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Verso Solvency II
Advisory Verso Solvency II Aspettative degli operatori e stato dell’arte dei progetti di adeguamento kpmg.com/it © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Indice Premessa 4 La survey e il contesto di riferimento 5 Executive Summary 6 Evidenze emerse dalla survey 8 Creare valore con l’implementazione di Solvency II Le sfide connesse all’implementazione Gli impatti strategici Gli impatti organizzativi e commerciali I principali motivi di preoccupazione L’approccio di calcolo adottato I tre pilastri di Solvency II Lo stato di avanzamento dei progetti La struttura dei team Il coinvolgimento degli organi amministrativi e dell’alta direzione La responsabilità dei progetti Le aree driver Focus 16 Approccio stocastico alla modellizzazione dei requisiti di capitale in ottica Solvency Il Il Data Quality in ambito Solvency II I fondi propri nel regime Solvency II Own Risk and Solvency Assessment: adeguatezza patrimoniale e creazione di valore Conclusioni 32 © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 4 Verso Solvency II Premessa La Direttiva Europea Solvency II, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2013, è destinata a catalizzare l’attenzione di tutti gli operatori del settore assicurativo. La nuova regolamentazione, infatti, darà luogo ad un ampio processo di cambiamento e innovazione nel modello di business delle compagnie. Per centrare al meglio l’obiettivo dell’adeguamento e gestirlo non solo in chiave difensiva, ma anche come opportunità di creazione di valore per l’impresa, occorre comprendere le logiche sottostanti e le motivazioni intrinseche della Direttiva, con una visione d’insieme dei relativi impatti sul business. Per fotografare lo ‘stato dell’arte’ di Solvency II e catturare le aspettative degli operatori e il grado di proattività e preparazione dei progetti d’implementazione, KPMG ha interpellato i principali protagonisti del mercato assicurativo italiano. L’analisi consente di cogliere l’atteggiamento delle compagnie verso i progetti di adeguamento alla Direttiva. In questa prospettiva rappresenta un punto di partenza per dare avvio a riflessioni più ampie sui principali temi su cui le imprese assicurative, a breve, dovranno prendere delle decisioni rilevanti. Questo anche in considerazione del fatto che la pubblicazione del Quantitative Impact Study 5 è alle porte (novembre 2010). Il taglio della ricerca è essenzialmente operativo. Vuole essere un utile strumento per interpretare la complessa dinamica dell’adeguamento a Solvency II nella sua fase iniziale. Il documento offre, inoltre, una serie di contributi specialistici di professionisti KPMG: dalla definizione dei modelli interni alle implicazioni in termini di data quality management, dagli impatti sul capitale alle tematiche relative al Secondo Pilastro (Own Risk and Solvency Assessment - ORSA). Cogliamo l’occasione per ringraziare i Gruppi assicurativi che hanno aderito alla ricerca e confidiamo che la lettura possa fornire utili spunti progettuali. Giuseppe Latorre Partner, Advisory © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 5 La survey e il contesto di riferimento KPMG Advisory, tra giugno e settembre 2010, ha coinvolto gli esponenti dell’alta direzione dei principali gruppi assicurativi italiani in una survey per comprendere il loro grado di readiness rispetto ai progetti di adeguamento, gli impatti, i benefici e le sfide attese. La survey è stata lanciata in un contesto normativo ancora in evoluzione, ma che registra una consapevolezza diffusa sull’architettura regolamentare vista la pubblicazione della Direttiva ed i pareri finali del comitato delle autorità di vigilanza del settore (Committee of European Insurance and Occupational Pensions Supervisors o CEIOPS) sulle misure implementative di 2° Livello. In seguito, si è aperto tra i player del settore assicurativo e le Autorità di Vigilanza un confronto riguardante i requisiti di capitale ritenuti eccessivamente prudenziali e che potrebbero pertanto avere delle ripercussioni negative su tutti gli stakeholder, dagli azionisti agli assicurati, nonché sulla stessa funzione sociale del comparto. Attualmente il settore assicurativo è interessato dallo studio di impatto dei nuovi requisiti patrimoniali di Solvency II (il cosiddetto Quantitative Impact Study 5 o QIS 5) che ha introdotto in più punti una riduzione dell’assorbimento del capitale di vigilanza ipotizzato nel parere fornito nei mesi scorsi dal CEIOPS. Alla survey hanno aderito tutti i principali gruppi assicurativi, nazionali e internazionali, attivi sul mercato italiano. Complessivamente si tratta di 21 gruppi che rappresentano oltre il 70% della raccolta premi consolidata. I gruppi assicurativi domestici sono il 75% del campione, quelli esteri operanti in Italia il restante 25%. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 6 Verso Solvency II Executive Summary Benefici dall’implementazione di Solvency II Uno dei benefici principali derivanti dall’adozione di Solvency II è la crescita delle competenze in tema di risk management, sia in termini di misurazione/controllo, sia come gestione integrata del rischio. Inoltre, i Gruppi si aspettano di ottenere rilevanti benefici grazie alla disponibilità di nuove e più accurate informazioni sulle quali basare le decisioni strategiche. Secondo gli interpellati, al momento, sembrano invece meno ‘evidenti’ i benefici rispetto ad un’altra questione cruciale: la trasparenza. Solo pochi sostengono di attendersi che la maggiore trasparenza richiesta influenzi positivamente le relazioni con il mercato e gli stakeholder. Tendenzialmente, i Gruppi assicurativi che si trovano in una fase più avanzata dei progetti di adeguamento evidenziano anche un maggiore ottimismo sui potenziali benefici derivanti dall’implementazione della normativa. Le principali sfide L’avvio dei progetti in una fase di non completa definizione dei requirement e la difficoltà nel coinvolgere gli organi amministrativi e l’alta direzione rappresentano le sfide principali. Ci si attende, tuttavia, che nei prossimi mesi, con l’avanzamento delle progettualità ed il consolidamento del framework normativo, possano emergere ulteriori aspetti © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II rilevanti che dovranno essere affrontati e portati all’attenzione dei board aziendali. Gran parte dei Gruppi partecipanti hanno avviato solo di recente l’attività di assessment e di individuazione dei gap, per cui solo a conclusione di questa fase si potrà avviare il pieno coinvolgimento dell’alta direzione. Impatti strategici, organizzativi e commerciali La maggioranza del campione (71%) ritiene che vi possa essere una nuova ondata di fusioni e acquisizioni, legata all’implementazione di Solvency II. Il maggiore assorbimento di capitale richiesto dalla Direttiva, nell’ambito della quale la componente ‘diversificazione’ influisce in termini di attenuazione dei requisiti stessi, potrebbe, infatti, deprimere la redditività delle compagnie, che per fronteggiare questo rischio si vedrebbero indotte a implementare strategie per il recupero di efficienza e la ricerca di maggiori economie di scala (razionalizzazione delle strutture e/o la ricerca di opportunità di acquisizioni). 7 Stato di avanzamento dei progetti Nonostante la normativa non risulti ancora consolidata, tutti i Gruppi assicurativi del campione hanno confermato l’attivazione di progetti specifici sulla tematica Solvency II. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti alla survey ha avviato le attività preliminari di analisi e individuazione dei gap rispetto ai requirement della Direttiva e alle proposte d’implementazione avanzate dal CEIOPS. Quasi in tutti i casi, è verificata la correlazione positiva tra la dimensione dei Gruppi e lo stato di avanzamento dei progetti di adeguamento. Le realtà più grandi sono quelle che si trovano più avanti nel processo di adeguamento per una serie di fattori quali la maggiore cultura nella gestione dei rischi, l’organizzazione strutturata per il presidio di grandi progetti complessi, la comprensione e la definizione di strumenti adeguati per cogliere la complessità dell’impatto normativo sul core business. Coinvolgimento dei board Da un punto di vista organizzativo, l’implementazione della Direttiva inciderà prevalentemente sull’integrazione della gestione del rischio nei processi decisionali e, dal punto di vista commerciale, sulla marginalità e sul pricing dei prodotti. Sono soprattutto le realtà di grandi e medie dimensioni ad attendersi effetti anche sui processi di business, sui margini provvigionali e sugli schemi incentivanti delle reti distributive. Gli organi amministrativi e l’alta direzione non sembrano molto coinvolti nei progetti di Solvency II. In generale, risulta che i board sono informati sulle linee generali della Direttiva e sui potenziali impatti della stessa, ma non hanno ancora avviato un percorso deliberativo delle principali scelte strategiche su cui si stanno orientando. Zone d’ombra Tendenzialmente sono le realtà estere operanti in Italia e i gruppi domestici di più grandi dimensioni a dichiarare un maggior coinvolgimento dei board, gli stessi che, tra l’altro, si trovano ad uno stadio più avanzato nel processo di adeguamento alla Direttiva. Infatti, considerando la trasversalità del progetto Solvency II che investe diverse funzioni aziendali e società incluse nel perimetro di consolidamento del gruppo, solo un’adeguata sponsorship da parte dell’alta direzione può garantire il coinvolgimento di tutte le aree interessate e la ‘spinta’ necessaria a portare avanti le attività progettuali. Indipendentemente dalla dimensione dei Gruppi partecipanti, gran parte del campione dichiara di avere diversi motivi di preoccupazione che vanno dall’incremento del capitale di vigilanza assorbito dalle nuove misure di rischio alla conseguente necessità di rafforzamento patrimoniale. Generalmente, i Gruppi che esprimono preoccupazioni sono anche quelli che nutrono maggiori aspettative rispetto ai potenziali benefici derivanti dall’implementazione di Solvency II. Formula standard versus modelli interni (parziali o totali) Diversamente da quanto ci si potrebbe attendere non sono solo i grandi Gruppi ad avere progetti ‘ambiziosi’ rispetto agli approcci per il calcolo dei requisiti patrimoniali. Infatti, l’adozione di modelli interni (parziali o totali) è stata la scelta sostenuta anche da alcune realtà di piccole e medie dimensioni. La maggior parte degli operatori asserisce, infatti, di preferire i modelli interni anziché ricorrere alla formula standard dal momento che questa scelta presenta alcuni vantaggi quali: • la maggiore comprensione dei rischi effettivi cui è esposta la compagnia e un livello di capitale più adeguato per supportare i rischi; • la maggiore efficienza nell’allocazione del capitale; • il pricing più adeguato dei prodotti. Responsabilità e strutture coinvolte nei progetti Solvency II Circa i due terzi del campione ha individuato l’Area Rischi quale driver dell’intero processo di implementazione, ed attribuito al CRO (Chief Risk Officer) la responsabilità principale del progetto Solvency II. Comunque si evidenzia, soprattutto per le imprese assicurative che si trovano in una fase progettuale più avanzata, un forte coinvolgimento delle altre funzioni chiave dell’azienda. I Gruppi che dichiarano, invece, di non aver ancora individuato un singolo project leader si trovano in una fase ‘embrionale’ dei progetti di adeguamento e sono per lo più di piccole dimensioni. Infine, gran parte dei Gruppi assicurativi intervistati dichiara di aver costituito team di lavoro composti da risorse interne ed esterne. Considerata la complessità della normativa, questo fenomeno è sintomatico della necessità sempre più spesso manifestata dalle compagnie di confrontarsi con specialisti esterni. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 8 Verso Solvency II Evidenze emerse dalla survey a cura dell’Ufficio Studi KPMG Advisory Creare valore con l’implementazione di Solvency II Gran parte dei rispondenti sostiene che l’implementazione di Solvency II produrrà significativi benefici soprattutto in termini di gestione ed allocazione del capitale e di gestione e misurazione dei rischi complessivi a cui il Gruppo è o potrebbe essere esposto (71%). Più della metà ha anche posto l’accento sui miglioramenti attesi nella gestione delle informazioni a supporto delle decisioni strategiche (57%). Nonostante una dettagliata normativa che disciplina la disclosure verso il mercato ed i rapporti con le autorità regolamentari, un numero ancora limitato di Gruppi assicurativi (24% del campione, si tratta, per lo più, di realtà di grandi e medie dimensioni, in alcuni casi anche quotate) pensa che con l’introduzione di Solvency II otterrà sensibili miglioramenti in termini di comunicazione e trasparenza nei confronti degli stakeholder esterni. Probabilmente gli operatori sono più focalizzati sugli altri aspetti e tendono dunque a considerare il tema della trasparenza come conseguenza ‘fisiologica’ della nuova normativa. In generale, si riscontra un segnale positivo nella volontà delle compagnie di non lasciarsi sfuggire l’opportunità offerta dall’implementazione di Solvency II per avviare una rivisitazione complessiva del proprio modello organizzativo ed operativo in termini di efficientamento dei processi, arricchimento delle informazioni gestite e miglioramento della qualità dei dati rilevanti ai fini di Solvency II. Allo stesso tempo, gli operatori nutrono aspettative molto caute in termini di potenziali riduzioni di capitale e, anzi, si mostrano molto preoccupati rispetto ai possibili impatti in termini di assorbimento di capitale. Ne è prova il dibattito ancora aperto sui requisiti di capitale proposti ritenuti eccessivamente prudenziali. Tuttavia, la recente pubblicazione delle specifiche tecniche del QIS 5 ha introdotto mediamente una riduzione dell’assorbimento del capitale di vigilanza rispetto a quello ipotizzato nel parere fornito nei mesi scorsi. Si osserva, infine, (anche se non è verificato in tutti i casi) che tendenzialmente i Gruppi che si trovano in uno stato di avanzamento maggiore nei progetti di adeguamento alla Direttiva sembrano attendersi maggiori benefici. In quale ambito Solvency II porterà il maggior valore aggiunto per le compagnie? Nel miglioramento della gestione del capitale e nella sua allocazione tra le business unit 71% Nella gestione dei rischi 71% Nel miglioramento della gestione delle informazioni necessarie per le decisioni strategiche 57% Nel perfezionamento delle tecniche di risk management 43% Nella disclosure verso il mercato 24% Nella disclosure nei confronti delle autorità regolamentari 24% Nell'interazione con le agenzie di rating 19% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 9 Le sfide connesse all’implementazione Per il campione osservato, la principale sfida connessa all’implementazione di Solvency II consiste nell’avvio delle attività di adeguamento sulla base di requirement normativi ancora in fase di definizione (52% dei rispondenti). Per quasi la metà dei partecipanti è altrettanto impegnativo riuscire ad ottenere un forte commitment da parte dell’alta direzione. Qual è la principale sfida connessa all'implementazione di Solvency II? La pianificazione e l'avvio del percorso di adeguamento a Solvency II sulla base dei requirement normativi ancora in fase di consolidamento 52% Il commitment degli organi amministrativi e dell'alta direzione La ridefinizione dei processi di business 43% La scelta tra la formula standard e il modello interno per il calcolo dell'SCR per i principali rischi 24% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% Una certa mancanza di chiarezza della Direttiva desta apprensione soprattutto per quei Gruppi che non hanno ancora avviato le analisi dei requirement Solvency II, percezione che spesso risponde più ad una mancata o non piena consapevolezza della portata della normativa che ad un’effettiva difficoltà nell’individuare le principali azioni da intraprendere. Un elemento da evidenziare è la difficoltà nel coinvolgimento del board che è una delle principali ‘sfide’ percepite (al secondo posto nel ranking delle risposte). Una risposta comprensibile se si pensa alla trasversalità del progetto Solvency II che, per assicurare il pieno coinvolgimento e l’attribuzione di responsabilità alle funzioni/società del gruppo interessate, necessita di una sponsorship adeguata da parte del top management. 48% 0% I Gruppi sembrano invece avere minori preoccupazioni per quel che riguarda la ridefinizione dei processi di business e la scelta dell’approccio da utilizzare per il calcolo dei requisiti patrimoniali di solvibilità (formula standard versus modelli interni). 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 10 Verso Solvency II Gli impatti strategici La gran parte del campione (71%) ritiene che l’implementazione di Solvency II favorirà un ulteriore processo di concentrazione del settore assicurativo. A parità di condizioni, infatti, il maggiore assorbimento di capitale richiesto dalla Direttiva potrebbe deprimere la redditività delle compagnie, in particolare di quelle dimensionalmente più piccole e meno diversificate in termini di prodotti e presenza geografica. Pertanto, per fronteggiare questo rischio occorre implementare strategie volte al recupero di efficienza, vale a dire la razionalizzazione delle strutture e/o la ricerca di opportunità di acquisizioni che consentano di ottenere le necessarie economie di scala, ovvero di dismettere asset che non garantiscono adeguati ritorni in funzione dei rischi assunti. L’implementazione di Solvency II pertanto, in alcuni casi, si potrebbe tradurre in opportunità di crescita esogena. In questa prospettiva, nel settore assicurativo, italiano ed estero, si potrebbe assistere ad un nuovo ‘risiko’, che potrà coinvolgere anche i gruppi stranieri presenti in Italia. Molti di questi infatti non sono riusciti a raggiungere massa critica adeguata e dunque potrebbero essere costretti a rivedere i loro progetti. L'implementazione di Solvency II favorirà un ulteriore processo di consolidamento nel settore assicurativo? Sì 71% No 29% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione Gli impatti organizzativi e commerciali Quasi tutti i rispondenti (91%) concordano sul fatto che i maggiori impatti da un punto di vista organizzativo coinvolgeranno i processi di governance e di gestione del capitale. Questo dimostra come sia particolarmente forte la percezione che per acquisire un vantaggio competitivo, o più semplicemente per riuscire ad adeguarsi alle logiche riskbased introdotte da Solvency II, sia necessario adeguare il sistema di governance. Ciò, a sua volta, favorirà un modello di business coerente con il proprio profilo di rischio e in linea con il livello di tolleranza al rischio approvato dagli organi aziendali. Inoltre, la ‘scarsità’ di capitale diventerà sempre più elemento di attenzione da parte delle compagnie e favorirà pertanto l’attivazione di processi di allocazione del capitale basati sulle nuove logiche di misurazione e gestione dei rischi d’impresa. Dal punto di vista organizzativo in quale ambito Solvency II avrà i maggiori impatti? Inoltre, non è trascurabile la percentuale dei Gruppi assicurativi (48%) che ritengono di dover adeguare il sistema dei controlli ed in particolare le politiche di risk management. Invece, dal punto di vista strettamente commerciale l’81% del campione sostiene che Solvency II, data la maggiore attenzione al price to risk, influenzerà prevalentemente la marginalità e il pricing dei prodotti, di fatto ribaltando sugli assicurati i maggiori costi per la copertura dei rischi. Solo il 10% circa sostiene che la Direttiva influenzerà i margini provvigionali e gli schemi incentivanti delle reti distributive (è l’opinione dei Gruppi assicurativi di grandi e medie dimensioni del campione). Questo nonostante il fatto che in futuro gli incentivi saranno fondati maggiormente su componenti di valore e non solo di produzione. Sotto il profilo commerciale su quale aspetto Solvency II inciderà di più? Sulla marginalità e sul pricing dei prodotti Processo di governance e gestione del capitale 81% 91% Sulle politiche commerciali Sistema dei controlli e risk management 38% 48% Sui margini provvigionali e sugli schemi incentivanti delle reti distributive 10% Processi commerciali e di business 29% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 11 I principali motivi di preoccupazione Indipendentemente dalla dimensione e dallo stato di avanzamento dei progetti di adeguamento, gran parte del campione dichiara di avere numerosi motivi di apprensione. I rispondenti in particolare sembrano preoccupati dall’aumento della volatilità delle misure di rischio, con il conseguente incremento di capitale assorbito, e la necessità di ricorrere a misure di rafforzamento patrimoniale (57%). Quali aspetti di Solvency II destano le maggiori preoccupazioni? Le discrasie di contenuto/temporali nella valutazione di attività e passività tra IAS 39/IFRS4 e i principi di Solvency II provocano ansia al 48% del campione. I Gruppi sembrano altresì preoccupati dalla necessità di attivare specifici processi e funzionalità finalizzate a garantire la qualità dei dati gestiti (data quality management), anche in considerazione della complessità delle attuali architetture IT (43%). Le discrasie di contenuto e/o temporali nella valutazione di attività e passività tra IAS 39/IFRS4 e i principi di Solvency II L'aumento della volatilità delle misure di rischio e il conseguente capitale assorbito 57% Impatti in termini di capital 57% management La necessità di rafforzamento patrimoniale 48% La trasversalità degli impatti (modelli, processi, sistemi) 48% L'attivazione dei sistemi di raccolta dati e la gestione della qualità degli stessi 43% Tra le difficoltà percepite ci sono gli eccessivi costi di adeguamento (43% del campione) e i tempi di implementazione molto stringenti (38% del campione). Provocano decisamente minore ansia la disciplina di mercato, la gestione e la misurazione dei rischi finanziari, le implicazioni in termini di leverage finanziario e gli impatti sulle politiche di remunerazione degli azionisti (10%). I costi per l'adeguamento 43% Gli impatti invasivi sui sistemi IT 38% I tempi di implementazione molto stringenti 38% In generale, si può ritenere che le criticità percepite siano dovute soprattutto: • alla portata del cambiamento, che per molti aspetti ha dei riflessi strategici diretti; • alla complessità e trasversalità del cambiamento, a causa della molteplicità degli ambiti di impatto della Direttiva. Generalmente, si osserva che i Gruppi che dichiarano maggiori preoccupazioni sono anche quelli che nutrono maggiori aspettative rispetto ai potenziali benefici derivanti dall’implementazione di Solvency II. Di conseguenza, il livello di ‘apprensione’ è strettamente collegato all’ambizione e alla complessità dell’approccio adottato dal gruppo. Pochi sono i Gruppi assicurativi che, pur essendo a buon punto nei progetti di adeguamento, dichiarano di avere meno motivi di preoccupazione. La revisione dei processi di business 24% La gestione e la misurazione dei rischi operativi 24% Gli impatti sulla struttura del risk management 24% Lo sviluppo del modello interno 24% Il dialogo/l'interazione con le autorità regolamentari 14% La revisione di vigilanza (Secondo Pilastro) 14% La gestione e la misurazione dei rischi tecnici 14% La disciplina di mercato (disclosure secondo il Terzo Pilastro) 10% La gestione e la misurazione dei rischi finanziari 10% Le implicazioni in termini di leverage finanziario 10% Impatti in termini Gli impatti sulle politiche di remunerazione degli azionisti di capital management 10% 0% 20% 40% 60% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 12 Verso Solvency II L’approccio di calcolo adottato Per quel che riguarda l’approccio di calcolo adottato, le risposte del campione, distribuite in maniera piuttosto omogenea tra i Gruppi di grandi e medio-piccole dimensioni, esprimono tuttavia una chiara preferenza per il modello interno (71%) piuttosto che per la formula standard (29%). In particolare, il modello interno parziale sarà adottato dalla gran parte dei Gruppi per i rischi finanziari e per i rischi tecnici (75%). Solo il 25% del campione ha intenzione di adottare il modello interno per i rischi operativi. Contrariamente alle aspettative, i modelli interni sono stati preferiti alla formula standard anche da parte di alcuni Gruppi di piccole e medie dimensioni del campione (di questi oltre la metà dichiarano di adottare il modello interno per tutti i rischi). Quale approccio di calcolo del requisito di capitale sarà adottato? Modello interno parziale 38% Modelli interni per tutti i rischi 33% Formula standard 29% 0% 10% 20% 30% 40% Modello interno parziale adottato per... …rischi finanziari 75% …rischi tecnici 75% …rischi operativi 25% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione I tre Pilastri di Solvency II del campione (38%) stia focalizzando l’attenzione contemporaneamente su tutti e tre i Pilastri, compresa, dunque, la disclosure verso l’Autorità di Vigilanza e verso il mercato. Un po’ a sorpresa, i Gruppi assicurativi che stanno considerando contemporaneamente i tre Pilastri sono per lo più di medie dimensioni. Su quale aspetto di Solvency II si sta focalizzando l'attenzione? Sul Primo e sul Secondo Pilastro 48% Su tutti e tre i Pilastri 38% Si può supporre, tuttavia, che di fatto le attività svolte in relazione al progetto Solvency II ad oggi siano prevalentemente quelle del Primo Pilastro: adeguamento alle logiche della formula standard e/o sviluppo del modello interno. Sulle tematiche organizzative del Secondo Pilastro 14% Sulle tematiche del Primo Pilastro 10% 0% 20% 40% 60% 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione Circa la metà dei Gruppi assicurativi del campione sta focalizzando l’attenzione allo stesso tempo sulle tematiche di misurazione del rischio ai fini della definizione dei requisiti patrimoniali di solvibilità (Primo Pilastro) e di gestione del rischio ai fini del processo di vigilanza (Secondo Pilastro). È incoraggiante, inoltre, che una parte non trascurabile Sarebbe importante, invece, che i progetti Solvency II venissero affrontati prendendo in considerazione i requisiti nel loro complesso, soprattutto alla luce della maggiore attenzione richiesta dalla Direttiva stessa rispetto alle tematiche di governance e di disclosure verso il mercato. I Gruppi che sin dall’avvio dei progetti hanno focalizzato l’attenzione contemporaneamente sui tre Pilastri, se generalmente sembrano avere maggiori motivi di preoccupazione, allo stesso tempo riconoscono anche l’opportunità strategica di questa discontinuità. In quest’ottica, una più profonda conoscenza della Direttiva consente di cogliere appieno la portata del cambiamento. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 13 Verso Solvency II Lo stato di avanzamento dei progetti Nonostante la normativa non risulti ancora consolidata, tutti i Gruppi assicurativi hanno confermato l’attivazione di progetti e ‘cantieri’ specifici sul tema Solvency II. La gran parte dei rispondenti dichiara che l’analisi dei requisiti della direttiva (77%) e la gap analysis (60% circa) sono state completate o, quanto meno, sono in corso di svolgimento. Oltre il 75% dei Gruppi ha pianificato e/o completato l’approvazione dei budget per l’adeguamento a Solvency II, mostrando quindi una forte percezione sulle criticità che potrebbero scaturire dai rilevanti costi di implementazione. Il 47% dei rispondenti sta già definendo o ha già definito i piani di implementazione, mentre per il 29% questa è un’attività ad ora solo pianificata. Oltre i due terzi del campione dichiara di aver pianificato o di aver dato già avvio alle attività di review dei processi e le implementazioni/integrazioni di sistemi IT. Invece, un comportamento piuttosto eterogeneo si è rilevato in merito alle attività di adeguamento del sistema di governance. In particolare, il 38% del campione non le ha ancora prese in considerazione, il 33% dichiara che le suddette attività sono in fase di realizzazione e solo il 5% afferma di averle già completate. Questa disomogeneità nelle risposte dovrebbe essere valutata anche considerando la complessità del cambiamento dei processi di governo societario ed in particolare le peculiarità organizzative di ogni singolo Gruppo. Se per il 48% dei Gruppi assicurativi aderenti alla survey l’attività di sviluppo dei modelli interni non è stata neanche presa in considerazione, per il resto del campione è un’attività pianificata (14%) o in fase di realizzazione (38%). Si riscontra, infine, una correlazione positiva tra la dimensione dei Gruppi e lo stato di avanzamento dei progetti di adeguamento alla Direttiva. A che punto sono le attività progettuali relative a Solvency II? Analisi dei requisiti della direttiva 24% 48% 29% Gap analysis 5% 38% 29% 29% Approvazione del budget 24% 38% 38% Definizione dei piani di implementazione 24% 29% 33% 14% Review dei processi (operativi e di controllo/risk management) 29% 33% 38% Implementazioni/integrazioni sistemi IT 33% 29% 38% Adeguamento della governance (struttura organizzativa, piano di crescita del personale) 38% 24% 33% 5% Sviluppo o taratura dei modelli interni 48% 0% 10% 20% 30% 14% 40% 50% 60% 70% 38% 80% 90% 100% Non ancora preso in considerazione Pianificato In fase di realizzazione Completato Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 14 Verso Solvency II La struttura dei team Per le attività progettuali, circa i due terzi dei Gruppi assicurativi dichiara di aver predisposto team di lavoro dedicati costituiti da risorse interne supportate da società esterne. Questo dimostra che data la complessità e la trasversalità della normativa, si avverte la necessità di un confronto con specialisti esterni. I Gruppi che dedicano, per il momento, solo risorse part-time rivelano un atteggiamento attendista per meglio valutare i comportamenti degli operatori di settore e in particolare dell’Autorità di Vigilanza su tematiche ancora oggetto di discussione. La percezione di poter riuscire a portare avanti questi progetti facendo ricorso a risorse già presenti in azienda e in parallelo con le attività ordinarie è diffusa maggiormente tra i Gruppi di medie e piccole dimensioni. Come sono state allocate le risorse? Creazione di team di lavoro costituiti da risorse interne supportate da società esterne 67% Creazione di team di risorse interne che lavorano part-time al progetto Solvency II 33% Creazione di team di risorse interne completamente dedicate al progetto Solvency II 19% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione Solo il 19% dei Gruppi del campione (prevalentemente di grandi dimensioni) dichiara di aver creato team di risorse interne completamente dedicate al progetto di adeguamento alla Direttiva. Il coinvolgimento degli organi amministrativi e dell’alta direzione Nella gran parte dei casi (81%) gli organi amministrativi e l’alta direzione hanno ricevuto solo un’informativa sulle linee generali della Direttiva, mentre appena la metà dei rispondenti (48%) dichiara che il board è maggiormente coinvolto su issue più specifiche relative al percorso di avvicinamento a Solvency II, quali le simulazioni in termini di rischi ed excess capital. Ancora meno sono i Gruppi (il 43% dei rispondenti) che hanno portato i budget progettuali all’attenzione e, quindi, all’approvazione degli organi amministrativi. Il 57% dei rispondenti dichiara, altresì, che l’alta direzione è al corrente degli impatti che Solvency II produrrà a livello aziendale. In generale, si è evidenziato che nei Gruppi di piccole dimensioni il board non è ancora stato formalmente coinvolto poichè in queste realtà esiste un contatto più diretto e informale tra gli organi amministrativi e l’alta direzione e le strutture operative coinvolte nei progetti e, pertanto, si può ipotizzare che vi sia comunque un’adeguata partecipazione da parte del board aziendale. Il maggior coinvolgimento dei board si rileva tendenzialmente nelle realtà estere operanti in Italia e nei gruppi domestici di più grandi dimensioni, gli stessi che, tra l’altro, si trovano ad uno stadio più avanzato nel processo di adeguamento alla Direttiva. Pertanto, sembra ragionevole ritenere che con l’avanzare dei programmi di implementazione di Solvency II vi sarà sempre un maggior commitment da parte degli organi dell’alta direzione al fine di imprimere un positivo impulso al processo di adeguamento, anche in considerazione degli impatti strategici e dei reali benefici che ne deriveranno. Qual è il grado di coinvolgimento degli organi amministrativi e dell'alta direzione? Hanno ricevuto informativa sulle linee generali della Direttiva 81% Hanno ricevuto informativa in tema di impatti di Solvency II sulla compagnia 57% Hanno ricevuto informativa in tema di simulazioni in termini di rischi ed excess capital per la compagnia 48% Hanno approvato il progetto di adeguamento e definito il budget 43% Ricevono informativa periodica sullo stato avanzamento del progetto di adeguamento 43% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 15 La responsabilità dei progetti Circa i due terzi del campione ha già individuato un responsabile del progetto Solvency II. La restante parte (33% circa), costituita da Gruppi per lo più di piccole dimensioni e ancora ad uno stadio ‘embrionale’ dei progetti di adeguamento, dichiara di non aver individuato un singolo project leader. Questi Gruppi al momento hanno affidato ciascun Pilastro o singolo ‘cantiere’ di attività a diversi responsabili. Chi è stato individuato come responsabile del progetto? Altro 5% CRO 38% Il CRO (Chief Risk Officer) è stato individuato come responsabile del progetto dal 38% del campione, prevalentemente nei Gruppi assicurativi di grandi dimensioni. L’evidenza empirica dimostra che Solvency II non è considerato solo un esercizio attuariale dal momento che appena il 9% circa del campione dichiara quale referente del progetto il responsabile dell’area attuariale. La designazione del CRO come responsabile del progetto è dimostrazione del fatto che i Gruppi assicurativi stanno considerando l’adeguamento alla Direttiva come metodologia per una migliore comprensione e gestione dei rischi in un’ottica più ampia ed integrata. Il responsabile dell'area attuariale 10% CFO 14% Non è stato individuato un unico responsabile 33% Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione Questo fenomeno è anche conseguenza del fatto che il CRO ha acquisito negli ultimi anni le competenze tecniche adeguate per affrontare, opportunamente supportato dalle singole strutture coinvolte, tutte le tematiche trasversali relative ai progetti Solvency II. Le aree driver L’Area Rischi e quella Attuariale sono le funzioni che più comunemente fungono da driver nei progetti di adeguamento. Tuttavia, è l’Area Rischi che nella maggior parte dei casi (86%) guida i progetti di adeguamento. Il coinvolgimento delle altre funzioni ‘chiave’, in particolare dell’Area Finanza e dell’Area Sistemi, evidenzia ancora una volta l’impatto interdisciplinare delle tematiche Solvency II. Inoltre, il fatto che le suddette aree vengano coinvolte sin dalle prime fasi progettuali (dalle quali deriveranno importanti decisioni strategiche e operative) è ritenuto dalla quasi totalità del campione una scelta organizzativa adeguata per il conseguimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva in tempo utile per l’entrata in vigore della normativa (1° gennaio 2013). Quali delle seguenti aree, principalmente interessate dalla Direttiva Solvency II, guidano il progetto di adeguamento e quali sono coinvolte? 100% 90% 86% 71% 29% 14% 10% 0% Area Rischi Area Attuariale Guida Area Finanza Area Sistemi Informativi È coinvolta Fonte: elaborazione Ufficio Studi KPMG Advisory delle risposte fornite dal campione © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Focus © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 17 Approccio stocastico alla modellizzazione dei requisiti di capitale in ottica Solvency II Antonella Chiricosta, Associate Partner, Advisory Ulrich De Prins, Senior Manager, Advisory Antonio Papa, Manager, Advisory Solvency II introdurrà un cambiamento radicale nel regime di adeguatezza patrimoniale del settore assicurativo europeo. La Direttiva stabilisce una nuova serie di requisiti patrimoniali a livello europeo e nuove regole di gestione e misurazione del rischio, che andranno a sostituire gli attuali requisiti (Solvency I), con il fine di ottenere un capitale di vigilanza più allineato al profilo di rischio specifico di ogni compagnia. Nell’ambito dell’adeguamento ai nuovi requirement normativi le compagnie sono tenute a determinare l’ammontare di capitale da ‘accantonare’ (Solvency Capital Requirement o SCR) a fronte dei rischi legati al proprio portafoglio di attività e passività, e più in generale allo svolgimento dell’attività assicurativa. Per alcune tipologie di prodotti la quantificazione dei rischi potrebbe risultare particolarmente impegnativa. Le specificità, tipicamente italiane, dei prodotti collegati ad una Gestione Separata costituiscono probabilmente la tipologia di assicurazione più diffusa tra quelle maggiormente sensibili all’andamento dei mercati finanziari. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 18 Verso Solvency II La specificità della Gestione Separata La formula standard e l’approccio stocastico La quantificazione dei rischi per le tipologie di prodotti legate al rendimento di una Gestione Separata pone le compagnie davanti a una sfida impegnativa in termini di modellizzazione finanziaria e attuariale, implementazione informatica e gestione dati. Rispetto ad altre forme di risparmio gestito maggiormente diffuse, la polizza collegata ad una Gestione Separata presenta alcune peculiarità che possono rendere particolarmente ardua la modellizzazione dei rischi di mercato connessi: il rendimento minimo garantito (annuale o a scadenza), la possibilità conferita al cliente di riscattare la propria polizza in qualsiasi momento, le durate generalmente medio/lunghe, la particolare formula di calcolo dei rendimenti della gestione (secondo il metodo money weighted) che introducono nella modellizzazione elementi desunti dalla teoria di option pricing. Nell’ambito della Standard Formula, introdotta dalla direttiva Solvency II, per le varie tipologie di rischio il requisito di capitale viene generalmente calcolato seguendo un approccio scenario-based: il requisito è determinato come l’impatto sul Net Asset Value (NAV) di uno shock istantaneo di un determinato fattore di rischio. La corretta valutazione di tale impatto, che consideri anche le componenti opzionali presenti nelle Gestioni Separate, richiede un approccio stocastico da applicare sia alla situazione ante-shock che post-shock. Semplificando si potrebbe dire che la presenza di elementi opzionali nelle Gestioni Separate implica che i flussi di cassa generati dalla gestione stessa non sono rappresentabili come funzioni lineari dei fattori di rischio di mercato. La conseguenza pratica di tale fenomeno è che generalmente si rende necessario l’utilizzo di un approccio stocastico basato su simulazioni. L’andamento di una Gestione Separata può essere rappresentato attraverso un sistema ALM (Asset Liability Management) che genera, sia per l’attivo (investimenti in obbligazioni, azioni, prodotti strutturati, ...), sia per il passivo (forme tariffarie, tipologie di premio, tipi di prestazione, …), i flussi di cassa futuri e le relative valorizzazioni in funzione di un’evoluzione ipotizzata delle variabili finanziarie. Il suo valore può conseguentemente essere determinato come la somma algebrica dei valori attualizzati dei flussi di cassa simulati. La validità di tale stima è, quindi, subordinata alle future realizzazioni delle variabili aleatorie, finanziarie e non, rispetto ai percorsi ipotizzati nella fase di simulazione. Ad esempio, in ipotesi di prodotti con garanzie di rendimento minimo, basare la propria valutazione su una singola proiezione ‘media’ (deterministica) dei rendimenti finanziari non consente di cogliere gli effetti finanziari di tutte quelle circostanze per le quali il rendimento della Gestione scende sotto il livello del minimo garantito. L’approccio stocastico sopperisce a questa limitazione simulando migliaia di evoluzioni diverse per i mercati finanziari. La media delle suddette valutazioni produrrà una valorizzazione più realistica di quella basata su un singolo scenario. L’utilizzo di una grande quantità di scenari consente, inoltre, di predisporre una distribuzione di frequenza del valore della Gestione necessaria ai fini dell’individuazione degli eventi sfavorevoli (situati nelle code della distribuzione) e delle correlate misure economiche (ad esempio valore delle opzioni implicite e assorbimento di capitale). Questo tipo di valutazioni sono pertanto indispensabili per il risk manager al fine dell’analisi, della misurazione e della gestione dell’effettivo profilo di rischio della compagnia. Ad esempio, ai fini della quantificazione dell’SCR per il rischio equity in seguito a uno shock verso il basso occorre in primo luogo computare il NAV ante-shock come la media dei valori risultanti da migliaia di simulazioni con il modello ALM, alimentato a sua volta con altrettanti scenari di variabili finanziarie proiettate coerentemente con la situazione economico-finanziaria al momento della valutazione. Per la determinazione del NAV per il rischio equity si ricalcola il NAV fornendo in input al modello ALM scenari calibrati sui valori azionari post-shock. Base Case Shock in t = 0 Shock t=0 t=1 Risk Neutral t=0 t=1 Risk Neutral Malgrado la notevole complessità l’approccio stocastico, prima dell’entrata in vigore di Solvency II, dovrà essere sviluppato e implementato anche da compagnie vita medio-piccole al fine di misurare l’SCR e, più in generale, il proprio profilo di rischio, nonché per adottare adeguate misure di gestione. Infatti, anche qualora un’impresa di assicurazione vita optasse per la formula standard, il calcolo dell’SCR dovrà, comunque, in parte essere effettuato attraverso la determinazione di cosiddetti ‘delta Net Asset Value’ che in vari casi (quali SCR tasso, SCR spread e SCR equity) necessitano di valorizzazioni basate sull’approccio stocastico. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II Il modello interno e l’approccio stocastico Fully Nested Un aspetto importante del nuovo regime di solvibilità è la possibilità data alle imprese di determinare il proprio requisito di capitale mediante l’utilizzo dei cosiddetti ‘modelli interni’ che riflettono in modo più accurato i rischi specifici cui sono esposte. Una compagnia che decide di dotarsi di un proprio modello interno deve affrontare un notevole sforzo aggiuntivo per le inerenti attività di sviluppo, implementazione e convalida. t=0 t=1 Real world Nonostante i costi legati a tale scelta, esistono varie motivazioni che possono indurre una compagnia a optare per un modello interno: • una quantificazione più accurata dei rischi cui la compagnia è esposta consente una migliore gestione dei rischi e un efficientamento dell’allocazione del capitale; • i risultati prodotti da un modello interno mettono la compagnia nelle condizioni di calibrare la tariffazione dei propri prodotti sulla base dei rischi assunti e dei relativi impatti con maggiore precisione rispetto a quelle compagnie che hanno scelto la formula standard; • moral suasion da parte del mercato e delle agenzie di rating ad adottare un modello interno. Per le medesime ragioni già illustrate per la formula standard, è necessario seguire un approccio stocastico nella misurazione dell’SCR, anche se si è scelto il metodo del modello interno. Anzi, l’esigenza normativa di definire una misura di assorbimento di capitale coerente con un value-atrisk su un orizzonte temporale di un anno e con un livello di confidenza del 99,5%, comporta per la compagnia la necessità di valorizzare il proprio balance sheet dopo un anno dalla data di valutazione. Tale obiettivo può essere raggiunto suddividendo la modellizzazione stocastica in due momenti distinti: • il primo, costruito secondo una logica real world, al fine di rappresentare le possibili realizzazioni delle variabile aleatorie nell’arco del primo anno; • il secondo, costituito dai successivi periodi, sviluppati generando un elevato numero di possibili percorsi futuri secondo una logica risk neutral, per ciascuna realizzazione real world, simulata durante lo step precedente. 19 Risk neutral Gli scenari real world servono a rappresentare ‘tutte’ le possibili situazioni economico-finanziare ad un anno dal momento della valutazione. Al termine di ogni scenario real world va calcolato il valore della Gestione Separata (come media di tutti i possibili scenari risk neutral associati allo specifico scenario real world), in modo tale da ottenere una distribuzione su cui basare il value-at-risk. La valorizzazione di una Gestione Separata richiede, pertanto, l’utilizzo di un gran numero di scenari (risk neutral) al fine di prendere correttamente in considerazione le componenti opzionali. L’approccio sin qui descritto comporterebbe l’utilizzo di un elevatissimo numero di simulazioni stocastiche, si pensi ad esempio che utilizzando 1.000 proiezioni real world e 1.000 scenari risk neutral al termine di ciascuno di questi scenari, si giungerebbe alla valorizzazione di un milione di simulazioni differenti per il calcolo dell’SCR (1.000 scenari risk neutral per ognuno dei 1.000 scenari real world). Con un tale numero di scenari, ipotizzando circa 5 secondi di elaborazione per ogni scenario, sarebbero necessarie circa trenta elaborazioni in parallelo per terminare la simulazione in circa 48 ore. Al fine di ottimizzare i tempi di elaborazione, senza la necessità di potenziare ulteriormente l’hardware a disposizione della compagnia, si possono percorrere due differenti strade: • ridurre il tempo di elaborazione del singolo scenario, ottimizzando il numero dei model point (raggruppamento delle polizze in gruppi omogenei) in uso; • ridurre il numero di scenari, cercando di ottimizzare le informazioni contenute nelle elaborazioni. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 20 Verso Solvency II Tra le possibili soluzioni per ridurre il numero degli scenari, semplificando la parte risk neutral della simulazione, si può ricorrere all’approssimazione delle passività tramite vari metodi (ad esempio, curve fitting, least squares Monte Carlo, replicating portfolio) Ogni modello presenta per sua natura dei vantaggi e degli svantaggi associati al livello di complessità concettuale e d‘implementazione, al livello di accuratezza desiderato, alle semplificazioni introdotte in fase di simulazione: Fully Nested t=0 t=1 Real world La scelta del modello di valutazione più opportuno dipende da fattori specifici della compagnia quali la tipologia di asset e di prodotti presenti in portafoglio, gli strumenti applicativi disponibili, le competenze delle risorse coinvolte. Risk neutral Scenario Picking Replicating Least Portfolio Squares Monte Carlo Livello di complessità concettuale ++ +++ +++ Effort implementazione +++ ++ +++ Fabbisogno scenari + ++ ++ Tempo macchina + ++ ++ Accuratezza attesa ++ +++ ++ Intuitività risultati +++ + ++ Need competenze interne ++ +++ +++ Least Squares i=1 i=2 i=3 i=… i=n t=0 t=1 Real world Risk neutral oppure selezionando a priori gli scenari real world che probabilmente causeranno i risultati peggiori in termini di valore della Gestione Separata, tramite metodologie quali, ad esempio, la variance reduction techniques e la scenario picking. Fully Nested t=0 Nell’ambito della definizione funzionale del modello interno, risulta pertanto di fondamentale importanza avviare una fase di analisi rivolta all’individuazione ed alla successiva implementazione delle suddette metodologie, indispensabili per una corretta valutazione degli impatti sia di natura economica che di processi e sistemi, derivanti dalle specificità tecniche introdotte dalla normativa Solvency II. t=1 Real world Risk neutral Scenario Picking t=0 t=1 Real world Risk neutral © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II 21 Il Data Quality in ambito Solvency II Fabio Papini, Partner, Advisory La qualità del dato è un prerequisito essenziale in ogni processo di elaborazione delle informazioni. Riesce, infatti, difficile immaginare che un’impresa possa accettare processi elaborativi o decisionali fondati su una qualità dei dati ‘scadente’, non adeguatamente controllata e, di conseguenza, inaffidabile. Pertanto, la gestione della qualità dei dati è diventata un aspetto critico per gran parte delle aziende, indipendentemente dal settore di appartenenza, anche a seguito di una regolamentazione, il cui processo di adeguamento (compliance), richiede un’affidabilità via via crescente dei sistemi (in senso lato). L’evidenza empirica di questa criticità emerge anche dall’esame delle motivazioni che sono all’origine di molte delle recenti iniziative progettuali delle imprese, prevalentemente finalizzate all’inserimento di procedure di controllo e/o creazione di basi dati certificate in termini di qualità. Solvency II: richiami normativi sulla qualità dei dati Nella stesura del quadro normativo della Direttiva Solvency II è stato dato molto rilievo ad alcuni concetti riconducibili ai principi di Data Quality e dai quali non si può prescindere nell’applicazione delle disposizioni in materia di solvibilità. Infatti la normativa Solvency II fornisce precise indicazioni sulla qualità dei dati in termini di accuracy, completeness, appropriateness. Questi criteri sono enunciati nel CEIOPS-DOC-48/09 (former CP 56), 5,143, che riporta: Accurate refers to the degree of confidence that can be placed in the data. Data must be sufficiently accurate to avoid material distortion of the model output. Complete means that databases provide comprehensive information for the undertaking (i.e. data for all material business lines and all relevant model variables) Appropriate means that data do not contain biases which make them unfit for purpose. Tali criteri sono di ispirazione generale e interessano tutta la nuova piattaforma normativa ma sono anche declinati in maniera puntuale in relazione alle seguenti aree: • Internal Model • Standard Formula • Technical Provisions Di seguito riportiamo, solo a titolo di esempio, alcuni estratti normativi della Direttiva Solvency II: Internal Model CEIOPS-DOC-48/09 (former CP 56) Article 121(3) states that ‘data used for the internal model shall be accurate, complete and appropriate.’ Data quality is also an integral part of model validation, as Article 124 states that the model validation process ‘shall […] include an assessment of the accuracy, completeness and appropriateness of the data used by the internal model.’ Standard Formula CEIOPS-CP-75/09, 2 November 2009, CP 75 Article 109 – Implementing measures 1. In order to ensure that the same treatment is applied to all insurance and reinsurance undertakings calculating the Solvency Capital Requirement on the basis of the standard formula, or to take account of market developments, the Commission shall adopt implementing measures laying down the following: […] h) the subset of standard parameters in the life, non-life and health underwriting risk modules that may be replaced by undertaking-specific parameters as set out in Article 104(7); i) the standardised methods to be used by the insurance or reinsurance undertaking to calculate the undertakingspecific parameters referred to in point (h), and any criteria with respect to the completeness, accuracy, and appropriateness of the data used that must be met before supervisory approval is given. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 22 Verso Solvency II Technical Provisions CEIOPS-DOC-37/09 CP 43 Article 86 – Implementing measures The Commission shall adopt implementing measures laying down the following: […] f. the standards to be met with respect to ensuring the appropriateness, completeness and accuracy of the data used in the calculation of technical provisions, and the specific circumstances in which it would be appropriate to use approximations, including case-by-case approaches, to calculate the best estimate […] Article 82 - Data quality and application of approximations, including case by-case approaches, for technical provisions Member States shall ensure that insurance and reinsurance undertakings have internal processes and procedures in place to ensure the appropriateness, completeness and accuracy of the data used in the calculation of their technical provisions. Where, in specific circumstances, insurance and reinsurance undertakings have insufficient data of appropriate quality to apply reliable actuarial method to a set or subset of their insurance and reinsurance obligations, or amounts recoverable from reinsurance contracts and special purpose vehicles, appropriate approximations, including case-by-case approaches, may be used in the calculation of the best estimate. L’approccio alla qualità dei dati Se questi sono i requirement normativi in tema di qualità dei dati, le azioni che devono essere intraprese dalle compagnie per essere compliant sono quelle suggerite dal metodo CEAVOP: • Completezza (registrazione di tutti gli eventi rilevanti ai fini della valutazione del rischio ed esaustività del corredo informativo del dato); • Esistenza (corretta corrispondenza del dato ad un evento di business originario realmente verificatosi alla data indicata); • Accuratezza (corretta rappresentazione dei riflessi economico/patrimoniali dell’evento di business); • Valutazione (rispetto delle regole definite per la valorizzazione di alcune grandezze); • Ownership/Proprietà (titolarità del dato in relazione al business di riferimento); • Presentazione (definizione dei criteri di riclassificazione e di redazione del bilancio). Esempio di ‘confine del perimetro’: Completezza Il sistema di alimentazione delle informazioni possiede i campi di un insieme di dati necessari per il flusso Solvency II sebbene la compilazione di quei campi non sarebbe esigenza del legacy. La completezza di questi dati è utile ai fini di Solvency II e non è responsabilità del legacy. Esempio di relazione tra ‘esistenza’ del dato e ‘responsabilità’: • non esiste il campo per rilevare il dato nel sistema legacy (responsabilità dell’IT); • il campo esiste ma non viene compilato (responsabilità del processo); • il campo esiste, è alimentato, ma non viene utilizzato (responsabilità del business). Ownership del dato: definizione e tracking del ‘percorso di aggregazione’ svolto per ottenere un certo dato a un certo livello (ad esempio percorsi di aggregazione differenti portano a risultati di SCR differenti). L’adozione di tale metodo comporta necessariamente la creazione di un sistema di qualità, che ha impatti sui processi, sulle procedure informatiche e sull’organizzazione dell’impresa. Questo sistema non è soltanto un impianto finalizzato alla risoluzione delle problematiche esistenti in un dato momento, ma deve essere dinamico, in grado, cioè, di restituire garanzia di qualità nel tempo (presidio). © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II Data Quality per Solvency II – Sinergie e integrazione progettuale Pertanto, le direttrici d’intervento di un progetto di Data Quality sono tre: processi, IT, organizzazione. PROCESSI IT • Architettura di supporto al Data Quality • Interventi (possibili) sui legacy ORGANIZZAZIONE SISTEMA DI QUALITÀ • Processi di validazione • Processi di correzione • Processi di controllo • Utilizzo diffuso di informazioni regolamentari 23 L’IT nel Data Quality per Solvency II La tematica del Data Quality è a volte percepita come una ‘criticità dell’IT’. Sin qui abbiamo già evidenziato che ciò non è esatto. Tuttavia il contributo dell’IT è molto rilevante. In una compagnia la determinazione di una architettura IT a supporto del sistema di Data Quality dipende chiaramente dallo stato attuale dei sistemi informatici e delle basi dati. In ogni caso possiamo identificare tre componenti normalmente presenti in una architettura IT di supporto dei processi di Data Quality: 1.layer di dati estratti dai sistemi legacy che hanno superato processi di validazione e/o arricchimento; 2.engine di controllo di esecuzione dei processi; 3.layer di conservazione delle elaborazioni Solvency II. • Ruoli • Responsabilità Nell’adeguamento ai requirement della Direttiva Solvency II un progetto di Data Quality dovrebbe essere applicato esclusivamente nell’ambito del perimetro informativo di interesse. Tuttavia, tale perimetro, data la natura complessa degli algoritmi di calcolo di Solvency II, riguarda, sostanzialmente, buona parte dei dati di business della compagnia (attuali e storici), costruiti, spesso, attraverso diversi strati applicativi. Queste considerazioni, se da un lato fanno riflettere sulla complessità e trasversalità degli impatti dell’adeguamento del Data Quality ai requirement di Solvency II, dall’altro mostrano l’opportunità di sfruttare le sinergie di un progetto Solvency II. Infatti, il presidio qualitativo dei dati realizzato per un progetto Solvency II, se messo a disposizione di altri processi aziendali restituisce un valore aggiunto, in termini qualitativi, che va oltre lo scopo normativo. Pertanto, il sistema di qualità per Solvency II merita di essere progettato secondo una vision progettuale il più possibile integrata e sinergica rispetto ad altri obiettivi ed iniziative di data quality al fine di restituire un maggior ritorno dell’investimento. Chiaramente, quanto esposto sin qui è una semplificazione. Non si possono escludere, infatti, interventi su legacy che rappresentano, per loro natura, la principale fonte di alimentazione dei dati o l’introduzione di piattaforme di MDM (Master Data Management) per l’integrazione delle strutture anagrafiche. Come detto, la soluzione dipende dallo stato attuale delle applicazioni e dall’architettura informatica della compagnia. In ogni caso l’adeguamento a Solvency II può rappresentare una straordinaria occasione per costruire processi virtuosi di Data Quality e migliorare la performance delle compagnie. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 24 Verso Solvency II I fondi propri nel regime Solvency II Pietro Stovigliano, Associate Partner, Advisory Giuseppe Damato, Manager, Advisory Struttura dei fondi propri Il CEIOPS (il comitato delle autorità di vigilanza del settore) nell’ottobre dell’anno scorso ha emesso la versione finale delle linee guida sulla classificazione e ammissibilità dei fondi propri e il 5 luglio 2010 la Commissione europea ha divulgato le Specifiche Tecniche del Quantitative Impact Study 5 (QIS 5). Il livello minimo e la composizione dei fondi propri di un’impresa assicurativa è determinato in riferimento al Solvency Capital Requirement (SCR) e al Minimum Capital Requirement (MCR). L’SCR può essere calcolato applicando la formula standard oppure, previa approvazione dell’Autorità di Vigilanza, mediante l’utilizzo di modelli interni. L’MCR è calcolato in applicazione della formula standard e può assumere un valore che non può scendere al di sotto del 25% né superare il 45% dell’SCR. I fondi propri sono suddivisi ‘verticalmente’ in fondi propri di base e fondi propri accessori e ‘orizzontalmente’ in Tier 1, Tier 2 e Tier 3. I fondi propri di base rappresentano l’eccedenza delle attività sulle passività con l’integrazione delle passività subordinate, e sono costituiti da: • azioni ordinarie, versate e richiamate (meno le azioni proprie); • sovrapprezzo delle azioni; • riserve (tra le quali, gli utili1 non distribuiti e una riserva di riconciliazione2); • riserve di utili3; • utile atteso incluso nei premi futuri (expected future profits); • altri strumenti di capitale versati o richiamati, tra cui, le azioni privilegiate e le passività subordinate. L’importo totale degli elementi sopra indicati deve essere rettificato in considerazione di uno specifico trattamento previsto per alcuni elementi patrimoniali. Le riserve vincolate (istituite e utilizzate solo per determinate finalità) dovrebbero essere ammesse tra i fondi propri soltanto in relazione ai rischi coperti. Ogni ammontare che eccede tale copertura, se non è in alcun modo disponibile, dovrebbe essere dunque escluso dai fondi propri, oppure, se disponibile per la copertura di tutte le perdite in caso di liquidazione, dovrebbe essere dedotto dai fondi di Tier 1 ed incluso tra i fondi di Tier 2. Il valore delle partecipazioni in istituzioni finanziarie e di credito (ad esempio, banche, società di investimento, ma non assicurazioni) deve essere escluso dai fondi propri attraverso una deduzione del capitale disponibile. I fondi propri vincolati, in eccesso sull’SCR nozionale dei fondi separati, devono essere dedotti in quanto presentano una capacità ridotta di assorbire pienamente le perdite nella prospettiva di continuità aziendale. I fondi propri accessori sono quegli strumenti di capitale (quali ad esempio le azioni non versate, le lettere di credito, le garanzie ricevute dall’impresa assicurativa ecc.) che possono essere richiamati per assorbire le perdite. Devono essere approvati dall’Autorità di Vigilanza e il valore assegnato a ciascun elemento deve riflettere la capacità di assorbimento delle perdite sulla base di ipotesi prudenti e realistiche. Gli utili non distribuiti si intendono comprensivi dell’utile di esercizio e al netto dei dividendi previsti. La riserva di riconciliazione è finalizzata a catturare l’effetto generato dalla differente valutazione effettuata secondo i principi del bilancio di esercizio rispetto alla valutazione basata sulle regole Solvency II. 3 Nella misura in cui le riserve di utili soddisfino i criteri di capacità di assorbire interamente le perdite, nella prospettiva di continuità aziendale, nonché in caso di liquidazione. 1 2 © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II Determinato il valore dei fondi propri (di base e accessori), gli elementi devono essere classificati in tre livelli (Tier 1, 2 e 3) in funzione delle seguenti caratteristiche: • subordinazione • capacità di assorbimento di perdite • durata • esenzione da requisiti o incentivi al riscatto • esenzione da addebiti fissi obbligatori • assenza di vincoli TIER 3 25 solo temporaneamente. Inoltre, le attuali proposte non sono indicative delle regole finali. Ciò costituirà senza dubbio un ulteriore punto di discussione nel percorso che porterà al consolidamento della normativa Solvency II. L’introduzione delle regole di grandfathering è auspicata dal settore assicurativo e un numero sempre maggiore di compagnie ha recentemente avviato un’analisi delle caratteristiche degli strumenti di capitale al fine di verificare la loro classificazione nel rispetto dei requisiti Solvency II. Sarà necessario, in ogni caso, attendere gli sviluppi normativi al fine di poter verificare se le singole caratteristiche di ogni strumento di capitale sono tali per essere grandfathered. Trattamento degli utili futuri attesi TIER 2 Fondi propri TIER 1 I fondi propri disponibili devono infine essere confrontati con i limiti di ammissibilità rispetto all’SCR e all’MCR. A tal proposito, bisogna evidenziare che le imprese di assicurazione e di riassicurazione devono detenere fondi propri di base di Tier 1 e 2 per soddisfare l’MCR. La versione finale delle linee guida definitive proposte dal CEIOPS prevede che il Tier 1 deve essere almeno pari all’80% dell’MCR. Inoltre, le suddette imprese possono utilizzare sia i fondi propri di base che quelli accessori per soddisfare l’SCR. E’ importante, comunque, tener presente che il CEIOPS, come confermato anche nelle Specifiche Tecniche del QIS 5, ha proposto che il Tier 1 deve essere almeno la metà dell’SCR ed il Tier 3 non più del 15% dell’SCR. Disposizioni transitorie Al momento la Direttiva non prevede possibili regole di grandfathering dei fondi propri e il CEIOPS ha lasciato alla Commissione Europea il compito di decidere se introdurre delle disposizioni transitorie. Queste potrebbero consentire ad uno strumento di capitale già esistente (o che verrà emesso prima dell’entrata in vigore di Solvency II) di essere incluso tra i fondi propri ammissibili, se soddisfa alcuni requisiti minimi ma, allo stesso tempo, non rispetta completamente i criteri Solvency II. La Commissione Europea ritiene che le disposizioni transitorie siano necessarie ad assicurare un graduale passaggio a Solvency II. Tuttavia, le specifiche tecniche del QIS 5 non stabiliscono se le disposizioni transitorie proposte rispetto agli strumenti emessi nel periodo precedente all’entrata in vigore di Solvency II saranno applicate in via permanente o 4 5 Il ruolo degli utili futuri attesi (expected future profits) nella determinazione degli elementi che compongono i fondi propri è attualmente al centro del dibattito tra il CEIOPS e le imprese assicurative rappresentate dal CEA (Comitato Europeo delle Assicurazioni). Il CEIOPS ritiene che gli utili futuri attesi siano da escludere dal Tier 1, per essere eventualmente inclusi in un livello di capitale di qualità inferiore, quale il Tier 3. Il CEA, al contrario, assume una posizione diametralmente opposta. In particolare, ritiene necessario includere gli in-force cashflow nella definizione dei fondi propri, considerandoli come Tier 1, in quanto: • coerenti con i fondamenti economici di Solvency II4 • soddisfano pienamente i requisiti di capitale Tier 15 In dettaglio, il CEA ritiene che un requisito che prevede di considerare nel calcolo delle riserve tecniche i cash out-flow relativi al pagamento dei sinistri futuri e di escludere i flussi dei premi futuri attesi a copertura degli stessi (tra gli elementi dei fondi propri), è inconsistente con il principio di valutazioni market consistent. Per il bilancio di un’impresa assicurativa, infatti, i flussi di cassa in entrata ed in uscita, relativi ai premi ed ai sinistri, sono strettamente collegati: non è possibile considerare gli uni senza gli altri. Inoltre, le potenziali perdite derivanti dagli utili futuri attesi (rappresentate dall’incertezza dei pagamenti dei futuri premi relativi alle polizze in force) sono considerati nel calcolo dell’SCR e quindi sarebbe eccessivamente prudenziale considerare tali flussi in entrata tra gli elementi di capitale di Tier 3 che non possono essere utilizzati per la copertura dell’SCR. Le conseguenze che ne deriverebbero da queste scelte sarebbero enormi per l’industria assicurativa europea. Sebbene una valutazione precisa sia difficile, si stima che il totale dei fondi propri esclusi dal Tier 1 possa essere nell’ordine di 100 miliardi. Inoltre, nei periodi di crisi per le grandi compagnie italiane gli utili futuri attesi hanno mostrato una maggiore stabilità Non considerare tali flussi di cassa come Tier 1 condurrebbe a un approccio eccessivamente prudente nel calcolo dei requisiti patrimoniali. La loro mancata inclusione costituirebbe una palese incoerenza e condurrebbe a un double counting dei rischi. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 26 Verso Solvency II in relazione ai margini elevati ed alla composizione del portafoglio. Questo potrebbe provocare un eccessivo aggravio sulle risorse di capitale necessarie a coprire i ratio patrimoniali tali da far prospettare ripercussioni negative anche sugli assicurati. Il trattamento restrittivo degli utili futuri attesi potrebbe inoltre determinare conseguenze sul modello di business delle compagnie ed in particolare sul mix dei prodotti offerti, spingendo l’industria assicurativa verso una drastica riduzione dei prodotti a lungo termine, a favore di quelli a breve termine. Questo impatterebbe anche sulla stessa ‘funzione sociale’ dell’intero settore assicurativo. Conclusioni L’introduzione di nuove regole per la determinazione dei fondi propri ammissibili persegue una duplice finalità: consentire alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di assorbire perdite significative e, allo stesso tempo, fornire ai contraenti ed ai beneficiari una garanzia ragionevole che i pagamenti in scadenza saranno effettuati. Una lezione che abbiamo imparato dalle recenti crisi finanziarie è che i fondi propri devono essere costituiti quando le imprese non sono in situazioni di stress e devono essere resi disponibili in tempi ragionevoli per l’assorbimento delle perdite che potrebbero verificarsi in situazioni di stress. Per una completa disamina di tale problematica, si segnala che la commissione di Bruxelles ha emesso le specifiche tecniche dell’ultimo studio di impatto sui nuovi ratio patrimoniali di Solvency II (il cosiddetto QIS 5) che hanno recepito quanto sollevato dal CEA. In particolare, sul tema dei fondi propri, la Commissione Europea, ai fini del QIS 5, ha permesso la classificazione degli utili futuri attesi al rango più elevato di Tier 1. Al fine di esemplificare gli impatti, si prenda ad esempio un’impresa di assicurazione con solo due contratti in essere, uno con premi ricorrenti e l’altro con un premio unico: Polizza 1 Contratto con premi ricorrenti con utili futuri attesi • Valore attuale dei premi futuri = 30 • Valore attuale dei sinistri e spese futuri = 15 • Best estimate passività = -15 Polizza 2 Contratto con premio unico senza utili futuri attesi • Valore attuale dei premi futuri = 0 • Valore attuale dei sinistri e spese futuri = 25 • Best estimate passività = 25 Bilancio dell’assicuratore Best estimate passività = -15 + 25 = 10 Assumiamo un SCR = 20 Assumiamo che l’assicuratore è capitalizzato al limite dell’SCR, quindi con attività = 30 Per quanto sopra, fondi propri = 20 più solo una parte dei cash in-flow attesi (15) = 5. Il restante cash in-flow atteso (15) è trattato come Tier 3. La restrizione proposta dal CEIOPS ha anche un impatto in considerazione delle limitazioni di ammissibilità del Tier 3 che non può superare il 15% del Tier 1. Nel nostro esempio con solo 5 di Tier 1, il Tier 3 deve essere pari a 0,75. TIER 3 TIER 3 TIER 1 SCR TIER 1 I requirement per la classificazione dei cash in-flow e dei cash out-flow sono chiaramente asimmetrici e non possono essere giustificati. Secondo le proposte del CEIOPS l’assicuratore deve classificare la best estimate delle passività della Polizza 1 come Tier 3, in tal modo l’assicuratore avrebbe Tier 3 = 15, ed il rimanente dei fondi propri sarebbe Tier 1 = 5. Questo perché il Tier 1 è calcolato come il valore delle attività (30) meno il valore dei cash out-flow attesi (40) © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II Di fronte a tale ampio e complesso scenario sarebbe, quindi, opportuno che le imprese di assicurazione avviassero una completa rivisitazione degli elementi del processo di pianificazione e di capital management. Nella figura di seguito riportata si sintetizzano a titolo esemplificativo le principali fasi che portano ad una gestione evoluta del capitale rispetto alle esigenze dinamiche dell’impresa e in linea con il proprio profilo di rischio. Per quanto sopra, in tema di gestione del capitale Solvency II rappresenta per le compagnie di assicurazione una sfida importante che richiede un approccio avanzato in cui le decisioni strategiche dovranno essere assunte dopo un’attenta valutazione degli impatti in termini di capital management. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo è necessario che le compagnie attivino un percorso evolutivo Lettere di credito 27 finalizzato allo sviluppo di una gestione integrata del capitale rispetto agli obiettivi strategici risk based definiti. Sarà quindi necessario favorire l’ottimizzazione del capitale allocato attraverso processi finalizzati alla determinazione, gestione e monitoraggio, su base continuativa, dei fondi propri ammissibili al fine di garantire un adeguato livello (attuale e prospettico) del capitale economico rispetto ai requisiti patrimoniali di solvibilità. Le informazioni derivanti da tale processo, saranno parte integrante del processo di reporting verso l’alta direzione e, costituiranno pertanto una rilevante fonte informativa da mettere a disposizione del board ai fini dell’assunzione di decisioni strategiche e di business. Maturity minore di 3 anni Esemplificativo ... TIER 3 Riserve di capitale disponibili Fondi separati TIER 2 Avviamento Limiti di ammissibilità Azioni proprie NE Passività Subordinate ZIO Partecipazioni Revisione politiche di funding TE ON OR Azioni versate Fondi propri per copertura SCR Total Risk Taking Capacity IZZ TIER 1 DI PIA NIF ICA Riserve di riconciliazione Elementi dei fondi propri di base accessori Aggiustamenti Review Patrimoniale Fondi propri Pianificazione livello patrimoniale Consistenza attuale e prospettica dei fondi propri © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 28 Verso Solvency II Own Risk and Solvency Assessment: adeguatezza patrimoniale e creazione di valore Stefano Zattarin, Associate Partner, Advisory Renato Mazzolini, Senior Manager, Advisory Gli impatti sui solvency ratio stimati a fronte dell’applicazione della Direttiva Solvency II suggeriscono alle imprese di assicurazione e riassicurazione di avviare una riflessione sul proprio portafoglio prodotti in un’ottica di capital planning riskbased. A tal fine, Own Risk and Solvency Assessment (ORSA) può rappresentare un elemento a supporto delle imprese di assicurazione in quanto finalizzato a integrare la valutazione e la gestione dei rischi nei processi operativi e decisionali secondo un approccio di Enterprise Risk Management. Pertanto l’ORSA, disciplinato dalla Direttiva Solvency II quale tema chiave all’interno del Sistema di Governance, si configura come un ulteriore passo avanti nella direzione già intrapresa dall’ISVAP con il Regolamento 20 del 2008 in materia di evoluzione dei modelli di risk management per le imprese di assicurazione. La norma richiede alle imprese di assicurazione e riassicurazione, nell’ambito del proprio sistema di gestione dei rischi, di procedere alla valutazione interna del rischio e della solvibilità e di informare l’Autorità di Vigilanza sui relativi risultati. comunicare i rischi di breve e lungo termine che le imprese di assicurazione e riassicurazione devono o potrebbero affrontare, sia per determinare il capitale necessario per assicurare che l’impresa sia in grado di rispettare i requisiti complessivi di solvibilità; • diffondere, all’interno della realtà aziendale, un insieme di strumenti concretamente utilizzabili nella gestione dell’impresa e nei processi che interessano le scelte di business e le decisioni strategiche (strategic tool); • facilitare il dialogo con le Autorità di Vigilanza che periodicamente devono essere informate sui risultati del rischio e della solvibilità dell’impresa. Pertanto, le compagnie di assicurazione dovrebbero porsi l’obiettivo di considerare l’ORSA come un’opportunità per trasformare gli investimenti sostenuti per adeguarsi alla Direttiva Solvency II in reale valore per la gestione del business. In tal senso l’ORSA6 si propone di conseguire diverse finalità: Ne consegue che l’adozione di un framework che rafforzi le attività di valutazione dei rischi e renda affidabile la valutazione della solvibilità dell’impresa permettendone l’utilizzo dei risultati nella gestione del business rappresenta un essenziale driver di sviluppo della compagnia. Questo permette, inoltre, di conseguire indubbi benefici quali: • integrare il sistema di risk management attraverso la definizione dell’insieme di processi e di procedure utilizzati sia per identificare, stimare, monitorare, gestire e • la maggiore coscienza dei rischi complessivi, direttamente quantificabili e stimati (risk understanding), individuando tutti i rischi materiali e non soltanto quelli inclusi nel calcolo dei 6 La versione finale delle linee guida definitive (CEIOPS level 3 guidance) per l’applicazione dell’ORSA saranno disponibili nel quarto trimestre del 2011. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II requisiti di capitale regolamentare7 e delle riserve tecniche; • la valutazione integrata dei rischi (risk aggregation) per una corretta determinazione dei fabbisogni necessari alla solvibilità complessiva e un conseguente risparmio di capitale a fronte delle correlazioni tra i rischi analizzati; • la corrispondenza tra il capitale accantonato e i relativi rischi coperti; • l’adozione di una prospettiva forward-looking che incrementa la capacità di valutare gli impatti delle variazioni del contesto competitivo sul profilo di rischio della compagnia. La figura a lato illustra i principi guida per far leva sui benefici che l’ORSA offre alle imprese di assicurazione e riassicurazione. Integrazione con i processi decisionali e di gestione Documentazione interne e valutazione indipendente Trasversalità su tutti i rischi materiali Principi guida dell’ORSA Regolare revisione e approvazione 7 29 Visione prospettica della solvibilità Solvency Capital Requirement e Minimum Capital Requirement. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II Ciò richiede che la metodologia adottata dalle compagnie per la gestione e la valutazione dei rischi evolva da un approccio reattivo a uno proattivo. of al Solvency pit Capital, Performance and Risk Management Ca Risk st Secondo l’approccio proattivo, invece, le decisioni strategiche e di business sono ‘informate’ anche da un’attenta valutazione degli impatti che le diverse tipologie di rischio possono avere in termini di solvibilità e delle relative implicazioni di capital planning. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo è necessario che le compagnie adottino un modello di Enterprise Risk Management che sia volto a diffondere la cultura di gestione e presidio del rischio nell’operatività della compagnia. Return Co Secondo l’approccio reattivo le scelte strategiche di gestione del business prescindono da analisi volte a verificare l’impatto di tali decisioni in termini di rischio e di solvibilità. In questo caso i modelli e gli strumenti di risk management sono principalmente finalizzati al monitoraggio dei rischi ex-post e alla redazione dell’informativa standard richiesta dalle autorità di vigilanza (ISVAP, Consob, ecc.). • L’area Operations deve adottare modelli di business performance management, sviluppare sistemi informativi e basi dati per consentire il trattamento di tutte le informazioni necessarie per una corretta gestione dei rischi, adottare nuovi processi di data quality atti a garantire la completezza, la consistenza e la pertinenza dei dati e avviare i programmi di formazione del personale. • Le funzioni di Business (Commerciale, Sviluppo Prodotti, ecc.) devono adeguare i processi di sviluppo e collocamento di nuovi prodotti per gestire i limiti di rischio e il livello di capitale allocato. Inoltre, devono essere adottati sistemi di pricing che considerino anche i fattori di rischio ai quali siano correlati i sistemi di remunerazione della rete di vendita. an ce L’ORSA rappresenta, quindi, per le compagnie di assicurazione una sfida importante che richiede l’attivazione di un percorso di sviluppo finalizzato a promuovere processi di crescita virtuosi affinché la gestione del rischio diventi uno dei driver strategici di sviluppo del business e di allocazione del capitale (capital planning) rispetto agli obiettivi definiti. r fo rm Il percorso evolutivo Pe 30 Capital Ne consegue che l’adozione di un approccio proattivo richiede necessarie innovazioni in molteplici ambiti. •Il risk framework deve focalizzarsi sull’integrazione logica tra rischio (risk management) e capitale (capital planning), sull’auto-diagnosi della ‘tenuta’ del modello interno (target) per la determinazione dei requisiti patrimoniali e sul completamento della risk governance attraverso l’introduzione del ‘nuovo processo’ di valutazione di adeguatezza patrimoniale. • Il performance management deve sviluppare sistemi di misurazione della performance, abbandonando l’utilizzo ‘esclusivo’ di indicatori tradizionali (es. ROE) a favore di metodologie di risk e value based management e introducendo meccanismi di rewarding aggiustati per il rischio. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Verso Solvency II La soluzione KPMG Advisory L’introduzione dell’ORSA e la sua declinazione all’interno dei diversi processi aziendali comportano per le compagnie assicurative una serie di cambiamenti a più livelli della realtà aziendale. In relazione a tale aspetto, KPMG Advisory ha sviluppato una soluzione modulare integrata che segue la logica dell’approccio proattivo (in ottica di Enterprise Risk Management) con lo scopo di supportare le compagnie assicurative nel ‘processo di cambiamento’ che l’implementazione dell’ORSA comporta all’interno dell’operatività aziendale. La soluzione KPMG Advisory si articola in sei moduli. M I ENT TAM ZE POR N COM MPETE E CO ORSA PO L PR ICY E OC ES SI I LL E OD OR GA NI ZZ AZ IO NE SISTEMI E DATI 31 3Il modulo ‘Processi’ si pone come obiettivo il disegno del nuovo processo di auto-valutazione (ORSA) e la predisposizione di policy e declinazione delle stesse in circolari operative per la gestione del processo ORSA e per la gestione di ciascuna tipologia di rischio identificato (ad esempio limiti operativi, presidi organizzativi, controlli). Contestualmente è prevista la review e la ridefinizione dei processi decisionali, strategici e operativi per una loro integrazione con il processo ORSA al fine degli use test (ad esempio elaborazione del capitale per rischio e per unità di business, elaborazione piano industriale risk-based, monitoraggio del risk profile della compagnia). 4Il modulo ‘Sistemi e dati’ è finalizzato all’aggiornamento delle attuali strutture IT e delle funzionalità di calcolo per la determinazione della solvibilità dell’impresa oltre che all’individuazione delle componenti specifiche necessarie per supportare il processo ORSA. Inoltre è prevista l’introduzione di meccanismi di Data Quality Management (DQM) attraverso l’applicazione di una metodologia processdriven. 5Il modulo ‘Modelli’ si sostanzia nello sviluppo e nell’applicazione del modello target di rilevazione, valutazione, monitoraggio, gestione e rappresentazione dei rischi aziendali, in sinergia con i modelli di data management, i modelli di Risk Governance & Compliance e i modelli di stress test. 6Il modulo ‘Monitoring & Reporting’ ripercorre gli 1Il modulo ‘Organizzazione’ prevede la definizione della struttura organizzativa di riferimento per la gestione del processo ORSA nelle fasi di disegno e di realizzazione e nelle successive modalità di business as usual e integrazione del processo ORSA all’interno del sistema di Governance identificando il modello di riferimento in cui sono esplicitati ruoli, responsabilità e flussi informativi tra ciascuno degli attori coinvolti. 2Il modulo ‘Competenze e comportamenti’ richiede lo sviluppo di una cultura aziendale finalizzata alla piena comprensione delle dimensioni del rischio, delle relative prospettive e legami con le singole variabili aziendali, nonché dei principi per una sua adeguata gestione attraverso l’individuazione di strumenti (tra cui piani di formazione dedicati) e tecniche di gestione del cambiamento organizzativo (change management) finalizzati ad una maggiore attenzione ai rischi nei processi di gestione del business e nei processi direzionali strategici. strumenti di reporting direzionale per integrarli con i nuovi requisiti previsti dall’ORSA, proponendosi di realizzare una reportistica interna ed esterna coerente con gli obiettivi di gestione dei rischi. Contestualmente definisce le modalità di supervisione e monitoraggio dei rischi al fine di permettere la valutazione attuale e prospettica dell’abilità dell’impresa di rispondere al fabbisogno di solvibilità e l’individuazione dei rischi per i quali l’impresa è o potrebbe essere maggiormente esposta. La soluzione modulare e integrata proposta da KPMG Advisory sfrutta le leve aziendali, a livello strategico e operativo, per trasformare gli investimenti per l’adempimento normativo in reale valore per il business offrendo l’opportunità di integrare la dimensione rischio nei processi operativi e decisionali. Ciò per una gestione proattiva dei rischi volta a consentire all’impresa di assicurazione di correlare la redditività alla più efficiente allocazione del capitale. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. 32 Verso Solvency II Conclusioni La piattaforma regolamentare Solvency II rappresenta un progetto a forte impatto per il settore assicurativo, non solo in termini di costi di adeguamento e di modalità di determinazione dei requisiti patrimoniali, ma anche in termini di entità di capitale assorbito. I risultati della survey sembrano confermare questo scenario. Il processo di adeguamento alla nuova normativa implica, infatti, interventi significativi su molteplici ambiti aziendali che vanno supportati da una attività di change management per la diffusione della nuova cultura a tutti i livelli, sia manageriali che operativi. Innanzitutto richiede la definizione di metodologie tecniche valutative evolute, l’implementazione di modelli di calcolo complessi, la strutturazione di basi dati complete e affidabili, la definizione di architetture applicative robuste per la determinazione dei valori economici (Primo Pilastro). Prescrive, inoltre, l’individuazione di un sistema di governance che, mediante il disegno di un’adeguata organizzazione, di processi strutturati e specifiche policy aziendali, garantiscano la qualità delle misurazioni e dei controlli, il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle diverse funzioni aziendali, inclusa l’alta direzione, e la definizione di strategie gestionali basate su concetti di rischio/rendimento (Secondo Pilastro). Da ultimo la rivisitazione del sistema di reporting, sia per le strutture interne che per le autorità di vigilanza e per il mercato (Terzo Pilastro). Malgrado ciò, la gran parte degli operatori ritiene che il nuovo sistema produrrà benefici soprattutto in termini di gestione ed efficiente allocazione del capitale oltre che di misurazione e gestione dei rischi. La capacità di orientare in tal senso le strategie aziendali dipenderà, da un lato dal livello di consapevolezza dell’alta direzione e degli organi amministrativi in merito ai driver di rischio che determinano l’assorbimento di capitale, dall’altro dalla disponibilità per i vertici aziendali di opportuni strumenti di controllo (ad esempio Tableau de Board) e di pianificazione strategica, anche in ottica di ottimizzazione degli overall capital need e delle risorse patrimoniali disponibili. Per la portata delle sfide e per le tempistiche stringenti, le compagnie sono chiamate a gestire il processo di adeguamento in modo organico sui tre Pilastri. Solo in questo modo saranno in grado di gestire proattivamente la discontinuità per rendere più efficienti le strutture aziendali e la gestione delle risorse patrimoniali e per definire le strategie industriali che migliorino la propria competitività sul mercato. Le attività dovrebbero essere inoltre condotte tenendo conto dei paralleli e correlati progetti internazionali in tema di contabilità (ad esempio IFRS4 Fase 2). © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Note Per approfondire i temi della pubblicazione: Corrado Avesani Partner, Advisory [email protected] Michele Parisatto Partner, Advisory [email protected] Paolo Capaccioni Partner, Advisory [email protected] Andrea Rosignoli Partner, Audit [email protected] Paolo Colciago Partner, Audit [email protected] Antonella Chiricosta Associate Partner, Advisory [email protected] Danila De Pascale Partner, Advisory [email protected] Stefano Sagripanti Associate Partner, Advisory [email protected] Giuseppe Latorre Partner, Advisory [email protected] Pietro Stovigliano Associate Partner, Advisory [email protected] Fabio Papini Partner, Advisory [email protected] Stefano Zattarin Associate Partner, Advisory [email protected] kpmg.com/it Le informazioni contenute in questo documento sono tratte da una survey realizzata interpellando un campione di gruppi assicurativi operanti in Italia. Tutte le informazioni qui fornite sono di carattere generale e non intendono prendere in considerazione fatti riguardanti persone o entità particolari. Nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo in grado di garantire che le informazioni qui fornite siano precise ed accurate al momento in cui vengono ricevute o che continueranno ad esserlo anche in futuro. KPMG Advisory S.p.A. non attesta né garantisce in nessun modo l’accuratezza, la completezza e la correttezza delle informazioni ivi contenute. Questo documento non rappresenta un’offerta di vendita né una sollecitazione all’acquisto di alcun servizio, né vuole fornire alcun suggerimento o raccomandazione operativa o in termini di investimento. KPMG Advisory S.p.A. non si assume alcuna responsabilità per la perdita o i danni che potrebbero derivare dall’uso improprio di questo volume o delle informazioni ivi contenute. Il nome KPMG, il logo KPMG e “cutting through complexity” sono marchi registrati di KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. © 2010 KPMG Advisory S.p.A. è una società per azioni di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative (“KPMG International”), entità di diritto svizzero. Tutti i diritti riservati. Data di pubblicazione: ottobre 2010