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G It Diabetol Metab 2012;32:126-133
Caso clinico
Piede di Charcot: una complicanza
del diabete ancora poco conosciuta
Storia clinica
Diverse settimane prima di venire presso il nostro day hospital, un uomo di 65 anni si è presentato al pronto soccorso
lamentando un senso di fastidio, con accenno di lieve dolenzia, da circa un mese, al piede destro e, da qualche giorno,
dolore, gonfiore e arrossamento tanto del piede destro
quanto della zona pretibiale. Il paziente ha riferito di non
avere subito traumi, di aver avvertito il dolore per la prima
volta mentre saliva le scale, descrivendolo come un dolore
costante e indicandolo con un valore di 7 in una scala da 0
a 101. Si tratta di un paziente che ha diagnosi di diabete di
tipo 2 da circa 15 anni, in trattamento con metformina
2 g/die e glimepiride 6 mg/die. Inoltre il paziente risulta affetto da retinopatia diabetica laser-trattata, polineuropatia sensitivo-motoria, ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico con ACE-inibitore e calcio-antagonista diidropiridinico,
dislipidemia in trattamento con statine non ad alto dosaggio;
fumatore di 10 sigarette/die. Il paziente riferisce di avere
spontaneamente sospeso la terapia antiaggregante da circa
2 anni, data in cui ha eseguito l’ultima visita specialistica diabetologica. Ha un’anamnesi familiare positiva per diabete di
tipo 2 da parte di entrambi i genitori con padre deceduto
all’età di 59 anni per infarto miocardico acuto (IMA) e madre
a 60 anni per ictus.
In sede di visita veniva rilevata una pressione arteriosa di
160/90 mmHg, frequenza cardiaca 87 b/min, temperatura
36,4 °C, peso 124 kg, altezza 184 cm; ROT (reperto obiettivo toracico) e ROA (reperto obiettivo addominale) normali. Il
paziente mostrava un piede sinistro normale e il piede destro
gonfio, caldo e rosso, fino alla gamba, specialmente in sede
pretibiale. Venivano eseguiti i seguenti esami ematochimici:
glicemia 198 mg/dl, HbA1c 8,8%, colesterolo totale 220 mg/dl,
trigliceridi 150 mg/dl, HDL 37 mg/dl, LDL 153 mg/dl, acido
urico 8,2 mg/dl, creatinina 1,4 mg/dl, azotemia 28 mg/dl,
microalbuminuria 32 mg/24 h, albumina/creatinina 29 µg/mg,
G. Scavone, M. Galli, D. Pitocco,
S. Caputo, T. Musella, F. Zaccardi,
F. Costantini, G. Ghirlanda
Istituto di Patologia Medica, Policlinico Universitario
A. Gemelli di Roma
Corrispondenza: dott. Giuseppe Scavone,
Patologia Medica, Policlinico Universitario A. Gemelli,
largo Agostino Gemelli 8, 00168 roma
G It Diabetol Metab 2012;32:126-133
Pervenuto in Redazione il 28-05-2012
Accettato per la pubblicazione il 02-07-2012
Parole chiave: piede di Charcot, diabete mellito,
neuropatia diabetica, piede diabetico
Key words: Charcot osteoarthropathy, diabetes mellitus,
diabetic neuropathy, diabetic foot
Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta
emocromo caratterizzato da leggera leucocitosi di natura
neutrofila. Il paziente veniva sottoposto all’esecuzione di un
ecocolordoppler venoso per sospetto di tromboflebite che
risultava negativo. Sulla base della negatività del referto
si consigliava di iniziare terapia antibiotica (ciprofloxacina
500 mg × 2) per sospetta cellulite e di eseguire accertamenti diagnostici al fine di escludere la presenza di un processo
di natura vasculitica o reumatica. Il paziente esegue i
seguenti esami: anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile
(ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina, tutti
negativi; fattore reumatoide e complemento nella norma;
marker epatite B e C negativi. Dopo ulteriori 3 settimane il
paziente giunge alla nostra osservazione per ulteriore controllo vista la mancata risoluzione del problema.
Diagnosi differenziale
Il paziente si presenta presso il nostro day hospital dopo
3 settimane dall’accesso in pronto soccorso. Il piede destro
appare ancora gonfio, rosso, edematoso e con evidenti
segni di deformità:
– crollo della volta legata probabilmente all’interessamento
dell’articolazione metatarso-cuneiforme del secondo
raggio, punto di sostegno dell’arco metatarsale;
– instabilità articolare del mesopiede con disarticolazione
tarso-metatarsale;
– deformità del tarso con protrusione dei cuneiformi;
– piede a dondolo;
– lesione ulcerosa in corrispondenza del cuneiforme (Fig. 1).
Nonostante la diagnosi di cellulite risultasse verosimile, per
un paziente con una lunga storia di diabete e scarso compenso metabolico, affetto da neuropatia sensitivo-motoria,
Figura 1 Immagine del piede destro del paziente all’arrivo
presso il nostro day hospital.
127
che si presenta in sede di visita con un piede rosso, caldo,
edematoso, con evidenti segni di deformità, senza episodi
attivi o pregressi di ulcerazioni aperte, dovrebbe essere sempre presa in considerazione, in relazione al quadro clinico
esposto, la diagnosi di osteoartropatia di Charcot.
La diagnosi differenziale deve essere posta con le seguenti
patologie: gotta acuta, osteomielite, cellulite, ascessi, fratture in paziente con neuropatia sensitivo-motoria e con trombosi venosa profonda. Tuttavia, se il paziente non ha ulcerazioni aperte o storia di pregressi episodi ulcerativi, difficilmente un’infezione del piede può essere la causa del quadro clinico descritto. La maggior parte delle infezioni del piede iniziano con inoculo diretto dei germi attraverso le ulcerazioni.
Inoltre, nel caso di cellulite o trombosi venosa profonda, la
caratteristica predominante risulta essere l’edema asimmetrico della gamba. Diversamente, l’edema nel nostro paziente, legato prevalentemente al crollo dell’arcata plantare e dell’articolazione metatarso-cuneiforme del primo e secondo
raggio, fa sospettare un trauma muscoloscheletrico acuto
tipico delle fratture della parte mediana del piede che si
osservano nella neuroartropatia di Charcot. Diagnosi differenziale va fatta anche con la gotta acuta che si manifesta,
però, con un dolore grave, a rapida insorgenza, che migliora
lentamente anche senza trattamento2-4 (Fig. 2).
Il piede di Charcot
La neuroartropatia di Charcot o piede di Charcot è una delle
complicanze più temibili del diabete in quanto gravata da
un’alta incidenza di amputazioni5. Il piede di Charcot è caratterizzato, da un punto di vista morfo-strutturale, da una completa alterazione dei normali rapporti osteoarticolari con presenza di fratture ossee che comportano vari gradi di deformità del piede (uno dei quadri clinici più caratteristici è il
piede rocker bottom con presenza o meno di ulcerazioni)6,7.
La sua patogenesi, sebbene non ancora del tutto chiarita,
sembra coinvolgere la neuropatia, sia nella sua componente
sensitivo-motoria sia autonomica, la presenza di traumi ripetuti, un’alterazione del metabolismo osseo che è stata ipotizzata essere su base genetica e, infine, una disregolazione del
processo infiammatorio. La mancata o parziale percezione
degli stimoli dolorosi in pazienti affetti da neuropatia diabetica sottopone le articolazioni del piede (più comunemente nel
metatarso) a lesioni da stress che possono innescare il processo di Charcot8-11.
Clinicamente, nella sua fase acuta e precoce, il piede si presenta gonfio, caldo, eritematoso. Il dolore può essere da
moderato a più accentuato e spesso i segni di infiammazione
locale sono gli unici che sottendono un danneggiamento a
livello delle ossa e delle articolazioni. Questi elementi rendono
facilmente confondibile il quadro clinico iniziale con una cellulite o una trombosi venosa profonda o un attacco di gotta.
La maggior parte dei pazienti affetti da osteoartropatia di
Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 anni, con una prevalenza fra lo 0,08-13% delle persone con diabete, tuttavia
la prevalenza reale è probabilmente molto maggiore a causa
128
G. Scavone et al.
Diagnosi clinica di
osteartropatia di Charcot
Raggi X
Negativa
Positiva
Management
chirurgico
Inefficace
Scarico
Positiva
Trattamento
osteomielite
RMI
oppure
Scintigrafia
Negativa
Efficace
Dopo
consolidamento
scarico
e follow-up
Dopo
consolidamento
prescrizione
di calzature e
follow-up
di diagnosi errate o tardive12. Mediamente la diagnosi di questa complicanza del diabete viene fatta con ben 29 settimane di ritardo. L’alta frequenza di diagnosi sbagliate è in gran
parte causata da una mancanza di consapevolezza, piuttosto che da una reale difficoltà diagnostica che può essere
facilmente superata esaminando il profilo di rischio del
paziente, eseguendo un’attenta valutazione clinica e ricorrendo a esami di imaging. Frequentemente un ritardo nella
diagnosi può portare a gravi e debilitanti deformità strutturale del piede che, associate alla neuropatia sensitivo-motoria
tipica di questa complicanza, aumenta notevolmente il
rischio di ulcerazione e di amputazione degli arti inferiori13-15.
Di fatto, l’osteoartropatia di Charcot va considerata come
un’emergenza medica il cui potere distruttivo può essere
arginato soltanto attraverso una diagnosi precoce seguita da
un appropriato e immediato trattamento16.
Questa condizione è stata riscontrata anche in associazione
con altre patologie quali lebbra, siringomielia, osteomielite,
sinovite, poliomielite, artrite reumatoide, sclerosi multipla,
neuropatie congenite e sifilide terziaria. Altre condizioni includono le lesioni traumatiche, esposizione a sostanze tossiche, interventi chirurgici del piede e di trapianto renale5-17.
È possibile inquadrare l’osteoartropatia di Charcot utilizzando una classificazione anatomica (classificazione di Sanders
e Frykberg, Tab. 1), che tiene conto delle aree anatomiche
del piede interessate dai processi degenerativi ossei e articolari, e una clinica (classificazione di Eichenholz) che descrive
l’evoluzione della patologia nel corso del tempo.
Classificazione di Eichenholz: clinicamente vengono distinti
quattro stadi di neuroartropatia di Charcot:
– stadio 0 (infiammazione), detta anche Charcot in situ o pre-
Diagnosi di
osteoartropatia
di Charcot
non verosimile
Positiva per
osteomielite
Figura 2 Algoritmo diagnostico
per la neuroartropatia di Charcot.
RMI e scintigrafia ossea trifase
con tecnezio-99m sono esami
diagnostici utili per distingeure
l’osteoartropatia di Charcot da un
processo osteomielitico.
Tabella 1 Classificazione di Sanders e Frykberg,
1991
– I modello: interessamento dell’avampiede, 10-30%
dei casi
– II modello: interessamento dell’articolazione di
Lisfranc, condizione più comune
– III modello: interessamento dell’articolazione
mediotarsica, caratterizzata dal frequente coinvolgimento dell’articolazione navicolo-cuneiforme
– IV modello: interessamento dell’articolazione sottoastragalica e della caviglia, 8-10% dei casi
– V modello: (“pilastro posteriore”) le fratture del calcagno, 2% dei casi
–
–
fase 1. Si tratta di una fase caratterizzata da eritema,
edema e calore, senza anomalie strutturali. Una radiografia
eseguita in questo momento della patologia non evidenzierebbe alcuna anomalia ossea. Tuttavia, se l’instabilità, lo
stress meccanico e l’infiammazione persistono, questa
fase può passare improvvisamente a quella successiva;
fase 1, detta di sviluppo, è caratterizzata da riassorbimento osseo, frammentazione delle ossa e lussazione
dei rapporti articolari. Gonfiore, calore e rossore persistono, ma in questo momento compaiono alterazioni radiografiche più o meno evidenti;
fase 2, detta di coalescenza, è caratterizzata da fenomeni di consolidamento osseo, osteosclerosi e di fusione
che seguono i precedenti fenomeni di distruzione ossea;
Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta
–
129
fase 3, detta di ricostruzione, è caratterizzata da osteogenesi, diminuzione dei fenomeni di osteosclerosi e di
incremento progressivo di quelli di fusione. Con il verificarsi dei fenomeni di guarigione, rimodellamento e formazione di nuovo osso le deformità del piede diventano
permanenti18-19.
Test di laboratorio
e diagnosi differenziale
Non abbiamo a disposizione criteri di laboratorio per la diagnosi di neuroartropatia di Charcot, né marcatori ematologici, anche se alcuni possono aiutare a restringere il campo
delle diagnosi differenziali. Leucocitosi, un elevato valore di
proteina C-reattiva e di velocità di sedimentazione degli eritrociti, iperglicemia recente e inspiegabile suggeriscono un
quadro clinico con un’eziologia di natura infettiva. Utile
l’esecuzione di test quali anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo
estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina,
fattore reumatoide, complemento marker epatite B e C per
escludere fenomeni di natura vasculitica o reumatica20.
Gli studi di imaging
Gli studi di imaging sono fondamentali per formulare una diagnosi di osteoartropatia di Charcot nella fase iniziale (fasi 0 e
1) o per confermare la diagnosi fatta su base clinica formulata nei casi in fase successiva (fasi 2 e 3).
Figura 3 Proiezione obliqua: disarticolazione della Lisfranc
con frattura dei cuneiformi (cuboide scheggiato ma non fratturato con disarticolazione del quarto e quinto metatarso).
Radiografia
Il reperto radiografico rappresenta il primo esame strumentale da eseguire in caso di sospetto di osteoartropatia di
Charcot. Tuttavia, esso risulta di scarsa utilità nei pazienti
con malattia allo stadio 0, data l’assenza di fratture o lussazioni articolari apprezzabili. In ogni caso la radiografia del
piede va eseguita in triplice proiezione sotto carico per
apprezzare anche piccole variazioni morfologiche nei rapporti articolari. Nel caso del nostro paziente, l’indagine radiografica ha evidenziato i seguenti aspetti:
– frattura della falange prossimale della prima testa metatarsale e del collo del secondo e terzo raggio alla proiezione antero-posteriore;
– disarticolazione della Lisfranc con frattura dei cuneiformi
(cuboide scheggiato ma non fratturato con disarticolazione del quarto e quinto metatarso) alla proiezione obliqua;
– si apprezza la calcificazione vascolare della tibiale posteriore alla proiezione laterale che conferma la diagnosi di
neuropatia sensitivo-motoria alla elettromiografia precedentemente eseguita.
Tali informazioni permettono di inquadrare l’osteoartropatia
di Charcot del nostro paziente come appartenente al I e al II
modello della classificazione anatomica di Sanders e
Frykberg (Figg. 3 e 4).
Figura 4 Proiezione antero-posteriore: frattura della falange
prossimale della prima testa metatarsale e del collo del
secondo e terzo raggio.
130
G. Scavone et al.
Risonanza magnetica
Lo studio radiografico eseguito al momento dell’insorgenza
dei segni clinici può risultare negativo, per questo è giustificata l’esecuzione di una risonanza magnetica, in quanto capace di svelare l’iniziale quadro infiammatorio permettendo una
diagnosi e un trattamento precoce. La risonanza magnetica
può mostrare cambiamenti già a partire dalla fase 0; evidenziando l’eventuale presenza di edema della componente
midollare dell’osso, interruzione dei legamenti, associati a
deformità dei rapporti articolari. Nel caso del nostro paziente
la RM ha documentato i seguenti aspetti: marcato e diffuso
edema spongioso di tutti i segmenti scheletrici del mesopiede senza evidenza di lesioni ossee focali in atto. Non evidenza nei tessuti molli di ascessi o fistole. “Crollo” della volta
plantare. Esiti della frattura della falange prossimale del primo
raggio in assenza di edema spongioso osseo (Fig. 5).
La RM può anche differenziare la neuroartropatia di Charcot
dall’osteoporosi regionale transitoria. Quest’ultima ha una
diversa collocazione anatomica e non provoca fratture e lussazioni, e i pazienti non hanno una storia clinica caratterizzata da sintomatologia dolorosa.
Un’altra condizione identificabile attraverso la RM è la sindrome dolorosa regionale complessa. In questa condizione, i
pazienti non hanno anomalie radiografiche, a eccezione di
osteopenia periarticolare, e possono sviluppare una forte
sintomatologia dolorosa che non trova riscontro con il quadro clinico. In alcuni casi è possibile osservare la presenza di
deformità a carico dei tessuti molli, che non si riscontrano
nella neuroartropatia di Charcot21-23.
Trattamento: immobilizzazione,
bifosfonati, chirurgia
Gli obiettivi del trattamento dell’osteoartropatia di Charcot in
fase acuta o quiescente dovrebbero garantire il raggiungi-
A
B
mento e il mantenimento della stabilità strutturale del piede e
della caviglia, per prevenire l’ulcerazione della pelle e conservare la forma del piede plantigrado in modo che le calzature
ortopediche prescritte possano essere utilizzate dal paziente
senza problemi per assicurare una deambulazione sicura ed
efficace.
Nelle fasi 0 e 1, il trattamento iniziale è l’immediata immobilizzazione dell’arto evitando qualsiasi stress da carico. Temperatura cutanea elevata ed edema persistente suggeriscono che la condizione non è ancora progredita alla fase 2. Se
il problema viene diagnosticato precocemente e il trattamento è iniziato tempestivamente, la probabilità di preservare
l’architettura ossea del piede è abbastanza elevata. Se la
diagnosi è ritardata o se il trattamento non è rispettato, possono svilupparsi gravi deformità. L’educazione terapeutica
del paziente e dei familiari è fondamentale soprattutto perché
i pazienti con neuropatia diabetica non hanno la risposta
protettiva fornita dal dolore.
Immobilizzazione
È indispensabile indossare un gambaletto gessato fino a
quando il rossore, il gonfiore e il calore del piede non diminuiscano, in genere ciò avviene in un periodo di 8-12 settimane al termine delle quali il paziente può iniziare a indossare delle ortesi che consentono una limitata mobilità. Esse
dovranno essere indossate per un periodo variabile di tempo
che va da 4 a 6 mesi. Solitamente il gambaletto gessato va
cambiato ogni 1 o 2 settimane con la diminuzione del gonfiore; utile in questa fase indossare calze elastiche o bendaggi elastici in grado di ridurre il rischio di irritazione da contatto con il gambaletto e agevolare la riduzione del gonfiore.
Indispensabile, prima di ricorrere all’applicazione del gambaletto gessato, escludere un’arteriopatia obliterante cronica
degli arti inferiori (arteriopatia obliterante cronica periferica,
AOCP) attraverso esame obiettivo, indice di Winsor, ecocolordoppler arti inferiori. L’immobilizzazione del paziente può
Figura 5 La RM è utile sia
per svelare l’iniziale quadro
infiammatorio a carico della
componente midollare dell’osso, sia per fare diagnosi
differenziale con un quadro
di osteomielite o di osteomielite sovrapposta a una precedente osteoartropatia di
Charcot.
Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta
essere raggiunta anche utilizzando un gambaletto rimovibile
(stivale pneumatico Aircast FP Walker) o tutore ortopedico
Optima, da preferire questi ultimi in caso di AOCP24.
Bifosfonati
Recentemente sono stati introdotti i bifosfonati nelle fasi iniziali
del trattamento, poiché il piede di Charcot è un piede caratterizzato da una densità minerale ossea molto bassa. Purtroppo,
anche se questi farmaci sono in grado di ridurre significativamente i livelli dei marker del turnover osseo, prove a favore di
un reale beneficio clinico, come un più rapido ritorno alla
deambulazione o miglioramento radiografico, sono deboli25.
Chirurgia
La chirurgia è riservata ai piedi e/o caviglie affette da gravi
deformità, suscettibili, pertanto, di ulcerazioni della pelle
costringendo il paziente all’utilizzo di ortesi difficilmente compatibili con le esigenze di vita del quotidiano.
Schema terapeutico del nostro paziente
L’esame obiettivo evidenzia assenza del polso tibiale posteriore e iposfigmico del pedidio. A causa degli evidenti segni
di calcificazione vascolare emersi all’indagine radiografica,
che rendono inattendibile l’indice di Winsor, il paziente è
stato sottoposto a ecocolordoppler arterioso arti inferiori per
confermare l’obiettività clinica. L’esame ha documentato
pervietà dell’asse femoro-popliteo, flusso demodulato a livello dell’arteria tibiale anteriore, arteria tibiale posteriore ateromasica e occlusa nel tratto medio distale, riabilitata ma calcifica l’arteria plantare. Tali informazioni fanno propendere la
scelta tra gambaletto gessato e Aircast su quest’ultima. Il
paziente ha indossato lo stivale pneumatico Aircast per
60 giorni prima di osservare una completa remissione dei
Figura 6 Una grave deformità diventa la più importante
indicazione a un intervento di
artrodesi per un piede di
Charcot quando mette a
rischio la funzionalità dell’arto,
esponendolo continuamente
al pericolo di ulcerazione,
infezione e amputazione.
A
131
segni clinici di infiammazione locale. Contemporaneamente
viene prescritto al paziente di iniziare terapia con alendronato 70 mg una compressa a settimana per 6 mesi. La grave
deformità del piede, mettendo a rischio la funzionalità dell’arto, facendo aumentare notevolmente il rischio di ulcerazione,
infezione e amputazione, pone indicazione di intervento chirurgico ortopedico di artrodesi per piede di Charcot al raggiungimento della remissione dei segni clinici di infiammazione locale. Dopo 8 settimane il paziente è stato sottoposto a
intervento chirurgico con incisione longitudinale in corrispondenza del I raggio del piede destro. In sede di intervento si
repertava diffusa alterazione morfo-strutturale delle ossa
delle articolazioni della Lisfranc e dell’innominata, con sostituzione fibrosa delle ossa cuneiformi. Si eseguiva debridment del tessuto fibroso, cruentazione dei capi articolari del
mesopiede e artrodesi in buona posizione, stabilizzata con
vite cannulata 7,3 in titanio (Fig. 6). A seguito dell’intervento
il paziente ha indossato per i successivi 2 mesi una doccia
gessata che veniva rimossa con cadenza settimanale e per i
successivi 3 mesi stivale pneumatico Aircast prima di passare a una calzatura ortopedica a suola rigida, previo controllo
radiografico. Attualmente il paziente ha ripreso una vita normale, continua a indossare calzature ortopediche a suola
rigida e ripete il controllo radiografico con cadenza semestrale.
Discussione
Il caso in esame dimostra, in modo eclatante, come una diagnosi tardiva di osteoartropatia di Charcot possa determinare l’insorgenza di gravi deformità strutturali a carico del piede
interessato. Nel nostro caso la diagnosi è stata ritardata di
circa 3 settimane. In questo frangente il paziente ha continuato a svolgere normalmente la sua attività lavorativa e le
sue abitudini di vita continuando a sottoporre il piede destro
a una condizione di stress da carico (nel caso specifico di
B
132
G. Scavone et al.
Flow-chart diagnostico-terapeutica
Uomo di 65 anni giunge al pronto soccorso lamentando un senso di fastidio, con accenno di lieve
dolenzia, da circa un mese, del piede destro e, da
qualche giorno, dolore, gonfiore e arrossamento
tanto del piede destro quanto della zona pretibiale
Anamnesi
Paziente affetto da diabete di tipo 2 da circa
15 anni, complicato da retinopatia lasertrattata, polineuropatia sensitivo-motoria,
ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico con ACE-inibitore e calcio-antagonista diidropiridinico, dislipidemia in trattamento con statine non ad alto dosaggio;
fumatore di 10 sigarette/die
Esame
obiettivo
Il paziente mostrava un piede sinistro normale; il piede destro appariva gonfio, caldo
con evidenti segni di deformità, senza episodi attivi o pregressi di ulcerazioni aperte
Esami di
laboratorio e
strumentali
Esami di laboratorio
Anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile
(ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina negativi; fattore reumatoide e
complemento nella norma; marker epatite B
e C negativi (per escludere un processo di
natura vasculitica o reumatica)
Esami strumentali
– Ecocolordoppler venoso per sospetto di
tromboflebite che risultava negativo
– Radiografia piede destro (il reperto radiografico rappresenta il primo esame strumentale da eseguire in caso di sospetto
di osteoartropatia di Charcot)
– RMN (lo studio radiografico eseguito al
momento dell’insorgenza dei segni clinici
può risultare negativo, per questo è giustificata l’esecuzione di una risonanza
magnetica in quanto capace di svelare
l’iniziale quadro infiammatorio permettendo una diagnosi e un trattamento precoce)
Diagnosi
differenziale
La diagnosi differenziale deve essere posta
con le seguenti patologie: gotta acuta,
osteomielite, cellulite, ascessi, fratture in
paziente con neuropatia sensitivo-motoria,
trombosi venosa profonda
Diagnosi
eziologica
Osteoartropatia di Charcot appartenente al
I e al II modello della classificazione anatomica di Sanders e Frykberg
Trattamento
– Immobilizzazione (immobilizzazione con
gambaletto gessato fino a quando il rossore, il gonfiore e il calore del piede non
regrediscono, in genere 8-12 settimane;
successivamente il paziente può iniziare
a indossare delle ortesi che consentono
una limitata mobilità come lo stivale
pneumatico Aircast o il tutore ortopedico
Optima)
– Bifosfonati
– Chirurgia (riservata ai piedi e/o caviglie
affette da gravi deformità)
notevole rilevanza considerando che il nostro paziente soffriva al momento della diagnosi di una obesità severa di
III grado).
Le gravi deformità mostrate dal piede quando il paziente è
giunto presso la nostra struttura hanno imposto un periodo
di assoluto riposo di circa 8 settimane attraverso l’ausilio
dello stivale pneumatico Aircast, in vista di un successivo
intervento ortopedico di consolidamento e rimodellamento
della morfologia del piede. Obiettivo dell’intervento ortopedico: ridare una forma al piede che riduca il rischio di ulcerazioni nel momento in cui il paziente sarà pronto a indossare
delle calzature ortopediche a suola rigida e di consolidare il
piede in modo da evitare altre variazioni strutturali nel
momento in cui il paziente sottoporrà il piede nuovamente a
una condizione di stress da carico.
Questo caso dimostra la necessità che tutti gli operatori
sanitari abbiano piena conoscenza di questa patologia e un
alto indice di sospetto ogni volta che un paziente affetto da
diabete si presenti in sede di visita con un piede caldo, gonfio ed edematoso. Una diagnosi accurata può portare a un
trattamento adeguato e conseguente riduzione del rischio di
ulcerazione cutanea, infezioni osteomielitiche e di amputazioni degli arti inferiori in una popolazione già ad alto rischio.
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