Nuove strategie terapeutiche per il sangue troppo denso
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Nuove strategie terapeutiche per il sangue troppo denso
PROGETTI 5 PER MILLE Malattie mieloproliferative In questo articolo: 5 per mille ematologia policitemia vera Nuove strategie terapeutiche per il sangue troppo denso La policitemia vera è una neoplasia cronica caratterizzata da una proliferazione abnorme dei globuli rossi che addensa il sangue e provoca infarti e ictus. Ora un gruppo di ricercatori del programma AIRC 5 per mille ha stabilito un importante parametro di cura a cura di CRISTINA COLOMBELLI e malattie del sangue che fanno parte delle neoplasie mieloproliferative croniche – come la leucemia mieloide cronica, la mielofibrosi idiopatica, la trombocitemia essenziale e la policitemia vera – causano un aumento anomalo di globuli rossi, bianchi e piastrine, con gravi effetti sulla vita dei pazienti. In Italia esiste un gruppo – composto da circa 70 ricercatori coordinati da Alessandro Vannucchi dell’Università degli Studi di Firenze e vincitore di uno dei programmi speciali di oncologia clinica molecolare di AIRC – che si occupa di identificare i meccani- L smi genetici e molecolari che provocano queste malattie con l’obiettivo di migliorare la diagnosi, la prognosi e il trattamento dei pazienti. Sono riuniti sotto la sigla AGIMM (AIRC – Gruppo italiano malattie mieloproliferative) e grazie ai finanziamenti AIRC nell’ambito del programma 5 per mille stanno portando avanti diversi filoni di ricerca. Ora arrivano i primi risultati utili per i pazienti, pubblicati su una delle più autorevoli testate mediche del mondo, il New England Journal of Medicine, e riguardano proprio la policitemia vera. Chi ne 12 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2013 è affetto produce così tanti globuli rossi da rendere il sangue talmente viscoso da aumentare il rischio di trombi o coaguli spontanei, che a loro volta possono causare ictus e infarti. TRA SALASSI E TERAPIE Per evitare che tali eventi cardiovascolari gravi mettano a repentaglio la vita dei pazienti policitemici, i medici devono tenere sotto controllo un parametro importante: l’ematocrito, ovvero la percentuale del volume sanguigno occupata dai globuli rossi che nella policitemia è aumentato rispetto alla norma. Come I rischi: infarti, ictus ma anche leucemie fare, però, per ridurlo e di quanto? I metodi usati sono due: praticare flebotomie, ossia i tradizionali salassi che consistono nel rimuovere una certa quantità di sangue a intervalli di tempo regolari, o intervenire con farmaci, come l’idrossiurea, che diminuiscono la produzione dei globuli rossi. Per quanto riguarda il valore ottimale di ematocrito da raggiungere, esistono linee guida che raccomandano di mantenerlo pari o inferiore al 45 per cento, ma finora questa indicazione non era supportata da studi sperimentali validi e inoltre la paura degli effetti collaterali della terapia farmacologica – disturbi gastrointestinali, lesioni cutanee e anche un potenziale rischio di trasformazione in leucemia – invitava alla cautela, favorendo una gestione meno aggressiva di questi valori. MEGLIO VALORI PIÙ BASSI Ora però il gruppo AGIMM ha effettuato uno studio controllato randomizzato, e quindi metodologicamente ineccepibile, che ha dimostrato l’utilità e l’importanza di mantenere l’ematocrito al di sotto del 45 per cento al fine di ridurre il rischio di trombosi e di morte per infarto e ictus. Lo studio è stato coordinato da Tiziano Barbui degli Ospedali Riuniti di Bergamo e gestito da Roberto Marchioli del Consorzio Mario Negri Sud, e vi hanno preso parte diversi medici e ricercatori, tra cui lo stesso Vannucchi. “Insieme ai finanziamenti dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che hanno coperto principalmente le spese di gestione, i fondi AIRC ci hanno consentito di mettere in piedi uno studio indipendente, dal disegno chiaro e con un impatto immediato sulla vita dei pazienti” afferma Vannucchi. Tra maggio 2008 e febbraio 2012, la ricerca ha preso in esame 365 pazienti affetti da PV trattati con flebotomie, idrossiurea o entrambe le terapie, in 26 centri sparsi su tutto il territorio italiano. Circa la metà dei soggetti è stata sottoposta a trattamenti più intensivi con l’obiettivo di mantenere l’ematocrito al di sotto del 45 per cento, mentre per l’altra metà si è scelta una terapia meno aggressiva, sufficiente a mantenere lo stesso parametro entro il 45-50 per cento. L’obiettivo dei ricercatori era capire quale delle due terapie garantisse una migliore protezione dagli eventi cardiovascolari gravi e se gli effetti collaterali di una terapia più intensiva fossero tali da renderne meno favorevole l’utilizzo. I risultati sono entrati subito nella pratica clinica UN USO IMMEDIATO “Alla fine dell’osservazione abbiamo scoperto che i pazienti del gruppo con ematocrito basso mostravano un rischio di morte per eventi cardiovascolari di quattro volte inferiore rispetto a quelli il cui l’ematocrito rimaneva a valori più alti” spiega Barbui. Se trombosi e morte per cause cardiovascolari avvenivano nel 9,8 per cento dei pazienti con ematocrito alto, si riducevano al 2,7 per cento nel gruppo con ematocrito basso. Sanguinamenti, evoluzione maligne e leucemia non risultano più frequenti anche se il paziente veniva sottoposto a cure intensive. “Questo studio rispecchia perfettamente le due facce del progetto AIRC, quella di ricerca delle alterazioni biologiche e funzionali delle malattie e quella traslazionale, che consente di trasferire nella prati- UNA MALATTIA DI PERTINENZA DELL’EMATOLOGO CHE COS’È LA POLICITEMIA VERA? a policitemia vera (PV), anche nota come policitemia rubra o morbo di Osler-Vaquez, è una neoplasia cronica che colpisce le cellule staminali totipotenti del midollo osseo, quelle che danno origine alle cellule del sangue. A causa di mutazioni genetiche, queste cellule si duplicano in modo incontrollato, causando un aumento dei globuli rossi e in minor misura anche di piastrine e globuli bianchi. Il flusso sanguigno diventa quindi più denso, il trasporto dell’ossigeno ai vari distretti corporei è ridotto, e aumenta la probabilità che si formino trombi, con conseguente rischio di ictus o infarto. La PV colpisce circa 2-3 individui ogni 100.000 abitanti per anno. La grande maggioranza dei casi è dovuta a mutazioni in un gene chiamato JAK2, che normalmente produce una proteina che aiuta le cellule a dividersi. Se JAK2 è mutato, la proteina diventa iperattiva e dice alla cellula di proliferare anche quando non ce n’è bisogno. Di solito insorge dopo i 60 anni, ma ci sono anche forme più precoci. È una neoplasia cronica e la trombosi è la causa più frequente di morte. In una piccola percentuale di casi, la PV può evolvere in leucemia mieloide acuta (AML). Non ci sono cure definitive. L’obiettivo del trattamento è ridurre il numero di globuli rossi ed eventualmente anche bianchi e piastrine, mantenendoli entro valori normali. Alessandro Vannucchi L ca clinica le conoscenze ottenute a livello sperimentale” dice Vannucchi, che sottolinea: “La risposta dei medici è stata immediata: i colleghi dei centri trasfusionali hanno rapidamente modificato la terapia dei pazienti policitemici, richiamando quei soggetti per i quali erano stati stabiliti salassi ogni 6-12 mesi in modo da sottoporli a un controllo più stretto”. Si tratta quindi di un perfetto esempio di come i malati possano beneficiare in breve tempo dei risultati della ricerca. “Ora sarà necessario capire quale sia il metodo migliore per normalizzare l’ematocrito: i salassi, la terapia farmacologica o entrambi? Non solo, bisogna anche determinare quale farmaco sia più efficace e sicuro: tra gli altri, buoni candidati sono la già utilizzata idrossiurea, l’interferone e, se ben tollerati, i più nuovi inibitori di JAK2” conclude Barbui. GIUGNO 2013 | FONDAMENTALE | 13