Chi abita nell`astronave IITWho Lives in the Spaceship IIT
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Chi abita nell`astronave IITWho Lives in the Spaceship IIT
62 blue news news blue Chi abita nell’ IIT astronave Who Lives in the Spaceship IIT Viaggio all’interno dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Morego dove lavorano cinquecento giovani scienziati, un quarto stranieri, da 37 paesi del mondo. “Genova? Affascinante. Ma perché la domenica è un deserto?” A voyage to the inside of the Italian Institute of Technology in Morego where five hundred young scientists, from 37 different countr”ies, work. “Genoa? It’s fascinating. But why is it so deserted on Sundays? Jada C. Ferrero algo a Morego, impervia collina alle spalle di Genova che dal 2005 ospita l’Istituto Italiano di Tecnologia, e scendo in parapendio su Spotorno (Sv). E’ realtà virtuale. Un casco in testa, un visore connesso a una macchina e, imbragata su un seggiolino che assomiglia a un’altalena, “come se”, percepisco il mio corpo che scende in volo sulla costa del Savonese. Vedo i miei piedi sotto di me; molto più giù la Gallinara. “Guido”: simulando il “paragliding”, atterro sulla spiaggia. E’ la versione beta di una “cosa” fatta dai ricercatori dell’Iit, che solo l’anno scorso ha depositato circa 40 brevetti. I primi frutti del lavoro di questi “cervelli” che si sono trasferiti a Genova dall’intero pianeta. Istituito dal governo nel 2003 come strumento nazionale per rivitalizzare la ricerca nell’innovazione e l’alta formazione tecnologica (100 milioni annui di finanziamento), la fondazione, parte di una rete con altri 9 poli di eccellenza italiani, sta “ingranando”. Conduce ricerche avanguardistiche in diversi campi dello scibile: il filone integrato robotica - neuroscienza - nanotecnologia, il drug delivery, cioè la somministrazione “intelligente” di farmaci; poi S go up the steep hill at Morego, behind Genoa, to the Italian Institute of Technology, but I come down in a hang glider above Spotorno, 60 kilometers to the west. It’s the magic of virtual reality. A helmet on my head, my visor connected to a machine, all tied up in a high chair that looks like a swing, I see my body slowly gliding down the coast of Savona. My feet are below me; way down below them is the Island of Gallinara. I control the glide and land on the beach. This is the B version of the “stuff” done by the researchers at the IIT. But just last year they applied for 40 or so patents, the fruit of intense cerebral activity that has been produced by “brains” who have come to Genoa from all over the world. Created by the Italian government in 2003 to encourage innovation, research and avant-garde technology, the institute receives 100 million euros annually in financing. It is part of a network of ten centers of Italian intellectual daring and know-how, carrying out top-level research in many different fields: robots- I La facciata dell'Iit, a Genova Morego, sulle alture alle spalle della città e della Val Polcevera The facade of IIT, in Genoa at Morego, behind the city along the Val Polcevera valley 63 blue news news blue piattaforme come l’energia portatile e a basso consumo; nuovi materiali; ambiente, sicurezza e salute; computazione. Gli scienziati sono oggi oltre 500, un quarto stranieri. Destinati a diventare almeno 650 entro fine 2011. Età media 30-35 anni, tutti “assunti” con contratti a tempo determinato della durata massima di 5 anni, per specifici progetti. Vengono da 37 paesi diversi. In qualche caso con le famiglie. Così come per i genovesi l’Iit è una sorta di “astronave” atterrata un giorno sulle alture di Morego, i suoi “abitanti” stanno a loro volta prendendo le misure dello “spaziotempo Genova”. Cosa gliene pare fin qui? E dove hanno scelto di vivere? Questione logistica non banale: senza auto propria, esistono in pratica soltanto gli shuttle privati dell’Iit, che collegano l’astronave alla rete pubblica (bus stop al capolinea metro di Brin); due al mattino, cinque la sera. Altre navette Iit fanno spola, nella pausa pranzo, fra la sede e il vicino centro commerciale Ipercoop di Bolzaneto. Parcheggiare, lassù, neuroscience-nanotechnology, drug delivery, low usage/transportable energy, new materials, environmental safety and security, computers. Of the 500 scientists, a quarter of them are foreigners from 36 other countries, some with their families. Plans are to increase the number of scientists to 650 by the end of 2011. They tend to be in their thirties and have contracts for a maximum length of five years. If for the Genovese the IIT is a spaceship that has landed on the hill of Morego, the alien inhabitants are, in turn, taking a good look at Genoa. What impression did the city give them? Where did they decide to live? How do they move about? The IIT shuttle buses which connect the spaceship with Genoa on planet Earth, leave twice in the morning and five times in the evening, landing at the end of the municipal bus line (and the Brin metro stop). Other shuttles take the scientists to lunch in the area of the Mall at Bolzaneto. With little housing available in the Valpolcevera, the scientists have spread out. photo Ferrero presso la sede riconvertita dell’Agenzia delle Entrate, è un inferno. Così, fame di case in Valpolcevera, dove molti hanno preso alloggio. Tanti, però, si sono fatti stregare dal centro storico. Alcuni, a prescindere dalla scomodità, hanno preferito certi angolini dell’immediato Levante, Quinto, Nervi. Il numero uno dei cervelli Iit, il direttore scientifico Roberto Cingolani, classe 1961, milanese, lo scorso febbraio stava cercando casa, magari in Valpolcevera: lasciata Quarto, accarezzava un’idea di entroterra. “Per la verità – racconta – io vivo in aereo. Nei weekend a Lecce, dove ho figli, poi a rotazione Roma, le altre città della rete, due-tre giorni la settimana Genova. Confesso: non amo il mare. Adoro invece la montagna, il verde. Qui l’entroterra mi fa impazzire. Sono molto appassionato di bici. Mi riprometto, una volta insediato, di praticare. Col sogno nel cassetto di ripercorrere su due ruote la Via del sale”. Come trova i genovesi? “In generale li trovo colti. Così come molto preparati i ragazzi, i laureati in discipline scientifiche – quelli con cui più ho a che fare – ma mi sembrano per contro terribilmente “mammoni”. Non nel senso corrente e dispregiativo di “bamboccioni”, cioè che restano comodamente in famiglia invece di calarsi nel mondo. No: paiono assai legati al territorio, alle radici, stanno un anno fuori e non vedono l’ora di rientrare. Genova ha evidentemente un potente magnete”. Infatti, brillano gli occhi a Stefano Saliceti, Many were bewitched by Genoa’s medieval Old City. Other were fascinated by the Riviera, heading east to quarters along the sea, such as Quinto and Nervi. The scientific director, Roberto Cingolani, class of 1961, originally from Milan, is house-hunting since February. He left the sea and decided to experience life inland, perhaps along the valley of the Valpolcevera River, or even further into the Apennine Mountains. “To tell the truth,” he smiles, “I live on the airplane. On weekends I fly down to the south of Italy, since my children live in Lecce. I go back and forth ‘on rotation’ to Rome and the other cities on the scientific network. I spend maybe two or three days in Genoa. But I must confess, I am more attracted to the mountains than the sea. I love to be out among trees and greenery. The Genovese hinterland really attracts me. I love cycling. Once I have set up house, I am promising myself that I won’t only take up cycling seriously, but I want to cycle the Via del Sale, the old salt road that once brought sea salt up from the coast to Lombardy and northern Italy.” How do you find the Genovese? “Speaking in general terms, I find them to be very cultured. Students are wellprepared, that is, the scientific degree-holders with whom I have come in contact—though I do find them a bit ‘mammoni’ [they need their stereotyped Italian mamma]. I don’t mean it negatively, but in the sense that they would almost rather stay home than go out and face the All'interno dell'"astronave": laboratori, simulatori, giovani ricercatori e prototipi. Nell'altra pagina al lavoro con il robottino ICub photo Repubblica.it Inside the “spaceship”: laboratories, simulators, young researchers, and prototypes. On the other page, a young researcher with the little robot, Icub photo Repubblica.it 64 65 66 blue news Il simulatore di parapendio virtuale in azione. L'Istituto conduce ricerche avanguardistiche in diversi campi: il filone integrato robotica-neuroscienzananotecnologia, la somministrazione “intelligente” di farmaci, piattaforme come l'energia portatile e a basso consumo; nuovi materiali; ambiente, sicurezza e salute A virtual hang-glider simulator in action. The institute carries on advanced research in many different fields, such as the integrated subjects of roboticsneuroscience-nanotechnology, drug delivery, lowconsumption portable energy, new materials, and environmental safety and health news blue 29 anni, ingegnere robotico, nativo di Coronata, rione non lontano. Dopo la laurea a Genova, un paio di anni a Bruxelles – di cui all’Iit si respira un’atmosfera analoga, genere “smart melting pot” - è stato ingaggiato dall’Istituto. Lo conosciamo nel giorno in cui, insieme ad altri due ricercatori, uno spagnolo di Saragoza, e uno di Cavallermaggiore (Cn), mostra le meraviglie del laboratorio di robotica, solitamente chiuso, ai colleghi dell’intero istituto che lo desiderano, in una due-giorni di “Open days”. C’è appunto il simulatore di parapendio, robottini telecomandati tipo i rover che sono andati su Marte, un grande macchinario per test virtuali di guida (dall’utilitaria all’escavatore minerario), altre installazioni. Robotica nella distanza. Si studiano soluzioni tecnologiche praticabili. “Dopo la laurea in robotica – ricorda Saliceti - ero preparato a lasciare Genova. A Bruxelles, ho lavorato per una grande azienda con un bel budget per ricerca e sviluppo. Quando ho sentito del progetto dell’Iit, mi sono catapultato, non sembrava vero. Ormai assuefatto a un certo tenore di vita, ad un ambiente multietnico, temevo però di perdere questa dimensione d’internazionalità. Invece no. Sono molto contento: vivo la stessa, qui. Il che sfata il mito del genovese chiuso. L’Iit mi ha fatto veramente sentire figlio della mia città, partecipe di quello che si sta facendo”. Sono pochissimi i genovesi “embedded”, coinvolti nell’Iit dall’interno. Fra loro Luisa Franco, 42 anni, biologa, nel dipartimento neuroscienze fin dalle origini. Com’è la vita nell’astronave? “Ci si organizza. La mensa non c’è ancora e così, a parte la navetta per l’Ipercoop che fa spola all’ora di pranzo e un paio di trattorie vicine, grazie a un paio di artigiani della zona che si sono rimboccati le maniche, ora fruiamo di un servizio di catering in istituto”. In altre regioni forse almeno un chiosco avrebbe aperto sotto la se- world. They stay tied to the land, to their roots. They go away for a year, and they can’t wait to get back home. Genoa seems to attract them like a magnet.” True. Take Stefano Saliceti, 29, brilliant robotics engineer, born in nearby Coronata. After his degree, he spent a couple of years in Brussels—a European “smart melting pot” similar to the Institute. We meet him, along with two colleagues, one from Saragoza in Spain, and the other from Cavallermaggiore, in the northwestern Italian Alps region of Cuneo, on the day when they showed us around their robotics lab. It’s normally outof-bounds to everyone, but the Institute has a few two-day “Open Days”, where colleagues in other sectors can come and look around. That’s where I tried out the hang-gliding simulator, but it also has small remote-controlled robots—like the Rover which landed on Mars—and a test driving machine which offers everything from utility cars to mine excavators, and more. “After I got my degree”, Saliceti remembers, “I was ready to leave Genoa. In Brussels I worked for a big company with a huge research and development budget. But when I heard about the IIT project, I jumped on it; it seemed too good to be true. By then I had gotten used to a certain lifestyle in a multiethnic environment, and I did not want to lose the international aspect. Now I am really pleased. I can still live the way I lived in Brussels, but I’m here. People say that Genoa is old-fashioned, but this is no longer true. IIT lets me live my city, and lets it be a part of what I am doing.” It is hard to get the people of Genoa involved with IIT. Luisa Franco, Genovese, 42, has been in the department of neurosciences since the beginning; she gives an example, “We don’t have a cafeteria, so we would go back and forth to little restaurants in the area with the shuttle bus. Then a couple of locals came up with a catering service for the Institute. In other parts of Italy, food vendors would have opened up under the institute, but,” she sighs, “you know Genoa. It’s just not used to dealing with new people. Maybe they can’t see the business under their nose. No one here seems to want to try something different.” de. “Genova – sospira - è così, chiusa. Come appare. Non abituata a grandi flussi di visitatori. Così magari non riesce a vedere il business quando ce l’ha sotto il naso, evita fino all’ultimo di lanciarsi in iniziative imprenditoriali che paiono azzardate”. Consenso diffuso, fra i ricercatori, per i luoghi “topici”, l’enorme centro storico, i vicoli, il Porto Antico, il mare. Anche questo peculiare: “Io sono di Vasto, in Abruzzo – dice Giuseppe Ronzitti, 30 anni, biotecnologo – e quando penso al mare di Genova, mi viene in mente la parola “bruschità”: sa ancora di selvaggio. Arrivo da 10 anni trascorsi a Modena: le strade erano tutte perpendicolari le une alle altre, facevano impressione. Qui, va da sé, mi sento più a casa. Invece, riscontro parecchia differenza rispetto ai servizi civici emiliani, eccellenti, o per quel che riguarda lo sviluppo della raccolta differenziata. Conoscevo già prima Genova: sempre piaciuta”. “Mai stata qui prima”, ammette invece la ricercatrice padovana Fabrizia Cesca, biologa, 33 anni, i precedenti cinque trascorsi a Londra: “ma mi ha subito affascinata. Però non me la sono sentita di prendere casa in Valpolcevera: sto a Castelletto. Un aspetto che colpisce è che in certe giornate Genova è del tutto deserta. Zero: bomba N. Non si capisce dove vadano, cosa facciano, gli abitanti. Domenica pomeriggio. Tutto chiuso. Possibile? Un baretto aperto c’è persino a Padova...”. b This opinion is common among the researchers. They feel that the potential has not been exploited in places like Genoa’s enormous Old City, the Porto Antico, and even the sea. “I am from the south of Italy, from Vasto, in Abruzzo.” says Giuseppe Ronzitti, 30, bio-technologist, “When I think of the sea at Genoa, I think of our word, “bruschità”, there’s a trace of wildness here. I spent 10 years in Modena, in central Italy, where the streets are all perpendicular to each other; it makes quite an impression. Here everything goes every which way. I find the urban services are different here than in the Emilia region, where they were excellent. Recycling is also less developed. But I had already been to Genoa, and I had always liked it.” “I had never been here before,” admits Fabrizia Cesca, biologist, 33, from Padova, near Venice. She spent five years in London though. “I found Genoa fascinating from the first. But I didn’t want to live near the institute in the Valpolcevera. I chose Castelletto, the 19th century suburb above the city center. But the one thing that struck me is that on certain days Genoa is deserted. Where do the people go on Sunday afternoons? Everything is closed. On Sundays in Padova, you can always find a nice café that is open …”. b La sede dell'Iit e le alture di Morego The Headquarters of IIT and the hill of Morego 67