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management dei tessuti duri e molli nelle riabilitazioni protesiche

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management dei tessuti duri e molli nelle riabilitazioni protesiche
INTRA-NEWS
Maggio 2012
MANAGEMENT DEI TESSUTI DURI E MOLLI NELLE RIABILITAZIONI PROTESICHE DEI
SETTORI AD ALTA VALENZA ESTETICA :VALUTAZIONE DI UN CASO CLINICO
Dr. Fortunato Alfonsi, Dr.ssa Tiziana Sarrocco, Dr. Antonio Barone
L
guarigione dei tessuti molli.La fibrina è la molecola che invia nell’organismo il segnale per attirare cellule staminali e
rende più efficaci i fattori di crescita.
a perdita degli elementi dentari, indipendentemente
dalla causa, determina sempre un’ alterazione dell’architettura tridimensionale della cresta alveolare residua, da ciò ne deriva una modifica dell’aspetto estetico e
funzionale.
I fattori di crescita presenti in un coagulo di fibrina sono:
A- 100% di piastrine del sangue( 100% PDGF e TGF)
Attualmente possiamo eseguire numerose tecniche di gestione dei tessuti duri e molli al fine di ottenere un risultato riabilitativo su impianti e su denti naturali efficace e
predicibile.
Il caso presentato è riferito ad una procedura di ricostruzione ossea e dei tessuti molli in un settore ad elevato
impatto estetico.
Il paziente, M.I. di 39 anni, è giunto alla nostra osservazione
a seguito di un intervento di cistectomia in zona mascellare anteriore, eseguito nell’anno 2011 con avulsione degli
elementi 21 e 22 gravemente compromessi.
B- 65% dei leucociti= PDGF,VEGF.
C-fibrina, vitronectina, fibronectina
La tecnica è stata eseguita impiegando osso suino collagenato (Osteobiol, Tecnoss, Coazze ,TO- Italia) ed una membrana riassorbibile in collagene (Figura 3).
Il paziente presentava all’anamnesi buone condizioni di salute generale.
L’utilizzo di membrane in PRF è fortemente consigliato vista la loro maneggevolezza intraoperatoria e la facile versatilità associata al sorprendente valore biologico e biochimico.
Dopo aver accuratamente suturato i tessuti e stabilizzato
le membrane in PRF è stata eseguita un’impronta intraoperatoria per poter costruire un provvisorio avvitato rinforzato con profilo predefinito alla creazione del design finale
delle papille.
Si può notare a soli 5 gg l’ottimo aumento ottenuto a livello
orizzontale, la stabilità dei tessuti molli ed il loro trofismo,
associati ad un primo risultato soddisfacente (Figura 5 e 6).
L’esame odontostomatologico non presentava alterazioni
importanti.
Dall’esame parodontale è stata riscontrata la presenza di
un biotipo parodontale sottile, particolarmente sfavorevole (Figura 1).
Il paziente è stato monitorato per 5 mesi e protesizzato
mediante maryland bridge con FRC ancorato ai denti 11
e 23.
Nei mesi di follow-up il paziente è stato controllato ad
intervalli periodici di 15 giorni con l’intento di condizionare i tessuti molli e costruire artificialmente un sito ovate
pontic mediante modifiche sequenziali sul provvisorio.
A livello del sito interessato dalla patologia cistica residuava a distanza di 6 mesi dall’intervento un importante deficit
sia verticale che orizzontale, maggiormanete marcato nella
zona del 21.
FASE 2. Eseguita a 6 mesi dal primo intervento, ha permesso la scopertura dell’impianto perfettamente osteointegrato ed un’ulteriore correzione dei tessuti molli (in
particolare a livello del sito 21 dove ancora residuava un
deficit orizzontale).
Dopo aver scoperto l’impianto in posizione 22 e posizionata una vite di guarigione idonea, è stata eseguita una tecnica mucogengivale bilaminare con prelievo dal palato di
tessuto connettivo e contestuale innesto nel sito ricevente
opportunamante creato, incidendo con una lama 15 c fino
Dopo aver eseguito una ceratura diagnostica ed aver at- alla linea mucogengivale( l’innesto di connettivo è stato
Il condizionamento dei tessuti nella fase provvisoria raptentamente valutato gli esami radiologici di primo e se- “imbustato nelle zone da ricostruire”) (Figura 4).
presenta lo step essenziale per armonizzare e stabilizzare i
condo livello, è stato formulato il piano di cura definitivo
tessuti nei primi mesi di guarigione.
diviso in due fasi:
Le elevate aspettative estetiche del paziente, il desiderio
impellente di una riabilitazione funzionale e fonetica, hanno
indirizzato la scelta clinica per una riabilitazione implantosupportata di tipo fisso.
FASE 1. Posizionamento di un solo impianto in posizione
22 (la scelta tecnica era dettata dal deficit osseo in posizione 21 e della necessità di non posizionare due impianti
contigui in un settore ad alto profilo estetico con conseguente rischio di perdita di papilla interprossimale; tale
scelta è stata suggerita anche dall’osservazione fotografica
dell’andamento del profilo gengivale e delle parabole residue. Tale scelta è stata condizionata anche dalla relazione
inter-mascellare.
Contestualmente all’inserimento dell’impianto è stata eseIl connettivo prelevato è stato sommato a membrane di
guita la tecnica GBR con ricostruzione volumetrica ossea
PRF, Platelet Rich Fibrin ( PRF – Intralock Europa System).
tridimensionale del sito ed aumento in prima battuta del
La fibrina ottenuta grazie all’assenza di anticoagulanti è
design dei tessuti molli.
totalmente naturale ed associata ai fattori di crescita delÈ stato impiegato un impianto Intra-Lock di diametro 3,75
le piastrine, pertanto crea delle condizioni favorevoli alla
e lunghezza 15 (Figura 2).
L’ovate pontic viene realizzato modellando la porzione più
apicale del provvisorio con forma ovoidale e la porzione
vestibolare con un lieve andamento concavo, in modo tale
da sostenere i tessuti senza compressione e contemporaneamente lasciando lo spazio idoneo per la loro maturazione.
CONCLUSIONI
Il controllo del profilo dei punti di contatto e delle parabole gengivali, la modifica sequenziale con lucidatura ad intervalli di 20 giorni del manufatto, delineano l’adattamento
plastico dei tessuti ricostruiti all’emergenza dentale ottenendo nella successsiva fase protesica definitiva un risultato stabile e predicibile.
INTRA-NEWS
ASPETTI CLINICI DEL PRF
Dr. Sergio Orlandi, Dr. Giordano Fioravanti
L
e riabilitazioni implanto-protesiche nelle edentulie
sono ormai la scelta terapeutica di elezione. Spesso
però il clinico si trova di fronte a creste atrofiche in
senso bucco-linguo-palatale. Per tale motivo si sono sviluppate negli ultimi trenta anni molte tecniche chirurgiche
rigenerative che propongono interventi più o meno invasivi, (innesti autologhi ad onlay, prelievi ossei extra o intra
orali, etc.), oppure l’utilizzo di biomateriali con tecniche più
conservative (GBR con membrane in PTFE + bio-sostituto
sintetico e/o eterologo, tecniche ERE, LMSF, etc.). È chiaro
che in questo contesto riveste un ruolo importante l’utilizzo di protocolli chirurgici che garantiscano l’ossigenazione
dei tessuti, al fine di permettere la guarigione e la resistenza
alle infezioni, nonché la cicatrizzazione con restituito ad integrum degli stessi.
Dopo aver vietato nel ’78 la commercializzazione di colle
fibriniche per il rischio di epatite, negli USA la ricerca si è
concentrata nello sviluppare protocolli di produzione molecolare di fibrina autologa e di aggregati piastrinici con diverse
tecniche di manipolazione del sangue. Diversi autori (1,2,3,4)
hanno descritto l’importanza dei fattori di crescita intrinsechi a queste molecole nei processi di riparazione tissutale,
chemiotassi-cellulare, rilascio di citochine; tutti elementi
fondamentali per la formazione di tessuto duro e molle e
regolatrici dei fenomeni infiammatori all’interno dell’innesto.
Whitmann nel ’97 (8) e Marx (5) nel ’98 pubblicarono i primi studi sull’utilizzo dei fattori di crescita piastrinici sotto forma di PRP. Nel 2001, in Francia Choukroun e colleghi hanno
invece proposto una tecnica alternativa al PRP come protocollo di concentrazione di fattori di crescita in associazione
alla fibrina autologa: il PRF.
Differenze tra PRP e PRF
Il PRP, ottenuto ormai principalmente col sistema PCCS
(3I Impl Innov. FL) o col Curasan PRP kit (Curasan Pharma, Germania), viene realizzato tramite due centrifugazioni:
per ogni 8 ml di sangue prelevato è possibile ottenere una
quantità di prodotto pari a 0,6-0,7 ml (9,10,11). Per l’attivazione viene utilizzata trombina bovina e CaCL: l’improvvisa
polimerizzazione fibrinica produce enormi quantità di trombina: ciò influenzerà negativamente le proprietà biologiche
e meccaniche della matrice fibrinica producendo una rete
rigida e anelastica. Le citochine piastriniche presenti (Tgf Beta1-Igf1 e Pdgf) vengono intrappolate e rilasciate in maniera
disomogenea e la loro inattivazione è del 98% dopo un’ora.
La PPP (parte povera piastrinica), può essere utilizzata come
membrana, ma a causa del suo veloce riassorbimento, non
determina una azione valida di barriera nei confronti dell’invasione del sito da parte di cellule epiteliali (6).
I vantaggi ottenuti utilizzando il PRP sono da riscontrarsi
nell’avere una buona predicibilità del risultato, delle buone
capacità rigenerative e, solo in presenza di osso autologo,
anche capacità osteoinduttive (come dimostrato da Chiapasco e colleghi) e di buona versatilità nei metodi d’impiego.
Viceversa gli svantaggi stanno nel dover mettere in opera un
protocollo indaginoso e costoso, nonché una elevata quantità di sangue da prelevare. Infine, il reale problema da non
sottovalutare è che la manipolazione del preparato induce
importanti problematiche medico-legali per l’odontoiatra.
Il PRGF (12,13), considerato come un’evoluzione del PRP,
permette una maggior concentrazione di fattori di crescita
nel preparato: il plasma utilizzato è un cm cubo sopra la serie
rossa (PRGF+PURGF+PGF) raccolto con aspirazioni successive e il tempo totale per la preparazione è di 15/20 min.
circa. Per l’attivazione si utilizzano sempre CaCl + trombina
bovina, eventualmente mescolandovi biomateriale.Tra i vantaggi del PRGF ritroviamo le ridotte quantità di sangue prelevato ed una procedura relativamente più rapida, ma con
esclusione della componente leucocitaria; mentre gli svantaggi sono i tempi rapidi di formazione del coagulo, che richiedono velocità e notevole abilità operativa e, come per il
PRP, analoghe problematiche medico-legali per l’odontoiatra.
PRF (da 14 a 30 fonti bibliografiche)
IL PRF presenta una preparazione semplificata senza mani-
polazione biochimica del sangue.
Il protocollo di preparazione prevede una centrifuga (in genere si utilizza la Process 02 (PC02) ed un Collection Kit
della stessa ditta) e, Il sangue prelevato, circa 10ml in provetta senza anticoagulante, viene centrifugato per 12 min: in
questo modo si verifica un’attivazione piastrinica a contatto
delle pareti della provetta, innescando la cascata enzimatica; il
fibrinogeno in seguito al contatto con la trombina, si trasforma in fibrina e si dispone nella porzione centrale del preparato, esattamente tra la fase corpuscolata al fondo e il plasma
acellulare superiormente; le piastrine sono intrappolate tra
le maglie di fibrina. Un tempo ridotto tra prelievo sanguigno
e centrifugazione è la discriminante più importante per ottenere un prodotto clinicamente valido.
Il supernatante (PPP) situato allo stato liquido nello strato
più superficiale della provetta contiene, anche se in misura minore, fattori di crescita e viene utilizzato per idratare i
granuli di biomateriale o per bagnare la superficie implantare. Il PRF, situato al centro della provetta, è un concentrato
piastrinico, quindi ricco di GFS (fattori di crescita contenuti
negli Alfa granuli) intrappolato all’interno di una rete fibrinica
autologa, elastica e flessibile (per la fisiologica concentrazione di trombina); questa sostanza gelificata può essere utilizzata come tale, prelevandola con una pinzetta chirurgica
sotto forma di coagulo giallo, separandola con forbici dallo
strato inferiore rosso contenente emazie; oppure questo gel
può essere compresso tra due garze sterili per ottenere una
membrana di circa 3 cm x 1,5 cm di consistenza suturabile.
Studi di Dohan et al. hanno dimostrato come le citochine
piastriniche (PDGF, TGFBETA1 ed IgF1) sono incorporate
intimamente nell’architettura dei polimeri fibrinici; inoltre la
matrice del PRF intrappola glucosamminoglicani come eparina ed acido ialuronico, i quali presentano notevoli affinità
con alcuni peptidi del circolo ematico con spiccata capacità
di supportare la migrazione cellulare e la guarigione dei tessuti (34). In un recente articolo lo stesso Dohan, Sammartino et al. (35) hanno enfatizzato la presenza dei leucociti
e dei loro fattori di crescita (PDGF e VEGF), che vengono
rilasciati lentamente (sembra per oltre 10-14 gg.), notando
la loro assenza negli altri protocolli (tipo PRP, PRGF). Infine sempre Dohan et al. hanno dimostrato che i leucociti
in seguito alla loro azione fibrinolitica, hanno un ruolo importante nella regolazione immunitaria locale con capacità
di retro controllo dell’infiammazione e riduzione dell’infezione post-operatoria e ciò in rapporto alla degranulazione leucocitaria (30) che rilascia interleuchine (TNF- Alfa, Il1
bETA, IL6 e 4,VEGF) intrappolate nella matrice fibrinica al
pari delle citochine piastriniche. Quindi benché i leucociti
presentino attività fibrinolitica, proprietà considerata negativa da molti autori (Anitua et al., 31,32), la loro presenza
è da considerare valida nel PRF per l’indubbia attività immunitaria e biostimolante che svolgono nel sito chirurgico.
Infine riguardo le interazioni tra fibrina del PRF e cellule ossee, possiamo evidenziare come tale matrice sia un valido
supporto per il trapianto di proteine morfogenetiche (BMP)
rilasciate in maniera progressiva, come dimostrano recenti
studi di preparati muscolari, inducenti osteogenesi (41,42). I
risultati di Wiltfang et al. sono in questo senso incoraggianti,
evidenziando un miglioramento dei GF nella proliferazione
osteoblastica per il PRF rispetto al PRP (43). In merito a ciò è
possibile individuare un caso di Choukroun et al. (44) in cui
è documentato il riempimento di una cavità cistica di grosse dimensioni con PRF e completa riformazione ossea in
pochi mesi. Probabilmente il potere osteogenetico del PRF
è legato alle sue straordinarie capacità neoangiogenetiche
ed alla concentrazione dei GFS, in rapporto alla impalcatura fibrinica in esso contenuta ed alle citochine piastriniche
presenti, il tutto idoneo alla migrazione di cellule totipotenti
e all’attivazione di cellule preosteoblastiche presenti nel sito
chirurgico, aspetti fondamentali per il processo di rigenerazione ossea. In ultimo recenti studi di Zhu e Choi indicano
che la aggiunta di fibrina ai protolli di PRP migliora i risultati
istologici nella rigenerazione ossea (45).
Applicazioni cliniche PRF
Il PRF si dimostra un prodotto versatile in ambito chirurgico
grazie alle sue proprietà biologiche e per la sua facile manipolazione sotto forma di gel o membrane, che ne permettono un utilizzo nei casi di siti Post-Estrattivi, ricoperture di
innesti ossei, incorporazione con biomateriali, prevenzione e
trattamento delle perforazioni sinusali.A tal proposito studi
di Choukroun, Dohan, Sammartino et al. (36,40) dimostrano
aumento nella rigenerazione ossea intrasinusale in caso di
associazione di PRF e FDBA, nonché una compattazione
migliore senza bolle del biomateriale. Una recente revisione
della letteratura (4) farebbe pensare che l’utilizzo del derivato ematico insieme a materiale eterologo riesca a determinare ed accelerare la formazione di nuova struttura ossea.
Siti post-estrattivi
La gestione del sito PEX è particolarmente importante soprattutto perché l’osso va in contro a processi di riassorbimenti della cresta ossea residua prevalentemente nel mascellare anteriore, dove la mancanza dello
stimolo dente–associato è, spesso, causa di perdita della sottile corticale
ossea vestibolare. Per tale motivo è importante inserire nel sito PEX
materiale riempitivo e adottare misure incrementali per mantenere il
volume osseo residuo (47,48). In casi di siti PEX che mostrino recessioni
gengivali o mancanza di attacco connettivale, la gestione dei tessuti molli
avviene, per molti autori (49), utilizzando innesti connettivali come barriera biologica, viceversa l’impiego del PRF, per le sue proprietà, consente
di proporne l’impiego da solo o in associazione a differenti biomateriali
al fine di ottenere una GTR rapida, efficace, valida e con ridotta morbilità
p.o. Nei casi in cui la dimensione alveolare è tale da non permettere
l’accollamento dei lembi, la matrice fibrinica insieme al suo contenuto di
citochine piastriniche e leucocitarie, favorisce una riepitelizzazione rapida
tramite un rimodellamento accelerato dei fibroblasti gengivali che migrano su questa matrice; la presenza di interleuchine leucocitarie rende
il sito meno sensibile alle aggressioni esterne aumentando la valenza del
risultato estetico e il confort post-operatorio del paziente.
In uno studio longitudinale a 4 anni nei protocolli PEX indicati si è riscontrato un tasso di sopravvivenza molto elevato (97%) (50). In un studio
ancora più recente si è evidenziato evidenziato come impianti inseriti in
siti PEX infetti abbiano fornito esiti PARAGONABILI A QUELLI INSERITI IN SITI NON INFETTI (follow up a 24 mesi) (51).Vari altri studi
sugli impianti PEX annoverano risultati estetici favorevoli associati alla
tecnica flapless, riducendo i tempi di riabilitazione, senza necessità di una
ulteriore chirurgia muco-gengivale pre-protesica, con un rispetto della
ampiezza biologica e dei tessuti molli perimplantari attraverso un corretto posizionamento dell’ impianto (52,53).
A compendio di questi studi se ne può prospettare che l’utilizzo del PRF
aumenterebbe i risultati positivi, riducendo i rischi delle varie tecniche
chirurgiche proposte dai vari autori: ciò avverrebbe in quanto la matrice
fibrinica ed i fattori di crescita compenetrati con essa permettono il
reclutamento, la migrazione, l’adesione e la differenziazione dei precursori dei diversi tipi cellulari necessari alla ricostruzione dei tessuti duri e
molli, in tempi oltre modo più rapidi e sicuri (54).
È dimostrato come il posizionamento immediato di un impianto in un
sito PEX pur in presenza di un inevitabile rimodellamento della cresta alveolare, mostra un buon mantenimento delle pareti alveolari ed
una buona osteointegrazione impiantare, eseguendo una tecnica chirurgica d’inserimento implantare che rispetti la teca ossea vestibolare
(55,56,57,58,59,60). In tali situazioni, quando il gap tra parte coronale
dell’impianto e pareti alveolari è oltre 1,5 mm, è opportuno utilizzare
materiale riempitivo con l’ausilio di una membrana riassorbibile: in questi
casi come alternativa è possibile inserire un mix di PRF e biomateriale
con funzione di Scuffold per diminuire la contrazione ossea crestale
(bucco linguale). Studi clinici recenti insieme a risultati istologici hanno dimostrato come il collagene presente in biomateriali eterologhi, sia in grado di fornire un substrato idoneo a stimolare ed accelerare il fisiologico
processo di rigenerazione ossea, garantendo contemporaneamente biocompatibilità ed assenza di reazioni infiammatorie (61,62,63,64,65,66). In
questi casi l’utilizzo del PRF aumenterebbe i fenomeni neo-angiogenetici
e mitotici, di cellule indifferenziate (precursori dell’osso e della matrice), riducendo i fenomeni infettivi, agevolando l’operatore tramite un
aumento di coesione delle particelle del biomateriale e quindi miglior
permanenza nel sito dell’innesto effettuato.
IL PRF in membrana, come prima ricordato, aumenterebbe la riepitelizzazione del sito operato. Infine in difetti circumnferenziali con pareti
conservate e quando il gap tra cresta ossea vestibolare ed impianto è
inferire ad 1,5 mm, è ipotizzabile l’utilizzo di solo PRF in gel come riempitivo ed in forma di membrana, come barriera protettiva: ciò soprattutto
è stato da noi evidenziato in maniera clinica positivamente, in casi di Full
Arch con impianti PEX immediati, ottenendo un’ottima guarigione radiologica a 4 sei mesi, con mantenimento del tavolato osseo vestibolare
associato ad un perfetta guarigione mucosa.
CASO CLINICO n.1
Fig. 1 e 2. Avulsione del 14 fratturato e particolare del dente estratto
con frattura.
Fig. 8. Applicazione del provvisorio in resina a 48 ore dall’intervento e
sorriso della paziente
CASO CLINICO n. 3 (post-estrattivo ritardato)
Fig. 3 e 4. Fenestrazione vestibolare e alveolo chirurgico preparato palatalmente.
Fig. 1 e 2. OPT e foto pre-operatoria
Fig. 5 e 6. Inserimento dell’impianto con aggiunta di biomateriale e PRF.
Ulteriore aggiunta di PRF a copertura
Fig. 3. Evidenziazione del difetto
Fig. 7 e 8. Particolare della sutura dopo l’applicazione del provvisorio e
finalizzazione protesica a 4 mesi dall’intervento
Fig. 4e 5. Innesto di biomateriale ReOss con aggiunta di PRF e membrana
a chiusura
Fig. 9 e 10. TAC a 4 mesi dalla protesizzazione in cui si evidenzia la riformazione della teca ossea vestibolare fenestrata.
CASO CLINICO n.2
Fig. 6, 7 e 8. Sutura post-operatoria e a10 giorni dall’intervento.
Impiego del PRF nel sinus-lift
In un recente articolo (67) è stato osservato il comportamento osseo
radiografico intorno a 282 impianti inseriti in seni rialzati con diverse
variabili: osso autologo dalla cresta iliaca VS osso bovino, impianti contestuali al rialzo VS impianti differiti.A 24 mesi, la sopravvivenza implantare,
era maggiore nel gruppo riabilitato con impianti contestuali al rialzo del
seno (99,3%) rispetto a quelli differiti (96,5%); il riassorbimento osseo
crestale era significativamente minore nel gruppo trattato con osso bovino rispetto a quello trattato con osso autologo. Il PRF avrebbe un potere aggregante sull’innesto osseo soprattutto in siti chiusi come il seno
mascellare; inoltre miscelato a materiale riempitivi (autologhi, eterologhi, omologhi, etc.), il PRF funziona sia come legante dei frammenti del
biomateriale, sia per la matrice fibrinica gfs fattori di crescita, favorendo
neoangiogenesi migrazione e differenziazione di cellule osteoprogenitrici
all’interno dell’innesto (25,68) .
Anche in casi con ampiezza trasversale del seno mascellare notevole, il
rilascio progressivo e continuo di citochine piastriniche e leucocitarie
presenti nel PRF permette di ottenere ottimi risultati istologici a distanza
di soli 4 mesi in caso di rialzi notevoli (21% di osso vitale) (28). In casi
di Sinus-Lift di notevoli dimensioni, invece, è opportuno l’utilizzo di gel
di metronitazolo mischiato all’innesto insieme al PRF che darebbe una
maggiore consistenza e qualità nella rigenerazione, prevenendo disomogeneità nel materiale (air bubbles in the graft) legata a contaminazione
batterica con flora anaerobica (36,37,38,39).
In un articolo recentissimo di Simonpieri et al. (69) sono state effettuate 23 elevazione del seno in 20 pazienti con inserzione simultanea di
impianti (19 impianti Astra Tech; 33 impianti Intra-Lock Ossean). In tali
pazienti le membrane di LPRF sono state utilizzate come “picchetti” a
contatto con gli apici implantari e con la membrana del seno, mentre i
frammenti di LPRF sono stati utilizzati all’interno della cavità del rialzo,
senza alcun materiale riempitivo. Il follow up minimo è stato di due anni;
nessun impianto è stato perso; il rialzo verticale è stato in media di 10,4
mm più o meno 1,2 mm e l’osso perimplantare è risultato stabile. Questo articolo, che necessita senz’altro di altri approfondimenti, testimonia
una valida opzione chirurgica del PRF come fattore osteopromotore naturale.Al contrario un recente articolo di RSL (70) dimostrerebbe come
il PRP, solo o miscelato a biosostituti ossei, non mostrerebbe effetti positivi sulla guarigione del materiale d’innesto sinusale se non un beneficio
nella guarigione e maturazione intorno alla finestra e degli impianti.
Inoltre considerando la tecnica tradizionale di Boine e Tatum, la lacerazione della membrana di Snaider avviene con una percentuale variabile
dal 12 al 44% con una media del 20-30% per la maggior parte degli
autori (Becker 2008, Barone 2008), che si avvalgono durante l’intervento l’intervento di strumentazione rotante tradizionale.Tali dati per altro
sono da considerarsi quasi inaccettabili: un intervento su 5 va incontro a
complicanze. La riduzione di tali complicanze è avvenuta recentemente
grazie alla chirurgia piezoelettrica, che comporta una diminuzione della
frequenza di perforazioni dal 30% al 7 %, minore frequenza di lesioni
dell’arteria alveolo antrale e minor trauma chirurgico (71,72); il Prf sotto
forma di membrana a contatto con una perforazione della membrana
sinusale, presenta un rapido accollamento della stessa, senza necessita di
sutura, aumentandone integrità prima di inserire il materiale da innesto
(73).
Infine la membrana di PRF si può posizionare sopra la finestra antrale in
più strati, favorendo una cicatrizzazione più rapida, una minor introflessione della mucosa e una maggior protezione dell’innesto dalle aggressioni esterne.
CASO CLINICO n. 4
Fig. 8. e 9. Aspetto del tessuto a 180 giorni e carico protesico ad 1 mese.
Fig. 1 e 2. OPT e TAC pre-operatoria
Fig. 1, 2 e 3. Tac pre-operatoria
Fig. 10 e 11. Carico protesico e RX endorale a 2 anni dall’intervento.
Fig. 4 e 5. Sorristo della paziente e alveloi post-estrattivi con particolare
dell’avulsione dentaria
Fig. 3 e 4.Visione occlusale e laterale superiore sx
Fig. 5 e 6. Apertura della botola e iniziale innalzamento del pavimento
sinusale
Fig. 12 e 13. Carico protesico e RX endorale a 5 anni dall’intervento.
Fig. 6 e 7. Inserimento dei coping d’impronta. Realizzazione della struttura metalllica e del provvisorio in resina
Fig. 7 e 8. Preparazione della membrana dal frammento e suo inserimento nella botola
continua...
BIBLIOGRAFIA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Fig. 9 e 10. Riempimento della cavità sinusale con biomateriale e successiva applicazione di PRF sulla finestra
8.
Fig. 7 e 8 Impianti inseriti e riempimento finale con aggiunta di biomateriale e PRF a chiusura
9.
10.
11.
12.
13.
14.
Fig. 11 e 12. OPT post-operatoria e aspetto del tessuto a 7 giorni dall’intervento
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
Fig. 13 e 14.Tac a 6 mesi dall’intervento. OPT della protesizzazione a 9
mesi dall’intervento
22.
Fig. 9. OPT post-operatoria
23.
24.
25.
26.
27.
28.
Fig. 15 e 16.Tac a 12 mesi e OPT a 2 anni dal carico protesizo
Fig. 10 e 11. OPT di controllo a 6 mesi dall’intervento e protesizzazione
finale
29.
30.
31.
CASO CLINICO n. 5
32.
33.
34.
35.
Discussioni e conclusioni
Fig. 1, 2 e 3. OPT e Foto iniziali
Fig. 4 e 5. Movimento della membrana dopo scollamento con atti respiratori e inserimento del PRF.
Dalle osservazioni descritte fino ad ora e dai dati presenti in letteratura, possiamo affermare che le ricerche attuali, evidenziano
numerose possibilità d’impiego e sostanziali differenze tra il PRF
ed i concentrati piastrinici utilizzati in precedenza, evidenziando
come il PRF sia un materiale versatile in ambito chirurgico: è già
oggi possibile osservarne un suo positivo utilizzo in diversi ambiti
clinici, dalla chirurgia plastica a quella maxillo-ortopedica, dermatologica ed altre (utilizzo nella riparazione della cuffia dei rotatori,
nella chirurgia del tendine d’Achille, nel trattamento delle protesi
d’anca, nella guarigione chirurgica di ernia inguinale con Mesh, in
trattamenti cosmetici del viso, nella riparazione e rigenerazione
tissutale in ulcere da decubito e croniche, etc.).
In base a quanto sovraesposto i vantaggi sarebbero legati
• al metodo di preparazione, senz’altro più semplice rispetto a
PRP PRGF senza aggiunta di sostanze ausiliare ed estranee;
• alla formazione di una matrice fibrinica con struttura similare a quella naturale, flessibile e di buona qualità, capace di
incorporare citochine e di sostenere la migrazione cellulare,
unitamente al potente stimolo neoangiogenetico caratteristico del biomateriale insieme ad un’azione osteogenetica sulle
cellule osteoprogenitrici;
• alla concentrazione e l’attivazione lenta dei leucociti aumenta
le capacità della PRF contro le infezioni dimostrandosi un importante nodo immunologico prolungato nel tempo;
• sotto forma di membrana, il PRF permette un protezione del
sito chirurgico favorendo dai margini della ferita una accelerazione dei processi cicatriziali.
Infine gli aspetti medico linguali prevedono un utilizzo del PRF
come materiale di autotrasfusione senza incorrere in divieti costituzionali, con la speranza in un breve futuro di un adeguamento
della legislazione italiana per gli atti di prelievo e di centrifugazione
da parte dell’odontoiatra.
Per concludere si può affermare che il PRF rappresenta sicuramente un nuovo approccio alla chirurgia rigenerativa ed implantare.
Dovranno però essere ancora eseguiti ulteriori studi per poter
meglio comprendere la versatilità, i meccanismi d’azione, e le potenziali applicazioni cliniche di questo protocollo.
36.
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38.
39.
40.
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