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Pronti a mollare Trenitalia

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Pronti a mollare Trenitalia
In abbinata obbligatoria con Italia Oggi.
Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs)
Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003
Dalla
e la Calabria
Un concerto
in ogni porto
Addio
Lucio
C’hai
voluto
bene assai
CATANESE, PANETTIERI e VITALIANO
alle pagine 4, 5, 6, 7 e 54
Venerdì 2 marzo 2012
www.ilquotidianodellacalabria.it
L’eclettico
folletto
che amava
la libertà
di ROSITA GANGI
di GIANLUCA VELTRI
NON ci sarà una nuova lettera da scrivere per il nuovo anno. Lucio Dalla ha concluso il
suo primo tempo a due giorni da quel 4 marzo, a lui tanto
caro, che segnava il suo capodanno. "La morte è solo l'inizio del secondo tempo" aveva più volte dichiarato, forse
HA scolpito la sua data di
nascita nella memoria collettiva: 4/3/43, e chi se la
scorda più. Lucio Dalla se
ne va in una delle patrie europee del jazz, Montreux.
Lui che poteva dire d’esser
stato sullo stesso palco con
Mingus, Bud Powell e Eric
continua a pagina 6
continua a pagina 5
Lucio Dalla in una foto scattata a Roma nel 2007
Presa di posizione del consigliere regionale che ha la delega al settore dei trasporti
«Pronti a mollare Trenitalia»
Orsomarso prospetta la rescissione del contratto per i tagli e i disservizi
A FRONTE dei tagli di treni
e dei continui disservizi, la
Regione è pronta anche a rescindere il contratto con
Trenitalia: lo ha prospettato
il consigliere regionale del
Pdl Fausto Orsomarso, che
ha la delega del presidente
della Regione a seguire il
settore dei trasporti.
Rosarno. Condannato dal gup
Cinque anni a Pesce
per le minacce
al sindaco Tripodi
GIOVANNI VERDUCI
a pagina 12
GIUSEPPE BALDESSARRO a pagina 14
Apre uno sportello
Cosco è imputato nel processo a Milano
L’ex convivente di Lea
«Non ci stava con la testa»
In Calabria
più di 20mila
hanno
dipendenza
dal gioco
Cosenza, progetto
della Provincia
Una foto che simboleggia lo spirito dell’iniziativa: lavoro e sviluppo contro la ’ndrangheta
A. ILLIANO a pagina 59
EMANUELA ALVARO a pagina 16
a pagina 15
Caulonia. Giornata organizzata dal Consorzio Goel
«Sviluppo contro i clan»
La
maledizione
del precario
da pagina 47 a 57
Tre foto
e una mimosa
Si organizzano
iniziative
in tutta la regione
Interventi e adesioni di
ANTONIO ANASTASI
e MARIA FRANCESCA
CORIGLIANO
a pagina 9
Lamezia
sa liberarsi
delle paure
di GIANNI SPERANZA
DUE giorni fa, Lamezia
Terme, ancora una volta
è stata protagonista di un
piccolo grande miracolo.
continua a pagina 19
Operazione della Guardia di Finanza per un giro di estorsioni, usura e riciclaggio. Sigilli a beni per 5 milioni
Sombrero
Senso etico
BUFFON ha parato dentro la porta e ha dichiarato che, se anche se ne fosse accorto, avrebbe fatto
finta di niente per non
danneggiare la sua squadra. Da qui è partita l'indignazione nazionale,
vogliono
degradarlo.
Perché il calcio è diventato il regno del moralismo
e dell'ipocrisia: le dichiarazioni di allenatori e calciatori sono un campionario di luoghi comuni a
cui non crede nessuno,
infatti sono noiosissime e
si ama Mourinho solo
perché non si adegua.
L'assurdo è che si pretende allo stadio un'eleganza e una disciplina che
non esiste negli uffici
pubblici e in Parlamento.
Blitz contro i Facchineri a Milano: 23 arrestati
LA Guardia di Finanza ha
arrestato 23 persone a Milano che sarebbero legate ai
Facchineri di Cittanova. Sequestrati beni per 5 milioni.
MICHELE ALBANESE
a pagina 14
20302
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 18 - N. 61 - € 1,20
La proposta lanciata dal Quotidiano per l’8 marzo
Tre Ancora iniziative e condivisione
foto
e una
mimosa
CI si avvicina all’8 marzo e non cessano
di pervenire in redazioni adesioni alla
proposta lanciata in un editoriale del direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza,
di dedicare la speciale ricorrenza a tre
donne che hanno avuto la forza e il coraggio di dire basta alla ’ndrangheta,
soprattutto per amore dei figli: Maria
Grazia Cacciola, indotta al suicidio, Lea
Garofalo, uccisa e sciolta nell’acido, e
Giuseppina Pesce, che collabora con la
giustizia denunciando gli stessi familiari. Tre donne una scelta comune, dettata dalla voglia di immaginare un orizzonte diverso per i propri figli. Gli interventi pubblicati fino ad oggi sono online
sul sito del Quotidiano, all’indirizzo
www.ilquotidianodellacalabria.it
Lea Garofalo
Il Comune di Cutro
organizza un convegno
di ANTONIO ANASTASI
TRE foto e una mimosa. Cutro c'è. Il Comune ha invitato i cittadini a partecipare, il
prossimo 8 marzo, a un convegno per ricordare l'esempio di Lea Garofalo, Giuseppina Pesce e Maria Grazia
Cacciola, tre donne che hanno rotto con la cultura di 'ndrangheta pagando con la
vita. E' stata accolta in toto
la proposta lanciata dal direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza. Alle 10,30, nella sala Falcone e Borsellino,
in occasione della festa della
donna, si ritroveranno Salvatore Migale, sindaco di
Cutro, Adele Bottaro, assessore provinciale di Crotone
alle Pari opportunità, Teresa Cortese, vicesindaco di
Crotone, Nella Scalise, presidente del Lions club del
Marchesato, Carmen Messinetti della Cgil, la consigliera comunale Maria Grazia
Lorenzano, delegata alle
Pari opportunità, la giunta
e il consiglio comunale. A
conclusione del dibattito, i
promotori del Cineforum
2012 proietteranno un documentario sulle donne coraggio.
Da Cutro, in particolare,
proviene il collaboratore di
giustizia Salvatore Angelo
Cortese, testimone chiave
nel processo per l'omicidio
di Lea Garofalo, della vicina
Pagliarelle, frazione di Petilia Policastro. A lui l'ex convivente della donna, Carlo
Cosco, che ieri davanti alla
di MARIA FRANCESCA CORIGLIANO*
Corte d'Assise di Milano lo
ha definito bugiardo, avrebbe commissionato il progetto di morte durante un periodo di codetenzione, nel
2002, ma i boss, stando all'impianto accusatorio, decisero di soprassedere. La
trappola scattò nel novembre 2009, quando a Milano
Lea scomparve nel nulla.
Un contributo di giustizia è
già venuto, dunque, da Cutro, che adesso si accinge a
fornire un omaggio alla
scelta coraggiosa della Garofalo e delle altre due testimoni di giustizia calabresi.
Il pensiero sarà rivolto soprattutto al sacrificio di una
vita, quella di Lea, che non è
stata facile, a Pagliarelle di
Petilia Policastro. La vita
non doveva essere facile per
una che aveva otto mesi appena quando le uccisero il
padre. Al Capodanno del '75
risale il delitto che diede il
via alla faida Garofalo Mirabelli nell'ambito della quale,
nel giugno 2005, fu ucciso
anche il fratello di Lea, Floriano. Non doveva essere facile la vita per una che si tatuò una “A” su una mano
per ricordarsi del padre,
Antonio. Quella vita non facile si è spenta in un magazzino alla periferia di Milano.
Vite non facili anche quelle
delle altre testimoni di giustizia calabresi. La festa delle donne che rompono il silenzio.
Iniziative analoghe sono
in fase di programmazione
nel Crotonese.
denti, di una lettera da indirizzare proprio a Giusy Pesce, la collaboratrice di giustizia di Rosarno che dal
2010, sognando un futuro
diverso per i propri figli, ha
scelto di schierarsi dalla
parte della giustizia.
«Alle “ribelli” di 'ndrangheta la Calabria ha finora
risposto con una drammatica assenza di sponde - dichiara Francesca Chirico
di Stopndrangheta - Per
questo abbiamo salutato
positivamente
l'appello
lanciato dal direttore del
Quotidiano della Calabria,
Matteo Cosenza, per un 8
marzo dedicato alle donne
che hanno sfidato la 'ndrangheta e abbiamo accolto con entusiasmo l'invito del Liceo artistico “Mattia Preti” di Reggio Calabria a costruire un momento di informazione, memoria e riflessione indirizzato
agli studenti. Riteniamo
che solo attraverso una capillare opera di sensibilizzazione, infatti, si potrà
creare l'humus adatto per
far propagare e rendere dirompente la scelta di ribellione delle donne».
Maria Concetta Cacciola
Un dovere sociale
ricordare il sacrificio
ADERISCO con convinzione all'iniziativa del direttore Matteo Cosenza
perché sono convinta della necessità di superare le liturgìe celebrative
che si consumano più o meno stancamente in occasione dell'8 marzo,
per aprire uno squarcio sul dramma
delle pari opportunità negate.
Non mi riferisco in particolare alle pari opportunità di genere.
Certo, la realtà femminile è complessa perché tale è il ruolo delle
donne nella società attuale, che elargisce poche tutele ed impone enormi
sacrifici.
Tra i problemi irrisolti penso alla
disparità di trattamento nel mondo
del lavoro; alla difficoltà di conciliare le aspirazioni personali con il dovere di cura in assenza di politiche
per la famiglia; alla violenza del maschio agìta fino alle estreme conseguenze per pura brutalità o consumata nel segno della sconfitta amorosa.
Ma ci sono altre opportunità in cui
la mancata parità non marca la differenza tra uomo e donna, ma tra
persona e persona, del tutto indiffe-
rente al sesso.
Sono le opportunità legate alla nascita e quindi affidate al caso, al destino, alla fortuna propizia o avversa. Opportunità che si cristallizzano
in percorsi di vita predestinati; percorsi di disperata povertà o di sfacciata opulenza, di serena armonìa o
di lacerante dissonanza tra l'essere,
il dover essere e il voler essere.
Percorsi subìti nella dissolvenza
lenta del Sé e percorsi rifiutati fino
all'annientamento repentino e definitivo.
Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo hanno
avuto il coraggio di assecondare se
stesse scegliendo di interrompere
un percorso di appartenenza sbagliata, insopportabile. Lo hanno fatto con il mezzo più ardìto, provocatorio e pericoloso nel mondo mafioso: la testimonianza. Due di loro
hanno pagato con il prezzo più alto:
la vita. Il ricordo del loro sacrificio è
un dovere sociale, il coraggio della
loro scelta un insegnamento morale.
*assessore alla Cultura
e Pari opportunità
della Provincia di Cosenza
Tribunale di Lamezia Terme
Esecuzione n. 6/07 Reg. Esec.
G.E. Dott.ssa Adele Foresta
Professionista Delegato alla vendita
e Custode Giudiziario
Dott. Fabio Massimiliano Canzoniere.
Lotto unico: in Cortale (CZ), loc. Sambuco, Valle
Foca, immobile costituito da fondo rustico con entrostanti fabbricati rurali e capannone della sup. catastale, compresi i fabbricati, di ha 51.64.50, così composto: 1) fabbricato costituito da: 1A - p. primo da destinare a minialloggi per agriturismo; 1B - p. terra adibito a magazzino/garage; 2) casa colonica costituita
da p. seminterrato adibito a magazzino e p. terra; 3)
capannone con annesse n. 4 celle frigorifere; 4) ha 44
ca di meleto specializzato irriguo (irrigazione a goccia); 5) ha 1 ca di ciliegeto da frutto sparso in più filari in tutta l’azienda; 6) ha 1 di bosco: legname da
opera e da ardere; 7) tare produttive e improduttive
per corti, aie, terrazzamenti, viabilità interna, scoline.
I beni sono analiticamente descritti nella perizia in
atti che dovrà essere consultata dagli interessati ed
alla quale di fa espresso rinvio anche per tutto ciò
che concerne l’esistenza di eventuali pesi e oneri a
qualsiasi titolo gravanti sui beni.
A Reggio al Liceo artistico
per un momento
di memoria e riflessione
UNA giornata dedicata al
coraggio delle donne che
hanno sfidato la 'ndrangheta e alla memoria delle
vittime di questa sfida. E'
l'8 marzo che il Liceo artistico “Mattia Preti” di Reggio Calabria e Stopndrangheta.it si preparano a celebrare insieme giovedì
prossimo, in un'assemblea
con tutti gli studenti dello
storico istituto diretto da
Santo Caserta. Maturata
sull'onda delle drammatiche vicende di alcune testimoni di giustizia calabresi,
e con l'obiettivo di valorizzare la loro coraggiosa
scelta di ribellione, l'iniziativa unirà al racconto di alcune storie “paradigmatiche” la riflessione sul ruolo
della donna all'interno delle cosche calabresi. Gli studenti del “Preti” ascolteranno le storie di Maria
Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce,
ricostruite attraverso i documenti dell'archivio multimediale Stopndrangheta.it ed il supporto dei suoi
redattori. In programma
anche la stesura, da parte
dell'assemblea degli stu-
Giuseppina Pesce
Tribunale di Catanzaro
Proc. n. 2444/10 R.G.A.C.
G.I. Dott.ssa Song Damiani
Lotto unico: in Cropani (CZ), fraz. Marina, viale
Venezia n. 33, residence “Bouganvillage”, piena proprietà appartamento a schiera disposto su due livelli,
meglio descritto nella relazione tecnica in atti.
Prezzo base: Euro 79.282,50 con offerte minime in
aumento in caso di gara Euro 5.000,00.
Vendita senza incanto 18.04.2012 ore 10.00 presso il
Tribunale di Catanzaro.
Termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del
17.04.2012 presso la Cancelleria Esecuzioni
Immobiliari del Tribunale di Catanzaro.
Spese di trasferimento a carico dell’aggiudicatario.
Maggiori informazioni
www.asteannunci.it.
in
Cancelleria,
sul
sito
Vendita senza incanto 11.04.2012 ore 10.00 avanti
al professionista delegato, nel suo studio sito in
Lamezia Terme, via Dei Mille n. 150.
Prezzo base (ulteriormente ridotto giusta autorizzazione G.E. del 18/1/2012) Euro 732.180,00.
Rilanci minimi in caso di gara Euro 36.610,00.
Presentare offerte presso lo studio del professionista
delegato, entro le ore 12,00 del giorno precedente la
vendita (10/04/2012).
Eventuale vendita con incanto il 18.04.2012 alle ore
10.00, stesso luogo, medesimo prezzo base, con
rilanci minimi di Euro 36.610,00.
Maggiori informazioni presso il Professionista
delegato e Custode Giudiziario Dott. Fabio
Massimiliano Canzoniere (tel. 0968/21885 - [email protected]) nei giorni di lunedì, martedì e giovedì dalle ore 10.00 alle ore 12.00, sul sito internet
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Speciale
Venerdì 2 marzo 2012
24 ore
Venerdì 2 marzo 2012
Operazione della Guardia di Finanza che sequestra anche beni per cinque milioni di euro
Scacco ai Facchineri di Cittanova
In manette 23 persone a Milano per estorsione, usura e riciclaggio
LE INTERCETTAZIONI
di MICHELE ALBANESE
MILANO - La Guardia di Finanza di Milano ha eseguito
ieri mattina 23 ordinanze di
custodia cautelare, 22 delle
quali in carcere ed una agli arresti domiciliari. Le persone
sono indagate, a vario titolo,
per i reati di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, usura, estorsione,
truffa, corruzione, sostituzione di persona, trasferimento fraudolento di valori,
associazione a delinquere,
furto aggravato, ricettazione,evasione conl’aggravante
del metodo mafioso.
In particolare, le indagini
hanno accertato evidenziato
che alcuni dei soggetti indagati, oltre ad esercitare una sistematica e continuativa attività di usura ed estorsione,
avrebbero riciclato ingenti
quantità di denaro contante
provento di altre attività criminali legate al traffico di sostanzestupefacenti edalcommercio di armi. Parallelamente, una seconda organizzazione criminale si sarebbe
dedicata alla commissione di
numerosi furti nelle ore notturne in danno dicamion e capannoni industriali, rivendendo i beni rubati presso
mercatini domenicali nella
periferia nordoccidentale milanese. Nell’ambito della stessa operazione sono stati contestualmente sottoposti a sequestro 9 immobili in provincia di Monza, Modena e Bologna, 7 automezzi, 3 società in
provincia di Monza e Modena,
35 conti correnti, 3 polizze assicurative e 3 cassette di sicurezza, per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro
L'operazione, soprannominata 'Black hawks' e scattata
alle prime ore dell'alba, ha
permesso di decapitare i vertici del clan della 'ndrangheta
calabrese dei Facchineri rappresentata da Giuseppe e Vincenzo Facchineri rispettivamentedi 37e44 anni,particolarmente attivo in Lombardia. Tra gli arrestati che ha
fatto luce su un sistema di
estorsioni, prestiti a strozzo e
truffe perpetrati dal clan Facchineri in Lombardia, figurano anche un finto capitano
della guardia di finanza che
prometteva agevolazioni nelle verifiche fiscali e un carabiniere (ma, in questo caso, vero) del comando di Monza che
gli faceva da "garante". Tra le
otto persone finite in carcere
(una ai domiciliari, gli altri 14
destinatari dell'ordinanza
erano già detenuti) c'è il vicebrigadiere dell'Arma Salvatore Russo di 48 anni originario
«Gli ho detto chiaro che l’ammazzo»
MILANO - Giuseppe e Vincenzo Facchineri,
il primo di 37 anni e il secondo di 44, utilizzavano la loro «fama criminale» in quanto
appartenenti alla ’ndrangheta per riscuotere, con i classici metodi mafiosi, crediti contratti con diversi imprenditori.
I soldi erano dati in prestito a interessi da
usura, del 20% al mese. Le indagini erano
partite alle fine del 2007 su un traffico di
droga, ma si sono poi estese alle attività illecite della cosca, originaria di Cittanova finalizzate areinvestire iproventi dellospaccio.
Circa 600 mila euro hanno quantificato le
Guardie Gialle che i Facchineri avevano affidato a Orlando Purita 50 anni originario
di San Costantino Calabro, Stefano Scatolini 45 anni di Legnano e Gianluca Giovanni
46 anni di Bologna. I tre avevano riciclato e
reinvestito la somma in attività di usura utilizzando anche alcune banche di San Marino. Nonostantele pochissimeinformazioni
ricavate dalla intercettazionitelefoniche, le
Fiamme Gialle sono infatti riuscite a risali-
re, in particolare a Purita e a Giovannini
uno attivo nel Milanese e l'altro nel Bolognese. «Prendo una denuncia per estorsione io
perché vado e lo massacro…» minaccia Vincenzo Facchineri in un’intercettazione del
10 settembre 2008. «Io stasera vado alla casa e scasso a tutti e due, prima spacco il figlio
e poi spaccoil padre e poivediamo come esce
la macchina dopo due minuti». L’obiettivo è
un cliente che tarda a restituire l’auto presa
a noleggio dalla Cargo rent spa di Milano,
che secondo il Gico era controllata dai due
cugini. In un’altra intercettazione, del 26
luglio 2008, è il presunto riciclatore Purita
a raccontare come ha convinto un altro debitore dei Facchineri che aveva chiesto una dilazione: «Comunque gli ho messo paura, gli
ho detto che sono latitante, che già ce n’ho
uno sulle spalle (di omicidio, ndr), gli ho detto: mettermene un altro, mettermi anche
voi sulle spalle non me ne frega un cazzo. Gli
ho detto chiaro che l’ammazzo».
mi. al.
Le perquisizioni dei finanzieri in Lombardia
di cessaniti in provincia di Vibo Valentia. Il funzionamento
del sistema era garantito da
due uomini chiave dell'organizzazione, Gianluca Giovannini e Orlando Purita. I due
avrebbero curato affari illeciti (soprattutto nel campo dei
prestiti usurari) per conto del
clan Facchineri. Giovannini,
nella sua qualità di broker del
settore nautico, individuava
gli imprenditori vittime e si
procurava informazioni sulle
società. L'altro mediatore,
Purita, si presentava a questi
millantando di essere il capitano Morabito della Guardia
di Finanza di Roma. «In almeno un'occasione - si legge nell'ordinanza - tale falsa attribuzione è stata confermata grazie al contributo del suo amico
Salvatore Russo alias "Paolo",
col grado di vicebrigadiere e
attualmente in servizio presso il Nor di Monza». In cambio
dei «servizi» prestati, Russo
avrebbe percepito la somma di
15mila euro da parte dei "mediatori" del clan Facchineri.
Tra i soggetti da truffare
anche l'imprenditore Lolli
Giulio", rappresentante legale della società Rimini Yacht
Spa, "esercente il commercio
all'ingrosso di imbarcazioni
da diporto" e ora latitante in
Libia dopo la bancarotta della
sua azienda, mettendolo in
contatto con il suo socio, Orlando Purita, anch'egli arrestato. Era Purita ad attribuirsi "le false generalità e il falso
stato di capitano Silvio Morabito, appartenente alla guardia di finanza di Roma, mediante artifici e raggiri consi-
stiti nel prospettare a Lolli
Giulio che erano prossimi a
scattare controlli, verifiche fiscali e attività di indagine nei
confronti della società e delle
imprese amministrate dallo
stesso Lolli". Tra gli arrestati
anche Carmine Cambareri di
50 anni originario di Bagnara Calabra e Salvatore Mujà di
42 anni nato a Milano ma da
genitori calabresi.
Rosarno. Rocco Pesce condannato in abbreviato per la lettera inviata a Elisabetta Tripodi
Cinque anni per le minacce al sindaco
Scrisse contro la costituzione come parte civile del Comune nei processi contro il clan
di GIUSEPPE BALDESSARRO
ALTRI cinque anni di carecere per Rocco
Pesce, "U pirata". Gli sono stati inflitti ieri
mattina dal Gup Adriana Trapani, che
ha accolto la rihiesta del pm Rosario Ferracane. La richiesta di condanna era inquadra nel processo con rito abbreviato
che vedeva Pesce alla sbarra per minaccia nei confronti di un corpo politico e
amministrativo. Il boss di Rosarno, infatti, nell’agosto 2011, indirizzò una lettera con minacce, più o meno velate, al
sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi,
colpevole, a dire del mafioso, di aver caldeggiato la costituzione come parte civile dell’Amministrazione comunale nel
procedimento “All Inside”, uno dei tanti
con cui la Dda di Reggio Calabria ha colpito, negli ultimi anni, il clan. SCriveva
Pesce: «Sono con la presente per esprimere tutto il mio rammarico e disappunto in
relazione alfatto cheil Comunedi Rosarno si sia costituito parte civile nel proce-
dimento a carico mio e della mia famiglia,
dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle
Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato». A stretto giro di boa all’uomo fu notificata l’ordinanza di custodia
cautelare per le intimidazioni firmate che per il Gip Domenico Santoro erano: “Una
summa di minacce”. La condanna a Pesce va ad aggiungersi all’ergastolo già preso
dalla Corte d’Assise di Palmi
per gli omicidi di Consolato
Cappone e Vincenzo Lemma.
Ieri il Gup Trapani ha ritenuto che le allusioni che Pesce fece sui
presunti rapporti che la cosca avrebbe intrattenuto con la famiglia Tripodi in tempi passati, fossero tipicamente mafiose:
«Io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi
più stretti familiari, in occasione dei con-
sueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a
memoria ricordo piacevoli e cordiali
scambi costruttividi opinioni, dovesi argomentava questioni interessanti della
nostra città. mi viene in mente un detto
senza alcuna allusione, che ogni persona
ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze».
Da segnalareinfine ilfatto
che al processo non si è costitiota, come molti si aspettavano, la vittima dlle minacce.
Circostanza che sul piano istituzionale
sarebbe dovuta avvenire. E' possibile che
la Tripodi, che come Comune si è costituita in tutti i processi, questa volta non abbia deciso di farlo proprio a sottolineare
che non si tratta di una questione personale tra i due.
Il gup accoglie
la richiesta
della Procura
Rocco Pesce
La Dia di Torino confisca beni per 10 milioni di euro agli uomini delle cosche della Locride
Le ’ndrine volevano mettere le mani sulla Tav
Allo Stato finisce anche la villa del “capo”
della Lombardia, Cosimo Barranca
di PASQUALE VIOLI
Il blitz a Torino
degli uomini
della Dia
SIDERNO - La Direzione Investigativa
Antimafia di Torino
ha confiscato beni
per 10 milioni intestati a delle società riconducibili a Ilario
D'Agostino e Francesco Cardillo. I due, ritenuti uomini dei clan della 'ndrangheta della Locride, secondo la Dia, riciclavano i proventi del narcotraffico in investimenti immobiliari e nella gestione
di importanti appalti pubblici. Secondo
le ricostruzioni della Dia, il gruppo è
riuscito a riciclare milioni di euro anche
in importanti commesse pubbliche in-
serite tra le opere realizzate per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, la Tav e il
porto di Imperia. Un affare milionario
gestito dai due originari di Caulonia e
referenti dei narcotrafficanti. Tra i beni
confiscati ci sono ville, abitazioni,
aziende agricole e terreni edificabili
sparsi tra il Piemonte, la Lombardia e la
Calabria. Tra le persone che sono finite
sotto la lente degli investigatori c'è anche Cosimo Barranca, ritenuto dall'antimafia a capo della "locale" della ’ndrangheta a Milano. A Barranca è stata confiscata una villa a Legnano. Il provvedimento della Dia torinese fa riferimento
all'operazione “Pioneer”, che il 20 ottobre del 2009 ha permesso di scoperchiare una delle più importanti organizzazioni dedite al traffico di sostanze stupe-
facenti, ed al conseguente riciclaggio
del denaro tramite società impegnate
anche in appalti pubblici. Già nel 2009
la Dda torinese aveva eseguito il sequestro preventivo di una società, attiva nel
settore dell’edilizia, che risultava di fatto essere la “cassaforte immobiliare”
della 'ndrangheta in Piemonte, nonché
lo strumento principale per investire i
proventi del narcotraffico gestito da
Antonio Spagnolo, il super boss di Ciminà. E a fare gola agli uomini dei clan, secondo l'inchiesta "Pioneer" c'erano anche le grandi opere in cantiere come
quelle relative all'alta velocità. Il modo
per inserirsi nei lavori pubblici da parte
delle società di Ilario D'Agostino e Francesco Cardillo era quello più utilizzato
dalla 'ndrangheta al Nord, i subap-palti, i noli e il movimento terra. Un business che porta acqua al mulino dei clan e
consente di immettere sul mercato in
modo più o meno pulito milioni e milioni di euro intascati dal traffico di droga.
E proprio nel traffico di stupefacenti,
secondo la Dia, Antonio Spagnolo è uno
dei principali esponenti della 'ndrangheta, da un trentennio radicata in Piemonte. E il fatto che l'edilizia sia la principale attività con cui i boss cerchino di
ripulire gli euro dei traffici illeciti lo
confermano le parole del pentito di Platì
Rocco Marando. «L'edilizia - ha raccontato il collaboratore di giustizia agli inquirenti - è stata ed è tutt'ora territorio
di conquista per la criminalità organizzata. Quando c'é un appalto di opere edilizie da realizzare nel territorio della
"Società dei clan", debbono mangiare le
ditte gestite da esponenti delle ndrine.
Se vince l'appalto una ditta estranea, la
si convince ad andare a lavorare altrove, prima con le buone, poi con le cattive:
si può arrivare anche a uccidere. Quando la ditta di una Società vuole lavorare
in un altro territorio, deve chiedere l'autorizzazione alla Società del posto e dare
in corrispettivo qualcosa».
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14 Calabria
Lamezia. La Finanza ha scoperto che negli ultimi tre mesi si è impossessato di 6.492,17 euro
I soldi del ticket nelle sue tasche
Fermato Rolando Barletta, impiegato dell’Asp e vicesindaco di Nocera Terinese
LA NOMINA
di PASQUALINO RETTURA
LAMEZIA TERME - Impiegato Asp e vicesindaco di Nocera Terinese in stato di fermo perchè intascava i soldi del ticket. Lo ha infatti
scopertolaguardiadi finanzadopocheapparivano troppo pochi gli utenti al poliambulatorio di Nocera Terinese. L’Asp stava così per
chiudere un servizio che non rendeva, anche
nell’ambito del Piano di rientro. Perchè tenere aperta una struttura per due o tre anziani
al giorno? E invece non era così. Al poliambulatorio di Nocera Terinese c’era la fila. Tutti i
giorni. E allora perchè risultavano solo pochi
incassi dai ticket? Dalle 300 alle 400 euro
mensili. In realtà il nucleo di polizia tributaria della finanza di Catanzaro ha scoperto che
invece gli incassi mensili per i ticket avrebbero dovuto aggirarsi sulle 3.000/3.600 euro.
Nelle casse dell’azienda sanitaria infatti ci finivano solo le briciole, la somma più rilevante
la intascava l’unico impiegato dello sportello:
Rolando Barletta, 58 anni, impiegato amministrativo dell’Asp ma anche consigliere comunale e vicesindaco con varie deleghe, eletto in una giunta espressione del centrodestra, ma ora revocato dal sindaco Ferlaino,
fermato su ordine del procuratore di Lamezia, Vitello e
del pm Galletta. Nel mese di
dicembre 2011 Barletta, accusato di peculato continuato
e falso ideologico in atto pubblico, si sarebbe intascato
2.323, 10 euro; a gennaio
scorso 3.296, 63 euro ed a febbraio«soltanto» 872,44euro.
Ma i finanzieri (che hanno avviato l’indagine senza nessuna denuncia ma dopo essersi
insospettiti per il gran numero di persone che si servivano
del poliambulatorio) hanno
avuto più di un sospetto sul
periodo dell’ammanco di
somme che forse andava
avanti da svariati anni.
Nel corso della conferenza
stampa tenuta dal procuratore della Repubblica di Lamezia, Vitello e dal colonnello
della finanza, Bianco, è stato
spiegato che l’indagine, coorRolando Barletta
dinata dal pm Domenico Galletta, si è concretizzata in pochi giorni. La
svolta dopo una perquisizione nell’ufficio di
Barletta quando i finanzieri hanno accertato
l’ammanco (e una somma nel portafoglio di
Barletta) e il sistema utilizzato da Barletta
che, dopo la perquisizione, si era messo in ferie. Ma da ieri mattina sitrova in una cella del
carcere di Lamezia. Lui che le ferie non li
prendeva quasi mai. Tante le ricevute distrutte dall’indagato per non far comparire i
pagamenti e trovati dalle fiamme gialle anche nel cestino dei rifiuti dello sportello.
I sequestri, «hanno consentito di acclarare
con assoluta certezza - si legge nel provvedimento - che l’Asp di Catanzaro ha incassato a
titolo di ticket determinate somme (e ciò in relazione al conteggio aritmetico ed incontrovertibile, reso possibile dalla consultazione
delle ricevute manuali dei pagamenti agli atti
del Poliambulatorio) e sono risultate mancanti (nell’esiguo periodo per ora preso in esame e non anche con riferimento all’incasso,
realizzato con l’impiego del sistema informatizzato direttamente gestito dall’indagato) da
esse quelle quantificate nelle imputazioni».
A Lamezia arriva
il pm Melidona
CATANZARO - La Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha un nuovo sostituto procuratore. Si tratta di Santo
Melidonia, che dopo un anno a Messina
come pm è stato alcuni anni a Reggio Calabria dove ha svolto le mansioni di gipgup occupandosi di inchieste sulla criminalità organizzata. Come gup, tra
l’altro, ha rinviato a giudizio Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, poi condannati all’ergastolo, anche in appello, per
l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco
Fortugno. A presentarlo alla stampa è
stato il procuratore della Repubblica
Salvatore Vitello che gli ha affidato il settore dei reati finanziari.
«Quello assegnatomidal procuratore
– ha detto Melidona – è un settore molto
affascinante ed impegnativo e spero di
poter in parte soddisfare anche il bisogno di giustizia che questa terra reclama. Qua bisogna partire da istanze e rimodulare anche tutto il modo di essere
cittadini calabresi. Io abito a Reggio Calabria e quindi non è che io venga da chissà quale altra realtà che possa anche essere indicata come modello, è una realtà
di estremo degrado e di illegalità soprattutto. Il lavoro da fare è tanto. Mi è stato
riferito che in questo distretto c'è un corpo della guardia di finanza particolarmente attrezzato e speriamo di lavorare
bene con la collaborazione di tutti».
Una somma
trovata
nel
portafoglio
Da sinistra: il pm Galletta, il procuratore Vitello e il colonnello della Finanza Bianco
Petilia Policastro. Parla il presunto mandante del delitto
L’ex convivente di Lea in aula
«Mentiva, non ci stava con la testa»
di ANTONIO ANASTASI
PETILIA POLICASTRO - L'ex convivente di Lea Garofalo, Carlo Cosco, davanti alla corte d'Assise di Milano, tende a screditare la testimone di giustizia
uccisa e probabilmente sciolta nell'acido: «Lei ha mentito, sapeva che ero
estraneo alla criminalità organizzata». L'uomo, imputato chiave nel processo per l'omicidio della donna con
l'accusa di mandante, sostiene di non
averla uccisa, contrariamente a quanto sostiene, invece, l'accusa, secondo
cui Cosco sarebbe responsabile dello
scioglimento in 50 chili di acido della
compagna da cui aveva avuto una figlia, Denise, costituitasi parte civile
nel processo contro il padre. «Se la volevo uccidere, la uccidevo in Calabria»,
ha detto Cosco. Perché «Lei aveva mentito da collaboratrice di giustizia, mi
spiegò che non ci stava con la testa, che
mi sapeva estraneo alla criminalità e
che era disposta a testimoniare a mio
favore. Non avevo nessuna ragione di
ucciderla, non mi interessava, la nostra era una storia finita». E ancora:
«Spero di essere giudicato con serietà,
ho fiducia in questa Corte».
Cosco ha, inoltre, definito come "bugiardo" Angelo Salvatore Cortese, il
pentito di Cutro ritenuto il testimone
chiave dell'inchiesta in quanto a lui, in
un periodo di codetenzione, l'imputato
avrebbe rivelato il progetto di morte,
tentando addirittura di commissionarglielo. Cosco, stando alla ricostruzione della Dda di Milano, voleva costringere la donna a riferire cosa avesse dichiarato agli inquirenti come collaboratrice di giustizia, su un omicidio
avvenuto nel 1995 a Milano, quello di
Antonio Comberiati, il cui responsabile sarebbe stato, secondo la Garofalo,
proprio il suo ex convivente. Quest'ul-
timo, considerato
vicino alla cosca di
Petilia, avrebbe voluto sfruttare le dichiarazioni della
donna per riabilitare la sua immagine davanti ai
clan.
Il processo è stato aggiornato al
prossimo 26 marzo per la requisitoria
a carico di sei imputati. Si viaggia a ritmo spedito nonostante l'azzeramento
del dibattimento scattato perché il precedente presidente della Corte d'assise, Filippo Grisolia, è stato trasferito a
Roma al Ministero della Giustizia come braccio destro di Paola Severino. I
termini di custodia cautelare scadono
il 30 giugno prossimo ma la sentenza
dovrebbe arrivare nell'udienza del 30
marzo prossimo.
Milano
L’ex
convivente
di Lea
Garofalo
Carlo
Cosco
imputato
dell’omicidio
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Calabria 15
24 ore
Venerdì 2 marzo 2012
24 ore
Venerdì 2 marzo 2012
Per il delitto del giovane arresto per padre e fratello (il primo ricercato) di una ragazza del posto
Mille fiaccole per Fabrizio
Melicucco in strada familiari e amici dell’elettrauto scomparso a Gioia Tauro
di DOMENICO GALATÀ
MELICUCCO – «Io sono Fabrizio». Con questo urlo di
disperazione e speranza si è
conclusa la fiaccolata organizzata ieri sera a Melicucco dagli amici di Fabrizio
Pioli, l’elettrauto 38enne di
Gioia Tauro scomparso da
una settimana, presunta
vittima di un delitto «d’onore» per la relazione Simona, la ragazza sposata conosciuta su un social network e con la quale da qualche tempo aveva intrapreso una relazione. Le fiaccole dalla città del porto questa volta si sono spostate
nel piccolo paese interno
della Piana di Gioia Tauro
dove Fabrizio il 23 febbraio
scorso si era recato per incontrare la figlia di Antonio Napoli, al momento latitante, sospettato insieme
al figlio Domenico (attualmente detenuto) di aver ucciso Pioli e occultato il suo
cadavere. Tante, tantissime le persone giunte da
Gioia Tauro e da alcuni paesi limitrofi (esigua invece
la partecipazione della cittadinanza melicucchese)
che si sono raccolte intorno
ai familiari di Pioli dando
vita ad un lungo corteo silenzioso, animato dal desiderio e dalla voglia di riabbracciare al più presto
l’amico di cui non si hanno
più notizie. Oltre alla famiglia di Fabrizio ed i suoi
amici, sono state molte le
associazioni e le istituzioni
che hanno partecipato alla
manifestazione: dal sindaco di Gioia Tauro, Renato
Bellofiore, ai primi cittadini di Melicucco e Polistena,
Francesco Nicolaci e Michele Tripodi, passando
per don Pino Demasi, refe-
La fiaccolata per Fabrizio ieri sera a Melicucco
rente per la Calabria di Libera, e i numerosi rappresentanti di associazioni
culturali, cattoliche, sportive della Piana. Tutti hanno voluto dare un segno
tangibile della loro vicinanza, della loro attenzione verso una vicenda che
ha scosso le coscienze di un
intero territorio. Si sono
dati appuntamento nel
piazzale Don Luigi Sturzo,
vicino al campo sportivo
“F. Redi”, con indosso delle
magliette su cui era stampato la frase urlata alla fine
della fiaccolata. Il corteo si
è quindi mosso lungo alcune strade interne di Melicucco per poi percorrere la
centralissima via Antonio
Gramsci prima di fare ritorno al punto dal quale era
partito. Alla fine, un lungo
applauso, l’urlo di decine e
decine di giovani in cerca
della verità, ha commosso
il padre e le sorelle di Fabrizio. «C’è gente buona da noi
- ha affermato tra le lacrime
Antonio Pioli - mio figlio è
qui con noi, lui era qualcuno, chi sa e non parla invece
è nessuno». «Essere presenti oggi - sono state le parole di Don Pino Demasi più che solidarietà è una
presa d’atto di corresponsabilità. Non abbiamo costruito persone libere da
pregiudizi e serve maggiore impegno per costruire
cammini reali di liberazione da traghettare verso la
normalità. Adesso, chi sa e
non parla si metta una mano sul cuore e dica come sono andate le cose». Bellofiore, dal canto suo, ha ripetuto l’appello lanciato nei
giorni scorsi affinché si
faccia chiarezza sulla vicenda di Pioli, mentre Nicolaci, ha parlato di «ogni
fiammella come una speranza affinché i brutti pensieri su quanto successo a
Fabrizio non siano veri». Il
corteo è stato scortato dagli
agenti del Commissariato
di Polistena e dai Carabinieri della Stazione di Melicucco, da giorni impegnati
insieme ai militari della
Compagnia di Gioia Tauro
nelle ricerche di Fabrizio e
della sua Mini Cooper nera,
sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi. Le ricerche sono andare avanti anche ieri
in tutto il territorio che circonda Melicucco, ma per
ora, né i tanti militari impegnati, tanto meno gli elicotteri e le unità cinofile che
partecipazione alle operazioni sono riusciti a restituire Fabrizio alle persone
che gli vogliono bene e che
ieri si sono unite, ancora
un volta, intorno alla speranza di riabbracciarlo al
più presto.
A CAULONIA
Tutti insieme in marcia
per il riscatto della Calabria
Lo striscione utilizzato per il corteo di Caulonia
di EMANUELA ALVARO
CAULONIA – Puntare su
lavoro, sviluppo e legalità
per combattere la ’ndrangheta, fare rete tra istituzioni, cooperative e associazioni, l’unico modo per
cambiare il volto alla Calabria. La giornata del primo
marzo per il presidente de
Consorzio Goel, Vincenzo
Linarello eper tuttoil comprensorio impegnato al riscatto della Locride e della
Calabria tutta, è iniziata
con l’inaugurazione del ristorante “Amal”, tempo fa
oggetto di un attentato. Un
ristorante multietnico di
prossima apertura, nel
quale verranno serviti
piatti della tradizione calabrese e africana. Piccolo
simbolo di come gli immigrati possano essere una
risorsa per il territorio che,
non solo li accoglie, ma dà
loro e prende da loro, tutto
il positivo.
Nel primo pomeriggio il
corteo ha raggiunto il palco allestito in piazza Mese,
per il concerto di artisti locali.Il sindacodiCaulonia,
Ilario Ammendolia, il primo a salire sul palco, presentato dalla moderatrice
dell’evento, Mara Rechichi, ha parlato di politica
dell’accoglienza. Linarello
prima dell’intervento ha
letto l’email del ministro
per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, attraverso la quale ha espresso
sostegno e al Consorzio e a
tutti coloroche s’impegnano per il rinnovamento di
tuttoil sud.Scarsapartecipazione di cittadini e sindaci della Locride.
La cerimonia dopo lo sbarco a Villa San Giovanni
Una targa ai superstiti
della Concordia
di FRANCESCA MEDURI
VILLA SAN GIOVANNI - Ieri mattina il Comune di Villa San Giovanni ha omaggiato i suoi due cittadini
scampati alla tragedia della
Costa Concordia, Alex Polimeni e Benedetto Minuto,
rispettivamente pianistacantante e commissario di
bordo sulla nave da crociera
schiantatasi lo scorso 13
gennaio contro uno scoglio
a 300 metri dall'isola del Giglio.
Entrambi (ancora visibilmente provati dalla tragica
esperienza) non sono riusciti a frenare la commozione per un momento che è
stato anzitutto una grande
manifestazione di affetto e
ammirazione nei loro confronti, un doveroso e significativo tributo «alla forza,
al coraggio e al senso del dovere» dimostrati in occasione di un terribile avvenimento il cui ricordo potrà,
col tempo, affievolirsi ma
non essere cancellato.
Un momento dunque
davvero emozionante quello della cerimonia - condotta dal responsabile di Gabinetto e pr del Comune di Villa Saro Bellè - che la civica
amministrazione ha organizzato in loro onore, con alcuni rappresentanti dalla
giunta e del consiglio comunale, su tutti il sindaco
Rocco La Valle e l'assessore
Da sinistra: Saro Bellè, Benedetto Minuto (commissario di bordo Concordia),
Giovanni Santoro, il sindaco Rocco La Valle, Alex Polimeni (artista Concordia),
Giovanni Siclari, Lorenzo Micari, Cosimo Salzone, Francesco Romanzi
agli Eventi Giovanni Siclari, unitamente al delegato
regionale Anmi Giovanni
Santoro, che hanno consegnato a ognuno dei due
naufraghi-eroi una targa
quale riconoscimento “per
il comportamento e la compostezza nel mantenere la
posizione di servizio durante il naufragio della Concordia” (Polimeni) e “per il nobile gesto compiuto nei riguardi dei naufraghi della
Concordia, durante e dopo
le operazioni di salvataggio” (Minuto).
Due uomini da prendere
ad esempio: è anche questo
il messaggio che il Comune
di Villa ha voluto lanciare
con l'iniziativa di ieri. « Al di
là della consegna delle targhe - ha detto il sindaco La
Valle - ci auguriamo che
questa giornata serva per
far maturare nella città e
nei nostri figli il senso del
dovere. Ciò che i nostri due
naufraghi hanno dimostrato di avere durante la
tragedia. In molti sarebbero scappati per la paura. Loro non solo non l'hanno fatto, ma hanno contribuito a
salvare altre vite».
E così si sono comportati i
tantissimi altri italiani dell'equipaggio, quelli che
hanno consentito il salvataggio di oltre 4000 passeggeri. «Gli italiani non sono
Schettino», hanno precisato Siclari e Santoro.
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16 Calabria
La Grecia siamo noi
Sud d’Europa
IN VENA
Un tributo
in parole
a Lucio Dalla
ALFONSO LORELLI
'Europa sta uccidendo sua madre. La Grecia è la nostra origine; su quella terra, oggi tanto
infelice, è nato tutto il pensiero occidentale; poesia, arte, teatro, filosofia,
medicina, matematica, politica; tutto questo quando ancora i Sassoni,
gli Angli ed i Nibelunghi vivevano
nelle foreste e la loro legge era quella
dell'homo homini lupus. In Grecia
ogni pietra, ogni collina, ogni sorgente trasuda civiltà, antica felicità
delle genti, delle nostre genti perché
come dicono i nostri “concittadini”
ateniesi “stessa fazza, stessa rrazza”.
Niente commuove più del Partenone
o del teatro di Epidauro.
Tutto ciò che di bello e di buono
l'uomo ha pensato e creato ha avuto
origine sulle sponde del Mediterraneo; sulle terre bagnate da quel mare che oggi vengono colonizzate dalle banche e dalle economie forti del
centro Europa che guardano ai paesi del loro Sud come “nazioni infette”
governate da politici imbroglioni.
Dopo avere usato le nostre risorse
umane per la ricostruzione post-bellica (emigrazione), dopo averci assegnato il ruolo di mercato per la vendita delle loro merci, ora che queste
loro esigenze vengono soddisfatte
da altri mercati ed altri popoli, il capitalismo calvinista dell'Europa
vorrebbe usare i paesi ed i popoli mediterranei come servitù, non già come coinquilini della casa comune.
La servitù, si sa, o accetta le regole
imposte dal padrone o viene licenziata. Ed allora, se non vogliamo
rassegnarsi ai ruoli di cameriere,
cuoco, giardiniere o operatore ecologico dobbiamo ritrovare l'orgoglio antico di popoli capaci di ribellarsi, di creare ed inventare, lavorare e pensare, difendere la propria libertà, la propria dignità e la propria
storia, anche a costo di rompere questa sedicente Unione Europea che ci
umilia e ci costringe al ruolo di alleati subalterni della Germania, sotto
altre forme ma come ai tempi tragici
di settanta anni fa.
Credo che i tedeschi della seconda
generazione post-bellica, non avendo più il senso di colpa dei loro padri
che perciò hanno contribuito a far
nascere l'unione europea quasi come ricompensa della tragedia causata al mondo, sono ritornati al
“deutche uber alles”, la Germania
sopra tutti. Historia magistra vitae
diceva Cicerone, ma noi lo dimentichiamo troppo facilmente.
Due considerazioni importanti:
a) la Bce dà danaro alle banche all'uno per cento, le banche lo usano per
operazioni finanziarie e far crescere
il debito sovrano, non per finanziare
lo sviluppo; così il debito aumenta ed
i cittadini vengono chiamati a pagarlo b) mi domando perché i lavoratori devono onorare i debiti che non
hanno contratto, se e come possiamo rifiutarci di farlo. Tante volte
nella storia i debiti sovrani non sono
stati “onorati” causando la crisi dei
banchieri genovesi, fiorentini,
olandesi e tedeschi, non dei popoli
insolventi. Perché non può avvenire
anche oggi? Tanto quella montagna di debito pubblico non potremo
mai pagarla, nanche se vendessimo
lo Stato intero. Monti è solo una moratoria.
***
Forse è stata soltanto la fine della
tempesta nella quale siamo vissuti
per 18 anni a farci scambiare come
rimedio un semplice cambio-immagine. La tensione, la rabbia, le preoccupazioni accumulate durante i governi Berlusconi, le trasformazioni
dei partiti in comitati d'affari (dal
Parlamento al più piccolo consiglio
comunale), hanno conferito al governo Monti un effimero effetto liberatorio. Spesso nella storia gli italiani si sono sentiti “liberati”senza rendersi conto che chi diceva di voler
portare la libertà voleva solo sosti-
L
tuirsi aivecchi padroni.Oggi i “professori” sono stati chiamati a fare
ciò che i governi “ordinari”non hanno avuto il coraggio di fare e cioè cercare di far uscire il paese dalla crisi
facendone pagare i costi ai ceti deboli della società, per come chiedono i
banchierieuropei edamericani.Per
questa ragione Berlusconi, mentre
impone al governo Monti di fare
scelte gradite, gli offre anche una
più lunga durata, fino a quando non
ha portato a termine tutto il lavoro
sporco, sotto il segno ipocrita e bugiardo dell'equità. Con Monti continuano a piangere soltanto i poveri:
aumento età pensionabile, pensioni
ridotte, Imu sulla prima casa, Iva ed
aumento dei prezzi, aumento tasse
locali;nessun cetoprivilegiatofinora èstato colpito,neanche ifarmacisti ed i notai, neanche i grandi commessi di Stato che percepiscono stipendi di 400-500mila euro; nessun
grande evasore è andato in manette;
al grande evasore che si chiama
Chiesa cattolica si chiede soltanto di
pagare qualcosa per salvare la faccia del Governo. Monti sta emanando soltanto “grida manzoniane”;
perciò i ricchi continuano a sorridera. Gli evasori possono addirittura
criminalizare la Guardia di Finanza
perché fa il propriomestiere, anzi fa
ogni tanto quello che invece dovrebbe fare ogni giorno e dovunque.
***
Interi distretti produttivi italiani
sono stati trasferiti nei paesi ex-comunisti; da un servizio TV abbiamo
appreso che le calze da donna, col
marchio made in Italy, vengono fabbricate in Serbia dove i padroni italiani (i nostri “benemeriti” imprenditori) possono pagare un salario
mensile di 250 euro; così è avvenuto
per centinaiadi altreaziende chiuse
in Italia ed aperte altrove. Ma allora
perché sipossa avere lavoroin Italia
occorre far concorrenza all'operaio
serbo o rumeno ed acconterasi di
200 euro al mese? Resistere sull'art.18 significa tentare di bloccare
FRANCESCO SICILIANO
ucio non è morto in Piazza
Grande Anna come sono
tante Marco permaloso ... voleva andarsene lontano... qualcuno li ha visti tornare tenendosi per
mano... Chissà …chissà domani su
che cosa metteremo le mani… e se è
una femmina si chiamerà futura…
e se non ci sarà più gente come me
voglio morire in piazza grande…
un piccolo tributo a Lucio Dalla…
si potrebbero scegliere mille foto di
una vita artistica fatta di tante immagini, fotografie di vite e di storie
quotidiane in cui si descrivono tanti tratti dell'Italia e della nostra cultura.
Il provincialismo di due innamorati che si erano appartati e non potevano, soprattutto Anna, reggere
i mormorii… l'imprevedibilità della grande città in cui un incontro
anche un incontro casuale può essere amore e generare un figlio che
è il futuro ... la dolcezza del racconto di uno stupro perché ... il frutto
lei l'aspetto come uno dono d'amore fino dal primo mese… chiamandolo come nostro signore… ma a
me piace di più pensare a piazza
grande nell'Italia del 1972 in cui
non c'è la storia di Piazza Maggiore
e di Bologna ma il sussurrio di una
condizione di gatto senza padrone
per gli amori rubati… di consapevolezza di un modo di essere che
non cambia... di un grido di ricerca
di carezze d'amore anche se a modo
suo… di amori di strada se chiesti... di anticonformismo dissacrante perché se non ci sarà più
gente come me voglio morire in
piazza Grande circondato da gatti
che non han padroni come me…accanto a me.
Dopo molti anni Lucio è morto
ma non in piazza Grande perché è
stato sempre circondato da tanta
gente che comunque gli ha voluto
bene. Il genio della sua musica e dei
suoi testi hanno fatto il miracolo
lui per la gente del porto è rimasto
sempre Gesù Bambino
L
questa slavina. Dicono che è la globalizzazione, il mercato libero dei
capitali e del lavoro, che non hanno
voluto i lavoratori ma gli industriali
ed i banchieri. Ma se questi sono gli
effetti bisognerebbe ritornare alle
tariffe doganali, ai confini controllati, a forme di incentivazione soltanto per il lavoro italiano, alla etichettatura dell'origine di ogni prodotto, all'acquisto di soli prodotti
italiani (fatti in Italia, non etichettati come made in Italy). Avere un poco
di orgoglio nazionale farebbe bene;
a Parigi o a Berlino le auto straniere
sono solo il 10%, a Roma sono il 70%.
Se devo comprare una mozzarella
sarebbe bene che comprassi quella
prodotta nella mia Calabria, non
quella che viene da Milano.
***
In Calabria sono ormai scomparse tutte le realtà produttive di media
dimensione; resta un asfittico artigianato che produce per il solo mercato interno, ed una agricoltura in
via di estinzione perché i suoi prodotti prevalenti (olio, frutta, vino),
lasciati senza protezione nazionale
ed europea, subiscono la concorrenza al ribasso di paesi extra-Unione
(Marocco, Tunisia, Algeria), generando la crisi irreversibile anche di
questo settore primario. Ancora oggi, come ai tempi di Susanna Agnelli, i nostri governanti sacrificano i
prodotti tipici mediterranei per garantire l'esportazione di prodotti industriali del Nord Italia e l'importazione di gas e petrolio da quei paesi
concorrenti con lanostra agricoltura; l'UE protegge i produttori di latte “nordici”, non i produttori di
arance e di vino “sudici”. Del Sud
non se ne fotte nessuno, nemmeno
questa miserabile classe dirigente
nostrana insipiente e ladrona! Il
Mezzogiorno ed i paesi del Mediterraneo hanno urgente bisogno di
una ribellione di massa alle leggi
delle banche e della finanza europea
e mondiale che ha disegnato il nostro destino di servi dell'Europa. Le
nostre teste d'uovo devono saper inventare, non saper copiare. Il messaggio parte dalla Grecia.
Lamezia sa liberarsi delle paure
segue dalla prima pagina
Decine di associazioni, con in testa la comunità Progetto Sud, la
Cgil, l'Arci e l'Ala (Associazione
lametina antiracket), hanno promosso l'iniziativa “Il giorno che
non c'è”, giocando sulla data del
29 di febbraio che si presenta solo
ogni 4 anni e sulla speranza e l'auspicio del giorno in cui la 'ndrangheta non ci sarà più. All'appello
hanno risposto in tanti, cittadini,
famiglie, ragazzi, parrocchie,
istituzioni. E' stata una giornata
bella, nonostante il freddo intenso, iniziata al mattino con uno
straordinario incontro con gli
studenti degli istituti superiori
della città, proseguita con i ragazzi della scuola media Saverio Gatti
e conclusa con il cammino che ha
attraversato Capizzaglie, testimoniando la voglia di stare insieme e insieme costruire una società senza mafie. Gli atti intimidatori dei giorni precedenti indirizzati contro la Progetto Sud, che ge- Un momento della manifestazione di Lamezia Terme
stisce un bene confiscato nel cuore di Capizzaglie, aveva suscitato non poche le della città, ai parroci, ai rappresentanti delpreoccupazioni e lo stesso era accaduto dopo le associazioni, al prefetto, al vescovo, l'orgoil raid vandalico della Scuola media Saverio glio di essere una comunità che vuole essere e
Gatti. Il tentativo era quello di far salire la ten- vivere libera e felice.
Voglio ringraziare, ancora una volta, tutti
sione e scoraggiare così la partecipazione.
quelli che hanno visto nella nostra città, un
Anche a questo la città ha risposto.
Per liberarsi dalle mafie bisogna innanzi- punto di riferimento della Calabria che votutto liberarsi dalle paure ed è stato bello ve- gliamo e hanno voluto essere presenti insiedere nei volti dei cittadini che hanno cammi- me a noi anche ieri. So bene che non basta cernato fianco a fianco ai magistrati del Tribuna- to una manifestazione o un'iniziativa sola a
sconfiggere la 'ndrangheta e la cultura mafiosa che la sorregge e che
quindi avremo davanti altre sfide e
altri problemi. Ma la manifestazione
di ieri è testimonianza di una città
che da tempo è in cammino e che, pur
tra mille difficoltà, ha reagito e ha alzato la testa. Tutt'altro che l'antimafia della “parate” occasionali, ma
quella quotidiana fatta di tanti impegni e tanti momenti: è la Lamezia
Terme di Trame, il primo festival dei
libri contro le mafie, di cui stiamo
preparando la seconda edizione; è la
città che si costituisce parte civile nei
processi di mafia, che ha adottato
norme sempre più stringenti per impedire le infiltrazioni mafiose negli
appalti e nelle forniture dell'amministrazione pubblica; è la città della
principale associazione antiracket
della Regione e di Rocco Mangiardi,
l'imprenditore che ha denunciato i
suoi estorsori consentendone la loro
condanna; del laboratorio teatrale
Capusutta e di quello del “Teatro che
non c'era”; della reazione civile e della solidarietà nei confronti delle vittime delle estorsioni e della rinascita
come nel caso dell'azienda Godino distrutta
da un incendio doloso insieme alla loro abitazione.
E' questa Lamezia che voglio pubblicamente ringraziare e che ho l'onore di rappresentare. E' questa Lamezia che nonostante difficoltà e fatiche ci fa sperare in un futuro migliore.
Gianni Speranza
sindaco di Lamezia Terme
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
La Tribuna 19
Venerdì 2 marzo 2012
Il sopralluogo dei sommozzatori dello Sdai di Augusta che interverranno al largo del Lido
Ordigno, oggi la rimozione
Confermata la natura della bomba in mare della Seconda guerra mondiale
di GUGLIELMO RIZZICA
LA SCOPERTA effettuata
da un sub professionista
nelle acque antistanti il Lido Comunale della nostra
città, riportata sul nostro
giornale qualche giorno
addietro, di un presunto
ordigno adoperato durante il conflitto della seconda
guerra mondiale aveva destato curiosità e clamore
soprattutto in quanti nel
mare trascorrono lunghi
periodi della loro esistenza.
L’oggetto di forma cilindrica rinvenuto, era stato
di seguito segnalato dallo
stesso sub agli organi militari della Capitaneria di
Porto reggina che avevano,
nell’immediatezza
dell’evento, emesso un’ordinanza a tutela delle persone invitando chiunque a
tenersi alla larga dal punto
indicato.
L’alone di mistero che avvolgeva lo strano oggetto è
dunque nella giornata di
ieri svanito grazie all’intervento delle squadre speciali della Marina Militare che
hanno confermato, allontanando il dubbio, che l’incognito “cilindro in ferro” è
realmente una bomba aerea caduta in mare durante
i bombardamenti compiuti
nell’ultimo conflitto mondiale.
Ad accogliere gli specialisti della Marina Militare
del nucleo “Sdai” (Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi) proveniente dalla
sede di Augusta, composta
da un Ufficiale (responsabile delle operazioni) un
Sottufficiale e altri componenti subacquei altamente
qualificati, presso la spiaggia cittadina i responsabili
del Lido e Matteo Cama
(presidente dell’Associazione subacquea “Ausonia
sub” con sede nei locali del
Lido) l’istruttore subac-
queo che, oltre a monitorare i fondali marini del litorale antistante la spiaggia
comunale per la salvaguardia dei bagnanti (come avvenuto in questo caso) ed
intervenire in caso di manutenzione
particolare
sempre su incarico dei responsabili
della
struttura,
ha
svolto un ruolo
fondamentale in
tutta la vicenda.
Grazie infatti al
senso di responsabilità dimostrato (è suo il rinvenimento dell’ordigno e la successiva denuncia) e lo spirito
di collaborazione prestato
ai militari della Marina è
stato possibile ritrovare
con celerità il punto in cui
giace l’inquietante ordigno bellico accompagnando.
Durante le fasi dell’immersione e con le dovute
cautele, i sommozzatori.
Mentre via terra quindi si
procedeva alle fasi di preparazione per la verifica da
effettuare (l’immersione
ha avuto inizio dalla spiaggia), via mare
sopraggiungevano i mezzi della Guardia Costiera con un
gommone
ed
una motovedetta per assistere i
subacquei durante l’accertamento. L’immersione ha
dunque cancellato ogni interrogativo sulla natura
della bomba area rimasta
incognita fino a ieri che,
con molta probabilità, sarà
rimossa e fatta brillare in
una località stabilita dalla
Capitaneria di Porto nella
giornata di oggi.
La segnalazione
fatta dai sub
della Ausonia
L’immagine della bomba a largo del Lido Comunale
Inglesi e americani martoriarono la città in diversi attacchi
La città fu più volte obiettivo
dei bombardamenti degli alleati
DIVERSI gli attacchi aerei portati da nord a
sud della città da parte degli inglesi e degli
americani che con i loro “B17”,“B-24 Liberator” fecero piovere sulla testa dei reggini un
quantitativo di migliaia e migliaia di chili di
bombe che castigarono in modo drammatico con la morte la popolazione reggina (circa
4.000 vittime e più di 12.000 feriti con un alta percentuale di edifici rasi al suolo o danneggiati), rea di popolare una terra considerata strategica. Fortunatamente, dei
130.000 abitanti di allora, furono in molti a
recarsi nelle campagne salvandosi la vita
grazie all’avviso di bombardamento eseguito con alcuni manifestini prima delle incursioni aeree effettuate a maggio. I quadrimotori distrussero la città mietendo vittime nei
vari rioni e distruggendo obiettivi considerati strategici (polveriera di Modena, la zona
Montevergine dove vi erano enormi cisterne collegate con il porto che servivano per i
rifornimenti delle navi, Caserme, l’Aeroporto, linee ferrate, batterie antiaeree) sganciando bombe “a tappeto” con un alto numero di bombardieri (da 40 a 50 e più per attacco) che invasero i cieli dello Stretto oscurando le città di Reggio e Provincia e quelle della
vicina Sicilia. Le impressionanti detonazioni, i bagliori delle esplosioni, il clima di terrore, l’ululare delle sirene che annunciavano “la morte sibilante” furono udite fino al
quattro settembre, giorno dello sbarco delle
forze britanniche sulla costa Calabra. Giorno che ancora oggi viene ricordato da molti.
I sub si preparano all’immersione
Lunedì l’iniziativa di “Stop ’ndrangheta” che anticipa di qualche giorno la sentenza Crimine
Al via la campagna “Una e ’Ndrina”
L’evento voluto per sottolineare l’importanza del processo nella lotta ai clan
SARÒ presentato lunedì prossimo il dossier “Una e Ndrina” di
“Stop ‘ndrangheta” a pochi giorni dalla sentenza del processo
“Crimine”.
L’iniziativa avrà luogo alle 11
alla biblioteca De Nava alla presenza dei rappresentanti dell’organizzazione.
«Il processo Crimine è destinato a fare epoca - si legge in una nota - Un evento fondativo, di quelli
che c’è un prima e un dopo. Così è
stato per il maxiprocesso di Palermo, così è stato per il processone Spartacus a Caserta. E così sarà anche a Reggio Calabria. Ecco perché a
pochi giorni dalla
sentenza lanciamo
una campagna di comunicazione che celebri l’evento, che segnali ai calabresi
l’inizio di una nuova era. Ecco
perché sottolineamo l’importanza dell’affermazione in sede giudiziaria di un principio autoevidente: la ‘ndrangheta è una e una
sola. “Una e ‘Ndrina” recitano i
nostri manifesti, le magliette che
indosseremo, le brochure che distribuiremo ai reggini, gli adesivi che tappezzeranno la città, i
banner invaderanno internet.
“Una e ‘Ndrina”, un rimando al
sacro profanato tipico delle cose
Pronto
un dossier
che racconta
l’inchiesta
L’incontro mafioso filmato dal Ros a Polsi
di ‘ndrangheta».
Spiegano gli organizzatori:
«Abbiamo scelto l’arma dell’ironia per demitizzare le cosche senza sottovalutarne il potere, per
raggiungere i cuori della gente,
per deridere chi per decenni ha
minimizzato alimentando perversi luoghi comuni: è roba di pastori, ognuno comanda a casa
sua, i vincoli di sangue non si
spezzano e non ci possono essere
pentiti, non esiste una cupola.
Dal luglio del 2010, da quando
per la prima volta è andato in onda il filmato di un summit a Polsi
in occasione della festa della Madonna della Montagna, non si
torna più indietro. Da quando
l’Italia intera ha potuto assistere
all’elezione del nuovo capo della
Lombardia - in un circolo Arci di
Paderno Dugnano intitolato a
Falcone e Borsellino - non si può
tornare indietro neanche a volerlo. Non si tratta più e solo del procedimento giudiziario - che è comunque fondamentale e su cui
bisognerà anche nei successivi
passaggi mantenere la massima
attenzione - ma della percezione
che si ha della’'ndrangheta. Non
ci sono più scuse: qualunque sia
l’esito del processo Crimine, minimizzare, tornare a parlare di
‘ndrine orizzontali, di un arcipelago di famiglie separate l’una
dall’altra significa essere nel migliore dei casi insulsi, nel peggiore complici. Noi invece la
‘ndrangheta vogliamo combatterla. E la zona grigia svelarla
sempre di più, insieme ai soliti
“invisibili” col cappuccio. Soprattutto vogliamo costruire
consapevolezza e coscienza civile, perché al di là del dato giudiziario quel che conta è che ne facciamo dei nostri ‘ndranghetisti,
della nostra classe dirigente e dei
nostri professionisti legati alle
cosche».
«Con la campagna “Una e Ndrina” (in collaborazione con LiberaReggioLab e TerreArse.it) conclude la nota che annuncia
l’evento di lunedì mattina - e col
Dossier on line su Stopndrangheta.it - che sarà presentato nei
prossimi giorni a Reggio Calabria - proviamo a fare la nostra
parte: un altro tassello a quel mosaico della memoria che andiamo costruendo e facendo un altro passo in avanti nella fondazione di un nuovo immaginario
antindrangheta».
La decisione del Tdl
Stranges
torna
il libertà
IL TRIBUNALE della Libertà di Reggio Calabria
ha disposto la scarcerazione di Sebastiano Stranges, uno dei cinquantacinque soggetti coinvolti
nell’inchiesta antidroga
“Solare 2”, scattata nel luglio 2011, allorquando i
Carabinieri avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata
dal Gip Domenico Santoro. In carcere era finito
anche Stranges, funzionario dell’Afor, che secondo i pubblici ministeri
Nicola Gratteri e Maria
Luisa Miranda aveva permesso al gruppo di narcotrafficanti di individuare
un canale per il trasferimento della droga in Sud
America. L’inchiesta, infatti, andò a colpire un
presunto giro di droga
con il coinvolgimento dei
calabresi, ancora una volta interlocutori più credibili dei cartelli dell’America Latina.
Stranges, difeso dagli
avvocati Antonio Managò e Andrea Alvaro, era
detenuto da oltre sette
mesi all’interno del carcere di Reggio Calabria. Il
Tribunale della Libertà
(Leonardo presidente,
Foti e Catalano a latere),
accogliendo l’appello degli avvocati difensori, ha
dunque disposto l’immediata scarcerazione, riconoscendo la mancanza
dei gravi indizi di colpevolezza. Il Tdl ha dunque riformato il provvedimento
con cui il Gip aveva precedentemente
rigettato
l’istanza di scarcerazione
di Stranges, fondata sui
risultati di un’articolata
attività di indagine difensiva, che aveva tentato di
riscontrare le giustificazioni che Stranges aveva
da subito fornito a sua difesa sin dal primo momento in cui era stato interrogato dal Gip, al tempo del suo arresto. Una
scarcerazione, disposta
sul riconoscimento della
mancanza di gravità indiziaria, che arriva a qualche settimana dall’inizio
dell’udienza preliminare.
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Reggio 23
Venerdì 2 marzo 2012
Locride
Venerdì 2 marzo 2012
Scarsa partecipazione di amministratori e cittadini alla manifestazione per le vie di Caulonia
In pochi contro la ’ndrangheta
Linarello: «Una lettera a Napolitano per far emergere le peculiarità della Calabria»
di EMANUELA ALVARO
CAULONIA – Puntare su lavoro, sviluppo e legalità per
combattere la ‘ndrangheta,
fare rete tra istituzioni, cooperative e associazioni, l’unicomodo percambiare ilvolto
alla Calabria.
«Oggi l’Italia ci ha dimenticato, siamo in pochi a mantenere alto il buon nome della
nostra terra – afferma sul
palco il presidente de Consorzio Goel, Vincenzo Linarello – una strada nuova si
può percorrere, ma la prima
azione è quella di poter contare sui migliori che ci possano rappresentare. Dobbiamo
impegnarci a non farli fuggire dalla Calabria, un lusso
che non ci possiamo permette. Propongo di scrivere una
lettera al Capo dello Stato,
nella quale far emergere le
peculiarità della Calabria,
chiedendo aiuto per raggiungere e puntare su qualcosa di nuovo da sostituire a
tutto ciò che è stato tagliato».
Linarello si dice sicuro che,
facendo l’esempio degli ultimi comuni sciolti per mafia,
magari il sistema non è perfetto, ma sicuramente è una
garanzia di trasparenza,
certo che il metodo etico, in
questo momento, sia l’unico
che funzioni. Lagiornata del
primo marzo per il Consorzio
Goel e per tutto il comprensorio impegnato nel riscatto
della Locride e della Calabria
tutta, è iniziata con l’inaugurazione
del
ristorante
“Amal”, tempo fa oggetto di
un attentato. Un ristorante
multietnico di prossima
apertura, nel quale verranno serviti piatti della tradizione calabrese e africana.
Piccolo simbolo di come gli
Il corteo per le strade di Caulonia
immigrati possano essere
una risorsa per il territorio
che, non solo li accoglie momentaneamente, ma dà loro
e prende da loro, tutto il posi-
tivo. Nel primo pomeriggio il
corteo radunatosi in piazza
Bellavista, attraversando il
centro storico, ha raggiunto
il palco allestito in piazza Me-
se, per il concerto di artisti locali, previsto per il tardo pomeriggio. Il sindaco di Caulonia, Ilario Ammendolia, il
primo a salire sul palco, pre-
sentato dalla moderatrice
dell’evento, Mara Rechichi,
ha parlato di politica dell’accoglienza. «Ripartiamo dalla terra delle lotte contadine,
DUE PLATIESI DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA
Ecstasy nei pelati, iniziato il processo a Melbourne
PLATÌ - Al via il processo sul più imponente sequestrodi drogamai effettuato in Australia. Due giorni fa sono
comparsi davanti alla Corte suprema
di Melbourne, Pasquale Sergi e Salvatore Agresta, originari di Platì ed accusati insieme a John Higgs di aver
cercato di importare dall'Italia, cinque
anni fa, 15 milioni di pasticche di ecstasy, nascoste in oltre 3000 barattoli
di pomodori pelati da 3 kg.
Il sequestro di droga avvenne nel
2008 e quel che emerse successivamente dai verbali degli investigatori
sul caso fuche per portare ladroga nel
continente australiano i trafficanti
avevano vari sistemi, e molto ingegnosi, in quanto coinvolgevano più continenti; quest’ultima indagine, rivelò
uno scambio tra Europa e Australia
che avvenne più o meno in questo modo: la nave con il carico di vasetti di pomodori era la «Msc Monica», partita
dal porto di Napoli con la spedizione effettuata da «F.J. Tytherleigh Logistic», una società australiana specializzata in import-export di merci varie,
con sedi a Melbourne, Sydney, Auckland, in Italia e in Gran Bretagna. Le
«lattine di pomodori» erano dirette a
un'altra ditta australiana, la «Transglobal Foodbrokers», mentre la ditta
che spedì dall'Italia risultò essere la
«Romina srl», con sede a Salerno. In
base a intercettazioni telefoniche e ambientali da parte della polizia, sarebbe
emerso che il ruolo di Agresta, che in
precedenza aveva lavorato per la compagnia di carico e scarico operante nel
porto di Melbourne, era di tentare di
ottenere accesso al container. Sergi
aveva partecipato a diverse conversazioni intercettate. Higgs, che aveva
«importanti connessioni sul fronte del
porto», agiva come intermediario e riceveva regolarmente informazioni
sul possibile accesso al container.
p.v.
dal paese dell’accoglienza,
per dare l’esempio di ciò che
significa parlare d’integrazione. Insieme contro chi
predica odio e divisione. Uniti contro la ndrangheta». Linarello prima dell’intervento ha letto l’email del ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, attraverso la quale ha espresso sostegno e al Consorzioe atutti
coloro che s’impegnano per
il rinnovamento di tutto il
sud. Scarsa partecipazione
di cittadini e sindaci della Locride, oltre a quello di Caulonia, presenti i rappresentanti istituzionali dei comuni di
Locri, Gerace, Canolo, Roccella Ionica, Martone, Benestare, Gioiosa Ionica, Stilo,
Monasterace. Alla manifestazione hanno partecipato
rappresentanti delle cooperative e delle associazioni
delle maggiori città calabresi, il segretario regionale,
Michele Gravano, e il segretario provinciale, Mimma
Pacifici, della Cgil, per la Cisl, Rosy Perrone e per il sindacato dei bancari, Fiba Cisl,
GiacintoPalladino. Eancora
Guido Leoni, presidente di
Ctm Altroconsumo, Stefano
Granata, presidente di Cgn
Gruppo cooperative, Gianluca Mingozzi presidente di
Confcooperative Emilia Romagna. Presenti anche il primo cittadino di Lamezia Terme, Gianni Speranza, l’onorevole Nuccio Iovene e i ragazzi africani accolti a Cauolonia, con il “progetto accoglienza”. Di rete tra istituzioni e cittadini, di attività socialinate neipalazzi“strappati”
alla mafia e della manifestazione che, il giornoprima si è
svolta a Lamezia Terme, ha
parlato, Gianni Speranza.
Inaugurato il circolo di Futuro e Libertà: presidente Roberto Ieraci Via alla due giorni dell’Arssa
Fli sbarca anche a Portigliola L’importanza
«Alle amministrative di primavera saremo protagonisti»
di NATALINO SPATOLISANO
PORTIGLIOLA - Futuro e
libertà per l’Italia ha inaugurato la propria sede anche nel piccolo centro locrideo.
Al termine di un’assemblea, a cui hanno partecipato molti cittadini, in particolare, giovani con l’intento di intraprendere il percorso indicato, qualche anno fa, dal presidente Gianfranco Fini, alla presenza
della
coordinatrice
dell’area ionica del Fli Patrizia Pelle e del coordinatore provinciale Franco
Romeo, è stato eletto presidente Roberto Ieraci, tesoriere Giovanni Romano,
nonché scelto un direttivo
composto da Salvatore Ieraci, Domenico Capogreco,
Vincenzo e Giuseppe Varacalli.
Nel corso dell’ampio dibattito tenutosi, introdotto
dai dirigenti territoriali, si
è avvertita la necessità, da
parte di ognuno, di dover
perseguire un nuovo modo
di far politica.
“Un metodo che fuoriesca, soprattutto, dai vecchi
canoni della politica clientelare e fannullona per abbracciare un nuovo progetto che ponga alla base l’impegno e l’attività di servizio
alla comunità, da svolgere,
però, in modo razionale ed
etico, secondo i valori del
manifesto per l’Italia, che è
alla base dell’atto costituti-
vo del nuovo partito, nato
un anno fa, nel primo congresso di Milano”.
Particolarmente apprezzato è stato l’intervento del
neopresidente Roberto Ieraci, principale fautore
dell’iniziativa portigliolese, e, per bocca del coordinatore provinciale Franco
Romeo, “quale nuovo componente, prossimamente,
cooptato,
dell’esecutivo
provinciale del partito”.
“Ci assumiamo l’impegno di coinvolgere il mondo giovanile alle iniziative
che il partito saprà portare
avanti, pertanto”, ha sottolineato Roberto Ieraci, “inizieremo, da subito, ad elaborare delle proposte programmatiche per la nuova
amministrazione comunale che verrà fuori dalle elezioni della primavera prossima, a cui la nuova realtà
politica di Portigliola ha la
volontà di partecipare da
protagonista”.
La chiusura del dibattito
è stata affidata alla coordinatrice ionica del Fli Patrizia Pelle ed al coordinatore
provinciale Franco Romeo,
i quali, oltre ad esprimere
soddisfazione per l’ottima
riuscita
dell’iniziativa,
hanno tracciato pure,
ognuno in base alle proprie
competenze, le linee del
progetto che Fli intenderà
realizzare, grazie anche
all’apporto rilevante offerto dal circolo di Portigliola.
della potatura
di NICODEMO BARILLARO
Il direttivo del circolo di Fli a Portigliola
Ospite Sara Ombra sostituto procuratore Dda di Reggio
Diritto ambientale, seminario
per attivisti del Wwf a Camini
di GIORGIO METASTASIO
BIVONGI -Il Wwf Monasterace Vallata dello Stilaro, sempre in prima linea nella difesa
della natura e dell’ambiente,
con il patrocinio del Wwf Calabria e in collaborazione con il
Centro Servizi al Volontariato
dei Due Mari di Reggio, ha organizzato il primo seminario
di diritto ambientale per soci e
attivisti del Wwf Calabria. Il
corso, da oggi a domenica, si
terrà nei locali di una nota
struttura turistica sita in lo-
calità Torre Ellera di Camini.
Interverrà come relatrice Sara Ombra sostituto procuratore Dda di Reggio protagonista di diverse inchieste sul
traffico illecito di rifiuti pericolosi e, più in generale, su
reati che riguardano la tutela
dell'ambiente. Previsti gli interventi di Angelo Calzone,
consigliere di sezione regionale Wwf Calabria, Beatrice
Barillaro, presidente Wwf Calabria, Giuseppe Paolillo, assistente alla sezione regionale Wwf Calabria.
LOCRI - È partita ieri la due
giorni organizzata dall’Arssa di Locri in collaborazione
con l’associazione L’Aratro di
Gerace, sul tema “Potatura
dell’olivo nella Locride”. Il
primo appuntamento previsto della manifestazione è stato il seminario svoltosi ieri pomeriggio presso Palazzo
Nieddu del Rio a Locri.
L’incontro ha registrato la
presenza di Caterina Briccoli
Bati del Centro di ricerca per
l’olivicoltura e l’industria
olearia di Rende
del
ministero
delle Politiche
agricole e forestali, che ha curato una relazione sul tema della
potatura delle
piante di olivo
con particolare
riferimento alla realtà produttiva della Locride. Presenti anche Fabio Petrillo
dell’Arssa di Cosenza, Vincenzo Maione e Saverio Zavaglia dell’Arssa di Locri e
Francesco Lacopo presidente
dell’Associazione L’aratro.
Nel corso degli interventi è
emerso che la potatura, nel
quadro della gestione agronomica dell’oliveto, rappresenta una delle pratiche colturali più importanti, in
quanto influisce direttamente sull’equilibrio vegeto-produttivo della pianta, sul contenimento di parassiti e malattie, e più ingenerale su tut-
ti gli interventi legati alla gestione della chioma, andando
pertanto ad incidere notevolmente sui relativi costi di produzione. Un razionale intervento cesorio dovrà essere attuato annualmente con tagli
di lieve entità per dare alla
pianta una forma a “vaso”o in
taluni casi a “pseudo-globo”
al fine di consentire l’intercettazione della massima quantità di luce,migliorare la qualità del prodotto, ridurre il fenomeno dell’alternanza di
produzione e facilitare le operazioni di raccolta. Nel corso
dell’intenso dibattito scaturito dopo le relazioni con
i numerosi partecipanti che hanno
gremito la sala di
Palazzo Nieddu,
sono stati sollevati interessanti implicazioni pratiche che hanno fatto da preludio alla seconda giornata formativa prevista dalla manifestazione, che si svolgerà oggi
apartire dalleore 8,30presso
l’azienda agricola Barone
G.R. Macrì di contrada Moschetta a Locri. In tale occasione saràeffettuata unaprova dimostrativa di potatura
su olivo mettendo in pratica le
nozioni trattate nel seminario; a seguire, con inizio alle
ore 10, la “Prima gara di potatura dell’olivo nella Locride”
che vedrà la partecipazione di
40 concorrenti che si contenderanno i premi messi in palio per i primi tre classificati.
L’olivo locrideo
al centro
di incontri e gare
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34 Reggio
Il coordinatore della lista Reggio Futura “orgogliosamente” al fianco di Arena e Scopelliti
Porcelli: “Il modello Reggio è ok”
E attacca il centrosinistra: «Continuano con le polemiche strumentali»
«IL DOCUMENTO approvato
in Consiglio, solo dal centrodestra, a tutela del buon nome
e dell’immagine di Reggio Calabria è stato,a nostro parere,
un invito a fare quadrato contro chi sta sparando a zero
sullaCittà, nonsullamaggioranza e sul Sindaco, ma sulla
collettività reggina nella sua
interezza». Lo afferma in una
nota Aldo Porcelli, coordinatore di Reggio Futura, il quale aggiunge: «Avremmo sperato che fosse piena, anche da
parte dell’opposizione, la condivisione sul documento presentato dalla maggioranza
Consiliare.Ci saremmo aspettato la richiesta di qualche
modifica o, al più, la presentazione di una mozione alternativa che quanto meno condividesse la sostanza, se non la
forma, di quanto presentato
dal centrodestra».
«Occorre constatare - dice
Porcelli - purtroppo, che ancora una volta l’unica preoccupazione di alcuni esponenti del centro - sinistra sia sempre di non porsi in modo costruttivo rispetto ai vari problemi che attanagliano la città ma quello di attaccare con
tutti i mezzi l’avversario politico di turno, il modello Reggio e in particolare l’ex Sindaco Scopelliti ora Governatore
Aldo Porcelli
della Regione».
«Ben venga un confronto
politico - aggiunge - in grado
di evidenziare e analizzare
problematiche sul territorio,
ciò che va assolutamente evitato è il tentativo di strumentalizzare ogni aspetto accrescendo negatività per evidenti vantaggi personali noncuranti del fatto che questo porta ad un processo, certamente
reversibile, di avvitamento
economico sociale e culturale
della nostra comunità. La situazione generale nel nostro
Paese non è delle migliori, le
ripercussioni negative le vivono anche tutte le Amministrazioni locali che sono chiamateascelte nonsemprefacili per uscire dalla crisi. Ecco
quindi che l’invito più volte
lanciato dal Presidente Scopelliti, e ribadito dal Sindaco
Arena, ossia quello di “fare
squadra”, ognuno nel proprio ruolo, di accelerare sui
percorsi di innovazione e razionalizzazione intrapresi
nelle varie amministrazioni,
sia la soluzione per costruire
un futuro migliore per il nostro territorio».
Reggio Futura «ha sempre
dimostrato di essere una forza propositiva, in grado di
raccogliere le istanze di una
grande parte della società
reggina; proprio con questo
spirito stiamo proseguendo,
con fiducia, il nostro percorso
a fianco del Sindaco Arena e
del Presidente Scopelliti. L’attuale Amministrazione Comunale sta proseguendo con
grande impegno sul cammino di rilancio della città, un
percorso reso difficile dalla
negativa congiuntura economica nazionale ed europea;
occorre quindi che tutti remino dalla stessa parte, lo chie-
dono tutti quei cittadini onesti checredono in unsano sviluppo di Reggio. Nella dismissione del patrimonio si è
voluto creare un caso, cercando di vedere chissà quali sotterfugi; l’operazione che si è
svolta alla luce del sole, con
soddisfazione di tutti coloro
che hanno aderito alle procedure trasparenti e funzionali
messe in atto, per consentire
ai cittadini di acquisire definitivamente il proprio alloggio, rappresenta uno dei tanti
esempi positivi di buona amministrazione rappresentata, in questo caso, anche dal
giovane Assessore Walter
Curatola».
Per Porcelli: «La gestione
oculata del Sindaco Arena sta
producendo i suoi risultati
che si incominciano a intravedere anche in direzione delle
tematiche sociali, di assistenza ai più bisognosi e ai disabili
che rappresentano una priorità per Reggio Futura». Per
Porcelli insomma «ci sono segni tangibili di un percorso
positivo, razionale, di una
classe dirigente che vuole fare proseguire la nostra città
in un percorso di cambiamento che è stato solo rallentato
dalla crisi economica presente in tutte le realtà sia nazionali che internazionali».
Il convegno si inquadra nell’ambito di attività pianificate dal Comune
Ecco come gestire il territorio
Seminari per accrescere le conoscenze nel settore agroforestale
Il consigliere Naso
«Soddisfatto
per la nomina
di Menonna»
“DESIDERO esprimere la
mia soddisfazione per la
nominadi MicheleMenonna quale responsabile del
settore adesioni del Coordinamento Grande Città di
Reggio”. Lo ha affermato il
consigliere comunale del
Pdl Pasquale Naso, commentando le nuove nomine effettuate dal neo coordinatore Daniele Romeo.
“L’amico e collega Daniele
Romeo –ha spiegato Naso ha interpretato, sin da subito, i bisogni del partito,
dando seguito ad un’organizzazione precisa e ampia
del coordinamento, al fine
di ottimizzare le risorse e le
idee, coinvolgere gli iscritti,egettarele basiperisuccessi futuri del Pdl. La nomina di Michele Menonna
– ha aggiunto Naso – è per
me motivo di grande orgoglio e felicità: Michele infatti proviene dal movimento giovanile e la decisione diRomeo, dunque,si
inserisce nel più ampio
orientamento del Pdl reggino che mira, senza dubbi, a coinvolgere le nuove
generazioni ed a lavorare
con i giovani per rafforzare la rappresentanza del
partito sul territorio, proporre idee innovative, fornire apporti dinamici e vincenti. Il contributo di Menonna –haconcluso Nasocosì come quello di tutti gli
altri responsabili di settore
nominati dal neo coordinatore, sarà prezioso in termini di idee, progettualità
e capacità politiche”.
SI è tenuto presso l’Aula Seminari della Facoltà di
Agraria dell’Università Mediterranea il primo importante convegno ”Formazione e ricerca al servizio delle
imprese agricole e forestali
per la gestione del territorio
in Calabria” che fa parte del
progetto promosso dal Settore Qualità Ambientale del
Comune di Reggio, in partenariato con l’Università
Mediterranea e finanziato
del Feasr nell’ambito della
misura 11del Psr Calabria
2007/2013.
Il convegno, che si inquadra nell’ambito di un più
ampio e articolato programma di attività di formazione e informazione
pianificate dal Comune di
Reggio Calabria, è stato organizzato dall’Assessore alle Politiche Ambientali ed
Energia, Tilde Minasi, dal
Dirigente del Settore Qualità Ambientale del Comune
di Reggio Calabria, Loredana Pace e dal Preside della
Facoltà di Agraria – Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, Santo Marcello Zimbone. Il progetto, nel
suo complesso, mira ad ac-
crescere le conoscenze degli
operatori del settore agroforestale nel campo della
gestione del territorio, con
particolare riferimento ai
servizi che l’attività agricola e forestale può fornire in
un contesto ambientale e socio-economico caratterizzato da profondi cambiamenti
e intende sensibilizzare i
giovani studenti ad un approccio che guardi alla tutela dell'ambiente e all'adozione di pratiche agricole a
basso impatto ambientale.
Il “modello formativo-informativo” ideato per il conseguimento degli obiettivi
strategici del programma,
prevede la messa in rete,
nella logica della sinergia
di sistema, di diversi soggetti , quali amministratori, ricercatori, professionisti ed operatori del settore
che, a vario titolo, sono responsabili della gestione
sostenibile del territorio e
delle sue risorse . Il calendario degli incontri programmati prevede una serie di seminari e workshop con cadenza mensile che si concluderanno nel luglio
2012.
Un particolare ringraziamento è stato rivolto dall’assessore Minasi e da Pace a
Zimbone che ha voluto sostenere l’Amministrazione
nella realizzazione di questa azione prevista nell’ambito del piano di sviluppo
rurale regionale. “Appare
oggi più che mai di fondamentale importanza - ha dichiarato Tilde Minasi - favorire la diffusione di un adeguato livello di competenze
tecniche che consentano di
migliorare le capacità professionali di coloro che operano nel settore, ma è indispensabile rivolgere la nostra attenzione ai giovani
ed orientare i professionisti
del settore agro-alimentare
a gestire le attività produttive agroforestali con una
particolare attenzione agli
aspetti innovativi della sicurezza alimentare , del benessere umano ed animale,
nel rispetto della salvaguardia delle biodiversità e
alle problematiche ambientali. L’agroforestale può,
dunque , rappresentare un
forte elemento di sviluppo
economico e produttivo del
territorio”.
Alla Provincia un evento per ipovedenti
OGGI , al Palazzo della Provincia, avrà luogo la conferenza stampa relativa alla presentazione della prima cena al buio di Reggio Calabria, dal tema “Non occorre solo
guardare per vedere lontano”. All’incontro parteciperanno il Presidente Unione
Italiana Cechi e Ipovedenti Armando Paviglianiti, il Presidente Kiwanis Junior Giuseppe Azzarà e il Presidente Rotaract Reggio Calabria Domenico Giuffrè.
«Una cena per scoprire che a volte i veri
ciechi siamo noi - si legge in una nota del
Rotaract di Reggio Calabria - Riscopriremo aromi e gusti a volte trascurati. Quelli
che noi chiamiamo ciechi, al buio vedono
benissimo e i ciechi siamo noi. Non è un test
di abilità, piuttosto un'esperienza forte,
per approfondire un mondo che non è quello di chi non vede, ma soprattutto quello
che solitamente non vediamo noi».
I clubs di Reggio Calabria del Kiwanis
Junior e del Rotaract Reggio Calabria saranno con i rappresentanti dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti in una sala immersa completamente nel buio per capire e far capire, anche attraverso i gesti
semplici eppure importanti del nutrirsi,
come si vive senza vedere. Un prelibato menù farà da cornice ad entrambe le serate di
domani e domenica presso la “Pepy’s Taverna” in cui si svolgeranno le prime Cene
al Buio realizzate a Reggio Calabria.
L’intervento della coordinatrice di Fli
«Sulla città fino a ora
soltanto inutili
accuse reciproche»
«ORMAI da diversi giorni una via d'uscita dalla crisi
leggiamo sui giornali le di- economico-finanziaria dei
chiarazioni di vari esponen- tempi attuali. E chi riuscirà
ti politici sulle vicende che ad indicarla con lucidità e a
hanno riguardato il caso perseguirla con coerenza
Fallara e la deposizione del raccoglierài frutti,anchein
Colonnello deiRos Giardina termini di consenso elettonell’ambito del processo rale, della sua lungimiran“Meta”. Abbiamo appreso le za».
Durante il Congresso citaffermazioni del Governatore Scopelliti e quelle relati- tadino che si è tenuto il 5 febve alle opposizioni: ciò che braio si è, infatti, «già ribadiemerso è solo una serie di ac- to che quella che noi vogliacuse da una parte e dall’al- mo è una politica che finaltra». Lo afferma in una nota mente si interroghi sulla
il coordinatore cittadino di “qualità della vita”, su quali
Futuro e Libertà, Teresa Ca- siano i valori veramente imtalano che evidenzia come portanti per il cittadino: lanessuno sia in grado di as- voro, qualità dei servizi,
sumere una posizione co- energia, ambiente. Ricordiamoci, infatti, che serve
struttiva.
dice infatti: «C’è chi accu- una politica legata al patto
sa Scopelliti non solo di aver per la crescita, al lavoro, a
dimenticato i propri doveri, quel miraggio per tanti gioapponendo la sua firma in vani che non riescono a troqualsiasi documento gli ve- vare un’occupazione. Vonisse sottoposto, ma anche gliamo una città rinnovata,
di non aver denunciato a con autonoma capacità di
tempo debito quanto a sua sviluppo, capace di trovare
con coscenza. Ma, dall’altra finalmente una propria voparte, c’è chi tuona contro i cazione di crescita dalla quale trarre reali
nemici di Regbenefici». Da
gio,
contro
qui per dire che
quella parte poè
necessario
litica che è per«Proporre polivasa da un’ostiche anche e
sessione” verso
soprattutto di
il Modello Regtipo Turisticogio e verso l’ex
Culturale che
sindaco Scopelsiano in grado
liti. Siamo codi promuovere
stretti, pertanuna crescita
to, a prendere
auto-propulsiatto che da nesva del nostro
suna parte politerritorio con
tica è stata
iniziative di sviespressa una
luppo endogeposizione in terno, e non attramini di idee e
verso politiche
contributi utili
che attingano
alla risoluzione
risorse
dei problemi Teresa Catalano
dall’esterno e
che attanagliache, pertanto,
no la nostra cithanno come unità».
co
effetto
Secodo Fli:
l’esportazione
«Mentre nei padella ricchezza
lazzi del potere
prodotta
sotsi acutizza semtraendola, in tal
pre più lo sconmodo, alla Città.
tro politico istiE lo vogliamo fatuzionale, la citre cercando di
tà versa in una
aprire degli scesituazione econari che non sanomico-finanranno di certo
ziaria
senza
quelli di alzare
precedenti, con
ripercussioni
negative l’asticella, ma di continuare
sull’erogazione dei servizi afar sorgeredubbie aportapubblici essenziali e sull’ese- re delle proposte. Riteniacuzione dei lavori pubblici». mo, a tal proposito, un doveLa sfida che Futuro e Li- re dal punto di vista morale
bertà intende intraprendere più che politico chiedere
«sta nella consapevolezza l’aiuto della parte migliore
che non ha senso continua- della società, e giocare la
re ad accusarsi l’uno con l’al- partita nelle istituzioni e
tro, a usare lo specchietto re- nella società stessa.
Ciò significa la capacità e
trovisore e a recriminare su
ciò che doveva essere e non è la volontà di lavorare insiestato; è urgente concentrar- me per costruire un futuro
si piuttosto su come risolve- migliore per la nostra città.
re i problemi del presente. Se E’giuntoil momentodi metsi vuol ridare un senso al- tere fine alle polemiche del
l'impegno politico, se davve- passato e di stringerci tutti a
ro si ambisce a disegnare già coorte, mettendo in campo
ora le coordinate della Reg- la forza delle idee in contrapgio del futuro, allora è indi- posizione alle vecchie logispensabile osare, mettersi che di potere per rilanciare
tutti in discussione ed esse- un processo di crescita reare pronti ad un confronto co- le. Il nostro appello è rivolto,
struttivo nell’interesse della pertanto, a tutte le forze politiche, affinchè si possa creanostra città».
«Bisogna innanzitutto - re un ideale tavolo politico
dice Catalano - sentirsi co- capace di realizzare dei promunità, perchè è indubbio getti su pochi obiettivi conche la partecipazione politi- divisi, su un trasparente inca tornerà ad essere il moto- teresse collettivo, su una
re della democrazia solo idea dell'immediato futuro
quando sarà prospettata della nostra amata città».
Indispensabile
tornare
a ragionare
sui problemi
della gente
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Reggio 25
Venerdì 2 marzo 2012
MILANO – «Se ho parlato con
Tagliavento? Soltanto su quello
che era successo con Borriello,
con il quale mi scuso così come
con i miei compagni di squadra
del Milan e con la società. Ho
fatto un gesto stupido, ma adesso dobbiamo guardare avanti».
INCHIESTA SU UN 10-0
40
Venerdì 2 marzo 2012
ZURIGO (SVIZZERA) – La Fifa
ha aperto un’inchiesta sul 10-0
con cui il Bahrain ha battuto l’Indonesia nell’ultima gara del girone E della fase di qualificazione
asiatica ai Mondiali del 2014. Il
Bahrain aveva bisogno di un
successo con 9 gol di scarto.
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Verso Euro 2012
Il commissario tecnico rammaricato
«Se avessimo tenuto degli stage
non avremmo perso l’amichevole»
«Troppe critiche, io non ci sto»
Prandelli sbotta dopo il ko con gli Usa: «Non interessava vincere ma fare test»
ROMA – Cento giorni all’Europeo.
Un’identità d’attacco nuova da costruire, senza altri appuntamenti nè
margini di scelta. Il recupero di Cassano come un miraggio lontano. Quello
di Rossi come un’incognita. Balotelli
titolare fondamentale ma sotto esame
di maturità. Gli elementi per indebolire le piccole ma solide certezze costruite in un anno e mezzo di nuova Italia ci
sarebbero. Ma Cesare Prandelli non
vuole sentir parlare di allarme. Anzi,
attacca duro – ed è la prima volta da
quando è sulla panchina della nazionale – di fronte alle critiche: «No, non
ci sto. Davvero non ci sto. Troppo comodo star a parlare per due giorni di
tutto tranne che di Italia-Usa, tranne
poi criticarla per una sconfitta in amichevole». Precisa, il ct azzurro, che al
risultato non pensava per nulla. «La
premessa è questa: mi fosse interessato vincere, non avrei sperimentato certe soluzioni. Ma se hai costruito qualcosa di buono in due anni, e ti vengono
meno dei punti fermi, devi avere il coraggio di provare qualcosa. Partite come questa mi servono a risolvere dubbi, e io l’ho fatto». Non fa nomi nè apre
il suo scrigno, ma i conti sono presto
fatti. In attesa di Balotelli, il gruppo
dei 23 per Polonia e Ucraina è in gran
parte fatto, attacco a parte. Un dubbio
per il terzo portiere, la difesa con otto
elementi (Chiellini, Barzagli, Bonucci, Maggio, Criscito, Ogbonna, Balzaretti), otto centrocampisti (De Rossi,
Pirlo, Montolivo, Thiago Motta, Marchisio, Nocerino, Aquilani se recupera, uno tra Palombo o un outsider); restano quattro posti d’attacco, cinque
se i nomi non daranno garanzie e se
negli altri reparti la versatilità dei protagonisti permetterà risparmi. Con
Balotelli titolare, Giovinco, Pazzini,
Matri, Osvaldo, Borini sono in fila, insieme con il jolly Di Natale: «Non posso
non prendere in considerazione i numeri di questo giocatore: ed è anche un
messaggio a chi pensa sia tutto scontato».
Di sicuro in attacco non c'è nulla. E
ancora meno certi sono i famosi stage,
piccolo esempio di un rapporto difficile tra nazionale e club. «Il tempo non è
IL DERBY DELL’OLIMPICO
Roma-Lazio “ritrova”
due protagonisti
Totti e Klose ci saranno
Il ct della Nazionale durante l’amichevole con gli Stati Uniti
una scusante, è lo stesso per tutte le nazionali – premette Prandelli – Certo, se
hai una squadra in evoluzione pesa di
più. Avessimo avuto degli stages, forse questa amichevole non la perdevamo. Ora vediamo se posso avere una
giornata a reparto, senza squilli di
tromba: altrimenti vorrà dire che sarò
l’unico ct a non averne mai fatti....»,
sottolinea rassegnato, ricordando che
anche Lippi trovò spazio tra gli ingorghi di campionato. Non ce l’ha con i
club, assicura il ct, ma in attesa che
dell’argomento si occupi il prossimo
consiglio federale per ora è mancato il
contatto nazionale-allenatori per
sbloccare la situazione.
«Vorrà dire che sfrutteremo al massimo i venti giorni di maggio», ricorda
rimandando le scelte agli esiti dei campionati. Anche quello inglese: «Balotelli è mentalmente il mio titolare, deve
maturare. Quanto alla telefonata che
mi aspettavo, ora lo lascio in pace, per
lui può essere un problema se tutti parlano...Ma tranquilli, i messaggi che
volevo mi sono arrivati. Sono stato il
primo a dire che sarebbe diventato tra i
quattro più forti attaccanti al mondo,
ma abbiamo fatto ottime qualificazioni senza di lui». C'erano però Cassano e
Rossi. «Faccio i conti con la realtà: loro
ora mancano, per questo devo provare
soluzioni coraggiose. Ma se abbiamo
poco tempo, ci ritroviamo il lunedì, per
due giorni si parla di tutto fuorchè di
nazionale e di fronte a esperimenti e a
una sconfitta leggo di allarmi, io non
ci sto: troppo comodo». Prandelli rivendica di aver costruito una nazionale che funziona: «Avevamo consolidato il meccanismo dei due attaccanti
piccoli, e i criticoni parlavano di “nanerottoli”: ora li rimpiangono...».
Lo spogliatoio si stringe attorno al tecnico per superare la crisi
Milito: «Siamo con Ranieri»
MILANO – Lo spogliatoio nerazzurro si stringe attorno a
Claudio Ranieri. La squadra
è compatta, ammette - a nome
di due giocatori particolarmente rappresentativi - di
non essere abituata a vivere
momenti critici, complessi e
difficile da gestire. «Siamo
con il tecnico», dice Diego Milito a Inter Channel. Il bomber - contro il Catania - dovrebbe giocare in coppia con
Pazzini nel “vecchio e vincente” 4-4-2. Quell'assetto tattico senza il trequartista
(Sneijder) aveva fruttato - tra
dicembre e gennaio - ben sette
vittorie alla squadra, proiettandola verso il terzo posto.
Poi il vento è cambiato, o meglio sono cambiati i risultati:
sette sconfitte e l’Inter è anda-
ta giù. Il perchè del cammino
da “gamberi“non se lo spiega
neanche Diego Milito. In
ogni caso l’attaccante evita di
addurre scuse e alibi e va al
cuore della questione. «La
faccia ce la mettiamo sempre
e, allora, eccomi qui», dice il
Principe ai microfoni della tv
nerazzurra. «Voglio chiarire
che noi siamo col mister e sottolinea l’argentino - siamo
consapevoli che nelle difficoltà i primi a pagare sono gli
allenatori, ma noi siamo
quelli che scendiamo in campo e ci dispiace».
Il rammarico c'è come la voglia di reagire: adesso l’importante è non perdere la
bussola per non ritrovarsi in
alto mare con 13 partite di
campionato ancora da gioca-
re. «In questo momento siamo in difficoltà
come squadra - prosegue l’attaccante -.
L’importante è uscire
da questa situazione,
con una vittoria che ci
dia tranquillità e sicurezza, già da domenica», contro il Catania.
La gara è importante e
delicata per Ranieri e Diego Milito
la società. «La gente ci
chiede di vincere, di vincere sostenerci come ha sempre
ancora come in passato, noi fatto».
Sulla stessa lunghezza
lo vogliamo fare. Siamo i primi a soffrire, cerchiamo di d’onda è Esteban Cambiasso.
dare il massimo, ma purtrop- «Non siamo abituati ad un pepo questo è un periodo di dif- riodo così - dice - L’unico moficoltà e dobbiamo essere più do per uscire è lavorare ed
uniti che mai: squadra, socie- esaminare tutti gli errori fattà e tifosi. Sono convinto che ti. Ora quello che ci serve sola nostra gente continuerà a no prestazioni e risultato».
Francesco Totti
Il laziale Klose
ROMA – Vincere la paura
di perdere il derby. Entrare
in campo con la mente libera. La Roma si avvicina alla
stracittadina contro la Lazio dovendo fare i conti con
uno stato d’animo per nulla sereno, nonostante la notizia proveniente da Trigoria del pieno recupero del
capitano Francesco Totti.
Una sconfitta, dopo i tanti
passi falsi in stagione, dalle eliminazioni in Europa
League e Coppa Italia alla
debacle di Bergamo, passando per il ko nel derby
d’andata, potrebbe rappresentare la classica goccia
che fa traboccare il vaso.
Lasciare i tre punti, e la supremazia cittadina, ai cugini metterebbe a rischio
non solo la panchina di
Luis Enrique, ma anche le
basi del progetto della Roma “made in Usa”. La pazienza dimostrata dalla tifoseria, potrebbe infatti
svanire di colpo nel caso in
cui Totti e compagni dovessero uscire a testa bassa
dalla sfida dello stadio
Olimpico. E l’allarme riguardante Totti, che domenica disputerà il suo 30/o
derby di campionato in carriera (finora 10 vittorie e altrettante sconfitte), è infatti rientrato visto che l'attaccante ha svolto l’intera
sessione di lavoro coi compagni. La lieve contusione
all’alluce del piede sinistro,
rimediata due giorni fa dopo un contrasto di gioco
con Cicinho, è solo un ricordo (tanto che per farlo
allenare è bastata una protezione in silicone, senza
nessun bisogno di utilizzare scarpini più larghi).
ROMA – Le mani strette alla caviglia dopo il contrasto con Cabaye in Germania-Francia avevano fatto
tremare i tifosi biancocelesti. «Come sta?» La domanda che si è rincorsa ieri sulle radio di fede laziale e davanti ai cancelli di Formello è stata per tutto il giorno
la stessa. E lui, Miro Klose,
rientrato dall’impegno con
la Nazionale a Brema, ha
voluto tranquillizzare tutti: alla Stracittadina ci sarà. «E' solo una botta, tutto
a posto. Non c'è problema
per domenica» ha spiegato
in italiano all’inizio della
conferenza stampa fissata
a Formello. L’intenzione è
di replicare quel gol giunto
in pieno recupero che riportò il successo del derby
sulla sponda biancoceleste
del Tevere. O, quanto meno, bissare la vittoria di ottobre. «Ho realizzato tanti
altri gol belli in carriera –
ha ammesso – ma quello è
stato senz'altro uno dei più
importanti. Mi ha fatto capire quanto questa sfida
fosse fondamentale per la
Lazio, i tifosi e la città».
L’impresa è ardua. La Lazio non vince in casa giallorossa dal gennaio 1998,
ma col bomber tedesco c’è
qualche chance in più. “Mito”tuttavia è un vero leader
e divide il merito dei suoi
gol (13 dall’inizio del campionato) con il resto della
squadra: «E' incredibile
l’affetto che mi stanno riservando i sostenitori e mi
aiuta a fare bene. Ma non
mi sento affatto una star.
Perquesto nonvoglioessere l’unico destinatario di
tutto questo supporto».
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Sport
MEXES SI SCUSA CON TUTTI
Cutro. Il reato fu dichiarato estinto non essendo stata contestata l’aggravante mafiosa
Rinuncia alla prescrizione, assolto
Il boss Grande Aracri scagionato in Appello dall’accusa di ricettazione
di ANTONIO ANASTASI
CUTRO - Ha rinunciato alla prescrizione il boss Nicolino Grande
Aracri, il boss di Cutro che era finito sotto processo a Parma per vicende che risalgono a una decina
di anni fa, e in Appello è stato assolto nel merito, “perché il fatto
non sussiste”. L'uomo conta finora 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere. E' considerato un
pezzo da novanta nel panorama
della criminalità organizzata del
Crotonese. Secondo i pentiti che lo
accusano, avrebbe scalato la gerarchia della 'ndrangheta fino ad
approdare al grado di “crimine internazionale”. Eppure i giudici
emiliani non gli contestarono
l'aggravante mafiosa, così l'accusa principale di ricettazione di assegni contraffatti cadde in prescrizione nel febbraio 2011. Il processo nasce da un'indagine condotta dai carabinieri di Parma e
dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna. I capi d'imputazione per Grande Aracri e per gli
altri tre coimputati Vito Martino,
Antonio Bonaccio e Giuseppe Colacino, tutti cutresi, erano circa
una ventina. Secondo la Dda, sarebbero stati coinvolti in un giro
di truffe e ricettazione di assegni
contraffatti i cui proventi sarebbero serviti a sovvenzionare il
traffico di stupefacenti dell'associazione mafiosa.
Nel corso del dibattimento, pe-
rò, non emersero prove sufficienti per collegare i fatti contestati alla criminalità organizzata, quindi Grande Aracri e Colacino furono prosciolti per prescrizione.
Condannati per spaccio di stupefacenti gli altri due. Martino, in
particolare, che in primo grado
ebbe sette anni e due mesi e 31mila
euro di multa per aver cercato di
portare 300 grammi di cocaina da
Milano in Emilia, in Appello è stato assolto anche lui. Grande Aracri e Martino li difende entrambi
l'avvocato Luigi Colacino, che, in
particolare, ha motivato la decisione di rinunciare alla prescrizione con la convinzione dell'estraneità del suo assistito ai fatti
contestati. E ha incassato l'asso-
luzione nel merito con ovvia soddisfazione.
Perché spesso alla prescrizione non rinunciano colletti bianchi o imputati, per così dire, eccellenti, che beneficiano
dell'estinzione dei reati Nicolino Grande Aracri
poiché lo Stato non è stato
Quest'ultimo è stato riconoin grado di celebrare un processo
sciuto colpevole di un altro capo
nei tempi dovuti.
Basti ricordare la polemica che d'imputazione legato allo spaccio
ha accompagnato il processo di stupefacenti e condannato, in
Milss in cui era coinvolto l'ex pre- primo grado, a 2 anni e 3 mesi di
detenzione, ridotti ieri a 2 anni.
mier Berlusconi.
Il processo si è celebrato davanti
Per lo stesso fatto di droga contestato a Martino, risalente all'ot- alla Corte d’Appello di Bologna.
tobre del 1999, è già stato condan- Giuseppe Colacino non ha impunato a 5 anni dalla Corte d'appello gnato la sentenza di prescrizione.
di Bologna il complice Bonaccio.
Petilia Policastro. Fermati dalla Finanza automezzi e disponibilità bancarie Isola Capo Rizzuto
Procedura
telematica
per la mensa
Sigilli ai beni di un imprenditore accusato di evasione fiscale scolastica
Sequestro da 94.000 euro
PETILIA POLICASTRO - I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Crotone hanno eseguito un
provvedimento di sequestro preventivo nei confronti di Francesco Carvelli, di 53 anni, un imprenditore di Petilia Policastro
ritenuto responsabile del reato
tributario di omesso versamento
di Iva.
Nel corso della preliminare attività d’indagine delegata dalla
Procura della Repubblica di Crotone, le Fiamme gialle avevano
riscontrato, infatti, che l’imprenditore, titolare di una ditta
di autotrasporti, aveva regolarmente presentato la dichiarazione fiscale per l’annualità 2007,
omettendo però il versamento
delle imposte dovute. In particolare, la ricostruzione effettuata
dai militari ha fatto emergere
l’omesso versamento di Iva dovuta per l’ammontare di circa
94.000 euro, somma superiore
alla soglia di punibilità di 50.000
euro oltre la quale, accanto alla
sanzione amministrativa, si rende configurabile il reato previsto
dall’art. 10 ter del D.Lgs. nr.
74/2000.
Gli approfondimenti investigativi hanno fatto emergere, peraltro, ulteriori elementi sintomatici di pericolosità fiscale, atteso che il titolare dell’impresa in
argomento non ha presentato le
dichiarazioni fiscali per i periodi
d’imposta 2009 e 2010, risultando per tali annualità “evasore totale”. A seguito dell’attività di polizia giudiziaria, quindi, è scaturita un’ ispezione fiscale, volta alla completa ricostruzione del giro d’affari realizzato dall’autotrasportatore.
In relazione all’omesso versamento dell’Iva per il 2007, già
quantificato, il Nucleo di polizia
tributaria ha segnalato alla competente autorità giudiziaria la
possibilità di richiedere l’emissione della misura cautelare reale del sequestro preventivo, finalizzato a garantire il concreto recupero delle somme dovute al Fisco.
Infatti, la legge 244/2007 (finanziaria per il 2008) ha previsto
l’estensione ai reati tributari
dell’istituto della confisca per
equivalente, caratteristico dei
delitti contro la pubblica amministrazione, in virtù del quale è
possibile soddisfare la pretesa
erariale sequestrando, in capo al
responsabile dell’illecito, i beni
costituenti il prezzo o profitto del
reato o, in mancanza, aggredendo il patrimonio personale
dell’indagato per un valore corrispondente a quello del profitto
stesso.
Il sostituto procuratore Francesco Carluccio, accogliendo la
proposta dei finanzieri, ha ri-
chiesto ed ottenuto dal gip del
Tribunale di Crotone, Paolo De
Luca, il decreto di sequestro preventivo in forza del quale sono
stati sottoposti a sequestro disponibilità bancarie e alcuni automezzi.
L’attività operativa testimonia
ulteriormente l’impegno del Corpo nella lotta all’evasione fiscale
nel segno della qualità e dell’efficacia dei controlli.
Nel corso del 2012, la Guardia
di Finanza si propone sempre più
di elevare la qualità delle attività
ispettive, attraverso il combinato
esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e di polizia tributaria, al
fine di ottenere concreti recuperi
delle imposte evase. I controlli
dei finanzieri del Comando provinciale, infatti, sono sempre intensi.
Una pattuglia della Guardia di Finanza
Cutro, convegno sulle testimoni di giustizia
CUTRO- Tre foto e una mimosa. Cutro c'è. Il Comune ha invitato i cittadini a partecipare, il prossimo
8 marzo, a un convegno per ricordare l'esempio di
Lea Garofalo, Giuseppina Pesce e Maria Grazia
Cacciola, tre donne che hanno rotto con la cultura
di 'ndrangheta pagando con la vita. E' stata accolta in toto la proposta lanciata dal direttore del
Quotidiano, Matteo Cosenza. Alle 10,30, nella sala Falcone e Borsellino, in occasione della festa
della donna, si ritroveranno Salvatore Migale,
sindaco di Cutro, Adele Bottaro, assessore provinciale di Crotone alle Pari opportunità, Teresa Cortese, vicesindaco di Crotone, Nella Scalise, presi-
dente del Lions club del Marchesato, Carmen Messinetti della Cgil, la consigliera comunale Maria
Grazia Lorenzano, delegata alle Pari opportunità,
la giunta e il consiglio comunale. A conclusione
del dibattito, i promotori del Cineforum 2012
proietteranno un documentario sulle donne coraggio.
E proprio ieri si è svolta un’udienza del processo
per l’omicidio di Lea Garofalo, davanti alla Corte
d’Assise di Milano (ce ne occupiamo in altra parte
del giornale, ndr), che si avvia speditamente verso
la conclusione. La requisitoria, infatti, è prevista
per il prossimo26 marzo.
ISOLA CAPO RIZZUTO - L’innovazione tecnologica al servizio dei cittadini e della pubblica amministrazione. Riguarda i servizi refezione e
trasporto scolastico la procedura telematica adottata dal Comune che
da un anno a questa parte ha sensibilmente snellito le operazioni a carico dei genitori dei piccoli studenti
e, nello stesso tempo, ha permesso
agli ufficicomunali diavere sempre
un quadro completo e dettagliato
della situazione.
La procedura telematica, operativa dal gennaio 2011, ha visto l’abbandono pressoché definitivo del
cartaceo, con la creazione di un database che raccoglie tutti le informazioni relative agli alunni delle scuole elementari e dell’infanzia che abbiano fatto richiesta per il servizio di
refezione scolastica; e di un altro che
raccoglie i dati degli studenti di elementari e medie che usufruiscono
del servizio di trasporto scolastico.
Niente più blocchetti da cui staccare i bigliettini traforati, dunque,
perché ciascun alunno è stato dotato di un badge personale ricaricabile, da “strisciare” ogni volta che sale
sul pullmino o usufruisce del servizio mensa. Lo “striscio” scarica in
automatico dal badge la cifra dovuta
per il servizio, e contemporaneamente invia la relativa informazione al servizio telematico del Comune
e a quello della ditta che garantisce
la refezione. «Permettendoci così –
spiegano dal settore Pubblica Istruzione del Comune – di avere sempre
una panoramica aggiornata della
posizione di ciascuno studente, dei
giorni in cui ha usufruito dei servizi
e dei relativi crediti e debiti».
Petilia Policastro. Si parte domenica prossima dalla vecchia stazione
Ferrovie dimenticate, Legambiente c’è
Una
precedente
edizione
dell’iniziativa
di FRANCESCO RIZZA
PETILIA POLICASTRO - Anche i circoli “Legambiente” di
Petilia Policastro, San Giovanni in Fiore e Crotone prenderanno parte alla quinta
giornata nazionale delle “Ferrovie dimenticate” unita mentente alle associazioni “Impronte d’Avventura”di Petilia
e “Bene Comune” di Crotone.
La stessa iniziativa si svolgerà con una pluralità di iniziative in tutta Italia ed ha lo
scopo di tenere vivo nella memoria il significato e l’importanza del patrimonio ferroviario nazionale; tentando di
valorizzare le ferrovie secondarie come vettori della mobilità dolce e trasformare le linee ferroviarie dismesse in piste ciclabili affinché almeno il
loro ricordo rimanga vivo.
Da un comunicato stampa
diffuso dal circolo petilino di
Legambiente presieduto da
Luigi Concio si apprende che
domenica 4 marzo la partenza
è prevista alle ore 9 nei pressi
dei ruderi della stazione “Cutro Scandale” ed interesserà
un tratto un tratto dell’ex ferrovia dismessa delle CalabroLucane: ”Crotone Petilia Poli-
castro”, lunga circa 41 Km,
che venne aperta nel 1930 e
definitivamente chiusa nel
1972.
Il tracciato della ferrovia fra
Crotone e Petilia recuperando
anche antichi tratturi utilizzati per la transumanza, a detta di Luigi Concio potrebbe
dar luogo ad un’ importante
“via verde”, che per il notevole
valore ambientale dei territori attraversati, può rappresentare una grande opportunità nel settore del tempo libero e del turismo rurale.
Lungo il corridoio ecologico, costituito dal sistema fluviale del Tacina, che collega
due importanti aree protette:
Il Parco Nazionale della Sila e
l’Area Marina Protetta di Capo Rizzuto”. Se ben valorizzato lo stesso tracciato che se-
condo alcuni avrebbe dovuto
ospitare i cantieri della strada
fra Petilia e Crotone potrebbe
almeno rappresentare un’importante risorsa naturalistica a disposizione di quegli
amanti della natura e
dell’escursionismo che non
sono pochi nel Crotonese dove, in vero, neppure il Parco
nazionale della Sila offre tutta
quella serie di attività naturalistiche frequenti, invece, nelle province di Cosenza e Catanzaro.
Una bella iniziativa e, soprattutto, un appuntamento
da non mancare per gli amanti della natura, quelli veri, e
delle attività all’aria aperta
che avranno la possibilità di
trascorrere una domenica a
contatto con ambienti incontaminati.
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Crotone 39
Provincia
Venerdì 2 marzo 2012
21
Venerdì 2 marzo 2012
REDAZIONE: corso V. Emanuele III, 58 - Vibo Valentia - Tel. 0963/471595- Fax 472059 -E-mail: [email protected]
Vigilanza privata
Capitaneria di porto
Ancora nessun accordo
sui lavoratori licenziati
Due persone soccorse
in mare dai Guardacoste
a pagina 25
a pagina 23
Nostra inchiesta sui beni confiscati in Calabria e in particolare nel Vibonese
I veri danni alla ’ndrangheta
Una gran parte delle proprietà non è stata ancora data in gestione
di GIOVANNI DURANTE
LA recente vicenda della
mancata fruibilità di un bene
confiscato sito nel comune di
Limbadi ha riacceso i riflettori sull’effettiva destinazione
delle proprietà sottratte ai
clan della ‘ndrangheta. Un
aspetto importante nel processo di contrasto alla criminalità organizzata per un duplice aspetto, perché sottrarre un bene alla mafia non solo
significa infliggerle una rilevante perdita economica, ma
anche dare la possibilità di
riutilizzare quel bene a favore di tutta la collettività.
Ebbene spulciando i dati disponibili sul sito
dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e
la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità
organizzata (ANBSC),abbiamo scoperto alcune cose interessanti.
Il totale di questi beni ammonta in Calabria a 1692 di
cui 83 nella provincia di Vibo
Valentia che è la realtà che ci
interessa più da vicino. Ebbene di questi 83 beni, sedici risultano essere delle aziende e
sessantasette sono invece
unità immobiliari e terreni.
Osservando quest’ultima categoria si rileva come il 31%
di questi (21) sono già stati
dati in gestione, il 54% sono
stati destinati e consegnati
(36) e il 12% (8) sono stati destinati ma non ancora consegnati (cioè significa che lo
Stato ha individuato il destinatario ma il bene non è anco-
ra effettivamente nella piena
disponibilità di questi) mentre il restante 3% (2) sono
usciti dalla gestione. Qui
emergono, per quanto riguarda il Vibonese, luci e ombre.
Infatti, da un lato è degno
di lode che la percentuale dei
beni già dati in gestione - che
per quanto riguarda la nostra provincia ammonta al
31% del totale - è più alta rispettoaquella dellealtreprovince calabresi (Catanzaro
ha il 30%, Crotone il 25%,
Reggio il 24% e Cosenza appena il 7%) mentre il dato percentuale dei beni già dati in
gestione assommato a quelli destinati e consegnati è perfettamente in linea con
quello delle altre
realtà in questione, compreso tra
il 77% della provincia di Cosenza,
l’85% delle province di Vibo,
Reggio, Crotone e il 90% registrato in provincia di Catanzaro.
La nota dolente arriva invece nel dato dei beni destinati ma non ancora assegnati
dove la provincia di Vibo svetta con il suo 12%su tutte le altre, seguita da Reggio Calabria con l’11%, Catanzaro con
il5%, Cosenzaconil3% eCrotone con il 2% del totale.
Sempre per quanto riguarda il Vibonese, scopriamo poi
che sono 15 su 50 i comuni
sul cui territorio esiste almeno un bene confiscato. A fare
la parte del leone, Nicotera e
San Calogero che con 19 beni
a testahanno ciascunoil 23%
del totale, seguiti da Limbadi
Sono 83 quelli
presenti
in provincia
Uno dei beni confiscati in provincia di Vibo. Questo apparteneva al clan Mancuso di Limbadi
con 16 unità (19%), Mileto
con 6 unità ( 7% ), Dinami e Filandari con 5 unità (6%), Tropea con 3 unità (4%), Briatico
e Parghelia con 2 unità (3%).
Seguono poi i comuni di Joppolo, Maierato, Pizzo, Ricadi,
Rombiolo e Serra san Bruno
con un bene ciascuno. Da notare che il 75% dei beni destinati ma non ancora consegnati (sei unità) è nel comune
di Nicotera mentre il restante
25% (due unità) è nel comune
di Filandari. Se poi suddividiamo tutti i beni sottoposti a
sequestro e confisca per tipologia, scopriamo che per
quanto riguarda gli immobi-
li ad uso abitativo, 10 unità
(pari al 28% del totale) si trovano sul territorio del comune di San Calogero e 9 unita
(pari al 26% del totale) sul territorio del comune di Nicotera. Seguono Dinami e San Calogero con tre unità, Mileto e
Parghelia con due unità e poi
Tropea, Ricadi, Rombiolo, Filandari, Joppolo e Briatico
con una unità ciascuno. Per
quanto riguarda i terreni, in
testa alla classifica si colloca
ancora il comune di San Calogero con 8 appezzamenti (pari al 32% del totale) seguito da
Nicotera con 7 (28%), da Limbadi e Mileto con 4 ciascuno
(16%) e Tropea e Filandari
con una unità ciascuno. Infine per quanto riguarda le
aziende e gli immobili destinati a attività commerciali,
svetta ancora il comune di
San Calogero con 8 unità (pari al 38% del totale di quelle
confiscate), seguito da Nicotera e Filandari con tre unità.
Un patrimonio di tutto rispetto che va reso quindi subito fruibile alle collettività di
riferimento. Una battaglia
che deve vedere unite l’Agenzia nazionale, la prefettura e
gli enti locali, nonché le associazioni antimafia come “Libera”e“Riferimenti”.
PROVINCIA
«Il lavoro utilizzato come oggetto di scambio»
«ABBIAMO sempre denunciato come, in questa provincia, una certa politica, e soprattutto certi suoi rappresentanti, usino servirsi nel modo più
spregiudicato e volgare dei bisogni
della gente. In particolare, di come
utilizzino il diritto al lavoro come oggetto di scambio, di promessa, per i
più infimi scopi, non sempre solo elettoralistici. E come a questo, a volte, si è
reso complice anche un certo tipo di
sindacato, e certi suoi rappresentanti, che, grazie alla propria consolidata
funzione paternalistica ed assistenzialista, ne hanno utilizzato tali scopi
per raggiungere in maniera opportunistica i propri obiettivi».
Parte da questo la riflessione del
partito del dipartimento lavoro di Rifondazione Comunista (Federazione
provinciale) la quale evidenzia come
Rifondazione Comunista punta il dito contro
il presidente dell’ente, Francesco De Nisi, e Sel
in entrambi i casi questi obiettivi, a
volte anche comuni, sia della politica
che del sindacato, nonsiano mai coincisi con il processo di innalzamento e
di emancipazione della popolazione
dai suoi bisogni, con il riconoscimento del diritto al lavoro.
Laquestione emersain questigiorni, circa l'assunzione di due unità nel
bacino degli ex art. 7, nel bacino del
precariato, non sembra, a parere del
Prc poi così «distante dalle solite e consolidate dinamiche clientelari che
hanno come unico scopo quello appena descritto», tant’è che il partito crede che bisogna avere molto rispetto
dei lavoratori, e soprattutto di chi si ritrova da più di dieci anni precario senza prospettive certe. Per questa la federazione provinciale chiede che vengano date spiegazioni chiare, soprattutto dal presidente della Provincia,
«colui il quale solo poco tempo fa aveva additato il suo predecessore come
l'unico responsabile del prodotto precariato alla Provincia, proprio per interesse personalee clientelare».Nella
vicenda viene chiamata in causa anche Sel per spiegare «come il suo ingresso nella maggioranza, e il suo
rappresentante in giunta, abbia contribuito al rivoluzionario cambia-
mento. Bisognerebbe spiegare ai cittadini di quanto di quel bellissimo e
vacuo programma- lottaper lalegalità, per la trasparenza, per scardinare i
vecchi e logori metodi - si stia concretizzando. A noi appare che nulla sia
cambiato, anzi semmai il contrario.
Che le nostre critiche erano più che
fondate, e che la svendita di un’identità di sinistra, e dei voti di chi a creduto
all'alternativa è stata fatta solo per miseri interessi di bottega: il mutismo selettivo dei rappresentanti di Sel a palazzo ex Enel ne sono una conferma».
Da qui l’auspicio di Rifondazione
che presto dalla Provincia arrivino le
spiegazioni opportune a questa vicenda, «soprattutto per dovere morale verso i lavoratorie le lavoratrici che
hanno il diritto di sapere cosa accade
dentro quelle mura».
LA RIFLESSIONE
Chiunque
nessuno
e qualcuno
GLI uomini, avvezzi alla
paura e all'audacia, i
muscoli tesi allo spasimo, conficcano con atavica forza il simbolo della loro libertà: la guidata
trave colpisce il solitario
occhio; il gigante barcolla, e con lancinanti
rantoli chiama i fratelli :
“Accorrete, nessuno mi
ha accecato “.
Nessuno….Chiunque…..L'immagine dell'umida e sanguinante
grotta mi viene in mente
quando , dapprima distratto, leggo una solerte e-mail di un noto centro culturale cittadino
che pubblicizza una lodevole iniziativa per avvicinare i più piccoli alla
lettura .
C'è qualcosa di strano;
faccio attenzione; rileggo: “ Le letture sono
aperte ai gruppi di bambini con mamme, nonni
e chiunque voglia venire a leggere e ad ascoltare storie”. Mamme, nonni...manca qualcuno ?
Ah,sì, il padre. Ma quello, forse, è incluso nel “
Chiunque”, perché è un
nessuno senza colore,
senza fregi, senza emozioni, amalgamato in
una massa indefinibile e
indefinita.
Milioni di chiunquenessuno morti in devastanti guerre, schiacciati da massacranti lavori, soffocati in lontane
miniere.
Milioni di chiunquenessuno che chiedono di
poter essere qualcuno
anche fuori dagli orari
di visita, a Natale e non
solo a Capodanno, per
tutta l'estate e non solo
per sette giorni da comunicare “con adeguato anticipo”. Chiunquenessuno che vorrebbero
leggere le conosciute
fiabe qualche sera in più
di una o due al mese.
Chiunque-nessuno
che diventano improvvisamente un grassettato nome e cognome
quando si tratta di stabilire il lauto mantenimento, oramai assurto a
riconosciuta rendita vitalizia.
E' questo il pernicioso
messaggio che ha inquinato la nostra società e
che non abbandona in
nostri Tribunali: il padre è un'entità voluttuaria, un chiunque di passaggio ma non necessario, un'esistenza dubbia
ma certamente inutile.
Ma il Nessuno della
nera grotta, forte del
suo essere anonimo,
senza precostituiti meriti e privilegi, guida i
compagni e li salva dal
vorace Ciclope, e giunge
infine all'adorata patria, dove l'amore compie il rinnovato miracolo: la maschera sbiadita
del chiunque-nessuno
si trasforma nel tanto
cercato volto del Padre.
Pierluigi Lo Gatto
Presidente “
Associazione papà
separati” Vibo
ValentiaAdiantum
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Vibo
dal POLLINO
alloSTRETTO
«Se mi convocano dico tutto»
calabria
ora
VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 5
Parla Franco Labate, l’imprenditore intercettato nello studio di Barbieri
DI CONSOLATO MINNITI
le frasi
«Lui sa chi sono»
Mi ha lasciato
amareggiato essere
stato pubblicamente
definito un
“balordo” dal
governatore
Tutelerò la mia
immagine
La zona grigia
Le indagini
e i processi
riguardanti rapporti
tra mafia e politica
in corso parlano
molto più di quanto
io possa fare
Il caso Fiume
Era una voce
ricorrente quella
secondo cui Fiume
appoggiò Scopelliti
Io dico solo che non
mi sembra che faccia
politica solo dal 2002
Romeo e De Stefano
Mi sembra
anomalo
che ogni cosa che
accade in questa
città venga
ricondotta sempre
alle solite persone
«Se mi chiameranno non esiterò a rispondere alle domande che mi saranno fatte ed a fornire tutti i
chiarimenti del caso». Dopo l’annuncio di possibili
querele nei confronti del governatore Giuseppe Scopelliti, Franco Labate rompe definitivamente il silenzio e lo fa in un’intervista concessa in esclusiva a Calabria Ora. L’imprenditore fu intercettato all’interno dello studio di Domenico Barbieri, soggetto coinvolto nell’operazione “Meta”. Nel corso di alcune conversazioni tra i due, ed alla presenza di un altro soggetto non identificato, Labate disse alcune frasi
riprese poi dal colonnello Valerio Giardina nel corso
della sua deposizione in aula. Secondo quanto emerso, l’allora sindaco Scopelliti fu appoggiato elettoralmente dalla cosca De Stefano, tanto che addirittura
Antonino Fiume (oggi collaboratore di giustizia) ne
sarebbe stato una sorta di supervisore. Ma nel corso
della discussione si parlò anche dell’ipotetico ruolo
del fratello di Peppe, Tino e di una sorta di “grumo
di potere” che comanderebbe la città. Franco Labate, per la prima volta, decide di parlarne pubblicamente, ma solo alla presenza del suo avvocato di fiducia, Francesco Comi, che, tra le carte del suo studio, deve darsi da fare per “tenere a bada” quello che
definire un fiume in piena sarebbe quasi riduttivo. Ha
voglia di parlare, Labate. Si sente profondamente
mortificato e non accetta che lo si dipinga come un
poco di buono.
Labate, avrebbe mai pensato che le sue
chiacchierate private con Barbieri sarebbero
diventate “pietra di scandalo” di uno dei processi più importanti degli ultimi decenni?
«Guardi, il problema non è tanto il fatto che siano
entrate nel processo. So bene che l’Arma fa il proprio
dovere, conduce indagini e cerca sempre la verità.
Quel che mi ha lasciato amareggiato è l’aver saputo
di essere stato pubblicamente definito un “balordo”
dal governatore, che sa bene chi sono. Come già anticipato, ovviamente, le confermo che assieme al mio
legale, avvocato Comi, intraprenderemo tutte le iniziative legali a tutela della mia immagine».
D’accordo, ma lei ha affermato cose gravissime. «Sopra il sindaco c’è stato Fiume», ricorda di averlo detto? Potrebbe spiegare,
una volta per tutte, cosa intendeva dicendo una frase del genere?
«Consideri che si trattava di un contesto
molto privato, per cui io ho detto semplicemente quel che da diversi anni ormai si vocifera nel mio ambiente. Non dimentichi che
sono un imprenditore e frequento tantissime
persone e posso dire che era una voce ricorrente quella secondo cui Fiume appoggiò
Scopelliti».
Perfetto. Ma il governatore ha
smentito, dati alla mano, spiegando che lui è diventato sindaco dopo il pentimento di
Fiume. Come lo spiega?
«Dico solo che non mi
sembra che Peppe Scopelliti faccia politica solo dal 2002».
Un altro personaggio che pare abbia avuto un ruolo
importante è Pino
Scaramozzino. Che
può dirci in proposito?
«Conosco Pino da
tantissimo tempo, l’ho
incontrato da quando
lui era geometra al consorzio. L’unica cosa che
mi sento di dire con certezza è che lo vidi dietro la
Franco Labate
porta della segreteria del sindaco, pochi giorni dopo che
Giuseppe Scopelliti
Scopelliti fu eletto. Ma non saprei dire altro sul con- riodo. Fatti come quelli accaduti nel recente passato
sono assolutamente inediti».
to di Scaramozzino».
Il colonnello Giardina l’ha invitata più volLa Calabria intera si chiede come lei abbia
fatto a conoscere certi dettagli dei presunti te ad andare a riferire ciò che sa, a chiarire in
rapporti tra ’ndrangheta e politica. Può dirci procura quei passaggi che – ad avviso dell’ufse si tratta di puro chiacchiericcio tra amici, ficiale – potrebbero essere approfonditi. Ino è a conoscenza di elementi che diano soste- tende farlo?
«Sul punto non intendo dire nulla, se non che nelgno alle sue parole?
«Sono sotto gli occhi di tutti le inchieste ed i pro- l’ipotesi in cui qualcuno dovesse chiamarmi, io sarò
cessi riguardanti i rapporti tra mafia e politica. Cer- sempre disponibile a rispondere a tutte le domande
che mi verranno poste e fornire i
to, può essere un semplice chiacchiarimenti del caso. Non potrei mai
chiericcio tra amici, ma le indagini
Le
sue
parole
esimermi dal riferire quel che è a
parlano molto più di quanto io possono state
mia conoscenza».
sa fare».
Cosa ha provato sentendosi
Scopelliti ha perso le staffe
riprese poi
tirato dentro una questione
quando si è parlato di suo fradal colonnello
che coinvolge le più alte sfere
tello Tino. Perché?
«E la sorprende? A me per nulla.
Valerio Giardina della Regione?
«Ho provato quel che ogni cittaMi appare del tutto normale la readino onesto avrebbe provato al mio
zione del governatore, in quanto è
notorio ed ovvio che sia legato da grande affetto al posto. Non credo che le alte sfere siano state toccate
proprio fratello. No, la sua reazione non mi stupisce solo ultimamente. Basta leggere gli organi d’informazione, ad eccezione di qualcuno che pare asserviproprio».
E se le dico Paolo Romeo e Gior- to a certi poteri. I cittadini sono sfiduciati e la città
gio De Stefano, lei cosa mi ri- sembra ormai apatica».
Chi è veramente Franco Labate?
sponde?
«Una persona che ha un caratteraccio, che vive di
«Che tutti possono aver commesso degli errori in passato, ma sport, pattinaggio in particolare, e che è innamorato
mi sembra anomalo che ogni co- della sua città. Ma Franco Labate è anche una persosa che accade in questa città ven- na che non può non constatare la differenza tra il
ga ricondotta sempre alle solite passato, il presente ed il futuro. Prima vi erano molpersone. Io presumo che se del- ti meno soldi, ma tanta moralità ed etica. Oggi girale responsabilità vi sono, que- no tantissimi denari, ma non se ne conosce la proveste vanno ascritte anche ad al- nienza. E poi avverto, oggi come non mai, l’assenza
tri. Vede, nella mia lunga delle istituzioni politiche. Pochissimi fanno il proprio
esperienza posso dire dovere e ciò ha consentito a questa città di essere
di aver visto molte conquistata. Ma vuole sapere davvero chi è Franco
amministrazioni co- Labate?»
Certamente.
munali.
Sono
«È il figlio di Lorenzo, persona cristallina; è un impassati 55 anni,
ma non è mai prenditore in grado di costruire il palazzo dello sport
di Reggio Calabria in 54 giorni per far giocare qui la
successo
quel che ho Viola nel suo primo anno di A; Labate è colui che mise 150 milioni delle vecchie lire, durante la sindacavissuto
tura Granillo, perché Ciccio Franco bocciò la delibenell’ultira delle feste patronali; Labate è il titolare dell’immo
pe- presa che portò le condotte dell’acqua in molti centri della periferia reggina ed i cui dipendenti furono
accolti tra gli applausi; Labate è l’imprenditore che,
nel giorno di S. Stefano di tanti anni fa, fu chiamato dall’amministrazione comunale per una
frana in centro ed all’ultima palata di
fango trovò il corpo di un uomo. Mi dica lei: questo è un balordo?».
6
VENERDÌ 2 marzo 2012
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
S T R E T T O
ora
l’inchiesta della procura di locri
LOCRI (RC) Via libera ai lavori di scavo in contrada Titi, tra i
monti alle spalle di Placanica, nella Locride, dove sarebbero stati interrati fusti tossici. Dopo aver letto attentamente la relazione partorita dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, i magistrati
della Procura della Repubblica di
Locri a capo dell’inchiesta, Giuseppe Carbone e Salvatore Cosentino,
hanno dato l’ok, così stamani i militari del Corpo forestale di Reggio
Calabria e i vigili del fuoco si recheranno sul posto per iniziare a
scavare. Solo poi si potrà conoscere cosa è stato sepolto nelle viscere del sottosuolo di contrada Titi.
Era stato un uomo, un tipo di cui
non sono state rese note le generalità per motivi di sicurezza, il primo
Fusti tossici interrati dai clan?
I magistrati hanno dato l’ok: stamani i lavori di scavo sui monti di Placanica
a rivelare il segreto: «Persone di
cui non so la vera identità, nel ’97,
hanno scavato una buca immensa
per nascondere fusti verdi», ha
svelato agli inquirenti. Lui si dice
un testimone oculare. Ha indicato
agli investigatori il sito sospetto: si
trova accanto a un cimitero di periferia ed è stato già monitorato dagli agenti del Corpo forestale. Con
loro, quel giorno, c’erano ingegneri e geologi dell’Istituto nazionale
di geofisica e vulcanologia. I dati
catturati dal magnetometro, un
marchingegno in grado di intercettare materiale sospetto nascosto
sottoterra, sono stati elaborati e inseriti in un documento: «Il sito scrivono gli esperti giunti da Roma nella relazione consegnata ai
magistrati della Procura di Locri presenta anomalie e tracce metalliche».
Il documento ora costituisce un
importante riscontro:«A seguito
del rilievo magnetometrico - annota il firmatario del rapporto, Marco Marchetti - è stata individuata
nell’area in esame un’anomalia
magnetica piuttosto intensa e ben
localizzata, di forma particolare,
sulla cui natura è difficile formula-
re delle ipotesi». Non è dato sapere, al momento, l’identità della fonte segreta. Il suo nome è top secret.
Ha riferito agli inquirenti che una
notte, mentre percorreva in auto
la strada di montagna che conduce a Serra San Bruno, ha intravisto
delle luci. Correva l’anno 1997, e la
scena che si aprì a lui fu questa:
«Quando scesi dall’auto, vidi degli
uomini, un escavatore e una buca
immensa. I fusti verdi - afferma erano ancora ai bordi della buca».
Si rivolse a un tipo:«Mi disse che
erano lì per portare a termine
un’opera pubblica». Il luogo è sta-
to più volte ispezionato, ma i militari del colonnello Giorgio Borrelli ci vanno cauti. Le indagini avviate per far luce sui veleni interrati
dai clan non hanno mai avuto esito positivo. Il collaboratore di giustizia Francesco Fonte, un ex mafioso, ha più volte parlato di mercantili inabissati. E non per sentito dire:«Io ne ho affondati tre», ha
dichiarato ai magistrati. Trasportavano, a suo dire, scorie radioattive.
Il pentito ha anche rivelato che nei
fondali della Calabria giacciono
circa trenta navi tossiche. Ha riferito di conoscere ogni particolare sulla Cunsky, annegata, afferma, nel mare di Cetraro. Confidenze molto dettagliate, ma mai
riscontrate.
Ilario Filippone
«Non ho ucciso io Lea Garofalo»
L’ex compagno Carlo Cosco ai giudici: lei ha mentito, non ci stava con la testa
COSENZA «Lea ha sempre mentito. Sapeva che non
ero un uomo di ’ndrangheta
perché conosceva sia me che la
mia famiglia. Ha detto una bugia perché in quel periodo non
ci stava con la testa. Non l’ho
uccisa io... se avessi voluto ammazzarla lo avrei fatto in Calabria». Sono le dichiarazioni di
Carlo Cosco rese davanti ai giudici della Corte d’assise di Milano. L’ex compagno di Lea
Garofalo, accusato assieme ad
altre cinque persone di aver sequestrato e sciolto nell’acido la
testimone di giustizia, ha chiesto di fornire dichiarazioni
spontanee ai giudici per cercare di convincerli sulla sua completa estraneità all’assassinio.
Sugli ultimi giorni trascorsi a
Milano dalla testimone di giustizia, prima che venisse fatta
sparire, ha affermato: «Lei voleva venire a Milano e a me faceva piacere, io quella sera l’ho
riportata in albergo a tarda
notte. Se dovevo ucciderla, lo
facevo a Catanzaro non arrivavo certo in Lombardia». Cosco
ha proseguito dichiarandosi
vittima di un macroscopico errore giudiziario generato dalle
dichiarazioni rese da Lea che
avrebbe parlato ai magistrati
quando non era in condizione
di distinguere il vero dal falso:
«Mi aveva detto che aveva raccontato degli omicidi, ma mi
ha raccontato anche che era
una bugia, perché non aveva la
testa».
«Con la mia ex non riuscivo
a trovare un equilibrio familiare e di lei non me ne fregava
più niente». Lea Garofalo è stata descritta così come una
mezza matta e una bugiarda
che avrebbe accusato il suo ex
compagno per rancore, un
rancore così forte da spingerla
a vivere anni di solitudine ed
esilio per poi essere assassinata con una crudeltà disumana.
È questo l’ultimo affronto nei
confronti di una donna che ha
osato schierarsi dalla parte dello Stato che l’ha usata per poi
abbandonarla ai suoi aguzzini
che l’hanno fatta sparire fra il
«Lo Stato ha lasciato ammazzare Lea»
Intervista a Marisa Garofalo, sorella della testimone di giustizia sciolta nell’acido
DI FRANCESCO FERRO
«Mia sorella era una ragazza solare
con mille sogni nel cassetto. Nata in
un paesino del Crotonese cercava una
vita migliore e si rammaricava di non
aver potuto continuare gli studi. Aveva voglia di fare sempre cose nuove, di
evadere. Poi, a soli 15 anni, il fidanzamento con quel giovane e il sogno di
un amore che alla fine le ha negato la
vita». Marisa Garofalo sorella di Lea,
la giovane testimone di giustizia attirata in una trappola e sciolta nell’acido, ha deciso di combattere nelle aule dei tribunali per ottenere giustizia.
È l’unico modo che oggi le rimane per
fare qualcosa per Lea, per sentirla ancora vicina, starle accanto e tenerla
stretta per mano come faceva quando
erano bambine e affrontavano unite
re i conti con la povertà. Avevo i pila paura del buio.
Per Lea un sogno di libertà docchi addosso - ci rammentava semcancellato con una barbarie di- pre - però non ho mai rubato. Quel
poco che ho ottenuto l’ho avuto grazie
sumana.
«Aveva solo sedici anni quando è al lavoro. Noi siamo cresciute con
nata la figlia Denise e subito ha capi- questi valori, un modo di intendere la
to che quello non era il matrimonio vita che ha dato la forza a Lea di ribelche sognava, non era la vita che desi- larsi all’ingiustizia e alla mentalità maderava. Col passare degli anni questa fiosa».
Cosa si poteva fare e cosa non
passione adolescenziale, che per lei
avrebbe dovuto rappresentare una vi- si è fatto per salvare Lea?
«Lo Stato non ha fatto nulla per evita migliore, si è trasformata in una prigionia, un incubo da cui fuggire. Ha tare che l’ammazzassero. Mia sorella
capito che chi aveva accanto non era dopo essere scampata al tentato seil principe azzurro con cui vivere una questro di Campobasso ha sporto una
favola d’amore ma un uomo violento dettagliata denuncia. Ha chiamato i
e senza scrupoli. Si è trovata a fare i carabinieri che hanno verificato che il
conti con una realtà che la soffocava e tentato rapimento c’era stato e che,
alla quale si è ribellata con tutta la for- quindi, non era una visionaria. Ma
za che aveva dentro. Per mia sorella non è servito a nulla. Dopo l’accaduto
Denise era tutto e, per garantirle un ha dormito in macchina per tre giorfuturo migliore, ha avuto il coraggio di ni davanti al Comune di Campobasso
nell’indifferenza geaffrontare da sola
nerale. L’hanno ignopaure e umiliazioni.
una vita
rata, eppure sapevaUna volta mi ha detno che era una testito: “Stiamo facendo la
difficile
mone di giustizia. È
fame e non ho neppuNostro padre stata
abbandonata
re i soldi per mandare
così come accade a
la bimba a scuola”. è stato ammazzato
tanti altri testimoni di
Una sera ha chiesto al quando eravamo
giustizia lasciati al
proprietario di un bar
proprio destino».
dieci euro in prestito molto piccole. Ma
Lea Garofalo coper far mangiare la siamo cresciute in
me Maria Concetbambina ma le sono
maniera sana
ta Cacciola; due
stati negati. Da quel
donne che hanno
giorno non ha più con il nonno
scelto di schierarsi
chiesto nulla, ha precon la legalità
ferito sopportare tutte
usando l’arma della denuncia.
le privazioni con dignità».
Anche l’infanzia di Lea è stata Entrambe però hanno perso la
segnata da privazioni e violenza. sfida. Si sono immolate per nul-
le frasi
A sinistra, Lea Garofalo; sopra, la testimone di giustizia con la figlia Denise in
una delle ultime immagini
itti grai gratis
oco più
rceli. E
zioni per aiutare a sconfiggere la
«L’ennesimo affronto dello Stato
’ndrangheta. Purtroppo in cambio che si lamenta per la carenza di fondi
non ha ricevuto nulla, è stata tradita, da destinare ai programmi di protel’hanno fatta ammazzare. Perché zione e che poi fornisce il gratuito pal’omicidio di Lea così come la tragica trocinio a gente accusata di delitti grafine di Concetta Cacciola potevano es- vissimi. Loro hanno avvocati gratis
sere evitati. Io non voglio dire che nel- mentre noi con stipendi di poco più
le istituzioni sono tutti corrotti ma di di mille euro dobbiamo pagarceli. E
gente onesta anche tra i magistrati ce questa è una cosa equa?».
Se avesse la possibilità di parne dovrebbe essere di più».
Delusa da certa magistratura? lare all’ex compagno di Lea o agli
«Ho avuto a che fare con una magi- altri imputati cosa direbbe loro?
stratura distratta e spero che questa
«A me farebbe schifo anche guardistrazione finisca sia per quanto ri- darli in faccia. Quando sono stata in
guarda l’esito del processo sulla mor- udienza e loro erano lì non ho mai gite di Lea sia per la tutela che devono a rato la testa perché non voglio vedermia nipote. Anche Denise oggi rientra li. Spero solo che vengano condannain un programma di protezione e mi ti all’ergastolo così non potrò mai inauguro che venga tutelata perché già crociare i loro sguardi».
è stata privata dell’amore della madre.
Che senso ha oggi per lei la paLe è stata rubata l’infanzia e l’adole- rola perdono?
scenza perché a soli dieci anni è entra«Non esiste perdono per chi ha pota nello stesso protuto commettere un
gramma di proteziofatto così grave e disuil coraggio
mano e neppure si sone della mamma. Ora
è completamente sodi denunciare no pentiti per quello
che hanno fatto. Io sola, lontana dagli affetL’omicidio
no per il perdono ma
ti dei familiari e spero
non in questo caso.
che questo esilio af- di mia sorella
Loro non lo meritano,
fettivo possa avere fi- così come la
devono restare in carne garantendole sicucere a vita. Speriamo
rezza e giustizia. Chi tragica fine di
che sia fatta giustizia
le ha ucciso la mam- Concetta Cacciola
almeno ora».
ma deve scontare una
potevano
Non ha paura di
giusta pena».
ritorsioni o di venIl processo per essere evitati
dette?
l’omicidio di Lea
«No, mi sento in
dopo la sostituzione del giudice è ripartito da zero dovere di andare avanti. Lea mi dicee la sentenza deve arrivare en- va non fate nulla per me perché loro
tro luglio per evitare la scarcera- vogliono punire solo me, voi restatene
di para o agli
e loro?
e guarstata in
mai givederdannamai in-
Mia sorella dopo
essere scampata al
tentato sequestro di
Campobasso aveva
sporto una
dettagliata
denuncia. Ma non è
servito a nulla.
L’hanno ignorata...
Lea aveva 16 anni
Lea aveva 16 anni
quando
nata
la
quando è è
nata
la
figlia Denise. Subito
figlia
Denise.
ha capito
che chi Subito
accanto non
ha aveva
capito
che
chi
era il principe
azzurro
ma un
aveva
accanto
non
uomo violento e
scrupoli
erasenza
il principe
azzurro ma un
Denise era tutto e
uomo
violento
e
per garantirle
un
futuro migliore ha
senza
avuto scrupoli
il coraggio di
affrontare da sola
paure e umiliazioni
Lotterò per mia
nipote, ora lasciata
Marisa Garofalo
in un’intervista
completamente sola
rilasciata a CO parlava proprio di
Il gratuito
Cosco come un
uomo violento e
patrocinio all’ex
l’ennesimo
senza scrupoli,marito
ora èl’ex
compagno
affronto dello Stato
di Lea si difende davanti ai giudici
24 e 25 novembre 2009. Lea ma io vengo da una famiglia
Garofalo nel 2002 aveva deci- onesta di lavoratori e ho la coso di testimoniare sulle faide scienza pulita. Lasciate stare la
interne tra la famiglia Cosco e mia famiglia e gli altri imputaun’altra rivati, siamo tutti
le, parlando «La sorella della
innocenti».
anche di alcuInventati,
mia ex mi ha
ni omicidi, ed
secondo Coera finita sotsco, sarebbedefinito violento
to protezione,
ro anche i dete senza scrupoli
programma
tagli sull’omima
non
è
così»
da cui era pecidio messi a
rò uscita nel
verbale da
2006.
Angelo Cortese, il pentito riteIeri Cosco ha continuato nuto testimone chiave dell’innelle sue esternazioni rivolgen- chiesta in questa storia di
dosi ai giudici chiedendo di 'ndrangheta tra Calabria e Minon essere giudicato sotto una lano. Raccolte le dichiarazioni
pressione mediatica che lo dell’imputato l’udienza è stata
vuole già colpevole: «Siamo aggiornata al 26 marzo quannelle vostre mani, abbiamo fi- do la parola passerà al pm per
ducia in voi, nella Corte. La la requisitoria mentre la senprova si forma in aula e non tenza finale dovrebbe arrivare
con le parole inventate». Poi il 30 marzo. Nel processo che si
ha gridato la sua innocenza sta celebrando a Milano è parscagliandosi anche contro Ma- te civile contro il padre e gli alrisa Garofalo (sorella di Lea): tri imputati anche la figlia di
«La verità la so solo io e farò Lea, Denise, oltre alla sorella e
chiarezza. La sorella della mia alla madre della donna.
ex mi ha descritto come un uoFRANCESCO FERRO
mo violento e senza scrupoli,
[email protected]
Riapre la trattoria dei migranti
Due mesi dopo l’attentato l’associazione Goel ci riprova
CAULONIA (RC) Amal in arabo significa
speranza, la speranza di concepire il fenomeno
dell’immigrazione come una risorsa e non come
un problema per la Locride. Amal da ieri a Caulonia è il nome della trattoria fatta saltare in aria
da un ordigno proprio la notte di San Silvestro.
Due mesi dopo l’attentato intimidatorio il ristorante culturaIl ristorante di
le gestito dal consorzio sociale
Caulonia era
Goel è tornato a nuova vita.
Presenti al taglio del nastro in
stato fatto saltare
contrada Frazzo oltre al sindain aria la notte di
co Ilario Ammendolia, il presiSan Silvestro
dente del Goel Vincenzo Linarello, il vice Prefetto di Reggio
Calabria Patrizia Adornato e il vescovo della diocesi di Locri-Gerace monsignor Morosini. «Questa è la migliore risposta - ha sostenuto il primo
cittadino cauloniese - non sappiamo chi c’è dietro questo attentato. Il popolo di Caulonia è un
popolo che ama la pace e la tranquillità e noi
continueremo con determinazione sulla strada
intrapresa della solidarietà. L’augurio è che questa trattoria sia un punto di riferimento e un baluardo di democrazia e di legalità vera, fatta di
regole e iniziative». «E’ un momento simbolicamente importante - ha proseguito un emozionato Linarello - perché dimostra che nella Locride
c’è una capacità forte di reagire. Abbiamo volutamente scelto un vocabolo arabo perché nel nostro sogno l’immigrazione deve essere davvero
una risorsa per i nostri paesi. Devono essere proprio gli immigrati ospiti dei progetti di accoglienza gli ambasciatori della Calabria nel Mediterraneo». I clienti del ristorante culturale avranno la
possibilità di scegliere due diversi tipi di menù:
uno di cucina tipica contadina locale e uno di
cucina africana. «Colpire le poche realtà che
creano sviluppo vuol dire tagliarsi l’erba sotto i
piedi ed essere stupidi - ha chiosato Linarello-
chi verrà da noi verrà a tirare una boccata d’aria
nella Calabria che vorremmo». A sfilare poi da
piazza Bellavista sino in piazza Mese i vessilli dei
sindacati, i gonfaloni dei comuni della Locride e
i primi cittadini in fascia tricolore. Sul palco anche la testimonianza di Gianni Speranza, sindaco di Lamezia Terme e il messaggio del ministro
“tecnico” per la coesione territoriale Fabrizio
Barca. (Ilario Balì)
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«Straface era appoggiata
dall’onorata società»
Santa Tecla, Alfano rivela i meccanismi elettorali
Il collaboratore di
giustizia
Carmine
Alfano svela
in aula quelli
che lui
ritiene i
“passaggi
obbligati” in
fase
elettorale.
Accanto
Pasqualina
Straface
CORIGLIANO (CS) Cento
euro a voto. Questo quanto intascava la cosca durante le elezioni,
quando interveniva attivamente
procacciando voti per «chi ne aveva bisogno» e non facendo mancare il supporto a Pasqualina Straface, che «aveva l’appoggio della
onorata società coriglianese». È il
collaboratore di giustizia Carmine
Alfano a rivelare in aula i meccanismi elettorali cittadini, nel corso della sua escussione nell’ambito del processo “Santa Tecla” in
fase di istruttoria dibattimentale
con il rito ordinario a carico dei
fratelli coriglianesi Maurizio e Fabio Barilari (difesi dagli avvocati
Salvatore Sisca, Marco Gemelli,
Antonio Managò e Francesco
Paolo Oranges). Rispondendo al-
PALMI (RC) È costata
una condanna a cinque anni
di carcere per il boss ergastolano rosarnese Rocco “il pirata” Pesce, fratello del mammasantissima Nino, anch’egli
con una condanna a fine pena
mai, la lettera fatta pervenire
dall’interno del carcere Opera
di Milano al primo cittadino
di Rosarno Elisabetta Tripodi, che proprio in seguito a
quella missiva, si vide assegnare dal ministero degli Interni, una scorta che la segue
dal settembre scorso.
Il giudice per le indagini
preliminari Adriana Trapani
infatti ha accolto le richieste
del sostituto procuratore della distrettuale antimafia di
Reggio Calabria, infliggendo
in primo grado l’ennesima
condanna al Pirata, che sta già
scontando condanne relative
ad associazione mafiosa e
omicidio. «Appare evidente
che in un simile contesto territoriale e sociale – scriveva a
settembre il giudice per le indagini preliminari Domenico
Santoro – le affermazioni di
Rocco Pesce assumono il rango di vere e proprie minacce
dirette ad impedire e, comunque, a condizionare e turbare
pesantemente l’attività di gestione politico-amministrativa del comune di Rosarno».
«Voglio che lei sappia - scriveva nella lettera Pesce al sindaco - che sono in galera da
più di 20 anni innocentemen-
le domande del pm antimafia
Vincenzo Luberto, che ha coordinato l’intera operazione sfociata
anche, lo scorso anno, nello scioglimento del consiglio comunale
di Corigliano per condizionamenti da parte della criminalità organizzata, il pentito ha illustrato
quelli che lui ritiene “passaggi obbligati” in fase elettorale.
«I manifesti li dovevamo mettere noi…Bisognava rivolgersi a
Maurizio Barilari e “mettersi a posto”», in caso contrario «qualcuno venne anche percosso…e qualche vela fu danneggiata». Per quel
che riguarda i voti, invece, si sceglievano le famiglie più disagiate
e «nei supermercati - ha detto prendevamo la roba che stava per
scadere e la consegnavamo a que-
ste famiglie in cambio di voti».
Con riferimento alle amministrative del 2006 quando si svolse poi il ballottaggio tra Giuseppe
Geraci e Armando De Rosis,
«contattammo Geraci per vedere
se si metteva a disposizione» ma
lui «disse di no». Da qui il passo
successivo: «La Straface decise
quindi che chi aveva votato a destra ora doveva votare a sinistra,
così – ha riferito il collaboratore –
avrebbe vinto De Rosis ma sarebbe durato poco perché non aveva
la maggioranza». E, di conseguenza, si sarebbe tornati alle urne. Quella tornata elettorale fu in
effetti vinta da De Rosis.
Come già illustrato nei verbali
di interrogatorio resi al pm, Alfano (ex autista nonché cognato di
Maurizio Barilari) ha raccontato vece incentrato sulle circostanze
ieri dinanzi al Tribunale collegia- che determinarono la sua decisiole di Rossano (presidente France- ne di collaborare con la giustizia,
sca De Vuono, a latere Enrico facendo emergere come non vi
D’Alfonso e Angelo Zizzari) di una fossero state ritorsioni o dannegriunione dei consiglieri di centro- giamenti dopo l’avvertimento che
destra orientati a dare le dimis- lo stesso Alfano disse di aver ricesioni: «Pasqualina temeva che vuto da Nicola Acri. Secondo
qualcuno ci potesse ripensare». quanto riferito dal pentito, infatPer questo «ci chiese di essere ti, sarebbe stato proprio il presunpresenti».
to boss di Rossano a metterlo in
Eventuali pasguardia dai corisaggi al centrosiglianesi e dal suo
cento
euro
nistra «dovevano
stesso cognato
essere sanzionati
che, a suo dire,
a voto
e – ha continuato
volevano
addosPrendevamo sargli la colpa
il pentito – venne
del
avvicinata anche nei supermercati la
fallimento del
la Ardito che pe- roba in scadenza
piano omicidiarò rimase ferma
rio per eliminare
sulle sue posizio- per consegnarla
Antonio Bruno
ni». Su questo alle famiglie
alias Giravite.
punto, durante il disagiate in
L’udienza si è
controesame,
conclusa con le
cambio
di
voti
l’avvocato difendichiarazioni
sore Salvatore Sispontanee
di
sca ha fatto
Maurizio Barilaemergere come i fratelli Barilari ri (in videoconferenza dal carcere
fossero stati candidati nel 1996 ot- di Parma dove è detenuto al 41bis)
tenendo appena una manciata di che, dopo aver raccontato di tanvoti. «Ma a quell’epoca Maurizio te persone a cui Alfano doveva dei
non aveva ancora ruoli di spicco – soldi e dei dissidi anche all’interha detto Alfano – ed erano soltan- no della famiglia, ha rivolto un apto dei riempi lista». Lo stesso lega- pello al collegio: «Non fatemi fale ha poi prodotto la sentenza del- re la fine di Enzo Tortora per dell’omicidio Viola (divenuta defini- le false dichiarazioni di pentiti.
tiva) citandone anche altre in cui Sono al 41bis da quasi tre anni,
il collaboratore Carmine Alfano, sono seppellito vivo qua dentro e
unitamente ad altri pentiti, viene sono una persona perbene».
definito inattendibile. Da qui una
Si torna in aula il prossimo 15
serie di domande su circostanze marzo, quando è prevista l’escusriferite dal collaboratore (su alcu- sione del collaboratore di giustizia
ne di queste vi sono procedimen- cassanese Pasquale Perciaccante
ti in corso) e tese a dimostrare la nonché degli imprenditori corisua inattendibilità. Il controesa- glianesi Cataldo Russo e Pietro
me dell’avvocato Marco Gemelli Paolo Oranges.
(anche in sostituzione dell’avvoROSSELLA MOLINARI
cato Antonio Managò) è stato [email protected]
Cinque anni al boss Rocco Pesce
Condannato questa volta per la lettera inviata al sindaco di Rosarno
te, ma il problema non è solo
questo. Nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba
e mi fa soffrire è che l’ amministrazione comunale di Rosarno ha tra le sue priorità il
benessere dei extracomunitari clandestini, anzichè i problemi dei miei familiari già
sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno. E questo forse perchè non godono
di sovvenzioni della Comunità europea, a differenza dei
clandestini?».
Una lettera considerata dagli inquirenti carica di «frasi
minatorie, talora caratterizzate dalla forma implicita delle
Rocco Pesce alias “il pirata”
allusioni, degli avvertimenti e che la gara per l’abbattimento
dei richiami indirizzati al sin- del manufatto (insieme con la
daco» e che il boss rosarnese cappella abusiva spuntata di
aveva inoltrato al primo citta- notte nel cimitero rosarnese
dino medmeo in seguito allo edificata, presumibilmente,
sgombero
da uomini del
della casa delclan dei BelIn seguito alla
lo stesso boss,
locco) era anmissiva
al
primo
e in seguito
data desolaalla decisio- cittadino Tripodi
tamente dene, assunta
serta, visto
venne
assegnata
coraggiosache nessuno,
la scorta
mente daltra le tante
l’amministraditte edili del
zione comunale, di abbattere comprensorio, aveva trovato
la stessa casa abusiva. Proprio il coraggio di radere al suolo
di poche settimane addietro le proprietà delle famiglie di
poi la notizia (anticipata in ’ndrangheta più influenti delesclusiva da Calabria Ora) la città. Onere di abbattere
la proposta
«Eni, si stipuli un accordo che dia rilancio al Crotonese»
«Pur comprendendo le motivazioni che hanno indotto il tribunale di Milano a condannare
l’Eni ed a risarcire il ministero
dell’Ambiente per 56 milioni di
euro, riteniamo che il presidente Monti e il ministro Clini debbano avviare tutte le procedure
necessarie affinché i calabresi,
oltre al danno arrecato da Eni,
non subiscano anche la beffa».
E’ quanto afferma, in una nota,
Diego Tommasi, della Direzione nazionale dell’Api. «Auspico
che il ministro Clini - prosegue
Tommasi - si attivi al più presto
per istituire un tavolo con la Regione affinché si stipuli un apposito accordo di programma
quadro di 56 milioni di euro che
ora
dia rilancio alla provincia di
Crotone. E una volta per tutte si
faccia chiarezza sullo sfruttamento del sottosuolo crotonese.
Per le royalties la Calabria riceve solo il 50%, mentre il resto
viene incamerato dallo Stato.
Questo non avviene in altre regioni italiane. Anche su questo
vogliamo pari trattamento».
Diego Tommasi
quegli stessi manufatti, così
come deciso all’unanimità nel
corso dell’ultima assise comunale, sarà affidato agli uomini
del genio civile dell’esercito.
Ora, la condanna inflitta dai
giudici reggini allo zio del presunto reggente del clan (il giovane Giuseppe, fratello di quel
Ciccio Testuni condannato in
primo grado con la formula
del rito abbreviato a 20 anni di
reclusione), riporta un barlume di normalità in una città
stritolata dal potere criminale
della mafia, che soprattutto
nelle settimane immediatamente successive alla missiva,
aveva ironizzato sulla scorta al
sindaco Tripodi, che guida la
città dopo l’esperienza commissariale dovuta allo scioglimento dell’amministrazione
Martelli, per infiltrazione mafiosa.
Vincenzo Imperitura
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ora
’ndrangheta d’esportazione
PALMI (RC)
Estorsione, truffa, riciclaggio, usura, corruzione ricettazione e associazione a delinquere con l’aggravante
dell’utilizzo del metodo mafioso. I 23 indagati finiti in
carcere ieri tra Lombardia,
Calabria e Emilia Romagna
in seguito all’operazione eseguita dal Gico della guardia
di finanza di Milano rinominata “Black Hawks”, non si
facevano mancare nessuno
dei reati “tipici” di questo
pezzo di meridione. E infatti,
tra i nomi compresi nell’ordinanza di custodia cautelare
in carcere firmata dal giudice
per le udienze preliminari del
tribunale di Milano Luigi Varanelli, sono tanti i personaggi calabresi finiti nella rete tesa dagli inquirenti dell’antimafia: a partire dai due cugini Vincenzo e Giuseppe Facchineri, che dell’associazione
ipotizzata dai magistrati sarebbero i vertici assoluti, fino
al vicebrigadiere dei carabinieri Salvatore Russo, il presunto “traditore” che si spacciava per ufficiale della guardia di finanza in grado di
bloccare le verifiche della tributaria ai propri clienti passando per Orlando Purina,
che si muoveva da broker
consumato nelle operazioni
di riciclaggio delle grosse
somme di denaro movimentate dal gruppo.
Una storia complicata
quella venuta fuori dall’indagine delle fiamme gialle, fatta di minacce e truffe, in un
vortice di mazzette che tirano
in ballo, per l’ennesima volta
dopo le tante operazioni concluse negli ultimi due anni
che hanno certificato la presenza ingombrante della
’ndrangheta calabrese al di
fuori dei confini regionali,
parte importante del mondo
imprenditoriale e finanziario
lombardo e emiliano. Una
storiaccia resa possibile dalla
immensa forza intimidatrice
esercitata dal crimine organizzato reggino (che come
base milanese utilizzava una
grossa società di noleggio auto, la Cargo Rent, dal fatturato annuo multimilionario,
che faceva capo attraverso un
prestanome, direttamente ai
cugini Facchineri) e dalla
compiacenza di un sottufficiale dell’arma che, in nome e
per conto dei Facchineri (e in
alcuni casi anche in proprio)
si preoccupava di procurare
ai propri “clienti” le informazioni richieste attraverso il
la base una società
di noleggio auto
L’associazione
criminale
si serviva
della Cargo Rent,
che faceva capo ai
cugini Facchineri
Riciclaggio ed estorsioni
Ventitré arresti a Milano
In manette alcuni affiliati al clan Facchineri di Cittanova
database interforze dello Sdi.
Russo, sostengono gli inquirenti, si spacciava per l’inesistente capitano Silvio Morabito, ufficiale della guardia di
finanza, in grado di intervenire, in cambio di «decine di
migliaia di euro» per proteggere gli interessi dei suoi sodali, garantendo protezione
da eventuali indagini e verifiche fiscali. E se Russo si occupava della fittizia rete di
protezione per gli uomini del
clan, i cugini Facchineri si occupavano, tra le altre cose, di
“ammorbidire” quei clienti
che non si comportavano “a
dovere” o che tentavano di
farla in barba ai due cugini,
trasferitisi da Cittanova, nel
Reggino, a seguito di una delle guerre di mafia più cruenti che la Calabria ricordi e
che, a cavallo tra gli anni ’70
e ’90, vide la famiglia di Michele “il Papa” Facchineri (il
mammasantissima cittadino,
i metodi mafiosi
del gruppo
I due cugini
“ammorbidivano”
con le minacce
i clienti che non
si comportavano
“a dovere”
padre dell’indagato odierno
Vincenzo, che passò dietro le
sbarre gran parte della propria esistenza e che si è spento nel suo letto, come migliore tradizione impone per i
boss di primo lignaggio, appena pochi mesi addietro)
contrapposta alle ’ndrine degli Albanese-Raso-Gullace;
una guerra vera e propria che
lasciò sul campo di battaglia
trentadue morti e una decine di feriti.
«Gli ho messo paura – dice Facchineri intercettato
dalle forze dell’ordine mentre commenta una delle sue
“imprese” con un malcapitato cliente dell’autonoleggio
che non voleva restituire una
delle auto affittate – gli ho
detto che sono latitante, che
già ne ho uno sulle spalle, gli
ho detto: mettermene un altro, mettermi anche voi sulle
spalle non me ne frega un
cazzo. Gli ho detto chiaro che
lo ammazzo». Una brutta
storia che fa il paio con quella di un altro imprenditore
vessato, Alberto Schiavone,
che ha raccontato agli inquirenti del suo “rapimento” durato due giorni nei quali fu
rinchiuso in un garage del
quartiere milanese di Baggio
dove fu «chiuso e riempito di
botte».
vimp
l’esperto
Ciconte: «La mafia fa affari
grazie alle classi dirigenti»
La mafia, e in special modo la
’ndrangheta, non si sarebbe
affermata senza la complicità
degli industriali e dei politici del
Nord. L’immagine diffusa del
mafioso come uomo truce ha fatto
sì che il fenomeno della mafia in
giacca e cravatta passasse
inosservato e prosperasse
CATANZARO «Bene ha fatto il ministro
Cancellieri a sollevare il problema delle mafie al Nord, ma se vogliamo comprendere e
combattere il fenomeno dobbiamo innanzitutto ammettere francamente che le mafie
hanno trovato lì terreno fertile grazie soprattutto alla responsabilità di alcuni ceti sociali
e delle classi dirigenti». È quanto afferma Enzo Ciconte (nella foto), esperto di mafie e docente di Storia della criminalità organizzata a
Roma Tre, in una dichiarazione resa nota dalla Rubbettino editore. «La mafia, e in special
modo la ’ndrangheta - prosegue Ciconte - non
si sarebbe affermata senza la complicità degli
industriali e dei politici del Nord. L’immagine diffusa del mafioso come uomo truce, capace di efferati delitti ha fatto sì che il fenomeno della mafia in giacca e cravatta passasse
inosservato e potesse continuare a prosperare. Pian piano la ’ndrangheta si è così infiltrata all’interno del tessuto produttivo sino a
giungere al controllo militare del territorio.
E ciò a dispetto della pretesa della Lega di garantire la sicurezza dei cittadini arginando il
fenomeno dell’immigrazione, ma trascurando al contempo quello ben più pericoloso della criminalità dei colletti bianchi».
Proprio alla ’ndrangheta al Nord è dedicato il libro di Enzo Ciconte, ’Ndrangheta padana, edito da Rubbettino e disponibile sia in
formato cartaceo che in e-book. «La ’ndrangheta - è scritto nel libro di Ciconte - è l’unica organizzazione criminale ad avere due sedi, Reggio Calabria e Milano. La “Padania” è
da decenni teatro di loschi affari e di intrecci
ancor più sporchi e, nonostante se ne parli
ormai da tempo, politici e amministratori locali, con lodevoli eccezioni, fingono di non
vedere o negano spudoratamente l’evidenza.
Gli ’ndranghetisti hanno il controllo di una
parte del territorio, hanno molti soldi e li prestano a usura, si sono impossessati di case, alberghi, bar, ristoranti, pizzerie, supermercati, imprese, sono presenti nei grandi appalti
dell’Alta velocità e hanno lambito anche quelli dell’Expo».
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PALMI (RC) «Se lo trovano morto faccio sì che non
veda più la luce del sole, non
ti preoccupare». È il dolore all’interno della tragedia, le
concitate ore successive alla
scomparsa del suo compagno, la guerra aperta contro
tutta la sua famiglia, contro
un padre violento, un fratello
che la considera morta, una
madre sottomessa al coniuge
e che la considera pazza. Nell’ordinanza di custodia cautelare con cui il gip Paolo Ramondino ha convalidato,
mercoledì, il fermo di Antonio (irreperibile) e Domenico
Napoli per l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Fabrizio Pioli, ci sono due intercettazioni che sembrano inchiodare gli indagati e la ricostruzione da parte di Simona
Napoli di quel maledetto giovedì, quando l’elettrauto
38enne di Gioia Tauro scompare da Melicucco senza lasciare traccia. Ma per la donna, la figlia “ribelle” di Antonio Napoli, la sposa che vuole lasciare il marito e che ha
portato il “disonore” fin dentro la sua casa, la traccia, anzi le prove, di cosa possa essere successo al suo compagno
ci sono ed è riassunta in quella frase pronunciata durante
una conversazione con sua
madre: «Se lo trovano morto
faccio sì che non veda più la
luce del sole, non ti preoccupare».
Simona ha visto
Dice ai carabinieri prima e
alla procura di Palmi dopo, di
avere visto, di sapere cosa sia
accaduto quel giovedì pomeriggio a Fabrizio. È un racconto lucido, anche se compiuto
da una donna disperata, fatto
proprio dalla procura di Palmi che ha emesso il fermo per
i due uomini di casa Napoli, e
accolto in pieno dal gip Ramondino. Racconto che parte
dall’incontro con Pioli, dalla
Mini Cooper del gioiese,
scomparsa insieme al suo
proprietario, parcheggiata
davanti la sua abitazione che
desta da subito i sospetti di
sua madre e di suo padre.
Proprio per questo i due giovani decidono che Fabrizio
«dovesse andare via di corsa
- dice Simona - perché chiaramente i miei sospettavano.
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calabria
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Omicidio Pioli
Così Simona
accusò suo padre
La compagna del giovane: «Se lo trovano
morto papà non vedrà più la luce del sole»
quanto detto dalla testimone,
suffragato dalla gran mole di
cartucce scoperte: 99 proiettili calibro 9 millimetri Luger;
50 proiettili marca Fiocchi; 1
proiettile calibro 7.65 MFS;
due serbatoi bifilari per armi
semiautomatiche tipo “pistola” avente capacità di 15 colpi
cadauno calibro 9 millimetri.
Ho visto il Fiorino
di mio padre
e la Mini cooper
di Fabrizio e loro due
litigare. Ho notato
che mio padre
nella mano destra
aveva la pistola
Ho paura di tornare
a casa dopo queste
dichiarazioni
Mi dichiaro
disponibile
a sottopormi
ad un programma
di protezione
Un’immagine della fiaccolata dopo la scomparsa di Fabrizio Pioli (nella foto piccola)
Siamo usciti insieme, prendendo ciascuno di noi il proprio veicolo. Dietro ci sono
venuti i miei genitori. Ho visto precisamente mio padre
uscire di corsa di casa ed entrare nel Fiorino». «Io ho preso direzione verso il paese,
Fabrizio verso la superstrada.
Mio padre non lo conosce nel
modo più assoluto. Per mio
padre era una cosa gravissima averlo visto uscire da casa
mia. Mia madre si è fermata
davanti casa mia con la sua
Fiat Panda. Io mi sono diretta all’asilo a prendere mio figlio». Il drammatico racconto della ragazza arriva al punto più importante, quando
nella sua auto imbocca «la
strada di Rosarno. All’imbocco ho visto il Fiorino di mio
padre e la minicooper di Fabrizio e loro due litigare. Mio
padre mi ha visto passare e ha
fatto il gesto di fermarmi, allargando le braccia. In quel
momento ho notato che nella
mano destra aveva la pistola». La stessa pistola, sostiene
la giovane, che «mio padre
aveva anche se non è detentore legittimo. Io avevo visto
quella pistola in casa. La teneva all’interno di un gallinaio. Mio padre è stato condannato per tentato omicidio e
denunciato per associazione
mafiosa e ricettazione». Dopo la parentesi sul padre, Simona torna allo svincolo autostradale: «Fabrizio era appoggiato al finestrino della
macchina - dichiara agli investigatori -. Ho visto che erano
agitati entrambi. Le due macchine erano parallele e loro si
trovavano in mezzo ai veicoli.
Non mi sono fermata e ho imboccato la strada per Gioiosa
Jonica».
La prima denuncia
«Qui ho incrociato mio fratello Domenico a bordo di
una 500 bianca. Mio fratello
certamente andava da mio
padre… Secondo me mio fratello aveva solo il compito di
disfarsi della macchina di Fabrizio. Non che lo abbia, se
morto, potuto uccidere». La
corsa della giovane si conclude nella caserma dei carabinieri di Gioiosa Jonica dove
racconta per la prima volta a
quanto avrebbe assistito. «Invece a mio modo di vedere -
ora
aggiunge la donna - sotto la
minaccia della pistola, mio
padre può avere costretto Fabrizio a salire sul Fiorino oppure averlo costretto a utilizzare la minicooper - con la
quale potrebbero essere andati chissà dove - ed abbia lasciato il Fiorino perché lo portasse via mio fratello. Ho provato tutta la notte a chiamare
Fabrizio ma è spento il cellulare… Ho paura di tornare a
casa dopo queste dichiarazioni. Mi dichiaro disponibile a
sottopormi ad un programma
di protezione». Per verificare
il racconto di Simona, i carabinieri la sera stessa operano
una perquisizione da casa di
Antonio Napoli, l’arma non
viene trovata, per gli inquirenti è la prima conferma di
Le intercettazioni
in caserma
«Iu u cercanu u terreno pu
mu iettano», ovvero appuntano gli inquirenti «sono andati a cercare un terreno per
gettarlo». Le persone informate sui fatti vengono convocati alla caserma dei carabinieri di Gioia Tauro. In una
stanza ci sono il marito di Simona, tornato di fretta da Como dove vive per lavoro dopo
essere stato contattato dalla
moglie, e Domenico Napoli.
In un’altra Simona e la madre. Nessuno dei 4 immagina
che nella compagnia di Gioia
Tauro siano videoripresi e intercettati. Nella conversazione tra i due uomini i carabinieri annotano solo poche frasi, ma per gli inquirenti chiarissime, e pochi gesti. Vincenzo: U pà? (inteso presumibilmente il papà). Domenico: Iu
u cercanu u terreno pu mu
iettanu (sono andati a cercare un terreno per gettarlo).
Vincenzo: gesticola con le
mani… Domenico: Picchi tu
chiamasti (perché tu hai chiamato). Vincenzo: …inc… Domenico: Avanzi a idi nui eramu (Eravamo davanti a loro).
Vincenzo: Eh… (gesticola con
le mani). Per gli inquirenti
quando il marito di Simona
gesticola mimerebbe una pistola. «Pioli Fabrizio - è
l’amara considerazione degli
investigatori - è quindi morto
e, dopo l’uccisione, Napoli
Antonio, coadiuvato da persone allo stato ignote, si è premurato di nascondere il cadavere». Nei dialoghi tra madre
e figlia captati c’è tutta la rabbia della figlia nei confronti
dei genitori e del fratello, la
sua convinzione su come siano andate le cose e la minaccia esplicita: «Se lo trovano
morto faccio sì che non veda
più la luce del sole, non ti preoccupare».
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
’ndrine al nord
REGGIO CALABRIA Leone Lucisano
dovrà deporre al processo Valle che si sta
celebrando a Milano. Che voglia oppure no.
La Corte, non vedendolo all’udienza che si
è svolta ieri nel capoluogo lombardo, ha disposto l’accompagnamento coatto per la
prossima udienza.
Doveva presentarsi ieri in aula, citato dalla difesa, e invece non si è fatto vivo. La sua
testimonianza risulta fondamentale perché
dovrà confermare o smentire le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice.
Alla sbarra, nel processo scaturito dall’operazione coordinata dalla Dda di Milano nel luglio 2010, si trovano Francesco
Valle (difeso dall’avvocato Giuseppe Nardo) e i due figli Fortunato e Angela. Gli altri imputati hanno già definito la loro posizione con il rito abbreviato.
Accompagnamento coatto
per Lucisano al processo Valle
Leone Lucisano, ha raccontato il nipote
Lo Giudice ai magistrati, si era trasferito a
Vigevano con tutta la sua famiglia perché
temeva che potesse essere ucciso dopo l’agguato in cui aveva perso la vita il padre del
pentito. Nella località lombarda ha iniziato
a lavorare con i Valle. Anche Nino Lo Giudice in quel periodo si era trasferito a Vigevano e ai magistrati della Dda ha raccontato che «durante questo periodo io e Lucisano Leone abbiamo conferito la carica della
Santa a Valle Francesco e a suo figlio Valle
Fortunato». Fondamentale, alla luce di
queste dichiarazioni, che Lucisano vada in
aula per confermare o smentire Lo Giudice. Francesco Valle ha infatti sempre respinto l’accusa di essere un boss di ’ndrangheta.
Dall’altro lato Nino Lo Giudice finora è
sempre stato ritenuto attendibile, anche se
nelle scorse udienze è entrato in contraddizione e si è trincerato dietro il silenzio alle
pressanti domande della difesa proprio al
processo Valle.
Nella storia delle due famiglie, Lo Giudice ha parlato anche dei contrasti nati per la
rottura di un fidanzamento. Maria Valle era
stata promessa in sposa a Domenico Lucisano, figlio di Leone. Poi però l’unione si è
interrotta e lei ha sposato Francesco Lampada. «La cosa – dice il pentito- non fece
piacere a Lucisano Leone e ovviamente al
figlio».
La corte, che ieri non ha potuto ascoltare la versione di Lucisano, ha disposto l’accompagnamento coatto all’udienza del 14
marzo. Due giorni prima continueranno a
sfilare i testi chiamati dalla difesa per dimostrare che i rapporti tra i Valle-Lampada e i clienti a cui fornivano le macchinette
erano di assoluta normalità. Non sussisterebbero dunque i reati di associazione mafiosa né di estorsione. Questa è la tesi che gli
avvocati stanno tentando di smontare.
ANNALIA INCORONATO
[email protected]
VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 13
l’ora di Reggio
tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34
MELITO PORTO SALVO
VILLA SAN GIOVANNI
Accordo Pd-Idv
Sarà Costantino
il candidato
MELICUCCO
Da aprile al via
i lavori
sul lungomare
> pagina 20
Fiaccolata
di speranza per
Fabrizio Pioli
> pagina 21
BOVALINO
Arrestato ladro
di gioielli
in trasferta
> pagina 23
> pagina 29
Sentenza parzialmente annullata
“Rifiuti”, la Cassazione “rinvia” cinque posizioni. Il resto è confermato
In cinque dovranno comparire nuovamente davanti alla
Corte d’Appello di Reggio Calabria per il processo “Rifiuti”. Lo
ha stabilito la Cassazione, che
ha annullato la sentenza emessa dai giudici di secondo grado
rinviando nuovamente il procedimento in riva allo Stretto
per una nuova pronuncia per
alcuni imputati. I Supremi giudici hanno annullato con rinvio, per tutti i capi di imputazione, la posizione di Giuseppe Alampi. Invece solo relativamente ad alcuni capi d’imputazione la stessa decisione è
stata assunta per Giorgio Calarco, Nicola Malara, Andrea
Saraceno e Carmelo Sergi. Per
tutti gli altri soggetti coinvolti
nel processo la Cassazione ha
confermato la condanna di secondo grado. Tra questi Matteo Alampi (10 anni), Valentino Alampi (4 anni e sei mesi),
Francesco Siclari (sei anni),
Matteo Siclari (quattro anni e
sei mesi), Paolo Siclari (quattro anni e otto mesi). Confermata l’assoluzione di Domenico D’Anna, Alberto Luciano
Franco, Anna Lanzuolo e Domenico Romano. La sentenza
di secondo grado aveva già ampiamente riformato quella di
primo grado. Degli imputati
che dovranno subire nuovamente il processo in Corte
d’appello, Giuseppe Alampi
era stato condannato a quattro
Matteo Alampi
anni e otto mesi, Giorgio Calarco a sei anni e dieci mesi, Nicola Malara a sei anni e dieci
mesi, Carmelo Sergi a cinque
anni e due mesi. Solo Alampi
deve rispondere del reato di associazione mafiosa, impostazione che anche i giudici di secondo grado avevano mantenuto nelle motivazioni della
sentenza di condanna.
La vicenda che portò all’inchiesta “Rifiuti” è relativa agli
appalti per la gestione della discarica nei comuni di Fiumara
di Muro, Motta San Giovanni,
Gioia Tauro e Melicuccà. I capi d’imputazione che gli indagati hanno avuto sul groppone
variano dall’associazione mafiosa all’estorsione, corruzione,
turbativa di pubblici incanti e
truffa ai danni di enti pubblici
appaltanti e di imprese private.
I giudici di secondo grado,
cambiando ottica rispetto al
consueto, nelle motivazioni
erano partiti dai singoli reati fine per giungere alla contestazione dell’associazione mafiosa. Si è discusso della tentata
estorsione ai danni di Siclari alla presunta estorsione alla società Servizi ambientali, fino alla corruzione di Sergi. I giudici
definirono la Edilprimavera
come società paravento giuridico per insinuarsi negli appalti pubblici senza però rispettare la normale concorrenza e
trasparenza del mercato. Ai
soggetti la cui posizione è stata
rinviata dalla Cassazione alla
Corte d’appello, venivano contestati episodi di estorsione e
corruzione. Il collegio difensivo, composto tra gli altri dagli
avvocati Giuseppe Nardo, Armando Veneto, Carlo Morace,
Giulia Dieni, Francesco Albanese e Giovanni Aricò, tornerà
dunque in aula per sostenere
le proprie tesi di estraneità ai
fatti dei loro assistiti. Regge sostanzialmente invece la posizione dei condannati, ora in via
definitiva, sull’ipotesi dell’associazione mafiosa. Nelle intercettazioni lo storico boss Mico
Libri si esprimeva con parole
di apprezzamento sul Supremo Pasquale Condello, «uno
dei migliori di Reggio».
a.i.
processo a labate
Franco Zoccali citato
nella lista testimoni
Ci sarà anche Franco Zoccali tra i testimoni del processo nei confronti di Massimo
Labate, accusato di concorso in abuso d’ufficio. Nel corso dell’udienza di ieri, slittata a
12 luglio per via di un difetto di notifica, sono state depositate le liste testimoniali di accusa e difesa. E tra i soggetti indicati dalla difesa, vi è anche l’allora capo di gabinetto del
sindaco Scopelliti. Ma non soltanto: gli avvocati Andrea e Domenico Alvaro, che difendono Labate, hanno citato pure il parroco della parrocchia di San Catanoso, don Pino Sorbara, la cui comunità ebbe un finanziamento di molto superiore a quello oggetto del processo e contenuto nella stessa determina effettuata da Orsola Fallara, l’ex
dirigente al settore finanze e tributi del Comune, morta suicida nel dicembre del 2010.
Oltre a Labate vi sono imputati nel processo anche il suo segretario-amico Vincenzo
Pileio (difeso dall’avvocato Corrado Politi),
Francesco Giuseppe Quattrone (difeso dall’avvocato Andrea Alvaro) e il presunto boss
Antonino Caridi (difeso dagli avvocati Putortì e Managò). Il processo riguarda uno
stralcio del procedimento “Testamento” che
ha visto Labate assolto in primo grado ed in
appello dall'accusa di concorso esterno in
associazione mafiosa. La storia è quella relativa al contributo concesso all'associazione culturale “La Maison de l'Art”, ritenuta
appartenente alla cosca Caridi, operante nel
territorio di San Giorgio Extra. (c.m.)
aveva riscontrato puntualmente le
giustificazioni che lo Stranges aveva da subito addotto a sua difesa sin
dal primo momento in cui era stato interrogato dal gip, al tempo del
suo arresto. Il Tribunale della Libertà ha riconosciuto che era venuta meno la gravità indiziaria, al punto che non v'erano più le condizioni per il mantenimento della misura cautelare. All'udienza camerale i
difensori Andrea Alvaro e Marco
Gemelli (quest'ultimo in sostituzione dell'avvocato Antonio Managò)
hanno illustrato, in oltre un'ora di
discussione, i risultati dell'attività
d’indagine difensiva, confutando
sul piano logico e fattuale la prospettazione accusatoria. «
La
Dispiace sempre commettere errori
ma dispiace ancor di più quando questi
sono dovuti ad una mera errata trascrizione di una parola, che però fa la differenza. Partiamo, allora, proprio dall’errore: il colonnello Agatino Sarrafiore è
stato condannato ad otto mesi di reclusione e non ad otto anni così come riportato nell’articolo di ieri, riguardante le
motivazioni della sentenza d’appello. Si
è trattato – è evidente – di un mero errore materiale di trascrizione, per il quale ci scusiamo innanzitutto con l’interessato ed ovviamente anche con i lettori.
Ma la vera novità è che, nonostante il
deposito sia avvenuto poche settimane
addietro, gli avvocati difensori di Sarrafiore, Armando Veneto e Giuseppe Napoli, hanno già preannunciato di aver
impugnato la sentenza dinnanzi alla
Corte di Cassazione. I due legali, infatti,
sono convinti di avere in mano concreti
elementi per ottenere un annullamento
della decisione, la cui trattazione è attesa per i prossimi mesi. Assicuriamo sin
da ora e pubblicamente, al colonnello ed
ai suoi legali difensivi, che Calabria ora
racconterà, con il medesimo risalto, anche l’ultima tappa processuale di questa
complessa vicenda.
cons. min.
Accolto il ricorso
Malara ai domiciliari
“Il Crimine 3”, il Riesame: cade la gravità indiziaria
ti dall'Ecuador e dirette al porto di
Gioia Tauro. A Stranges veniva attribuito un ruolo di prim’ordine
quale referente di un cartello internazionale interessato a creare un
nuovo canale per il traffico di stupefacenti in Italia in transito dal porto di Gioia Tauro. L’inchiesta era
stata condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Ed è stato nella giornata di ieri che il Riesame, accogliendo l’appello proposto dalla difesa, ha scarcerato Stranges, riconoscendo la
mancanza dei gravi indizi di colpevolezza. L’indagine difensiva si è
fondata sui risultati di un'articolata
attività (cui ha collaborato anche
l’avvocato Gianfranco Giunta), che
SARRAFIORE
PENA DI 8 MESI
E NON DI 8 ANNI
truffa
Stranges rimesso in libertà
Immediatamente scarcerato.
Questa la decisione del tribunale
del Riesame (Leonardo presidente, Foti e Catalano a latere) nei riguardi di Sebastiano Stranges (in
foto), funzionario Afor di Taurianova, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Il Crimine 3”. L’uomo, difeso dagli avvocati Andrea
Alvaro ed Antonio Managò, è stato
rinchiuso per 7 mesi all’interno del
carcere di Reggio Calabria, con
un’accusa pesantissima: associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico internazionale e detenzione finalizzata alla cessione di ingenti quantitativi di cocaina (complessivamente quasi una tonnellata), trasportata con navi provenien-
> abbiamo sbagliato
decisione del Tribunale della Libertà – spiegano i difensori – proprio
perché fondata sul riconoscimento
della mancanza di gravità indiziaria, appare molto rilevante anche
per le valutazioni che, a breve, dovrà compiere il gup, in quanto il
processo si avvia verso l'udienza
preliminare». Gli avvocati Alvaro e
Managò, convinti dell'innocenza
dello Stranges, hanno espresso soddisfazione, evidenziando, che, grazie all'importante decisione del Tribunale, è stata finalmente restituita la libertà ad un innocente.
Il tribunale del Riesame di Reggio Calabria (Leonardo presidente, Catalano e Foti
a latere) ha concesso gli arresti domiciliari a
Giovanni Malara. L’uomo, difeso dall’avvocato Basilio Pitasi, era stato arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria. A
Malara viene contestato il reato di partecipazione ad una vasta associazione dedita alla commissione di truffe ai danni di privati
e di operatori economici della città. Nel corso della discussione camerale, la difesa ha
sottolineato come il ruolo e gli elementi contestati a Malara non giustificavano la più
gravosa delle misure cautelari atteso che per
principio in generale quest’ultima deve essere adottata quando ogni altra misura non
appare adeguata. Il Riesame ha accolto tale
tesi ed ha concesso i domiciliari a Malara.
VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 23
l’ora della Piana
Via Aspromonte 22, Gioia Tauro Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected]
PORTO
AUTORITA PORTUALE
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0966 588637
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CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911
0966 765369
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0966 51123
POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610
CARABINIERI
0966 52972
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VIGILI DEL FUOCO
FARMACIE
0966 52203
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0966 267611
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0966 660488
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0966 86004
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0966 942111
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Gioia Tauro
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Ascioti 0966 643269
Covelli 0966 610700
D’Agostino 0966611944
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Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498
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Cittanova “Gentile” 0966 661894
Chiuso
Polistena “Garibaldi” 0966 932622
Chiuso
Laureana “Aurora”
Chiuso
Una fiaccolata di speranza
Melicucco, centinaia di persone sfilano in strada al grido «Io sono Fabrizio»
CRONACA
MELICUCCO
"Io sono Fabrizio", questa
la scritta riportata sulle maglie e nei cuori di tutti i partecipanti alla fiaccolata di
ieri, tenutasi questa volta a
Melicucco, il paese dal quale si sono perse le tracce di
Fabrizio. Ognuno era Fabrizio, pronto a non mollare, e
lo gridava in silenzio. Un'intera comunità che non si
rassegna e non ha alcuna
intenzione di farlo. Vuote le
vie del paese, ma piene di
indignazione. Il corteo è
partito dal campo sportivo
percorrendo le strade principali. Inevitabile notare la
quasi totale assenza dei melicucchesi. Ma tanti gli amici di Fabrizio che emanavano il proprio dolore misto a
speranza.
Più di 500 persone per dimostrare ancora il proprio
sostegno alle famiglie e per
smuovere le coscienze di chi
ha fatto si che questa triste
storia avvenisse, e di chi ancora non vuole parlare. Immancabili il padre e le sorelle, Romina e Simona. Pre-
Abusivismo edilizio
4 persone deferite
SPERANZA Da sinistra lo striscione in testa al corteo e i partencipanti e i familiari di Fabrizio Pioli
senti i sindaci di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, di Polistena Michele Tripodi, e
di Melicucco, Francesco Nicolaci.
Il silenzio si è rotto a fine
corteo quando un’unica voce si è alzata gridando “Io
sono Fabrizio”, ed uno ad
uno poi lo si ripeteva, urlando, quasi a sottolinearlo,
per farlo sentire lontano, fino ad arrivare a lui, ovunque si trovi. Sono tutti stanchi di non sapere, è questo
che strema. Ma la famiglia
e gli amici non si demoralizzano totalmente. Il padre
ha più volte detto di non
avere odio per nessuno.
«L’unica cosa che vogliamo
è riavere Fabrizio a casa, in
qualche modo», con la speranza che sia ancora vivo,
ma con la consapevolezza
che potrebbe non essere così. «Ma anche se fosse, vorremmo avere almeno un
posto dove poterlo piangere, portare un fiore», ha
detto. E’ già passata una settimana e nessuna notizia ha
portato ad un cambiamento. Ciò che cambia sono solo gli stati d’animo di ognuno. Tutti i partecipanti erano uniti da uno sguardo triste e dall’intenzione di non
far spegnere le luci dei riflettori su una storia così assurda. In fondo davvero Fabrizio avrebbe potuto essere chiunque delle persone
presenti, il fratello non di
Romina, ma della persona
che per caso le stava dietro,
l’amico di un altro ancora, o
il figlio di una di questi e che
Fabrizio, magari, lo conosceva pure poco. Eppure era
li. Era Fabrizio. Ed è un grido di speranza che continuerà fino alla fine. A manifestazione conclusa, ancora una volta, era difficile per
tutti andarsene a casa.
Stare insieme e con un
motivo preciso fa sentire
più uniti. E continua ad essere l’unica cosa da fare per
essere d’aiuto in questa
bruttissima vicenda
EVA SALTALAMACCHIA
[email protected]
Mariangela Gaglioti torna carcere
Si è resa protagonista di ripetute violazioni degli arresti domiciliari
PALMI
ne anti ‘ndrangheta “Cosa
Mia” del giugno del 2010.
Ora, a distanza di pochi
mesi da quell’ammorbidimento della pena preventiva, la Gaglioti torna in galera per le ripetute violazioni
degli obblighi durante il
periodo di arresti domiciliari.
Attraverso l’operazione
Cosa Mia, i giudici della distrettuale antimafia di Reggio Calabria, avevano sco-
precisazione
Brandimarte non è parente di Perri
Il sottoscritto avv. Domenico Ascrizzi, difensore di fiducia della famiglia Brandimarte e Condello, chiede di voler precisare le informazioni indicate negli articoli giornalistici degli ultimi giorni in relazione alla morte di Giuseppe Priolo. Nello specifico si dà l'errata informazione di
un rapporto di parentela tra Giuseppe Brandimarte
(Nuccio) e Vincenzo Perri . In realtà Giuseppe Brandimarte non è legato da nessun rapporto di parentela con
Perri.
La donna è
accusata dalla
Dda reggina
di associazione
mafiosa
perchiato un vastissimo giro di mazzette e appalti pilotati relativamente all’eterno cantiere per il
riammodernamento dell’autostrada Salerno Reggio
Calabria.
I lavori di ristrutturazione del tracciato infatti sarebbero finiti nelle mani
delle consorterie del comprensorio che avevano
equamente diviso i macro
lotti per fare in modo che
tutte le famiglie di mafia
della zona potessero entra-
Arrestato 31enne
di Taurianova
I carabinieri della Compagnia di
Taurianova, in applicazione di
un ordine di esecuzione della
misura cautelare degli arresti
domiciliari, hanno tratto in
arresto S.S., 31 anni,
responsabile di aver favorito la
permanenza di cittadini
stranieri nel territorio italiano.
r. p.
cosa mia
È tornata in carcere la
quarantaduenne seminarese Mariangela Gaglioti.
Il Presidente della Corte
d’Assise Silvia Capone infatti, dopo avere esaminato le informative delle forze
dell’ordine che avevano segnalato di come la stessa
Gaglioti avesse trasgredito
al regime di arresti domiciliari, ha disposto per la
donna il regime di custodia
cautelare in carcere.
A Mariangela Gaglioti,
accusata di associazione a
delinquere di stampo mafioso, erano stati concessi
gli arresti domiciliari nel
maggio dello scorso anno,
in seguito agli arresti derivanti dalla maxi operazio-
Nell’ambito di un mirato
piano di controllo ambientale
ed edilizio, i carabinieri di
Sant’Eufemia e della polizia
provinciale in località Badia
hanno operato un sequestro,
su ordine del gip del Tribunale
di Palmi. P.G. di anni 70 e
C.D. di anni 33; si sono resi
responsabili della realizzazione
di due manufatti in cemento
armato, in assenza di
permesso di costruire, in area
soggetta a vincolo ambientale
e idrogeologico forestale il
tutto in zona sismica.
Nell’ambito dello stesso
servizio sono stati deferiti alla
Procura di Palmi per falsa
attestazione della Scia P.C. di
anni 48 tecnico agronomo, e
L. D. di anni 37 per per
omissione di atti d’ufficio.
r. p.
Rapina e pestaggio
4 uomini in manette
ARRESTATA Gaglioti
re nell’affare milionario.
La stessa operazione Cosa Mia poi, ha finalmente
fatto luce sul riaccendersi
della sanguinosa faida tra i
Gallico di Palmi e Bruzzise
di Barritteri di Seminara,
piccolo centro sul cui territorio è stato posto uno dei
campi base dell’Anas.
San Ferdinando, quattro
malviventi di nazionalità bulgara,
con il volto coperto da
passamontagna, hanno fatto
irruzione all’interno
dell’abitazione, di A.Y, 25 anni, e
dopo aver malmenato I.Y.A., 21
anni, si impossessavano della
somma contante pari a 350
euro circa e di un telefono
cellulare. Le immediate indagini
hanno consentito di identificare
e deferire in stato di libertà
M.V., 23 anni; K.Y, 37 anni; N.R.,
29 anni, ritenuti responsabili in
concorso con un complice allo
stato ancora ignoto.
r. p.
VENERDÌ 2 marzo 2012 PAGINA 29
l’ora della Locride
Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected]
GUARDIE MEDICHE
Siderno
Locri
Marina di Gioiosa J.
Gioiosa Jonica
Roccella Jonica
Bovalino
Grotteria
Caulonia
tel. 0964/399602
tel. 0964/399111
tel. 0964/416314
tel. 0964/51552
tel. 0964/84224
tel. 0964/61071
tel. 0964/53192
tel. 0964/861008
BOVALINO
Ladro in trasferta. Dalla Sicilia e precisamente da Gravina di Catania è arrivato a Bovalino per svaligiare la gioielleria Iemma, in via Garibaldi. Pensava di averla fatta
franca il quarantacinquenne
Nicolosi Orazio ma dopo poche ore la guardia di Finanza
di Messina gli ha stretto le
manette ai polsi. Al momento non si ha una stima economica di quanto è stato rubato ma, il malloppo che Nicolosi stava portando con sé in
Sicilia gli avrebbe fruttato un
bel gruzzolo di migliaia di euro. Il furto è avvenuto nella
centralissima Bovalino la
notte tra mercoledì e giovedì.
Nicolosi, che molto probabilmente aveva uno o più complici, ha fatto un foro nel muro di un garage adiacente alla gioielleria riuscendo cosi a
entrare nel locale. Probabilmente Nicolosi e i suoi complici hanno fatto molto rumore ma, sono stati avvantaggiati dalla zona, dove ci sono molti negozi e studi ma
poche, pochissime abitazioni. Difficilmente qualcuno
avrebbe potuto sentire i rumori. Una volta dentro, con
una fiamma ossidrica il catanese ha aperto una, della due,
cassaforte e, ha portato via
tutti ciò che c’era all’interno,
in più anche tutto quel che
c’era esposto nelle vetrine.
FARMACIE
EMERGENZA
CINEMA
Bovalino
Bovalino
Locri
Cinema Vittoria
tel. 3397153696
“The woman in black” ore 18 - 20ore 22
tel. 0964/66128
tel. 0964/61028
tel. 0964/356097
Gioiosa Jonica
Martora & Crupi
tel. 0964/51259
Satriano
tel. 0964/51532
Scopacasa
tel. 0964/58134
Cristiano
De Sandro
Longo
Carabinieri
Polizia
Capitaneria
tel. 0964/61000
tel. 0964/67200
tel. 0964/787657
Gioiosa Jonica
Carabinieri
tel. 0964/51616
Marina di Gioiosa Jonica
Carabinieri
tel. 0964/415106
Siderno
Cinema Nuovo
tel. 0964/342776
“Protocollo Fantasma” ore 16 - 19- 22
Roccella Jonica
Cinema Golden
tel. 0964/85409
“Come è bello far l’amore” ore 18 - 20 - 22
Da Catania a Bovalino
per rubare gioielli
Orazio Nicolosi arrestato in trasferta dalla Gdf
La strada dove è stata compiuta la rapina a Bovalino
L’allarme, ai carabinieri della stazione di Bovalino comandati dal maresciallo capo Candeloro Sturniolo e coordinati dal tenente Nico
Blanco, comandante della
Compagnia Carabinieri di
Locri, è stato dato ieri mattina, poco prima le ore 9 quando, i proprietari della gioielleria hanno scoperto l’accaduto. Subito sono stati formati dei posti di blocco sen-
za però alcun esito; sino a
quando non è arrivata la
chiamata da parte della
Guardia di Finanza di Messina. Nicolosi con l’automobile si è imbarcato da Villa San
Giovanni, con sé, aveva tutta
la refurtiva della gioielleria di
Iemma. Aveva calcolato tutto
nei particolari e stava anche
per farla franca.
Fermato però dagli uomini
della guardia di finanza di
Messina non è riuscito a giustificare la provenienza della
merce che possedeva in auto, i militari hanno così subito capito che c’era qualcosa
che non andava. E’ bastato
un attento controllo e qualche telefonata e per Nicolosi
sono scattate le manette ai
polsi. I proprietari della gioielleria bovalinese, sembra
che, abbiano riconosciuto la
propria merce. Fortunatamente questa volta è andata
bene. Il furto subito alla gioielleria Iemma non è il primo
avvenuto a Bovalino. Lunedì
sera i ladri hanno fatto visita
anche nella scuola materna
in contrada Donna Palumba,
sempre nella cittadina jonica. Un bottino misero per
quei ladri che si sono accontentati di un vecchio televisore. «Non si tratta però della
stessa banda criminale» precisa un investigatore.
Annalisa Costanzo
CRONACA
Sassi contro treno
un passeggero ferito
Il treno regionale numero
12724 è stato bersaglio di una
sassaiola nei pressi della
stazione di Ardore nella tarda
serata di ieri. Un passeggero è
rimasto lievemente ferito al
braccio. Sul posto la Polfer
Allaccio abusivo
due deferiti a Palizzi
A Palizzi due persone G.M.,
queste le sue iniziali, di 47 anni
e B.M., 69 anni sono state
deferite in stato di libertà. In
seguito ad una perquisizione
domiciliare, i militari operanti
hanno notato un allaccio
abusivo all’impianto elettrico
dell’Enel.
il processo
Finanzieri infedeli
sentiti altri due
testimoni
Referti medici fasulli
emessi dai sanitari dell’ospedale di Locri per giustificare falsi incidenti. E’
quanto scoperto dalla Procura distrettuale antimafia
di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta sui finanzieri infedeli. Ieri, nel corso
del processo, sono stati sentiti due testi. Il blitz delle
fiamme gialle di Locri è
scattato all’alba dell’otto
giugno 2010. Quel giorno
vennero arrestati tre finanzieri, accusati di truffa alle
assicurazioni e rivelazione
del segreto d’ufficio, e un
commercialista di Siderno,
Salvatore Barranca. Tra gli
indagati, anche medici dell’ospedale di Locri. Grazie a
un uso massiccio di intercettazioni telefoniche, ambientali e videoregistrazioni, il sistema corruttivo è venuto alla luce. Le indagini
hanno anche permesso di
scoprire un vasto giro di incidenti stradali fasulli posti
in essere con la compiacenza di medici che redigevano falsi certificati per danni
fisici inesistenti.
re. lo.
la manifestazione del Goel
CAULONIA
L’alleanza con la Locride e la Calabria torna nuovamente per le
strade e nelle piazze per far sentire forte e decisa la propria voce. E
sceglie proprio Caulonia, teatro del
recente atto intimidatorio subito
dal gruppo cooperativo Goel, per
riconfermare l’impegno nel contrasto alla ‘ndrangheta e alle massonerie deviate.
Un vero peccato tuttavia che il
serpentone partito da piazza Bellavista con destinazione Piazza Mese con in testa alcuni sindaci dela
Locride, abbia contato meno di
mille unità. Oltre Caulonia, presenti solo le fasce tricolori di Locri,
Benestare, Martone, Stilo, Canolo, Gioiosa Jonica, Gerace e Roccella Jonica. Nella vecchia Castelvetere anche i rappresentanti delle cooperative e delle associazioni
delle maggiori città calabresi, il segretario regionale Michele Gravano e il segretario provinciale Mimma Pacifici della Cgil; per la Cisl
Rosy Perrone e per il sindacato dei
bancari, Fiba Cisl, Giacinto Palladino. E ancora Guido Leoni, presidente di Ctm Altroconsumo, Stefano Granata, presidente di Cgn
Gruppo cooperative, Gianluca
del ristorante sono il segno della
vostra perserveranza e costanza,
qualità di cui ha bisogno il sud per
rinnovarsi e al quale il governo intende dare tutto il contributo possibile, in attesa di incontrare presto la vostra comunità». Sul palco
mazione di prodotti tipici biologi- accolto da Mara Rechichi anche il
ci. «A chi pensava e affermava che saluto di Gianni Speranza, sindai migranti dovevano essere rigetta- co di Lamezia Terme: «La nostra
ti in mare noi ci siamo opposti- ha antimafia è quotidiana e non octuonato il sindaco Ammendolia- casionale- ha esordito- mercoledì
siamo diventati paesi dell’acco- scorso si è sancito che la nostra è
glienza e di noi si parla in tutta Ita- una città che risponde». Il primo
lia. Da Caulonia deve partire un cittadino ha portato a Caulonia la
messaggio: Resitestimonianza di
stenza contro chi
Rocco Mangiardi,
In corteo i
vuole criminalizzaimprenditore lasindacati con i
re il popolo calametino vittima
brese. A fianco dei
giovani africani degli strozzini:
lavoratori e di tutti
«Nel tribunale di
del progetto
coloro che hanno a
Lamezia- ha spieaccoglienza
cuore il futuro delgato Speranza- ha
la nostra terra.
indicato con il dito
Questa è una pagina di lotta e uni- chi gli chiedeva il pizzo ogni mese.
tà». Sul cellulare di Vincenzo Li- Disse: “Io sono molto più libero
narello arriva un messaggio del adesso che ho la scorta di quando
ministro per la coesione territoria- non avevo denunciato il capo dei
le Fabrizio Barca: «Scrivo a tutti Giampà. Ora cammino con la scorvoi per esprimere il mio sostegno ta ma con la dignità di fare il mio
al lavoro svolto dal consorzio Go- lavoro senza che nessuno mi chieel. Il vostro è un impegno difficile da il pizzo”. E’ stato un fatto strae soggetto ad attacchi. Ma la gior- ordinario». Applausi.
nata a Caulonia e l’inaugurazione
Ilario Balì
La piazza risponde a metà
Pochi i sindaci, cittadini freddi. L’sms del ministro Barca
Mingozzi presidente di Confcooperative Emilia Romagna. Quindi
anche il primo cittadino di Lamezia Terme, Gianni Speranza, l’onorevole Nuccio Iovene e i ragazzi
africani ospiti del progetto accoglienza. Di semplici cittadini in
piazza Mese ce n’erano davvero
pochi. In bella mostra sul palco
nell’installazione di Enzo Rullo
(nella foto) i frutti della ‘ndrangheta rappresentati dai frammenti di
legname lasciati dall’ordigno
esploso a Capodanno accanto alle
arance di Goel Bio, società del
gruppo Goel che opera nel settore
agroalimentare ed energetico, attraverso la produzione e trasfor-
15
VENERDÌ 2 marzo 2012
calabria
ora
C O S E N Z A
Confessioni di un moribondo
Processo Lanzino, sentita la donna che parlò con Sansone in punto di morte
Eugenia De Bartolo è una signora di Marano Principato
che conosceva bene il maresciallo Franco Sansone. Quando egli venne gravemente ferito in un agguato sulle montagne della Catena Costiera andò insieme al marito a trovarlo in ospedale a Roma. L’uomo soffriva molto per le ferite,
ma riusciva ancora a parlare.
Le disse che tra le persone che
gli spararono c’era anche Luigi Carbone, uno dei due presunti assassini di Roberta Lanzino. Il maresciallo della polizia penitenziaria Franco Sansone morì poco tempo dopo
proprio in seguito alle ferite riportate. Per il suo omicidio
vennero condannati Alfredo
Sansone e suo figlio Franco
(omonimo della vittima), entrambi imputati, insieme a Remo Sansone al processo per la
morte della studentessa rendese – avvenuta a Falconara
Albanese nel luglio del 1988 –
che si sta celebrando al tribunale di Cosenza. Durante
l’udienza di ieri è stata sentita
Eugenia De Bartolo. Una deposizione quasi inutile, tuttavia. Perché la donna ha dichiarato di non ricordare quasi
nulla a causa del dramma familiare che l’ha colpita cinque
anni fa: la morte del figlio. «Da
allora ho perso interesse per la
vita, sto sempre a casa, non
esco quasi mai, ho vuoti di me-
VITTIMA Roberta Lanzino
moria». L’esame, pertanto è entrambi i delitti. Nel corso
risultato difficoltoso quanto dell’udienza di ieri è stato senbreve. La sua testimonianza tito anche il maresciallo dei casarebbe stata utile (così come rabinieri in pensione Leonarlo fu al processo sull’assassi- do Urso. Nel luglio del 1990
nio del maresciallo) per rico- eseguì una perquisizione nella
struire il contesto in cui matu- proprietà di Luigi Carbone nel
corso della
rò l’omicidio
quale ritrovò
di Luigi CarRinviata
una pistola e
bone. Seconal
7
marzo
un fucile. Le
do la tesi delarmi erano
l’accusa il pa- la testimonianza
nascoste sotstore venne
del vecchio boss
to
alcuni
ammazzato
Franco Pino
massi e fra(il cadavere
sche a ridosso
non è mai stato ritrovato) per evitare che del muro della casa che lo stesconfessasse di aver violentato so Carbone stava costruendo
e ucciso Roberta Lanzino in in località Creimola. Non eraconcorso con Franco Sansone no le armi usate per uccidere il
(anche Rosaria Genovese ven- maresciallo Sansone, in quanne uccisa perché sapeva). Il to è stato accertato che venneprocesso tenta di far luce su ro rubate successivamente al
l’inchiesta
Donna folgorata in casa
L’impianto non era a norma
Carmela Fico
Non c’è ancora nessun nome sul registro degli indagati
nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Cosenza
sulla morte di Carmela Fico, la quarantenne folgorata dalla
sua stufa all’interno del suo appartamento nel centro storico di Cosenza. Ma potrebbe esserci presto: il sostituto procuratore Antonio Bruno Tridico e la polizia di Stato stanno
lavorando per cercare di capire se sussistono eventuali responsabilità di terzi nel dramma consumatosi in via Martirano. Di sicuro l’impianto elettrico dell’abitazione non era a
norma, altrimenti sarebbe scattato il salvavita e la signora Fico sarebbe ancora viva. La scoperta del cadavere è stata fatta mercoledì dai vigili del fuoco, chiamati dai vicini, che non
vedevano la donna da qualche giorno. Quando i pompieri sono entrati nell’abitazione, un monolocale al secondo piano
di una vecchia palazzina, si sono trovati davanti il cadavere.
La Procura non ha disposto l’autopsia in quanto non sussistono dubbi sulla causa del decesso. Gli inquirenti non sono
ancora in grado di dire se l’alloggio in cui la signora Fico viveva in affitto sia di un privato o dell’Aterp. (a. b.)
delitto, ma hanno comunque
rilevanza processuale in quanto ci sono diversi testimoni che
riferiscono che nell’immediatezza della scomparsa di Luigi
Carbone, il presunto assassino Franco Sansone manifestò
come unica preoccupazione il
recupero di una pistola detenuta da Carbone. L’uomo la
cercò nella casetta di montagna dopo aver tagliato il lucchetto con cui era stata chiusa
ma senza riuscire a trovarla.
Cosa che invece riuscì ai carabinieri di Cerisano.
L’udienza di ieri avrebbe dovuto avere ben altri testimoni,
due vecchi boss della malavita
Cosentina: Umile Arturi e soprattutto Franco Pino. È grazie alle rivelazioni di quest’ultimo che è stato riaperto il caso Lanzino. Grazie ai suoi contatti con i clan del Tirreno venne a sapere che a uccidere la
studentessa di 18 anni erano
stati Franco Sansone e Luigi
Carbone. Sembra che quest’ultimo fosse un affiliato. Lo dimostrerebbe la partecipazione alla tentata estorsione a Antonio Grimoli, finita con un
morto e il ferimento dello stesso Carbone in seguito alla reazione dell’imprenditore. I due
pentiti testimonieranno alla
prossima udienza, fissata per il
7 marzo prossimo.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
l’arresto
Furto al bar della stazione
Preso con le mani nel sacco
Il punto dell’effrazione
Ha spaccato il vetro del Bar Stazione all’interno
dello scalo ferroviario di Vaglio Lise. Ha trascinato
fuori una slot machine, l’ha spaccata e ha intascato i
soldi (circa 400 euro). Poi è tornato dentro il bar per
svuotare anche le altre due, ma ci ha trovato i carabinieri. Perché nel bar c’era un sistema d’allarme collegato con la vicina caserma. E così, Giacomo Fuoco,
cosentino di 25 anni con precedenti di polizia, ha passato una notte al fresco. Ieri mattina a palazzo di giustizia si è svolta l’udienza di convalida dell’arresto, al
termine della quale al giovane sono stati concessi i
domiciliari. L’arresto è stato eseguito dal nucleo radiomobile dell’Arma, diretto dal maresciallo Domenico Lio, nell’ambito dei servizi disposti dal tenente
Alberto Fontanella, comandante ad interim della
compagnia di Cosenza.
La Finanza ha trovato un tesoretto
Diffusi i dati dell’attività del 2011: recuperati 336 milioni di euro
Ammonta a 336 milioni di
euro la somma di denaro sottratta al fisco e recuperata
dalla guardia di finanza di
Cosenza nel 2011 grazie a
1.175 controlli. È il dato saliente del consuntivo delle attività svolte lo scorso anno.
Nel contrasto all’economia
sommersa e all’evasione fiscale, i finanzieri hanno individuato 94 evasori totali e 12
evasori parziali per un valore
di 237 milioni di euro: il 71%
della base imponibile complessivamente accertata scovando 238 lavoratori in nero
e un’evasione Iva di 86 milioni. Le verifiche hanno riguardato 271 controlli per la ricostruzione dei volumi d’affari
effettivamente realizzati dai
contribuenti e 904 per il riscontro di singoli atti di gestione.
I settori che hanno con
maggiori irregolarità sono
quelli delle imprese di pulizie
(759 posizioni lavorative irregolari), agricoltura (125), edilizia (66) e turistico/ricettivo
(47). In materia di accise sono stati realizzati 46 interventi, con 48 violazioni.
Per quanto riguarda
l’emissione di scontrini e ricevute sono stati effettuati
9.106 controlli, di cui 6.577 in
materia di ricevute e scontri-
Il colonnello Giosué Colella, comandante della Gdf di Cosenza
ni fiscali; 2.204 nel settore del già concessi sono stati bloctrasporto delle merci e 325 su cati prima dell’erogazione.
indici di capacità contributi- Denunciate per truffa 3.137
va. Ventidue gli interventi nel persone e sottoposti a sequesettore del gioco e delle scom- stro per equivalente, disponibilità finanmesse illegali
ziarie per olcon il sequeImprese di
1,2 miliostro di 64.
pulizia, edilizia tre
ni, 10 apparNell'ambito
tamenti, 8
del contrasto
e agricoltura
terreni e 4
alle frodi nel
i
settori
con
più
veicoli. Effetsettore della
irregolarità
tuate 264 atspesa pubblitività di verica sono stati
eseguiti 35 interventi che fica di redditi per richiesta di
hanno consentito di accerta- accesso alle agevolazioni in
re circa 16,4 milioni di euro sanità, istruzione, politiche
di finanziamenti illecitamen- della casa. La lotta agli sprete percepiti. Altri 7,4 milioni chi e alle inefficienze della
pubblica amministrazione
ha consentito di segnalare
danni erariali per circa 43,8
milioni di euro. Nel corso del
2011 sono state sviluppate 78
segnalazioni per operazioni
sospette.
Gli interventi di contrasto
alla contraffazione hanno
portato al sequestro di 27 mila articoli. Segnalate 146 persone di cui 8 arrestate. Intensa anche l'attività di contrasto alla criminalità organizzata: confiscati 18 immobili 12
veicoli e un’azienda assieme a
disponibilità per oltre 7,5 milioni. Sequestrati 20 immobili, 10 veicoli, due aziende e disponibilità finanziarie per oltre 2,3 milioni. Undici le verifiche delle posizioni fiscali di
persone condannate per associazione mafiosa e segnalata una persona soggetto per
violazioni alle normative fiscali. Constatate violazioni in
materia di imposte dirette
per oltre 8,1 milioni, iva per
oltre 500 mila edIrap per circa 2,8 milioni. Individuate 15
discariche abusive (30 mila
metri quadrati). Sequestrati,
nell’ambito del contrasto allo
spaccio della droga, 1,1 kg di
cocaina, 1,6 kg. di fumo e erba, distrutte 4.620 piante di
marijuana con 250 denunce e
19 arresti.
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C A T A N Z A R O
il processo
«Non ci sono prove certe che
gli imputati abbiano commesso il
fatto. Le ricognizioni sono anomale». I difensori Gregorio Viscomi e Salvatore Staiano, ieri
nell’ambito del processo a carico
di Cosimo Berlingieri, 44 anni e
Gianluca Passalacqua,23 anni,
imputati per l’omicidio pluriaggravato del giovane universitario
di 24 anni Massimiliano Citriniti, accoltellato a morte il 22 febbraio 2009 fuori dal Centro commerciale "Le Fornaci", hanno
controbattuto alle tesi accusatorie. In particolare l’avvocato Sta-
Spunta una nuova teste oculare
Omicidio Citriniti, chiesta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
iano ha chiesto di riaprire il dibattimento per acquisire le dichiarazioni di una testimone oculare presente sul luogo dell’omicidio fino ad ora sconosciuta. Il legale, durante l’arringa ha parlato
di una donna, una guardia giurata, che avrebbe visto Citriniti prima del delitto, accorgendosi che
proprio la giovane vittima avrebbe avuto con se, lo stiletto che poi
lo ha ucciso, tanto da chiedergli
addirittura «cosa ci fai con quel
coltellino?». Una versione che
contrasta con quella dell’accusa,
aprendo la strada all’ipotesi che
proprio il giovane universitario
abbia scatenato l’aggressione nella quale, poi, ha avuto la peggio.
Staiano ha definito quella di Citriniti, una “provocazione imponente”. Ma le contestazioni del
penalista sono andate oltre, facendo riferimento alle consulenze tecniche «poco credibili» e alle dichiarazioni dell'imputato minorenne già condannato per
l'omicidio, che ha definito non
credibile sollecitando l'invio degli atti relativi alle sue dichiarazioni alla Procura per i minorenni per falsa testimonianza. Il legale ha concluso con una richiesta
di rinnovare l'istruttoria dibattimentale e in seconda battuta l’assoluzione degli imputati o in caso
di condanna esclusione dell’aggravante dei futili motivi con la
concessione di tutte le attenuanti del caso. Per l’assoluzione di
Berlingieri ha insistito anche l'avvocato Gregorio Viscomi, il quale ha sostenuto l’insussistenza
di prove a carico degli imputati,
evidenziando le contraddizioni
tra quanto dichiarato dai testi in
fase di indagini rispetto alla fase dibattimentale.
Gabriella Passariello
E la Provincia si mobilita
Scuola di Magistratura, Ferro: «Avanti contro la sentenza di appello»
corte di appello
Confermati quattro
anni di reclusione
per Diego Sestito
La Corte d'appello ha
confermato la condanna
a 4 anni di reclusione inflitta in primo grado a
Diego Sestito, 26 anni,
Vallefiorita, arrestato a
maggio 2008 per spaccio
di stupefacenti. La prima
sentenza a carico dell’uomo arrivò il 15 dicembre
del 2008, al termine del
processo per direttissima. Sestito fu arrestato
dai militari che colsero
sul fatto il giovane che
andava a rifornirsi di
droga.
«La Scuola di Magistratura probabilmente non si farà né a Catanzaro, né a Benevento». A dirlo il presidente della Provincia Wanda Ferro
che ieri ha dato conto della proposta
avanzata da alcuni parlamentari tesa ad istituire una sede unica a Bergamo. Nel frattempo, ha assicurato,
verrà portata avanti ogni azione possibile per porre rimedio alla sentenza del Consiglio di Stato che, per non
aver notificato il ricorso alla Provincia di Benevento, ha rigettato proprio il ricorso presentato dalla Provincia di Catanzaro contro il decreto dell’ex ministro della Giustizia
Clemente Mastella, che prevedeva
lo spostamento della sede da Catanzaro a Benevento. Presenti alla conferenza stampa i legali rappresentanti della Provincia - Roberta Chiarella e Federica Pallone -, il presidente dell’Ordine degli avvocati Giuseppe Iannello per la Regione e l’avvocato Francesco Scalzi. Assenti i
legali del Comune. Lo ricordiamo,
dopo l’assegnazione della scuola a
Catanzaro da parte dell’ex ministro
Castelli (governo Berlusconi) e dopo
il decreto interministeriale voluto da
Mastella (governo Prodi) per spostare la sede a Benevento, era stato
il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso della Provincia, e nonostante
l’inammissibilità stabilita nei confronti dei ricorsi di Comune e Regione, a dare speranza a Catanzaro.
Finché appunto il Consiglio di Stato
pochi giorni fa è intervenuto chiarendo in aggiunta che la Provincia
di Benevento sarebbe l’unica controparte interessata. «Il Consiglio ha spiegato Scalzi - non ha tenuto
minimamente in considerazione la
sentenza del Tar, né il fatto che alla
Provincia di Benevento il ricorso è
stato notificato nei termini decorrenti dalla predetta conoscenza. In
più non si è considerato che il Comune di Benevento è controparte in
quanto menzionato nella motivazione del decreto e parte nell’accordo
quadro del 24 febbraio 2007. La
stessa Provincia di Benevento, del
resto, nel suo ricorso ha sostenuto di
non essere controparte». La notifica alla Provincia di Benevento, infatti, sarebbe avvenuta subito dopo
il deposito del testo integrale del decreto, che avrebbe permesso final-
IN CITTA’
Falso allarme bomba
Attimidipaura alla Carime
mente di conoscere tutte le controparti. «Stiamo valutando - ha pertanto sottolineato Scalzi - la possibilità di chiedere la revocazione della
sentenza, possibile laddove si ravvisi errore di fatto e non di merito, ovvero omissione di alcuni elementi».
Grande assente Salvatore Scalzo,
che in questi giorni aveva puntato il
dito proprio contro l’errore presunto della Provincia, e che Ferro non
ha mancato di punzecchiare: «non
dobbiamo giustificazioni al sapientino di turno ma teniamo a dar conto dei fatti. Scalzo avrebbe dovuto
essere qui per rispetto della città».
Emmanuel Raffaele
Attimi di paura in via Indipendenza nel
pomeriggio di ieri. Un borsone lasciato nei
pressi dell'ingresso dell'agenzia della Banca
Carime aveva creato apprensione nei passanti.
Si temeva potesse contenere esplosivo.Alcuni
testimoni hanno chiamato il 113. La polizia ha
verificato che si trattava di un falso allarme. La
borsa era completamente vuota.
Professionisti dello scasso
in azione nei quartieri
Oltre ai furti di auto, anche quelli in
appartamento. Pare che ad agire siano proprio
bande organizzate, probabilmente provenienti
dall’Est, che stazionano in alcuni quartieri, studiano
le mosse dei malcapitati, ed operano da veri e
propri professionisti dello scasso. In campo tutte
le forze per sconfiggere la criminalità.
la decisione del gip
il responso del giudice per le indagini preliminari
Stalking, resta in carcere
l’imprenditore Albano
Contraffazione di registri
Dietro le sbarre Rocco Lotito
l’imprenditore gravava l’acIl giudice per le indagini
cusa di violenza psicologica.
preliminari Livio Sabatini ha
Era già stato ammonito dalsciolto la riserva. Resta in
la Questura con un provvecarcere l’imprenditore Girodimento datato 14 dicembre
lamo Albano,52 anni ex pre2011, nel quale si intimava «
sidente della Catanzaro calall’imprenditore di astenersi
cio, arrestato con l’accusa di
dal proseguire con comporstalking. L’uomo, assistito
tamenti minacciosi o prevadal legale Saverio Loiero e
ricatori nei confronti della
Angela La Gamma, durante
parente. Ma nulla l’avrebbe
l’udienza di convalida aveva
fatto desistere dallo stare
fornito la propria versione
lontano dalla congiunta, che
dei fatti e si era difeso scardipiù volte avrebbe denuncianando tutte le accuse, proto lo stato di disagio nella
clamandosi innocente e re- Girolamo Albano
quale si trovava. L’uomo da
spingendo con forza l’ipotesi della fragranza del reato. Secondo le tesi lunedì mattina si trovava nella camera di siaccusatorie, avrebbe fatto irruzione nel- curezza del polifunzionale della Questura di
l’azienda di famiglia, aggredendo e minac- Cavita, a disposizione del sostituto procuraciando una congiunta, tanto da indurre gli tore Emanuela Costa. Poi l’udienza di conagenti in servizio nell’azienda di famiglia ad valida davanti al gip. Girolamo Albano, l’11
intervenire, bloccandolo. La donna era riusci- luglio 2011, era stato condannato a due anni
ta a rifugiarsi all’interno dell’uffici o di un di- di reclusione per aver abusato di una sua dipendente. E non era la prima volta che sul- pendente. (ga. pa.)
Il gip non ha convalidato l’arresto a carico di
di Rocco Lotito, ex dipendente di un istituto
di credito del capoluogo,
accusato di aver redatto
false sentenze per riabilitare i protesti bancari.
Ma rimane in carcere.
Davanti al gip, Rocco
Lotito, assistito dal legale Piero Mancuso,
aveva negato ogni responsabilità, assumendo un comportamento Rocco Lotito
disponibile nei confronti del magistrato. Secondo le accuse
avrebbe messo su una centrale del falso, alla quale si sarebbero rivolti ignari clienti che per ogni prestazione
avrebbero pagato, tramite bonifico
bancario, seicento euro di parcella. In
casa di Lotito, gli agenti, avevano trovato una cinquantina di pratiche e
timbri perfettamente riprodotti del cancelliere,
dell’assistente amministrativo, del deposito atti e del rilascio della copia conforme del tribunale lamentino. Nel corso delle indagini era stata interrogata la titolare
di una pratica, che
avrebbe riferito agli inquirenti di non essere
riuscita a pagato un assegno di 280 euro e che
era finita in protesto. Si
sarebbe lamentata della
cosa con un parente che le avrebbe riferito di conoscere una persona che
avrebbe potuto aiutarla. E questo uomo sarebbe proprio il sessantenne
Rocco Lotito. Poi l’arresto dell’uomo
e l’udienza di convalida davanti al gip
Livio Sabatini che ha mandato in carcere l’uomo. (ga. pa.)
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calabria
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L A M E Z I A
il giorno che non c’è
«Perché dal Nord
siete venuto qua
a fare tutto ciò?»
Gli studenti si rivolgono a Don Panizza
E lui: «Da voi cose importantissime»
«Ma con quale coraggio siete venuto
dal nord a fare questa attività?»
Marco, 10 anni circa, la domanda a
don Giacomo Panizza la butta così, senza preamboli né diplomazia. La sua è
stata la prima di una serie di domande
rivolte ai conferenzieri durante la “scuola di legalità”, tenutasi, mercoledì scorso, nell’auditorium dell’istituto magistrale “Tommaso Campanella”. La scuola di legalità è stata la prima tappa di
un’intera giornata dedicata al dissenso
verso la ’ndrangheta. Un primo appuntamento dedicato ai ragazzi, a raccontare loro ma anche a farsi fare delle domande. Al tavolo dei conferenzieri c’erano don Giacomo Panizza, della comunità “Progetto Sud”, il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, e Costantino Fittante, presidente del Centro
"Riforme - Democrazia - Diritti”. Gli studenti sono schietti e schiettamente dimostrano il proprio scetticismo nei confronti delle “scuole di legalità”, delle manifestazioni antimafia, delle parate di
propaganda. Si chiedono come poter fare, concretamente, “bene comune”. «E
anche – come dice Maria del liceo Galluppi di Catanzaro – sono stanchi di
sentirsi scaricare addosso le responsabilità della lotta alle mafie, quando gli
adulti le mafie le hanno consegnate a loro e al loro futuro». «Insieme si può fare tutto – dice don Giacomo – come
spingere, ad esempio, che vengano fatte delle buone delibere. Io sono arriva-
to dal nord per un senso di giustizia: mi
è piaciuto di più cercare di cambiare
qualcosa a Lamezia Terme, con la gente di Lamezia Terme piuttosto che fare
in modo che fossero i disabili a doversi
trasferire al nord. All’inizio non conoscevo nemmeno bene la parola mafia
che per me era una cosa romanzata. Ma
voi giovani dovete ritrovarvi e partecipare alla democrazia. Esiste, certo, la finta antimafia delle parole. Ma noi facciamo parole e fatti e ognuno deve avere il
coraggio di fare la propria parte». Ma il
senso forte del messaggio è un altro:
«Voi giovani non siete solo studenti e se
gente in carrozzina ha potuto fare cose
importanti, voi potete fare cose impor-
tra le gente
«È importante esserci»
ma non c’è tanta fiducia
Il compito di voi giovani
e quello di ritrovarvi
e di parteciapare
alla democrazia
Ognuno deve avere
il coraggio
di fare la propria parte
tantissime». Il sindaco ha concluso indicando ai ragazzi quegli adulti che si
sono presi delle responsabilità e hanno
cercato di fare qualcosa per il futuro di
tutti: «Rocco Mangiardi che ha denunciato il pizzo è un adulto, don Giacomo
che lotta ogni giorno è un adulto».
Un altro adulto, alla fine, ha voluto
portare il proprio messaggio: è il signor
Nunnari, presidente di un’associazione
di genitori di disabili psichici. Anche
questa associazione, come la “Progetto
Sud”, occupa un immobile confiscato alla ’ndrangheta. «Cambiare, vi assicuro –
ha detto Nunnari – è possibile».
ALESSIA TRUZZOLILLO
[email protected]
«La ’ndrangheta c’è e non
possiamo fare finta che non
esista. Anche se le manifestazioni io non credo che
servano a granché, pure bisogna esserci per far vedere
da quale parte si sta». Con
queste parole la signora
Maria Teresa, 46 anni,
esprime il senso della sua
partecipazione a “Il giorno
che non c’è”. Mercoledì sera, alle 18, il corteo dei manifestanti è partito dalla
scuola “Don Saverio Gatti”
di via dei Bizantini, dirigendosi, con tappe, intervalli e
una fiaccolata finale, verso
la chiesa di San Giovanni.
«Diciamo che questo benedetto giorno ancora non c’è
– dice il signor Pasquale –
però fino ad allora non si
può fare finta di niente».
Nel corteo che si snoda lungo le strade di Capizzaglie,
uno dei quartieri con maggiori episodi di violenza criminale di Lamezia, ognuno
ha le sue teorie e le sue ragioni per partecipare.
«Guardi, a me la mafia mi
ha ammazzato un nipote –
racconta un uomo, abbassando gli occhi sulla fiaccola che porta in mano – io
partecipo perché penso a
lui, però nella giustizia non
ci credo tanto». Il signore
ha voce grave e tesa come
chi trattiene la commozione, non ci vuol dire il suo
nome e prosegue oltre, continuando a camminare e
confondendosi infine nel
corteo. Lungo le strade di
Capizzaglie parliamo anche
con la gente del posto. Qualcuno della zona si è unito al
corteo. «Io non ci credo a
ste cose – dice una donna
che guarda la sfilata di gente dal bordo della strada – i
problemi veri sono altri e
non li risolvono. Non c’è lavoro, mio figlio è dovuto
partire. Questi sono i problemi veri». «Noi partecipiamo perché non è che in
questo quartiere sono tutti
mafiosi o criminali» è la risposta di una famigliola con
dei bimbi piccoli. Un dato
molto frequente nelle risposte della gente del quartiere,
soprattutto di coloro ha non
hanno voluto partecipare, è
stato il tema del lavoro che
manca. L’argomento è stato
più volte adoperato come
causa del diniego alla manifestazione e alla domanda
sulla presenza della ’ndrangheta nel territorio. Un modo per dirottare gli argomenti o una reale richiesta
di aiuto?
al.tr.
dopo l’attentato
dopo l’evento
Pdl e Idv vicino Don Giacomo:
«Risposta altrettanto risoluta»
Raggiante il sindaco Speranza:
«Questa città fa ben sperare»
«Si è voluto colpire, in tutta evidenza,
dando un segnale di forza, quel movimento vitale, sorto spontaneamente e che coinvolge ormai la grande maggioranza dei cittadini che vuole far sentire la propria voce
a sostegno dello Stato, delle istituzioni nella lotta a quella criminalità che per troppo
tempo ha paralizzato e penalizzato la nostra città». Il capogruppo del Pdl Raffaele
Mazzei commenta così il grave atto intimidatorio ai danni della struttura “Dopo di
Noi” gestita da Don Giacomo Panizza.
«L’auspicio - aggiunge - è che la risposta delle istituzioni, delle forze di polizia,
della frangia della popolazione lametina
che non vuole rassegnarsi e piegarsi a quello che rischia di diventare un vero e proprio
giogo, sia altrettanto decisa e risoluta, dimostrando che il processo di ribellione e
affrancamento è ormai così avanzato da
non consentire e tollerare alcun arresto o
intimidazione». «La ’ndrangheta ha deciso di colpire un simbolo - ha commentato,
invece, Mario Dany De Luca responsabile
nazionale Idv, dipartimento Politiche per il
Superamento dell''Handicap - il simbolo
di una sconfitta incassata nel loro fortino
dove tutto controllano e tutto è sotto controllo. E dove ciò che
sfugge va distrutto.
Ma la cittadinanza
non vuole più vivere
in questo modo.
Quando si vive in un
territorio come la Calabria e si lavora incessantemente per far
crescere un’idea dello
spessore di “Progetto
Sud”, a volte non si ha la consapevolezza
che quel lavoro crea radici profonde, quella discontinuità testimonia la voglia di
cambiamento di una popolazione».
t.b.
«“Il giorno che non c'è” è un giorno che
non sarà dimenticato, iniziato al mattino
con uno straordinario incontro con gli studenti degli istituti superiori della città,
proseguito con i ragazzi della scuola media “Saverio Gatti” e
concluso con il cammino che ha attraversato Capizzaglie, testimoniando la voglia
di stare insieme e insieme costruire una
società senza mafie»:
così il sindaco Gianni
Speranza. «Per liberarsi dalle mafie - ha
detto il primo cittadino - bisogna innanzitutto liberarsi dalle paure ed è stato bello
vedere nei volti dei cittadini che hanno
camminato fianco a fianco ai magistrati del
Tribunale della città, ai parroci, ai rappre-
sentanti delle associazioni, al prefetto, al
vescovo, al procuratore, ai vertici della magistratura calabrese e delle forze di polizia,
ai dirigenti sindacali ed amministratori,
l'orgoglio di essere una comunità che vuole essere e vivere libera e felice».
«So bene - ha proseguito - che non basta certo una manifestazione o un'iniziativa sola a sconfiggere la 'ndrangheta e la
cultura mafiosa che la sorregge e che quindi avremo davanti altre sfide e altri problemi. Ma la manifestazione di mercoledì è
testimonianza di una città che da tempo è
in cammino e che, pur tra mille difficoltà,
ha reagito e ha alzato la testa. Tutt'altro
che l'antimafia della “parate” occasionali,
ma quella quotidiana fatta di tanti impegni
e tanti momenti». «È questa Lamezia - ha
concluso Speranza - che voglio pubblicamente ringraziare e che ho l'onore di rappresentare. È questa Lamezia che nonostante difficoltà e fatiche ci fa sperare in un
futuro migliore».
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