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In silenzio visse, in silenzio morì
AISHA ARNAOUT In silenzio visse In silenzio morì (1) In silenzio Visse In silenzio Morì inutile fica dissero, dopo averlo saputo Io caddi in ginocchio davanti alla sua salma La spogliai del sudario con le mie unghie scrissi sulla lapide Qualcosa (2) Si mise la camicia, prese l’ombrello Senza fare parola Neppure io parlai. Dopo che se ne fu andato Mi misi davanti allo specchio Mi squarciai la lingua Per vedere se vi fossero intrappolate parole Ma non vidi che muscoli e vene. Mi rammendai la lingua E scoppiai a ridere -il riso non è parola Poi mandai in frantumi lo specchio Da allora Frantumo specchi invano Cercandone uno Che non rispecchi Più, uno specchio Che mandi me in frantumi. (3) Mi inquieta che l’acqua non abbia colore che l’aria non abbia sapore che l’imene non abbia lacrime. La tenerezza delle spine il loro perpetuo rinnovarsi Mi ferisce: il nitrito di bestie estinte nel mio sangue L’urlo dei demoni morti sotto gli alberi di sponde remote. Poso i miei palmi ruvidi sul piede di un uomo un estraneo che passa E benedico i miei figli partoriti nel vento che penetra il tempo. (4) La tartaruga sollevando la testa robusta sputò. L’uomo come tartaruga, definizione imperfetta E rido esalando fumo e bestie. Poiché sono abolita davanti agli abissi del desiderio, scherzo sbadiglio davanti agli specchi. Poiché desidero essere una sfida maggiore più penetrante di una radiografia più scivolosa che il mercurio riscaldato mi dissolvo. (5) Mi trasportò un’ala Mi ruppe un artiglio Mi sbocconcellò un becco Gli occhi che si chiudono per me mi denudano. Ma i raggi ultravioletti di un cuore non ce la fanno a decompormi. Sono tempesta in movimento e balzo verso la morte. Come minerale e polvere penetro il calore eppure Maledizione è la mia carne Una maledizione che si riduce a colla e cenere. (6) Dalle mie tenebre raccolsi gemme di luce di stelle Le sistemai nella sua scarpa Lui disse: Non le merito Era stato sopraffatto dalla sconfitta Bruciava mordeva i suoi rimpianti. Ritornai nella mia stanza Avvistando la morte in ogni crepa Mi stesi nella pioggia che si sollevava dal suolo, Mi stirai i piedi Sprofondai i denti nel sogno strappato, Aspettai Il Secondo Avvento (7) Sempre in stato cosciente Sono e non sono non sempre, nel sogno O sono o non sono. Da dietro la tenda lo vedo. Eccolo che aspetta il tozzo di pane che possiedo ma che mi rifiuto di dargli. Ognuno di noi sta in piedi su una sponda. Un qualche dio dormiente che cerca vendetta si smosse mi trasportò su onde assenti e come un pesce mi pose nella sua bocca. (8) Inarcai il corpo Come il porcospino davanti al cane che abbaia La sete di ali migranti mi accarezzano le curve trascendono il tocco della pelle bucando i pori Pensai Domani diverrò Uccello Domani e la metamorfosi era già qui. Mi vidi indietro balzai in avanti come un ranocchio, continuai a saltellare tutta notte Mentre infine ero incollata al suolo mi chiedevo cosa ne fosse stato delle mie ali domani le aggiusto pensai e mi addormentai. In sogno mi vidi porcospino ranocchio blatta. Lui era un uccello senza ali. (9) Prima dell’amputazione dell’arto fatato chiamerò la donna formica come l’uomo fu chiamato testuggine. Non importa quanto vasta possa essere la differenza è stato accettato perché entrambi si sono osservati come tempeste indomite. Oggi Aprendo gli occhi sono folgorata. Dopo tutto questo tempo Dopo tutto il tempo Tutto è bianco Completamente bianco perfino le mie carte. (10) dal punto più infimo e buio dove ero stata impietosamente schiacciata urlai, Co… lasciami in pace! Lui era dietro un muro che mi sentiva e avanzò penetrando nella pietra. Mi prese la mano: mi portò senza che lo vedessi fuori le mura eravamo insieme. All’improvviso sparì. In quel momento e proprio lì e per la prima volta lo vidi. Stavolta urlai -Ritorna! Ma continuò ad avanzare senza nemmeno voltarsi. Lasciata sola fuori dalle mura mi sporsi dalla roccia per proteggermi. (11) Cercai l’assenza di parola in tua presenza la trovai ma non trovai nome da darle. Finsi la tua assenza per trovarle nome. Il nome del vento è vento il nome dell’amore è amore il mio nome sono io questo sentimento ha sostanza ma… Una notte lo feci ubriacare gli cercai nelle tasche trovai un pezzetto di carta. per leggerlo accesi la luce e si bruciò. (12) Diranno che imito i poeti Ma in verità, nemmeno per sogno, non ho intenzioni preconcette. Perché ho letto libri che son rimasti chiusi Ho dormito nelle ore di luce in sale d‘aspetto. Ho scribacchiato qualcosa con l’ultima punta di matita Passarono giudizio Cancellò tutto Per rettificare In seguito dissero, Non imitò Nessuno Non scrisse Affatto Tradotto dall’arabo all’inglese da Kamal Boullata dall’inglese all’italiano da Pina Piccolo Nata a Damasco nel 1946, Aisha Arnaout vive a Parigi dal 1978. Poeta e autrice di romanzi, scrive in francese ed arabo. Le sue poesie sono state tradotte in numerose lingue. Tra i suoi libri: Eau et Cendre, Fragments d’Eau, La Fontaine (insieme con Alain Gorius) e La Traversée du Blanc. http://www.jehat.com/Jehaat/en/Poets/AishaArnaout.htm