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ronnie gaubert
la rivista di macroforum.org
ARTICOLI A
PUNTATE
gli strumenti indispensabili
per fare macro
NATURA
parliamo di Orchidee,
Cince e Geotritoni
RECENSIONI
UTENTI
l’esperienza del laboratorio
fotografico dell’associazione
Mammalucco onlus
RONNIE
GAUBERT
intervista ad un grande maestro
della fotografia naturalistica
Sigma 150 mm
Settembre-Ottobre 2009
Tutorial e techiche di ripresa
4
Guida alla macro
Flora/Fauna/Parchi
11
Ochidee
24
17 Il geotritone dell’Inglesiente
La Val Roseg
Utenti del forum/ Interviste
29 intervista Ronnie Gaubert
36
Incontri-Riscontri
Recensioni
40
Sigma 150 mm, f 2.8 macro
vuoi diventare redattore?
Cerchiamo persone volenterose, capaci di dedicarsi con costanza e
passione alla produzione della rivista.
Se desideri fare parte del nostro team invia una mail a:
[email protected]
In apertura...
Il refrain di una nota e leggera canzone italiana suonava “…l’estate sta
finendo…e un anno se ne va…”: mancano ormai pochi giorni, infatti, a
quello che poco poeticamente si chiama equinozio d’autunno, vale a
dire all’inizio di una delle stagioni fotograficamente – e non solo – più
belle e affascinanti che ci possano essere per un fotografo, se non la
stagione per eccellenza, cioè l’Autunno.
E’ tempo di fantastiche sfumature cromatiche, lampi di magica luce
che illuminano i nostri paesaggi, quella luce che un fotografo naturalista
cerca costantemente, con passione e fatica, di immortalare.
La tecnologia avanza, gli strumenti fotografici si evolvono, ma le
capacità di un essere umano di cogliere quell’attimo magico da rendere
eterno per sempre rimangono gli stessi, quasi a sfidare l’inevitabile
scorrere del tempo di filosofica memoria.
Ben vengano le reflex digitali da milioni di pixels e tutto ciò che ne consegue, ma non dimentichiamoci
che alla base di tutto c’e’ sempre la nostra comune passione e amore per la Natura e per gli esseri
che la popolano: in fin dei conti, a pensarci bene, non ci emozionavamo allo stesso modo, forse di
più, quando fotogravamo una bella farfalla con una “misera” reflex da 4mpx, sperando in un risultato
decente, felici in ogni caso di aver passato del tempo a contatto con la Natura?
Io si.
La nostra speranza è che Macroforum e il suo Magazine, nel loro piccolo, riescano a far condividere
con tutti le emozioni di ognuno di voi.
Macromagazine Copia riservata agli utenti
Ideatore: Antonio De Santis
Caporedattrice e grafica: Marianna De Caro
Redattori: Marco Bertolini, Antonio Biggio,
Antonio
Con affetto
Stefano Majolatesi, Massimiliano Maura, Massimiliano Pardini, Giovanni Paulis, Silvio Renesto,
Andrea Scarfò.
La nostra politica
Macromagazine (di seguito magazine) è un’iniziativa gratuita di Macroforum.org (di seguito forum) riservata ai soli
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Non percepiamo alcun compenso per quello che pubblichiamo e non è nostra intenzione pubblicizzare i prodotti
menzionati negli articoli.
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guida alla
macrofotografia
In questa seconda puntata parleremo degli
strumenti indispensabili per fare macro di qualità
IL CAVALLETTO
Lo ritengo uno strumento essenziale anche
se è possibile eseguire macro senza il suo
utilizzo. Lo preferisco piccolo ma ben
costruito, quindi di marca e possibilmente
in carbonio per ovvi motivi di leggerezza
e di rigidità. È bene spendere qualcosa, se
si ha la possibilità di farlo, non solo per
corpi macchina o obiettivi, ma anche per
strumenti come il cavalletto. Dovrà avere
la possibilità di aprire completamente le
sue gambe in modo da poter collocare la
fotocamera quasi al livello del suolo dopo
aver tolto l’asta centrale, smontabile ma
che spesso può essere proficuamente
utilizzata.
4
In un primo momento potranno essere
utilizzati anche dei cavalletti economici
che spesso possono essere acquistati per
pochissimi euro presso delle bancarelle o
rivenditori ambulanti. Però questi cavalletti,
anche se hanno l’indubbio vantaggio di
essere molto economici, sono ovviamente
scadenti come qualità costruttiva, tendono
facilmente a rompersi e poi non hanno
la possibilità di aprire completamente le
loro gambe per porsi al livello del suolo.
Nell’immagine che segue, viene proposto
proprio un paragone tra un cavalletto di
ottima fattura (quello nero) contrapposto
ad uno molto economico, entrambi alla
Tutorial e Techiche di ripresa
massima apertura. Le frecce rosse indicano
i supporti che impediscono al cavalletto
economico di avere una estensione
maggiore di quanto mostrato.
Le diverse aperture di un cavalletto professionale
5
dell’inquadratura, infatti quando si
va a stringere la leva del bloccaggio,
irrimediabilmente l’inquadratura si abbassa
costringendoci a ripetere l’operazione
diverse volte, facendoci perdere parecchio
tempo. Questo fenomeno è dovuto
principalmente al peso dell’obiettivo che
sbilancia in avanti il sistema obiettivofotocamera. È vero che gli obiettivi più lunghi
e pesanti hanno un anello di montaggio
che consente di equilibrare il peso, però
rimane comunque una situazione non
consona e che comporta notevoli perdite
di tempo. La perdita di tempo in macro si
paga in termini di soggetti che scappano o
si muovono, oppure di luce che peggiora
con l’alzarsi del sole.
altri accessori.
Possiamo notare la differenza tra un cavalletto di qualità e uno economico
SLITTA MICROMETRICA
LA TESTA
È uno strumento che uso moltissimo. Ne
utilizzo addirittura due due montate una
sull’altra a 90° anche se in commercio
(vedi internet) si possono trovare delle
slitte già costruite per consentire il
funzionamento lungo due direzioni
perpendicolari. Consentono aggiustamenti
sia di posizione che di messa a fuoco
molto precisi. Raccomando però di curare
la manutenzione della slitta in termini
di scorrimento. L’utilizzo prolungato
comporta l’accumularsi di polvere e detriti
lungo la vite che permette il movimento. È
bene quindi, ogni tanto, procedere ad una
accurata pulizia con relativa lubrificazione.
Anche il posizionamento della fotocamera
deve essere accuratamente ponderato in
modo da non squilibrare troppo la struttura
e creare degli intoppi nello scorrimento
dovuti a forzature. Nella foto seguente,
potete vedere il sistema che utilizzo, con le
due slitte montate una sull’altra a 90°.
Anche in questo caso valgono le stesse
considerazioni del cavalletto, è bene
prendere una buona testa spendendo
qualcosa, ma è una spesa ben presto
ripagata. Sul mercato le opportunità
sono molte ma vi suggerisco senz’altro di
acquistare una testa che abbia la possibilità,
una volta montata la fotocamera, di ruotarla
in maniera millimetrica lungo i tre assi. Di
solito questi movimenti vengono effettuati
tramite tre distinte manopole, una per
direzione, che agiscono su altrettanti
dispositivi a cremagliera. Il movimento
che assicurano è estremamente preciso,
e consente spostamenti veramente
millimetrici.
Sconsiglio vivamente l’utilizzo di teste
tradizionali, a sfera. Quest’ultime non
assicurano mai un corretto posizionamento
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Tutorial e Techiche di ripresa
L’immagine di una testa a cremagliera: in evidenza possiamo notare le 3 manopole che consentono di inquadrare con facilità il soggetto
La slitta micrometrica: in evidenza i perni che permettono di spostare agevolmente la nostra fotocamera
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I due barilotti neri che si trovano all’estremità
di ogni slitta agiscono si un perno a vite che
consente il movimento indicato dalle frecce
rosse. Mentre il barilotto dorato, uno per
slitta, è un perno di bloccaggio da utilizzare
per fissare il tutto una volta trovata la giusta
posizione. A dire il vero, su tutto l’insieme,
monto un ulteriore supporto (quella piccola
piastra che vedete in alto a tutto il sistema)
che mi serve per due scopi: montaggio
e smontaggio rapido della fotocamera
poiché utilizzo due fotocamere con due
obiettivi diversi per diversi scopi macro;
ulteriore sollevamento della fotocamera
in modo che abbia una maggiore libertà
di rotazione attorno al suo asse, questo
era un problema che mi si presentava con
la slitta in quanto, ruotando la fotocamera
per trovare la giusta composizione, spesso
questo movimento era parzialmente
impedito dalla slitta.
Flash wireless montato sul cavalletto
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FLASH
Non utilizzo spesso il flash, anzi i casi in
cui lo faccio sono proprio pochi. Lo faccio
quando ci sono zone del fotogramma che,
sia per il posizionamento del soggetto,
sia per la sua morfologia, risultano troppo
sottoesposte con relativa perdita di dettagli.
In questi casi, un colpetto di flash ben
aggiustato può migliorare notevolmente
lo scatto. Evito assolutamente l’utilizzo
del flash incorporato alla fotocamera la
cui esistenza è dovuta solo a esigenze di
marketing, tanto per allargare la fascia di
potenziali acquirenti dell’oggetto. Infatti le
fotocamere professionali non lo montano.
Io utilizzo dei flash tipo”cobra”, cioè il tipo
usuale con la testa inclinabile, non montati
sulla fotocamera ma in modalità wireless.
Esistono delle centraline di gestione che
vanno montate direttamente sulla slitta
Tutorial e Techiche di ripresa
Si va dal semplice cartoncino alle scatole
di plastica opaca per gli alimenti adattate
allo scopo. Io preferisco utilizzare uno
di quei pannelli circolari che si vendono
proprio nei negozi di fotografia e che
servono proprio allo scopo di diffondere
la luce del flash oppure fare ombra sul
soggetto in caso di luce naturale troppo
dura. Posiziono il pannello di fronte al
flash tramite un supporto snodabile auto
costruito applicato al cavalletto, a circa 20
cm dal flash. Un pannello di circa 30 cm di
diametro è più che sufficiente.
Flash wireless montato sulla fotocamera
della fotocamera e che consentono il
controllo e funzionamento di numerosi
flash contemporaneamente anche se
poi a noi ne basteranno al massimo due.
Perché questo ? Per diversi motivi. Primo
perché così posiziono il flash dove voglio,
montandolo su un cavalletto dedicato allo
scopo; secondo perché il flash montato
direttamente sulla fotocamera può essere
fonte di fastidiosi micromovimenti e il suo
utilizzo potrebbe essere limitato dal cono
d’ombra dell’obiettivo.
Utilizzo il flash esclusivamente in modalità
manuale, decido io quanta intensità di
illuminazione sparare sul soggetto e a che
distanza con l’ausilio di diffusori. Questi
ultimi potete anche costruirli da soli, i
materiali con cui farli sono innumerevoli.
Posseggo, ma raramente uso, un flash
anulare. Può andare bene in casi specifici,
quando il soggetto si trova in una situazione
tale da essere scarsamente illuminato
in maniera omogenea su tutta la sua
estensione. In questo caso però è opportuno
illuminare bene, con un secondo flash,
anche lo sfondo per non avere una foto
con uno sfondo completamente nero. Da
preferire quindi quei flash anulari costituiti
da due flash semicircolari indipendenti,
appaiati sulla stessa struttura di supporto,
la cui intensità di illuminazione può
essere regolata manualmente in maniera
indipendente l’uno dall’altro.
D’altro canto, secondo me, i flash anulari
hanno uno svantaggio. Sono costituiti
da una centralina installabile sulla slitta
della fotocamera e dal supporto circolare
collegato alla centralina da un cavo a spirale.
Il tutto è alquanto pesante e può essere
fonte di micromovimenti, soprattutto il
cavo a spirale in bando può provocare
questo inconveniente. Tenetene conto se
decidete di utilizzare questo tipo di flash.
Saper utilizzare correttamente il flash è
una cosa molto importante. Una buona
illuminazione artificiale dona profondità e
tridimensionalità allo scatto.
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PANNELLI RIFLETTENTI
L’utilizzo del flash può essere facilmente
sostituito da un valido surrogato: il
pannello riflettente. È una superficie che
riflette la luce naturale e che la dirige a
nostro piacimento nelle zone del soggetto
scarsamente illuminate, lo stesso principio
dello specchietto con cui si riflette la luce
del sole. Il suo campo di utilizzo è più ampio
di quello del flash anche perché in macro le
zone da illuminare sono veramente piccole
e ben localizzate.
Spesso un flash è sovradimensionato
oltre che economicamente svantaggioso.
Quindi, prima di passare all’utilizzo del
flash, consiglio di imparare ad utilizzare
efficacemente un pannello riflettente.
Questa operazione, poi, è propedeutica
all’utilizzo del flash stesso; non si può
pensare di utilizzare bene un flash se prima
non abbiamo imparato a utilizzare bene un
pannellino riflettente.
In commercio esistono varie alternative.
Le più sofisticate sono quelle proposte
dai negozi specializzati e che in sostanza
coincidono con i pannelli diffusori circolari
di cui abbiamo parlato prima. Questi
pannelli hanno la possibilità di montare
sopra un involucro anch’esso circolare
costituito da una superficie riflettente,
argentata o dorata. Ovviamente questa
soluzione non è la più economica. Con lo
scopo di risparmiare senza perdere nulla
in efficienza possiamo utilizzare i coperchi
in cartone dei contenitori in alluminio
per cibi. Mi riferisco a quelle vaschette
di varie dimensioni che si vendono nei
supermercati. Vengono vendute con un
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coperchio di cartone con una lamina di
alluminio su uno dei due lati e vi assicuro
che nulla hanno da invidiare ai costosi
pannellini di cui sopra.
Altra economica alternativa sono le
confezioni di salmone affumicato. Al loro
interno hanno un cartone che serve per
conferire rigidità alla confezione. Anche
questo cartone ha un lato in alluminio
argentato e l’altro in alluminio dorato. Nella
foto che segue, viene mostrato proprio uno
di questi cartoncini al quale ho applicato un
supporto per una maggiore manovrabilità.
In generale, qualsiasi soluzione avrete
adottato, la superficie argentata illumina in
maniera neutra il soggetto mentre quella
dorata scalda un poco i colori.
L’unica difficoltà dei pannellini può essere
quella di avere una mano occupata per
tenerlo in posa. Ma anche in questo caso ci
si può avvalere di un cavalletto di servizio.
Stefano Majolatesi [Furio]
Flora/Fauna/Parchi
Orchidee
belle e sensuali
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Come tutti gli appassionati del mondo
naturale ogni anno attendo con gioia
l’arrivo della primavera: i primi insetti, ma
soprattutto le prime fioriture si fanno largo
sui nostri prati a volte ancora mal ridotti
dal rigore invernale.
Dalla Tussilaggine ai Crochi le piante
incominciano a fiorire colorando le distese
fino ai margini dei boschi! Ma le vere ed
indiscusse regine di questo idillio sono le
orchidee! Chi non è mai rimasto ammaliato
dalla bellezza di questi fiori?
Da sempre considerate simbolo di bellezza
e rarità in realtà queste piante non sono
così fragili come si pensa, anzi sono delle
vere e proprie piante opportuniste capaci
di colonizzare molti tipi di substrato. Il
periodo di fioritura è molto precoce ed
effimero, questo permette alle orchidee di
produrre semi microscopici che grazie al
vento vengono dispersi.
I semi sono privi di albume e quindi per
sopravvivere hanno bisogno delle ife
fungali da cui prelevano il nutrimento
di cui hanno bisogno. In certe specie
completamente parassite come Epipogium
aphyllum e Neottia nidus-avis (tipiche di
ambiente di sottobosco) questo fenomeno
continua per tutta la vita, infatti queste
piante presentano un colore giallo-grigio
sintomo di mancanza di clorofilla.
La
fecondazione
avviene
tramite
entomofilia, i principali
“corrieri” del
polline sono farfalle, mosche api e bombi.
In alcune specie, come nelle famiglia delle
Ofridi, il disegno del labello associato a
particolari profumi attira certe specie di
insetti inducendo così l’impollinazione.
Addirittura in certi casi “l’insetto di turno”
è ingannato dal labello dell’orchidea che
assomiglia ad una femmina recettiva: ci si
posa sopra ed in men che non si dica… zac
ricoperto di polline!!!
Ma vediamo qualche specie in relazione al
proprio ambiente.
ORCHIDEE TIPICHE DI PRATI ARIDI A
SUBSTRATO CALCAREO-ALCALINO
Ophrys fuciflora: una bellissima e comune
Ofride che può arrivare fino a 30 cm
d’altezza; fiorisce fra Maggio e Giugno ed
il labello assomiglia moltissimo ai propri
insetti impollinatori (Imenotteri del genere
Eucera e Ditteri appartenenti alla famiglia
dei Syrphidae).
Ophrys fuciflora
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Flora/Fauna/Parchi
Ophrys apifera
Cephalanthera longifolia
Ophrys apifera: simbolo del gruppo delle
Ofridi si può trovare fiorita da Aprile fino a
Luglio (nelle zone montane). E’ una specie
che può autofecondarsi questo comporta
spesso alla nascita di esemplari ipocromici
(bianchi) o aberranti.
Cephalanthera longifolia: orchidea molto
comune dal portamento slanciato, può
arrivare fino ai 60 cm d’altezza. Fiorisce da
Aprile fino a Luglio con un limite altitudinale
di 2000 metri.
Barlia robertiana: pianta molto alta, può
superare gli 80 cm. Si tratta dell’orchidea
più precoce, infatti la si può trovare già
a partire da Febbraio fino a Marzo, al
Sud eccezionalmente anche a Gennaio.
Tipica delle pinete e degli uliveti la Barlia
difficilmente supera i 500 m d’altitudine.
Balia robertiana
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Hymantoglossum
adriaticum:
pianta
robusta e molto slanciata (la più alta in
Italia) può addirittura arrivare fino al metro
d’altezza! La si rinviene in zone erbose
(Mesobrometum) da Maggio a Luglio con
limite altitudinale di 1000 metri.
ORCHIDEE TIPICHE DEI PRATI UMIDI
Dactylorhiza maculata: una delle orchidee
più comuni in Italia con frequenti variazioni
di colore dal viola al bianco. Fiorisce da
Aprile fino a Luglio con un limite altitudinale
di 2000 metri.
Orchis laxiflora: pianta legata strettamente
alle zone umide la Laxiflora prende il nome
dal portamento dei propri fiori. Fiorisce da
Aprile a Luglio fino ad un’altezza di 1700 m.
Hymantoglossum adriaticum
Dactylorhiza maculata
14
Orchis laxiflora
Flora/Fauna/Parchi
ORCHIDEE CHE NON NECESSITANO DI
SUBSTRATI E CONDIZIONI CLIMATICHE
SPECIFICHE
Coeloglossum viride: orchidea molto
particolare la Cimicina può arrivare fino a 40
cm d’altezza. Ha un periodo di fioritura che
va da Maggio a Luglio e viene impollinata da
moltissime specie di insetti dalle formiche
ai coleotteri! Se non si ha un po’ “l’occhio
per le orchidee”, può succedere che questa
specie passi inosservata in mezzo a l’erba.
Traunsteneira globosa: dall’infiorescenza,
come dice l’etimologia del nome, di forma
rotonda la Globosa può arrivare fino a 70
cm d’altezza. Fiorisce tra Giugno e Agosto.
La caratteristica che
salta all’occhio
osservando i piccoli fiori di questa orchidea
è la strozzatura che porta sulla cima dei
“petali”.
Coeloglossum viride
Traunsteneira globosa
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Limodorum abortivum
Orchis x alata
Limodorum abortivum: orchidea particolare
che prende il nome dalla morfologia delle
foglie che sembrano appena accennate e
rimangono molto piccole. Si riscontra nei
sottoboschi di termofile su terreni calcarei
ed a volte anche silicei. Il periodo di fioritura
va da Maggio a Luglio.
Il nostro paese è uno dei più ricchi in specie
di orchidee infatti ne sono state censite 196
con molte in costante revisione. Le regioni
con il maggior numero di specie sono
quelle del Sud: è famosissima e rinomata la
Puglia con il suo promontorio del Gargano.
Anche in Liguria sono presenti moltissime
specie grazie ai diversi ambienti che
vanno dalla macchia al piano montano. La
situazione delle orchidee in Italia è dunque
molto buona, ma bisogna continuare a
tutelarle: la perdita di frammentazione
degli ambienti è un pericolo molto serio a
causa dell’inquinamento e dell’abbandono
delle pratiche agricole tradizionali. Anche il
collezionismo fa la sua parte ma per fortuna
grazie alla convenzione di Washington, alla
direttiva Habitat e anche alle leggi regionali
questi bellissimi fiori godono di protezione
totale.
Abbastanza facilmente girando alla ricerca di
orchidee ci si può imbattere in specie molto
particolari e di difficile classificazione… gli
ibridi! Gli ibridi delle orchidee sono molto
frequenti fra i generi Orchis, Dactylorhiza,
Serapias e Ophrys e producono solitamente
nuovi esemplari interspecifici. Ma questo
non avviene sempre, a volte possono
nascere ibridi fra generi differenti!
Quest’ anno in primavera mi è capitato di
imbattermi in quest’esemplare di ibrido
fra Orchis laxiflora e Orchis morio chiamato
Orchis x alata, è stata una gran bella
sorpresa!
16
Marco Bertolini [Shunkamanitotanka]
Flora/Fauna/Parchi
geotritone
dell’Inglesiente
Conosciamo meglio questo piccolo anfibio che
vive in alcune grotte della Sardegna
Carta d’identità
Nome scientifico: Speleomantes genei
(Temminck & Schlegel, 1838)
Nome italiano: Geotritone dell’Iglesiente
o Geotritone di Genè
Phylum: CHORDATA
Classe: AMPHIBIA
Ordine: URODELA
Famiglia: PLETHODONTIDAE
La Sardegna, come buona parte dell’Italia,
è ricca di grotte e gallerie minerarie, oggi
frequentate da numerosi turisti. Questi
ambienti, bui ed apparentemente inospitali
brulicano di vita, ospitando esseri viventi
variamente adattati alla vita ipogea.
Possiamo distinguere in tre categorie
la fauna che popola grotte e gallerie:
troglosseni, troglobi e troglofili.
Ai primi appartengono quegli animali che
si trovano solo per caso in questi habitat
(es. volpi), mentre ai secondi possiamo
associare tutti quelli che hanno sviluppato
un alto grado di adattabilità, come ad
esempio i coleotteri. Nel nostro reportage ci
occuperemo dei troglofili, ed in particolare
dei geotritoni.
17
I geotritoni sono anfibi urodeli, simili
alle
salamandre,
appartenenti
al
genere Speleomantes. Ne esistono
complessivamente sette specie, di cui tre
localizzate in Italia centro-settentrionale e in
una piccola area della Francia sud-orientale
e quattro endemiche della Sardegna. Questi
piccoli anfibi fanno parte della cosiddetta
fauna minore e non essendo esteticamente
bellissimi sono spesso vittime delle
leggende metropolitane; è frequente
sentire qualche presunto esperto dire che
vanno evitati perché il contatto con la loro
pelle provoca ustioni o altre baggianate
di questo genere. Di vero c’è che qualche
specie se minacciata emette un odore
poco gradevole per allontanare la fonte del
disturbo.
Tutti i geotritoni hanno arti anteriori con
quattro dita e posteriori con cinque; le
dita hanno terminazioni a ventosa e gli
permettono di arrampicarsi su superfici
lisce.
Un piccolo geotritone al “cospetto” della batteria della D700
Questi anfibi sono caratterizzati dall’assenza
di polmoni pertanto la respirazione avviene
attraverso la cute, riccamente vascolarizzata,
ma anche attraverso l’apparato boccale.
Le dimensioni variano, a seconda della
18
specie e del sesso, tra i 10 e i 15 cm; la
differenza fra i due sessi si manifesta nelle
dimensioni infatti la femmina e’ più grande
del maschio.
Si cibano soprattutto di insetti (larve e
adulti), crostacei, molluschi e aracnidi che
catturano srotolando fulmineamente la
lunga lingua che può essere proiettata fino
a 5-6 cm di distanza.
Le varie specie sono molto simili fra loro
e spesso, per i meno esperti, l’unica nota
distintiva è l’areale di provenienza. In questo
lavoro abbiamo concentrato l’attenzione
sul Geotritone dell’Iglesiente Speleomantes
genei. In passato le specie presenti in
Sardegna facevano tutte capo a S. genei ma
in seguito ad una revisione tassonomica,
basata sulle distanze genetiche, si è arrivati
alla suddivisione attuale in quattro specie
con differente localizzazione geografica.
Il Geotritone dell’Iglesiente è quello che
occupa l’areale più meridionale dell’isola
(l’Iglesiente è una sub regione localizzata
nella Sardegna sudoccidentale ed è una
delle terre emerse più antiche d’Europa) ed
è quello che presenta le maggiori differenze
genetiche, al punto che le altre tre specie
isolane hanno più affinità con i geotritoni
peninsulari piuttosto che con esso.
Lo S. Genei è il più piccolo tra le quattro
specie sarde: le femmine adulte arrivano
fino ad un massimo di 12.5 cm circa, mentre
i maschi a 11.5 cm. La colorazione dorsale
è caratterizzata da una notevole variabilità
cromatica che va dal grigio marmorizzato
al brunastro, con macchie giallastre
irregolarmente diffuse, inframmezzate da
punti scuri. Il ventre è biancastro.
La specie predilige ambienti con alti tassi di
umidità quali grotte, miniere abbandonate,
anfratti rocciosi in pareti esposte a
Flora/Fauna/Parchi
Geotritoni in un momento del rituale del corteggiamento
Nord o zone ombrose particolarmente
umide. Talvolta in presenza di condizioni
meteorologiche favorevoli, quali ad
esempio quelle prodotte da piogge
continue di bassa intensità, è possibile
osservarlo all’aperto mentre si muove senza
difficoltà sulle rocce calcaree rese viscide
dall’umidità o comodamente adagiato su
fitti muschi.
Lo si rinviene dal livello del mare (il sito
più basso finora conosciuto si trova a
8m) fino ad un’altitudine di 900 metri
circa. Normalmente vive in ambienti
con temperature comprese fra i -4 e i
15° C. Si riproduce due volte l’anno, con
accoppiamenti alla fine dell’autunno e in
primavera senza dipendere dalla presenza
dell’acqua.
Durante la fase del corteggiamento il
maschio si sdraia sulla femmina coprendola
con parte del proprio corpo ma non esiste
accoppiamento vero e proprio; il maschio,
dopo il corteggiamento, depone sul terreno
davanti alla femmina una sorta di sacca
contenente gli spermatozoi che assomiglia
ad un ammasso di gelatina. Questa viene
prelevata dalla femmina e fecondata. La
deposizione delle uova (6 – 8 collegate tra
loro a mo’ di collana da materiale gelatinoso)
avviene sul terreno sabbioso o in profonde
fessurazioni della roccia.
I giovani alla nascita sono lunghi circa 2
cm, sono simili agli adulti e si sviluppano
lentamente senza metamorfosi.
Va segnalato che, ad oggi, si conoscono
solo due casi in cui siano state rinvenute le
uova di questa specie; il primo fu pubblicato
nel 1966 ma le uova vennero prelevate e
conservate in formalina. Il secondo risale
alla primavera del 2005 e fu monitorato
fino alla nascita dei piccoli.
19
Lo S. genei è la specie più antica fra i
geotritoni sardi e le sue origini sono
antecedenti al Miocene (oltre 24 milioni
di anni fa). Ha un areale piccolo (600800 km2) e frammentario che ne mette a
rischio la sopravvivenza, ma localmente
può essere molto abbondante e in grotte o
gallerie minerarie di poche decine di metri
è possibile trovare fino a un centinaio di
individui.
I geotritoni sono specie protette da
convenzioni internazionali, leggi nazionali
e, in Sardegna, regionali (che prevedono
addirittura una sanzione amministrativa
piuttosto onerosa per ogni esemplare
catturato illegalmente). Queste forme di
tutela non paiono però sufficienti e tutte
e quattro le specie sarde sono preda di
collezionisti senza scrupoli che le prelevano
illegalmente a fini amatoriali, commerciali
o “pseudoscientifici’’.
Ai fattori di minaccia già citati per tutte le
specie di Speleomantes, per il Geotritone
dell’Iglesiente bisogna aggiungere un
deprecabile sistema di messa in sicurezza
dei siti minerari dismessi che prevede la
chiusura con muri in mattoni o calcestruzzo
Giovanni Paulis, alias Longufresu
20
dell’imboccatura delle gallerie minerarie. In
tal modo si genera un vero e proprio disastro
ecologico e gli animali che frequentano
questi ambienti (in particolare pipistrelli,
discoglossi, raganelle e geotritoni), non
avendo più sbocchi verso l’esterno sono
destinati a morte sicura.
WORKFLOW FOTOGRAFICO
Fotografare in ambienti ipogei presenta
diverse difficoltà che sembrano essere
ripetitive ma in realtà sono sempre
differenti.
La luce, elemento essenziale per la
fotografia, nelle grotte e nelle gallerie è
quasi o del tutto assente: fortunatamente
al fotografo viene incontro la tecnologia,
con la luce artificiale dei flash che in questi
casi risulta fondamentale per una buona
riuscita dello scatto fotografico.
Gli spazi angusti, il terreno scivoloso,
l’elevato tasso d’umidità e le temperature
non ottimali rendono la vita del fotografo
abbastanza difficile. Noi abbiamo cercato
di utilizzare attrezzatura specifica ma anche
trovando
soluzioni
tampone che ci hanno
consentito di operare
con un minimo di
comfort.
L’ a t t r e z z a t u r a
fotografica utilizzata ha
compreso 3 reflex (Nikon
D200, 300 e 700) nelle
quali si sono alternate
diverse ottiche macro
(60/2.8 afd, 105/2.8 afs
Vr e 200/4 afd) e persino
un tele zoom piuttosto
spinto (200-400/4 afs
Vr); completavano il
Flora/Fauna/Parchi
Geotritone ripreso all’interno di un foro di mina; si tratta di uno dei fori nei quali venivano introdotti i candelotti di dinamite che componevano la “volata” il
cui scopo era quello di frantumare la roccia per proseguire nello sfruttamento del giacimento minerario.
nostro bagaglio tre lampeggiatori (due SB
800 ed un vecchio ma funzionale SB 26),
i cavi sincro per i flash (usati pochissimo
in quanto i lampeggiatori funzionavano
benissimo in wireless) e gli scatti remoti.
D’obbligo l’uso del treppiedi, nello specifico
dei Manfrotto (190 X pro B, 055 nat e 055 in
carbonio) tutti equipaggiati di teste a sfera
(Markins M20, Arca Swiss Z1 sp e Manfrotto
Eavy duty ball).
A tutto ciò abbiamo aggiunto alcune
lampade frontali a led ed una lampada
tradizionale (sempre a led), che abbiamo
utilizzato una volta entrati in questi
ambienti bui per cercare i nostri soggetti
e per posizionare al meglio l’attrezzatura,
quindi per inquadrare e mettere a fuoco
il soggetto ripreso, cosa non semplice, in
quanto esso potrebbe muoversi nel tempo
che intercorre tra il togliere la lampada e lo
scattare con il flash.
Le indicazioni dell’esposimetro in questo
caso servono a poco, normalmente si
ottengono buoni risultati con i tempi syncro
del flash e facendo diverse prove per trovare
la giusta quantità di luce da far arrivare sul
21
soggetto. Meglio usare un diffusore, sia
per avere una luce non puntiforme sia per
avere delle ombre meno nette ed attenuare
il lampo sullo sfondo che normalmente
risulta riflettente per l’umidità e l’acqua
presente nelle pareti delle grotte.
Trovare il giusto parallelismo tra soggetto
e macchina fotografica, per una buona
messa a fuoco, non è semplice: il corpo dei
Antonio Biggio, alias Antonio1973
geotritoni si plasma bene con le irregolarità
delle pareti, con la conseguenza di una
messa a fuoco selettiva, spesso non voluta.
Nonostante le difficoltà sopracitate,
si ottengono ugualmente dei buoni
risultati, sopratutto grazie alla pazienza
che generalmente contraddistingue il
22
macrofotografo.
Non dimenticandoci però di essere anche
degli amanti della natura, non abbiamo
insistito troppo su di un singolo soggetto,
perché questi animali vivono la loro
esistenza al buio e le nostre luci artificiali,
oltre a dargli fastidio. potrebbero arrecargli
dei seri danni all’apparato visivo. Ci eravamo
imposti di non spostare e manipolare i
soggetti e lo abbiamo fatto, di conseguenza
il lavoro è stato più lungo e difficoltoso ma
più appagante.
Normalmente, una volta scelto il soggetto,
posizionavamo il treppiede, valutavamo la
lente più adatta, poi sistemavamo i flash
e le lampade per schiarire le ombre create
dal/dai lampeggiatori; in qualche caso
Flora/Fauna/Parchi
abbiamo dovuto scattare a mano libera
poiché non era materialmente possibile
utilizzare il treppiede.
Le location, tutte localizzate all’interno
della spettacolare Foresta Demaniale del
Marganai (presso Domusnovas in prov. di
Carbonia-Iglesias), sono state tre e tutte
molto differenti fra loro: la Grotta di San
Giovanni (una delle 3 grotte a galleria
al mondo attraversata da una strada
carrozzabile lunga circa 900 m), la grotta di
Sa Crovassa de Pranu Pirastru che presenta
una piccola parte a sviluppo orizzontale
(nella quale ospita siti di nidificazione
di Piccioni torraioli, Rondoni maggiori e
Pigliamosche ma frequentata anche dal
Falco pellegrino del quale abbiamo trovato
i resti del pasto) e una voragine profonda
oltre 60 metri. Infine una galleria mineraria
dismessa nella quale abbiamo patito
parecchio sia per il freddo intenso (all’aperto
c’era una temperatura di 36 gradi mentre
all’interno si scendeva bruscamente sotto i
15 gradi e con tasso d’umidità superiore al
90%) sia per gli spazi estremamente ridotti.
In tutti i siti non abbiamo avuto grandi
difficoltà nel trovare i soggetti quanto
piuttosto nel trovarli in situazioni favorevoli
o interessanti. Fra gli scatti più interessanti
e difficili da realizzare, merita il primo posto
quello del geotritone ritratto all’interno
di un “foro di mina”, ovvero un foro che
ospitò uno dei candelotti di dinamite che
componevano “la volata” con la quale si
faceva saltare la roccia per proseguire
nello sfruttamento della galleria mineraria.
Riprenderlo non è stato semplice; per
illuminarlo abbiamo usato solo la luce
della lampada frontale, (impossibile usare
il flash, nemmeno fuori slitta) e abbiamo
dovuto effettuare numerosi scatti perché
il geotritone si muoveva e tantissime
foto presentavano mosso o micromosso.
In totale abbiamo effettuato 6 uscite
passando circa 15 ore nel sottosuolo; è
stata un’esperienza unica: emozionante,
divertente e faticosa. Abbiamo vissuto
momenti bellissimi dal punto di vista
naturalistico, riso a crepapelle per qualche
piccola disavventura e faticato parecchio
impegnandoci stracarichi di attrezzatura
in sentieri ripidi e impervi e superando
numerose difficoltà impreviste
che affrontate con goliardia ci hanno fatto
spesso pensare al film “Viaggio al centro
della terra”.
Giovanni Paulis [Longufresu]
Antonio Biggio [Antonio 1973]
Bibliografia
· CAREDDA S. (2005) - Gli animali della
Sardegna – Anfibi, rettili, mammiferi - Ed.
Il Maestrale
· SECCI A. Status e distribuzione
delle quattro specie di geotritoni
(Speleomantes ssp.)
presenti in Sardegna - WWF Sardegna
· PAPINUTO S. (2005) - Sul ritrovamento
e il monitoraggio di una nidiata di
Speleomantes
genei (Temminck & Schlegel, 1838) in
una galleria mineraria dell’Iglesiente –
Sardegna
speleologica n. 22
23
Val Roseg e il sentiero delle
cince
la
Un luogo da favola dove passeriformi e uomo
hanno un rapporto davvero speciale...
24
Flora/Fauna/Parchi
I piccoli passeriformi sono animali deliziosi da
fotografare, sia per il loro aspetto simpatico
che per i loro colori. Deliziosi ma difficili da
riprendere come si deve, per due motivi:
come tutti gli uccelli, sono animaletti ad un
metabolismo molto elevato quindi attivissimi,
hanno l’argento vivo addosso e non stanno
fermi che per pochi secondi; in secondo luogo
perché sono, soprattutto dalle nostre parti,
molto diffidenti e non si lasciano avvicinare.
Non saprei dare loro torto visto l’abitudine
mimetizzato, stando assolutamente immobile
e silenzioso (addirittura ho avvolto una sciarpa
mimetica attorno all’obiettivo).
Se non abbiamo la disponibilità del capanno
e di un lungo tele o non siamo espertissimi
nell’avvicinamento silenzioso,
possiamo
tentare la fortuna, accontentarci dei pettirossi
che sono un po’ più confidenti e curiosi degli
altri piccoli passeriformi. Oppure...possiamo
andare appena oltre il confine, in Svizzera, e
La cincia Bigia Brianza
delle “bresciane” (che non sono delle signore
di Brescia, ma delle reti usate per catturarli)
e della doppietta. Quindi i passeriformi di
oggi sono diffidenti verso l’uomo, quelli più
fiduciosi sono finiti in pentola da lungo tempo.
Per riprendere questa Cincia Bigia in Brianza,
ho dovuto usare una focale da 500mm
(300+1.7x), attraverso una feritoia da capanno
percorrere il “Sentiero delle Cince” della Val
Roseg, a Pontresina.
La Val Roseg a mio parere costituisce
un’occasione rara per poter imparare a
fotografare questi piccoli volatili senza doversi
sobbarcare l’acquisto di ottiche costose o di
appostamenti in capanno. Infatti, lungo questo
25
La Cincia Mora
sentiero che dalla stazione di Pontresina va a
St. Moritz, è disposta una serie di mangiatoie
che vengono regolarmente riempite, a cui gli
uccelli si alimentano abitualmente, soprattutto
d’inverno. Gli uccelli sono così assuefatti alla
presenza umana che basta usare un minimo
di accortezza, come evitare di fare chiasso e
movimenti bruschi, che si avvicinano in modo
impensabile per qualunque luogo io conosca
in Italia. Questa cincia mora l’ho ripresa lungo
il sentiero, senza alcuna copertura, posata a
meno di tre metri da me.
COME ARRIVARE
Per arrivare a Pontresina,
si passa il confine con la
Svizzera e ci si dirige verso St.
Moritz, oltrepassando e poi
si seguendo le indicazioni
per Pontresina. Arrivati nei
pressi della cittadina, non
si deve entrare in paese, ma
lasciare l’auto nell’ampio
parcheggio appena fuori,
vicino alla stazione del
trenino.
Da qui partono vari sentieri
che portano nel bosco, il
26
“Sentiero delle Cince”
è quello in piano, che
inizia accanto al piccolo
giardino delle erbe della
Ricola (sì, proprio quella
delle caramelle) dove
in primavera è possibile
osservare
numerose
piante aromatiche.
Il sentiero è facilissimo
e percorribile anche con
i bambini (tenendoli
ovviamente d’occhio).
Oltrepassato il binario
del trenino, (attenzione ad attraversare perché
non c’è nessuna sbarra né segnale) si entra nel
vivo del percorso, perlomeno per chi vuole
fotografare.
Per riprendere le cince e gli altri uccelli si può
fare in due modi: ci si può appostare vicino
ad una delle mangiatoie strategicamente
disposte lungo il sentiero ed inquadrare i rami
che vengono usati dagli uccelli come posatoi
per qualche secondo intorno alla mangiatoia,
oppure, e forse meglio, si può portare con sè
un sacchetto di semi e disporli in modo accorto
Flora/Fauna/Parchi
su o vicino ad un buon posatoio (le arachidi
spezzettate risultano essere irresistibili, ma
anche i semi di girasole sono molto graditi,
i semini piccoli tipo miglio invece vengono
solitamente ignorati).
Una volta scelto il posto, ci si ferma e si aspetta.
D’inverno il risultato è garantito. Addirittura le
cince bigie sono quasi impudenti, vengono
loro a vedere se hai da mangiare. Si riesce
anche a farsele posare sulla mano, sulla testa,
dove volete... una volta una cincia bigia mi è
entrata nel sacchetto dei panini !
Le specie che si possono fotografare dal
sentiero non sono moltissime, ma sono
interessanti: Cinciallegra, Cincia Bigia, Cincia
mora, Cincia dal ciuffo, Picchio muratore,
Nocciolaia e quest’anno ho fotografato anche
dei fringuelli. D’estate ho visto un codirosso.
Lasciando il sentiero si possono fare anche
altri incontri, ma paradossalmente diventa più
difficile vedere gli animali, perché il contesto è
meno favorevole.
Oltre agli uccelli, lungo il sentiero è’ possibile
anche incontrare lo scoiattolo europeo,
(più bello e purtroppo minacciato da quello
grigio, importato dall’America) che di solito
in montagna assume un colore molto scuro,
quasi nero, ma si possono incontrare anche
esemplari del tipico colore rosso. Anche
gli scoiattoli sono abbastanza
confidenti (meno che gli uccelli)
e si avvicinano molto più che
dalle nostre parti. Nota bene: ho
scritto che si avvicinano , non che
si fanno avvicinare, se vi muovete
voi fuggiranno. Se eviterete
movimenti bruschi o rumori
improvvisi, potrete riprenderli
da vicino nella loro classica posa
“seduta” con la nocciola fra le
zampine (quindi portatevi anche
un po’ di nocciole, perché la foto
di uno scoiattolo con le arachidi
farebbe proprio schifo...).
Nel bosco non mancano gli
ungulati (Caprioli) ma non si
avvicinano anzi, di solito non si
fanno proprio vedere.
La
stagione
migliore
per
fotografare a Pontresina è l’inverno,
perché gli uccelli e gli scoiattoli in
quella stagione hanno pochissime
fonti di cibo alternative a quello
delle mangiatoie o che gli offrite
voi, per cui arrivano più numerosi
e osano di più.
27
EQUIPAGGIAMENTO
L’equipaggiamento
adatto
per fotografare a Pontresina
dovrebbe includere anche un
buon zoom grandangolare,
perché lungo la strada per
Pontresina si possono vedere gli
splendidi laghi dell’Engadina
che d’autunno sono una festa
di colori, ed anche lungo il
sentiero stesso ci sono scorci
panoramici
interessanti,
consentendoci qualche bella
foto di paesaggio. Per gli
uccelli, consiglierei un tele o
uno zoom-tele di qualità, non eccessivamente
lungo, 300mm sono più che sufficienti.
L’obiettivo più utile secondo me è uno zoom 80400 (Nikonisti) o 100-400 L (Canoniani) perché
anche se non lo userete molto a 400mm, la
stabilizzazione ci permette di poter scattare a
mano libera o appoggiati ad un tronco, senza
essere troppo legati al cavalletto e di variare
rapidamente la lunghezza focale. Utilissimo un
flash da dosare opportunamente.
Non occorrono abiti mimetici. Ovviamente,
anche se il sentiero è facile, sempre meglio
avere gli scarponi da montagna. D’inverno
la neve può essere alta e fare molto freddo
(quest’anno a Gennaio ho scattato a -16°C).
Pontresina e’ dunque un paradiso fotografico?
Quasi, ovviamente, come tutte la località, ha
anche i suoi problemi:
Luce il sentiero è lungo una valle non orientata
est-ovest, per cui la luce arriva tardi e va via
presto, inoltre trovandosi in un bosco fitto,
non è semplicissimo selezionare uno sfondo
omogeneo, o comunque non pesantemente
chiazzato di chiaroscuri. Occorre fare un po’ di
28
Il Picchio Muratore
attenzione nel selezionare la posizione nostra
e quella del il posatoio.
La gente il sentiero è facile per cui è sempre
piuttosto frequentato. L’inverno è la stagione
più affollata di turisti, a volte con cani al seguito
(e in questo caso addio uccelli per almeno un
quarto d’ora), molti educati, ma non tutti. a
volte sono chiassosi (non capisco come si faccia
a camminare in montagna, nel silenzio di un
bosco, facendo casino, ma la gente è varia...).
Insomma La Val Roseg è un luogo particolare,
come l’Oasi di Torrile, costituisce un’ottima
palestra per imparare a riprendere ardeidi
ed altri uccelli palustri, così la Val Roseg
rappresenta un’occasione rara per fotografare
da vicino i piccoli passeriformi di media
montagna, dando sicure soddisfazioni anche
a chi non ha l’esperienza oppure non può
permettersi lunghe focali molto costose.
Silvio Renesto [akaWendigo]
Utenti del Forum/Interviste
Ronnie Gaubert
Un maestro della
fotografia naturalistica
e il più grande sostenitore
della close-up photography
29
Chi è seriamente appassionato di
macrofotografia, o più semplicemente di
fotografia naturalistica, quasi certamente ha
sentito parlare di Ronald (Ronnie) Gaubert,
fotonaturalista statunitense famoso nel
mondo per la bravura con cui ritrae le
piccole e grandi meraviglie naturali del
suo paese, la Louisiana. Come tutti i grandi
fotografi, Ronald Gaubert ha sviluppato
uno stile personale che rende inconfondibili
le sue immagini soprattutto le macro, per le
quali va giustamente famoso. Le macro di
Gaubert is distinguono sia per l’eleganza e
la essenzialità della composizione, che per
la tecnica singolare, direi in controtendenza,:
infatti Gaubert fa macrofotografia con
dei tele anziché con obiettivi macro, un
metodo che gli permette di ottenere effetti
particolari di sfuocato e che ultimamente sta
raccogliendo molti consensi. Naturale quindi
essere un po’ curiosi su di lui e sul suo modo
di lavorare, per cui ho pensato di proporgli
un’intervista per il nostro piccolo ma grande
magazine. Con grande cordialità e semplicità
Ronnie ha subito accettato di fare quattro
chiacchiere con noi.
Vuoi presentarti ai lettori di
Macromagazine?
Mi chiamo Ronald Gaubert, ma quasi
tutti mi chiamano Ronnie. Sono nato il 3
Ottobre 1951 nella cittadina di Destrehan,
in Louisiana (USA), che si trova sulle
rive del Mississippi. Fin da ragazzino ho
cominciato ad esplorare la grande varietà
della natura lussureggiante delle paludi e
nelle foreste umide che crescono lungo il
fiume. La mia passione per la fotografia ha
avuto inizio quando avevo più o meno 17
anni, quando ho cominciato a fotografare
in bianco e nero. Da lì ho proseguito con
la pellicola a colori e le diapositive. Dopo
aver sperimentato fotocamere di molte
30
marche, mi sono finalmente fermato sul
sistema Nikon verso il 1975. Ho acquistato
la mia prima reflex digitale, una D100, nel
Dicembre del 2002. L’ho usata per quasi
quattro anni, finché non sono passato alla
D200 nell’Agosto 2006.
Sebbene io sia conosciuto soprattutto
per la mia fotografia ravvicinata, mi piace
moltissimo anche la fotografia agli uccelli
e di paesaggio.
Quando hai cominciato con la
macrofotografia?
Hai avuto qualche maestro, ti sei
ispirato a qualcuno?
Il mio interesse per la macrofotografia,
o meglio per quella che io preferisco
chiamare fotografia ravvicinata (closeup photography n.d.t) risale a quando ho
cominciato a fotografare, nel 1968. Non
posso dire che un fatto o una persona
abbiano realmente ispirato il mio stile
fotografico. Non sono mai stato uno a cui
piaceva leggere libri, infatti non ho mai
Utenti del Forum/Interviste
letto un libro di fotografia. Per chissà quale
motivo, la fotografia era nel mio DNA. Mi ha
preso da giovane e non mi ha mai lasciato.
Mi diverto addirittura di più oggi di quando
ero ragazzo.
“Credo che chi
guarda le mie
immagini provi
le mie stesse
sensazioni”
Il tuo metodo di fotografare in
macro è piuttosto insolito, infatti
usi raramente, se li usi, obiettivi
macro, piuttosto preferisci usare
teleobiettivi accoppiati a tubi di
prolunga, che vantaggi hai con
questo metodo?
Non senti la necessità di rapporti
di riproduzione più elevati?
Oggi si vedono sempre più fotografi usare
lunghe focali per la fotografia ravvicinata.
Anche se possiedo in 55mm ed un 105mm
macro, li uso raramente per le mie foto.
Trovo nella maggior lunghezza focale del
300mm una superiore flessibilità per il mio
lavoro. Capisco che non per tutti potrà
andar bene, ma per il mio stile di fotografia
è perfetto.
Non ho mai provato il desiderio di fare
foto al rapporto 1:1. Preferisco largamente
riprendere soggetti più grandi. Il mio stile
si basa soprattutto sulla composizione e la
luce ambiente, quando fotografi al rapporto
1:1 o superiore, si deve usare soprattutto il
flash e la composizione non è più un fattore
così importante.
Non ho nulla contro la fotografia a quegli
ingrandimenti, infatti mi piace, ma non è il
mio interesse principale.
31
32
Utenti del Forum/Interviste
Cosa cerchi nella macrofotografia,
quali emozioni, sensazioni o
conoscenze, vuoi trasmettere alla
gente con le tue foto macro?
Questa è una domanda difficile, perché
non ci ho mai pensato molto in quanto
io fotografo per suscitare in me stesso
emozioni e sensazioni. Quando fotografo, i
pensieri di chi guarderà la foto non passano
mai per la mia mente. Però credo che chi
guarda le mie immagini provi le stesse
sensazioni che ho provato io. Sono molto
convinto di condividere le emozioni della
amggior parte dei macrofotografi per quel
che riguarda soggetti, composizione e luce.
Questo fa di noi ( macrofotografi n.d.t.) un
categoria molto particolare di fotografi.
Se non sbaglio, con questa
attrezzatura non puoi riprendere
dettagli minuti dei tuoi soggetti.
Questo tipo di “macro estrema”
non rientra nei tuoi interessi?
Sì, col mio set non riesco a riprendere
dettagli ad un rapporto di riproduzione
superiore ad 1:3. Come ho detto prima,
non mi interessa. Mi sento a mio agio con
soggetti più grandi, ho più flessibilità per
quel che riguarda luce e composizione.
Fai molta postproduzione o applichi
dei crop (ritagli) importanti?
Non ritaglio molto. Col 300mm non ho
motivo per non riempire il fotogramma con
il soggetto. Per questo è il mio obiettivo
preferito, in quanto non devo avvicinarmi
troppo al soggetto per riempire il
fotogramma. Posso tenermi a distanza di
sicurezza per non disturbare i soggetti.
La postproduzione varia molto da
immagine ad immagine. Per rispondere
alla domanda direi che faccio un minimo
di postproduzione sulle mie foto. Percorro
grandi distanze per ottenere le migliori
immagini possibili direttamente sul campo.
Sono pronto a non fare lo scatto se le
condizioni non sono favorevoli.
Una delle (molte) ragioni per cui le
tue macro sono così belle è la luce
stupefacente che riesci a cogliere,
vuoi dirci qualcosa a proposito?
Quali sono le ore del giorno che
preferisci? E a proposito dell’uso
del flash?
Il mio motto (lett. le parole per cui vivo) è:
“Conta meno il soggetto e di più la luce e la
composizione”. Sono molto esigente nelle
preferenze riguardo le condizioni di luce.
Il momento della giornata che preferisco è
dalle prime luci a circa mezz’ora dopo l’alba.
E’ un breve intervallo di tempo che ti mette
sotto pressione nella ricerca dei soggetti.
Fotografo anche nel tardo pomeriggio, ma
normalmente il vento diventa un grosso
ostacolo in quelle ore.
La luce del primo mattino produce una luce
indiretta e diffusa che secondo me non
ha rivali. La luce diretta delle ore diurne
semplicemente produce troppe ombre
dure e chiazze luminose.
Uso raramente il flash. Le sole volte in cui
uso il flash è come luce di schiarita e uso
solo il flash incorporato nella mia D200.
Non uso flash esterni nel mio lavoro. Io
personalmente credo non ci sia nulla di
simile alla luce ambiente naturale.
Un’altra ragione per l’eccellenza
dei tuoi scatti è quella che
definirei un’eleganza unica nella
composizione, un sottile equilibrio
tra forme e colori. Questa capacità
di “vedere”, può essere imparata
in qualche modo?
Sono fermamente convinto che ciascun
33
34
fotografo debba sviluppare il suo stile
personale che lo soddisfi. Puoi imparare
dagli altri, ma non devi tentare di imitarne
lo stile.
Sono convinto che il talento per la
composizione, l’abilità di vedere, siano un
dono naturale. Possono essere insegnati
fino ad un certo punto, ma è compito
Quanto tempo impieghi nella
ricerca dei soggetti?
Bella domanda, vorrei avere una bella
risposta! Varia ad ogni uscita, Certe mattine
i soggetti sembra che ti saltino addosso,
altre invece sembra che non ci sia nulla di
vivo nei campi. Per ogni insetto che trovo,
sono convinto che ce ne siano altri 100
dell’allievo raffinare ulteriormente le
proprie abilità. Il miglior consiglio che mi
sento di dare è di sperimentare e usare un
attrezzatura e soggetti semplici. Non cercate
di fare i sofisticati con l’attrezzatura e con i
soggetti. Riuscire nella macrofotografia non
è così facile come può sembrare. Niente è
peggio che spendere un mucchio dei soldi
duramente guadagnati e scoprire che non
è cosa per te.
che non vedo. Gli insetti possono essere
molto elusivi, ma è così che li ha progettati
la natura. Fotografando nella luce tenue
del primo mattino, trovarli diventa ancora
più difficile perché i loro colori non
sono enfatizzati dalla luce brillante che
c’è durante il resto del giorno. Ci vuole
allenamento.
La mattina presto gli insetti sono
ancora immobilizzati dall’aria fredda a
Utenti del Forum/Interviste
e dall’umidità portate dalla notte, per
questo motivo non si muovono molto. Nel
resto della giornata sono più schivi perché
spaventati dalla nostra presenza.
Se trovo 5 soggetti diversi in una sessione,
io lo definisco un successo.
“Conta meno il
soggetto e di
più la luce e la
composizione”
Un consiglio per chi volesse
avvicinarsi alla macrofotografia?
Il mio consiglio migliore per la
macrofotografia non si applica a chi
supera i sessant’anni a meno che non si sia
tenuto in forma. Strisciare nel sottobosco
fitto in luce fioca non è una cosa facile.
Mi sto avvicinando ai sessant’anni e sta
diventando sempre più difficile alzarsi dal
letto molte ore prima dell’alba e guidare
fino al sito dove fotografare. Dovete sapere
che la Louisiana ha un clima tropicale con
80 gradi Farenheit (un po’ più di 30 °C) e
100% di umidità. Si spera che il clima sia
più adatto agli anziani da altre parti.
Per rispondere seriamente, come ho detto
prima, semplicità. Non cercate di fare i
sofisticati con ogni sorta di flash riflettori,
diffusori e via dicendo: fate una prova con
la tecnica delle lunghe focali. I vantaggi
delle lunghe focali sono:
- il non doversi avvicinare al soggetto come
con le focali più corte;
- la possibilità di isolare meglio i soggetti,
avendo un angolo di campo minore.
Questo ti permette di sfocare meglio lo
sfondo. Con un 300mm si includono solo
pochi gradi di visuale dello sfondo. Con una
focale più corta si includerebbe una visuale
più ampia, con il rischio di inserire elementi
di sfondo che distraggono.
Mi sforzo sempre di mantenere lo sfondo
delle mie immagini pulito, privo di elementi
di distrazione Tu vuoi che gli occhi di chi
guarda si concentrino sul soggetto e non
vengano deviati verso lo sfondo.
Traduzione e adattamento di Silvio Renesto
[Wendigo]
Ronnie Gaubert nel web.
La fama di Ronnie Gaubert in Internet è massiccia,una ricerca in google lo dimostra facilmente.
Il sito più importante, che lui cita come sito web personale, è su Pbase con il nome “The Nature
of Louisiana” (http://www.pbase.com/ronnie_14187). Lì si può vedere la maggior parte delle sue
immagini migliori.
Le sue foto sono ospitate su numerosi altri siti e forum di fotografia molto conosciuti come Photo.net
(http://photo.net/photodb/user?user_id=522962), oltre che in siti più commerciali dove vende le sue
opere.
Inoltre Ronnie è membro e moderatore della sezione macro di NPN, ossia naturephotographers. net,
uno dei più importanti forum di fotografia naturalistica internazionali, dove è ospitato il suo portfolio:
http://www.photoportfolios.net/portfolio/pf.cgi?a=up&pi=RONNIE
Buona navigazione in mezzo alle splendide immagini di macro e natura di Ronnie!
35
Laboratorio fotografico
del Mammalucco
Incontri-Riscontri
Il racconto di un laboratorio fotografico che ha
coinvolto alcuni degli utenti del forum...
Dopo l’improvvisazione musicale e
i laboratori di pittura, l’associazione
multiculturale Mammalucco si è tuffata nel
mondo della fotografia con un laboratorio:
“Incontri Riscontri”.
Il laboratorio ha affrontato le tematiche
del paesaggio, della macrofotografia e
dell’urbanoin una serie di incontri, divisi in
due fasi:
• una chiacchierata con un esperto magari
anche autodidatta, ma dalla “carriera”
abbastanza eloquente;
• uscite fotografiche di gruppo.
36
L’ospite d’onore per il tema del paesaggio
è stato Ercole Giap Parini [Giap] con cui
abbiamo ragionato su come in natura ci si
possa sbizzarrire a ritrarre diversi paesaggi
con diverse focali (dai classici grandangoli ai
supertele), come comporre e far dialogare
tra loro le diverse parti ritratte.
La prima uscita dove abbiamo potuto
esercitare tutti insieme queste prime nuove
conoscenze ha avuto come teatro la costa
Viola, sul mare a Palmi, e il monte Sant’Elia.
Abbiamo incontrato il dott. Natale Zerbi,
presidente del Garden Club Radicena, che
Utenti del Forum/Interviste
A sinistra Giap e Telluccia
ci ha parlato dei giardini e nel particolare di
Villa Zerbi che successivamente sotto la sua
saggia guida abbiamo fotografato.
Un altro incontro molto interessante
è stato quello con due appassionati di
macrofotografia caratterizzati da un
punto di vista molto creativo: Donatella
Loprieno [Telluccia] e Frank Armocida. Il
loro modo di vedere e riportare la natura
non è assolutamente realistico, ma spazia
dal surreale al minimalistico partendo in
punta di piedi dalla macro più classica. In
quest’occasione abbiamo avuto modo di
capire che le regole bisogna conoscerle
per poterle infrangere nel miglior modo
possibile...
La terza uscita è avvenuta sul nostro amato
Aspromonte, nei pressi dei villaggi Moleti
e Trepitò, anche qui abbiamo avuto modo
di spaziare dalla macro al paesaggio.
L’ultimo incontro è stato contestuale
all’ultima uscita insieme ad Alessandro
Crusco che ci ha fiondato nella fotografia
reportagistica di carattere sociale restando
entro i limiti dell’urbano, del civilizzato o
forse incivilizzato nel caso di alcune (a dir
il vero a Taurianova parecchie se non tutte)
costruzioni.
37
Quest’incontro è stato particolarmente
interessante dal momento che abbiamo
avuto modo di rileggere il nostro paese
scrutando attraverso la fotocamera i segni
che l’urbanistica spontanea (o forse sarebbe
più appropriato il termine selvaggia) di
questo paese come di molti altri ha lasciato:
nessun ordine, nessun rispetto del gusto se
non quello del singolo, nessun ordinanza di
pubblica decenza.
Con una riunione di “raccolta” è terminata
la fase degli Incontri e ha avuto inizio la fase
dei Riscontri poiché queste foto diverranno
due mostre fotografiche esposte al
pubblico in occasione di Invasioni Urbane
2009 dal 21 al 23 agosto
Due mostre, perché innanzitutto abbiamo
il dovere di raccontare quello che abbiamo
fatto con il mezzo che avevamo in mano,
la fotocamera, e condividere con tutto il
paese la gioia di stare insieme con una
scusa, la fotografia.
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Insomma bisogna fare e inventarsi
luoghi possibili con i mezzi impossibili.
Ovviamente l’altra mostra dimostrerà che
le foto che abbiamo fatto hanno anche
un valore tecnico, artistico e soprattutto
culturale, ma sarà la cittadinanza a valutare
quanto.
Andrea Scarfò [Naturalmenteandrea]
Utenti del Forum/Interviste
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Recensioni
Sigma 150mm
La recensione di un obiettivo macro
con un ottimo rapporto qualità/prezzo
Nonostante l’apertura a f/2.8, il Sigma
150mm resta una lente abbastanza
compatta con una dimensione di soli
80x137mm ed un peso ancora moderato di
895g.
L’obiettivo viene fornito con il paraluce, un
robusto collare per treppiedi ed un’ampia
e morbida custodia.
La qualità costruttiva
è davvero buona anche se presenta delle
imperfezioni. Infatti usa una verniciatura
opaca in stile “Sigma EX” che non è proprio
il massimo della qualità: è facilmente
soggetta a graffi e rigature ed inoltre
non è molto resistente all’acqua (ho visto
molti obiettivi con la verniciatura tutta
rovinata). Altro grande neo di questa
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lente, forse il più grande, è la mancanza
di tropicalizzazione.
A parte queste due
pecche il Sigma 150mm è una lente molto
robusta.
La minima distanza di messa a fuoco è di
38cm con un rapporto di riproduzione
di 1:1.
La lente è compatibile con i due
Teleconverter Sigma 1.4x e 2x così che può
diventare un 210mm f/4 o un 300mm f/5,6
con un RR rispettivamente di 1,4:1 e 2:1.
Non ho mai avuto il piacere di provarlo con
il TC 2x ma vi garantisco che usandolo con
il TC 1,4 sono rimasto sorpreso dai risultati
ottenuti. A tutta apertura diventa un po’
soffice ma con diaframmi compresi tra f/8 e
f/16 è davvero ottimo. Nelle due foto riportate sotto potete
notare la fantastica resa con il TC 1,4x.
Le due foto sono dei crop al 100% senza
postproduzione scattate con e senza TC
entrambe a f/11.
un obiettivo per fotografie sportive; in
macrofotografia si usa sempre la MAF
manuale.
C’è da dire inoltre che grazie al Full Time
Manual Focus è possibile passare da AF
a MF in qualsiasi momento senza crare
nessun danno alla lente.
AUTOFOCUS
QUALITÀ D’IMMAGINE
Come tutte le lenti macro l’AF non è
velocissimo anche se utilizza un motore
HSM (Hypersonic Motor), questo perché il
punto di messa a fuoco viene cercato tra
un’ampia gamma di distanze. Per cercare di
rendere più veloce l’AF, Sigma ha fornito un
limitatore di messa a fuoco che consente
di selezionare il range di messa a fuoco tra:
full-range, 0.5m-infinito e 0.38m-0.52m.
Tutto questo ha senso perché il range di
messa a fuoco tra 0.38m-0.52m è lungo
quasi come quello tra 0.52m-infinito.
Comunque l’AF lento non è assolutamente
un problema visto che questo non è
Nitidezza
Il Sigma 150mm è una lente davvero molto
nitida, anche a f/2.8 fornisce immagini con
poca differenza tra il centro e gli angoli
anche se è un pò morbido. Il massimo
della qualità si raggiunge con diaframmi
compresi tra f/5.6 e f/16 per poi diminuire
fino a diventare inutilizzabile a f/22 a causa
della diffrazione. Di seguito sono riportati
dei crop al 100% presi dal RAW senza PP.
Aberrazioni Cromatiche
Non c’è di che preoccuparsi, le
aberrazioni cromatiche sono controllate
eccellentemente. Ho fatto diverse prove
ma non sono mai riuscito a notare disturbi.
Distorsione Ottica: Le lenti macro hanno
delle distorsioni ottiche minime e il Sigma
150mm non fa eccezione, la distorsione è
assolutamente impercettibile.
Vignettatura
Su un APS-C è davvero molto bassa, a f/2.8
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Recensioni
Un Macaone fotografato con il Sigma 150 mm
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con il fuoco all’infinito il problema può
essere visibile ma è vero anche che situazioni
del genere capitano in casi molto molto rari
e sicuramente non in macrofotografia. A f/4
la vignettatura è appena percettibile e da
f/5.6 in poi non c’è più vignettatura. Il test
è stato effetuato utilizzando una Flat Box
autocostruita che uso per l’astrofotografia.
Ho scattato tre foto con la MAF all’infinito
utilizzando tre diaframmi diversi. Per meglio
giudicare l’effetto della vignettatura, in
ogni immagine, ho aggiunto un bordino
che rappresenta il tono presente al centro
del fotogramma.
con una luce diffusa ma quelle poche volte
che ho provato a fare qualche controluce
non ho mai riscontrato problemi.
Resa Cromatica: La resa cromatica è molto
buona anche se ho notato che spesso
tende ad inserire una lieve dominante di
colore rosso che però può essere eliminata
facilmente con PS.
Contrasto
Le immagini prodotte da questa lente sono
tutte ben contrastate.
Flare: per quanto riguarda i flare non ho mai
fatto delle vere prove ma posso dire che
uso questa lente da quasi due anni e non
ho mai avuto nessun problema è vero che
fotografo sempre al mattino presto quindi
Il Sigma 150mm è una lente capace di offrire
una eccellente qualità d’immagine ad una
lunghezza focale relativamente lunga ad
un prezzo ragionevole. A mio avviso è il
miglior obiettivo macro se si considera il
rapporto qualità/prezzo.
Bokeh
Il bokeh è molto liscio con punti fuori fuoco
molto piacevoli questo grazie all’ottima
gestione dell’aberrazione sferica e alla
geometria del diaframma a 9 lamelle.
Massimiliano Maura [Max83]
Foto senza TC
Foto con TC 1.4 X
f 2.8
f 3.5
f 5.6
f8
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Recensioni
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f 11
f 13
f 16
f 18
f 20
f 22
Distorsione ottica
Diverse vignettature: f 2.8, f 4, f 5.6
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