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I voucher diventano tracciabili

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I voucher diventano tracciabili
Sabato 11 Giugno 2016
Uk £ 1,40 - Ch fr. 3,50
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Nuova serie - Anno 25 - Numero 139 - Spedizione in A.P. art. 1 c.1 L. 46/04, DCB Milano
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(%
IN EDICOLA
Fassina fatto fuori dagli amici dopo la rovinosa
gestione della campagna elettorale di Si a Roma
Valentini a pag. 6
www.italiaoggi.it
NOMINE
QUOTIDIANO ECONOMICO, GIURIDICO E POLITICO
CON
I voucher diventano tracciabili
Nel comitato
di gestione
dell’Agenzia delle L
L’utilizzo va annunciato all’ispettorato del lavoro con 60 minuti di anticipo,
entrate anche vi
via sms o e-mail. In agricoltura eliminato il tetto di 2 mila euro per lavoratore
il Mineconomia
DECRETO
Latte, il ministro
Martina ammette
la tracciabilità
a metà
Chiarello a pag. 34
SU WWW.ITALIAOGGI.IT
Jobs act - La bozza
di decreto correttivo
Assegnazione beni
ai soci - La circolare
dell’Agenzia dellle entrate
L
Latte - Il tes del decresto
t sull’etichettato
tura
Bucchi a pag. 11
«Banche e sghei de Paesi mii».
Non è un autentico detto Veneto, ma
descrive una realtà. Ai veneti è sempre
piaciuto mettere i soldi nelle banche venete. Ma il rapporto fra banche venete e cittadini veneti ha sempre visto forti alti e
bassi. Quello che è accaduto negli ultimi
mesi ha illustri precedenti. Basta leggere
la storia della Banca Cattolica del
Veneto come la descrive Wikipedia.
***
Fondato nel 1892 con il nome di «Banca
Cattolica Vicentina», l’istituto inizialmente
si ispirava a principi di solidarietà e collaborazione tra i cittadini e le forze produttive di area, appunto, cattolica presenti nella
diocesi di Vicenza.
Inizialmente l’attività fu simile a quella di
Vaticano,
ridimensionato
il contratto
con Pwc
una Società di Mutuo Soccorso, con molte
richieste di prestiti non sufficientemente
equilibrate dai depositi amministrati, cosa
che portò a pericolose oscillazioni nell’andamento dei conti economici, causati anche
da alcuni investimenti sbagliati. Con il
passare degli anni la Banca migliorò le
proprie capacità di gestione, mediando tra
le opere di solidarietà e le esigenze di redditività del bilancio, espandendo nel contempo la propria rete di sportelli nella provincia di Vicenza (la prima filiale al di
fuori del capoluogo berico fu quella di
Schio), ed iniziando una politica di acquisizioni con il piccolo Banco S. Bassiano di
Bassano del Grappa, incorporato nel 1913.
L’istituto arrivò alla fine degli anni venti
del XX secolo ad essere considerato il
D’Anna a pag. 12
NESSUNO DELL’ITALIA
In Germania
undici deputati
originari
della Turchia
continua a pag. 2
Giardina a pag. 16
Dal Consiglio federale svizzero ok all’assistenza amministrativa (scambio di dati) per liste di contribuenti trafugate
D
Lotta all’evasione con dati fiscali rubati
I dati
d
fiscali ottenuti illegalmente
pot
p
potranno essere oggetto di assistenza a
amministrativa. È quanto stabilito ieri dal Consiglio federale svizzer
zero all’interno del messaggio inviato al
a Parlamento relativo alla revisio
sione della legge sull’assistenza
am
amministrativa fiscale. D’ora in
a
avanti le autorità tributarie svizzerre potranno entrare nel merito
a
anche delle domande basate su dati
rrubati o trafugati a patto che lo Statto li abbia ottenuti nel quadro di
u
un’ordinaria procedura di assistenzza amministrativa o tramite fonti
a
accessibili al pubblico.
Cerne a pag. 31
LUNEDÌ IN EDICOLA
DIRITTO & ROVESCIO
Che una parte (tra l’altro non trascurabile) del mondo accademico
inglese sia marcia è una cosa risaputa per chiunque abbia dimestichezza con esso. Mentre in tutti
gli ambienti del mondo libero le
ideologie che, fuori dal mito, sono
paraocchi per impedire di vedere
le cose come stanno (formulando
esse, per i vari problemi, soluzioni
prefabbricate che si possono solo
ripetere), nel mondo accademico
anglosassone le ideologie continuano a estendere il loro territorio.
Lo dimostrano adesso anche gli ex
docenti (marxisti) di Cambridge
di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano assassinato in
Egitto, che fu da loro incautamente gettato nel forno rovente di un
paese in guerra civile, per fare
delle ricerche quanto meno pericolose. Adesso gli stessi docenti
(coraggiosi con la pelle degli altri)
si sono rifiutati da rispondere alle
domande loro formulate dal pm
Sergio Colaiocco che si proponeva di chiarire come sono andate le
cose. Di Regeni e della verità, loro
se ne fregano. Capito?
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t*130'&44*0/*45**/$3&4$*5"tda pag. 49
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w
www.italiaoggi.it
Sette
IL PRIMO GIORNALE PER PROFESSIONISTI E IMPRESE
IN EVIDENZA
*
*
*
Lotta all’evasione - Stretta
contro le frodi nella proposta di
direttiva della Commissione Ue
Grigolon da pag. 4
Fisco/1 - Un interpello ad ampia
gittata: incluse tutte le tipologie
di istanze. Estesi anche i soggetti
Liburdi a pag. 8
Fisco/2 - Trasformazioni societarie: i beni non agevolati sono
assoggettati ai criteri ordinari
Poggiani a pag. 9
Impresa/1 - Pmi, la difficoltà è
nel trovare consumatori. La foto
dell’indagine della Bce
dell’Olio a pag. 13
Impresa/2 - R&S, credito d’imposta selettivo: le indicazioni
pratiche per accedere ai finanziamenti
Lenzi a pag. 16
Documenti - I
testi delle sentenze tributarie
commentate nella Selezione
www.italiaoggi.it/docio7
Si riaprono i giochi sull’Irap
Le recenti sentenze della Cassazione a Sezioni unite hanno chiarito quando
i professionisti non devono versare l’imposta. Al via le richieste di rimborso
MARINO LONGONI
[email protected]
DI
S
i riaprono i giochi sull’Irap. Dopo
anni di giurisprudenza altalenante, e dopo che le richieste del legislatore al governo di chiarire il
concetto di autonoma organizzazione
(presupposto per l’applicazione del
tributo) non avevano trovato risposta (la delega in tal senso, contenuta nella legge n. 23 del 2014
non è stata esercitata), ci ha pensato la Corte di cassazione. Le
recenti sentenze delle Sezioni
unite hanno infatti posto
dei punti fermi in materia
di assoggettabilità all’imposta del reddito di lavoro
autonomo, in particolare per
i professionisti. Si può quindi riaprire ora la partita delle richieste di
rimborso dell’Irap versata ma non
dovuta.
Volendo riassumere in modo sintetico i contenuti più interessanti
delle recenti decisioni si potrebbe partire dal fatto che l’Irap è sempre dovuta
quando i professionisti sono organizzati in
società, in qualsiasi forma.
L’Irap non è invece dovuta quando i professionisti svolgono la loro attività avvalendosi
solo di personale ausiliario: l’infermiera per
il medico o la segretaria per l’avvocato, per
esempio.Enemmenoquandofannogruppoper
condividere
le spese: è il caso in
particolare della cosiddetta medicina di gruppo,
tipica dei medici di famiglia,
che utilizzano congiuntamente una parte
dei locali per motivi logistici e per meglio
rispondere alle esigenze di servizio imposte
dalle aziende sanitarie locali, ma lo stesso
discorso può essere riferito anche
a più avvocati o commercialisti
che condividono lo studio (e magari
anche i servizi
di segreteria o
quelli di pulizia)
mantenendo
però
la propria autonomia
professionale. Un’altra
sentenza delle Sezioni
unite ha precisato che
quando un professionista
si avvale di più di un collaboratore è sempre obbligato
al versamento dell’imposta,
viceversa quando si avvale di
un solo collaboratore, per servizi
di assistenza tecnica, segreteria,
pulizie o altro, l’imposta non è dovuta (sempre che manchi l’autonoma organizzazione).
Una volta delineato meglio il
quadro degli obbligati all’Irap si può
decidere con maggior consapevolezza
se è il caso di versare l’imposta per il
2015 (scadenza il 16 giugno, salvo proroghe dell’ultima ora, sempre possibili). E si
può anche valutare l’opportunità di chiedere il rimborso di quanto versato negli ultimi
48 mesi, se si ritiene che ci siano buone possibilità di successo.
I problemi non mancano, soprattutto per
gli importi inferiori a 20 mila euro. In questo caso, dopo il più che probabile silenzio rifiuto dell’Amministrazione finanziaria alla
richiesta di rimborso, è necessaria la presentazione di un reclamo obbligatorio che
allunga inutilmente i tempi: 90 giorni per
la formazione del silenzio assenso più altri
90 giorni prima di poter accedere al contenzioso. Se l’Amministrazione finanziaria ha
già negato una risposta positiva all’istanza
di rimborso non si capisce perché dovrebbe
dare una risposta positiva al reclamo obbligatorio che viene normalmente presentato
negli stessi termini. L’unico senso che si può
ravvisare in una procedura così contorta è
quello di scoraggiare i contribuenti con richieste più modeste consentendo all’erario
un utile da iperburocrazia.
Una volti arrivati in commissione tributaria, il sentiero del contribuente dovrebbe
essere più agevole: è ragionevole ipotizzare, infatti che le commissioni si atterranno
ai principi di recente fissati dalla Corte di
cassazione. E dall’ottobre del 2016 dovrebbe entrare in vigore il principio, più volte
rinviato, della provvisoria esecutività della
sentenza di primo grado. Quindi l’amministrazione finanziaria soccombente, anche
se intenzionata a presentare appello, dovrà
prima rimborsare il contribuente dell’Irap
non dovuta. Cosa che dovrebbe scoraggiare
appelli meramente dilatori, semplificando
almeno un po’ la vita ai contribuenti.
© Riproduzione riservata
online.it
Cerisano a pag. 33
PASTICCIO PUGLIESE
P
F dopo Bari,
Fi,
fuori da Brindisi.
fu
Paura per
il
i voto a Lecce
DI PAOLO PANERAI
da, piccola e grande: una realtà proiettata
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ovazione tecnologica.
CONSULTA
Arr
Arriva
la tracciabilità dei voucher,
ma soltanto di quelli utilizzati da
partit
par
partite Iva. Imprenditori non agricoli e professionisti, almeno 60
minu
minuti prima dell’inizio delle prestazio
stazioni, con sms o e-mail dovranno
comu
comunicare all’ispettorato del lavoro il nominativo
n
del lavoratore. In
agric
agricoltura eliminato il tetto di 2
mila e
euro per lavoratore. A stabilirlo, tra l’altro, è il decreto correttivo
del Jo
Jobs act approvato ieri in via
prelim
preliminare dal governo.
Cirioli-Giglio a pag. 28
ande impresa
le imprese
Bartelli a pag. 32
PARLA SASSOLI DE BIANCHI
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sul web
Corriere primo,
Repubblica 2°,
Sole 24 Ore 3°,
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Corsentino a pag. 19
Capisani a pag. 21
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%$"#(&(#%!& (%(&%!%"!'
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2
Sabato 11 Giugno 2016
Segue dalla prima pagina
migliore tra le molte banche confessionali del triveneto e l’unico in grado
di aiutare (mediante acquisizioni)
altre piccole banche cattoliche locali
messe in difficoltà dalla crisi del
1929. Incorporò quindi nel 1930 la
Banca Cadorina di Pieve di Cadore,
la Banca Cattolica Atestina di Este e
la Banca Cattolica di Udine, raggiungendo una dimensione regionale (al
tempo l’attuale Friuli faceva parte del
Veneto), cosa che venne rispecchiata
con il cambio di denominazione
sociale in «Banca Cattolica del
Veneto», in sigla B.C.V.
Le altre incorporazioni
prima della Seconda
Guerra Mondiale furono
la Banca Cattolica di
San Liberale (Treviso),
la Banca provinciale di
Belluno e la Banca
Feltrina (Feltre) nel
1931; la Banca Depositi
e Prestiti di Feltre nel
1936; la Banca Depositi
e Prestiti G. Fabris & C.
e la Banca Bassanese A.
G i r a r d e l l o & C. ,
entrambe di Bassano del
Grappa, nel 1938.
Dopo la guerra vennero
incorporate la Banca
Agricola Distrettuale di
Dolo nel 1946, la Banca
Veneziana di Crediti e
Conti Correnti nel 1948
(Venezia), la Banca Mandamentale di
Maniago e Sacile nel 1950 e la Banca
San Daniele di San Daniele del Friuli
nel 1951. Nel 1969 fu infine incorporata la Cassa Rurale di Camisano
Vicentino (Vicenza), che era stata
posta in liquidazione coatta.
Questa evoluzione — che portò la
B.C.V. a modificare la propria funzione da aiuto ai soci, gravitanti attorno all’associazionismo cattolico, a
motore dello sviluppo industriale e
commerciale del territorio — avvenne
quasi completamente sotto la guida di
Secondo Piovesan (Alessandria, 27
marzo 1893 - Vicenza, 11 marzo
1976). Assunto quindicenne nella
Banca nel 1908, ne arrivò ai massimi
vertici nel 1930 come Direttore
Generale e quale Amministratore
Delegato dal 1947 fino al 1972, quando lasciò la direzione attiva con la
qualifica di Presidente Onorario.
Gli sportelli passarono da 111 nel
1940 a 152 nel 1965 ed a 204 nel
1989, portando la B.C.V. ad essere
presente in tutto il Veneto ed il FriuliVenezia Giulia, e ad avere anche negli ultimi anni di vita autonoma alcune filiali in Trentino-Alto Adige,
Emilia, a Roma e a Milano.
La Banca celebrò il proprio 90º anniversario di fondazione (1982) acquistando una raccolta di quadri del
caratterista veneziano Pietro Longhi,
attualmente in mostra a Palazzo
Leoni Montanari, sede storica della
Banca. La B.C.V. non avrebbe però
visto il centenario di vita, mancandolo di appena un paio d’anni, per la
fusione per incorporazione con il
Nuovo Banco Ambrosiano.
***
Non vi sembra di aver letto un pezzo
di storia della Banca Popolare di
Vicenza e di Veneto Banca? Avvii
stentati, forte espansione, e poi la
tempesta. La tempesta della
Cattolica, che dopo Piovesan ebbe a
capo un uomo che di banca sapeva, il
principe (titolo vaticano) Massimo
Spada, artefice degli anni d’oro dello
L’EDITORIALE DI PAOLO PANERAI
ORSI & TORI
Ior, è stata provocata dal Banco
Ambrosiano di Roberto Calvi, che
ne aveva acquisito il controllo a metà
degli anni 70, consentendo all’armeno
amministratore delegato, Vahan
Pasargiklian, di realizzare una forte
crescita tanto da sostenere la rifondazione dell’Ambrosiano dopo il fallimento. Per fortuna che al Nuovo
banco ambrosiano arrivò un
cattolico con idee chiare come
Giovanni Bazoli e, prima che la
Cattolica entrasse nella fase-no, la
fuse alla fine del 1989 nell’istituto
milanese con il nuovo nome di Banco
ambrosiano veneto. Ora il corpo
della Cattolica, dopo le fusioni di
Ambroveneto con Cariplo, Comit
e SanPaolo, riposa in Intesa
Sanpaolo.
Fu proprio la scomparsa visiva della
Cattolica a scatenare la crescita di
Popolare Vicenza e a far nascere da
varie fusioni Veneto Banca. Il Veneto
non poteva rimanere senza proprie
banche, con il nome Veneto. E non vi
è dubbio che le due banche popolari
per un ventennio abbiano accompagnato la crescita del Nord-Est, anche
in quello spirito di solidarietà alle
origini della Cattolica.
Ma anche il territorio veneto più vicino alla Lombardia non è stato fertilissimo per banche autonome. La
Cassa di risparmio di Verona è
confluita, facendone solida base, nel
Credito italiano, diventato così
Unicredit. La Popolare di Verona,
al massimo della sua forza, è stata
comandata da Bankitalia di salvare
la disastrata Lodi, fino a vedere un
forte declino con il nome di Banco
popolare; e se non fosse arrivato
quel vero banchiere che è Pier
Francesco Saviotti, oggi non sarebbe in posizione molto diversa da
quella delle consorelle del Veneto centrale e orientale. Ma nonostante la
bravura di Saviotti, e anzi proprio per
questo, il Banco popolare ha dovuto
programmare la fusione con la
Popolare di Milano. Il matrimonio
è in fase di celebrazione e poggia su
solide basi, non solo per l’amicizia e
la sintonia di Saviotti con Castagna,
colleghi a Intesa. Una popolare veneta che diventa lombardo-veneta avrà
sicuramente fortuna, come dimostra
il buon andamento dell’aumento di
capitale imposto dalla Vigilanza
unificata europea al Banco per potersi sposare. Saviotti e Castagna hanno
smentito i gufi, ottenendo perfino
parole di apprezzamento da quel gufo
amico dell’anti-gufi Matteo Renzi, il
baldo Davide Serra.
Ma come mai, pur amando i veneti
mettere in banche venete i soldi,
molti, provenienti dai lauti guadagni
degli anni d’oro del Nord-Est, le
banche venete non hanno poi retto?
Una risposta semplice c’è: una parte
dei soldi guadagnati con imprese
industriali è stata messa nelle banche
popolari per la sicurezza di avere ogni
anno un incremento di valore.
Vicenza e Veneto Banca si sono sempre tenute lontano dalla borsa e quindi il valore, come prevede lo
statuto delle popolari cooperative, è stato fissato con
perizia. E ogni popolare
cooperativa ha formato un
fondo di riacquisto azioni.
Ovviamente ai prezzi crescenti delle perizie. Così
scarpari del Brenta, in particolare uno, industriali
d e l l ’ a c c i a i o
e
dell’abbigliamento, ex
produttori di elettrodomestici convertiti alla meccanica e alle acque minerali e
via dicendo hanno continuato a sottoscrivere aumenti
di capitale che hanno
permesso una forte espansione territoriale, di cui
certo andare orgogliosi ma
anche felici, perché ogni
anno il valore delle azioni cresceva.
Veneto Banca ha allora comprato la
banca di gestioni patrimoniali torinese Bim e ha proseguito lo shopping
in vari Paesi dell’Est ex comunista.
È bastata la scelleratezza della
Vigilanza unificata, la quale non si è
peritata di capire qual era il meccanismo che teneva in piedi il gioco, e con
il taglio di centinaia di milioni del
fondo acquisto azioni proprie, è stata
innescata la distruzione. Gli azionisti,
anche i piccoli, non hanno più potuto
vendere le azioni come era stato loro
promesso. Accompagnato dalle malefatte dei direttori generali, arrivati,
come nel caso di quello della Vicenza,
a sottoscrivere minibond del romano
Alfio Marchini (sì, l’ex candidato
sindaco), sino a finanziarlo per parecchie decine e decine di milioni
attraverso un fondo lussemburghese
e Sicav maltesi, il quasi azzeramento
del fondo ha steso le banche.
Le liste dei principali azionisti delle
due banche hanno al vertice industrialotti e industriali, che credevano di
essere nel Paese di bengodi e invece
di reinvestire in azienda per farla
crescere anche nella crisi, giocavano
agli azionisti, finanziarizzando anche
la propria mentalità. Per loro
(Marchini è in cima alla lista) non c’è
da avere pietà. Hanno perso decine di
milioni, ma negli anni ne hanno
guadagnati tanti proprio con il
Monopoli delle popolari, oppure, caso
Marchini, sono stati finanziati al di là
del lecito. Mentre c’è da avere ben più
che pietà per chi ha perso tutto quello
che aveva perché gli avevano detto,
ed era vero, che in qualsiasi momento
poteva rivendere le azioni.
Su queste colonne una settimana fa
ItaliaOggi ha chiesto che venissero
presi provvedimenti di ristoro almeno
per i piccoli azionisti, equiparabili ai
sottoscrittori, inconsapevoli, delle
obbligazioni subordinate di Banca
Etruria e compagnia. Gli azionisti
delle due popolari venete non erano
inconsapevoli che quanto sottoscritto
fossero azioni; ma avevano avuto la
garanzia, sia pure verbale, che in
qualsiasi momento avrebbero potuto
rivendere le azioni. E i bancari agli
sportelli non mentivano, perché da
decenni il fondo garantiva questa
operazione. L’averlo quasi azzerato è
stata appunto una scellerata e frettolosa decisione della Vigilanza unica,
non ponendosi neppure per un attimo
la domanda di che cosa sarebbe successo con quella decisione. È successo
che la valanga ha cominciato a gonfiarsi perché il diniego di riacquisto ha
fatto cadere la fiducia, unico vero patrimonio delle banche. Una sfiducia
tanto pesante che i vecchi azionisti di
Popolare Vicenza non hanno avuto
neppure la voglia di sottoscrivere azioni dell’aumento di capitale a 0,10
euro e certo una rete vendita bastonata dai nuovi manager non si è neppure azzardata a consigliarne la sottoscrizione. Così il Fondo Atlante ha
conquistato il totale controllo della
banca con 1,5 miliardi. Sarà pur nata
da un’attenta riflessione la scelta del
nome Atlante, l’uomo che nella mitologia sosteneva sulle sue spalle la
volta celeste. Un nome una missione,
che ora per fortuna viene confermata
dall’accoglimento della richiesta di
MF-Milano Finanza di dare la possibilità di partecipare al risanamento
della banca con un’opzione o un warrant per ricevere al nominale un
numero di azioni proporzionali a
quelle vecchie possedute.
Il consiglio d’amministrazione appena nominato e dove sono stati confermati solo l’amministratore delegato
Francesco Iorio e il consigliere
Alessandro Pansa, è certamente
composto da gente seria e preparata,
per lo più professori universitari,
mentre il presidente Gianni Mion è
u n m a n a g e r d i l u n g o c o r s o.
Naturalmente a prospettare la possibilità del ristoro è stato il Fondo
Atlante, in sintonia con la Sgr che lo
possiede, Quaestio Capital. Non vi
è dubbio che chi ha investito nel
fondo debba perseguire il profitto, ma
appunto senza dimenticarsi con quali
motivazioni è stato promosso. A
ricordarlo è stato opportunamente il
rinnovato presidente dell’Acri,
Giuseppe Guzzetti: la presenza nel
capitale di Atlante della quasi totalità delle Fondazioni bancarie (ne
mancano solo tre su 90) testimonia la
funzione sociale oltre che economica
che il Fondo ha davanti a sé. Se quindi Atlante mettesse a disposizione dei
vecchi, piccoli, azionisti anche un 20%
del capitale al servizio di warrant,
ricevendo i 10 centesimi per azione
necessari per l’aumento otterrebbe
anche un vantaggio commerciale, riavvicinando alla banca clienti che sono
stati fedeli per decenni e che ora
hanno spostato i loro residui risparmi
su altre banche. Fra tutti i consiglieri
d’amministrazione, Salvatore
Bragantini, come ex commissario
Consob, potrà avere un ruolo importante (è vicepresidente) proprio a
tutela di chi è stato duramente colpito dall’insensatezza e intempestività della Vigilanza unificata europea.
E, come ha chiesto ItaliaOggi, anche
la Banca d’Italia dovrebbe assumersi
l’impegno di collaborare a una soluzione equa, viste le mancanze avute
nell’attività di vigilanza.
Del resto, sembra un destino, il
ristoro ha un precedente importante
nel caso del Banco ambrosiano, finito
sotto il ponte dei Frati neri a Londra.
Un’immagine è una storia da non
dimenticare. (riproduzione riservata)
Paolo Panerai
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