Comments
Description
Transcript
il contadino
IL CONTADINO IL CONTADINO Altro personaggio fondamentale per la descrizione del territorio abruzzese è un contadino. Il contadino porta con sè il profondo valore della terra, radicato negli abruzzesi, già narratoci da Ignazio Silone nel suo Fontamara. Questo personaggio racconta contemporaneamente il mistico legame degli abitanti con la natura, e le risorse produttive locali, su cui punta fortemente il turismo. Gran parte del turismo di questa regione si basa sull’offerta di prodotti tipici della terra, come funghi, spinaci selvatici e vino Trebbiano, Montepulciano o Pecorino d’Abruzzo. Percorrendo il territorio si osserva che gran parte del paesaggio abruzzese è ancora suddiviso in campi coltivati. A partire dalla fine di Luglio molte cittadine abruzzesi saranno tappa della manifestazione che prevede degustazioni dei prodotti tipici sotto le stelle del cielo d’estate. Per il territorio si sente il profumo di grano e uva e tradizionali processioni locali sono ancora legate al calendario propiziatorio agricolo, testimoniando così il radicato valore della terra. Dalla letteratura ottocentesca fino ad oggi, il contadino si pone come personaggio costante per capire il territorio abruzzese con i suoi ritmi, consuetudini e conoscenze che si tramandono per generazioni. La vita agricola, le attività produttive, le ciclicità stagionali che regolavano l’esistenza umana, scandendo i periodi della semina, della trebbiatura, della vendemmia, dell’uccisione di animali a seconda del periodo dell’anno, permettevano al popolo di sentirsi parte integrante di una comunità, le cui ritualità erano caratterizzate da una cultura magico-religiosa. Gran parte dei paesini abruzzesi celebra feste primaverili legate al calendario agricolo. Ogni paese, celebrava riti magico-religiosi per scongiurare le avversità atmosferiche, per prevedere l’andamento dei raccolti al fine di propiziare un nuovo ciclo agricolo. Con la fine dell’autunno, le contrade e le corti cominciavano a vivere una vita di gruppo più intensa, perché il lavoro assumeva un ritmo diverso da quello delle stagioni produttive. Nel cuore dell’inverno, la stalla diventava il centro della vita sociale e familiare, perché le case erano umide e fredde e la legna scarseggiava. Così, al primo freddo novembrino, le famiglie di una contrada o di una corte, come i contadini del paese, si riunivano nella propria stalla o in quella del vicino e vi restavano al caldo degli animali, sotto la luce di una lanterna a petrolio. ieri oggi TERRA coltivazione bastone domani campi STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO agricoltura FONTAMARA di Ignazio Silone,1933 luogo immaginario “ Vi erano alcune donne che si lamentavano; donne è inutile fare i nomi, sedute per terra, davanti alle loro case , che allattavano i loro figli , o li spidoc� chiavano, o facevano la cucina e si lamentavano come fosse morto qualcuno. Si lamentavano per la sospensione della luce, come la miseria, al buio, fosse diventata più nera”. “Donna Clorinda vestiva un abito nero con molte trine sul petto e portava sulla testa una specie di cuffia pure nera. Guardandola in faccia e ascoltan� do la sua voce si capiva perchè nel paese era stata soprannominata il Corvo”. “ Un tempo i giovani cominciavano a partire in cerca di lavoro appena oltrepassati i sedici anni.Chi andva nel Lazio, chi nelle Puglie e chi, più ardimentoso, in America.molti lasciavano la fidanzata per quattro, sei, persino dicei anni, la ragazza giurava fedeltà e d essi si sposavano al ritorno”. “ La scala sociale non conosce a Fontamara che due piuoli: la condizione dei cafoni, raso terra e un po� chino più su, quella dei proprietari. I più fortunati tra i cafoni di Fontamara possiedono un asino, talvolta un mulo. Arrivati all’autunno, dopo aver pagato a stento i debiti dell’anno precedente, essi devono cercare in prestito quel poco di patate, di fagioli, di cipolle, di farina, di granoturco che serva per non morire di fame durante l’inverno”. “ La vita degli uomini, delle bestie e della terra sem� brava così racchiusa in un cerchio immobile saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immuta� bile, come in una specie di ergastolo”. “ Prima veniva la semina, poi l’insolfatura, poi la mietitura, poi la vendemmia. E poi? Poi da capo. La semina, la sarchiatura, la potatura, l’insolfatura, la mietitura, la vendemmia. Sempre la stessa canzone, lo stesso ritornello. Sem� pre. Gli anni passavano, gli anni si accumulavano, i giovani diventavano vecchi, i vecchi morivano e si seminava, si sarchiava, si insolfava, si mieteva si vendemmiava”. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi TERRA coltivazione bastone domani campi STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO agricoltura IL SEGRETO DI LUCA di Ignazio Silone,1956 luogo immaginario “ Le ore della canicola passarono lentamente. Ma, appena la campana della parrochia suonò il vespero, le porte e le finestre della case, rimaste chiuse nelle ore della canicola, cominciarono a ria� prirsi, gli artigiani riportarono sulla strada , accanto alla porta di casa, i loro tavoli da lavoro, e le donne dei contadini, in attesa del ritorno dei loro uomini dalla campagna, tornarono a parlarsi da una soglia all’altra. Il prete non riapparve però che verso l’avemaria. Un asino carico di steli di granoturco scendeva il sen� tiero della costa che sta a monte del paese, e dietro l’asin, accanto a un vecchio contadino, fu visto ap� punto il prete”. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi TERRA coltivazione bastone domani campi STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO agricoltura TERRA Documentario_PECORE VERGINE NERE VIAGGIO IN ABRUZZO di R.Keppel Kraven , 1837 luogo immaginario “Questi contadini sembravano una razza forte, tranquilla e civile, senza ossequiosità e arroganza� nelle loro maniere … il loro aspetto quasi invariabilmente segnato dalla stessa espressione, che unisce mitezza e sagacia a una imperturbabile gravità e, mi spiace il dirlo, a uno sguardo profondamente triste …” capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri TERRA oggi campi gastronomia agricoltura coltivazione capitolo 2_IL CONTADINO domani STAGIONI Dall’orto alla tavola ora la spesa si fa dal contadino di Jenner Melett, 26 giugno 2009, La Repubblica Anversa degli Abruzzi Dice subito che bisogna stare attenti agli «effetti collaterali». «Il prodotto dà assuefazione. Una volta assaggiato, non puoi più farne a meno. E c’ è anche pericolo di contagio: gli amici che vengono a cena chiedono dove hai trovato cibi così buoni». Nessun allarme. Di stupefacente, in questa storia, c’ è «il sapore delle fragole, c’è il profumo di zucchine, peperoni, melanzane. «C’è la voglia dice Antonel� la Prisco di raccontare agli altri che ci sono ancora prodotti della terra che sanno di buono. Mangi un pomodoro che sa di pomodoro». [...] Comprando dal produttore, si può conoscere la storia di ciò che si mangia.[...] Chi ama la carne può “adottare” una pecora o un maiale. Con 120 euro all’ anno mantieni la tua pe� cora all’ azienda Tuminello di Anversa degli Abruzzi (in cambio arriveranno a casa un agnello, formag� gi e ricotte) mentre per il porco spendi 45 euro al mese e quando peserà 2 quintali verrà trasformato in prosciutti e salami.[...] capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri TERRA oggi campi gastronomia agricoltura coltivazione capitolo 2_IL CONTADINO domani arare bastone Alla scoperta della Fattoria Italia contadini o pastori a distanza di Maria R.Sannino, La Repubblica 16 febbraio 2003 Anversa degli Abruzzi Diventare contadini a distanza oggi si può, adot� tando pecore, vigneti e intere fattorie con la col� tivazione di prodotti locali, soprattutto quelli a rischio estinzione. Secondo una recente denuncia di Legambiente, molte produzioni sono a rischio e perché non fare qualcosa per scongiurare questa triste possibilità? Due specie di animali su tre sono a rischio estinzio� ne. L’adozione di queste «specie» potrà rappresenta� re un concreto aiuto ai pochi contadini rimasti». E così bastano 180 euro all’ anno e si può fare con� cretamente qualcosa contro l’ abbandono della montagna e il rischio di vedere intere produzioni scomparire. «Adottare una pecora spiega Nunzio Marcelli, pri� mo ideatore di questa iniziativa, laureato in Eco� nomia e Commercio, ora imprenditore agricolo in Anversa degli Abruzzi, riavvicina persone attente e sensibili al mondo pastorale, ai suoi valori, ai suoi gesti umili e rituali, offrendo in cambio pro� dotti certificati e perfino la possibilità di controllare fasi e tecniche d’ allevamento, di trasformazione, sia direttamente sul posto o attraverso internet. Il contributo richiesto è solo un capitale di anticipa� zione che verrà restituito coi frutti del pascolo».[...] capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi TERRA coltivazione bastone domani campi STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO agricoltura Campo Imperatore Capita d’estate in modo particolare. Capita d’estate incontrare i paesaggi dove i colori risplendono più accesi, dove il verde è più verde, il giallo intenso, l’azzurro affonda nel cielo e sembra non tornare indietro, fino a quando non diventa il blu della notte. I colori, dunque. Ma i profumi anche. Quei profumi intensi di grano e frutta di stagione, quelle essenze di erba falciata, e magari se si è fortunati, perché scoppia un temporale improvviso, che scroscia fu� rioso ma subito si spegne, si può respirarne l’aroma, un odore di terra umida che sa di sentieri polverosi, l’odore del mito, avrebbe detto qualcuno. C’è uno spettacolo naturale da queste parti, d’estate, uno scenario di colori e profumi, un palcoscenico virtuoso che aspetta solo di esse� re riempito, illuminato, fotografato, girovagato ai viaggiatori, dai turisti, da quanti verranno o torne� ranno a visitare il territorio analogia ������������������������� immediata e ri� flesso condizionato all’arte, al teatro e, ovviamente, al cinema, e non è un caso se abbiamo dedicato la storia di copertina proprio alla magia del grande schermo, quella che ha portato negli scorci dell’Abruzzo montano, trasformandoli in set e location cinematografici, i grandi registi e i maestri,i giovani autori sperimentali o le superpro� duzioni hollywoodiane del cinema di cassetta. Terra TERRA Documentario_PECORE diVERGINE cinema NERE di A. F , Abruzzo è Appenino,13 dicembre, 2006 Come non è casuale la scelta di destinare alcuni ar� ticoli del numero di Abruzzo & Appennino all’idea del viaggio: a quello intessuto di parole e immagini e checi conduce dentro i colori e i profumi intensi e segreti dei sentieri del Parco Nazionale, dove si ritrovano esi riscoprono percezioni millenarie e praticità organizzativa; oppure a quello esplorativo modello piccolo ma sapiente tour virtuale, nello stesso tempo edonistico e corporale, che ci intro� duce sulle tracce del vino e dei viticoltori delle aree peligne, in una scoperta che è, e non poteva essere diversamente, il trionfo degli aromi e dei colori, ma anche del sapore e del gusto. C’è, infi� ne, un altro protagonista della stagione, che apre e chiude idealmente la rappresentazione dell’estate, un protagonista collettivo che abita e anima le fe� ste del ritorno e dell’intrattenimento, quell’insieme di manifestazioni e spettacoli popolari, quel misto di ingegneria della buona volontà e dell’accoglien� za con cui si riscrivono i giorni e le notti di agosto e settembre, quando ogni borgo, ogni paese farà del proprio meglio per organizzare e allestire even� ti – sagre, concerti, teatro, rassegne sotto le stelle, conferenze, degustazioni, recital e via dicendo -, all’unico scopo di offrire e proporre un modo piacevole di stare insie� me. Si chiama sentimento dell’appartenenza, or� goglio di comunità che si ritrova, o semplicemente voglia di divertirsi e riconoscersi. Perché, avevamo dimenticato di dirlo, oltre a vivere e espirare i pro� fumi e i colori dell’estate in un modo cosi intenso e coinvolgente, in questa “regione”dell’Abruzzo non si rimane mai da soli. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani TERRA campi agricoltura PRODOTTI TIPICI vino capitolo 2_IL CONTADINO TERRA Documentario_PECORE VERGINE della valle NERE Il montepulciano Peligna di M. C , Abruzzo & Appenino,13 dicembre, 2006 Valle Peligna È ormai noto agli esperti come la Valle Peligna offra un profilo pedologico (composizione del terreno) e climatico molto particolare per la produzione di vino. È qui che nel 1792 lo storico napoletano Michele Torcia per la prima volta scrisse di un vino chiamato Montepulciano, ma d’altronde Ovidio aveva già descritto la sua terra come terraferax Cereris, multoque feracior uvae, ossia fertile di grano ed ancor più fertile di uve. Numerosi studiosi (tra i quali il professor Franco Cercone e il dottor Giuseppe Cavaliere dell’Arssa) si sono adoperati per recuperare ipotesi sulla vera origine di questo vitigno e di come sia nato o portato in Abruzzo, diventando nel tempo sempre più oggetto di attenzione, oltre che il protagonista dell’importante sviluppo che ha avuto l’agricoltura regionale. È plausibile che a questo vitigno fu dato il generico nome di Montepulciano – dall’omonimo paese toscano, anche se in Toscana non esisteva alcun vitigno osì chiamato – se si accetta la ricostruzione storica che sia arrivato con la famiglia dei Medici, che istituirono la Baronia di Carapelle e il Marchesato di Capestrano tra il 1579 e il 1743. A metà del ‘700 si ebbe un enorme sviluppo della coltura della vite nella valle Peligna e nell’alta val Pescara (in particolar modo nei territori di Pietranico e di Torre de’ Passeri), documentata come merito di alcune importanti famiglie della zona, come i Mazzara e i Tabassi, e dalle numerose testimonianze di commercializzazione che veniva inviata fuori regione attraverso la ferrovia. Tanto sviluppata che, fino alla seconda guerra mondiale, si contavano oltre 4 mila ettari di vigneto, poi drasticamente diminuiti a causa del fenomeno dell’emigrazione. Oggi in valle si coltivano circa 400 dei 500 ettari coltivati in provincia dell’Aquila, per una quantità che si aggira intorno a 10 mila ettolitri di vino doc, il 90% dei quali Montepulciano d’Abruzzo, per circa 2 milioni di bottiglie prodotte annualmente, il 2% dell’intera produzione regionale, in mano a pochi ma storici produttori che hanno mantenuto alta la bandiera peligna, continuando a produrre qualità che il mercato non hai smesso di riconoscere, soprattutto se guardiamo al Montepulciano d’Abruzzo e al Cerasuolo, ricchi e profumati e soprattutto eleganti, con buone potenzialità di invecchiamento. E allora non è un caso che negli ultimi anni il territorio aquilano, maggiormente la zona più a nord, sia al centro di una rinnovata attenzione dal punto di vista di nuovi investimenti da parte di alcuni produttori importanti finalmente convinti nelle potenzialità della zona: accanto ai nomi storici come Pietrantonj di Vittorito ed Enzo Pasquale Praesidium di Prezza (senza dimenticare la Cooperativa Valpeligna) da un lato, e come Cataldi Madonna e Gentile dall’altro, ecco che si allungano Valle Reale, Masciarelli, Marramiero e Domenico Pasetti. Ed ecco che finalmente diventa realtà la creazione, com’è avvenuto nel teramano e nel pescarese, di due sottozone specifiche del Montepulciano d’Abruzzo che prenderanno il nome delle due Igt (indicazione geografica tipica) attualmente esistenti, a sud Valle Peligna e a nord Alto Tirino, sostituite dall’unica Igt provinciale “Terre Aquilane”. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani PRODOTTI TIPICI zafferano agricoltura TERRA campi capitolo 2_IL CONTADINO L’oro rosso di navelli di Zanini Luca, 24 AGOSTO 2006, Corriere della Sera Navelli La strada corre dritta nella piana riarsa. Pietre cal� caree affiorano dai campi arati tra antiche pievi, castelli diroccati e case sparse. I monti intorno sono già imbiancati. E fra cespugli rossi di bacche della rosa canina e ciuffi d’ erba spunta qualche piccolo fiore lilla: sono i pochi Crocus sativus scampati alla meticolosa raccolta di fine ottobre. Muti testimoni di una risorsa che ha reso famose nei secoli queste terre brulle a trenta chi� lometri da L’ Aquila: lo zafferano. Siamo sull’ altopiano di Navelli, da alcuni ribattezzato con sintesi riduttiva l’ «altopiano del risotto». Eppure c’ è ben più del risotto negli orizzonti dei contadini che con fatica coltivano ancora i fiori dell’ «oro rosso». Lo zafferano è un prodotto prezioso e quello di Navelli è unico nel suo genere. Il più pregiato al mondo, dicono i puristi della cucina delle spezie. E almeno sotto il profilo economico nessuno può negarlo: quest’ anno il prezzo è cresciuto dai 7 ai 9-10 euro al grammo; 9-10 mila euro al chilo, più del tartufo. Vabbene che per fare un chilo di zaf� ferano ci vogliono i pistilli di 200-230 mila crocus, estratti a mano, un fiore dopo l’ altro, dai pazienti abitanti della piana. Ma il compenso vale la fati� ca. E anche la lavorazione: fino a pochi giorni fa un centinaio di famiglie di Navelli e Civitaretenga passavano i pomeriggi chine sui tavoli di marmo, nelle grandi cucine scaldate dai camini su cui viene essiccato il fiore, a estrarre il loro tesoro da montagne di delicati petali. Sono trent’ anni che pastori e contadini sopravvivono in queste terre povere grazie allo zafferano. Eppure c’ è stato un periodo in cui il crocus ha rischiato era stato,di scomparire dall’ altopiano. A portarcelo nel XIII se� colo, il monaco Santucci, dominicano inquisitore al Tribunale di Toledo, originario di Navelli. Dalla Spagna aveva contrabbandato i bulbi del prezioso fiore. Cent’ anni dopo la produzione lo� cale era già rinomata nel mondo come «Zafferano dell’ Aquila». La spezia era così preziosa che con le gabelle sul suo commercio si pagò la costruzione della basilica di San Bernardino (1454) a L’ Aquila. Ma se nel 1890 la raccolta di zafferano di Navelli era arrivata a 40 quintali di pistilli (in Italia se ne con� sumano oggi 100 quintali l’ anno), gli anni 60 se� gnarono il tracollo: rovinati dall’ import di zafferano di bassa qualità dal Nordafrica, tremila contadini aquilani abbandonarono la coltura. Nel ‘ 71, la rinascita, con la fondazione della Coope� rativa Altopiano di Navelli. Eppure ancora oggi i giovani di Navelli non ne vogliono sapere: «L’ età media dei soci è di 55 anni. Qui, a 800 metri di alti� tudine, il crocus sativus ha trovato un habitat ideale e da esso si ricava il migliore zafferano del mondo con cui i ristoratori locali impreziosiscono i piatti . Il segreto sta anche nella tecnica di coltivazione. Mentre altrove i bulbi del crocus vengono coltivati perennemente, a Navelli ogni anno, in agosto, i bul� bi vengono cavati e selezionati e reimpiantati. Tra ottobre e novembre, lo zafferano fiorisce. Si raccolgono uno a ad uno gli stimmi di colore rosso ac� ceso. Per produrre un chilo di zafferano servono circa 200 mila fiori e cinquecento ore di lavoro manuale. Gli stimmi, per potersi conservare, vanno essiccati sulla brace e si riducono a un sesto del loro peso originario, poi macinati e ridotti in polvere. Il migliore è comunque quello che resta sotto forma di stimmi interi, e costa al dettaglio circa nove euro al grammo, da qui «oro rosso». capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani TERRA campi agricoltura PRODOTTI TIPICI vino capitolo 2_IL CONTADINO Documentario_PECORE VERGINE NERE ITERRA profumi dell’estate di K. M , Abruzzo & Appenino,13 dicembre, 2006 L’estate è tempo di produttività massima della terra. È questa la stagione in cui vengono fuori le migliori espressioni e i profumi che ci circondano. A partire dal profumo che sprigiona la terra stes� sa dopo il temporale estivo, quel profumo di erba bagnata che è segno di rinascita, di godimento puro della terra spaccata dal sole. L’oro del grano è un altro segno della parabola di vita che si con� clude con il ciclo estivo. Questi immensi terreni da un giorno all’altro falciati che scacciano via le ulti� me lucciole di maggio. E dalla terra si sprigionano le forme più colorate della frutta estiva. Il rituale del ferragosto al mare o in montagna si celebra con l’anguria rossa e verde, che suggella il fulcro dell’estate. L’anguria è il frutto in assoluto più ricco di acqua ed è anche il più dissetante. Il vino rosato è un accom� pagnamento ideale di piatti delicati estivi. Il gusto fresco del nostro cerasuolo d’Abruzzo, versione delicata del Montepulciano d’Abruzzo, si abbina perfettamente a primi piatti delicati, al pesce, alla pizza e ai formaggi. Il suo colore e i suoi profumi di ciliegia ne fanno un vino perfetto da servire anche come aperitivo. Questa estate in particole segnerà la rinascita “dell’aperitivo doc”, ponendo fine ad un’era dominata da super alcolici, birra e cocktail esotici, accompagnati da tavoli traboccanti di tar� tine, pizzette e salatini. La tendenza è quella di offrire con l’aperitivo un assaggio dei cibi locali (fonte Informacibo). Un interessante modo per scoprire il territorio abruzzese è quello delle manife� stazioni enogastronomiche estive. La rassegna più importante è “Calici di stelle” organizzata dall’asso� ciazione nazionale Citta del Vino, che rappresenta un buon momento gastronomico e turistico alla scoperta dei borghi abruzzesi. A partire dalla fine di Luglio molte cittadine abruzzesi saranno tappa della manifestazione che prevede degustazioni dei prodotti tipici sotto le stelle del cielo d’estate. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani PRODOTTI TIPICI zafferano agricoltura TERRA campi capitolo 2_IL CONTADINO Altopiano del risotto di Zanini Luca, 23 NOVEMBRE 2001, Corriere della Sera Navelli C’ e’ un piccolo fiore lilla che negli ultimi trent’ anni ha permesso a pastori e contadini di una delle aree piu’ povere d’ Abruzzo di sopravvivere e a volte prosperare. E’ il Crocus sativus: un croco, uno di quei fiorellini che in montagna sbucano in ottobre e novembre fra le prime chiazze di neve. Ogni anno gli abitanti dell’ altopiano di Navelli, una trentina di chilometri da L’ Aquila, ne raccolgono circa 8 milioni. Una montagna di petali delicati tra i quali si cela il vero tesoro di queste terre sassose: lo zafferano. Anzi, il miglior zafferano del mondo. Raccolto e lavorato a mano: fiore per fiore, cento famiglie estraggono i pistilli che celano la spezia. Uti� lizzata non solo per il famoso “risotto alla milanese”. Un viaggio da L’ Aquila a Navelli, l tra antiche pievi, castelli diroccati e campi pettinati dall’ aratro, alla vigilia delle nevicate che renderanno percorribili le vicine piste da sci di Campo Felice, puo’ condurre alla scoperta di una delle coltivazioni piu’ singolari del centro Italia. Ad introdurla fu, nel XIII secolo, il monaco Santucci, che dalla Spagna era tornato al paese d’ origine,portando i bulbi .[…] capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri campi oggi animali STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO domani TERRA bastone TERRA Il Documentario_PECORE maiale VERGINE nella tradizione popolare NERE peligna di F. C , Abruzzo è Appenino, agosto 2009 Conca Peligna Se v’è un animale ricco di contraddizioni e ambi� guità, sia sotto l’aspetto simbolico che alimentare, questo è il maiale. Anche se si rinviene come “epiteto” nei vari dialetti abruzzesi con le voci porche o puòrche, che deno� tano in senso igienico ed etico-sociale un aspetto fortemente negativo, il maiale era fondamentale nell’alimentazione, specie dei ceti rurali, ed ancora definito in Abruzzo negli Anni Sessanta del secolo scorso la grascia della casa contadina. Negli anni compresi fra i due conflitti mondiali il ceto contadino abruzzese, costituito per lo più da fittavoli e mezzadri, ha assaggiato solo in rare oc� casioni la carne di vitello e le poche capre o “peco� re pagliarole”, viventi nelle stalle ed a disposizione della famiglia rurale, costituivano l’unica fonte per l’approvvigionamento del latte e del formaggio, alimento prezioso per la sopravvivenza nei fre� quenti periodi di carestia. Se l’allevamento dei suini risultava agevole nei pic� coli borghi rurali disseminati nella Conca peligna, non altrettanto si può dire dei centri urbani, nei quali emerge fin dal periodo medievale l’impor� tante funzione del “porcaro”, che raccoglie fuori la cinta muraria e comunque in periferia i maiali dei singoli proprietari e li conduce al pascolo nei bo� schi limitrofi di cerri e querce, dove specie in autun� no abbondano le ghiande e saporiti tuberi, come per es. il tartufo, di cui i maiali come è noto sono assai ghiotti. La formazione di grosse mandrie di maiali è assai comune in Abruzzo nel corso del Ottocento. I maialini, di razza bianca o rosata, dovevano essere subito castrati per impedire la loro funzione ripro� duttiva e costringerli ad ingrassare in fretta, perché il grasso del maiale era fondamentale nell’economia familiare. Si comprende così il motivo per cui gli antichi maiali di razza nera, assai magri e più saporiti dei bianchi, siano scomparsi da tempo in Abruzzo, anche se alcune aziende zootecniche stanno tentando come è noto di reinserirli nel ci� clo allevatorio regionale. L’allevamento dei porci, sia nella fase in cui era libero nei boschi che nella posteriore fase di ingrassamento a mezzo di pa� stoni in cortile e nelle stalle, costituiva pertanto un ciclo economico con alta frequenza di rischi, che il mondo rurale supera ricorrendo ad affidamenti potenti ed a garanzie soprannaturali.[…] Ciò comporta fin dall’inizio l’insorgere di un singo� lare “rapporto di convenienza” fra l’ordine religioso e le comunità rurali viventi per lo più ai margini dei boschi, le quali allevavano per conto degli Antonia� ni mandare di porci riconoscibili per l’orecchio sinistro mozzato. L’eco di tale antica consuetudine persiste anco� ra oggi ad Ateleta, allorché il 17 gennaio ad un maialino,che sarà nutrito per l’intero anno dalla collettività, viene reciso da parte del Parroco come segno di riconoscimento l’orecchio sinistro.[...] capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani TERRA campi agricoltura PRODOTTI TIPICI vino capitolo 2_IL CONTADINO TERRA Vittorito, Documentario_PECORE VERGINE vini doc e qualitàNERE della vita Abruzzo è Appenino, settembre 2009 Valle Peligna Nella Valle Peligna il fiume Aterno, poco prima di esaurire il suo corso unendosi alle acque cristalline delle sorgenti del Pescara, ritaglia una parte di terri� torio e, insieme al monte Castellano, ne costituisce i confini: in questo angolo un pò appartato sta Vitto� rito, paese di origini antiche ancora riconoscibili nel borgo medievale, aristocraticamente arroccato alla sua montagna, o nelle iscrizioni riutilizzate nella chiesa dedicata a san Michele arcangelo, costruita sul podio di un tempio italico e ricca all’ interno di affreschi attribuiti al maestro del trittico di Beffi. La parte “nuova” del paese, a valle del borgo me� dievale, è costituita in gran parte di case giardino: lungo la via principale spicca l’ insegna della cantina Pietrantonj, una delle più rinomate nel panorama abruzzese. Questo paese è considerato specialmente in ambito regionale un luogo dove si produce del buon vino, lascito di una importante tradizione agricola, nonostante le profonde trasformazioni avvenute, soprattutto nel secolo scorso, anche nel suo territorio e che hanno forte� mente ridotto le superfici coltivate a vite. L’avveni� mento che ha sconvolto la produzione del vino in Europa, e che tocca anche Vittorito nel 1928, è stata la comparsa della filossera, un insetto “arrivato” dall America “viaggiando” con le balle di cotone. Gli anziani raccontano che la filossera colpì le viti proprio alla vigilia della vendemmia. Molte famiglie persero tutto e fu grande crisi eco� nomica. Poi un lento scivolare verso il secondo conflitto mondiale e poi ancora l’emigrazione, estrema“risorsa” di queste terre. Oggi Vittorito è il paese della Valle Peligna a più alta vocazione vitivinicola: qui si produce uva di elevata qualità, Montepulciano d’Abruzzo, ma anche Mo� scato e Malvasia; i vini che ne derivano sono ap� prezzati e richiesti da tutta Italia e dall’estero. Insomma la storia di questo paese è fortemente intrecciata con la coltivazione della vite e la produzione del vino, che ne costituiscono un forte carattere identitario oggi tenacemente recupera� to e riproposto all’attenzione del pubblico. La sto� ria di questo rapporto è raccontata all’interno di un “centro di documentazione sulla vita tradizionale”, voluto dall ’Amministrazione Comunale e realizzato all interno del palazzo Rivera, nel borgo medievale, e che, a breve sarà aperto al pubblico. L’iniziativa è parte di un più ampio progetto, quello dell’ecomuseo, che nasce proprio come strumen� to di preservazione e valorizzazione del patrimonio tradizionale nei suoi aspetti culturali e ambientali. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri gastronomia oggi campi domani zafferano agricoltura PRODOTTI TIPICI capitolo 2_IL CONTADINO S.Stefano di Sessanio TERRA Agenda Documentario_PECORE VERGINE di stagione NERE Abruzzo è Appenino, luglio 2009 Navelli SANTO STEFANO DI SESSANIO lenticchie di stagione. Santo Stefano di Sessanio è sicuramente uno dei paesi più conosciuti ed affascinanti dell’Abruzzo in� terno, grazie all’innegabile bellezza dell’ambiente naturale, alla perfetta conservazione dell’abitato, sovrastato dalla Torre Medicea. Luogo di set cinematografici, meta di visitatori consapevoli e desiderosi di ammirare la perfetta conservazione del suo borgo, di girare lungo le sue stradine, dimensionando gli edifici e le case, ristrut� turati secondo le più rispettose misure dell’archi� tettura ecologica. Insomma, il borgo ideale per dimostrare che arte e cultura sono una realtà di pietra e legno e case. Quale scusa migliore allora per visitare il paese in occasione della sagra dedicata al piatto dop, le len� ticchie Verranno proposti piatti tipici a base delle lenticchie locali, piccole e schiacciate, che costitui� scono il vanto della produzione agricola e che sono ricercatissime in tutta la Regione; ci saranno lentic� chie e patate, lenticchie e salsicce, lenticchie e pane fritto, nonchè patatine e le immancabili pizze fritte. NAVELLI Sagra dei ceci e dello zafferano Giunta alla XXII edizione, la manifestazione è un’oc� casione per degustare diversi piatti e specialità a base di ceci e zafferano, i due prodotti protagonisti. Il prodotto, tra i più rinomati e pregiati della nostra terra, lo zafferano, e le sue combinazioni culinarie saranno la principale attrattiva di questa due giorni all’insegna del cibo e delle tradizioni. Lo zafferano, che si estrae da un fiore, si vende in bustine e spunta alte quotazioni, è ormai una cele� brità “dop”. La Proloco di Navelli ha organizzato una Mostra mercato di arte e artigianato nei giorni del� la sagra. La manifestazione prevede, inoltre, il Palio degli Asini, una divertente gara tra le contrade di Navelli. Infine, a dimostrazione della sua notorietà, proprio in questi giorni è stato ufficialmente pre� sentato l’annullo filatelico dedicato allo zafferano. Il francobollo, con un valore di 0,60 euro, è arrivato agli sportelli postali il 26 luglio. La vignetta raffigu� ra, a sinistra, una ciotola colma di stimmi rossi da cui si ricava lo zafferano e, a destra, alcuni fiori della pianta. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi TERRA campi agricoltura PRODOTTI TIPICI capitolo 2_IL CONTADINO domani vino miele TERRA Biologico Documentario_PECORE VERGINE e montagna NERE di M.M , Abruzzo è Appenino, agosto 2009 Ci sonoproduttori di zafferano biologico, non solo nella zona DOP, ma anche in aree dove non si col� tivava più da secoli come per esempio a Cocullo; per non dimenticare coloro che si sono dedicati alla produzione di cereali e legumi tradizionali come farro, solina, lenticchie, cicerchia e ceci, che trovano le zone più vocate negli altipiani della catena del Gran Sasso e del Velino-Sirente, o sul Piano delle Cinquemiglia e nella Val d’Orta (Majella). L’agricoltura biologica è quella che produce sen� za l’ausilio di fertilizzanti e pesticidi chimici; quella biodinamica va oltre, fondandosi su una filosofia che vuole ristabilire l’ordine tra piante, anima� li e uomini, e rispettare le tipicità degli alimenti; chilometri zero vuol dire utilizzare prodotti che provengono il più possibile vicino al luogo in cui li consumiamo, evitando così buona parte dell’in� quinamento dovuto al trasporto. I principi dell’agricoltura biologica o biodinamica e del chilometro zero possono conciliarsi a meravi� glia nel nostro territorio. L’agricoltura di montagna, cosiddetta marginale, non solo è vicina a noi, ma ha certamente un plus se associata ad una coltivazione di tipo biologico o biodinamico. Ha certamente più senso cibarsi di frutti bio colti� vati in montagna, in un parco nazionale, piuttosto che lo stesso seppure bio, prodotto in una zona molto più antropizzata, con il campo a fianco ad uno stabilimento industriale. Alcuni giovani imprenditori stanno raggiungendo i primi pionieri, provando in condizioni comunque difficili – come lo sono quelle della montagna – a crescere, magari acquisendo ed interpretando le conoscenze dei loro nonni, saltando così la generazione dei padri che aveva abbandonato la terra per un sogno industriale che oggi non c’è più. Sono agricoltori moderni, con diplomi e lauree che cercano di sfruttare gli aiuti comunitari, regio� nali o le campagne di finanziamento per la biodi� versità dei Parchi, che sono presenti nelle manife� stazioni di promozione dei prodotti del territorio, che si associano. L’uomo è parte integrante della natura, e la colti� vazione secondo i principi biologici, biodinamici o tradizionali, possono sembrare un ritorno al passa� to, ma non dobbiamo intenderla come una regres� sione, bensì come una rivalutazione di ciò che di buono ci ha lasciato chi ci ha preceduto, integran� dovi nuove conoscenze e tecnologie moderne per lavorare in modo corretto ma fruttuoso la terra e far si che chi è agricoltore possa vivere di questo lavoro ora ed in futuro, così come è stato in passato per tanti abitanti delle zone di montagna. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi TERRA coltivazione bastone domani campi STAGIONI capitolo 2_IL CONTADINO agricoltura TERRA Documentario_PECORE VERGINE NERE Filò di F. C , Abruzzo è Appenino, agosto 2009 Con la fine dell’autunno, le contrade e le corti co� minciavano a vivere una vita di gruppo più inten� sa, perché il lavoro assumeva un ritmo diverso da quello delle stagioni produttive. Nel cuore dell’inverno, la stalla diventa il centro della vita sociale e familiare, perché le case erano umide e fredde e la legna scarseggiava. Così, al pri� mo freddo novembrino, le famiglie di una contrada o di una corte, come i contadini del paese, si riu� nivano nella propria stalla o in quella del vicino e vi restavano fino a un’ora “da cristiani”, al caldo degli animali, sotto la luce di una lucerna a petrolio: era il filò. Durante il filò si parlava dei più e dei meno, ma esso aveva una fisionomia ben precisa, una ritualità e una sua importanza economica. Le donne si dedicavano al rammendo, a far calze, scarpette e, soprattutto a filare. La dote, sacrosanta, era messa insieme dalle ragazze durante il filò, ma� gari sotto gli occhi attenti del moroso che misurava la bravura della futura sposa. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani TERRA campi agricoltura PRODOTTI TIPICI olio capitolo 2_IL CONTADINO TERRA Frantoio Documentario_PECORE VERGINE i sapori “peligni” NERE di V.L Abruzzo è Appenino, agosto 2009 Pettorano sul Gizio Una giornata per scoprire e assaporare gli antichi sapori: FrantOlio è un evento che vuole essere l’oc� casione per far conoscere e apprezzare la qualità dell’olio Peligno ad un pubblico più vasto, per ri� assumere i traguardi raggiunti e definire la forma di valorizzazione di un prodotto che ha le potenzialità di divenire un elemento caratterizzante per l’inte� ro territorio della Valle Peligna. La manifestazione, che si svolge a Pettorano sul Gizio, è promossa oltre che dal Comune anche dall’ARSSA e dalla Comunità Montana Peligna. La qualità di un olio è il risultato della combinazio� ne tra le varietà di olive e l’ambiente climatico in cui gli oliveti sono localizzati: in Valle Peligna tali fattori concorrono alla produzione di olio con caratteristi� che uniche. Negli ultimi anni si assiste, inoltre, da parte degli agricoltori e dei frantoiani, ad una attenzione sem� pre maggiore verso le tecniche di coltivazione e di estrazione che, unite ai fattori naturali, permettono il raggiungimento di elevati standard produttivi co� stanti nel tempo. Frantolio, giunto alla sua terza edizione, si terrà a Pettorano sul Gizio e si concluderà con un buffet di prodotti tipici tra i quali pane e olio e polenta rognosa. capitolo 2_IL IL CONTADINO ieri oggi domani TERRA campi animali PRODOTTI TIPICI formaggio capitolo 2_IL CONTADINO TERRA Lungo Documentario_PECORE iVERGINE “sentieri del gusto”NERE di E.C Abruzzo è Appenino, luglio 2009 C’è un sentiero, in gran parte inesplorato e nasco� sto, che attraversa l’Abruzzo delle montagne e delle piane distese tra i versanti, dei molteplici borghi e dei tetti stagliati contro il profilo delle cime e il ver� deazzurro del cielo e degli alberi. Lungo questo sentiero si muovono, da sempre, uomini e donne con un bagaglio di conoscenze e tradizioni, non posticce, ma essenza stessa del loro divenire e fermarsi in questi luoghi perché è forte dentro ed evidente fuori il legame con gli odori, i colori e i sapori. E se le parole potessero dar vita a queste impressioni, sarebbe un dono immediato per tutti condividere l’opportunità concessa; ma la parola, in questo caso, è soltanto stimolo a muo� versi per cercare, guidati da chi, prima di noi, ha in� trapreso un percorso che congiunge e riannoda le trame, soltanto allentate, di una tessitura a maglie larghe. Larghe per accogliere le forme fluide del miele trasparente, il tepore della ricotta prepara� ta negli stazzi di montagna, tra gli orapi selvaggi, i profumi delle erbe nascoste tra i boschi, le uova raccolte calde e senza marchio, il vino dal colore del mare a sera, il croco che tinge i campi, gli agli raccolti in trecce, il formaggio che lascia l’odore tra le dita, la pasta ruvida messa ad asciugare come i chicchi di granturco stesi sulle aie, la fragranza lieve del pane che risale le strade, all’alba. Questa rete è un richiamo impalpabile che si dif� fonde perché è un piacere dell’occhio e della mente guardare i filari allineati di canne di fiume che ten� gono le piante negli orti, inseguire i solchi precisi rigati dall’acqua, per consegnare a noi il gusto dei dei suoi frutti, quelli che non hanno mai mancato di nutrire gli uomini. È il modo per sentirsi parte del mondo intorno, per rientrare nei cicli naturali e ag� giungervi la sapienza degli uomini, la fantasia nel mescolare odori e sapori, la ricerca nel mantenere tradizioni e rinnovarle in forme nuove, la disponibi� lità a tradurle in patrimonio comune. Così il sentiero si dirama per ricongiungere i mille rivoli, percorsi dalla volontà di fare insieme e fare meglio; i cammini si ricongiungono e prendono le forme di un gusto condiviso. E protetto. Protetto dalla fretta dei tempi, dalla nascosta tentazione di perdere il millenario bisogno di stare intorno a un tavolo per parlare, ascoltare e raccontare Raccon� tare di storie lontane che, silenziose e celate, scan� discono ancora le ore delle nostre giornate perché ne siamo parte noi stessi; ascoltare la musica di ogni tempo, ma senza alcun tempo; alzare il calice e pronunciare parole comuni a poeti e contadini di sempre. E se queste parole, come un racconto, sono utili per guidare, esse conducono lungo i “Sentieri del gu� sto” che attraversano l’Abruzzo nelle notti d’estate, in un incontro di persone nelle strade e nelle piazze dei borghi e delle città. In questi momenti il cibo si fa scoperta, invito per la mente, stimolo per i giorni che verranno, intesa con i compagni di un viaggio, tanto insolito quanto coinvolgente, artefi� ce di sensazioni non perse ma ricongiunte dai tempi della natura e degli uomini, insieme. capitolo 2_IL IL CONTADINO