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Organizzare la classe

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Organizzare la classe
Organizzare la classe
06/05/2005 10:56 AM
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Il sistema classe e la comunicazione
Parlare di sistema-classe e della comunicazione in classe implica
una riflessione sugli obiettivi e sulle relative attività didattiche, sulle
modalità di interagire e sul contesto fisico in cui avviene la
comunicazione.
Per motivi di chiarezza, si prenderanno in esame separatamente gli elementi della
classe come sistema comunicativo.
Organizzare la comunicazione in classe
Se pensiamo al contesto “fisico” dove avviene la comunicazione, potremmo anche
riflettere sull’opportunità di utilizzare diversi contesti “fisici”, soprattutto per
quanto riguarda il setting d’aula e l’organizzazione dell’assetto degli arredi e dei
materiali. La disposizione dei banchi, delle persone e degli oggetti e la loro
organizzazione saranno di volta in volta diversi per meglio rispondere alle
esigenze di una programmazione flessibile.
Così, al mutamento di
uno degli elementi
indicati nello schema ,
corrisponde poi una
diversa dinamica di
comunicazione.
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Dovremo tenere conto quindi di:
- possibile diversa intenzionalità comunicativa fra insegnante ed
alunno
Per esempio, l’insegnante che ha lanciato un’attività sullo sport può
volere coinvolgere l’alunno non italofono in una conversazione per
potenziare la sua competenza nel parlato, mentre l’alunno
parteciperà alla discussione solo perché motivato dall’argomento.
- la continua richiesta di feedback da parte dell’insegnante che
quindi non si accontenta del ruolo di emittente ma sollecita una
positiva alternanza di ruoli.
Per esempio, la conoscenza, da parte dell’alunno non italiano, di
elementi di cultura del proprio paese può provocare una richiesta di
informazioni. Infatti l’insegnante può rivelarsi meno competente
dell’alunno, in questo campo, instaurando quindi una salutare
simmetricità nella relazione o anche una asimmetricità a vantaggio
dell’alunno (Alunno//docente= one-up // one-down)
L’insegnante diventa quindi il “regista” della comunicazione ed è al
centro di un vero sistema où tout se tient, sinteticamente disegnato
nello schema.
Così una lezione sarà guidata dal docente, in un setting accuratamente
predisposto perché corrisponda all’attività prescelta. Le attività saranno svolte in
un contesto interazionale e relazionale appropriato. Tali attività risponderanno agli
obiettivi selezionati per la lezione, operazionalizzati in fasi di lavoro coerenti.
Agire in classe - e a maggior ragione in una classe plurilingue e plurietnica –
significa quindi tenere presenti ed organizzare di conseguenza
il perchè (?) (obiettivi)
il dove (?) si agisce (setting d’aula)
facendo che cosa (?) (attività)
come (?) si agisce (contesto interazionale)
Perché? Selezionare gli obiettivi
Una classe plurilingue e pluriculturale merita, da parte degli insegnanti,
un’attenzione particolare. La gestione di una classe, nella quale anche un solo
alunno parli un’altra lingua (e con possibilità di livelli di competenza diversi), se
deve essere organizzata come “classe”, scartando quindi momenti di didattica
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solo compensativa e di recupero, comporta comunque una selezione degli
obiettivi di insegnamento più attenta e meditata.
Torniamo quindi all’insegnante nella sua classe, prendiamo a titolo
di esempio, la classe seconda C, frequentata da Juan José e dalla
sua piccola amica sinofona. Emergono diverse variabili-alunno:
alunni con difficoltà solo di tipo linguistico, alunni particolarmente
competenti, alunni con problemi in tutte le materie, alunni
demotivati, alunni che intervengono volentieri ma poco diligenti,
alunni studiosi ma con scarsa voglia di comunicare... La classe, di
per se stessa, rappresenta quindi già un gruppo molto composito.
Un gruppo che richiederebbe comunque percorsi differenziati. Una
variabile in più è costituita da Juan José e da Hui-Min.
Entrambi sono non italofoni, quindi ma non ugualmente “nuovi”
all’ambiente. Mentre Hui Min è in Italia da un anno, ed aveva
frequentato la prima media in un’altra scuola, J.J. è arrivato in Italia
durante l’estate ed ha quindi iniziato la scuola media (in seconda)
dai primi giorni di scuola. Gli insegnanti hanno dovuto “provare” le
loro competenze. Hanno ovviamente usato prove di ingresso diverse
da quelle scelte per i loro compagni. Hanno verificato la loro
competenza nella lingua orale e scritta con una serie di test di
comprensione.
I loro risultati erano molto diversi. Juan José, ispanofono,
comprendeva quasi il 60% del parlato degli insegnanti, ma solo a
determinate condizioni: cioè quando il rapporto individualizzato al
momento della prova di ingresso modificava il parlato stesso del
docente nei termini di una selezione lessicale più attenta, di una
maggiore ridondanza, di un ritmo, non innaturale, ma comunque
meno veloce di quello usato normalmente nella classe. Inoltre, la
prova di verifica iniziale non riguardava ovviamente il parlato
curricolare ma ambiti di esperienza del bambino. La comprensione
della lingua scritta veniva verificata con test a scelta multipla, ma
Juan José, in castigliano, integrava le risposte, anche parlando,
dimostrando agli insegnanti che aveva “capito” ma che non sapeva
“dirlo” in italiano. La prova di scrittura, a risposte aperte, si era
invece dimostrata un fallimento perché Juan José poteva rispondere
solo in castigliano.
Per Hui-Min, invece, già scolarizzata in Italia da un anno, la
situazione si presentava completamente diversa: i problemi ancora
presenti nella comprensione nella lingua orale (dovuti alla distanza
fra “lingue”) facevano sì che, specie in situazioni di parlato
spontaneo del docente, piuttosto veloce, capisse un po’ meno
rispetto al suo compagno, ma la scolarizzazione, la presenza in
Italia, ed evidentemente anche la sua diligenza e la sua competenza
linguistica di base avevano favorito un buon apprendimento
dell’italiano. La sua produzione orale e scritta tendeva a essere
tutto sommato soddisfacente.
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Così due esempi ci richiamano al contesto di insegnamento
dell’italiano L2 nella classe ed alla necessità di una attenta selezione
di obiettivi e, soprattutto, di una programmazione a diversi livelli.
Ad esempio, dovremo prevedere una immaginaria divisione della
classe in tre fasce, che ci consente di “operare” in modo utile. A
queste tre fasce deve quindi essere riportata costantemente la
selezione degli obiettivi.
Per esempio, gli obiettivi di una unità di lavoro possono comportare
una serie di operazioni, in primo luogo, di semplice ascoltocomprensione, poi relative al chiedere e dare informazioni, e quindi
al raccontare e rielaborare, sino al riferire esperienze di altri, ed
infine all’esprimere opinioni. La prima fascia di livello dell’unità di
lavoro, nella quale sarà inserito Juan José, corrisponderà a obiettivi
limitati alla fase di ascolto-comprensione e di un minimo di
rielaborazione. Nella fascia di livello medio, nella quale
probabilmente sarà inserita Hui-Min, si chiederà una maggiore
rielaborazione, anche attraverso l’uso di facilitatori della
comunicazione (materiali iconici, parole-chiave scritte alla lavagna,
uso alternato e/o integrato di immagine-suono-testo).
Agli alunni di una ipotetica fascia di livello alto sarà richiesta una
capacità di sintesi ed espansione maggiore e la rielaborazione anche
personale dei contenuti.
Nella scheda didattica seguente, è presentata una esemplificazione
relativa a una unità di lavoro di geografia di una classe seconda
media, focalizzata sulla messa in sequenza degli obiettivi. Per
approfondire l’argomento appena sviluppato,
Dove e che cosa? Il setting d’aula e le attività
Noi facciamo lezione in aule molto diverse: spaziose, limitatissime, luminose,
buie, troppo luminose, rumorose, poco rumorose, con una buona acustica, con
una pessima acustica; gli arredi a disposizione sono anche di diversa qualità. I
sussidi e gli strumenti a disposizione sembrano rispondere a logiche perverse di
distribuzione. La situazione delle nostre scuole dell’obbligo, dal punto di vista
edilizio e dal punto di vista degli arredi, non può quindi essere sistematicamente
definita come “soddisfacente” o “deludente”, proprio per la complessa e varia
mappa dell’esistente. Non inventeremo quindi “scuole modello” il cui numero è
esiguo, ma nemmeno ci presteremo alla soluzione di comodo di “non muovere
nulla” per la scarsità dei mezzi e le spesso oggettive difficoltà strutturali.
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La nostra esperienza, specie a livello di formazione, è che gli
insegnanti abbiano invece molta voglia di “cambiare” e che spesso
basti solo una riflessione più rassicurante e meno rivendicativa di
strutture ottimali e mezzi costosi, per innescare una migliore
organizzazione delle attività, in una soluzione di setting d’aula meno
rigido. Soprattutto, anche in base alle risposte date da molti docenti
in seminari di formazione, si ritiene che la flessibilità delle soluzioni
didattiche si accompagni necessariamente alla flessibilità di soluzioni
organizzative e di sistemazione “fisica” degli alunni, del docente,
degli arredi stessi all’interno dell’aula.
Le proposte che seguono sono proprio il frutto di riflessione di docenti, in diversi
corsi di aggiornamento; in particolare ho raccolto le “ultime specifiche esperienze”
in termini cronologici (docenti di elementari, medie e liceo delle Scuole Italiane di
Buenos Aires e San Paolo del Brasile, 1998-99; docenti di Scuole elementari e
medie della provincia di Genova, 1997-1998-1999).
Ogni figura corrisponde ad una possibile sistemazione del docente, degli alunni e
della classe.
Per ognuna di queste possiamo evidenziare le attività che corrispondono ai diversi
setting d’aula, tenendo conto che la classe-scenario è plurilingue e plurietnica. La
prima situazione da noi scelta rappresenta, specie per la scuola media, in genere,
la normalità.
Ci troviamo nell’aula disposta con i banchi a “platea”, o per la cosiddetta
"lezione frontale". L'insegnante sta alla cattedra o si muove fra i banchi;
gli alunni non si guardano in faccia; i primi banchi, se l'insegnante non
si muove in continuazione nella classe sono quelli "più vicini", non solo
in termini di vicinanza fisica ma anche di contatto emotivo nella
comunicazione... A quali attività didattiche di tipo linguistico è
soprattutto adatta tale sistemazione?
Intanto una risposta
ovvia è che tale
sistemazione può essere
utilizzata per la prima
presentazione di un input
testuale, se si tratta di
un testo che viene letto
dall'insegnante.
Ma l’insegnante, in una
classe disposta in tale
forma, dovrà tenere un
tono di voce molto alto,
declamare e leggere il
brano con maggiori
strategie di recitazione di
quante ne userebbe, per
esempio, se la classe
fosse disposta veramente
come in un teatro, per
esempio con molto
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distacco fra cattedra e
banchi...
Se poi l’input fosse dato
da un film, la migliore
sistemazione resterebbe
senz’altro quella prevista
nella figura a destra.
In questo caso, l’utilizzo del mezzo audiovisivo impone in qualche modo una
scelta. Tale prima riflessione ci porta a una serie di considerazioni.
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La classe a platea, la classe per vedere un film
Attività di tipo linguistico in una classe disposta a platea, oppure nella classe disposta a
“sala cinematografica”.
Nella classe sono presenti anche alunni non italofoni.
Indicazioni prioritarie
Nella classe disposta a platea l’attenzione degli allievi deve convergere verso un punto
focale, che può essere costituito dall’insegnante, da uno o più oggetti (ben visibili da
tutti), da altri bambini che compiono determinate azioni (ad esempio giocano o mimano
ecc.), o da una carta geografica, un mappamondo, o da uno schermo ecc.
Esempi di attività linguistiche
*Giochi linguistici fatti alla lavagna, ad esempio, ricerca di sinonimi, ricostruzione di
parole o frasi incomplete, collegamento di opportuni aggettivi ai nomi, costruzione di
frasi utilizzando diversi tempi verbali, ecc.
*Lettura e decodificazione di un testo, letto dall’insegnante o dagli allievi, o scritto alla
lavagna, con ricerca dei termini tecnici, o relativi ai vari tipi di linguaggio ecc.
*Brevi elaborazioni individuali su di un tema prefissato, successiva lettura in classe di
ogni componimento e correzione collettiva, con interventi degli allievi e discussione degli
errori o delle inesattezze terminologiche.
*Individuazione di termini specifici a cui gli alunni devono arrivare attraverso il gioco
dei mimi, presentato da un alunno o da un piccolo gruppo.
*Giochi strutturati con cui, attraverso semplici domande (sulla forma, il colore, la
dimensione ecc.), gli alunni devono individuare un oggetto nascosto nella classe. *Test
di attenzione, ad esempio osservazione di oggetti esposti sulla cattedra, ben visibili da
tutti, e successivo elenco, dopo che gli oggetti sono stati tolti o coperti.
*Visione di una o più scene di un film o di un documentario, con interruzione del
filmato ed individuazione delle frasi-chiave o delle parole-chiave per comprenderne la
tematica.
*Visualizzazione sulla carta geografica dei termini relativi al linguaggio geografico (ad
esempio isola, penisola, istmo, arcipelago, ecc.).
La figura sotto è quella che meglio si presta ad una lezione a classe
intera; in questo caso, gli alunni si guardano tutti in faccia e guardano
l’insegnante. Al posto dell’insegnante vi può essere lo schermo, o il
monitor per assistere alla proiezione. Vicino all’insegnante vi può essere
la lavagna tradizionale o quella luminosa o quella a fogli mobili.
La disposizione a ferro di
cavallo, in genere
utilizzata per una gestione
d’aula nella quale tutti si
guardino in faccia e
possano così confrontarsi
non solo a livello di testo
orale prodotto ma anche
di elementi extra-verbali,
può essere rivisitata nella
situazione della classe
pluriculturale come
“struttura fisica di
accoglienza”.
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Esempio di Attività Didattica: Il ferro di cavallo
Esempi di attività di tipo linguistico, specialmente finalizzate all’accoglienza ed
all’integrazione.
Si ipotizza una situazione di accoglienza-integrazione in una classe prima media con
alcuni alunni di altra lingua e altra cultura. Questi ultimi saranno disposti in modo tale
da non farli sentire esclusi dal gruppo classe. Li inviteremo quindi a prendere posto
nella parte centrale del “ferro di cavallo”. Si procederà poi a svolgere alcune delle
seguenti attività:
- intervista a catena con domande fisse (questionario) integrata dall’uso di schede
iconiche
- parole domino (nave, vela, lana, nato, topo...) e per categorie (fiori, animali...)
- gioco di mimo: un alunno al centro mima il titolo di film, canzone, libro
- costruzione di un testo iconico (fiaba, narrazione,…) sempre con il procedimento a
catena, pescando ognuno un’immagine-guida su un cartoncino
- passaparola (sia in italiano che nella lingua degli alunni di altra lingua ed altra cultura)
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