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Il Resto del Carlino Morì per legionella, due condanne «Sono

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Il Resto del Carlino Morì per legionella, due condanne «Sono
13 gennaio 2016
Il Resto del Carlino
Morì per legionella, due condanne
DUE CONDANNE a otto mesi per una morte per sospetta legionella. Si è concluso così il
processo che vedeva imputati il dirigente del Sant’Anna Ermes Carlini e la sua vice, Paola
Antonioli, addetta al servizio igiene. I due sanitari erano finiti a processo per la morte di
una paziente 71enne (avvenuta nell’ottobre del 2011) per una polmonite la cui
degenerazione, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe stata legata ad un’infezione da
legionella contratta proprio durante il ricovero al vecchio ospedale. La vicenda, dopo una
lunga e complessa fase dibattimentale, si è conclusa ieri pomeriggio con la sentenza del
giudice Franco Attinà. Carlini e Antonioli sono stati condannati a otto mesi di reclusione
ciascuno (pena sospesa e non menzione), oltre al risarcimento del danno, da definire in
altra sede. Il pubblico ministero Nicola Proto, al termine della sua requisitoria (nel giugno
scorso) aveva chiesto un anno e mezzo per ognuno dei due dirigenti.
SODDISFATTO per la decisione del tribunale il legale dei familiari dell’anziana, l’avvocato
Alessandro Gabellone. «I parenti sono soddisfatti – ha commentato al termine dell’udienza
–. Riteniamo sia stata raggiunta una verità processuale su tutti gli aspetti in questione».
Elemento centrale del processo per il decesso dell’anziana, era stato il piano di
prevenzione contro la legionella dell’azienda ospedaliera. Piano che, secondo il pubblico
ministero, «non era idoneo». Ragione per cui, sempre secondo le accuse, il nesso di
causa tra il decesso e la legionella esisteva eccome. Ulteriore prova di questo, come
aveva spiegato Proto nella sua requisitoria, era che la 71enne «quando è stata ricoverata
non aveva la legionella e dall’ospedale non è mai uscita». I difensori dei due dirigenti (gli
avvocati Andrea Toschi e Andrea Marzola) durante le loro arringhe avevano invece
sottolineato come al Sant’Anna «i controlli venivano fatti anche prima della delibera
regionale che dettava le linee guida sulla prevenzione» del batterio.
«Sono malato, voglio farla finita»
Aspirante suicida salvato da poliziotto
«SONO malato, voglio farla finita». Con queste parole avrebbe spiegato la sua volontà di
togliersi la vita agli agenti che erano intervenuti per salvarlo. Protagonista dell’episodio,
avvenuto a Cassana, lungo la ciclabile ‘Burana’, è un uomo di 67 anni. Gli agenti della
polizia di Stato sono intervenuti in via Smeraldina su chiamata di alcuni passanti che
avevano notato l’anziano intento a scavalcare la balaustra del ponte per gettarsi nel
canale. Gli agenti sono intervenuti tempestivamente – anche perché erano già in zona alla
ricerca di un altro aspirante suicida – ma hanno subito incontrato un ostacolo: una sbarra
gli impediva di proseguire con la volante. Il capo pattuglia ha così proseguito a piedi fino a
raggiungere il 67enne. L’uomo è stato tranquillizzato, convinto a desistere e
accompagnato in ospedale.
«Invalido dopo il ricovero, l'Ausl risarcisca»
VIVE COSTRETTO in un letto, attaccato a macchinari che lo tengono in vita forzandone il
respiro Cristiano Turati, 33 anni, originario di Lagosanto che finì al San Camillo per una
gastroenterite. Aveva 28 anni e qualche problema di alcol. «Vomitava, si agitava parecchio
così lo legarono al letto somministrandogli dei sedativi, senza tenerlo sotto controllo
attraverso i monitor», racconta Daniela Bizzotto, legale del Tribunale dei diritti del malato a
cui ha chiesto aiuto la famiglia del giovane, figlio unico con un padre invalido e una madre
avanti negli anni, che si barcamena in situazione difficile e dolorosa. «IL RAGAZZO non
poteva usare le mani e così, nel momento in cui si è sentito male, non ha potuto suonare il
campanello per chiedere aiuto – racconta –: è andato in arresto cardiocircolatorio. Sono
passati diversi minuti prima che se ne accorgessero, l’hanno rianimato, il fisico del giovane
ha risposto, ma i danni cerebrali si sono rivelati irreparabili». Cristiano, ridotto un vegetale,
è ospite della Salus di Ostellato, mentre il suo caso è pendente presso il Tribunale di
Ferrara, che in aprile valuterà l’intera vicenda per stabilire un eventuale risarcimento alla
famiglia. «Dopo avere tentato la via dell’accertamento tecnico preventivo, siamo approdati
in tribunale contro l’Azienda sanitaria locale – racconta –, nonostante la perizia del
consulente del giudice ravvisi una negligenza nell’assistenza prestata al paziente, tra
l’altro immobilizzato senza l’autorizzazione della famiglia, non c’è stata alcuna offerta di
transazione, neppure un centesimo». A fatto conclamato, ricorda l’avvocato Daniela
Bizzotto, ci fu un accertamento da parte del consulente dell’ospedale, che escluse ogni
responsabilità della struttura. Una visita via l’altra si è arrivati in un’aula di tribunale, che si
sperava di poter evitare. «Oggi l’Ausl chiede una nuova consulenza, francamente noi
speriamo in un epilogo positivo di questa tremenda odissea, che coinvolge la famiglia di
Cristiano – conclude –: siamo di fronte a una situazione economica precaria, la madre
riesce a fatica a spostarsi per andare a trovare il figlio, non ha una macchina, né le
possibilità di raggiungere Ostellato così spesso quanto vorrebbe. Un risarcimento non le
restituirebbe il figlio, ma se non altro le permetterebbe di visitarlo ogni volta che lo
desidera. Umanamente parlando è un’aspirazione più che legittima nonostante il quadro
clinico sia quello che purtroppo è».
La Nuova Ferrara
Legionella, condannati i dirigenti del Sant’Anna
Si è concluso ieri con due condanne a 8 mesi (pena sospesa) il processo per la morte di
Rosa Priore, la paziente 71enne deceduta il 7 ottobre 2011 al Sant’Anna di corso
Giovecca (il trasloco nel polo di Cona non era ancora avvenuto) per le conseguenze di
un’infezione da legionella. Il giudice Franco Attinà ha pronunciato la sentenza in serata a
carico del responsabile medico del modulo dipartimentale, Paola Antonioli, e del suo
superiore, Ermes Carlini, entrambi della direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera. Il
verdetto abbassa di oltre la metà la pena richiesta dal pubblico ministero Nicola Proto nella
requisitoria del giugno scorso (1 anno e 6 mesi per entrambi). Il processo si è giocato
attorno alle competenze del personale che aveva il compito di predisporre e mettere in
atto (azione, quest’ultima, a cui secondo la difesa degli imputati dovevano provvedere altri
uffici) tutte le misure di prevenzione per garantire la salubrità degli impianti e degli
ambienti sanitari. Le perizie hanno confermato che la causa del decesso è stata la
legionella e che il batterio era stato trovato negli impianti. L'infezione portò la paziente a
sviluppare una letale tromboembolia in concomitanza con una broncopolmonite bilaterale
grave secondo gli accertamenti contratta in ospedale, considerato che l’anziana era
ricoverata da 40 giorni e i tempi di incubazione della malattia variano dai due ai dieci
giorni. Le patologie pregresse di cui soffriva la donna - questa sembra anche la
conclusione a cui è giunto il giudice, che depositerà le motivazioni entro 90 giorni - non
avrebbero avuto un ruolo determinante nel decesso della paziente. Il pm Proto osservò
durante l’esposizione della requisitoria che il programma predisposto dall’azienda
ospedaliera per il triennio 2008-2010 «non faceva alcun accenno al problema legionella,
soprattutto negli aspetti relativi alla valutazione e alla gestione del rischio, secondo le linee
guida contenute nella delibera regionale approvata nel 2008» e ipotizzò che il momento di
particolare trambusto dovuto al trasloco imminente (avvenuto nel maggio 2012) dal
vecchio al nuovo ospedale potesse aver indotto a ritenere quel piano sufficiente. La difesa
dei due imputati accusati di omicidio colposo aveva ribattuto che erano previste azioni, nel
documento triennale predisposto dall’azienda ospedaliera, relative all’igiene della struttura
e in particolare alla prevenzione della legionella. «Il giudice ha inflitto il minimo della pena ha affermato il legale di Carlini, Andrea Toschi - ora aspettiamo le motivazioni per
contrastare in altra sede il pronunciamento del giudice di primo grado». Appello sicuro
anche per l’altro imputato, Paola Antonioli. «Riteniamo di avere ottime argomentazioni da
spendere al secondo grado - ha dichiarato il suo legale, Andrea Marzola - e per ottenere la
soddisfazione che non c’è stata questa sera». Soddisfatti invece per il verdetto gli avvocati
di parte civile, Alessandro Gabellone (per l’aspetto penale) e Angelo Ressa (per l’aspetto
civile). «Pensiamo che sia stata stabilita la verità dei fatti e sosterremo le nostre ragioni ad
ogni ulteriore grado di giudizio», hanno commentato ieri sera. L’azienda Sant’Anna, della
quale è stata riconosciuta civilmente la responsabilità contrattuale, ha già provveduto al
risarcimento della famiglia. Il giudice ieri ha rinviato al processo civile ogni ulteriore aspetto
relativo al danno economico.
L’Asl: lo sportello antidiabetico riapre il 14 gennaio
«La criticità organizzativa di tipo amministrativo è stata risolta attraverso la collaborazione
del personale di entrambe le aziende (Asl e Sant’Anna, ndr), che ha consentito di
anticipare la riapertura già da giovedì 14 gennaio». Da quella data i pazienti diabetici,
informa l’Asl, «potranno rivolgersi direttamente allo sportello oppure telefonare alla
segreteria del servizio diabetologico per avere gli appuntamenti delle visite di controllo per
l'anno 2016». Il disguido era stato segnalato l’altro ieri dal sindacato Fials dopo
l’esposizione di due volantini allo sportello del Centro antidiabetico della Casa della Salute
di corso Giovecca, avvisi che rinviavano la riapertura del servizio al 18 gennaio a causa spiegava il sindacato - di problemi organizzativi. L’Asl ieri ha annunciato che la data di
riapertura sarà anticipata e ha aggiunto alcune notizie sul servizio. «Il piano di
riorganizzazione, qualificazione e sostenibilità della sanità ferrarese per il periodo 20132016 approvato dalla Conferenza sociosanitaria territoriale il 26 giugno 2013 - scrive l’Asl ha previsto l'attivazione di una rete clinica per l'assistenza al paziente diabetico che si
configura come una struttura a gestione unitaria provinciale, con diverse sedi di
erogazione distribuite in tutto il territorio». Il servizio diabetologico presente nella Casa
della salute Cittadella San Rocco fa parte integrante della rete clinica, ha in carico 7000
pazienti diabetici ed effettua circa 13000 visite diabetologiche all'anno - precisa l’azienda
sanitaria - Il servizio di assistenza ai pazienti diabetici inoltre è garantito in ambito
provinciale «con tempi di attesa per le prime visite assolutamente allineati a quanto
richiesto dagli standard regionali». «Un "bell' esempio" di integrazione fra le due aziende
sanitarie ferraresi - ribatte intanto la Fials - quando la realtà fa a pugni con i proclami!
L’integrazione strutturale fra le due aziende è una ulteriore zavorra alla realizzazione di
una sanità ferrarese efficiente. Già Cona da sola ha portato un danno enorme a Ferrara conclude la segretaria del sindacato, Mirella Boschetti - e i suoi effetti nefasti graveranno
per molti anni sui cittadini tutti».
Tenta il suicidio, salvato
Su segnalazione di due passanti, una volante della Polizia di Stato è intervenuta in via
Smeraldina a Cassana, sulla ciclabile del Burana, in quanto era stato segnalato un uomo
che, manifestando intenti suicidi, stava tentando di oltrepassare la balaustra sul ponte per
gettarsi nel canale. I poliziotti intervenivano prontamente anche perché erano in zona
intenti alle ricerche di un'altra persona che aveva manifestato intenti suicidi. Giunti sul
posto si accorgevano che si trattava di altro aspirante suicida, seguito a vista da cittadini
che ne stavano segnalando la posizione al 113. Poiché una sbarra impediva alla volante di
proseguire nell'opera di avvicinamento, il capopattuglia superava a piedi l'ostacolo e
proseguiva fino a raggiungere l’uomo segnalato all'incrocio di via Smeraldina con via
Modena. Gli Agenti della Polizia di Stato entravano in contatto con l'uomo, anni 67 che,
interpellato circa le motivazioni del gesto, sosteneva di essere affetto da una patologia agli
occhi e di volersi togliere la vita. Veniva poi portato all’ospedale.
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