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The Catcher in the Rye1 , l`unico ed eterno romanzo di
“Sostengo che gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi tendono a lasciare, del
proprio passaggio, segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e
creativi”.
Il professore Antolini così parlò a Holden.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, Einaudi ET, Torino, 1961, p.221.
The Catcher in the Rye1, l’unico ed eterno romanzo di Jérôme
David SALINGER che incarna una nuova categoria sociale:
l’adolescenza.
Jérôme David SALINGER: la sua vita come un romanzo.
Accanto al fenomeno del best-seller costruito, esiste in America un modo per
accedere alla notorietà diametralmente opposto. Uno scrittore che crea e parla
pochissimo può imporsi all’attenzione di un vasto quanto scelto pubblico di lettori
e persino diventare oggetto di culto per tutta una generazione.
È il caso dello scrittore statunitense Jérôme David SALINGER, nato a New
York nel 1919 e morto a Cornish, nello stato del New Hampshire, all’età di novantuno anni, nel
2010.
J. D. SALINGER era figlio di un ebreo di origini polacche, commerciante di carni, finito il college
abbandonò tutto per imbarcarsi su una nave di crociera e solo più avanti accettò di entrare
nell’impresa del padre che lo mandò alla filiale di Vienna da dove fuggì giusto un mese prima
dell’annessione nazista.
Tornato in patria, frequentò il corso di scrittura della Columbia University e il suo insegnante gli
pubblicò il primo racconto nel 1940. Era il periodo in cui si dimostrava entusiasta del buddismo
zen.
Nel 1942 prese parte alla guerra in Europa, fu presente allo sbarco in Normandia e alla battaglia
dell’Ardenne, quindi assegnato al controspionaggio, fu tra i primi a entrare nei lager tedeschi
liberati. Anche in guerra non smise mai di scrivere e, al ritorno in America, fece sensazione con un
1
Il titolo originale The Catcher in the Rye alla lettera si traduce “l’acchiappatore nella segale, il coglitore nella
segale, il pescatore nella segale”. L’espressione rievoca un verso del poeta scozzese Robert BURNS che il giovane
Holden ricorda sovente storpiandolo. L’immagine che gli rammenta questo verso pensato in modo inesatto, è quella di
un gruppo di bambini che giocano in un campo di segale. Nel corso di un colloquio tra Holden e la sorellina Phoebe sul
futuro Holden confessa che da grande vorrebbe fare l’acchiappatore di bambini nella segale per impedire che cadano in
un dirupo. Holden percepisce che i giovani sono portatori di una visione del mondo alternativa a quella consumistica e
arrivista, sa anche che poco alla volta essi perdono la carica umana e si adeguano al mondo in cui vivono. Vorrebbe
salvaguardare i valori dell’infanzia, evitando questa trasformazione. Ai lettori americani le parole”catcher” e “Rye”
sono molto familiari con un significato del tutto moderno. In una squadra di baseball, munito di guantone, corazza e
maschera protettiva è chiamato “catcher”, il prenditore, colui che sta dietro il “batsman”(battitore) e cerca di afferrare
la palla lanciata dal”pichter”(lanciatore) se il battitore non la respinge con la mazza. Col nome di “Rye” si designa
comunemente il whisky-rye” il popolare tipo di whisky ottenuto dalla fermentazione della segale o da una mescolanza
di segale e di malto.
1
racconto intitolato “A Perfect Day for Bananafish” (Una perfetta giornata per i pescibanana,
tradotto in lingua italiana) e pubblicato su The New Yorker, grazie al quale ebbe un contratto di
prelazione per tutti i suoi futuri lavori.
Prima di partire soldato aveva scritto un racconto il cui protagonista era Holden Caulfield e diceva
che era una figura che avrebbe meritato un romanzo. Il 16 luglio 1951 pubblicò il romanzo
capolavoro The Catcher in the Rye (L’attrape-coeurs, in francese e Il giovane Holden, in
italiano) che gli valse ampia notorietà ma apprezzamenti non sempre positivi da parte della critica
letteraria.
Qualcuno gridò allo scandalo per la forte componente contestataria, per il linguaggio disinibito e
per come affrontava temi come la religione, il sesso e il rapporto conflittuale con i genitori. E
ancora oggi c’è chi come Mariarosa Mancuso inserisce lo scrittore statunitense J. D. Salinger
autore de The Catcher in the Rye nella del tutto personale lista di”impresentabili”, accanto a
Jonathan LITTEL con il suo “Les bienveillantes”, a Charles DICKENS con il suo ”David
Copperfield”, a Bret Easton ELLIS autore de “American Psycho”, a Henry JAMES con il
suo”Ritratto di Signora”, a David GRUBB autore de “La morte corre sul fiume”, “non
perdonandogli la petulanza, il narcisismo e gli insulti sparati a casaccio contro il romanzo e contro
il cinema” (La Lettura N°63, supplemento culturale del Corriere della Sera di domenica 27 gennaio
2013, p.19) e chi, come lo scrittore Jay McINERNEY, sulle pagine de La Lettura N°100
supplemento culturale del Corriere della Sera di domenica 20 ottobre 2013, scrive che quando nel
2012 ebbe l’incarico per il New York Times di recensire le ultime biografie di J. D. Salinger ebbe
modo di esplorare la psiche distorta dell’autore de The Catcher in the Rye e di dire che “Salinger
era affetto da gravi problemi psichici, esacerbati dallo stress post-traumatico scatenato
dall’orrifica esperienza di essere stato tra i primi dopo la guerra a liberare il campo di
concentramento tedesco. Il suo mito, secondo McInerney è dovuto all’alone di mistero che lo
circondava in vita più che alle sue opere. Ma, continua McInerney, un solo libro non gli basterà
per passare alla storia accanto a giganti come Ernest Hemingway, W. Faulkner, F. Scott
Fitzgerarld e Philip Roth”.
Particolarmente interessante è l’articolo molto critico di Jouathan YARDLEY dal titolo
“J.D.Salinger’s Holden Caulfield Again Gracelessly”(L’Holden Caulfield di J.D.Salinger nell’età
sgraziata) apparso sul sito del Washingtonpost.com il 19 ottobre del 2004.
Pur riconoscendo che dalla sua pubblicazione il romanzo di Salinger The Catcher in the Rye si
andava affermando come un documento essenziale dell’adolescenza americana, un testo che ogni
insegnante di scuola superiore doveva mettere nella lista dei libri da leggere durante l’estate, non
capisce che cosa suscitasse tutto quell’entusiasmo che si respirava attorno al libro, anche se in parte
si poteva spiegare con il celebrato isolamento dell’autore che aveva avuto l’effetto di mantenerlo
sempre presente all’attenzione del pubblico quasi mitizzandolo. Il critico ribadisce che The
Catcher in the Rye può essere rifilato ai ragazzi come un libro su se stessi ne è richiesta la lettura
come terapia, un modo per incoraggiare i giovani a fare il bagno nelle acque tiepide e tranquille
dello scontento e dell’autocommiserazione senza farli pensare. Salinger punta sull’emotività degli
adolescenti e sfrutta le emozioni del lettore, a volte alcuni passaggi sono per il critico manipolativi
in modo scandaloso. In verità può essere stato un caso che The Catcher in the Rye abbia creato
l’adolescenza come ora noi la conosciamo, una condizione che a malapena esisteva fino a che
Salinger non l’ha definita. Lo scrittore ha presentato la ribellione piagnucolosa come connaturata
all’adolescenza ed essa è rimasta tale fin da allora. Secondo il critico, The Catcher in the Rye è un
romanzo maldestro, stucchevole ma non ci possono essere dubbi sulla sua popolarità o influenza e
questa è dovuta all’assoluta innocente sincerità con la quale il romanzo è stato scritto. Esso può
essere considerato manipolativo ma non ipocrita qualunque siano i suoi difetti, viene dal cuore, non
dal cuore di Holden Caulfield ma dal cuore di Salinger. Ha detto tutto quello che doveva dire in
esso poiché probabilmente non aveva altro da dire.
2
Da un lato il critico YARDLEY condivide il disprezzo di Holden per i “peonies” (gli ipocriti) così
come la sua sensazione di essere diverso e della sua solitudine, ma, dall’altro, gli sembrava che
Holden fosse ipocrita come quelli che criticava con un fare piagnone e egotista. Per YARDLEY era
abbastanza facile identificarsi con l’angoscia di Holden adolescente ma gli sembrava che l’eroe di
Salinger assumesse una posa e che i suoi tormenti rispondessero a un atteggiamento costruito sulla
carta. Per l’articolista The Catcher in the Rye e il libro di Hemingway The Old Man and the Sea
(Il vecchio e il mare) pubblicato l’anno successivo a quello di Salinger, due libri tanto amati nella
letteratura americana, sono due dei peggiori sicché rileggere The Catcher in the Rye era quasi una
penosa esperienza. La combinazione della prosa esecrabile del suo autore e il narcisismo puerile di
Holden Caulfield, a suo dire, producono effetti penosi.
Tra gli altri libri di J. D. Salinger segnaliamo “Nine Stories” (Nove storie), una raccolta di racconti
molto brevi, “Raise High the Roof Beam, carpenters” e “Seymour. An Introduction” (Alzate
l’architrave, carpentieri. Un’introduzione) pubblicati nel 1963, e “Franny and Zooey” (1961), due
racconti complementari su di un fratello e una sorella.
Dal 1980 Salinger non concesse interviste e già dal 1953, poco dopo la pubblicazione del suo
capolavoro, aveva scelto uno stato di quasi totale isolamento.
Ritiratosi nella cittadina di Comish (New Hamshire) Salinger si mostra sempre più intollerante
verso le conseguenze della celebrità. Si rifiuta di parlare sdegnosamente con i giornalisti cerchiando
la sua dimora di alti steccati sottraendosi così al mondo dei tanti suoi sostenitori e adoratori non
senza evocare la pura ribellione di Caulfield.
Il suo ultimo scritto era apparso il 19 giugno 1965 sul The New Yorker e da allora nessun altro
scritto di Salinger é stato pubblicato e lo scrittore non ha mai autorizzato la pubblicazione di un suo
qualsiasi nuovo testo né ha permesso che altri suoi racconti fossero adattati per il cinema malgrado
le numerose sollecitazioni2.
Sulla scelta di Salinger di allontanarsi dal mondo si sono formulate parecchie ipotesi. La
spiegazione che ne dà Salinger stesso ci sembra attendibile. Essa poggia sul ruolo e sulla funzione
dello scrittore nel mondo contemporaneo. Personaggio pubblico per natura, Salinger ritiene il
mestiere di scrivere non necessariamente compatibile con altre forme di pubblicità, audiovisive in
particolare, e con il funzionamento mediatico in generale. Nella letteratura americana il mito di
Salinger non è un caso unico. Dopo aver conosciuto uno straordinario successo con To Kill a
Mockingbird(1960), Harper Lee non ha più scritto fino ad oggi. Due tra i più grandi scrittori
americani viventi, Thomas Pynchon e Cormac McCarty, rifiutano di apparire in pubblico. Un
modo di essere che evoca altri celebri reclusi a differenti livelli più o meno patologici: il musicista
Glen Gould, l’attrice Greta Garbo e l’uomo d’affari Howard Hughes. Nell’epoca del regno
dell’immagine, della notorietà, questi personaggi hanno bisogno di essere testimoni dell’anonimato,
non del riconoscimento pubblico e ricercano in un modo o in un altro, l’isolamento. Sicché la
notizia della morte dell’autore de The Catcher in the Rye, il 27 gennaio 2010, non ha suscitato
grande commozione. Non soltanto perché il personaggio recluso non suscita simpatia ma anche
perché Salinger-autore era già morto da più di cinquant’anni. Non semplicemente perché ha vissuto
2
Ma, nel nuovo libro su Salinger dei due ricercatori David Shiels e Shane Salerno, apprendiamo che il creatore di una
sitcom, It’s a Man’s World, oggi dimenticata, Peter Tewksbury, grande fan di Salinger, aveva spedito parecchie
bobine della sua sitcom a Salinger allo scopo di parlare con lui e farsi invitare a casa dallo scrittore che aveva talmente
amato la serie da essere disposto ad accettare di lavorare su di un soggetto filmico con Tewksbury regista.
Questa notizia smentisce la leggenda secondo la quale Salinger si opponeva caparbiamente a ogni versione filmata dei
suoi racconti dopo il sonoro fiasco di My Foolish Heart (Questo mio folle cuore), un film di Mark Robson.
Il progetto di Tewksbury non andò a buon fine. È vero che Salinger era pronto a autorizzare l’adattamento di uno dei
suoi più bei racconti, Per Esmé con amore e squallore, tratto dal suo racconto “Uncle Wiggily in Connecticut”, di cui
aveva scritto di suo pugno la sceneggiatura ma Salinger voleva scegliere l’attrice che avrebbe rappresentato Esmé.
Proposta che il regista Tewksbury non accettò sicché il film non prese mai l’avvio.
3
fuori dallo sguardo di tanti suoi connazionali, ma perché si è visto identificato ed annullato dal suo
unico romanzo.
Paradossalmente c’è da dire che non pubblicando altro, Salinger è diventato definitivamente
scrittore, l’autore di un testo universale.
Se molti scrittori sono conosciuti per la loro fama, Salinger lo era per la sua tenacia a evitarla in
qualunque forma gli si presentasse. Pur tuttavia questo grande assente della scena letteraria era
molto più presente nell’immaginario dei lettori. I cinici vi trovarono materia da dileggiare
ricordando che non c’era miglior modo per attirare l’opinione pubblica che ammantarsi di questo
mistero in una società dove trionfa lo spettacolo. Pochi libri pubblicati, raccolte di brevi racconti,
superati nel 1951 con l’apparizione del suo unico capolavoro narrativo The Catcher in the Rye che
resiste al tempo e alle critiche perché è uno dei rari romanzi del XX° secolo che abbia
profondamente segnato parecchie generazioni e in più continenti. Una lettura considerata come un
rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Si parla di sessanta milioni di esemplari venduti, un
successo che non accenna a diminuire al punto che si crede che l’espressione ampiamente usata di
libro-culto sia stata inventata espressamente per esso. Il nome stesso del narratore Holden Caulfield
è diventato una parola d’ordine, una sorta di apertura tra i lettori che non si conoscono e che gli
indirizzano proposte di ammirazione. Ciò malgrado, Salinger che non ha mai ceduto i diritti del suo
romanzo per adattamenti cinematografici non ha mai potuto impedire che David Chapman,
l’assassino di John Lennon portasse con sé un esemplare con dedica del suo romanzo prima di
ucciderlo. La stessa cosa accade a John Hinckley Jr., l’uomo ossessionato dall’attrice Jodie Foster
che il 30 marzo del 1981 solo per impressionarla tentò di uccidere il Presidente degli Stati Uniti,
Ronald Regan. Il libro di Salinger fu trovato nella sua stanza d’albergo. Nel film”Ipotesi di
complotto” il protagonista è un tassista newyorchese ossessionato dall’idea di una gigantesca e
terribile cospirazione. Jerry Fletcher, il nome del tassista, vive in un appartamento, dove ha
ricoperto di materiale ignifugo le pareti interne. Tiene il frigo chiuso con un lucchetto e il cibo in
contenitori cilindrici con combinazione. La casa è piena di copie di The Catcher in the Rye che
l’uomo compra in modo ossessivo. Anche nella musica il romanzo di Salinger è accostato a gruppi
rock”maledetti”. È il caso dei recenti Green Day che hanno scritto “Who Wrote Holden
Caulfield” e dei Guns’n Roses “The Catcher in the Rye”.
Ebreo newyorchese da parte di padre, cattolico irlandese da parte di madre, J. D. SALINGER era un
americano e ha conosciuto anche lui le tappe classiche di molti scrittori americani, e cioè, una
scolarità abbastanza mediocre, la rivolta contro il padre fino ad allontanarsene definitivamente,
turbamenti fisici e psichici originati dalla sua partecipazione alla Seconda Guerra mondiale.
Molti scrittori della sua generazione hanno vissuto questa realtà, ma lui solo è riuscito a raccontare
in modo così efficace gli smarrimenti del giovane Holden Caulfield, le sue collere di adolescente in
crisi provate a New York durante i tre giorni nei quali si snoda il racconto di questo scivolamento
progressivo verso la follia, lontano da Pencey Prep che lo aveva espulso per la sua manifesta
impreparazione in più discipline, un college fortemente ispirato ai principi dell’accademia militare
di Valley Forge, in Pensylvania. Un modo del tutto affascinante di coinvolgere il lettore fin
dall’inizio per renderlo complice e non lasciarlo più per duecentocinquantacinque pagine, un
umorismo incrociato con parole gergali di una rara immaginazione, la volgarità del linguaggio, una
scrittura falsamente costruita sull’oralità della lingua parlata, l’erranza di un giovane nella città, le
scene sessualmente ambigue, l’incapacità a comunicare con gli altri, la connivenza col professor
Antolini, i sentimenti molto forti per Allie il suo carismatico fratellino morto e la sua sorellina
minore Phoebe, tutte cose che marcano la sua singolarità.
The Catcher in the Rye è certamente diventato un classico da quando lo riscoprì ed esaltò la rock
generation che in quell’adolescente tormentato vide una sorta di fratello ideale di James Dean, un
4
anticipatore delle insofferenze del ’68. Così Holden si è conquistato un posto nell’immaginario di
tanti giovani diventando emblematico. Salinger racconta della ribellione e dell’impossibilità a
essere adulti, come ha fatto tanta letteratura americana da Tom Sawyer di Mark Twain a Mr.
Vertigo di Paul Auster, quasi fosse il paese a non poter diventare adulto, orfano e lacerato tra la
libertà personale e la necessità di una comunità di appartenenza.
The Catcher in the Rye, un romanzo ancora moderno?
*************
Dal lato delle vendite è lontana l’età della pensione per Holden Caulfield. Con più di sessanta
milioni di copie vendute nel mondo dal 1951, The Catcher in the Rye continua a far parte della
lista dei dieci libri più letti. Secondo un articolo del Washington Post del 2004, circa
duecentocinquantamila copie sono vendute ogni anno.
Perché un tale successo?
Certamente perché il testo di Salinger affronta temi che non invecchiano, portando la riflessione su
temi di grande attualità quali l’adolescenza, il passaggio dall’infanzia all’età adulta e tutte le
questioni esistenziali che si vivono in questa difficile e complessa età di transizione.
Se la modernità del libro di J. D. SALINGER è giudicata dalle censure che il romanzo ha ricevuto,
The Catcher in the Rye non teme confronti. Dopo essere rimasto tra il 1961 e il 1982 il libro più
discussocensurato nei licei e nelle biblioteche americane(secondo un articolo apparso sul Modern
English Review), il romanzo di Salinger resta ancora oggi un testo che fa polemica. Esso appare
regolarmente (nel 2005 e 2009) nella lista dei dieci libri più criticati nel suo paese d’origine. Il
romanzo di Salinger ha ricevuto un numero abbastanza cospicuo di denunce da parte di uno o più
gruppi di persone e nel caso di Salinger, di gruppi di genitori di allievi preoccupati che i loro figli
dovessero studiare un libro che ha riferimenti sessuali espliciti e un linguaggio forte e, secondo
alcuni, volgare e offensivo.
Non bisogna però trarre conclusioni affrettate sulla supposta carica sovversiva del romanzo anche
perché in questa lista ci sono altri romanzi ben più violenti come quelli da cui sono state tratte le
serie Gossip Girl e Twilight.
Holden Caulfield, nonostante la sua ostentata volontà di trasgressione, non si comporta come un
degenerato. Così, con la prostituta che viene nella sua stanza, non fa che parlare, impaurito di
perdere la sua verginità e troppo rattristato all’idea che una ragazza della sua stessa età possa
vendere il suo corpo senza provare nulla di passionale e di sentimentale e viene alle mani con il suo
compagno di stanza quando apprende che questi ha forse fatto all’amore nella parte posteriore di
una macchina con uno dei suoi passati amoretti. Non per gelosia, un sentimento che Caulfield non
sembra provare, ma poiché sa che il suo compagno si comporta “come un porco” con le ragazze.
L’eroe di Salinger non approva le relazioni sessuali che il suo compagno intrattiene abitualmente
con le ragazze, in particolare con una che egli conosce bene e rispetta. Holden è infastidito dal fatto
che la sua cara Jane, con cui giocava a dama e che le teneva la mano quando andavano insieme al
cinema, possa essere stata oggetto delle “brutali” e morbose attenzioni da parte di quell’animale che
è Stradlater.
Pur essendo ribelle e anticonformista assoluto, Holden resta un censore, ancorato a valori un po’
arcaici in un tempo in cui tipi con barbe e mozziconi di sigarette arrotolate che si faranno chiamare
presto Beats attraversano il paese americano dentro treni merci e si scambiano senza troppi rimorsi
donne e ragazze, anticipazione di ciò che sarà chiamato più di quindici anni dopo la famosa
Summer of love.
I genitori degli allievi sbagliano nell’individuare in Holden un bersaglio da colpire e da censurare
poiché Caulfield è anche lui un censore. Infatti, cerca invano di cancellare dal muro della scuola di
5
Phoebe la parola “fuck”: in verità niente c’è nel romanzo che possa spingere le folle di giovani
influenzabili alla dissolutezza. Thomas CONSTANTINESCO parla di un“ tentativo di
reintegrazione della rivolta all’interno di un consenso sociale”. Holden Caulfield dopo l’espulsione
da quattro scuole e la sua fuga newyorchese, è integrato dai suoi genitori in un istituto di cura
poiché essi pensano che il loro piccolo è certamente fuori di sé. Nella società degli anni cinquanta,
“ogni cambiamento è una devianza”, precisa ancora Constantinesco. Secondo il suddetto studioso.
antiquato e moralizzatore, The Catcher in the Rye resta tuttavia un’opera assai importante per la
storia della letteratura americana e continua a suscitare interesse e piacere negli studenti di fino ai
vent’anni. Facendolo leggere contemporaneamente al romanzo di Mark Twain The adventures of
Huckleberry Finn (l’altro grande romanzo americano dell’adolescenza) il professore
Constantinesco aveva potuto verificare che il testo di Salinger attirava maggiormente i suoi giovani
lettori. Non è dello stesso parere Françoise Sammarcelli, professoressa di letteratura americana
all’Università della Sorbona. Per lei The Catcher in the Rye è Huckleberry Finn, ma meno
riuscito. Per quanto definitiva e un po’ maligna questa brutta opinione, essa esprime la relazione che
lega il romanzo di Salinger ai suoi antecedenti letterari. Esso appartiene, infatti, a una lunga
tradizione del romanzo di rivolta che comincia nel XIX° secolo con Melville, Scott Fitzgerarld e il
suo Gatsby ma soprattutto con Mark Twain che inventa la lingua dell’adolescenza, la lingua orale
piena di termini gergali e di formule grammaticali imprecise. Insomma, tutto ciò é ripreso da
Salinger nei lunghi soliloqui intimi di Caulfield. François HAPPE, un altro professore di
letteratura americana, ritiene che il romanzo di Salinger non sia ben costruito sul piano
dell’intreccio. Un eufemismo per dire che al suo interno passa la vana peregrinazione del giovane
Holden che, espulso dal suo liceo, erra in una New York desolante, intirizzito dal freddo. In rivolta
contro il mondo che lo circonda esplora New York, ne scopre le possibilità, segnatamente di natura
sessuale, senza mai sperimentare veramente altro se non la solitudine. È il linguaggio che, secondo
Happe, assicura al romanzo vivacità e brio: un monologo del protagonista costellato di espressioni
gergali, di riferimenti all’alcol, alla sessualità, di volgarità. Un lungo elenco di provocazioni che
valse al romanzo, fin dalla sua pubblicazione, critiche negative e tentativi di censura. Difatti The
Catcher in the Rye è ricordato anche come il libro più oggetto di censure nelle scuole degli Stati
Uniti fino agli anni 1980 ed è ancora oggi spesso indisponibile nelle biblioteche pubbliche. Tuttavia
è incontestabile che occupi un posto centrale nell’animo della popolazione americana e che sia
presente, perché considerato un classico, nei programmi scolastici americani. The Catcher in the
Rye contribuisce a meglio definire l’identità americana così come il Moby-Dick di Melville,
l’Huckberry Fin di Mark Twain o ancora Il Grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald.
L’influenza di questo romanzo sulla letteratura e la cultura americane e nel resto dell’occidente, in
tutta la seconda metà del XX° secolo, è stata enorme per i temi affrontati e il linguaggio in una
continuità narrativa con F. Scott Fitzgerald o W. Faulkner e con gli scrittori successivi della società
americana quali Richard YATES , John UPDIKE o Philip ROTH.
Nella società americana del
incarna una nuova categoria
l’adolescenza. Se lo statuto della
XIX° secolo, attraverso la
educativo, l’adolescenza nasce,
passaggio, a partire dai lavori di
dell’inizio del XX° secolo e
l’indeterminatezza di un periodo
adulta. É soprattutto a partire
e si discute di questa fase.
È Salinger il primo, con i suoi
attraverso il personaggio di
con
la
tradizione
del
dopoguerra Holden Caulfield
sociale, quasi una classe:
gioventù evolve a partire del
costituzione
del
sistema
in quanto rappresentazione di un
psicologia e di sociologia
designa
da
allora
della vita tra l’infanzia e l’età
degli anni cinquanta che si parla
racconti degli anni quaranta e
Holden Caulfield, a rompere
Bildungsroman( romanzo di
6
formazione) alla quale ci si compiace spesso associarlo. Salinger va oltre il modello romantico e
caratterizza l’adolescenza con elementi diversi e pregnanti, la rivolta inutile, l’incomprensione del
mondo, il sentimento di alienazione, la solitudine, e un disagio sempre più profondo. Lontano dalla
tranquillità di Frédéric Moreau manifestata nell’Educazione Sentimentale di Gustave Flaubert o
dalla maturità di David Copperfield, ciò che Holden Caulfield esprime fino alla fine è ciò che James
Dean incarnerà nel film Rebel Without a cause (Gioventù bruciata). Le peregrinazioni di Caulfield
non sono state seguite da altre scritture altrettanto efficaci, non hanno dato luogo a un nuovo genere
letterario: le opere di E. HINTON (The Autsiders) o di Paul ZINDEL (The Pigmen) sono
inferiori. Soltanto il giapponese Haruki Muracami ha continuato l’esplorazione della questione
negli anni recenti. Dalla sua pubblicazione, il 16 luglio 1951, The Catcher in the Rye resta dunque
l’unico testo che tratti della realtà adolescenziale in modo tale da essere un riferimento essenziale
per i giovani.
The Catcher in the Rye, simbolo e riflesso della “Lost Generation” (Generazione
perduta)
****************
Il romanzo cult di J. D. SALINGER racconta alcune giornate della vita di Holden Caulfield,
sedicenne figlio di una ricca famiglia di New York. È stato cacciato per l’ennesima volta
dall’Istituto Pencey Prep per il suo scarsissimo profitto e l’assenza di qualsiasi serio impegno.
Holden non ha il coraggio di dirlo ai genitori e per qualche tempo, tre giorni, vagabonda nella sua
città, cerca di apparire più grande, beve e fuma, incontra personaggi equivoci, il tutto per far passare
il tempo.
Holden è un personaggio che fugge da una realtà che non sente propria e non riesce a dare
importanza a valori come il denaro e l’apparire ai quali è dedicata la vita della società poiché li
ritiene finti. Il tema centrale è il diffuso disagio giovanile, quel senso di noia e d’inutilità, quella
difficoltà di esprimere davvero i propri sentimenti, quel voler essere grandi e nello stesso tempo
rimpiangere di non essere più piccoli; insomma tutto ciò che sentono gli adolescenti. Salinger
conosce bene quell’inquietudine adolescenziale, quel modo irritante e blasfemo con cui il suo
giovane protagonista si pone di fronte a una realtà che non capisce, sa cosa significa vivere ai
margini di una società che negli anni cinquanta aveva poche cose da lasciar dire e da lasciar fare e,
da assoluto anticonformista, ha finito per trasferire tutto ciò a piene mani in Holden Caulfield,
l’inquieto e trasgressivo diciassettenne del romanzo. “La mia adolescenza fu molto simile a quella
del ragazzo del libro….:,è stato un grande sollievo parlarne alla gente”, dice l’autore in una delle
uniche due interviste rilasciate.
Nel libro c’è tutta l’essenza di J. D. SALINGER/Holden. Il suo essere contro, il suo sentirsi
inadeguato e al tempo stesso privilegiato, quel suo sottile incoraggiamento alla ribellione e alla
sfrontatezza che molti hanno considerato eccessivo. Salinger ha trasmesso in Holden la sua esigenza
di libertà, l’esigenza di allontanarsi dal conformismo per ricercare la propria identità in una società
che offre poco spazio per essere se stessi. Mette in scena l’adolescenza con particolare ironia,
soffermandosi sulle difficoltà, sui rapporti complicati con compagni e adulti, sugli Stati Uniti della
fine degli anni quaranta.
Si può leggere The Catcher in the Rye in tanti modi. C’è la solitudine di un giovane, la tipica crisi
adolescenziale si può anche concepire l’eroe del romanzo come un precursore delle rivolte
studentesche degli anni sessanta. Si può tornare a una lettura più intimista, viste anche le difficoltà
psicologiche del nostro eroe, senza dar retta alle implicazioni di natura sociale, anche se la denuncia
sociale è evidente nella descrizione senza sconti delle bruttezze dei college americani degli anni
cinquanta, un tema spesso ripreso da Philip ROTH nelle sue storie.
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È che Salinger/Holden non riesce a accettare le regole del gioco dell’educazione perché gli
appaiono assurde: sembra che non gli importi nulla diventare colto e preparato forte della sua
intelligenza e creatività, tutto ciò, però, a prezzo di una scelta d’isolamento assoluto che il giovane
Holden già prefigura.
In Holden c’è anche un accentuato spirito critico, i suoi giudizi sono netti e traspaiono dalla
descrizione dei bar di New York,
dei suoi alberghi, di Central
Park. Colpisce il suo stile
segnato da continui cambi di
passo, dalla sintesi, dalla resa dei
dialoghi, dalla secchezza e
insieme dalla profondità delle
espressioni.
Un Holden, quindi, che agendo e
pensando come la maggior parte
degli adolescenti( tipico anche il
fatto di parlare con le persone
mentre pensa tutt’altra cosa)
potrebbe rappresentare in fondo
tutti i giovani con la loro
inquietudine
fatta
di
atteggiamenti anche scostanti di
ribellione e di rifiuto nei
confronti dei valori convenzionali di una società che, a quella età, è spesso avvertita come una
nemica che opera al fine di coordinare tutte le ”forze del male” contro l’individuo inesperto ma
sensibile.
L’adolescenza è un’età complessa e
difficile della vita, il
tempo delle grandi trasformazioni
legate alla pubertà. É
un’interessante fase della vita non
solo perché rappresenta
un mondo a parte ma anche perché è
fondamentale per lo
sviluppo
dell’individuo.
Contrariamente
alle
altre età della vita non è uno status
ma un passaggio, una
transizione tra l’infanzia e l’età adulta. Posta tra
l’infanzia
o
stato
preparatorio e la maturità o età razionale, cui
tendere, l’adolescenza è
l’età “metafisica” o astratta in cui s’incominciano a capire e a manipolare idee generali, astrazioni.
Un’età dunque “rivoluzionaria”, il tempo della scoperta della propria identità, il periodo di
costruzione di sé e di cambiamenti e il momento per interrogarsi sul pensiero dell’altro. Un periodo
di transizione verso l’età adulta che esige l’assunzione di scelte responsabili e coerenti.
L’adolescenza è dunque un momento chiave dell’esistenza, certamente il più importante.
Costatiamo oggi che l’adolescenza è rappresentata in modo ambiguo: da un lato essa è connotata in
senso peggiorativo come sinonimo di crisi, di disordine che inquieta e fa paura, esercita tuttavia un
grande fascino. La società attuale è caratterizzata dal fenomeno del “giovanilismo” mentre i
bambini in fase prepuberale aspirano a raggiungere l’adolescenza il più velocemente possibile spinti
dai media che veicolano un’immagine eccitante di questa età, la società adulta adotta il modello
adolescenziale nel suo rapporto con il tempo, seguendo il principio di avere tutto e subito. I bambini
sono considerati dei quasi adolescenti, adulti non vogliono invecchiare e non accettano norme e
principi, sconvolgendo così le barriere generazionali. L’idea che se ne deduce è che esiste un
sentimento di ammirazione e di fascino di fronte all’adolescenza. Si ha meno fretta di diventare
adulti preferendo prendere tempo prima di assumersi responsabilità e si cerca di tardare le proprie
scelte per forgiare la propria identità.
Il concetto di adolescenza è una costruzione, una creazione sociale relativamente recente. Se
l’adolescenza è sempre esistita, questa età cerniera è stata a lungo ignorata: si passava direttamente
dall’infanzia all’età adulta. È nel XIX secolo che si afferma la nozione d’adolescenza come età
specifica della vita, un’evoluzione cruciale, il periodo degli interessi etici e sociali. Fino allora
l’adolescenza era percepita come un’età goffa, maldestra, da dimenticare sia fisicamente sia
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moralmente e si connotava per mancanza di lucidità, d’immaginazione. L’inesperienza e
l’esplosione delle passioni ne facevano un’età critica legata alla pubertà. L’espressione inventata
“crisi adolescenziale” che suscita diverse fobie: esplosione della sessualità, paura delle ”amicizie
particolari” nei ragazzi, isteria femminile, ribellioni, é assimilata dunque a una ”alterità critica e
pericolosa”. Tuttavia non possiamo dire che il concetto moderno di adolescenza sia nato nel XIX
secolo poiché anche se i figli della borghesia potevano illudersi di vivere una forma di adolescenza
durante la loro vita scolastica nei college, allontanati dalla loro famiglia, tra giovani con svaghi e
gusti comuni da condividere, si aspettava da questi giovani un comportamento adulto. Le loro
letture, i loro gusti dovevano essere conformi a quelli dei loro predecessori e bisognava uscire il più
presto possibile dall’infanzia, bruciare le tappe per diventare una persona degna e interessante, cioè
un adulto, non c’era posto per la dissidenza e l’individualità. Dunque l’adolescenza non esisteva nei
fatti. Solo nel XX secolo l’adolescenza è realmente riconosciuta come gruppo-classe sociale a parte
e ne sono considerate le particolarità e le difficoltà. La crisi economica degli anni trenta, e il nuovo
ordine sociale del dopoguerra, le manifestazioni degli anni sessanta sono stati altrettanti momenti
che hanno permesso agli adolescenti
di costituirsi in gruppo sociale con
una cultura distinta.
Il concetto si è dunque evoluto nel
corso dei secoli ma è nella seconda
metà del XX secolo, assai di recente
dunque, che ha conosciuto un vero
sviluppo. Gli anni venti inaugurano
un cambiamento nelle mentalità,
favorito da circostanze particolari:
da una parte il progresso tecnico
cancella numerosi posti di lavoro
nelle fabbriche, i giovani non
trovano spazi nel mondo del lavoro
e
dall’altra
assistiamo
a
manifestazioni di protesta da parte
dei
giovani
vittime
dello
sfruttamento. Gli anni trenta, con la
Depressione e la crisi economica
segnano una svolta essenziale: il
lavoro precario e la disoccupazione
cambiano le condizioni di vita dei
giovani
che
conoscono
una
situazione ancor più critica. Di fatto,
non trovando i giovani occupazione
continuano gli studi provocando
un’iscrizione massiccia negli istituti
scolastici secondari. Dopo la Seconda Guerra mondiale comincia a apparire una cultura
dell’adolescenza. Agli inizi degli anni cinquanta si espande in Occidente la nozione di teenagers e
film come “La gioventù bruciata” con James Dean nel ruolo dell’adolescente anticonformista e
ribelle forniscono nuovi eroi per i giovani. Nello stesso tempo si diffondono mode riguardanti
l’abbigliamento degli adolescenti e un linguaggio di casta unicamente comprensibile ai giovani.
Alla fine del decennio il rock’n’roll invade l’universo musicale e seduce il pubblico adolescente
trattando nuovi temi quali l’amore, il sesso o ancora l’opposizione al mondo adulto. Infine i
movimenti degli anni sessanta con le rivolte e le manifestazioni studentesche riconsiderano il
concetto di autorità e di validità e funzione delle strutture gerarchiche della società apportando una
liberazione dei costumi, liberando le donne e le ragazze dalle costrizioni e tabù riguardanti la loro
sessualità.
Simultaneamente la ricerca scientifica sull’adolescenza s’intensifica. Questo decennio cancella le
ultime reticenze, la psicologia adolescenziale riprende nuovo slancio. Il 1950 segna dunque una
rottura del ruolo della giovinezza in seno alla società(essa è più libera, più indipendente, più
individualista ma più violenta nella vita quotidiana). La personalità dell’adolescente si trova infine
riconosciuta e affermata anche in ambito letterario. Studiare l’adolescenza attraverso i testi è molto
interessante giacché la letteratura costituisce una fonte inesauribile e complessa delle
rappresentazioni adolescenziali. Si è visto che l’adolescente letterario come lo conosciamo oggi non
esisteva prima dell’inizio del XX secolo, è una creazione moderna nata dall’evoluzione del concetto
di adolescenza. Tuttavia esistono dei precursori come il Werther di Goethe(1774) o il Cherubino
de Le mariage de Figaro(1778) di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais e ancora Julien Sorel
ne Le Rouge et le Noir(1830) di Stendhal, ma tutti superano l’età dell’adolescenza scivolando
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nell’età adulta. L’adolescente moderno appare in verità in Europa dell’Ovest con il XX secolo: lo si
trova in opere come Les Désarrois de l’élève TÖrless(1906) di Robert MUSIL, Le Grand
Meaulnes(1913) d’Alain-Fournier o Le diable au corps(1923) di Raymond RADIGUET che
suscita subito scandalo poiché presenta adulti insignificanti o ridicoli, un padre debole e
contraddittore mentre il giovane protagonista mostra qualità quali la generosità, la fiducia nella vita,
il coraggio e la creatività e anche i difetti tipici dell’adolescenza come l’instabilità,
l’irresponsabilità, la rivolta gratuita e l’incompiutezza della personalità.
Se è vero che l’adolescenza è un’età esaltante, unica, l’età in cui tutte le capacità si manifestano,
l’età di una certa magia dei sentimenti(l’amicizia si rivela in tutto il suo valore, il tempo dei primi
amori quelli che si credono essere duraturi), è vero altresì che la letteratura non presenta sempre
vicende positive: i romanzi i cui protagonisti sono adolescenti sono per lo più testi che registrano il
fallimento dei tentativi giovanili di cambiare il mondo. Questa rappresentazione pessimistica viene
fuori in Le sofferenze del giovane Werther di Goethe: Werther, cupo individuo incapace
d’integrarsi socialmente e sempre vittima d’incontenibili tormenti interiori, follemente innamorato
di una donna”impossibile”, si toglie la vita firmando così tragicamente il suo insuccesso e
condannando il mondo falso che lo ha portato a compiere quel gesto disperato. Due secoli più tardi,
nel 1973 Ulrich PLENZDORF scrive Le nuove sofferenze del giovane W. in cui il protagonista
Edgar Wibeau, follemente innamorato di una ragazza, una certa “Charlie”, che è già fidanzata,
finisce col morire in seguito ad uno sfortunato incidente. Edgar, durante la sua breve vita legge il
Werther di Goethe, sua grande passione. Sono romanzi su di una giovinezza disperata che
prefigurano la letteratura dell’adolescenza dalla seconda metà del XX secolo: quella di una “Lost
Generation” (Generazione perduta) posteriore alla Prima Guerra mondiale che vede quel gruppo di
scrittori americani pervenuti all’età adulta durante la guerra costruire la loro celebrità letteraria nel
corso degli anni venti. Questa generazione era “perduta” nel senso che aveva ereditato valori che
non erano più attuali nel mondo del dopoguerra; essa soffriva dell’alienazione spirituale degli Stati
Uniti e della sua politica del “ritorno alla normalità” che sembrava incurabilmente materialista e
priva d’emozione. La BEAT GENERATION, nata negli anni cinquanta, succeduta alla grande
generazione degli anni venti, è composta da scrittori quali Jack KEROUAC, Allen GINGSBERG,
William BURROUGHS, si configura come un movimento letterario e artistico originato dalla
guerra mondiale, nato dalla crisi causata dall’apparizione dell’arma nucleare ed incarna un’acuta
forma di rivolta sociale e di rifiuto dei valori tradizionali.
Jérôme David SALINGER con il suo The Catcher in the Rye, romanzo culto dell’adolescenza
“en perdition”, è un pioniere nella rappresentazione letteraria di questa generazione “perduta”. Il
suo eroe protagonista, il giovane diciassettenne Holden Caulfield, voce narrante, incarna l’eroe
carismatico di questa giovinezza “perduta” al punto d’ispirare tutta una letteratura posteriore: una
letteratura che fa più che mai della Lost Generation un argomento di grande attualità.
Il teen novel, diventato un genere a parte è fatto di erranze urbane, di delusioni, di passioni
sentimentali, di conflitti con le proprie famiglie, d’inoperosità, di paradisi artificiali, di crisi e di
depressione. Il XX secolo è più che mai orientato sul tema della Lost Generation, una generazione
“perduta” moderna dalle caratteristiche sovversive.
Il romanzo centrato sull’adolescente è generalmente scritto alla prima persona perché la voce
singolare dell’adolescente possa esprimersi, questo processo favorisce l’introspezione e facilita
l’identificazione del lettore. Il tono del diario, del racconto di sé, permette di evocare in modo
immediato la realtà della giovinezza: la prima esperienza sessuale, le relazioni con il sesso opposto,
la droga, la solitudine, la rivolta contro la società, ect…La forma del monologo è ideale per esporre
questi temi e renderli vivi. Essa è correntemente utilizzata. Holden Caulfield, il narratore
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carismatico de The Catcher in the Rye, ha inaugurato uno stile che le generazioni successive di
autori hanno ripreso, un tono di fiducia verso il lettore, di prossimità e di familiarità.
Holden comincia il suo racconto con queste parole: ”Voglio raccontarvi le cose da matti che mi
sono capitate verso Natale, prima di ridurmi così a terra da dovermene venire qui a grattarmi la
pancia”. Una tecnica narrativa, il monologo/dialogo, in cui il narratore si rivolge direttamente a un
“voi” anonimo che si suppone essere il lettore, il racconto retrospettivo dell’avventura suscita la
forte curiosità del lettore. Holden incarna un tipo di adolescente, un modello per la letteratura futura
centrata sull’adolescenza. The Catcher in the Rye è descritto come un’odissea esistenzialista. Il
narratore ricerca le ragioni di vivere e tenta di progettare il suo avvenire. Ci sono commenti
personali sulle persone, sulle ragazze, ”Le ragazze non sappiamo mai ciò che pensano”, dice, sui
libri, sul cinema o ancora sulla sorellina Phoebe che adora e sulla madre troppo severa che non
vuole deludere.
É un lungo monologo composto di chiacchiere su tutto e su niente. Una struttura narrativa originale
creata da Salinger che ha ancora seguaci incentrata sulle peregrinazioni di un adolescente ed è
guidata dalla voce del suo giovane narratore. Un’eloquenza caratterizzata dallo spirito critico,
funzione nuova nell’adolescente e di cui non smette mai di far uso(sviluppa a questa età le sue
capacità di riflessione, le sue scoperte e i suoi molteplici incontri favoriscono e acuiscono il suo
giudizio). Holden osserva il comportamento delle persone, non lo condivide ma palesa le sue
numerose osservazioni piene di rimproveri, le incoerenze del mondo ma non risparmia neanche se
stesso: “Un modo di essere che mi butta giù. Sono sempre costretto a dire: Felice di aver fatto la
vostra conoscenza a persone che non avevo alcun desiderio di conoscere. È così che occorre
comportarsi se si vuole rimanere in vita”.
Holden è un adolescente in continua osservazione della realtà e delle persone che lo circondano.
Prova uno straordinario cinismo per la sua giovane età e porta uno sguardo totalmente disincantato
sul mondo della giovinezza “dorée”…tutto ciò con la grande ironia ricorrendo a frasi laconiche e
neutre. Un narratore osservatore che si rende conto dell’esistenza di un fossato insormontabile tra sé
e gli altri, l’unica arma che gli resta è l’ironia come quando dice al suo compagno Ackley che egli
descrive poco prima come uno cui gli puzzano i piedi e che passa gran parte del suo tempo libero a
spremersi i brufoli di cui è pieno il suo corpo: ”Tu sei un vero principe. Tu sei un giovane colto e
raffinato”.
Gli adolescenti possiedono un modo di essere, di vedere e di pensare e un linguaggio che sono loro
propri e Salinger utilizza la scrittura parlata per rendere il discorso più vivo, più dinamico e dunque
più rappresentativo della giovinezza. Il discorso indiretto libero, spesso usato in frasi corte e dirette,
dà un effetto di autenticità e di semplicità al pensiero. Questo stile di scrittura caratteristico di
Salinger porta innegabilmente il segno dell’adolescenza, il linguaggio colorito e familiare (Holden
ci parla di “brutta catapecchia” e si dice essere “Un bugiardo matricolato”) e l’inventiva
dell’adolescente si accompagnano a manie espressive ricorrenti di Holden : i”bene”,”e tutto”,
“perché”,”in tutti i sensi”, “ciò mi ha distrutto”. Ci sono parole approssimative, ripetizioni,
espressioni comiche o inaspettate, esagerazioni, errori di linguaggio e un parlare schietto e
immediato così particolare, che non manca di stupirci, di commuoverci e anche di farci ridere
secondo la situazione. Gli eccessi buffi e strampalati del narratore, le situazioni comiche vissute con
grande serietà, fanno dell’eroe adolescente un personaggio particolarmente attraente.
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L’erranza, riflesso dell’incertezza adolescenziale.
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Holden, l’adolescente-modello, è in movimento continuo da un luogo a un
altro per passare il tempo e fuggire la solitudine. Il punto di partenza di questa
erranza è l’allontanamento dal suo college. Holden è costretto a lasciarlo per timore della reazione
genitoriale. Da quel momento il racconto è composto di viaggi in treno, in tassì, di salite in alberghi,
di presenze in locali notturni, nei bar, nella sala di attesa di una stazione….Prima di partire Holden
fa visita al suo professore di storia, fissa appuntamento con la sua amica Sally, incontra tre ragazze
brutte e cretine ma che ballano molto bene, ritrova l’amata sorellina Phoebe, dorme a casa di un suo
ex professore di Inglese, insomma, attraversa tutti i luoghi preferiti. Ma, ritrovandosi alla fine
sempre solo, conclude che non esistono altre soluzioni che vagabondare in New York. Insomma il
percorso di Holden caotico quanto movimentato è rappresentativo della generazione dei giovani
disorientati e insoddisfatti. Questa valanga di uscite ininterrotte dà l’impressione di un vortice e
rafforza la sensazione di una continua ripetizione delle stesse cose e di un’erranza senza altro scopo
che quello di ammazzare il tempo. Anche perché non è espresso alcun sentimento, giusto
un’elencazione smoderata di uscite, di fatti crudi, neutri e non commentati. Lo stile spontaneo,
violento, la frase lapidaria e scarna, tutto ciò contribuisce ad esprimere il vuoto, il non senso
dell’esistenza, l’inoperosità e la futilità di una giovinezza nichilista totalmente in preda allo sbando.
A un intreccio disorganizzato corrisponde una scrittura istintiva e automatica.
Gli autori di romanzi centrati sull’adolescenza utilizzano processi narrativi diversi,(la forma del
monologo e del racconto realista in prima persona, l’uso di codici linguistici propri dei giovani, la
tematica dell’erranza che finisce per contaminare la scrittura stessa, facendosi così spontanea e
scarna) con l’obiettivo di fare di un raccontatore convenzionale e fittizio un adolescente credibile. È
prima di tutto l’espressione che rende possibile l’identificazione per il solo fatto che il linguaggio
giovanile è codificato ed è un fattore di differenziazione e di singolarità dell’adolescente di fronte al
mondo. Ma questa specificità agisce di là dalla lingua, lo scrittore la fa funzionare attraverso lo
spirito stesso del suo eroe. Nel testo riflette il fenomeno principale che accade all’adolescente e cioè
la sua incertezza a carattere identitario.
J. D. SALINGER crea con il suo personaggio di Holden Caulfield una nuova rappresentazione
dell’adolescente, un tipo, inserendo nel suo carattere una complessità e una ricchezza di sfumature
psicologicamente nuove. La personalità incerta e ambigua di Holden traduce perfettamente la realtà
adolescenziale dei giovani, il loro spirito complesso oppresso da pensieri nuovi e da ogni forma di
contraddizioni, estranei a se stessi, che faticano a comprendersi e a riconoscersi.
L’adolescenza è l’età dell’incertezza a livello fisiologico e psicologico. È l’età dei paradossi dovuti
a una costruzione identitaria incompleta e all’intensità di tutte le emozioni provocate dalla pubertà e
dalle nuove esperienze. Per questo fatto, vediamo Holden andare su tutte le furie, eccitarsi,
entusiasmarsi, affliggersi, deprimersi, azzuffarsi, con tutta l’energia di cui dispone.
Holden oscilla costantemente tra sentimenti contraddittori: dapprima cinico e disincantato, si mostra
in verità sensibile; d’una lucidità straordinaria, si fa poi romantico e passa da un candore smisurato
proprio di un bambino a una gravità e una disperazione istantanee. Questo dualismo permanente fa
di Holden l’immagine stessa dell’adolescenza. Senza concessioni e profondamente complesso, resta
difficile da definire, instabile e incomprensibile quanto questa età di mezzo della vita.
A questa pluralità di sentimenti, occorre aggiungere l’ambiguità volontaria del personaggio grande
adepto della mitomania presente in Salinger. Holden definisce se stesso: “Sono il più matricolato
bugiardo che abbiate mai incontrato”. Sul treno incontra la mamma di un suo compagno di classe:
affascinato, s’inventa un tumore alla testa per interessarla, e le dà un falso nome. Confessa poi:
“..mentire. Una volta che ho cominciato, potrei continuare per delle ore”. Dietro le sue numerose
menzogne, una verità traspare: quella di un clima teso in famiglia, specialmente con sua madre
molto severa con lui. Troviamo quindi in Holden come in tutti gli adolescenti, una personalità
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plurale divisa tra i paradossi legati alla nascita del pensiero adulto e a tutti i sentimenti che essa
suscita e gli slanci mitomani di una giovinezza piena d’immaginazione in cerca d’intensità e di
riconoscimento.
La psicologia dell’adolescente in Letteratura non appare dunque come stereotipata ma in costante
mutazione volontaria (bugie) o involontaria (turbamenti puberali e i suoi paradossi). Il giovane
beneficia di una profondità psicologica ricca e complessa, una personalità esente da ogni luogo
comune e che lascia la porta aperta a ogni possibilità.
Se i testi letterari presentano l’adolescente come molteplice e ambiguo, nella sua identità permane
un tratto ineluttabile: il sentimento di emarginazione in rapporto alle regole e l’affermazione della
propria diversità attraverso la rivolta, la critica, l’incomprensione, l’inadattabilità sociale ect…In
The Catcher in the Rye Holden impreca contro il mondo intero. Critica tutto senza eccezione: il
linguaggio, gli atteggiamenti(le risatine esasperanti delle tre ragazze incontrate in un locale
notturno), le persone, il mondo e l’assenza di vera umanità. Il suo modo di denigrare tutto, di
esagerare i dettagli che non hanno importanza e dare poco peso a ciò che gli succede denota il
grandissimo desiderio di proteggere se stesso dalle emozioni. Tutto gli sembra schifoso: il mondo lo
disgusta, gli esseri umani gli fanno nausea, compassione e incomprensione. La sua emarginazione,
il rifiuto d’adattabilità sociale e l’opposizione al mondo degli adulti rivelano il fossato che lo separa
dagli altri. Estraneo al mondo, ma anche a se stesso, Holden appare come un eterno
insoddisfatto(come glielo fa notare la piccola Phoebe affermando che egli non ama mai niente).
Le contestazioni e i giudizi continui o ancora l’instabilità identitaria potrebbero fare
dell’adolescente un personaggio letterario sgradevole. Tuttavia, grazie ad un saggio dosaggio tra
stravaganze, fughe, accessi d’ira, di disperazione e d’innocenza il giovane eroe riesce nella sua
vulnerabilità e autenticità a colpire il lettore. Nonostante i suoi giudizi definitivi e incisivi la sua aria
disincantata, le sue buffonate, le sue vuote chiacchiere, Holden svela le sue debolezze e le sue
incrinature, segnatamente grazie al dualismo del suo carattere che gli permette d’alternare registri
burleschi e tragici, di passare dall’ironia all’emozione, dall’estrema leggerezza alla più grande
bassezza.
Holden a volte é giù di corda, si sente solo, evoca suo fratello D.B. che “si prostituisce” a
Hollywood, è tenero nel parlare del suo amore e della sua ammirazione per la sua cara sorellina
Phoebe di dieci anni e si sente colpevole d’infastidire sua madre resa ancor più fragile dalla notizia
della sua espulsione dall’Istituto o si rammarica di suo fratello più piccolo Allie morto di leucemia
che lui considera il più carino e il più intelligente della famiglia. La complessità psicologica
dell’adolescente permette di comunicare trasparenza e emozione in uno stesso personaggio e di
renderlo attraente agli occhi del lettore.
Il teen novel presenta dunque l’adolescente come un personaggio nella sua interezza, in tutta la sua
unicità e marginalità. Esso presenta il paradosso di apparire nello stesso tempo come un individuo
singolare, ambiguo, misterioso come un’entità definita sul modello di un’adolescenza ribelle contro
la società, e quindi da questo punto di vista uniforme e prevedibile.
J. D. SALINGER si serve di questa ambivalenza tipica dell’adolescenza per dare al suo romanzo
culto un fascino particolare creando così il mito del giovane Holden.
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“Il guaio è che a me piace quando uno va fuori tema…Mi piace-continua Holden nel colloquio a
casa del professor Antolini- che uno resti in argomento e tutto quanto. Ma non mi piace che ci resti
troppo…Non mi piace quando uno resta sempre in argomento”.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden (Traduzione di Adriana Motti), op. cit., p. 214.
Holden CAULFIELD, l’antieroe adolescente.
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L’adolescenza è un periodo di sofferenza psichica, di crisi, un tempo di metamorfosi tra
cambiamenti fisici e modificazioni della personalità e del comportamento che il giovane non
sempre riesce a dominare. Tuttavia le difficoltà non nascono solo dalle trasformazioni del proprio
corpo benché perturbanti e ben visibili ma dal sentimento di diversità e di estraneità in un’età in cui
è importante identificarsi in un gruppo. Questa differenza è la fonte del disagio degli adolescenti
alla ricerca di una precisa identità. Il disagio si esprime attraverso esperienze esageratamente
trasgressive e assunzione di rischi eccessivi: alcol, consumo di droghe, guida in stato di ebbrezza,
violenza contro la propria persona(tentativi di suicidio) o contro gli altri( liti, violenze collettive).
Questi comportamenti devianti segnano il passaggio del ragazzo nell’età adulta. Essi traducono un
bisogno di riconoscimento di un sé che è cambiato, una volontà di farsi individuare, di mettersi in
pericolo per essere riconosciuti come adulti.
J. D. SALINGER nel suo romanzo The Catcher in the Rye rappresenta non un eroe adolescente
ma un antieroe. Nel testo Holden si colloca fin dall’incipit come un anti - David Copperfield, un
antieroe e decide di rifiutare tutto ciò che lo circonda per rinchiudersi nella sua malattia mentale. Da
ciò possiamo dedurre che la letteratura non ci mostra l’adolescenza come la più bella età della vita
ma piuttosto come l’età di un momento di crisi, di malessere e di devianze a volte pericolose.
L’auto denigrazione, il peso dello sguardo dell’altro con la questione dell’integrazione e i disturbi
identitari, la mancanza di autostima è la costante caratteristica insita del giovane Holden e
l’incapacità di comunicare con gli altri ne è una conseguenza. Confessa di essere un”fifone”,”un
tipo assai pauroso”, si giudica come il solo stupido della famiglia e si trova ignorante:”Non so
molto ma leggo molto”. In Holden troviamo anche un disagio identitario. Egli incarna un Peter Pan
di sedici anni che rifiuta di crescere ed è per questo che il rapporto con gli adulti è difficile. Holden,
adolescente per natura, che ha conservato un idealismo assoluto e un’innocenza pura propri
dell’infanzia, lotta per non lasciare questa età di grazia, rifiuta di passare nell’altro segmento di vita.
Stretto tra l’innocenza infantile e la lucidità di adulto diventa schizzofrenico.
La sua incerta personalità non fa che riflettere i suoi fantasmi interiori propri della giovinezza e
dunque effimeri e la sua mitomania che é un modo per evadere dalle monotonie quotidiane e
suscitare interesse e attenzione. Ma comunque sia, ciascuno di questi comportamenti rivela un reale
disagio adolescenziale le cui conseguenze possono essere pericolose anzi fatali. Il ritiro dagli studi e
la fuga dal proprio ambito familiare sono due modi per opporsi ad un mondo giudicato troppo
rigido. Il racconto di Holden comincia con l’evocare il suo allontanamento dal college di Pencey
Prep dopo una cocente bocciatura in quattro discipline. È la quarta volta che cambia scuola, il suo
insuccesso scolastico è dovuto al fatto che non studia con regolarità e impegno costanti tutte le
discipline. È pertanto espulso malgrado abbia ricevuto una buona valutazione in inglese e in
dissertazione e abbia manifestato di amare la letteratura. Il problema è che Holden non ama la sua
scuola da tanti considerata buona né coloro che la frequentano. A sua sorella Phoebe, Holden spiega
la sua allergia verso la scuola dicendole che Pencey è piena di “sporchi tipi” e di “spacconi” ed
evoca un fatto: un allievo interrogato dal suo professore deve esprimersi su di un argomento preciso
senza cadere nel fuori testo; ma presto si mette a parlare di altro e tutta la classe lo interrompe
gridando con la stessa voce”Fuori tema!” e facendolo stare zitto. Holden si mostra assai dispiaciuto
per questa interruzione, è solidale con il suo compagno.
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Holden smette di studiare perché non condivide l’ambiente scolastico e contesta il sistema
educativo chiuso in cui è richiesto di essere il migliore e di mostrarsi ambizioso. Holden ama le
digressioni, l’umanità e innanzitutto la libertà perciò fugge spinto anche dal timore di deludere i
suoi genitori. La fuga è una vera ossessione per Holden. Prima vagabonda per tre giorni nelle strade
di New York, poi incontra la sua amica Sally a teatro e le confessa i suoi sogni di evasione in un
luogo assai lontano dal mondo, vicino a un ruscello, dove l’avrebbe sposata e dove avrebbero
vissuto una vita idilliaca; a sua sorella Phoebe egli dirà di volersi trasferire nel ranch del padre di un
suo amico per lavorare; infine, al limite della depressione nervosa alla fine del romanzo, egli pensa
di fuggire nell’Ovest, ”là dove tutto è bello”, per non ritornare mai più a casa e al college. Queste
molteplici intenzioni di fuga testimoniano in Holden l’esistenza di un chiaro e intollerabile disagio
nei confronti di un sistema rigido e meschino che non solo non comprende ma di cui vuole disfarsi
allontanandosi il più presto possibile.
La fuga appare quindi il solo modo di allontanarsi da una realtà sociale divenuta intollerabile, la
depravazione un modo per affogare il proprio mal di vivere in un temporaneo oblio. Ma qualunque
siano i tentativi scelti in generale, esse non risolvono niente e fanno sprofondare l’adolescente in
una perdizione senza ritorno.
“Giuro davanti a Dio che sono matto”
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, op. cit., p.157.
Holden CAULFIELD, adolescente ribelle e senza regole destinato
alla “perdition”.
****************
La nozione di “perdition” trova le sue origini nella Bibbia: essa riguarda i giovani
che vivono nel peccato, fuori dai precetti della chiesa cattolica. Direttamente legata
all’adolescenza essa incarna lo stato d’animo di tanti giovani contrari in tutto alla
dottrina cristiana: sono ripiegati su se stessi quando la chiesa predica l’apertura agli altri, non
dominano le loro pulsioni e sono avidi di fare esperienze completamente contrarie all’esigenza di
purezza raccomandata dall’insegnamento cristiano. Molti romanzi centrati sull’adolescenza
presentano giovani alla deriva ma il loro senso religioso non è del tutto negato poiché troviamo
spesso una presenza salvifica che viene a portare aiuto al giovane immerso nelle Tenebre. In The
Catcher in the Rye, Holden che ha iniziato la sua discesa nella depressione incontra in una
stazione due suore: simpatizza con una delle due, insegnante di letteratura, la sua materia preferita,
tiene un’interessante conversazione con questa gentile signora e riparte meno solo e depresso. In
Less Than Zero di Bret EASTON ELLIS 3 (1986) il giovane protagonista Clay conduce una vita
3
Bret EASTON ELLIS nasce nel 1964 a Los Angeles. È autore di sei romanzi tra i quali Less Than Zero(tradotto in
italiano e pubblicato presso la Einaudi edizioni col titolo Meno di zero). Sesso facile, cocaina, feste sempre più
trasgressive, auto di lusso, rock a tutto volume: a Los Angeles i giovanissimi che frequentano l’ambiente patinato degli
studios cinematografici hanno tutto e non desiderano più niente. In un mondo illuminato dai bagliori spettrali dei
videoclip e svuotato di ogni sentimento, Clay, Blain, Daniel e Julian, biondi e abbronzati, esplorano le pieghe infernali
del “paradiso” californiano in un crescendo d’immoralità e di devastazione interiore che presto scivola nell’orrore.
Less Than Zero è il ritratto disincantato dell’ultima”generazione perduta”, il romanzo che ha catapultato Ellis sulla
scena letteraria americana, diventando il libro culto della MTV generation.
Less Than Zero può essere considerato un capolavoro dal punto di vista stilistico e anche nei contenuti per la capacità
che ha avuto l’autore di descrivere una generazione vuota, disinteressata, viziata, per avere raccontato in un linguaggio
chiaro e preciso quel vuoto adolescenziale fatto di droga, alcol e feste mondane. L’autore ha riempito pagine con vite
inconsistenti, trascinate, spente, stiamo parlando di adulti disillusi, di persone mature. I protagonisti sono adolescenti
15
dissoluta tra droghe, bisessualità e menzogne. I suoi amici vivono anch’essi nel peccato, nella stessa
instabilità morale( Muriel è ricoverata in ospedale per anoressia, Julian si prostituisce, Alana
abortisce) senza coscienza né del Bene né del Male e sembrano aver perso la loro anima: Alana
confessa a Clay di non provare più il più piccolo sentimento come se fossero diventati degli esseri
disumani. In fondo a queste tenebre, Clay per caso s’imbatte in un programma religioso in
televisione, vi vede un predicatore che annuncia che Gesù verrà a liberare gli uomini perduti.
L’adolescente prende le parole alla lettera, attende, ma nessuno viene in suo aiuto.
Questa e altre vaghe presenze religiose conferiscono al tema della perdizione adolescenziale
un’aura mistica e tragica. Un esempio lo fornisce la scrittrice Lolita PILLE col romanzo Hell4
(2002). La protagonista, voce narrante del testo, é ribattezzata Hell (l’inferno in inglese) e si dice
predestinata a una vita di sofferenze.
A un certo punto della sua vita é aiutata da un’entità quasi mistica: un uomo “dalla bellezza
angelica”, Andrea, un alter ego incontrato per caso che riesce a salvarla dalla vita di eccessi, fino a
che i “demoni” della ragazza non ricompaiono e non la perdono ancora, trascinando Andrea negli
stessi vizi.
Il giovane in ”perdition” appare dunque come un peccatore pentito in cerca di riscatto ma che assai
raramente arriva alla redenzione, lasciandosi più facilmente trascinare dalle sue debolezze. La
perdizione è un termine che assume due significati centrali nella rappresentazione letteraria
dell’adolescenza. Innanzitutto l’adolescente è visto come perduto nel senso di un disorientamento,
uno smarrimento, una perdita di punti di riferimento. Holden Caulfield perde i suoi riferimenti
generati dall’infanzia, scoprendo nella sua maturità e comprensione del mondo l’incertezza del
futuro e la precarietà dell’essere adulto: “No, non ci saranno luoghi meravigliosi dove andare
quando avrò terminato i miei studi e tutto…. Sarà assolutamente diverso”. Nel romanzo di Bret
EASTON ELLIS, la vita dei giovani adolescenti è disorientata al punto che nessun amico di Clay è
capace di rispondere alla semplice domanda “Che farai?”.
annoiati, indifferenti la cui vita scivola su di loro senza che essi facciano nulla per afferrarla. Ragazzi per i quali la
parola “amore” non esiste, il sesso va bene con chiunque, e la droga è il modo per provare qualche sensazione, l’alcol
aiuta ad osservare la vita da fuori, senza dover scegliere, decidere, schierarsi, ogni tanto nelle loro giornate fanno
capolino il cinema e MTV. L’autore con questo romanzo ci ha fatto capire cosa accade quando la gente ha paura di
mettersi in gioco: non vive più in prima persona ma non fa altro che assistere passivamente allo scorrere della vita
altrui.
4
Hell è una ragazza di famiglia agiata dell’ovest parigino che prende gusto ad ostentare la sua agiatezza e a vivere
un’esistenza futile, superficiale e puramente materialista. “Io sono una bagascia. Il mio credo: essere bella e
consumare” dice. Frequenta i negozi di abbigliamento più prestigiosi, ama pranzare nelle birrerie più chic della capitale
e trascorre le serate nei locali notturni più alla moda di Parigi grazie agli assegni dei suoi genitori. Se Hell finge di
considerare ogni cosa con distacco e cinismo, se descrive e osserva il suo ambito sociale con lucidità e disprezzo, é per
nascondere un malessere profondo e una volontà di auto distruzione che le impedisce di essere felice. Un giorno
all’uscita dalla clinica dove aveva abortito, si mette a piangere, senza ragione secondo lei, davanti ad un negozio Dior
per bambini. È là che si rende conto che il mondo nel quale vive è fatto d’illusioni. La droga, l’alcol e le avventure di
una sera con uomini che conosce appena non sono che un mezzo per perdere un po’ della sua lucidità in un mondo
senza prospettiva e senza futuro. È in questo momento di debolezza che incontra Andrea, il suo alter ego maschile che è
simile a lei. Insieme credono di poter superare il loro disagio. Vivono sei mesi d’intensa passione durante i quali i
bagordi delle notti parigine, la cocaina e il Prozac sembrano molto lontani. Ma i demoni di Hell non tardano a prendere
il sopravvento su di lei e decide di riprendere la vita frenetica e vuota di un tempo. Fa di peggio trascinando Andrea nei
quartieri più malfamati di Parigi e poi decide di separarsi da lui. Dopo un’ultima notte di passione con Hell, Andrea le
comunica di aver trovato finalmente l’anima gemella, una donna chiamata Diana. Per la ragazza è una vera pugnalata
alle spalle. Le sole parole che le sfuggono dalla bocca sono une serie d’insulti rivolti al ragazzo. I due sono di nuovo
separati. La sera del loro ultimo incontro Andrea muore per un incidente d’auto. Con la morte d’Andrea, forse il suo
bello e unico amore, Hell ha una buona scusa per continuare a sporcare le ultime tracce di umanità che le restano.
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Per Bone5 e Julien Parme6, è la perdita di un riferimento fondamentale che crea uno stato di
disorientamento: Bone è stato abbandonato da suo padre all’età di cinque anni e non essendo il suo
patrigno un modello d’identificazione possibile si perde nella delinquenza; Julien Parme vive
all’interno di un ambito familiare analogo con un padre di rimpiazzo che rifiuta e di una madre che
da quando si è risposata sembra non interessarsi più di lui, sicché di fronte al sentimento di
abbandono materno decide di fuggire. Anche Hell vive questa mancanza di riferimenti familiari,
con un rapporto parentale senza complicità né dialogo e la cui superficialità sembra avere avuto
molto peso sulle sue decisioni. Completamente sciolta, vive di negozi, di cocaina, di feste mondane
nei locali notturni senza alcun limite e senza chiedersi cosa conti realmente. L’immagine della
confusione adolescenziale è descritta anche in Go Ask Alice (1972) dell’autrice americana Beatrice
Sparks, le date del diario di Alice scompaiono via via che la ragazza sprofonda: non ha più alcuna
nozione del tempo, dei giorni, erra in uno smarrimento totale. Sono adolescenti senza alcun
riferimento, alcuna base familiare né morale, senza regole, psicologicamente perduti, del tutto
disorientati.
In The Catcher in the Rye c’è anche la paura di diventare adulti. Rivolgendosi a Sally, Holden le
chiede se ha mai provato paura che tutto fosse schifoso e che non facesse niente per impedirlo. In
altre parole le chiede: ”Ti piace frequentare il college e tutto ciò?”. Holden teme di perdersi nel
college, di perdere la sua innocenza e di diventare ”bastardo e schifoso” come gli adulti. Il suo
racconto è una lenta caduta verso l’età adulta, un amaro addio all’infanzia detto con parole di
bambino. In Less Than Zero il degrado è di natura morale. In Rule of the Bone (1995) di Russell
BANKS la ”perdition” ha carattere identitario e in Go Ask Alice la “perdition” è mentale e fisica.
La narratrice sprofonda nella droga e ne diventa schiava. La droga altera il suo spirito, le fa perdere
il contatto con la realtà fino a non riuscire a separare la realtà dall’irrealtà. Si ammala di nervi e
prova la sensazione di diventare pazza e non controllando il suo animo scivola verso la
schizzofrenia. Il declino è continuo al punto di trovarsi in un ospedale psichiatrico, vicino alla follia.
Il suo declino non è soltanto mentale, è anche fisico: la narratrice sprofonda nella decadenza; abita
un appartamentino sordido, drogata, sporca, ammalata si prostituisce per avere le sue dosi, è sul
punto di cadere in un baratro senza fondo e manifesta desideri di morte.
Con l’uso degli stupefacenti la sua personalità è sdoppiata. Schiava della droga che le fa perdere la
consapevolezza di sé la ragazza nonostante il sostegno della famiglia e la sua tenace volontà ricade
nel vizio perdendo così il controllo di sé. Si vede allora divisa in un dualismo tra vergogna e colpa e
nello stesso tempo prova un sentimento di felicità e di soddisfazione indicibile per gli effetti
fantastici delle sostanze consumate. La ragazza oscilla senza tregua tra due opposte personalità,
dalla tossicomane sicura di sé che fa uso di un linguaggio ingiurioso e che manifesta il suo beffardo
disprezzo davanti all’ingenuità stupida dei suoi genitori, all’adolescente sobria e innocente, che
grida il suo amore e la sua riconoscenza verso i suoi genitori, che usa un linguaggio infantile e
spontaneo, condivide gli ideali di castità e di matrimonio tra individui inseparabili. Con
l’assunzione delle droghe assume un’altra identità, si trasforma in un essere degenere e cattivo. Alla
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In Rule of the Bone, l’autore Russel BANKS racconta la storia di Chappie, un ragazzino di quattordici anni che vive
con una madre impiegata in un ospedale e un patrigno, un uomo addetto alle riparazioni in una base aerea. Un ragazzino
senza punti di riferimento con la cresta d’indiano, i suoi piercing, che ruba, si droga, vagabonda senza una meta tra i
negozi del centro commerciale, marina la scuola e le lezioni perché vuole attirare su di sé l’attenzione.
Chappie soprannominato Bone dopo un tatuaggio di due ossi incrociati sul braccio, manifesta tuttavia un fondo di buon
senso che gli permette di sfuggire spesso a un totale tracollo. Egli cerca innanzitutto di incontrare persone degne di
fiducia e di amicizia. Poi, un giorno, Bone incontra I-Man, un vecchio avventuriero e la piccola Rosa, partirà con lui per
la Giamaica e saranno nuove avventure sempre con l’uso delle droghe. Il ritrovamento del vero padre non risolverà il
suo acuto e cupo malessere.
6
Con Julien Parme, quarto romanzo di Florian ZELLER, l’autore affronta la crisi identitaria dell’adolescenza
interessandosi al passaggio assai difficile dall’infanzia all’età adulta caratterizzata da un sentimento di abbandono, di
solitudine, ma anche a tratti dal delirio d’onnipotenza. C’è molto di Zeller nel libro. Come Julien Parme anche lui
durante la sua adolescenza è stato protagonista di diverse fughe e ha provato sulla sua pelle le stesse angosce e
incertezze del protagonista del suo libro.
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fine del diario, l’adolescente appare disintossicata, consapevole dei cambiamenti causati dalla droga
e della “perdition” fisica, morale e mentale patita: ”Mi sembra che fosse soltanto ieri ch’io ero una
bambina”. Ma è solo un momento poiché Hell ritorna nella dissolutezza. La fine del libro segna il
suo crollo, non è più che un cadavere animato, alcolizzato e drogato e il suo sguardo è spento per
sempre: ”Ho bisogno di sporcarmi, di farmi male, di ferirmi in modo irreversibile. Voglio non
essere più in grado di guardarmi in uno specchio”.
La ”perdition” dà dunque alla rappresentazione dell’adolescenza un carattere tragico e fatale e
provoca un sentimento di tristezza e malinconia.
“Odio vivere a New York. I tassì e gli autobus di Madison Avenue, con i conducenti e compagnia
bella che ti urlano sempre di scendere dietro, e essere presentato a dei palloni gonfiati che
chiamano angeli i Lunt, e andare su e giù con gli ascensori ogni volta che vuoi mettere il naso fuori
di casa, e quegli scocciatori sempre lì da Brooks, e la gente che non fa altro…”.
Holden così parlò a Sally dopo aver assistito allo spettacolo dei Lunt.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, op. cit., p.152.
The Catcher in the Rye, un nuovo genere di “romanzo della
malinconia?”
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Con The Catcher in the Rye, J. D. SALINGER ci porta in un clima di
malinconia, spesso legato all’idea di morte. Esso alimenta il testo e ne fa da sfondo. Holden è
profondamente segnato dalla morte del suo fratellino Allie cui continua a rivolgersi e a parlargli
principalmente nei momenti di depressione riattivando a intervalli il suo ricordo e rafforzando con
questo fatto la tristezza nostalgica del romanzo. La madre di Holden non si è ancora riavuta da
questa immatura morte e vive nel nervosismo e soffre d’insonnia: la famiglia sembra vivere in un
clima funebre e malinconico. Alla fine, mentre Holden deambula nelle strade di New York, ha
l’impressione di sprofondare nel suolo e di scomparire nel nulla. Supplica così in sé: ”Allie, non
lasciarmi sprofondare”.
C’é il segno della morte poiché il tema trattato è la perdita dell’infanzia, dell’ultimo periodo di
purezza e d’idealismo di un adolescente, del suo ultimo momento di libertà. Giacché crescere è
sempre un po’ morire. Come Holden, anche Julien Parme ha perso un familiare e ogni sera si
rivolge a lui. La mancanza è percepibile in numerose occasioni, uno stato di prostrazione che
aggiunge spessore alla personalità dell’adolescente: ”Ciò che sarebbe stato opportuno…è che mio
padre fosse ancora in vita”. Caso analogo per Alice, la narratrice de Go Ask Alice, sconvolta per le
morti successive di suo nonno e di sua nonna. Questa presa di coscienza della morte le ispira una
paura nuova e ossessiva, quella della decomposizione del corpo divorato dai vermi. Queste visioni
instaurano nel testo una macabra atmosfera e sembrano prefigurare una sorte funesta per la
ragazzina immersa nella droga e nel vizio e la sua lenta decadenza verso la morte finale.
Anche i luoghi presentati in questi romanzi contribuiscono a suscitare malinconia e tristezza. In The
Catcher in the Rye il racconto si svolge nel mese di dicembre, poco prima delle feste di Natale.
Ora questo periodo che rappresenta abitualmente un momento in cui i membri della famiglia si
ritrovano e simboleggia la festa dei bambini riporta Holden alla sua solitudine, al suo
allontanamento dalla famiglia poiché è in fuga e al fatto che la sua infanzia lo sta lasciando. La
neve, simbolo di purezza, è come se gli ricordasse che la sua innocenza fugge con la sua
adolescenza in una New York, città perduta, che vede nella notte un adolescente solitario
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camminare senza una meta. Holden trova una stanza in un misero albergo e vede dalla sua finestra
un cliente che si traveste:” Veramente era un albergo che brulicava di pervertiti”. Poi invita una
prostituta e si accorge della sua giovanissima età, una prostituta il cui nome Sunny contrasta
fortemente con la bassezza della situazione. Tutti questi elementi contribuiscono a creare un clima
ansiogeno che intensifica la disperazione del giovane narratore. Less Than Zero (1986) è
ambientato a Los Angeles, città descritta come dura e senz’anima dal suo autore Bret Easton Ellis
che a questo riguardo scrive: ”Si può scomparire qui senza persino accorgersene”: L’azione si
svolge in dicembre, durante le vacanze di Natale come nel romanzo The Catcher in the Rye di
Salinger: in una grande città fredda e anonima che esalta il senso di accasciamento. Il modo di
vivere e le frequentazioni di Clay sono proprie della perdizione, con le serate in compagnia di amici
attori, figuranti o produttori, una gioventù danarosa che fa uso continuo di droga. Le ultime parole
del romanzo riguardano la città di Los Angeles e il suo impatto glaciale sulla vita dell’adolescente
che dice di conservare di Los Angeles immagini dure, amare, ”così violente e perverse che per
molto tempo mi sembrarono essere il mio solo punto di riferimento”. Bone ripensa
melanconicamente al suo passato perduto in seno alla sua famiglia: in fuga, trova sistemazione in
una catapecchia presso gli AdirondackIron, una sorta di gang di motociclettisti violenti ed esaltati,
drogati che rivendevano oggetti rubati. Durante incontri deprimenti, incrocia Buster e la sua
protetta”Froggy il diavoletto”, una ragazzina che viene drogata per essere obbligata a girare film
pornografici. Ancora la storia di un bambino perduto in una città ostile piena di pervertiti e di
emarginati. Quando Bone ritrova la casa di suo padre in Giamaica, scopre nello stesso tempo un
nuovo luogo di perdizione: una folla d’invitati che ogni giorno condividono piscina, alcol, musica
reggae, donne col seno nudo, giamaicani che si prostituiscono a ricche americane, insomma una
casa di appuntamenti, luogo poco raccomandabile per un adolescente di quindici anni. È così che in
quel momento Bone consuma per la prima volta cocaina fornita dal suo stesso padre.
Ci si trova così di fronte a degli adolescenti non vittoriosi ma vinti che si perdono perché vittime di
un ambito malsano o di cattivi incontri. La personalità del giovane Holden corrisponde per molti
aspetti alla figura del romantico. La frase “mi sentivo solo e depresso” ritorna molte volte nel
romanzo. Questa solitudine ha origine dal fatto che si sente incompreso, pur non capendo gli altri,
marginalità tipica del romantico: la sua amica Sally lo trova troppo stravagante, lui la considera
stupida e quando Holden ritrova un suo vecchio compagno di classe, Carl Luce, questo lo apostrofa
d’immaturo e gli consiglia di farsi visitare da uno psicanalista. Holden manifesta un’asocialità
degna di un romantico, sogna d’isolarsi dal mondo, ama farsi passare per un sordo-muto per evitare
il contatto e vivere lontano dal mondo in una capanna vicino a un bosco e erra senza una meta nella
notte glaciale, solo con i suoi tormenti. Holden è anche idealista, incapace di rassegnarsi alla realtà
che lo circonda, a un percorso già definito e ai codici di una società corrotta e perversa. Un
idealismo deciso categoricamente, intransigente che lo porterà a criticare aspramente suo fratello
D.B. che ha rinnegato i suoi ideali di scrittore per lavorare nel finto mondo del cinema
holliwudiano. Bone è anche lui una sorta di romantico moderno: errante o senzatetto, conduce una
vita da emarginato ed è senza tregua nella linea del romanticismo, alle prese con i tormenti interiori,
tra la mancanza di sua madre e la nostalgia del passato nella linea del romanticismo e i rimorsi di
coscienza che lo ossessionano permanentemente. Sulla stessa linea si pone Julien Parme che
confessa in un giro di parole:” Mi piacerebbe essere depressivo”, desiderio romantico di
sublimazione della sua esistenza. Julien è un personaggio sognatore. La sua sensibilità romantica e
la sua aria sognante riappaiono alla fine del libro quando aspettando su di una panchina della
stazione, perde il treno per essersi troppo attardato a sfogliare un romanzo, pretesto all’evasione.
Hell, infine, incarna il romanticismo dal lato disincantato e nichilista, cosciente della corruzione
dell’essere umano, dell’assurdità della vita e di un futuro nero e incerto fino all’ineluttabile morte.
La sua lucidità, qualificata come maledetta, conclude il ritratto del romantico dannato dal mondo:
”Io porto la maledizione della lucidità. Il mio sguardo è sulla vita e contempla il vuoto”. Una
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maledizione giacché l’adolescente è condannato a guardare la sua propria”perdition”, ad avere
coscienza della sua ”chute”.
L’adolescenza è il momento più importante dell’esistenza: quello della costruzione identitaria. Ora,
siamo qui di fronte ad adolescenti ”battuti” che si distruggono invece di costruirsi. La “perdition” è
un termine che porta in sé un’idea di fatalità, che lascia intendere che più niente è possibile per
cambiare questo stato di cose, da cui l’appellativo dato a questo genere di letteratura: ”romanzo
della rassegnazione”.
The Catcher in the Rye, il romanzo come ricerca identitaria.
*************
Sprofondati
nell’abisso
della”perdition”, gli adolescenti
protagonisti dei romanzi sono dei
dannati che tentato di ricostruirsi
e di sperare. The Catcher in the
Rye è un romanzo di viaggio nel
quale l’adolescente Holden, in
situazione di rottura parentale,
parte alla scoperta del mondo, ne
esce
cambiato,
evoluto
positivamente
e
anche
negativamente. Questa sua avventura si ispira al
movimento della Beat Generation e in modo particolare
al libro On the Road, il romanzo più conosciuto di
Jack KEROUAC, un’ode ai grandi spazi e alla
scoperta di mondi nuovi. Come un pellegrinaggio spirituale, i tre adolescenti Holden, Julien Parme
e Bone partono all’avventura, arricchiscono le loro conoscenze, acquisiscono un nuovo sapere,
forgiano una personalità, maturano insomma.
Spinto da una dinamica di apertura al mondo e da un’intensa curiosità, Holden cerca di capire il
senso della vita e di essere felice. Il viaggio di Holden nel cuore di New York lo pone di fronte alla
dura realtà e al cinismo della vita, scopre le disillusioni del mondo come i dubbi dei primi istanti di
libertà. Una fuga iniziatica quella del giovane Holden ma colorata di pessimismo, di rifiuto che
terminerà con il suo ritorno in seno al domicilio familiare. Per costruirsi, l’adolescente Holden deve
cancellare i suoi pochi punti di riferimento anteriori e abbandonare i modelli parentali. Questa
ricerca identitaria passa attraverso l’altro. Holden è sempre più convinto che il confronto con l’altro
sia necessario in quanto lo aiuterà a costruirsi e a formare un’alterità fino ad allora ignorata, un
nuovo mondo, ricercherà dunque l’altro come specchio di sé. L’incontro di referenti positivi,
costruttivi, nei quali identificarsi sarà allora di capitale importanza giacché l’Altro esercita
sull’adolescente una grande influenza che può rivelarsi benefica ma anche disastrosa.
Nel romanzo di J. D. SALINGER, gli incontri di Holden sono esperienze nefaste che non mancano
d’influenzare i suoi atti, il suo umore fino a farlo sprofondare nella depressione. Stradlater, suo
compagno di camerata, narciso e senza scrupoli nel rapporto con le ragazze lo innervosisce tanto
che dopo la lite Holden lascia il college di Pencey Prep. Una decisione che probabilmente era stata
presa prima ma la cui realizzazione sembra in parte causata dalla sua avversione per Stradlater.
Immerso nella notte fredda e umida di New York, Holden è alla ricerca dell’Altro, cerca invano il
contatto: propone di bere con lui a degli sconosciuti, invita le ragazze a ballare, ritrova un vecchio
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compagno ma nulla cambia. Tenta di discutere con Sunny, una prostituta, ma si accorge che la
ragazza è poco incline alla conversazione e quando Maurice, protettore della prostituta Sunny, lo
imbroglia e lo aggredisce, Holden, offeso e umiliato, manifesta il desiderio di suicidarsi gettandosi
dalla finestra.
In questa società “perduta” il giovane eroe si metterà alla ricerca d’umanità, di un sentimento a cui
legarsi per sfuggire al nulla. Holden aspira a cose vere, all’umanità e alla purezza. Deluso dalla vita,
turbato, disgustato dall’abietto comportamento dell’essere umano, lo vediamo cercare aiuto presso i
suoi vecchi insegnanti. All’inizio del racconto sente il bisogno di parlare con il suo vecchio
professore di storia, il signor Spencer, che gli fa un interminabile predicozzo; alla fine del libro il
professore Antolini che era stato suo insegnante d’inglese a Elkton Hillis quando il giovane era
iscritto a quel college, è più prodigo di consigli ma si fa sorprendere nella notte dall’adolescente
mentre gli accarezza la testa nel sonno:”Ogni volta che mi accade qualcosa di perverso, sprofondo
nelle lacrime e questo genere di porcheria mi è accaduto almeno venti volte da quando sono
ragazzo. Non ci posso fare niente”. Holden cerca l’umanità e perderà con essa ciò che gli resta
d’innocenza.
Il viaggio non è per Holden né un arricchimento sociale né un rivelatore d’identità. Malgrado ogni
suo tentativo per andare verso l’Altro, Holden non trova orecchie attente ad ascoltarlo e sprofonda
lentamente nella depressione.
La road trip di Salinger, di Florian Zeller e di Russel Banks presenta una gioventù “perduta” in
piena mutazione mentale che cerca di costruirsi una propria identità al fine di superare la crisi. Una
ricerca identitaria fatta di dubbi, di voglia di vivere, di disperazione e di curiosità per l’Altro il cui
risultato può rivelarsi ricco di promesse d’avvenire o, invece, far cadere l’adolescente in una
disperazione totale (la discesa di Holden nella depressione).
Dalla lettura delle tre opere sull’adolescenza alle quali in precedenza abbiamo fatto riferimento,
possiamo costatare che il solo romanzo di Russel BANKS, Rule of the Bone, dà al giovane
narratore una completa salvezza. Bone si mostra combattivo e deciso a incontrare persone degne di
fiducia e di amicizia, non abbandona mai la lotta contro le sue debolezze(il traumatismo
dell’infanzia, la delusione materna e poi paterna, la vita da senza tetto, la morte dei suoi soli amici)
e alla fine ne esce cresciuto e maturato. È il solo vero eroe che prova a definirsi e che alla fine ci
riesce davvero mettendosi alle spalle la “perdition”. Cionondimeno questi adolescenti in preda ad
uno stato di “perdition” non sono in grado di sottrarsi a uno stato di rassegnazione, di negazione.
Holden non pensa che a fuggire, a partire verso luoghi migliori invece di tentare di adattarsi. Clay
resta vuoto, come morto, dall’inizio alla fine, aspetta, come ha promesso un prete in televisione, che
Gesù verrà a salvare gli uomini perduti, ma non fa niente di concreto e segue meccanicamente i suoi
amici nelle loro assurde serate mondane. Julien si salva in un certo modo poiché ritorna dai suoi
genitori invece di continuare la sua fuga, ma la sua sembra una decisione di rinuncia, poiché non è
ancora pronto per l’avventura(perde il treno per Roma senza altro motivo che la lettura di un
appassionante libro, senza dubbio un pretesto per ritornare a casa sua, fingendo il timore di
impegnarsi nell’inconoscibile). Per quanto riguarda Hell, non soltanto non lotta per salvarsi ma si
getta nel baratro della dissolutezza senza alcuna speranza e affoga nel nulla.
In conclusione, dalla perdizione alla salvezza l’evoluzione dipende in parte dalla psicologia del
personaggio, dalla sua capacità di azione o dalla sua rassegnata passività. Ma il fattore psicologico
non è certamente il solo responsabile della”perdition” adolescenziale: se Bone ha potuto trovare
sulla sua strada le persone necessarie alla sua salvezza, gli altri non hanno avuto questa possibilità e
sono stati soffocati dall’ostilità del mondo, dalle cattive esperienze e dalle disillusioni non avendo
peraltro la forza di reagire.
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“Ho l’impressione-dice il professor Antolini a Holden- che tu ti stia deliberatamente preparando a
un capitombolo, un terribile capitombolo”.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, op. cit., p.217.
The Catcher in the Rye, il romanzo de “l’échec annoncé”.
******************
Molti giovani protagonisti dei romanzi centrati sull’adolescenza tentano, nella
ricerca di sé e del mondo che li circonda, di sfuggire alla loro “perdition”, ma
nonostante i molteplici tentativi, il loro fallimento è annunciato nel racconto e percepito dal lettore
prima della conclusione del libro.
Nel romanzo di J. D. SALINGER, il giovane adolescente propone un racconto retrospettivo
lasciando intendere che scrive da un ospedale. La conclusione del testo conferma questa ipotesi,
Holden ci dice di essersi ammalato e di essere seguito da uno psicanalista che veglia su di lui. In
esso ci sono indizi circa “la chute” finale dell’adolescente. Già lo spettro della morte che aleggia
nel romanzo, con le considerazioni critiche sul fratello defunto, prepara il lettore alla tragica
conclusione e la funesta intuizione del prof. Antolini che predice la “chute” di Holden:”Ho
l’impressione che stai andando verso un pauroso insuccesso”, si avvera. Lo stato di salute di
Holden alla fine del romanzo è tragicamente precario: conati di vomito, vertigini, svenimento sono
chiari segni di una cupa depressione più cupa. Sempre solo, in una dinamica non di apertura ma di
rifiuto, il giovane Holden non è l’eroe che esce vincitore da tutte le prove, confessa a Phoebe ciò
che gli sarebbe piaciuto fare nella vita da grande e cioè il ”prenditore” dei bambini che incauti si
avvicinano alla scogliera, ma il suo è soltanto un sogno irrealizzabile. Insomma il suo progetto
d’impedire ai bambini di crescere, di cadere dalla scogliera, di degenerare in adulti viziosi e corrotti,
si rivela impossibile a concretarsi. Stessa cosa per le sue esuberanti idee di trasferirsi in un luogo
solitario e lontano e di farsi passare per un sordomuto: Holden vive nel sogno, nell’immaginazione
e non nella realtà e per questo è votato all’insuccesso. Lo vediamo auto distruggersi, rifiutare il
mondo, opporsi alla vita, compiacersi nella negazione, nel male: Holden corre effettivamente verso
“l’échec” come pensava il suo vecchio professore d’inglese che è il solo a prevedere “la chute”
verso la quale s’incammina Holden e volendo aiutarlo ha un gesto di tenerezza interpretato dal
narratore Holden come una “perversa carezza”. La dimensione tragica e fatale della fine del libro
poggia sul concetto d’irreversibilità del tempo. Holden non può fermare il corso della vita e illudersi
di rimanere un eterno adolescente.
C’è da aggiungere però che ci sono dei momenti in cui personaggi coadiuvanti tentano di salvare e
sostenere il giovane e confuso Holden. Il prof. Spencer cerca di aiutarlo ricorrendo a una predica
che non avrà poco o niente peso sul suo allievo. I consigli del prof. Antolini sono più assennati: egli
cerca di far capire all’adolescente che l’istruzione è un alto valore e che il sapere gli potrà
permettere di sviluppare i suoi pensieri e di esprimerli per poi comunicarli agli altri, attraverso la
scrittura. Holden che è un ragazzo brillante e creativo avrebbe bisogno di studi più seri e di
un’applicazione più regolare per meglio conoscersi e capire il suo animo. Questo episodio apre
spiragli di speranza e lascia pensare che Holden troverà la sua vocazione nella scrittura: il fatto che
sia accolto in piena notte da un uomo saggio che dimostra di essere il solo ad ascoltarlo e a capirlo,
il solo che prova ad aiutarlo, mentre il suo ex allievo si trova sull’orlo di un abisso e in piena
confusione mentale, sembra indicare che ci saranno dei cambiamenti e che Holden forse riprenderà
gli studi per tentare di conoscersi nonostante il fatto che fugga giudicando il prof. Antolini perverso.
Resta che l’ultima immagine del romanzo ci presenta un adolescente all’ospedale psichiatrico, che
soffre di una malattia psichica: anormale, inibito depressivo, mitomane, nevrotico, schizzofrenico. È
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la storia di un naufragio, la deriva di un adolescente che perde i suoi punti di
riferimento(allontanamento dalla scuola, fuga dal domicilio parentale, poi volontà d’isolarsi da tutti)
e sprofonda nella decadenza. In sostanza The Catcher in the Rye è un libro sull’auto distruzione, il
naufragio di Holden è inevitabile. Il suo”échec” è doppio: da un lato, un fallimento personale :
perde nella sua fuga tutte le sue illusioni e passa dall’innocenza alla disperazione, un disincantamento che è una fase normale dello sviluppo adolescenziale; dall’altro lato, un fallimento sociale
per la sua incapacità ad adattarsi al mondo degli adulti, mentre sta per diventare uno di loro suo
malgrado. Tutta la tragicità del libro è contenuta in questi paradossi, questa lotta impossibile che fa
perdere sempre più l’adolescente e lo trasforma fatalmente in tutto ciò che disprezza.
I ritratti di adolescenti fin qui tracciati danno l’immagine di una gioventù maledetta votata
all’insuccesso. Holden rifiuta il mondo degli adulti per non crescere, per proteggersi: fugge, scopre
il mondo e i suoi difetti, perde la sua innocenza e le sue speranze e comincia a diventare adulto
contro la sua volontà. Hell è vittima di una sorte avversa, l’improvvisa morte dell’uomo che era la
sua sola ragione di vivere e che l’aveva aiutata a uscire dal tunnel finisce per rovinare tutto,
distruggendo in un solo colpo i due adolescenti, l’uno fisicamente e l’altra moralmente. Alice, la
protagonista di Go Ask Alice è vittima delle sue pericolose frequentazioni e della sua curiosità:
ingannata da un amico che nasconde della droga nel suo bicchiere, è sedotta e cade nell’ingranaggio
della dipendenza, lotta con tutte le sue forze ma muore.
“Il sesso è una cosa che francamente non capisco troppo…Il sesso è una cosa che non capisco
proprio”.
J. D. SALINGER, Il giovane Holden, op. cit., p.74.
The Catcher in the Rye, il romanzo dell’innocenza
disincantata.
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Holden Caulfield incarna la figura di un Peter Pan che rifiuta di crescere e
prova nei confronti dei bambini un’empatia molto forte. Ha della tenerezza verso Jane, la sua amica
d’infanzia che non ha mai rivisto, verso il fratellino Allie defunto perché colpito da leucemia e
verso Phoebe, la sorellina di dieci anni che è anche la sola persona con la quale l’adolescente
comunica facilmente e la sola che ama davvero. Holden ha sedici anni ma si mette
incontestabilmente dalla parte dei bambini: egli ama le loro espressioni, i loro modi e sembrano i
soli a farlo uscire dalla depressione in cui è caduto. L’episodio finale del libro di Salinger ne è una
prova tangibile. Racconta che, completamente abbattuto e pronto a lasciare i suoi per andare a
vivere da recluso, Holden accompagna Phoebe allo zoo, le paga un giro alla giostra: ”Subito mi
sentivo così molto felice nel guardare la piccola Phoebe che non smetteva di girare”. Holden farà
infine ritorno a casa sua spinto dal bisogno di rivedere la sorellina. Un altro episodio assai
significativo è quando nel corso di una passeggiata Holden scorge un bambino che cammina
cantando senza essere sorvegliato vicino alle macchine in transito: ”Se un cuore prende un cuore
che passa attraversando un campo di segale”: “Allora mi sono sentito meglio. Mi sono sentito
molto meno depresso”. È da questo momento che gli viene l’idea di diventare da grande “un
prenditore”, una persona che impedisce i bambini lasciati soli di allontanarsi dalla scogliera
dell’infanzia per cadere nella degenerata età adulta, nel baratro della”perdition”. Il”prenditore”
rappresenta tutto ciò che vuole essere. Holden è un adolescente disilluso, non accetta l’idea del
tempo che passa e della fine dell’infanzia in particolare e ha una profonda nostalgia del passato. Per
esempio, quando Holden chiede notizie della sua amica d’infanzia Jane Gallagher, una ragazza con
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la quale aveva l’abitudine di giocare a dama, diventa folle di rabbia nel sentire il suo compagno di
college Stradlater vantarsi di aver fatto all’amore con lei nella parte posteriore di una macchina; non
ammette che Jane, immagine dell’innocenza esca con un ragazzo senza scrupoli e incline a
esperienze sessuali e cerca di contattarla per sapere “se lei mette sempre le dame all’ultima fila
come prima”, in altre parole Holden vuole essere sicuro che lei non è cambiata ed è rimasta una
bambina. Il ricordo nostalgico del museo è un altro esempio rivelatore del timore di Holden di
vedere cambiate le cose. L’adolescente rivisita, per passare il tempo, un museo dove andava con la
classe quando era bambino e dove va adesso Phoebe; è felice di costatare che il posto è rimasto
identico in tutto, un luogo pacifico che non cambia mai. Holden pensa allora al fatto che solo i
visitatori invecchiano, a Phoebe che crescerà e dice: ”Ci sono cose che dovrebbero restare come
esse sono. Occorrerebbe poter metterle al riparo in una di quelle grandi vetrine e non toccarle
più”. Holden è un adolescente disincantato nel vedere la sua infanzia fuggire mentre resta intorno a
lui solo un mondo sbagliato e malvagio, la società degli adulti, ostile, corrotta, perversa, perduta. Il
narratore è alla ricerca della vera umanità e s’indigna quando si trova di fronte ad attentati contro
l’infanzia. In modo particolare facciamo riferimento a quel suo accesso di rabbia nel vedere
un’oscenità scritta su di un muro della scuola di Phoebe: atterrito dall’idea che altri bambini
possano leggerla, egli la cancella al fine di preservare la loro innocenza; ma quando ritrova la stessa
espressione oscena su altri muri, rinuncia a toglierla perché capisce che è impossibile sfuggire alle
perversioni del mondo, esse sono ovunque, presenti persino nei luoghi puri e pacifici, capaci di
coinvolgere i bambini come Jane, Phoebe, o come il ragazzino che canta vicino alle macchine.
Holden, cosciente che non esiste alcuna possibilità in un mondo simile, considera come unica
soluzione l’esilio nella reclusione, circondato da una donna sordo-muta e vicino ad un bosco,
lontano da ogni pericolo: ”Se avessi dei bambini li nasconderei da qualche parte in una località
lontana e sconosciuta”.
Così J. D. SALINGER inaugura nel 1951 un profondo pessimismo sullo stato adolescenziale e
prelude alla letteratura della generazione ”perduta” sempre più sprofondata nella disperazione e
nella perdita delle illusioni in un mondo insensibile e disumano.
L’adolescente Holden CAULFIELD, vittima del suo”entourage”
familiare e sociale?
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La violenza manifestata in età adolescenziale è generalmente legata a fattori
naturali insiti in questa età della vita come la difficile costruzione della personalità
ma anche a fattori esterni quali l’ambiente familiare o sociale. L’adolescente
subisce aggressioni interne ed esterne costanti, aggressioni che si fanno più pesanti
man mano che la società diventa più cinica e perde i giusti valori di riferimento.
La famiglia occupa un ruolo fondamentale nella costruzione di un individuo e può essere in parte la
causa del degrado adolescenziale verso la violenza. Infatti, in questi ultimi decenni la famiglia si è
squilibrata, anzi degradata: i casi di divorzi, di famiglie monoparentali o ricomposte abbondano e
disturbano principalmente l’adolescente in cerca di stabilità e sicurezze. Less Than Zero di Bret
EASTON ELLIS, pubblicato nel 1986 presenta la famiglia di Clay come una realtà instabile e
fortemente divisiva: i genitori dell’adolescente sono separati, le sue sorelle lo tengono lontano e c’é
un’evidente mancanza di dialogo e d’interesse reciproco. Dagli anni 1990, dopo il divorzio,
ritroviamo frequentemente nei romanzi il tema della famiglia ricomposta. Rule of the Bone di
Russel BANKS e Julien Parme di Florian ZELLER ne sono un chiaro esempio. Tra la delusione
di fronte a un padre sconosciuto che l’ha abbandonato all’età di cinque anni e la coabitazione
difficile con una madre molto banale e un patrigno detestato entrambi alcolisti, l’adolescente
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Chappie fatica a crescere. In famiglia si respira un clima pesante, insopportabile e si sente solo
poiché non sostenuto neppure dalla madre. Lo stesso sentimento di solitudine che Julien prova di
fronte alla sua famiglia allargata. Oltre alla sua mancanza di affetto per il secondo padre Francesco
e per la sorellastra Benedetta, egli vive con difficoltà il sentimento di abbandono da parte di sua
madre dal momento in cui la famiglia si è ricostituita. La sua severità è interpretata come una
mancanza di amore; il figlio adolescente pensa di deluderla, di non essere il figlio perfetto che
aveva sperato: ”Ho sempre avuto l’impressione che mia madre non mi amasse veramente”. Julien
non trova il suo posto nella famiglia che non ha scelto e che gli è estranea, non riesce ad adattarsi e
si vede dunque come un problema in questa nuova realtà quando viene a sapere dell’imminente
matrimonio di sua madre fugge. Non era informato poiché la madre non glielo aveva comunicato e
questo nuovo matrimonio rappresenta per lui un tradimento, un abbandono.
Le problematiche parentali, sempre più attuali ai giorni nostri, erano già presenti nei romanzi di
Bret EASTON ELLIS (Less Than Zero) e di Russel BANKS(Rule of the Bone). I genitori di
Clay, ricchi e celebri non svolgono il loro ruolo di genitori: esuberanti, futili e dediti all’alcol,
sempre in movimento, lontani dai loro figli, non si occupano di loro e li lasciano crescere ed
educare da soli. Less Than Zero pone la questione della colpevolezza dei genitori che lasciano i
loro figli crescere in una realtà senza regole, senza controllo né amore. Anche in Rule of the Bone i
genitori di Chappie non sono educatori attenti e amorevoli. Il padre di Chappie, Paul Dorset, non
soltanto ha abbandonato suo figlio di cinque anni dopo il suo divorzio, ma si è anche rifiutato di
pagare la retta della pensione del figlio ed é un cattivo esempio: infedele, drogato, egli vive in un
luogo di lussuria e incita Chappie a condurre una vita dissoluta fatta di sesso e di droghe. La madre,
dal canto suo, non esita ad accusare il figlio di essere responsabile di tutti i problemi della famiglia
e lo spinge a lasciare la casa, solo e senza denaro. Bone abbandonato da sua madre prende
coscienza della sua solitudine e del fatto che non ha più nessuno su cui contare, immagina allora di
massacrare la sua famiglia e di suicidarsi.
Bone scopre una società fatta di bambini abbandonati e venduti d’individui pervertiti e malvagi. In
America come in Giamaica Bone s’imbatte in pericolosi trafficanti, e sottomesso al circuito della
droga, è utilizzato come operaio nelle piantagioni. Il romanzo di Banks pone la seguente domanda:
in che modo i giovani come Chappie possono amare la vita e sfuggire al naufragio di una società
senza valori? Chappie deve costruire la sua strada in un ambito sociale deprimente, tra il rifiuto di
suo padre e poi di sua madre, una famiglia allargata formata da un patrigno dedito all’alcol, violento
e pedofilo, tra i pericoli della strada e della droga. In risposta a tutte le aggressioni fisiche, morali,
psicologiche ricevute, l’adolescente deruba la sua famiglia, rivende della droga o devasta i luoghi
che l’hanno accolto. Ciononostante, pur smarrito, Bone/Chappie resta un personaggio che attrae,
forse perché vittima del contesto familiare e sociale.
La società violenta fa da sfondo ai romanzi della “perdition” sociale. È una società che impone dei
rigidi modelli di comportamento quali il conseguimento dell’eccellenza scolastica e l’accettazione
delle regole. In sostanza non è più una questione di esistere ma di avere successo, in mancanza di
ciò i giovani adolescenti si sentono nulli, dei falliti: l’incompatibilità sociale di Holden che non
capisce la realtà a lui vicina giacché tende ad un’umanità pura in un mondo perduto, lo porta al
fallimento(insuccesso scolastico, nelle sue relazioni sociali, stato continuo di depressione).
Holden e tanti altri giovani che vivono nel benessere conducono una vita destinata all’insuccesso
poiché mancano di validi punti di riferimento. Possiedono ricchezza, bellezza, potere ma non sono
felici. La loro gioventù è completamente perduta negli eccessi, vittime di una società corrotta e
perversa nella quale l’innocenza infantile di un adolescente non trova posto.
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“L’idea di Salinger della perfezione, era la perfezione”.
William MAXWEL, l’amico-editore di Salinger.
La questione degli inediti salingeriani.
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Dopo la pubblicazione nel 1953 di Nine Stories(Nove storie), una raccolta
di brevi racconti, sappiamo che Salinger si ritira a vita privata difendendo
la propria privacy con una ostinazione quasi patologica, sino a raggiungere un isolamento da
eremita. Da allora le notizie sullo scrittore statunitense si fanno frammentarie e contraddittorie. Sul
piano strettamente personale sappiamo che Salinger ha collezionato ben tre mogli: la tedesca Shula
da cui divorzia nel 1945 dopo solo otto mesi; la studentessa Claire Douglas da cui ebbe due figli,
Margaret e Matt e l’ultima Colleen O’Neil sposata nell’ottantotto. Negli anni della sua lunga vita
ebbe diverse relazioni sentimentali con donne tutte giovanissime, dai capelli scuri, dall’aria
innocente e sensuale. Salinger ebbe anche un’appassionata relazione con la diciottenne Oona
O’Neil, figlia di Eugene O’Neil, commediografo e Nobel per la letteratura. Lo scrittore statunitense
la conobbe nell’estate del 1941 e perse la testa. Lui ha i modi gentili e un’innata galanteria, lei una
ragazza assai carina quanto ambiziosa che confessò che il loro secondo appuntamento fu a Central
Park, davanti allo stesso laghetto con le anatre che segneranno la ribellione di Holden Caulfield. Ma
la storia ebbe fine quando la ragazza incontrò Charlie CHAPLIN, già famoso per aver interpretato
il mitico Charlot e divenne sua moglie.
Secondo il biografo Ian Hamilton, l’ultima pubblicazione di Salinger è stata Hapworth 16, 1924,
un racconto epistolare uscito sul New Yorker nel giugno 1965. Poi più niente. Ma molto sono i testi
sull’autore americano, inclusa la biografia certamente non autorizzata di Ian Hamilton “In Search
of Silinger” (1988), il libro di Joyce MAYNARD “At Home in the Word” (1988) e non per ultimo
l’autobiografico “Dream Catcher: A Memoir” (2000) della figlia di Salinger, Margaret, dove fa a
pezzi il padre descritto come un sadico, capace di terribili violenze psicologiche sui familiari più
stretti che avrebbe”costretto a vivere da prigionieri virtuali”.
Sappiamo inoltre dalle confessioni di una sua ex amante che Salinger scriveva regolarmente e aveva
completato almeno altri due romanzi. Pare che mettesse un segno rosso sui manoscritti che si
potevano pubblicare così come erano e uno blu su quelli da revisionare.
All’indomani della sua scomparsa resta il mistero dei suoi inediti e del modo con cui numerosi
racconti scritti da Salinger sono stati diffusi in Rete con un leak sul sito WWW.Reddit.com e ripresi
da WWW.Buzzfeed.com dopo essere passati al vaglio da Kenneth SLAWENSKI, noto studiosospecialista dello scrittore statunitense e autore di una biografia intitolata “J. D. SALINGER: A
LIFE”. D’altronde l’esistenza dei racconti era ampiamente nota. Il primo, “The Ocean Full of
Bowling Balls”, una sorta di testo antecedente The Catcher in the Rye, poteva essere consultato
presso la biblioteca di Princeton, un unico esemplare per la cui visione bisognava subire un accurato
controllo sotto lo sguardo attento degli uscieri per tutta la durata della lettura. Gli altri due racconti
senza titoli ma comunemente chiamati Paula (1941) e Birthday Boy (1946) sono presenti e
disponibili al Harry Ransom Center, centro di ricerca universitaria del Texas. Il più interessante
racconto e anche il più bello è certamente The Ocean Full of Bowling Balls: esso racconta la morte
di Kenneth Caulfield, fratello di Holden e che nel romanzo è chiamato Allie. Leggendo questo
racconto il lettore avrà la possibilità di conoscere Holden prima della morte di Kenneth. È un po’
come incontrare Adamo ed Eva prima che mangino la mela offerta loro dal serpente.
Questi racconti non sono i soli inediti di Salinger conservati nelle cassette di sicurezza della banca
nel New England e depositati presso alcune biblioteche universitarie. Shane SALERNO e David
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SHIELD sono autori di una corposa e recente biografia uscita il 3 settembre 2013 in USA e Gran
Bretagna intitolata The Private War of J. D. SALINGER (in Italia la ricerca esce per Isbn nel
2014 con il titolo Salinger. La guerra privata di uno scrittore, pp.762) e di un documentario su
Salinger molto cliccato su Internet a cura del solo Shane SALERNO.
Alessandro PIPERNO considera il libro dei due ricercatori “sorprendente e meraviglioso. E non
tanto per ciò che rivela di Salinger, ma per il modo in cui lo fa. Attraverso un collage folle,
disgustoso e variopinto: interviste, documenti d’archivio e di repertorio, testimonianze improbabili,
stralci di romanzi, racconti ripudiati o inediti, pièces teatrali, sceneggiature, lettere, biografie,
pezzi d’epoca di ogni tipo e di ogni foggia”, una sorta di patchwork cubista…un garbuglio faticoso
come è faticosa la vita, un ready made feticista che crea un elettrizzante effetto di realtà” (La
Lettura N°135, supplemento culturale del Corriere della Sera di domenica 22.06.2014).
La monumentale biografia di Shield e di Salerno si poneva l’intento di chiarire alcuni aspetti del
passato dello scrittore, in particolare degli anni della Seconda Guerra mondiale durante i quali
partecipò a importanti episodi come lo sbarco in Normandia, a Utah Beach. Per diverso tempo
Salinger si occupò anche di controspionaggio e fu inoltre uno dei primi militari alleati a entrare in
un campo di concentramento nazista liberato, rimanendone molto turbato come s’intuisce da una
sua vecchia dichiarazione:” È impossibile non sentire più l’odore dei corpi bruciati, non importa
quanto a lungo tu viva”, riportata nel summenzionato lavoro di ricerca.
I due validi ricercatori avevano già annunciato che lo scrittore statunitense avrebbe lasciato da parte
numerosi manoscritti che sarebbero stati pubblicati dal 2015 in poi. Salinger stesso aveva addirittura
creato nel 2008 una fondazione, la “J. D. SALINGER Literary Trust”, unica erede dei suoi diritti
d’autore che doveva custodire i numerosi testi concepiti nel fortino sullaa collina di Cornish,
lontano dalla malizia dei suoi pari e dalla curiosità del mondo. Lo scrittore aveva altresì stabilito un
calendario dei suoi testi inediti fino al 2020 nel seguente ordine di uscita:
1. The Last and Best of the Peter Pan in cui il narratore di The Catcher in the Rye, Holden
CAULFIELD racconta una storia nella quale Vincent Caulfield discute con sua madre, dopo
la morte di Kenneth;
2. A Counterintelligence Agent’s Diary che s’ispira all’esperienza militare di Salinger
durante la Seconda Guerra mondiale;
3. A Wordl War II love story ispirata alla sua storia d’amore con Silvia Welter che poi si è
rivelata essere stata spia al servizio della Gestapo durante la guerra;
4. A Religions Manual opera teorica sulla filosofia indiana, il Vedanta;
5. The Family Glass, raccolta di racconti con i personaggi di Franny &Zooey.
La nuova letteratura per adolescenti dopo The Catcher
in the Rye.
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La letteratura per adolescenti posteriori a The Catcher in the Rye ci
conduce verso un mondo incoerente in cui vengono messe in risalto la
follia assassina e la distruzione di sé e degli altri.
Tre tra le tante opere sono da menzionare e cioè: L’arancia meccanica (1962) (Titolo originale:
A Clock work orange) di Anthony BURGESS , Gli Esclusi (1989) di Elfriede JELINEK e
The Virgin Suicides (1993) di Jeffrey EUGENIDES. Ciascuna a suo modo segue il percorso
di un degrado comportamentale nell’adolescente, dalla delinquenza più dura all’assassinio o al
suicidio. La violenza occupa sempre più spazio nella letteratura per adolescenti forse perché il
mondo ha perso di vista i valori che preservano l’umanità dalla perdizione.
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“L’arancia meccanica” è un caso interessante giacché dà al giovane il ruolo
dell’eroe, ma è un eroe coscientemente cattivo. Il romanzo di BURGESS tratta la
delinquenza
giovanile per mezzo del giovane
narratore
Alex,
capo di una banda di coetanei: Pierrot,
Jo e Momo. A
quindici anni, Alex si dimostra
portato
per
la
trasgressione, eccede nella violenza
estrema e manifesta
il suo gusto per Beethoven. Passa le
sue serate opponendosi alle bande
rivali e racconta i suoi crimini in
modo semplice e ingenuo come se fossero atti normali dovuti, il furto nella casa di uno scrittore
e sua moglie che non accetta il suo arresto, fino alla volontaria partecipazione di recupero dei
delinquenti pensato e attuato dal governo con l’obiettivo di impedirgli di potere ancora
delinquere. È la violenza di un adolescente senza la consapevolezza di ciò che è il Bene e il
Male, in una società orientata alla follia e alla prevaricazione che adotta un sistema totalitario in
cui è violata la sfera intima della persona ed è imposta a tutti i cittadini l’adesione a
un’ideologia obbligatoria fuori della quale essi sono considerati come nemici della comunità. Il
tema principale è in verità quello della scelta, del libero arbitrio; cionondimeno il romanzo
mostra una violenza distruttrice che non era stata prima evocata con tanta crudezza.
Gli Esclusi (Titolo originale:Die Ausgesperrten, 1989) di
Elfriede JELINEK è un esempio analogo. Un’altra riflessione
sulla violenza cieca e gratuita di quattro adolescenti senza
occupazione: Rainer, Anna, Sofia e Hans. Pubblicato nel 1989
il racconto va ancora più lontano nell’orrore rispetto ai testi
precedenti: l’aggravamento della violenza è evidente quando si
passa dal racconto di semplici delitti programmati dal capo
banda all’assassinio finale dei propri familiari commesso a sangue freddo dallo
stesso Rainer. Il romanzo è ispirato da un fatto di cronaca accaduto nel 1965 in Austria:
l’assassinio da parte di un giovane liceale dei suoi genitori e del suo gemello. Gli Esclusi
presenta quattro adolescenti deviati provenienti da contesti sociali diversi ma uniti da una stessa
idea della vita il loro principale passatempo consiste nel colpire e derubare i passanti. Rainer è il
sinistro capo di questa gang di delinquenti terrificante quanto imprevedibile. Quest’adolescente
trascinerà sua sorella e due compagni in una “escalation” di violenza che terminerà con un
massacro. I fatti raccontati sono senza commenti in una scrittura, in un linguaggio duro, acido e
freddo. Con il parricidio, il matricidio e poi il fratricidio di Rainer siamo lontano mille miglia
dai tormenti interiori di Holden Caulfield, di Julien Parme o di Bone. Nel romanzo di Jelinek le
rivolte sono orientate verso l’esterno, nella violenza e nella totale assenza di rimorsi.
L’adolescente diventa un eroe pericoloso, insondabile e per scelta cattivo: il male assoluto.
In The Virgin Suicides il lettore
si trova di fronte ad una situazione
molto strana: tutta una famiglia è
cancellata,
cinque
sorelle
apparentemente normali muoiono
in un anno. Ci si attende di conoscere
un motivo logico che spieghi
questo fenomeno; forse ci sono
ragioni biologiche, cinque sorelle
geneticamente malate soffrono degli
stessi turbamenti a carattere depressivo o malinconico oppure decidono di darsi la morte per una
vulnerabilità psicologica acuta. Oppure si tratta semplicemente di un modo per essere padroni
del proprio destino, per riprendere il controllo su di una vita chiusa dominata dall’autorità
materna. Infatti, la famiglia è guidata con determinazione dalla signora Lisbon che allontana
dalla casa tutto ciò che potrebbe turbare l’innocenza delle ragazze e rivelare la loro femminilità
incipiente: né trucchi, né ragazzi, vestiti molto casti e fatti a mano in casa, la sola possibilità di
uscire sembra essere la messa della domenica(la signora Lisbon decide di ritirare le figlie anche
dalla scuola).
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Una vita super protetta e controllata, dunque, nella quale le adolescenti si
ritrovano prigioniere e impotenti. Ora, nel rifiuto e nella distruzione c’è sempre
un filo cui aggrapparsi per reagire, un’alternativa possibile: farsi del male, ”Posso
scegliere di morire”, dice una di loro. Ma queste non sono che delle ipotesi e il
romanzo non aiuta il lettore a capire interamente le ragioni di questo suicidio
collettivo e le domande restano senza risposte. Il racconto diventa poi una specie
d’inchiesta poliziesca che dovrebbe alla fine svelare i motivi che hanno portato le
giovani e carine ragazze a suicidarsi.: venti anni dopo i fatti, i vicini delle sorelle Lisbon tentano
di risolvere il mistero con la ricostruzione minuziosa di quell’anno funesto. Il più piccolo
oggetto appartenuto alle ragazze(il diario di Cecilia, un rossetto, una foto) diventa un utile
indizio per sapere la verità. Il romanzo è così una successione di ricordi personali, di
testimonianze dei vicini, di vecchi compagni di classe, di medici e persino degli stessi genitori
Lisbon, che a poco a poco tracciano la breve vita di Cecilia, Teresa, Bonnie, Lux e Mary.
L’inchiesta va avanti ma nessuno sa ciò che ha potuto originare quell’estremo malessere delle
cinque adolescenti tanto da spingerle a suicidarsi.
Si entra così in una Letteratura in cui la distruzione è totale, inspiegabile e quasi banale.
Gli Esclusi e The Virgin Suicides sono due libri
particolarmente scioccanti, il primo per la descrizione del
massacro finale operato da Rainer, il secondo per
l’apparente mancanza di motivazioni del suicidio delle
sorelle adolescenti.
C’è da osservare che questi giovani ragazzi e ragazze non provengono da
ambienti poveri e sfavoriti(i quattro adolescenti sono attratti dal crimine in nome
dell’assurdità dell’esistenza e dalla lettura dei filosofi-scrittori Albert CAMUS e
J.-P. SARTRE) non sono neanche degli idioti, né delle bestie e nemmeno dei pazzi. Sono
adolescenti che cercano di superare il disagio con atti estremi di violenza verso gli altri e verso
se stessi.
Prof. Raffaele FRANGIONE
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