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Pronti a mollare Trenitalia
In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Dalla e la Calabria Un concerto in ogni porto Addio Lucio C’hai voluto bene assai CATANESE, PANETTIERI e VITALIANO alle pagine 4, 5, 6, 7 e 54 Venerdì 2 marzo 2012 www.ilquotidianodellacalabria.it L’eclettico folletto che amava la libertà di ROSITA GANGI di GIANLUCA VELTRI NON ci sarà una nuova lettera da scrivere per il nuovo anno. Lucio Dalla ha concluso il suo primo tempo a due giorni da quel 4 marzo, a lui tanto caro, che segnava il suo capodanno. "La morte è solo l'inizio del secondo tempo" aveva più volte dichiarato, forse HA scolpito la sua data di nascita nella memoria collettiva: 4/3/43, e chi se la scorda più. Lucio Dalla se ne va in una delle patrie europee del jazz, Montreux. Lui che poteva dire d’esser stato sullo stesso palco con Mingus, Bud Powell e Eric continua a pagina 6 continua a pagina 5 Lucio Dalla in una foto scattata a Roma nel 2007 Presa di posizione del consigliere regionale che ha la delega al settore dei trasporti «Pronti a mollare Trenitalia» Orsomarso prospetta la rescissione del contratto per i tagli e i disservizi A FRONTE dei tagli di treni e dei continui disservizi, la Regione è pronta anche a rescindere il contratto con Trenitalia: lo ha prospettato il consigliere regionale del Pdl Fausto Orsomarso, che ha la delega del presidente della Regione a seguire il settore dei trasporti. Rosarno. Condannato dal gup Cinque anni a Pesce per le minacce al sindaco Tripodi GIOVANNI VERDUCI a pagina 12 GIUSEPPE BALDESSARRO a pagina 14 Apre uno sportello Cosco è imputato nel processo a Milano L’ex convivente di Lea «Non ci stava con la testa» In Calabria più di 20mila hanno dipendenza dal gioco Cosenza, progetto della Provincia Una foto che simboleggia lo spirito dell’iniziativa: lavoro e sviluppo contro la ’ndrangheta A. ILLIANO a pagina 59 EMANUELA ALVARO a pagina 16 a pagina 15 Caulonia. Giornata organizzata dal Consorzio Goel «Sviluppo contro i clan» La maledizione del precario da pagina 47 a 57 Tre foto e una mimosa Si organizzano iniziative in tutta la regione Interventi e adesioni di ANTONIO ANASTASI e MARIA FRANCESCA CORIGLIANO a pagina 9 Lamezia sa liberarsi delle paure di GIANNI SPERANZA DUE giorni fa, Lamezia Terme, ancora una volta è stata protagonista di un piccolo grande miracolo. continua a pagina 19 Operazione della Guardia di Finanza per un giro di estorsioni, usura e riciclaggio. Sigilli a beni per 5 milioni Sombrero Senso etico BUFFON ha parato dentro la porta e ha dichiarato che, se anche se ne fosse accorto, avrebbe fatto finta di niente per non danneggiare la sua squadra. Da qui è partita l'indignazione nazionale, vogliono degradarlo. Perché il calcio è diventato il regno del moralismo e dell'ipocrisia: le dichiarazioni di allenatori e calciatori sono un campionario di luoghi comuni a cui non crede nessuno, infatti sono noiosissime e si ama Mourinho solo perché non si adegua. L'assurdo è che si pretende allo stadio un'eleganza e una disciplina che non esiste negli uffici pubblici e in Parlamento. Blitz contro i Facchineri a Milano: 23 arrestati LA Guardia di Finanza ha arrestato 23 persone a Milano che sarebbero legate ai Facchineri di Cittanova. Sequestrati beni per 5 milioni. MICHELE ALBANESE a pagina 14 20302 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 18 - N. 61 - € 1,20 La proposta lanciata dal Quotidiano per l’8 marzo Tre Ancora iniziative e condivisione foto e una mimosa CI si avvicina all’8 marzo e non cessano di pervenire in redazioni adesioni alla proposta lanciata in un editoriale del direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, di dedicare la speciale ricorrenza a tre donne che hanno avuto la forza e il coraggio di dire basta alla ’ndrangheta, soprattutto per amore dei figli: Maria Grazia Cacciola, indotta al suicidio, Lea Garofalo, uccisa e sciolta nell’acido, e Giuseppina Pesce, che collabora con la giustizia denunciando gli stessi familiari. Tre donne una scelta comune, dettata dalla voglia di immaginare un orizzonte diverso per i propri figli. Gli interventi pubblicati fino ad oggi sono online sul sito del Quotidiano, all’indirizzo www.ilquotidianodellacalabria.it Lea Garofalo Il Comune di Cutro organizza un convegno di ANTONIO ANASTASI TRE foto e una mimosa. Cutro c'è. Il Comune ha invitato i cittadini a partecipare, il prossimo 8 marzo, a un convegno per ricordare l'esempio di Lea Garofalo, Giuseppina Pesce e Maria Grazia Cacciola, tre donne che hanno rotto con la cultura di 'ndrangheta pagando con la vita. E' stata accolta in toto la proposta lanciata dal direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza. Alle 10,30, nella sala Falcone e Borsellino, in occasione della festa della donna, si ritroveranno Salvatore Migale, sindaco di Cutro, Adele Bottaro, assessore provinciale di Crotone alle Pari opportunità, Teresa Cortese, vicesindaco di Crotone, Nella Scalise, presidente del Lions club del Marchesato, Carmen Messinetti della Cgil, la consigliera comunale Maria Grazia Lorenzano, delegata alle Pari opportunità, la giunta e il consiglio comunale. A conclusione del dibattito, i promotori del Cineforum 2012 proietteranno un documentario sulle donne coraggio. Da Cutro, in particolare, proviene il collaboratore di giustizia Salvatore Angelo Cortese, testimone chiave nel processo per l'omicidio di Lea Garofalo, della vicina Pagliarelle, frazione di Petilia Policastro. A lui l'ex convivente della donna, Carlo Cosco, che ieri davanti alla di MARIA FRANCESCA CORIGLIANO* Corte d'Assise di Milano lo ha definito bugiardo, avrebbe commissionato il progetto di morte durante un periodo di codetenzione, nel 2002, ma i boss, stando all'impianto accusatorio, decisero di soprassedere. La trappola scattò nel novembre 2009, quando a Milano Lea scomparve nel nulla. Un contributo di giustizia è già venuto, dunque, da Cutro, che adesso si accinge a fornire un omaggio alla scelta coraggiosa della Garofalo e delle altre due testimoni di giustizia calabresi. Il pensiero sarà rivolto soprattutto al sacrificio di una vita, quella di Lea, che non è stata facile, a Pagliarelle di Petilia Policastro. La vita non doveva essere facile per una che aveva otto mesi appena quando le uccisero il padre. Al Capodanno del '75 risale il delitto che diede il via alla faida Garofalo Mirabelli nell'ambito della quale, nel giugno 2005, fu ucciso anche il fratello di Lea, Floriano. Non doveva essere facile la vita per una che si tatuò una “A” su una mano per ricordarsi del padre, Antonio. Quella vita non facile si è spenta in un magazzino alla periferia di Milano. Vite non facili anche quelle delle altre testimoni di giustizia calabresi. La festa delle donne che rompono il silenzio. Iniziative analoghe sono in fase di programmazione nel Crotonese. denti, di una lettera da indirizzare proprio a Giusy Pesce, la collaboratrice di giustizia di Rosarno che dal 2010, sognando un futuro diverso per i propri figli, ha scelto di schierarsi dalla parte della giustizia. «Alle “ribelli” di 'ndrangheta la Calabria ha finora risposto con una drammatica assenza di sponde - dichiara Francesca Chirico di Stopndrangheta - Per questo abbiamo salutato positivamente l'appello lanciato dal direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza, per un 8 marzo dedicato alle donne che hanno sfidato la 'ndrangheta e abbiamo accolto con entusiasmo l'invito del Liceo artistico “Mattia Preti” di Reggio Calabria a costruire un momento di informazione, memoria e riflessione indirizzato agli studenti. Riteniamo che solo attraverso una capillare opera di sensibilizzazione, infatti, si potrà creare l'humus adatto per far propagare e rendere dirompente la scelta di ribellione delle donne». Maria Concetta Cacciola Un dovere sociale ricordare il sacrificio ADERISCO con convinzione all'iniziativa del direttore Matteo Cosenza perché sono convinta della necessità di superare le liturgìe celebrative che si consumano più o meno stancamente in occasione dell'8 marzo, per aprire uno squarcio sul dramma delle pari opportunità negate. Non mi riferisco in particolare alle pari opportunità di genere. Certo, la realtà femminile è complessa perché tale è il ruolo delle donne nella società attuale, che elargisce poche tutele ed impone enormi sacrifici. Tra i problemi irrisolti penso alla disparità di trattamento nel mondo del lavoro; alla difficoltà di conciliare le aspirazioni personali con il dovere di cura in assenza di politiche per la famiglia; alla violenza del maschio agìta fino alle estreme conseguenze per pura brutalità o consumata nel segno della sconfitta amorosa. Ma ci sono altre opportunità in cui la mancata parità non marca la differenza tra uomo e donna, ma tra persona e persona, del tutto indiffe- rente al sesso. Sono le opportunità legate alla nascita e quindi affidate al caso, al destino, alla fortuna propizia o avversa. Opportunità che si cristallizzano in percorsi di vita predestinati; percorsi di disperata povertà o di sfacciata opulenza, di serena armonìa o di lacerante dissonanza tra l'essere, il dover essere e il voler essere. Percorsi subìti nella dissolvenza lenta del Sé e percorsi rifiutati fino all'annientamento repentino e definitivo. Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo hanno avuto il coraggio di assecondare se stesse scegliendo di interrompere un percorso di appartenenza sbagliata, insopportabile. Lo hanno fatto con il mezzo più ardìto, provocatorio e pericoloso nel mondo mafioso: la testimonianza. Due di loro hanno pagato con il prezzo più alto: la vita. Il ricordo del loro sacrificio è un dovere sociale, il coraggio della loro scelta un insegnamento morale. *assessore alla Cultura e Pari opportunità della Provincia di Cosenza Tribunale di Lamezia Terme Esecuzione n. 6/07 Reg. Esec. G.E. Dott.ssa Adele Foresta Professionista Delegato alla vendita e Custode Giudiziario Dott. Fabio Massimiliano Canzoniere. Lotto unico: in Cortale (CZ), loc. Sambuco, Valle Foca, immobile costituito da fondo rustico con entrostanti fabbricati rurali e capannone della sup. catastale, compresi i fabbricati, di ha 51.64.50, così composto: 1) fabbricato costituito da: 1A - p. primo da destinare a minialloggi per agriturismo; 1B - p. terra adibito a magazzino/garage; 2) casa colonica costituita da p. seminterrato adibito a magazzino e p. terra; 3) capannone con annesse n. 4 celle frigorifere; 4) ha 44 ca di meleto specializzato irriguo (irrigazione a goccia); 5) ha 1 ca di ciliegeto da frutto sparso in più filari in tutta l’azienda; 6) ha 1 di bosco: legname da opera e da ardere; 7) tare produttive e improduttive per corti, aie, terrazzamenti, viabilità interna, scoline. I beni sono analiticamente descritti nella perizia in atti che dovrà essere consultata dagli interessati ed alla quale di fa espresso rinvio anche per tutto ciò che concerne l’esistenza di eventuali pesi e oneri a qualsiasi titolo gravanti sui beni. A Reggio al Liceo artistico per un momento di memoria e riflessione UNA giornata dedicata al coraggio delle donne che hanno sfidato la 'ndrangheta e alla memoria delle vittime di questa sfida. E' l'8 marzo che il Liceo artistico “Mattia Preti” di Reggio Calabria e Stopndrangheta.it si preparano a celebrare insieme giovedì prossimo, in un'assemblea con tutti gli studenti dello storico istituto diretto da Santo Caserta. Maturata sull'onda delle drammatiche vicende di alcune testimoni di giustizia calabresi, e con l'obiettivo di valorizzare la loro coraggiosa scelta di ribellione, l'iniziativa unirà al racconto di alcune storie “paradigmatiche” la riflessione sul ruolo della donna all'interno delle cosche calabresi. Gli studenti del “Preti” ascolteranno le storie di Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce, ricostruite attraverso i documenti dell'archivio multimediale Stopndrangheta.it ed il supporto dei suoi redattori. In programma anche la stesura, da parte dell'assemblea degli stu- Giuseppina Pesce Tribunale di Catanzaro Proc. n. 2444/10 R.G.A.C. G.I. Dott.ssa Song Damiani Lotto unico: in Cropani (CZ), fraz. Marina, viale Venezia n. 33, residence “Bouganvillage”, piena proprietà appartamento a schiera disposto su due livelli, meglio descritto nella relazione tecnica in atti. Prezzo base: Euro 79.282,50 con offerte minime in aumento in caso di gara Euro 5.000,00. Vendita senza incanto 18.04.2012 ore 10.00 presso il Tribunale di Catanzaro. Termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del 17.04.2012 presso la Cancelleria Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Catanzaro. Spese di trasferimento a carico dell’aggiudicatario. Maggiori informazioni www.asteannunci.it. in Cancelleria, sul sito Vendita senza incanto 11.04.2012 ore 10.00 avanti al professionista delegato, nel suo studio sito in Lamezia Terme, via Dei Mille n. 150. Prezzo base (ulteriormente ridotto giusta autorizzazione G.E. del 18/1/2012) Euro 732.180,00. Rilanci minimi in caso di gara Euro 36.610,00. Presentare offerte presso lo studio del professionista delegato, entro le ore 12,00 del giorno precedente la vendita (10/04/2012). Eventuale vendita con incanto il 18.04.2012 alle ore 10.00, stesso luogo, medesimo prezzo base, con rilanci minimi di Euro 36.610,00. Maggiori informazioni presso il Professionista delegato e Custode Giudiziario Dott. Fabio Massimiliano Canzoniere (tel. 0968/21885 - [email protected]) nei giorni di lunedì, martedì e giovedì dalle ore 10.00 alle ore 12.00, sul sito internet www.asteannunci.it. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 9 Speciale Venerdì 2 marzo 2012 24 ore Venerdì 2 marzo 2012 Operazione della Guardia di Finanza che sequestra anche beni per cinque milioni di euro Scacco ai Facchineri di Cittanova In manette 23 persone a Milano per estorsione, usura e riciclaggio LE INTERCETTAZIONI di MICHELE ALBANESE MILANO - La Guardia di Finanza di Milano ha eseguito ieri mattina 23 ordinanze di custodia cautelare, 22 delle quali in carcere ed una agli arresti domiciliari. Le persone sono indagate, a vario titolo, per i reati di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, usura, estorsione, truffa, corruzione, sostituzione di persona, trasferimento fraudolento di valori, associazione a delinquere, furto aggravato, ricettazione,evasione conl’aggravante del metodo mafioso. In particolare, le indagini hanno accertato evidenziato che alcuni dei soggetti indagati, oltre ad esercitare una sistematica e continuativa attività di usura ed estorsione, avrebbero riciclato ingenti quantità di denaro contante provento di altre attività criminali legate al traffico di sostanzestupefacenti edalcommercio di armi. Parallelamente, una seconda organizzazione criminale si sarebbe dedicata alla commissione di numerosi furti nelle ore notturne in danno dicamion e capannoni industriali, rivendendo i beni rubati presso mercatini domenicali nella periferia nordoccidentale milanese. Nell’ambito della stessa operazione sono stati contestualmente sottoposti a sequestro 9 immobili in provincia di Monza, Modena e Bologna, 7 automezzi, 3 società in provincia di Monza e Modena, 35 conti correnti, 3 polizze assicurative e 3 cassette di sicurezza, per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro L'operazione, soprannominata 'Black hawks' e scattata alle prime ore dell'alba, ha permesso di decapitare i vertici del clan della 'ndrangheta calabrese dei Facchineri rappresentata da Giuseppe e Vincenzo Facchineri rispettivamentedi 37e44 anni,particolarmente attivo in Lombardia. Tra gli arrestati che ha fatto luce su un sistema di estorsioni, prestiti a strozzo e truffe perpetrati dal clan Facchineri in Lombardia, figurano anche un finto capitano della guardia di finanza che prometteva agevolazioni nelle verifiche fiscali e un carabiniere (ma, in questo caso, vero) del comando di Monza che gli faceva da "garante". Tra le otto persone finite in carcere (una ai domiciliari, gli altri 14 destinatari dell'ordinanza erano già detenuti) c'è il vicebrigadiere dell'Arma Salvatore Russo di 48 anni originario «Gli ho detto chiaro che l’ammazzo» MILANO - Giuseppe e Vincenzo Facchineri, il primo di 37 anni e il secondo di 44, utilizzavano la loro «fama criminale» in quanto appartenenti alla ’ndrangheta per riscuotere, con i classici metodi mafiosi, crediti contratti con diversi imprenditori. I soldi erano dati in prestito a interessi da usura, del 20% al mese. Le indagini erano partite alle fine del 2007 su un traffico di droga, ma si sono poi estese alle attività illecite della cosca, originaria di Cittanova finalizzate areinvestire iproventi dellospaccio. Circa 600 mila euro hanno quantificato le Guardie Gialle che i Facchineri avevano affidato a Orlando Purita 50 anni originario di San Costantino Calabro, Stefano Scatolini 45 anni di Legnano e Gianluca Giovanni 46 anni di Bologna. I tre avevano riciclato e reinvestito la somma in attività di usura utilizzando anche alcune banche di San Marino. Nonostantele pochissimeinformazioni ricavate dalla intercettazionitelefoniche, le Fiamme Gialle sono infatti riuscite a risali- re, in particolare a Purita e a Giovannini uno attivo nel Milanese e l'altro nel Bolognese. «Prendo una denuncia per estorsione io perché vado e lo massacro…» minaccia Vincenzo Facchineri in un’intercettazione del 10 settembre 2008. «Io stasera vado alla casa e scasso a tutti e due, prima spacco il figlio e poi spaccoil padre e poivediamo come esce la macchina dopo due minuti». L’obiettivo è un cliente che tarda a restituire l’auto presa a noleggio dalla Cargo rent spa di Milano, che secondo il Gico era controllata dai due cugini. In un’altra intercettazione, del 26 luglio 2008, è il presunto riciclatore Purita a raccontare come ha convinto un altro debitore dei Facchineri che aveva chiesto una dilazione: «Comunque gli ho messo paura, gli ho detto che sono latitante, che già ce n’ho uno sulle spalle (di omicidio, ndr), gli ho detto: mettermene un altro, mettermi anche voi sulle spalle non me ne frega un cazzo. Gli ho detto chiaro che l’ammazzo». mi. al. Le perquisizioni dei finanzieri in Lombardia di cessaniti in provincia di Vibo Valentia. Il funzionamento del sistema era garantito da due uomini chiave dell'organizzazione, Gianluca Giovannini e Orlando Purita. I due avrebbero curato affari illeciti (soprattutto nel campo dei prestiti usurari) per conto del clan Facchineri. Giovannini, nella sua qualità di broker del settore nautico, individuava gli imprenditori vittime e si procurava informazioni sulle società. L'altro mediatore, Purita, si presentava a questi millantando di essere il capitano Morabito della Guardia di Finanza di Roma. «In almeno un'occasione - si legge nell'ordinanza - tale falsa attribuzione è stata confermata grazie al contributo del suo amico Salvatore Russo alias "Paolo", col grado di vicebrigadiere e attualmente in servizio presso il Nor di Monza». In cambio dei «servizi» prestati, Russo avrebbe percepito la somma di 15mila euro da parte dei "mediatori" del clan Facchineri. Tra i soggetti da truffare anche l'imprenditore Lolli Giulio", rappresentante legale della società Rimini Yacht Spa, "esercente il commercio all'ingrosso di imbarcazioni da diporto" e ora latitante in Libia dopo la bancarotta della sua azienda, mettendolo in contatto con il suo socio, Orlando Purita, anch'egli arrestato. Era Purita ad attribuirsi "le false generalità e il falso stato di capitano Silvio Morabito, appartenente alla guardia di finanza di Roma, mediante artifici e raggiri consi- stiti nel prospettare a Lolli Giulio che erano prossimi a scattare controlli, verifiche fiscali e attività di indagine nei confronti della società e delle imprese amministrate dallo stesso Lolli". Tra gli arrestati anche Carmine Cambareri di 50 anni originario di Bagnara Calabra e Salvatore Mujà di 42 anni nato a Milano ma da genitori calabresi. Rosarno. Rocco Pesce condannato in abbreviato per la lettera inviata a Elisabetta Tripodi Cinque anni per le minacce al sindaco Scrisse contro la costituzione come parte civile del Comune nei processi contro il clan di GIUSEPPE BALDESSARRO ALTRI cinque anni di carecere per Rocco Pesce, "U pirata". Gli sono stati inflitti ieri mattina dal Gup Adriana Trapani, che ha accolto la rihiesta del pm Rosario Ferracane. La richiesta di condanna era inquadra nel processo con rito abbreviato che vedeva Pesce alla sbarra per minaccia nei confronti di un corpo politico e amministrativo. Il boss di Rosarno, infatti, nell’agosto 2011, indirizzò una lettera con minacce, più o meno velate, al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, colpevole, a dire del mafioso, di aver caldeggiato la costituzione come parte civile dell’Amministrazione comunale nel procedimento “All Inside”, uno dei tanti con cui la Dda di Reggio Calabria ha colpito, negli ultimi anni, il clan. SCriveva Pesce: «Sono con la presente per esprimere tutto il mio rammarico e disappunto in relazione alfatto cheil Comunedi Rosarno si sia costituito parte civile nel proce- dimento a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato». A stretto giro di boa all’uomo fu notificata l’ordinanza di custodia cautelare per le intimidazioni firmate che per il Gip Domenico Santoro erano: “Una summa di minacce”. La condanna a Pesce va ad aggiungersi all’ergastolo già preso dalla Corte d’Assise di Palmi per gli omicidi di Consolato Cappone e Vincenzo Lemma. Ieri il Gup Trapani ha ritenuto che le allusioni che Pesce fece sui presunti rapporti che la cosca avrebbe intrattenuto con la famiglia Tripodi in tempi passati, fossero tipicamente mafiose: «Io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti familiari, in occasione dei con- sueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttividi opinioni, dovesi argomentava questioni interessanti della nostra città. mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze». Da segnalareinfine ilfatto che al processo non si è costitiota, come molti si aspettavano, la vittima dlle minacce. Circostanza che sul piano istituzionale sarebbe dovuta avvenire. E' possibile che la Tripodi, che come Comune si è costituita in tutti i processi, questa volta non abbia deciso di farlo proprio a sottolineare che non si tratta di una questione personale tra i due. Il gup accoglie la richiesta della Procura Rocco Pesce La Dia di Torino confisca beni per 10 milioni di euro agli uomini delle cosche della Locride Le ’ndrine volevano mettere le mani sulla Tav Allo Stato finisce anche la villa del “capo” della Lombardia, Cosimo Barranca di PASQUALE VIOLI Il blitz a Torino degli uomini della Dia SIDERNO - La Direzione Investigativa Antimafia di Torino ha confiscato beni per 10 milioni intestati a delle società riconducibili a Ilario D'Agostino e Francesco Cardillo. I due, ritenuti uomini dei clan della 'ndrangheta della Locride, secondo la Dia, riciclavano i proventi del narcotraffico in investimenti immobiliari e nella gestione di importanti appalti pubblici. Secondo le ricostruzioni della Dia, il gruppo è riuscito a riciclare milioni di euro anche in importanti commesse pubbliche in- serite tra le opere realizzate per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, la Tav e il porto di Imperia. Un affare milionario gestito dai due originari di Caulonia e referenti dei narcotrafficanti. Tra i beni confiscati ci sono ville, abitazioni, aziende agricole e terreni edificabili sparsi tra il Piemonte, la Lombardia e la Calabria. Tra le persone che sono finite sotto la lente degli investigatori c'è anche Cosimo Barranca, ritenuto dall'antimafia a capo della "locale" della ’ndrangheta a Milano. A Barranca è stata confiscata una villa a Legnano. Il provvedimento della Dia torinese fa riferimento all'operazione “Pioneer”, che il 20 ottobre del 2009 ha permesso di scoperchiare una delle più importanti organizzazioni dedite al traffico di sostanze stupe- facenti, ed al conseguente riciclaggio del denaro tramite società impegnate anche in appalti pubblici. Già nel 2009 la Dda torinese aveva eseguito il sequestro preventivo di una società, attiva nel settore dell’edilizia, che risultava di fatto essere la “cassaforte immobiliare” della 'ndrangheta in Piemonte, nonché lo strumento principale per investire i proventi del narcotraffico gestito da Antonio Spagnolo, il super boss di Ciminà. E a fare gola agli uomini dei clan, secondo l'inchiesta "Pioneer" c'erano anche le grandi opere in cantiere come quelle relative all'alta velocità. Il modo per inserirsi nei lavori pubblici da parte delle società di Ilario D'Agostino e Francesco Cardillo era quello più utilizzato dalla 'ndrangheta al Nord, i subap-palti, i noli e il movimento terra. Un business che porta acqua al mulino dei clan e consente di immettere sul mercato in modo più o meno pulito milioni e milioni di euro intascati dal traffico di droga. E proprio nel traffico di stupefacenti, secondo la Dia, Antonio Spagnolo è uno dei principali esponenti della 'ndrangheta, da un trentennio radicata in Piemonte. E il fatto che l'edilizia sia la principale attività con cui i boss cerchino di ripulire gli euro dei traffici illeciti lo confermano le parole del pentito di Platì Rocco Marando. «L'edilizia - ha raccontato il collaboratore di giustizia agli inquirenti - è stata ed è tutt'ora territorio di conquista per la criminalità organizzata. Quando c'é un appalto di opere edilizie da realizzare nel territorio della "Società dei clan", debbono mangiare le ditte gestite da esponenti delle ndrine. Se vince l'appalto una ditta estranea, la si convince ad andare a lavorare altrove, prima con le buone, poi con le cattive: si può arrivare anche a uccidere. Quando la ditta di una Società vuole lavorare in un altro territorio, deve chiedere l'autorizzazione alla Società del posto e dare in corrispettivo qualcosa». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 14 Calabria Lamezia. La Finanza ha scoperto che negli ultimi tre mesi si è impossessato di 6.492,17 euro I soldi del ticket nelle sue tasche Fermato Rolando Barletta, impiegato dell’Asp e vicesindaco di Nocera Terinese LA NOMINA di PASQUALINO RETTURA LAMEZIA TERME - Impiegato Asp e vicesindaco di Nocera Terinese in stato di fermo perchè intascava i soldi del ticket. Lo ha infatti scopertolaguardiadi finanzadopocheapparivano troppo pochi gli utenti al poliambulatorio di Nocera Terinese. L’Asp stava così per chiudere un servizio che non rendeva, anche nell’ambito del Piano di rientro. Perchè tenere aperta una struttura per due o tre anziani al giorno? E invece non era così. Al poliambulatorio di Nocera Terinese c’era la fila. Tutti i giorni. E allora perchè risultavano solo pochi incassi dai ticket? Dalle 300 alle 400 euro mensili. In realtà il nucleo di polizia tributaria della finanza di Catanzaro ha scoperto che invece gli incassi mensili per i ticket avrebbero dovuto aggirarsi sulle 3.000/3.600 euro. Nelle casse dell’azienda sanitaria infatti ci finivano solo le briciole, la somma più rilevante la intascava l’unico impiegato dello sportello: Rolando Barletta, 58 anni, impiegato amministrativo dell’Asp ma anche consigliere comunale e vicesindaco con varie deleghe, eletto in una giunta espressione del centrodestra, ma ora revocato dal sindaco Ferlaino, fermato su ordine del procuratore di Lamezia, Vitello e del pm Galletta. Nel mese di dicembre 2011 Barletta, accusato di peculato continuato e falso ideologico in atto pubblico, si sarebbe intascato 2.323, 10 euro; a gennaio scorso 3.296, 63 euro ed a febbraio«soltanto» 872,44euro. Ma i finanzieri (che hanno avviato l’indagine senza nessuna denuncia ma dopo essersi insospettiti per il gran numero di persone che si servivano del poliambulatorio) hanno avuto più di un sospetto sul periodo dell’ammanco di somme che forse andava avanti da svariati anni. Nel corso della conferenza stampa tenuta dal procuratore della Repubblica di Lamezia, Vitello e dal colonnello della finanza, Bianco, è stato spiegato che l’indagine, coorRolando Barletta dinata dal pm Domenico Galletta, si è concretizzata in pochi giorni. La svolta dopo una perquisizione nell’ufficio di Barletta quando i finanzieri hanno accertato l’ammanco (e una somma nel portafoglio di Barletta) e il sistema utilizzato da Barletta che, dopo la perquisizione, si era messo in ferie. Ma da ieri mattina sitrova in una cella del carcere di Lamezia. Lui che le ferie non li prendeva quasi mai. Tante le ricevute distrutte dall’indagato per non far comparire i pagamenti e trovati dalle fiamme gialle anche nel cestino dei rifiuti dello sportello. I sequestri, «hanno consentito di acclarare con assoluta certezza - si legge nel provvedimento - che l’Asp di Catanzaro ha incassato a titolo di ticket determinate somme (e ciò in relazione al conteggio aritmetico ed incontrovertibile, reso possibile dalla consultazione delle ricevute manuali dei pagamenti agli atti del Poliambulatorio) e sono risultate mancanti (nell’esiguo periodo per ora preso in esame e non anche con riferimento all’incasso, realizzato con l’impiego del sistema informatizzato direttamente gestito dall’indagato) da esse quelle quantificate nelle imputazioni». A Lamezia arriva il pm Melidona CATANZARO - La Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha un nuovo sostituto procuratore. Si tratta di Santo Melidonia, che dopo un anno a Messina come pm è stato alcuni anni a Reggio Calabria dove ha svolto le mansioni di gipgup occupandosi di inchieste sulla criminalità organizzata. Come gup, tra l’altro, ha rinviato a giudizio Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, poi condannati all’ergastolo, anche in appello, per l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. A presentarlo alla stampa è stato il procuratore della Repubblica Salvatore Vitello che gli ha affidato il settore dei reati finanziari. «Quello assegnatomidal procuratore – ha detto Melidona – è un settore molto affascinante ed impegnativo e spero di poter in parte soddisfare anche il bisogno di giustizia che questa terra reclama. Qua bisogna partire da istanze e rimodulare anche tutto il modo di essere cittadini calabresi. Io abito a Reggio Calabria e quindi non è che io venga da chissà quale altra realtà che possa anche essere indicata come modello, è una realtà di estremo degrado e di illegalità soprattutto. Il lavoro da fare è tanto. Mi è stato riferito che in questo distretto c'è un corpo della guardia di finanza particolarmente attrezzato e speriamo di lavorare bene con la collaborazione di tutti». Una somma trovata nel portafoglio Da sinistra: il pm Galletta, il procuratore Vitello e il colonnello della Finanza Bianco Petilia Policastro. Parla il presunto mandante del delitto L’ex convivente di Lea in aula «Mentiva, non ci stava con la testa» di ANTONIO ANASTASI PETILIA POLICASTRO - L'ex convivente di Lea Garofalo, Carlo Cosco, davanti alla corte d'Assise di Milano, tende a screditare la testimone di giustizia uccisa e probabilmente sciolta nell'acido: «Lei ha mentito, sapeva che ero estraneo alla criminalità organizzata». L'uomo, imputato chiave nel processo per l'omicidio della donna con l'accusa di mandante, sostiene di non averla uccisa, contrariamente a quanto sostiene, invece, l'accusa, secondo cui Cosco sarebbe responsabile dello scioglimento in 50 chili di acido della compagna da cui aveva avuto una figlia, Denise, costituitasi parte civile nel processo contro il padre. «Se la volevo uccidere, la uccidevo in Calabria», ha detto Cosco. Perché «Lei aveva mentito da collaboratrice di giustizia, mi spiegò che non ci stava con la testa, che mi sapeva estraneo alla criminalità e che era disposta a testimoniare a mio favore. Non avevo nessuna ragione di ucciderla, non mi interessava, la nostra era una storia finita». E ancora: «Spero di essere giudicato con serietà, ho fiducia in questa Corte». Cosco ha, inoltre, definito come "bugiardo" Angelo Salvatore Cortese, il pentito di Cutro ritenuto il testimone chiave dell'inchiesta in quanto a lui, in un periodo di codetenzione, l'imputato avrebbe rivelato il progetto di morte, tentando addirittura di commissionarglielo. Cosco, stando alla ricostruzione della Dda di Milano, voleva costringere la donna a riferire cosa avesse dichiarato agli inquirenti come collaboratrice di giustizia, su un omicidio avvenuto nel 1995 a Milano, quello di Antonio Comberiati, il cui responsabile sarebbe stato, secondo la Garofalo, proprio il suo ex convivente. Quest'ul- timo, considerato vicino alla cosca di Petilia, avrebbe voluto sfruttare le dichiarazioni della donna per riabilitare la sua immagine davanti ai clan. Il processo è stato aggiornato al prossimo 26 marzo per la requisitoria a carico di sei imputati. Si viaggia a ritmo spedito nonostante l'azzeramento del dibattimento scattato perché il precedente presidente della Corte d'assise, Filippo Grisolia, è stato trasferito a Roma al Ministero della Giustizia come braccio destro di Paola Severino. I termini di custodia cautelare scadono il 30 giugno prossimo ma la sentenza dovrebbe arrivare nell'udienza del 30 marzo prossimo. Milano L’ex convivente di Lea Garofalo Carlo Cosco imputato dell’omicidio E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 15 24 ore Venerdì 2 marzo 2012 24 ore Venerdì 2 marzo 2012 Per il delitto del giovane arresto per padre e fratello (il primo ricercato) di una ragazza del posto Mille fiaccole per Fabrizio Melicucco in strada familiari e amici dell’elettrauto scomparso a Gioia Tauro di DOMENICO GALATÀ MELICUCCO – «Io sono Fabrizio». Con questo urlo di disperazione e speranza si è conclusa la fiaccolata organizzata ieri sera a Melicucco dagli amici di Fabrizio Pioli, l’elettrauto 38enne di Gioia Tauro scomparso da una settimana, presunta vittima di un delitto «d’onore» per la relazione Simona, la ragazza sposata conosciuta su un social network e con la quale da qualche tempo aveva intrapreso una relazione. Le fiaccole dalla città del porto questa volta si sono spostate nel piccolo paese interno della Piana di Gioia Tauro dove Fabrizio il 23 febbraio scorso si era recato per incontrare la figlia di Antonio Napoli, al momento latitante, sospettato insieme al figlio Domenico (attualmente detenuto) di aver ucciso Pioli e occultato il suo cadavere. Tante, tantissime le persone giunte da Gioia Tauro e da alcuni paesi limitrofi (esigua invece la partecipazione della cittadinanza melicucchese) che si sono raccolte intorno ai familiari di Pioli dando vita ad un lungo corteo silenzioso, animato dal desiderio e dalla voglia di riabbracciare al più presto l’amico di cui non si hanno più notizie. Oltre alla famiglia di Fabrizio ed i suoi amici, sono state molte le associazioni e le istituzioni che hanno partecipato alla manifestazione: dal sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, ai primi cittadini di Melicucco e Polistena, Francesco Nicolaci e Michele Tripodi, passando per don Pino Demasi, refe- La fiaccolata per Fabrizio ieri sera a Melicucco rente per la Calabria di Libera, e i numerosi rappresentanti di associazioni culturali, cattoliche, sportive della Piana. Tutti hanno voluto dare un segno tangibile della loro vicinanza, della loro attenzione verso una vicenda che ha scosso le coscienze di un intero territorio. Si sono dati appuntamento nel piazzale Don Luigi Sturzo, vicino al campo sportivo “F. Redi”, con indosso delle magliette su cui era stampato la frase urlata alla fine della fiaccolata. Il corteo si è quindi mosso lungo alcune strade interne di Melicucco per poi percorrere la centralissima via Antonio Gramsci prima di fare ritorno al punto dal quale era partito. Alla fine, un lungo applauso, l’urlo di decine e decine di giovani in cerca della verità, ha commosso il padre e le sorelle di Fabrizio. «C’è gente buona da noi - ha affermato tra le lacrime Antonio Pioli - mio figlio è qui con noi, lui era qualcuno, chi sa e non parla invece è nessuno». «Essere presenti oggi - sono state le parole di Don Pino Demasi più che solidarietà è una presa d’atto di corresponsabilità. Non abbiamo costruito persone libere da pregiudizi e serve maggiore impegno per costruire cammini reali di liberazione da traghettare verso la normalità. Adesso, chi sa e non parla si metta una mano sul cuore e dica come sono andate le cose». Bellofiore, dal canto suo, ha ripetuto l’appello lanciato nei giorni scorsi affinché si faccia chiarezza sulla vicenda di Pioli, mentre Nicolaci, ha parlato di «ogni fiammella come una speranza affinché i brutti pensieri su quanto successo a Fabrizio non siano veri». Il corteo è stato scortato dagli agenti del Commissariato di Polistena e dai Carabinieri della Stazione di Melicucco, da giorni impegnati insieme ai militari della Compagnia di Gioia Tauro nelle ricerche di Fabrizio e della sua Mini Cooper nera, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi. Le ricerche sono andare avanti anche ieri in tutto il territorio che circonda Melicucco, ma per ora, né i tanti militari impegnati, tanto meno gli elicotteri e le unità cinofile che partecipazione alle operazioni sono riusciti a restituire Fabrizio alle persone che gli vogliono bene e che ieri si sono unite, ancora un volta, intorno alla speranza di riabbracciarlo al più presto. A CAULONIA Tutti insieme in marcia per il riscatto della Calabria Lo striscione utilizzato per il corteo di Caulonia di EMANUELA ALVARO CAULONIA – Puntare su lavoro, sviluppo e legalità per combattere la ’ndrangheta, fare rete tra istituzioni, cooperative e associazioni, l’unico modo per cambiare il volto alla Calabria. La giornata del primo marzo per il presidente de Consorzio Goel, Vincenzo Linarello eper tuttoil comprensorio impegnato al riscatto della Locride e della Calabria tutta, è iniziata con l’inaugurazione del ristorante “Amal”, tempo fa oggetto di un attentato. Un ristorante multietnico di prossima apertura, nel quale verranno serviti piatti della tradizione calabrese e africana. Piccolo simbolo di come gli immigrati possano essere una risorsa per il territorio che, non solo li accoglie, ma dà loro e prende da loro, tutto il positivo. Nel primo pomeriggio il corteo ha raggiunto il palco allestito in piazza Mese, per il concerto di artisti locali.Il sindacodiCaulonia, Ilario Ammendolia, il primo a salire sul palco, presentato dalla moderatrice dell’evento, Mara Rechichi, ha parlato di politica dell’accoglienza. Linarello prima dell’intervento ha letto l’email del ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, attraverso la quale ha espresso sostegno e al Consorzio e a tutti coloroche s’impegnano per il rinnovamento di tuttoil sud.Scarsapartecipazione di cittadini e sindaci della Locride. La cerimonia dopo lo sbarco a Villa San Giovanni Una targa ai superstiti della Concordia di FRANCESCA MEDURI VILLA SAN GIOVANNI - Ieri mattina il Comune di Villa San Giovanni ha omaggiato i suoi due cittadini scampati alla tragedia della Costa Concordia, Alex Polimeni e Benedetto Minuto, rispettivamente pianistacantante e commissario di bordo sulla nave da crociera schiantatasi lo scorso 13 gennaio contro uno scoglio a 300 metri dall'isola del Giglio. Entrambi (ancora visibilmente provati dalla tragica esperienza) non sono riusciti a frenare la commozione per un momento che è stato anzitutto una grande manifestazione di affetto e ammirazione nei loro confronti, un doveroso e significativo tributo «alla forza, al coraggio e al senso del dovere» dimostrati in occasione di un terribile avvenimento il cui ricordo potrà, col tempo, affievolirsi ma non essere cancellato. Un momento dunque davvero emozionante quello della cerimonia - condotta dal responsabile di Gabinetto e pr del Comune di Villa Saro Bellè - che la civica amministrazione ha organizzato in loro onore, con alcuni rappresentanti dalla giunta e del consiglio comunale, su tutti il sindaco Rocco La Valle e l'assessore Da sinistra: Saro Bellè, Benedetto Minuto (commissario di bordo Concordia), Giovanni Santoro, il sindaco Rocco La Valle, Alex Polimeni (artista Concordia), Giovanni Siclari, Lorenzo Micari, Cosimo Salzone, Francesco Romanzi agli Eventi Giovanni Siclari, unitamente al delegato regionale Anmi Giovanni Santoro, che hanno consegnato a ognuno dei due naufraghi-eroi una targa quale riconoscimento “per il comportamento e la compostezza nel mantenere la posizione di servizio durante il naufragio della Concordia” (Polimeni) e “per il nobile gesto compiuto nei riguardi dei naufraghi della Concordia, durante e dopo le operazioni di salvataggio” (Minuto). Due uomini da prendere ad esempio: è anche questo il messaggio che il Comune di Villa ha voluto lanciare con l'iniziativa di ieri. « Al di là della consegna delle targhe - ha detto il sindaco La Valle - ci auguriamo che questa giornata serva per far maturare nella città e nei nostri figli il senso del dovere. Ciò che i nostri due naufraghi hanno dimostrato di avere durante la tragedia. In molti sarebbero scappati per la paura. Loro non solo non l'hanno fatto, ma hanno contribuito a salvare altre vite». E così si sono comportati i tantissimi altri italiani dell'equipaggio, quelli che hanno consentito il salvataggio di oltre 4000 passeggeri. «Gli italiani non sono Schettino», hanno precisato Siclari e Santoro. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 16 Calabria La Grecia siamo noi Sud d’Europa IN VENA Un tributo in parole a Lucio Dalla ALFONSO LORELLI 'Europa sta uccidendo sua madre. La Grecia è la nostra origine; su quella terra, oggi tanto infelice, è nato tutto il pensiero occidentale; poesia, arte, teatro, filosofia, medicina, matematica, politica; tutto questo quando ancora i Sassoni, gli Angli ed i Nibelunghi vivevano nelle foreste e la loro legge era quella dell'homo homini lupus. In Grecia ogni pietra, ogni collina, ogni sorgente trasuda civiltà, antica felicità delle genti, delle nostre genti perché come dicono i nostri “concittadini” ateniesi “stessa fazza, stessa rrazza”. Niente commuove più del Partenone o del teatro di Epidauro. Tutto ciò che di bello e di buono l'uomo ha pensato e creato ha avuto origine sulle sponde del Mediterraneo; sulle terre bagnate da quel mare che oggi vengono colonizzate dalle banche e dalle economie forti del centro Europa che guardano ai paesi del loro Sud come “nazioni infette” governate da politici imbroglioni. Dopo avere usato le nostre risorse umane per la ricostruzione post-bellica (emigrazione), dopo averci assegnato il ruolo di mercato per la vendita delle loro merci, ora che queste loro esigenze vengono soddisfatte da altri mercati ed altri popoli, il capitalismo calvinista dell'Europa vorrebbe usare i paesi ed i popoli mediterranei come servitù, non già come coinquilini della casa comune. La servitù, si sa, o accetta le regole imposte dal padrone o viene licenziata. Ed allora, se non vogliamo rassegnarsi ai ruoli di cameriere, cuoco, giardiniere o operatore ecologico dobbiamo ritrovare l'orgoglio antico di popoli capaci di ribellarsi, di creare ed inventare, lavorare e pensare, difendere la propria libertà, la propria dignità e la propria storia, anche a costo di rompere questa sedicente Unione Europea che ci umilia e ci costringe al ruolo di alleati subalterni della Germania, sotto altre forme ma come ai tempi tragici di settanta anni fa. Credo che i tedeschi della seconda generazione post-bellica, non avendo più il senso di colpa dei loro padri che perciò hanno contribuito a far nascere l'unione europea quasi come ricompensa della tragedia causata al mondo, sono ritornati al “deutche uber alles”, la Germania sopra tutti. Historia magistra vitae diceva Cicerone, ma noi lo dimentichiamo troppo facilmente. Due considerazioni importanti: a) la Bce dà danaro alle banche all'uno per cento, le banche lo usano per operazioni finanziarie e far crescere il debito sovrano, non per finanziare lo sviluppo; così il debito aumenta ed i cittadini vengono chiamati a pagarlo b) mi domando perché i lavoratori devono onorare i debiti che non hanno contratto, se e come possiamo rifiutarci di farlo. Tante volte nella storia i debiti sovrani non sono stati “onorati” causando la crisi dei banchieri genovesi, fiorentini, olandesi e tedeschi, non dei popoli insolventi. Perché non può avvenire anche oggi? Tanto quella montagna di debito pubblico non potremo mai pagarla, nanche se vendessimo lo Stato intero. Monti è solo una moratoria. *** Forse è stata soltanto la fine della tempesta nella quale siamo vissuti per 18 anni a farci scambiare come rimedio un semplice cambio-immagine. La tensione, la rabbia, le preoccupazioni accumulate durante i governi Berlusconi, le trasformazioni dei partiti in comitati d'affari (dal Parlamento al più piccolo consiglio comunale), hanno conferito al governo Monti un effimero effetto liberatorio. Spesso nella storia gli italiani si sono sentiti “liberati”senza rendersi conto che chi diceva di voler portare la libertà voleva solo sosti- L tuirsi aivecchi padroni.Oggi i “professori” sono stati chiamati a fare ciò che i governi “ordinari”non hanno avuto il coraggio di fare e cioè cercare di far uscire il paese dalla crisi facendone pagare i costi ai ceti deboli della società, per come chiedono i banchierieuropei edamericani.Per questa ragione Berlusconi, mentre impone al governo Monti di fare scelte gradite, gli offre anche una più lunga durata, fino a quando non ha portato a termine tutto il lavoro sporco, sotto il segno ipocrita e bugiardo dell'equità. Con Monti continuano a piangere soltanto i poveri: aumento età pensionabile, pensioni ridotte, Imu sulla prima casa, Iva ed aumento dei prezzi, aumento tasse locali;nessun cetoprivilegiatofinora èstato colpito,neanche ifarmacisti ed i notai, neanche i grandi commessi di Stato che percepiscono stipendi di 400-500mila euro; nessun grande evasore è andato in manette; al grande evasore che si chiama Chiesa cattolica si chiede soltanto di pagare qualcosa per salvare la faccia del Governo. Monti sta emanando soltanto “grida manzoniane”; perciò i ricchi continuano a sorridera. Gli evasori possono addirittura criminalizare la Guardia di Finanza perché fa il propriomestiere, anzi fa ogni tanto quello che invece dovrebbe fare ogni giorno e dovunque. *** Interi distretti produttivi italiani sono stati trasferiti nei paesi ex-comunisti; da un servizio TV abbiamo appreso che le calze da donna, col marchio made in Italy, vengono fabbricate in Serbia dove i padroni italiani (i nostri “benemeriti” imprenditori) possono pagare un salario mensile di 250 euro; così è avvenuto per centinaiadi altreaziende chiuse in Italia ed aperte altrove. Ma allora perché sipossa avere lavoroin Italia occorre far concorrenza all'operaio serbo o rumeno ed acconterasi di 200 euro al mese? Resistere sull'art.18 significa tentare di bloccare FRANCESCO SICILIANO ucio non è morto in Piazza Grande Anna come sono tante Marco permaloso ... voleva andarsene lontano... qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano... Chissà …chissà domani su che cosa metteremo le mani… e se è una femmina si chiamerà futura… e se non ci sarà più gente come me voglio morire in piazza grande… un piccolo tributo a Lucio Dalla… si potrebbero scegliere mille foto di una vita artistica fatta di tante immagini, fotografie di vite e di storie quotidiane in cui si descrivono tanti tratti dell'Italia e della nostra cultura. Il provincialismo di due innamorati che si erano appartati e non potevano, soprattutto Anna, reggere i mormorii… l'imprevedibilità della grande città in cui un incontro anche un incontro casuale può essere amore e generare un figlio che è il futuro ... la dolcezza del racconto di uno stupro perché ... il frutto lei l'aspetto come uno dono d'amore fino dal primo mese… chiamandolo come nostro signore… ma a me piace di più pensare a piazza grande nell'Italia del 1972 in cui non c'è la storia di Piazza Maggiore e di Bologna ma il sussurrio di una condizione di gatto senza padrone per gli amori rubati… di consapevolezza di un modo di essere che non cambia... di un grido di ricerca di carezze d'amore anche se a modo suo… di amori di strada se chiesti... di anticonformismo dissacrante perché se non ci sarà più gente come me voglio morire in piazza Grande circondato da gatti che non han padroni come me…accanto a me. Dopo molti anni Lucio è morto ma non in piazza Grande perché è stato sempre circondato da tanta gente che comunque gli ha voluto bene. Il genio della sua musica e dei suoi testi hanno fatto il miracolo lui per la gente del porto è rimasto sempre Gesù Bambino L questa slavina. Dicono che è la globalizzazione, il mercato libero dei capitali e del lavoro, che non hanno voluto i lavoratori ma gli industriali ed i banchieri. Ma se questi sono gli effetti bisognerebbe ritornare alle tariffe doganali, ai confini controllati, a forme di incentivazione soltanto per il lavoro italiano, alla etichettatura dell'origine di ogni prodotto, all'acquisto di soli prodotti italiani (fatti in Italia, non etichettati come made in Italy). Avere un poco di orgoglio nazionale farebbe bene; a Parigi o a Berlino le auto straniere sono solo il 10%, a Roma sono il 70%. Se devo comprare una mozzarella sarebbe bene che comprassi quella prodotta nella mia Calabria, non quella che viene da Milano. *** In Calabria sono ormai scomparse tutte le realtà produttive di media dimensione; resta un asfittico artigianato che produce per il solo mercato interno, ed una agricoltura in via di estinzione perché i suoi prodotti prevalenti (olio, frutta, vino), lasciati senza protezione nazionale ed europea, subiscono la concorrenza al ribasso di paesi extra-Unione (Marocco, Tunisia, Algeria), generando la crisi irreversibile anche di questo settore primario. Ancora oggi, come ai tempi di Susanna Agnelli, i nostri governanti sacrificano i prodotti tipici mediterranei per garantire l'esportazione di prodotti industriali del Nord Italia e l'importazione di gas e petrolio da quei paesi concorrenti con lanostra agricoltura; l'UE protegge i produttori di latte “nordici”, non i produttori di arance e di vino “sudici”. Del Sud non se ne fotte nessuno, nemmeno questa miserabile classe dirigente nostrana insipiente e ladrona! Il Mezzogiorno ed i paesi del Mediterraneo hanno urgente bisogno di una ribellione di massa alle leggi delle banche e della finanza europea e mondiale che ha disegnato il nostro destino di servi dell'Europa. Le nostre teste d'uovo devono saper inventare, non saper copiare. Il messaggio parte dalla Grecia. Lamezia sa liberarsi delle paure segue dalla prima pagina Decine di associazioni, con in testa la comunità Progetto Sud, la Cgil, l'Arci e l'Ala (Associazione lametina antiracket), hanno promosso l'iniziativa “Il giorno che non c'è”, giocando sulla data del 29 di febbraio che si presenta solo ogni 4 anni e sulla speranza e l'auspicio del giorno in cui la 'ndrangheta non ci sarà più. All'appello hanno risposto in tanti, cittadini, famiglie, ragazzi, parrocchie, istituzioni. E' stata una giornata bella, nonostante il freddo intenso, iniziata al mattino con uno straordinario incontro con gli studenti degli istituti superiori della città, proseguita con i ragazzi della scuola media Saverio Gatti e conclusa con il cammino che ha attraversato Capizzaglie, testimoniando la voglia di stare insieme e insieme costruire una società senza mafie. Gli atti intimidatori dei giorni precedenti indirizzati contro la Progetto Sud, che ge- Un momento della manifestazione di Lamezia Terme stisce un bene confiscato nel cuore di Capizzaglie, aveva suscitato non poche le della città, ai parroci, ai rappresentanti delpreoccupazioni e lo stesso era accaduto dopo le associazioni, al prefetto, al vescovo, l'orgoil raid vandalico della Scuola media Saverio glio di essere una comunità che vuole essere e Gatti. Il tentativo era quello di far salire la ten- vivere libera e felice. Voglio ringraziare, ancora una volta, tutti sione e scoraggiare così la partecipazione. quelli che hanno visto nella nostra città, un Anche a questo la città ha risposto. Per liberarsi dalle mafie bisogna innanzi- punto di riferimento della Calabria che votutto liberarsi dalle paure ed è stato bello ve- gliamo e hanno voluto essere presenti insiedere nei volti dei cittadini che hanno cammi- me a noi anche ieri. So bene che non basta cernato fianco a fianco ai magistrati del Tribuna- to una manifestazione o un'iniziativa sola a sconfiggere la 'ndrangheta e la cultura mafiosa che la sorregge e che quindi avremo davanti altre sfide e altri problemi. Ma la manifestazione di ieri è testimonianza di una città che da tempo è in cammino e che, pur tra mille difficoltà, ha reagito e ha alzato la testa. Tutt'altro che l'antimafia della “parate” occasionali, ma quella quotidiana fatta di tanti impegni e tanti momenti: è la Lamezia Terme di Trame, il primo festival dei libri contro le mafie, di cui stiamo preparando la seconda edizione; è la città che si costituisce parte civile nei processi di mafia, che ha adottato norme sempre più stringenti per impedire le infiltrazioni mafiose negli appalti e nelle forniture dell'amministrazione pubblica; è la città della principale associazione antiracket della Regione e di Rocco Mangiardi, l'imprenditore che ha denunciato i suoi estorsori consentendone la loro condanna; del laboratorio teatrale Capusutta e di quello del “Teatro che non c'era”; della reazione civile e della solidarietà nei confronti delle vittime delle estorsioni e della rinascita come nel caso dell'azienda Godino distrutta da un incendio doloso insieme alla loro abitazione. E' questa Lamezia che voglio pubblicamente ringraziare e che ho l'onore di rappresentare. E' questa Lamezia che nonostante difficoltà e fatiche ci fa sperare in un futuro migliore. Gianni Speranza sindaco di Lamezia Terme E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro La Tribuna 19 Venerdì 2 marzo 2012 Il sopralluogo dei sommozzatori dello Sdai di Augusta che interverranno al largo del Lido Ordigno, oggi la rimozione Confermata la natura della bomba in mare della Seconda guerra mondiale di GUGLIELMO RIZZICA LA SCOPERTA effettuata da un sub professionista nelle acque antistanti il Lido Comunale della nostra città, riportata sul nostro giornale qualche giorno addietro, di un presunto ordigno adoperato durante il conflitto della seconda guerra mondiale aveva destato curiosità e clamore soprattutto in quanti nel mare trascorrono lunghi periodi della loro esistenza. L’oggetto di forma cilindrica rinvenuto, era stato di seguito segnalato dallo stesso sub agli organi militari della Capitaneria di Porto reggina che avevano, nell’immediatezza dell’evento, emesso un’ordinanza a tutela delle persone invitando chiunque a tenersi alla larga dal punto indicato. L’alone di mistero che avvolgeva lo strano oggetto è dunque nella giornata di ieri svanito grazie all’intervento delle squadre speciali della Marina Militare che hanno confermato, allontanando il dubbio, che l’incognito “cilindro in ferro” è realmente una bomba aerea caduta in mare durante i bombardamenti compiuti nell’ultimo conflitto mondiale. Ad accogliere gli specialisti della Marina Militare del nucleo “Sdai” (Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi) proveniente dalla sede di Augusta, composta da un Ufficiale (responsabile delle operazioni) un Sottufficiale e altri componenti subacquei altamente qualificati, presso la spiaggia cittadina i responsabili del Lido e Matteo Cama (presidente dell’Associazione subacquea “Ausonia sub” con sede nei locali del Lido) l’istruttore subac- queo che, oltre a monitorare i fondali marini del litorale antistante la spiaggia comunale per la salvaguardia dei bagnanti (come avvenuto in questo caso) ed intervenire in caso di manutenzione particolare sempre su incarico dei responsabili della struttura, ha svolto un ruolo fondamentale in tutta la vicenda. Grazie infatti al senso di responsabilità dimostrato (è suo il rinvenimento dell’ordigno e la successiva denuncia) e lo spirito di collaborazione prestato ai militari della Marina è stato possibile ritrovare con celerità il punto in cui giace l’inquietante ordigno bellico accompagnando. Durante le fasi dell’immersione e con le dovute cautele, i sommozzatori. Mentre via terra quindi si procedeva alle fasi di preparazione per la verifica da effettuare (l’immersione ha avuto inizio dalla spiaggia), via mare sopraggiungevano i mezzi della Guardia Costiera con un gommone ed una motovedetta per assistere i subacquei durante l’accertamento. L’immersione ha dunque cancellato ogni interrogativo sulla natura della bomba area rimasta incognita fino a ieri che, con molta probabilità, sarà rimossa e fatta brillare in una località stabilita dalla Capitaneria di Porto nella giornata di oggi. La segnalazione fatta dai sub della Ausonia L’immagine della bomba a largo del Lido Comunale Inglesi e americani martoriarono la città in diversi attacchi La città fu più volte obiettivo dei bombardamenti degli alleati DIVERSI gli attacchi aerei portati da nord a sud della città da parte degli inglesi e degli americani che con i loro “B17”,“B-24 Liberator” fecero piovere sulla testa dei reggini un quantitativo di migliaia e migliaia di chili di bombe che castigarono in modo drammatico con la morte la popolazione reggina (circa 4.000 vittime e più di 12.000 feriti con un alta percentuale di edifici rasi al suolo o danneggiati), rea di popolare una terra considerata strategica. Fortunatamente, dei 130.000 abitanti di allora, furono in molti a recarsi nelle campagne salvandosi la vita grazie all’avviso di bombardamento eseguito con alcuni manifestini prima delle incursioni aeree effettuate a maggio. I quadrimotori distrussero la città mietendo vittime nei vari rioni e distruggendo obiettivi considerati strategici (polveriera di Modena, la zona Montevergine dove vi erano enormi cisterne collegate con il porto che servivano per i rifornimenti delle navi, Caserme, l’Aeroporto, linee ferrate, batterie antiaeree) sganciando bombe “a tappeto” con un alto numero di bombardieri (da 40 a 50 e più per attacco) che invasero i cieli dello Stretto oscurando le città di Reggio e Provincia e quelle della vicina Sicilia. Le impressionanti detonazioni, i bagliori delle esplosioni, il clima di terrore, l’ululare delle sirene che annunciavano “la morte sibilante” furono udite fino al quattro settembre, giorno dello sbarco delle forze britanniche sulla costa Calabra. Giorno che ancora oggi viene ricordato da molti. I sub si preparano all’immersione Lunedì l’iniziativa di “Stop ’ndrangheta” che anticipa di qualche giorno la sentenza Crimine Al via la campagna “Una e ’Ndrina” L’evento voluto per sottolineare l’importanza del processo nella lotta ai clan SARÒ presentato lunedì prossimo il dossier “Una e Ndrina” di “Stop ‘ndrangheta” a pochi giorni dalla sentenza del processo “Crimine”. L’iniziativa avrà luogo alle 11 alla biblioteca De Nava alla presenza dei rappresentanti dell’organizzazione. «Il processo Crimine è destinato a fare epoca - si legge in una nota - Un evento fondativo, di quelli che c’è un prima e un dopo. Così è stato per il maxiprocesso di Palermo, così è stato per il processone Spartacus a Caserta. E così sarà anche a Reggio Calabria. Ecco perché a pochi giorni dalla sentenza lanciamo una campagna di comunicazione che celebri l’evento, che segnali ai calabresi l’inizio di una nuova era. Ecco perché sottolineamo l’importanza dell’affermazione in sede giudiziaria di un principio autoevidente: la ‘ndrangheta è una e una sola. “Una e ‘Ndrina” recitano i nostri manifesti, le magliette che indosseremo, le brochure che distribuiremo ai reggini, gli adesivi che tappezzeranno la città, i banner invaderanno internet. “Una e ‘Ndrina”, un rimando al sacro profanato tipico delle cose Pronto un dossier che racconta l’inchiesta L’incontro mafioso filmato dal Ros a Polsi di ‘ndrangheta». Spiegano gli organizzatori: «Abbiamo scelto l’arma dell’ironia per demitizzare le cosche senza sottovalutarne il potere, per raggiungere i cuori della gente, per deridere chi per decenni ha minimizzato alimentando perversi luoghi comuni: è roba di pastori, ognuno comanda a casa sua, i vincoli di sangue non si spezzano e non ci possono essere pentiti, non esiste una cupola. Dal luglio del 2010, da quando per la prima volta è andato in onda il filmato di un summit a Polsi in occasione della festa della Madonna della Montagna, non si torna più indietro. Da quando l’Italia intera ha potuto assistere all’elezione del nuovo capo della Lombardia - in un circolo Arci di Paderno Dugnano intitolato a Falcone e Borsellino - non si può tornare indietro neanche a volerlo. Non si tratta più e solo del procedimento giudiziario - che è comunque fondamentale e su cui bisognerà anche nei successivi passaggi mantenere la massima attenzione - ma della percezione che si ha della’'ndrangheta. Non ci sono più scuse: qualunque sia l’esito del processo Crimine, minimizzare, tornare a parlare di ‘ndrine orizzontali, di un arcipelago di famiglie separate l’una dall’altra significa essere nel migliore dei casi insulsi, nel peggiore complici. Noi invece la ‘ndrangheta vogliamo combatterla. E la zona grigia svelarla sempre di più, insieme ai soliti “invisibili” col cappuccio. Soprattutto vogliamo costruire consapevolezza e coscienza civile, perché al di là del dato giudiziario quel che conta è che ne facciamo dei nostri ‘ndranghetisti, della nostra classe dirigente e dei nostri professionisti legati alle cosche». «Con la campagna “Una e Ndrina” (in collaborazione con LiberaReggioLab e TerreArse.it) conclude la nota che annuncia l’evento di lunedì mattina - e col Dossier on line su Stopndrangheta.it - che sarà presentato nei prossimi giorni a Reggio Calabria - proviamo a fare la nostra parte: un altro tassello a quel mosaico della memoria che andiamo costruendo e facendo un altro passo in avanti nella fondazione di un nuovo immaginario antindrangheta». La decisione del Tdl Stranges torna il libertà IL TRIBUNALE della Libertà di Reggio Calabria ha disposto la scarcerazione di Sebastiano Stranges, uno dei cinquantacinque soggetti coinvolti nell’inchiesta antidroga “Solare 2”, scattata nel luglio 2011, allorquando i Carabinieri avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Domenico Santoro. In carcere era finito anche Stranges, funzionario dell’Afor, che secondo i pubblici ministeri Nicola Gratteri e Maria Luisa Miranda aveva permesso al gruppo di narcotrafficanti di individuare un canale per il trasferimento della droga in Sud America. L’inchiesta, infatti, andò a colpire un presunto giro di droga con il coinvolgimento dei calabresi, ancora una volta interlocutori più credibili dei cartelli dell’America Latina. Stranges, difeso dagli avvocati Antonio Managò e Andrea Alvaro, era detenuto da oltre sette mesi all’interno del carcere di Reggio Calabria. Il Tribunale della Libertà (Leonardo presidente, Foti e Catalano a latere), accogliendo l’appello degli avvocati difensori, ha dunque disposto l’immediata scarcerazione, riconoscendo la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza. Il Tdl ha dunque riformato il provvedimento con cui il Gip aveva precedentemente rigettato l’istanza di scarcerazione di Stranges, fondata sui risultati di un’articolata attività di indagine difensiva, che aveva tentato di riscontrare le giustificazioni che Stranges aveva da subito fornito a sua difesa sin dal primo momento in cui era stato interrogato dal Gip, al tempo del suo arresto. Una scarcerazione, disposta sul riconoscimento della mancanza di gravità indiziaria, che arriva a qualche settimana dall’inizio dell’udienza preliminare. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 23 Venerdì 2 marzo 2012 Locride Venerdì 2 marzo 2012 Scarsa partecipazione di amministratori e cittadini alla manifestazione per le vie di Caulonia In pochi contro la ’ndrangheta Linarello: «Una lettera a Napolitano per far emergere le peculiarità della Calabria» di EMANUELA ALVARO CAULONIA – Puntare su lavoro, sviluppo e legalità per combattere la ‘ndrangheta, fare rete tra istituzioni, cooperative e associazioni, l’unicomodo percambiare ilvolto alla Calabria. «Oggi l’Italia ci ha dimenticato, siamo in pochi a mantenere alto il buon nome della nostra terra – afferma sul palco il presidente de Consorzio Goel, Vincenzo Linarello – una strada nuova si può percorrere, ma la prima azione è quella di poter contare sui migliori che ci possano rappresentare. Dobbiamo impegnarci a non farli fuggire dalla Calabria, un lusso che non ci possiamo permette. Propongo di scrivere una lettera al Capo dello Stato, nella quale far emergere le peculiarità della Calabria, chiedendo aiuto per raggiungere e puntare su qualcosa di nuovo da sostituire a tutto ciò che è stato tagliato». Linarello si dice sicuro che, facendo l’esempio degli ultimi comuni sciolti per mafia, magari il sistema non è perfetto, ma sicuramente è una garanzia di trasparenza, certo che il metodo etico, in questo momento, sia l’unico che funzioni. Lagiornata del primo marzo per il Consorzio Goel e per tutto il comprensorio impegnato nel riscatto della Locride e della Calabria tutta, è iniziata con l’inaugurazione del ristorante “Amal”, tempo fa oggetto di un attentato. Un ristorante multietnico di prossima apertura, nel quale verranno serviti piatti della tradizione calabrese e africana. Piccolo simbolo di come gli Il corteo per le strade di Caulonia immigrati possano essere una risorsa per il territorio che, non solo li accoglie momentaneamente, ma dà loro e prende da loro, tutto il posi- tivo. Nel primo pomeriggio il corteo radunatosi in piazza Bellavista, attraversando il centro storico, ha raggiunto il palco allestito in piazza Me- se, per il concerto di artisti locali, previsto per il tardo pomeriggio. Il sindaco di Caulonia, Ilario Ammendolia, il primo a salire sul palco, pre- sentato dalla moderatrice dell’evento, Mara Rechichi, ha parlato di politica dell’accoglienza. «Ripartiamo dalla terra delle lotte contadine, DUE PLATIESI DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA Ecstasy nei pelati, iniziato il processo a Melbourne PLATÌ - Al via il processo sul più imponente sequestrodi drogamai effettuato in Australia. Due giorni fa sono comparsi davanti alla Corte suprema di Melbourne, Pasquale Sergi e Salvatore Agresta, originari di Platì ed accusati insieme a John Higgs di aver cercato di importare dall'Italia, cinque anni fa, 15 milioni di pasticche di ecstasy, nascoste in oltre 3000 barattoli di pomodori pelati da 3 kg. Il sequestro di droga avvenne nel 2008 e quel che emerse successivamente dai verbali degli investigatori sul caso fuche per portare ladroga nel continente australiano i trafficanti avevano vari sistemi, e molto ingegnosi, in quanto coinvolgevano più continenti; quest’ultima indagine, rivelò uno scambio tra Europa e Australia che avvenne più o meno in questo modo: la nave con il carico di vasetti di pomodori era la «Msc Monica», partita dal porto di Napoli con la spedizione effettuata da «F.J. Tytherleigh Logistic», una società australiana specializzata in import-export di merci varie, con sedi a Melbourne, Sydney, Auckland, in Italia e in Gran Bretagna. Le «lattine di pomodori» erano dirette a un'altra ditta australiana, la «Transglobal Foodbrokers», mentre la ditta che spedì dall'Italia risultò essere la «Romina srl», con sede a Salerno. In base a intercettazioni telefoniche e ambientali da parte della polizia, sarebbe emerso che il ruolo di Agresta, che in precedenza aveva lavorato per la compagnia di carico e scarico operante nel porto di Melbourne, era di tentare di ottenere accesso al container. Sergi aveva partecipato a diverse conversazioni intercettate. Higgs, che aveva «importanti connessioni sul fronte del porto», agiva come intermediario e riceveva regolarmente informazioni sul possibile accesso al container. p.v. dal paese dell’accoglienza, per dare l’esempio di ciò che significa parlare d’integrazione. Insieme contro chi predica odio e divisione. Uniti contro la ndrangheta». Linarello prima dell’intervento ha letto l’email del ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, attraverso la quale ha espresso sostegno e al Consorzioe atutti coloro che s’impegnano per il rinnovamento di tutto il sud. Scarsa partecipazione di cittadini e sindaci della Locride, oltre a quello di Caulonia, presenti i rappresentanti istituzionali dei comuni di Locri, Gerace, Canolo, Roccella Ionica, Martone, Benestare, Gioiosa Ionica, Stilo, Monasterace. Alla manifestazione hanno partecipato rappresentanti delle cooperative e delle associazioni delle maggiori città calabresi, il segretario regionale, Michele Gravano, e il segretario provinciale, Mimma Pacifici, della Cgil, per la Cisl, Rosy Perrone e per il sindacato dei bancari, Fiba Cisl, GiacintoPalladino. Eancora Guido Leoni, presidente di Ctm Altroconsumo, Stefano Granata, presidente di Cgn Gruppo cooperative, Gianluca Mingozzi presidente di Confcooperative Emilia Romagna. Presenti anche il primo cittadino di Lamezia Terme, Gianni Speranza, l’onorevole Nuccio Iovene e i ragazzi africani accolti a Cauolonia, con il “progetto accoglienza”. Di rete tra istituzioni e cittadini, di attività socialinate neipalazzi“strappati” alla mafia e della manifestazione che, il giornoprima si è svolta a Lamezia Terme, ha parlato, Gianni Speranza. Inaugurato il circolo di Futuro e Libertà: presidente Roberto Ieraci Via alla due giorni dell’Arssa Fli sbarca anche a Portigliola L’importanza «Alle amministrative di primavera saremo protagonisti» di NATALINO SPATOLISANO PORTIGLIOLA - Futuro e libertà per l’Italia ha inaugurato la propria sede anche nel piccolo centro locrideo. Al termine di un’assemblea, a cui hanno partecipato molti cittadini, in particolare, giovani con l’intento di intraprendere il percorso indicato, qualche anno fa, dal presidente Gianfranco Fini, alla presenza della coordinatrice dell’area ionica del Fli Patrizia Pelle e del coordinatore provinciale Franco Romeo, è stato eletto presidente Roberto Ieraci, tesoriere Giovanni Romano, nonché scelto un direttivo composto da Salvatore Ieraci, Domenico Capogreco, Vincenzo e Giuseppe Varacalli. Nel corso dell’ampio dibattito tenutosi, introdotto dai dirigenti territoriali, si è avvertita la necessità, da parte di ognuno, di dover perseguire un nuovo modo di far politica. “Un metodo che fuoriesca, soprattutto, dai vecchi canoni della politica clientelare e fannullona per abbracciare un nuovo progetto che ponga alla base l’impegno e l’attività di servizio alla comunità, da svolgere, però, in modo razionale ed etico, secondo i valori del manifesto per l’Italia, che è alla base dell’atto costituti- vo del nuovo partito, nato un anno fa, nel primo congresso di Milano”. Particolarmente apprezzato è stato l’intervento del neopresidente Roberto Ieraci, principale fautore dell’iniziativa portigliolese, e, per bocca del coordinatore provinciale Franco Romeo, “quale nuovo componente, prossimamente, cooptato, dell’esecutivo provinciale del partito”. “Ci assumiamo l’impegno di coinvolgere il mondo giovanile alle iniziative che il partito saprà portare avanti, pertanto”, ha sottolineato Roberto Ieraci, “inizieremo, da subito, ad elaborare delle proposte programmatiche per la nuova amministrazione comunale che verrà fuori dalle elezioni della primavera prossima, a cui la nuova realtà politica di Portigliola ha la volontà di partecipare da protagonista”. La chiusura del dibattito è stata affidata alla coordinatrice ionica del Fli Patrizia Pelle ed al coordinatore provinciale Franco Romeo, i quali, oltre ad esprimere soddisfazione per l’ottima riuscita dell’iniziativa, hanno tracciato pure, ognuno in base alle proprie competenze, le linee del progetto che Fli intenderà realizzare, grazie anche all’apporto rilevante offerto dal circolo di Portigliola. della potatura di NICODEMO BARILLARO Il direttivo del circolo di Fli a Portigliola Ospite Sara Ombra sostituto procuratore Dda di Reggio Diritto ambientale, seminario per attivisti del Wwf a Camini di GIORGIO METASTASIO BIVONGI -Il Wwf Monasterace Vallata dello Stilaro, sempre in prima linea nella difesa della natura e dell’ambiente, con il patrocinio del Wwf Calabria e in collaborazione con il Centro Servizi al Volontariato dei Due Mari di Reggio, ha organizzato il primo seminario di diritto ambientale per soci e attivisti del Wwf Calabria. Il corso, da oggi a domenica, si terrà nei locali di una nota struttura turistica sita in lo- calità Torre Ellera di Camini. Interverrà come relatrice Sara Ombra sostituto procuratore Dda di Reggio protagonista di diverse inchieste sul traffico illecito di rifiuti pericolosi e, più in generale, su reati che riguardano la tutela dell'ambiente. Previsti gli interventi di Angelo Calzone, consigliere di sezione regionale Wwf Calabria, Beatrice Barillaro, presidente Wwf Calabria, Giuseppe Paolillo, assistente alla sezione regionale Wwf Calabria. LOCRI - È partita ieri la due giorni organizzata dall’Arssa di Locri in collaborazione con l’associazione L’Aratro di Gerace, sul tema “Potatura dell’olivo nella Locride”. Il primo appuntamento previsto della manifestazione è stato il seminario svoltosi ieri pomeriggio presso Palazzo Nieddu del Rio a Locri. L’incontro ha registrato la presenza di Caterina Briccoli Bati del Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia di Rende del ministero delle Politiche agricole e forestali, che ha curato una relazione sul tema della potatura delle piante di olivo con particolare riferimento alla realtà produttiva della Locride. Presenti anche Fabio Petrillo dell’Arssa di Cosenza, Vincenzo Maione e Saverio Zavaglia dell’Arssa di Locri e Francesco Lacopo presidente dell’Associazione L’aratro. Nel corso degli interventi è emerso che la potatura, nel quadro della gestione agronomica dell’oliveto, rappresenta una delle pratiche colturali più importanti, in quanto influisce direttamente sull’equilibrio vegeto-produttivo della pianta, sul contenimento di parassiti e malattie, e più ingenerale su tut- ti gli interventi legati alla gestione della chioma, andando pertanto ad incidere notevolmente sui relativi costi di produzione. Un razionale intervento cesorio dovrà essere attuato annualmente con tagli di lieve entità per dare alla pianta una forma a “vaso”o in taluni casi a “pseudo-globo” al fine di consentire l’intercettazione della massima quantità di luce,migliorare la qualità del prodotto, ridurre il fenomeno dell’alternanza di produzione e facilitare le operazioni di raccolta. Nel corso dell’intenso dibattito scaturito dopo le relazioni con i numerosi partecipanti che hanno gremito la sala di Palazzo Nieddu, sono stati sollevati interessanti implicazioni pratiche che hanno fatto da preludio alla seconda giornata formativa prevista dalla manifestazione, che si svolgerà oggi apartire dalleore 8,30presso l’azienda agricola Barone G.R. Macrì di contrada Moschetta a Locri. In tale occasione saràeffettuata unaprova dimostrativa di potatura su olivo mettendo in pratica le nozioni trattate nel seminario; a seguire, con inizio alle ore 10, la “Prima gara di potatura dell’olivo nella Locride” che vedrà la partecipazione di 40 concorrenti che si contenderanno i premi messi in palio per i primi tre classificati. L’olivo locrideo al centro di incontri e gare E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 34 Reggio Il coordinatore della lista Reggio Futura “orgogliosamente” al fianco di Arena e Scopelliti Porcelli: “Il modello Reggio è ok” E attacca il centrosinistra: «Continuano con le polemiche strumentali» «IL DOCUMENTO approvato in Consiglio, solo dal centrodestra, a tutela del buon nome e dell’immagine di Reggio Calabria è stato,a nostro parere, un invito a fare quadrato contro chi sta sparando a zero sullaCittà, nonsullamaggioranza e sul Sindaco, ma sulla collettività reggina nella sua interezza». Lo afferma in una nota Aldo Porcelli, coordinatore di Reggio Futura, il quale aggiunge: «Avremmo sperato che fosse piena, anche da parte dell’opposizione, la condivisione sul documento presentato dalla maggioranza Consiliare.Ci saremmo aspettato la richiesta di qualche modifica o, al più, la presentazione di una mozione alternativa che quanto meno condividesse la sostanza, se non la forma, di quanto presentato dal centrodestra». «Occorre constatare - dice Porcelli - purtroppo, che ancora una volta l’unica preoccupazione di alcuni esponenti del centro - sinistra sia sempre di non porsi in modo costruttivo rispetto ai vari problemi che attanagliano la città ma quello di attaccare con tutti i mezzi l’avversario politico di turno, il modello Reggio e in particolare l’ex Sindaco Scopelliti ora Governatore Aldo Porcelli della Regione». «Ben venga un confronto politico - aggiunge - in grado di evidenziare e analizzare problematiche sul territorio, ciò che va assolutamente evitato è il tentativo di strumentalizzare ogni aspetto accrescendo negatività per evidenti vantaggi personali noncuranti del fatto che questo porta ad un processo, certamente reversibile, di avvitamento economico sociale e culturale della nostra comunità. La situazione generale nel nostro Paese non è delle migliori, le ripercussioni negative le vivono anche tutte le Amministrazioni locali che sono chiamateascelte nonsemprefacili per uscire dalla crisi. Ecco quindi che l’invito più volte lanciato dal Presidente Scopelliti, e ribadito dal Sindaco Arena, ossia quello di “fare squadra”, ognuno nel proprio ruolo, di accelerare sui percorsi di innovazione e razionalizzazione intrapresi nelle varie amministrazioni, sia la soluzione per costruire un futuro migliore per il nostro territorio». Reggio Futura «ha sempre dimostrato di essere una forza propositiva, in grado di raccogliere le istanze di una grande parte della società reggina; proprio con questo spirito stiamo proseguendo, con fiducia, il nostro percorso a fianco del Sindaco Arena e del Presidente Scopelliti. L’attuale Amministrazione Comunale sta proseguendo con grande impegno sul cammino di rilancio della città, un percorso reso difficile dalla negativa congiuntura economica nazionale ed europea; occorre quindi che tutti remino dalla stessa parte, lo chie- dono tutti quei cittadini onesti checredono in unsano sviluppo di Reggio. Nella dismissione del patrimonio si è voluto creare un caso, cercando di vedere chissà quali sotterfugi; l’operazione che si è svolta alla luce del sole, con soddisfazione di tutti coloro che hanno aderito alle procedure trasparenti e funzionali messe in atto, per consentire ai cittadini di acquisire definitivamente il proprio alloggio, rappresenta uno dei tanti esempi positivi di buona amministrazione rappresentata, in questo caso, anche dal giovane Assessore Walter Curatola». Per Porcelli: «La gestione oculata del Sindaco Arena sta producendo i suoi risultati che si incominciano a intravedere anche in direzione delle tematiche sociali, di assistenza ai più bisognosi e ai disabili che rappresentano una priorità per Reggio Futura». Per Porcelli insomma «ci sono segni tangibili di un percorso positivo, razionale, di una classe dirigente che vuole fare proseguire la nostra città in un percorso di cambiamento che è stato solo rallentato dalla crisi economica presente in tutte le realtà sia nazionali che internazionali». Il convegno si inquadra nell’ambito di attività pianificate dal Comune Ecco come gestire il territorio Seminari per accrescere le conoscenze nel settore agroforestale Il consigliere Naso «Soddisfatto per la nomina di Menonna» “DESIDERO esprimere la mia soddisfazione per la nominadi MicheleMenonna quale responsabile del settore adesioni del Coordinamento Grande Città di Reggio”. Lo ha affermato il consigliere comunale del Pdl Pasquale Naso, commentando le nuove nomine effettuate dal neo coordinatore Daniele Romeo. “L’amico e collega Daniele Romeo –ha spiegato Naso ha interpretato, sin da subito, i bisogni del partito, dando seguito ad un’organizzazione precisa e ampia del coordinamento, al fine di ottimizzare le risorse e le idee, coinvolgere gli iscritti,egettarele basiperisuccessi futuri del Pdl. La nomina di Michele Menonna – ha aggiunto Naso – è per me motivo di grande orgoglio e felicità: Michele infatti proviene dal movimento giovanile e la decisione diRomeo, dunque,si inserisce nel più ampio orientamento del Pdl reggino che mira, senza dubbi, a coinvolgere le nuove generazioni ed a lavorare con i giovani per rafforzare la rappresentanza del partito sul territorio, proporre idee innovative, fornire apporti dinamici e vincenti. Il contributo di Menonna –haconcluso Nasocosì come quello di tutti gli altri responsabili di settore nominati dal neo coordinatore, sarà prezioso in termini di idee, progettualità e capacità politiche”. SI è tenuto presso l’Aula Seminari della Facoltà di Agraria dell’Università Mediterranea il primo importante convegno ”Formazione e ricerca al servizio delle imprese agricole e forestali per la gestione del territorio in Calabria” che fa parte del progetto promosso dal Settore Qualità Ambientale del Comune di Reggio, in partenariato con l’Università Mediterranea e finanziato del Feasr nell’ambito della misura 11del Psr Calabria 2007/2013. Il convegno, che si inquadra nell’ambito di un più ampio e articolato programma di attività di formazione e informazione pianificate dal Comune di Reggio Calabria, è stato organizzato dall’Assessore alle Politiche Ambientali ed Energia, Tilde Minasi, dal Dirigente del Settore Qualità Ambientale del Comune di Reggio Calabria, Loredana Pace e dal Preside della Facoltà di Agraria – Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, Santo Marcello Zimbone. Il progetto, nel suo complesso, mira ad ac- crescere le conoscenze degli operatori del settore agroforestale nel campo della gestione del territorio, con particolare riferimento ai servizi che l’attività agricola e forestale può fornire in un contesto ambientale e socio-economico caratterizzato da profondi cambiamenti e intende sensibilizzare i giovani studenti ad un approccio che guardi alla tutela dell'ambiente e all'adozione di pratiche agricole a basso impatto ambientale. Il “modello formativo-informativo” ideato per il conseguimento degli obiettivi strategici del programma, prevede la messa in rete, nella logica della sinergia di sistema, di diversi soggetti , quali amministratori, ricercatori, professionisti ed operatori del settore che, a vario titolo, sono responsabili della gestione sostenibile del territorio e delle sue risorse . Il calendario degli incontri programmati prevede una serie di seminari e workshop con cadenza mensile che si concluderanno nel luglio 2012. Un particolare ringraziamento è stato rivolto dall’assessore Minasi e da Pace a Zimbone che ha voluto sostenere l’Amministrazione nella realizzazione di questa azione prevista nell’ambito del piano di sviluppo rurale regionale. “Appare oggi più che mai di fondamentale importanza - ha dichiarato Tilde Minasi - favorire la diffusione di un adeguato livello di competenze tecniche che consentano di migliorare le capacità professionali di coloro che operano nel settore, ma è indispensabile rivolgere la nostra attenzione ai giovani ed orientare i professionisti del settore agro-alimentare a gestire le attività produttive agroforestali con una particolare attenzione agli aspetti innovativi della sicurezza alimentare , del benessere umano ed animale, nel rispetto della salvaguardia delle biodiversità e alle problematiche ambientali. L’agroforestale può, dunque , rappresentare un forte elemento di sviluppo economico e produttivo del territorio”. Alla Provincia un evento per ipovedenti OGGI , al Palazzo della Provincia, avrà luogo la conferenza stampa relativa alla presentazione della prima cena al buio di Reggio Calabria, dal tema “Non occorre solo guardare per vedere lontano”. All’incontro parteciperanno il Presidente Unione Italiana Cechi e Ipovedenti Armando Paviglianiti, il Presidente Kiwanis Junior Giuseppe Azzarà e il Presidente Rotaract Reggio Calabria Domenico Giuffrè. «Una cena per scoprire che a volte i veri ciechi siamo noi - si legge in una nota del Rotaract di Reggio Calabria - Riscopriremo aromi e gusti a volte trascurati. Quelli che noi chiamiamo ciechi, al buio vedono benissimo e i ciechi siamo noi. Non è un test di abilità, piuttosto un'esperienza forte, per approfondire un mondo che non è quello di chi non vede, ma soprattutto quello che solitamente non vediamo noi». I clubs di Reggio Calabria del Kiwanis Junior e del Rotaract Reggio Calabria saranno con i rappresentanti dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti in una sala immersa completamente nel buio per capire e far capire, anche attraverso i gesti semplici eppure importanti del nutrirsi, come si vive senza vedere. Un prelibato menù farà da cornice ad entrambe le serate di domani e domenica presso la “Pepy’s Taverna” in cui si svolgeranno le prime Cene al Buio realizzate a Reggio Calabria. L’intervento della coordinatrice di Fli «Sulla città fino a ora soltanto inutili accuse reciproche» «ORMAI da diversi giorni una via d'uscita dalla crisi leggiamo sui giornali le di- economico-finanziaria dei chiarazioni di vari esponen- tempi attuali. E chi riuscirà ti politici sulle vicende che ad indicarla con lucidità e a hanno riguardato il caso perseguirla con coerenza Fallara e la deposizione del raccoglierài frutti,anchein Colonnello deiRos Giardina termini di consenso elettonell’ambito del processo rale, della sua lungimiran“Meta”. Abbiamo appreso le za». Durante il Congresso citaffermazioni del Governatore Scopelliti e quelle relati- tadino che si è tenuto il 5 febve alle opposizioni: ciò che braio si è, infatti, «già ribadiemerso è solo una serie di ac- to che quella che noi vogliacuse da una parte e dall’al- mo è una politica che finaltra». Lo afferma in una nota mente si interroghi sulla il coordinatore cittadino di “qualità della vita”, su quali Futuro e Libertà, Teresa Ca- siano i valori veramente imtalano che evidenzia come portanti per il cittadino: lanessuno sia in grado di as- voro, qualità dei servizi, sumere una posizione co- energia, ambiente. Ricordiamoci, infatti, che serve struttiva. dice infatti: «C’è chi accu- una politica legata al patto sa Scopelliti non solo di aver per la crescita, al lavoro, a dimenticato i propri doveri, quel miraggio per tanti gioapponendo la sua firma in vani che non riescono a troqualsiasi documento gli ve- vare un’occupazione. Vonisse sottoposto, ma anche gliamo una città rinnovata, di non aver denunciato a con autonoma capacità di tempo debito quanto a sua sviluppo, capace di trovare con coscenza. Ma, dall’altra finalmente una propria voparte, c’è chi tuona contro i cazione di crescita dalla quale trarre reali nemici di Regbenefici». Da gio, contro qui per dire che quella parte poè necessario litica che è per«Proporre polivasa da un’ostiche anche e sessione” verso soprattutto di il Modello Regtipo Turisticogio e verso l’ex Culturale che sindaco Scopelsiano in grado liti. Siamo codi promuovere stretti, pertanuna crescita to, a prendere auto-propulsiatto che da nesva del nostro suna parte politerritorio con tica è stata iniziative di sviespressa una luppo endogeposizione in terno, e non attramini di idee e verso politiche contributi utili che attingano alla risoluzione risorse dei problemi Teresa Catalano dall’esterno e che attanagliache, pertanto, no la nostra cithanno come unità». co effetto Secodo Fli: l’esportazione «Mentre nei padella ricchezza lazzi del potere prodotta sotsi acutizza semtraendola, in tal pre più lo sconmodo, alla Città. tro politico istiE lo vogliamo fatuzionale, la citre cercando di tà versa in una aprire degli scesituazione econari che non sanomico-finanranno di certo ziaria senza quelli di alzare precedenti, con ripercussioni negative l’asticella, ma di continuare sull’erogazione dei servizi afar sorgeredubbie aportapubblici essenziali e sull’ese- re delle proposte. Riteniacuzione dei lavori pubblici». mo, a tal proposito, un doveLa sfida che Futuro e Li- re dal punto di vista morale bertà intende intraprendere più che politico chiedere «sta nella consapevolezza l’aiuto della parte migliore che non ha senso continua- della società, e giocare la re ad accusarsi l’uno con l’al- partita nelle istituzioni e tro, a usare lo specchietto re- nella società stessa. Ciò significa la capacità e trovisore e a recriminare su ciò che doveva essere e non è la volontà di lavorare insiestato; è urgente concentrar- me per costruire un futuro si piuttosto su come risolve- migliore per la nostra città. re i problemi del presente. Se E’giuntoil momentodi metsi vuol ridare un senso al- tere fine alle polemiche del l'impegno politico, se davve- passato e di stringerci tutti a ro si ambisce a disegnare già coorte, mettendo in campo ora le coordinate della Reg- la forza delle idee in contrapgio del futuro, allora è indi- posizione alle vecchie logispensabile osare, mettersi che di potere per rilanciare tutti in discussione ed esse- un processo di crescita reare pronti ad un confronto co- le. Il nostro appello è rivolto, struttivo nell’interesse della pertanto, a tutte le forze politiche, affinchè si possa creanostra città». «Bisogna innanzitutto - re un ideale tavolo politico dice Catalano - sentirsi co- capace di realizzare dei promunità, perchè è indubbio getti su pochi obiettivi conche la partecipazione politi- divisi, su un trasparente inca tornerà ad essere il moto- teresse collettivo, su una re della democrazia solo idea dell'immediato futuro quando sarà prospettata della nostra amata città». Indispensabile tornare a ragionare sui problemi della gente E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 25 Venerdì 2 marzo 2012 MILANO – «Se ho parlato con Tagliavento? Soltanto su quello che era successo con Borriello, con il quale mi scuso così come con i miei compagni di squadra del Milan e con la società. Ho fatto un gesto stupido, ma adesso dobbiamo guardare avanti». INCHIESTA SU UN 10-0 40 Venerdì 2 marzo 2012 ZURIGO (SVIZZERA) – La Fifa ha aperto un’inchiesta sul 10-0 con cui il Bahrain ha battuto l’Indonesia nell’ultima gara del girone E della fase di qualificazione asiatica ai Mondiali del 2014. Il Bahrain aveva bisogno di un successo con 9 gol di scarto. REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected] Verso Euro 2012 Il commissario tecnico rammaricato «Se avessimo tenuto degli stage non avremmo perso l’amichevole» «Troppe critiche, io non ci sto» Prandelli sbotta dopo il ko con gli Usa: «Non interessava vincere ma fare test» ROMA – Cento giorni all’Europeo. Un’identità d’attacco nuova da costruire, senza altri appuntamenti nè margini di scelta. Il recupero di Cassano come un miraggio lontano. Quello di Rossi come un’incognita. Balotelli titolare fondamentale ma sotto esame di maturità. Gli elementi per indebolire le piccole ma solide certezze costruite in un anno e mezzo di nuova Italia ci sarebbero. Ma Cesare Prandelli non vuole sentir parlare di allarme. Anzi, attacca duro – ed è la prima volta da quando è sulla panchina della nazionale – di fronte alle critiche: «No, non ci sto. Davvero non ci sto. Troppo comodo star a parlare per due giorni di tutto tranne che di Italia-Usa, tranne poi criticarla per una sconfitta in amichevole». Precisa, il ct azzurro, che al risultato non pensava per nulla. «La premessa è questa: mi fosse interessato vincere, non avrei sperimentato certe soluzioni. Ma se hai costruito qualcosa di buono in due anni, e ti vengono meno dei punti fermi, devi avere il coraggio di provare qualcosa. Partite come questa mi servono a risolvere dubbi, e io l’ho fatto». Non fa nomi nè apre il suo scrigno, ma i conti sono presto fatti. In attesa di Balotelli, il gruppo dei 23 per Polonia e Ucraina è in gran parte fatto, attacco a parte. Un dubbio per il terzo portiere, la difesa con otto elementi (Chiellini, Barzagli, Bonucci, Maggio, Criscito, Ogbonna, Balzaretti), otto centrocampisti (De Rossi, Pirlo, Montolivo, Thiago Motta, Marchisio, Nocerino, Aquilani se recupera, uno tra Palombo o un outsider); restano quattro posti d’attacco, cinque se i nomi non daranno garanzie e se negli altri reparti la versatilità dei protagonisti permetterà risparmi. Con Balotelli titolare, Giovinco, Pazzini, Matri, Osvaldo, Borini sono in fila, insieme con il jolly Di Natale: «Non posso non prendere in considerazione i numeri di questo giocatore: ed è anche un messaggio a chi pensa sia tutto scontato». Di sicuro in attacco non c'è nulla. E ancora meno certi sono i famosi stage, piccolo esempio di un rapporto difficile tra nazionale e club. «Il tempo non è IL DERBY DELL’OLIMPICO Roma-Lazio “ritrova” due protagonisti Totti e Klose ci saranno Il ct della Nazionale durante l’amichevole con gli Stati Uniti una scusante, è lo stesso per tutte le nazionali – premette Prandelli – Certo, se hai una squadra in evoluzione pesa di più. Avessimo avuto degli stages, forse questa amichevole non la perdevamo. Ora vediamo se posso avere una giornata a reparto, senza squilli di tromba: altrimenti vorrà dire che sarò l’unico ct a non averne mai fatti....», sottolinea rassegnato, ricordando che anche Lippi trovò spazio tra gli ingorghi di campionato. Non ce l’ha con i club, assicura il ct, ma in attesa che dell’argomento si occupi il prossimo consiglio federale per ora è mancato il contatto nazionale-allenatori per sbloccare la situazione. «Vorrà dire che sfrutteremo al massimo i venti giorni di maggio», ricorda rimandando le scelte agli esiti dei campionati. Anche quello inglese: «Balotelli è mentalmente il mio titolare, deve maturare. Quanto alla telefonata che mi aspettavo, ora lo lascio in pace, per lui può essere un problema se tutti parlano...Ma tranquilli, i messaggi che volevo mi sono arrivati. Sono stato il primo a dire che sarebbe diventato tra i quattro più forti attaccanti al mondo, ma abbiamo fatto ottime qualificazioni senza di lui». C'erano però Cassano e Rossi. «Faccio i conti con la realtà: loro ora mancano, per questo devo provare soluzioni coraggiose. Ma se abbiamo poco tempo, ci ritroviamo il lunedì, per due giorni si parla di tutto fuorchè di nazionale e di fronte a esperimenti e a una sconfitta leggo di allarmi, io non ci sto: troppo comodo». Prandelli rivendica di aver costruito una nazionale che funziona: «Avevamo consolidato il meccanismo dei due attaccanti piccoli, e i criticoni parlavano di “nanerottoli”: ora li rimpiangono...». Lo spogliatoio si stringe attorno al tecnico per superare la crisi Milito: «Siamo con Ranieri» MILANO – Lo spogliatoio nerazzurro si stringe attorno a Claudio Ranieri. La squadra è compatta, ammette - a nome di due giocatori particolarmente rappresentativi - di non essere abituata a vivere momenti critici, complessi e difficile da gestire. «Siamo con il tecnico», dice Diego Milito a Inter Channel. Il bomber - contro il Catania - dovrebbe giocare in coppia con Pazzini nel “vecchio e vincente” 4-4-2. Quell'assetto tattico senza il trequartista (Sneijder) aveva fruttato - tra dicembre e gennaio - ben sette vittorie alla squadra, proiettandola verso il terzo posto. Poi il vento è cambiato, o meglio sono cambiati i risultati: sette sconfitte e l’Inter è anda- ta giù. Il perchè del cammino da “gamberi“non se lo spiega neanche Diego Milito. In ogni caso l’attaccante evita di addurre scuse e alibi e va al cuore della questione. «La faccia ce la mettiamo sempre e, allora, eccomi qui», dice il Principe ai microfoni della tv nerazzurra. «Voglio chiarire che noi siamo col mister e sottolinea l’argentino - siamo consapevoli che nelle difficoltà i primi a pagare sono gli allenatori, ma noi siamo quelli che scendiamo in campo e ci dispiace». Il rammarico c'è come la voglia di reagire: adesso l’importante è non perdere la bussola per non ritrovarsi in alto mare con 13 partite di campionato ancora da gioca- re. «In questo momento siamo in difficoltà come squadra - prosegue l’attaccante -. L’importante è uscire da questa situazione, con una vittoria che ci dia tranquillità e sicurezza, già da domenica», contro il Catania. La gara è importante e delicata per Ranieri e Diego Milito la società. «La gente ci chiede di vincere, di vincere sostenerci come ha sempre ancora come in passato, noi fatto». Sulla stessa lunghezza lo vogliamo fare. Siamo i primi a soffrire, cerchiamo di d’onda è Esteban Cambiasso. dare il massimo, ma purtrop- «Non siamo abituati ad un pepo questo è un periodo di dif- riodo così - dice - L’unico moficoltà e dobbiamo essere più do per uscire è lavorare ed uniti che mai: squadra, socie- esaminare tutti gli errori fattà e tifosi. Sono convinto che ti. Ora quello che ci serve sola nostra gente continuerà a no prestazioni e risultato». Francesco Totti Il laziale Klose ROMA – Vincere la paura di perdere il derby. Entrare in campo con la mente libera. La Roma si avvicina alla stracittadina contro la Lazio dovendo fare i conti con uno stato d’animo per nulla sereno, nonostante la notizia proveniente da Trigoria del pieno recupero del capitano Francesco Totti. Una sconfitta, dopo i tanti passi falsi in stagione, dalle eliminazioni in Europa League e Coppa Italia alla debacle di Bergamo, passando per il ko nel derby d’andata, potrebbe rappresentare la classica goccia che fa traboccare il vaso. Lasciare i tre punti, e la supremazia cittadina, ai cugini metterebbe a rischio non solo la panchina di Luis Enrique, ma anche le basi del progetto della Roma “made in Usa”. La pazienza dimostrata dalla tifoseria, potrebbe infatti svanire di colpo nel caso in cui Totti e compagni dovessero uscire a testa bassa dalla sfida dello stadio Olimpico. E l’allarme riguardante Totti, che domenica disputerà il suo 30/o derby di campionato in carriera (finora 10 vittorie e altrettante sconfitte), è infatti rientrato visto che l'attaccante ha svolto l’intera sessione di lavoro coi compagni. La lieve contusione all’alluce del piede sinistro, rimediata due giorni fa dopo un contrasto di gioco con Cicinho, è solo un ricordo (tanto che per farlo allenare è bastata una protezione in silicone, senza nessun bisogno di utilizzare scarpini più larghi). ROMA – Le mani strette alla caviglia dopo il contrasto con Cabaye in Germania-Francia avevano fatto tremare i tifosi biancocelesti. «Come sta?» La domanda che si è rincorsa ieri sulle radio di fede laziale e davanti ai cancelli di Formello è stata per tutto il giorno la stessa. E lui, Miro Klose, rientrato dall’impegno con la Nazionale a Brema, ha voluto tranquillizzare tutti: alla Stracittadina ci sarà. «E' solo una botta, tutto a posto. Non c'è problema per domenica» ha spiegato in italiano all’inizio della conferenza stampa fissata a Formello. L’intenzione è di replicare quel gol giunto in pieno recupero che riportò il successo del derby sulla sponda biancoceleste del Tevere. O, quanto meno, bissare la vittoria di ottobre. «Ho realizzato tanti altri gol belli in carriera – ha ammesso – ma quello è stato senz'altro uno dei più importanti. Mi ha fatto capire quanto questa sfida fosse fondamentale per la Lazio, i tifosi e la città». L’impresa è ardua. La Lazio non vince in casa giallorossa dal gennaio 1998, ma col bomber tedesco c’è qualche chance in più. “Mito”tuttavia è un vero leader e divide il merito dei suoi gol (13 dall’inizio del campionato) con il resto della squadra: «E' incredibile l’affetto che mi stanno riservando i sostenitori e mi aiuta a fare bene. Ma non mi sento affatto una star. Perquesto nonvoglioessere l’unico destinatario di tutto questo supporto». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Sport MEXES SI SCUSA CON TUTTI Cutro. Il reato fu dichiarato estinto non essendo stata contestata l’aggravante mafiosa Rinuncia alla prescrizione, assolto Il boss Grande Aracri scagionato in Appello dall’accusa di ricettazione di ANTONIO ANASTASI CUTRO - Ha rinunciato alla prescrizione il boss Nicolino Grande Aracri, il boss di Cutro che era finito sotto processo a Parma per vicende che risalgono a una decina di anni fa, e in Appello è stato assolto nel merito, “perché il fatto non sussiste”. L'uomo conta finora 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere. E' considerato un pezzo da novanta nel panorama della criminalità organizzata del Crotonese. Secondo i pentiti che lo accusano, avrebbe scalato la gerarchia della 'ndrangheta fino ad approdare al grado di “crimine internazionale”. Eppure i giudici emiliani non gli contestarono l'aggravante mafiosa, così l'accusa principale di ricettazione di assegni contraffatti cadde in prescrizione nel febbraio 2011. Il processo nasce da un'indagine condotta dai carabinieri di Parma e dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna. I capi d'imputazione per Grande Aracri e per gli altri tre coimputati Vito Martino, Antonio Bonaccio e Giuseppe Colacino, tutti cutresi, erano circa una ventina. Secondo la Dda, sarebbero stati coinvolti in un giro di truffe e ricettazione di assegni contraffatti i cui proventi sarebbero serviti a sovvenzionare il traffico di stupefacenti dell'associazione mafiosa. Nel corso del dibattimento, pe- rò, non emersero prove sufficienti per collegare i fatti contestati alla criminalità organizzata, quindi Grande Aracri e Colacino furono prosciolti per prescrizione. Condannati per spaccio di stupefacenti gli altri due. Martino, in particolare, che in primo grado ebbe sette anni e due mesi e 31mila euro di multa per aver cercato di portare 300 grammi di cocaina da Milano in Emilia, in Appello è stato assolto anche lui. Grande Aracri e Martino li difende entrambi l'avvocato Luigi Colacino, che, in particolare, ha motivato la decisione di rinunciare alla prescrizione con la convinzione dell'estraneità del suo assistito ai fatti contestati. E ha incassato l'asso- luzione nel merito con ovvia soddisfazione. Perché spesso alla prescrizione non rinunciano colletti bianchi o imputati, per così dire, eccellenti, che beneficiano dell'estinzione dei reati Nicolino Grande Aracri poiché lo Stato non è stato Quest'ultimo è stato riconoin grado di celebrare un processo sciuto colpevole di un altro capo nei tempi dovuti. Basti ricordare la polemica che d'imputazione legato allo spaccio ha accompagnato il processo di stupefacenti e condannato, in Milss in cui era coinvolto l'ex pre- primo grado, a 2 anni e 3 mesi di detenzione, ridotti ieri a 2 anni. mier Berlusconi. Il processo si è celebrato davanti Per lo stesso fatto di droga contestato a Martino, risalente all'ot- alla Corte d’Appello di Bologna. tobre del 1999, è già stato condan- Giuseppe Colacino non ha impunato a 5 anni dalla Corte d'appello gnato la sentenza di prescrizione. di Bologna il complice Bonaccio. Petilia Policastro. Fermati dalla Finanza automezzi e disponibilità bancarie Isola Capo Rizzuto Procedura telematica per la mensa Sigilli ai beni di un imprenditore accusato di evasione fiscale scolastica Sequestro da 94.000 euro PETILIA POLICASTRO - I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Crotone hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo nei confronti di Francesco Carvelli, di 53 anni, un imprenditore di Petilia Policastro ritenuto responsabile del reato tributario di omesso versamento di Iva. Nel corso della preliminare attività d’indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Crotone, le Fiamme gialle avevano riscontrato, infatti, che l’imprenditore, titolare di una ditta di autotrasporti, aveva regolarmente presentato la dichiarazione fiscale per l’annualità 2007, omettendo però il versamento delle imposte dovute. In particolare, la ricostruzione effettuata dai militari ha fatto emergere l’omesso versamento di Iva dovuta per l’ammontare di circa 94.000 euro, somma superiore alla soglia di punibilità di 50.000 euro oltre la quale, accanto alla sanzione amministrativa, si rende configurabile il reato previsto dall’art. 10 ter del D.Lgs. nr. 74/2000. Gli approfondimenti investigativi hanno fatto emergere, peraltro, ulteriori elementi sintomatici di pericolosità fiscale, atteso che il titolare dell’impresa in argomento non ha presentato le dichiarazioni fiscali per i periodi d’imposta 2009 e 2010, risultando per tali annualità “evasore totale”. A seguito dell’attività di polizia giudiziaria, quindi, è scaturita un’ ispezione fiscale, volta alla completa ricostruzione del giro d’affari realizzato dall’autotrasportatore. In relazione all’omesso versamento dell’Iva per il 2007, già quantificato, il Nucleo di polizia tributaria ha segnalato alla competente autorità giudiziaria la possibilità di richiedere l’emissione della misura cautelare reale del sequestro preventivo, finalizzato a garantire il concreto recupero delle somme dovute al Fisco. Infatti, la legge 244/2007 (finanziaria per il 2008) ha previsto l’estensione ai reati tributari dell’istituto della confisca per equivalente, caratteristico dei delitti contro la pubblica amministrazione, in virtù del quale è possibile soddisfare la pretesa erariale sequestrando, in capo al responsabile dell’illecito, i beni costituenti il prezzo o profitto del reato o, in mancanza, aggredendo il patrimonio personale dell’indagato per un valore corrispondente a quello del profitto stesso. Il sostituto procuratore Francesco Carluccio, accogliendo la proposta dei finanzieri, ha ri- chiesto ed ottenuto dal gip del Tribunale di Crotone, Paolo De Luca, il decreto di sequestro preventivo in forza del quale sono stati sottoposti a sequestro disponibilità bancarie e alcuni automezzi. L’attività operativa testimonia ulteriormente l’impegno del Corpo nella lotta all’evasione fiscale nel segno della qualità e dell’efficacia dei controlli. Nel corso del 2012, la Guardia di Finanza si propone sempre più di elevare la qualità delle attività ispettive, attraverso il combinato esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e di polizia tributaria, al fine di ottenere concreti recuperi delle imposte evase. I controlli dei finanzieri del Comando provinciale, infatti, sono sempre intensi. Una pattuglia della Guardia di Finanza Cutro, convegno sulle testimoni di giustizia CUTRO- Tre foto e una mimosa. Cutro c'è. Il Comune ha invitato i cittadini a partecipare, il prossimo 8 marzo, a un convegno per ricordare l'esempio di Lea Garofalo, Giuseppina Pesce e Maria Grazia Cacciola, tre donne che hanno rotto con la cultura di 'ndrangheta pagando con la vita. E' stata accolta in toto la proposta lanciata dal direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza. Alle 10,30, nella sala Falcone e Borsellino, in occasione della festa della donna, si ritroveranno Salvatore Migale, sindaco di Cutro, Adele Bottaro, assessore provinciale di Crotone alle Pari opportunità, Teresa Cortese, vicesindaco di Crotone, Nella Scalise, presi- dente del Lions club del Marchesato, Carmen Messinetti della Cgil, la consigliera comunale Maria Grazia Lorenzano, delegata alle Pari opportunità, la giunta e il consiglio comunale. A conclusione del dibattito, i promotori del Cineforum 2012 proietteranno un documentario sulle donne coraggio. E proprio ieri si è svolta un’udienza del processo per l’omicidio di Lea Garofalo, davanti alla Corte d’Assise di Milano (ce ne occupiamo in altra parte del giornale, ndr), che si avvia speditamente verso la conclusione. La requisitoria, infatti, è prevista per il prossimo26 marzo. ISOLA CAPO RIZZUTO - L’innovazione tecnologica al servizio dei cittadini e della pubblica amministrazione. Riguarda i servizi refezione e trasporto scolastico la procedura telematica adottata dal Comune che da un anno a questa parte ha sensibilmente snellito le operazioni a carico dei genitori dei piccoli studenti e, nello stesso tempo, ha permesso agli ufficicomunali diavere sempre un quadro completo e dettagliato della situazione. La procedura telematica, operativa dal gennaio 2011, ha visto l’abbandono pressoché definitivo del cartaceo, con la creazione di un database che raccoglie tutti le informazioni relative agli alunni delle scuole elementari e dell’infanzia che abbiano fatto richiesta per il servizio di refezione scolastica; e di un altro che raccoglie i dati degli studenti di elementari e medie che usufruiscono del servizio di trasporto scolastico. Niente più blocchetti da cui staccare i bigliettini traforati, dunque, perché ciascun alunno è stato dotato di un badge personale ricaricabile, da “strisciare” ogni volta che sale sul pullmino o usufruisce del servizio mensa. Lo “striscio” scarica in automatico dal badge la cifra dovuta per il servizio, e contemporaneamente invia la relativa informazione al servizio telematico del Comune e a quello della ditta che garantisce la refezione. «Permettendoci così – spiegano dal settore Pubblica Istruzione del Comune – di avere sempre una panoramica aggiornata della posizione di ciascuno studente, dei giorni in cui ha usufruito dei servizi e dei relativi crediti e debiti». Petilia Policastro. Si parte domenica prossima dalla vecchia stazione Ferrovie dimenticate, Legambiente c’è Una precedente edizione dell’iniziativa di FRANCESCO RIZZA PETILIA POLICASTRO - Anche i circoli “Legambiente” di Petilia Policastro, San Giovanni in Fiore e Crotone prenderanno parte alla quinta giornata nazionale delle “Ferrovie dimenticate” unita mentente alle associazioni “Impronte d’Avventura”di Petilia e “Bene Comune” di Crotone. La stessa iniziativa si svolgerà con una pluralità di iniziative in tutta Italia ed ha lo scopo di tenere vivo nella memoria il significato e l’importanza del patrimonio ferroviario nazionale; tentando di valorizzare le ferrovie secondarie come vettori della mobilità dolce e trasformare le linee ferroviarie dismesse in piste ciclabili affinché almeno il loro ricordo rimanga vivo. Da un comunicato stampa diffuso dal circolo petilino di Legambiente presieduto da Luigi Concio si apprende che domenica 4 marzo la partenza è prevista alle ore 9 nei pressi dei ruderi della stazione “Cutro Scandale” ed interesserà un tratto un tratto dell’ex ferrovia dismessa delle CalabroLucane: ”Crotone Petilia Poli- castro”, lunga circa 41 Km, che venne aperta nel 1930 e definitivamente chiusa nel 1972. Il tracciato della ferrovia fra Crotone e Petilia recuperando anche antichi tratturi utilizzati per la transumanza, a detta di Luigi Concio potrebbe dar luogo ad un’ importante “via verde”, che per il notevole valore ambientale dei territori attraversati, può rappresentare una grande opportunità nel settore del tempo libero e del turismo rurale. Lungo il corridoio ecologico, costituito dal sistema fluviale del Tacina, che collega due importanti aree protette: Il Parco Nazionale della Sila e l’Area Marina Protetta di Capo Rizzuto”. Se ben valorizzato lo stesso tracciato che se- condo alcuni avrebbe dovuto ospitare i cantieri della strada fra Petilia e Crotone potrebbe almeno rappresentare un’importante risorsa naturalistica a disposizione di quegli amanti della natura e dell’escursionismo che non sono pochi nel Crotonese dove, in vero, neppure il Parco nazionale della Sila offre tutta quella serie di attività naturalistiche frequenti, invece, nelle province di Cosenza e Catanzaro. Una bella iniziativa e, soprattutto, un appuntamento da non mancare per gli amanti della natura, quelli veri, e delle attività all’aria aperta che avranno la possibilità di trascorrere una domenica a contatto con ambienti incontaminati. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone 39 Provincia Venerdì 2 marzo 2012 21 Venerdì 2 marzo 2012 REDAZIONE: corso V. Emanuele III, 58 - Vibo Valentia - Tel. 0963/471595- Fax 472059 -E-mail: [email protected] Vigilanza privata Capitaneria di porto Ancora nessun accordo sui lavoratori licenziati Due persone soccorse in mare dai Guardacoste a pagina 25 a pagina 23 Nostra inchiesta sui beni confiscati in Calabria e in particolare nel Vibonese I veri danni alla ’ndrangheta Una gran parte delle proprietà non è stata ancora data in gestione di GIOVANNI DURANTE LA recente vicenda della mancata fruibilità di un bene confiscato sito nel comune di Limbadi ha riacceso i riflettori sull’effettiva destinazione delle proprietà sottratte ai clan della ‘ndrangheta. Un aspetto importante nel processo di contrasto alla criminalità organizzata per un duplice aspetto, perché sottrarre un bene alla mafia non solo significa infliggerle una rilevante perdita economica, ma anche dare la possibilità di riutilizzare quel bene a favore di tutta la collettività. Ebbene spulciando i dati disponibili sul sito dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC),abbiamo scoperto alcune cose interessanti. Il totale di questi beni ammonta in Calabria a 1692 di cui 83 nella provincia di Vibo Valentia che è la realtà che ci interessa più da vicino. Ebbene di questi 83 beni, sedici risultano essere delle aziende e sessantasette sono invece unità immobiliari e terreni. Osservando quest’ultima categoria si rileva come il 31% di questi (21) sono già stati dati in gestione, il 54% sono stati destinati e consegnati (36) e il 12% (8) sono stati destinati ma non ancora consegnati (cioè significa che lo Stato ha individuato il destinatario ma il bene non è anco- ra effettivamente nella piena disponibilità di questi) mentre il restante 3% (2) sono usciti dalla gestione. Qui emergono, per quanto riguarda il Vibonese, luci e ombre. Infatti, da un lato è degno di lode che la percentuale dei beni già dati in gestione - che per quanto riguarda la nostra provincia ammonta al 31% del totale - è più alta rispettoaquella dellealtreprovince calabresi (Catanzaro ha il 30%, Crotone il 25%, Reggio il 24% e Cosenza appena il 7%) mentre il dato percentuale dei beni già dati in gestione assommato a quelli destinati e consegnati è perfettamente in linea con quello delle altre realtà in questione, compreso tra il 77% della provincia di Cosenza, l’85% delle province di Vibo, Reggio, Crotone e il 90% registrato in provincia di Catanzaro. La nota dolente arriva invece nel dato dei beni destinati ma non ancora assegnati dove la provincia di Vibo svetta con il suo 12%su tutte le altre, seguita da Reggio Calabria con l’11%, Catanzaro con il5%, Cosenzaconil3% eCrotone con il 2% del totale. Sempre per quanto riguarda il Vibonese, scopriamo poi che sono 15 su 50 i comuni sul cui territorio esiste almeno un bene confiscato. A fare la parte del leone, Nicotera e San Calogero che con 19 beni a testahanno ciascunoil 23% del totale, seguiti da Limbadi Sono 83 quelli presenti in provincia Uno dei beni confiscati in provincia di Vibo. Questo apparteneva al clan Mancuso di Limbadi con 16 unità (19%), Mileto con 6 unità ( 7% ), Dinami e Filandari con 5 unità (6%), Tropea con 3 unità (4%), Briatico e Parghelia con 2 unità (3%). Seguono poi i comuni di Joppolo, Maierato, Pizzo, Ricadi, Rombiolo e Serra san Bruno con un bene ciascuno. Da notare che il 75% dei beni destinati ma non ancora consegnati (sei unità) è nel comune di Nicotera mentre il restante 25% (due unità) è nel comune di Filandari. Se poi suddividiamo tutti i beni sottoposti a sequestro e confisca per tipologia, scopriamo che per quanto riguarda gli immobi- li ad uso abitativo, 10 unità (pari al 28% del totale) si trovano sul territorio del comune di San Calogero e 9 unita (pari al 26% del totale) sul territorio del comune di Nicotera. Seguono Dinami e San Calogero con tre unità, Mileto e Parghelia con due unità e poi Tropea, Ricadi, Rombiolo, Filandari, Joppolo e Briatico con una unità ciascuno. Per quanto riguarda i terreni, in testa alla classifica si colloca ancora il comune di San Calogero con 8 appezzamenti (pari al 32% del totale) seguito da Nicotera con 7 (28%), da Limbadi e Mileto con 4 ciascuno (16%) e Tropea e Filandari con una unità ciascuno. Infine per quanto riguarda le aziende e gli immobili destinati a attività commerciali, svetta ancora il comune di San Calogero con 8 unità (pari al 38% del totale di quelle confiscate), seguito da Nicotera e Filandari con tre unità. Un patrimonio di tutto rispetto che va reso quindi subito fruibile alle collettività di riferimento. Una battaglia che deve vedere unite l’Agenzia nazionale, la prefettura e gli enti locali, nonché le associazioni antimafia come “Libera”e“Riferimenti”. PROVINCIA «Il lavoro utilizzato come oggetto di scambio» «ABBIAMO sempre denunciato come, in questa provincia, una certa politica, e soprattutto certi suoi rappresentanti, usino servirsi nel modo più spregiudicato e volgare dei bisogni della gente. In particolare, di come utilizzino il diritto al lavoro come oggetto di scambio, di promessa, per i più infimi scopi, non sempre solo elettoralistici. E come a questo, a volte, si è reso complice anche un certo tipo di sindacato, e certi suoi rappresentanti, che, grazie alla propria consolidata funzione paternalistica ed assistenzialista, ne hanno utilizzato tali scopi per raggiungere in maniera opportunistica i propri obiettivi». Parte da questo la riflessione del partito del dipartimento lavoro di Rifondazione Comunista (Federazione provinciale) la quale evidenzia come Rifondazione Comunista punta il dito contro il presidente dell’ente, Francesco De Nisi, e Sel in entrambi i casi questi obiettivi, a volte anche comuni, sia della politica che del sindacato, nonsiano mai coincisi con il processo di innalzamento e di emancipazione della popolazione dai suoi bisogni, con il riconoscimento del diritto al lavoro. Laquestione emersain questigiorni, circa l'assunzione di due unità nel bacino degli ex art. 7, nel bacino del precariato, non sembra, a parere del Prc poi così «distante dalle solite e consolidate dinamiche clientelari che hanno come unico scopo quello appena descritto», tant’è che il partito crede che bisogna avere molto rispetto dei lavoratori, e soprattutto di chi si ritrova da più di dieci anni precario senza prospettive certe. Per questa la federazione provinciale chiede che vengano date spiegazioni chiare, soprattutto dal presidente della Provincia, «colui il quale solo poco tempo fa aveva additato il suo predecessore come l'unico responsabile del prodotto precariato alla Provincia, proprio per interesse personalee clientelare».Nella vicenda viene chiamata in causa anche Sel per spiegare «come il suo ingresso nella maggioranza, e il suo rappresentante in giunta, abbia contribuito al rivoluzionario cambia- mento. Bisognerebbe spiegare ai cittadini di quanto di quel bellissimo e vacuo programma- lottaper lalegalità, per la trasparenza, per scardinare i vecchi e logori metodi - si stia concretizzando. A noi appare che nulla sia cambiato, anzi semmai il contrario. Che le nostre critiche erano più che fondate, e che la svendita di un’identità di sinistra, e dei voti di chi a creduto all'alternativa è stata fatta solo per miseri interessi di bottega: il mutismo selettivo dei rappresentanti di Sel a palazzo ex Enel ne sono una conferma». Da qui l’auspicio di Rifondazione che presto dalla Provincia arrivino le spiegazioni opportune a questa vicenda, «soprattutto per dovere morale verso i lavoratorie le lavoratrici che hanno il diritto di sapere cosa accade dentro quelle mura». LA RIFLESSIONE Chiunque nessuno e qualcuno GLI uomini, avvezzi alla paura e all'audacia, i muscoli tesi allo spasimo, conficcano con atavica forza il simbolo della loro libertà: la guidata trave colpisce il solitario occhio; il gigante barcolla, e con lancinanti rantoli chiama i fratelli : “Accorrete, nessuno mi ha accecato “. Nessuno….Chiunque…..L'immagine dell'umida e sanguinante grotta mi viene in mente quando , dapprima distratto, leggo una solerte e-mail di un noto centro culturale cittadino che pubblicizza una lodevole iniziativa per avvicinare i più piccoli alla lettura . C'è qualcosa di strano; faccio attenzione; rileggo: “ Le letture sono aperte ai gruppi di bambini con mamme, nonni e chiunque voglia venire a leggere e ad ascoltare storie”. Mamme, nonni...manca qualcuno ? Ah,sì, il padre. Ma quello, forse, è incluso nel “ Chiunque”, perché è un nessuno senza colore, senza fregi, senza emozioni, amalgamato in una massa indefinibile e indefinita. Milioni di chiunquenessuno morti in devastanti guerre, schiacciati da massacranti lavori, soffocati in lontane miniere. Milioni di chiunquenessuno che chiedono di poter essere qualcuno anche fuori dagli orari di visita, a Natale e non solo a Capodanno, per tutta l'estate e non solo per sette giorni da comunicare “con adeguato anticipo”. Chiunquenessuno che vorrebbero leggere le conosciute fiabe qualche sera in più di una o due al mese. Chiunque-nessuno che diventano improvvisamente un grassettato nome e cognome quando si tratta di stabilire il lauto mantenimento, oramai assurto a riconosciuta rendita vitalizia. E' questo il pernicioso messaggio che ha inquinato la nostra società e che non abbandona in nostri Tribunali: il padre è un'entità voluttuaria, un chiunque di passaggio ma non necessario, un'esistenza dubbia ma certamente inutile. Ma il Nessuno della nera grotta, forte del suo essere anonimo, senza precostituiti meriti e privilegi, guida i compagni e li salva dal vorace Ciclope, e giunge infine all'adorata patria, dove l'amore compie il rinnovato miracolo: la maschera sbiadita del chiunque-nessuno si trasforma nel tanto cercato volto del Padre. Pierluigi Lo Gatto Presidente “ Associazione papà separati” Vibo ValentiaAdiantum E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Vibo dal POLLINO alloSTRETTO «Se mi convocano dico tutto» calabria ora VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 5 Parla Franco Labate, l’imprenditore intercettato nello studio di Barbieri DI CONSOLATO MINNITI le frasi «Lui sa chi sono» Mi ha lasciato amareggiato essere stato pubblicamente definito un “balordo” dal governatore Tutelerò la mia immagine La zona grigia Le indagini e i processi riguardanti rapporti tra mafia e politica in corso parlano molto più di quanto io possa fare Il caso Fiume Era una voce ricorrente quella secondo cui Fiume appoggiò Scopelliti Io dico solo che non mi sembra che faccia politica solo dal 2002 Romeo e De Stefano Mi sembra anomalo che ogni cosa che accade in questa città venga ricondotta sempre alle solite persone «Se mi chiameranno non esiterò a rispondere alle domande che mi saranno fatte ed a fornire tutti i chiarimenti del caso». Dopo l’annuncio di possibili querele nei confronti del governatore Giuseppe Scopelliti, Franco Labate rompe definitivamente il silenzio e lo fa in un’intervista concessa in esclusiva a Calabria Ora. L’imprenditore fu intercettato all’interno dello studio di Domenico Barbieri, soggetto coinvolto nell’operazione “Meta”. Nel corso di alcune conversazioni tra i due, ed alla presenza di un altro soggetto non identificato, Labate disse alcune frasi riprese poi dal colonnello Valerio Giardina nel corso della sua deposizione in aula. Secondo quanto emerso, l’allora sindaco Scopelliti fu appoggiato elettoralmente dalla cosca De Stefano, tanto che addirittura Antonino Fiume (oggi collaboratore di giustizia) ne sarebbe stato una sorta di supervisore. Ma nel corso della discussione si parlò anche dell’ipotetico ruolo del fratello di Peppe, Tino e di una sorta di “grumo di potere” che comanderebbe la città. Franco Labate, per la prima volta, decide di parlarne pubblicamente, ma solo alla presenza del suo avvocato di fiducia, Francesco Comi, che, tra le carte del suo studio, deve darsi da fare per “tenere a bada” quello che definire un fiume in piena sarebbe quasi riduttivo. Ha voglia di parlare, Labate. Si sente profondamente mortificato e non accetta che lo si dipinga come un poco di buono. Labate, avrebbe mai pensato che le sue chiacchierate private con Barbieri sarebbero diventate “pietra di scandalo” di uno dei processi più importanti degli ultimi decenni? «Guardi, il problema non è tanto il fatto che siano entrate nel processo. So bene che l’Arma fa il proprio dovere, conduce indagini e cerca sempre la verità. Quel che mi ha lasciato amareggiato è l’aver saputo di essere stato pubblicamente definito un “balordo” dal governatore, che sa bene chi sono. Come già anticipato, ovviamente, le confermo che assieme al mio legale, avvocato Comi, intraprenderemo tutte le iniziative legali a tutela della mia immagine». D’accordo, ma lei ha affermato cose gravissime. «Sopra il sindaco c’è stato Fiume», ricorda di averlo detto? Potrebbe spiegare, una volta per tutte, cosa intendeva dicendo una frase del genere? «Consideri che si trattava di un contesto molto privato, per cui io ho detto semplicemente quel che da diversi anni ormai si vocifera nel mio ambiente. Non dimentichi che sono un imprenditore e frequento tantissime persone e posso dire che era una voce ricorrente quella secondo cui Fiume appoggiò Scopelliti». Perfetto. Ma il governatore ha smentito, dati alla mano, spiegando che lui è diventato sindaco dopo il pentimento di Fiume. Come lo spiega? «Dico solo che non mi sembra che Peppe Scopelliti faccia politica solo dal 2002». Un altro personaggio che pare abbia avuto un ruolo importante è Pino Scaramozzino. Che può dirci in proposito? «Conosco Pino da tantissimo tempo, l’ho incontrato da quando lui era geometra al consorzio. L’unica cosa che mi sento di dire con certezza è che lo vidi dietro la Franco Labate porta della segreteria del sindaco, pochi giorni dopo che Giuseppe Scopelliti Scopelliti fu eletto. Ma non saprei dire altro sul con- riodo. Fatti come quelli accaduti nel recente passato sono assolutamente inediti». to di Scaramozzino». Il colonnello Giardina l’ha invitata più volLa Calabria intera si chiede come lei abbia fatto a conoscere certi dettagli dei presunti te ad andare a riferire ciò che sa, a chiarire in rapporti tra ’ndrangheta e politica. Può dirci procura quei passaggi che – ad avviso dell’ufse si tratta di puro chiacchiericcio tra amici, ficiale – potrebbero essere approfonditi. Ino è a conoscenza di elementi che diano soste- tende farlo? «Sul punto non intendo dire nulla, se non che nelgno alle sue parole? «Sono sotto gli occhi di tutti le inchieste ed i pro- l’ipotesi in cui qualcuno dovesse chiamarmi, io sarò cessi riguardanti i rapporti tra mafia e politica. Cer- sempre disponibile a rispondere a tutte le domande che mi verranno poste e fornire i to, può essere un semplice chiacchiarimenti del caso. Non potrei mai chiericcio tra amici, ma le indagini Le sue parole esimermi dal riferire quel che è a parlano molto più di quanto io possono state mia conoscenza». sa fare». Cosa ha provato sentendosi Scopelliti ha perso le staffe riprese poi tirato dentro una questione quando si è parlato di suo fradal colonnello che coinvolge le più alte sfere tello Tino. Perché? «E la sorprende? A me per nulla. Valerio Giardina della Regione? «Ho provato quel che ogni cittaMi appare del tutto normale la readino onesto avrebbe provato al mio zione del governatore, in quanto è notorio ed ovvio che sia legato da grande affetto al posto. Non credo che le alte sfere siano state toccate proprio fratello. No, la sua reazione non mi stupisce solo ultimamente. Basta leggere gli organi d’informazione, ad eccezione di qualcuno che pare asserviproprio». E se le dico Paolo Romeo e Gior- to a certi poteri. I cittadini sono sfiduciati e la città gio De Stefano, lei cosa mi ri- sembra ormai apatica». Chi è veramente Franco Labate? sponde? «Una persona che ha un caratteraccio, che vive di «Che tutti possono aver commesso degli errori in passato, ma sport, pattinaggio in particolare, e che è innamorato mi sembra anomalo che ogni co- della sua città. Ma Franco Labate è anche una persosa che accade in questa città ven- na che non può non constatare la differenza tra il ga ricondotta sempre alle solite passato, il presente ed il futuro. Prima vi erano molpersone. Io presumo che se del- ti meno soldi, ma tanta moralità ed etica. Oggi girale responsabilità vi sono, que- no tantissimi denari, ma non se ne conosce la proveste vanno ascritte anche ad al- nienza. E poi avverto, oggi come non mai, l’assenza tri. Vede, nella mia lunga delle istituzioni politiche. Pochissimi fanno il proprio esperienza posso dire dovere e ciò ha consentito a questa città di essere di aver visto molte conquistata. Ma vuole sapere davvero chi è Franco amministrazioni co- Labate?» Certamente. munali. Sono «È il figlio di Lorenzo, persona cristallina; è un impassati 55 anni, ma non è mai prenditore in grado di costruire il palazzo dello sport di Reggio Calabria in 54 giorni per far giocare qui la successo quel che ho Viola nel suo primo anno di A; Labate è colui che mise 150 milioni delle vecchie lire, durante la sindacavissuto tura Granillo, perché Ciccio Franco bocciò la delibenell’ultira delle feste patronali; Labate è il titolare dell’immo pe- presa che portò le condotte dell’acqua in molti centri della periferia reggina ed i cui dipendenti furono accolti tra gli applausi; Labate è l’imprenditore che, nel giorno di S. Stefano di tanti anni fa, fu chiamato dall’amministrazione comunale per una frana in centro ed all’ultima palata di fango trovò il corpo di un uomo. Mi dica lei: questo è un balordo?». 6 VENERDÌ 2 marzo 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora l’inchiesta della procura di locri LOCRI (RC) Via libera ai lavori di scavo in contrada Titi, tra i monti alle spalle di Placanica, nella Locride, dove sarebbero stati interrati fusti tossici. Dopo aver letto attentamente la relazione partorita dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, i magistrati della Procura della Repubblica di Locri a capo dell’inchiesta, Giuseppe Carbone e Salvatore Cosentino, hanno dato l’ok, così stamani i militari del Corpo forestale di Reggio Calabria e i vigili del fuoco si recheranno sul posto per iniziare a scavare. Solo poi si potrà conoscere cosa è stato sepolto nelle viscere del sottosuolo di contrada Titi. Era stato un uomo, un tipo di cui non sono state rese note le generalità per motivi di sicurezza, il primo Fusti tossici interrati dai clan? I magistrati hanno dato l’ok: stamani i lavori di scavo sui monti di Placanica a rivelare il segreto: «Persone di cui non so la vera identità, nel ’97, hanno scavato una buca immensa per nascondere fusti verdi», ha svelato agli inquirenti. Lui si dice un testimone oculare. Ha indicato agli investigatori il sito sospetto: si trova accanto a un cimitero di periferia ed è stato già monitorato dagli agenti del Corpo forestale. Con loro, quel giorno, c’erano ingegneri e geologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. I dati catturati dal magnetometro, un marchingegno in grado di intercettare materiale sospetto nascosto sottoterra, sono stati elaborati e inseriti in un documento: «Il sito scrivono gli esperti giunti da Roma nella relazione consegnata ai magistrati della Procura di Locri presenta anomalie e tracce metalliche». Il documento ora costituisce un importante riscontro:«A seguito del rilievo magnetometrico - annota il firmatario del rapporto, Marco Marchetti - è stata individuata nell’area in esame un’anomalia magnetica piuttosto intensa e ben localizzata, di forma particolare, sulla cui natura è difficile formula- re delle ipotesi». Non è dato sapere, al momento, l’identità della fonte segreta. Il suo nome è top secret. Ha riferito agli inquirenti che una notte, mentre percorreva in auto la strada di montagna che conduce a Serra San Bruno, ha intravisto delle luci. Correva l’anno 1997, e la scena che si aprì a lui fu questa: «Quando scesi dall’auto, vidi degli uomini, un escavatore e una buca immensa. I fusti verdi - afferma erano ancora ai bordi della buca». Si rivolse a un tipo:«Mi disse che erano lì per portare a termine un’opera pubblica». Il luogo è sta- to più volte ispezionato, ma i militari del colonnello Giorgio Borrelli ci vanno cauti. Le indagini avviate per far luce sui veleni interrati dai clan non hanno mai avuto esito positivo. Il collaboratore di giustizia Francesco Fonte, un ex mafioso, ha più volte parlato di mercantili inabissati. E non per sentito dire:«Io ne ho affondati tre», ha dichiarato ai magistrati. Trasportavano, a suo dire, scorie radioattive. Il pentito ha anche rivelato che nei fondali della Calabria giacciono circa trenta navi tossiche. Ha riferito di conoscere ogni particolare sulla Cunsky, annegata, afferma, nel mare di Cetraro. Confidenze molto dettagliate, ma mai riscontrate. Ilario Filippone «Non ho ucciso io Lea Garofalo» L’ex compagno Carlo Cosco ai giudici: lei ha mentito, non ci stava con la testa COSENZA «Lea ha sempre mentito. Sapeva che non ero un uomo di ’ndrangheta perché conosceva sia me che la mia famiglia. Ha detto una bugia perché in quel periodo non ci stava con la testa. Non l’ho uccisa io... se avessi voluto ammazzarla lo avrei fatto in Calabria». Sono le dichiarazioni di Carlo Cosco rese davanti ai giudici della Corte d’assise di Milano. L’ex compagno di Lea Garofalo, accusato assieme ad altre cinque persone di aver sequestrato e sciolto nell’acido la testimone di giustizia, ha chiesto di fornire dichiarazioni spontanee ai giudici per cercare di convincerli sulla sua completa estraneità all’assassinio. Sugli ultimi giorni trascorsi a Milano dalla testimone di giustizia, prima che venisse fatta sparire, ha affermato: «Lei voleva venire a Milano e a me faceva piacere, io quella sera l’ho riportata in albergo a tarda notte. Se dovevo ucciderla, lo facevo a Catanzaro non arrivavo certo in Lombardia». Cosco ha proseguito dichiarandosi vittima di un macroscopico errore giudiziario generato dalle dichiarazioni rese da Lea che avrebbe parlato ai magistrati quando non era in condizione di distinguere il vero dal falso: «Mi aveva detto che aveva raccontato degli omicidi, ma mi ha raccontato anche che era una bugia, perché non aveva la testa». «Con la mia ex non riuscivo a trovare un equilibrio familiare e di lei non me ne fregava più niente». Lea Garofalo è stata descritta così come una mezza matta e una bugiarda che avrebbe accusato il suo ex compagno per rancore, un rancore così forte da spingerla a vivere anni di solitudine ed esilio per poi essere assassinata con una crudeltà disumana. È questo l’ultimo affronto nei confronti di una donna che ha osato schierarsi dalla parte dello Stato che l’ha usata per poi abbandonarla ai suoi aguzzini che l’hanno fatta sparire fra il «Lo Stato ha lasciato ammazzare Lea» Intervista a Marisa Garofalo, sorella della testimone di giustizia sciolta nell’acido DI FRANCESCO FERRO «Mia sorella era una ragazza solare con mille sogni nel cassetto. Nata in un paesino del Crotonese cercava una vita migliore e si rammaricava di non aver potuto continuare gli studi. Aveva voglia di fare sempre cose nuove, di evadere. Poi, a soli 15 anni, il fidanzamento con quel giovane e il sogno di un amore che alla fine le ha negato la vita». Marisa Garofalo sorella di Lea, la giovane testimone di giustizia attirata in una trappola e sciolta nell’acido, ha deciso di combattere nelle aule dei tribunali per ottenere giustizia. È l’unico modo che oggi le rimane per fare qualcosa per Lea, per sentirla ancora vicina, starle accanto e tenerla stretta per mano come faceva quando erano bambine e affrontavano unite re i conti con la povertà. Avevo i pila paura del buio. Per Lea un sogno di libertà docchi addosso - ci rammentava semcancellato con una barbarie di- pre - però non ho mai rubato. Quel poco che ho ottenuto l’ho avuto grazie sumana. «Aveva solo sedici anni quando è al lavoro. Noi siamo cresciute con nata la figlia Denise e subito ha capi- questi valori, un modo di intendere la to che quello non era il matrimonio vita che ha dato la forza a Lea di ribelche sognava, non era la vita che desi- larsi all’ingiustizia e alla mentalità maderava. Col passare degli anni questa fiosa». Cosa si poteva fare e cosa non passione adolescenziale, che per lei avrebbe dovuto rappresentare una vi- si è fatto per salvare Lea? «Lo Stato non ha fatto nulla per evita migliore, si è trasformata in una prigionia, un incubo da cui fuggire. Ha tare che l’ammazzassero. Mia sorella capito che chi aveva accanto non era dopo essere scampata al tentato seil principe azzurro con cui vivere una questro di Campobasso ha sporto una favola d’amore ma un uomo violento dettagliata denuncia. Ha chiamato i e senza scrupoli. Si è trovata a fare i carabinieri che hanno verificato che il conti con una realtà che la soffocava e tentato rapimento c’era stato e che, alla quale si è ribellata con tutta la for- quindi, non era una visionaria. Ma za che aveva dentro. Per mia sorella non è servito a nulla. Dopo l’accaduto Denise era tutto e, per garantirle un ha dormito in macchina per tre giorfuturo migliore, ha avuto il coraggio di ni davanti al Comune di Campobasso nell’indifferenza geaffrontare da sola nerale. L’hanno ignopaure e umiliazioni. una vita rata, eppure sapevaUna volta mi ha detno che era una testito: “Stiamo facendo la difficile mone di giustizia. È fame e non ho neppuNostro padre stata abbandonata re i soldi per mandare così come accade a la bimba a scuola”. è stato ammazzato tanti altri testimoni di Una sera ha chiesto al quando eravamo giustizia lasciati al proprietario di un bar proprio destino». dieci euro in prestito molto piccole. Ma Lea Garofalo coper far mangiare la siamo cresciute in me Maria Concetbambina ma le sono maniera sana ta Cacciola; due stati negati. Da quel donne che hanno giorno non ha più con il nonno scelto di schierarsi chiesto nulla, ha precon la legalità ferito sopportare tutte usando l’arma della denuncia. le privazioni con dignità». Anche l’infanzia di Lea è stata Entrambe però hanno perso la segnata da privazioni e violenza. sfida. Si sono immolate per nul- le frasi A sinistra, Lea Garofalo; sopra, la testimone di giustizia con la figlia Denise in una delle ultime immagini itti grai gratis oco più rceli. E zioni per aiutare a sconfiggere la «L’ennesimo affronto dello Stato ’ndrangheta. Purtroppo in cambio che si lamenta per la carenza di fondi non ha ricevuto nulla, è stata tradita, da destinare ai programmi di protel’hanno fatta ammazzare. Perché zione e che poi fornisce il gratuito pal’omicidio di Lea così come la tragica trocinio a gente accusata di delitti grafine di Concetta Cacciola potevano es- vissimi. Loro hanno avvocati gratis sere evitati. Io non voglio dire che nel- mentre noi con stipendi di poco più le istituzioni sono tutti corrotti ma di di mille euro dobbiamo pagarceli. E gente onesta anche tra i magistrati ce questa è una cosa equa?». Se avesse la possibilità di parne dovrebbe essere di più». Delusa da certa magistratura? lare all’ex compagno di Lea o agli «Ho avuto a che fare con una magi- altri imputati cosa direbbe loro? stratura distratta e spero che questa «A me farebbe schifo anche guardistrazione finisca sia per quanto ri- darli in faccia. Quando sono stata in guarda l’esito del processo sulla mor- udienza e loro erano lì non ho mai gite di Lea sia per la tutela che devono a rato la testa perché non voglio vedermia nipote. Anche Denise oggi rientra li. Spero solo che vengano condannain un programma di protezione e mi ti all’ergastolo così non potrò mai inauguro che venga tutelata perché già crociare i loro sguardi». è stata privata dell’amore della madre. Che senso ha oggi per lei la paLe è stata rubata l’infanzia e l’adole- rola perdono? scenza perché a soli dieci anni è entra«Non esiste perdono per chi ha pota nello stesso protuto commettere un gramma di proteziofatto così grave e disuil coraggio mano e neppure si sone della mamma. Ora è completamente sodi denunciare no pentiti per quello che hanno fatto. Io sola, lontana dagli affetL’omicidio no per il perdono ma ti dei familiari e spero non in questo caso. che questo esilio af- di mia sorella Loro non lo meritano, fettivo possa avere fi- così come la devono restare in carne garantendole sicucere a vita. Speriamo rezza e giustizia. Chi tragica fine di che sia fatta giustizia le ha ucciso la mam- Concetta Cacciola almeno ora». ma deve scontare una potevano Non ha paura di giusta pena». ritorsioni o di venIl processo per essere evitati dette? l’omicidio di Lea «No, mi sento in dopo la sostituzione del giudice è ripartito da zero dovere di andare avanti. Lea mi dicee la sentenza deve arrivare en- va non fate nulla per me perché loro tro luglio per evitare la scarcera- vogliono punire solo me, voi restatene di para o agli e loro? e guarstata in mai givederdannamai in- Mia sorella dopo essere scampata al tentato sequestro di Campobasso aveva sporto una dettagliata denuncia. Ma non è servito a nulla. L’hanno ignorata... Lea aveva 16 anni Lea aveva 16 anni quando nata la quando è è nata la figlia Denise. Subito figlia Denise. ha capito che chi Subito accanto non ha aveva capito che chi era il principe azzurro ma un aveva accanto non uomo violento e scrupoli erasenza il principe azzurro ma un Denise era tutto e uomo violento e per garantirle un futuro migliore ha senza avuto scrupoli il coraggio di affrontare da sola paure e umiliazioni Lotterò per mia nipote, ora lasciata Marisa Garofalo in un’intervista completamente sola rilasciata a CO parlava proprio di Il gratuito Cosco come un uomo violento e patrocinio all’ex l’ennesimo senza scrupoli,marito ora èl’ex compagno affronto dello Stato di Lea si difende davanti ai giudici 24 e 25 novembre 2009. Lea ma io vengo da una famiglia Garofalo nel 2002 aveva deci- onesta di lavoratori e ho la coso di testimoniare sulle faide scienza pulita. Lasciate stare la interne tra la famiglia Cosco e mia famiglia e gli altri imputaun’altra rivati, siamo tutti le, parlando «La sorella della innocenti». anche di alcuInventati, mia ex mi ha ni omicidi, ed secondo Coera finita sotsco, sarebbedefinito violento to protezione, ro anche i dete senza scrupoli programma tagli sull’omima non è così» da cui era pecidio messi a rò uscita nel verbale da 2006. Angelo Cortese, il pentito riteIeri Cosco ha continuato nuto testimone chiave dell’innelle sue esternazioni rivolgen- chiesta in questa storia di dosi ai giudici chiedendo di 'ndrangheta tra Calabria e Minon essere giudicato sotto una lano. Raccolte le dichiarazioni pressione mediatica che lo dell’imputato l’udienza è stata vuole già colpevole: «Siamo aggiornata al 26 marzo quannelle vostre mani, abbiamo fi- do la parola passerà al pm per ducia in voi, nella Corte. La la requisitoria mentre la senprova si forma in aula e non tenza finale dovrebbe arrivare con le parole inventate». Poi il 30 marzo. Nel processo che si ha gridato la sua innocenza sta celebrando a Milano è parscagliandosi anche contro Ma- te civile contro il padre e gli alrisa Garofalo (sorella di Lea): tri imputati anche la figlia di «La verità la so solo io e farò Lea, Denise, oltre alla sorella e chiarezza. La sorella della mia alla madre della donna. ex mi ha descritto come un uoFRANCESCO FERRO mo violento e senza scrupoli, [email protected] Riapre la trattoria dei migranti Due mesi dopo l’attentato l’associazione Goel ci riprova CAULONIA (RC) Amal in arabo significa speranza, la speranza di concepire il fenomeno dell’immigrazione come una risorsa e non come un problema per la Locride. Amal da ieri a Caulonia è il nome della trattoria fatta saltare in aria da un ordigno proprio la notte di San Silvestro. Due mesi dopo l’attentato intimidatorio il ristorante culturaIl ristorante di le gestito dal consorzio sociale Caulonia era Goel è tornato a nuova vita. Presenti al taglio del nastro in stato fatto saltare contrada Frazzo oltre al sindain aria la notte di co Ilario Ammendolia, il presiSan Silvestro dente del Goel Vincenzo Linarello, il vice Prefetto di Reggio Calabria Patrizia Adornato e il vescovo della diocesi di Locri-Gerace monsignor Morosini. «Questa è la migliore risposta - ha sostenuto il primo cittadino cauloniese - non sappiamo chi c’è dietro questo attentato. Il popolo di Caulonia è un popolo che ama la pace e la tranquillità e noi continueremo con determinazione sulla strada intrapresa della solidarietà. L’augurio è che questa trattoria sia un punto di riferimento e un baluardo di democrazia e di legalità vera, fatta di regole e iniziative». «E’ un momento simbolicamente importante - ha proseguito un emozionato Linarello - perché dimostra che nella Locride c’è una capacità forte di reagire. Abbiamo volutamente scelto un vocabolo arabo perché nel nostro sogno l’immigrazione deve essere davvero una risorsa per i nostri paesi. Devono essere proprio gli immigrati ospiti dei progetti di accoglienza gli ambasciatori della Calabria nel Mediterraneo». I clienti del ristorante culturale avranno la possibilità di scegliere due diversi tipi di menù: uno di cucina tipica contadina locale e uno di cucina africana. «Colpire le poche realtà che creano sviluppo vuol dire tagliarsi l’erba sotto i piedi ed essere stupidi - ha chiosato Linarello- chi verrà da noi verrà a tirare una boccata d’aria nella Calabria che vorremmo». A sfilare poi da piazza Bellavista sino in piazza Mese i vessilli dei sindacati, i gonfaloni dei comuni della Locride e i primi cittadini in fascia tricolore. Sul palco anche la testimonianza di Gianni Speranza, sindaco di Lamezia Terme e il messaggio del ministro “tecnico” per la coesione territoriale Fabrizio Barca. (Ilario Balì) 7 VENERDÌ 2 marzo 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O «Straface era appoggiata dall’onorata società» Santa Tecla, Alfano rivela i meccanismi elettorali Il collaboratore di giustizia Carmine Alfano svela in aula quelli che lui ritiene i “passaggi obbligati” in fase elettorale. Accanto Pasqualina Straface CORIGLIANO (CS) Cento euro a voto. Questo quanto intascava la cosca durante le elezioni, quando interveniva attivamente procacciando voti per «chi ne aveva bisogno» e non facendo mancare il supporto a Pasqualina Straface, che «aveva l’appoggio della onorata società coriglianese». È il collaboratore di giustizia Carmine Alfano a rivelare in aula i meccanismi elettorali cittadini, nel corso della sua escussione nell’ambito del processo “Santa Tecla” in fase di istruttoria dibattimentale con il rito ordinario a carico dei fratelli coriglianesi Maurizio e Fabio Barilari (difesi dagli avvocati Salvatore Sisca, Marco Gemelli, Antonio Managò e Francesco Paolo Oranges). Rispondendo al- PALMI (RC) È costata una condanna a cinque anni di carcere per il boss ergastolano rosarnese Rocco “il pirata” Pesce, fratello del mammasantissima Nino, anch’egli con una condanna a fine pena mai, la lettera fatta pervenire dall’interno del carcere Opera di Milano al primo cittadino di Rosarno Elisabetta Tripodi, che proprio in seguito a quella missiva, si vide assegnare dal ministero degli Interni, una scorta che la segue dal settembre scorso. Il giudice per le indagini preliminari Adriana Trapani infatti ha accolto le richieste del sostituto procuratore della distrettuale antimafia di Reggio Calabria, infliggendo in primo grado l’ennesima condanna al Pirata, che sta già scontando condanne relative ad associazione mafiosa e omicidio. «Appare evidente che in un simile contesto territoriale e sociale – scriveva a settembre il giudice per le indagini preliminari Domenico Santoro – le affermazioni di Rocco Pesce assumono il rango di vere e proprie minacce dirette ad impedire e, comunque, a condizionare e turbare pesantemente l’attività di gestione politico-amministrativa del comune di Rosarno». «Voglio che lei sappia - scriveva nella lettera Pesce al sindaco - che sono in galera da più di 20 anni innocentemen- le domande del pm antimafia Vincenzo Luberto, che ha coordinato l’intera operazione sfociata anche, lo scorso anno, nello scioglimento del consiglio comunale di Corigliano per condizionamenti da parte della criminalità organizzata, il pentito ha illustrato quelli che lui ritiene “passaggi obbligati” in fase elettorale. «I manifesti li dovevamo mettere noi…Bisognava rivolgersi a Maurizio Barilari e “mettersi a posto”», in caso contrario «qualcuno venne anche percosso…e qualche vela fu danneggiata». Per quel che riguarda i voti, invece, si sceglievano le famiglie più disagiate e «nei supermercati - ha detto prendevamo la roba che stava per scadere e la consegnavamo a que- ste famiglie in cambio di voti». Con riferimento alle amministrative del 2006 quando si svolse poi il ballottaggio tra Giuseppe Geraci e Armando De Rosis, «contattammo Geraci per vedere se si metteva a disposizione» ma lui «disse di no». Da qui il passo successivo: «La Straface decise quindi che chi aveva votato a destra ora doveva votare a sinistra, così – ha riferito il collaboratore – avrebbe vinto De Rosis ma sarebbe durato poco perché non aveva la maggioranza». E, di conseguenza, si sarebbe tornati alle urne. Quella tornata elettorale fu in effetti vinta da De Rosis. Come già illustrato nei verbali di interrogatorio resi al pm, Alfano (ex autista nonché cognato di Maurizio Barilari) ha raccontato vece incentrato sulle circostanze ieri dinanzi al Tribunale collegia- che determinarono la sua decisiole di Rossano (presidente France- ne di collaborare con la giustizia, sca De Vuono, a latere Enrico facendo emergere come non vi D’Alfonso e Angelo Zizzari) di una fossero state ritorsioni o dannegriunione dei consiglieri di centro- giamenti dopo l’avvertimento che destra orientati a dare le dimis- lo stesso Alfano disse di aver ricesioni: «Pasqualina temeva che vuto da Nicola Acri. Secondo qualcuno ci potesse ripensare». quanto riferito dal pentito, infatPer questo «ci chiese di essere ti, sarebbe stato proprio il presunpresenti». to boss di Rossano a metterlo in Eventuali pasguardia dai corisaggi al centrosiglianesi e dal suo cento euro nistra «dovevano stesso cognato essere sanzionati che, a suo dire, a voto e – ha continuato volevano addosPrendevamo sargli la colpa il pentito – venne del avvicinata anche nei supermercati la fallimento del la Ardito che pe- roba in scadenza piano omicidiarò rimase ferma rio per eliminare sulle sue posizio- per consegnarla Antonio Bruno ni». Su questo alle famiglie alias Giravite. punto, durante il disagiate in L’udienza si è controesame, conclusa con le cambio di voti l’avvocato difendichiarazioni sore Salvatore Sispontanee di sca ha fatto Maurizio Barilaemergere come i fratelli Barilari ri (in videoconferenza dal carcere fossero stati candidati nel 1996 ot- di Parma dove è detenuto al 41bis) tenendo appena una manciata di che, dopo aver raccontato di tanvoti. «Ma a quell’epoca Maurizio te persone a cui Alfano doveva dei non aveva ancora ruoli di spicco – soldi e dei dissidi anche all’interha detto Alfano – ed erano soltan- no della famiglia, ha rivolto un apto dei riempi lista». Lo stesso lega- pello al collegio: «Non fatemi fale ha poi prodotto la sentenza del- re la fine di Enzo Tortora per dell’omicidio Viola (divenuta defini- le false dichiarazioni di pentiti. tiva) citandone anche altre in cui Sono al 41bis da quasi tre anni, il collaboratore Carmine Alfano, sono seppellito vivo qua dentro e unitamente ad altri pentiti, viene sono una persona perbene». definito inattendibile. Da qui una Si torna in aula il prossimo 15 serie di domande su circostanze marzo, quando è prevista l’escusriferite dal collaboratore (su alcu- sione del collaboratore di giustizia ne di queste vi sono procedimen- cassanese Pasquale Perciaccante ti in corso) e tese a dimostrare la nonché degli imprenditori corisua inattendibilità. Il controesa- glianesi Cataldo Russo e Pietro me dell’avvocato Marco Gemelli Paolo Oranges. (anche in sostituzione dell’avvoROSSELLA MOLINARI cato Antonio Managò) è stato [email protected] Cinque anni al boss Rocco Pesce Condannato questa volta per la lettera inviata al sindaco di Rosarno te, ma il problema non è solo questo. Nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba e mi fa soffrire è che l’ amministrazione comunale di Rosarno ha tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini, anzichè i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno. E questo forse perchè non godono di sovvenzioni della Comunità europea, a differenza dei clandestini?». Una lettera considerata dagli inquirenti carica di «frasi minatorie, talora caratterizzate dalla forma implicita delle Rocco Pesce alias “il pirata” allusioni, degli avvertimenti e che la gara per l’abbattimento dei richiami indirizzati al sin- del manufatto (insieme con la daco» e che il boss rosarnese cappella abusiva spuntata di aveva inoltrato al primo citta- notte nel cimitero rosarnese dino medmeo in seguito allo edificata, presumibilmente, sgombero da uomini del della casa delclan dei BelIn seguito alla lo stesso boss, locco) era anmissiva al primo e in seguito data desolaalla decisio- cittadino Tripodi tamente dene, assunta serta, visto venne assegnata coraggiosache nessuno, la scorta mente daltra le tante l’amministraditte edili del zione comunale, di abbattere comprensorio, aveva trovato la stessa casa abusiva. Proprio il coraggio di radere al suolo di poche settimane addietro le proprietà delle famiglie di poi la notizia (anticipata in ’ndrangheta più influenti delesclusiva da Calabria Ora) la città. Onere di abbattere la proposta «Eni, si stipuli un accordo che dia rilancio al Crotonese» «Pur comprendendo le motivazioni che hanno indotto il tribunale di Milano a condannare l’Eni ed a risarcire il ministero dell’Ambiente per 56 milioni di euro, riteniamo che il presidente Monti e il ministro Clini debbano avviare tutte le procedure necessarie affinché i calabresi, oltre al danno arrecato da Eni, non subiscano anche la beffa». E’ quanto afferma, in una nota, Diego Tommasi, della Direzione nazionale dell’Api. «Auspico che il ministro Clini - prosegue Tommasi - si attivi al più presto per istituire un tavolo con la Regione affinché si stipuli un apposito accordo di programma quadro di 56 milioni di euro che ora dia rilancio alla provincia di Crotone. E una volta per tutte si faccia chiarezza sullo sfruttamento del sottosuolo crotonese. Per le royalties la Calabria riceve solo il 50%, mentre il resto viene incamerato dallo Stato. Questo non avviene in altre regioni italiane. Anche su questo vogliamo pari trattamento». Diego Tommasi quegli stessi manufatti, così come deciso all’unanimità nel corso dell’ultima assise comunale, sarà affidato agli uomini del genio civile dell’esercito. Ora, la condanna inflitta dai giudici reggini allo zio del presunto reggente del clan (il giovane Giuseppe, fratello di quel Ciccio Testuni condannato in primo grado con la formula del rito abbreviato a 20 anni di reclusione), riporta un barlume di normalità in una città stritolata dal potere criminale della mafia, che soprattutto nelle settimane immediatamente successive alla missiva, aveva ironizzato sulla scorta al sindaco Tripodi, che guida la città dopo l’esperienza commissariale dovuta allo scioglimento dell’amministrazione Martelli, per infiltrazione mafiosa. Vincenzo Imperitura 8 VENERDÌ 2 marzo 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrangheta d’esportazione PALMI (RC) Estorsione, truffa, riciclaggio, usura, corruzione ricettazione e associazione a delinquere con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. I 23 indagati finiti in carcere ieri tra Lombardia, Calabria e Emilia Romagna in seguito all’operazione eseguita dal Gico della guardia di finanza di Milano rinominata “Black Hawks”, non si facevano mancare nessuno dei reati “tipici” di questo pezzo di meridione. E infatti, tra i nomi compresi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Milano Luigi Varanelli, sono tanti i personaggi calabresi finiti nella rete tesa dagli inquirenti dell’antimafia: a partire dai due cugini Vincenzo e Giuseppe Facchineri, che dell’associazione ipotizzata dai magistrati sarebbero i vertici assoluti, fino al vicebrigadiere dei carabinieri Salvatore Russo, il presunto “traditore” che si spacciava per ufficiale della guardia di finanza in grado di bloccare le verifiche della tributaria ai propri clienti passando per Orlando Purina, che si muoveva da broker consumato nelle operazioni di riciclaggio delle grosse somme di denaro movimentate dal gruppo. Una storia complicata quella venuta fuori dall’indagine delle fiamme gialle, fatta di minacce e truffe, in un vortice di mazzette che tirano in ballo, per l’ennesima volta dopo le tante operazioni concluse negli ultimi due anni che hanno certificato la presenza ingombrante della ’ndrangheta calabrese al di fuori dei confini regionali, parte importante del mondo imprenditoriale e finanziario lombardo e emiliano. Una storiaccia resa possibile dalla immensa forza intimidatrice esercitata dal crimine organizzato reggino (che come base milanese utilizzava una grossa società di noleggio auto, la Cargo Rent, dal fatturato annuo multimilionario, che faceva capo attraverso un prestanome, direttamente ai cugini Facchineri) e dalla compiacenza di un sottufficiale dell’arma che, in nome e per conto dei Facchineri (e in alcuni casi anche in proprio) si preoccupava di procurare ai propri “clienti” le informazioni richieste attraverso il la base una società di noleggio auto L’associazione criminale si serviva della Cargo Rent, che faceva capo ai cugini Facchineri Riciclaggio ed estorsioni Ventitré arresti a Milano In manette alcuni affiliati al clan Facchineri di Cittanova database interforze dello Sdi. Russo, sostengono gli inquirenti, si spacciava per l’inesistente capitano Silvio Morabito, ufficiale della guardia di finanza, in grado di intervenire, in cambio di «decine di migliaia di euro» per proteggere gli interessi dei suoi sodali, garantendo protezione da eventuali indagini e verifiche fiscali. E se Russo si occupava della fittizia rete di protezione per gli uomini del clan, i cugini Facchineri si occupavano, tra le altre cose, di “ammorbidire” quei clienti che non si comportavano “a dovere” o che tentavano di farla in barba ai due cugini, trasferitisi da Cittanova, nel Reggino, a seguito di una delle guerre di mafia più cruenti che la Calabria ricordi e che, a cavallo tra gli anni ’70 e ’90, vide la famiglia di Michele “il Papa” Facchineri (il mammasantissima cittadino, i metodi mafiosi del gruppo I due cugini “ammorbidivano” con le minacce i clienti che non si comportavano “a dovere” padre dell’indagato odierno Vincenzo, che passò dietro le sbarre gran parte della propria esistenza e che si è spento nel suo letto, come migliore tradizione impone per i boss di primo lignaggio, appena pochi mesi addietro) contrapposta alle ’ndrine degli Albanese-Raso-Gullace; una guerra vera e propria che lasciò sul campo di battaglia trentadue morti e una decine di feriti. «Gli ho messo paura – dice Facchineri intercettato dalle forze dell’ordine mentre commenta una delle sue “imprese” con un malcapitato cliente dell’autonoleggio che non voleva restituire una delle auto affittate – gli ho detto che sono latitante, che già ne ho uno sulle spalle, gli ho detto: mettermene un altro, mettermi anche voi sulle spalle non me ne frega un cazzo. Gli ho detto chiaro che lo ammazzo». Una brutta storia che fa il paio con quella di un altro imprenditore vessato, Alberto Schiavone, che ha raccontato agli inquirenti del suo “rapimento” durato due giorni nei quali fu rinchiuso in un garage del quartiere milanese di Baggio dove fu «chiuso e riempito di botte». vimp l’esperto Ciconte: «La mafia fa affari grazie alle classi dirigenti» La mafia, e in special modo la ’ndrangheta, non si sarebbe affermata senza la complicità degli industriali e dei politici del Nord. L’immagine diffusa del mafioso come uomo truce ha fatto sì che il fenomeno della mafia in giacca e cravatta passasse inosservato e prosperasse CATANZARO «Bene ha fatto il ministro Cancellieri a sollevare il problema delle mafie al Nord, ma se vogliamo comprendere e combattere il fenomeno dobbiamo innanzitutto ammettere francamente che le mafie hanno trovato lì terreno fertile grazie soprattutto alla responsabilità di alcuni ceti sociali e delle classi dirigenti». È quanto afferma Enzo Ciconte (nella foto), esperto di mafie e docente di Storia della criminalità organizzata a Roma Tre, in una dichiarazione resa nota dalla Rubbettino editore. «La mafia, e in special modo la ’ndrangheta - prosegue Ciconte - non si sarebbe affermata senza la complicità degli industriali e dei politici del Nord. L’immagine diffusa del mafioso come uomo truce, capace di efferati delitti ha fatto sì che il fenomeno della mafia in giacca e cravatta passasse inosservato e potesse continuare a prosperare. Pian piano la ’ndrangheta si è così infiltrata all’interno del tessuto produttivo sino a giungere al controllo militare del territorio. E ciò a dispetto della pretesa della Lega di garantire la sicurezza dei cittadini arginando il fenomeno dell’immigrazione, ma trascurando al contempo quello ben più pericoloso della criminalità dei colletti bianchi». Proprio alla ’ndrangheta al Nord è dedicato il libro di Enzo Ciconte, ’Ndrangheta padana, edito da Rubbettino e disponibile sia in formato cartaceo che in e-book. «La ’ndrangheta - è scritto nel libro di Ciconte - è l’unica organizzazione criminale ad avere due sedi, Reggio Calabria e Milano. La “Padania” è da decenni teatro di loschi affari e di intrecci ancor più sporchi e, nonostante se ne parli ormai da tempo, politici e amministratori locali, con lodevoli eccezioni, fingono di non vedere o negano spudoratamente l’evidenza. Gli ’ndranghetisti hanno il controllo di una parte del territorio, hanno molti soldi e li prestano a usura, si sono impossessati di case, alberghi, bar, ristoranti, pizzerie, supermercati, imprese, sono presenti nei grandi appalti dell’Alta velocità e hanno lambito anche quelli dell’Expo». 9 VENERDÌ 2 marzo 2012 D A L PALMI (RC) «Se lo trovano morto faccio sì che non veda più la luce del sole, non ti preoccupare». È il dolore all’interno della tragedia, le concitate ore successive alla scomparsa del suo compagno, la guerra aperta contro tutta la sua famiglia, contro un padre violento, un fratello che la considera morta, una madre sottomessa al coniuge e che la considera pazza. Nell’ordinanza di custodia cautelare con cui il gip Paolo Ramondino ha convalidato, mercoledì, il fermo di Antonio (irreperibile) e Domenico Napoli per l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Fabrizio Pioli, ci sono due intercettazioni che sembrano inchiodare gli indagati e la ricostruzione da parte di Simona Napoli di quel maledetto giovedì, quando l’elettrauto 38enne di Gioia Tauro scompare da Melicucco senza lasciare traccia. Ma per la donna, la figlia “ribelle” di Antonio Napoli, la sposa che vuole lasciare il marito e che ha portato il “disonore” fin dentro la sua casa, la traccia, anzi le prove, di cosa possa essere successo al suo compagno ci sono ed è riassunta in quella frase pronunciata durante una conversazione con sua madre: «Se lo trovano morto faccio sì che non veda più la luce del sole, non ti preoccupare». Simona ha visto Dice ai carabinieri prima e alla procura di Palmi dopo, di avere visto, di sapere cosa sia accaduto quel giovedì pomeriggio a Fabrizio. È un racconto lucido, anche se compiuto da una donna disperata, fatto proprio dalla procura di Palmi che ha emesso il fermo per i due uomini di casa Napoli, e accolto in pieno dal gip Ramondino. Racconto che parte dall’incontro con Pioli, dalla Mini Cooper del gioiese, scomparsa insieme al suo proprietario, parcheggiata davanti la sua abitazione che desta da subito i sospetti di sua madre e di suo padre. Proprio per questo i due giovani decidono che Fabrizio «dovesse andare via di corsa - dice Simona - perché chiaramente i miei sospettavano. P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O Omicidio Pioli Così Simona accusò suo padre La compagna del giovane: «Se lo trovano morto papà non vedrà più la luce del sole» quanto detto dalla testimone, suffragato dalla gran mole di cartucce scoperte: 99 proiettili calibro 9 millimetri Luger; 50 proiettili marca Fiocchi; 1 proiettile calibro 7.65 MFS; due serbatoi bifilari per armi semiautomatiche tipo “pistola” avente capacità di 15 colpi cadauno calibro 9 millimetri. Ho visto il Fiorino di mio padre e la Mini cooper di Fabrizio e loro due litigare. Ho notato che mio padre nella mano destra aveva la pistola Ho paura di tornare a casa dopo queste dichiarazioni Mi dichiaro disponibile a sottopormi ad un programma di protezione Un’immagine della fiaccolata dopo la scomparsa di Fabrizio Pioli (nella foto piccola) Siamo usciti insieme, prendendo ciascuno di noi il proprio veicolo. Dietro ci sono venuti i miei genitori. Ho visto precisamente mio padre uscire di corsa di casa ed entrare nel Fiorino». «Io ho preso direzione verso il paese, Fabrizio verso la superstrada. Mio padre non lo conosce nel modo più assoluto. Per mio padre era una cosa gravissima averlo visto uscire da casa mia. Mia madre si è fermata davanti casa mia con la sua Fiat Panda. Io mi sono diretta all’asilo a prendere mio figlio». Il drammatico racconto della ragazza arriva al punto più importante, quando nella sua auto imbocca «la strada di Rosarno. All’imbocco ho visto il Fiorino di mio padre e la minicooper di Fabrizio e loro due litigare. Mio padre mi ha visto passare e ha fatto il gesto di fermarmi, allargando le braccia. In quel momento ho notato che nella mano destra aveva la pistola». La stessa pistola, sostiene la giovane, che «mio padre aveva anche se non è detentore legittimo. Io avevo visto quella pistola in casa. La teneva all’interno di un gallinaio. Mio padre è stato condannato per tentato omicidio e denunciato per associazione mafiosa e ricettazione». Dopo la parentesi sul padre, Simona torna allo svincolo autostradale: «Fabrizio era appoggiato al finestrino della macchina - dichiara agli investigatori -. Ho visto che erano agitati entrambi. Le due macchine erano parallele e loro si trovavano in mezzo ai veicoli. Non mi sono fermata e ho imboccato la strada per Gioiosa Jonica». La prima denuncia «Qui ho incrociato mio fratello Domenico a bordo di una 500 bianca. Mio fratello certamente andava da mio padre… Secondo me mio fratello aveva solo il compito di disfarsi della macchina di Fabrizio. Non che lo abbia, se morto, potuto uccidere». La corsa della giovane si conclude nella caserma dei carabinieri di Gioiosa Jonica dove racconta per la prima volta a quanto avrebbe assistito. «Invece a mio modo di vedere - ora aggiunge la donna - sotto la minaccia della pistola, mio padre può avere costretto Fabrizio a salire sul Fiorino oppure averlo costretto a utilizzare la minicooper - con la quale potrebbero essere andati chissà dove - ed abbia lasciato il Fiorino perché lo portasse via mio fratello. Ho provato tutta la notte a chiamare Fabrizio ma è spento il cellulare… Ho paura di tornare a casa dopo queste dichiarazioni. Mi dichiaro disponibile a sottopormi ad un programma di protezione». Per verificare il racconto di Simona, i carabinieri la sera stessa operano una perquisizione da casa di Antonio Napoli, l’arma non viene trovata, per gli inquirenti è la prima conferma di Le intercettazioni in caserma «Iu u cercanu u terreno pu mu iettano», ovvero appuntano gli inquirenti «sono andati a cercare un terreno per gettarlo». Le persone informate sui fatti vengono convocati alla caserma dei carabinieri di Gioia Tauro. In una stanza ci sono il marito di Simona, tornato di fretta da Como dove vive per lavoro dopo essere stato contattato dalla moglie, e Domenico Napoli. In un’altra Simona e la madre. Nessuno dei 4 immagina che nella compagnia di Gioia Tauro siano videoripresi e intercettati. Nella conversazione tra i due uomini i carabinieri annotano solo poche frasi, ma per gli inquirenti chiarissime, e pochi gesti. Vincenzo: U pà? (inteso presumibilmente il papà). Domenico: Iu u cercanu u terreno pu mu iettanu (sono andati a cercare un terreno per gettarlo). Vincenzo: gesticola con le mani… Domenico: Picchi tu chiamasti (perché tu hai chiamato). Vincenzo: …inc… Domenico: Avanzi a idi nui eramu (Eravamo davanti a loro). Vincenzo: Eh… (gesticola con le mani). Per gli inquirenti quando il marito di Simona gesticola mimerebbe una pistola. «Pioli Fabrizio - è l’amara considerazione degli investigatori - è quindi morto e, dopo l’uccisione, Napoli Antonio, coadiuvato da persone allo stato ignote, si è premurato di nascondere il cadavere». Nei dialoghi tra madre e figlia captati c’è tutta la rabbia della figlia nei confronti dei genitori e del fratello, la sua convinzione su come siano andate le cose e la minaccia esplicita: «Se lo trovano morto faccio sì che non veda più la luce del sole, non ti preoccupare». FRANCESCO ALTOMONTE [email protected] ’ndrine al nord REGGIO CALABRIA Leone Lucisano dovrà deporre al processo Valle che si sta celebrando a Milano. Che voglia oppure no. La Corte, non vedendolo all’udienza che si è svolta ieri nel capoluogo lombardo, ha disposto l’accompagnamento coatto per la prossima udienza. Doveva presentarsi ieri in aula, citato dalla difesa, e invece non si è fatto vivo. La sua testimonianza risulta fondamentale perché dovrà confermare o smentire le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice. Alla sbarra, nel processo scaturito dall’operazione coordinata dalla Dda di Milano nel luglio 2010, si trovano Francesco Valle (difeso dall’avvocato Giuseppe Nardo) e i due figli Fortunato e Angela. Gli altri imputati hanno già definito la loro posizione con il rito abbreviato. Accompagnamento coatto per Lucisano al processo Valle Leone Lucisano, ha raccontato il nipote Lo Giudice ai magistrati, si era trasferito a Vigevano con tutta la sua famiglia perché temeva che potesse essere ucciso dopo l’agguato in cui aveva perso la vita il padre del pentito. Nella località lombarda ha iniziato a lavorare con i Valle. Anche Nino Lo Giudice in quel periodo si era trasferito a Vigevano e ai magistrati della Dda ha raccontato che «durante questo periodo io e Lucisano Leone abbiamo conferito la carica della Santa a Valle Francesco e a suo figlio Valle Fortunato». Fondamentale, alla luce di queste dichiarazioni, che Lucisano vada in aula per confermare o smentire Lo Giudice. Francesco Valle ha infatti sempre respinto l’accusa di essere un boss di ’ndrangheta. Dall’altro lato Nino Lo Giudice finora è sempre stato ritenuto attendibile, anche se nelle scorse udienze è entrato in contraddizione e si è trincerato dietro il silenzio alle pressanti domande della difesa proprio al processo Valle. Nella storia delle due famiglie, Lo Giudice ha parlato anche dei contrasti nati per la rottura di un fidanzamento. Maria Valle era stata promessa in sposa a Domenico Lucisano, figlio di Leone. Poi però l’unione si è interrotta e lei ha sposato Francesco Lampada. «La cosa – dice il pentito- non fece piacere a Lucisano Leone e ovviamente al figlio». La corte, che ieri non ha potuto ascoltare la versione di Lucisano, ha disposto l’accompagnamento coatto all’udienza del 14 marzo. Due giorni prima continueranno a sfilare i testi chiamati dalla difesa per dimostrare che i rapporti tra i Valle-Lampada e i clienti a cui fornivano le macchinette erano di assoluta normalità. Non sussisterebbero dunque i reati di associazione mafiosa né di estorsione. Questa è la tesi che gli avvocati stanno tentando di smontare. ANNALIA INCORONATO [email protected] VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 13 l’ora di Reggio tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34 MELITO PORTO SALVO VILLA SAN GIOVANNI Accordo Pd-Idv Sarà Costantino il candidato MELICUCCO Da aprile al via i lavori sul lungomare > pagina 20 Fiaccolata di speranza per Fabrizio Pioli > pagina 21 BOVALINO Arrestato ladro di gioielli in trasferta > pagina 23 > pagina 29 Sentenza parzialmente annullata “Rifiuti”, la Cassazione “rinvia” cinque posizioni. Il resto è confermato In cinque dovranno comparire nuovamente davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per il processo “Rifiuti”. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha annullato la sentenza emessa dai giudici di secondo grado rinviando nuovamente il procedimento in riva allo Stretto per una nuova pronuncia per alcuni imputati. I Supremi giudici hanno annullato con rinvio, per tutti i capi di imputazione, la posizione di Giuseppe Alampi. Invece solo relativamente ad alcuni capi d’imputazione la stessa decisione è stata assunta per Giorgio Calarco, Nicola Malara, Andrea Saraceno e Carmelo Sergi. Per tutti gli altri soggetti coinvolti nel processo la Cassazione ha confermato la condanna di secondo grado. Tra questi Matteo Alampi (10 anni), Valentino Alampi (4 anni e sei mesi), Francesco Siclari (sei anni), Matteo Siclari (quattro anni e sei mesi), Paolo Siclari (quattro anni e otto mesi). Confermata l’assoluzione di Domenico D’Anna, Alberto Luciano Franco, Anna Lanzuolo e Domenico Romano. La sentenza di secondo grado aveva già ampiamente riformato quella di primo grado. Degli imputati che dovranno subire nuovamente il processo in Corte d’appello, Giuseppe Alampi era stato condannato a quattro Matteo Alampi anni e otto mesi, Giorgio Calarco a sei anni e dieci mesi, Nicola Malara a sei anni e dieci mesi, Carmelo Sergi a cinque anni e due mesi. Solo Alampi deve rispondere del reato di associazione mafiosa, impostazione che anche i giudici di secondo grado avevano mantenuto nelle motivazioni della sentenza di condanna. La vicenda che portò all’inchiesta “Rifiuti” è relativa agli appalti per la gestione della discarica nei comuni di Fiumara di Muro, Motta San Giovanni, Gioia Tauro e Melicuccà. I capi d’imputazione che gli indagati hanno avuto sul groppone variano dall’associazione mafiosa all’estorsione, corruzione, turbativa di pubblici incanti e truffa ai danni di enti pubblici appaltanti e di imprese private. I giudici di secondo grado, cambiando ottica rispetto al consueto, nelle motivazioni erano partiti dai singoli reati fine per giungere alla contestazione dell’associazione mafiosa. Si è discusso della tentata estorsione ai danni di Siclari alla presunta estorsione alla società Servizi ambientali, fino alla corruzione di Sergi. I giudici definirono la Edilprimavera come società paravento giuridico per insinuarsi negli appalti pubblici senza però rispettare la normale concorrenza e trasparenza del mercato. Ai soggetti la cui posizione è stata rinviata dalla Cassazione alla Corte d’appello, venivano contestati episodi di estorsione e corruzione. Il collegio difensivo, composto tra gli altri dagli avvocati Giuseppe Nardo, Armando Veneto, Carlo Morace, Giulia Dieni, Francesco Albanese e Giovanni Aricò, tornerà dunque in aula per sostenere le proprie tesi di estraneità ai fatti dei loro assistiti. Regge sostanzialmente invece la posizione dei condannati, ora in via definitiva, sull’ipotesi dell’associazione mafiosa. Nelle intercettazioni lo storico boss Mico Libri si esprimeva con parole di apprezzamento sul Supremo Pasquale Condello, «uno dei migliori di Reggio». a.i. processo a labate Franco Zoccali citato nella lista testimoni Ci sarà anche Franco Zoccali tra i testimoni del processo nei confronti di Massimo Labate, accusato di concorso in abuso d’ufficio. Nel corso dell’udienza di ieri, slittata a 12 luglio per via di un difetto di notifica, sono state depositate le liste testimoniali di accusa e difesa. E tra i soggetti indicati dalla difesa, vi è anche l’allora capo di gabinetto del sindaco Scopelliti. Ma non soltanto: gli avvocati Andrea e Domenico Alvaro, che difendono Labate, hanno citato pure il parroco della parrocchia di San Catanoso, don Pino Sorbara, la cui comunità ebbe un finanziamento di molto superiore a quello oggetto del processo e contenuto nella stessa determina effettuata da Orsola Fallara, l’ex dirigente al settore finanze e tributi del Comune, morta suicida nel dicembre del 2010. Oltre a Labate vi sono imputati nel processo anche il suo segretario-amico Vincenzo Pileio (difeso dall’avvocato Corrado Politi), Francesco Giuseppe Quattrone (difeso dall’avvocato Andrea Alvaro) e il presunto boss Antonino Caridi (difeso dagli avvocati Putortì e Managò). Il processo riguarda uno stralcio del procedimento “Testamento” che ha visto Labate assolto in primo grado ed in appello dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La storia è quella relativa al contributo concesso all'associazione culturale “La Maison de l'Art”, ritenuta appartenente alla cosca Caridi, operante nel territorio di San Giorgio Extra. (c.m.) aveva riscontrato puntualmente le giustificazioni che lo Stranges aveva da subito addotto a sua difesa sin dal primo momento in cui era stato interrogato dal gip, al tempo del suo arresto. Il Tribunale della Libertà ha riconosciuto che era venuta meno la gravità indiziaria, al punto che non v'erano più le condizioni per il mantenimento della misura cautelare. All'udienza camerale i difensori Andrea Alvaro e Marco Gemelli (quest'ultimo in sostituzione dell'avvocato Antonio Managò) hanno illustrato, in oltre un'ora di discussione, i risultati dell'attività d’indagine difensiva, confutando sul piano logico e fattuale la prospettazione accusatoria. « La Dispiace sempre commettere errori ma dispiace ancor di più quando questi sono dovuti ad una mera errata trascrizione di una parola, che però fa la differenza. Partiamo, allora, proprio dall’errore: il colonnello Agatino Sarrafiore è stato condannato ad otto mesi di reclusione e non ad otto anni così come riportato nell’articolo di ieri, riguardante le motivazioni della sentenza d’appello. Si è trattato – è evidente – di un mero errore materiale di trascrizione, per il quale ci scusiamo innanzitutto con l’interessato ed ovviamente anche con i lettori. Ma la vera novità è che, nonostante il deposito sia avvenuto poche settimane addietro, gli avvocati difensori di Sarrafiore, Armando Veneto e Giuseppe Napoli, hanno già preannunciato di aver impugnato la sentenza dinnanzi alla Corte di Cassazione. I due legali, infatti, sono convinti di avere in mano concreti elementi per ottenere un annullamento della decisione, la cui trattazione è attesa per i prossimi mesi. Assicuriamo sin da ora e pubblicamente, al colonnello ed ai suoi legali difensivi, che Calabria ora racconterà, con il medesimo risalto, anche l’ultima tappa processuale di questa complessa vicenda. cons. min. Accolto il ricorso Malara ai domiciliari “Il Crimine 3”, il Riesame: cade la gravità indiziaria ti dall'Ecuador e dirette al porto di Gioia Tauro. A Stranges veniva attribuito un ruolo di prim’ordine quale referente di un cartello internazionale interessato a creare un nuovo canale per il traffico di stupefacenti in Italia in transito dal porto di Gioia Tauro. L’inchiesta era stata condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Ed è stato nella giornata di ieri che il Riesame, accogliendo l’appello proposto dalla difesa, ha scarcerato Stranges, riconoscendo la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza. L’indagine difensiva si è fondata sui risultati di un'articolata attività (cui ha collaborato anche l’avvocato Gianfranco Giunta), che SARRAFIORE PENA DI 8 MESI E NON DI 8 ANNI truffa Stranges rimesso in libertà Immediatamente scarcerato. Questa la decisione del tribunale del Riesame (Leonardo presidente, Foti e Catalano a latere) nei riguardi di Sebastiano Stranges (in foto), funzionario Afor di Taurianova, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Il Crimine 3”. L’uomo, difeso dagli avvocati Andrea Alvaro ed Antonio Managò, è stato rinchiuso per 7 mesi all’interno del carcere di Reggio Calabria, con un’accusa pesantissima: associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico internazionale e detenzione finalizzata alla cessione di ingenti quantitativi di cocaina (complessivamente quasi una tonnellata), trasportata con navi provenien- > abbiamo sbagliato decisione del Tribunale della Libertà – spiegano i difensori – proprio perché fondata sul riconoscimento della mancanza di gravità indiziaria, appare molto rilevante anche per le valutazioni che, a breve, dovrà compiere il gup, in quanto il processo si avvia verso l'udienza preliminare». Gli avvocati Alvaro e Managò, convinti dell'innocenza dello Stranges, hanno espresso soddisfazione, evidenziando, che, grazie all'importante decisione del Tribunale, è stata finalmente restituita la libertà ad un innocente. Il tribunale del Riesame di Reggio Calabria (Leonardo presidente, Catalano e Foti a latere) ha concesso gli arresti domiciliari a Giovanni Malara. L’uomo, difeso dall’avvocato Basilio Pitasi, era stato arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria. A Malara viene contestato il reato di partecipazione ad una vasta associazione dedita alla commissione di truffe ai danni di privati e di operatori economici della città. Nel corso della discussione camerale, la difesa ha sottolineato come il ruolo e gli elementi contestati a Malara non giustificavano la più gravosa delle misure cautelari atteso che per principio in generale quest’ultima deve essere adottata quando ogni altra misura non appare adeguata. Il Riesame ha accolto tale tesi ed ha concesso i domiciliari a Malara. VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 23 l’ora della Piana Via Aspromonte 22, Gioia Tauro Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected] PORTO AUTORITA PORTUALE OSPEDALI 0966 588637 GIOIA TAURO CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911 0966 765369 DOGANA GUARDIA DI FINANZA 0966 51123 POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610 CARABINIERI 0966 52972 0966 52111 VIGILI DEL FUOCO FARMACIE 0966 52203 PALMI 0966 267611 CITTANOVA 0966 660488 OPPIDO 0966 86004 POLISTENA 0966 942111 TAURIANOVA 0966 618911 CINEMA Gioia Tauro Rosarno Ioculano 0966 51909 Rechichi 0966 52891 Tripodi 0966 500461 Alessio 0966 773237 Borgese 0966 712574 Cianci 0966 774494 Paparatti 0966 773046 Palmi Barone Galluzzo Saffioti Scerra Stassi 0966 479470 0966 22742 0966 22692 0966 22897 0966 22651 Taurianova Ascioti 0966 643269 Covelli 0966 610700 D’Agostino 0966611944 Panato 0966 638486 Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498 Chiuso Cittanova “Gentile” 0966 661894 Chiuso Polistena “Garibaldi” 0966 932622 Chiuso Laureana “Aurora” Chiuso Una fiaccolata di speranza Melicucco, centinaia di persone sfilano in strada al grido «Io sono Fabrizio» CRONACA MELICUCCO "Io sono Fabrizio", questa la scritta riportata sulle maglie e nei cuori di tutti i partecipanti alla fiaccolata di ieri, tenutasi questa volta a Melicucco, il paese dal quale si sono perse le tracce di Fabrizio. Ognuno era Fabrizio, pronto a non mollare, e lo gridava in silenzio. Un'intera comunità che non si rassegna e non ha alcuna intenzione di farlo. Vuote le vie del paese, ma piene di indignazione. Il corteo è partito dal campo sportivo percorrendo le strade principali. Inevitabile notare la quasi totale assenza dei melicucchesi. Ma tanti gli amici di Fabrizio che emanavano il proprio dolore misto a speranza. Più di 500 persone per dimostrare ancora il proprio sostegno alle famiglie e per smuovere le coscienze di chi ha fatto si che questa triste storia avvenisse, e di chi ancora non vuole parlare. Immancabili il padre e le sorelle, Romina e Simona. Pre- Abusivismo edilizio 4 persone deferite SPERANZA Da sinistra lo striscione in testa al corteo e i partencipanti e i familiari di Fabrizio Pioli senti i sindaci di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, di Polistena Michele Tripodi, e di Melicucco, Francesco Nicolaci. Il silenzio si è rotto a fine corteo quando un’unica voce si è alzata gridando “Io sono Fabrizio”, ed uno ad uno poi lo si ripeteva, urlando, quasi a sottolinearlo, per farlo sentire lontano, fino ad arrivare a lui, ovunque si trovi. Sono tutti stanchi di non sapere, è questo che strema. Ma la famiglia e gli amici non si demoralizzano totalmente. Il padre ha più volte detto di non avere odio per nessuno. «L’unica cosa che vogliamo è riavere Fabrizio a casa, in qualche modo», con la speranza che sia ancora vivo, ma con la consapevolezza che potrebbe non essere così. «Ma anche se fosse, vorremmo avere almeno un posto dove poterlo piangere, portare un fiore», ha detto. E’ già passata una settimana e nessuna notizia ha portato ad un cambiamento. Ciò che cambia sono solo gli stati d’animo di ognuno. Tutti i partecipanti erano uniti da uno sguardo triste e dall’intenzione di non far spegnere le luci dei riflettori su una storia così assurda. In fondo davvero Fabrizio avrebbe potuto essere chiunque delle persone presenti, il fratello non di Romina, ma della persona che per caso le stava dietro, l’amico di un altro ancora, o il figlio di una di questi e che Fabrizio, magari, lo conosceva pure poco. Eppure era li. Era Fabrizio. Ed è un grido di speranza che continuerà fino alla fine. A manifestazione conclusa, ancora una volta, era difficile per tutti andarsene a casa. Stare insieme e con un motivo preciso fa sentire più uniti. E continua ad essere l’unica cosa da fare per essere d’aiuto in questa bruttissima vicenda EVA SALTALAMACCHIA [email protected] Mariangela Gaglioti torna carcere Si è resa protagonista di ripetute violazioni degli arresti domiciliari PALMI ne anti ‘ndrangheta “Cosa Mia” del giugno del 2010. Ora, a distanza di pochi mesi da quell’ammorbidimento della pena preventiva, la Gaglioti torna in galera per le ripetute violazioni degli obblighi durante il periodo di arresti domiciliari. Attraverso l’operazione Cosa Mia, i giudici della distrettuale antimafia di Reggio Calabria, avevano sco- precisazione Brandimarte non è parente di Perri Il sottoscritto avv. Domenico Ascrizzi, difensore di fiducia della famiglia Brandimarte e Condello, chiede di voler precisare le informazioni indicate negli articoli giornalistici degli ultimi giorni in relazione alla morte di Giuseppe Priolo. Nello specifico si dà l'errata informazione di un rapporto di parentela tra Giuseppe Brandimarte (Nuccio) e Vincenzo Perri . In realtà Giuseppe Brandimarte non è legato da nessun rapporto di parentela con Perri. La donna è accusata dalla Dda reggina di associazione mafiosa perchiato un vastissimo giro di mazzette e appalti pilotati relativamente all’eterno cantiere per il riammodernamento dell’autostrada Salerno Reggio Calabria. I lavori di ristrutturazione del tracciato infatti sarebbero finiti nelle mani delle consorterie del comprensorio che avevano equamente diviso i macro lotti per fare in modo che tutte le famiglie di mafia della zona potessero entra- Arrestato 31enne di Taurianova I carabinieri della Compagnia di Taurianova, in applicazione di un ordine di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, hanno tratto in arresto S.S., 31 anni, responsabile di aver favorito la permanenza di cittadini stranieri nel territorio italiano. r. p. cosa mia È tornata in carcere la quarantaduenne seminarese Mariangela Gaglioti. Il Presidente della Corte d’Assise Silvia Capone infatti, dopo avere esaminato le informative delle forze dell’ordine che avevano segnalato di come la stessa Gaglioti avesse trasgredito al regime di arresti domiciliari, ha disposto per la donna il regime di custodia cautelare in carcere. A Mariangela Gaglioti, accusata di associazione a delinquere di stampo mafioso, erano stati concessi gli arresti domiciliari nel maggio dello scorso anno, in seguito agli arresti derivanti dalla maxi operazio- Nell’ambito di un mirato piano di controllo ambientale ed edilizio, i carabinieri di Sant’Eufemia e della polizia provinciale in località Badia hanno operato un sequestro, su ordine del gip del Tribunale di Palmi. P.G. di anni 70 e C.D. di anni 33; si sono resi responsabili della realizzazione di due manufatti in cemento armato, in assenza di permesso di costruire, in area soggetta a vincolo ambientale e idrogeologico forestale il tutto in zona sismica. Nell’ambito dello stesso servizio sono stati deferiti alla Procura di Palmi per falsa attestazione della Scia P.C. di anni 48 tecnico agronomo, e L. D. di anni 37 per per omissione di atti d’ufficio. r. p. Rapina e pestaggio 4 uomini in manette ARRESTATA Gaglioti re nell’affare milionario. La stessa operazione Cosa Mia poi, ha finalmente fatto luce sul riaccendersi della sanguinosa faida tra i Gallico di Palmi e Bruzzise di Barritteri di Seminara, piccolo centro sul cui territorio è stato posto uno dei campi base dell’Anas. San Ferdinando, quattro malviventi di nazionalità bulgara, con il volto coperto da passamontagna, hanno fatto irruzione all’interno dell’abitazione, di A.Y, 25 anni, e dopo aver malmenato I.Y.A., 21 anni, si impossessavano della somma contante pari a 350 euro circa e di un telefono cellulare. Le immediate indagini hanno consentito di identificare e deferire in stato di libertà M.V., 23 anni; K.Y, 37 anni; N.R., 29 anni, ritenuti responsabili in concorso con un complice allo stato ancora ignoto. r. p. VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 29 l’ora della Locride Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected] GUARDIE MEDICHE Siderno Locri Marina di Gioiosa J. Gioiosa Jonica Roccella Jonica Bovalino Grotteria Caulonia tel. 0964/399602 tel. 0964/399111 tel. 0964/416314 tel. 0964/51552 tel. 0964/84224 tel. 0964/61071 tel. 0964/53192 tel. 0964/861008 BOVALINO Ladro in trasferta. Dalla Sicilia e precisamente da Gravina di Catania è arrivato a Bovalino per svaligiare la gioielleria Iemma, in via Garibaldi. Pensava di averla fatta franca il quarantacinquenne Nicolosi Orazio ma dopo poche ore la guardia di Finanza di Messina gli ha stretto le manette ai polsi. Al momento non si ha una stima economica di quanto è stato rubato ma, il malloppo che Nicolosi stava portando con sé in Sicilia gli avrebbe fruttato un bel gruzzolo di migliaia di euro. Il furto è avvenuto nella centralissima Bovalino la notte tra mercoledì e giovedì. Nicolosi, che molto probabilmente aveva uno o più complici, ha fatto un foro nel muro di un garage adiacente alla gioielleria riuscendo cosi a entrare nel locale. Probabilmente Nicolosi e i suoi complici hanno fatto molto rumore ma, sono stati avvantaggiati dalla zona, dove ci sono molti negozi e studi ma poche, pochissime abitazioni. Difficilmente qualcuno avrebbe potuto sentire i rumori. Una volta dentro, con una fiamma ossidrica il catanese ha aperto una, della due, cassaforte e, ha portato via tutti ciò che c’era all’interno, in più anche tutto quel che c’era esposto nelle vetrine. FARMACIE EMERGENZA CINEMA Bovalino Bovalino Locri Cinema Vittoria tel. 3397153696 “The woman in black” ore 18 - 20ore 22 tel. 0964/66128 tel. 0964/61028 tel. 0964/356097 Gioiosa Jonica Martora & Crupi tel. 0964/51259 Satriano tel. 0964/51532 Scopacasa tel. 0964/58134 Cristiano De Sandro Longo Carabinieri Polizia Capitaneria tel. 0964/61000 tel. 0964/67200 tel. 0964/787657 Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/51616 Marina di Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/415106 Siderno Cinema Nuovo tel. 0964/342776 “Protocollo Fantasma” ore 16 - 19- 22 Roccella Jonica Cinema Golden tel. 0964/85409 “Come è bello far l’amore” ore 18 - 20 - 22 Da Catania a Bovalino per rubare gioielli Orazio Nicolosi arrestato in trasferta dalla Gdf La strada dove è stata compiuta la rapina a Bovalino L’allarme, ai carabinieri della stazione di Bovalino comandati dal maresciallo capo Candeloro Sturniolo e coordinati dal tenente Nico Blanco, comandante della Compagnia Carabinieri di Locri, è stato dato ieri mattina, poco prima le ore 9 quando, i proprietari della gioielleria hanno scoperto l’accaduto. Subito sono stati formati dei posti di blocco sen- za però alcun esito; sino a quando non è arrivata la chiamata da parte della Guardia di Finanza di Messina. Nicolosi con l’automobile si è imbarcato da Villa San Giovanni, con sé, aveva tutta la refurtiva della gioielleria di Iemma. Aveva calcolato tutto nei particolari e stava anche per farla franca. Fermato però dagli uomini della guardia di finanza di Messina non è riuscito a giustificare la provenienza della merce che possedeva in auto, i militari hanno così subito capito che c’era qualcosa che non andava. E’ bastato un attento controllo e qualche telefonata e per Nicolosi sono scattate le manette ai polsi. I proprietari della gioielleria bovalinese, sembra che, abbiano riconosciuto la propria merce. Fortunatamente questa volta è andata bene. Il furto subito alla gioielleria Iemma non è il primo avvenuto a Bovalino. Lunedì sera i ladri hanno fatto visita anche nella scuola materna in contrada Donna Palumba, sempre nella cittadina jonica. Un bottino misero per quei ladri che si sono accontentati di un vecchio televisore. «Non si tratta però della stessa banda criminale» precisa un investigatore. Annalisa Costanzo CRONACA Sassi contro treno un passeggero ferito Il treno regionale numero 12724 è stato bersaglio di una sassaiola nei pressi della stazione di Ardore nella tarda serata di ieri. Un passeggero è rimasto lievemente ferito al braccio. Sul posto la Polfer Allaccio abusivo due deferiti a Palizzi A Palizzi due persone G.M., queste le sue iniziali, di 47 anni e B.M., 69 anni sono state deferite in stato di libertà. In seguito ad una perquisizione domiciliare, i militari operanti hanno notato un allaccio abusivo all’impianto elettrico dell’Enel. il processo Finanzieri infedeli sentiti altri due testimoni Referti medici fasulli emessi dai sanitari dell’ospedale di Locri per giustificare falsi incidenti. E’ quanto scoperto dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta sui finanzieri infedeli. Ieri, nel corso del processo, sono stati sentiti due testi. Il blitz delle fiamme gialle di Locri è scattato all’alba dell’otto giugno 2010. Quel giorno vennero arrestati tre finanzieri, accusati di truffa alle assicurazioni e rivelazione del segreto d’ufficio, e un commercialista di Siderno, Salvatore Barranca. Tra gli indagati, anche medici dell’ospedale di Locri. Grazie a un uso massiccio di intercettazioni telefoniche, ambientali e videoregistrazioni, il sistema corruttivo è venuto alla luce. Le indagini hanno anche permesso di scoprire un vasto giro di incidenti stradali fasulli posti in essere con la compiacenza di medici che redigevano falsi certificati per danni fisici inesistenti. re. lo. la manifestazione del Goel CAULONIA L’alleanza con la Locride e la Calabria torna nuovamente per le strade e nelle piazze per far sentire forte e decisa la propria voce. E sceglie proprio Caulonia, teatro del recente atto intimidatorio subito dal gruppo cooperativo Goel, per riconfermare l’impegno nel contrasto alla ‘ndrangheta e alle massonerie deviate. Un vero peccato tuttavia che il serpentone partito da piazza Bellavista con destinazione Piazza Mese con in testa alcuni sindaci dela Locride, abbia contato meno di mille unità. Oltre Caulonia, presenti solo le fasce tricolori di Locri, Benestare, Martone, Stilo, Canolo, Gioiosa Jonica, Gerace e Roccella Jonica. Nella vecchia Castelvetere anche i rappresentanti delle cooperative e delle associazioni delle maggiori città calabresi, il segretario regionale Michele Gravano e il segretario provinciale Mimma Pacifici della Cgil; per la Cisl Rosy Perrone e per il sindacato dei bancari, Fiba Cisl, Giacinto Palladino. E ancora Guido Leoni, presidente di Ctm Altroconsumo, Stefano Granata, presidente di Cgn Gruppo cooperative, Gianluca del ristorante sono il segno della vostra perserveranza e costanza, qualità di cui ha bisogno il sud per rinnovarsi e al quale il governo intende dare tutto il contributo possibile, in attesa di incontrare presto la vostra comunità». Sul palco mazione di prodotti tipici biologi- accolto da Mara Rechichi anche il ci. «A chi pensava e affermava che saluto di Gianni Speranza, sindai migranti dovevano essere rigetta- co di Lamezia Terme: «La nostra ti in mare noi ci siamo opposti- ha antimafia è quotidiana e non octuonato il sindaco Ammendolia- casionale- ha esordito- mercoledì siamo diventati paesi dell’acco- scorso si è sancito che la nostra è glienza e di noi si parla in tutta Ita- una città che risponde». Il primo lia. Da Caulonia deve partire un cittadino ha portato a Caulonia la messaggio: Resitestimonianza di stenza contro chi Rocco Mangiardi, In corteo i vuole criminalizzaimprenditore lasindacati con i re il popolo calametino vittima brese. A fianco dei giovani africani degli strozzini: lavoratori e di tutti «Nel tribunale di del progetto coloro che hanno a Lamezia- ha spieaccoglienza cuore il futuro delgato Speranza- ha la nostra terra. indicato con il dito Questa è una pagina di lotta e uni- chi gli chiedeva il pizzo ogni mese. tà». Sul cellulare di Vincenzo Li- Disse: “Io sono molto più libero narello arriva un messaggio del adesso che ho la scorta di quando ministro per la coesione territoria- non avevo denunciato il capo dei le Fabrizio Barca: «Scrivo a tutti Giampà. Ora cammino con la scorvoi per esprimere il mio sostegno ta ma con la dignità di fare il mio al lavoro svolto dal consorzio Go- lavoro senza che nessuno mi chieel. Il vostro è un impegno difficile da il pizzo”. E’ stato un fatto strae soggetto ad attacchi. Ma la gior- ordinario». Applausi. nata a Caulonia e l’inaugurazione Ilario Balì La piazza risponde a metà Pochi i sindaci, cittadini freddi. L’sms del ministro Barca Mingozzi presidente di Confcooperative Emilia Romagna. Quindi anche il primo cittadino di Lamezia Terme, Gianni Speranza, l’onorevole Nuccio Iovene e i ragazzi africani ospiti del progetto accoglienza. Di semplici cittadini in piazza Mese ce n’erano davvero pochi. In bella mostra sul palco nell’installazione di Enzo Rullo (nella foto) i frutti della ‘ndrangheta rappresentati dai frammenti di legname lasciati dall’ordigno esploso a Capodanno accanto alle arance di Goel Bio, società del gruppo Goel che opera nel settore agroalimentare ed energetico, attraverso la produzione e trasfor- 15 VENERDÌ 2 marzo 2012 calabria ora C O S E N Z A Confessioni di un moribondo Processo Lanzino, sentita la donna che parlò con Sansone in punto di morte Eugenia De Bartolo è una signora di Marano Principato che conosceva bene il maresciallo Franco Sansone. Quando egli venne gravemente ferito in un agguato sulle montagne della Catena Costiera andò insieme al marito a trovarlo in ospedale a Roma. L’uomo soffriva molto per le ferite, ma riusciva ancora a parlare. Le disse che tra le persone che gli spararono c’era anche Luigi Carbone, uno dei due presunti assassini di Roberta Lanzino. Il maresciallo della polizia penitenziaria Franco Sansone morì poco tempo dopo proprio in seguito alle ferite riportate. Per il suo omicidio vennero condannati Alfredo Sansone e suo figlio Franco (omonimo della vittima), entrambi imputati, insieme a Remo Sansone al processo per la morte della studentessa rendese – avvenuta a Falconara Albanese nel luglio del 1988 – che si sta celebrando al tribunale di Cosenza. Durante l’udienza di ieri è stata sentita Eugenia De Bartolo. Una deposizione quasi inutile, tuttavia. Perché la donna ha dichiarato di non ricordare quasi nulla a causa del dramma familiare che l’ha colpita cinque anni fa: la morte del figlio. «Da allora ho perso interesse per la vita, sto sempre a casa, non esco quasi mai, ho vuoti di me- VITTIMA Roberta Lanzino moria». L’esame, pertanto è entrambi i delitti. Nel corso risultato difficoltoso quanto dell’udienza di ieri è stato senbreve. La sua testimonianza tito anche il maresciallo dei casarebbe stata utile (così come rabinieri in pensione Leonarlo fu al processo sull’assassi- do Urso. Nel luglio del 1990 nio del maresciallo) per rico- eseguì una perquisizione nella struire il contesto in cui matu- proprietà di Luigi Carbone nel corso della rò l’omicidio quale ritrovò di Luigi CarRinviata una pistola e bone. Seconal 7 marzo un fucile. Le do la tesi delarmi erano l’accusa il pa- la testimonianza nascoste sotstore venne del vecchio boss to alcuni ammazzato Franco Pino massi e fra(il cadavere sche a ridosso non è mai stato ritrovato) per evitare che del muro della casa che lo stesconfessasse di aver violentato so Carbone stava costruendo e ucciso Roberta Lanzino in in località Creimola. Non eraconcorso con Franco Sansone no le armi usate per uccidere il (anche Rosaria Genovese ven- maresciallo Sansone, in quanne uccisa perché sapeva). Il to è stato accertato che venneprocesso tenta di far luce su ro rubate successivamente al l’inchiesta Donna folgorata in casa L’impianto non era a norma Carmela Fico Non c’è ancora nessun nome sul registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Cosenza sulla morte di Carmela Fico, la quarantenne folgorata dalla sua stufa all’interno del suo appartamento nel centro storico di Cosenza. Ma potrebbe esserci presto: il sostituto procuratore Antonio Bruno Tridico e la polizia di Stato stanno lavorando per cercare di capire se sussistono eventuali responsabilità di terzi nel dramma consumatosi in via Martirano. Di sicuro l’impianto elettrico dell’abitazione non era a norma, altrimenti sarebbe scattato il salvavita e la signora Fico sarebbe ancora viva. La scoperta del cadavere è stata fatta mercoledì dai vigili del fuoco, chiamati dai vicini, che non vedevano la donna da qualche giorno. Quando i pompieri sono entrati nell’abitazione, un monolocale al secondo piano di una vecchia palazzina, si sono trovati davanti il cadavere. La Procura non ha disposto l’autopsia in quanto non sussistono dubbi sulla causa del decesso. Gli inquirenti non sono ancora in grado di dire se l’alloggio in cui la signora Fico viveva in affitto sia di un privato o dell’Aterp. (a. b.) delitto, ma hanno comunque rilevanza processuale in quanto ci sono diversi testimoni che riferiscono che nell’immediatezza della scomparsa di Luigi Carbone, il presunto assassino Franco Sansone manifestò come unica preoccupazione il recupero di una pistola detenuta da Carbone. L’uomo la cercò nella casetta di montagna dopo aver tagliato il lucchetto con cui era stata chiusa ma senza riuscire a trovarla. Cosa che invece riuscì ai carabinieri di Cerisano. L’udienza di ieri avrebbe dovuto avere ben altri testimoni, due vecchi boss della malavita Cosentina: Umile Arturi e soprattutto Franco Pino. È grazie alle rivelazioni di quest’ultimo che è stato riaperto il caso Lanzino. Grazie ai suoi contatti con i clan del Tirreno venne a sapere che a uccidere la studentessa di 18 anni erano stati Franco Sansone e Luigi Carbone. Sembra che quest’ultimo fosse un affiliato. Lo dimostrerebbe la partecipazione alla tentata estorsione a Antonio Grimoli, finita con un morto e il ferimento dello stesso Carbone in seguito alla reazione dell’imprenditore. I due pentiti testimonieranno alla prossima udienza, fissata per il 7 marzo prossimo. ALESSANDRO BOZZO [email protected] l’arresto Furto al bar della stazione Preso con le mani nel sacco Il punto dell’effrazione Ha spaccato il vetro del Bar Stazione all’interno dello scalo ferroviario di Vaglio Lise. Ha trascinato fuori una slot machine, l’ha spaccata e ha intascato i soldi (circa 400 euro). Poi è tornato dentro il bar per svuotare anche le altre due, ma ci ha trovato i carabinieri. Perché nel bar c’era un sistema d’allarme collegato con la vicina caserma. E così, Giacomo Fuoco, cosentino di 25 anni con precedenti di polizia, ha passato una notte al fresco. Ieri mattina a palazzo di giustizia si è svolta l’udienza di convalida dell’arresto, al termine della quale al giovane sono stati concessi i domiciliari. L’arresto è stato eseguito dal nucleo radiomobile dell’Arma, diretto dal maresciallo Domenico Lio, nell’ambito dei servizi disposti dal tenente Alberto Fontanella, comandante ad interim della compagnia di Cosenza. La Finanza ha trovato un tesoretto Diffusi i dati dell’attività del 2011: recuperati 336 milioni di euro Ammonta a 336 milioni di euro la somma di denaro sottratta al fisco e recuperata dalla guardia di finanza di Cosenza nel 2011 grazie a 1.175 controlli. È il dato saliente del consuntivo delle attività svolte lo scorso anno. Nel contrasto all’economia sommersa e all’evasione fiscale, i finanzieri hanno individuato 94 evasori totali e 12 evasori parziali per un valore di 237 milioni di euro: il 71% della base imponibile complessivamente accertata scovando 238 lavoratori in nero e un’evasione Iva di 86 milioni. Le verifiche hanno riguardato 271 controlli per la ricostruzione dei volumi d’affari effettivamente realizzati dai contribuenti e 904 per il riscontro di singoli atti di gestione. I settori che hanno con maggiori irregolarità sono quelli delle imprese di pulizie (759 posizioni lavorative irregolari), agricoltura (125), edilizia (66) e turistico/ricettivo (47). In materia di accise sono stati realizzati 46 interventi, con 48 violazioni. Per quanto riguarda l’emissione di scontrini e ricevute sono stati effettuati 9.106 controlli, di cui 6.577 in materia di ricevute e scontri- Il colonnello Giosué Colella, comandante della Gdf di Cosenza ni fiscali; 2.204 nel settore del già concessi sono stati bloctrasporto delle merci e 325 su cati prima dell’erogazione. indici di capacità contributi- Denunciate per truffa 3.137 va. Ventidue gli interventi nel persone e sottoposti a sequesettore del gioco e delle scom- stro per equivalente, disponibilità finanmesse illegali ziarie per olcon il sequeImprese di 1,2 miliostro di 64. pulizia, edilizia tre ni, 10 apparNell'ambito tamenti, 8 del contrasto e agricoltura terreni e 4 alle frodi nel i settori con più veicoli. Effetsettore della irregolarità tuate 264 atspesa pubblitività di verica sono stati eseguiti 35 interventi che fica di redditi per richiesta di hanno consentito di accerta- accesso alle agevolazioni in re circa 16,4 milioni di euro sanità, istruzione, politiche di finanziamenti illecitamen- della casa. La lotta agli sprete percepiti. Altri 7,4 milioni chi e alle inefficienze della pubblica amministrazione ha consentito di segnalare danni erariali per circa 43,8 milioni di euro. Nel corso del 2011 sono state sviluppate 78 segnalazioni per operazioni sospette. Gli interventi di contrasto alla contraffazione hanno portato al sequestro di 27 mila articoli. Segnalate 146 persone di cui 8 arrestate. Intensa anche l'attività di contrasto alla criminalità organizzata: confiscati 18 immobili 12 veicoli e un’azienda assieme a disponibilità per oltre 7,5 milioni. Sequestrati 20 immobili, 10 veicoli, due aziende e disponibilità finanziarie per oltre 2,3 milioni. Undici le verifiche delle posizioni fiscali di persone condannate per associazione mafiosa e segnalata una persona soggetto per violazioni alle normative fiscali. Constatate violazioni in materia di imposte dirette per oltre 8,1 milioni, iva per oltre 500 mila edIrap per circa 2,8 milioni. Individuate 15 discariche abusive (30 mila metri quadrati). Sequestrati, nell’ambito del contrasto allo spaccio della droga, 1,1 kg di cocaina, 1,6 kg. di fumo e erba, distrutte 4.620 piante di marijuana con 250 denunce e 19 arresti. 17 VENERDÌ 2 marzo 2012 calabria ora C A T A N Z A R O il processo «Non ci sono prove certe che gli imputati abbiano commesso il fatto. Le ricognizioni sono anomale». I difensori Gregorio Viscomi e Salvatore Staiano, ieri nell’ambito del processo a carico di Cosimo Berlingieri, 44 anni e Gianluca Passalacqua,23 anni, imputati per l’omicidio pluriaggravato del giovane universitario di 24 anni Massimiliano Citriniti, accoltellato a morte il 22 febbraio 2009 fuori dal Centro commerciale "Le Fornaci", hanno controbattuto alle tesi accusatorie. In particolare l’avvocato Sta- Spunta una nuova teste oculare Omicidio Citriniti, chiesta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale iano ha chiesto di riaprire il dibattimento per acquisire le dichiarazioni di una testimone oculare presente sul luogo dell’omicidio fino ad ora sconosciuta. Il legale, durante l’arringa ha parlato di una donna, una guardia giurata, che avrebbe visto Citriniti prima del delitto, accorgendosi che proprio la giovane vittima avrebbe avuto con se, lo stiletto che poi lo ha ucciso, tanto da chiedergli addirittura «cosa ci fai con quel coltellino?». Una versione che contrasta con quella dell’accusa, aprendo la strada all’ipotesi che proprio il giovane universitario abbia scatenato l’aggressione nella quale, poi, ha avuto la peggio. Staiano ha definito quella di Citriniti, una “provocazione imponente”. Ma le contestazioni del penalista sono andate oltre, facendo riferimento alle consulenze tecniche «poco credibili» e alle dichiarazioni dell'imputato minorenne già condannato per l'omicidio, che ha definito non credibile sollecitando l'invio degli atti relativi alle sue dichiarazioni alla Procura per i minorenni per falsa testimonianza. Il legale ha concluso con una richiesta di rinnovare l'istruttoria dibattimentale e in seconda battuta l’assoluzione degli imputati o in caso di condanna esclusione dell’aggravante dei futili motivi con la concessione di tutte le attenuanti del caso. Per l’assoluzione di Berlingieri ha insistito anche l'avvocato Gregorio Viscomi, il quale ha sostenuto l’insussistenza di prove a carico degli imputati, evidenziando le contraddizioni tra quanto dichiarato dai testi in fase di indagini rispetto alla fase dibattimentale. Gabriella Passariello E la Provincia si mobilita Scuola di Magistratura, Ferro: «Avanti contro la sentenza di appello» corte di appello Confermati quattro anni di reclusione per Diego Sestito La Corte d'appello ha confermato la condanna a 4 anni di reclusione inflitta in primo grado a Diego Sestito, 26 anni, Vallefiorita, arrestato a maggio 2008 per spaccio di stupefacenti. La prima sentenza a carico dell’uomo arrivò il 15 dicembre del 2008, al termine del processo per direttissima. Sestito fu arrestato dai militari che colsero sul fatto il giovane che andava a rifornirsi di droga. «La Scuola di Magistratura probabilmente non si farà né a Catanzaro, né a Benevento». A dirlo il presidente della Provincia Wanda Ferro che ieri ha dato conto della proposta avanzata da alcuni parlamentari tesa ad istituire una sede unica a Bergamo. Nel frattempo, ha assicurato, verrà portata avanti ogni azione possibile per porre rimedio alla sentenza del Consiglio di Stato che, per non aver notificato il ricorso alla Provincia di Benevento, ha rigettato proprio il ricorso presentato dalla Provincia di Catanzaro contro il decreto dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, che prevedeva lo spostamento della sede da Catanzaro a Benevento. Presenti alla conferenza stampa i legali rappresentanti della Provincia - Roberta Chiarella e Federica Pallone -, il presidente dell’Ordine degli avvocati Giuseppe Iannello per la Regione e l’avvocato Francesco Scalzi. Assenti i legali del Comune. Lo ricordiamo, dopo l’assegnazione della scuola a Catanzaro da parte dell’ex ministro Castelli (governo Berlusconi) e dopo il decreto interministeriale voluto da Mastella (governo Prodi) per spostare la sede a Benevento, era stato il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso della Provincia, e nonostante l’inammissibilità stabilita nei confronti dei ricorsi di Comune e Regione, a dare speranza a Catanzaro. Finché appunto il Consiglio di Stato pochi giorni fa è intervenuto chiarendo in aggiunta che la Provincia di Benevento sarebbe l’unica controparte interessata. «Il Consiglio ha spiegato Scalzi - non ha tenuto minimamente in considerazione la sentenza del Tar, né il fatto che alla Provincia di Benevento il ricorso è stato notificato nei termini decorrenti dalla predetta conoscenza. In più non si è considerato che il Comune di Benevento è controparte in quanto menzionato nella motivazione del decreto e parte nell’accordo quadro del 24 febbraio 2007. La stessa Provincia di Benevento, del resto, nel suo ricorso ha sostenuto di non essere controparte». La notifica alla Provincia di Benevento, infatti, sarebbe avvenuta subito dopo il deposito del testo integrale del decreto, che avrebbe permesso final- IN CITTA’ Falso allarme bomba Attimidipaura alla Carime mente di conoscere tutte le controparti. «Stiamo valutando - ha pertanto sottolineato Scalzi - la possibilità di chiedere la revocazione della sentenza, possibile laddove si ravvisi errore di fatto e non di merito, ovvero omissione di alcuni elementi». Grande assente Salvatore Scalzo, che in questi giorni aveva puntato il dito proprio contro l’errore presunto della Provincia, e che Ferro non ha mancato di punzecchiare: «non dobbiamo giustificazioni al sapientino di turno ma teniamo a dar conto dei fatti. Scalzo avrebbe dovuto essere qui per rispetto della città». Emmanuel Raffaele Attimi di paura in via Indipendenza nel pomeriggio di ieri. Un borsone lasciato nei pressi dell'ingresso dell'agenzia della Banca Carime aveva creato apprensione nei passanti. Si temeva potesse contenere esplosivo.Alcuni testimoni hanno chiamato il 113. La polizia ha verificato che si trattava di un falso allarme. La borsa era completamente vuota. Professionisti dello scasso in azione nei quartieri Oltre ai furti di auto, anche quelli in appartamento. Pare che ad agire siano proprio bande organizzate, probabilmente provenienti dall’Est, che stazionano in alcuni quartieri, studiano le mosse dei malcapitati, ed operano da veri e propri professionisti dello scasso. In campo tutte le forze per sconfiggere la criminalità. la decisione del gip il responso del giudice per le indagini preliminari Stalking, resta in carcere l’imprenditore Albano Contraffazione di registri Dietro le sbarre Rocco Lotito l’imprenditore gravava l’acIl giudice per le indagini cusa di violenza psicologica. preliminari Livio Sabatini ha Era già stato ammonito dalsciolto la riserva. Resta in la Questura con un provvecarcere l’imprenditore Girodimento datato 14 dicembre lamo Albano,52 anni ex pre2011, nel quale si intimava « sidente della Catanzaro calall’imprenditore di astenersi cio, arrestato con l’accusa di dal proseguire con comporstalking. L’uomo, assistito tamenti minacciosi o prevadal legale Saverio Loiero e ricatori nei confronti della Angela La Gamma, durante parente. Ma nulla l’avrebbe l’udienza di convalida aveva fatto desistere dallo stare fornito la propria versione lontano dalla congiunta, che dei fatti e si era difeso scardipiù volte avrebbe denuncianando tutte le accuse, proto lo stato di disagio nella clamandosi innocente e re- Girolamo Albano quale si trovava. L’uomo da spingendo con forza l’ipotesi della fragranza del reato. Secondo le tesi lunedì mattina si trovava nella camera di siaccusatorie, avrebbe fatto irruzione nel- curezza del polifunzionale della Questura di l’azienda di famiglia, aggredendo e minac- Cavita, a disposizione del sostituto procuraciando una congiunta, tanto da indurre gli tore Emanuela Costa. Poi l’udienza di conagenti in servizio nell’azienda di famiglia ad valida davanti al gip. Girolamo Albano, l’11 intervenire, bloccandolo. La donna era riusci- luglio 2011, era stato condannato a due anni ta a rifugiarsi all’interno dell’uffici o di un di- di reclusione per aver abusato di una sua dipendente. E non era la prima volta che sul- pendente. (ga. pa.) Il gip non ha convalidato l’arresto a carico di di Rocco Lotito, ex dipendente di un istituto di credito del capoluogo, accusato di aver redatto false sentenze per riabilitare i protesti bancari. Ma rimane in carcere. Davanti al gip, Rocco Lotito, assistito dal legale Piero Mancuso, aveva negato ogni responsabilità, assumendo un comportamento Rocco Lotito disponibile nei confronti del magistrato. Secondo le accuse avrebbe messo su una centrale del falso, alla quale si sarebbero rivolti ignari clienti che per ogni prestazione avrebbero pagato, tramite bonifico bancario, seicento euro di parcella. In casa di Lotito, gli agenti, avevano trovato una cinquantina di pratiche e timbri perfettamente riprodotti del cancelliere, dell’assistente amministrativo, del deposito atti e del rilascio della copia conforme del tribunale lamentino. Nel corso delle indagini era stata interrogata la titolare di una pratica, che avrebbe riferito agli inquirenti di non essere riuscita a pagato un assegno di 280 euro e che era finita in protesto. Si sarebbe lamentata della cosa con un parente che le avrebbe riferito di conoscere una persona che avrebbe potuto aiutarla. E questo uomo sarebbe proprio il sessantenne Rocco Lotito. Poi l’arresto dell’uomo e l’udienza di convalida davanti al gip Livio Sabatini che ha mandato in carcere l’uomo. (ga. pa.) 24 VENERDÌ 2 marzo 2012 calabria ora L A M E Z I A il giorno che non c’è «Perché dal Nord siete venuto qua a fare tutto ciò?» Gli studenti si rivolgono a Don Panizza E lui: «Da voi cose importantissime» «Ma con quale coraggio siete venuto dal nord a fare questa attività?» Marco, 10 anni circa, la domanda a don Giacomo Panizza la butta così, senza preamboli né diplomazia. La sua è stata la prima di una serie di domande rivolte ai conferenzieri durante la “scuola di legalità”, tenutasi, mercoledì scorso, nell’auditorium dell’istituto magistrale “Tommaso Campanella”. La scuola di legalità è stata la prima tappa di un’intera giornata dedicata al dissenso verso la ’ndrangheta. Un primo appuntamento dedicato ai ragazzi, a raccontare loro ma anche a farsi fare delle domande. Al tavolo dei conferenzieri c’erano don Giacomo Panizza, della comunità “Progetto Sud”, il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, e Costantino Fittante, presidente del Centro "Riforme - Democrazia - Diritti”. Gli studenti sono schietti e schiettamente dimostrano il proprio scetticismo nei confronti delle “scuole di legalità”, delle manifestazioni antimafia, delle parate di propaganda. Si chiedono come poter fare, concretamente, “bene comune”. «E anche – come dice Maria del liceo Galluppi di Catanzaro – sono stanchi di sentirsi scaricare addosso le responsabilità della lotta alle mafie, quando gli adulti le mafie le hanno consegnate a loro e al loro futuro». «Insieme si può fare tutto – dice don Giacomo – come spingere, ad esempio, che vengano fatte delle buone delibere. Io sono arriva- to dal nord per un senso di giustizia: mi è piaciuto di più cercare di cambiare qualcosa a Lamezia Terme, con la gente di Lamezia Terme piuttosto che fare in modo che fossero i disabili a doversi trasferire al nord. All’inizio non conoscevo nemmeno bene la parola mafia che per me era una cosa romanzata. Ma voi giovani dovete ritrovarvi e partecipare alla democrazia. Esiste, certo, la finta antimafia delle parole. Ma noi facciamo parole e fatti e ognuno deve avere il coraggio di fare la propria parte». Ma il senso forte del messaggio è un altro: «Voi giovani non siete solo studenti e se gente in carrozzina ha potuto fare cose importanti, voi potete fare cose impor- tra le gente «È importante esserci» ma non c’è tanta fiducia Il compito di voi giovani e quello di ritrovarvi e di parteciapare alla democrazia Ognuno deve avere il coraggio di fare la propria parte tantissime». Il sindaco ha concluso indicando ai ragazzi quegli adulti che si sono presi delle responsabilità e hanno cercato di fare qualcosa per il futuro di tutti: «Rocco Mangiardi che ha denunciato il pizzo è un adulto, don Giacomo che lotta ogni giorno è un adulto». Un altro adulto, alla fine, ha voluto portare il proprio messaggio: è il signor Nunnari, presidente di un’associazione di genitori di disabili psichici. Anche questa associazione, come la “Progetto Sud”, occupa un immobile confiscato alla ’ndrangheta. «Cambiare, vi assicuro – ha detto Nunnari – è possibile». ALESSIA TRUZZOLILLO [email protected] «La ’ndrangheta c’è e non possiamo fare finta che non esista. Anche se le manifestazioni io non credo che servano a granché, pure bisogna esserci per far vedere da quale parte si sta». Con queste parole la signora Maria Teresa, 46 anni, esprime il senso della sua partecipazione a “Il giorno che non c’è”. Mercoledì sera, alle 18, il corteo dei manifestanti è partito dalla scuola “Don Saverio Gatti” di via dei Bizantini, dirigendosi, con tappe, intervalli e una fiaccolata finale, verso la chiesa di San Giovanni. «Diciamo che questo benedetto giorno ancora non c’è – dice il signor Pasquale – però fino ad allora non si può fare finta di niente». Nel corteo che si snoda lungo le strade di Capizzaglie, uno dei quartieri con maggiori episodi di violenza criminale di Lamezia, ognuno ha le sue teorie e le sue ragioni per partecipare. «Guardi, a me la mafia mi ha ammazzato un nipote – racconta un uomo, abbassando gli occhi sulla fiaccola che porta in mano – io partecipo perché penso a lui, però nella giustizia non ci credo tanto». Il signore ha voce grave e tesa come chi trattiene la commozione, non ci vuol dire il suo nome e prosegue oltre, continuando a camminare e confondendosi infine nel corteo. Lungo le strade di Capizzaglie parliamo anche con la gente del posto. Qualcuno della zona si è unito al corteo. «Io non ci credo a ste cose – dice una donna che guarda la sfilata di gente dal bordo della strada – i problemi veri sono altri e non li risolvono. Non c’è lavoro, mio figlio è dovuto partire. Questi sono i problemi veri». «Noi partecipiamo perché non è che in questo quartiere sono tutti mafiosi o criminali» è la risposta di una famigliola con dei bimbi piccoli. Un dato molto frequente nelle risposte della gente del quartiere, soprattutto di coloro ha non hanno voluto partecipare, è stato il tema del lavoro che manca. L’argomento è stato più volte adoperato come causa del diniego alla manifestazione e alla domanda sulla presenza della ’ndrangheta nel territorio. Un modo per dirottare gli argomenti o una reale richiesta di aiuto? al.tr. dopo l’attentato dopo l’evento Pdl e Idv vicino Don Giacomo: «Risposta altrettanto risoluta» Raggiante il sindaco Speranza: «Questa città fa ben sperare» «Si è voluto colpire, in tutta evidenza, dando un segnale di forza, quel movimento vitale, sorto spontaneamente e che coinvolge ormai la grande maggioranza dei cittadini che vuole far sentire la propria voce a sostegno dello Stato, delle istituzioni nella lotta a quella criminalità che per troppo tempo ha paralizzato e penalizzato la nostra città». Il capogruppo del Pdl Raffaele Mazzei commenta così il grave atto intimidatorio ai danni della struttura “Dopo di Noi” gestita da Don Giacomo Panizza. «L’auspicio - aggiunge - è che la risposta delle istituzioni, delle forze di polizia, della frangia della popolazione lametina che non vuole rassegnarsi e piegarsi a quello che rischia di diventare un vero e proprio giogo, sia altrettanto decisa e risoluta, dimostrando che il processo di ribellione e affrancamento è ormai così avanzato da non consentire e tollerare alcun arresto o intimidazione». «La ’ndrangheta ha deciso di colpire un simbolo - ha commentato, invece, Mario Dany De Luca responsabile nazionale Idv, dipartimento Politiche per il Superamento dell''Handicap - il simbolo di una sconfitta incassata nel loro fortino dove tutto controllano e tutto è sotto controllo. E dove ciò che sfugge va distrutto. Ma la cittadinanza non vuole più vivere in questo modo. Quando si vive in un territorio come la Calabria e si lavora incessantemente per far crescere un’idea dello spessore di “Progetto Sud”, a volte non si ha la consapevolezza che quel lavoro crea radici profonde, quella discontinuità testimonia la voglia di cambiamento di una popolazione». t.b. «“Il giorno che non c'è” è un giorno che non sarà dimenticato, iniziato al mattino con uno straordinario incontro con gli studenti degli istituti superiori della città, proseguito con i ragazzi della scuola media “Saverio Gatti” e concluso con il cammino che ha attraversato Capizzaglie, testimoniando la voglia di stare insieme e insieme costruire una società senza mafie»: così il sindaco Gianni Speranza. «Per liberarsi dalle mafie - ha detto il primo cittadino - bisogna innanzitutto liberarsi dalle paure ed è stato bello vedere nei volti dei cittadini che hanno camminato fianco a fianco ai magistrati del Tribunale della città, ai parroci, ai rappre- sentanti delle associazioni, al prefetto, al vescovo, al procuratore, ai vertici della magistratura calabrese e delle forze di polizia, ai dirigenti sindacali ed amministratori, l'orgoglio di essere una comunità che vuole essere e vivere libera e felice». «So bene - ha proseguito - che non basta certo una manifestazione o un'iniziativa sola a sconfiggere la 'ndrangheta e la cultura mafiosa che la sorregge e che quindi avremo davanti altre sfide e altri problemi. Ma la manifestazione di mercoledì è testimonianza di una città che da tempo è in cammino e che, pur tra mille difficoltà, ha reagito e ha alzato la testa. Tutt'altro che l'antimafia della “parate” occasionali, ma quella quotidiana fatta di tanti impegni e tanti momenti». «È questa Lamezia - ha concluso Speranza - che voglio pubblicamente ringraziare e che ho l'onore di rappresentare. È questa Lamezia che nonostante difficoltà e fatiche ci fa sperare in un futuro migliore».