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1 VITTORIO VIDALI, RAGAZZO DI TRIESTE, GIAGUARO DEL

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1 VITTORIO VIDALI, RAGAZZO DI TRIESTE, GIAGUARO DEL
VITTORIO VIDALI, RAGAZZO DI TRIESTE, GIAGUARO DEL
MESSICO E COMANDANTE CARLOS NELLA GUERRA CIVILE
SPAGNOLA.
Nel murale di Diego Rivera con al centro Frida Kahlo con la camicia rossa, dietro la macchina con un
cappello nero in testa c’ è Vittorio Vidali alla sua destra ci sono Julio Antonio Mella e Tina Modotti
Vittorio Vidali
Vittorio Vidali nasce a Muggia vicino a Trieste il 27 settembre del 1900. Diventa
giovanissimo un rivoluzionario di professione e vive direttamente situazioni drammatiche
del secolo scorso: il fascismo in Italia, la costruzione del socialismo in Unione Sovietica, il
Messico post rivoluzionario, la guerra civile spagnola, il nostro confine orientale.
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Incontro Vittorio Vidali scrivendo di Tina Modotti e propongo il suo ricordo con l’intervista
che Attilio Colombo gli fece nel 1983 e venne pubblicata nello stesso anno in un volume
della collana “ I Grandi Fotografi – serie argento-“ .
L’ intervista racconta Tina, ma anche l’umanità di Vittorio e qualcosa della sua storia..
Ricorda il suo primo incontro con Tina Modotti?
Arrivai a Città del Messico nel settembre del 1927 ed una delle prime persone che conobbi
là fu Tina Modotti. Il nostro incontro fu cordiale e da allora stringemmo un’amicizia che
durò fino alla morte avvenuta il 5 gennaio 1942.
Da quali esperienze proveniva Tina? Per esempio non le parlò mai della sua vita in
Fiuli, della sua emigrazione a San Francisco, del suo incontro con De Richey , prima
e con Weston poi, dei film interpretati da lei a Hollywood?
Tina era molto restia a parlare del suo passato. Tuttavia in varie occasioni mi parlò della
isua vita di giovane operaia tessile a Udine, delle sue emigrazione assieme alla famiglia in
Austria, dove il padre lavorava come stagionale; della sua emigrazione negli Stati Uniti col
viaggio in terza classe per raggiungere il padre che lavorava a San Francisco in California,
dove si trovava anche sua sorella Mercedes, che lavorava da modista. Del marito De
Richey, di Weston, delle sue relazioni private era molto riluttante a parlarne e a darne
giudizi personali e io non le chiedevo del suo passato, rispettoso della sua vita personale.
Qual’era il clima politico e culturale di Città del Messico dove Tina si stabilì nel 1923
e dove lei arrivò nel 1927?
Il clima politico del Messico degli anni venti era ancora immerso nell’atmosfera attiva e
dinamica della rivoluzione del 1910 e delle drammatiche fasi di questa rivoluzione, che era
stata la più interessante e la più progressista realizzata fino ad allora nell’ America Latina.
Il Messico era diventato un paese molto libero e democratico e in esso si concentravano
tutti gli immigrati politici dell’America Latina, in gran parte intellettuali. Era quella l’eopca
dell’affermazione dei grandi pittori muralisti Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro
Siqueiros, delle grandi agitazioni studentesche per l’università autonoma e – attratti dal
fascino di questa rivoluzione che aveva come protagonisti Madero, Obregon, Francesco
Villa ed Emiliano Zapata – visitarono il Messico scrittori ed artisti di altri paesi, fra cui John
Reed, il grande giornalista, scrittore e poeta statunitense.
Nel milieu culturale di Città del Messico, Tina cosa rappresentava?
Nel milieu culturale di Città del Messico. In un primo tempo, suscitò curiosità per la sua
nota come fotografa nel bellezza e la sua adesione agli ideali della rivoluzione messicana
e per essere la compagna di Edward Weston, già allora noto come grande fotografo. Molti
degli intellettuali messicani a San Francisco e a Los Angeles e quando arrivò in Messico
per raccogliere le ultime parole di suo marito Rubaix de Richey, si trovò circondata
dall’affetto di gran parte del mondo intellettuale messicano.
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Quali erano allora i problemi di fondo della società messicana e quale il ruolo che
gli intellettuali ritenevano fosse loro riservato?
I problemi della società messicana di allora erano il consolidamento della democrazia, la
questione agraria, l’organizzazione dell’istruzione pubblica, e la lotta contro
l’anafalbetismo, la lotta contro l’imperialismo e i tentativi statunitensi di impossessarsi di
tutte le ricchezze del paese, l’applicazione delle leggi riguardanti le condizioni dei
lavoratori e in primo luogo il nuovo codice del lavoro. Il ruolo degli intellettuali in quel
periodo era fondamentalmente quello di stare al fianco al fianco dei governi per
consolidare le conquiste rivoluzionarie e specialmente per aiutarli a realizzare i programmi
dell’educazione pubblica e a sostenere il movimento dei lavoratori. Negli anni venti, il
settimanale degli intellettuali El machete, per decisione degli intellettuali stessi, divenne
organo del partito comunista messicano.
Nel 1927, Tina lavorava come fotografa, sia scattando ritratti a privati, sia
fotigrafando in proprio e realizzando immagini che venivano pubblicate da giornali
e riviste e messicane e internazionali. Aveva imparata la fotografia da Weston di cui
era stata prima modella. Non l’ha mai vista lavorare? Non le ha mai parlato del suo
lavoro di fotografa?
Quando la incontrai per la prima volta, Tina era già nota come fotografa nel Messico e un
po’ anche all’estero. Viveva in un appartamento molto modesto, semplice, e si può dire
che quanto guadagnava bastava appena per risolvere i suoi problemi materiali. Sì, l’ho
vista lavorare ed ero con lei quando fece l’inchiesta sulla miseria nel Messico, al teatro
delle marionette e anche in occasione di alcuni suoi ritratti. Però parlava poco del suo
lavoro di fotografa.
Tina l’ha certamente fotografata in diverse occasioni. Ci può raccontare come
operava? Agiva normalmente con metodo rapido, quasi a rubare l’immagine, o
faceva posare a lungo i suoi soggetti, studiandoli per un’interpretazione migliore?
Talvolta fotografava rapidamente, colpita da un paesaggio, dall’atteggiamento di una
persona, da un contrasto sociale, da un avvenimento politico, come un’assemblea di
contadini o una conferenza di operaia. Alle volte, per i ritratti soprattutto, cercava
accuratamente la luce, l’interpretazione accurata del soggetto. Ma in generale era molto
rapida e sbrigativa.
Il valore delle fotografie di Tina Modotti, al di là del loro fascino intrinseco, è dato
dal fatto che esse rappresentano una grande testimonianza della sua tensione
umana, sociale e rivoluzionaria. Quali immagini lei reputa più significative di questa
perfetta identificazione tra fotografia e rivoluzione?
Personalmente ritengo più aderenti alla sua vita di rivoluzionaria e alla sua tensione
sociale quelle fotografie che descrivono la contrapposizione tra la miseria e la ricchezza
del paese, la maternità e l’infanzia, la vita dura dei contadini, i pericoli nel lavoro degli
operai. Tina era molto apprezzata anche come fotografa delle opere di Diego Rivera,
Orozco e Siqueiros, i tre grandi muralisti messicani.
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Accanto ai modi operativi appresi da Weston ( la camera formato 20 x 25, le lastre,
lo sviluppo curatissimo, la tendenza a sovraesporre il negativo ecc.), Tina
caratterizzò molte sue immagini con la ricerca, nel soggetto, del punto ideale in cui
una forma conosciuta ( una chitarra, per esempio) oppure nella struttura astratta
che la sorregge, quasi ad identificarne l’essenza. Si trattava di macerate strutture
linguistiche o tutto riusciva a Tina in modo piuttosto facile?
Questi tipi di immagini di oggetti molto significativi e di uso comune costituivano per lo più
il frutto di rapide intuizioni, di scelte immediate e relativamente facili, spontanee in lei,
Spesso quest soggetti esprimevano ammirazione per la bellezza di un soggetto , di un
fiore, di un accostamento di oggetti. E poi Tina era innamorata della bellezza, della
luminosità e dei colori del paesaggio messicano.
I ritratti di persone, le immagini scattate durante le riunioni, le fotografie a carattere
più specificatamente “giornalistico”, raccontano di un’ appassionata partecipazione
della fotografa alla vita, ai problemi, ai sentimenti della gente che lei ritrae. Ci sa
dire qualcosa dei rapporti che Tina aveva con la gente?
Tina era molto legata alla gente e perciò venne indicata molte volte come reporter sociale.
Lo si comprese particolarmente quando il suo compagno Julio Antonio Mella venne
assassinato nel 1929, e la gente espresse il suo cordoglio con grandi manifestazioni di
simpatia per Tina come compagna di Mella, come combattente e come artista. Quando
Tina morì, vi furono organizzazioni che presero il suo nome; lavoratori tessili diedero il
nome di Tina al loro telaio; tipografi che lo diedero al loro linotype. Le manifestazioni di
cordoglio si estesero in tutto il Messico ed in altri paesi dell’America Latina, dove venne
ricordata come una donna progressista. In Spagna, il nome di Maria che Tina assunse
come nome di battaglia, era ed è ancor’ oggi conosciuto ed amato in tutto il paese. Tina
era molto amata per la sua gentilezza, per la premura verso chi aveva bisogno del suo
aiuto materiale o morale, per la semplicità dei suoi modi, per la generosità e la grande
sensibilità verso le persone con cui veniva in contatto. La sua casa molto modesta e
poveramente arredata, era un punto di riferimento non soltanto per i messicani, ma anche
per gli intellettuali e i dirigenti operai e contadini che erano fuggiti dai rispettivi paesi
perseguitati dalle tirannie. Fu sempre molto ospitale e nella sua casa ricevette non solo
personaggi come Majakovskij o la Kollontaj, ma anche combattenti come Cesar Augusto
Sandino e Farabundo Marty, i cui nomi ancora oggi risuonano in America Latina e
specialmente nel Nicaragua e nel Salvador.
Gli anni 1929 / 1930 sembrano segnare una frattura decisiva nella vita di Tina
Modotti. È oramai affermata come come fotografa, ha pubblicato su riviste
messicane, statunitensi ed europee; ha organizzato una grande mostra delle sue
fotografie alla Biblioteca Nazionale di Città del Messico; le hanno offerto di
diventare fotografa ufficiale del Museo Nazionale. La morte di Mella e la sua
espulsione dal Messico segnano, invece, la fine della sua attività creativa nel campo
fotografico. Scrivendo a Weston, nel settembre 1929, Tina dice: “ Penso seriamente
di fare una mostra qui, tra non molto. Sento che se devo lasciare il paese, gli devo
almeno questo, mostrare quello che può essere fatto, senza dover risalire alle chiesi
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coloniali, ai charros o alle chinas poplanas o a ribaccia del genere su cui la maggior
parte dei fotografi indugia”. Che cosa era per Tina quello che poteva essere fatto?
Non c’è dubbio che l’anno 1929 fu un anno decisivo non soltanto per Tina, ma per l’intero
movimento rivoluzionario messicano. La guerra religiosa cominciata nel 1926, terminava
con un compromesso col clero, con il Vaticano e col cedimento del governo messicano
alle richieste di Washington in merito alla questione agraria e del petrolio. A questa
capotolazione , che significava l’apertura di una nuova fase nella vita del Messico, si
aggiungeva la repressione organizzata contro tutti i movimenti progressisti ed
antiimperialisti, iniziata con l’assassinio di Julio Antonio Mella nel gennaio del1929, con
l’inarceramento di molti messicani che avevano lottato per la rivoluzione, con la
dichiarazione di illegalità per tutte le organizzazioni antimperialistiche. La mostra delle
opere di Tina allestita all’Università Autonoma, presentata da David Alfaro Siqueiros,
assunse perciò il carattere di una grande protesta sia contro la miseria che contro la
repressione. Infatti nucleo centrale della mostra erano le fotografie dell’inchiesta sulla
miseria in Messico in contrapposizione con gli sperperi, la corruzione e i soprusi della
nuova borghesia, arricchitasi a spese della rivoluzione. Per quella mostra, e in seguito a n
attentato verificatosi contro il presidente della repubblica, organizzato dai cristeros, molti
comunisti furono arrestati e fra questi Siqueiros e la stessa Tina.
Vittorio Vidali nella nave che nel 1939 lo porta in Europa assieme a Tina Modotti
In Germania nel 1930 e successivamente in Russia fino al 1932, Tina riprese in
mano, episodicamente l’apparecchio fotografico. Poi decise di dedicarsi al
Soccorso Rosso e divenne, a tempo pieno, organizzatrice rivoluzionaria. Premesso
che considero ciò una grande perdita per la fotografia e per la storia del reportage
sociale ( di cui il movimento rivoluzionario internazionale offre scarsi esempi alla
pari con ciò che Tina ha fatto) chiedo a lei quali ragioni – al di là della necessità del
momento spinsero Tina a rinunciare alla fotografia?
Credo che la rinuncia alla fotografia da parte di Tina, anche se meditata, fu di carattere
emotivo. Avrebbe potuto conciliare la vita di rivoluzionaria con quella di fotografa. Avrebbe
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potuto accettare l’offerta del partito comunista sovietico per un lavoro di fotografa. Tina
terminò l’ attività di fotografa alla fine del suo soggiorno in Germania e quando arrivò
nell’URSS nell’ottobre del 1930 aveva preso questa decisione. Le sue ultime fotografie
sono quelle che vengono attribuite alla sua attività nell’URSS, attività che non svolse mai
come fotografa. Anch’io riconosco che fu un errore e che Tina avrebbe potuto operare
come rivoluzionaria professionale continuando senza particolari impegni a fotografare . E
non c’è dubbio che nei suoi viaggi nei paesi europei e durante la guerra civile spagnola
avrebbe potuto arricchire il suo patrimonio fotografico e avrebbe potuto così potuto dare
un grande contributo di testimonianza di quei tempi.
Dopo il ritorno in Messico, alla fine degli anni trenta, lei non vide più Tina
fotografare?
Dopo il 1939, in Messico, Tina fece alcune foto di amici ed un reportage speciale nello
stato di Uaxaca, lavorando insieme con Constancia de la Mora per una rivista americana.
Ma tanto del reportage di Constancia, quanto delle foto di Tina non è rimasta
traccia, perché quel lavoro non venne pubblicato.
Quale sorte ebbero ebbero le lastre e le immagini di Tina? Perché ne sono state
salvate così poche? Dove sono gli originali?
Molti originali furono regalati da Tina stessa a persone amiche e quelli rimasti, compresi i
negativi, io stesso li ho regalati al governo americano e si trovano nella fototeca di Città
del Messico. Mi sono rimaste delle fotografie originali, con le quali ho organizzato delle
mostre in molte italiane, a Parigi, a Londra, Lodz, Vienna, Berlino, Amburgo ed Hannover
con grande successo di pubblico, di stampa, di bei cataloghi e un’infinità di recensioni
positive.
Qual è stato nel dopoguerra l’ itinerario che ha condotto ad una sorta di
“riscoperta” almeno in Europa e in Italia dell’opera di Tina Modotti come fotografa?
L’ iniziativa è partita da Udine, città natale di Tina Modotti dove esisteva un circolo
culturale “ Elio Mauro”, animatore del quale era il bravo fotografo ed insegnante di
fotografia Riccardo Toffoletti. La prima mostra si fece ad Udine e con essa si pubblicò
pure un primo libro su Tina, il cui testo era la riproduzione in italiano di un volumetto in
lingua spagnola pubblicato nel Messico con una sottoscrizione popolare qualche
settimana dopo la morte di Tina. In seguito di fu il libro pregiato di Mildred Constantine
consulente di architettura del Museum of Modern Art of New York, scritto in inglese e
tradotto in spagnolo e tedesco, di cui è imminente la pubblicazione in Italia. Altre
pubblicazioni sono state quelle organizzate dall’editore Passigli per Idea Editions, in
italiano e in francese, tedesco e in inglese. Nel 1982 la Spartafilm di Berlino Ovest ha
prodotto un film su Tina Modotti, opera di Ursula Jeshel e Marie Bardischewska. Nello
stesso anno è uscito il mio libro Ritratto di donna.
É certamente restrittivo considerare Tina Modotti solo entro questo ambito
professionale limitato, sia pure con i gli opportuni riferimenti al mondo culturale e
alla temperie storica in cui Tina si trovò a vivere. Lei, che ne ha condiviso intensi
anni di militanza e profonde esperienze di vita, come ama ricordarla?
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Personalmente amo ricordare Tina, così come l’ho fatto nel mio libro, donna modesta,
gentile, dal carattere forte, stoico, intelligente, piena di volontà di lavorare, con forte
capacità di abnegazione nella difesa dei suoi ideali. Contemporaneamente amo ricordarla
donne dolce, leale, generosa, ricca di femminilità.
Grazie Vittorio Vidali per questo sguardo su Tina Modotti fotografa e sul suo tempo
che è stato anche, in parte il tuo !
Vittorio Vidali,
Comandante Carlos, comandante del
reggimento nella guerra di Spagna. Di profilo con giubotto di
pelle.
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