Comments
Description
Transcript
ronnie gaubert
la rivista di macroforum.org ARTICOLI A PUNTATE gli strumenti indispensabili per fare macro NATURA parliamo di Orchidee, Cince e Geotritoni RECENSIONI UTENTI l’esperienza del laboratorio fotografico dell’associazione Mammalucco onlus RONNIE GAUBERT intervista ad un grande maestro della fotografia naturalistica Sigma 150 mm Settembre-Ottobre 2009 Tutorial e techiche di ripresa 4 Guida alla macro Flora/Fauna/Parchi 11 Ochidee 24 17 Il geotritone dell’Inglesiente La Val Roseg Utenti del forum/ Interviste 29 intervista Ronnie Gaubert 36 Incontri-Riscontri Recensioni 40 Sigma 150 mm, f 2.8 macro vuoi diventare redattore? Cerchiamo persone volenterose, capaci di dedicarsi con costanza e passione alla produzione della rivista. Se desideri fare parte del nostro team invia una mail a: [email protected] In apertura... Il refrain di una nota e leggera canzone italiana suonava “…l’estate sta finendo…e un anno se ne va…”: mancano ormai pochi giorni, infatti, a quello che poco poeticamente si chiama equinozio d’autunno, vale a dire all’inizio di una delle stagioni fotograficamente – e non solo – più belle e affascinanti che ci possano essere per un fotografo, se non la stagione per eccellenza, cioè l’Autunno. E’ tempo di fantastiche sfumature cromatiche, lampi di magica luce che illuminano i nostri paesaggi, quella luce che un fotografo naturalista cerca costantemente, con passione e fatica, di immortalare. La tecnologia avanza, gli strumenti fotografici si evolvono, ma le capacità di un essere umano di cogliere quell’attimo magico da rendere eterno per sempre rimangono gli stessi, quasi a sfidare l’inevitabile scorrere del tempo di filosofica memoria. Ben vengano le reflex digitali da milioni di pixels e tutto ciò che ne consegue, ma non dimentichiamoci che alla base di tutto c’e’ sempre la nostra comune passione e amore per la Natura e per gli esseri che la popolano: in fin dei conti, a pensarci bene, non ci emozionavamo allo stesso modo, forse di più, quando fotogravamo una bella farfalla con una “misera” reflex da 4mpx, sperando in un risultato decente, felici in ogni caso di aver passato del tempo a contatto con la Natura? Io si. La nostra speranza è che Macroforum e il suo Magazine, nel loro piccolo, riescano a far condividere con tutti le emozioni di ognuno di voi. Macromagazine Copia riservata agli utenti Ideatore: Antonio De Santis Caporedattrice e grafica: Marianna De Caro Redattori: Marco Bertolini, Antonio Biggio, Antonio Con affetto Stefano Majolatesi, Massimiliano Maura, Massimiliano Pardini, Giovanni Paulis, Silvio Renesto, Andrea Scarfò. La nostra politica Macromagazine (di seguito magazine) è un’iniziativa gratuita di Macroforum.org (di seguito forum) riservata ai soli utenti registrati al forum, non possiede carattere di periodicità e non è rivolto al pubblico, configurandosi come una raccolta di punti di vista e opinioni degli utenti iscritti al forum, con finalità di promozione della fotografia naturalistica.Con la semplice iscrizione al forum ogni utente si impegna a non diffondere presso terzi o al pubblico alcuna parte del magazine.E’ vietata altresì ogni forma di riproduzione, audiovisiva o scritta, totale o parziale, dei contenuti ( testo e immagini) del magazine, di proprietà dei rispettivi autori.L’amministratore e lo staff del forum sono esonerati da qualsivoglia responsabilità che dovesse sorgere in merito a eventuali violazioni di quanto sopra espresso, riservandosi di difendere presso le sedi opportune i propri diritti. Non percepiamo alcun compenso per quello che pubblichiamo e non è nostra intenzione pubblicizzare i prodotti menzionati negli articoli. 3 guida alla macrofotografia In questa seconda puntata parleremo degli strumenti indispensabili per fare macro di qualità IL CAVALLETTO Lo ritengo uno strumento essenziale anche se è possibile eseguire macro senza il suo utilizzo. Lo preferisco piccolo ma ben costruito, quindi di marca e possibilmente in carbonio per ovvi motivi di leggerezza e di rigidità. È bene spendere qualcosa, se si ha la possibilità di farlo, non solo per corpi macchina o obiettivi, ma anche per strumenti come il cavalletto. Dovrà avere la possibilità di aprire completamente le sue gambe in modo da poter collocare la fotocamera quasi al livello del suolo dopo aver tolto l’asta centrale, smontabile ma che spesso può essere proficuamente utilizzata. 4 In un primo momento potranno essere utilizzati anche dei cavalletti economici che spesso possono essere acquistati per pochissimi euro presso delle bancarelle o rivenditori ambulanti. Però questi cavalletti, anche se hanno l’indubbio vantaggio di essere molto economici, sono ovviamente scadenti come qualità costruttiva, tendono facilmente a rompersi e poi non hanno la possibilità di aprire completamente le loro gambe per porsi al livello del suolo. Nell’immagine che segue, viene proposto proprio un paragone tra un cavalletto di ottima fattura (quello nero) contrapposto ad uno molto economico, entrambi alla Tutorial e Techiche di ripresa massima apertura. Le frecce rosse indicano i supporti che impediscono al cavalletto economico di avere una estensione maggiore di quanto mostrato. Le diverse aperture di un cavalletto professionale 5 dell’inquadratura, infatti quando si va a stringere la leva del bloccaggio, irrimediabilmente l’inquadratura si abbassa costringendoci a ripetere l’operazione diverse volte, facendoci perdere parecchio tempo. Questo fenomeno è dovuto principalmente al peso dell’obiettivo che sbilancia in avanti il sistema obiettivofotocamera. È vero che gli obiettivi più lunghi e pesanti hanno un anello di montaggio che consente di equilibrare il peso, però rimane comunque una situazione non consona e che comporta notevoli perdite di tempo. La perdita di tempo in macro si paga in termini di soggetti che scappano o si muovono, oppure di luce che peggiora con l’alzarsi del sole. altri accessori. Possiamo notare la differenza tra un cavalletto di qualità e uno economico SLITTA MICROMETRICA LA TESTA È uno strumento che uso moltissimo. Ne utilizzo addirittura due due montate una sull’altra a 90° anche se in commercio (vedi internet) si possono trovare delle slitte già costruite per consentire il funzionamento lungo due direzioni perpendicolari. Consentono aggiustamenti sia di posizione che di messa a fuoco molto precisi. Raccomando però di curare la manutenzione della slitta in termini di scorrimento. L’utilizzo prolungato comporta l’accumularsi di polvere e detriti lungo la vite che permette il movimento. È bene quindi, ogni tanto, procedere ad una accurata pulizia con relativa lubrificazione. Anche il posizionamento della fotocamera deve essere accuratamente ponderato in modo da non squilibrare troppo la struttura e creare degli intoppi nello scorrimento dovuti a forzature. Nella foto seguente, potete vedere il sistema che utilizzo, con le due slitte montate una sull’altra a 90°. Anche in questo caso valgono le stesse considerazioni del cavalletto, è bene prendere una buona testa spendendo qualcosa, ma è una spesa ben presto ripagata. Sul mercato le opportunità sono molte ma vi suggerisco senz’altro di acquistare una testa che abbia la possibilità, una volta montata la fotocamera, di ruotarla in maniera millimetrica lungo i tre assi. Di solito questi movimenti vengono effettuati tramite tre distinte manopole, una per direzione, che agiscono su altrettanti dispositivi a cremagliera. Il movimento che assicurano è estremamente preciso, e consente spostamenti veramente millimetrici. Sconsiglio vivamente l’utilizzo di teste tradizionali, a sfera. Quest’ultime non assicurano mai un corretto posizionamento 6 Tutorial e Techiche di ripresa L’immagine di una testa a cremagliera: in evidenza possiamo notare le 3 manopole che consentono di inquadrare con facilità il soggetto La slitta micrometrica: in evidenza i perni che permettono di spostare agevolmente la nostra fotocamera 7 I due barilotti neri che si trovano all’estremità di ogni slitta agiscono si un perno a vite che consente il movimento indicato dalle frecce rosse. Mentre il barilotto dorato, uno per slitta, è un perno di bloccaggio da utilizzare per fissare il tutto una volta trovata la giusta posizione. A dire il vero, su tutto l’insieme, monto un ulteriore supporto (quella piccola piastra che vedete in alto a tutto il sistema) che mi serve per due scopi: montaggio e smontaggio rapido della fotocamera poiché utilizzo due fotocamere con due obiettivi diversi per diversi scopi macro; ulteriore sollevamento della fotocamera in modo che abbia una maggiore libertà di rotazione attorno al suo asse, questo era un problema che mi si presentava con la slitta in quanto, ruotando la fotocamera per trovare la giusta composizione, spesso questo movimento era parzialmente impedito dalla slitta. Flash wireless montato sul cavalletto 8 FLASH Non utilizzo spesso il flash, anzi i casi in cui lo faccio sono proprio pochi. Lo faccio quando ci sono zone del fotogramma che, sia per il posizionamento del soggetto, sia per la sua morfologia, risultano troppo sottoesposte con relativa perdita di dettagli. In questi casi, un colpetto di flash ben aggiustato può migliorare notevolmente lo scatto. Evito assolutamente l’utilizzo del flash incorporato alla fotocamera la cui esistenza è dovuta solo a esigenze di marketing, tanto per allargare la fascia di potenziali acquirenti dell’oggetto. Infatti le fotocamere professionali non lo montano. Io utilizzo dei flash tipo”cobra”, cioè il tipo usuale con la testa inclinabile, non montati sulla fotocamera ma in modalità wireless. Esistono delle centraline di gestione che vanno montate direttamente sulla slitta Tutorial e Techiche di ripresa Si va dal semplice cartoncino alle scatole di plastica opaca per gli alimenti adattate allo scopo. Io preferisco utilizzare uno di quei pannelli circolari che si vendono proprio nei negozi di fotografia e che servono proprio allo scopo di diffondere la luce del flash oppure fare ombra sul soggetto in caso di luce naturale troppo dura. Posiziono il pannello di fronte al flash tramite un supporto snodabile auto costruito applicato al cavalletto, a circa 20 cm dal flash. Un pannello di circa 30 cm di diametro è più che sufficiente. Flash wireless montato sulla fotocamera della fotocamera e che consentono il controllo e funzionamento di numerosi flash contemporaneamente anche se poi a noi ne basteranno al massimo due. Perché questo ? Per diversi motivi. Primo perché così posiziono il flash dove voglio, montandolo su un cavalletto dedicato allo scopo; secondo perché il flash montato direttamente sulla fotocamera può essere fonte di fastidiosi micromovimenti e il suo utilizzo potrebbe essere limitato dal cono d’ombra dell’obiettivo. Utilizzo il flash esclusivamente in modalità manuale, decido io quanta intensità di illuminazione sparare sul soggetto e a che distanza con l’ausilio di diffusori. Questi ultimi potete anche costruirli da soli, i materiali con cui farli sono innumerevoli. Posseggo, ma raramente uso, un flash anulare. Può andare bene in casi specifici, quando il soggetto si trova in una situazione tale da essere scarsamente illuminato in maniera omogenea su tutta la sua estensione. In questo caso però è opportuno illuminare bene, con un secondo flash, anche lo sfondo per non avere una foto con uno sfondo completamente nero. Da preferire quindi quei flash anulari costituiti da due flash semicircolari indipendenti, appaiati sulla stessa struttura di supporto, la cui intensità di illuminazione può essere regolata manualmente in maniera indipendente l’uno dall’altro. D’altro canto, secondo me, i flash anulari hanno uno svantaggio. Sono costituiti da una centralina installabile sulla slitta della fotocamera e dal supporto circolare collegato alla centralina da un cavo a spirale. Il tutto è alquanto pesante e può essere fonte di micromovimenti, soprattutto il cavo a spirale in bando può provocare questo inconveniente. Tenetene conto se decidete di utilizzare questo tipo di flash. Saper utilizzare correttamente il flash è una cosa molto importante. Una buona illuminazione artificiale dona profondità e tridimensionalità allo scatto. 9 PANNELLI RIFLETTENTI L’utilizzo del flash può essere facilmente sostituito da un valido surrogato: il pannello riflettente. È una superficie che riflette la luce naturale e che la dirige a nostro piacimento nelle zone del soggetto scarsamente illuminate, lo stesso principio dello specchietto con cui si riflette la luce del sole. Il suo campo di utilizzo è più ampio di quello del flash anche perché in macro le zone da illuminare sono veramente piccole e ben localizzate. Spesso un flash è sovradimensionato oltre che economicamente svantaggioso. Quindi, prima di passare all’utilizzo del flash, consiglio di imparare ad utilizzare efficacemente un pannello riflettente. Questa operazione, poi, è propedeutica all’utilizzo del flash stesso; non si può pensare di utilizzare bene un flash se prima non abbiamo imparato a utilizzare bene un pannellino riflettente. In commercio esistono varie alternative. Le più sofisticate sono quelle proposte dai negozi specializzati e che in sostanza coincidono con i pannelli diffusori circolari di cui abbiamo parlato prima. Questi pannelli hanno la possibilità di montare sopra un involucro anch’esso circolare costituito da una superficie riflettente, argentata o dorata. Ovviamente questa soluzione non è la più economica. Con lo scopo di risparmiare senza perdere nulla in efficienza possiamo utilizzare i coperchi in cartone dei contenitori in alluminio per cibi. Mi riferisco a quelle vaschette di varie dimensioni che si vendono nei supermercati. Vengono vendute con un 10 coperchio di cartone con una lamina di alluminio su uno dei due lati e vi assicuro che nulla hanno da invidiare ai costosi pannellini di cui sopra. Altra economica alternativa sono le confezioni di salmone affumicato. Al loro interno hanno un cartone che serve per conferire rigidità alla confezione. Anche questo cartone ha un lato in alluminio argentato e l’altro in alluminio dorato. Nella foto che segue, viene mostrato proprio uno di questi cartoncini al quale ho applicato un supporto per una maggiore manovrabilità. In generale, qualsiasi soluzione avrete adottato, la superficie argentata illumina in maniera neutra il soggetto mentre quella dorata scalda un poco i colori. L’unica difficoltà dei pannellini può essere quella di avere una mano occupata per tenerlo in posa. Ma anche in questo caso ci si può avvalere di un cavalletto di servizio. Stefano Majolatesi [Furio] Flora/Fauna/Parchi Orchidee belle e sensuali 11 Come tutti gli appassionati del mondo naturale ogni anno attendo con gioia l’arrivo della primavera: i primi insetti, ma soprattutto le prime fioriture si fanno largo sui nostri prati a volte ancora mal ridotti dal rigore invernale. Dalla Tussilaggine ai Crochi le piante incominciano a fiorire colorando le distese fino ai margini dei boschi! Ma le vere ed indiscusse regine di questo idillio sono le orchidee! Chi non è mai rimasto ammaliato dalla bellezza di questi fiori? Da sempre considerate simbolo di bellezza e rarità in realtà queste piante non sono così fragili come si pensa, anzi sono delle vere e proprie piante opportuniste capaci di colonizzare molti tipi di substrato. Il periodo di fioritura è molto precoce ed effimero, questo permette alle orchidee di produrre semi microscopici che grazie al vento vengono dispersi. I semi sono privi di albume e quindi per sopravvivere hanno bisogno delle ife fungali da cui prelevano il nutrimento di cui hanno bisogno. In certe specie completamente parassite come Epipogium aphyllum e Neottia nidus-avis (tipiche di ambiente di sottobosco) questo fenomeno continua per tutta la vita, infatti queste piante presentano un colore giallo-grigio sintomo di mancanza di clorofilla. La fecondazione avviene tramite entomofilia, i principali “corrieri” del polline sono farfalle, mosche api e bombi. In alcune specie, come nelle famiglia delle Ofridi, il disegno del labello associato a particolari profumi attira certe specie di insetti inducendo così l’impollinazione. Addirittura in certi casi “l’insetto di turno” è ingannato dal labello dell’orchidea che assomiglia ad una femmina recettiva: ci si posa sopra ed in men che non si dica… zac ricoperto di polline!!! Ma vediamo qualche specie in relazione al proprio ambiente. ORCHIDEE TIPICHE DI PRATI ARIDI A SUBSTRATO CALCAREO-ALCALINO Ophrys fuciflora: una bellissima e comune Ofride che può arrivare fino a 30 cm d’altezza; fiorisce fra Maggio e Giugno ed il labello assomiglia moltissimo ai propri insetti impollinatori (Imenotteri del genere Eucera e Ditteri appartenenti alla famiglia dei Syrphidae). Ophrys fuciflora 12 Flora/Fauna/Parchi Ophrys apifera Cephalanthera longifolia Ophrys apifera: simbolo del gruppo delle Ofridi si può trovare fiorita da Aprile fino a Luglio (nelle zone montane). E’ una specie che può autofecondarsi questo comporta spesso alla nascita di esemplari ipocromici (bianchi) o aberranti. Cephalanthera longifolia: orchidea molto comune dal portamento slanciato, può arrivare fino ai 60 cm d’altezza. Fiorisce da Aprile fino a Luglio con un limite altitudinale di 2000 metri. Barlia robertiana: pianta molto alta, può superare gli 80 cm. Si tratta dell’orchidea più precoce, infatti la si può trovare già a partire da Febbraio fino a Marzo, al Sud eccezionalmente anche a Gennaio. Tipica delle pinete e degli uliveti la Barlia difficilmente supera i 500 m d’altitudine. Balia robertiana 13 Hymantoglossum adriaticum: pianta robusta e molto slanciata (la più alta in Italia) può addirittura arrivare fino al metro d’altezza! La si rinviene in zone erbose (Mesobrometum) da Maggio a Luglio con limite altitudinale di 1000 metri. ORCHIDEE TIPICHE DEI PRATI UMIDI Dactylorhiza maculata: una delle orchidee più comuni in Italia con frequenti variazioni di colore dal viola al bianco. Fiorisce da Aprile fino a Luglio con un limite altitudinale di 2000 metri. Orchis laxiflora: pianta legata strettamente alle zone umide la Laxiflora prende il nome dal portamento dei propri fiori. Fiorisce da Aprile a Luglio fino ad un’altezza di 1700 m. Hymantoglossum adriaticum Dactylorhiza maculata 14 Orchis laxiflora Flora/Fauna/Parchi ORCHIDEE CHE NON NECESSITANO DI SUBSTRATI E CONDIZIONI CLIMATICHE SPECIFICHE Coeloglossum viride: orchidea molto particolare la Cimicina può arrivare fino a 40 cm d’altezza. Ha un periodo di fioritura che va da Maggio a Luglio e viene impollinata da moltissime specie di insetti dalle formiche ai coleotteri! Se non si ha un po’ “l’occhio per le orchidee”, può succedere che questa specie passi inosservata in mezzo a l’erba. Traunsteneira globosa: dall’infiorescenza, come dice l’etimologia del nome, di forma rotonda la Globosa può arrivare fino a 70 cm d’altezza. Fiorisce tra Giugno e Agosto. La caratteristica che salta all’occhio osservando i piccoli fiori di questa orchidea è la strozzatura che porta sulla cima dei “petali”. Coeloglossum viride Traunsteneira globosa 15 Limodorum abortivum Orchis x alata Limodorum abortivum: orchidea particolare che prende il nome dalla morfologia delle foglie che sembrano appena accennate e rimangono molto piccole. Si riscontra nei sottoboschi di termofile su terreni calcarei ed a volte anche silicei. Il periodo di fioritura va da Maggio a Luglio. Il nostro paese è uno dei più ricchi in specie di orchidee infatti ne sono state censite 196 con molte in costante revisione. Le regioni con il maggior numero di specie sono quelle del Sud: è famosissima e rinomata la Puglia con il suo promontorio del Gargano. Anche in Liguria sono presenti moltissime specie grazie ai diversi ambienti che vanno dalla macchia al piano montano. La situazione delle orchidee in Italia è dunque molto buona, ma bisogna continuare a tutelarle: la perdita di frammentazione degli ambienti è un pericolo molto serio a causa dell’inquinamento e dell’abbandono delle pratiche agricole tradizionali. Anche il collezionismo fa la sua parte ma per fortuna grazie alla convenzione di Washington, alla direttiva Habitat e anche alle leggi regionali questi bellissimi fiori godono di protezione totale. Abbastanza facilmente girando alla ricerca di orchidee ci si può imbattere in specie molto particolari e di difficile classificazione… gli ibridi! Gli ibridi delle orchidee sono molto frequenti fra i generi Orchis, Dactylorhiza, Serapias e Ophrys e producono solitamente nuovi esemplari interspecifici. Ma questo non avviene sempre, a volte possono nascere ibridi fra generi differenti! Quest’ anno in primavera mi è capitato di imbattermi in quest’esemplare di ibrido fra Orchis laxiflora e Orchis morio chiamato Orchis x alata, è stata una gran bella sorpresa! 16 Marco Bertolini [Shunkamanitotanka] Flora/Fauna/Parchi geotritone dell’Inglesiente Conosciamo meglio questo piccolo anfibio che vive in alcune grotte della Sardegna Carta d’identità Nome scientifico: Speleomantes genei (Temminck & Schlegel, 1838) Nome italiano: Geotritone dell’Iglesiente o Geotritone di Genè Phylum: CHORDATA Classe: AMPHIBIA Ordine: URODELA Famiglia: PLETHODONTIDAE La Sardegna, come buona parte dell’Italia, è ricca di grotte e gallerie minerarie, oggi frequentate da numerosi turisti. Questi ambienti, bui ed apparentemente inospitali brulicano di vita, ospitando esseri viventi variamente adattati alla vita ipogea. Possiamo distinguere in tre categorie la fauna che popola grotte e gallerie: troglosseni, troglobi e troglofili. Ai primi appartengono quegli animali che si trovano solo per caso in questi habitat (es. volpi), mentre ai secondi possiamo associare tutti quelli che hanno sviluppato un alto grado di adattabilità, come ad esempio i coleotteri. Nel nostro reportage ci occuperemo dei troglofili, ed in particolare dei geotritoni. 17 I geotritoni sono anfibi urodeli, simili alle salamandre, appartenenti al genere Speleomantes. Ne esistono complessivamente sette specie, di cui tre localizzate in Italia centro-settentrionale e in una piccola area della Francia sud-orientale e quattro endemiche della Sardegna. Questi piccoli anfibi fanno parte della cosiddetta fauna minore e non essendo esteticamente bellissimi sono spesso vittime delle leggende metropolitane; è frequente sentire qualche presunto esperto dire che vanno evitati perché il contatto con la loro pelle provoca ustioni o altre baggianate di questo genere. Di vero c’è che qualche specie se minacciata emette un odore poco gradevole per allontanare la fonte del disturbo. Tutti i geotritoni hanno arti anteriori con quattro dita e posteriori con cinque; le dita hanno terminazioni a ventosa e gli permettono di arrampicarsi su superfici lisce. Un piccolo geotritone al “cospetto” della batteria della D700 Questi anfibi sono caratterizzati dall’assenza di polmoni pertanto la respirazione avviene attraverso la cute, riccamente vascolarizzata, ma anche attraverso l’apparato boccale. Le dimensioni variano, a seconda della 18 specie e del sesso, tra i 10 e i 15 cm; la differenza fra i due sessi si manifesta nelle dimensioni infatti la femmina e’ più grande del maschio. Si cibano soprattutto di insetti (larve e adulti), crostacei, molluschi e aracnidi che catturano srotolando fulmineamente la lunga lingua che può essere proiettata fino a 5-6 cm di distanza. Le varie specie sono molto simili fra loro e spesso, per i meno esperti, l’unica nota distintiva è l’areale di provenienza. In questo lavoro abbiamo concentrato l’attenzione sul Geotritone dell’Iglesiente Speleomantes genei. In passato le specie presenti in Sardegna facevano tutte capo a S. genei ma in seguito ad una revisione tassonomica, basata sulle distanze genetiche, si è arrivati alla suddivisione attuale in quattro specie con differente localizzazione geografica. Il Geotritone dell’Iglesiente è quello che occupa l’areale più meridionale dell’isola (l’Iglesiente è una sub regione localizzata nella Sardegna sudoccidentale ed è una delle terre emerse più antiche d’Europa) ed è quello che presenta le maggiori differenze genetiche, al punto che le altre tre specie isolane hanno più affinità con i geotritoni peninsulari piuttosto che con esso. Lo S. Genei è il più piccolo tra le quattro specie sarde: le femmine adulte arrivano fino ad un massimo di 12.5 cm circa, mentre i maschi a 11.5 cm. La colorazione dorsale è caratterizzata da una notevole variabilità cromatica che va dal grigio marmorizzato al brunastro, con macchie giallastre irregolarmente diffuse, inframmezzate da punti scuri. Il ventre è biancastro. La specie predilige ambienti con alti tassi di umidità quali grotte, miniere abbandonate, anfratti rocciosi in pareti esposte a Flora/Fauna/Parchi Geotritoni in un momento del rituale del corteggiamento Nord o zone ombrose particolarmente umide. Talvolta in presenza di condizioni meteorologiche favorevoli, quali ad esempio quelle prodotte da piogge continue di bassa intensità, è possibile osservarlo all’aperto mentre si muove senza difficoltà sulle rocce calcaree rese viscide dall’umidità o comodamente adagiato su fitti muschi. Lo si rinviene dal livello del mare (il sito più basso finora conosciuto si trova a 8m) fino ad un’altitudine di 900 metri circa. Normalmente vive in ambienti con temperature comprese fra i -4 e i 15° C. Si riproduce due volte l’anno, con accoppiamenti alla fine dell’autunno e in primavera senza dipendere dalla presenza dell’acqua. Durante la fase del corteggiamento il maschio si sdraia sulla femmina coprendola con parte del proprio corpo ma non esiste accoppiamento vero e proprio; il maschio, dopo il corteggiamento, depone sul terreno davanti alla femmina una sorta di sacca contenente gli spermatozoi che assomiglia ad un ammasso di gelatina. Questa viene prelevata dalla femmina e fecondata. La deposizione delle uova (6 – 8 collegate tra loro a mo’ di collana da materiale gelatinoso) avviene sul terreno sabbioso o in profonde fessurazioni della roccia. I giovani alla nascita sono lunghi circa 2 cm, sono simili agli adulti e si sviluppano lentamente senza metamorfosi. Va segnalato che, ad oggi, si conoscono solo due casi in cui siano state rinvenute le uova di questa specie; il primo fu pubblicato nel 1966 ma le uova vennero prelevate e conservate in formalina. Il secondo risale alla primavera del 2005 e fu monitorato fino alla nascita dei piccoli. 19 Lo S. genei è la specie più antica fra i geotritoni sardi e le sue origini sono antecedenti al Miocene (oltre 24 milioni di anni fa). Ha un areale piccolo (600800 km2) e frammentario che ne mette a rischio la sopravvivenza, ma localmente può essere molto abbondante e in grotte o gallerie minerarie di poche decine di metri è possibile trovare fino a un centinaio di individui. I geotritoni sono specie protette da convenzioni internazionali, leggi nazionali e, in Sardegna, regionali (che prevedono addirittura una sanzione amministrativa piuttosto onerosa per ogni esemplare catturato illegalmente). Queste forme di tutela non paiono però sufficienti e tutte e quattro le specie sarde sono preda di collezionisti senza scrupoli che le prelevano illegalmente a fini amatoriali, commerciali o “pseudoscientifici’’. Ai fattori di minaccia già citati per tutte le specie di Speleomantes, per il Geotritone dell’Iglesiente bisogna aggiungere un deprecabile sistema di messa in sicurezza dei siti minerari dismessi che prevede la chiusura con muri in mattoni o calcestruzzo Giovanni Paulis, alias Longufresu 20 dell’imboccatura delle gallerie minerarie. In tal modo si genera un vero e proprio disastro ecologico e gli animali che frequentano questi ambienti (in particolare pipistrelli, discoglossi, raganelle e geotritoni), non avendo più sbocchi verso l’esterno sono destinati a morte sicura. WORKFLOW FOTOGRAFICO Fotografare in ambienti ipogei presenta diverse difficoltà che sembrano essere ripetitive ma in realtà sono sempre differenti. La luce, elemento essenziale per la fotografia, nelle grotte e nelle gallerie è quasi o del tutto assente: fortunatamente al fotografo viene incontro la tecnologia, con la luce artificiale dei flash che in questi casi risulta fondamentale per una buona riuscita dello scatto fotografico. Gli spazi angusti, il terreno scivoloso, l’elevato tasso d’umidità e le temperature non ottimali rendono la vita del fotografo abbastanza difficile. Noi abbiamo cercato di utilizzare attrezzatura specifica ma anche trovando soluzioni tampone che ci hanno consentito di operare con un minimo di comfort. L’ a t t r e z z a t u r a fotografica utilizzata ha compreso 3 reflex (Nikon D200, 300 e 700) nelle quali si sono alternate diverse ottiche macro (60/2.8 afd, 105/2.8 afs Vr e 200/4 afd) e persino un tele zoom piuttosto spinto (200-400/4 afs Vr); completavano il Flora/Fauna/Parchi Geotritone ripreso all’interno di un foro di mina; si tratta di uno dei fori nei quali venivano introdotti i candelotti di dinamite che componevano la “volata” il cui scopo era quello di frantumare la roccia per proseguire nello sfruttamento del giacimento minerario. nostro bagaglio tre lampeggiatori (due SB 800 ed un vecchio ma funzionale SB 26), i cavi sincro per i flash (usati pochissimo in quanto i lampeggiatori funzionavano benissimo in wireless) e gli scatti remoti. D’obbligo l’uso del treppiedi, nello specifico dei Manfrotto (190 X pro B, 055 nat e 055 in carbonio) tutti equipaggiati di teste a sfera (Markins M20, Arca Swiss Z1 sp e Manfrotto Eavy duty ball). A tutto ciò abbiamo aggiunto alcune lampade frontali a led ed una lampada tradizionale (sempre a led), che abbiamo utilizzato una volta entrati in questi ambienti bui per cercare i nostri soggetti e per posizionare al meglio l’attrezzatura, quindi per inquadrare e mettere a fuoco il soggetto ripreso, cosa non semplice, in quanto esso potrebbe muoversi nel tempo che intercorre tra il togliere la lampada e lo scattare con il flash. Le indicazioni dell’esposimetro in questo caso servono a poco, normalmente si ottengono buoni risultati con i tempi syncro del flash e facendo diverse prove per trovare la giusta quantità di luce da far arrivare sul 21 soggetto. Meglio usare un diffusore, sia per avere una luce non puntiforme sia per avere delle ombre meno nette ed attenuare il lampo sullo sfondo che normalmente risulta riflettente per l’umidità e l’acqua presente nelle pareti delle grotte. Trovare il giusto parallelismo tra soggetto e macchina fotografica, per una buona messa a fuoco, non è semplice: il corpo dei Antonio Biggio, alias Antonio1973 geotritoni si plasma bene con le irregolarità delle pareti, con la conseguenza di una messa a fuoco selettiva, spesso non voluta. Nonostante le difficoltà sopracitate, si ottengono ugualmente dei buoni risultati, sopratutto grazie alla pazienza che generalmente contraddistingue il 22 macrofotografo. Non dimenticandoci però di essere anche degli amanti della natura, non abbiamo insistito troppo su di un singolo soggetto, perché questi animali vivono la loro esistenza al buio e le nostre luci artificiali, oltre a dargli fastidio. potrebbero arrecargli dei seri danni all’apparato visivo. Ci eravamo imposti di non spostare e manipolare i soggetti e lo abbiamo fatto, di conseguenza il lavoro è stato più lungo e difficoltoso ma più appagante. Normalmente, una volta scelto il soggetto, posizionavamo il treppiede, valutavamo la lente più adatta, poi sistemavamo i flash e le lampade per schiarire le ombre create dal/dai lampeggiatori; in qualche caso Flora/Fauna/Parchi abbiamo dovuto scattare a mano libera poiché non era materialmente possibile utilizzare il treppiede. Le location, tutte localizzate all’interno della spettacolare Foresta Demaniale del Marganai (presso Domusnovas in prov. di Carbonia-Iglesias), sono state tre e tutte molto differenti fra loro: la Grotta di San Giovanni (una delle 3 grotte a galleria al mondo attraversata da una strada carrozzabile lunga circa 900 m), la grotta di Sa Crovassa de Pranu Pirastru che presenta una piccola parte a sviluppo orizzontale (nella quale ospita siti di nidificazione di Piccioni torraioli, Rondoni maggiori e Pigliamosche ma frequentata anche dal Falco pellegrino del quale abbiamo trovato i resti del pasto) e una voragine profonda oltre 60 metri. Infine una galleria mineraria dismessa nella quale abbiamo patito parecchio sia per il freddo intenso (all’aperto c’era una temperatura di 36 gradi mentre all’interno si scendeva bruscamente sotto i 15 gradi e con tasso d’umidità superiore al 90%) sia per gli spazi estremamente ridotti. In tutti i siti non abbiamo avuto grandi difficoltà nel trovare i soggetti quanto piuttosto nel trovarli in situazioni favorevoli o interessanti. Fra gli scatti più interessanti e difficili da realizzare, merita il primo posto quello del geotritone ritratto all’interno di un “foro di mina”, ovvero un foro che ospitò uno dei candelotti di dinamite che componevano “la volata” con la quale si faceva saltare la roccia per proseguire nello sfruttamento della galleria mineraria. Riprenderlo non è stato semplice; per illuminarlo abbiamo usato solo la luce della lampada frontale, (impossibile usare il flash, nemmeno fuori slitta) e abbiamo dovuto effettuare numerosi scatti perché il geotritone si muoveva e tantissime foto presentavano mosso o micromosso. In totale abbiamo effettuato 6 uscite passando circa 15 ore nel sottosuolo; è stata un’esperienza unica: emozionante, divertente e faticosa. Abbiamo vissuto momenti bellissimi dal punto di vista naturalistico, riso a crepapelle per qualche piccola disavventura e faticato parecchio impegnandoci stracarichi di attrezzatura in sentieri ripidi e impervi e superando numerose difficoltà impreviste che affrontate con goliardia ci hanno fatto spesso pensare al film “Viaggio al centro della terra”. Giovanni Paulis [Longufresu] Antonio Biggio [Antonio 1973] Bibliografia · CAREDDA S. (2005) - Gli animali della Sardegna – Anfibi, rettili, mammiferi - Ed. Il Maestrale · SECCI A. Status e distribuzione delle quattro specie di geotritoni (Speleomantes ssp.) presenti in Sardegna - WWF Sardegna · PAPINUTO S. (2005) - Sul ritrovamento e il monitoraggio di una nidiata di Speleomantes genei (Temminck & Schlegel, 1838) in una galleria mineraria dell’Iglesiente – Sardegna speleologica n. 22 23 Val Roseg e il sentiero delle cince la Un luogo da favola dove passeriformi e uomo hanno un rapporto davvero speciale... 24 Flora/Fauna/Parchi I piccoli passeriformi sono animali deliziosi da fotografare, sia per il loro aspetto simpatico che per i loro colori. Deliziosi ma difficili da riprendere come si deve, per due motivi: come tutti gli uccelli, sono animaletti ad un metabolismo molto elevato quindi attivissimi, hanno l’argento vivo addosso e non stanno fermi che per pochi secondi; in secondo luogo perché sono, soprattutto dalle nostre parti, molto diffidenti e non si lasciano avvicinare. Non saprei dare loro torto visto l’abitudine mimetizzato, stando assolutamente immobile e silenzioso (addirittura ho avvolto una sciarpa mimetica attorno all’obiettivo). Se non abbiamo la disponibilità del capanno e di un lungo tele o non siamo espertissimi nell’avvicinamento silenzioso, possiamo tentare la fortuna, accontentarci dei pettirossi che sono un po’ più confidenti e curiosi degli altri piccoli passeriformi. Oppure...possiamo andare appena oltre il confine, in Svizzera, e La cincia Bigia Brianza delle “bresciane” (che non sono delle signore di Brescia, ma delle reti usate per catturarli) e della doppietta. Quindi i passeriformi di oggi sono diffidenti verso l’uomo, quelli più fiduciosi sono finiti in pentola da lungo tempo. Per riprendere questa Cincia Bigia in Brianza, ho dovuto usare una focale da 500mm (300+1.7x), attraverso una feritoia da capanno percorrere il “Sentiero delle Cince” della Val Roseg, a Pontresina. La Val Roseg a mio parere costituisce un’occasione rara per poter imparare a fotografare questi piccoli volatili senza doversi sobbarcare l’acquisto di ottiche costose o di appostamenti in capanno. Infatti, lungo questo 25 La Cincia Mora sentiero che dalla stazione di Pontresina va a St. Moritz, è disposta una serie di mangiatoie che vengono regolarmente riempite, a cui gli uccelli si alimentano abitualmente, soprattutto d’inverno. Gli uccelli sono così assuefatti alla presenza umana che basta usare un minimo di accortezza, come evitare di fare chiasso e movimenti bruschi, che si avvicinano in modo impensabile per qualunque luogo io conosca in Italia. Questa cincia mora l’ho ripresa lungo il sentiero, senza alcuna copertura, posata a meno di tre metri da me. COME ARRIVARE Per arrivare a Pontresina, si passa il confine con la Svizzera e ci si dirige verso St. Moritz, oltrepassando e poi si seguendo le indicazioni per Pontresina. Arrivati nei pressi della cittadina, non si deve entrare in paese, ma lasciare l’auto nell’ampio parcheggio appena fuori, vicino alla stazione del trenino. Da qui partono vari sentieri che portano nel bosco, il 26 “Sentiero delle Cince” è quello in piano, che inizia accanto al piccolo giardino delle erbe della Ricola (sì, proprio quella delle caramelle) dove in primavera è possibile osservare numerose piante aromatiche. Il sentiero è facilissimo e percorribile anche con i bambini (tenendoli ovviamente d’occhio). Oltrepassato il binario del trenino, (attenzione ad attraversare perché non c’è nessuna sbarra né segnale) si entra nel vivo del percorso, perlomeno per chi vuole fotografare. Per riprendere le cince e gli altri uccelli si può fare in due modi: ci si può appostare vicino ad una delle mangiatoie strategicamente disposte lungo il sentiero ed inquadrare i rami che vengono usati dagli uccelli come posatoi per qualche secondo intorno alla mangiatoia, oppure, e forse meglio, si può portare con sè un sacchetto di semi e disporli in modo accorto Flora/Fauna/Parchi su o vicino ad un buon posatoio (le arachidi spezzettate risultano essere irresistibili, ma anche i semi di girasole sono molto graditi, i semini piccoli tipo miglio invece vengono solitamente ignorati). Una volta scelto il posto, ci si ferma e si aspetta. D’inverno il risultato è garantito. Addirittura le cince bigie sono quasi impudenti, vengono loro a vedere se hai da mangiare. Si riesce anche a farsele posare sulla mano, sulla testa, dove volete... una volta una cincia bigia mi è entrata nel sacchetto dei panini ! Le specie che si possono fotografare dal sentiero non sono moltissime, ma sono interessanti: Cinciallegra, Cincia Bigia, Cincia mora, Cincia dal ciuffo, Picchio muratore, Nocciolaia e quest’anno ho fotografato anche dei fringuelli. D’estate ho visto un codirosso. Lasciando il sentiero si possono fare anche altri incontri, ma paradossalmente diventa più difficile vedere gli animali, perché il contesto è meno favorevole. Oltre agli uccelli, lungo il sentiero è’ possibile anche incontrare lo scoiattolo europeo, (più bello e purtroppo minacciato da quello grigio, importato dall’America) che di solito in montagna assume un colore molto scuro, quasi nero, ma si possono incontrare anche esemplari del tipico colore rosso. Anche gli scoiattoli sono abbastanza confidenti (meno che gli uccelli) e si avvicinano molto più che dalle nostre parti. Nota bene: ho scritto che si avvicinano , non che si fanno avvicinare, se vi muovete voi fuggiranno. Se eviterete movimenti bruschi o rumori improvvisi, potrete riprenderli da vicino nella loro classica posa “seduta” con la nocciola fra le zampine (quindi portatevi anche un po’ di nocciole, perché la foto di uno scoiattolo con le arachidi farebbe proprio schifo...). Nel bosco non mancano gli ungulati (Caprioli) ma non si avvicinano anzi, di solito non si fanno proprio vedere. La stagione migliore per fotografare a Pontresina è l’inverno, perché gli uccelli e gli scoiattoli in quella stagione hanno pochissime fonti di cibo alternative a quello delle mangiatoie o che gli offrite voi, per cui arrivano più numerosi e osano di più. 27 EQUIPAGGIAMENTO L’equipaggiamento adatto per fotografare a Pontresina dovrebbe includere anche un buon zoom grandangolare, perché lungo la strada per Pontresina si possono vedere gli splendidi laghi dell’Engadina che d’autunno sono una festa di colori, ed anche lungo il sentiero stesso ci sono scorci panoramici interessanti, consentendoci qualche bella foto di paesaggio. Per gli uccelli, consiglierei un tele o uno zoom-tele di qualità, non eccessivamente lungo, 300mm sono più che sufficienti. L’obiettivo più utile secondo me è uno zoom 80400 (Nikonisti) o 100-400 L (Canoniani) perché anche se non lo userete molto a 400mm, la stabilizzazione ci permette di poter scattare a mano libera o appoggiati ad un tronco, senza essere troppo legati al cavalletto e di variare rapidamente la lunghezza focale. Utilissimo un flash da dosare opportunamente. Non occorrono abiti mimetici. Ovviamente, anche se il sentiero è facile, sempre meglio avere gli scarponi da montagna. D’inverno la neve può essere alta e fare molto freddo (quest’anno a Gennaio ho scattato a -16°C). Pontresina e’ dunque un paradiso fotografico? Quasi, ovviamente, come tutte la località, ha anche i suoi problemi: Luce il sentiero è lungo una valle non orientata est-ovest, per cui la luce arriva tardi e va via presto, inoltre trovandosi in un bosco fitto, non è semplicissimo selezionare uno sfondo omogeneo, o comunque non pesantemente chiazzato di chiaroscuri. Occorre fare un po’ di 28 Il Picchio Muratore attenzione nel selezionare la posizione nostra e quella del il posatoio. La gente il sentiero è facile per cui è sempre piuttosto frequentato. L’inverno è la stagione più affollata di turisti, a volte con cani al seguito (e in questo caso addio uccelli per almeno un quarto d’ora), molti educati, ma non tutti. a volte sono chiassosi (non capisco come si faccia a camminare in montagna, nel silenzio di un bosco, facendo casino, ma la gente è varia...). Insomma La Val Roseg è un luogo particolare, come l’Oasi di Torrile, costituisce un’ottima palestra per imparare a riprendere ardeidi ed altri uccelli palustri, così la Val Roseg rappresenta un’occasione rara per fotografare da vicino i piccoli passeriformi di media montagna, dando sicure soddisfazioni anche a chi non ha l’esperienza oppure non può permettersi lunghe focali molto costose. Silvio Renesto [akaWendigo] Utenti del Forum/Interviste Ronnie Gaubert Un maestro della fotografia naturalistica e il più grande sostenitore della close-up photography 29 Chi è seriamente appassionato di macrofotografia, o più semplicemente di fotografia naturalistica, quasi certamente ha sentito parlare di Ronald (Ronnie) Gaubert, fotonaturalista statunitense famoso nel mondo per la bravura con cui ritrae le piccole e grandi meraviglie naturali del suo paese, la Louisiana. Come tutti i grandi fotografi, Ronald Gaubert ha sviluppato uno stile personale che rende inconfondibili le sue immagini soprattutto le macro, per le quali va giustamente famoso. Le macro di Gaubert is distinguono sia per l’eleganza e la essenzialità della composizione, che per la tecnica singolare, direi in controtendenza,: infatti Gaubert fa macrofotografia con dei tele anziché con obiettivi macro, un metodo che gli permette di ottenere effetti particolari di sfuocato e che ultimamente sta raccogliendo molti consensi. Naturale quindi essere un po’ curiosi su di lui e sul suo modo di lavorare, per cui ho pensato di proporgli un’intervista per il nostro piccolo ma grande magazine. Con grande cordialità e semplicità Ronnie ha subito accettato di fare quattro chiacchiere con noi. Vuoi presentarti ai lettori di Macromagazine? Mi chiamo Ronald Gaubert, ma quasi tutti mi chiamano Ronnie. Sono nato il 3 Ottobre 1951 nella cittadina di Destrehan, in Louisiana (USA), che si trova sulle rive del Mississippi. Fin da ragazzino ho cominciato ad esplorare la grande varietà della natura lussureggiante delle paludi e nelle foreste umide che crescono lungo il fiume. La mia passione per la fotografia ha avuto inizio quando avevo più o meno 17 anni, quando ho cominciato a fotografare in bianco e nero. Da lì ho proseguito con la pellicola a colori e le diapositive. Dopo aver sperimentato fotocamere di molte 30 marche, mi sono finalmente fermato sul sistema Nikon verso il 1975. Ho acquistato la mia prima reflex digitale, una D100, nel Dicembre del 2002. L’ho usata per quasi quattro anni, finché non sono passato alla D200 nell’Agosto 2006. Sebbene io sia conosciuto soprattutto per la mia fotografia ravvicinata, mi piace moltissimo anche la fotografia agli uccelli e di paesaggio. Quando hai cominciato con la macrofotografia? Hai avuto qualche maestro, ti sei ispirato a qualcuno? Il mio interesse per la macrofotografia, o meglio per quella che io preferisco chiamare fotografia ravvicinata (closeup photography n.d.t) risale a quando ho cominciato a fotografare, nel 1968. Non posso dire che un fatto o una persona abbiano realmente ispirato il mio stile fotografico. Non sono mai stato uno a cui piaceva leggere libri, infatti non ho mai Utenti del Forum/Interviste letto un libro di fotografia. Per chissà quale motivo, la fotografia era nel mio DNA. Mi ha preso da giovane e non mi ha mai lasciato. Mi diverto addirittura di più oggi di quando ero ragazzo. “Credo che chi guarda le mie immagini provi le mie stesse sensazioni” Il tuo metodo di fotografare in macro è piuttosto insolito, infatti usi raramente, se li usi, obiettivi macro, piuttosto preferisci usare teleobiettivi accoppiati a tubi di prolunga, che vantaggi hai con questo metodo? Non senti la necessità di rapporti di riproduzione più elevati? Oggi si vedono sempre più fotografi usare lunghe focali per la fotografia ravvicinata. Anche se possiedo in 55mm ed un 105mm macro, li uso raramente per le mie foto. Trovo nella maggior lunghezza focale del 300mm una superiore flessibilità per il mio lavoro. Capisco che non per tutti potrà andar bene, ma per il mio stile di fotografia è perfetto. Non ho mai provato il desiderio di fare foto al rapporto 1:1. Preferisco largamente riprendere soggetti più grandi. Il mio stile si basa soprattutto sulla composizione e la luce ambiente, quando fotografi al rapporto 1:1 o superiore, si deve usare soprattutto il flash e la composizione non è più un fattore così importante. Non ho nulla contro la fotografia a quegli ingrandimenti, infatti mi piace, ma non è il mio interesse principale. 31 32 Utenti del Forum/Interviste Cosa cerchi nella macrofotografia, quali emozioni, sensazioni o conoscenze, vuoi trasmettere alla gente con le tue foto macro? Questa è una domanda difficile, perché non ci ho mai pensato molto in quanto io fotografo per suscitare in me stesso emozioni e sensazioni. Quando fotografo, i pensieri di chi guarderà la foto non passano mai per la mia mente. Però credo che chi guarda le mie immagini provi le stesse sensazioni che ho provato io. Sono molto convinto di condividere le emozioni della amggior parte dei macrofotografi per quel che riguarda soggetti, composizione e luce. Questo fa di noi ( macrofotografi n.d.t.) un categoria molto particolare di fotografi. Se non sbaglio, con questa attrezzatura non puoi riprendere dettagli minuti dei tuoi soggetti. Questo tipo di “macro estrema” non rientra nei tuoi interessi? Sì, col mio set non riesco a riprendere dettagli ad un rapporto di riproduzione superiore ad 1:3. Come ho detto prima, non mi interessa. Mi sento a mio agio con soggetti più grandi, ho più flessibilità per quel che riguarda luce e composizione. Fai molta postproduzione o applichi dei crop (ritagli) importanti? Non ritaglio molto. Col 300mm non ho motivo per non riempire il fotogramma con il soggetto. Per questo è il mio obiettivo preferito, in quanto non devo avvicinarmi troppo al soggetto per riempire il fotogramma. Posso tenermi a distanza di sicurezza per non disturbare i soggetti. La postproduzione varia molto da immagine ad immagine. Per rispondere alla domanda direi che faccio un minimo di postproduzione sulle mie foto. Percorro grandi distanze per ottenere le migliori immagini possibili direttamente sul campo. Sono pronto a non fare lo scatto se le condizioni non sono favorevoli. Una delle (molte) ragioni per cui le tue macro sono così belle è la luce stupefacente che riesci a cogliere, vuoi dirci qualcosa a proposito? Quali sono le ore del giorno che preferisci? E a proposito dell’uso del flash? Il mio motto (lett. le parole per cui vivo) è: “Conta meno il soggetto e di più la luce e la composizione”. Sono molto esigente nelle preferenze riguardo le condizioni di luce. Il momento della giornata che preferisco è dalle prime luci a circa mezz’ora dopo l’alba. E’ un breve intervallo di tempo che ti mette sotto pressione nella ricerca dei soggetti. Fotografo anche nel tardo pomeriggio, ma normalmente il vento diventa un grosso ostacolo in quelle ore. La luce del primo mattino produce una luce indiretta e diffusa che secondo me non ha rivali. La luce diretta delle ore diurne semplicemente produce troppe ombre dure e chiazze luminose. Uso raramente il flash. Le sole volte in cui uso il flash è come luce di schiarita e uso solo il flash incorporato nella mia D200. Non uso flash esterni nel mio lavoro. Io personalmente credo non ci sia nulla di simile alla luce ambiente naturale. Un’altra ragione per l’eccellenza dei tuoi scatti è quella che definirei un’eleganza unica nella composizione, un sottile equilibrio tra forme e colori. Questa capacità di “vedere”, può essere imparata in qualche modo? Sono fermamente convinto che ciascun 33 34 fotografo debba sviluppare il suo stile personale che lo soddisfi. Puoi imparare dagli altri, ma non devi tentare di imitarne lo stile. Sono convinto che il talento per la composizione, l’abilità di vedere, siano un dono naturale. Possono essere insegnati fino ad un certo punto, ma è compito Quanto tempo impieghi nella ricerca dei soggetti? Bella domanda, vorrei avere una bella risposta! Varia ad ogni uscita, Certe mattine i soggetti sembra che ti saltino addosso, altre invece sembra che non ci sia nulla di vivo nei campi. Per ogni insetto che trovo, sono convinto che ce ne siano altri 100 dell’allievo raffinare ulteriormente le proprie abilità. Il miglior consiglio che mi sento di dare è di sperimentare e usare un attrezzatura e soggetti semplici. Non cercate di fare i sofisticati con l’attrezzatura e con i soggetti. Riuscire nella macrofotografia non è così facile come può sembrare. Niente è peggio che spendere un mucchio dei soldi duramente guadagnati e scoprire che non è cosa per te. che non vedo. Gli insetti possono essere molto elusivi, ma è così che li ha progettati la natura. Fotografando nella luce tenue del primo mattino, trovarli diventa ancora più difficile perché i loro colori non sono enfatizzati dalla luce brillante che c’è durante il resto del giorno. Ci vuole allenamento. La mattina presto gli insetti sono ancora immobilizzati dall’aria fredda a Utenti del Forum/Interviste e dall’umidità portate dalla notte, per questo motivo non si muovono molto. Nel resto della giornata sono più schivi perché spaventati dalla nostra presenza. Se trovo 5 soggetti diversi in una sessione, io lo definisco un successo. “Conta meno il soggetto e di più la luce e la composizione” Un consiglio per chi volesse avvicinarsi alla macrofotografia? Il mio consiglio migliore per la macrofotografia non si applica a chi supera i sessant’anni a meno che non si sia tenuto in forma. Strisciare nel sottobosco fitto in luce fioca non è una cosa facile. Mi sto avvicinando ai sessant’anni e sta diventando sempre più difficile alzarsi dal letto molte ore prima dell’alba e guidare fino al sito dove fotografare. Dovete sapere che la Louisiana ha un clima tropicale con 80 gradi Farenheit (un po’ più di 30 °C) e 100% di umidità. Si spera che il clima sia più adatto agli anziani da altre parti. Per rispondere seriamente, come ho detto prima, semplicità. Non cercate di fare i sofisticati con ogni sorta di flash riflettori, diffusori e via dicendo: fate una prova con la tecnica delle lunghe focali. I vantaggi delle lunghe focali sono: - il non doversi avvicinare al soggetto come con le focali più corte; - la possibilità di isolare meglio i soggetti, avendo un angolo di campo minore. Questo ti permette di sfocare meglio lo sfondo. Con un 300mm si includono solo pochi gradi di visuale dello sfondo. Con una focale più corta si includerebbe una visuale più ampia, con il rischio di inserire elementi di sfondo che distraggono. Mi sforzo sempre di mantenere lo sfondo delle mie immagini pulito, privo di elementi di distrazione Tu vuoi che gli occhi di chi guarda si concentrino sul soggetto e non vengano deviati verso lo sfondo. Traduzione e adattamento di Silvio Renesto [Wendigo] Ronnie Gaubert nel web. La fama di Ronnie Gaubert in Internet è massiccia,una ricerca in google lo dimostra facilmente. Il sito più importante, che lui cita come sito web personale, è su Pbase con il nome “The Nature of Louisiana” (http://www.pbase.com/ronnie_14187). Lì si può vedere la maggior parte delle sue immagini migliori. Le sue foto sono ospitate su numerosi altri siti e forum di fotografia molto conosciuti come Photo.net (http://photo.net/photodb/user?user_id=522962), oltre che in siti più commerciali dove vende le sue opere. Inoltre Ronnie è membro e moderatore della sezione macro di NPN, ossia naturephotographers. net, uno dei più importanti forum di fotografia naturalistica internazionali, dove è ospitato il suo portfolio: http://www.photoportfolios.net/portfolio/pf.cgi?a=up&pi=RONNIE Buona navigazione in mezzo alle splendide immagini di macro e natura di Ronnie! 35 Laboratorio fotografico del Mammalucco Incontri-Riscontri Il racconto di un laboratorio fotografico che ha coinvolto alcuni degli utenti del forum... Dopo l’improvvisazione musicale e i laboratori di pittura, l’associazione multiculturale Mammalucco si è tuffata nel mondo della fotografia con un laboratorio: “Incontri Riscontri”. Il laboratorio ha affrontato le tematiche del paesaggio, della macrofotografia e dell’urbanoin una serie di incontri, divisi in due fasi: • una chiacchierata con un esperto magari anche autodidatta, ma dalla “carriera” abbastanza eloquente; • uscite fotografiche di gruppo. 36 L’ospite d’onore per il tema del paesaggio è stato Ercole Giap Parini [Giap] con cui abbiamo ragionato su come in natura ci si possa sbizzarrire a ritrarre diversi paesaggi con diverse focali (dai classici grandangoli ai supertele), come comporre e far dialogare tra loro le diverse parti ritratte. La prima uscita dove abbiamo potuto esercitare tutti insieme queste prime nuove conoscenze ha avuto come teatro la costa Viola, sul mare a Palmi, e il monte Sant’Elia. Abbiamo incontrato il dott. Natale Zerbi, presidente del Garden Club Radicena, che Utenti del Forum/Interviste A sinistra Giap e Telluccia ci ha parlato dei giardini e nel particolare di Villa Zerbi che successivamente sotto la sua saggia guida abbiamo fotografato. Un altro incontro molto interessante è stato quello con due appassionati di macrofotografia caratterizzati da un punto di vista molto creativo: Donatella Loprieno [Telluccia] e Frank Armocida. Il loro modo di vedere e riportare la natura non è assolutamente realistico, ma spazia dal surreale al minimalistico partendo in punta di piedi dalla macro più classica. In quest’occasione abbiamo avuto modo di capire che le regole bisogna conoscerle per poterle infrangere nel miglior modo possibile... La terza uscita è avvenuta sul nostro amato Aspromonte, nei pressi dei villaggi Moleti e Trepitò, anche qui abbiamo avuto modo di spaziare dalla macro al paesaggio. L’ultimo incontro è stato contestuale all’ultima uscita insieme ad Alessandro Crusco che ci ha fiondato nella fotografia reportagistica di carattere sociale restando entro i limiti dell’urbano, del civilizzato o forse incivilizzato nel caso di alcune (a dir il vero a Taurianova parecchie se non tutte) costruzioni. 37 Quest’incontro è stato particolarmente interessante dal momento che abbiamo avuto modo di rileggere il nostro paese scrutando attraverso la fotocamera i segni che l’urbanistica spontanea (o forse sarebbe più appropriato il termine selvaggia) di questo paese come di molti altri ha lasciato: nessun ordine, nessun rispetto del gusto se non quello del singolo, nessun ordinanza di pubblica decenza. Con una riunione di “raccolta” è terminata la fase degli Incontri e ha avuto inizio la fase dei Riscontri poiché queste foto diverranno due mostre fotografiche esposte al pubblico in occasione di Invasioni Urbane 2009 dal 21 al 23 agosto Due mostre, perché innanzitutto abbiamo il dovere di raccontare quello che abbiamo fatto con il mezzo che avevamo in mano, la fotocamera, e condividere con tutto il paese la gioia di stare insieme con una scusa, la fotografia. 38 Insomma bisogna fare e inventarsi luoghi possibili con i mezzi impossibili. Ovviamente l’altra mostra dimostrerà che le foto che abbiamo fatto hanno anche un valore tecnico, artistico e soprattutto culturale, ma sarà la cittadinanza a valutare quanto. Andrea Scarfò [Naturalmenteandrea] Utenti del Forum/Interviste 39 Recensioni Sigma 150mm La recensione di un obiettivo macro con un ottimo rapporto qualità/prezzo Nonostante l’apertura a f/2.8, il Sigma 150mm resta una lente abbastanza compatta con una dimensione di soli 80x137mm ed un peso ancora moderato di 895g. L’obiettivo viene fornito con il paraluce, un robusto collare per treppiedi ed un’ampia e morbida custodia. La qualità costruttiva è davvero buona anche se presenta delle imperfezioni. Infatti usa una verniciatura opaca in stile “Sigma EX” che non è proprio il massimo della qualità: è facilmente soggetta a graffi e rigature ed inoltre non è molto resistente all’acqua (ho visto molti obiettivi con la verniciatura tutta rovinata). Altro grande neo di questa 40 lente, forse il più grande, è la mancanza di tropicalizzazione. A parte queste due pecche il Sigma 150mm è una lente molto robusta. La minima distanza di messa a fuoco è di 38cm con un rapporto di riproduzione di 1:1. La lente è compatibile con i due Teleconverter Sigma 1.4x e 2x così che può diventare un 210mm f/4 o un 300mm f/5,6 con un RR rispettivamente di 1,4:1 e 2:1. Non ho mai avuto il piacere di provarlo con il TC 2x ma vi garantisco che usandolo con il TC 1,4 sono rimasto sorpreso dai risultati ottenuti. A tutta apertura diventa un po’ soffice ma con diaframmi compresi tra f/8 e f/16 è davvero ottimo. Nelle due foto riportate sotto potete notare la fantastica resa con il TC 1,4x. Le due foto sono dei crop al 100% senza postproduzione scattate con e senza TC entrambe a f/11. un obiettivo per fotografie sportive; in macrofotografia si usa sempre la MAF manuale. C’è da dire inoltre che grazie al Full Time Manual Focus è possibile passare da AF a MF in qualsiasi momento senza crare nessun danno alla lente. AUTOFOCUS QUALITÀ D’IMMAGINE Come tutte le lenti macro l’AF non è velocissimo anche se utilizza un motore HSM (Hypersonic Motor), questo perché il punto di messa a fuoco viene cercato tra un’ampia gamma di distanze. Per cercare di rendere più veloce l’AF, Sigma ha fornito un limitatore di messa a fuoco che consente di selezionare il range di messa a fuoco tra: full-range, 0.5m-infinito e 0.38m-0.52m. Tutto questo ha senso perché il range di messa a fuoco tra 0.38m-0.52m è lungo quasi come quello tra 0.52m-infinito. Comunque l’AF lento non è assolutamente un problema visto che questo non è Nitidezza Il Sigma 150mm è una lente davvero molto nitida, anche a f/2.8 fornisce immagini con poca differenza tra il centro e gli angoli anche se è un pò morbido. Il massimo della qualità si raggiunge con diaframmi compresi tra f/5.6 e f/16 per poi diminuire fino a diventare inutilizzabile a f/22 a causa della diffrazione. Di seguito sono riportati dei crop al 100% presi dal RAW senza PP. Aberrazioni Cromatiche Non c’è di che preoccuparsi, le aberrazioni cromatiche sono controllate eccellentemente. Ho fatto diverse prove ma non sono mai riuscito a notare disturbi. Distorsione Ottica: Le lenti macro hanno delle distorsioni ottiche minime e il Sigma 150mm non fa eccezione, la distorsione è assolutamente impercettibile. Vignettatura Su un APS-C è davvero molto bassa, a f/2.8 41 Recensioni Un Macaone fotografato con il Sigma 150 mm 42 con il fuoco all’infinito il problema può essere visibile ma è vero anche che situazioni del genere capitano in casi molto molto rari e sicuramente non in macrofotografia. A f/4 la vignettatura è appena percettibile e da f/5.6 in poi non c’è più vignettatura. Il test è stato effetuato utilizzando una Flat Box autocostruita che uso per l’astrofotografia. Ho scattato tre foto con la MAF all’infinito utilizzando tre diaframmi diversi. Per meglio giudicare l’effetto della vignettatura, in ogni immagine, ho aggiunto un bordino che rappresenta il tono presente al centro del fotogramma. con una luce diffusa ma quelle poche volte che ho provato a fare qualche controluce non ho mai riscontrato problemi. Resa Cromatica: La resa cromatica è molto buona anche se ho notato che spesso tende ad inserire una lieve dominante di colore rosso che però può essere eliminata facilmente con PS. Contrasto Le immagini prodotte da questa lente sono tutte ben contrastate. Flare: per quanto riguarda i flare non ho mai fatto delle vere prove ma posso dire che uso questa lente da quasi due anni e non ho mai avuto nessun problema è vero che fotografo sempre al mattino presto quindi Il Sigma 150mm è una lente capace di offrire una eccellente qualità d’immagine ad una lunghezza focale relativamente lunga ad un prezzo ragionevole. A mio avviso è il miglior obiettivo macro se si considera il rapporto qualità/prezzo. Bokeh Il bokeh è molto liscio con punti fuori fuoco molto piacevoli questo grazie all’ottima gestione dell’aberrazione sferica e alla geometria del diaframma a 9 lamelle. Massimiliano Maura [Max83] Foto senza TC Foto con TC 1.4 X f 2.8 f 3.5 f 5.6 f8 43 Recensioni 44 f 11 f 13 f 16 f 18 f 20 f 22 Distorsione ottica Diverse vignettature: f 2.8, f 4, f 5.6 45