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la fisica di aristotele - Liceo Scientifico "N.Copernico"

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la fisica di aristotele - Liceo Scientifico "N.Copernico"
La Fisica di Aristotele
Prof. Roberto Del Frate
Prof. Roberto Del Frate
1.
La Fisica di Aristotele
INTRODUZIONE
La fisica di Aristotele non gode di buona fama. E' comune chiamarla “intuitiva”
e profondamente errata. Per esempio, essa stabilisce che i corpi più pesanti cadono
più velocemente, quando ogni studente di scuola superiore sa che tutti gli oggetti
cadono con la stessa velocità. La scienza, leggiamo, si stacca dalla visione aristotelica
per
contare
sull'osservazione.
Qui
un
tipico
esempio
di
valutazione:
”Tradizionalmente gli scolari hanno trovato la nozione congeniale che il metodo di
Aristotele nei suoi lavori sulla scienza naturale sia empirico, anche se essi lo hanno
criticato proprio sui fallimenti su questo conto. La generazione corrente ha rivoltato
interamente questo verdetto. La fisica, in particolare, è ora presa come un
paradigma dell'uso di Aristotele del metodo dialettico, capito come una più larga
tecnica concettuale o a priori
di informazione adeguata per la filosofia, come
opposta all'informazione empirica che ora noi riguardiamo come scientifica”. Cioè,
la scienza di Aristotele è o non scienza del tutto, o , per estensione è scienza, è un
difetto.
Penso che questa visione della fisica di Aristotele sia sbagliata. La fisica di
Aristotele è contro intuitiva, basata sull'osservazione, e corretta (nel suo dominio di
validità) nello stesso senso che la fisica newtoniana è corretta (nel suo dominio). La
fisica newtoniana fornisce uno schema concettuale per comprendere i fenomeni fisici
e uno effettivo strumento tecnico. Ma strettamente parlando è sbagliata. Per esempio,
il pianeta Mercurio segue un'orbita che non è l'orbita prevista dalla fisica newtoniana.
La teoria di Einstein fornisce una descrizione dei fenomeni gravitazionali che prevede
l'orbita osservata di Mercurio. La teoria newtoniana batte la teoria di Einstein in un
dominio di fenomeni che non includono la maggior parte della nostra esperienza, ma
le nostre osservazioni precise su Mercurio sono sufficienti a rivelare questa
discrepanza. Questa limitazione non compromette il valore pratico, concettuale e
storico della teoria di Newton, che rimane la roccia su cui Einstein ha costruito, e una
straordinaria teoria utile per il mondo che ci circonda. Se noi restringiamo la teoria di
Einstein a un certo dominio di fenomeni (piccole velocità relative, deboli campi
gravitazionali...), nell'appropriata approssimazione otteniamo la teoria newtoniana.
Capire questa relazione non è un vuoto esercizio accademico: è un importante
pezzo di fisica teorica nel bagaglio culturale di un buon scienziato. Si chiarifica che è il
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significato del dominio di validità di una teoria e fa luce sulla vera natura delle teorie
fisiche: sappiamo già che la teoria di Einstein è a sua volta limitata (non è valida in
scala di Planck).
In queste note dimostro che la relazione tecnica tra la fisica di Aristotele e la
fisica newtoniana è della stessa natura della relazione tra la fisica newtoniana e quella
einsteniana. A questo confronto aggiungo delle considerazioni generali sulla natura
del progresso scientifico, nell'ultima sezione.
2.
BREVE ESAME DELLA FISICA DI ARISTOTELE
La storia della scienza può avere due distinti obiettivi. Il primo è di ricostruire
la storica complessità di un autore o di un periodo. Il secondo è di capire come
abbiamo ottenuto le informazioni che conosciamo. C'è una tensione tra questi due
scopi. Fatti o idee di scarsa rilevanza per uno possono avere maggiore rilevanza per
l'altro.
Prendi il caso caratteristico di uno scienziato che ha lavorato gran parte della
sua vita su una teoria A, presto dimenticata e senza conseguenze storiche, e per un
certo periodo su una teoria B, che ha aperto a sviluppi successivi più tardi. Il lavoro
dello storico è più interessato in A, piuttosto che in B. Il lavoro storico dal secondo
punto di vista è più interessato alla teoria B e scarsamente alla A, perché lo interessa
il modo futuro in cui si è sviluppato grazie a B. Come scienziato di oggi, rispetto il
lavoro storico del primo punto di vista, ma rimpiango la tendenza che sopravvaluta il
secondo. Se noi vogliamo capire il passato non dobbiamo badare al futuro di quel
passato, ma se noi vogliamo capire il presente dobbiamo trascurare meglio i passi
passati che furono essenziali per ottenere il presente. Ciò è di un'importanza
fondamentale per quelli di noi assunti per portare avanti la via della scoperta oggi.
Non siamo interessati in ciò che gli scienziati hanno sbagliato, c'è troppo di questo.
Noi siamo interessati in ciò che essi avevano ragione.
Da questa prospettiva, prendo la libertà di riassumere la fisica aristotelica,
usando una terminologia moderna, dove è possibile.
Aristotele illustra la sua fisica soprattutto in tre libri: “Fisica”, On the Heavens”
e “On Generation and Corruption”. Il primo libro, che ha dato nome alla disciplina, è
un capolavoro, si discute dell'Eleatismo, del moto del cambiamento, della natura del
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moto, l'infinito, lo spazio, il tempo, la divisibilità infinita, ecc. Alcuni dei problemi
discussi, come la natura del Tempo, sono ancora di notevole rilevanza anche oggi, per
esempio nelle ricerche di gravità quantistica. Il secondo libro è più semplice e
contiene la maggior parte di ciò che chiamiamo oggi fisica di Aristotele. Focalizziamo
ora le parti della teoria che sono confrontabili con la fisica newtoniana e che formano
la base della teoria aristotelica del movimento locale (φоρα΄)
La teoria è la seguente: ci sono due tipi di moto:
(a) moto violento, o moto non naturale
(b) moto naturale.
Il moto violento è multiforme ed è causato da qualche agente accidentale
esterno. Per esempio una pietra è in movimento verso il cielo perché l'ho lanciata. Il
mio lancio è la causa del moto violento. Il moto naturale è il moto degli oggetti
lasciati a se stessi. Il moto violento è di durata finita. Cioè: (c) una volta concluso
l'effetto dell'agente che ha causato il moto violento, il corpo rimane a riposo.
Per descrivere il moto naturale in altro modo abbiamo bisogno di un po' di
cosmologia. Il cosmo è composto da una mistura di cinque sostanze elementari alle
quali possiamo dare il nome di Terra, Acqua, Aria, Fuoco ed Etere. Il suolo su cui
camminiamo (la “Terra”) è composta principalmente di Terra e ha una forma
approssimativamente sferica. E' circondata da un guscio sferico di Acqua, chiamato
“posto naturale dell'acqua” poi un guscio sferico di Aria, chiamato “posto naturale
dell'Aria”, poi il Fuoco, “il posto naturale del Fuoco”. Tutti sono immersi in un guscio
sferico ulteriore di Etere, chiamato “Cielo” dove i corpi celesti come il Sole, la Luna e
le stelle si muovono. L'intera sfera è molto più grande delle dimensioni della Terra.,
che è dell'ordine di 400 mila stadii (un po' troppo, ma un corretto ordine di
grandezza delle dimensioni della Terra).
L'intero cosmo è finito e i gusci sferici esterni ruotano rapidamente attorno
alla Terra. Data questa struttura del cosmo, possiamo ora descrivere il moto naturale.
Esso è di due generi differenti, in accordo con il moto dell'Etere o con il moto di uno
dei quattro elementi Terra, Acqua, Aria e Fuoco.
(d) Il moto naturale dell'Etere nei Cieli è circolare attorno al centro.
(e) Il moto naturale di Terra, Acqua, Aria e Fuoco è verticale verso il posto
naturale della sostanza.
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Questo è lo schema generale. Più in dettaglio, Aristotele discute anche la
velocità con la quale il moto avviene. Egli stabilisce che
(f) Gli oggetti più pesanti cadono più velocemente: il loro moto naturale verso
il basso avviene più velocemente.
(g) Lo stesso oggetto cade più velocemente in un mezzo meno denso.
La precisione quantitativa non è molto comune in Aristotele, che è interessato
agli aspetti causali e qualitativi dei fenomeni.
Ma in [Ph 215a25] Aristotele usa una notazione matematica (geometrica) dalla
quale si può inferire che egli afferma che la velocità v di caduta è proporzionale al
peso W del corpo e inversamente proporzionale alla densità ρ del mezzo. In notazione
moderna,
⎛W⎞
v ~ c ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ρ ⎠
(h')
(1)
dove c è una costante. Ciò che si può dedurre dalla discussione di Aristotele è in
verità un po' più debole: essenzialmente la velocità dovrebbe tendere all'infinito se la
densità del fluido tende a zero. In notazione moderna (e ora definitivamente molto
anacronistica) si potrebbe formulare come
⎛W⎞
v ~ c ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ρ ⎠
(h)
n
(2)
con n positivo. Circa la costante c, Aristotele dice che (i) la forma del corpo […]
giustifica il loro movimento più rapido o più lento; cioè, la costante c dipende dalla
forma del corpo. Il contesto in cui Aristotele riferisce queste relazioni è una
discussione sul vuoto. Aristotele arguisce che (1) e (2) implicano che (j) nel vuoto con
una densità evanescente, un corpo pesante cadrà con velocità infinita. [Ph217b20]
Infatti è principalmente sulla base di questa deduzione che si può ricostruire la
forma (2).
Aristotele conclude negando la possibilità del vuoto:
(k) “ Da ciò che è stato detto è evidente che il vuoto non esiste […] [Ph 217b20].
Galileo non accetta questa conclusione e suggerisce che si può evitare di
rimpiazzare la dipendenza inversa di v con ρ con una differenza, qualcosa come v ~
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cW - ρ, che dovrebbe evitare la velocità infinita nel vuoto quando ρ si annulla.
Due commenti prima di procedere. Primo, la scelta di Aristotele dei quattro
elementi è strettamente collegata alla sua teoria
sul moto ed è dedotta dalle
osservazioni. Se tutte le cose cadessero verso il basso, soltanto una sostanza sarebbe
necessaria, ma le cose come il fuoco, si muovono verso l'alto. Se ci fossero solo cose
che si muovono verso l'alto o verso il basso, basterebbero soltanto due sostanze. Ma
l'osservazione ci insegna che ci sono oggetti che si muovono verso l'alto in un mezzo,
ma verso il basso in un altro. Le bolle d'aria in acqua. Il legno si muove verso il basso
in aria e verso l'alto in acqua. Ciò richiede una complessa teoria o relazioni tra i vari
elementi. Secondo, contrariamente a quanto qualche volta stabilito, la distinzione
tra moto naturale e moto violento sopravvive nelle ultime teorie sul moto. Per
esempio la prima delle due leggi di Newton riproduce questa distinzione: nella teoria
di Newton, il moto naturale di un corpo è rettilineo ed uniforme (velocità costante e
traiettoria rettilinea): questo è come si muove un corpo se nulla agisce su di esso.
Mentre “violento” è un moto accelerato di un oggetto sottoposto a forze. Nota che le
due teorie non sono solo differenti nell'identificazione del moto “naturale” (rettilineo
uniforme in Newton, verticale e finisce nel posto naturale di Aristotele), ma anche
nell'effetto causato da un'agente: un agente esterno causa un'accelerazione nella
teoria di Newton, mentre causa uno spostamento nella teoria aristotelica. Le due
teorie sono molto diverse.
3.
L'APPROSSIMAZIONE
La fisica di Aristotele è l'approssimazione corretta della fisica newtoniana in
un particolare dominio, che è il dominio dove noi, l'umanità conduce tutti i suoi
affari. Questo dominio è formato da oggetti in un campo gravitazionale a simmetria
sferica (quello della Terra) immersi in un fluido (aria o acqua) e i principali corpi
celesti sono visibili dalla Terra. Il fatto che la fisica di Aristotele a differenza della
maggior parte dei suoi commentatori è definita indubbiamente la fisica degli oggetti
immersi in aria e acqua è stata enfatizzata da Monica Ugaglia.
La fisica di Aristotele è una descrizione corretta e non banale di questi
fenomeni, senza errori e consistente con la fisica newtoniana, nello stesso modo che
la fisica newtoniana è consistente con la fisica einsteniana nel suo dominio di validità.
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Per vedere questo, partiamo dalla distinzione tra Cielo e Terra.
Partiamo dalla Terra. Il dominio dei fenomeni terrestri nei quali Aristotele è
indubbiamente interessato è non relativistico e non quantistico, e perciò possiamo
trascurare le teorie della relatività e quantistica e partire dalla teoria newtoniana.
Secondo, Aristotele è interessato ai moti degli oggetti sulla superficie della
Terra, sia in acqua che fuori, e in aria. Il moto di un oggetto in questo contesto è
descritto dalla teoria newtoniana dall'equazione
r
r
F = ma
(3)
r
dove m è la massa dell'oggetto, e a è la sua accelerazione.
In accordo con la teoria newtoniana, la forza F agisce sull'oggetto che è
composto da varie componenti che possono essere semplicemente sommate. Queste
sono: gravità, galleggiamento, resistenza viscosa, più altre forze addizionali.
Esse sono date da
r
r r
r
mM r
F = −G 2 z + Vρz − Cρ v v + Fext
r
(4)
Il primo termine è la forza gravitazionale della Terra: G è la costante di
gravitazione universale, M è la massa della Terra, r è la distanza dal centro della
r
Terra e il vettore z è il vettore unitario diretto verso l'alto lungo la verticale. Dal
momento che il range di r è piccolo rispetto a r per i corpi che trattiamo, possiamo
approssimare questo termine con
−G
r
mM r
z ≈ − mgz
2
r
(5)
dove g è l'accelerazione galileiana: g ~ 9,8 m/s². Il secondo termine è la spinta di
galleggiamento di Archimede dovuta al peso del fluido nel quale il corpo è immerso: è
differente nell'aria o in acqua; V è il volume del corpo e ρ è la densità del fluido. Il
terzo termine è la forza dissipativa dovuta alla resistenza del fluido (acqua o aria) nel
r
quale il corpo è immerso; v è la velocità del corpo, C è il coefficiente che dipende dalle
dimensioni e dalla forma del corpo. L'ultimo termine è la somma di tutte le forze
esterne agenti. L'assenza di quest'ultimo termine è ciò che Aristotele chiama moto
“naturale” come nel caso (b) sopra. Perciò la distinzione tra (a) e (b) è semplicemente
la distinzione tra i casi dove le forze esterne sono presenti o no. Tratteremo più avanti
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il moto violento, per il momento stiamo con il moto naturale e perciò abbiamo
l'ultimo termine nullo.
Consideriamo un moto che ha velocità iniziale zero. La sua equazione del moto
iniziale è perciò
r
r
r
ma = (mg − Vρ ) z = (V ( ρ − ρ b ) z
(6)
dove
ρb =
mg
V
(7)
è la densità del corpo. Il corpo comincerà immediatamente a muoversi su e giù in
accordo con il fatto che la sua densità sia maggiore o minore della densità del fluido
in cui è immerso. Perciò la Terra si muoverà verso il basso in ogni caso. L'Acqua si
muoverà verso il basso in Aria. L'Aria si muoverà verso l'alto in Acqua. Oggetti che
hanno peso specifico intermedio tra acqua e aria (come il legno) e perciò nei termini
aristotelici sono incluse misture di Aria e Acqua.
Questo è il contenuto di (e) sopra.
Se un corpo è immerso in una sostanza dello stesso genere, come Acqua in
Acqua, allora esso può essere a riposo: è il suo posto naturale. In altre parole, la teoria
del moto naturale è la corretta descrizione del moto verticale dei corpi immersi in
contenitori sferici di fluidi densi come i corpi nel dominio di validità della teoria
aristotelica.
Consideriamo ora il moto naturale dei corpi. Essi sono governati
dall'equazione:
r
r
r
r
ma = − gmz + Vρz − Cρ v v
(8)
Assumendo per semplicità che il corpo sia inizialmente in quiete, abbiamo
l'equazione differenziale unidimensionale
m
dv
= − (mg − Vρ ) − cρv 2
dt
(9)
La soluzione di questa equazione è
v(t ) =
[
mg − Vρ
tanh (mg − Vρ )Cρ t
Cρ
]
(10)
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Per grandi valori di t la tangente iperbolica si avvicina all'unità. Perciò dopo un
tempo dell'ordine t ~
(mg - Vρ )C
la velocità si stabilizza a
v=
mg − Vρ
Cρ
(11)
Nella maggior parte dei casi d'interesse, il termine Vρ può essere trascurato
rispetto al peso mg, e perciò diventa
v=
1
C
mg
ρ
= c(
W
ρ
1
)2
(12)
dove c è una costante che dipende dalla forma e dalle dimensioni del corpo, che non è
facile da prevedere con mezzi elementari. Ciò mostra che i corpi più pesanti cadono
più velocemente di quelli leggeri, precisamente come Aristotele stabilisce in (f) e
corpi uguali cadono più rapidamente in un mezzo meno denso, come stabilito in (g).
L'ultima relazione va confrontata con la relazione aristotelica (h). Finalmente,
a peso e densità uguali c'è anche un effetto dovuto alle dimensioni del corpo, come
stabilito in (i).
Vediamo che Aristotele è perfettamente corretto nel valutare la velocità di
caduta come qualcosa che dipende direttamente dal peso W = mg e inversamente
dalla densità del mezzo, con un coefficiente che dipende dalla forma del corpo. Ciò
che Aristotele non aveva era la radice quadrata, cioè n = ½, che sarebbe stato per lui
difficile da catturare visto i mezzi matematici primitivi che egli usava.
Consideriamo ora il moto violento, anche per oggetti terrestri. Per definizione
questi hanno forze esterne non nulle. Trascureremo per semplicità il peso e la spinta
di Archimede, e l'equazione di Newton diventa
r
r r
ma = −Cβ v v + Fext
(13)
Se un corpo che è inizialmente a riposo è soggetto a forze esterne per un certo
tempo, esso accelererà e raggiungerà una velocità v0 . Considerando (come fece
Aristotele) il caso in cui l'agente ferma l'azione del corpo, l'equazione newtoniana del
corpo è
r
r
ma = −Cβ v v
(14)
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o per il moto in una dimensione,
d 2x
Cβ dx 2
=−
( )
2
dt
m dt
(15)
Questo è facile da integrare, e dà
x(t ) =
m ⎡ Cβ ⎤
t
ln
Cβ ⎢⎣ m ⎥⎦
(16)
La crescita logaritmica lenta di t ha per conseguenza che il moto naturale
finisce rapidamente e trascina il corpo verso il basso prima che il percorso venga
coperto. Ciò ha l'effetto che ogni moto violento si conclude dopo un tempo finito,
come Aristotele ha stabilito in (c).
Queste considerazioni si riferiscono principalmente allo stato di caduta dei
corpi, sul quale Aristotele ha chiaramente focalizzato.
Ma che cosa circa la fase transitoria iniziale? Anche in questa fase la velocità è
più elevata per i corpi più pesanti, contrariamente a quanto i libri scolastici
affermano. Se il corpo non ha il tempo di raggiungere la sua velocità di regime, cioè se
t <<
m possiamo stimare la velocità per piccoli tempi
βf
Vρ ⎞
⎛
|v | = ⎜g −
⎟t
m⎠
⎝
(17)
che mostra come corpi più pesanti cadono più rapidamente, come stabilito da
Aristotele in (f). L'effetto è più forte se teniamo conto del termine di attrito.
La fisica terrestre di Aristotele uguaglia perfettamente quella newtoniana
nell'appropriato regime. E' non vero che oggetti con pesi differenti cadano con la
stessa velocità in ogni ragionevole regime terrestre.
Veniamo ora alla fisica celeste. Qui il regime di interesse è quello dei corpi che
vediamo in cielo, che non sono immersi in un fluido, sono a grande distanza dalla
Terra e il loro moto apparente è lento. Dal momento che essi non sono immersi in un
fluido, possiamo trascurare il secondo e terzo termine della (2). Siccome sono
distanti, non possiamo usare l'approssimazione (5). Così (4) diviene ora
r
mM r
F = −G 2 z
r
(18)
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La più semplice soluzione di questa equazione (e di (1)) è naturalmente data
dalle orbite circolari kepleriane e sappiamo che queste descrivono bene il moto TerraSole e Luna -Terra. Dal momento che i corpi celesti sono distanti e si muovono
lentamente, dobbiamo essere attenti nel traslare i moti del nostro sistema di
riferimento, che è quello che si muove con la Terra. Dobbiamo prendere in
considerazione il moto della Terra. Il moto visibile delle stelle, del Sole, della Luna è
dato semplicemente dalla fisica newtoniana con l'apparente rotazione del cielo
dovuta alla rotazione della Terra, la combinazione dell'apparente moto del Sole
dovuto alla rotazione della Terra e al moto orbitale, e l'orbita kepleriana della Luna
intorno alla Terra. Tutti questi moti sono una buona approssimazione, nei limiti dei
mezzi osservazionali di Aristotele, descritti da moti circolari attorno al centro della
Terra, come in (d).
Possiamo concludere che la fisica di Aristotele è corretta nel suo dominio di
applicabilità.
Ciò è dato da corpi soggetti a potenziale gravitazionale e immersi in un fluido
(fisica terrestre) e da corpi celesti il cui moto è o kepleriano intorno alla Terra o
l'apparente moto dovuto alla rotazione della Terra e al moto orbitale. Giustamente
Aristotele distingue i due regimi dove due differenti insiemi di leggi valgono, nelle
rispettive approssimazioni, principalmente in (d) ed (e).
Prima di concludere questa tecnica di ricostruzione, trattiamo i due casi
trascurati: (j) e (k).
Lo stato (j) segue immediatamente dall'equazione (12). Perciò è predetto dal
modello che stiamo usando. Questo è il primo puzzle: corpi raggiungono velocità
infinita quando cadono nel vuoto. L'apparente puzzle viene risolto ricordando che
abbiamo usato un'approssimazione.
L'approssimazione rilevante è nell'equazione (5). La forza gravitazionale è
presa come costante per derivare la (12), ma in realtà non è costante. Un corpo che
cade in un ipotetico vuoto non accelera per sempre perché ad un certo punto colpisce
la massa che ha originato l'attrazione. Ciò che qui è interessante è il fatto che l'infinito
è nato da un'approssimazione. E' corretta da una teoria più completa. Questo è
precisamente la situazione che ci si aspetta in fisica moderna con gli infiniti che
appaiono in relatività generale (“singolarità”) e in teoria quantistica (“catastrofe
ultravioletta”) che si sono dimostrati dei semplici segnali quando usiamo la teoria
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fuori dal loro dominio di validità.
4.
FORZA E DEBOLEZZA DELLA FISICA ARISTOTELICA
Ovviamente, la fisica di Aristotele è lontana da essere perfetta. In questo è
troppo simile alla fisica newtoniana o einsteniana che sono lontane dall'essere
perfette entrambe (la prima predice in maniera errata l'instabilità degli atomi, mentre
la seconda predice singolarità non plausibili, per esempio). Tra tutte le limitazioni
della fisica aristotelica, io illustro qui alcune, di differente natura.
1.
In accordo con la fisica aristotelica un corpo si muove verso il suo posto
naturale dipendendo dalla sua composizione. Ciò è sottilmente sbagliato. Perché il
legno galleggia?
Perché il suo posto naturale è più basso nell'Aria, ma più in alto nell'Acqua.
Questo fu preso nell'antichità come una spiegazione scientifica del perché le barche
galleggino. Segue che una barca non può essere costruita in metallo. Il metallo
affonda. Se questa teoria fosse vera le barche di metallo non potrebbero galleggiare.
Ma esse lo fanno. Perciò ci deve essere qualcosa di sbagliato o incompleto nella teoria
aristotelica. Il punto fu capito da Archimede: ciò che determina se un corpo galleggia
o no in acqua non è la composizione, ma il rapporto del suo peso totale con il volume
(immerso). Più tecnicamente, la quantità V nell'equazione (7) non è il volume del
corpo ma il volume d'acqua che sposta. Ciò fu trascurato da Aristotele. La scoperta di
Archimede ebbe maggiori conseguenze tecnologiche ed economiche. Non appena la
vera ragione del galleggiamento fu capita, le navi dei regni ellenistici furono coperte
da metallo protettivo. Questo diminuì drasticamente la pulizia regolare delle barche
fuori dall'acqua. Come conseguenza le barche triplicarono le loro dimensioni con un
aumento del commercio e dello sviluppo.
2.
Aristotele appare lottare con la distinzione tra peso e peso specifico,
senza offrire una chiara distinzione tra i due.
3.
Il moto violento è causato da un agente esterno. Questo è bello. Ma
Aristotele assume che l'effetto diretto dell'agente finisce nel momento stesso che esso
smette di agire. Ciò lo porta a una spiegazione complicata e sgradevole per la ragione
che una pietra è spinta a lavorare per un attimo dopo che è stata lanciata. Si arriva
alla teoria medioevale dell'impeto e fu uno dei fattori scatenanti per lo sviluppo della
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fisica. Le difficoltà interne di una buona teoria sono il più istruttivo suggerimento per
il progresso e la conoscenza. Lo stesso accadde con le teorie dell'azione a distanza di
Newton, che furono la chiave per le teorie avanzate di Einstein.
4.
Lasciatemi muovere verso idee metodologiche più generali. Una
limitazione maggiore della fisica aristotelica, da una prospettiva moderna, sono la
perdita di sviluppi quantitativi: Aristotele si è interessato soltanto di qualità,
direzione, cause e durata del moto non di valori quantitativi della sua velocità, ecc.
Aristotele fa un uso raro della matematica nella sua scienza. La scienza quantitativa
fu più forte nell'astronomia di Eudosso e si sviluppò ulteriormente nel periodo
ellenistico, specialmente con Ipparco, la cui meravigliosa matematica conosciamo
dall' Almagesto.
5.
C'è molto poco di esplicito riferito agli esperimenti nella fisica
aristotelica. Ma questo non deve essere confuso con la mancanza di osservazione. La
fisica aristotelica è fondata su accurate osservazioni, come nella sua biologia. Un
esempio: in precedenza, Platone tentò di farsi un'idea che la Terra potesse essere
sferica, ma disse che non era capace di dimostrarlo. Aristotele fu abile nel dimostrarlo
in base a un rimarchevole uso di osservazioni: durante le eclissi lunari vediamo
l'ombra della Terra proiettata sulla superficie della Luna. Ad un'attenta osservazione
vediamo che quest'ombra è circolare. Si noti che ci sono molte forme geometriche che
possono proiettare un'ombra circolare, per esempio un cilindro o un cono, ma
l'eclisse lunare succede a differenti ore della notte. In queste diverse situazioni la
Terra è orientata in modo diverso rispetto alla retta Sole – Luna. Perciò essa deve
avere una forma che rimane circolare anche se l'oggetto è ruotato intorno ad un asse
perpendicolare rispetto alla direzione della luce. Un cilindro e un cono non hanno
questa proprietà, perché la loro ombra si trasforma in un rettangolo o in un triangolo
rispettivamente. L'unica ombra che ha questa proprietà è la sfera. Ciò dimostra
empiricamente e in maniera veramente definitiva che la Terra ha una forma che è
(approssimativamente) sferica. Non si può dire che la fisica di Aristotele perda di un
campo osservazionale fine. Nonostante la fisica aristotelica perda dall'attività
sperimentale, guadagna in deduzione. Molti degli argomenti aristotelici suonano
sbagliati ai giorni nostri. Ma la forza delle deduzioni aristoteliche nelle scienze
naturali non dovrebbero essere sottostimate. La maggior parte della fisica aristotelica
è basata sulle osservazioni che come ci sono corpi che si muovono verso l'alto in dato
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mezzo e verso il basso in un altro e una grande ricchezza di conseguenze può essere
dedotta da queste osservazioni. L'Umanità deve aspettare Bacone e Galileo per
imparare la potenza dell'interrogazione diretta della natura, ma il modo di deduzione
aristotelico resta nella scienza e ha giocato un ruolo grande in fisica paragonabile ai
giganti come Einstein e Maxwell.
E' controintuitivo pensare che la Terra sia sferica e che gli oggetti si muovono
verticalmente in diverse direzioni in differenti parti del mondo. Nel IV secolo l'idea di
una Terra sferica era ancora nuova e Aristotele fu il primo a fornire un solido
argomento osservativo per dimostrarlo. La fisica compatibile con ciò era lontano
dall'essere intuitiva. Aristotele stesso ribadì questo fatto tra le differenze esistenti tra
questa teoria e l'intuizione. Infatti ci sono molti aspetti della fisica di Aristotele che
non sono intuitivi. La distinzione tra l'assoluta e la relativa nozione di pesante e
leggero; l'idea che la grande varietà di cose possano essere spiegate in termini di
quattro sostanze elementari, la distinzione tra moto naturale e violento, una
distinzione che, anche oggi, troviamo difficile da capire, nonostante rimanga nella
fisica newtoniana. Al tempo di Aristotele ci furono diversi schemi fisici competitivi,
come quelli degli atomisti, di Platone, Empedocle, e io non sono conscio di nessun
altro scrittore che stabilisca che la fisica di Aristotele sia più intuitiva di queste.
Aristotele critica apertamente queste idee alternative usando argomenti fortemente
controintuitivi. La fisica di Aristotele non è affatto intuitiva. Essa è uno schema
concettuale complesso e molto forte.
La fisica di Aristotele è spesso presentata come il dogma che ha rallentato lo
sviluppo della scienza. Penso che ciò sia molto scorretto. Gli scienziati dopo Aristotele
non hanno avuto esitazione nel modificare, violare o ignorare la fisica aristotelica.
Archimede comprendendo le regole del galleggiamento è difficilmente compatibile
con la fisica di Aristotele. L'antica astronomia non ha esitazione a contraddire
Aristotele: nella sua teoria sul Sole, Ipparco giustifica la differenza di durata delle
stagioni (definito come il tempo tra gli equinozi ed i solstizi) assumendo che l'orbita
del Sole non è centrata sul centro della Terra. Più drammaticamente, Tolomeo
migliora le predizioni di Ipparco con la differenza che i corpi celesti non si muovono
con velocità costante durante il loro cammino ma con una velocità variabile
determinata dal loro equante. Ciò è in contrasto puro con la fisica aristotelica. Anche
discutendo le idee eliocentriche di Aristarco, Tolomeo menziona che si dovrebbe
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richiedere una profonda revisione della fisica aristotelica, ma non sembra considerare
ciò il maggior ostacolo contro questa idea.
Nel Medioevo la fisica di Aristotele fu discussa e modificata ripetutamente, ma
tocca a Copernico, Galileo, Keplero e Newton aver fornito una teoria più potente. Non
fu un punto di vista dogmatico il mantenimento in vita della teoria aristotelica: fu la
difficoltà di trovare qualcosa di meglio. Allo stesso modo la teoria newtoniana rimase
per tre secoli come il paradigma fondamentale, non perché era un dogma, ma perché
era difficile trovare qualcosa di meglio.
5.
INCOMMENSURABILITA' E CONTINUITA'
Nel mio campo di ricerca, la fisica teorica, una “vulgata” della tesi di
incommensurabilità di Kuhn ha una forte valenza. In accordo con questa vulgata, il
progresso della scienza è marcato dalla discontinuità, più grande è la discontinuità,
più grande è il progresso. Ciò ha nutrito uno stile di ricerca basato sull'ideologia di
scartare il sapere del passato come irrilevante e lavorando sulle possibili teorie
credibili. E' mia opinione che questa ideologia è una delle ragioni per l'attuale
sterilità della fisica teorica.
La scienza genera discontinuità e costantemente riceve idee criticamente
rivalutabili, ma costruisce sulla conoscenza passata e i suoi aspetti cumulativi numeri
molto lontani dalla sua discontinuità.
La Terra fu scoperta approssimativamente sferica e così è rimasta; essa gira
intorno al Sole e non viceversa, e continuerà così la materia ha una struttura atomica
e nessuna rivoluzione kuhniana cancellerà questo; le cose viventi sulla Terra hanno i
loro antenati e noi stiamo imparando questo... e così all'infinito, con la pace di Kuhn.
Le teorie passate non sono state cancellate dalle teorie più avanzate. Esse si sono
integrate e meglio capite dentro una più profonda prospettiva. Le teorie di Einstein
non falsificano le teorie newtoniane: esse la spiegano meglio specificando il dominio
di validità e fanno luce sugli aspetti più enigmatici approfondendo la struttura più
intima.
La sgradevole azione a distanza newtoniana, per esempio, non è cancellata
dalla teoria di Einstein: è semplicemente spiegata come un'approssimazione nella
quale la propagazione finita del campo gravitazionale è trascurata.
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Questo modo di considerare la crescita della conoscenza scientifica ci permette
di trattare le teorie passate in termini moderni. Non perché ciò faccia la spiegazione
storica della teoria più genuina.
Noi non comprendiamo meglio la nozione storica di azione a distanza di
Newton perché è spiegata dalla relatività generale. Ma noi comprendiamo meglio il
nostro presente scientifico e il percorso storico che ha permesso questo, capendo
l'azione a distanza come un'approssimazione. In questa prospettiva la fisica di
Aristotele merita una profonda rivalutazione. Con tutte le sue limitazioni, è una
grande fisica teorica. La sua maggiore limitazione è che non è matematica. Aristotele
fallì nell'assorbire la fede visionaria pitagorica sulla potenza della matematica, che
Platone riconobbe e trasmise alla sua scuola, dalla quale grandi antichi fisici
matematici di Alessandria, in particolare all'astronomia, svilupparono. Ma Aristotele
fu abile a costruire una potente base fisica che è stato il fondamento su cui la fisica è
stata fondata.
Quando Galileo realizzò gli ingredienti che mancavano, come la nozione di
accelerazione e le formule, aprendo la via a Newton, l'interlocutore di Galileo era
Aristotele. Non perché Aristotele rappresentasse il dogma stupido contro
l'intelligenza che stava crescendo, ma perché Aristotele era il meglio dell'intelligenza
del mondo che per trenta secoli di civilizzazione aveva prodotto in questo campo.
Naturalmente Galileo, maestro di propaganda e grande maestro nell'uso della
parola, fece del suo meglio per rendere ridicolo Aristotele, nello sforzo di vincere una
guerra difficile contro un gigante. Da ciò seguì il peggio che la fisica aristotelica
potesse ricevere.
Ma Galileo stesso, dal quale proviene l'atteggiamento contro la fisica
aristotelica riconobbe il valore della teoria del suo antagonista: in una delle sue
ultime lettere scrisse:
“ ...mi rendo sicuro che se Aristotele tornasse al mondo, egli riceverebbe me
tra i suoi seguaci, in virtù delle mie poche contraddizioni, ma ben concludenti, molto
di più che moltissimi altri che, per sostenere ogni suo detto per vero, vanno
esplicando da i suoi testi concetti che mai non li sariano caduti in mente”.
[A Fortunio Liceti Arcetri 15 settembre 1640]
La fisica di Aristotele è attorniata da cattiva fama, e conduce a ignoranza
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Prof. Roberto Del Frate
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diffusa: pensa per un momento, credi davvero che corpi di peso diverso cadano alla
stessa velocità? Perché non provi: prendi una moneta e un pezzo di carta e lasciali
cadere. Cadono con la stessa velocità? Aristotele non dichiarò mai che corpi cadono a
differente velocità se sono lasciati in aria. Era interessato alla velocità di corpi reali
che cadono in un mondo reale dove l'aria è presente. E' curioso leggere ovunque
“Perché Aristotele non fece questo esperimento?”. Non so se lo fece, ma so che se fece
l'osservazione avrebbe dovuto confermare la sua teoria.
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Bibliografia
Rovelli, C., Aristotle’s physics, arXiv:1312.4057v1 [physics.hist-ph], 14 dicembre
2013.
Ugaglia, M., Modelli idrostatici del mondo da Aristotele a Galileo, Lateran University
Press, 2004.
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