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Fattori prognostici nel melanoma cutaneo “sottile”

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Fattori prognostici nel melanoma cutaneo “sottile”
© Springer-Verlag 2002
Pathologica (2002) 94:282-289
EDITORIALE
D. Massi · A. Franchi · M. Santucci
Fattori prognostici nel melanoma cutaneo “sottile”
Prognostic factors in thin cutaneous malignant melanoma
Riassunto Attualmente viene diagnosticato un numero
sempre più cospicuo di melanomi cutanei “sottili” (≤1 mm).
Sebbene la maggior parte delle lesioni “sottili” sia associata
ad una prognosi eccellente, una parte di queste può sviluppare recidive e/o metastasi a distanza con esito fatale per i
pazienti. Già da tempo è emerso che sebbene lo spessore secondo Breslow sia il singolo più importante fattore prognostico nel melanoma in generale, per le lesioni “sottili” è indispensabile l’identificazione di altri parametri morfologici,
biologici e/o molecolari che possano predire la progressione
neoplastica. Allo stato attuale, fra i parametri istopatologici,
i livelli di Clark e l’ulcerazione sono da considerare parametri prognosticamente significativi. Anche la valutazione
della regressione (attraverso la misurazione T+R), dell’infiltrato infiammatorio e dell’attività mitotica sembrerebbero
poter avere una valenza prognostica, nonostante siano necessari ulteriori studi per confermare la loro significatività.
Parole chiave Melanoma • Cute • Prognosi
Key words Melanoma • Skin • Prognosis
D. Massi • A. Franchi • M. Santucci ()
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia,
Università degli Studi di Firenze,
Viale G.B. Morgagni 85, I-50134 Firenze, Italia
e-mail: [email protected]
Tel.: +39-055-4478105
Fax: +39-055-4379868
Introduzione
Nel corso degli ultimi decenni vi è stato un significativo e
rapido aumento dell’incidenza del melanoma cutaneo nei
Paesi occidentali, sebbene tale tasso sembri essere attualmente in leggero declino [1, 2]. Studi recenti sembrano suggerire che l’aumento di incidenza sia dovuto soprattutto ad
una aumentata esposizione a fattori di rischio, quali l’esposizione solare intermittente ed ustioni solari durante l’infanzia e l’adolescenza [3].
L’impiego di nuove tecniche per la diagnosi precoce
(quali la microscopia in epiluminescenza), la larga diffusione di programmi di screening dei pazienti a rischio e le
campagne di educazione alla prevenzione hanno contribuito al riconoscimento di un numero sempre più cospicuo di
neoplasie in fase iniziale e quindi di spessore assai inferiore rispetto a quello delle lesioni che venivano diagnosticate in passato [4, 5]. Questo ha portato al raggiungimento di un plateau ed in alcuni paesi ad una lieve diminuzione del tasso di mortalità per melanoma [6]. Attualmente
circa il 63% dei pazienti affetti da melanoma viene diagnosticato allo stadio 0 (lesioni in situ) o I (lesioni di spessore ≤1.5 mm), mentre il 37% è affetto da malattia in fase
più avanzata [7].
I melanomi “sottili” vengono osservati più frequentemente in pazienti giovani e di sesso femminile [5], spesso
con storia familiare di melanoma [8]. Un recente studio ha
dimostrato che, mentre per il melanoma “spesso” è il paziente, od il suo consorte, a riconoscere il tumore, il melanoma “sottile” viene generalmente riconosciuto dal medico
piuttosto che dal paziente o da un suo familiare [8]. Questo
dato suggerisce che, al fine di conseguire un’ulteriore diminuzione del tasso di mortalità per melanoma, è indispensabile incrementare ulteriormente le campagne di prevenzione
volte a diffondere una maggiore conoscenza di questa malattia nell’ambito della popolazione generale.
D. Massi et al.: Fattori prognostici nel melanoma cutaneo “sottile”
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In letteratura non vi è stata fino ad oggi opinione unanime sulla definizione di melanoma cutaneo “sottile”. Nella
precedente versione della classificazione TNM del melanoma del 1997 [9], i valori utilizzati per stratificare le categorie del T erano stabiliti a 0.75 mm, 1.50 mm e 4 mm. Perciò
negli anni passati molti ricercatori hanno definito “sottili” i
melanomi di spessore ≤0.75 mm, valore soglia già peraltro
empiricamente suggerito da Alexander Breslow nel 1970
[10]. Questi tumori sono stati considerati in generale a basso rischio, essendo associati ad una sopravvivenza a 8 anni
del 93.2% dei casi [11]. Altri ricercatori, tuttavia, hanno arbitrariamente considerato “sottili” melanomi di spessore
≤0.70 mm, ≤0.76 mm, ≤0.8 mm, ≤0.85 mm, ≤1 mm o ≤1.5
mm. Nel 1992 la National Institutes of Health Consensus
Development Conference suggeriva di definire melanomi
“sottili” le neoplasie di spessore inferiore ad 1 mm [12] e negli anni successivi questo valore è stato utilizzato anche in
altri studi [13, 14]. Alcuni Autori infine hanno proposto il
termine di melanoma “sottile” per tumori di spessore ≤1.5
mm e di “molto sottile” per spessore ≤0.75 mm [15].
Recentemente un nuovo sistema di classificazione TNM
e di stadiazione per il melanoma cutaneo è stato proposto
dall’American Joint Committee on Cancer (AJCC) e successivamente approvato dall’ International Union against
Cancer (UICC) TNM Committee, dal WHO Melanoma program e dall’EORTC Melanoma Committee [16, 17]. Esso è
diventato ufficiale con la pubblicazione della 6a edizione del
volume AJCC Cancer Staging nel marzo 2002 e dovrà essere applicato a partire dall’inizio del 2003. La nuova classificazione TNM ed il nuovo sistema di stadiazione, sviluppati
sulla base dei risultati di una analisi di fattori prognostici su
17.600 pazienti [18], hanno modificato in maniera sostanziale le versioni precedenti del 1997. Nella nuova classificazione TNM, i principali criteri per la classificazione del T
sono lo spessore del tumore, la presenza/assenza di ulcerazione (determinata istologicamente) e, limitatamente alla categoria T1, il livello di Clark. Nella categoria T, i valori soglia dello spessore sono numeri interi: 1 mm, 2 mm e 4 mm.
Pertanto per studi futuri sarà opportuno riservare il termine
di melanoma “sottile” ai tumori di spessore ≤1 mm.
Sebbene la maggior parte dei melanomi “sottili” sia associata ad una prognosi eccellente, una parte di questi (circa il 10%) può sviluppare recidive e/o metastasi, con esito
fatale per i pazienti. Pertanto già da tempo è emerso che,
sebbene lo spessore secondo Breslow sia il più importante
fattore prognostico singolo nel melanoma in generale, per le
lesioni “sottili” è indispensabile l’identificazione di altri parametri morfologici, biologici e/o molecolari che possano
predire la progressione di malattia. A questo scopo sono stati pubblicati in letteratura numerosi studi volti ad identificare fattori prognostici nel melanoma “sottile”, peraltro con risultati spesso contraddittori, verosimilmente anche in relazione alla eterogeneità delle casistiche studiate. Nel corso
degli ultimi 30 anni sono stati prospettati come indicativi di
prognosi sfavorevole numerosi parametri clinico-patologici,
tra i quali: il sesso maschile, l’età avanzata, le sedi tronco e
testa/collo, il III e IV livello di Clark, le grandi dimensioni
della lesione, la presenza di marcati fenomeni di regressione, l’assenza di infiltrato infiammatorio, la presenza di aree
di ulcerazione ed un elevato indice mitotico [19-27]. In particolare, molti studi hanno sottolineato la possibile influenza
negativa sulla prognosi dei fenomeni di regressione del tumore, i quali porterebbero a sottostimare lo spessore originale della neoplasia [19, 20, 28, 29].
Vista l’importanza dei melanomi “sottili” nella epidemiologia, diagnosi e terapia del melanoma in generale, abbiamo
ritenuto opportuno riassumere i risultati degli studi più significativi sui fattori prognostici nel melanoma “sottile”.
Spessore
La maggior parte degli studi ha documentato che lo spessore
del tumore è il più importante fattore prognostico indipendente nel melanoma cutaneo al I e II Stadio [11, 18, 30]. È stato
ormai definitivamente dimostrato che le categorie di spessore
cui si fa riferimento sono artificiali e che la correlazione tra
spessore e prognosi è di tipo lineare. Pertanto, anche nell’ambito della categoria T1 la prognosi peggiora progressivamente
all’aumentare dello spessore della neoplasia [18, 30, 31].
Ulcerazione
La valorizzazione del ruolo prognostico dell’ulcerazione
rappresenta uno dei risultati più importanti dello studio di
Balch e coll. e, conseguentemente, una delle novità più significative della nuova classificazione TNM [17, 18]. Mentre nella precedente classificazione TNM questo parametro
non veniva preso in considerazione, nel nuovo sistema esso
è divenuto un fattore fondamentale per la classificazione del
T e per il raggruppamento negli stadi I, II e III. Infatti la presenza di ulcerazione comporta un up-stage rispetto a melanomi di uguale spessore ma non ulcerati. Per quanto riguarda i melanomi “sottili”, nei quali l’ulcerazione rappresenta
un reperto infrequente (6% dei casi), è stato dimostrato che
sebbene essa abbia un valore prognostico, questo è però inferiore a quello dei livelli di Clark [18, 32]. Peraltro l’ulcerazione del melanoma è uno dei parametri morfologici più
riproducibili all’esame istopatologico [33, 34].
Livelli di Clark
Il significato prognostico dei livelli di Clark nell’ambito dei
melanomi “sottili” è stato estremamente controverso. È stato
da tempo sottolineato che la valutazione del livello sia spesso
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difficile in alcune sedi anatomiche peculiari e sia più aleatoria nei melanomi “sottili” che negli spessi, in quanto la distinzione tra il II ed il III livello (che si basa sulla identificazione del confine tra derma papillare e reticolare) è estremamente soggettiva e poco riproducibile [35, 36]. Questo ha
portato alcuni Autori a suggerire di eliminare i livelli dal sistema TNM [14, 37, 38]. Al contrario, altri studi hanno sottolineato l’importanza dei livelli di Clark nei melanomi “sottili” ed hanno dimostrato che essi forniscono informazioni
utili a fini prognostici [18, 27, 32, 39-43]. Dalla recente pubblicazione di Balch e coll. [18] è emerso che i livelli di Clark
rivestono una valenza prognostica particolarmente significativa nei melanomi “sottili” (T1), nel cui ambito il valore prognostico dei livelli di Clark è maggiore di quello dell’ulcerazione. Nei melanomi spessi, al contrario, i livelli di Clark
hanno meno significato non solo dell’ulcerazione, ma anche
dell’età e della sede del melanoma. Pertanto, mentre nel precedente sistema TNM i livelli rappresentavano un parametro
determinante per la valutazione del T nei melanomi di tutti gli
spessori, con il nuovo sistema i livelli vengono utilizzati solo
per stratificare i casi nell’ambito della categoria T1 [17].
Nell’esperienza di Balch e coll., circa tre quarti dei melanomi T1 sono T1a (livello di Clark II o III, e assenza di ulcerazione) e sono associati ad una sopravvivenza a 5 anni del
95.3% e dell’87.9% a 10 anni, mentre i restanti melanomi
T1b (presenza di ulcerazione – indipendentemente dal livello
– o livello di Clark IV o V) hanno una sopravvivenza a 5 anni del 90.9% ed una sopravvivenza dell’83.1% a 10 anni [17].
cellule neoplastiche meno pigmentate e più grandi (atipiche)
di quelle osservate nella fase di crescita radiale; (3) infiltrato linfoistioide reattivo meno cospicuo rispetto a quello osservato nella fase di crescita radiale; (4) la fase di crescita
verticale è spesso osservata in corrispondenza delle aree di
parziale regressione della fase di crescita radiale [48].
Clark e coll. [11, 44] hanno postulato che le fasi di crescita abbiano significato prognostico. In particolare, è stato
ipotizzato che, mentre i melanomi in fase di crescita verticale avrebbero acquisito la potenzialità di sviluppare metastasi, la fase di crescita radiale identificherebbe un gruppo
di melanomi a rischio praticamente nullo di sviluppare metastasi, ad eccezione dei melanomi associati a fenomeni di
regressione [49]. In quest’ultimo caso infatti la presenza dei
fenomeni di regressione potrebbe portare a sottostimare non
solo lo spessore ed il livello, ma anche ad interpretare non
correttamente la reale fase di crescita del tumore. Taran e
Heenan, riportando recentemente l’esperienza australiana
sui melanomi “sottili” metastatizzati, hanno confermato l’ipotesi che i melanomi in fase di crescita radiale associati a
regressione possano sviluppare metastasi [50]. Gli Autori
hanno infatti descritto 5 casi di melanoma di II livello e di
spessore <1 mm associati a metastasi. Di questi, 4 erano in
fase di crescita radiale ed 1 in fase di crescita verticale e tutti mostravano fenomeni di regressione.
Tuttavia, a proposito del significato prognostico della fase di crescita nei melanomi “sottili”, non tutti i dati della letteratura, alcuni anche molto recenti, sembrano corroborare la
tesi di Clark e coll. L’EORTC Melanoma Group ha recentemente esaminato una casistica di 54 melanomi “sottili” metastatizzati (≤1 mm) appaiati ad altrettanti melanomi “sottili”
che non avevano sviluppato progressione di malattia [51].
Nel gruppo dei melanomi metastatizzati, il 40.7% (22 casi) è
risultato in fase di crescita radiale ed il 59.3% (32 casi) in fase di crescita verticale. Dei casi metastatizzati ed in fase di
crescita radiale, il 36.4% (8 casi) risultava non associato a fenomeni di regressione. Pertanto, i risultati di questo studio
suggeriscono che, nell’ambito dei melanomi “sottili”, la tesi
sostenuta da Clark e coll. che la fase di crescita radiale identifichi un gruppo di melanomi a rischio praticamente nullo di
sviluppare metastasi è falsa, trattandosi piuttosto di un rischio
inferiore rispetto a quello dei melanomi in fase di crescita
verticale, ma comunque significativo, anche in assenza di fenomeni di regressione. Per converso, nel gruppo dei melanomi non metastatizzati, il 48.2% (26 casi) era in fase di crescita verticale, confermando che la fase di crescita verticale
non implica necessariamente progressione di malattia.
Fase di crescita
Clark e coll. [11, 44] hanno ipotizzato che il melanoma cutaneo progredisca da una fase di crescita in situ ad una fase
microinvasiva e successivamente si sviluppino uno o più noduli dermici “espansivi” con capacità di invasione del derma
reticolare ed ipoderma. In particolare, Clark e coll. hanno
definito fase di crescita radiale le forme in situ e microinvasive, mentre il termine fase di crescita verticale è stato attribuito ai melanomi caratterizzati dalla presenza di uno o più
noduli dermici “espansivi”. Sebbene i criteri istopatologici
per il riconoscimento della fase di crescita radiale e verticale siano stati modificati nel corso degli anni – e sulla base
dei dati della letteratura [45-47] e della nostra personale
esperienza sembrino esistere delle oggettive difficoltà nell’applicare in modo riproducibile tali criteri – Elder e coll.
[48, 49] hanno suggerito di utilizzare due criteri principali
per il riconoscimento della fase di crescita verticale nei melanomi “sottili”: (1) la presenza di uno o più aggregati di cellule di melanoma nel derma che abbiano dimensioni maggiori del più grande aggregato intraepidermico; (2) la presenza di figure mitotiche nel derma papillare. Ulteriori criteri secondari includono: (1) compressione o infiltrazione
dei tessuti circostanti da parte del nodulo “espansivo”; (2)
Regressione
La regressione rappresenta un continuum di modificazioni
dermiche comprendenti, in fase iniziale, la comparsa di un
infiltrato linfoistioide e lo sviluppo di processi neoangioge-
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netici e, in fase più avanzata, la comparsa di melanofagi e
l’affermarsi di fenomeni di fibrosclerosi con obliterazione
focale o diffusa della neoplasia. Attualmente sembra esservi
consenso crescente nel definire restrittivamente regressione
solo la fase più avanzata del processo, caratterizzata dalla
presenza di estesa fibrosi con interruzione segmentaria della crescita tumorale, scarso infiltrato infiammatorio e presenza di melanofagi [52, 53]. Questo perché, come è facilmente intuibile, la fase iniziale della regressione, caratterizzata da un intenso infiltrato linfoistioide, può apparire assai
simile alla risposta immunitaria dell’ospite.
In letteratura esistono opinioni contrastanti sul significato prognostico delle aree di regressione nel melanoma “sottile”. La maggior parte degli studi ha documentato che la
presenza di fenomeni di regressione determina la sottostima
dello spessore e del livello del tumore [19, 20, 26, 28, 29,
54, 55]. Pertanto è ipotizzabile che i melanomi “sottili” associati a progressione possano essere divenuti “sottili” a
causa della presenza di marcati fenomeni di regressione, essendo stati in precedenza lesioni più spesse.
Da un nostro studio sui melanomi “sottili” è emerso che
la valutazione dello spessore del tumore più quello della regressione sottostante (T+R) (misurato in millimetri con l’oculare micrometrico nello stesso punto nel quale è valutato
lo spessore della neoplasia secondo Breslow) è fattore predittivo della prognosi assai più significativo dello spessore
valutato secondo Breslow [56]. In questi casi, la misurazione dello spessore del tumore e delle aree di regressione
esprimerebbe in modo più accurato il reale spessore della
neoplasia, che sarebbe altrimenti sottostimato dalla valutazione effettuata secondo Breslow.
Una modalità di stimare la risposta dell’ospite è quella di
valutare la densità e la distribuzione dei cosiddetti “tumorinfiltrating-lymphocytes” (TIL) nei melanomi in fase di crescita verticale. I TIL sono classificati in “brisk”, “non-brisk”
ed “absent” [11], ed uno studio recente ha dimostrato che
questa classificazione è facilmente riproducibile [63]. Nella
risposta di tipo “brisk”, i linfociti permeano diffusamente la
componente del melanoma in fase di crescita verticale o ne
infiltrano l’intera porzione inferiore. La presenza di una risposta di tipo “brisk” è considerata da Clark e coll. uno dei
più significativi indicatori di prognosi favorevole nel melanoma [11]. Questo dato è stato recentemente confermato in
uno studio di Clemente e coll., nel quale la presenza di una
risposta “brisk” è risultata fattore prognostico favorevole,
anche dopo la correzione per altre variabili, incluso lo spessore [64]. Tuttavia, poiché solo una parte dei melanomi “sottili” è in fase di crescita verticale, questo parametro non può
essere utilizzato a fini prognostici in tutti i melanomi di questa classe di spessore. Per quanto riguarda i melanomi “sottili” in fase di crescita radiale, alla presenza dell’infiltrato
infiammatorio è stato generalmente negato ogni significato
prognostico [65]. Nella nostra esperienza, invece, la presenza di un cospicuo infiltrato infiammatorio peri- ed intratumorale è emersa come un fattore prognostico indipendente
nei melanomi “sottili”, siano essi in fase di crescita “verticale” che “radiale” [56].
Infiltrato infiammatorio e TIL
La capacità del paziente di sviluppare una risposta immunitaria nei confronti della neoplasia di cui è portatore è di importanza cruciale ai fini della sopravvivenza a lungo termine. È stato ipotizzato che i T-linfociti ed i macrofagi, attratti da una modificazione negli antigeni associati al tumore,
esercitino un ruolo favorevole e protettivo nei confronti della neoplasia, forse attraverso la produzione di fattori inibenti la crescita del tumore da parte dei linfociti CD8+ soppressori/citotossici [57, 58].
L’assenza di criteri standardizzati per la valutazione qualitativa e soprattutto quantitativa dell’infiltrato infiammatorio peri- ed intratumorale rappresenta ancor oggi un problema aperto. Pertanto, analogamente ai fenomeni di regressione, anche sul significato prognostico dell’infiltrato infiammatorio nel melanoma cutaneo i risultati della letteratura sono controversi. La maggior parte degli studi sembra però
concordare sul fatto che la presenza di un infiltrato infiammatorio alla periferia e/o nel contesto del melanoma rappresenti un segno prognostico favorevole [59-62].
Istotipo
I melanomi “sottili” sono per la maggior parte melanomi a
diffusione superficiale o melanomi su lentigo maligna, mentre la restante porzione è rappresentata da melanomi acralilentigginosi o di tipo inclassificabile. Attualmente si ritiene
che l’istotipo non abbia significato prognostico indipendente e che le diversità nel comportamento clinico tra i diversi
istotipi riflettano in realtà differenze nello spessore medio
delle lesioni. Recentemente è stato anche dimostrato che i
criteri per la differenziazione fra i diversi istotipi non sono
riproducibili e che gli istotipi non rappresentano entità biologicamente diverse bensì espressioni morfologiche che appartengono ad uno spettro estremamente composito di quadri istopatologici [66]. Pertanto, includere l’istotipo nella refertazione del melanoma può avere una valenza descrittiva
della lesione in esame, ma è bene tener presente che questo
parametro ha una scarsa importanza da un punto di vista
prognostico.
Attività mitotica
L’importanza dell’attività mitotica come fattore prognostico
nel melanoma cutaneo è ancora oggi controversa, ciò anche
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per la mancanza di criteri standardizzati di rilevazione di
questo parametro [67]. Per quanto riguarda il melanoma
“sottile”, Elder e coll. [48] avevano sottolineato in maniera
indiretta l’importanza prognostica dell’attività mitotica affermando che la presenza di una singola mitosi nel derma
papillare fosse uno dei criteri istopatologici per il riconoscimento della fase di crescita verticale. L’importanza dell’attività mitotica, come fattore prognostico significativo nel melanoma “sottile”, è stata recentemente affermata da uno studio dell’EORTC Melanoma Group nel quale un alto indice
mitotico è stato riscontrato più frequentemente nei melanomi metastatizzati che nei controlli [51]. Tuttavia, in altri studi sul melanoma “sottile”, la valutazione dell’attività proliferativa mediante l’espressione immunoistochimica di Mib1 non è risultata correlata con la prognosi [68, 69].
modo preferenziale nel melanoma in situ, nel melanoma in
fase di crescita radiale e verticale o nel melanoma metastatico. Tra i marcatori di progressione neoplastica di maggiore interesse vi sono i fattori di crescita, gli antigeni di superficie, le proteine della matrice extracellulare, le molecole di adesione ed i fattori angiogenetici [75-77]. Al contrario, solo pochi studi si sono focalizzati in maniera specifica
sul riconoscimento di parametri biomolecolari che abbiano
un significato prognostico nel melanoma “sottile”.
Il nostro gruppo ha valutato l’espressione immunoistochimica dell’osteonectina in una serie di melanomi “sottili”
(≤0.75 mm) e correlato tale espressione con l’andamento clinico della malattia [78]. L’osteonectina è una glicoproteina
coinvolta nei processi di mineralizzazione, nelle interazioni
cellula-matrice extracellulare, nella morfogenesi e nella differenziazione tissutale nonché nei processi di neoangiogenesi. Essa induce la trascrizione della metalloproteasi e dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo I (PAI-I),
enzimi che svolgono un ruolo chiave nella degradazione delle membrane basali e delle matrici connettivali, potendo in
ultima analisi facilitare il processo di invasione locale e la
diffusione a distanza delle cellule neoplastiche. Nel nostro
studio, l’espressione della osteonectina è risultata significativamente correlata con il rischio di progressione di malattia, con lo sviluppo di metastasi a distanza e con la riduzione della sopravvivenza [78].
In tema di geni oncosoppressori, Sparrow e coll. [79]
hanno valutato il possibile significato prognostico di p53 in
una casistica di melanomi “sottili” metastatizzati appaiati a
melanomi “sottili” non andati incontro a progressione di malattia. In questo studio non è stata però documentata alcuna
associazione statisticamente significativa tra espressione di
p53 e rischio di metastatizzazione.
Vascolarizzazione
Ancora controverso è il reale significato prognostico della
vascolarizzazione. In alcuni studi sui melanomi “sottili” la
densità vascolare, espressa come numero medio dei vasi, è
risultata predittiva di metastasi e decesso per neoplasia [70].
È stato anche ipotizzato che i processi di neoangiogenesi potrebbero avere un ruolo chiave nella metastatizzazione dei
melanomi “sottili” che all’esame istopatologico mostrano
diffusi fenomeni di regressione [71, 72]. Tuttavia, altri studi
hanno dimostrato che la neovascolarizzazione non ha alcun
significato prognostico [73]. È probabile che tali discrepanze siano dovute allo studio di casistiche eterogenee e alle differenze e obiettive difficoltà che esistono nella quantificazione dei processi neoangiogenetici in termini di metodologie utilizzate per evidenziare e contare i vasi.
Parametri clinici
Nell’ambito dei melanomi “sottili”, alcuni studi hanno dimostrato che il sesso maschile, l’età avanzata, le sedi tronco
e testa/collo risultano associati ad una prognosi sfavorevole
[26, 39, 74]. Anche il recente studio di Balch e coll. [18] ha
confermato che all’analisi multivariata parametri clinici quali età, sede anatomica e sesso, sono fattori prognostici significativi, sebbene in misura inferiore rispetto allo spessore del
melanoma, al livello di Clark e alla ulcerazione.
Parametri biomolecolari
Numerosi sono stati gli studi mirati all’identificazione di
marcatori di progressione neoplastica nel melanoma, cioè al
riconoscimento di quelle molecole che appaiono espresse in
Problematiche inerenti il linfonodo sentinella
nei melanomi “sottili”
La possibilità che un linfonodo locoregionale sia coinvolto,
e quindi l’opportunità di eseguire o meno la biopsia del
linfonodo sentinella in pazienti affetti da melanoma cutaneo, sembra dipendere strettamente dallo spessore di
Breslow. Tuttavia, un valore soglia di spessore oltre il quale obbligatoriamente eseguire la biopsia del linfonodo sentinella non è stato ancora stabilito in modo univoco.
Sebbene siano stati documentati linfonodi sentinella positivi in melanomi di spessore ≤1 mm in fase di crescita verticale [80] oppure di livello III o IV [81], il coinvolgimento
dei linfonodi locoregionali nei pazienti affetti da melanoma
T1 è in generale un’evenienza rara. In particolare, studi recenti sul linfonodo sentinella nel melanoma hanno confermato l’assenza di linfonodi positivi nei melanomi di spessore <0.76 mm e 5.3% di casi positivi nei melanomi di
spessore compreso tra 0.76 mm e 1.0 mm [82]. Nell’ampia
D. Massi et al.: Fattori prognostici nel melanoma cutaneo “sottile”
casistica di Landi e coll. [83], su 70 melanomi di spessore
≤0.75 mm sottoposti a biopsia del linfonodo sentinella non
è stata dimostrata nessuna micrometastasi. Al contrario, nel
gruppo di melanomi di spessore compreso tra 0.76 e 1.99
(195 casi), micrometastasi nei linfonodi sentinella sono state documentate in 18 casi (9.2%). In un altro recente studio
sui linfonodi sentinella prelevati da 75 pazienti con melanoma di spessore <0.90 mm non è stata documentata alcuna metastasi [84].
Conclusioni
Attualmente viene diagnosticato un numero sempre più cospicuo di melanomi “sottili” (≤1 mm) e quindi di spessore
assai inferiore rispetto alle lesioni che venivano diagnosticate in passato. Sebbene la maggior parte delle lesioni “sottili” sia associata ad una prognosi eccellente, una parte di queste può sviluppare recidive e/o metastasi a distanza con esito fatale per i pazienti. Purtroppo, il relativamente esiguo numero di casi di melanoma “sottile” metastatizzato, il fatto
che in uno stesso paziente spesso i melanomi “sottili” siano
neoplasie multiple e la scarsa omogeneità delle casistiche
studiate, hanno rappresentato e continuano a rappresentare i
principali ostacoli al raggiungimento di risultati conclusivi
su questo tema.
Già da tempo è emerso che sebbene lo spessore secondo
Breslow sia il più importante fattore singolo prognostico nel
melanoma in generale, per le lesioni “sottili” è indispensabile l’identificazione di altri parametri morfologici, biologici e/o molecolari che possano predire la progressione neoplastica. Allo stato attuale, fra i parametri istopatologici, i livelli di Clark e l’ulcerazione sono da considerare parametri
prognosticamente significativi. Anche la valutazione della
regressione (attraverso la misurazione T+R), dell’infiltrato
infiammatorio e dell’attività mitotica sembrerebbero poter
avere una valenza prognostica, anche se ulteriori studi sono
necessari per confermare la loro significatività.
Summary An increasing number of thin (≤1 mm) cutaneous
malignant melanomas are currently diagnosed. The majority of thin lesions is associated with an excellent prognosis,
however, some of them may develop local recurrences and/or
distant metastases with fatal outcome. Although Breslow
thickness is the single most significant prognostic factor in
melanoma in general, for thin lesions the identification of
other morphological, biological and/or molecular parameters which may have an impact on neoplastic progression is
mandatory. At present, Clark’s levels and ulceration are regarded as significant prognostic factors. Further studies are
needed to confirm the prognostic value of other histopathological parameters, including the evaluation of regression,
inflammatory infiltrate and mitotic activity.
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