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diede un nome al mio problema. Nono
C’è chi riesce a uscire dal silenzio anche diede un nome al mio problema. Nonoda adolescente. Fabio Spanu, che a set- stante ciò, però, quelle parole scritte in tembre compirà 30 anni, si è laureato alla magistrale di Informatica, a Cagliari. «Sto imparando a fare i colloqui di lavoro, in cui viene esaminato soprattutto il carattere e il modo di esprimersi del candidato. Per questo sto cercando di correggere le insicurezze comunicative, come l’uso del linguaggio del corpo o del tono della voce, che inevitabilmente mi sono rimaste nonostante abbia superato il mutismo selettivo». Figlio unico, alla scuola materna «non riuscivo mai a far sentire la mia voce, mentre a casa continuavo a parlare normalmente con i miei genitori. Divenni quindi famoso nell’ambiente scolastico per essere un bambino muto. In prima elementare la mia maestra Anna Oppo scrisse nella pagella di fine anno: “È da rilevare che il bambino presenta una preoccupante forma di mutismo elettivo”. Era il 1992 e quella pagella furono quasi come ignorate, sottovalutate, anche da me stesso». In classe si esprimeva con i gesti per farsi capire o con disegni a cui aggiungeva fumetti con le frasi che avrebbe voluto dire a voce. Suo padre, cercando di scuoterlo, si impose dicendogli: «O vai dallo psicologo, o ti iscrivi a una scuola calcio». Ancora ragazzino, Fabio lo ha preso come «una specie di ultimatum, una sorta di pressione che mi veniva fatta. Il giorno dopo me lo ridisse, mi innervosii ed ebbi uno scatto d’orgoglio. Gli dissi “Io non ho niente!” e decisi di iscrivermi a calcio. Mio padre si rese conto che volevo reagire e modificò il suo atteggiamento nei miei confronti, diventando un genitore che incoraggia, sprona, dà consigli». La madre, invece, «ha sempre avuto un approccio morbido, mi ha sostenuSuperAbile INAIL 11 Giugno 2015 Mutismo selettivo Fu lo psichiatra infantile Moritz Tramer a coniare nel 1934 la definizione del disturbo come «mutismo elettivo», espressione sostituita poi con «mutismo selettivo». Si tratta di un disturbo ansioso poco conosciuto; colpisce prevalentemente bambini, ma anche giovani e adulti, impossibilitati a parlare in alcune situazioni, come a scuola o in pubblico, mentre si esprimono liberamente in ambiti dove si sentono a loro agio, per esempio in famiglia. Nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma, in presenza di estranei, in luoghi pubblici o in contesti sociali i muti selettivi non riescono a parlare, anche se non ci sono disfunzioni organiche a impedirlo. Spesso questo blocco viene erroneamente interpretato come eccessiva timidezza. Per la letteratura internazionale circa un bambino su 1.000 soffre di mutismo selettivo. Il riconoscimento precoce di questa patologia è essenziale perché impedisce che si sviluppino problemi più gravi e limita le ricadute negative che interferiscono sul piano scolastico, cognitivo, relazionale e affettivo del paziente.