Quando i sistemi di difesa diventano strumenti d`attacco
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Quando i sistemi di difesa diventano strumenti d`attacco
26-28_autoimmuni_SCI_dic15b.qxd 29-10-2013 15:32 Pagina 26 RICERCA CLINICA Autoimmunità e tumori a cura di AGNESE CODIGNOLA il sistema immunitario il filo rosso che collega la comparsa di alcune malattie croniche di tipo infiammatorio e il successivo sviluppo di tumori. È infatti noto da tempo che molte malattie autoimmuni – cioè quelle in cui, per via di errori di programmazione, il sistema di difesa dell’organismo attacca se stesso invece degli elementi estranei – aumentano il LBERTO rischio di ANTOVANI ammalarsi anche di un STUDIA DA ANNI IL tumore. StuSISTEMA IM diando queMUNITARIO sto nesso, però, è possibile non solo mettere in piedi adeguate misure di prevenzione per le persone colpite, ma anche comprendere E’ A M - meglio i meccanismi alla base dello sviluppo del cancro e sfruttarli per la cura. QUESTIONE DI INFIAMMAZIONE Alberto Mantovani, immunologo e responsabile scientifico dell’IRCCS Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano), che da molti anni indaga i segreti che intercorrono tra la proliferazione incontrollata e le reazioni autoimmuni, spiega come si entri in un terreno in cui molto si è capito, ma moltissimo resta ancora da chiarire, e come la situazione sia complessa: “Come spesso accade, le prime osservazioni sono state di tipo epidemiologico: si è notato, cioè, che tra chi ha una malattia infiammatoria cronica del colon come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa, l’incidenza del tumore dello stesso organo è più alta rispetto alla media e che una percentuale variabile tra il 20 e il 25 per cento dei malati si ammala, prima o poi, anche di carcinoma colorettale. Questo primo dato ha avuto una grande importanza, perché ha mostrato quello 26 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2015 Quando i sistemi di difesa diventano strumenti d’attacco Un legame molto stretto unisce le malattie autoimmuni e i tumori. Studiando queste relazioni e osservando cosa accade ai pazienti, i ricercatori sperano di trovare la chiave per curare ambedue i tipi di malattia che oggi è considerato un aspetto fondamentale dei tumori: l’infiammazione non è solo un sintomo del processo di proliferazione in corso, ma è condizione che prelude e facilita l’insorgenza di un cancro”. Infiammazione cronica e cancro sono quindi parenti molto stretti. Lo si vede bene anche in altre malattie autoimmuni come quelle che colpiscono il fegato. Nel caso di un’epatite di origine virale, per esempio, il fegato, sotto l’attacco degli autoanticorpi è cronicamente infiammato e può degenerare in fibrosi e poi cirrosi, condizione che molto spesso sfocia nel carcinoma epatico. Esistono poi situazioni che si prestano a una lettura un po’ diversa, come spiega ancora Mantovani: “Un’altra 26-28_autoimmuni_SCI_dic15b.qxd 29-10-2013 15:32 Pagina 27 In questo articolo: malattie autoimmuni infiammazione vaccini anticancro associazione emersa negli ultimi anni, quella tra malattie autoimmuni di tipo reumatico e alcuni tipi di linfomi (un cancro dovuto proprio alla produzione eccessiva di globuli bianchi), suggerisce che in certi casi, invece, la stimolazione continua del sistema immunitario a un certo punto sfugga al controllo e si trasformi in una vera proliferazione tumorale”. Questo aspetto è ancora poco studiato, ma probabilmente lo sarà maggiormente nei prossimi anni, e i risultati aiuteranno a capire ancora meglio gli intrecci a livello del sistema di difesa dell’organismo. Non è escluso infatti che le malattie autoimmuni agiscano anche compromettendo, almeno in parte, i meccanismi che nell’organismo sano consentono di eliminare, prima che si moltiplichino, le cellule che prendono una brutta strada. REAZIONI ESAGERATE Esiste un modello per studiare questo particolare aspetto. Si tratta delle malattie autoimmuni cosiddette paraneoplastiche, cioè scatenate dal tumore. In questi casi l’organismo cerca di reagire alle cellule in proliferazione, ma le proteine tumorali (chiamate neoantigeni) che stimolano le difese sono molto, troppo simili ad altre proteine di cellule sane e il sistem a immunitario non riesce a distinguere le due cose, reagendo anche contro organi che con il tumore hanno poco a che fare. È il caso di una forma di miastenia detta di Lambert-Eaton, provocata da autoanticorpi contro le proteine che fanno passare il calcio nei muscoli. Anni fa si è scoperto che questi anticorpi derivano da un tumore raro, il microcitoma polmonare, che colpisce alcune cellule polmonari, appunto, dotate di caratteristiche neuroendocrine, cioè capaci di rilasciare neurotrasmettitori: le stesse che si ritrovano nelle cellule del muscolo. Molto spesso i malati scoprono prima la miastenia, a causa dei sintomi, e poi il tumore. “Negli ultimi mesi” ricorda poi l’immunologo “è stata descritta un’altra situazione simile: alcuni malati di sclerodermia, una malattia autoimmune dei tessuti connettivi, hanno anche neoantigeni tumorali in quantità, e sono quindi, probabilmente, destinati a sviluppare un tumore”. Da questo punto di vista, alcune malattie autoimmuni potrebbero funge- re da campanello d’allarme per un tumore, esserne cioè la prima avvisaglia, e consentire di mettere in piedi sistemi di sorveglianza serrata che permettano di fare diagnosi precoce, e quindi di aumentare molto le possibilità di guarigione. EFFETTI COLLATERALI La reazione autoimmune può però essere innescata anche da alcune cure e, in particolare, dalle terapie immunologiche contro i tumori, che tante speranze stanno suscitando proprio di recente. Secondo questo approccio, il sistema immunitario di chi ha un tumore, che di solito non reagisce a dovere e non riesce a fermare la proliferazione, viene aiutato a ritrovare la giusta reattività, con diversi sistemi descritti a pagina 28. Ciò consente all’organismo di contrastare il cancro molto più efficacemente, di trasformarlo in una malattia cronica e, in alcuni casi, di sconfiggerlo definitivamente. Ma c’è un prezzo da pagare, la cui entità, al momento, non è ancora del tutto nota. Spiega infatti Mantovani: “Stimolare il sistema immunitario in modo potente, come accade con l’immunoterapia oncologica, può sca- tenare reazioni che sfuggono al controllo, e il risultato può essere una malattia autoimmune come una tiroidite, una colite o altro. Va detto che molte di queste malattie sono controllabili con i farmaci, perciò si sceglie il male minore (cioè, si dà la precedenza alla cura del tumore), soprattutto si cerca di stabilire un piano molto bilanciato di cure, ma il rischio va tenuto in considerazione”. È presto, conclude l’immunologo, per trarre conclusioni definitive, perché i primi farmaci attivi sul sistema immunitario in chiave antitumorale sono stati introdotti in clinica solo da pochissimi anni: bisognerà seguirli nel tempo per vedere che cosa succede se, come sembra, questo tipo di cura deve essere mantenuto per molti anni. Solo la ricerca, e il tempo, potranno fornire le risposte necessarie e indicare rimedi anche per questo particolare effetto collaterale. Ora esistono terapie che agiscono sull’immunità DICEMBRE 2015 | FONDAMENTALE | 27 26-28_autoimmuni_SCI_dic15b.qxd 29-10-2013 15:32 Pagina 28 RICERCA CLINICA Autoimmunità e tumori LE BOMBE IMMUNOLOGICHE Q uando una cellula inizia a trasformarsi in senso tumorale, il suo assetto genetico si altera fino a renderla invisibile al sistema immunitario. Contemporaneamente la cellula secerne sostanze che bloc- cano le difese. Da quando sono stati chiariti questi passaggi cruciali, ormai diversi anni fa, si è iniziato a indagare sulla possibilità di opporvisi e di ripristinare la reattività delle difese. Il risultato sono diversi tipi di terapie, che puntano tutte a risvegliare il sistema immunitario, ma che utilizzano strumenti diversi; a molte di esse stanno lavorando ricercatori e clinici italiani finanziati da AIRC. Ecco, in sintesi, i principali approcci già approdati in clinica o vicini al traguardo. MODULATORI DEI CHECKPOINT A questa categoria appartiene l’ipilimumab, primo anticorpo monoclonale approvato in clinica per il melanoma e oggi in studio, da solo o in combinazione, su molti altri tumori. Agisce neutralizzando un freno che blocca le reazioni difensi- TECNICHE SPERIMENTALI UN TRAPIANTO PARTICOLARE N elle malattie infiammatorie intestinali croniche come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, un ruolo di primissimo piano è giocato dalla composizione della microflora batterica; in questo senso, grandi speranze sta suscitando un approccio terapeutico basato sul trasferimento, nell’intestino dei malati, di alcuni ceppi di batteri presenti nelle feci di soggetti sani. Il trapianto fecale (così viene chiamata la tecnica), finora oggetto di pochi studi nell’uomo, ha infatti trovato una consacrazione ufficiale in uno studio pubblicato recentemente su Gastroenterology dai ricercatori della McMaster University di Hamilton, in Canada. In esso i ricercatori hanno sottoposto alla procedura 75 malati gravi, infondendo nel loro intestino estratti di materiale ve, una proteina chiamata CTLA-4. In modo simile agiscono gli altri due anticorpi approvati, il pembrolizumab (melanoma) e il nivolumab (melanoma e tumore del polmone), non ancora disponibili in Italia. Molti altri prodotti simili sono al momento in fase di avanzata sperimentazione clinica su quasi tutte le forme tumorali. VACCINI ANTITUMORALI In questo caso si cerca di sfruttare al massino la risposta dell’organismo, partendo però dalle cellule tumorali e dai loro antigeni, che vengono prelevati, messi a contatto con cellule immunitarie (per imparare a reagire) e poi reinfusi. Per ora sono stati approvati un vaccino contro il carcinoma della prostata e uno per il melanoma. Il sistema immunitario, così come il microambiente tumorale, è un luogo molto affollato, dove decine di sostanze con funzioni diverse si alternano e collaborano a mantenere un equilibrio che può essere o meno favorevole allo sviluppo del tumore. Molti studi, alcuni dei quali finanziati da AIRC, stanno cercando di capire quali, tra le numerose controfigure, abbiano un ruolo cruciale, e come sfruttare tutto ciò a fini terapeutici. È dunque molto probabile che, in futuro, la lista dei farmaci per l’immunoterapia si allunghi considerevolmente. ACT L’Adoptive Cell Transfer (ACT) si basa sul prelievo, dal paziente, di alcune cellule immunitarie infiltrate nel suo tumore e dotate quindi di elevata specificità per il tumore stesso, del loro potenziamento con opportuni stimolanti quali le citochine e della loro reinfusione nel malato. Una variante è la CAR-T nella quale le cellule reattive sono prelevate dal sangue del malato, ingegnerizzate per essere più potenti e poi reinfuse. Le cellule sono invisibili ai sistemi di difesa fecale di persone sane, oppure un placebo, una volta alla settimana per sei settimane. In seguito hanno verificato l’andamento della malattia e visto che circa uno su quattro, tra i soggetti trattati con i batteri ritenuti positivi per la microflora, aveva avuto una remissione, contro solo il cinque per cento di coloro che avevano ricevuto un clistere di placebo. L’analisi dei dati ha poi mostrato che la riuscita del trapianto dipende molto dal donatore: uno si è rivelato ottimo, un altro poco efficace, e sembra essere più probabile se la diagnosi della malattia è recente. Gli studi proseguono per determinare con esattezza che tipo di trapianto possa essere più efficace, ma le speranze di poter presto utilizzare questa cura sono elevate, anche perché i rischi sono praticamente nulli e la speranza è che, riducendo l’infiammazione, si riduca anche il rischio di sviluppare con gli anni una forma tumorale.