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G It Diabetol Metab 2012;32:126-133 Caso clinico Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta Storia clinica Diverse settimane prima di venire presso il nostro day hospital, un uomo di 65 anni si è presentato al pronto soccorso lamentando un senso di fastidio, con accenno di lieve dolenzia, da circa un mese, al piede destro e, da qualche giorno, dolore, gonfiore e arrossamento tanto del piede destro quanto della zona pretibiale. Il paziente ha riferito di non avere subito traumi, di aver avvertito il dolore per la prima volta mentre saliva le scale, descrivendolo come un dolore costante e indicandolo con un valore di 7 in una scala da 0 a 101. Si tratta di un paziente che ha diagnosi di diabete di tipo 2 da circa 15 anni, in trattamento con metformina 2 g/die e glimepiride 6 mg/die. Inoltre il paziente risulta affetto da retinopatia diabetica laser-trattata, polineuropatia sensitivo-motoria, ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico con ACE-inibitore e calcio-antagonista diidropiridinico, dislipidemia in trattamento con statine non ad alto dosaggio; fumatore di 10 sigarette/die. Il paziente riferisce di avere spontaneamente sospeso la terapia antiaggregante da circa 2 anni, data in cui ha eseguito l’ultima visita specialistica diabetologica. Ha un’anamnesi familiare positiva per diabete di tipo 2 da parte di entrambi i genitori con padre deceduto all’età di 59 anni per infarto miocardico acuto (IMA) e madre a 60 anni per ictus. In sede di visita veniva rilevata una pressione arteriosa di 160/90 mmHg, frequenza cardiaca 87 b/min, temperatura 36,4 °C, peso 124 kg, altezza 184 cm; ROT (reperto obiettivo toracico) e ROA (reperto obiettivo addominale) normali. Il paziente mostrava un piede sinistro normale e il piede destro gonfio, caldo e rosso, fino alla gamba, specialmente in sede pretibiale. Venivano eseguiti i seguenti esami ematochimici: glicemia 198 mg/dl, HbA1c 8,8%, colesterolo totale 220 mg/dl, trigliceridi 150 mg/dl, HDL 37 mg/dl, LDL 153 mg/dl, acido urico 8,2 mg/dl, creatinina 1,4 mg/dl, azotemia 28 mg/dl, microalbuminuria 32 mg/24 h, albumina/creatinina 29 µg/mg, G. Scavone, M. Galli, D. Pitocco, S. Caputo, T. Musella, F. Zaccardi, F. Costantini, G. Ghirlanda Istituto di Patologia Medica, Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma Corrispondenza: dott. Giuseppe Scavone, Patologia Medica, Policlinico Universitario A. Gemelli, largo Agostino Gemelli 8, 00168 roma G It Diabetol Metab 2012;32:126-133 Pervenuto in Redazione il 28-05-2012 Accettato per la pubblicazione il 02-07-2012 Parole chiave: piede di Charcot, diabete mellito, neuropatia diabetica, piede diabetico Key words: Charcot osteoarthropathy, diabetes mellitus, diabetic neuropathy, diabetic foot Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta emocromo caratterizzato da leggera leucocitosi di natura neutrofila. Il paziente veniva sottoposto all’esecuzione di un ecocolordoppler venoso per sospetto di tromboflebite che risultava negativo. Sulla base della negatività del referto si consigliava di iniziare terapia antibiotica (ciprofloxacina 500 mg × 2) per sospetta cellulite e di eseguire accertamenti diagnostici al fine di escludere la presenza di un processo di natura vasculitica o reumatica. Il paziente esegue i seguenti esami: anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina, tutti negativi; fattore reumatoide e complemento nella norma; marker epatite B e C negativi. Dopo ulteriori 3 settimane il paziente giunge alla nostra osservazione per ulteriore controllo vista la mancata risoluzione del problema. Diagnosi differenziale Il paziente si presenta presso il nostro day hospital dopo 3 settimane dall’accesso in pronto soccorso. Il piede destro appare ancora gonfio, rosso, edematoso e con evidenti segni di deformità: – crollo della volta legata probabilmente all’interessamento dell’articolazione metatarso-cuneiforme del secondo raggio, punto di sostegno dell’arco metatarsale; – instabilità articolare del mesopiede con disarticolazione tarso-metatarsale; – deformità del tarso con protrusione dei cuneiformi; – piede a dondolo; – lesione ulcerosa in corrispondenza del cuneiforme (Fig. 1). Nonostante la diagnosi di cellulite risultasse verosimile, per un paziente con una lunga storia di diabete e scarso compenso metabolico, affetto da neuropatia sensitivo-motoria, Figura 1 Immagine del piede destro del paziente all’arrivo presso il nostro day hospital. 127 che si presenta in sede di visita con un piede rosso, caldo, edematoso, con evidenti segni di deformità, senza episodi attivi o pregressi di ulcerazioni aperte, dovrebbe essere sempre presa in considerazione, in relazione al quadro clinico esposto, la diagnosi di osteoartropatia di Charcot. La diagnosi differenziale deve essere posta con le seguenti patologie: gotta acuta, osteomielite, cellulite, ascessi, fratture in paziente con neuropatia sensitivo-motoria e con trombosi venosa profonda. Tuttavia, se il paziente non ha ulcerazioni aperte o storia di pregressi episodi ulcerativi, difficilmente un’infezione del piede può essere la causa del quadro clinico descritto. La maggior parte delle infezioni del piede iniziano con inoculo diretto dei germi attraverso le ulcerazioni. Inoltre, nel caso di cellulite o trombosi venosa profonda, la caratteristica predominante risulta essere l’edema asimmetrico della gamba. Diversamente, l’edema nel nostro paziente, legato prevalentemente al crollo dell’arcata plantare e dell’articolazione metatarso-cuneiforme del primo e secondo raggio, fa sospettare un trauma muscoloscheletrico acuto tipico delle fratture della parte mediana del piede che si osservano nella neuroartropatia di Charcot. Diagnosi differenziale va fatta anche con la gotta acuta che si manifesta, però, con un dolore grave, a rapida insorgenza, che migliora lentamente anche senza trattamento2-4 (Fig. 2). Il piede di Charcot La neuroartropatia di Charcot o piede di Charcot è una delle complicanze più temibili del diabete in quanto gravata da un’alta incidenza di amputazioni5. Il piede di Charcot è caratterizzato, da un punto di vista morfo-strutturale, da una completa alterazione dei normali rapporti osteoarticolari con presenza di fratture ossee che comportano vari gradi di deformità del piede (uno dei quadri clinici più caratteristici è il piede rocker bottom con presenza o meno di ulcerazioni)6,7. La sua patogenesi, sebbene non ancora del tutto chiarita, sembra coinvolgere la neuropatia, sia nella sua componente sensitivo-motoria sia autonomica, la presenza di traumi ripetuti, un’alterazione del metabolismo osseo che è stata ipotizzata essere su base genetica e, infine, una disregolazione del processo infiammatorio. La mancata o parziale percezione degli stimoli dolorosi in pazienti affetti da neuropatia diabetica sottopone le articolazioni del piede (più comunemente nel metatarso) a lesioni da stress che possono innescare il processo di Charcot8-11. Clinicamente, nella sua fase acuta e precoce, il piede si presenta gonfio, caldo, eritematoso. Il dolore può essere da moderato a più accentuato e spesso i segni di infiammazione locale sono gli unici che sottendono un danneggiamento a livello delle ossa e delle articolazioni. Questi elementi rendono facilmente confondibile il quadro clinico iniziale con una cellulite o una trombosi venosa profonda o un attacco di gotta. La maggior parte dei pazienti affetti da osteoartropatia di Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 anni, con una prevalenza fra lo 0,08-13% delle persone con diabete, tuttavia la prevalenza reale è probabilmente molto maggiore a causa 128 G. Scavone et al. Diagnosi clinica di osteartropatia di Charcot Raggi X Negativa Positiva Management chirurgico Inefficace Scarico Positiva Trattamento osteomielite RMI oppure Scintigrafia Negativa Efficace Dopo consolidamento scarico e follow-up Dopo consolidamento prescrizione di calzature e follow-up di diagnosi errate o tardive12. Mediamente la diagnosi di questa complicanza del diabete viene fatta con ben 29 settimane di ritardo. L’alta frequenza di diagnosi sbagliate è in gran parte causata da una mancanza di consapevolezza, piuttosto che da una reale difficoltà diagnostica che può essere facilmente superata esaminando il profilo di rischio del paziente, eseguendo un’attenta valutazione clinica e ricorrendo a esami di imaging. Frequentemente un ritardo nella diagnosi può portare a gravi e debilitanti deformità strutturale del piede che, associate alla neuropatia sensitivo-motoria tipica di questa complicanza, aumenta notevolmente il rischio di ulcerazione e di amputazione degli arti inferiori13-15. Di fatto, l’osteoartropatia di Charcot va considerata come un’emergenza medica il cui potere distruttivo può essere arginato soltanto attraverso una diagnosi precoce seguita da un appropriato e immediato trattamento16. Questa condizione è stata riscontrata anche in associazione con altre patologie quali lebbra, siringomielia, osteomielite, sinovite, poliomielite, artrite reumatoide, sclerosi multipla, neuropatie congenite e sifilide terziaria. Altre condizioni includono le lesioni traumatiche, esposizione a sostanze tossiche, interventi chirurgici del piede e di trapianto renale5-17. È possibile inquadrare l’osteoartropatia di Charcot utilizzando una classificazione anatomica (classificazione di Sanders e Frykberg, Tab. 1), che tiene conto delle aree anatomiche del piede interessate dai processi degenerativi ossei e articolari, e una clinica (classificazione di Eichenholz) che descrive l’evoluzione della patologia nel corso del tempo. Classificazione di Eichenholz: clinicamente vengono distinti quattro stadi di neuroartropatia di Charcot: – stadio 0 (infiammazione), detta anche Charcot in situ o pre- Diagnosi di osteoartropatia di Charcot non verosimile Positiva per osteomielite Figura 2 Algoritmo diagnostico per la neuroartropatia di Charcot. RMI e scintigrafia ossea trifase con tecnezio-99m sono esami diagnostici utili per distingeure l’osteoartropatia di Charcot da un processo osteomielitico. Tabella 1 Classificazione di Sanders e Frykberg, 1991 – I modello: interessamento dell’avampiede, 10-30% dei casi – II modello: interessamento dell’articolazione di Lisfranc, condizione più comune – III modello: interessamento dell’articolazione mediotarsica, caratterizzata dal frequente coinvolgimento dell’articolazione navicolo-cuneiforme – IV modello: interessamento dell’articolazione sottoastragalica e della caviglia, 8-10% dei casi – V modello: (“pilastro posteriore”) le fratture del calcagno, 2% dei casi – – fase 1. Si tratta di una fase caratterizzata da eritema, edema e calore, senza anomalie strutturali. Una radiografia eseguita in questo momento della patologia non evidenzierebbe alcuna anomalia ossea. Tuttavia, se l’instabilità, lo stress meccanico e l’infiammazione persistono, questa fase può passare improvvisamente a quella successiva; fase 1, detta di sviluppo, è caratterizzata da riassorbimento osseo, frammentazione delle ossa e lussazione dei rapporti articolari. Gonfiore, calore e rossore persistono, ma in questo momento compaiono alterazioni radiografiche più o meno evidenti; fase 2, detta di coalescenza, è caratterizzata da fenomeni di consolidamento osseo, osteosclerosi e di fusione che seguono i precedenti fenomeni di distruzione ossea; Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta – 129 fase 3, detta di ricostruzione, è caratterizzata da osteogenesi, diminuzione dei fenomeni di osteosclerosi e di incremento progressivo di quelli di fusione. Con il verificarsi dei fenomeni di guarigione, rimodellamento e formazione di nuovo osso le deformità del piede diventano permanenti18-19. Test di laboratorio e diagnosi differenziale Non abbiamo a disposizione criteri di laboratorio per la diagnosi di neuroartropatia di Charcot, né marcatori ematologici, anche se alcuni possono aiutare a restringere il campo delle diagnosi differenziali. Leucocitosi, un elevato valore di proteina C-reattiva e di velocità di sedimentazione degli eritrociti, iperglicemia recente e inspiegabile suggeriscono un quadro clinico con un’eziologia di natura infettiva. Utile l’esecuzione di test quali anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina, fattore reumatoide, complemento marker epatite B e C per escludere fenomeni di natura vasculitica o reumatica20. Gli studi di imaging Gli studi di imaging sono fondamentali per formulare una diagnosi di osteoartropatia di Charcot nella fase iniziale (fasi 0 e 1) o per confermare la diagnosi fatta su base clinica formulata nei casi in fase successiva (fasi 2 e 3). Figura 3 Proiezione obliqua: disarticolazione della Lisfranc con frattura dei cuneiformi (cuboide scheggiato ma non fratturato con disarticolazione del quarto e quinto metatarso). Radiografia Il reperto radiografico rappresenta il primo esame strumentale da eseguire in caso di sospetto di osteoartropatia di Charcot. Tuttavia, esso risulta di scarsa utilità nei pazienti con malattia allo stadio 0, data l’assenza di fratture o lussazioni articolari apprezzabili. In ogni caso la radiografia del piede va eseguita in triplice proiezione sotto carico per apprezzare anche piccole variazioni morfologiche nei rapporti articolari. Nel caso del nostro paziente, l’indagine radiografica ha evidenziato i seguenti aspetti: – frattura della falange prossimale della prima testa metatarsale e del collo del secondo e terzo raggio alla proiezione antero-posteriore; – disarticolazione della Lisfranc con frattura dei cuneiformi (cuboide scheggiato ma non fratturato con disarticolazione del quarto e quinto metatarso) alla proiezione obliqua; – si apprezza la calcificazione vascolare della tibiale posteriore alla proiezione laterale che conferma la diagnosi di neuropatia sensitivo-motoria alla elettromiografia precedentemente eseguita. Tali informazioni permettono di inquadrare l’osteoartropatia di Charcot del nostro paziente come appartenente al I e al II modello della classificazione anatomica di Sanders e Frykberg (Figg. 3 e 4). Figura 4 Proiezione antero-posteriore: frattura della falange prossimale della prima testa metatarsale e del collo del secondo e terzo raggio. 130 G. Scavone et al. Risonanza magnetica Lo studio radiografico eseguito al momento dell’insorgenza dei segni clinici può risultare negativo, per questo è giustificata l’esecuzione di una risonanza magnetica, in quanto capace di svelare l’iniziale quadro infiammatorio permettendo una diagnosi e un trattamento precoce. La risonanza magnetica può mostrare cambiamenti già a partire dalla fase 0; evidenziando l’eventuale presenza di edema della componente midollare dell’osso, interruzione dei legamenti, associati a deformità dei rapporti articolari. Nel caso del nostro paziente la RM ha documentato i seguenti aspetti: marcato e diffuso edema spongioso di tutti i segmenti scheletrici del mesopiede senza evidenza di lesioni ossee focali in atto. Non evidenza nei tessuti molli di ascessi o fistole. “Crollo” della volta plantare. Esiti della frattura della falange prossimale del primo raggio in assenza di edema spongioso osseo (Fig. 5). La RM può anche differenziare la neuroartropatia di Charcot dall’osteoporosi regionale transitoria. Quest’ultima ha una diversa collocazione anatomica e non provoca fratture e lussazioni, e i pazienti non hanno una storia clinica caratterizzata da sintomatologia dolorosa. Un’altra condizione identificabile attraverso la RM è la sindrome dolorosa regionale complessa. In questa condizione, i pazienti non hanno anomalie radiografiche, a eccezione di osteopenia periarticolare, e possono sviluppare una forte sintomatologia dolorosa che non trova riscontro con il quadro clinico. In alcuni casi è possibile osservare la presenza di deformità a carico dei tessuti molli, che non si riscontrano nella neuroartropatia di Charcot21-23. Trattamento: immobilizzazione, bifosfonati, chirurgia Gli obiettivi del trattamento dell’osteoartropatia di Charcot in fase acuta o quiescente dovrebbero garantire il raggiungi- A B mento e il mantenimento della stabilità strutturale del piede e della caviglia, per prevenire l’ulcerazione della pelle e conservare la forma del piede plantigrado in modo che le calzature ortopediche prescritte possano essere utilizzate dal paziente senza problemi per assicurare una deambulazione sicura ed efficace. Nelle fasi 0 e 1, il trattamento iniziale è l’immediata immobilizzazione dell’arto evitando qualsiasi stress da carico. Temperatura cutanea elevata ed edema persistente suggeriscono che la condizione non è ancora progredita alla fase 2. Se il problema viene diagnosticato precocemente e il trattamento è iniziato tempestivamente, la probabilità di preservare l’architettura ossea del piede è abbastanza elevata. Se la diagnosi è ritardata o se il trattamento non è rispettato, possono svilupparsi gravi deformità. L’educazione terapeutica del paziente e dei familiari è fondamentale soprattutto perché i pazienti con neuropatia diabetica non hanno la risposta protettiva fornita dal dolore. Immobilizzazione È indispensabile indossare un gambaletto gessato fino a quando il rossore, il gonfiore e il calore del piede non diminuiscano, in genere ciò avviene in un periodo di 8-12 settimane al termine delle quali il paziente può iniziare a indossare delle ortesi che consentono una limitata mobilità. Esse dovranno essere indossate per un periodo variabile di tempo che va da 4 a 6 mesi. Solitamente il gambaletto gessato va cambiato ogni 1 o 2 settimane con la diminuzione del gonfiore; utile in questa fase indossare calze elastiche o bendaggi elastici in grado di ridurre il rischio di irritazione da contatto con il gambaletto e agevolare la riduzione del gonfiore. Indispensabile, prima di ricorrere all’applicazione del gambaletto gessato, escludere un’arteriopatia obliterante cronica degli arti inferiori (arteriopatia obliterante cronica periferica, AOCP) attraverso esame obiettivo, indice di Winsor, ecocolordoppler arti inferiori. L’immobilizzazione del paziente può Figura 5 La RM è utile sia per svelare l’iniziale quadro infiammatorio a carico della componente midollare dell’osso, sia per fare diagnosi differenziale con un quadro di osteomielite o di osteomielite sovrapposta a una precedente osteoartropatia di Charcot. Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta essere raggiunta anche utilizzando un gambaletto rimovibile (stivale pneumatico Aircast FP Walker) o tutore ortopedico Optima, da preferire questi ultimi in caso di AOCP24. Bifosfonati Recentemente sono stati introdotti i bifosfonati nelle fasi iniziali del trattamento, poiché il piede di Charcot è un piede caratterizzato da una densità minerale ossea molto bassa. Purtroppo, anche se questi farmaci sono in grado di ridurre significativamente i livelli dei marker del turnover osseo, prove a favore di un reale beneficio clinico, come un più rapido ritorno alla deambulazione o miglioramento radiografico, sono deboli25. Chirurgia La chirurgia è riservata ai piedi e/o caviglie affette da gravi deformità, suscettibili, pertanto, di ulcerazioni della pelle costringendo il paziente all’utilizzo di ortesi difficilmente compatibili con le esigenze di vita del quotidiano. Schema terapeutico del nostro paziente L’esame obiettivo evidenzia assenza del polso tibiale posteriore e iposfigmico del pedidio. A causa degli evidenti segni di calcificazione vascolare emersi all’indagine radiografica, che rendono inattendibile l’indice di Winsor, il paziente è stato sottoposto a ecocolordoppler arterioso arti inferiori per confermare l’obiettività clinica. L’esame ha documentato pervietà dell’asse femoro-popliteo, flusso demodulato a livello dell’arteria tibiale anteriore, arteria tibiale posteriore ateromasica e occlusa nel tratto medio distale, riabilitata ma calcifica l’arteria plantare. Tali informazioni fanno propendere la scelta tra gambaletto gessato e Aircast su quest’ultima. Il paziente ha indossato lo stivale pneumatico Aircast per 60 giorni prima di osservare una completa remissione dei Figura 6 Una grave deformità diventa la più importante indicazione a un intervento di artrodesi per un piede di Charcot quando mette a rischio la funzionalità dell’arto, esponendolo continuamente al pericolo di ulcerazione, infezione e amputazione. A 131 segni clinici di infiammazione locale. Contemporaneamente viene prescritto al paziente di iniziare terapia con alendronato 70 mg una compressa a settimana per 6 mesi. La grave deformità del piede, mettendo a rischio la funzionalità dell’arto, facendo aumentare notevolmente il rischio di ulcerazione, infezione e amputazione, pone indicazione di intervento chirurgico ortopedico di artrodesi per piede di Charcot al raggiungimento della remissione dei segni clinici di infiammazione locale. Dopo 8 settimane il paziente è stato sottoposto a intervento chirurgico con incisione longitudinale in corrispondenza del I raggio del piede destro. In sede di intervento si repertava diffusa alterazione morfo-strutturale delle ossa delle articolazioni della Lisfranc e dell’innominata, con sostituzione fibrosa delle ossa cuneiformi. Si eseguiva debridment del tessuto fibroso, cruentazione dei capi articolari del mesopiede e artrodesi in buona posizione, stabilizzata con vite cannulata 7,3 in titanio (Fig. 6). A seguito dell’intervento il paziente ha indossato per i successivi 2 mesi una doccia gessata che veniva rimossa con cadenza settimanale e per i successivi 3 mesi stivale pneumatico Aircast prima di passare a una calzatura ortopedica a suola rigida, previo controllo radiografico. Attualmente il paziente ha ripreso una vita normale, continua a indossare calzature ortopediche a suola rigida e ripete il controllo radiografico con cadenza semestrale. Discussione Il caso in esame dimostra, in modo eclatante, come una diagnosi tardiva di osteoartropatia di Charcot possa determinare l’insorgenza di gravi deformità strutturali a carico del piede interessato. Nel nostro caso la diagnosi è stata ritardata di circa 3 settimane. In questo frangente il paziente ha continuato a svolgere normalmente la sua attività lavorativa e le sue abitudini di vita continuando a sottoporre il piede destro a una condizione di stress da carico (nel caso specifico di B 132 G. Scavone et al. Flow-chart diagnostico-terapeutica Uomo di 65 anni giunge al pronto soccorso lamentando un senso di fastidio, con accenno di lieve dolenzia, da circa un mese, del piede destro e, da qualche giorno, dolore, gonfiore e arrossamento tanto del piede destro quanto della zona pretibiale Anamnesi Paziente affetto da diabete di tipo 2 da circa 15 anni, complicato da retinopatia lasertrattata, polineuropatia sensitivo-motoria, ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico con ACE-inibitore e calcio-antagonista diidropiridinico, dislipidemia in trattamento con statine non ad alto dosaggio; fumatore di 10 sigarette/die Esame obiettivo Il paziente mostrava un piede sinistro normale; il piede destro appariva gonfio, caldo con evidenti segni di deformità, senza episodi attivi o pregressi di ulcerazioni aperte Esami di laboratorio e strumentali Esami di laboratorio Anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina negativi; fattore reumatoide e complemento nella norma; marker epatite B e C negativi (per escludere un processo di natura vasculitica o reumatica) Esami strumentali – Ecocolordoppler venoso per sospetto di tromboflebite che risultava negativo – Radiografia piede destro (il reperto radiografico rappresenta il primo esame strumentale da eseguire in caso di sospetto di osteoartropatia di Charcot) – RMN (lo studio radiografico eseguito al momento dell’insorgenza dei segni clinici può risultare negativo, per questo è giustificata l’esecuzione di una risonanza magnetica in quanto capace di svelare l’iniziale quadro infiammatorio permettendo una diagnosi e un trattamento precoce) Diagnosi differenziale La diagnosi differenziale deve essere posta con le seguenti patologie: gotta acuta, osteomielite, cellulite, ascessi, fratture in paziente con neuropatia sensitivo-motoria, trombosi venosa profonda Diagnosi eziologica Osteoartropatia di Charcot appartenente al I e al II modello della classificazione anatomica di Sanders e Frykberg Trattamento – Immobilizzazione (immobilizzazione con gambaletto gessato fino a quando il rossore, il gonfiore e il calore del piede non regrediscono, in genere 8-12 settimane; successivamente il paziente può iniziare a indossare delle ortesi che consentono una limitata mobilità come lo stivale pneumatico Aircast o il tutore ortopedico Optima) – Bifosfonati – Chirurgia (riservata ai piedi e/o caviglie affette da gravi deformità) notevole rilevanza considerando che il nostro paziente soffriva al momento della diagnosi di una obesità severa di III grado). Le gravi deformità mostrate dal piede quando il paziente è giunto presso la nostra struttura hanno imposto un periodo di assoluto riposo di circa 8 settimane attraverso l’ausilio dello stivale pneumatico Aircast, in vista di un successivo intervento ortopedico di consolidamento e rimodellamento della morfologia del piede. Obiettivo dell’intervento ortopedico: ridare una forma al piede che riduca il rischio di ulcerazioni nel momento in cui il paziente sarà pronto a indossare delle calzature ortopediche a suola rigida e di consolidare il piede in modo da evitare altre variazioni strutturali nel momento in cui il paziente sottoporrà il piede nuovamente a una condizione di stress da carico. Questo caso dimostra la necessità che tutti gli operatori sanitari abbiano piena conoscenza di questa patologia e un alto indice di sospetto ogni volta che un paziente affetto da diabete si presenti in sede di visita con un piede caldo, gonfio ed edematoso. Una diagnosi accurata può portare a un trattamento adeguato e conseguente riduzione del rischio di ulcerazione cutanea, infezioni osteomielitiche e di amputazioni degli arti inferiori in una popolazione già ad alto rischio. Bibliografia 1. Huskisson EC. Measurement of pain. Lancet 1974;2(7889): 1127-31. 2. Armstrong DG, Todd WF, Lavery LA, Harkless LB, Bushman TR. The natural history of acute Charcot’s arthropathy in a diabetic foot specialty clinic. Diabet Med 1997;14:357-63 3. Sanders LJ, Frykberg RG. The Charcot Foot (Pied de Charcot). In: Bowker JH, Pfeifer MA, eds. Levin and O’Neal’s The Diabetic Foot, 7th ed. Philadelphia, PA: Mosby Elsevier 2008, pp. 257-83. 4. Jeffcoate WJ. Theories concerning the pathogenesis of the acute Charcot foot suggest future therapy. Curr Diab Rep 2005; 5:430-5. 5. Wukich DK, Sung W. Charcot arthropathy of the foot and ankle: modern concepts and management review. J Diabetes Complications 2009;23:409-26. 6. Nielson DL, Armstrong DG. 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