale delle Comunità Montane.
Questa non è una visione bucolica di quello che la montagna italiana è e deve essere. Nell’ultimo secolo è l’abbandono delle
aree Montane il fenomeno più rilevante, pari a circa 100.000 ha all’anno, a cui segue la forestazione post abbandono. E’ necessario operare una revisione critica del modello di sviluppo, prendendo atto che i sistemi agroforestali costituiscono parte
fondamentale di quel “capitale” su cui si fondano le possibilità di sviluppo economico e di conservazione ambientale, ma sono
indissolubilmente legati all’opera dell’uomo.
Il territorio si salvaguardia a partire dalla montagna per poi scendere a valle. Questa è una lezione che i marchigiani hanno
sperimentato amaramente in questi ultimi anni. Occorre pertanto sviluppare una pianificazione che punti a realizzare una
efficace integrazione dei processi sociali, economici ed ambientali, riducendo la polarizzazione fra sistemi produttivi e sistemi
naturali, fra società urbana e società rurale.
Michele Maiani
Presidente dell’UNCEM Marche
Piobbico, confluenza torrente Biscubio - fiume Candigliano
Ciò che manca nella legislazione regionale è una nuova legge sulla montagna, che individui strumenti e risorse per una nuova
strategia regionale per le aree interne.
L’accordo quadro di partenariato, i cui risultati vengono presentati in questo volume è sicuramente un esempio di buona prassi
che potrà essere seguito in futuro circa la velocità di spesa e i risultati attesi, nel rispetto delle caratteristiche delle aree nelle
quali le attività vengono realizzate e con il coinvolgimento diretto di professionalità e maestranze locali.
La nostra missione è quella di favorire lo sviluppo del territorio delle aree Montane attraverso, come dice l’esperto del paesaggio Franco Arminio: “...Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare non solo nelle sagre. Canti e teatro al
posto delle betoniere. Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne. Sistemare le strade provinciali, togliere le buche,
restaurare i paesaggi, le pozze d’acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti. Ora si fanno buoni vini, ma il pane potrebbe essere
migliore. E così pure il latte. Imparare a fare il formaggio. Dare ai giovani le terre demaniali. Coltivare un pezzo di terra…”
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PREMESSA
PREMESSA
Quanta acqua straripata dagli argini!
Nel novembre 2013, in occasione della bomba d’acqua, evento atmosferico sempre meno eccezionale, che si abbatté tragicamente sulla Sardegna – ad appena una settimana dagli eventi alluvionali, ricordati in questa pubblicazione, che parimenti
sconvolsero gran parte della nostra regione – nelle pagine centrali di uno dei più importanti quotidiani nazionali, accanto ad
articolate e apprezzabili analisi sul malgoverno del nostro territorio, apparve una vignetta che mi torna in mente ogniqualvolta
sono chiamato a riflettere sui temi del dissesto idrogeologico e dei cambiamenti climatici, delle calamità (cosiddette) naturali
e del loro impatto sulle nostre vite e, insomma, del nostro fragile Paese che pare sfaldarsi di giorno in giorno in una frana
senza fine. La vignetta, illuminante nella sua ironia fulminea e feroce, non mostrava altro che il padreterno – raffigurato come
il vecchio imponente, saggio e canuto dell’immaginario comune – che, dall’alto dei cieli, affacciato ad una nuvola, si sporge
verso il basso e, con uno sguardo fra il severo e lo sconsolato, pronuncia questa frase lapidaria: “respingo ogni coinvolgimento
riguardo alle vostre prove di diluvio”.
Senza la pretesa di possedere una soluzione certa e definitiva al problema, magari fabbricando ad arte una di quelle facili ricette dettate di solito dall’opportunità e dall’interesse del momento (quelle sono già presenti in abbondanza nei proclami, più o
meno urlati e più o meno accattivanti, dei “taumaturghi” di turno), credo che in primo luogo occorra sgombrare il campo dagli
argomenti palesemente falsi, utilizzati come fossero il fondamento indubitabile di un teorema che, alla fine, tutto giustifica
e tutto assolve. Sia chiaro quindi che, in tema di dissesto idrogeologico, nulla c’entrano i cambiamenti climatici intesi come
rivolgimenti improvvisi e ineluttabili di madre natura, intesi insomma come una disastrosa fatalità piovuta (è il caso di dirlo)
dal cielo.
Se è evidente che i cambiamenti climatici esistono - ed è altrettanto palese che al punto in cui ci troviamo attualmente non
possiamo né ignorarli, né accettarli passivamente e né, peraltro, pensare di poterli fermare - è necessario allora mitigare il loro
impatto preparandoci ad affrontarli, ovvero mutando radicalmente l’utilizzo del suolo e il governo del territorio così come è
stato condotto fino ad oggi.
Cementificazione selvaggia, sfruttamento intensivo delle terre, incuria e non gestione delle aree naturali, abbandono delle
pratiche agricole e forestali, spopolamento delle aree interne e montane e al contempo eccessiva densità abitativa e produttiva
nelle aree metropolitane e costiere: tutto ciò è all’origine, in vario grado, di eventi calamitosi sempre più innaturali per la loro
frequenza e lo loro portata.
Queste valutazioni sono alla base dell’esperienza del Protocollo d’Intesa cui è dedicata questa pubblicazione: una esperienza
virtuosa sotto molteplici aspetti, che altri interventi approfondiscono e analizzano nel dettaglio. Si è trattato, anzitutto, di un
positivo esempio di programmazione, attuata e pianificata in un’ottica di prevenzione e non sulla base di emergenze da sanare
ex post: una attività condotta con il coinvolgimento e la cooperazione – in termini di risorse e competenze – di diversi soggetti
istituzionali (Ministero, Regione, Comunità Montane), progettata con rigore tecnico e scientifico e realizzata – utilizzando le
norme che questo consentono - con il coinvolgimento delle imprese locali, promuovendo e consolidando l’occupazione delle
comunità residenti.
Un ultima considerazione: il territorio della Comunità Montana che presiedo, interessato da alcuni degli interventi previsti dal
Protocollo, esemplifica oggi, non solo a livello regionale, lo scenario desolante che caratterizza il nostro Paese. Più che altrove,
qui si contano e si toccano con mano le macerie di un modello di sviluppo che è imploso su se stesso, lasciando tassi di disoccupazione elevati, aumento della povertà e conseguente aumento del disagio sociale.
Era il 1998 quando uno studio del Censis, indagando l’area montana del fabrianese e quello che saremo soliti denominare il
“distretto della meccanica” o del “metalmezzadro”, prendeva atto del grande sviluppo industriale e al contempo avvertiva della
soglia critica raggiunta dal sistema locale: raccomandava pertanto una diversificazione del tessuto produttivo quale condizione
necessaria per consentire una crescita non legata al solo settore manifatturiero, individuando nel “migliore sfruttamento del
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vasto e prezioso patrimonio di risorse ambientali di cui l’intero comprensorio dispone” una linea di intervento capace di produrre sviluppo e occupazione, così da ripensare il territorio anche quale “rilevante centro di attività di manutenzione e tutela
ambientale, di attività di forestazione e di interventi di salvaguardia in campo idrogeologico”.
Era il 1998, e ci attendeva oltre un decennio di sviluppo industriale che pareva inarrestabile. Non c’erano altri orizzonti, all’interno di una visione univoca con la sola prospettiva di una crescita, a tutti i costi, imperniata sulle attività manifatturiere.
Sembrava l’unica strada: bastava andare avanti. Era un percorso facile, concreto, “naturale”.
Quel complesso di risorse ambientali e paesaggistiche – quelle, sì, naturali – che tanto pregio portano al nostro territorio allora
come oggi, non era considerato una ricchezza, un patrimonio da tutelare, valorizzare e su cui investire. Era semmai, per molti,
una zavorra o qualcosa di fastidioso e di limitante, quando non si potesse usarne ed abusarne a proprio piacimento. Le tradizionali attività primarie che poggiavano su di esse erano percepite come residuali, e i servizi innovativi che da esse potevano
scaturire (cura e mantenimento del paesaggio in un’ottica di sicurezza del territorio e sua valorizzazione a fini turistici) erano
viste non come delle opportunità da incentivare ma come il tentativo effimero di avviare una improbabile economia di nicchia.
Era il 1998. Guardatelo ora, questo territorio, quindici anni dopo.
“Quanta acqua è passata sotto i ponti, da allora; e quanta acqua straripata dagli argini!”.
Fabrizio Giuliani
Commissario Straordinario
Comunità Montana Esino Frasassi
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
IL PROTOCOLLO D’INTESA
Il Protocollo d’Intesa.
Storia e attuazione
IL PROTODOLLO
D’INTESA
Il contesto geografico della fascia montana delle Marche è da tempo oggetto di interesse e riflessione dell’ente regionale,
nell’obiettivo di valorizzarne le specifiche caratteristiche, fortemente connotate dalla qualità intrinseca e indiscutibile
delle variegate eccellenze ambientali, paesaggistiche, naturalistiche e storico-culturali del suo insieme.
Consolidare l’assetto sociale, mantenere vive le peculiarità, sviluppare le potenzialità a fini socio-economici sono ora stabiliti come fermi obiettivi strategici dell’intero sistema istituzionale delle Marche.
A questo esito, di carattere strutturato, si è pervenuti nel tempo sulla spinta di una progressiva presa in carico delle istanze
della comunità interessata che, anche superando criticità organizzative storiche, si è coordinata per sollecitare e rendere
stringenti ed efficaci le azioni normative e finanziarie proposte dagli organi regionali.
Programmi e ipotesi operative diversificate furono promosse durante l’intensa fase di pianificazione strategica degli anni
’90 con il Piano Regionale di Sviluppo e con il Piano di Inquadramento Territoriale; questi integrarono il Piano Paesistico
Ambientale Regionale (PPAR), strumento normativo approvato nel 1989, in cui grande attenzione era dedicata alla tutela
ed alla valorizzazione dei caratteri ambientali, naturalistici e storico culturali della fascia montana.
In quel periodo veniva da più parti sostenuta la “marginalità” delle zone interne, che poteva essere percepita in tono negativo e che comunque in termini socio-economici poteva essere confutata o motivata sulla base delle valutazioni analitiche
autorevolmente rappresentate in questo volume; la discussione faceva perno sulla presunta opportunità di riequilibrare
con ogni strumento disponibile il divario tra la fascia costiera, più organizzata, infrastrutturata e autonoma, e la fascia
collinare e montana, che mostrava i segni dell’indebolimento socio-demografico ed economico ancora oggi evidente.
In parallelo all’elaborazione dei piani strategici e di indirizzo si andava formando, con atti rappresentativi della crescente
attenzione per la montagna, un percorso operativo più stringente.
Nel maggio del 1996 fu presa, con la Carta di Fonte Avellana di cui la Regione era prima firmataria, una serie di impegni
specifici che guardavano al contesto montano come fulcro e destinazione di azioni concrete, in un’unica regia di molteplici
soggetti chiamati a lavorare in cooperazione.
Tra queste, dal punto di vista normativo, un passo importante si ebbe con l’approvazione della c.d. legge regionale per la
montagna (L.R. 35/1997 concernente “Provvedimenti per lo sviluppo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio
montano e modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12”); la legge ridefiniva le Comunità Montane e le varie
funzioni ad esse conferite -tra cui quelle relative alla gestione e manutenzione dei corsi d’acqua e dei versanti, confermate
nelle successive leggi regionali di decentramento (la n. 10 e la n. 13 del 1990), prevedendo stanziamenti annuali del
bilancio regionale per l’esercizio di quelle funzioni.
Dal punto di vista tecnico, con la Circolare Presidenziale 1/1997 venivano sanciti indirizzi, orientati all’ingegneria naturalistica, che avviavano la progressiva affermazione di criteri non tradizionali arricchendo di obiettivi ambientali la prassi
progettuale corrente; si tentava il superamento di una logica calibrata sull’intervento puntuale –ancorché funzionale alla
riduzione del rischio- per integrare in via sistematica prevenzione e valorizzazione ambientale, obiettivi fondamentali e
prioritari che in aree come quella montana quasi sempre coincidono con la manutenzione.
Dal punto di vista finanziario, le leggi regionali di bilancio confermavano i termini dell’impegno assunto dalla Regione
sostenendo le Comunità Montane mediante stanziamenti annuali destinati ad opere di prevenzione e manutenzione.
Un’occasione, pur drammatica, per realizzare in numerosi casi gli obiettivi prefissati fu data dalla pianificazione della
ricostruzione post eventi sismici iniziati nel settembre 1997, che colpirono in massima parte la fascia appenninica.
In quella circostanza fu prodotto dal sistema istituzionale regionale un grande sforzo politico ed organizzativo affinché gli
stanziamenti statali e comunitari necessari per la ricostruzione potessero per la prima volta configurarsi come strumenti
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
IL PROTOCOLLO D’INTESA
per la riqualificazione del territorio, considerando investimento la stessa manutenzione; in tale ottica si intese superare il
concetto storico delle “provvidenze” per la riparazione.
Ciò permise non solo di attivare gli interventi (prioritari) sul patrimonio edilizio danneggiato ma anche di riqualificare
nel loro insieme i borghi e le reti infrastrutturali di servizio, così come i beni naturali e il patrimonio ambientale; furono
rivolte alla prevenzione e alla riduzione del rischio idrogeologico risorse per più di 50 milioni di euro, per la maggior parte
riversati nelle aree montane.
Nel complesso filone della ricostruzione, l’interesse tecnico-scientifico suscitato dalle aree dell’entroterra ha posto senz’altro le basi per farne laboratorio di studio, sede di elaborazione di metodi, infine campo di azione sperimentale.
Nel frattempo si estendeva all’esterno dell’ambito degli addetti specialistici la diffusa consapevolezza che l’entroterra non
può essere visto soltanto come area a se’; ormai è chiaro che in senso lato l’equilibrio delle zone più interne è fondamentale
per la stabilità di quelle di valle, e rapporti di causa-effetto a grande scala possono essere descritti sia nelle analisi delle
prestazioni economico sociali che nel comportamento idrogeologico di territori contigui e connessi.
Dall’avvio del progressivo abbandono dei versanti, non più presidiati dai tradizionali operatori agro-forestali, che aveva
inizialmente comportato disfunzioni limitate alle sole ristrette aree di proprietà privata e risolvibili mediante la normativa civilistica, nel tempo sempre più si è aggravato il carico sul reticolo idrologico adduttore ai torrenti principali; oggi le
conseguenze più drammatiche sono osservabili nelle regioni fluviali della fascia costiera, con effetti talvolta disastrosi che
incidono fortemente -in termini di costi diretti e di perdita di efficienza del sistema- sui beni di interesse collettivo per
l’intera regione.
Ciò ha imposto una seria riflessione sullo stato fisico del territorio, compiuta valutando origini e conseguenze della tendenza che da decenni mina negativamente la stabilità d’insieme dell’entroterra marchigiano: il degrado del suolo, che si è
affermato nel tempo come elemento di forte alterazione non solo rispetto ai già delicati equilibri locali di queste aree “difficili” ma anche nei confronti di quelle considerate più “salde”, che in tempo differito (ormai esiguo) ne subiscono gli effetti.
In sintesi, anche per queste ragioni si osservano oggi nelle Marche –e per il vero in tutto il paese- una accresciuta vulnerabilità a fenomeni naturali anche di intensità ordinaria, una maggiore diffusione di fenomeni franosi, un intensificarsi
dei danni subiti dai sistemi infrastrutturali a rete (strade, elettrodotti, acquedotti) e dalle singole opere (se non di interi
sistemi urbani).
Tali osservazioni hanno originato recenti discipline regionali finalizzate alla prevenzione del rischio idrogeologico in
materia edilizia ed urbanistica (mediante la verifica preventiva della compatibilità idrogeologica ed il conseguimento
dell’invarianza idraulica degli interventi) e di gestione dei corsi d’acqua (mediante un piano generale di gestione in cui le
manutenzioni ordinarie e straordinarie devono essere pensate in modo da salvaguardare e potenziare i valori ambientali
dell’ambito fluviale).
Per affrontare con efficacia problemi così rilevanti si imponeva la condivisione di un “linguaggio tecnico” omogeneo che
-messo a punto in pochi anni mediante confronti costanti e produttivi con gli apparati tecnici dei Comuni e delle Comunità
Montane- costituisce oggi sicuro riferimento.
Anche per effetto di questo stimolo, in grado di ampliare reciprocamente la visuale dei funzionari coinvolti, gli uffici regionali seppero cogliere con efficace immediatezza –nel momento positivo della costituzione delle Autorità di Bacino
previste dalla legge nazionale del 1989 sulla difesa del suolo- l’opportunità resa disponibile dal Ministero dell’Ambiente
di concerto con il Dipartimento nazionale di Protezione Civile (Ordinanza n. 3073/2000 - “Programma per il ripristino
dell’assetto ambientale ed idrogeologico dei versanti soggetti ad erosione ed instabilità a seguito degli incendi verificatisi
in zone collinari e montuose”) per l’attuazione di un programma di interventi volti, oltre che alla prevenzione del dissesto
idrogeologico, anche al ripristino dell’assetto ambientale di versanti.
Le due schede progetto presentate dagli uffici regionali ebbero subito la preventiva approvazione del Ministero dell’Ambiente (e fondi per circa 1 milione di Euro); in seguito, valutati i progetti preliminari e visionati i cantieri in corso e al
termine dei lavori, dal Ministero venne un formale riconoscimento della qualità e dell’accuratezza con cui le opere erano
state realizzate.
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IL PROTOCOLLO D’INTESA
Questa prima esperienza diretta, condotta in coordinamento con gli organi tecnici ed amministrativi del Parco Naturale
della Gola della Rossa e della Riserva Naturale Statale del Furlo, ha permesso di consolidare la consapevolezza dei mezzi
professionali interni spendibili per un programma di respiro più ampio.
Il credito acquisito presso il Ministero dell’Ambiente in questo settore operativo, favorito e rafforzato dalla scelta di accorpare le deleghe alla difesa del suolo e alla valorizzazione della montagna in un unico Assessorato, mise le basi per la
stipula nel settembre 2007 –su proposta dell’allora Ass. Gianluca Carrabs di concerto con il Presidente della Giunta Regionale- del Protocollo di Intesa tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Regione Marche “per
l’attuazione di un programma di interventi connessi alla tutela, riqualificazione e valorizzazione ambientale di alcuni assi
vallivi del sistema territoriale montano della regione Marche”. Il Protocollo prevedeva la realizzazione di venti interventi
materiali e tre azioni immateriali, da realizzarsi in cofinanziamento per complessivi 5 milioni euro.
Come nelle definizioni dell’articolato dell’accordo e come si vedrà dalle schede monografiche, con il Protocollo d’Intesa
si sono attivati in alcuni tratti di assi vallivi del sistema territoriale montano interventi sperimentali di integrazione tra le
politiche per la salvaguardia e la valorizzazione delle aree montane e “la difesa del suolo”.
Tra le finalità generali definite nell’intesa sono richiamati il recupero e il mantenimento delle condizioni di equilibrio dei
sistemi naturali e la tutela della biodiversità; a tal fine si è inteso promuovere condizioni per il presidio territoriale legato
al sostegno delle attività di gestione agro-forestale–ambientale, perseguendo la riduzione del rischio idrogeologico e del
rischio da incendi boschivi, nonché la tutela, la riqualificazione e la valorizzazione ambientale.
Le azioni specifiche attivate con l’intesa, e correlate alle finalità generali, comprendono anche la formazione e l’aggiornamento professionale dei tecnici e degli operatori del settore, e la collaborazione tra istituzioni, aziende e Università.
Si tratta quindi di una iniziativa a largo raggio, che ha visto il coinvolgimento di una pluralità di soggetti pubblici e privati
(a sottolinearne il carattere fortemente aggregativo) e che ha coinvolto l’intera fascia montana con 3 filoni d’intervento
principale:
- opere idrauliche;
- frane e dissesti;
- aree percorse da incendi boschivi.
L’utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica a basso impatto ambientale ha richiesto, per ciascuno dei 20 cantieri (del
valore medio di 150.000,00 Euro), l’impegno medio di 10 lavoratori specializzati di ditte con sede nelle aree di intervento.
Coniugando le caratteristiche tecniche degli interventi (ad elevata incidenza di manodopera, rispetto ai cantieri tradizionali che viceversa prevedono maggiori risorse per utilizzo di macchinari e di materiali) con gli strumenti normativi nazionali e regionali in materia di lavori pubblici in zona montana, è stato possibile incrementare l’attività delle imprese locali
e creare occasioni concrete di lavoro a favore delle comunità residenti, con significative ricadute occupazionali (oltre che
ambientali) sul tessuto socio economico locale, in aree che negli ultimi anni hanno risentito più che altrove degli effetti
della crisi del comparto industriale e manifatturiero.
Da queste poche informazioni di sintesi, meglio esplicitate nelle singole schede progetto, si possono trarre alcune conclusioni:
- contenuti, strumenti e obiettivi del Protocollo d’Intesa hanno affrontato e realizzato metodicamente e metodologicamente quasi tutti gli impegni elencati nella Carta di Fonte Avellana;
- il modello pianificatorio, organizzativo e tecnico – operativo utilizzato per l’impostazione e l’attuazione del protocollo
è risultato conforme alle previsioni, al netto di alcune criticità fisiologiche, sostanzialmente connesse alla irregolarità del
flusso di cassa dei finanziamenti e a qualche difficoltà nelle approvazioni dei progetti e nell’affidamento dei lavori;
- al di là del significato e dell’efficacia dei singoli interventi concretamente eseguiti, il valore del Protocollo risiede nella
dimostrazione che un modello operativo a scala regionale può essere condotto in piena sinergia anche tra soggetti diversificati per natura, competenza e collocazione istituzionale;
- la realizzazione di azioni concrete in una visione integrata del territorio e multi-obiettivo, fondata sugli esiti di un percorso che dagli anni ’90 ha coinvolto tutto il sistema degli enti pubblici nelle loro diverse funzioni (dalla pianificazione
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SCHEDA
PU04
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MOLINO DELLA TORRE
PERGOLA (PU)
IL PROTOCOLLO D’INTESA
SCHEDA
AN02
alla progettazione esecutiva congiunta) e, nella fase di cantiere, il sistema degli operatori locali specializzati, ha messo in
risalto che un’azione sperimentale di questo tipo può fornire ragionevoli certezze per gli interessi collettivi, compreso il
consolidamento del presidio sul territorio con riflessi occupazionali rilevanti.
In definitiva la realizzazione del programma dimostra che vi sono le condizioni per rendere sistematica e costante l’azione di sostegno ad iniziative di valore strategico secondo il modello del Protocollo, che potrà avere seguito e continuità
nell’ambito del “Progetto Appennino: la Montagna come occasione di sviluppo ed occupazione” istituito con la legge finanziaria della Regione per il 2010.
Consolidatosi negli ultimi anni come contenitore delle politiche regionali per le aree interne, il Progetto Appennino rappresenta infatti un elemento di riferimento per la prossima programmazione comunitaria 2014-2020; in questa chiave il
Programma di interventi negli assi vallivi potrà costituire testimonianza, stimolo ed auspicio per continuare sulla strada
virtuosa che la Regione ha ormai tracciato.
PARCO NATURALE REGIONALE
“GOLA DELLA ROSSA-FRASASSI”
Recupero ambientale
di area percorsa
SCHEDA
da incendio boschivo
Vallemontagnana,
Comune di Fabriano (AN)
AN04
LOCALITÀ FOSSI
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€ 60.895,91
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€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
Pesaro
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€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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IMPORTO DEI LAVORI
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localizzazione
Vallemontagnana,
Comune di Fabriano (AN)
aree protette
Parco Naturale regionale
“Gola della Rossa-Frasassi”
realizzazione
inizio lavori 28/11/2011
fine lavori 24/08/2012
estensione area
12 Ha
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IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
Ancona
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Macerata
€ 180.946,47
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 252.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
DEI LAVORI
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del SuoloIMPORTO
e Autorità
di Bacino
€ 71.043,53
32
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
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IMPORTO DEI LAVORI
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Asco
Tronto
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
L’area in oggetto è situata totalmente all’interno del perimetro del Parco Naturale della Gola della Rossa
e Frasassi istituito con L.R. N 57/1997. E’ delimitata dai monti Valmontagnana e Ginguno. La zona è
interessata da un intensa flusso turistico in particolare per la presenza delle grotte di Frasassi, le cui sale
si sono formate proprio all’interno del monte Valmontagnana, e dalla presenza di cave tutt’ora in uso e
abbandonate.
Si tratta di un’area boscata di circa 12 ha percorsa da incendio nel luglio del 2007. Il versante più colpito
è stato quello sovrastante l’abitato di Vallemontagnana. La viabilità interna principale taglia in due
l’area incendiata e delimita due settori di intervento che possono intendersi “omogenei” dal punto di
vista vegetazionale. È presente anche una fitta rete di sentieri e strade forestali attualmente impraticabili a causa della carenza di manutenzione ordinaria, origine di dissesto del piano viario e sviluppo
incontrollato della vegetazione.
La zona è stata oggetto in passato di numerosi rimboschimenti artificiali realizzati in particolare intorno
agli anni ‘70 del secolo scorso. Le opere vennero eseguite allo scopo di ottenere una copertura forestale
uniforme ed estesa, tale da svolgere un’energica funzione di contenimento del dissesto idrogeologico e
protettiva su terreni soggetti a diffusi fenomeni erosivi.
Si tratta dei rimboschimenti tipici delle zone collinari e submontane: rimboschimenti di conifere della
fascia delle latifoglie supramediterranee. La scelta delle specie d’impianto fu prevalentemente motivata dalla frugalità, dal pronto insediamento e dalla rapida crescita iniziale.
L’incendio ha comportato la perdita quasi totale della copertura vegetale costituita in prevalenza di
pino nero e pino domestico. In tale rimboschimento la presenza di latifoglie di invasione è piuttosto
Area di intervento
SCHEDA AN02
accentuata. Si tratta per lo più di specie nobili quali le querce associate al carpino nero e all’orniello. Le latifoglie di neo formazione che
hanno invaso i rimboschimenti sono rappresentate dalle specie tipiche dell’ostrio-querceto. Queste sono ancora in fase giovanile, gran parte
comprese nelle classi diametriche di 5 e 10 cm.
Da un punto di vista faunistico il territorio è assai ricco. Tra i rettili meritano di essere menzionati la natrice dal collare, quella tassellata e la
vipera. Più di 80 specie di uccelli si rinvengono con una certa continuità tra cui l’aquila, senza contare le specie che saltuariamente sorvolano
la zona durante le migrazioni o la frequentano per periodi molto brevi. Tra i mammiferi si ricorda il lupo ed il gatto selvatico. Massiccia la
presenza del cinghiale, reintrodotto nell’area attorno agli anni ’80 a scopo venatorio.
Sotto l’aspetto geologico Valmontagnana appartiene al margine interno della catena marchigiana in un settore interessato da pieghe dislocate da faglie dirette ad andamento prevalentemente appenninico. Sul versante sono presenti coltri detritiche antiche di spessore variabile da
pochi centimetri fino a qualche metro. Inoltre sono presenti coltri colluviali detritiche variamente distribuite sui versanti e detrito antropico
legato alla realizzazione in passato di strade e sentieri.
Analisi del dissesto
La scelta di operare un intervento in questa precisa area deriva, oltre
alla sua particolare valenza naturalistica e ambientale, dai dissesti
che rischiano di innescarsi, alcuni dei quali già avviati in realtà, a seguito dall’incendio boschivo che si è verificato, come accennato nel
precedente capitolo, nel luglio del 2007.
Il problema che risulta subito evidente anche all’occhio inesperto, soprattutto da una visione panoramica frontale dell’area in questione
che affaccia sul versante su-ovest di monte Valmontagnana, è l’assenza quasi totale del verde e della copertura boscata la quale risulta
di fondamentale importanza nella protezione dei terreni al fine di
scongiurare l’innescarsi di fenomeni erosivi causati dal dilavamento
da parte degli agenti atmosferici. Percorrendo l’area incendiata al
suo interno si può constatare da vicino ciò che il fuoco in poche ore
ha prodotto; restano in piedi gli scheletri degli alberi bruciacchiati,
alcuni dei quali in decomposizione e a rischio di crollo, mentre il terreno risulta cosparso di ceneri e mozziconi di rami e tronchi inceneriti.
Iniziano a verificarsi piccoli fenomeni erosivi della coltre superficiale
a causa e dell’assenza di copertura vegetale come già accennato, e
del cedimento della tenuta dell’apparato radicale di alberi ed arbusti
non più efficienti.
Il reticolo stradale e sentieristico presente risulta ormai fatiscente e
impercorribile in molti tratti a causa della crescita incontrollata della
vegetazione e della cattiva regimazione delle acque piovane che nel
tempo hanno eroso il piano stradale creando dei veri e propri fossi. In
conseguenza di ciò, molti tratti delle scarpate sottostrada risultano
erosi dall’azione dell’acqua mettendo in serio pericolo la tenuta della
sede stradale stessa. Le scarpate sovrastanti altresì iniziano a risentire della scomparsa della copertura vegetale; anche in questo caso
si sono rilevati fenomeni erosivi e franamenti di materiale terroso e
litoide sul piano viario.
Veduta panoramica dell’area di intervento
Particolare del dissesto
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
35
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA AN02
SCHEDA AN02
Obiettivi e finalità
L’obiettivo principale è in generale il miglioramento ambientale. Gli interventi verranno suddivisi in
tre gruppi : opere forestali, di ingegneria naturalistica e stradali.
Opere forestali: saranno volte alla bonifica dell’area a seguito del passaggio del fuoco e ad un’azione volta ad una più rapida ripresa della vegetazione. L’ecosistema forestale è in grado di rinnovarsi
naturalmente; tuttavia le azioni dovranno accelerare il processo naturale indirizzandolo verso una
ricostruzione più rapida ed efficace.
Ingegneria naturalistica: verranno realizzate sulle
scarpate stradali allo scopo di ripristinare i piccoli
dissesti e favorire il rinsaldamento vegetale con
quello esistente.
Opere stradali: oltre al ripristino della viabilità
principale, forestale e sentieristica , verranno realizzate opere atte a favorire una più corretta regimazione delle acque.
Le sistemazioni stradali avranno lo scopo esclusivo di agevolare il transito dei mezzi di servizio del
parco e di eventuali mezzi soccorso.
Stabilizzazione scarpata stradale tramite il posizionamento di palizzate e viminate
Interventi realizzati
Gli interventi realizzati hanno rispettato la suddivisione nei gruppi come illustrato nel precedente capitolo.
In dettaglio è stato eseguito quanto di seguito descritto:
- taglio a raso del materiale legnoso morto in piedi sia arboreo che arbustivo;
- bonifica della vegetazione esistente attraverso la pulizia del terreno e la rimozione del materiale combusto che avrebbe potuto favorire
l’innescarsi di nuovi incendi;
- recupero dei nuclei residui di latifoglie attraverso il diradamento sulle ceppaie dei polloni in sovrannumero o in cattive condizioni fitosanitarie;
- potatura di risanamento delle conifere e di ringiovanimento delle latifoglie;
- spalcatura dei rami più bassi delle conifere e delle latifoglie;
- ripulitura dagli arbusti concorrenti nell’area incendiata e in un tratto più a monte adibito a pascolo;
- realizzazione di andane perpendicolari alle linee di massima pendenza attraverso il riutilizzo del materiale legnoso di risulta atte a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
- allontanamento e cippatura del materiale vegetale residuo inutilizzato;
- taglio a raso della vegetazione sulle strade forestali e sui sentieri e diradamento di quella presente sulle scarpate;
- ripulitura e ripristino funzionale delle caditoie stradali esistenti;
- posa in opera di canalette in legno trasversali al senso di marcia per l’intercettazione e lo smaltimento delle acque meteoriche che, libere
di scorrere, erodono la superficie stradale;
- realizzazione e ripristino di muretti a secco a monte della sede stradale per sostenere le scarpate da fenomeni di erosione e smottamento;
- realizzazione di brevi tratti di palizzate vive e viminate per il ripristino e sostegno della sede stradale nei tratti franati e nelle scarpate prive
di vegetazione;
- ripristino del fondo stradale in alcuni tratti asportato ed eroso dai fenomeni meteorici o reso impercorribile a causa di ristagni d’acqua.
Piano stradale ricaricato e livellato
Riapertura attraversamenti stradali
delle caditoie e canali di scolo
Vista d’insieme dell’area interessata dalle opere a lavori eseguiti
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
36
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
37
SCHEDA
SCHEDA AN02
PARCO NATURALE REGIONALE
“GOLA DELLA ROSSA-FRASASSI”
Pesaro
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
AN02
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LOCALITÀ FOSSI
COMUNE DI GENGA (AN)
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Riqualificazione ambientale
lago Fossi
e fosso San Francesco
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Riapertura strade forestali
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€ 60.895,91
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
localizzazione
località Fossi
Comune di Genga (AN)
aree protette
Parco Naturale regionale
“Gola della Rossa-Frasassi”
realizzazione
inizio lavori 25/02/2013
fine lavori 26/11/2013
lunghezza tratto
3000 m
Pesaro
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€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
M
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IMPORTO DEI LAVORI
Tronto
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Urbino
€ 180.946,47
IMPORTO DEI LAVORI
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
Area di intervento a lavori ultimati
€ 71.043,53
€ 252.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
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IMPORTO DEI LAVORI
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
Macerata
€ 252.000,00
38 € 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 210.000,00
Fermo
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I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 62.169,86
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DEI LAVORI
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del SuoloIMPORTO
e Autorità
di Bacino
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Tronto
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
Il lago Fossi, in Comune di Genga, è da tempo considerato un’attrattiva turistica all’interno del Parco
Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi. Si trova a circa 300 m. di quota, in posizione appartata rispetto alle principali vie di comunicazione ma facilmente raggiungibile, in una zona a vocazione
agricola tra Valle Scappuccia e Monte Predicatore, ambienti di notevole interesse naturalistico. Prende il
nome dalla località Fossi, sita a poche centinaia di metri ed è stato realizzato negli anni attorno agli ‘70
dall’ente pubblico locale per valorizzare l’area a fini ricreativi (prevalentemente la pesca sportiva) creando uno sbarramento lungo il fosso San Francesco. Le sponde lacustri sono circondate da un percorso
pedonale che permette di godere della tranquillità delle acque e del paesaggio circostante caratterizzato anche da pinete secolari.
Il camping sorto in adiacenza ha contribuito all’ulteriore sviluppo di quest’area favorendo un turismo
più stanziale rispetto a quello che si registrava fino a qualche tempo fa. Di recente ha inoltre assunto
un ruolo fondamentale nel settore didattico, come base e punto di riferimento per attività legate alla
natura ed all’educazione ambientale.
Il fosso San Francesco ha origine dalla zona di Rocchetta Alta ad una quota di circa 400 m. e confluisce
nel torrente Sentino ad una quota di circa 235 m.
Gli elementi di naturalità presenti in corrispondenza del lago Fossi e del fosso S. Francesco possono
contribuire a garantire un efficace corridoio di connessione tra le aree protette sopra dette.
Il fosso, in gran parte inciso, costeggia per un tratto la strada comunale che conduce alla frazione Fossi. Le sponde riparali sono fittamente vegetate: le associazioni vegetali, oltre ad avere un importante
valore ecologico operano anche una rilevante azione di difesa idrogeologica limitando o impedendo i
processi erosivi, anche se, nel caso specifico, la mancanza di manutenzione ha, in molti tratti, creato
Area di intervento
SCHEDA AN04
delle situazioni per cui la stessa si trova ad ostacolare il naturale deflusso delle acque.
La vegetazione legata al corso d’acqua si fonde con quella dei versanti e con le aree agricole circostanti creando una ricchezza di ambienti che
necessitano di azioni di tutela e di riqualificazione.
Le scarpate del fosso sono caratterizzate dalla boscaglia tipica delle cenosi xerofile e mesoxerofile: la presenza di un alveo inciso fa si che solo
alcune specie, più adatte a sopportare il dinamismo dell’acqua, abbiano possibilità di attecchire in vicinanza della stessa. Si rinvengono quindi
pioppi e salici prevalentemente allo stato arboreo in posizione più prossima allo scorrimento delle acque, mentre nella parte retrostante
compaiono alberi, spesso anche in forma arbustiva, di acero campestre, olmo campestre, frassino minore, frammisti ad arbusti tipo corniolo,
berretta da prete, sambuco nero, nocciolo, vitalba, biancospino, prugnolo, rovi.
Sotto il profilo geologico il settore appartiene alla zona montana dell’Appennino Marchigiano caratterizzata dalle formazioni calcareo marnose della serie Umbro-Marchigiana; sono presenti anche coltri e falde detritiche sui versanti e depositi alluvionali attuali e recenti.
Analisi del dissesto
L’area in prossimità del lago è soggetta, in periodi di forti precipitazioni, a problematiche derivanti da colate di terra e fango provenienti
dai campi circostanti coltivati; in presenza di tali eventi la strada comunale e le zone limitrofe al lago vengono invase e rese impraticabili.
L’origine di tali fenomeni è da imputarsi alla cattiva regimazione delle acque dei versanti nonché dall’assenza e carenza di manutenzione
delle canalette e caditoie stradali. In un tratto di scarpata compresa
tra la strada comunale e il sentiero che costeggia il lago è in atto un
dilavamento superficiale a causa dell’assenza di vegetazione che nel
tempo potrebbe compromettere la stabilità della strada stessa nonché creare interruzione al sentiero che costeggia il lago. Anche l’area
a monte dell’invaso dove negli anni si è creato un isolotto di particolare interesse naturalistico, risulta in stato di forte degrado, particolarmente accentuato dalla quasi totale scomparsa dell’alveo che sta
trasformando la vallecola in un’area paludosa.
Il fosso San Francesco, in particolare nel tratto tra il lago e la confluenza con il Sentino, versa in uno stato di degrado ed abbandono
evidenziato dalla folta vegetazione nonchè dagli enormi accumuli
di materiale vegetale morto che in alcuni punti ostacola quasi totalmente il normale scorrimento idrico. In questa situazione l’acqua è
costretta a crearsi nuove vie di percorrenza originando in tal modo
erosioni spondali che nel tempo potrebbero causare problematiche
alla strada comunale in adiacenza. Numerosi inoltre sono gli alberi
cresciuti spontaneamente lungo le sponde, alcuni dei quali in precarie condizioni ed a rischio di cedimento al verificarsi di avverse condizioni atmosferiche.
Questa situazione è frutto di una prolungata assenza di manutenzione ordinaria che se protratta rischierebbe anche di arrecare danni ai
manufatti presenti in alveo, quali ponti, attraversamenti e guadi utilizzati dai mezzi agricoli per raggiungere i terreni adiacenti.
Località Fossi, veduta
Cascata nei pressi di Casa il Piano
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
41
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA AN04
SCHEDA AN04
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’obiettivo che l’intervento si prefigge è quello di
una manutenzione straordinaria finalizzata alla
riqualificazione ambientale e al miglioramento
delle condizioni idriche del fosso San Francesco
oltre alla stabilizzazione di piccoli movimenti
franosi. L’area riveste particolare interesse naturalistico e ambientale e, conseguentemente,
turistico e didattico. Per questo motivo alle opere
sarà conferito un taglio diretto ad una più agevole
fruibilità da parte di escursionisti, scolaresche ed
altri organismi educativi.
Tuttavia, la riuscita dell’azione, in questo come
in casi analoghi, non può prescindere da una corretta pratica agricola che gli operatori del settore
dovrebbero intraprendere, agevolati anche dagli
enti preposti che ne riconoscano di fatto il loro
ruolo di “custodi del territorio”, come nuovo modus operandi affinché, eventi atmosferici seppur
di ordinaria entità, non si trasformino in eventi
eccezionali, con tutte le conseguenze conosciute
poiché fin troppo ricorrenti.
I lavori realizzati secondo il progetto AN04 lago Fossi hanno riguardato la stabilizzazione di alcuni dissesti gravitativi, la difesa di alcuni tratti
spondali lungo il fosso, la regimazione delle acque di scolo dai terreni agricoli circostanti e la ripulitura dell’alveo da accumuli di materiale
inerte e vegetale, intervenendo con le seguenti tecniche:
- pulizia dell’alveo dal materiale vegetale ammassato morto e dai RSU, taglio a raso della vegetazione infestante e taglio selettivo della
vegetazione spondale lungo tutto il tratto;
- rimodellamento, riprofilatura e rimozione di materiale inerte tramite la sua movimentazione all’interno dell’alveo lungo tutto il tratto;
- realizzazione di palizzate vive in legname sulla scarpata a monte della strada comunale per tutta la lunghezza del fronte del campo per
limitarne le colate di terra e fango;
- riprofilatura e realizzazione di canaletta stradale per la raccolta delle acque al piede della scarpata a monte della strada comunale;
- realizzazione di una palificata viva doppia di sostegno nel tratto di scarpata tra la strada comunale e il sentiero pedonale nei pressi del
lago per stabilizzare il fronte e limitarne il dilavamento causato dai fenomeni meteorologici;
- realizzazione al di sopra della palificata di grata viva a contatto con la scarpata sotto la quale è stata posizionata la biostuoia successivamente idroseminata per favorirne un più rapido rinverdimento;
- realizzazione di palizzate e viminate vive in alcuni tratti instabili o poco vegetati delle sponde del fosso finalizzate al consolidamento delle
stesse;
- realizzazione di piccoli tratti di scogliera in massi ciclopici nei tratti erosi delle sponde del fosso;
- riapertura tramite taglio della vegetazione e posizionamento di balaustra in legname per garantire la percorribilità del sentiero diretto
alla cascatella nei pressi del ponte in località Casa il Piano.
Scarpata a monte strada stabilizzata tramite palizzate, biostuoia e idrosemina
Ripristino sponda erosa a valle
di un attraversamento per mezzi agricoli
Scarpata a monte strada ben vegetata a poche settimane
dall’ultimazione dei lavori
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Veduta del lago Fossi
42
REGIONE MARCHE
REGIONE
MARCHE
- DIPARTIMENTO
- SERVIZIO INFRASTRUTTURE,
PER LE POLITICHE INTEGRATE
TRASPORTI,
DI SICUREZZA
ENERGIA
E PER
P.F.
LA Difesa
PROTEZIONE
del Suolo
CIVILEeP.F.
Autorità
DIFESAdiDEL
Bacino
SUOLO
43
Pesaro
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SCHEDA AN04
M
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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LOCALITÀ
SANTA MARIA IN LAPIDE
COMUNE DI MONTEGALLO (AP)
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Interventi
di stabilizzazione
del versante in frana
a monte della strada comunale
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SCHEDA
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SANTUARIO
MADONNA DELL’AMBRO
COMUNE DI MONTEFORTINO (FM)
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Viminate sulle scarpate fluviali di fosso San Francesco
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€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 180.946,47
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 71.043,53
€ 252.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
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TERRO – SAN SALVATORE
COMUNE DI SARNANO (MC)
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 149.104,09
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IMPORTO DEI LAVORI
SCHEDA
MC02
LOCALITÀ NOCELLETO
COMUNE DI
CASTELSANTANGELO SUL NERA (MC)
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rec
localizzazione
località Santa Maria inSCHEDA
Lapide,
Comune di Montegallo (AP)
aree protette
Parco Nazionale dei “Monti Sibillini”
realizzazione
LE VENE
inizio lavori
03.11.2011 (MC)
COMUNE
DI ESANATOGLIA
fine lavori 16.10.2012
estensione area
1,2 Ha
Ma
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g
Fo
Urbino
Palificata viva, grata viva e biostuoia idroseminata
per stabilizzazione scarpata sottostrada
IMPORTO DEI LAVORI
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
MC04
ro
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Me
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Ce
Ancona
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Mu
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
Macerata
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Pote
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Chien
Fermo
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Te
Aso
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
Ma
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
donn
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Am ro
44
€ 189.364,97
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REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
IMPORTO DEI LAVORI
to
Ascoli Piceno Tron
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
L’antichissima chiesa di Santa Maria in Lapide sorge lungo il corso del torrente Rigo. Appartenuta all’Abazia dei monaci Farfensi, faceva parte di un complesso molto più esteso, oggi solamente intuibile. Il
monastero, nel medioevo, era molto ricco e potente in quanto direttamente sotto la protezione imperiale di Carlo Magno. In assenza di documenti storici ed indagini archeologiche finalizzate a rilevare e
individuare eventuali stratificazioni o aggiunte di elementi costruttivi, non vi è la possibilità di creare
un quadro generale ed attendibile della chiesa anche se dovrebbe risalire all’ VIII°-IX° secolo. L’interno a
navata unica e a croce latina è privo di abside. Include una cripta del IX° sec. e una campana in bronzo
del 1400 con iscrizioni a caratteri gotici.
I dissesti dovuti alla precarietà delle fondazioni hanno causato la scomparsa della struttura originaria
dando così luogo a pesanti rimaneggiamento avvenuti alla fine del XV secolo (1491 per l’esattezza,
come riporta un’antica epigrafe nella muratura esterna del transetto tutt’ora visibile ma non più leggibile) e nel corso del secolo scorso. La sua posizione tra il torrente e il vicino castello lasciano dedurre
quanto rivestisse un ruolo importante per l’antica comunità locale.
Il sito oggetto di intervento, ricadente all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini è posto tra la
suddetta chiesa di Santa Maria in Lapide e la strada comunale Balzo - Santa Maria in Lapide, nei pressi
dell’incrocio con la strada provinciale n. 120 Ponte Moia - Rigo, a monte dell’alveo del torrente Rigo, in
Comune di Montegallo.
In passato l’area è stata oggetto di uno sbancamento atto ad ampliare il pianoro già esistente al fine di
realizzarvi una zona adatta ad attività ludiche a servizio della chiesa e dei locali attigui di Santa Maria
in Lapide. Al di sotto dell’area in piano, la scarpata si raccorda alla strada comunale degradando fino
ad annullarsi al convergere della morfologia della strada e quella del terreno. Sul lato est, il pianoro
Area di intervento
SCHEDA AP02
degrada verso un fosso che raccoglie le acque provenienti dalla strada forestale posta a monte della zona in questione.
Nella zona non sono presenti aree floristiche protette, né SIC (Siti di Importanza Comunitaria) o ZPS (Zone di Protezione speciale).
Il dissesto originatosi in prossimità della sede viaria, ha lasciato delle superfici quasi completamente nude; alcuni punti presentano solo vegetazione erbacea, altri in continuo movimento superficiale, rendono praticamente impossibile il riformarsi di un cotico erboso e l’insediarsi
delle cosiddette “specie pioniere” che permetterebbero la successiva colonizzazione del suolo da parte di forme di vegetazione più evolute.
I versanti limitrofi sono principalmente caratterizzati dalla presenza di querceti di roverella, in mescolanza con altre latifoglie (carpino nero,
orniello, cerro e formazioni riparie). Lo strato arbustivo è costituito da erica arborea, ginepro, ginestra, pungitopo, prugnolo selvatico, rosa
cavallina , ecc.
Le sponde del fosso Rigo sono fittamente vegetate. In questo caso la vegetazione legata al corso d’acqua si fonde con la vegetazione dei
versanti creando una ricchezza di ambienti.
Analisi del dissesto
Il dissesto si sviluppa su un versante di vaga forma trapezoidale che
ricopre una superficie dalle dimensioni medie di 150 m. x 80 m. circa su un dislivello di circa 30 m. I principali fattori predisponenti al
dissesto sono riconducibili all’assetto topografico in parte modificato
in conseguenza delle opere di sbancamento, sia per l’ampliamento
del pianoro che per il taglio della scarpata necessaria alla realizzazione della strada, nonché per la litologia dei terreni limoso-sabbiosi e
limoso-argillosi molto rimaneggiati.
Dette opere non hanno però previsto la contemporanea realizzazione di opportuni e necessari drenaggi atti ad evitare ristagni sull’area
pianeggiante, ritenuta causa principale dell’intero dissesto che essendo oltre tutto incassata ed in leggera contropendenza, in periodi
di intense precipitazioni piovose e/o nevose, appesantiscono l’intero
versante causando una situazione di perenne potenziale instabilità
che molto spesso in realtà si verifica con cedimenti e colate sottoforma di fango e materiale inerte sulla sottostante strada comunale. La
scarpata sovrastante riversa inoltre ulteriori acque piovane che non
trovano vie d’uscita alternative. La situazione è ulteriormente aggravata dalla scarsità e/o dal deterioramento per mancanza di manutenzione di un reticolo idrografico locale che garantisca lo smaltimento
ed il regolare deflusso delle acque. I fossi presenti nell’area risultano
infatti quasi del tutto ostruiti dalla vegetazione e/o sovralluvionati.
Il fronte della scarpata a monte della strada comunale di altezza fino
a 8 – 10 metri sulla quale insiste il pianoro, risulta completamente
privo di vegetazione ed inclinato in misura maggiore rispetto alle
proprietà geotecniche dei terreni (angolo di attrito e coesione); tali
caratteristiche incidono ulteriormente sulla stabilità del versante che
risulta in continuo movimento con periodiche problematiche, come
in precedenza accennato, alla percorribilità della sottostante strada
comunale.
Veduta panoramica dell’area da consolidare
Scarpata dissestata a monte della strada comunale
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
47
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA AP02
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’intervento ha come obiettivo la stabilizzazione
del versante instabile sottostante il campetto
da gioco. Tale opera necessita in primo luogo di
una razionale raccolta, convogliamento e smaltimento delle acque meteoriche superficiali al
fine di evitare che queste, infiltrandosi, causino
l’appesantimento dell’intero fronte, nonché di
un’accurato allontanamento delle residue acque
che inevitabilmente raggiungono il sottosuolo,
attraverso la realizzazione di una rete di smaltimento profonda. Sarà opportuno quindi riaprire i
fossi naturali presenti ripristinandone la piena efficacia e realizzarne di nuovi collegandoli a quelli
già esistenti.
Verrà infine posta attenzione alla scarpata a monte della strada comunale ponendola nelle condizioni, successivamente ad un intervento che ne
garantisca il rapido rinverdimento, di contribuire
alla stabilizzazione dell’intero versante, eliminando o quantomeno limitando anche le problematiche alla percorribilità della sottostante strada al
verificarsi di particolari eventi atmosferici.
I lavori realizzati secondo il progetto AP02 Santa Maria in Lapide, hanno riguardato la stabilizzazione del versante in frana
a monte della strada comunale Balzo-Santa Maria in Lapide,
procedendo come di seguito descritto:
- realizzazione di trincea drenante sul bordo di monte del
pianoro immediatamente al di sotto della scarpata sottostante la chiesa, atta a captare le acque di scolo dal versante e convogliarle nei fossi principali. Sul fondo dello scavo
è stato posto un tubo drenante del diametro di 20 cm per
tutta la lunghezza e lo scavo è stato rivestito in geotessuto
funzionale ad evitare l’occlusione dei dreni. Gli scavi sono
stati successivamente riempiti con materiale arido;
- realizzazione di trincee drenanti a spina di pesce con pozzetti di ispezione sulla scarpata a monte della strada comunale trasversali alle linee di massima pendenza, atte
a captare le acque di infiltrazione e convogliarle nei fossi
principali. Anche in questo caso sono stati posti sul fondo
degli scavi dei tubi drenanti del diametro di 20 cm per tutta
la lunghezza, rivestiti in geotessuto e riempiti con materiale arido;
- realizzazione, previo rimodellamento della scarpata, di una
palificata viva a doppia parete lunga circa 50 metri;
- rimodellamento e rinverdimento del tratto di scarpata a
monte della palificata tramite rivestimento con biostuoia
e successiva idrosemina e realizzazione di palizzate vive;
- riapertura del fosso esistente tramite l’asportazione del
materiale accumulato e taglio della vegetazione. Il letto è
stato rivestito di materassi in reno utili ad evitarne l’erosione e conseguente approfondimento. E’ stata inoltre realizzata una caditoia e relativo attraversamento stradale che
convoglia le acque nel Torrente Rigo;
- realizzazione di cunetta stradale sottostante la palificata
utile a raccogliere le acque del piano stradale e a convogliarle nella caditoia per poi essere riversate nel torrente
Rigo.
Chiesa di Santa Maria in Lapide
Riapertura, rimodellamento e rivestimento con
materassi in reno del fosso che raccoglie le acque
dal pianoro e le convoglia nel fosso di Rigo
Area di intervento a lavori ultimati
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
SCHEDA AP02
Realizzazione dei drenaggi a monte della scarpata stradale
Fosso riaperto e rivestito con materassi in reno.
Sul fondo la caditoia stradale
48
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
49
AP02
SCHEDA AP02
Pesaro
M
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
LOCALITÀ
SANTA MARIA IN LAPIDE
COMUNE DI MONTEGALLO (AP)
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SCHEDA
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SANTUARIO
MADONNA DELL’AMBRO
COMUNE DI MONTEFORTINO (FM)
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Lapid
Riqualificazione fluviale
del torrente Ambro
SCHEDA
MC01
Esecuzione della palificata a doppia parete viva di sostegno alla base del movimento franoso
TERRO – SAN SALVATORE
COMUNE DI SARNANO (MC)
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IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.895,91
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
SCHEDA
Ancona
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€ 252.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
MC04
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
LE VENE
COMUNE DI ESANATOGLIA (MC)
localizzazione
Santuario Madonna dell’Ambro,
Comune di Montefortino (FM)
aree protette
Parco Nazionale dei “Monti Sibillini”
realizzazione
inizio lavori 02.11.2012
fine lavori 10.09.2013
lunghezza tratto
1000 m.
Pesaro
M
IMPORTO DEI LAVORI
to
Ascoli Piceno Tron
SCHEDA
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€ 71.043,53
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€ 180.946,47
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
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Intervento di stabilizzazione della scarpata a monte della strada a pochi mesi dall’ultimazioneI Mdei
P O Rlavori
T O T O TA L E P R O G E T T O
LOCALITÀ NOCELLETO
COMUNE DI
CASTELSANTANGELO SUL NERA (MC)
€ 210.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
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Urbino
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Ce
€ 189.364,97
IMPORTO DEI LAVORI
Veduta d’insieme dell’intervento a pochi mesi dall’ultimazione dei lavori
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
Ancona
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€ 266.000,00
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€ 72.490,17
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 193.509,83
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DEI LAVORI di Bacino
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del SuoloIMPORTO
e Autorità
Po
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Asco
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
Il Santuario prende il nome dal vicino torrente ed è uno degli edifici sacri delle Marche più antichi e
visitati. La costruzione risale al secolo scorso ma si hanno notizie già dal 1037 quando i feudatari del
luogo, legati all’Abbazia Benedettina di S.Anastasio di Amandola, la abbellirono donando ai monaci
alcuni beni. Nel 1602 la struttura divenuta troppo piccola e danneggiata dall’usura del tempo, fu ricostruita più grande. Nell’anno successivo iniziarono i lavori su progetto dell’architetto Venturi di Urbino,
per la costruzione di una nuova grande chiesa che incorporò la precedente.
E’ situato in un’ampia gola del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, tra Monte Priora (2.332 m) e Monte
Castel Manardo (1.817 m) ed è costeggiato dal torrente Ambro che nasce da fonte Angagnola (1598
m.), sul monte Priora, per confluire presso Montefortino nelle acque del Tenna.
Negli ultimi anni si è badato maggiormente alle esigenze antropiche che non a quelle ambientali e
la strada ed il piazzale adibito a parcheggi hanno sottratto spazio all’alveo del torrente relegandolo
in uno spazio limitato da arginature artificiali inconsistenti e a rischio di crisi al verificarsi di episodi
violenti come spesso avvengono in questa zona a causa dello scioglimento improvviso delle nevi dai
monti circostanti.
Il torrente, nel tratto a monte del santuario, presenta una pendenza accentuata; in passato si è cercato
di porre rimedio al problema posizionando delle briglie che ne rallentassero la velocità. Obiettivo in
parte raggiunto ma a discapito della sezione idraulica che, conseguentemente all’innalzamento del
fondo derivante da un trasporto solido di notevole entità, ne ha diminuito drasticamente la superficie.
Sono presenti aree estremamente interessanti sotto l’aspetto botanico, vegetazionale e faunistico; si
rinvengono infatti un’area floristica, una SIC ed una ZPS.
I sopralluoghi effettuati nella fase propedeutica alla progettazione, hanno permesso di rilevare la presenza dell’habitat classificato “Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba”, vegetazione tipica degli
ambienti fluviali di media-alta collina.
Area di intervento
SCHEDA APFM05
In prossimità del santuario la vegetazione sulle rive del torrente risulta impoverita sia come estensione, sia come specie presenti. Il piano
arboreo è costituito da salici e pioppi. La roverella, l’orniello ed il carpino sono localizzati nelle zone poco coinvolte dalle dinamiche fluviali.
La vegetazione riparia nella fascia prossima ai corsi d’acqua, regolarmente sommersa durante le piene, è costituita dalla struttura altoarbustiva di salici e specie erbacee igrofile e nitrofile.
Geologicamente l’area in esame ricade a cavallo tra le unità morfostrutturali delle due dorsali appenniniche minori e quella della dorsale
appenninica.
Le formazioni delle due dorsali sono costituite dalla Montagna dei Fiori e dall’anticlinale di Acquasanta Terme. Le formazioni ricadono nella
zona del medio bacino che si estende dall’allineamento dei M.ti Sibillini alla città di Ascoli Piceno.
Nello specifico parte del territorio di Montegallo ricade all’interno della dorsale minore dell’anticlinale di Acquasanta Terme, il cui asse corre
tra Comunanza a nord ed Acquasanta a sud, costituita da terreni di età prevalentemente miocenica.
Analisi del dissesto
Immediatamente a valle della Madonnina, in sinistra idrografica, sono
presenti gabbionate di contenimento che mostrano evidenti segni di cedimento provocati dallo scalzamento al piede.
Procedendo verso valle, nel tratto compreso tra il ponticello e la briglia a
monte del Santuario, la sezione di deflusso del corso d’acqua risulta inadatta a contenere eventi alluvionali anche di carattere ordinario.
A valle della briglia si rinvengono fenomeni di erosione spondale con
conseguenti smottamenti lungo le scarpate fluviali.
Nel tratto compreso tra il ponticello fino a circa 60 m verso monte, la
sezione di deflusso risulta insufficiente e le quote, sia delle sponde che
degli argini, risultano differenti. In particolare quelle in sinistra sono più
basse.
All’altezza della derivazione creata per scopi idroelettrici si rinvengono
fenomeni di erosione spondale che richiedono interventi di consolidamento, in particolare nel tratto di valle dell’opera di presa.
Poco più a valle, la presenza di RSU riducono la capacità di deflusso del
corso d’acqua.
In ultimo, nei pressi della frazione Piedivalle si sono rinvenute ulteriori
forme di erosione spondale più puntuali e concentrate.
Le situazioni di dissesto e criticità sono legate principalmente all’azione
erosiva del corso d’acqua che nella zona presenta un regime prettamente
torrentizio con velocità e pendenze consistenti. La realizzazione in passato di opere di difesa spondale si sono dimostrate poco efficaci e soprattutto non opportunamente dimensionate ed adeguate alla dinamica erosiva
del corso d’acqua. La presenza di due briglie, quella di monte realizzata
per rallentare le velocità di deflusso del corso d’acqua e quella di valle
costruita per scopi idroelettrici, hanno modificato la dinamica fluviale e
il profilo di equilibrio del corso d’acqua. Attualmente tratti in sedimentazione al limite del sovralluvionamento che hanno ridotto l’officiosità
idraulica del torrente nei confronti di eventi alluvionali anche ordinari.
Particolare della gabbionata scalzata
Briglia a monte del santuario con erosione immediatamente a
valle in sx idrografica
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
53
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA APFM05
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’intervento ha come obiettivo principale la riqualificazione naturalistico-ambientale ad il
miglioramento delle condizioni idrauliche. Verrà
realizzato attraverso l’esecuzione di interventi localizzati nei casi in cui si sono rilevati fenomeni di
dissesto ed erosione spondale e più esteso, volto
a garantire un più agevole deflusso delle acque,
lungo un tratto di circa 500 m. del torrente Ambro
nell’area del santuario. Più a valle non si ritiene
dover intervenire in quanto, essendo in quel tratto
il torrente parecchio incassato, non presenta particolari situazioni di pericolosità né un particolare
degrado sotto l’aspetto ambientale. Nei pressi
della frazione Piedivalle, in destra idrografica, pur
non essendo presente una situazione di accentuata pericolosità, si interverrà al fine di garantire la
stabilità di un tratto di sentiero escursionistico a
rischio frana appartenente al GAS (Grande Anello
dei Sibillini).
I lavori realizzati hanno riguardato la difesa spondale di alcuni
tratti del torrente, la ripulitura di un tratto di alveo e la stabilizzazione di piccoli movimenti franosi, procedendo come di seguito:
- realizzazione di nuova gabbionata di altezza 1,5 m. a monte
del santuario in sostituzione della preesistente, appoggiata
su una scogliera in massi ciclopici intestata a fondo alveo per
evitarne lo scalzamento;
- realizzazione di canale grigliato pedonale trasversale alla
strada nei pressi della Madonnina atto a ricondurre eventuali
fuoriuscite di acqua in alveo. In questo punto il letto risulta
poco profondo e le esondazioni molto frequenti;
- realizzazione di attraversamento intubato al termine della
canaletta di scolo stradale nei pressi del ponticello atto a
ricondurre in alveo le acque piovane e/o di esondazione;
- realizzazione di scogliera in massi ciclopici sormontata da
palificata viva a parete singola atta a risanare l’erosione
spondale al di sotto della briglia a monte del santuario. Al di
sopra dell’opera sono state posizionate delle palizzate vive in
legname utili ad garantire la tenuta della scarpata nonché ad
un più rapido rinverdimento della stessa;
- realizzazione di scogliera in massi ciclopici in sx idrografica al
di sotto della briglia di presa della centrale elettrica. Alcuni
massi ciclopici sono stati posizionati sul fondo, al di sotto del
salto dell’acqua per evitare l’approfondimento dell’alveo;
- realizzazione di gabbionata rinverdita di altezza 3 m. in dx
idrografica nel tratto a valle della briglia di presa della centrale idroelettrica finalizzata all’eliminazione dell’erosione
spondale;
- ripulitura del tratto a valle della briglia della centrale elettrica dai RSU e dalla vegetazione infestante;
- realizzazione di palificata viva doppia di sostegno in dx idrografica in località Piedivalle finalizzata alla stabilizzazione di
un tratto in frana.
Dissesto in sponda sx immediatamente a valle
della briglia nei pressi del santuario
La foto di sinistra rappresenta l’alluvione del 7 ottobre 1955
ripresa dallo stesso punto di vista
Frana a valle del sentiero GAS (Grande Anello dei Sibillini)
nei pressi della località Case la Valle
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
SCHEDA APFM05
Difesa spondale al di sotto della briglia a monte del santuario
Stesso punto della foto precedente
a lavori da poco ultimati
Gabbionata di nuova realizzazione nella zona a monte del santuario
54
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
55
APFM05
SANTUARIO
MADONNA DELL’AMBRO
COMUNE DI MONTEFORTINO (FM)
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Pesaro
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SCHEDA APFM05
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TERRO – SAN SALVATORE
COMUNE DI SARNANO (MC)
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Ascoli Piceno Tron
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Recupero ambientale
SCHEDA
e stabilizzazione
movimento franoso
MC02
LOCALITÀ NOCELLETO
COMUNE DI
CASTELSANTANGELO SUL NERA (MC)
€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.895,91
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
SCHEDA
Pesaro
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IMPORTO DEI LAVORI
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€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 180.946,47
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COMUNE DI ESANATOGLIA (MC)
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€ 71.043,53
€ 252.000,00
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
IMPORTO DEI LAVORI
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
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Pesaro
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IMPORTO DEI LAVORI
€ 189.364,97
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
localizzazione
Terro – San Salvatore
Comune di Sarnano (MC)
aree protette
SIC/ZPS
realizzazione
inizio lavori 03/01/2013
fine lavori 12/07/2014
lunghezza tratto
3500 m.
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€ 72.490,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
56
€ 162.837,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 61.162,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 224.000,00
Caste
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 193.509,83
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IMPORTO DEI LAVORI
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DEI LAVORI
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del SuoloIMPORTO
e Autorità
di Bacino
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li Pic
Asco
Tronto
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
Palificata doppia di sostegno in località Piedivalle
Fermo
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€ 74.786,98
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 185.313,02
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Frana a valle del sentiero GAS (Grande Anello dei Sibillini)
nei pressi della località Case la Valle
IMPORTO DEI LAVORI
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Chien
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Aso
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Ascoli Piceno Tron
PU02 �� ����
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA MC01
Inquadramento
territoriale e ambientale
L’area di intervento è sita immediatamente all’esterno del perimetro del Parco Nazionale dei Monti
Sibillini ma, data la presenza di SIC e ZPS, riveste un notevole interesse sotto l’aspetto naturalisticoambientale. E’ rinvenibile lungo la strada comunale che dal capoluogo di Sarnano conduce alla frazione Terro e, proseguendo, all’eremo di Soffiano. “L’eremo fu costruito nel 1101 per opera di alcuni signori
locali che volevano soddisfare le richieste di alcuni religiosi desiderosi di condurre vita eremitica “ad imitazione dei santi padri” e cioè, secondo le consuetudini dei monaci orientali. Dopo questo gruppo di solitari,
il luogo fu abitato dagli eremiti francescani. L’eremo dovette essere composto da alcune stanzette e da una
minuscola chiesa. In alcuni punti della roccia e nel muro rimasto, sono ancora visibili i fori quadrati ove
appoggiavano le travi delle pavimentazioni. Alcuni scavi effettuati di recente hanno rivelato la presenza
di tombe con alcune ossa: si tratta del luogo di riposo dei beati Umile e Liberato e, forse, anche di frate
Simone d’Assisi. Un piccolo altare e una pietra con una croce evocano al visitatore la sacralità dei ricordi,
mentre la ricostruzione parziale di alcune mura riportano la mente a quello che poteva essere il primitivo
spazio abitativo.” (informazioni tratte dal sito web www.assisiofm.it).
La chiesa di San Salvatore, nei cui pressi verranno eseguite le opere, è invece un edificio costruito nel
1957 a servizio della comunità locale, caratterizzato da un’area retrostante utilizzata come campetto
da gioco e attività collettive dei residenti.
L’intera zona si presenta piuttosto vegetata. A paesaggi di pregio caratterizzati da boschi a prevalenza
di roverella e boschi a carpino nero e orniello, si alternano rimboschimenti di conifere. Data la morfologia del territorio, rupi boscate e boschi rupestri occupano una considerevole superficie: la differenza
tra le due tipologie è essenzialmente determinata dalla pendenza del terreno, e soprattutto dal grado
di copertura. La litologia di calcare massiccio determina salti di roccia, pareti verticali e strapiombi
interessati da formazioni vegetali riconducibili alle tipologie precedentemente descritte. Fitta e rigogliosa si presenta invece la vegetazione nell’alveo del fosso nei pressi della chiesa di san Salvatore; alla
preponderanza di roverelle e carpino nero si associa la presenza di salice bianco, acero pseudoplatanus,
pino nero e di un sottobosco di sambuco, biancospino, asparago, ecc.
Area di intervento
L’idrografia è caratterizzata dal fosso Rio Terro, affluente di sinistra del Torrente Tennacola; il suo bacino si estende fino alle cime del settore
est dei Sibillini, Pizzo di Chioggia, Punta del Ragnolo e Pizzo di Meta a quote comprese tra 1400 e 1500 m.s.l.m., mentre nel fondovalle,
in località Terro, le quote si aggirano sui 600 m. s.l.m. Il tratto del Rio Terro in esame presenta un alveo piuttosto inciso in terreni di natura
ghiaioso-sabbiosa; tali incisioni danno luogo a scarpate di notevole altezza soggette ad erosione laterale e scalzamento al piede con frequenti frane di crollo, che influiscono sia sul normale deflusso delle acque, che sulle infrastrutture limitrofe.
Analisi del dissesto
Criticità sono state rilevate in più punti nella zona di intervento e riguardano in particolare erosioni spondali al piede lungo il fosso Rio Terro e
lungo il fosso retrostante la chiesa di san Salvatore, oltre a movimenti
franosi ad esse direttamente collegati.
Il più evidente è localizzato proprio nella zona adiacente la chiesa di San
Salvatore; è presente uno scivolamento di parte della scarpata sottostante il campetto da calcio che ostruisce quasi interamente due campate su
tre del ponte della strada comunale Case Nuove - Terro. La causa è attribuibile all’erosione che il fosso produce in sponda sx idrografica dove
è presente terreno di riporto incoerente, come confermano le analisi
effettuate in loco, posizionato attorno agli anni ’60 e finalizzato all’ampliamento dell’area retrostante la chiesa. Il fronte del cedimento risulta
di circa 25 metri di lunghezza per un’altezza di 8.
Ulteriore tratti di intervento sono localizzati lungo l’asta principale del
Rio Terro e riguardano la scarpata sottostante la strada comunale compresa tra la chiesa di San Salvatore e l’abitato di Case Nuove. Come accennato nel capitolo precedente, il terreno di natura ghiaioso-sabbiosa
è facilmente erodibile dalle acque del fosso; si innescano pertanto fenomeni erosivi e conseguenti crolli che, oltre ad ostruire il normale deflusso
delle acque, nel tempo rischiano di compromettere anche la percorribilità
della strada comunale.
Altra situazione critica è rinvenibile lungo la strada comunale di Ciammartino. In questo caso, in un tratto adiacente il ponticello che attraversa
il Rio Terro, è presente una situazione di erosione della scarpata posta a
monte delle strada. In passato quest’area veniva utilizzata da prelievo di
materiale inerte per la manutenzione delle strade circostanti. Si è ritenuto che il perpetrare di questa situazione potrebbe pregiudicare la tenuta
dell’intero versante sul quale per altro, a breve distanza dal ciglio, insistono fabbricati agricoli e di civile abitazione.
Ex cava di ghiaia da stabilizzare
Erosione in prossimità del ponte sulla strada per Ciammartino
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
59
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA MC01
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’obiettivo che si persegue, è la mitigazione del
rischio, il ripristino e la rinaturalizzazione di situazioni che nel tempo potrebbero aggravare le
criticità sopra descritte. Si tratta di un’opera che
prevede più tipologie di intervento. Si agirà infatti
sulla difesa idraulica, sulla stabilizzazione di aree
in dissesto e sul ripristino di situazioni di degrado
causate da incuria e da utilizzo antropico.
Lungo il fosso Rio Terro, nel tratto compreso
tra località Case Nuove e il ponte della strada di
Ciammartino si interverrà ricostituendo la sezione
idraulica e difendendo alcuni segmenti in cui l’erosione spondale è già avviata.
Nell’area in frana retrostante la chiesa di san Salvatore si ritiene necessario stabilizzare il versante
affinché il fosso sottostante ed il vicino ponte della
strada comunale non vengano totalmente ostruiti
con gravi conseguenze per le strutture ed i terreni
limitrofi.
Verrà infine rinaturalizzata e stabilizzata l’area utilizzata in passato come cava di ghiaia.
Gli interventi realizzati hanno rispettato gli obiettivi progettuali pur variando in
alcune tecniche a causa di situazioni differenti venute alla luce a seguito della
ripulitura dell’area dalla vegetazione precedente all’inizio dei lavori nonché ad
una parziale modifica dello stato dei luoghi causata dagli eccezionali eventi atmosferici del marzo 2011 e novembre 2013, successivi cioè all’approvazione del
progetto esecutivo ed a cantiere in corso.
- Ripulitura con asportazione del materiale morto, potatura e taglio selettivo
della vegetazione, rimodellamento alveo del Rio Terro nel tratto compreso
tra l’abitato di Terro di Sopra e il ponte sulla strada per Ciammartino;
- stabilizzazione scarpata stradale nei pressi dell’abitato di Terro di Sopra tramite scogliera in massi ciclopici a difesa dell’erosione al piede oltre al posizionamento di biostuoie e viminate nella parte superiore per una più rapida
ripresa della vegetazione lungo un fronte di circa 60 m.
- Stabilizzazione di scarpata sottostante la chiesa di San Salvatore tramite
la riprofilatura della stessa, il posizionamento di palizzate necessarie alla
stabilizzazione, la realizzazione di palificate doppie di sostegno alla base finalizzate a contenere la spinta dei versanti ed alla difesa dallo scalzamento
delle pile del ponte. E’ stata inoltre realizzata una briglia in gabbioni metallici ed il rivestimento del tratto di alveo sottostante la campata in materassi
di reno al fine di evitarne l’approfondimento;
- realizzazione di palificata doppia di sostegno alla base della cava di ghiaia
nei pressi del ponte sulla strada per Ciammartino. Il fronte sovrastante è stato stabilizzato tramite il posizionamento di georeti e rete metallica a maglie
esagonali trattenuto da funi di acciaio ancorate alla parete;
- ripulitura dalla vegetazione infestante e ripristino della funzionalità del manufatto denominato “Lu Pisciaro’” rinvenuto durante l’esecuzione dei lavori.
Particolare dell’opera di stabilizzazione della scarpata sotto strada
Palificata viva di sostegno alla base della ex cava
lungo la strada per Ciammartino
Stabilizzazione versante sotto strada tramite scogliera, viminate,
biostuoia e idrosemina
Veduta d’insieme della stabilizzazione del fronte ex cava di ghiaia
lungo la strada per Ciammartino
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
60
SCHEDA MC01
Il manufatto “Lu Pisciaro’”
riportato alla sua funzionalità originaria
Stabilizzazione scarpata sottostrada tramite
scogliera al piede, biostuoie viminate e idrosemina
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
61
SCHEDA
SCHEDA MC01
TERRO – SAN SALVATORE
COMUNE DI SARNANO (MC)
Pesaro
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MC01
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SCHEDA
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LOCALITÀ NOCELLETO
COMUNE DI
CASTELSANTANGELO SUL NERA (MC)
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Riqualificazione fluviale
fossoSCHEDA
Varogna
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IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.895,91
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
LE VENE
COMUNE DI ESANATOGLIA (MC)
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€ 260.000,00
P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
Versante sotto la chiesa di San Salvatore stabilizzato e rimodellato tramite palificataI Mdoppia
alla base, palizzate e viminate
Urbino
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Ce
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 180.946,47
Ancona
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€ 71.043,53
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 189.364,97
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 193.509,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.490,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
Caste
€ 179.839,10
to
Ascoli Piceno Tron
localizzazione
località Nocelleto, Comune di
Castelsantangelo sul Nera (MC)
aree protette
Parco Nazionale dei “Monti Sibillini”
realizzazione
inizio lavori 17/09/2012
fine lavori 25/11/2013
lunghezza tratto
1200 m.
Pesaro
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IMPORTO DEI LAVORI
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€ 252.000,00
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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IMPORTO DEI LAVORI
Veduta d’insieme dell’intervento di stabilizzazione sotto la chiesa di San Salvatore TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 162.837,83
€ 61.162,17
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€ 224.000,00
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REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
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As
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
Il bacino del fosso di Varogna, sito in territorio comunale di Castelsantangelo sul Nera, ha un’area di
circa 3,2 Km2, con una lunghezza complessiva della sua asta di circa 2,9 Km. E’ delimitato dai monti
Cardosa, Valcagora e Cavolese; si immette nel fosso della valle di Rapegna a ridosso dell’abitato di
Nocelleto.
L’omonima valle Varogna rappresenta una delle zone più interessanti dell’intero Parco Nazionale dei
Sibillini sotto l’aspetto ambientale, paesaggistico e storico. A poche decine di metri dal fosso, in destra
idrografica, sorge la piccola chiesa di Santa Maria del Duomo. Il codice Jacobilli la annovera tra le
chiese donate all’Abbazia di Sant’Eutizio nel 1253. Secondo una recente ipotesi la storia dell’edificio
è in relazione con la presenza dei templari nel territorio di Castelsantangelo sul Nera: la parola Domo
indica infatti il luogo dove i cavalieri avevano la loro casa. Al suo interno era conservata una Madonna
con Bambino, rubata nel 1980 e sostituita con una copia donata dagli abitanti di Nocelleto. La tradizione fa risalire le origini della chiesa al miracolo del Trasporto della Santa Casa a Loreto: l’edificio
sorgerebbe nel punto in cui gli angeli si fermarono per riposare.
Negli anni 50/60 del secolo scorso, il fosso fu oggetto di opere di regimazione idraulica data la sua
potenziale pericolosità in caso di piogge abbondanti e/o scioglimenti improvvisi di neve che, oltre ad
una consistente quantità di acqua, trascinerebbe a valle fango e detriti. Insieme ad altri torrenti della
zona contribuì nel 1908 alla grande alluvione di Castelsantangelo sul Nera che causò numerose vittime ed ingenti danni a strutture ed infrastrutture pubbliche e private. Dall’immediata periferia dell’abitato di Nocelleto a quota 750 m., fino a quota 1200 m., vennero pertanto posizionate delle briglie
(circa 15) costituite da gabbioni in pietrame finalizzate a limitare il trasporto solido ed a rallentare la
velocità dell’acqua nei casi sopra descritti, data la notevole pendenza del versante.
Area di intervento
SCHEDA MC02
Il territorio circostante è ricoperto da boschi nella fascia che va dal fondovalle fino alla quota di 1600 m. circa; tra i 700 m. del fondovalle
fino a 1000 m. domina il carpino nero, alle quote superiori è presente il faggio che costituisce densi boschi fino a 1600 m. Oltre tale altitudine si aprono le praterie secondarie interessate dalle attività pastorali connesse all’allevamento soprattutto degli ovini. I versanti sono
spesso incisi da ghiaioni che si insinuano all’interno dei boschi.
Nell’intero territorio della valle sono praticamente assenti le aree agricole.
Sotto l’aspetto geomorfologico, l’area ricade in un settore della dorsale appenninica umbro – marchigiana ed è interessata da una intensa
attività tettonica con la formazione di numerose pieghe faglie e sovrascorrimenti. L’aspetto morfologico è rappresentato da una vallecola
a V, riempita di materiale alluvionale e con ripidi versanti calcarei. La continua azione del geliflusso e del ruscellamento, hanno prodotto
notevoli quantità di detrito ed il conseguente riempimento delle briglie che, create per la regimazione idraulica, a seguito dei suddetti
eventi ne hanno visto così vanificata la funzionalità.
Analisi del dissesto
Come accennato in precedenza, il fosso Varogna è a regime torrentizio
e in periodi di forti piogge e/o scioglimento repentino delle nevi ha una
abbondante portata, dovuta sia all’ampiezza del bacino di 3,2 km2, che
alla pendenza dei versanti attigui.
Le briglie poste in alveo a partire da quota 750 m., immediatamente a
monte dell’abitato di Nocelleto, fino a quota 950 m., hanno assolto alla
loro funzione, trattenendo nel tempo enormi quantità di materiale inerte
che, in assenza di esse, si sarebbe totalmente riversato nel piccolo abitato sottostante ed ancor più a valle, con conseguenze che in alcuni casi
avrebbero potuto essere disastrose.
Attualmente è estremamente complicato riconoscere l’esatta posizione
dell’alveo del torrente in quanto, oltre alla citata presenza del materiale
inerte, la vegetazione, mai controllata, ha preso il sopravvento colonizzando completamente le aree di pertinenza idraulica.
In certi punti del suo percorso l’alveo risulta alla stessa quota della strada
adiacente, situazione questa che causa frequenti esondazioni del corso
d’acqua creando problematiche alle abitazioni e proprietà private che si
trovano sul fondo valle.
La maggior parte delle briglie sono realizzate in gabbioni ed alcune di
esse risultano dissestate, con evidenti smagliature sulla parte metallica
che funge da contenitore e la conseguente fuoriuscita del pietrame interno di cui sono costituiti.
Le porzioni di alveo immediatamente ai piedi delle briglie nel corso del
tempo hanno subito un marcato approfondimento causato dall’energia
dell’acqua in caduta; tale fenomeno mette a repentaglio la stabilità delle
briglie stesse, con conseguenze che potrebbero risultare gravi in caso di
ribaltamento, sia per il regolare deflusso dell’acqua che per il trasporto a
valle del materiale accumulato a monte.
Le sponde del fosso in alcuni punti presentano delle piccole erosioni che
nel tempo sono destinate ad aggravarsi mettendo a rischio la stabilità
della strada forestale che le corre parallela.
Alveo del fosso Varogna invaso dalla vegetazione
Alveo del fosso Varogna, briglia da ripristinare
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
65
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA MC02
SCHEDA MC02
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
Due sono gli obiettivi che ci si prefigge con la realizzazione dell’intervento: ripristinare una condizione
di funzionalità delle opere idrauliche modificata nel
tempo dal corretto funzionamento delle stesse ma
soprattutto dall’assenza di manutenzione che hanno
prodotto attualmente la loro quasi totale inefficacia;
ripristinare una condizione per quanto possibile naturale dell’ambiente di fondovalle modificata dalla
presenza e dall’azione dei manufatti.
Verranno presi provvedimenti atti a garantire la stabilità ed il ritorno alla piena funzionalità delle briglie
che mostrano in vari punti segni di usura. Sarà necessario inoltre intervenire su alcuni tratti di sponda sui
quali sono evidenti principi di erosione. Si interverrà
infine in alveo affinché il corso d’acqua ritorni alla sua
collocazione originaria evitando, come accade ora in
più punti, l’aggiramento delle briglie, causa questa
anche dell’erosione delle scarpate sottostanti la strada forestale ed il sentiero ad esso adiacenti.
I lavori realizzati secondo il progetto MC02 “Riqualificazione fluviale fosso Varogna”, hanno riguardato il ripristino dell’alveo originario del
corso d’acqua e della funzionalità delle opere idrauliche in esso presenti. Sono state inoltre realizzate piccole difese spondali a protezione della
strada forestale e del sentiero adiacenti il corso d’acqua.
Di seguito le opere realizzate:
- riapertura della sezione idraulica tramite il taglio a raso della vegetazione presente in alveo, il taglio selettivo e la potatura di quella sulle
sponde, la rimozione del materiale morto che creava ostacolo al regolare flusso idrico; movimentazione del materiale inerte sedimentato
e rimodellamento dell’alveo al fine di ripristinarne il vecchio corso e, di conseguenza, la piena funzionalità delle opere idrauliche preesistenti;
- realizzazione di scogliere alla base delle briglie per il ripristino della linearità del fondo alveo approfondito dall’energia dell’acqua in
caduta che nel tempo aveva creato erosioni che mettevano a repentaglio la stabilità delle briglie stesse;
- realizzazione di due basti rovesci nei tratti di attraversamento corrispondenti alla stradina che conduce agli orti ed alla piccola chiesa di
Santa Maria del Duomo, poste sul versante destro idrografico, tramite il posizionamento stabile, sul fondo dell’alveo, di pietrame di grosse
dimensioni reperito in loco;
- realizzazione nei tratti di erosione spondale, di difese in prossimità della strada forestale e del sentiero, tramite il posizionamento di
palizzate vive in legname;
- realizzazione di gabbionata in adiacenza della briglia individuata come 9 a difesa della scarpata erosa sottostante il sentiero;
- ripristino delle briglie ammalorate tramite il riposizionamento di materiale lapideo all’interno dei gabbioni fuoriuscito dai tratti smagliati
e la ricucitura dei cestoni contenitori.
Alveo del fosso Varogna invaso dalla vegetazione
Alveo del fosso Varogna. Notare a sinistra dell’immagine una parte
di briglia totalmente sommersa dalla vegetazione
Alveo del fosso Varogna invaso dalla vegetazione. Le briglie non svolgono più
la loro funzione in quanto l’acqua ha trovato nuove vie di percorrenza
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Realizzazione di difese spondali con palizzate vive
66
Realizzazione tratto di gabbionata a difesa del sentiero
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
67
SCHEDA
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MC02
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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SCHEDA MC02
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LOCALITÀ NOCELLETO
COMUNE DI
CASTELSANTANGELO SUL NERA (MC)
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COMUNE DI ESANATOGLIA (MC)
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€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
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IMPORTO DEI LAVORI
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€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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Basto rovescio per attraversamento alveo
IMPORTO DEI LAVORI
Recupero ambientale
di area percorsa
da incendio boschivo
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€ 180.946,47
IMPORTO DEI LAVORI
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
Ancona
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€ 71.043,53
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
Es
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Mu
Macerata
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e - Esa
natog
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L
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Fermo
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n
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li Pic
€ 189.364,97
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 193.509,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.490,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 162.837,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 61.162,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 224.000,00
Tronto
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localizzazione
Le Vene
Comune di Esanatoglia (MC)
aree protette
SIC/ZPS
realizzazione
inizio lavori 01/03/2012
fine lavori 30/11/2012
estensione area
12 Ha
Pesaro
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IMPORTO DEI LAVORI
Asco
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Veduta prospettica del fosso Varogna con il corso d’acqua rientrato
nella sua sede originaria
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Sezione idraulica ripristinata. Bene in evidenza la scogliera alla base
della briglia, nel punto di caduta dell’acqua e il taglio della vegetazione
a raso sul fondo alveo e selettiva sulle sponde
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REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
La vallata denominata “Le vene” è solcata dal fiume Esino; nasce in comune di Esanatoglia, dal Monte
Cafaggio, al confine tra Marche e Umbria. Questo tratto iniziale del fiume è caratterizzato da un andamento piuttosto regolare e rettilineo, senza dislivelli significativi. La strada carrabile che lo costeggia
nel tratto delle sorgenti pur permettendo un’agevole accesso alla zona ed alla chiesa di S. Pietro, impedisce alla vegetazione di contornare in modo naturale l’alveo in sinistra idrografica.
La chiesa di San Pietro sorge nei pressi delle sorgenti, in destra idrografica, nel punto in cui termina la
strada e inizia il sentiero. Anticamente l’edificio doveva essere più grande dell’attuale di cui rimangono
la chiesa con il suo sotterraneo a volta. La costruzione risalirebbe al XIV secolo, epoca in cui viene citata
negli Statuti di Santa Anatolia del 1324. L’edificio apparteneva al comune che vi collocava delle persone
per la custodia. Scendendo verso valle si incontrano i ruderi di alcuni nuclei un tempo abitati (Case la
Valle, Case Rosse, Sacra Famiglia) alcuni dei quali attualmente in fase di ristrutturazione. Tutto il tratto
compreso tra Esanatoglia e le sorgenti dell’Esino è particolarmente frequentato da escursionisti e, alcuni tratti pianeggianti adiacenti il corso d’acqua, sono stati attrezzati a scopo turistico-ricreazionale.
L’area ricade totalmente in zona individuata “SIC e ZPS IT5330009 Monte Gioco del Pallone-Monte
Cafaggio”. Nella scheda di identificazione il sito viene così descritto: ”Si tratta di un gruppo di rilievi
montuosi calcarei con cime arrotondate e versanti poco acclivi, culminanti nei Monti Giuoco del Pallone
(m 1227) e Caffaggio (m1116); su un vesante del Monte Caffaggio, nella valle di S. Pietro, a 660 m circa si
trovano le sorgenti del fiume Esino. Le sommità dei rilievi sono ricoperte da pascoli secondari e i versanti
da boschi di orniello, carpino nero e faggio, mentre nelle forre sono sviluppati boschi di carpino bianco e
nocciolo. L’interesse della zona ricade nella notevole variabilità ambientale, che a sua volta condiziona
una tipologia di vegetazione molto differenziata. Lo stato di conservazione è buono. L’area non presenta
particolari problemi di vulnerabilità”.
Area di intervento
SCHEDA MC04
L’area è caratterizzato da un bosco di faggio quasi monospecifico prevalentemente allo stato ceduo che nel sottobosco presenta neofite a
fioritura primaverile quali la scilla silvestre, il bucaneve ed altre specie che prediligono i luoghi freschi ed ombrosi. Si osservano inoltre alcuni
popolamenti a nocciolo localizzati per lo più a margine che precedono la “formazione” del bosco stesso.
Sotto l’aspetto geologico l’area ricade per intero all’interno della dorsale calcarea Umbro- Marchigiana, in cui affiorano essenzialmente i
litotipi mesozoici di natura prevalentemente calcarea, che costituiscono le dorsali montuose. Inoltre sono presenti i depositi alluvionali del
fiume Esino e detriti di falda.
La vocazione naturalistico–ricreativa dell’area viene riconosciuta nello strumento urbanistico di pianificazione generale che, per tali zone
prevede una gestione indirizzata unicamente a finalità naturalistiche, conservative e di ripristino ambientale.
Analisi del dissesto
Nonostante l’area goda di un buon equilibrio sotto l’aspetto naturalisticoambientale, sono tuttavia presenti criticità diffuse legate a fenomeni di
erosione spondale che, in alcuni tratti, lambiscono le scarpate della strada comunale che conduce alla chiesa di San Pietro, mettendo a rischio il
transito veicolare costituito prevalentemente da mezzi agricoli e forestali
e, in caso di necessità essendo la zona molto frequentata da turisti ed
escursionisti, da mezzi di soccorso e di Protezione Civile.
Nei pressi della chiesa di San Pietro è presente un dissesto sulla scarpata
al di sotto del sentiero che conduce alla chiesa stessa che oltre a rendere
pericoloso il transito pedonale nel tempo potrebbe causare problemi anche alla stabilità dell’edificio sacro.
Più a valle, nei pressi della località “Case La Valle” dove il fiume scorre con
pendenza inferiore, accumuli di materiale vegetale morto hanno formato
ostacoli e sbarramenti al naturale deflusso dell’acqua costringendola a
trovarsi nuove vie di scorrimento ed avviando di conseguenza processi
erosivi sulle sponde che, se non controllati, potrebbero in alcuni casi ed in
tempi relativamente brevi interessare la strada comunale.
Poco a monte di “Case La Valle”, è presente un bottino di presa dell’acquedotto che disperde sul terreno le acque in eccesso creando un’area
paludosa.
Alcuni tratti dell’asta principale e più in particolare alcuni torrenti adduttori, causa la ormai assente manutenzione da parte dei frontisti, risultano
quasi totalmente ostruiti dalla vegetazione e dall’accumulo di materiale
inerte.
Il piano della strada comunale parallela al fiume risulta in alcuni tratti
dissestata sia dall’erosione che dai ristagni di acqua piovana non regimata nonché dalle sorgenti laterali diffuse.
In ultimo sono stati presi in considerazione due fossi affluenti dell’Esino,
il fosso di Palazzo e il fosso di San Giacomo, entrambi a valle dell’abitato
di Esanatoglia, i cui alvei risultano totalmente ostruiti dalla vegetazione.
Chiesa di San Pietro
Area da riqualificare nei pressi della sorgente di Case la Valle
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA MC04
SCHEDA MC04
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’intervento sarà rivolto alla manutenzione ambientale dell’area e ad una più agevole fruizione
sotto l’aspetto escursionistico. Quanto alla manutenzione si opererà sull’asta fluviale principale
e sui fossi adduttori nel tratto tra la chiesa di San
Pietro e l’abitato di Esanatoglia, oltre ai fossi Palazzo e San Giacomo, attraverso la ripulitura degli
alvei finalizzata a migliorare lo scorrimento idrico,
evitando in tal modo erosioni spondali, peraltro
già in atto, causate da accumuli di materiali inerti
e vegetali morti. Saranno inoltre realizzati interventi di manutenzione sulla vegetazione, in particolare sul bosco di latifoglie in destra idrografica
tra San Pietro e loc. Case Rosse. Verrà effettuata la
manutenzione di alcuni tratti di sentiero e della
strada comunale ponendo particolare attenzione
alla raccolta e regimazione delle acque piovane e
sorgive che in alcuni tratti scorrono libere sul piano. Alcune aree verranno poste in sicurezza e rese
fruibili agli escursionisti.
Gli interventi realizzati hanno rispettato gli obiettivi progettuali. In dettaglio è stato eseguito quanto di seguito descritto:
- diradamento e potatura di fustaia di latifoglie varie;
- taglio a raso della vegetazione nell’alveo del fiume Esino, nei fossi adduttori tra la chiesa di San Pietro e l’abitato di Esanatoglia e nei
fossi San Giacomo e Palazzo;
- rimozione di materiale vegetale morto accumulato in alveo;
- movimentazione di materiale inerte all’interno dell’alveo;
- realizzazione di piccole difese spondali (scogliere) attraverso il riutilizzo del materiale reperito in alveo;
- realizzazione di tratti di palizzate vive e viminate per il ripristino delle sponde erose ed a sostegno della sede stradale;
- ripulitura e ripristino funzionale delle caditoie stradali esistenti;
- posa in opera di canalette in legno trasversali al senso di marcia per l’intercettazione e lo smaltimento delle acque meteoriche che,
libere di scorrere, erodono il piano stradale;
- realizzazione e ripristino di muretti a secco a monte della sede stradale per sostenere le scarpate da fenomeni di erosione e smottamento;
- ripristino del fondo stradale in alcuni tratti asportato ed eroso dai fenomeni meteorici o reso impercorribile a causa di ristagni d’acqua;
- stabilizzazione di versante al di sotto del sentiero che conduce alla chiesa di San Pietro tramite la realizzazione di muro a secco sovrastato da palizzate vive, viminate e biostuoia per un più rapido rinverdimento;
- realizzazione di tratti di balaustra in legno a difesa di porzioni di sentiero e strada particolarmente esposti ;
- bonifica di area paludosa attraverso la realizzazione di vasca in muratura per la raccolta di acqua sorgiva a monte di Case la Valle;
- creazione di nuove aree di sosta con posizionamento di tavoli e panche in legno e sistemazione di quelle già esistenti.
Piccole erosioni in sponda sinistra, sotto strada
Accumuli di materiale vegetale morto in alveo
Riqualificazione dell’attraversamento stradale di un fosso
adduttore del fiume Esino nei pressi di Case la Valle
Dissesto sotto la chiesa di San Pietro
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72
Particolare dell’opera di stabilizzazione versante in frana
sotto la chiesa di San Pietro
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SCHEDA MC04
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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ASTA FLUVIALE DEL FIUME
BURANO IN LOCALITÀ VIA VENEZIA
NEL COMUNE DI CAGLI (PU)
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€ 149.104,09
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.895,91
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 180.946,47
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Messa in sicurezza
della sponda destra
del fiume Burano
nel tratto INTERVENTO
di via Venezia
Tronto
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INTERVENTO
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€ 71.043,53
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 252.000,00
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Stabilizzazione scarpata stradale tramite il posizionamento
di palizzate e viminate
IMPORTO DEI LAVORI
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 189.364,97
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
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INTERVENTO
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€ 179.839,10
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Tronto
IMPORTO DEI LAVORI
€ 193.509,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.490,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 162.837,83
PU02 �� ����
INTERVENTO
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Pesaro
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Riqualificazione tratto di sentiero diretto alla chiesa di San Pietro
IMPORTO DEI LAVORI
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€ 224.000,00
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localizzazione
asta fluviale del fiume Burano
in località via Venezia,
nel Comune di Cagli (PU)
aree protette
assenti
realizzazione
inizio lavori 10.10.2011
fine lavori 01.06.2012
lunghezza tratto
300 m
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€ 61.162,17
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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Difesa spondale con materiale inerte recuperato in alveo
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
Il sito oggetto di intervento è rinvenibile lungo il Fiume Burano, nei pressi di via Venezia nel centro abitato di Cagli. Il Fiume Burano nasce nell’Appenino Umbro Marchigiano sul monte Il Cerrone mt.874; si
getta nelle acque del Candigliano in località Acqualagna di cui è affluente di destra dopo aver raccolto
a Cagli le acque del torrente Bosso.
Via Venezia è una strada sita in sponda destra del fiume Burano nella immediata periferia di Cagli dove
sono presenti alcuni edifici di civile abitazione e capannoni artigianali. Sotto l’aspetto ambientale non
riveste un particolare interesse se non per la presenza dell’ambiente fluviale. Dal punto di vista storico
invece sono presenti poco più a monte dell’area di intervento i resti di un ponte romano. La zona è
soggetta a frequenti inondazioni in periodi di forti piogge e/o di scioglimenti improvvisi della neve
dai rilievi circostanti a causa del sovralluvionamento dell’alveo e dalla inconsistenza delle arginature
presenti. L’ambito in oggetto è attraversato da un’ansa sinistrorsa, inserita in un tratto fluviale meandriforme. In corrispondenza della stessa ansa il corso d’acqua si divide in due canali di magra, che
isolano un’ampia barra fluviale (ghiaiosa e attiva) e si ricongiungono immediatamente a valle della
medesima svolta. Lungo la ripa fluviale esterna alla traiettoria della corrente, ove passa uno dei canali
anzidetti, si riconoscono evidenti segni d’erosione e arretramento del ciglio di terrazzo.
La scarpata fluviale si presenta, per un lungo tratto ed anche in corrispondenza dell’ansa meandriforme, priva di vegetazione sia arborea che arbustiva. La presenza vegetale è rappresentata soprattutto
da formazioni erbacee terofitiche, (tipiche infestanti di margine dei campi coltivati e delle strade),
localizzate su suoli meno umidi e in posizioni più elevate rispetto all’alveo fluviale. La vegetazione
erbacea risulta costituita principalmente da specie poco rilivanti dal punto di vista botanico, quali:
Rumex spp, Lolium perenne, Daucus carota, ecc.
La presenza dell’infrastruttura viaria a ridosso del corso d’acqua ed in generale lo sviluppo antropico,
hanno fortemente penalizzato l’aspetto naturalistico-ecologico del corso d’acqua. Ciò è confermato
SCHEDA PU02
anche dalla presenza di numerosi individui di Robinia pseudocacia, specie esotica considerata infestante per la capacità di “affermarsi” a
discapito di altre specie di maggior valore naturalistico.
Si rinvengono inoltre scarsi esemplari di salici e pioppi e la vegetazione arbustiva è dominata da sambuco (Sambucus nigra) e rovi. Più
naturaliforme risulta la sponda in sinistra idrografica, con dominanza di salici e pioppi.
Per i suddetti motivi è possibile affermare che, dal punto di vista vegetazionale, l’area di studio presenta in generale uno scarso valore
geobotanico.
La scarpata stradale di via Venezia, in corrispondenza del tratto di fiume soggetto ad erosione, presenta l’alternarsi di zone completamente
nude ed altre in cui è evidente lo sviluppo di forme di vegetazione pioniera e di rinnovazioni di specie presenti nell’intorno quali la Robinia
pseudoacacia, l’ailanto e arbusti di ginestra.
Analisi del dissesto
Il dissesto rilevato interessa la sponda del fiume Burano in prossimità
di un’ansa molto ampia in cui si è creato accumulo di materiale litoide
in sinistra idrografica; di conseguenza il flusso idrico si è spostato sulla destra causando appunto l’erosione che minaccia l’intera area su cui
insistono vari edifici di civile abitazione e capannoni artigianali oltre la
strada stessa, via Venezia, che collega due quartieri del comune di Cagli.
Questa zona è attraversata inoltre da una porzione del collettore fognario
comunale che una piena, nella primavera del 2008, ha in parte divelto
lasciando il tratto residuo privo di qualsiasi protezione ed a cui è stato posto provvisorio rimedio in attesa appunto della realizzazione delle opere
di cui al presente intervento.
L’ansa che si forma in questo tratto in passato risultava molto più dolce. A seguito dell’accumulo di materiale in sponda sinistra accennato in
precedenza, appare oggi secca, con un angolo che si aggira attorno ai
90°; pertanto il punto di battuta del fiume in sponda destra è soggetto a
continua erosione ed arretramento anche in periodi di magra.
In corrispondenza del dissesto in alveo, ma indipendente da questo, la
scarpata a monte di via Venezia presenta un movimento franoso superficiale al quale è stato posto rimedio tramite il posizionamento al piede
di blocchi di cemento e alcuni tratti di rete a maglie esagonali sul fronte
superiore per evitare la caduta di materiale inerte sulla sede stradale. La
scarpata si presenta in alcuni tratti totalmente priva di vegetazione e pertanto soggetta ad erosione a causa dei fenomeni atmosferici.
E’ d’obbligo precisare che gli interventi da realizzare, sia per le finalità del
Protocollo d’Intesa che per l’esiguità del finanziamento, non consentono la messa in sicurezza dell’area bensì un’attenuazione del rischio che
si concretizzerà nella stabilizzazione del versante a monte di via Venezia
ed in una riduzione dei fenomeni derivanti dalle esondazione del fiume
Burano in quel tratto inevitabili.
Erosione sponda sottostrada. E’ visibile la condotta fognaria in
parte a cielo aperto. Da notare anche l’accumulo di materiale
inerte in sponda sinistra
Dissesto della scarpata a monte di via Venezia a cui è stato
posto provvisorio rimedio tramite il posizionamento
di cubi in cls al piede
Area di intervento
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA PU02
Obiettivi e finalità
Interventi realizzati
L’intervento riguarderà la realizzazione di una
difesa spondale e la movimentazione di materiale inerte in alveo al fine di diminuire l’angolo di
curvatura del corso d’acqua. La condotta fognaria,
attualmente in alveo, verrà arretrata, interrata e
protetta dalla realizzazione del manufatto. Si interverrà inoltre stabilizzando il movimento franoso della scarpata a monte della strada. In ultimo, si
provvederà alla manutenzione della vegetazione
del tratto del fiume parallelo a via Venezia tramite il taglio selettivo, la potatura, la spalcatura di
alberi e arbusti e la rimozione di piante morte in
piedi e/o cadute.
E’ questo l’unico intervento del Protocollo d’Intesa
in cui verranno utilizzate in parte tecniche classiche abbinate a quelle di ingegneria naturalistica. Ciò si rende necessario a causa della potenza
dell’acqua che in quel punto giunge perpendicolare alla sponda. A più riprese sono state infatti
realizzate difese (scogliere semplici, gabbionate)
che regolarmente hanno subito gravi danni.
Le tecniche utilizzate per l’esecuzione della difesa spondale e per
il consolidamento del versante sono le seguenti:
- rimodellamento dell’alveo tramite movimentazione del materiale inerte ed asportazione del materiale vegetale morto lungo
il tratto, con taglio selettivo della vegetazione e potatura delle
piante;
- realizzazione di difesa spondale sotto la sede stradale tramite il posizionamento di gabbionata a 4 livelli di cui il primo
interrato e allettato su un basamento di massi ben assestati. La
gabbionata è stata poi difesa frontalmente da una scogliera cementata fondata in alveo per circa 1,5 m. La scarpata al di sopra
della gabbionata è stata rimodellata e stabilizzata tramite il collocamento di palizzate rinverdite, biostuoia e idrosemina. Sono visibili, inseriti all’interno di questa opera, 2 pozzetti in cls, realizzati
dalla società Marche Multiservizi al fine di ispezionare la condotta
fognaria che ha trovato il suo alloggio definitivo sul retro della
gabbionata;
- consolidamento della scarpata a monte di via Venezia tramite la realizzazione di una palificata viva a doppia parete al piede
del versante, sormontata da una grata viva. Il rinverdimento del
fronte, oltre che dalle necessarie talee, è stato garantito dal posizionamento di una biostuoia successivamente idroseminata.
E’ stato questo uno degli interventi più completi dell’intero Protocollo d’Intesa. In particolare per la molteplicità dei fenomeni su
cui si è lavorato: erosione spondale, stabilizzazione di versante,
manutenzione idraulica, oltre al diretto legame di queste con la
presenza di opere antropiche di vitale importanza per la comunità
locale quali la strada ed il tratto fognario. Da segnalare inoltre la
fattiva collaborazione in fase di esecuzione delle opere tra la D.L,
la ditta appaltatrice e la società Marche Multiservizi, condizione
indispensabile alla perfetta riuscita dell’intervento.
Realizzazione di gabbionata a difesa delle sponda dx del fiume Burano.
Nel retro è stata posizionata la condotta fognaria come evidenziano
i pozzetti collocati per l’ispezione
Stabilizzazione del versante a monte strada:
palificata doppia di sostegno, palizzate e biostuoia
successivamente idroseminata
Realizzazione di scogliera antistante la gabbionata a difesa
della sponda destra del fiume Burano
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SCHEDA PU02
Posizionamento di palizzate per la stabilizzazione
del versante sopra strada
Stabilizzazione del versante a monte strada: tramite palificata doppia
di sostegno, palizzate e biostuoia successivamente idroseminata
Esecuzione della difesa spondale in alveo. Di fronte alla gabbionata
è visibile la fondazione della scogliera cementata
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MOLINO DELLA TORRE
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SCHEDA PU02
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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SCHEDA
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€ 210.000,00
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€ 60.895,91
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
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€ 149.104,09
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IMPORTO DEI LAVORI
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Veduta d’insieme dell’intervento appena ultimato
IMPORTO DEI LAVORI
€ 185.313,02
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 74.786,98
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 260.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 149.682,34
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 60.317,66
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 180.946,47
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 71.043,53
€ 252.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 179.839,10
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 72.160,90
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 252.000,00
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Tronto
Interventi
di messa inSCHEDA
sicurezza
delle sponde del fiume Cesano
e riqualificazione ambientale
dell’asta fluviale in località
PARCO NATURALE
MolinoREGIONALE
della Torre
“GOLA DELLA ROSSA-FRASASSI”
AN02
SCHEDA
AN04
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MOLINO DELLA TORRE
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LOCALITÀ FOSSI
COMUNE DI GENGA (AN)
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TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 62.169,86
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€ 210.000,00
IMPORTO DEI LAVORI
€ 189.364,97
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 76.635,03
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
gola
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Per
IMPORTO DEI LAVORI
€ 147.830,14
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Macerata
Intervento di stabilizzazione della scarpata a monte di via Venezia ad un
IMPORTO DEI LAVORI
anno dall’ultimazione dei lavori
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I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 266.000,00
€ 162.837,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
€ 61.162,17
I M P O R T O T O TA L E P R O G E T T O
€ 224.000,00
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Pesaro
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IMPORTO DEI LAVORI
Tronto
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€ 72.490,17
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li Pic
Asco
€ 193.509,83
TOTALE SOMME A DISPOSIZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
Fermo
a
gli
Fo
Urbino
ro
tau
Me
o
san
Ce
Torr
Molin
o della
localizzazione
asta fluviale del fiume Cesano
in località Molino della Torre,
nel Comune di Pergola (PU)
aree protette
assenti
realizzazione
inizio lavori 10.11.2011
fine lavori 20.03.2012
Ancona
e
ino
Es
ne
so
Mu
Macerata
za
ten
Po
Veduta d’insieme della difesa spondale
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80
ti
Chien
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As
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Asco
Tronto
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Inquadramento
territoriale e ambientale
Il fiume Cesano nasce dal massiccio del Catria, che raggiunge una quota di 1.701 m., e scorre nell’omonima valle facendo da confine tra la province di Pesaro Urbino e Ancona, per a sfociare in Adriatico in
località Cesano di Senigallia.
Il suo corso, di circa 60 km su un terreno di origine carsica, è a carattere torrentizio; il fiume risulta
incassato fra la pianura alluvionale in sinistra idrografica ed i versanti orografici in sponda destra; soltanto nella riva interna di certe anse, come quella in questione, s’individuano lembi di spianamento più
depressi corrispondenti a depositi di ‘barra di meandro’ profondi e larghi alcune decine di metri.
Le rive esterne del Cesano appaiono naturalmente esposte all’azione erosiva delle correnti fluviali, che
presso le sponde basse inducono un semplice arretramento mentre in corrispondenza di quelle alte
determinano fenomeni di franamento veri e propri.
Nell’area in oggetto il fiume Cesano scorre attraversando un territorio parzialmente urbanizzato che
ha perso molti degli elementi di naturalità caratteristici dei corsi d’acqua. Di particolare interesse è la
presenza di un vecchio mulino per cereali (da cui il toponimo) completo di chiuse, canali di presa e di
restituzione in perfetto stato di conservazione.
La sponda fluviale in sinistra idrografica è rappresentata da una scarpata subverticale, alta circa 30 m,
incisa dal fiume Cesano in corrispondenza di un’ansa meandriforme che definisce un cambio di direzione del fiume. Tale scarpata risulta caratterizzata da strati di natura marnosa e marnoso-argillosa, con
ampie zone prive di vegetazione.
In alcuni punti si rinvengono invece macchie di vegetazione costituita da specie sia arboree che erbacee
in cui prevalgono le graminacee pioniere che colonizzano i suoli più impervi.
In destra idrografica si rilevano i maggiori fenomeni di erosione a discapito della sponda fluviale che
Area di intervento
SCHEDA PU04
in alcuni tratti risulta arretrata e priva di vegetazione: la piena, anche ordinaria, impedisce di fatto l’attecchimento di vegetazione stabile.
Dal punto di vista vegetazionale, si individuano differenti elementi, in base alla posizione rispetto al corso d’acqua.
In prossimità del corso d’acqua troviamo salici e pioppi allo stato arboreo: queste specie, tenaci e resistentissime alla corrente, sopportano
sommersioni relativamente prolungate e difficilmente cedono all’acqua il terreno conquistato.
A formare lo strato arbustivo concorrono oltre al salici arbustivi, anche i rovi ed il sambuco.
Significativa è la presenza di specie infestanti quali la robina e qualche esemplare di ailanto.
Gli aggruppamenti osservati si possono ricondurre alle seguenti formazioni:
- lembi di bosco ripariale fortemente antropizzato, caratterizzato da vegetazione prevalentemente arborea, che si sviluppa su substrati
limosi osservabile nelle aree inondate;
- lembi impoveriti di boschi idrofitici a caducifoglie;
- aggruppamenti erbacei pionieri a dominanza di Polygonum lapathifolium, rinvenibili su substrati umidi, ghiaiosi, quasi costantemente
inondati;
- formazioni erbacee nitrofile localizzate su suoli meno umidi e in posizioni più elevate rispetto all’alveo fluviale, su substrati ricchi in
sostanza organica.
Analisi del dissesto
Il sito oggetto di intervento è rinvenibile lungo il fiume Cesano, nei pressi di
via Molino della Torre, nell’immediata periferia del centro abitato di Pergola;
il fiume in questo tratto presenta un corso meandriforme e molto incassato
rispetto al piano di campagna. L’intero tratto è caratterizzato da forti erosioni
in prossimità delle anse, sia in sponda destra che in sponda sinistra. Lungo l’asta del torrente si rileva inoltre una forte presenza di fitta vegetazione, piante
stroncate e accumulo di grossi detriti formati da inerti e piante ormai secche
trasportate dalla corrente nei periodi di piena.
Il dissesto rilevato interessa in modo particolare la sponda destra del fiume Cesano, in area golenale, presso cui sorgono delle abitazioni da poco ristrutturate
ed un vecchio mulino, di cui sono ancora bel visibili i canali di prelevamento e
restituzione delle acque che venivano utilizzate come forza motrice per il funzionamento dei macchinari.
A causa dell’accumulo di materiale litoide in sponda sinistra e della successiva
sua stabilizzazione avvenuta anche a seguito della crescita di piante di notevoli
dimensioni, il corso d’acqua ha subito uno spostamento verso la destra idrografica. Le intense piogge e le conseguenti piene del fiume che si verificano durante le stagioni autunnali-invernali, hanno agito in sponda destra provocando
una forte erosione ed arretramento che in alcuni punti raggiunge la profondità
di oltre 4 metri rispetto alla naturale linearità spondale, come risulta ben visibile a monte e a valle del tratto in dissesto. In tale assetto, anche in periodi di
magra, il regolare scorrere del fiume a diretto contatto con la sponda denudata
della vegetazione, aggrava i fenomeni erosivi con la continua asportazione di
materiale, provocando l’arretramento della stessa.
Anche in sponda sinistra sono presenti fenomeni di scalzamento e di instabilità
della scarpata, che risulta di notevole altezza (circa 30 m) e al di sopra della
quale è presente una vasta area residenziale e urbanizzata.
Erosione in sponda destra idrografica
Versante instabile in sponda sinistra idrografica
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83
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA PU04
Obiettivi e finalità
L’intervento proposto consiste nella riqualificazione dell’asta fluviale e delle formazioni riparali
del Fiume Cesano, con rinaturalizzazione e messa
in sicurezza delle aree soggette a dissesto; in tal
senso il progetto tende al riequilibrio ambientale
e paesaggistico di elementi naturali che necessitano opere sistematorie in seguito a condizioni
di scarsa manutenzione. Verrà posta anche particolare attenzione alla mitigazione dei danni
derivanti dalle piene e dalle esondazioni che in
un’area golenale come quella in esame risultano
inevitabili.
L’utilizzo di tecniche derivanti da una disciplina
quale l’ingegneria naturalistica, che prevede l’utilizzo di piante vive, da sole o in combinazione con
materiali naturali inerti, artificiali biodegradabili
o artificiali non biodegradabili, tende a garantire
un idoneo inserimento ambientale delle opere
realizzate abbreviando i tempi dell’insediamento
e del consolidamento, con il miglioramento delle
caratteristiche stazionali ed una accelerazione dei
processi della successione naturale.
Difesa al piede di un tratto della sponda sinistra
tramite scogliera e viminate
Scogliera quasi completamente rinverdita ad un anno circa
dall’ultimazione dei lavori
Gabbionata dopo circa 3 mesi dall’ultimazione dei lavori
Interventi realizzati
Scogliera a difesa sponda dx idrografica a tre mesi circa dall’ultimazione dei lavori
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84
I lavori realizzati secondo il progetto PU04 Molino della Torre sono consistiti in interventi combinati di consolidamento e protezione spondale
mediante tecniche di ingegneria naturalistica lungo l’alveo del F. Cesano.
I lavori hanno riguardato il rimodellamento dell’alveo e delle sponde in alcuni tratti erosi del fiume Cesano; in particolare si è proceduto ai
seguenti interventi:
- rimodellamento dell’alveo ed asportazione di materiale vegetale morto lungo tutto il tratto, con taglio selettivo della vegetazione e
potatura delle piante che lo richiedevano;
- consolidamento della sponda destra in prossimità del mulino, tramite realizzazione di tre livelli di gabbionata rinverdita con talee di
salice, posata su un materasso di massi intestati al fondo dell’alveo, per una lunghezza di 105 m;
- rinsaldamento della scarpata di fronte, caratterizzata da notevole altezza e pendenza, in sinistra idrografica, tramite realizzazione di una
scogliera in massi ciclopici, per una lunghezza di 64 m;
- interventi di difesa spondale in tre distinti tratti più a valle, tramite realizzazione di scogliere in massi ciclopici, posa di biostuoia e di
viminate, rispettivamente in sinistra idrografica, per una lunghezza di 45 m.; in destra idrografica, per una lunghezza di 50 m.; poco a monte
dell’attraversamento stradale, per una lunghezza di 42 m.
La piantagione di arbusti nelle fessure ha comportato un miglioramento statico delle opere di consolidamento spondale, in quanto la crescita
in profondità delle radici e l’aumento in spessore delle talee rende più compatto e resistente l’insieme di pietrame.
Si tratta di una sistemazione spondale conveniente dal punto di vista economico, sia per il materiale di propagazione impiegato (salici), sia
per la relativa semplicità di esecuzione.
La presenza di arbusti di salici infatti, oltre ad aumentare il pregio dell’opera dal punto di vista estetico-naturalistico, ne accresce le caratteristiche di staticità.
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85
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
SCHEDA PU04
PANORAMICA
GENERALE
SUGLI
ULTERIORI
INTERVENTI REALIZZATI
Oltre agli interventi
già ampiamente descritti
e riportati nelle pagine
precedenti,
il Protocollo d’intesa
prevedeva ulteriori opere
delle quali, di seguito,
ne viene riportata
una breve descrizione
e documentazione fotografica
Nelle foto il letto del fiume Cesano e il risultato finale dei lavori di consolidamento e protezione spondale
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BURANO IN LOCALITÀ VIA VENEZIA
NEL COMUNE DI CAGLI (PU)
SCHEDA
PU02
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ASTA FLUVIALE DEL FIUME
BURANO IN LOCALITÀ VIA VENEZIA
NEL COMUNE DI CAGLI (PU)
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
Inquadramento cartografico
AN01
INTERVENTO
AN03
Comunità Montana ESINO-FRASASSI
LOCALITÀ CAMPONOCECCHIO
GENGA (AN)INTERVENTO
FINANZIAMENTO: 210.000,00 EURO
Comunità Montana ESINO-FRASASSI
LOCALITÀ CERQUETO
INTERVENTO
CASE PALOMBARE – GENGA (AN)
FINANZIAMENTO: 700.000,00 EURO
Intervento di riqualificazione fluviale
del fiume Esino in area percorsa da incendio
Intervento di rinaturalizzazione
di area percorsa da incendio
AP01
AN03
INTERVENTO
INTERVENTO
AP03
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
AN01
AP01
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
Opere stradali: manutenzione e riapertura di strade e sentieri esistenti.
Opere idrauliche: ripulitura dal materiale vegetale morto accumulato in
certi tratti dell’alveo per garantire un miglior deflusso delle acque ; realizzazione di difese spondali leggere; ripristino delle difese spondali esistenti
danneggiate; riprofilatura alveo.
Opere forestali: eliminazione del materiale combusto; recupero della vegetazione superstite di latifoglie; potatura e spalcatura alberi.
AP03
INTERVENTO
AP04
Opere stradali: manutenzione e riapertura di strade e sentieri esistenti.
Opere di ingegneria naturalistica: piccole opere di sostegno delle scarpate sopra e sotto strada e interventi volti a limitare dissesti gravitativi ed
erosione da parte degli agenti atmosferici.
Opere forestali: eliminazione del materiale combusto; recupero della
vegetazione superstite di latifoglie; potatura e spalcatura alberi.
INTERVENTO
AP04
Sistemazione strada pedonale-ciclabile parallela al fiume Esino
Scoli stradali per lo smaltimento delle acque piovane
Muretti a secco a sostegno delle scarpate
Posizionamento di viminate per il più rapido rinverdimento
degli argini realizzati in un precedente intervento a difesa della S.S.76
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88
Realizzazione di andane antierosive tramite l’utilizzo
del materiate proveniente dal taglio
Riapertura sentieri e strade forestali
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89
INTERVENTO
INTERVENTO
AN01
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
AN03
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ULTERIORI INTERVENTI
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
AP01
INTERVENTO
AN03
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
INTERVENTO
AP03
AP01
Comunità Montana SIBILLINI
LOCALITÀ LE CASETTE
ROTELLA (AP)INTERVENTO
FINANZIAMENTO: 252.000,00 EURO
Comunità Montana SIBILLINI
LOCALITÀ FOSSO DEL CORVO
INTERVENTO
COMUNANZA
(AP)
FINANZIAMENTO: 219.800,00 EURO
AP04
AP03
INTERVENTO
AP04
Inquadramento cartografico
Rimodellamento e pulizia
dell’alveo di un tratto del fiume Tesino
L’intervento che verrà posto in opera riguarda prevalentemente il rimodellamento e la pulizia dell’alveo di un tratto del fiume Tesino in località
Le Casette. Verranno realizzate opere di difesa spondale (scogliere e gabbionate rinverdite) e manutenzione conservativa dei manufatti presenti
in alveo.
Le immagini che seguono sono riferite alla situazione precedente la realizzazione delle opere.
I lavori riguardano prevalentemente la stabilizzazione del movimento
franoso sottostante il piazzale antistante il cimitero e la regimazione idrica del piazzale stesso oltre alla ripulitura del tratto del fosso del Corvo in
prossimità del cantiere.
Le opere, al momento dell’uscita della pubblicazione, erano ancora in
corso.
Tratto del fosso di particolare interesse naturalistico-ambientale
sottostante il cimitero
Erosione in prossimità di pila del viadotto stradale
Briglia da sottoporre a restauro conservativo. Si è scelto di non ripristinare la piena funzionalità del manufatto per evitare di modificare una
situazione in alveo consolidata ormai da decenni
Posizionamento di viminate per il più rapido rinverdimento
degli argini realizzati in un precedente intervento a difesa della S.S.76
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90
Versante instabile da consolidare sottostante il piazzale del cimitero
Versante stabilizzato tramite scogliera, palificate doppie di sostegno e
riprofilatura. Lo stesso verrà poi rinverdito tramite il posizionamento
di biostuoie e idrosemina
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AP01
SCHEDA
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
PU02
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ULTERIORI INTERVENTI
ASTA FLUVIALE DEL FIUME
BURANO IN LOCALITÀ VIA VENEZIA
NEL COMUNE DI CAGLI (PU)
INTERVENTO
AP03
ULTERIORI INTERVENTI
Inquadramento cartografico
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
INTERVENTO
AP04
MC03
Comunità Montana SIBILLINI
LOCALITÀ INCINO
MONTEFORTINO (FM)
FINANZIAMENTO: 154.000,00 EURO
Comunità Montana ALTE VALLI
DEL POTENZA E DELL’ESINO
INTERVENTO
LOCALITÀ FIUME
POTENZA
FIUMINATA (MC)
MC05
FINANZIAMENTO: 112.000,00 EURO
INTERVENTO
I lavori riguarderanno la stabilizzazione del movimento franoso sopra e
sotto strada in prossimità del ponte lungo la strada comunale per Incino
e la stabilizzazione del fondo alveo e la riqualificazione ambientale del
fosso Camaioni per un tratto di circa 200 m.
Le immagini che seguono sono riferite alla situazione precedente la realizzazione in quanto le opere sono tutt’ora in corso.
PU01
INTERVENTO
PU03
L’intervento realizzato ha riguardato la sistemazione di un tratto del fiume
Potenza della lunghezza di circa 3 km tramite la ripulitura dal materiale
vegetale morto accatastato in alveo, la risagomatura di alcuni tratti dello
stesso , la realizzazione nuovi tratti di difesa spondale (gabbionate e scogliere rinverdite, palizzate vive e coperture vive con astoni) ed il restauro e
manutenzione di quelle ammalorate.
INTERVENTO
PU05
INTERVENTO
PU06
Versante instabile sotto strada
Rifacimento di gabbionata con antistante scogliera rinverdita
Versante instabile sopra strada
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92
Difesa spondale tramite palizzate vive
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93
BURANO IN LOCALITÀ VIA VENEZIA
NEL COMUNE DI CAGLI (PU)
INTERVENTO
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MC03
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
MC03
INTERVENTO
MC05
Inquadramento cartografico
PU01
MC05
Comunità Montana MONTI AZZURRI
LOCALITÀ
INTERVENTO
SALINE AJELLO MOLINO
PENNA S.GIOVANNI (MC)
FINANZIAMENTO: 280.000,00 EURO
Comunità Montana CATRIA E NERONE
LOCALITÀ
MOLINO-PONTERICCIOLI-S.ROCCO
INTERVENTO
CANTIANO (PU)
PU01
PU03
FINANZIAMENTO: 238.000,00 EURO
INTERVENTO
INTERVENTO
PU05
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
INTERVENTO
PU03
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
L’intervento realizzato ha interessato due differenti corsi d’acqua: il torrente
Tennacola, nei pressi della località Molino, al confine tra i comuni di Penna
San Giovanni e Monte San Martino e il corso torrente Salino, partendo dalla
località Saline per una lunghezza di circa 3 km. Entrambi hanno riguardato
la realizzazione di difese spondali: la prima riguarda in particolare la difesa
di un tratto di strada interpoderale che dalla provinciale Penna San Giovanni – Monte San Martino conduce al molino Mancini; la seconda una serie di
difese spondali e il rimodellamento di un tratto del torrente Salino lungo il
quale si sviluppa una pista ciclo-pedonale.
PU05
INTERVENTO
PU06
L’intervento ha interessato il torrente Burano da monte della località
Molino fino al centro abitato di Cantiano e ha riguardato la pulizia di tutto il tratto tramite il taglio della vegetazione, la rimozione del materiale
vegetale morto e la movimentazione del materiale inerte accumulato
per una lunghezza di circa 6 km, il rimodellamento e la difesa spondale
di alcuni tratti tramite la realizzazione di scogliere, palificate, palizzate
e viminate.
INTERVENTO
Scogliera e palificata doppia di sostegno sul torrente Tennacola
PU06
Tratto di palificata doppia di sostegno sottostante
la pista ciclo-pedonale lungo il torrente Salino
Rimodellamento scarpata tramite viminate in località San Rocco
Scogliera al piede e rimodellamento scarpata sottostante
la pista ciclo-pedonale lungo il torrente Salino
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Difesa spondale con scogliera rinverdita e palificata doppia
di sostegno in località Villa Bartolucci
94
Particolare della scogliera e sovrastante palificata doppia
di sostegno in località Villa Bartolucci
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
95
INTERVENTO
INTERVENTO
PU01
MC05
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
PU01
ULTERIORI INTERVENTI
INTERVENTO
PU03
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
Inquadramento cartografico
INTERVENTO
PU03
PU05
Comunità Montana CATRIA E NERONE
LOCALITÀ
INTERVENTO
PIAN DI MOLINO - APECCHIO (PU)
FINANZIAMENTO: 133.000,00 EURO
Comunità Montana DEL MATAURO
INTERVENTO
LOCALITÀ CALMAZZO
FOSSOMBRONE (PU)
PU06
PU05
FINANZIAMENTO: 210.000,00 EURO
INTERVENTO
PU06
L’intervento realizzato ha riguardato la stabilizzazione di un versante in località Pian di Molino che da tempo creava problemi di occlusione al regolare
deflusso idrico del sottostante torrente Biscubio. E’ stata realizzata una rete
di drenaggi al fine di captare le acque di infiltrazione ed alleggerire pertanto l’intero fronte oltre al ripristino della piena funzionalità dei fossi di scolo
esistenti resi inefficaci dalla crescita della vegetazione e dalle lavorazioni
agricole.
Versante rinverdito in seguito alla realizzazione delle opere
L’intervento in questione, originariamente affidato alla Comunità Montana del Metauro (Fossombrone), a seguito della soppressione della
stessa nel 2009 è stato trasferito all’Amministrazione Provinciale di Pesaro-Urbino. A causa di questioni di origine burocratico-amministrative
i lavori debbono ancora essere appaltati. Il progetto esecutivo prevede
la realizzazione di difese spondali antierosive e la ricostituzione dell’inerbimento su scarpate dilavate dagli agenti atmosferici, sia sul fiume
Metauro che sull’adduttore fosso di Calmazzo.
Particolare di dissesto da stabilizzare e bonificare
lungo il fosso di Calmazzo
Realizzazione di briglia in legname e pietrame
in una zona di impluvio del versante
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
96
Scarpata soggetta a dilavamento ed erosione da stabilizzare
lungo il fiume Metauro
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
97
INTERVENTO
PU03
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
INTERVENTO
PU05
ULTERIORI INTERVENTI
Inquadramento cartografico
corso
03p
INTERVENTO
PU06
Comunità Montana
DELL’ESINO FRASASSI
TERRITORIO – FORMAZIONE
E AGGIORNAMENTO
PROFESSIONALE
DEGLI OPERATORI”
Comunità Montana
ALTA VALMARECCHIA
LOCALITÀ MOLINO DELLE POLVERI
NOVAFELTRIA (FC)
FINANZIAMENTO: 98.000,00 EURO
“FORMAZIONE
DI OPERATORI
E ISTRUTTORI:
ESBOSCO-ALLESTIMENTO;
INGEGNERIA
NATURALISTICA;
SICUREZZA CANTIERI;
RISCHIO IDROGEOLOGICO”
L’intervento è stato finanziato quando i Comuni della Comunità Montana
dell’Alta Valmarecchia appartenevano amministrativamente alla Regione
Marche. Dall’agosto 2009, l’intero territorio è entrato a far parte della Regione Emilia Romagna. L’opera è stata progettata direttamente dai tecnici
della Comunità Montana e riguarda la realizzazione di scogliere lungo il
corso del fiume Marecchia a difesa di un percorso ciclabile.
Scogliera e rimodellamento scarpata sottostante il percorso ciclabile
Scogliera a difesa del tratto ciclabile
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
98
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
CORSO 03p
Formazione e aggiornamento
professionale
Svolgimento dell’attività di formazione:
primo modulo
Il Protocollo d’Intesa, oltre ai 20 interventi di sistemazione ambientale, ne prevedeva 3 cosiddetti “immateriali”, demandati dalla Delegazione Regionale U.N.C.E.M. Marche ad altrettante Comunità Montane:
· 01p Comunicazione e partecipazione – C.M. Alto e Medio Metauro di Urbania;
· 02p Ricerca scientifica e didattica – C.M. Monti Azzurri di San Ginesio;
· 03p Formazione e aggiornamento professionale degli operatori – C.M. Esino-Frasassi di Fabriano.
La presente scheda prende in esame l’azione 03p che ha visto la partecipazione di 50 soggetti suddivisi
in 2 gruppi, occupati e non occupati, composto ciascuno da 25 corsisti. Quanto agli occupati si è trattato
di un aggiornamento professionale, mentre per i non occupati è consistito in un primo approccio con
una possibile realtà professionale, quella della cooperazione agroforestale ed ambientale che nella Regione Marche impiega oltre 300 tra soci ed operatori.
Il corso della durata di 50 ore, suddiviso in tre moduli (teoria, pratica, applicazione) si è svolto presso la sede della Comunità Montana per la
parte teorica e a Valleremita di Fabriano, nei pressi dell’eremo di Val di Sasso, per la parte pratica e applicativa.
Il primo modulo, dopo un’ampia illustrazione delle finalità del Protocollo d’Intesa ha fornito una panoramica completa in materia di rischio idrogeologico e manutenzione del territorio attraverso la conoscenza delle componenti che contribuiscono alla formazione ed alle trasformazioni
del paesaggio: caratteristiche geologiche dei siti, intervento antropico, fattori meteo-climatici, nonché le tecniche, i materiali e le caratteristiche
tecniche dei materiali stessi adatti ad intervenire nel modo più efficace possibile e adeguato alle caratteristiche specifiche del paesaggio.
CLASSE OCCUPATI: distinzione per sesso ed età
CLASSE INOCCUPATI: distinzione per sesso ed età
Primo modulo – lezione in aula
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
101
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
CORSO 03p
Svolgimento dell’attività di formazione:
secondo modulo
Il secondo modulo, prettamente pratico, ha fornito le conoscenze in merito alle possibili applicazioni, alla realizzazione ed a particolari accorgimenti applicabili alle più impiegate tecniche dell’ingegneria naturalistica. Il modulo è stato completato da una dimostrazione riguardo alle
specifiche capacità di macchinari già impiegati in ambito alpino ed in aree di difficile accesso a causa di condizioni particolarmente severe sotto
l’aspetto geomorfologico, fino ad ora precluse a qualsiasi tipo di intervento se non a costi considerevoli ed in precarie condizioni di sicurezza
operativa.
CORSO 03p
Svolgimento
dell’attività
di formazione:
terzo modulo
Il terzo ed ultimo modulo infine, di tipo praticoapplicativo, dopo una prima fase di conoscenza del
territorio sotto gli aspetti geologici, geomorfologici
e botanici, utili ad inquadrare i possibili interventi
da porre in essere, ha coinvolto i corsisti stessi nella
realizzazione di opere di stabilizzazione di piccoli
dissesti lungo il sentiero che dalla frazione di Valleremita di Fabriano sale all’eremo di Val di Sasso,
utilizzato dal Centro di Educazione Ambientale di
Valleremita per visite guidate di scolaresche e/o
gruppi di escursionisti.
Al termine dell’attività i corsisti hanno conseguito
un attestato di frequenza rilasciato dalla Provincia
di Ancona, Ente delegato dalla Regione Marche
all’istruzione ed alla formazione professionale.
Dimostrazione della realizzazione di palificata doppia
Dimostrazione
della realizzazione
di micropali
per l’ancoraggio
della palificata doppia
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
Dimostrazione di ancoraggio della palificata al micropalo
I corsisti al lavoro nella sistemazione di piccoli dissesti
gravitativi lungo il sentiero C.E.A. Valleremita
Il “ragno” in azione. Il mezzo può operare su pendenze inaccessibili ai mezzi tradizionali.
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103
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
CORSO 03p
I partecipanti al corso
GESTIONE
DEL TERRITORIO
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
104
Ph: Gianni Piangerelli
Foto di gruppo dei docenti e allievi del corso “Silvicoltura e forestazione” svoltosi a Fabriano nel mese di ottobre 2014
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
GESTIONE DEL TERRITORIO
La gestione virtuosa del territorio:
opportunità di ripresa economica
all’intero paesaggio.
Il Protocollo d’Intesa con il Ministero dell’Ambiente, che rappresenta già un’evoluzione della strada intrapresa autonomamente dalla Regione Marche, può essere considerato un buon modello di approccio tra politica territoriale e territorio stesso.
Sono stati infatti presi in considerazione molteplici aspetti che contribuiscono alla natura stessa dei luoghi tra cui quello
antropico, ecosostenibile, economico-sociale, storico-culturale, turistico, oltre alla riduzione del rischio idrogeologico, il tutto
attraverso la predisposizione di interventi rispettosi delle singole caratteristiche territoriali e che nel contempo hanno assicurato sostentamento all’economia locale attraverso la possibilità da parte dell’ente pubblico di affidare a soggetti, imprese
e cooperative del luogo la realizzazione dei lavori, così come previsto dall’art. 17 della legge 17/94, meglio conosciuta come
“Legge sulla montagna”.
Altrettanto positiva si è rivelata la partecipazione dei soggetti pubblici e privati coinvolti nel Protocollo d’Intesa. Basti pensare
alla novità assoluta che questo rappresentava sul nostro territorio e di come i rapporti tra amministrazioni, a volte basati su
principi non del tutto partecipativi, siano stati invece di totale sostegno al raggiungimento della causa comune; convenzioni
tra le parti, scambio di informazioni reciproche, progettazione degli interventi e appalto delle opere sono stati i momenti più
significativi ed evidenti di tale collaborazione.
Ulteriore novità rappresentata dal Protocollo è stata quella della prevenzione: sono state individuate situazioni che nel tempo
avrebbero potuto creare problematiche alla popolazione e al territorio, soggetti che negli ultimi anni hanno già pagato un
conto troppo salato per opere mai eseguite o eseguite in maniera non consona anche là, dove le fonti storiche e scientifiche,
mettevano da tempo in guardia sulla certezza del ritorno di fenomeni catastrofici. Prevenzione di cui si parla da tempo ma
che con grande fatica riesce a far breccia nei già magri bilanci delle amministrazioni pubbliche anche se, una politica volta
in tal senso, vedrebbe ridursi dell’80% i costi rispetto a quelli da mettere in atto nella fase post evento. A tal proposito una
sezione di questo volume pone l’attenzione su come alcune opere realizzate e, all’epoca dei fatti, da poco ultimate, abbiano
ridotto, se non del tutto annullato, gli effetti degli eventi meteorologici eccezionali del novembre-dicembre 2013, alcuni
riportando lievi conseguenze, altre restando del tutto integre.
E’ fuor di dubbio che il Paese sta attraversando un momento storico e congiunturale di particolare difficoltà e la realizzazione
di grandi opere, seppur necessarie come la difesa del suolo e la manutenzione del territorio intesa come salvaguardia dell’esistente rimangono “buoni propositi“ sulla carta.
Viceversa, come gli interventi realizzati all’interno di questa azione hanno dimostrato, piccole opere diffuse e perfettamente
integrate nell’ambiente, rendono possibile l’innescarsi di un circuito virtuoso in cui trovano il loro ruolo attivo le comunità
locali che possono intravedere nella manutenzione e cura del propri luoghi un’opportunità tangibile di sussistenza e volano
di ripresa e sviluppo.
Tali ideali sono la base di ispirazione dell’articolo 26 della Legge Regionale 31/09, il cosiddetto “Progetto Appennino”, in cui
l’entroterra marchigiano viene concepito come risorsa ad alto potenziale economico e sociale oltre che come area da salvaguardare e valorizzare quale custode di tradizione e ricchezza culturale, ambientale ed in funzione del corretto equilibrio
dell’intero sistema territoriale regionale.
L’articolo 9 della Costituzione della nostra Repubblica, recita:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione”.
Risorse storiche, ambientali, culturali, artistiche, territoriali, le eccellenze paesaggistiche ed enogastronomiche, sono “l’oro
nero” del nostro Paese. E’ auspicabile che la politica prenda piena coscienza di questa prerogativa tutta
italiana operando investimenti incisivi per il territorio e per far ripartire l’economia e investa in un comparto dove il successo
ed i risultati sarebbero garantiti, abbandonando o limitando risorse in settori dove la nostra competitività è ormai superata
dai paesi emergenti.
Massimo Raffaeli
P.F. Difesa del Suolo
e Autorità di Bacino
della Regione Marche
Il Piano stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) approvato nel 2004 dall’amministrazione regionale, stima una superficie di
circa 1600 km2 a rischio idrogeologico (1400 km2 frane; 190 km2 esondazioni; 6 km2 valanghe), vale a dire il 19% dell’intera estensione
della Regione Marche.
Il territorio viene concepito troppo spesso a settori autosufficienti (la montagna, la costa, la pianura, ecc.), dimenticando che il buono
stato di conservazione di un’area dipende in modo imprescindibile dalla buona salute dell’altra.
C’è poi da considerare che la maggior parte delle risorse economiche destinate alla salvaguardia dell’ambiente vengono convogliate
verso la valle e la costa dove si concentrano la maggior parte della popolazione e delle attività produttive. Con tali presupposti non si può
certo sperare in un adeguato funzionamento di tutto il sistema; è noto che si investe in settori dove c’è sicurezza del ritorno economico e
le aree più disagiate, è il termine stesso ad indicarlo, non offrono certo tali garanzie. Soltanto una visione lungimirante e rivolta al bene
comune, potrebbe essere alla base di una trasformazione che ponga l’attenzione su settori ritenuti marginali, utili esclusivamente ad
essere sfruttati per un immediato tornaconto.
Nel suo piccolo, l’Amministrazione regionale già dal 1997 con la legge 35 e successivamente con la 18 del 2008, già citate in questo
volume, ha mostrato particolare sensibilità nei confronti delle aree interne, finanziando con discreta regolarità, tramite i bilanci regionali succedutisi negli anni, interventi di manutenzione in territorio montano, nella fattispecie manutenzioni idrauliche e interventi di
sistemazione di piccoli dissesti.
E’ evidente che le risorse non possano far fronte all’intera problematica, sarebbero necessarie ben altre le cifre da movimentare (il PAI
stima un fabbisogno per la messa in sicurezza del territorio marchigiano di € 435.086.000); tuttavia ciò fornisce chiare indicazioni su
quella che dovrebbe essere una buona politica di gestione del territorio, ovvero la manutenzione diffusa e capillare.
Come è noto le cause del dissesto idrogeologico sono complesse e da individuare in diversi fattori. Nel dopo guerra il boom economico
ha determinato lo spopolamento delle campagne e delle aree interne, sono così venute a mancare le costanti pratiche agricole e agroforestali che nei secoli avevano garantito il buon equilibrio del territorio. L’eccessiva e scriteriata cementificazione, l’impermeabilizzazione
dei suoli e i cambiamenti climatici, che sono a loro volta conseguenza dell’azione antropica, hanno contribuito a infliggere gravi ferite
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GESTIONE DEL TERRITORIO
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
Eventi alluvionali novembre-dicembre 2013
e risposta degli interventi realizzati
EVENTI
ALLUVIONALI
NOVEMBRE
DICEMBRE 2013
Nel mese di novembre 2013 si sono verificati, a distanza di circa 20 giorni l’uno dall’altro, due eventi alluvionali di eccezionale entità dei quali
di seguito si riportano alcuni stralci dei documenti redatti dal “Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurezza e per la Protezione Civile Centro
Funzionale per la Meteorologia, l’Idrologia e la Sismologia” della Regione Marche da cui poter dedurre la rilevanza dei fenomeni. A seguito di
tali episodi, alcune delle opere realizzate hanno subito dissesti più o meno gravi, dovuti a svariati fattori, tra cui la localizzazione dell’intervento, l’intensità del fenomeno nell’area interessata, la tipologia dell’intervento stesso. Ma ciò che ha condizionato in maniera più evidente
la risposta dell’opera è stato senza dubbio il periodo di tempo intercorso tra l’ultimazione dei lavori ed il verificarsi degli eventi calamitosi.
L’ingegneria naturalistica infatti, tecnica impiegata per la realizzazione della totalità degli interventi del Protocollo d’Intesa Ministero dell’Ambiente - Regione Marche, prevede l’utilizzo di materiali vivi quali talee, piante radicate, sementi, in combinazione con materiali inerti, quali
pietrame, legname, ferro. Questi ultimi svolgono una funzione di stabilizzazione temporanea dell’opera stessa e quindi dell’area interessata,
fino a che gli elementi vivi non abbiano sviluppato idonei apparati radicali atti ad assolvere autonomamente la funzione stabilizzatrice. A convalida della tesi, interventi ultimati da tempi più lunghi hanno subito problematiche minori rispetto a quelli ultimati più di recente. Ad ogni
modo è plausibile, se non certo, ipotizzare che le opere realizzate abbiano sicuramente mitigato, e in alcuni casi inibito, l’azione dei fenomeni
che, in assenza di esse, sarebbero potuti risultare ben più consistenti.
Di seguito una documentazione fotografica di alcune opere successiva agli eventi alluvionali.
INTERVENTO
AP05
Santuario Madonna dell’Ambro
Montefortino (FM)
La zona è stata tra le più colpite dall’evento del 10-13 novembre. Come si può notare dalle foto che seguono, ad esclusione di un piccolo tratto (circa 10 ml) di scogliera con sovrastanti palizzate vive a contenimento della scarpata stradale,
posizionata immediatamente a di sotto di una briglia nei pressi del Santuario, non si sono riscontrati ulteriori danni alle
strutture realizzate.
Il torrente Ambro nei pressi del santuario in regime ordinario e durante l’evento 10-13 novembre 2013
(la foto dell’evento è tratta dal sito internet www.valtenna.net)
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
INTERVENTO
PU02
EVENTI ALLUVIONALI
Via Venezia
Cagli (PU)
Il fiume Burano è esondato nella zona in cui sono state eseguite le opere, tuttavia queste hanno egregiamente assolto
alla loro funzione evitando la sicura erosione spondale che avrebbe causato gravi danni alle infrastrutture presenti (strada comunale e condotta fognaria).
Il cerchio in rosso evidenzia la parte danneggiata
Palizzate per rimodellamento scarpata sovrastante la difesa spondale (scogliera e gabbionata) parzialmente svuotate dalla piena poiché la vegetazione non aveva ancora attecchito
Difesa spondale (scogliera e gabbionata) non ha subito danni
Particolare della parte danneggiata
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INTERVENTO
MC05
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
Saline-Molino-Ajello
Penna San Giovanni (MC)
INTERVENTO
Il torrente Salino è soggetto a frequenti e rapide piene dati i brevissimi tempi di corrivazione e nel corso di tali eventi
trasporta grandi quantità di materiale inerte. Le opere realizzate hanno assolto egregiamente la loro funzione a difesa
della pista ciclabile che risulta totalmente percorribile.
AP02
EVENTI ALLUVIONALI
Corbara-S.Maria in Lapide
Montegallo (AP)
Nonostante la zona sia stata tra le più colpite della Regione Marche, l’intervento non ha subito danni e non si sono
riproposte le problematiche relative alle colate di fango sulla strada comunale che avvenivano precedentemente alla
realizzazione delle opere.
Limitata erosione a monte della scogliera a difesa della palificata viva
Veduta della palificata di sostegno dalla strada comunale
Palificata viva intatta e ben vegetata
Veduta del versante oggetto dell’intervento tra il pianoro (a monte) e la strada comunale (a valle)
Risalita dal guado asportata dagli eventi di piena
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
INTERVENTO
MC04
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
Le Vene
Esanatoglia (MC)
INTERVENTO
Il livello dell’Esino, nel tratto in cui sono stati eseguiti i lavori, è cresciuto ed esondato in alcuni punti allagando la strada
comunale parallela. Tuttavia le opere hanno egregiamente assolto alla loro funzione e i danni rilevati sono limitati a piccole erosioni che hanno causato la destabilizzazione di esigui tratti di difese spondali realizzate nei quali la vegetazione
non aveva ancora attecchito a sufficienza.
PU04
EVENTI ALLUVIONALI
Molino della Torre
Pergola (PU)
Durante l’evento di piena si è verificato un danno in un tratto di scogliera in sponda destra realizzata con i fondi residui.
Il livello d’acqua ha superato la parte sommitale della scogliera ed ha provocato il dilavamento del terreno sovrastante.
Non si sono rilevate ulteriori problematiche.
Erosione al di sotto di una palizzata
Veduta generale del tratto danneggiato. Come si può notare la scogliera non ha subito danni
Piccoli tratti erosi sottostanti le difese spondali
Veduta generale dell’area di intervento da monte che ha risposto positivamente all’evento
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
INTERVENTO
AN04
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
Lago Fossi
Genga (AN)
EVENTI ALLUVIONALI
Rapporto eventi
del novembre e dicembre 2013
La realizzazione dei lavori ha evitato il verificarsi di colate di fango e terreno dai campi sovrastanti sulla carreggiata
stradale che si verificava ad ogni evento atmosferico appena più intenso della norma e che causava la chiusura della
strada. Lungo il corso del fosso S.Francesco le difese spondali poste in opera e la loro stabilizzazione dovuta alla crescita
e al radicamento delle talee, hanno evitato l’erosione dei tratti di scarpata a ridosso della strada e dei terreni agricoli.
Le informazioni che seguono sono tratte dai rapporti di evento del Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurezza e per la Protezione
Civile della Regione Marche - Centro Funzionale Regionale Via del Colle Ameno n.5, 60126 Torrette – Ancona Tel. 071/8067747 - 071/8067753
[email protected]
http://protezionecivile.regione.marche.it
Evento del 10-13 novembre 2013
Le precipitazioni hanno interessato l’intero territorio regionale; nella prima parte, dalla tarda serata di domenica fino alle ore centrali di lunedì
11 la zona maggiormente colpita è stata quella centrosettentrionale, poi, dal pomeriggio del lunedì fino a mercoledì 13, le precipitazioni sono
state particolarmente persistenti nella restante porzione di territorio. I venti forti, soprattutto nella giornata dell’11, hanno causato mareggiate
lungo tutta la fascia costiera, causando l’abbattimento di numerosi alberi, l’interruzione di diverse tratte di linea elettrica e rendendo, inoltre, più
difficile il naturale deflusso delle acque fluviali a mare.
Situazioni di criticità si sono verificate in tutta la regione; di seguito si riporta una breve trattazione di alcune tra le principali segnalazioni di
effetti al suolo pervenute presso gli uffici della Protezione Civile.
Nella Provincia di Pesaro-Urbino, la prima ad essere interessata dalla perturbazione, si sono registrati numerosi fenomeni di esondazione, seppur
localizzata, nei bacini maggiori; sia il Foglia che il Metauro sono esondati in più punti ed alcune criticità si sono verificate anche nei bacini del
Cesano e dell’Arzilla. Le precipitazioni persistenti hanno anche determinato numerosi smottamenti e frane nel territorio provinciale, creando
numerosi disagi. Numerose sono state le strade interrotte a causa di frane o esondazioni. […] Le frane e smottamenti sono stati determinanti
nell’interruzione della viabilità soprattutto nella parte montana. […]
Per quanto riguarda la Provincia di Ancona, l’Esino è andato in crisi, esondando non solo nella porzione montana del bacino (Fabriano, Genga,
Serra San Quirico, Cerreto d’Esi, sia lungo l’asta principale che nel reticolo minore) ma anche nel tratto finale, a Chiaravalle e a Falconara, dove è
uscito per l’erosione di un argine. Anche nell’anconetano si sono verificate numerose frane, soprattutto nella porzione alto-collinare e montana,
che hanno determinato diverse e importanti situazioni di criticità, sia nella viabilità stradale (chiusura SS 76, chiusura vecchia statale a Gola della
Rossa, SP 15 nel tratto Villa Pera-Genga) che ferroviaria (circolazione ridotta ad un solo binario in numerosi punti). Allo stato attuale, il fabrianese sembra essere il territorio più colpito, all’interno dei confini provinciali, da danni dovuti a frane e smottamenti: oltre alla viabilità principale, si
contano numerosi danni anche sulle strade comunali. […]
Nel Maceratese, dal punto di vista idraulico, si sono avuti problemi nella parte montana del Potenza, uscito in zona Spindoli e Fiuminata (dove
ha interessato campi ed un’abitazione; è stata chiusa la Statale); si sono verificate esondazioni localizzate anche dei suoi affluenti. Il bacino
maggiormente interessato dall’evento di maltempo è stato il Chienti, che ha fatto registrare una piena notevole e danni sia lungo l’asta principale
(esondazione in vari punti, tra cui Sforzacosta) che lungo i suoi affluenti Fiastra (sommerso guado di Colbuccaro) e Fiastrone. Il fiume è stato
monitorato lungo diversi punti dell’asta fluviale, fino alla foce. Frane e smottamenti sono stati segnalati ovunque nel territorio (San Severino,
Fiuminata, San Liberato), principalmente lungo le strade (la viabilità provinciale è stata pesantemente colpita, numerosissime sono state le chiusure), ma anche a ridosso di alcune abitazioni (ad Ussita). Si sono verificati allagamenti in diverse località, tra cui Castelraimondo, Sant’Elena,
Belforte del Chienti e Pievebovigliana. […]
Nella Provincia di Fermo la risposta del reticolo idrografico è stata discreta grazie anche ai lavori effettuati nel 2011. Da segnalare l’esondazione
del torrente Ambro, affluente in sinistra del fiume Tenna in loc. Madonna dell’Ambro (comune di Montefortino) che ha causato danni alle strutture
ricettive, ma non a persone. Nel comune di S. Elpidio a mare (loc. Bivio Cascinare) il Chienti ha esondato nelle vicinanze del ponte autostradale con
conseguente evacuazione precauzionale del Centro Sociale La Speranza. Sono state segnalate numerose criticità per la viabilità, dovute a frane,
Le opere sulla scarpata sopra strada hanno evitato le colate di fango dai terreni sovrastanti
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
EVENTI ALLUVIONALI
colate di fango e caduta di alberi, con molte strade provinciali interrotte, in particolare nella porzione orientale (di valle).
Alla SOI della Provincia di Ascoli Piceno, nella sola giornata dell’11 novembre si sono avute più di 50 segnalazioni per frane e colamenti sulle sedi
viarie ed interruzioni della viabilità dovute a caduta di alberi. Nella giornata del 12 si sono verificate diverse criticità dovute a frane sulle sedi stradali e allagamenti, in particolare nella zona industriale del comune di Monteprandone, che hanno reso necessario richiedere anche l’intervento di
due idrovore fornite dal CAPI regionale. Altre criticità si sono verificate in zona Acquasanta Terme, nel comune di Roccafluvione (chiusura SP237)
e nel comune di Arquata del Tronto […]
Mappa di precipitazione cumulata
sull’intero territorio regionale
dalle 12.00 del 11/11/2013
alle 24.00 del 12/11/2013,
ottenuta interpolando i dati dei
pluviometri in telemisura della
Rete MIR
Cumulata di precipitazione dalle ore 12 del 10/11/2013 alle ore 24 del 13/11/2013
registrata da alcune stazioni pluviometriche della rete regionale
Prec. cumulata (mm)
Stazione
Prec. cumulata (mm)
Pintura di Bolognola
499.0
San Giovanni
242.0
Fiastra Trebbio
490.4
Colleponi
232.8
Acquasanta Terme
427.8
Force
229.4
Ussita
351.4
Monte Bove Sud
229.2
Sassotetto
302.6
Monte Prata
226.4
Capodacqua
296.4
Spindoli
224.2
Montemonaco
289.4
Ponte Tavola
219.2
Umito
284.4
Rotella
212.4
Mozzano
282.0
Endesa
206.4
Sorti
278.0
Monte Paganuccio
Pian di Pieca
260.4
Cesane Foresta
Fonte Avellana
259.6
Conca 1
Camerino
249.2
Biscubio
Stazione
Mappa di precipitazione cumulata
sull’intero territorio regionale
dalle 00.00 del 13/11/2013
alle 24.00 del 13/11/2013,
ottenuta interpolando i dati dei
pluviometri in telemisura della
Rete MIR
206.4
Mappa di precipitazione cumulata
205.9
sull’intero territorio
regionale
202.8
dalle 12.00 del 10/11/2013
alle 12.00 dell’11/11/2013,
194.6
ottenuta interpolando i dati dei
pluviometri in telemisura della
Rete MIR
REGIONE MARCHE - SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI, ENERGIA P.F. Difesa del Suolo e Autorità di Bacino
Portate al colmo di piena stimate in corrispondenza di alcune sezioni idrometriche
118
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Sezione di misura
Foglia a Montecchio
Portata al colmo (m3 s-1)
380
119
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
EVENTI ALLUVIONALI
EVENTI ALLUVIONALI
Evento del 2 dicembre 2013
Le precipitazioni del 2 Dicembre hanno determinato fenomeni di piena consistenti in particolare nei bacini del settore centro-meridionale della
regione e dissesti diffusi.
Si sono verificate, esondazioni in vari punti lungo tutte le aste fluviali del reticolo idrografico centromeridionale della regione oltre a numerosissime frane e smottamenti, principalmente nella parte alto collinare e montana. Le situazioni di criticità ed i danni subiti dal territorio sono stati
di notevole entità; di seguito si citano soltanto alcune delle situazioni segnalate presso le SOI aperte nelle tre province più colpite (Macerata,
Fermo, Ascoli Piceno) e la SOUP regionale.
Analizzando il reticolo idrografico, partendo da Nord verso Sud, alcune criticità si sono verificate anche nella parte montana del bacino dell’Esino, soprattutto nel Comune di Cerreto d’Esi e Serra San Quirico; il Potenza ha esondato nei territori comunali di Montecassiano (Sambucheto),
San Severino e Montelupone.
Il Chienti è esondato nella parte finale del suo percorso nei Comuni di Montecosaro, Morrovalle e Civitanova Marche. Il Tenna ha rotto gli argini
in più punti; si è inoltre verificato lo straripamento sia in prossimità della Strada Girola, nel comune di Fermo, che a Porto S. Elpidio.
Le maggiori criticità si sono riscontrate lungo il corso del fiume Aso, al confine tra le province di Fermo ed Ascoli Piceno. Il fiume ha eroso le sponde in molti punti, provocandone lo scalzamento e, in alcuni tratti, ove presente, il collasso della sede stradale. L’Aso è esondato in località Valmir
e ha determinato il crollo del ponte in località Rubbianello. Esondazioni localizzate sono state segnalate anche lungo il Marecchia ed il Tesino.
Nel bacino idrografico del fiume Tronto hanno dato problemi gli affluenti ed alcuni canali ad uso agricolo localizzati in zona foce, con conseguente allagamento anche di parte della zona industriale di Monteprandone; a causa del progressivo innalzamento del livello idrometrico del
Tronto, Ferrovie dello Stato ha scelto di interrompere per diverse ore il traffico sulla tratta adriatica.
Anche nel reticolo minore si sono verificate numerose situazioni di criticità, con allagamenti ed esondazioni localizzate.
Numerose frane sono state segnalate, principalmente lungo le strade con conseguenti disagi alla viabilità, ma anche in prossimità di abitazioni
e di centri abitati. Tra queste si ricordano:
Provincia di Macerata: crollo delle mura di cinta di Penna San Giovanni, disagi alla viabilità sulle strade provinciali, problemi a Visso per
un movimento franoso che ha coinvolto la condotta del gas; frane e dissesti sono stati segnalati un po’ ovunque nel territorio.
Provincia di Fermo: grossa frana ai piedi del Duomo di Fermo, dissesti ad Amandola (con blocco della strada che conduce all’ospedale),
chiusura SP 98 a Loro Piceno e dissesti nel comune di Montefortino.
Provincia di Ascoli Piceno: le criticità si sono riscontrate un po’ ovunque nel territorio, maggiormente nelle zone già colpite dall’evento di
novembre 2013; nel comune di Appignano del Tronto, Folignano, Ascoli Piceno (chiusura di una strada che raccorda la periferia al Centro della
città, problemi per frana in prossimità di alcune abitazioni nella zona di Santa Chiara), Acquasanta Terme (frana lungo la Salaria, all’altezza
della frazione Favalanciata), Arquata del Tronto, Venarotta, Roccafluvione. Numerose sono state le strade provinciali chiuse, le frazioni isolate e
quelle rimaste prive di energia elettrica.
Nei territori interessati dall’ondata di maltempo delle tre province maggiormente colpite é stato necessario effettuare evacuazioni per poter
mettere al riparo la popolazione.
Mappa di precipitazione cumulata sull’intero territorio regionale
dalle 00:00 del 02/12/2013 alle
12:00 del 02/12/2013, ottenuta
interpolando i dati dei pluviometri
in telemisura della Rete MIR
Mappa di precipitazione cumulata sull’intero territorio regionale
dalle 12:00 del 02/12/2013 alle
00:00 del 03/12/2013, ottenuta
interpolando i dati dei pluviometri
in telemisura della Rete MIR
Afflussi ai principali bacini a sud della regione in fase di evento.
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Portate al colmo di piena stimate in corrispondenza di alcune sezioni idrometriche
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
ALLUVIONE DELL’AMBRO
ALLUVIONE AL SANTUARIO DEL 7 OTTOBRE 1955
Riportiamo un articolo del padre Sebastiano, allora rettore del santuario dell’Ambro, per evidenziare come il racconto di quel tempo possa essere riproposto nei dettagli per quello che è accaduto
oggi, salvo ciò che si dice del santuario che non è stato toccato dalla furia dell’acqua, merito dei
lavori fatti a suo tempo e della tempestività dell’intervento di qualche ruspa escavatrice.
ALLUVIONE
DELL’AMBRO
1955:
FONTI
STORICHE
Venerdì notte, 7 ottobre 1955, tra tuoni e lampi accecanti, rabbiosi ed insistenti, “cateractae
coeli apertae sunt super terram”. E’ la frase biblica indicante l’inizio del diluvio universale, che si
può applicare alla zona del Santuario dell’Ambro. Nella notte tenebrosa, rischiarata sinistramente da qualche guizzo che spezza il cielo, le acque si sono precipitate dai monti, han fatto ressa nei
canaloni e negli anfratti della roccia, trascinando al basso materiale con fragore. Il fiume Ambro,
normalmente buono, benché un po’ imbronciato e rumoroso, ha subito mutato voce e tonalità.
Come consapevole della sua forza, avanzava con voce cupa, profonda, rotta continuamente dal
cozzo delle pietre enormi per peso e per quantità che trasportava nella sua corsa. Nella notte, fra
tanto fragore, con una pioggia ostinata e violenta, nell’impossibilità di vedere che cosa stesse
succedendo, il cuore era in sospeso. Finalmente passa la lunghissima notte angosciosa! L’alba,
penetrata di prepotenza tra le spesse e basse nubi, ha illuminato il pauroso lavoro notturno. Il
fiume era limaccioso, inquieto, quasi furibondo. Sì, era ingigantito. Aveva invaso tutto il largo
letto a sua disposizione, e minacciava il peggio di momento in momento. II fiume comincia ad
essere temibile. Ha già trasportato tanta pietra, sabbia e pietrisco’ da riempirne treni e treni. Il
letto si solleva continuamente e con ritmo accelerato. II nuovo ponte passerella è quasi ostruito
dal pietrame. Ma il fiume sembra non curarsene, non vuol passare sotto il ponte, devia, si getta
contro il prato accumulando materiale in modo sorprendente. II fiume riprende il suo corso, va
con impeto contro il ponte colpendolo con grosse pietre. E’ una sfida. Le pietre (alcune più di tre
quintali!) si fermano, fanno argine. L’acqua, livellato il ponte con l’apporto di detriti, vi salta sopra
vittoriosa e ridiscende formando una cascata e nella sua folle ed impressionante corsa, trascina
pietre, pietre e pietre. II letto del fiume si è livellato alla massima altezza dei parapetti del ponte.
E’ il momento più cruciale e pauroso. Piove a dirotto. L’acqua aumenta. Il fiume dilaga invade
ogni dove” Le piccole mura dell’orto a fianco del Santuario sono pure sopraffatte dalla marea di
pietre. L’acqua le scavalca, salta nell’orto trascinandovi enormi massi. La piccola coltivazione di
erbaggi e fiori è in balìa del fiume.Le prime a risentire della presenza dell’acqua son le zucche.
(Salviamo le zucche! aveva ripetuto il P. Cristoforo). Eccole, ma una dietro l’altra, prendono il via.
Sembra che galleggino con giudizio. Sanno evitare di fracassarsi la... zucca contro i massi. Qualcuna poi è stata ritrovata intatta in fondo al piazzale.Ma ecco pure i fagioli, i pomodori, le dalie
e i crisantemi che erano stati curati con amore, tutto a poco a poco viene sommerso o sradicato.
ORE 18
L’orto è scomparso. Ci si è precipitata tutta l’acqua limacciosa del fiume con il suo carico schiacciante di pietre. Quando sarà terminata la furia, ci saranno oltre due metri di spessore di breccia,
ciottoli e massi. Ma e gli scantinati del convento? Siè pensato subito a sgombrarli appena si è
visto che l’acqua stava per invadere l’orto. Si è fatto lentamente. Si sgombravano più per precauzione che per convinzione. Chi avrebbe mai detto che l’acqua li avrebbe inondati? Non avevamo
neanche terminato di portar via le cose più necessarie che già l’acqua stava penetrando dalle
finestre, dalle fessure dei muri, dalle PORTE. Era la fine dallo scantinato. L’acqua lo ha riempito
di breccia con oltre due metri di spessore. Non basteranno quaranta autocarri per trasportarla
Fonte:
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
NOTTE
Rapidamente annotta. La minaccia del fiume non rallenta, anzi sembra
che vada aumentando con l’avanzarsi della notte. Le fondamenta del conventino sono prese d’assalto dal ciottolame che, spinto dall’acqua, lo picchietta con violenza. E’ prudente andare a dormire? Si decide di vegliare.
Non si sa mai quale sorpresa possa riservarci la furia delle acque. Durante
la notte si tiene d’occhio il fiume che va vagando or qua or là del suo letto
come un malato inquieto. Eccolo: verso la mezzanotte batte con forza contro il fabbricato, questa volta l’investe dalla parte del monte. Ha scavalcato
l’enorme macigno che è a difesa naturale del conventino, preme contro la
porta del corridoio che è stata precedentemente ben difesa e sprangata.
L’acqua filtra rumorosa dalle fessure, scorre per i pavimenti, penetra nel
salone, in tutti i locali lasciando mata appiccicosa. La porta opposta, al
contrario, per tutta la notte è rimasta spalancata e puntellata per ogni
evenienza: può essere via naturale d’uscita per l’acqua che eventualmente
irrompesse dal monte. La pioggia intanto continua. Il fiume incessantemente trascina massi e pietre che cozzano tra loro come in un perenne
scalpiccio di cavalli sull’acciottolato.
9 OTTOBRE, DOMENICA
Spunta l’alba. Si esce incuriositi e timorosi per osservare il fiume minaccioso. Qua e là cumuli enormi di detriti strappati alle montagne. Tronchi,
rami ed alberi disseminati dalle acque un po’ dovunque. A monte del
Santuario il fiume è rabbioso. Scende con violenza asportando terreno
dove passa e sprofondandosi in un nuovo letto. L’acqua ribolle, s’impenna,
sbuffa, sventaglia intorno agli scogli che non può trasportare nella sua
corsa pazza. Nel Santuario tutto è sconvolto. Non sembra più quello di
prima. Il fiume è ingigantito. Il piazzale, l’orto e PARTE del prato è tutto
un pietrame accumulato alla rinfusa. Non mancano dei cespugli di piante,
dei rami con foglie posti sopra il ponte, ormai inesistente, e sul piazzale.
Altra configurazione.
ALLUVIONE DELL’AMBRO
ORE 9,30
Finalmente!.., Le nubi si diradano e... qualche raggio di sole viene ad illuminare e a rendere più desolante la scena. La pioggia è terminata, ma
il fiume non se n’è accorto. Prepotente scende dai monti anzi più rigonfio
e furibondo. Ripiglia il suo corso in quello che fu l’orticello del Santuario
e flagella il muro scaricandovi contro delle grosse pietre. Resisterà non
resisterà? Si è in ansia.
ORE 14
Giunge sul luogo un inviato dal Genio CIVILE di Ascoli Piceno avvertito
telefonicamente da noi e dal Sindaco di M. Fortino. Rimane sorpreso
dall’entità enorme dei danni. Riferirà, si provvedere al più presto. Sopralluogo anche del Maresciallo dei Carabinieri di Montemonaco che, tutto
preoccupato, ritorna ancora nella notte, nonostante la pioggia, per riferire
con esattezza ai suoi superiori.
NOTTE
Scende la notte. Riprende la pioggia. Sinfonia notturna di pietrame cozzante tra le acque. Ancora timori per il conventino che viene minacciato
ora dalla parte del monte. Il grande scoglio che lo protegge è investito con
rabbia. Il fiume in questa notte sembra accanito contro di lui, l’avvolge,
lo spoglia di tutta la sua terra, gli penetra SOTTO e lo bersaglia con grosse
pietre. Trema ad ogni colpo e con lui par che tremi tutto il fabbricato. Buon
consiglio: abbandonare il conventino. Ci si rifugia nel piccolo romitorio
posto dinanzi la Chiesa, sul piazzale. Anche da qui si sentivano i tonfi e i
tremori. Nottata in bianco.
10 OTTOBRE
L’alba ci da una nuova sorpresa. Il fiume è tutto diretto contro il prato.
Mangia continuamente terra. Ne ha asportata già sette, otto, dodici metri in profondità. E’ vicino alla grande quercia, secolare, forse millenaria
quercia, segno dell’antichità, ed è penetrato sotto le radici che ormai per
metà son sospese sopra le acque. Sono le 7,30: uno strappo, uno schianto fragoroso. Sembra che precipiti una valanga. La quercia si è abbattuta
sopra al fiume con tutta la sua superba chioma. Con la quercia è partita una vigile sentinella del Santuario, forse l’unico testimonio vivente
dell’Apparizione della Madonna sulle rive di questo fiume capriccioso.
Altra vittima dell’impeto delle acque è stato il noce che allargava le sue
braccia frondose dietro il conventino. Era caduto nella notte, abbattutosi
sopra i tubi dell’acquedotto, già in parte scoperti o divelti. In mattinata
la pioggia rallenta, al fine cessa. Sul posto, da Ascoli giunge l’Ingegnere
Capo del Genio Civile con altri ingegneri e geometri, si danno ordini per
un immediato e sommario sgombero dell’enorme materiale accumulato.
Alla sera dello stesso giorno arriva la «Ruspa» e si inizia il lavoro. Si tenta di
arginare alla meglio, e si costringe il fiume a ripassare sotto il ponte, mentre degli operai, con rami, tronchi e grosse pietre cercano di imbrigliare
il furioso andare dell’acqua. Questo fiumicello avrebbe mai pensato che
tanta gente si sarebbe interessata di lui e che una macchina potente sarebbe intervenuta per togliergli dei capricci... delle velleità... devastatrici?
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APPENDICI
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
IL PROTOCOLLO D’INTESA
IL PROTOCOLLO D’INTESA
Il Protocollo d’Intesa. Storia e attuazione
VISTO
- il Piano Regionale di Sviluppo (PRS) della Regione Marche che riconosce l’importanza delle questioni ambientali ai fini del perseguimento di
uno sviluppo regionale equilibrato e sostenibile;
- il Piano di Inquadramento Territoriale (PIT) della Regione Marche per il quale il sistema ambientale è un riferimento fondamentale per valutare
la ammissibilità delle trasformazioni del territorio, con l’obiettivo di garantire una corretta conservazione delle risorse e degli equilibri esistenti,
di contribuire alla loro riqualificazione e recupero nelle situazioni di degrado, di prevenire attivamente l’insorgere di nuovi squilibri. Al fine di
mantenere ed elevare la qualità ambientale esistente il PIT promuove politiche attive nel senso della riqualificazione delle situazioni di degrado,
della messa in valore delle risorse naturali (acqua, suolo, aria, ecosistemi) e delle risorse antropiche (insediamenti storici, paesaggi, sistemi
infrastrutturali e tecnologici) e della riduzione del rischio attraverso la prevenzione attiva dei dissesti idrogeologici e degli inquinamenti delle
risorse degradabili e attraverso la incentivazione delle funzioni di presidio ambientale esercitate dalle attività tradizionali e innovative di uso
del territorio agricolo e montano;
- la Circolare della Regione Marche n. 1 del 23 gennaio 1997 (“Criteri ed indirizzi per l’attuazione di interventi in ambito fluviale nel territorio
della Regione Marche”) che ha introdotto nella Regione Marche l’uso delle tecniche di ingegneria naturalistica per gli interventi di ripristino
delle opere di difesa e di riqualificazione ambientale sia in ambito fluviale che nelle zone di versante;
- la “Carta di Fonte Avellana” sottoscritta il 18 maggio 1996, documento di concertazione che ispira la politica per l’ambiente e la montagna nelle
Marche, impegna la Regione Marche, fra l’altro, a “sostenere le imprese agricolo-forestali, con particolare riferimento a quelle diretto-coltivatrici
e cooperative, riservando a queste priorità nei finanziamenti al di fuori di criteri assistenziali e finalizzando il sostegno alla conservazione del
territorio, delle attività e delle culture locali” e a “valorizzare ed integrare, in particolare tramite la legislazione regionale, le opportunità offerte
alla montagna dalla Legge n. 97/94 e dalla Legge n. 394/91;
- la legge regionale 35/97 “Provvedimenti per lo sviluppo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio montano e modifiche alla L.R.
16 gennaio 1995 n. 12”;
- la legge regionale 13/99 “Disciplina regionale per la difesa del suolo”;
VISTO INOLTRE
- l’Intesa Istituzionale di Programma stipulata in data 7 maggio 1999 dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione
Marche, il cui allargamento è stato accolto dal Comitato Paritetico di Attuazione del 20/11/2003 e ratificato dal Comitato Istituzionale di Gestione del 26/11/2003, che ha posto le basi per la sottoscrizione di Accordi di Programma Quadro fra la Regione e i Ministeri competenti;
- l’art. 4 (“Obiettivi dell’Intesa”), che tra gli obiettivi specifici pone:
· alla lett. A 5) della sezione “a) Ricostruzione”, la riduzione del rischio idrogeologico con priorità di eliminazione delle situazioni di pericolo per
i centri abitati e le infrastrutture;
· alla lett. b 1) della sezione “b) Sviluppo)”, la riqualificazione e valorizzazione degli ambienti naturali e delle aree protette;
· alla lett. b 5) della medesima sezione b), azioni prioritarie di prevenzione per la difesa del suolo nelle aree a maggior rischio ambientale;
- l’Accordo di Programma Quadro in materia di difesa del suolo stipulato tra Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio e la Regione Marche in data 30 novembre 2005;
- l’Art. 2 dell’Accordo (“Finalità e obiettivi”), che definisce prioritari:
· dare continuità alle azioni di riduzione del rischio idrogeologico sul territorio, avviate ai sensi della L. 267/1998 e declinate dai Piani Straordinari, ulteriormente approfonditi con i Piani per l’Assetto Idrogeologico (PAI);
· l’esigenza di attuare le linee e le priorità individuate dai PAI stessi, previsti
dalla legge quadro 183/89 e dalle successive leggi 267/98 e 365/2000;
· il recupero di sicurezza e di funzionalità di contesti seriamente minacciate dal degrado fisico del territorio (aree dell’entroterra marchigiano)
che comporta effetti specifici particolarmente rilevanti in rapporto alle realtà economiche locali;
- il PAI dei bacini regionali, approvato con Delibera Consiglio regionale del 21/1/2004, ed in particolare:
· le relative Norme di Attuazione, che all’art. 1 (“Finalità”) ne richiama la funzione di strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo
mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del
PROTOCOLLO D’INTESA
TRA
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E
DEL MARE
E
REGIONE MARCHE
PER L’ATTUAZIONE DI UN PROGRAMMA DI INTERVENTI CONNESSI
ALLA TUTELA, RIQUALIFICAZIONE E VALORIZZAZIONE AMBIENTALE
DI ALCUNI ASSI VALLIVI DEL SISTEMA TERRITORIALE MONTANO
DELLA REGIONE MARCHE
Ancona, 5 settembre 2007
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
IL PROTOCOLLO D’INTESA
IL PROTOCOLLO D’INTESA
suolo, alla prevenzione del rischio idrogeologico, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato;
· l’Allegato A alle Norme di Attuazione (“Indirizzi d’uso del territorio per la salvaguardia dai fenomeni di esondazione”), le cui indicazioni poggiano sulla identificazione, tutela e valorizzazione del sistema fluviale regionale con i propri ecosistemi e le aree ad essi intimamente connesse e
collegate e costituiscono riferimento per l’evoluzione e l’aggiornamento del PAI e per le attività, azioni e compiti dallo stesso previste all’interno
delle Norme di Attuazione;
- la richiesta dell’Assessore ai Lavori Pubblici, Difesa del Suolo e Politiche Territoriali per la Montagna della Regione Marche, inviata al Ministro
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con nota n. 140/07 del 28 agosto 2007, per l’attivazione di un Protocollo d’intesa tra le due
amministrazioni;
PREMESSO CHE
- il Ministero dell’Ambiente, tramite il protocollo d’intesa sottoscritto il 17 dicembre 1996 con le Centrali cooperative per interventi all’interno
delle aree naturali protette di rilievo nazionale, ha già individuato nella cooperazione “uno degli interlocutori privilegiati per la promozione di
attività sostenibili“ e un “soggetto protagonista attraverso cui coinvolgere anche altri operatori nella ricerca della migliore integrazione delle attività
primarie e di altre attività che contribuisca alla realizzazione di un concetto ampio di tutela ambientale”;
- l’art. 17, comma 2, della L n. 97/94 (“Nuove disposizioni per le zone montane”) prevede la possibilità di affidare, in deroga alle vigenti disposizioni di legge ed anche tramite apposite convenzioni, a cooperative agro-forestali con sede e attività prevalente in territorio montano l’esecuzione
di lavori e di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio, quali fra l’altro la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica ....;
- l’art. 4, comma 3, della legge regionale 20 giugno 1997, n. 35 (“Provvedimenti per lo sviluppo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio
montano e modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12”) ha recepito il disposto dell’art. 17, comma 2, della L. n. 97/94;
- l’art. 15, commi 1 e 2, del D.L.vo 18 maggio 2001, n. 228, prevede che al fine di favorire, fra l’altro, “lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico... le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli” e “... in deroga alle norme vigenti, possono stipulare
contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 300 milioni di lire nel caso di imprenditori in forma associata”;
- l’importo di £ 300.000.000 di cui al citato art.- 15 D.L.vo n.228/2001 è stato elevato a € 300.000,00 dall’art.1, comma 1067, L. 27 dicembre
2006, n.296 (legge finanziaria 2006) e si applica a tutto il territorio italiano e quindi anche alla specifica previsione dell’art. 17, comma 2, della
L. n.97/94 relativa al territorio montano;
- il “Piano agricolo regionale” approvato con deliberazione consiliare n. 161 del 12 gennaio 2005 al punto 2.1.6 (pag. 54) stabilisce che “ai fini del
mantenimento della popolazione nelle aree interne, per tutti gli interventi pubblici forestali ed ambientali si dovrà assegnare priorità agli imprenditori agricoli e forestali di cui all’art. 4, comma 3, della L.R. n. 35/97”;
- l’art. 7, comma 1, del D.L.vo 18 maggio 2001, n. 227 dispone che “Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità,
le Regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale”;
- l’art. 9, comma 1, della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 (“legge forestale regionale”) ha dato attuazione al disposto dell’art. 7, comma 1,
del D. L.vo 18 maggio 2001, n. 227 e con successiva deliberazione della Giunta regionale n. 1056/2005 e decreto dirigenziale n. 14/FOR_10 è
stato istituito l’Albo regionale delle imprese agricolo-forestali;
culturale e turistica di importanza strategica;
- a partire dal 2002 la Regione Marche ha investito, in coerenza con l’art. 6, comma 2, lett. f) ed i) della L.R. n. 35/97, risorse proprie pari ad
Euro 2.766.457,00 per interventi di: (a) rinaturalizzazione dei corsi d’acqua principali e secondari tramite costituzione di boschetti di ripa, (b)
sistemazione naturalistica delle rive, (c) realizzazione di interventi che favoriscano l’ittiofauna, (d) opere di sistemazione idraulico-forestale, con
particolare riguardo ai terreni in frana e al consolidamento delle pendici;
- nella stagione estiva 2007 si sono verificati nei territori montani delle Marche numerosi incendi boschivi che hanno interessato un’area di circa
5.000 ettari;
CONSIDERATO CHE
- si riconosce l’esigenza di dare attuazione alle azioni di difesa e dì prevenzione del rischio idrogeologico, di valorizzazione e fruizione del territorio attraverso un insieme coordinato di interventi, coerente con il quadro normativo e programmatico descritto nelle premesse;
- la Regione Marche ha elaborato e proposto un programma di interventi di tutela, riqualificazione e valorizzazione ambientale di alcuni tratti
degli assi vallivi nel territorio montano, con costo complessivo stimato in € 5.014.000,00, finalizzato alla riduzione del rischio idrogeologico, alla
riqualificazione ambientale ed alla tutela della biodiversità, alla prevenzione degli incendi boschivi;
- il programma, coerentemente con la programmazione comunitaria, nazionale e regionale e in particolare con le “Linee guida in materia
forestale” approvate, in attuazione del D.L.vo 18 maggio 2001, n. 227, con D.M. (Ambiente) 16 giugno 2005, individua interventi di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e di sistemazione idraulico-forestale, anche mediante tecniche di ingegneria naturalistica, da realizzare in aree protette,
SIC e ZPS situati nel territorio montano e pertanto dove la biodiversità è maggiore e dove i benefici dell’intervento si trasferiscono anche a valle
PREMESSO INOLTRE CHE
- la difesa del suolo ha come obiettivo strategico generale il recupero e il mantenimento delle condizioni di equilibrio dinamico dei sistemi
naturali ma anche il controllo dell’evoluzione naturale del territorio per prevenire o quanto meno limitare al massimo il rischio idraulico e
idrogeologico;
- l’integrazione tra le politiche per la salvaguardia e la valorizzazione delle aree montane e “la difesa del suolo” sono ritenute strategiche per il
recupero ed il mantenimento delle condizioni di equilibrio dei sistemi naturali e per il controllo dell’evoluzione del territorio e quindi in grado di
prevenire o quanto meno ridurre il rischio idrogeologico;
- l’ambito territoriale montano della Regione Marche ha una notevole rilevanza sociale ed economia e rappresenta una risorsa ambientale
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
IL PROTOCOLLO D’INTESA
IL PROTOCOLLO D’INTESA
ambientale di alcuni tratti di assi vallivi del sistema territoriale montano della Regione Marche.
Con la sottoscrizione del presente Protocollo d’intesa le parti intendono perseguire i seguenti obiettivi strategici:
- Miglioramento delle condizioni idrogeologiche delle aste fluviali e dei versanti in frana;
- Salvaguardia degli ecosistemi fluviali e della biodiversità in ambito fluviale;
- Favorire il presidio antropico del territorio attraverso interventi di manutenzione e valorizzazione del territorio volti anche alla prevenzione dagli incendi boschivi;
- Sviluppare la formazione e l’aggiornamento professionale per tecnici e operatori
del settore, attivare forme di collaborazione tra istituzioni, aziende e Università.
3. Al fine di conseguire gli obiettivi dati dal presente protocollo si intende promuovere l’attuazione di un complesso di azioni integrate rivolte alla difesa dal rischio
idrogeologico attraverso la realizzazione di interventi di tutela, riqualificazione e valorizzazione ambientale riconosciuti prioritari nell’ambito degli atti di pianificazione precedentemente citati.
in termini di regimazione delle acque e di miglioramento della qualità ambientale;
- il programma, in continuità ed in attuazione dell’Intesa Istituzionale di Programma, dell’Accordo di Programma Quadro e degli strumenti di
programmazione regionale strategica e di settore, ricomprende interventi finalizzati alla riduzione del rischio idraulico ed idrogeologico, alla
riqualificazione ed alla valorizzazione ambientale, alla prevenzione del rischio da incendi boschivi in aree recentemente percorse da fuoco;
- il programma persegue inoltre la tutela della biodiversità nell’ambito di un’economia sostenibile, fondata sul presidio territoriale e legata al
sostegno alle attività di gestione agro-forestale e ambientale, per le quali viene proposta nel programma una specifica azione incentrata sulla
comunicazione e sulla partecipazione della comunità locali ed esterne, sulla ricerca scientifica didattica, sulla formazione di operatori;
- gli interventi individuati, per le finalità del programma e per le caratteristiche degli ecosistemi montani interessati, devono essere realizzati
da imprese specializzate che assicurino anche il presidio del territorio mediante la presenza costante e la disponibilità per gli ulteriori interventi
sistematori e manutentori;
- le risorse ordinarie disponibili sono tuttavia inadeguate rispetto alla complessità e alla dimensione dei problemi evidenziati negli strumenti
regionali strategici e di settore;
- è necessario di conseguenza reperire e destinare, sulla base di un programma di interventi straordinari coerenti con le fonti normative e con
gli strumenti di programmazione strategica e di settore, risorse aggiuntive rispetto a quelle ordinarie, da assegnare alla Regione Marche in
cofinanziamento da parte dell’amministrazione centrale;
- è opportuno a tal fine procedere alla sottoscrizione di un protocollo integrato incentrato sulla tutela, riqualificazione e valorizzazione ambientale di alcuni tratti di assi vallivi del sistema territoriale montano della regione Marche;
Articolo 3
(Interventi)
1. Il quadro degli interventi prioritari di cui all’Allegato A, con la stima dei costi sinteticamente riportato nella seguente tabella:
TUTTO CIÒ PREMESSO E CONSIDERATO
IL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
RAPPRESENTATO DAL MINISTRO ALFONSO PECORARO SCANIO
E
LA REGIONE MARCHE
RAPPRESENTATA DAL PRESIDENTE DELLA REGIONE GIAN MARIO SPACCA
STIPULANO
IL SEGUENTE
PROTOCOLLO D’INTESA
Articolo 1
(Principi generali)
1. Il presente Protocollo d’Intesa (d’ora in poi Protocollo) vuole attivare interventi sperimentali di integrazione tra le politiche per la salvaguardia e la valorizzazione delle aree montane e “la difesa del suolo”.
2. Le parti ritengono strategico, ai fini del recupero e del mantenimento delle condizioni di equilibrio dei sistemi naturali e per tutelare la biodiversità, promuovere un’economia sostenibile basata sul presidio territoriale legato al sostegno delle attività di gestione agro-forestale — ambientale.
Articolo 2
(Finalità e obiettivi)
Il presente Protocollo è finalizzato ai raggiungimento di una sensibile riduzione del rischio idrogeologico, nonché alla tutela, riqualificazione e valorizzazione
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IL PROTOCOLLO D’INTESA
Articolo 4
(Risorse finanziarie)
IL PROTOCOLLO D’INTESA
Articolo 8
(Durata del Protocollo e disposizioni finali)
Le parti si impegnano a reperire le risorse finanziarie necessarie
all’attuazione degli interventi di cui all’art. 2, per la somma di €
5.000.000,00, nelle proprie disponibilità di bilancio, secondo la seguente ripartizione:
- Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare:
3.500.000,00;
- Regione Marche: €1.500.000,00
Il presente atto ha durata triennale ed è vincolante fra le parti firmatarie. Per concorde volontà tra le parti il presente Protocollo è prorogabile
e può essere modificato e/o integrato ai sensi dell’articolo precedente.
Ancona, 5 settembre 2007
Articolo 5
(Modalità di attuazione ed impegni delle parti)
1. Le modalità ed i tempi di attuazione del programma saranno definiti con successivi provvedimenti della Direzione Generale per la Difesa del Suolo del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
2. Gli interventi individuati, in virtù delle finalità del
programma e delle caratteristiche degli ecosistemi
montani interessati, devono essere realizzati da imprese specializzate in lavori di sistemazione e manutenzione del territorio.
3. Mediante le risorse rese immediatamente disponibili dalle parti si potrà avviare la progettazione e la realizzazione degli interventi elencati
all’Articolo 3.
4. Eventuali risorse finanziarie aggiuntive che
si rendessero disponibili, così come le economie finali derivanti dall’attuazione degli
interventi previsti, saranno destinate ad
ulteriori interventi che saranno individuati
secondo criteri analoghi e sottoposte all’esame del Comitato
di cui all’Articolo 6.
5. La Regione Marche provvederà all’attuazione degli interventi previsti nel presente protocollo,
in conformità con l’ordinamento regionale, mediante il coinvolgimento delle Comunità Montane ai sensi delle
leggi regionali.
Articolo 6
(Comitato tecnico di coordinamento)
1. Allo scopo di garantire una costante verifica dello stato di attuazione del Protocollo e il raggiungimento degli obiettivi da esso stabiliti, è prevista l’istituzione
di specifici momenti di consultazione e di approfondimento mediante la costituzione di un Comitato tecnico di coordinamento.
2. È costituito, pertanto, un Comitato tecnico di coordinamento (d’ora in poi Comitato) composto dal Direttore della Direzione Generale per la Difesa del Suolo
- Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare -, dal Dirigente della P.F. Difesa del Suolo - Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurèzza
e per la Protezione Civile della Regione Marche-, o da loro delegati, e da due ulteriori rappresentanti ciascuna delle strutture.
3. Al Comitato sono attribuite funzioni di coordinamento e verifica delle fasi di progettazione e realizzazione degli interventi finanziati, oltre che di monitoraggio dei tempi e delle modalità di attuazione.
4. Per le diverse fasi della progettazione il Comitato costituisce un apposito gruppo dí lavoro formato da personale esperto nelle discipline della difesa del suolo
e nella valutazione degli ecosistemi naturali. In considerazione della natura specialistica delle analisi da effettuare il Ministero potrà individuare i soggetti
esperti esterni di supporto alla progettazione, con le modalità previste dall’art. 17, comma 2, della L. 97194.
Articolo 7
(Modifiche e revisioni del Protocollo)
Il presente Protocollo è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento sulla base delle proposte del Comitato di cui all’articolo precedente. A tal fine le
parli firmatarie delegano sin d’ora i responsabili delle rispettive strutture, di cui al comma 2 dell’Art. 6, all’emanazione del relativo atto, fermo rimanendo il
perseguimento degli obiettivi indicati all’articolo 2.
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
RASSEGNA STAMPA
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RASSEGNA STAMPA
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
RASSEGNA STAMPA
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
RASSEGNA STAMPA
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RASSEGNA STAMPA
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MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
CARTA DI FONTE AVELLANA
Carta di Fonte Avellana
la definizione di modelli sociali ed economici sostenibili le attività
tipiche della montagna, quali selvicoltura, sistemazioni idraulicoforestali, ingegneria naturalistica, agricoltura e turismo verde rappresentano un patrimonio professionale autoctono da valorizzare ed
arricchire, in particolare per quanto riguarda la gestione ambientale
occorre evitare un’aggressione delle cose naturali, determinata da
modelli di sviluppo non in sintonia con le vocazioni culturali, ecologiche ed economiche delle zone montane, evitando di imbalsamare
il territorio, ma affermando in tempi brevi programmi di sviluppo
sostenibile che consentano di evitare gli errori commessi nelle zone
costiere esiste una stretta connessione fra tutela del territorio montano, tramite la cura delle piccole manutenzioni, residenza e settore
primario, comprese attività e servizi collegati il miglioramento e la
conservazione del territorio è legato in primo luogo alla salvaguardia e all’evoluzione delle professioni connesse alla coltivazione del
bosco, all’agricoltura, alla proprietà coltivatrice e all’organizzazione
cooperativa è necessario sviluppare la pluriattività per consolidare
la residenza e le attività primarie nella montana I’obiettivo di salvaguardia del territorio montano e di sviluppo sostenibile per i residenti è legato all’azione concreta e integrata di operatori pubblici e
privati, riconoscendo nei Comuni il cardine istituzionale del governo
locale e affidando alle Comunità montane e alle Province le rispettive
competenze amministrative nel settore primario e alla cooperazione
il compito di aggregare localmente le capacità professionali e imprenditoriali degli operatori del settore agricolo-forestale I’utilizzo
concertato delle risorse pubbliche destinate alla montagna può costituire la base di un preciso progetto di sviluppo per le aree interne
la montagna intesa come risorsa sottende non più un programma di
assistenza, ma una politica economica e sociale che promuova, oltre
ad occupazione e redditi soddisfacenti, una nuova dimensione della
realizzazione dell’uomo
TUTTO CIO’ PREMESSO
aderendo al proposito di individuare nei Monasteri di Fonte Avellana
e Camaldoli i centri propulsori di questa nuova idea di Appennino,
facendone sedi di confronto e verifica periodica
I rappresentanti:
della Regione Marche dell’Uncem Marche dell’Urpm della Finanziaria regionale Marche delle Centrali cooperative Agci, Cci, Lega,
Unci della Comunità monastica di Fonte Avellana (in seguito hanno
aderito altre organizzazioni sindacali e di promozione sociale - ndr)
promotori del Forum svoltosi presso il monastero di Fonte Avellana
per affrontare il tema: La montagna: da risorsa a opportunità
Sl IMPEGNAN0 A
1. promuovere la selvicoltura e le attività collegate, le sistemazioni
idraulico-forestali, I’ingegneria naturalistica e gli altri interventi di
gestione, ripristino e miglioramento ambientale
2. sostenere l’agricoltura di montagna, con tutte le attività collegate,
in quanto fondamentale per la manutenzione del sistema naturale
antropizzato
3. sostenere le imprese agricolo-forestali, con particolare riferimento
PREMESSO CHE
il ruolo della montagna è fondamentale per assicurare la regimazione delle acque e la tutela del territorio esiste un’interdipendenza
fra la montagna e le restanti zone, quale integrazione di diverse
economie e situazioni ambientali che devono essere fra loro complementari la diversità culturale e ambientale dell’Appennino e
dei suoi sistemi naturali antropizzati è una risorsa cui attingere per
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CARTA DI FONTE AVELLANA
a quelle diretto-coltivatrci e cooperative, riservando a queste priorità
nei finanziamenti al di fuori di criteri assistenziali e finalizzando il sostegno alla conservazione del territorio, delle attività e delle culture
locali
4. incentivare una generalizzata politica di tutela dell’ambiente,
promuovendo, specie nei temtori destinati ad aree protette, diffuse
iniziative di sviluppo sostenibile
5. valorizzare ed integrare, in particolare tramite la legislazione regionale, le opportunità offerte alla montagna dalla legge n. 97/94 e
dalla legge 394/91
6.utilizzare ed approntare strumenti specifici ad iniziare dalla costituzione di un tavolo interdisciplinare per la realizzazione degli interventi pubblici nelle zone montane, allo scopo di utilizzare nel modo
più produttivo le risorse, finalizzandole a obiettivi chiari e verificabili,
dare certezze di lavoro e di crescita professionale ai soggetti attuatori. A questo scopo sono mature le condizioni affinché tra le istituzioni
della Regione Marche e le Centrali cooperative si addivenga ad un
progetto pilota che, avendo a base i contenuti di una nuova politica
per la montagna, individui nella cooperazione il soggetto attuatore
nello spirito e nella lettera dell’articolo 17 della legge 97/94
7. promuovere forme di credito specializzato a lungo termine a favore delle attività primarie nelle zone montane
8. approntare programmi formativi mirati a valorizzare le professionalità specifiche della montagna, con particolare riguardo per quelle
agricolo-forestali-ambientali e artigianali
9. valorizzare la forma cooperativa per l’organizzazione di nuove attività nel settore primario in campo ambientale e in quello del turismo
naturalistico, per favorire occupazione giovanile e qualificata
10. sostenere un progetto di valorizzazione dell’Appennino promosso dalle Regioni nello spirito della presente carta.
I firmatari si impegnano altresì a perseguire gli obiettivi concordati
anche attraverso la massima applicazione del protocollo d’intesa fra
l’Uncem e le Centrali cooperative.
I firmatari riconoscono l’esigenza di costruire una generale carta
per la montagna marchigiana che dovrà essere frutto di una collaborazione con le associazioni professionali agricole, delle p.m.i. e
dell’artigianato, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni
ambientalistiche e culturali che hanno radici nei valore nella stona
dell’Appennino.
Si apre così la ricerca di un percorso comune con tutte le componenti
della società marchigiana che riconoscono l’interdipendenza tra il
territorio montano ed il suo habitat e il restante terntorio regionale.
Fonte Avellana, 18 maggio 1996
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Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
MANUTENZIONE E PRESIDIO DEL TERRITORIO MONTANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO
Opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne
“PROGETTO APPENNINO”
“PROGETTO APPENNINO”
Il Progetto Appennino
Dalla “Carta di Fonte Avellana” scaturisce direttamente l’articolo 26 della L.R. 31/09, il cosiddetto “Progetto Appennino”. E’ la concreta
dimostrazione dell’interesse che l’Amministrazione Regionale nutre nei confronti delle aree interne come risorsa ad alto potenziale economico e sociale oltre che come territorio da salvaguardare e valorizzare in funzione del corretto equilibrio dell’intero sistema ambientale
regionale.
le, da realizzarsi in particolare tramite l’informazione ed il supporto
alle attività didattiche nella scuola, nonché all’attivazione di iniziative
seminariali di studio e di divulgazione.
5. La struttura organizzativa regionale competente in materia di
istruzione, formazione e lavoro svolge tutte le funzioni inerenti il coordinamento e l’organizzazione del progetto relativamente agli interventi previsti al comma 3, lettera b), con il coinvolgimento dei soggetti di cui al comma 2 e avvalendosi delle professionalità presenti nelle
Legge Regionale 22 dicembre 2009, n. 31 Art. 26
1. In attuazione degli impegni assunti dalla Regione con la firma
della Carta di Fonte Avellana, al fine di valorizzare e sviluppare gli
interventi per la montagna e le forme organizzate di lavoro forestale e di dare continuità alle attività in essere, favorendo nel contempo la creazione di nuovi posti di lavoro, attraverso la valorizzazione
delle potenzialità turistiche ed ecologico-ambientali nel quadro di
una politica attiva dell’ambiente, viene avviato il “Progetto Appennino: la Montagna come occasione di sviluppo ed occupazione”.
2. Il progetto costituisce un programma di interventi nell’Appennino marchigiano con il coinvolgimento delle Provincie, delle Comunità Montane, dei Comuni, dei Centri per l’impiego, l’orientamento
e la formazione e delle Cooperative forestali, con i seguenti obiettivi
specifici:
a) dare continuità nel tempo e nel territorio alle attività di manutenzione, recupero, salvaguardia, miglioramento, valorizzazione
e messa in sicurezza del patrimonio forestale e naturale, e più in
generale dell’ambiente e del territorio, attraverso un’occupazione
stabile delle maestranze che già lavorano nel settore allo scopo di
garantire anche il presidio del territorio e la residenza nelle aree
rurali e montane;
b) far fronte all’emergenza occupazionale provocata dalla crisi
economica e dalla fragilità dei sistemi economico-sociali montani,
individuando interventi organici, in conformità con gli indirizzi programmatici della Regione e del piano forestale, che siano in grado
di offrire garanzie lavorative agli iscritti nelle liste di mobilità da
reimpiegare, nel campo della difesa del suolo, della sistemazione
idraulico-forestale, del verde pubblico, della gestione del demanio
forestale e della selvicoltura.
3. Gli interventi di cui al comma 2 sono articolati in due fasi:
a) interventi già previsti e finanziati dal Piano di sviluppo rurale
strutture organizzative regionali competenti in materia di ambiente
e paesaggio, foreste ed irrigazione, riordino territoriale e comunità
montane, difesa del suolo, turismo e cooperazione.
6. L’esecuzione degli interventi avverrà anche mediante affidamento
a favore di cooperative forestali, ai sensi della normativa vigente.
7. La Giunta Regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, individua le fonti di finanziamento per gli interventi di
cui al comma 3, lettera b), ed approva il relativo progetto esecutivo.
2007/2013, dal Protocollo d’Intesa per la difesa del suolo sottoscritto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare in data 5 settembre 2007, dal FAS 2007/2013 (Fondo per le
aree sottoutilizzate), dal bilancio di previsione 2009 della Regione;
b) nuovi interventi attuabili a medio termine che richiedono un’elaborazione progettuale e potranno essere avviati, una volta individuate le risorse necessarie.
4. Gli interventi del progetto indicati al comma 3, lettera b), sono
diretti prioritariamente:
a) al recupero e alla valorizzazione del patrimonio forestale pubblico e privato e di aree di particolare interesse ambientale;
b) alla tutela e conservazione attiva dei territori ad alto valore ecologico;
c) al ripristino ambientale di aree pertinenti a fiumi, torrenti, laghi e alla realizzazione di interventi di ingegneria naturalistica e
di sgombero degli alvei volti alla prevenzione di dissesti locali e di
alluvioni;
d) alla bonifica e risanamento di aree dissestate, cave dismesse e
discariche abbandonate;
e) alla realizzazione, ripristino e manutenzione di aree ricreative,
di sentieri turistici, di aree di sosta, e più in generale allo sviluppo
delle infrastrutture turistiche a basso impatto ambientale;
f) alla manutenzione tramite attività di recupero ambientale di aree
circostanti ai centri abitati al fine di prevenire eventi calamitosi;
g) all’arredo a verde di aree residuali quali scarpate, svincoli stradali, aree di raccolta di rifiuti solidi urbani e depuratori, comprese le
mascherature di insediamenti industriali e artigianali;
h) alla conservazione dei beni rientranti nel patrimonio ambientale, artistico, storico e culturale;
i) all’animazione culturale in tema ambientale e idraulico-foresta-
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Protocollo d'Intesa
tra Ministero dell'Ambiente
e Regione Marche
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2014
ISBN 9788898831050
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