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la relazione nel processo di aiuto
A.A. 2007-2008 Laboratorio Preparazione al Tirocinio: la relazione nel processo di aiuto (Prima edizione) (O.Mermoz) I° MODULO: Le capacità relazionali 1. Il processo di aiuto nel servizio sociale, che mette insieme assistente sociale e utente fondato su principi e valori e sostenuto dagli atteggiamenti professionali è come una macchina che si muove lungo la strada tracciata dal procedimento metodologico, il cui motore è alimentato dalla relazione. Il processo di aiuto è l’occasione che mette insieme assistente sociale e utente . Il procedimento metodologico è l’alveo in cui muoversi, la relazione il collante, gli atteggiamenti professionali, il modo di essere. In particolare: L’accettazione, atteggiamento legato al principio del rispetto della persona. L’atteggiamento accettante, è neutrale che significa non belligeranza, assenza di conflittualità o di contrapposizioni valoriali. Mai mancanza di valori, di principi, di opzioni etico-culturali. E’ un atteggiamento non giudicante, o meglio che sospende il giudizio e lo affida all’utente. Un atteggiamento di disponibilità tale da suscitare un clima dove la persona riesce ad essere se stessa, una atmosfera che stimola le energie della persona. Un atteggiamento comprensivo che permette di ritrovare la fiducia, libera l’utente dai timori di poter essere danneggiato, offre una situazione comunque nuova. L’accettazione è sempre capacità di ascolto, a sua volta interdipendente con l’atteggiamento dell’ Attenzione o personalizzazione, che si sostanzia nella focalizzazione della identità individuale, della unicità della persona, del suo patrimonio biologico, culturale, di classe. Unicità della persona umana che deriva dal processo di integrazione sociale e di trasmissione culturale, mediante il quale nell’ambito di concrete situazioni storiche, ambientali e familiari, si è strutturata. L’atteggiamento di attenzione può essere appannato dagli stereotipi, dalle generalizzazioni o dalle etichettature. La personalizzazione è data dal saper ascoltare, dal rapporto che si fonda -prendendo in prestito le parole di E. Borgna (v. “Le attese e le speranze”, Feltrinelli)- sulla “attesa scritta nello sguardo del paziente e sulla risposta a quell’attesa, spesso ignorata dallo sguardo del medico che non vede persone ma sintomi, non percepisce vissuti, ma deragliamenti dei comportamenti, pensa di poter guarire un anima prescindendo dall’anima stessa. Quando lo sguardo si fa clinico, perché è più facile scrivere una ricetta che parlare con un sofferente, la competenza ha il sopravvento sull’umanità, l’estraneità sulla richiesta di comprensione. Nell’affidarla alla genericità del farmaco non si è colta la 1 specificità della sofferenza perché se il modo di ammalare è uguale per tutti quando le malattie sono del corpo, è specifico per ciascuno quando le malattie sono dell’anima”. 2. La chiave per entrare nella relazione è l’empatia. L’empatia è atto attraverso il quale le donne e gli uomini si rendono conto che un altro uomo e un’altra donna vivono le stesse esperienze che vivono loro; in altre parole, vivono gli stessi sentimenti e le stesse emozioni e compiono gli stessi atti volitivi e cognitivi. L’empatia, facendo entrare gli uni quotidianamente in rapporto con gli altri e cogliendo di tali altri la loro individualità personale, è la prova che la condizione umana è pluralità. E’ l’empatia una modalità di sentire il mondo che si qualifica per una tensione di identificazione con tutto ciò che è oggetto dell’esperienza umana. L’atto empatico ci restituisce l’esistenza degli altri e le loro prospettive, garantendoci un accesso alla realtà del mondo relazionale. L’empatia rappresenta l’area della possibilità e ha a che fare con il modo di sentire dell’altro, con lo sguardo che posiamo si di lui. Uno sguardo che può mettere al mondo o negare il volto dell’altro. Un pensiero che non riduce ma distingue, che non separa ma collega. Un dialogo che se avviene dentro può avvenire anche fuori. Empatia ha a che fare con il riconoscimento delle esperienze dell'altro Ogni esperienza è personale e diversa, punti di vista differenti e la differenza è una ricchezza. L’empatia è l’ opposto della indifferenza un meccanismo difensivo che si sviluppa quando assistente sociale e utente in esso coinvolti di fronte a processi ansiogeni e volte profondi.. I meccanismi di difesa dell’io sono in grado di elaborare modalità difensive non eccessive, capaci di garantire agli operatori, alle operatrici coinvolti equilibri più avanzati. Ma quando le ansie sono talmente eccessive, generate da una domanda non sopportabile di relazionalità (specie con gli anziani, nelle case di riposo, con i malati mentali. Con i bambini) si sviluppano derive difensive caratterizzate da indifferenza . L’indifferenza porta a “distogliere lo sguardo”. Si cessa di cogliere le differenze collocando tutti e tutte in un contenitore di distacco, all’interno del quale le originalità individuali sfumano e l’universo relazionale diventa opaco e grigio. I volti scompaiono e compare una corporeità ripetitiva, una umanità clonata senza distinzioni differenzianti. 2 3. Le abilità relazionali attengono alla relazione AS / utente gruppo comunità all’interno del processo di aiuto. All’assistente sociale sono richieste competenze/abilità nella gestione della relazione in contesti diversi, a livello individuale e collettivo con funzioni di aiuto, di consulenza, mediazione, organizzazione e coordinamento. Richiamare le competenze relazionali significa riferirsi alla capacità di gestire la complessità interpersonale e la fatica emotiva che l’accompagna senza trascurare la complessità situazionale dell’utente e del suo contesto allargato. Nella relazione assistente sociale e utente non può restare in secondo piano la consapevolezza che l’utente non è una monade isolata nel mondo, ma un pezzo significativo di un sistema più vasto, familiare e sociale. Competenze date dalla integrazione di tre elementi: conoscenza/padronanza mentale Capacità/padronanza operativa Comportamento/padronanza relazionale in ambito organizzativo e operativo Le componenti delle capacità relazioni sono: Immedesimarsi Identificarsi Osservare Ascoltare Comunicare Pensare Negoziare Avere pazienza Collaborare Essere consapevoli di sé Tollerare le frustrazioni Contenere l’ansia Apprendere dall’esperienza Promuovere la soggettività Cambiare/Divenire Assumere responsabilità Saper attendere 3 4. La cultura dei servizi è di porre sempre l’assistente sociale da una parte e l’utente dall’altra. in posizione contrapposta. Così come domina la cultura del fare. L’operatore sociale basa il proprio intervento su azioni, cose concrete, che si potrebbe dire che si vedono e si pesano. (capacità , ossia la padronanza operativa) Troppo spesso l’assistente sociale FA. Ascolta l’utente e quando questi neanche ha finito di parlare lei ha già in testa molte cose fa fare. Dare supporti e contributi economici, inserire i bambini al nido, indirizzare la persona verso un lavoro, far inoltrare la do manda per un alloggio popolare, segnalare a un ente di volontariato, indirizzare al consultorio, inviare a un servizio sanitario o specialistico, ecc La cultura del fare pone l’operatore e il cittadino su un piano di realtà che rischia di nascondere il mondo interno della persona che ha chiesto aiuto: indirizzando l’azione su aspetti, su azioni che non modificano i mondi vitali del soggetto. Si rimane al detto senza andare al non detto, al verbale tralasciando il profondo, tralasciando cioè l’indicibile, ossia quello che si può dire solo dopo che si siano instaurati rapporti di stima e fiducia. Quando cioè la relazione è diventa relazione affettiva, all’interno ovviamente di un rapporto professionale Relazione affettiva è una relazione professionale dove esistono e si sentono le emozioni. Non una relazione dove l’operatore si confonde con il cliente assumendo su di sé pesi e sofferenze che non gli competono e di cui o non può farsi o carico. Una relazione dove è entrata in gioco l’empatia Che può essere definita anche come una forma di decentramento cognitivo, ovvero la capacità della persona, in questo caso l’assistente sociale, di uscire dal proprio schema di riferimento esistenziale e valoriale per muoversi all’interno di quello dell’altro. Per scorgere la foresta si deve prima imbattersi negli alberi Ma liberi da stereotipi. Senza imitare i “matematici che, come i francesi, ogni volta che gli dici qualcosa loro la traducono nella loro lingua e subito è una cosa diversa (Goethe)” 4 5. La relazione è come la commedia dell’arte. Nessuno rappresentazione è uguale all’altra. Il copione non esiste. Esiste l’interpretazione che deriva dalla interazione degli attori. Ma per entrare nel mondo interno della persona che ha chiesto aiuto, essere in relazione, occorre praticare l’ascolto riflessivo, ossia una riflessione a specchio delle parole dell’utente attraverso una loro elaborazione da parte dell’assistente sociale. L’ascolto riflessivo si attua usando la ripetizione semplice, la parafrasi, la riformulazione. Riassumere consente di chiarirsi e chiarire il concetto espresso dall’utente. Consente di sostenere e confermare su elementi concreti, senza cadere nella banale rassicurazione. Il feed back è indispensabile per procedere nella relazione di aiuto. Il feed back fornito dall’utente, le sue risposte forniscono una informazione immediata sella accuratezza dell’ascolto riflessivo e stimolano nell’interlocutore una risposta diretta. In altre parole l’utente dice se abbiamo compreso quanto sta dicendo. Non ci sono conseguenze se ci si è sbagliati: la persona continua a parlare e corregge le sfumature che non si sono colte. Gli utenti sono i nostri insegnanti. 5