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Verso Solvency II

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Verso Solvency II
Advisory
Verso Solvency II
Aspettative degli operatori e stato
dell’arte dei progetti di adeguamento
kpmg.com/it
© 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative
(“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati.
Indice
Premessa 4
La survey e il contesto di riferimento
5
Executive Summary 6
Evidenze emerse dalla survey 8
Creare valore con l’implementazione di Solvency II
Le sfide connesse all’implementazione
Gli impatti strategici
Gli impatti organizzativi e commerciali
I principali motivi di preoccupazione
L’approccio di calcolo adottato
I tre pilastri di Solvency II
Lo stato di avanzamento dei progetti
La struttura dei team
Il coinvolgimento degli organi amministrativi e dell’alta direzione
La responsabilità dei progetti
Le aree driver
Focus 16
Approccio stocastico alla modellizzazione dei requisiti di capitale in ottica Solvency Il
Il Data Quality in ambito Solvency II
I fondi propri nel regime Solvency II
Own Risk and Solvency Assessment: adeguatezza patrimoniale e creazione di valore
Conclusioni 32
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4
Verso Solvency II
Premessa
La Direttiva Europea Solvency II, che entrerà in vigore a partire
dal 1° gennaio 2013, è destinata a catalizzare l’attenzione
di tutti gli operatori del settore assicurativo. La nuova
regolamentazione, infatti, darà luogo ad un ampio processo
di cambiamento e innovazione nel modello di business delle
compagnie.
Per centrare al meglio l’obiettivo dell’adeguamento e gestirlo
non solo in chiave difensiva, ma anche come opportunità
di creazione di valore per l’impresa, occorre comprendere
le logiche sottostanti e le motivazioni intrinseche della
Direttiva, con una visione d’insieme dei relativi impatti sul
business. Per fotografare lo ‘stato dell’arte’ di Solvency II e
catturare le aspettative degli operatori e il grado di proattività
e preparazione dei progetti d’implementazione, KPMG ha
interpellato i principali protagonisti del mercato assicurativo
italiano.
L’analisi consente di cogliere l’atteggiamento delle compagnie
verso i progetti di adeguamento alla Direttiva. In questa
prospettiva rappresenta un punto di partenza per dare avvio
a riflessioni più ampie sui principali temi su cui le imprese
assicurative, a breve, dovranno prendere delle decisioni
rilevanti. Questo anche in considerazione del fatto che la
pubblicazione del Quantitative Impact Study 5 è alle porte
(novembre 2010). Il taglio della ricerca è essenzialmente
operativo. Vuole essere un utile strumento per interpretare la
complessa dinamica dell’adeguamento a Solvency II nella sua
fase iniziale.
Il documento offre, inoltre, una serie di contributi specialistici
di professionisti KPMG: dalla definizione dei modelli interni
alle implicazioni in termini di data quality management, dagli
impatti sul capitale alle tematiche relative al Secondo Pilastro
(Own Risk and Solvency Assessment - ORSA).
Cogliamo l’occasione per ringraziare i Gruppi assicurativi che
hanno aderito alla ricerca e confidiamo che la lettura possa
fornire utili spunti progettuali.
Giuseppe Latorre
Partner, Advisory
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Verso Solvency II
5
La survey e il contesto
di riferimento
KPMG Advisory, tra giugno e settembre 2010, ha coinvolto
gli esponenti dell’alta direzione dei principali gruppi
assicurativi italiani in una survey per comprendere il loro
grado di readiness rispetto ai progetti di adeguamento, gli
impatti, i benefici e le sfide attese.
La survey è stata lanciata in un contesto normativo ancora
in evoluzione, ma che registra una consapevolezza diffusa
sull’architettura regolamentare vista la pubblicazione della
Direttiva ed i pareri finali del comitato delle autorità di
vigilanza del settore (Committee of European Insurance and
Occupational Pensions Supervisors o CEIOPS) sulle misure
implementative di 2° Livello.
In seguito, si è aperto tra i player del settore assicurativo e
le Autorità di Vigilanza un confronto riguardante i requisiti di
capitale ritenuti eccessivamente prudenziali e che potrebbero
pertanto avere delle ripercussioni negative su tutti gli
stakeholder, dagli azionisti agli assicurati, nonché sulla stessa
funzione sociale del comparto.
Attualmente il settore assicurativo è interessato dallo studio
di impatto dei nuovi requisiti patrimoniali di Solvency II (il
cosiddetto Quantitative Impact Study 5 o QIS 5) che ha
introdotto in più punti una riduzione dell’assorbimento del
capitale di vigilanza ipotizzato nel parere fornito nei mesi
scorsi dal CEIOPS.
Alla survey hanno aderito tutti i principali gruppi
assicurativi, nazionali e internazionali, attivi sul mercato
italiano.
Complessivamente si tratta di 21 gruppi che
rappresentano oltre il 70% della raccolta premi
consolidata.
I gruppi assicurativi domestici sono il 75% del campione,
quelli esteri operanti in Italia il restante 25%.
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6
Verso Solvency II
Executive Summary
Benefici dall’implementazione di Solvency II
Uno dei benefici principali derivanti dall’adozione di Solvency
II è la crescita delle competenze in tema di risk management,
sia in termini di misurazione/controllo, sia come gestione
integrata del rischio. Inoltre, i Gruppi si aspettano di
ottenere rilevanti benefici grazie alla disponibilità di nuove
e più accurate informazioni sulle quali basare le decisioni
strategiche.
Secondo gli interpellati, al momento, sembrano invece meno
‘evidenti’ i benefici rispetto ad un’altra questione cruciale:
la trasparenza. Solo pochi sostengono di attendersi che la
maggiore trasparenza richiesta influenzi positivamente le
relazioni con il mercato e gli stakeholder. Tendenzialmente,
i Gruppi assicurativi che si trovano in una fase più
avanzata dei progetti di adeguamento evidenziano anche
un maggiore ottimismo sui potenziali benefici derivanti
dall’implementazione della normativa.
Le principali sfide
L’avvio dei progetti in una fase di non completa definizione
dei requirement e la difficoltà nel coinvolgere gli organi
amministrativi e l’alta direzione rappresentano le sfide
principali. Ci si attende, tuttavia, che nei prossimi mesi, con
l’avanzamento delle progettualità ed il consolidamento del
framework normativo, possano emergere ulteriori aspetti
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Verso Solvency II
rilevanti che dovranno essere affrontati e portati all’attenzione
dei board aziendali. Gran parte dei Gruppi partecipanti
hanno avviato solo di recente l’attività di assessment e di
individuazione dei gap, per cui solo a conclusione di questa
fase si potrà avviare il pieno coinvolgimento dell’alta direzione.
Impatti strategici, organizzativi e commerciali
La maggioranza del campione (71%) ritiene che vi possa
essere una nuova ondata di fusioni e acquisizioni, legata
all’implementazione di Solvency II. Il maggiore assorbimento
di capitale richiesto dalla Direttiva, nell’ambito della quale
la componente ‘diversificazione’ influisce in termini di
attenuazione dei requisiti stessi, potrebbe, infatti, deprimere
la redditività delle compagnie, che per fronteggiare questo
rischio si vedrebbero indotte a implementare strategie per
il recupero di efficienza e la ricerca di maggiori economie
di scala (razionalizzazione delle strutture e/o la ricerca di
opportunità di acquisizioni).
7
Stato di avanzamento dei progetti
Nonostante la normativa non risulti ancora consolidata,
tutti i Gruppi assicurativi del campione hanno confermato
l’attivazione di progetti specifici sulla tematica Solvency
II. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti alla survey ha
avviato le attività preliminari di analisi e individuazione dei
gap rispetto ai requirement della Direttiva e alle proposte
d’implementazione avanzate dal CEIOPS. Quasi in tutti i
casi, è verificata la correlazione positiva tra la dimensione dei
Gruppi e lo stato di avanzamento dei progetti di adeguamento.
Le realtà più grandi sono quelle che si trovano più avanti nel
processo di adeguamento per una serie di fattori quali la
maggiore cultura nella gestione dei rischi, l’organizzazione
strutturata per il presidio di grandi progetti complessi, la
comprensione e la definizione di strumenti adeguati per
cogliere la complessità dell’impatto normativo sul core
business.
Coinvolgimento dei board
Da un punto di vista organizzativo, l’implementazione della
Direttiva inciderà prevalentemente sull’integrazione della
gestione del rischio nei processi decisionali e, dal punto di
vista commerciale, sulla marginalità e sul pricing dei prodotti.
Sono soprattutto le realtà di grandi e medie dimensioni ad
attendersi effetti anche sui processi di business, sui margini
provvigionali e sugli schemi incentivanti delle reti distributive.
Gli organi amministrativi e l’alta direzione non sembrano molto
coinvolti nei progetti di Solvency II. In generale, risulta che i
board sono informati sulle linee generali della Direttiva e sui
potenziali impatti della stessa, ma non hanno ancora avviato
un percorso deliberativo delle principali scelte strategiche su
cui si stanno orientando.
Zone d’ombra
Tendenzialmente sono le realtà estere operanti in Italia
e i gruppi domestici di più grandi dimensioni a dichiarare
un maggior coinvolgimento dei board, gli stessi che, tra
l’altro, si trovano ad uno stadio più avanzato nel processo
di adeguamento alla Direttiva. Infatti, considerando la
trasversalità del progetto Solvency II che investe diverse
funzioni aziendali e società incluse nel perimetro di
consolidamento del gruppo, solo un’adeguata sponsorship
da parte dell’alta direzione può garantire il coinvolgimento
di tutte le aree interessate e la ‘spinta’ necessaria a portare
avanti le attività progettuali.
Indipendentemente dalla dimensione dei Gruppi partecipanti,
gran parte del campione dichiara di avere diversi motivi
di preoccupazione che vanno dall’incremento del capitale
di vigilanza assorbito dalle nuove misure di rischio alla
conseguente necessità di rafforzamento patrimoniale.
Generalmente, i Gruppi che esprimono preoccupazioni sono
anche quelli che nutrono maggiori aspettative rispetto ai
potenziali benefici derivanti dall’implementazione di Solvency II.
Formula standard versus modelli interni
(parziali o totali)
Diversamente da quanto ci si potrebbe attendere non sono
solo i grandi Gruppi ad avere progetti ‘ambiziosi’ rispetto
agli approcci per il calcolo dei requisiti patrimoniali. Infatti,
l’adozione di modelli interni (parziali o totali) è stata la
scelta sostenuta anche da alcune realtà di piccole e medie
dimensioni. La maggior parte degli operatori asserisce, infatti,
di preferire i modelli interni anziché ricorrere alla formula
standard dal momento che questa scelta presenta alcuni
vantaggi quali:
• la maggiore comprensione dei rischi effettivi cui è esposta
la compagnia e un livello di capitale più adeguato per
supportare i rischi;
• la maggiore efficienza nell’allocazione del capitale;
• il pricing più adeguato dei prodotti.
Responsabilità e strutture coinvolte nei progetti
Solvency II
Circa i due terzi del campione ha individuato l’Area Rischi
quale driver dell’intero processo di implementazione,
ed attribuito al CRO (Chief Risk Officer) la responsabilità
principale del progetto Solvency II. Comunque si evidenzia,
soprattutto per le imprese assicurative che si trovano in una
fase progettuale più avanzata, un forte coinvolgimento delle
altre funzioni chiave dell’azienda. I Gruppi che dichiarano,
invece, di non aver ancora individuato un singolo project
leader si trovano in una fase ‘embrionale’ dei progetti di
adeguamento e sono per lo più di piccole dimensioni.
Infine, gran parte dei Gruppi assicurativi intervistati dichiara di
aver costituito team di lavoro composti da risorse interne ed
esterne. Considerata la complessità della normativa, questo
fenomeno è sintomatico della necessità sempre più spesso
manifestata dalle compagnie di confrontarsi con specialisti
esterni.
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Verso Solvency II
Evidenze emerse
dalla survey
a cura dell’Ufficio Studi KPMG Advisory
Creare valore
con l’implementazione di Solvency II
Gran parte dei rispondenti sostiene che l’implementazione
di Solvency II produrrà significativi benefici soprattutto in
termini di gestione ed allocazione del capitale e di gestione
e misurazione dei rischi complessivi a cui il Gruppo è o
potrebbe essere esposto (71%).
Più della metà ha anche posto l’accento sui miglioramenti
attesi nella gestione delle informazioni a supporto delle
decisioni strategiche (57%).
Nonostante una dettagliata normativa che disciplina la
disclosure verso il mercato ed i rapporti con le autorità
regolamentari, un numero ancora limitato di Gruppi
assicurativi (24% del campione, si tratta, per lo più, di realtà
di grandi e medie dimensioni, in alcuni casi anche quotate)
pensa che con l’introduzione di Solvency II otterrà sensibili
miglioramenti in termini di comunicazione e trasparenza
nei confronti degli stakeholder esterni. Probabilmente gli
operatori sono più focalizzati sugli altri aspetti e tendono
dunque a considerare il tema della trasparenza come
conseguenza ‘fisiologica’ della nuova normativa.
In generale, si riscontra un segnale positivo nella volontà
delle compagnie di non lasciarsi sfuggire l’opportunità
offerta dall’implementazione di Solvency II per avviare una
rivisitazione complessiva del proprio modello organizzativo
ed operativo in termini di efficientamento dei processi,
arricchimento delle informazioni gestite e miglioramento
della qualità dei dati rilevanti ai fini di Solvency II.
Allo stesso tempo, gli operatori nutrono aspettative
molto caute in termini di potenziali riduzioni di capitale e,
anzi, si mostrano molto preoccupati rispetto ai possibili
impatti in termini di assorbimento di capitale. Ne è prova
il dibattito ancora aperto sui requisiti di capitale proposti
ritenuti eccessivamente prudenziali. Tuttavia, la recente
pubblicazione delle specifiche tecniche del QIS 5 ha
introdotto mediamente una riduzione dell’assorbimento del
capitale di vigilanza rispetto a quello ipotizzato nel parere
fornito nei mesi scorsi.
Si osserva, infine, (anche se non è verificato in tutti i casi)
che tendenzialmente i Gruppi che si trovano in uno stato
di avanzamento maggiore nei progetti di adeguamento alla
Direttiva sembrano attendersi maggiori benefici.
In quale ambito Solvency II porterà il maggior
valore aggiunto per le compagnie?
Nel miglioramento della gestione del capitale e nella sua allocazione
tra le business unit
71%
Nella gestione dei rischi
71%
Nel miglioramento della gestione delle informazioni
necessarie per le decisioni strategiche
57%
Nel perfezionamento delle tecniche di risk management
43%
Nella disclosure verso il mercato
24%
Nella disclosure nei confronti delle autorità regolamentari
24%
Nell'interazione con le agenzie di rating
19%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
© 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative
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Verso Solvency II
9
Le sfide connesse
all’implementazione
Per il campione osservato, la principale sfida connessa
all’implementazione di Solvency II consiste nell’avvio delle
attività di adeguamento sulla base di requirement normativi
ancora in fase di definizione (52% dei rispondenti).
Per quasi la metà dei partecipanti è altrettanto impegnativo
riuscire ad ottenere un forte commitment da parte dell’alta
direzione.
Qual è la principale sfida connessa
all'implementazione di Solvency II?
La pianificazione e l'avvio del percorso di adeguamento a Solvency II
sulla base dei requirement normativi ancora in fase di consolidamento
52%
Il commitment degli organi amministrativi e dell'alta direzione
La ridefinizione dei processi di business
43%
La scelta tra la formula standard e il modello interno per il calcolo
dell'SCR per i principali rischi
24%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
Una certa mancanza di chiarezza della Direttiva desta
apprensione soprattutto per quei Gruppi che non hanno
ancora avviato le analisi dei requirement Solvency II,
percezione che spesso risponde più ad una mancata o non
piena consapevolezza della portata della normativa che ad
un’effettiva difficoltà nell’individuare le principali azioni da
intraprendere.
Un elemento da evidenziare è la difficoltà nel coinvolgimento
del board che è una delle principali ‘sfide’ percepite (al
secondo posto nel ranking delle risposte). Una risposta
comprensibile se si pensa alla trasversalità del progetto
Solvency II che, per assicurare il pieno coinvolgimento e
l’attribuzione di responsabilità alle funzioni/società del gruppo
interessate, necessita di una sponsorship adeguata da parte
del top management.
48%
0%
I Gruppi sembrano invece avere minori preoccupazioni per
quel che riguarda la ridefinizione dei processi di business e
la scelta dell’approccio da utilizzare per il calcolo dei requisiti
patrimoniali di solvibilità (formula standard versus modelli
interni).
80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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Verso Solvency II
Gli impatti strategici
La gran parte del campione (71%) ritiene che
l’implementazione di Solvency II favorirà un ulteriore
processo di concentrazione del settore assicurativo. A parità
di condizioni, infatti, il maggiore assorbimento di capitale
richiesto dalla Direttiva potrebbe deprimere la redditività delle
compagnie, in particolare di quelle dimensionalmente più
piccole e meno diversificate in termini di prodotti e presenza
geografica. Pertanto, per fronteggiare questo rischio occorre
implementare strategie volte al recupero di efficienza, vale
a dire la razionalizzazione delle strutture e/o la ricerca di
opportunità di acquisizioni che consentano di ottenere le
necessarie economie di scala, ovvero di dismettere asset
che non garantiscono adeguati ritorni in funzione dei rischi
assunti. L’implementazione di Solvency II pertanto, in alcuni
casi, si potrebbe tradurre in opportunità di crescita esogena.
In questa prospettiva, nel settore assicurativo, italiano ed
estero, si potrebbe assistere ad un nuovo ‘risiko’,
che potrà coinvolgere anche i gruppi stranieri presenti in
Italia. Molti di questi infatti non sono riusciti a raggiungere
massa critica adeguata e dunque potrebbero essere costretti
a rivedere i loro progetti.
L'implementazione di Solvency II favorirà un ulteriore
processo di consolidamento nel settore assicurativo?
Sì
71%
No
29%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
Gli impatti organizzativi
e commerciali
Quasi tutti i rispondenti (91%) concordano sul fatto
che i maggiori impatti da un punto di vista organizzativo
coinvolgeranno i processi di governance e di gestione del
capitale. Questo dimostra come sia particolarmente forte la
percezione che per acquisire un vantaggio competitivo, o più
semplicemente per riuscire ad adeguarsi alle logiche riskbased introdotte da Solvency II, sia necessario adeguare il
sistema di governance. Ciò, a sua volta, favorirà un modello
di business coerente con il proprio profilo di rischio e in linea
con il livello di tolleranza al rischio approvato dagli organi
aziendali. Inoltre, la ‘scarsità’ di capitale diventerà sempre più
elemento di attenzione da parte delle compagnie e favorirà
pertanto l’attivazione di processi di allocazione del capitale
basati sulle nuove logiche di misurazione e gestione dei
rischi d’impresa.
Dal punto di vista organizzativo
in quale ambito Solvency II avrà i maggiori impatti?
Inoltre, non è trascurabile la percentuale dei Gruppi
assicurativi (48%) che ritengono di dover adeguare il sistema
dei controlli ed in particolare le politiche di risk management.
Invece, dal punto di vista strettamente commerciale l’81%
del campione sostiene che Solvency II, data la maggiore
attenzione al price to risk, influenzerà prevalentemente la
marginalità e il pricing dei prodotti, di fatto ribaltando sugli
assicurati i maggiori costi per la copertura dei rischi.
Solo il 10% circa sostiene che la Direttiva influenzerà i
margini provvigionali e gli schemi incentivanti delle reti
distributive (è l’opinione dei Gruppi assicurativi di grandi e
medie dimensioni del campione). Questo nonostante il fatto
che in futuro gli incentivi saranno fondati maggiormente su
componenti di valore e non solo di produzione.
Sotto il profilo commerciale
su quale aspetto Solvency II inciderà di più?
Sulla marginalità e sul pricing dei prodotti
Processo di governance e gestione del capitale
81%
91%
Sulle politiche commerciali
Sistema dei controlli e risk management
38%
48%
Sui margini provvigionali e sugli schemi incentivanti delle reti distributive
10%
Processi commerciali e di business
29%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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Verso Solvency II
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I principali motivi di
preoccupazione
Indipendentemente dalla dimensione e dallo stato di
avanzamento dei progetti di adeguamento, gran parte del
campione dichiara di avere numerosi motivi di apprensione.
I rispondenti in particolare sembrano preoccupati
dall’aumento della volatilità delle misure di rischio, con il
conseguente incremento di capitale assorbito, e la necessità
di ricorrere a misure di rafforzamento patrimoniale (57%).
Quali aspetti di Solvency II destano
le maggiori preoccupazioni?
Le discrasie di contenuto/temporali nella valutazione di
attività e passività tra IAS 39/IFRS4 e i principi di Solvency
II provocano ansia al 48% del campione. I Gruppi sembrano
altresì preoccupati dalla necessità di attivare specifici
processi e funzionalità finalizzate a garantire la qualità dei dati
gestiti (data quality management), anche in considerazione
della complessità delle attuali architetture IT (43%).
Le discrasie di contenuto e/o temporali nella valutazione di attività
e passività tra IAS 39/IFRS4 e i principi di Solvency II
L'aumento della volatilità delle misure di rischio e il conseguente capitale assorbito
57% Impatti
in termini
di capital
57% management
La necessità di rafforzamento patrimoniale
48%
La trasversalità degli impatti (modelli, processi, sistemi)
48%
L'attivazione dei sistemi di raccolta dati e la gestione della qualità degli stessi
43%
Tra le difficoltà percepite ci sono gli eccessivi costi
di adeguamento (43% del campione) e i tempi di
implementazione molto stringenti (38% del campione).
Provocano decisamente minore ansia la disciplina di
mercato, la gestione e la misurazione dei rischi finanziari, le
implicazioni in termini di leverage finanziario e gli impatti sulle
politiche di remunerazione degli azionisti (10%).
I costi per l'adeguamento
43%
Gli impatti invasivi sui sistemi IT
38%
I tempi di implementazione molto stringenti
38%
In generale, si può ritenere che le criticità percepite siano
dovute soprattutto:
• alla portata del cambiamento, che per molti aspetti ha dei
riflessi strategici diretti;
• alla complessità e trasversalità del cambiamento, a causa
della molteplicità degli ambiti di impatto della Direttiva.
Generalmente, si osserva che i Gruppi che dichiarano
maggiori preoccupazioni sono anche quelli che nutrono
maggiori aspettative rispetto ai potenziali benefici derivanti
dall’implementazione di Solvency II. Di conseguenza, il livello
di ‘apprensione’ è strettamente collegato all’ambizione e
alla complessità dell’approccio adottato dal gruppo. Pochi
sono i Gruppi assicurativi che, pur essendo a buon punto nei
progetti di adeguamento, dichiarano di avere meno motivi di
preoccupazione.
La revisione dei processi di business
24%
La gestione e la misurazione dei rischi operativi
24%
Gli impatti sulla struttura del risk management
24%
Lo sviluppo del modello interno
24%
Il dialogo/l'interazione con le autorità regolamentari
14%
La revisione di vigilanza (Secondo Pilastro)
14%
La gestione e la misurazione dei rischi tecnici
14%
La disciplina di mercato (disclosure secondo il Terzo Pilastro)
10%
La gestione e la misurazione dei rischi finanziari
10%
Le implicazioni in termini di leverage finanziario
10%
Impatti in termini
Gli impatti sulle politiche di remunerazione degli azionisti di capital
management
10%
0%
20%
40%
60%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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Verso Solvency II
L’approccio di calcolo adottato
Per quel che riguarda l’approccio di calcolo adottato, le
risposte del campione, distribuite in maniera piuttosto
omogenea tra i Gruppi di grandi e medio-piccole dimensioni,
esprimono tuttavia una chiara preferenza per il modello
interno (71%) piuttosto che per la formula standard (29%).
In particolare, il modello interno parziale sarà adottato dalla
gran parte dei Gruppi per i rischi finanziari e per i rischi tecnici
(75%). Solo il 25% del campione ha intenzione di adottare il
modello interno per i rischi operativi.
Contrariamente alle aspettative, i modelli interni sono stati
preferiti alla formula standard anche da parte di alcuni Gruppi
di piccole e medie dimensioni del campione (di questi oltre
la metà dichiarano di adottare il modello interno per tutti i
rischi).
Quale approccio di calcolo del requisito
di capitale sarà adottato?
Modello interno parziale
38%
Modelli interni per tutti i rischi
33%
Formula standard
29%
0%
10%
20%
30%
40%
Modello interno parziale adottato per...
…rischi finanziari
75%
…rischi tecnici
75%
…rischi operativi
25%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
I tre Pilastri di Solvency II
del campione (38%) stia focalizzando l’attenzione
contemporaneamente su tutti e tre i Pilastri, compresa,
dunque, la disclosure verso l’Autorità di Vigilanza e verso il
mercato. Un po’ a sorpresa, i Gruppi assicurativi che stanno
considerando contemporaneamente i tre Pilastri sono per lo
più di medie dimensioni.
Su quale aspetto di Solvency II
si sta focalizzando l'attenzione?
Sul Primo e sul Secondo Pilastro
48%
Su tutti e tre i Pilastri
38%
Si può supporre, tuttavia, che di fatto le attività svolte
in relazione al progetto Solvency II ad oggi siano
prevalentemente quelle del Primo Pilastro: adeguamento
alle logiche della formula standard e/o sviluppo del modello
interno.
Sulle tematiche organizzative del Secondo Pilastro
14%
Sulle tematiche del Primo Pilastro
10%
0%
20%
40%
60%
80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
Circa la metà dei Gruppi assicurativi del campione sta
focalizzando l’attenzione allo stesso tempo sulle tematiche
di misurazione del rischio ai fini della definizione dei requisiti
patrimoniali di solvibilità (Primo Pilastro) e di gestione del
rischio ai fini del processo di vigilanza (Secondo Pilastro).
È incoraggiante, inoltre, che una parte non trascurabile
Sarebbe importante, invece, che i progetti Solvency II
venissero affrontati prendendo in considerazione i requisiti
nel loro complesso, soprattutto alla luce della maggiore
attenzione richiesta dalla Direttiva stessa rispetto alle
tematiche di governance e di disclosure verso il mercato.
I Gruppi che sin dall’avvio dei progetti hanno focalizzato
l’attenzione contemporaneamente sui tre Pilastri, se
generalmente sembrano avere maggiori motivi di
preoccupazione, allo stesso tempo riconoscono anche
l’opportunità strategica di questa discontinuità. In
quest’ottica, una più profonda conoscenza della Direttiva
consente di cogliere appieno la portata del cambiamento.
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Verso Solvency II
Lo stato di avanzamento dei progetti
Nonostante la normativa non risulti ancora consolidata, tutti i
Gruppi assicurativi hanno confermato l’attivazione di progetti
e ‘cantieri’ specifici sul tema Solvency II. La gran parte dei
rispondenti dichiara che l’analisi dei requisiti della direttiva
(77%) e la gap analysis (60% circa) sono state completate o,
quanto meno, sono in corso di svolgimento.
Oltre il 75% dei Gruppi ha pianificato e/o completato
l’approvazione dei budget per l’adeguamento a Solvency
II, mostrando quindi una forte percezione sulle criticità che
potrebbero scaturire dai rilevanti costi di implementazione.
Il 47% dei rispondenti sta già definendo o ha già definito
i piani di implementazione, mentre per il 29% questa è
un’attività ad ora solo pianificata.
Oltre i due terzi del campione dichiara di aver pianificato o
di aver dato già avvio alle attività di review dei processi e le
implementazioni/integrazioni di sistemi IT.
Invece, un comportamento piuttosto eterogeneo si è
rilevato in merito alle attività di adeguamento del sistema
di governance. In particolare, il 38% del campione non le
ha ancora prese in considerazione, il 33% dichiara che le
suddette attività sono in fase di realizzazione e solo il 5%
afferma di averle già completate. Questa disomogeneità
nelle risposte dovrebbe essere valutata anche considerando
la complessità del cambiamento dei processi di governo
societario ed in particolare le peculiarità organizzative di ogni
singolo Gruppo.
Se per il 48% dei Gruppi assicurativi aderenti alla survey
l’attività di sviluppo dei modelli interni non è stata neanche
presa in considerazione, per il resto del campione è
un’attività pianificata (14%) o in fase di realizzazione (38%).
Si riscontra, infine, una correlazione positiva tra la
dimensione dei Gruppi e lo stato di avanzamento dei progetti
di adeguamento alla Direttiva.
A che punto sono le attività progettuali
relative a Solvency II?
Analisi dei requisiti della direttiva
24%
48%
29%
Gap analysis
5%
38%
29%
29%
Approvazione del budget
24%
38%
38%
Definizione dei piani di implementazione
24%
29%
33%
14%
Review dei processi (operativi e di controllo/risk management)
29%
33%
38%
Implementazioni/integrazioni sistemi IT
33%
29%
38%
Adeguamento della governance
(struttura organizzativa, piano di crescita del personale)
38%
24%
33%
5%
Sviluppo o taratura dei modelli interni
48%
0% 10% 20% 30%
14%
40% 50%
60% 70%
38%
80% 90% 100%
Non ancora preso in considerazione
Pianificato
In fase di realizzazione
Completato
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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(“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati.
14
Verso Solvency II
La struttura dei team
Per le attività progettuali, circa i due terzi dei Gruppi
assicurativi dichiara di aver predisposto team di lavoro
dedicati costituiti da risorse interne supportate da società
esterne. Questo dimostra che data la complessità e la
trasversalità della normativa, si avverte la necessità di un
confronto con specialisti esterni. I Gruppi che dedicano, per
il momento, solo risorse part-time rivelano un atteggiamento
attendista per meglio valutare i comportamenti degli
operatori di settore e in particolare dell’Autorità di Vigilanza
su tematiche ancora oggetto di discussione. La percezione di
poter riuscire a portare avanti questi progetti facendo ricorso
a risorse già presenti in azienda e in parallelo con le attività
ordinarie è diffusa maggiormente tra i Gruppi di medie e
piccole dimensioni.
Come sono state allocate le risorse?
Creazione di team di lavoro costituiti da risorse interne
supportate da società esterne
67%
Creazione di team di risorse interne che lavorano part-time
al progetto Solvency II
33%
Creazione di team di risorse interne completamente dedicate
al progetto Solvency II
19%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
Solo il 19% dei Gruppi del campione (prevalentemente di
grandi dimensioni) dichiara di aver creato team di risorse
interne completamente dedicate al progetto di adeguamento
alla Direttiva.
Il coinvolgimento degli
organi amministrativi e dell’alta direzione
Nella gran parte dei casi (81%) gli organi amministrativi e
l’alta direzione hanno ricevuto solo un’informativa sulle linee
generali della Direttiva, mentre appena la metà dei rispondenti
(48%) dichiara che il board è maggiormente coinvolto su issue
più specifiche relative al percorso di avvicinamento a Solvency
II, quali le simulazioni in termini di rischi ed excess capital.
Ancora meno sono i Gruppi (il 43% dei rispondenti) che
hanno portato i budget progettuali all’attenzione e, quindi,
all’approvazione degli organi amministrativi.
Il 57% dei rispondenti dichiara, altresì, che l’alta direzione
è al corrente degli impatti che Solvency II produrrà a livello
aziendale.
In generale, si è evidenziato che nei Gruppi di piccole
dimensioni il board non è ancora stato formalmente coinvolto
poichè in queste realtà esiste un contatto più diretto e
informale tra gli organi amministrativi e l’alta direzione e le
strutture operative coinvolte nei progetti e, pertanto, si può
ipotizzare che vi sia comunque un’adeguata partecipazione da
parte del board aziendale.
Il maggior coinvolgimento dei board si rileva tendenzialmente
nelle realtà estere operanti in Italia e nei gruppi domestici di
più grandi dimensioni, gli stessi che, tra l’altro, si trovano ad
uno stadio più avanzato nel processo di adeguamento alla
Direttiva.
Pertanto, sembra ragionevole ritenere che con l’avanzare
dei programmi di implementazione di Solvency II vi sarà
sempre un maggior commitment da parte degli organi dell’alta
direzione al fine di imprimere un positivo impulso al processo
di adeguamento, anche in considerazione degli impatti
strategici e dei reali benefici che ne deriveranno.
Qual è il grado di coinvolgimento degli organi
amministrativi e dell'alta direzione?
Hanno ricevuto informativa sulle linee generali della Direttiva
81%
Hanno ricevuto informativa in tema di impatti di Solvency II sulla compagnia
57%
Hanno ricevuto informativa in tema di simulazioni in termini di rischi
ed excess capital per la compagnia
48%
Hanno approvato il progetto di adeguamento e definito il budget
43%
Ricevono informativa periodica sullo stato avanzamento
del progetto di adeguamento
43%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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Verso Solvency II
15
La responsabilità dei progetti
Circa i due terzi del campione ha già individuato un
responsabile del progetto Solvency II. La restante parte
(33% circa), costituita da Gruppi per lo più di piccole
dimensioni e ancora ad uno stadio ‘embrionale’ dei progetti
di adeguamento, dichiara di non aver individuato un singolo
project leader. Questi Gruppi al momento hanno affidato
ciascun Pilastro o singolo ‘cantiere’ di attività a diversi
responsabili.
Chi è stato individuato come responsabile del progetto?
Altro
5%
CRO
38%
Il CRO (Chief Risk Officer) è stato individuato come
responsabile del progetto dal 38% del campione,
prevalentemente nei Gruppi assicurativi di grandi dimensioni.
L’evidenza empirica dimostra che Solvency II non è
considerato solo un esercizio attuariale dal momento che
appena il 9% circa del campione dichiara quale referente del
progetto il responsabile dell’area attuariale.
La designazione del CRO come responsabile del progetto
è dimostrazione del fatto che i Gruppi assicurativi stanno
considerando l’adeguamento alla Direttiva come metodologia
per una migliore comprensione e gestione dei rischi in
un’ottica più ampia ed integrata.
Il responsabile dell'area
attuariale
10%
CFO
14%
Non è stato
individuato un unico
responsabile
33%
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
Questo fenomeno è anche conseguenza del fatto che il CRO
ha acquisito negli ultimi anni le competenze tecniche adeguate
per affrontare, opportunamente supportato dalle singole
strutture coinvolte, tutte le tematiche trasversali relative ai
progetti Solvency II.
Le aree driver
L’Area Rischi e quella Attuariale sono le funzioni che più
comunemente fungono da driver nei progetti di adeguamento.
Tuttavia, è l’Area Rischi che nella maggior parte dei casi (86%)
guida i progetti di adeguamento.
Il coinvolgimento delle altre funzioni ‘chiave’, in particolare
dell’Area Finanza e dell’Area Sistemi, evidenzia ancora una
volta l’impatto interdisciplinare delle tematiche Solvency II.
Inoltre, il fatto che le suddette aree vengano coinvolte sin
dalle prime fasi progettuali (dalle quali deriveranno importanti
decisioni strategiche e operative) è ritenuto dalla quasi
totalità del campione una scelta organizzativa adeguata per il
conseguimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva in tempo
utile per l’entrata in vigore della normativa (1° gennaio 2013).
Quali delle seguenti aree, principalmente interessate dalla
Direttiva Solvency II, guidano il progetto di adeguamento e quali sono coinvolte?
100%
90%
86%
71%
29%
14%
10%
0%
Area Rischi
Area Attuariale
Guida
Area Finanza
Area Sistemi Informativi
È coinvolta
Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione
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Focus
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Verso Solvency II
17
Approccio stocastico
alla modellizzazione
dei requisiti di capitale
in ottica Solvency II
Antonella Chiricosta, Associate Partner, Advisory
Ulrich De Prins, Senior Manager, Advisory
Antonio Papa, Manager, Advisory
Solvency II introdurrà un cambiamento radicale nel regime di
adeguatezza patrimoniale del settore assicurativo europeo. La
Direttiva stabilisce una nuova serie di requisiti patrimoniali a
livello europeo e nuove regole di gestione e misurazione del
rischio, che andranno a sostituire gli attuali requisiti (Solvency
I), con il fine di ottenere un capitale di vigilanza più allineato al
profilo di rischio specifico di ogni compagnia.
Nell’ambito dell’adeguamento ai nuovi requirement normativi
le compagnie sono tenute a determinare l’ammontare di
capitale da ‘accantonare’ (Solvency Capital Requirement o
SCR) a fronte dei rischi legati al proprio portafoglio di attività
e passività, e più in generale allo svolgimento dell’attività
assicurativa.
Per alcune tipologie di prodotti la quantificazione dei rischi
potrebbe risultare particolarmente impegnativa.
Le specificità, tipicamente italiane, dei prodotti collegati
ad una Gestione Separata costituiscono probabilmente la
tipologia di assicurazione più diffusa tra quelle maggiormente
sensibili all’andamento dei mercati finanziari.
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Verso Solvency II
La specificità della Gestione Separata
La formula standard e l’approccio stocastico
La quantificazione dei rischi per le tipologie di prodotti legate
al rendimento di una Gestione Separata pone le compagnie
davanti a una sfida impegnativa in termini di modellizzazione
finanziaria e attuariale, implementazione informatica e
gestione dati. Rispetto ad altre forme di risparmio gestito
maggiormente diffuse, la polizza collegata ad una Gestione
Separata presenta alcune peculiarità che possono rendere
particolarmente ardua la modellizzazione dei rischi di mercato
connessi: il rendimento minimo garantito (annuale o a
scadenza), la possibilità conferita al cliente di riscattare la
propria polizza in qualsiasi momento, le durate generalmente
medio/lunghe, la particolare formula di calcolo dei rendimenti
della gestione (secondo il metodo money weighted) che
introducono nella modellizzazione elementi desunti dalla teoria
di option pricing.
Nell’ambito della Standard Formula, introdotta dalla direttiva
Solvency II, per le varie tipologie di rischio il requisito di
capitale viene generalmente calcolato seguendo un approccio
scenario-based: il requisito è determinato come l’impatto
sul Net Asset Value (NAV) di uno shock istantaneo di un
determinato fattore di rischio. La corretta valutazione di tale
impatto, che consideri anche le componenti opzionali presenti
nelle Gestioni Separate, richiede un approccio stocastico da
applicare sia alla situazione ante-shock che post-shock.
Semplificando si potrebbe dire che la presenza di elementi
opzionali nelle Gestioni Separate implica che i flussi di cassa
generati dalla gestione stessa non sono rappresentabili
come funzioni lineari dei fattori di rischio di mercato. La
conseguenza pratica di tale fenomeno è che generalmente si
rende necessario l’utilizzo di un approccio stocastico basato su
simulazioni.
L’andamento di una Gestione Separata può essere
rappresentato attraverso un sistema ALM (Asset Liability
Management) che genera, sia per l’attivo (investimenti in
obbligazioni, azioni, prodotti strutturati, ...), sia per il passivo
(forme tariffarie, tipologie di premio, tipi di prestazione, …), i
flussi di cassa futuri e le relative valorizzazioni in funzione di
un’evoluzione ipotizzata delle variabili finanziarie. Il suo valore
può conseguentemente essere determinato come la somma
algebrica dei valori attualizzati dei flussi di cassa simulati.
La validità di tale stima è, quindi, subordinata alle future
realizzazioni delle variabili aleatorie, finanziarie e non, rispetto
ai percorsi ipotizzati nella fase di simulazione.
Ad esempio, in ipotesi di prodotti con garanzie di rendimento
minimo, basare la propria valutazione su una singola
proiezione ‘media’ (deterministica) dei rendimenti finanziari
non consente di cogliere gli effetti finanziari di tutte quelle
circostanze per le quali il rendimento della Gestione scende
sotto il livello del minimo garantito.
L’approccio stocastico sopperisce a questa limitazione
simulando migliaia di evoluzioni diverse per i mercati
finanziari. La media delle suddette valutazioni produrrà una
valorizzazione più realistica di quella basata su un singolo
scenario. L’utilizzo di una grande quantità di scenari consente,
inoltre, di predisporre una distribuzione di frequenza del
valore della Gestione necessaria ai fini dell’individuazione
degli eventi sfavorevoli (situati nelle code della distribuzione)
e delle correlate misure economiche (ad esempio valore delle
opzioni implicite e assorbimento di capitale). Questo tipo di
valutazioni sono pertanto indispensabili per il risk manager al
fine dell’analisi, della misurazione e della gestione dell’effettivo
profilo di rischio della compagnia.
Ad esempio, ai fini della quantificazione dell’SCR per il
rischio equity in seguito a uno shock verso il basso occorre
in primo luogo computare il NAV ante-shock come la media
dei valori risultanti da migliaia di simulazioni con il modello
ALM, alimentato a sua volta con altrettanti scenari di variabili
finanziarie proiettate coerentemente con la situazione
economico-finanziaria al momento della valutazione. Per la
determinazione del NAV per il rischio equity si ricalcola il NAV
fornendo in input al modello ALM scenari calibrati sui valori
azionari post-shock.
Base Case
Shock in t = 0
Shock
t=0
t=1
Risk Neutral
t=0
t=1
Risk Neutral
Malgrado la notevole complessità l’approccio stocastico, prima
dell’entrata in vigore di Solvency II, dovrà essere sviluppato e
implementato anche da compagnie vita medio-piccole al fine
di misurare l’SCR e, più in generale, il proprio profilo di rischio,
nonché per adottare adeguate misure di gestione. Infatti,
anche qualora un’impresa di assicurazione vita optasse per la
formula standard, il calcolo dell’SCR dovrà, comunque, in parte
essere effettuato attraverso la determinazione di cosiddetti
‘delta Net Asset Value’ che in vari casi (quali SCR tasso, SCR
spread e SCR equity) necessitano di valorizzazioni basate
sull’approccio stocastico.
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Verso Solvency II
Il modello interno e l’approccio stocastico
Fully Nested
Un aspetto importante del nuovo regime di solvibilità è la
possibilità data alle imprese di determinare il proprio requisito
di capitale mediante l’utilizzo dei cosiddetti ‘modelli interni’
che riflettono in modo più accurato i rischi specifici cui sono
esposte.
Una compagnia che decide di dotarsi di un proprio modello
interno deve affrontare un notevole sforzo aggiuntivo per le
inerenti attività di sviluppo, implementazione e convalida.
t=0
t=1
Real world
Nonostante i costi legati a tale scelta, esistono varie
motivazioni che possono indurre una compagnia a optare per
un modello interno:
• una quantificazione più accurata dei rischi cui la compagnia
è esposta consente una migliore gestione dei rischi e un
efficientamento dell’allocazione del capitale;
• i risultati prodotti da un modello interno mettono la
compagnia nelle condizioni di calibrare la tariffazione dei
propri prodotti sulla base dei rischi assunti e dei relativi
impatti con maggiore precisione rispetto a quelle compagnie
che hanno scelto la formula standard;
• moral suasion da parte del mercato e delle agenzie di rating
ad adottare un modello interno.
Per le medesime ragioni già illustrate per la formula
standard, è necessario seguire un approccio stocastico nella
misurazione dell’SCR, anche se si è scelto il metodo del
modello interno. Anzi, l’esigenza normativa di definire una
misura di assorbimento di capitale coerente con un value-atrisk su un orizzonte temporale di un anno e con un livello di
confidenza del 99,5%, comporta per la compagnia la necessità
di valorizzare il proprio balance sheet dopo un anno dalla data
di valutazione.
Tale obiettivo può essere raggiunto suddividendo la
modellizzazione stocastica in due momenti distinti:
• il primo, costruito secondo una logica real world, al fine di
rappresentare le possibili realizzazioni delle variabile aleatorie
nell’arco del primo anno;
• il secondo, costituito dai successivi periodi, sviluppati
generando un elevato numero di possibili percorsi futuri
secondo una logica risk neutral, per ciascuna realizzazione
real world, simulata durante lo step precedente.
19
Risk neutral
Gli scenari real world servono a rappresentare ‘tutte’ le
possibili situazioni economico-finanziare ad un anno dal
momento della valutazione. Al termine di ogni scenario real
world va calcolato il valore della Gestione Separata (come
media di tutti i possibili scenari risk neutral associati allo
specifico scenario real world), in modo tale da ottenere una
distribuzione su cui basare il value-at-risk. La valorizzazione
di una Gestione Separata richiede, pertanto, l’utilizzo di
un gran numero di scenari (risk neutral) al fine di prendere
correttamente in considerazione le componenti opzionali.
L’approccio sin qui descritto comporterebbe l’utilizzo di un
elevatissimo numero di simulazioni stocastiche, si pensi ad
esempio che utilizzando 1.000 proiezioni real world e 1.000
scenari risk neutral al termine di ciascuno di questi scenari,
si giungerebbe alla valorizzazione di un milione di simulazioni
differenti per il calcolo dell’SCR (1.000 scenari risk neutral per
ognuno dei 1.000 scenari real world). Con un tale numero di
scenari, ipotizzando circa 5 secondi di elaborazione per ogni
scenario, sarebbero necessarie circa trenta elaborazioni in
parallelo per terminare la simulazione in circa 48 ore.
Al fine di ottimizzare i tempi di elaborazione, senza la necessità
di potenziare ulteriormente l’hardware a disposizione della
compagnia, si possono percorrere due differenti strade:
• ridurre il tempo di elaborazione del singolo scenario,
ottimizzando il numero dei model point (raggruppamento
delle polizze in gruppi omogenei) in uso;
• ridurre il numero di scenari, cercando di ottimizzare le
informazioni contenute nelle elaborazioni.
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20
Verso Solvency II
Tra le possibili soluzioni per ridurre il numero degli scenari,
semplificando la parte risk neutral della simulazione, si può
ricorrere all’approssimazione delle passività tramite vari
metodi (ad esempio, curve fitting, least squares Monte Carlo,
replicating portfolio)
Ogni modello presenta per sua natura dei vantaggi e degli
svantaggi associati al livello di complessità concettuale e
d‘implementazione, al livello di accuratezza desiderato, alle
semplificazioni introdotte in fase di simulazione:
Fully Nested
t=0
t=1
Real world
La scelta del modello di valutazione più opportuno dipende
da fattori specifici della compagnia quali la tipologia di asset
e di prodotti presenti in portafoglio, gli strumenti applicativi
disponibili, le competenze delle risorse coinvolte.
Risk neutral
Scenario
Picking
Replicating
Least
Portfolio
Squares
Monte Carlo
Livello di
complessità
concettuale
++
+++
+++
Effort
implementazione
+++
++
+++
Fabbisogno scenari
+
++
++
Tempo macchina
+
++
++
Accuratezza attesa
++
+++
++
Intuitività risultati
+++
+
++
Need competenze
interne
++
+++
+++
Least Squares
i=1
i=2
i=3
i=…
i=n
t=0
t=1
Real world
Risk neutral
oppure selezionando a priori gli scenari real world che
probabilmente causeranno i risultati peggiori in termini di
valore della Gestione Separata, tramite metodologie quali,
ad esempio, la variance reduction techniques e la scenario
picking.
Fully Nested
t=0
Nell’ambito della definizione funzionale del modello interno,
risulta pertanto di fondamentale importanza avviare una
fase di analisi rivolta all’individuazione ed alla successiva
implementazione delle suddette metodologie, indispensabili
per una corretta valutazione degli impatti sia di natura
economica che di processi e sistemi, derivanti dalle specificità
tecniche introdotte dalla normativa Solvency II.
t=1
Real world
Risk neutral
Scenario Picking
t=0
t=1
Real world
Risk neutral
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Verso Solvency II
21
Il Data Quality in
ambito Solvency II
Fabio Papini, Partner, Advisory
La qualità del dato è un prerequisito essenziale in ogni
processo di elaborazione delle informazioni. Riesce, infatti,
difficile immaginare che un’impresa possa accettare
processi elaborativi o decisionali fondati su una qualità
dei dati ‘scadente’, non adeguatamente controllata e, di
conseguenza, inaffidabile. Pertanto, la gestione della qualità
dei dati è diventata un aspetto critico per gran parte delle
aziende, indipendentemente dal settore di appartenenza,
anche a seguito di una regolamentazione, il cui processo di
adeguamento (compliance), richiede un’affidabilità via via
crescente dei sistemi (in senso lato).
L’evidenza empirica di questa criticità emerge anche
dall’esame delle motivazioni che sono all’origine di molte delle
recenti iniziative progettuali delle imprese, prevalentemente
finalizzate all’inserimento di procedure di controllo e/o
creazione di basi dati certificate in termini di qualità.
Solvency II: richiami normativi sulla qualità dei dati
Nella stesura del quadro normativo della Direttiva Solvency
II è stato dato molto rilievo ad alcuni concetti riconducibili
ai principi di Data Quality e dai quali non si può prescindere
nell’applicazione delle disposizioni in materia di solvibilità.
Infatti la normativa Solvency II fornisce precise indicazioni
sulla qualità dei dati in termini di accuracy, completeness,
appropriateness.
Questi criteri sono enunciati nel CEIOPS-DOC-48/09
(former CP 56), 5,143, che riporta:
Accurate refers to the degree of confidence that can be
placed in the data. Data must be sufficiently accurate to
avoid material distortion of the model output.
Complete means that databases provide comprehensive
information for the undertaking (i.e. data for all material
business lines and all relevant model variables)
Appropriate means that data do not contain biases which
make them unfit for purpose.
Tali criteri sono di ispirazione generale e interessano tutta
la nuova piattaforma normativa ma sono anche declinati in
maniera puntuale in relazione alle seguenti aree:
• Internal Model
• Standard Formula
• Technical Provisions
Di seguito riportiamo, solo a titolo di esempio, alcuni estratti
normativi della Direttiva Solvency II:
Internal Model CEIOPS-DOC-48/09 (former CP 56)
Article 121(3) states that ‘data used for the internal model
shall be accurate, complete and appropriate.’
Data quality is also an integral part of model validation, as
Article 124 states that the model validation process ‘shall
[…] include an assessment of the accuracy, completeness
and appropriateness of the data used by the internal
model.’
Standard Formula CEIOPS-CP-75/09, 2 November 2009,
CP 75
Article 109 – Implementing measures
1. In order to ensure that the same treatment is applied to
all insurance and reinsurance undertakings calculating the
Solvency Capital Requirement on the basis of the standard
formula, or to take account of market developments, the
Commission shall adopt implementing measures laying
down the following: […]
h) the subset of standard parameters in the life, non-life and
health underwriting risk modules that may be replaced by
undertaking-specific parameters as set out in Article 104(7);
i) the standardised methods to be used by the insurance
or reinsurance undertaking to calculate the undertakingspecific parameters referred to in point (h), and any
criteria with respect to the completeness, accuracy, and
appropriateness of the data used that must be met before
supervisory approval is given.
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Verso Solvency II
Technical Provisions CEIOPS-DOC-37/09 CP 43
Article 86 – Implementing measures
The Commission shall adopt implementing measures laying
down the following: […] f. the standards to be met with
respect to ensuring the appropriateness, completeness
and accuracy of the data used in the calculation of technical
provisions, and the specific circumstances in which it
would be appropriate to use approximations, including
case-by-case approaches, to calculate the best estimate
[…]
Article 82 - Data quality and application of approximations,
including case by-case approaches, for technical provisions
Member States shall ensure that insurance and reinsurance
undertakings have internal processes and procedures
in place to ensure the appropriateness, completeness
and accuracy of the data used in the calculation of their
technical provisions. Where, in specific circumstances,
insurance and reinsurance undertakings have insufficient
data of appropriate quality to apply reliable actuarial method
to a set or subset of their insurance and reinsurance
obligations, or amounts recoverable from reinsurance
contracts and special purpose vehicles, appropriate
approximations, including case-by-case approaches,
may be used in the calculation of the best estimate.
L’approccio alla qualità dei dati
Se questi sono i requirement normativi in tema di qualità dei
dati, le azioni che devono essere intraprese dalle compagnie
per essere compliant sono quelle suggerite dal metodo
CEAVOP:
• Completezza (registrazione di tutti gli eventi rilevanti ai
fini della valutazione del rischio ed esaustività del corredo
informativo del dato);
• Esistenza (corretta corrispondenza del dato ad un evento di
business originario realmente verificatosi alla data indicata);
• Accuratezza (corretta rappresentazione dei riflessi
economico/patrimoniali dell’evento di business);
• Valutazione (rispetto delle regole definite per la
valorizzazione di alcune grandezze);
• Ownership/Proprietà (titolarità del dato in relazione al
business di riferimento);
• Presentazione (definizione dei criteri di riclassificazione e di
redazione del bilancio).
Esempio di ‘confine del perimetro’: Completezza
Il sistema di alimentazione delle informazioni possiede i
campi di un insieme di dati necessari per il flusso Solvency
II sebbene la compilazione di quei campi non sarebbe
esigenza del legacy. La completezza di questi dati è utile ai
fini di Solvency II e non è responsabilità del legacy.
Esempio di relazione tra ‘esistenza’ del dato e
‘responsabilità’:
• non esiste il campo per rilevare il dato nel sistema legacy
(responsabilità dell’IT);
• il campo esiste ma non viene compilato (responsabilità
del processo);
• il campo esiste, è alimentato, ma non viene utilizzato
(responsabilità del business).
Ownership del dato:
definizione e tracking del ‘percorso di aggregazione’ svolto
per ottenere un certo dato a un certo livello (ad esempio
percorsi di aggregazione differenti portano a risultati di
SCR differenti).
L’adozione di tale metodo comporta necessariamente la
creazione di un sistema di qualità, che ha impatti sui
processi, sulle procedure informatiche e sull’organizzazione
dell’impresa. Questo sistema non è soltanto un impianto
finalizzato alla risoluzione delle problematiche esistenti in un
dato momento, ma deve essere dinamico, in grado, cioè, di
restituire garanzia di qualità nel tempo (presidio).
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Verso Solvency II
Data Quality per Solvency II – Sinergie e integrazione
progettuale
Pertanto, le direttrici d’intervento di un progetto di Data
Quality sono tre: processi, IT, organizzazione.
PROCESSI
IT
• Architettura di supporto al Data Quality
• Interventi (possibili) sui legacy
ORGANIZZAZIONE
SISTEMA DI QUALITÀ
• Processi di validazione
• Processi di correzione
• Processi di controllo
• Utilizzo diffuso di
informazioni regolamentari
23
L’IT nel Data Quality per Solvency II
La tematica del Data Quality è a volte percepita come una
‘criticità dell’IT’. Sin qui abbiamo già evidenziato che ciò non è
esatto. Tuttavia il contributo dell’IT è molto rilevante.
In una compagnia la determinazione di una architettura IT a
supporto del sistema di Data Quality dipende chiaramente
dallo stato attuale dei sistemi informatici e delle basi dati.
In ogni caso possiamo identificare tre componenti
normalmente presenti in una architettura IT di supporto dei
processi di Data Quality:
1.layer di dati estratti dai sistemi legacy che hanno superato
processi di validazione e/o arricchimento;
2.engine di controllo di esecuzione dei processi;
3.layer di conservazione delle elaborazioni Solvency II.
• Ruoli
• Responsabilità
Nell’adeguamento ai requirement della Direttiva Solvency
II un progetto di Data Quality dovrebbe essere applicato
esclusivamente nell’ambito del perimetro informativo
di interesse. Tuttavia, tale perimetro, data la natura
complessa degli algoritmi di calcolo di Solvency II, riguarda,
sostanzialmente, buona parte dei dati di business della
compagnia (attuali e storici), costruiti, spesso, attraverso
diversi strati applicativi.
Queste considerazioni, se da un lato fanno riflettere sulla
complessità e trasversalità degli impatti dell’adeguamento del
Data Quality ai requirement di Solvency II, dall’altro mostrano
l’opportunità di sfruttare le sinergie di un progetto Solvency II.
Infatti, il presidio qualitativo dei dati realizzato per un progetto
Solvency II, se messo a disposizione di altri processi aziendali
restituisce un valore aggiunto, in termini qualitativi, che va
oltre lo scopo normativo. Pertanto, il sistema di qualità per
Solvency II merita di essere progettato secondo una vision
progettuale il più possibile integrata e sinergica rispetto ad
altri obiettivi ed iniziative di data quality al fine di restituire un
maggior ritorno dell’investimento.
Chiaramente, quanto esposto sin qui è una semplificazione.
Non si possono escludere, infatti, interventi su legacy
che rappresentano, per loro natura, la principale fonte di
alimentazione dei dati o l’introduzione di piattaforme di MDM
(Master Data Management) per l’integrazione delle strutture
anagrafiche. Come detto, la soluzione dipende dallo stato
attuale delle applicazioni e dall’architettura informatica della
compagnia.
In ogni caso l’adeguamento a Solvency II può rappresentare
una straordinaria occasione per costruire processi virtuosi di
Data Quality e migliorare la performance delle compagnie.
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(“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati.
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Verso Solvency II
I fondi propri nel
regime Solvency II
Pietro Stovigliano, Associate Partner, Advisory
Giuseppe Damato, Manager, Advisory
Struttura dei fondi propri
Il CEIOPS (il comitato delle autorità di vigilanza del settore)
nell’ottobre dell’anno scorso ha emesso la versione finale
delle linee guida sulla classificazione e ammissibilità dei fondi
propri e il 5 luglio 2010 la Commissione europea ha divulgato
le Specifiche Tecniche del Quantitative Impact Study 5 (QIS 5).
Il livello minimo e la composizione dei fondi propri di
un’impresa assicurativa è determinato in riferimento al
Solvency Capital Requirement (SCR) e al Minimum Capital
Requirement (MCR). L’SCR può essere calcolato applicando
la formula standard oppure, previa approvazione dell’Autorità
di Vigilanza, mediante l’utilizzo di modelli interni. L’MCR
è calcolato in applicazione della formula standard e può
assumere un valore che non può scendere al di sotto del 25%
né superare il 45% dell’SCR.
I fondi propri sono suddivisi ‘verticalmente’ in fondi propri di
base e fondi propri accessori e ‘orizzontalmente’ in Tier 1,
Tier 2 e Tier 3.
I fondi propri di base rappresentano l’eccedenza delle attività
sulle passività con l’integrazione delle passività subordinate, e
sono costituiti da:
• azioni ordinarie, versate e richiamate (meno le azioni
proprie);
• sovrapprezzo delle azioni;
• riserve (tra le quali, gli utili1 non distribuiti e una riserva di
riconciliazione2);
• riserve di utili3;
• utile atteso incluso nei premi futuri (expected future profits);
• altri strumenti di capitale versati o richiamati, tra cui, le azioni
privilegiate e le passività subordinate.
L’importo totale degli elementi sopra indicati deve essere
rettificato in considerazione di uno specifico trattamento
previsto per alcuni elementi patrimoniali.
Le riserve vincolate (istituite e utilizzate solo per determinate
finalità) dovrebbero essere ammesse tra i fondi propri soltanto
in relazione ai rischi coperti. Ogni ammontare che eccede
tale copertura, se non è in alcun modo disponibile, dovrebbe
essere dunque escluso dai fondi propri, oppure, se disponibile
per la copertura di tutte le perdite in caso di liquidazione,
dovrebbe essere dedotto dai fondi di Tier 1 ed incluso tra i
fondi di Tier 2.
Il valore delle partecipazioni in istituzioni finanziarie e di
credito (ad esempio, banche, società di investimento, ma non
assicurazioni) deve essere escluso dai fondi propri attraverso
una deduzione del capitale disponibile.
I fondi propri vincolati, in eccesso sull’SCR nozionale dei
fondi separati, devono essere dedotti in quanto presentano
una capacità ridotta di assorbire pienamente le perdite nella
prospettiva di continuità aziendale.
I fondi propri accessori sono quegli strumenti di capitale
(quali ad esempio le azioni non versate, le lettere di credito, le
garanzie ricevute dall’impresa assicurativa ecc.) che possono
essere richiamati per assorbire le perdite. Devono essere
approvati dall’Autorità di Vigilanza e il valore assegnato a
ciascun elemento deve riflettere la capacità di assorbimento
delle perdite sulla base di ipotesi prudenti e realistiche.
Gli utili non distribuiti si intendono comprensivi dell’utile di esercizio e al netto dei dividendi previsti.
La riserva di riconciliazione è finalizzata a catturare l’effetto generato dalla differente valutazione effettuata secondo i principi del bilancio di esercizio rispetto alla valutazione
basata sulle regole Solvency II.
3
Nella misura in cui le riserve di utili soddisfino i criteri di capacità di assorbire interamente le perdite, nella prospettiva di continuità aziendale, nonché in caso di liquidazione.
1
2
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Verso Solvency II
Determinato il valore dei fondi propri (di base e accessori), gli
elementi devono essere classificati in tre livelli (Tier 1, 2 e 3) in
funzione delle seguenti caratteristiche:
• subordinazione
• capacità di assorbimento di perdite
• durata
• esenzione da requisiti o incentivi al riscatto
• esenzione da addebiti fissi obbligatori
• assenza di vincoli
TIER 3
25
solo temporaneamente. Inoltre, le attuali proposte non sono
indicative delle regole finali. Ciò costituirà senza dubbio un
ulteriore punto di discussione nel percorso che porterà al
consolidamento della normativa Solvency II.
L’introduzione delle regole di grandfathering è auspicata
dal settore assicurativo e un numero sempre maggiore
di compagnie ha recentemente avviato un’analisi delle
caratteristiche degli strumenti di capitale al fine di verificare
la loro classificazione nel rispetto dei requisiti Solvency II.
Sarà necessario, in ogni caso, attendere gli sviluppi normativi
al fine di poter verificare se le singole caratteristiche di ogni
strumento di capitale sono tali per essere grandfathered.
Trattamento degli utili futuri attesi
TIER 2
Fondi propri
TIER 1
I fondi propri disponibili devono infine essere confrontati con i
limiti di ammissibilità rispetto all’SCR e all’MCR.
A tal proposito, bisogna evidenziare che le imprese di
assicurazione e di riassicurazione devono detenere fondi propri
di base di Tier 1 e 2 per soddisfare l’MCR. La versione finale
delle linee guida definitive proposte dal CEIOPS prevede che il
Tier 1 deve essere almeno pari all’80% dell’MCR.
Inoltre, le suddette imprese possono utilizzare sia i fondi
propri di base che quelli accessori per soddisfare l’SCR. E’
importante, comunque, tener presente che il CEIOPS, come
confermato anche nelle Specifiche Tecniche del QIS 5, ha
proposto che il Tier 1 deve essere almeno la metà dell’SCR ed
il Tier 3 non più del 15% dell’SCR.
Disposizioni transitorie
Al momento la Direttiva non prevede possibili regole di
grandfathering dei fondi propri e il CEIOPS ha lasciato alla
Commissione Europea il compito di decidere se introdurre
delle disposizioni transitorie. Queste potrebbero consentire ad
uno strumento di capitale già esistente (o che verrà emesso
prima dell’entrata in vigore di Solvency II) di essere incluso tra
i fondi propri ammissibili, se soddisfa alcuni requisiti minimi
ma, allo stesso tempo, non rispetta completamente i criteri
Solvency II.
La Commissione Europea ritiene che le disposizioni transitorie
siano necessarie ad assicurare un graduale passaggio a
Solvency II. Tuttavia, le specifiche tecniche del QIS 5 non
stabiliscono se le disposizioni transitorie proposte rispetto
agli strumenti emessi nel periodo precedente all’entrata in
vigore di Solvency II saranno applicate in via permanente o
4
5
Il ruolo degli utili futuri attesi (expected future profits) nella
determinazione degli elementi che compongono i fondi propri
è attualmente al centro del dibattito tra il CEIOPS e le imprese
assicurative rappresentate dal CEA (Comitato Europeo delle
Assicurazioni).
Il CEIOPS ritiene che gli utili futuri attesi siano da escludere dal
Tier 1, per essere eventualmente inclusi in un livello di capitale
di qualità inferiore, quale il Tier 3.
Il CEA, al contrario, assume una posizione diametralmente
opposta. In particolare, ritiene necessario includere gli in-force
cashflow nella definizione dei fondi propri, considerandoli
come Tier 1, in quanto:
• coerenti con i fondamenti economici di Solvency II4
• soddisfano pienamente i requisiti di capitale Tier 15
In dettaglio, il CEA ritiene che un requisito che prevede di
considerare nel calcolo delle riserve tecniche i cash out-flow
relativi al pagamento dei sinistri futuri e di escludere i flussi
dei premi futuri attesi a copertura degli stessi (tra gli elementi
dei fondi propri), è inconsistente con il principio di valutazioni
market consistent. Per il bilancio di un’impresa assicurativa,
infatti, i flussi di cassa in entrata ed in uscita, relativi ai premi
ed ai sinistri, sono strettamente collegati: non è possibile
considerare gli uni senza gli altri.
Inoltre, le potenziali perdite derivanti dagli utili futuri attesi
(rappresentate dall’incertezza dei pagamenti dei futuri premi
relativi alle polizze in force) sono considerati nel calcolo dell’SCR
e quindi sarebbe eccessivamente prudenziale considerare tali
flussi in entrata tra gli elementi di capitale di Tier 3 che non
possono essere utilizzati per la copertura dell’SCR.
Le conseguenze che ne deriverebbero da queste scelte
sarebbero enormi per l’industria assicurativa europea.
Sebbene una valutazione precisa sia difficile, si stima che il
totale dei fondi propri esclusi dal Tier 1 possa essere nell’ordine
di 100 miliardi.
Inoltre, nei periodi di crisi per le grandi compagnie italiane
gli utili futuri attesi hanno mostrato una maggiore stabilità
Non considerare tali flussi di cassa come Tier 1 condurrebbe a un approccio eccessivamente prudente nel calcolo dei requisiti patrimoniali.
La loro mancata inclusione costituirebbe una palese incoerenza e condurrebbe a un double counting dei rischi.
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Verso Solvency II
in relazione ai margini elevati ed alla composizione del
portafoglio. Questo potrebbe provocare un eccessivo aggravio
sulle risorse di capitale necessarie a coprire i ratio patrimoniali
tali da far prospettare ripercussioni negative anche sugli
assicurati.
Il trattamento restrittivo degli utili futuri attesi potrebbe
inoltre determinare conseguenze sul modello di business
delle compagnie ed in particolare sul mix dei prodotti offerti,
spingendo l’industria assicurativa verso una drastica riduzione
dei prodotti a lungo termine, a favore di quelli a breve termine.
Questo impatterebbe anche sulla stessa ‘funzione sociale’
dell’intero settore assicurativo.
Conclusioni
L’introduzione di nuove regole per la determinazione dei fondi
propri ammissibili persegue una duplice finalità: consentire
alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di assorbire
perdite significative e, allo stesso tempo, fornire ai contraenti
ed ai beneficiari una garanzia ragionevole che i pagamenti in
scadenza saranno effettuati.
Una lezione che abbiamo imparato dalle recenti crisi finanziarie
è che i fondi propri devono essere costituiti quando le
imprese non sono in situazioni di stress e devono essere resi
disponibili in tempi ragionevoli per l’assorbimento delle perdite
che potrebbero verificarsi in situazioni di stress.
Per una completa disamina di tale problematica, si segnala
che la commissione di Bruxelles ha emesso le specifiche
tecniche dell’ultimo studio di impatto sui nuovi ratio
patrimoniali di Solvency II (il cosiddetto QIS 5) che hanno
recepito quanto sollevato dal CEA. In particolare, sul tema
dei fondi propri, la Commissione Europea, ai fini del QIS 5,
ha permesso la classificazione degli utili futuri attesi al rango
più elevato di Tier 1.
Al fine di esemplificare gli impatti, si prenda ad esempio
un’impresa di assicurazione con solo due contratti in
essere, uno con premi ricorrenti e l’altro con un premio
unico:
Polizza 1 Contratto con premi ricorrenti con utili futuri attesi
• Valore attuale dei premi futuri = 30
• Valore attuale dei sinistri e spese futuri = 15
• Best estimate passività = -15
Polizza 2 Contratto con premio unico senza utili futuri attesi
• Valore attuale dei premi futuri = 0
• Valore attuale dei sinistri e spese futuri = 25
• Best estimate passività = 25
Bilancio dell’assicuratore
Best estimate passività = -15 + 25 = 10
Assumiamo un SCR = 20
Assumiamo che l’assicuratore è capitalizzato al limite
dell’SCR, quindi con attività = 30
Per quanto sopra, fondi propri = 20
più solo una parte dei cash in-flow attesi (15) = 5. Il
restante cash in-flow atteso (15) è trattato come Tier 3.
La restrizione proposta dal CEIOPS ha anche un impatto
in considerazione delle limitazioni di ammissibilità del
Tier 3 che non può superare il 15% del Tier 1. Nel nostro
esempio con solo 5 di Tier 1, il Tier 3 deve essere pari a
0,75.
TIER 3
TIER 3
TIER 1
SCR
TIER 1
I requirement per la classificazione dei cash in-flow e
dei cash out-flow sono chiaramente asimmetrici e non
possono essere giustificati.
Secondo le proposte del CEIOPS l’assicuratore deve
classificare la best estimate delle passività della Polizza 1
come Tier 3, in tal modo l’assicuratore avrebbe Tier 3 = 15,
ed il rimanente dei fondi propri sarebbe Tier 1 = 5.
Questo perché il Tier 1 è calcolato come il valore delle
attività (30) meno il valore dei cash out-flow attesi (40)
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Verso Solvency II
Di fronte a tale ampio e complesso scenario sarebbe,
quindi, opportuno che le imprese di assicurazione
avviassero una completa rivisitazione degli elementi del
processo di pianificazione e di capital management.
Nella figura di seguito riportata si sintetizzano a titolo
esemplificativo le principali fasi che portano ad una gestione
evoluta del capitale rispetto alle esigenze dinamiche
dell’impresa e in linea con il proprio profilo di rischio.
Per quanto sopra, in tema di gestione del capitale Solvency
II rappresenta per le compagnie di assicurazione una
sfida importante che richiede un approccio avanzato in cui
le decisioni strategiche dovranno essere assunte dopo
un’attenta valutazione degli impatti in termini di capital
management. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo è
necessario che le compagnie attivino un percorso evolutivo
Lettere di
credito
27
finalizzato allo sviluppo di una gestione integrata del capitale
rispetto agli obiettivi strategici risk based definiti.
Sarà quindi necessario favorire l’ottimizzazione del capitale
allocato attraverso processi finalizzati alla determinazione,
gestione e monitoraggio, su base continuativa, dei fondi propri
ammissibili al fine di garantire un adeguato livello (attuale
e prospettico) del capitale economico rispetto ai requisiti
patrimoniali di solvibilità.
Le informazioni derivanti da tale processo, saranno parte
integrante del processo di reporting verso l’alta direzione
e, costituiranno pertanto una rilevante fonte informativa da
mettere a disposizione del board ai fini dell’assunzione di
decisioni strategiche e di business.
Maturity minore di 3 anni
Esemplificativo
...
TIER 3
Riserve
di capitale
disponibili
Fondi separati
TIER 2
Avviamento
Limiti di
ammissibilità
Azioni proprie
NE
Passività
Subordinate
ZIO
Partecipazioni
Revisione
politiche
di funding
TE
ON
OR
Azioni versate
Fondi propri
per copertura
SCR
Total Risk
Taking
Capacity
IZZ
TIER 1
DI
PIA
NIF
ICA
Riserve
di
riconciliazione
Elementi
dei fondi propri
di base accessori
Aggiustamenti
Review Patrimoniale
Fondi propri
Pianificazione livello
patrimoniale
Consistenza attuale e prospettica
dei fondi propri
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Verso Solvency II
Own Risk and
Solvency Assessment:
adeguatezza
patrimoniale e
creazione di valore
Stefano Zattarin, Associate Partner, Advisory
Renato Mazzolini, Senior Manager, Advisory
Gli impatti sui solvency ratio stimati a fronte dell’applicazione
della Direttiva Solvency II suggeriscono alle imprese di
assicurazione e riassicurazione di avviare una riflessione sul
proprio portafoglio prodotti in un’ottica di capital planning riskbased.
A tal fine, Own Risk and Solvency Assessment (ORSA)
può rappresentare un elemento a supporto delle imprese di
assicurazione in quanto finalizzato a integrare la valutazione
e la gestione dei rischi nei processi operativi e decisionali
secondo un approccio di Enterprise Risk Management.
Pertanto l’ORSA, disciplinato dalla Direttiva Solvency II
quale tema chiave all’interno del Sistema di Governance,
si configura come un ulteriore passo avanti nella direzione
già intrapresa dall’ISVAP con il Regolamento 20 del 2008 in
materia di evoluzione dei modelli di risk management per le
imprese di assicurazione.
La norma richiede alle imprese di assicurazione e
riassicurazione, nell’ambito del proprio sistema di gestione dei
rischi, di procedere alla valutazione interna del rischio e
della solvibilità e di informare l’Autorità di Vigilanza sui relativi
risultati.
comunicare i rischi di breve e lungo termine che le imprese
di assicurazione e riassicurazione devono o potrebbero
affrontare, sia per determinare il capitale necessario per
assicurare che l’impresa sia in grado di rispettare i requisiti
complessivi di solvibilità;
• diffondere, all’interno della realtà aziendale, un insieme
di strumenti concretamente utilizzabili nella gestione
dell’impresa e nei processi che interessano le scelte di
business e le decisioni strategiche (strategic tool);
• facilitare il dialogo con le Autorità di Vigilanza che
periodicamente devono essere informate sui risultati del
rischio e della solvibilità dell’impresa.
Pertanto, le compagnie di assicurazione dovrebbero porsi
l’obiettivo di considerare l’ORSA come un’opportunità
per trasformare gli investimenti sostenuti per adeguarsi
alla Direttiva Solvency II in reale valore per la gestione del
business.
In tal senso l’ORSA6 si propone di conseguire diverse finalità:
Ne consegue che l’adozione di un framework che rafforzi le
attività di valutazione dei rischi e renda affidabile la valutazione
della solvibilità dell’impresa permettendone l’utilizzo dei
risultati nella gestione del business rappresenta un essenziale
driver di sviluppo della compagnia. Questo permette,
inoltre, di conseguire indubbi benefici quali:
• integrare il sistema di risk management attraverso la
definizione dell’insieme di processi e di procedure
utilizzati sia per identificare, stimare, monitorare, gestire e
• la maggiore coscienza dei rischi complessivi, direttamente
quantificabili e stimati (risk understanding), individuando tutti
i rischi materiali e non soltanto quelli inclusi nel calcolo dei
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La versione finale delle linee guida definitive (CEIOPS level 3 guidance) per l’applicazione dell’ORSA saranno disponibili nel quarto trimestre del 2011.
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Verso Solvency II
requisiti di capitale regolamentare7 e delle riserve tecniche;
• la valutazione integrata dei rischi (risk aggregation) per
una corretta determinazione dei fabbisogni necessari alla
solvibilità complessiva e un conseguente risparmio di
capitale a fronte delle correlazioni tra i rischi analizzati;
• la corrispondenza tra il capitale accantonato e i relativi rischi
coperti;
• l’adozione di una prospettiva forward-looking che
incrementa la capacità di valutare gli impatti delle variazioni
del contesto competitivo sul profilo di rischio della
compagnia.
La figura a lato illustra i principi guida per far leva sui
benefici che l’ORSA offre alle imprese di assicurazione e
riassicurazione.
Integrazione con
i processi
decisionali
e di gestione
Documentazione
interne e
valutazione
indipendente
Trasversalità su
tutti i rischi
materiali
Principi guida
dell’ORSA
Regolare
revisione e
approvazione
7
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Visione
prospettica
della solvibilità
Solvency Capital Requirement e Minimum Capital Requirement.
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Verso Solvency II
Ciò richiede che la metodologia adottata dalle compagnie per
la gestione e la valutazione dei rischi evolva da un approccio
reattivo a uno proattivo.
of
al
Solvency
pit
Capital,
Performance
and Risk
Management
Ca
Risk
st
Secondo l’approccio proattivo, invece, le decisioni strategiche
e di business sono ‘informate’ anche da un’attenta valutazione
degli impatti che le diverse tipologie di rischio possono avere
in termini di solvibilità e delle relative implicazioni di capital
planning. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo è necessario
che le compagnie adottino un modello di Enterprise Risk
Management che sia volto a diffondere la cultura di gestione e
presidio del rischio nell’operatività della compagnia.
Return
Co
Secondo l’approccio reattivo le scelte strategiche di gestione
del business prescindono da analisi volte a verificare l’impatto
di tali decisioni in termini di rischio e di solvibilità. In questo
caso i modelli e gli strumenti di risk management sono
principalmente finalizzati al monitoraggio dei rischi ex-post e
alla redazione dell’informativa standard richiesta dalle autorità
di vigilanza (ISVAP, Consob, ecc.).
• L’area Operations deve adottare modelli di business
performance management, sviluppare sistemi informativi e
basi dati per consentire il trattamento di tutte le informazioni
necessarie per una corretta gestione dei rischi, adottare
nuovi processi di data quality atti a garantire la completezza,
la consistenza e la pertinenza dei dati e avviare i programmi
di formazione del personale.
• Le funzioni di Business (Commerciale, Sviluppo Prodotti,
ecc.) devono adeguare i processi di sviluppo e collocamento
di nuovi prodotti per gestire i limiti di rischio e il livello di
capitale allocato. Inoltre, devono essere adottati sistemi di
pricing che considerino anche i fattori di rischio ai quali siano
correlati i sistemi di remunerazione della rete di vendita.
an
ce
L’ORSA rappresenta, quindi, per le compagnie di assicurazione
una sfida importante che richiede l’attivazione di un percorso di
sviluppo finalizzato a promuovere processi di crescita virtuosi
affinché la gestione del rischio diventi uno dei driver strategici
di sviluppo del business e di allocazione del capitale (capital
planning) rispetto agli obiettivi definiti.
r fo
rm
Il percorso evolutivo
Pe
30
Capital
Ne consegue che l’adozione di un approccio proattivo richiede
necessarie innovazioni in molteplici ambiti.
•Il risk framework deve focalizzarsi sull’integrazione logica
tra rischio (risk management) e capitale (capital planning),
sull’auto-diagnosi della ‘tenuta’ del modello interno
(target) per la determinazione dei requisiti patrimoniali
e sul completamento della risk governance attraverso
l’introduzione del ‘nuovo processo’ di valutazione di
adeguatezza patrimoniale.
• Il performance management deve sviluppare sistemi di
misurazione della performance, abbandonando l’utilizzo
‘esclusivo’ di indicatori tradizionali (es. ROE) a favore
di metodologie di risk e value based management e
introducendo meccanismi di rewarding aggiustati per il
rischio.
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Verso Solvency II
La soluzione KPMG Advisory
L’introduzione dell’ORSA e la sua declinazione all’interno
dei diversi processi aziendali comportano per le compagnie
assicurative una serie di cambiamenti a più livelli della realtà
aziendale.
In relazione a tale aspetto, KPMG Advisory ha sviluppato
una soluzione modulare integrata che segue la logica
dell’approccio proattivo (in ottica di Enterprise Risk
Management) con lo scopo di supportare le compagnie
assicurative nel ‘processo di cambiamento’ che
l’implementazione dell’ORSA comporta all’interno
dell’operatività aziendale.
La soluzione KPMG Advisory si articola in sei moduli.
M
I
ENT
TAM ZE
POR
N
COM MPETE
E CO
ORSA
PO
L
PR ICY E
OC
ES
SI
I
LL
E
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OR
GA
NI
ZZ
AZ
IO
NE
SISTEMI E DATI
31
3Il modulo ‘Processi’ si pone come obiettivo il disegno
del nuovo processo di auto-valutazione (ORSA) e la
predisposizione di policy e declinazione delle stesse in
circolari operative per la gestione del processo ORSA e
per la gestione di ciascuna tipologia di rischio identificato
(ad esempio limiti operativi, presidi organizzativi, controlli).
Contestualmente è prevista la review e la ridefinizione
dei processi decisionali, strategici e operativi per una loro
integrazione con il processo ORSA al fine degli use test
(ad esempio elaborazione del capitale per rischio e per
unità di business, elaborazione piano industriale risk-based,
monitoraggio del risk profile della compagnia).
4Il modulo ‘Sistemi e dati’ è finalizzato all’aggiornamento
delle attuali strutture IT e delle funzionalità di calcolo per
la determinazione della solvibilità dell’impresa oltre che
all’individuazione delle componenti specifiche necessarie
per supportare il processo ORSA. Inoltre è prevista
l’introduzione di meccanismi di Data Quality Management
(DQM) attraverso l’applicazione di una metodologia processdriven.
5Il modulo ‘Modelli’ si sostanzia nello sviluppo e
nell’applicazione del modello target di rilevazione,
valutazione, monitoraggio, gestione e rappresentazione
dei rischi aziendali, in sinergia con i modelli di data
management, i modelli di Risk Governance & Compliance e
i modelli di stress test.
6Il modulo ‘Monitoring & Reporting’ ripercorre gli
1Il modulo ‘Organizzazione’ prevede la definizione della
struttura organizzativa di riferimento per la gestione del
processo ORSA nelle fasi di disegno e di realizzazione
e nelle successive modalità di business as usual e
integrazione del processo ORSA all’interno del sistema di
Governance identificando il modello di riferimento in cui
sono esplicitati ruoli, responsabilità e flussi informativi tra
ciascuno degli attori coinvolti.
2Il modulo ‘Competenze e comportamenti’ richiede
lo sviluppo di una cultura aziendale finalizzata alla piena
comprensione delle dimensioni del rischio, delle relative
prospettive e legami con le singole variabili aziendali, nonché
dei principi per una sua adeguata gestione attraverso
l’individuazione di strumenti (tra cui piani di formazione
dedicati) e tecniche di gestione del cambiamento
organizzativo (change management) finalizzati ad una
maggiore attenzione ai rischi nei processi di gestione del
business e nei processi direzionali strategici.
strumenti di reporting direzionale per integrarli con i nuovi
requisiti previsti dall’ORSA, proponendosi di realizzare una
reportistica interna ed esterna coerente con gli obiettivi di
gestione dei rischi. Contestualmente definisce le modalità di
supervisione e monitoraggio dei rischi al fine di permettere
la valutazione attuale e prospettica dell’abilità dell’impresa
di rispondere al fabbisogno di solvibilità e l’individuazione
dei rischi per i quali l’impresa è o potrebbe essere
maggiormente esposta.
La soluzione modulare e integrata proposta da KPMG Advisory
sfrutta le leve aziendali, a livello strategico e operativo, per
trasformare gli investimenti per l’adempimento normativo in
reale valore per il business offrendo l’opportunità di integrare
la dimensione rischio nei processi operativi e decisionali.
Ciò per una gestione proattiva dei rischi volta a consentire
all’impresa di assicurazione di correlare la redditività alla più
efficiente allocazione del capitale.
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Verso Solvency II
Conclusioni
La piattaforma regolamentare Solvency II rappresenta un progetto
a forte impatto per il settore assicurativo, non solo in termini di
costi di adeguamento e di modalità di determinazione dei requisiti
patrimoniali, ma anche in termini di entità di capitale assorbito.
I risultati della survey sembrano confermare questo scenario.
Il processo di adeguamento alla nuova normativa implica, infatti,
interventi significativi su molteplici ambiti aziendali che vanno
supportati da una attività di change management per la diffusione
della nuova cultura a tutti i livelli, sia manageriali che operativi.
Innanzitutto richiede la definizione di metodologie tecniche
valutative evolute, l’implementazione di modelli di calcolo
complessi, la strutturazione di basi dati complete e affidabili,
la definizione di architetture applicative robuste per la
determinazione dei valori economici (Primo Pilastro).
Prescrive, inoltre, l’individuazione di un sistema di governance
che, mediante il disegno di un’adeguata organizzazione,
di processi strutturati e specifiche policy aziendali, garantiscano
la qualità delle misurazioni e dei controlli, il coinvolgimento e la
responsabilizzazione delle diverse funzioni aziendali, inclusa l’alta
direzione, e la definizione di strategie gestionali basate su concetti
di rischio/rendimento (Secondo Pilastro).
Da ultimo la rivisitazione del sistema di reporting, sia per le
strutture interne che per le autorità di vigilanza e per il mercato
(Terzo Pilastro).
Malgrado ciò, la gran parte degli operatori ritiene che il nuovo
sistema produrrà benefici soprattutto in termini di gestione ed
efficiente allocazione del capitale oltre che di misurazione e
gestione dei rischi.
La capacità di orientare in tal senso le strategie aziendali
dipenderà, da un lato dal livello di consapevolezza dell’alta
direzione e degli organi amministrativi in merito ai driver di
rischio che determinano l’assorbimento di capitale, dall’altro
dalla disponibilità per i vertici aziendali di opportuni strumenti
di controllo (ad esempio Tableau de Board) e di pianificazione
strategica, anche in ottica di ottimizzazione degli overall capital
need e delle risorse patrimoniali disponibili.
Per la portata delle sfide e per le tempistiche stringenti, le
compagnie sono chiamate a gestire il processo di adeguamento
in modo organico sui tre Pilastri. Solo in questo modo saranno
in grado di gestire proattivamente la discontinuità per rendere
più efficienti le strutture aziendali e la gestione delle risorse
patrimoniali e per definire le strategie industriali che migliorino la
propria competitività sul mercato. Le attività dovrebbero essere
inoltre condotte tenendo conto dei paralleli e correlati progetti
internazionali in tema di contabilità (ad esempio IFRS4 Fase 2).
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Data di pubblicazione: ottobre 2010
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