La leggenda di Re Metabo e di sua figlia la Regina Camilla
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La leggenda di Re Metabo e di sua figlia la Regina Camilla
La leggenda di Re Metabo e di sua figlia la Regina Camilla 3 Edmondo Angelini propone ai ragazzi - ma anche agli adulti - le vicende leggendarie di re Metabo e di sua figlia Camilla. Grazie ad uno stile preciso, scorrevole, piacevolissimo, il racconto avvincente del re decaduto, in fuga da Priverno, antica città volsca, e di sua figlia Camilla, destinata ad una giovinezza eroica e assai breve, trascende il tempo per proporsi come leggenda attuale, che emerge dal libro con penetrante fragranza, per merito anche delle forti illustrazioni di Maurizio Brucoli. Proprio per questo appare ancora più netto il contrasto con il presente del nostro mondo desacralizzato, in cui gli uomini hanno perduto completamente l'ansia della trascendenza e dimenticato del tutto il senso del mistero. La storia di Camilla, la vergine guerriera dal carattere impulsivo e generoso così cara a Virgilio, e simbolo della leggiadria e delle virtù guerriere delle donne dei popoli dell'Italia pre-romana e in particolare dei Volsci, è beninteso pura leggenda. A me è sempre apparso evidente che la continuità di storia, tradizioni, modelli di comportamento, costumi possa e debba dare certezza al presente e che la radice locale vada celebrata, perchè elemento base dell'identità di tutte le comunità locali e nazionali. I miti nella storia di un popolo rispondono ad un bisogno primordiale. Del resto, la leggenda della nascita di Roma, con l'arrivo di Enea e dei Troiani, e la lotta vincente contro le popolazioni italiche, è alla base del nostro senso d'identità collettivo. Lo stesso Dante, nel primo canto dell'Inferno, ricorda "l'umile Italia (...) per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute". 4 Presentazione Presentazione 5 6 ai "vecchi" della famiglia, è di aver inserito le vicende eccezionali di Camilla all'interno, per cosi dire, delle pareti domestiche. L'amore per le ombre possenti di un passato mitico coesiste così con la celebrazione e l'esaltazione degli affetti familiari. In sostanza, la leggenda di re Metabo, e di sua figlia Camilla, cantata da Virgilio in uno scenario di magnifici fantasmi dell'identità italica, sono una celebrazione delle radici antiche. Come ha scritto Carlo Sgorlon, "La civiltà locale rappresenta il passato cui siamo legati e che conferisce un minimo di stabilità all'esistenza. Essa rappresenta la tradizione, la continuità, la direzione, lo sfondo necessario della nostra esistenza. Non si può tagliare i ponti con essa, perchè non ci si può liberare del nostro passato. Sarebbe come rinunciare alla nostra memoria collettiva e quindi a una parte essenziale di noi stessi. Come sciogliere i cavi che ci legano alla Terra, per vagare senza meta nello spazio, al modo di una mongolfiera disancorata". Introduzione La tragica vicenda di questa vergine leggiadra ed eroica, che è predestinata a cadere sul campo di battaglia affinchè si compia il destino di Enea, figlio di Venere, progenitore della stirpe romana, Ë uno di quei fantasmi che arricchiscono la terra d'Italia, affollata di personaggi mitici, la cui scomparsa definitiva dall'immaginario collettivo sarebbe inevitabilmente e certamente una perdita tragica per l'anima di ognuno di noi. Quanto più povero sarebbe il mondo se privato dei fantasmi di un passato mitico, erroneamente considerato da molti morto e dimenticato! Così come la scomparsa della lingua latina nelle scuole ha ridotto, a mio avviso, i confini del mondo delle giovani generazioni, privandole di un humus che non è solo linguistico ma spirituale. E la malaugurata sparizione di tutti gli eroi che popolano l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide ha fatto rattrappire e ingrigire, e poi inaridire, una parte del patrimonio interiore e del mondo spirituale di molti di noi. Mondialismo e globalismo sono termini oggigiorno molto celebrati, ma tutti senza Patria (Patria etimologicamente la terra dei padri) gli espatriati sanno che i Lari, i Mani, i Penati, il "genius loci", lo spirito dei luoghi sono un nutrimento insostituibile dell'anima. I figli di chi si è trapiantato in nuove terre, nuove città e nuove nazioni dimenticano i mondi antichi di provenienza, costrettivi dalla necessità dell'attecchimento, spesso non assumendo neppure le mitologie della nuova terra, inevitabilmente perdono una parte di sé stessi e per "così dire" la loro personalità è mutilata. La "pietas", ad esempio, è una nozione ed un sentimento sconosciuti nelle società troppo nuove, dove invece trionfano pragmatismo e presente. Non è un caso che nei "Bronx" che sono presenti in tutte le grandi città del mondo vi sia l'oblio del passato. Uno dei tanti meriti dell'autore del libro, che racconta miti e leggende a dei bambini che "vediamo" ed "immaginiamo" riuniti intorno al focolare insieme On. Dott. Riccardo PEDRIZZI Deputato al Parlamento 7 I I Introduzione Per coloro che sono nati a Priverno (e non soltanto per loro) è un piacere e un dovere conoscere la storia di Metabo, re dei Volsci, e la leggenda di sua figlia Camilla narrate nell'Eneide di Virgilio. Le leggende, i miti sono racconti esemplari che spiegano le nostre radici e ci aiutano a comprendere i significati simbolici sotterranei che animano il nostro immaginario. E' meritevole l'opera di Edmondo Angelini di voler tramandare alle giovani generazioni "La leggenda di re Metabo e di sua figlia la regina Camilla". Grazie alla toponomastica di Priverno, nostro paese lepino, Piazzale Metabo e Via Regina Camilla sono nomi e luoghi scolpiti nella memoria di ogni privernate, perché fanno parte della nostra infanzia, della nostra adolescenza in quanto in questi spazi si sono verificate esperienze infantili di gioco, si sono svolte attività di studio o di lavoro. La leggenda e la storia di questi personaggi hanno coltivato l'immaginario individuale e collettivo di noi nati a Priverno che, ascoltando dal racconto dei nostri padri, abbiamo avuto modo di nutrire le nostre menti e la nostra fantasia. Dalle loro voci abbiamo appreso che Camilla era figlia di un re che, cacciato dai suoi nemici ed inseguito da soldati armati, fuggì con la figlia piccolissima. In seguito, leggendo e studiando il canto XI dell' Eneide di Virgilio, abbiamo avvertito forti emozioni e commozione, dapprima per la rocambolesca attraversata del fiume Amaseno del re fuggitivo per salvare la piccola Camilla e poi per come la bella e prode regina, a comando dell'esercito dei Volsci, schierato in favore di Turno, venne uccisa, nel segno del destino, nonostante il suo coraggio e la sua forza. Ci piace sottolineare del rac- 8 9 I conto virgiliano come Camilla, scoccando dardi, scagliando lunghe lance e vibrando l'ascia da guerra, combatté valorosamente contro i troiani. La "nostra" regina, scoprendo la sua femminilità per l'attrazione che nel suo cuore esercitava la bellezza, inseguì Cloro per conquistare la sua preziosa ed esotica armatura come bottino di guerra, per poterla poi sfoggiare. Ella morì per mano dell'etrusco Arunte e cedette al suo inesorabile destino, ma il suo anelito, come tutti gli eroi, fu quello di rimpiangere la vita che fuggiva. Il racconto di questi avvenimenti straordinari, di episodi drammatici e di figure appassionanti ha creato in noi atmosfere magiche, di mistero, di mito che fanno parte ormai della nostra tradizione e del nostro patrimonio culturale. Conservare la memoria storica è importante e il libro di Edmondo Angelini aiuta i giovani a scoprire e a ricordare mondi dimenticati, a non scordare il nostro passato e a coltivare la memoria personale e collettiva per riannodare i fili della nostra storia. Il libro di Angelini ci ha spinto a rileggere i versi virgiliani che ancora oggi, a distanza di anni, ci commuovono per il loro incanto poetico, per la loro bellezza nel penetrare nell'animo di una giovinetta piena di coraggio e ci rendono sempre più convinti che la vita senza i racconti leggendari, i miti, le favole sarebbe arida ed inaccettabile. Qui incomincia il racconto… Dott. Antonio Polselli Dirigente IV Circolo Didattico Latina 10 11 E Il fenomeno della transumanza, lo spostamento stagionale delle greggi al mutare delle condizioni dei pascoli, costituisce un aspetto che ha interessato ampie zone del Mediterraneo da tempi antichissimi fino alla prima metà del XX secolo. Particolare da un’opera di Aristide Sartorio (1860-1932) 12 ra una giornata fredda. La sala dell’appartamento, oltre che dal calore dei termosifoni, era riscaldata dal focolare, dove ardevano grossi ciocchi. La televisione era spenta – da tempo erano terminati i programmi per i bambini – e seduti intorno al focolare con me c’erano mia moglie, Anna, e quattro bambini: Gemma, Vincenzo, Camilla e Leonardo che tutti chiamavano Leo. Mentre Anna preparava dolcetti e bevande calde per i nipotini, io proposi loro di raccontare una leggenda locale che avevo ascoltato tante volte durante l’infanzia davanti a quel focolare. “C ’era una volta….” “Zio, ce l’hai già raccontata tante volte quella storia”, protestarono i bambini a quell’inizio loro familiare. “Perché non ci racconti della Regina Camilla, come facevi con i tuoi alunni quando eri maestro?” Dalla finestra della sala si scorgevano le colline innevate e lo spettacolo era eccezionale poiché la neve, così abbondante, raramente scende su Priverno e sulla sua campagna. “Vedete”, dissi, “oltre quelle colline, sulle pendici che dolcemente digradano verso la pianura, molti secoli fa, quando era rigogliosa di vegetazione e ricca di selvaggina, si fermavano i pastori provenienti da lontano per passarvi l’inverno in un clima più mite, dovuto alla vicinanza del mare. In quei tempi, tanto lontani, è nata Camilla. I “…molti secoli fa, quando la pianura era rigogliosa di vegetazione e ricca di selvaggina, si fermavano i pastori provenienti da lontano per passarvi l’inverno…“ 13 II “La madre, che si chiamava Casmilla, era regina dei Volsci, quando la piccola venne al mondo e il padre, il re Metabo, non era ben visto dai sudditi. Un brutto giorno il popolo si ribellò e invase la reggia.“ 14 L a madre si chiamava Casmilla e quando la piccola venne al mondo era regina dei Volsci. Il padre, il re Metabo, non era ben visto dai sudditi e un brutto giorno il popolo si ribellò e invase la reggia. Fra le urla degli invasori e quelle dei difensori, molti uomini persero la vita e Metabo, non vedendo la moglie, prese Camilla, allora piccola piccola, e fuggì. Pensate! Per salvare Camilla, Metabo dovette abbandonare sua moglie – la madre della bambina che lui teneva in braccio – di cui non si saprà più nulla. Fu una brutta giornata: non solo per la strage della corte reale, ma proprio per il tempo, simile a quello di questi giorni, con la differenza che, invece di nevicare, pioveva, pioveva a dirotto. Quel povero re, scacciato dai suoi, si ritrovò lontano da Priverno, fra i boschi sferzati dalla pioggia e dal vento, spaventato dai tuoni e dai fulmini che ogni tanto cadevano intorno a lui, schiantando rumorosamente gli alberi secolari. Non sapeva cosa fare con la piccola Camilla che teneva fra le braccia, avvolta in un telo di lana capitatogli sotto le mani nel momento della fuga. La piccola piangeva, ignara di quanto succedeva intorno a lei; sentiva, però, che le forti braccia che la serravano non erano quelle tenere della mamma, come della mamma non era il petto sul quale stava riposando. “Metabo e Camilla“, disegno di Léon Cogniet (1794-1880) 15 I Il fiume Amaseno è sin dall’antichità una presenza fondamentale per il territorio e per tutte le aree che attraversa. Corteccia di sughero ricavata dalla quercia omonima di cui fin dall’antichità il territorio dell’Amaseno é sempre stato particolarmente ricco 16 l pianto della povera bambina, gettava nello sconforto il re fuggiasco, incallito dalla guerra, ma inconsapevole delle tenerezze materne, già terribilmente sconvolto da tutto ciò che stava succedendo. I suoi nemici di Priverno, intanto, accortisi della sua fuga, sprezzanti del cattivo tempo, lo cercarono ovunque e un gruppo di loro lo stava quasi raggiungendo nel nascondiglio dove si era riparato per proteggersi dalla pioggia torrenziale e per riposarsi un poco. Appena si rese conto della loro presenza, il re, che conosceva bene il bosco, riuscì ad allontanarsi dalla grotta e dopo qualche centinaio di metri giunse sulle rive dell’Amaseno. La pioggia incessante di quei giorni aveva gonfiato il fiume, prossimo ormai allo straripamento. Di fronte all’impeto delle acque che gli impediva di attraversare a nuoto il fiume con Camilla in braccio, Metabo ebbe una fulminea idea”. I quattro bambini stavano seguendo il mio racconto con molta ansia e leggevo nei loro occhi qualche preoccupazione per la sorte di Camilla. Figuriamoci! Come avrebbe fatto il re ad attraversare il fiume in piena? E naturalmente, Leo, il più curioso dei quattro, non esitò a chiedere: “Cosa fece, zio, cosa fece Metabo per attraversare il fiume?” - “Non potete immaginare che idea ebbe! Prese una grossa scorza di sughero che era lì vicino, con il telo che aveva con sé vi avvolse Camilla e poi legò il prezioso involucro alla sua lancia. III “Prese una grossa scorza di sughero che era lì vicino, con il telo che aveva con sé vi avvolse Camilla e poi legò il prezioso involucro alla sua lancia.” 17 IV “…Metabo scagliò verso la riva opposta del fiume la lancia col tenero fardello e…” M etabo era un uomo come gli altri, pure se era re, e in quella situazione piena di pericoli, prima di agire rivolse una preghiera ed una promessa alla dea Diana: “Grande Diana – egli invocò – abitatrice delle selve e dei monti, io, padre di questa sfortunata figlioletta, a te la dono come ministra e come ancella. Sperando nel tuo divino intervento, prima di scagliare questa mia lancia, te l’affido. Prendila, ti prego, e sia tua per sempre”. Fatta questa preghiera, Metabo scagliò verso la riva opposta del fiume la lancia col tenero fardello e poi, gettatosi nelle acque turbolente, lo attraversò e giunto dall’altra parte raccolse la piccola Camilla che non aveva subito alcun danno nell’insolito viaggio”. Il fiume Amaseno ingrossato dalle piogge durante il periodo invernale 18 19 S Ricostruzione del tempio di Artemide (Diana) a Efeso in Grecia tavo per continuare il racconto quando, inevitabilmente, i quattro bambini vollero sapere chi era la dea Diana. Così cercai di spiegare: “Era una delle più grandi divinità dell’Olimpo. A lei ricorrevano i cacciatori e gli arcieri e per sua natura proteggeva – vi sembrerà buffo – gli animali selvatici cacciati dai suoi protetti. Questa divinità aveva cura anche dei bambini come voi e degli esseri indifesi. Era, insomma, una buona dea: ecco perché Metabo le dedicò Camilla. Da parte sua Diana, come vi dirò più in là, si prese cura della bambina. Ora, però, riprendiamo il racconto. I nemici di Metabo, vista l’impossibilità di prenderlo, se ne tornarono a Priverno rinunciando definitivamente alla sua cattura… V “Questa divinità aveva cura anche dei bambini come voi e degli esseri indifesi. Era, insomma, una buona dea: ecco perché Metabo le dedicò Camilla.“ L'OLIMPO, un monte della Tessaglia, il più alto della Grecia, era la dimora di Giove e di sua moglie Giunone, ma anche di molte altre divinità che facevano corona alla coppia divina. Statua di Diana cacciatrice Parigi, Museo del Louvre 20 21 VI “… un pastore che gli offrì un po’ di cacio e del latte delle sue pecore con il quale, rientrato nel rifugio, il re nutrì la figlioletta.“ 22 I l re, intanto, recuperata Camilla, si diresse verso un riparo presso il quale, nonostante la pioggia, ardeva un fuoco sprigionatosi dalla caduta di un fulmine su una quercia secolare. Raccolse un po’ di brace e, dentro la grotta, accese un fuoco per asciugare Camilla e se stesso che, potete facilmente immaginare, era zuppo fradicio. Camilla, finalmente stanca di piangere, al calore del fuoco si addormentò. Passato il pericolo, però, Metabo incominciò a preoccuparsi di come nutrire la piccola. Immaginate la situazione? La bambina aveva forse un anno, o poco più, e non poteva mangiare le bacche del bosco e la carne della selvaggina che Metabo intendeva cacciare una volta cessata la pioggia. Era proprio un bel rompicapo per quel re abituato alla guerra e ai lauti banchetti della corte, ora però senza trono, senza sudditi, senza casa e, peggio ancora, senza la madre di Camilla che avrebbe potuto nutrirla con il suo latte. Ma il re – era pur sempre un re – non si scoraggiò. La pioggia finalmente era cessata e la giornata ancora lunga. Fece, intorno alla bambina dormiente, una protezione con rami e pietre – anche gli animali selvatici del bosco potevano uscire dalle loro tane in cerca di cibo … non si sa mai – insomma, Metabo ritenne opportuno proteggere Camilla in quella maniera prima di allontanarsi dalla grotta per cercare qualcosa da mangiare. Fortunatamente, in una radura poco distante dalla grotta, c’era una capanna con un pastore che gli offrì un po’ di cacio e del latte delle sue pecore con il quale, rientrato nel rifugio, il re nutrì la figlioletta. Tra le tante ipotesi fatte dagli studiosi sul modo di procurarsi del fuoco da parte dei primi uomini, quella di un albero incendiato da un fulmine è tra le più probabili. Una tipica «lestra», capanna abitata temporaneamente d’inverno da cacciatori, agricoltori o pastori che migrano verso la pianura. Da secoli l’aspetto e la struttura sono rimasti quasi del tutto inalterati. 23 D Pitture rupestri nel sistema di grotte di Lascaux (Francia). Il pittore (Homo sapiens moderno) di 20.000 anni fa si recava in antri profondi per riprodurre sulle pareti la preda che si aspettava di cacciare sia per ricavarne cibo che per poter utilizzarne le pelli come unico mezzo per proteggersi dal freddo. L’arte della concia è una delle più antiche attività dell’uomo. La concia è un complesso di operazioni chimiche e meccaniche che hanno lo scopo di rendere le pelli degli animali imputrescibili e impermeabili, e di aumentarne la tenacità e la resistenza trasformandole in cuoio. La pelle trovava un vastissimo impiego presso gli antichi; dai vestiti, ai calzari, agli otri per contenere l’acqua. Quando era possibile mantenere la pelliccia si potevano ricavare mantelli e coperte. 24 VII a allora Metabo dimenticò di essere re e divenne pastore e cacciatore. Talvolta gli succedeva di nutrire Camilla facendole bere direttamente il latte che egli spremeva dalle mammelle di qualche suo animale. Credete che vestisse la figlia con tessuti di lana? No. Le pecore servivano per il latte e per gli agnellini; i vestiti per Camilla lui li confezionava con la pelle delle fiere che uccideva durante le battute di caccia: volpi, orsi, tigri, …“ “Non c’erano le tigri da noi” interruppe con la sua vocetta Gemma, sorpresa da quella notizia. Le tigri a Priverno! “C’erano, c’erano. Virgilio, che ci ha raccontato per primo la storia di Camilla, dice così. E se lo dice lui, che motivo c’è di non crederci? Le tigri, quindi c’erano. Siete convinti?” No, giustamente, non erano convinti, ma se Virgilio lo aveva detto, andava bene così. La Tigre (Panthera tigris), è un felino che mal si adatterebbe al nostro clima, viste le condizioni climatiche del tutto diverse rispetto a quelle dei territori di origine. Solo all’epoca dell’ Impero Romano, le tigri catturate nel continente asiatico venivano portate a Roma e in altre importanti città dell’Impero, per essere utilizzate negli anfiteatri per i combattimenti tra fiere e gladiatori le cosidette “venationes". “…i vestiti per Camilla lui li confezionava con la pelle delle fiere che uccideva durante le battute di caccia: volpi, orsi, tigri, …“ 25 VIII “… un tempio di Diana eretto sulla sommità di una collinetta circondata dal bosco…” “C amilla – ripresi – vestita dunque di pelle di animali selvatici, cresceva in quei luoghi silvestri accanto al padre imparando, fin da piccola, a maneggiare giavellotti, lance e arco. Una piccola cacciatrice, insomma, degna di Diana alla quale il padre l’aveva consacrata. Da giovinetta, poi, Camilla entrò a far parte delle ancelle che servivano in un tempio di Diana eretto sulla sommità di una collinetta circondata dal bosco conservando la sua purezza, come voleva la dea, anche con la forza, se era necessario. L’abilità di cacciatrice appresa dal padre e la castità protetta e conservata nel tempio di Diana, fin dalla sua adolescenza fecero somigliare Camilla ad un’amazzone”. Ancella, dal latino “ancilla” forma diminutiva di fantesca, serva. In senso lato, si utilizza questo termine anche per indicare coloro che prestavano servizio come sacerdotesse presso i templi pagani. Fin dalla più tenera età erano educate alle regole del culto ed al rispetto della più stretta castità, per buona parte della loro vita. Rappresentazione di un tempio di Diana su una moneta di epoca romana 26 27 I Testa di Amazzone di età romana rinvenuta negli scavi del sito archeologico di Ercolano 28 “C os’è un’amazzone? Ce lo dici, zio?” chiesero in coro i quattro bambini. Eh, sì! La curiosità dei bambini qualche volta ti mette in imbarazzo. Avevano ragione di voler sapere cos’è un’amazzone, ma come spiegare, senza farla troppo lunga, che Camilla, pur comportandosi come una di loro non era un’amazzone? “Le amazzoni – incominciai – erano donne crudeli e guerriere, sempre a cavallo per combattere a fianco di chi le cercava. Si dice che per usare meglio le armi si privavano del seno destro. Con gli uomini si incontravano una volta l’anno per avere delle figlie. Vi dico figlie non a caso, poiché se nascevano maschietti li uccidevano o ne facevano degli schiavi. Così dicono, ma sono tutte fantasie di poeti … E poi abitavano così lontano da Priverno – migliaia e migliaia di chilometri – che Camilla non poteva essere una di loro. Però, nonostante tutto, per alcune cose la nostra eroina si comportava come loro: era cacciatrice, era votata ad una divinità e da grande, come vi dirò, fu terribile guerriera al comando di donne – battagliere come lei – e di uomini, i nostri avi. Ecco perché anche Camilla si dice che fosse un’amazzone. Chiaro?” “Sì”, risposero , sottolineando con il movimento positivo della testolina la loro risposta. “Ora riprendiamo il racconto. I Antica rappresentazione di Amazzoni in battaglia, (vaso Greco del V secolo a.C.) 29 E I popoli antichi usavano diversi tipi di inumazione, compresi quello a fossa e a camera, come usavano anche gli Etruschi. Accanto alla salma, o all’urna cineraria, spesso veniva depositato un corredo funerario che doveva servire per la vita d’oltre tomba. (Tomba a fossa presso Tarquinia). 30 ra già una bambina ben formata, quando Metabo morì di vecchiaia in mezzo al suo gregge. Camilla, ancora per qualche anno, continuò a vivere nel tempio di Diana, crescendo in lei il desiderio di vendicare suo padre e di riconquistare Priverno. Giunto il momento di decidere se restare al servizio della dea o se, invece, prendere il comando di un gruppo di giovani donne, fiere cacciatrici come lei, scelse la seconda possibilità. Organizzò allora un folto gruppo di amazzoni – ormai sapete che con questo nome si possono indicare anche quelle fiere cavallerizze – e con loro partì alla conquista di Priverno facendo strage dei nemici del padre e divenendo, dopo la vittoria, regina dei Volsci. Furono tanti i giovani principi che avrebbero voluto sposarla, poiché era divenuta una donna straordinaria: forte e bella, con la pelle ambrata e il volto circondato da una folta chioma nera che si liberava al vento durante le lunghe cavalcate. Gli occhi bruni e la bocca serena e fiera: tutto il suo corpo era un incanto. Lei, però, era rimasta fedele al voto paterno. Non volle sposarsi, gli uomini non la interessavano, un po’ come le amazzoni vere. Abbandonato il tempio di Diana, si era affermata sempre più come guida delle sue amazzoni e come regina dei Volsci, fermamente determinata a difenderli da ogni pericolo. Le armi, quali strumenti di difesa e di caccia, erano la sua passione. Il cuore, però, e il corpo erano rimasti fedeli a Diana. IX “Era già una bambina ben formata, quando Metabo morì di vecchiaia in mezzo al suo gregge“ 31 Q uesta Diana, dall’alto dell’Olimpo, intanto contemplava la sua creatura con un velo di tristezza. Gli dei, bambini, dovete sapere che erano come gli uomini – anzi, peggio di loro –; di essi possedevano vizi e virtù; in più, però, godevano di poteri sovrannaturali che i poveri mortali non potevano assolutamente avere. La dea, dunque, conoscendo il futuro di Camilla era rattristata e ne parlava con Opi, una delle sue ancelle”. “Perché era triste?”, chiese Gemma con la solita voce lamentosa. “Ve lo dirò domani. Ora è tardi. Finite di bere quella buona tazza di cioccolata, e poi a casa”. Fuori, ormai, la neve aveva cessato di intessere il soffice manto sulla terra e sulle cose che, nella luce crepuscolare del giorno, acquistavano forme ovattate, quasi impalpabili e confuse con la gelida atmosfera che le circondava. Con le molle attizzai il fuoco aggiungendovi altra legna che scoppiettò allegramente sprizzando vivide scintille. I bambini, fino allora molto attenti al racconto, furono un po’ sorpresi della mia brusca decisione e, brontolando fra loro, se n’andarono a casa con i loro genitori che intanto erano venuti a riprenderli. 32 I Il giorno dopo, alla stessa ora, ci ritrovammo intorno al focolare. Non nevicava più, ma fuori era molto freddo. I bambini, liberi dagli impegni scolastici – si era nel periodo delle vacanze natalizie – mi rivolsero alcune domande sui Volsci, sugli dei, particolarmente, va da sé, di nuovo su Diana, alle quali risposi molto brevemente. Non potevo occupare tutto il tempo delle vacanze con le lunghe spiegazioni che richiedeva la loro curiosità, poi ripresi a raccontare la storia di Camilla… ** * * * * ** * * * ** * * * * ** * * * * * ** * * * * * * ** * * * 33 I I “Ieri ci siamo fermati mentre vi narravo della tristezza di Diana: ricordate? Vi ho già detto, gli dei avevano molti sentimenti in comune con gli uomini e la tristezza, purtroppo, per tanti motivi spesso si impossessa di noi, piccoli e grandi. Diana, nell’alto dell’Olimpo, aveva le sue preoccupazioni per la sorte che doveva toccare a Camilla, però non voglio anticiparvi nulla. Procediamo con ordine nel racconto, senza perderci in altri ragionamenti. Devo darvi, in ogni modo, alcune brevi notizie storiche, altrimenti non riuscirete a capire il seguito. “In quel tempo, nell’attuale Turchia i Greci stavano combattendo contro Troia perché il giovane principe di quella città aveva rapito la bella Elena, moglie di un re greco. Anche nel passato succedevano questi pasticci! A Paride – così si chiamava quel principe protetto da Venere – non bastavano le gentili fanciulle della sua città, no!, doveva prendersi, con l’inganno e con l’aiuto della sua dea protettrice, la moglie di un re greco. Figuriamoci se quelli si lasciarono fare! Scoppiò una guerra che durò dieci anni e che fu vinta, potete facilmente immaginarlo, dai Greci. Dopo un lunghissimo assedio Troia fu conquistata e bruciata. Fra i vinti vi fu anche il famoso eroe Enea, il quale fuggì dalla città in fiamme. Con le sue navi e la sua gente, dopo tanto navigare nel Mediterraneo, Enea sbarcò nella foce del Tevere. Lì divenne amico del re del posto, Latino, che gli promise in moglie la figlia Lavinia. I Troiani giunsero in pace in quel paese pacifico, tanto che re Latino fece al suo ospite quella promessa matrimoniale. Insensato re!” 34 A questa mia riflessione, pronunciata ad alta voce, un po’ energicamente, i quattro bambini mi guardarono sorpresi e incuriositi, ma non dissero nulla. “Siete sorpresi anche voi, vero? C’è una ragione. Quell’insensato re aveva dimenticato che sua figlia Lavinia aveva già un pretendente. E che pretendente! Si trattava, niente di meno, di un altro re che regnava in terre non molto lontane. Si chiamava Turno ed era un giovane forte e bello … e anche testardo. Sì, è vero, lui avrebbe voluto Lavinia, ma ancora non era stato concluso nulla. Se Latino aveva deciso di darla in sposa a Enea, certamente dovette avere le sue ragioni, anche se non le conosciamo. Sono passati tanti secoli e molte cose non si conoscono più e non si sapranno mai. E’ certo però che Turno, infuriato da tanto affronto – poiché si sentiva offeso dalla decisione di Latino – scatenò la guerra contro Enea ricorrendo all’aiuto di popoli alleati fra i quali c’erano i Volsci comandati, indovinate da chi?” “Sì, da Camilla”, risposero in coro. Sì, da Camilla. Vi pare che Camilla non corresse ad aiutare un re a riconquistare la sua donna?! Ma vi chiedete perché si facevano tutte quelle guerre per una donna? Elena, Lavinia e tante altre di cui non vi sto a parlare. No, non ve lo chiedete: meglio così, siete troppo piccoli e lo capirete fra qualche anno. 35 X “Al suo giungere al campo di Turno, tutta la gioventù di Laurento e una folla di donne uscirono dalle case e dai campi per ammirare la fiera guerriera…“ 36 I ntanto, negli accampamenti, tutti si stavano preparando alla guerra. Tanti guerrieri, allora, marciarono contro il campo di Enea. Camilla, venuta con i suoi per combattere accanto a Turno, chiuse la parata. Camilla, alla testa dei cavalieri Volsci e delle amazzoni, indossava una corazza di bronzo risplendente al sole. Le sue mani non erano abituate ai lavori femminili, e questo ve l’ho già detto: era, invece, capace di sopportare la rudezza e la violenza della battaglia e a correre con il suo cavallo più veloce del vento. Tanta era la sua destrezza di amazzone, che sarebbe stata capace di sorvolare un campo di grano senza rovinare le spighe e scivolare sulle onde del mare senza bagnare i piedi del cavallo. Al suo giungere al campo di Turno, tutta la gioventù di Laurento e una folla di donne uscirono dalle case e dai campi per ammirare la fiera guerriera che sopra la corazza indossava un mantello di porpora, segno della sua dignità. Tutti erano curiosi di vedere Camilla con la spilla d’oro che legava i suoi capelli dietro la nuca e ammirare la grazia che aveva nel portare la faretra, la lancia e l’arco d’oro. Era uno spettacolo, bambini, che nessuno voleva perdere. Amazzone a cavallo. (Altorilievo proveniente dal frontone del tempio di Asclepio, a Epidauro, Grecia meridionale). Antica spilla o “Fibula” di epoca Etrusca. Veniva utilizzata preferibilmente per fermare i vestiti alla vita o sulle spalle. Di questo o di altri monili e gioielli vi era un’ampia produzione già in epoca antica con tecniche di lavorazione a volte molto elaborate e con materiali molto diversi dal bronzo al ferro fino al prezioso oro. Tomba Regolini – Galassi di Cerveteri. 650 a. C. -Vaticano, Museo Etrusco Gregoriano 37 I Arcipelago delle Eolie, isola di Vulcano. Secondo gli antichi greci era su quest'isola che il dio Vulcano abitava e lavorava nella sua mitica fucina. Antico mantice usato dai fabbri nelle loro fucine. 38 ntanto Enea non stava ad aspettare senza far nulla: anche lui si rivolse ai popoli vicini e dalla sua parte ebbe, pensate un po’, anche l’aiuto degli dei. Il dio Vulcano, per l’occasione, su richiesta della bella Venere, fabbricò lui stesso le armi di Enea, nella fucina sotterranea rassomigliante ad un androne infernale, col fuoco e con il fumo che inondava tutto. Riuscite ad immaginare questi eroi splendenti d’oro e di bronzo, armati e protetti dagli dei che si preparavano per la battaglia? Ma gli dei, ve lo ripeto, erano peggio degli uomini e non erano mai d’accordo fra di loro: chi voleva proteggere Enea e chi Turno ed i loro coraggiosi guerrieri. Giove, comunque, se ne lavò le mani e non volle dare sostegno a nessuno. In questa situazione, per farla breve, Venere era favorevole ai Troiani di Enea e ai suoi alleati; Giunone, la moglie di Giove, favoriva Turno. Ne seguirono scontri violenti e stragi infinite da ambo le parti. Però il destino di Enea era stato già registrato nel libro dell’Olimpo: era destinato a trionfare su Turno poiché dai suoi discendenti doveva nascere il fondatore di Roma: Romolo. Queste cose, tuttavia, gli uomini non le conoscevano e tutti continuavano a combattere contando sulle loro forze per raggiungere la vittoria. XI “Il dio Vulcano, per l’occasione, su richiesta della bella Venere, fabbricò lui stesso le armi di Enea, nella fucina sotterranea rassomigliante ad un a n d ro n e infernale…“ 39 XII “O grande re, sono pronta, da sola, ad affrontare i cavalieri di Enea. Lasciami tentare questo attacco …“ 40 D opo tanti scontri e tanti morti, Troiani e Latini fecero una tregua per raccogliere i loro caduti e mentre i Latini erano in parlamento per cercare una soluzione pacifica alla guerra, ecco che Enea parte di nuovo in battaglia. Nei campi e nella reggia successe una baraonda. Tutti correvano a portare messaggi alle guarnigioni, alle sentinelle, alle squadre appostate in agguato in punti strategici e anche a Camilla fu recapitata la notizia dell’attacco di Enea. La nostra regina con tutto il suo esercito, corse alle porte della città dove c’era Turno ad impartire ordini ai soldati. Scesa da cavallo, seguita dai suoi, Camilla disse a Turno: “O grande re, sono pronta, da sola, ad affrontare i cavalieri di Enea. Lasciami tentare questo attacco. Tu, con la fanteria, resta a proteggere le porte della città”. Che coraggio aveva la nostra Camilla, pronta a sfidare la poderosa cavalleria di Enea! Ma Turno, noto per la sua prudenza, guardando in faccia alla bella e terribile guerriera, rispose: “O vergine, onore d’Italia, non so come mostrarti la mia gratitudine e fare altrettanto, ma per ora, poiché il tuo coraggio è così grande, dividi con me il lavoro della guerra “. Poi Turno diede ordini a tutti e partì, con molti soldati, a tendere un’imboscata ad Enea. Dal murice gli antichi popoli del Mediterraneo (i primi furono i Fenici), ottenevano la preziosa tinta porpora , per secoli simbolo di nobiltà e massimo potere , per cui privilegio di pochi eletti. 41 S i vide, subito dopo, un gran movimento da tutte le parti: i fanti con le lance, gli arcieri, i cavalieri si spostavano in gruppi compatti fra i meandri della grande pianura seguendo le disposizioni dei comandanti che urlavano a squarciagola gli ordini. Diana dall’alto dell’Olimpo, con Opi, una delle vergini sue compagne, stava osservando ciò che succedeva nel XIII “…i fanti con le lance, gli arcieri, i cavalieri si spostavano in gruppi compatti fra i meandri della grande pianura seguendo le disposizioni dei comandanti che urlavano a squarciagola gli ordini.“ campo di battaglia e si rattristava della sorte di Camilla cui l’avevano destinata gli dei, contro i quali nulla poteva. Poi raccontò a Opi la storia di Camilla – quella che voi già sapete – e infine ordinò alla stessa di scendere nel campo di battaglia e di uccidere chiunque facesse del male alla sua protetta. 42 43 XIV I n terra gli scontri diventavano sempre più violenti e i morti, a mucchi, ce n’erano dappertutto. In mezzo a quel grande disordine e fragore di armi, Camilla cavalcava velocemente sul suo destriero. Nella foga della battaglia aveva perso il purpureo manto – segno della sua regalità, ricordate? -. Ma aveva fatto di più, l’imprudente! Le amazzoni, quelle vere, per armeggiare meglio la spada e la scure, per tirare meglio con l’arco si facevano amputare – così raccontano le antiche leggende – la mammella destra. Camilla, invece, per ottenere gli stessi risultati in combattimento si era tolta la corazza di dosso. Alle sue spalle pendeva la faretra e l’arco d’oro donati da Diana, mentre con le mani lanciava giavellotti – quando non faceva roteare la tremenda ascia di bronzo – provocando strage fra i Troiani. Intorno a lei cavalcavano le ancelle preferite, Acca, Larina, Tulla e Tarpeia, armate con asce di bronzo. Camilla le aveva scelte per amiche in tempo di pace e come guardia del corpo nelle battaglie. Insieme erano il terrore dei Troiani che cadevano innumerevoli al passaggio furioso del gruppo delle amazzoni: semplici soldati o eroi veterani di Troia. “Intorno a lei cavalcavano le ancelle preferite, Acca, Larina, Tulla e Tarpeia, armate con asce di bronzo.“ 44 La lavorazione del bronzo per produrre utensili, armi e oggetti rituali era di uso comune presso le antiche civiltà fin dal periodo preistorico. Con la scoperta del ferro, metallo molto più resistente e versatile, l’uso del bronzo sarà relegato quasi esclusivamente nell’ambito decorativo e artistico . Scure di Epoca Romana Museo Civico Archeologico di Fiesole (FI) 45 Gruppo di Amazzoni raffigurate durante una battaglia. Le armi da offesa tradizionalmente erano la spada, la lancia, l’arco e l’ascia bipenne; arma da difesa talvolta era solo l’elmo, cui spesso si aggiungeva la corazza. C osì cavalcando raggiunsero un gruppo di soldati troiani. Ad uno di loro, famoso per le vanterie di guerra, colpendolo con la lancia, Camilla gridò: “Credevi, forse, di rincorrere delle bestie nella foresta? E’ arrivato il giorno in cui armi di donna hanno respinto le tue vanterie. Però, ai mani dei tuoi avi potrai dire, e non è un piccolo vanto, che sei stato ucciso dalle mani di Camilla”. Tanti altri valorosi guerrieri caddero nello scontro con la potente vergine di Diana, ma uno ebbe il coraggio di sfidarla e le disse, urlando: “Anche se sei una donna, che gloria è quella di combattere su un cavallo? Se hai coraggio, scendi a terra e combatti con me”. Il furbo voleva tendere una trappola a Camilla. Questa non si fece ripetere due volte la provocazione e, furiosa, saltò dal cavallo. Quello, credendo di essere riuscito ad ingannarla, fuggì rapidamente. Camilla, svelta come il vento, corse a piedi, superò il cavallo, che prese per il morso, e uccise l’arrogante nemico. XV “Camilla, svelta come il vento, corse a piedi, superò il cavallo, che prese per il morso, e uccise l’arrogante nemico.“ Spada con fodero facente parte delle armi in bronzo provenienti dal corredo funerario di una tomba di Taquinia, prima metà dell’VIII sec. a.C. (Firenze, Museo Archeologico Nazionale) 46 47 P I urtroppo la strage che Camilla andava facendo dei soldati nemici, non poteva continuare. Gli dei, sempre loro, avevano deciso altrimenti.” I quattro nipotini seguivano il mio racconto con molta attenzione e nei loro sguardi leggevo l’ansia di conoscere l’esito della battaglia e cosa sarebbe accaduto alla nostra eroina. Ma non chiedevano nulla, in silenzio aspettavano lo svolgimento dei fatti. “Le sorti della battaglia, ripresi, incominciarono a cambiare ed un guerriero nemico, Arunte, armato dagli dei, con il giavellotto sempre pronto per essere scagliato, stava cercando il momento opportuno per colpire Camilla. Fra i tanti guerrieri nemici vi era un cavaliere che indossava un elmo d’oro, come d’oro era l’arco, che rilucevano da lontano. Camilla, attratta dal desiderio di conquistare quelle armi per offrirle a Diana, o per vantarsene come trofeo di guerra, si addentrò sconsideratamente fra le file nemiche, dove Arunte colse l’occasione che aspettava. Nella mischia Camilla si era resa vulnerabile, proprio perché si era tolta di dosso l’armatura di bronzo. Dopo una rapida invocazione ad Apollo, che l’esaudì, Arunte scagliò il giavellotto contro la vergine guerriera. I Volsci, da lontano, sentendo il sibilo del giavellotto che solcava il cielo, si rivolsero a guardare verso la loro regina che, però, non ebbe tempo di rendersi conto del pericolo. Il giavellotto la raggiunse al petto e Camilla si piegò sul suo cavallo. Ebbe appena il tempo di dire ad Acca di correre da Turno per informarlo dell’accaduto e di sostituirla nella lotta contro i Troiani. Poi scivolò dal cavallo e “sdegnosamente” – ha scritto il Poeta – il suo spirito se n’andò nel regno delle ombre. 48 49 XVI “Nella mischia Camilla si era resa vulnerabile, proprio perché si era tolta di dosso l’armatura di bronzo. Dopo una rapida invocazione ad Apollo, che l’esaudì, Arunte scagliò il giavellotto contro la vergine guerriera“ 50 51 I Il dio Apollo è colui che, secondo il racconto di Virgilio, protegge ed aiuta Enea nelle sue imprese e per mano di Arunte uccide Camilla. Statua in terracotta raffigurante il dio Apollo, VI secolo a.C. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma 52 l Poeta aveva ragione: Camilla, cari bambini, era giovanissima quando morì per mano di Arunte ed ecco perché, con rabbia, il suo spirito si allontanò dal corpo esanime per andare nell’aldilà. Morta Camilla, un clamore immenso salì al cielo e la battaglia volse a favore dei Troiani. Opi, inviata sulla terra da Diana – ricordate ? – per uccidere chiunque avesse fatto del male a Camilla, trasse dalla faretra d’oro una freccia alata e la scagliò contro Arunte il quale, colpito al petto, si riversò sulla polvere, ignorato da tutti, mentre l’ancella di Diana se ne tornò, volando, verso l’Olimpo.” XVII I bambini rimasero muti e rattristati dalla morte di Camilla, ma nonostante tutto, vollero sapere dove fu portato il suo corpo e cosa ne fecero. “Opi, prima di uccidere Arunte, fece quest’elogio di Camilla: “Ohimè! Tu non sei che troppo punita, o Vergine, troppo crudelmente punita per aver osato combattere i Troiani. E nemmeno ti è servito di aver onorata, solitaria nel bosco, Diana, e nemmeno l’aver portato, come noi, la faretra sulle spalle. Tuttavia la tua dea non ti ha abbandonata senza onore nel momento supremo della morte; il tuo trapasso non sarà senza gloria fra le genti e tu non avrai da temere che si dica di te che non sei stata vendicata”. “… trasse dalla faretra d’oro una freccia alata e la scagliò contro Arunte il quale, colpito al petto, si riversò sulla polvere…“ 53 L Urna cineraria a capanna appartenente alla cultura villanoviana rinvenuta nella necropoli di Pontecagnano (Salerno), IX sec. a.C. Museo Archeologico Nazionale Agro Picentino Pontecagnano Faiano (SA) 54 XVIII e amazzoni, compagne di Camilla, cessata la battaglia ne raccolsero il corpo che posero su una grande catasta di legno la quale bruciando consumò i resti mortali della regina dei Volsci. Raccolsero poi le ceneri e le posero dentro un’urna preziosa che mai è stata ritrovata. I Troiani vinsero quella terribile guerra e Turno, come era stato scritto nel libro dell’Olimpo, morì combattendo in duello con Enea. In quel libro c’era scritto anche che dal figlio di Enea, Ascanio, doveva nascere la stirpe che diede origine alla grande Roma”. Appena ebbi terminato di parlare, Leo, il più vivace dei tre, mi disse incuriosito: “Ma zio, allora la Roma di oggi è frutto anche di questa storia“. “Certo - risposi - tutto il mondo di oggi è frutto di ciò che è accaduto in passato ed è proprio per questo che conoscendo meglio le nostre origini siamo in grado di capire meglio il presente. Che ne dite?“ Nessuno rispose, ma Gemma alzò gli occhi verso di me e con il suo solito tono lamentoso disse: “Sai zio, però io avrei preferito che Camilla non morisse…“ Allora cercai di rassicurarla: “Vedi, Gemma, questa che vi ho raccontato è una antica leggenda e come per tutte le leggende non sapremo mai quanta parte di verità è contenuta in essa. Forse Camilla è stata un’eroina veramente esistita, con altro nome e in situazioni diverse da quelle raccontateci dal Poeta che, tuttavia, la descrive con un carattere forte e moralità integra. Per queste ragioni oggi potremmo considerarla “Raccolsero poi le ceneri e le posero dentro un’urna preziosa che mai è stata ritrovata.“ 55 I come modello di donna da imitare, come colei, cioè, che più che con le armi, ha combattuto con la sua volontà le difficoltà dell’esistenza. Quindi, cari nipotini, il consiglio che voglio darvi, ricordando Camilla, è questo: siate sempre voi stessi, credete nelle vostre capacità, seguite le vostre idee, siate giusti e onesti e, cosa importante, sorridete sempre alla vita anche nei momenti di avversità. In questo modo diverrete voi stessi gli eroi della vostra vita.“ Dopo queste riflessioni colsi nel loro sguardo un comprensibile senso di stanchezza, ma prima di lasciarli andare ai loro divaghi ricordai loro che Camilla, nel corso dei secoli, ha ispirato artisti e poeti come Dante e Petrarca ed altri ancora. Forse non capirono cosa volevo dire, ma certamente crescendo capiranno tutto senza l’aiuto dello zio. Per saperne di più FINE 56 57 C sotto: Busto di Publio Virgilio Marone a destra: frammento di un antico libro dell’Eneide amilla non può considerarsi un “personaggio” storico, ma certamente un riflesso di qualche gesto eroico di una donna, o di una situazione accaduta, trasformati dal genio poetico di Virgilio che ha creato questa bella figura. Al poeta latino, in effetti, si deve il personaggio e la relativa “storia”, una delle più affascinanti dell’intero poema virgiliano, l’“Eneide“. Il quadro storico in cui è ambientata Camilla si collega a quello omerico dell’“Iliade“, quindi al XIII-XII secolo a. C., quando in una buona parte dell’Europa si consumava l’età del Bronzo medio: si era, cioè, nella preistoria. I Volsci, invece, secondo gli studi più accreditati, giunsero nel Lazio meridionale verso la fine del VI secolo a. C., quindi con un divario di diversi secoli fra la narrazione virgiliana e i dati storici. In sostanza, nel poema confluiscono leggende e fatti accaduti, noti al tempo di Virgilio (1° secolo a. C.), da lui 58 utilizzati senza preoccupazioni storicistiche per esaltare le origini di Roma, scopo principale del suo poema. Nell’opera di Virgilio, Camilla assume chiaramente un aspetto leggendario, dalla sua infanzia alla morte eroica inferta dalla mano di un guerriero guidato da Apollo. La verginità della fanciulla, consacrata a Diana dal padre Metabo, e il suo eroismo di sfrenata e spietata amazzone, sono peculiarità del personaggio che attraverso i secoli hanno ispirato artisti, letterati e musicisti. Il poeta Virgilio rapperesentato, in miniatura medioevale, mentre scrive alcuni versi dell’Eneide. a sinistra: Enea in un affresco dalla Casa di Publius Vedius Siricus, a Pompei (NA) 59 60 Camilla Diana Il “personaggio” Camilla non ha riscontri nella storia antica di Priverno, peraltro scarsamente documentata quella del periodo volsco, ma come il Levino di Silio Italico (“Le Puniche“) potrebbe essere l’idealizzazione di situazioni e personaggi veramente esistiti. Tra le interpretazioni che si danno di Camilla, alcune tendono a farne una sacerdotessa del culto di Diana. Diana, (Artemide, nella mitologia greca) è una delle grandi divinità dell’Olimpo. Vergine per libera scelta, è divinità protettrice dei cacciatori, degli arcieri e degli animali selvatici, oltre che dei bambini e delle persone indifese. La sua “vita” è caratterizzata da complesse vicende, ma nei rapporti con Camilla la dea appare come protettrice della creatura che le fu affidata, alla quale era molto affezionata, ma che non riuscì a salvare dal tragico destino cui l’avevano destinata gli dei. In Virgilio il racconto dell’infanzia di Camilla avviene proprio per bocca di Diana che si rattrista, con Opi, della triste fine cui era destinata la sua protetta. Metabo Padre di Camilla. Leggendario re dei Volsci che per la sua arroganza fu cacciato da Priverno dal suo stesso popolo. Virgilio lo presenta sotto il profilo umano, braccato dai suoi sudditi e preoccupato della salvezza della piccola Camilla che, dopo il rocambolesco attraversamento dell’Amaseno, consacrò a Diana, allevandola rudemente nelle selve, fra le greggi di cui divenne pastore. Apollo Apollo - figlio di Giove e di Leto e fratello di Diana - è una delle più grandi divinità del Phanteon greco e romano. Fra i numerosi attributi di Apollo vi è quello di protettore delle arti, particolarmente della musica. Difensore dei Troiani, accolse di buon grado l’invocazione di Arunte, al quale concesse il triste privilegio di uccidere Camilla il cui destino, peraltro, era stato già deciso dall’alto dell’Olimpo. Diana I I personaggi Apollo Metabo Camilla I 61 62 I Enea Turno Personaggio mitologico, Enea, fu figlio di Venere e di Anchise e membro della famiglia reale di Troia. Eroe sfortunato dell’“Iliade“, dopo la conquista di Troia da parte dei Greci, col padre Anchise, vecchio e malato, col figlio Ascanio, con la sua nutrice – il cui nome, morendo, fu dato alla nuova città di Gaeta – e con una piccola flotta fuggì dalla città in fiamme. Dopo lungo vagare nel Mediterraneo, giunse sulle coste del Lazio, dove fondò Gaeta, prima di giungere alla foce del Tevere. Il re Latino, che aveva dato il suo nome alla terra in cui viveva (il Lazio), seguendo un oracolo, aveva promesso di dare in sposa sua figlia Lavinia ad Enea la quale, però, precedentemente, era stata promessa a Turno, re dei Rutuli. Questa duplice promessa fu motivo di aspre battaglie fra Enea, Turno ed i loro alleati, ampiamente descritte nell’“Eneide“. Fra gli alleati di Turno vi fu anche il popolo volsco comandato da Camilla, sua regina. Dopo la morte di Turno, che perì nello scontro diretto che ebbe con Enea, questi sposò Lavinia. Più tardi Enea fondò una città che, in omaggio alla moglie, chiamò Lavinium, Ascanio, figlio di Enea, fondò Albalonga e diede origine a quella dinastia dalla quale uscì Romolo, fondatore di Roma. Turno re dei Rutuli, era figlio di Dauno e di Venilia. Publio Virgilio Marone lo cita all'arrivo di Enea nel Lazio. Latino sancisce la nuova alleanza con Enea, dandogli la figlia Lavinia in moglie. Questa era già promessa a Turno, che decise di muovere guerra contro le forze di Enea e di Latino. La guerra termina con il duello mortale tra Enea e Turno, che vede quest'ultimo soccombere: nonostante il suo valore, gli dei avevano già deciso il vincitore. Turno Enea I 63 Ai bambini si consiglia di leggere, con l’aiuto di persone competenti, l’“Eneide“ di Virgilio, particolarmente il libro XI, che contiene la leggenda di Camilla, e gli ultimi versi del libro VII, nei quali è descritto l’arrivo di Camilla e il suo esercito nel campo di Turno. Dizionari mitologici, reperibili anche in biblioteche per ragazzi, possono aiutare a capire le complesse figure delle divinità, sempre legate con le vicende degli umani mortali. Per una lettura locale del personaggio Camilla si rinvia a: Teodoro Valle, “La Regia et antica Piperno, Città nobilissima di Volsci nel Latio“, Napoli, 1637; Edmondo Angelini, “Priverno nel Medioevo“, Città di Castello, 1998, vol. I Per un approccio più approfondito alla figura di Camilla si consiglia: Giampiera Arrigoni, “Camilla amazzone e sacerdotessa di Diana“, Milano, 1982. Sulla figura di Enea e le sue ripercussioni nel Lazio si veda il catalogo “Enea nel Lazio. Archeologia e mito“, Roma, 1981. 64 Nota bibliografica Nota bibliografica 65 Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 Qui comincia il racconto… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11 INDICE INDICE Per saperne di più . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 57 I personaggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 60 Nota bibliografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 65 Indici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 67 66 67 68 I Transumanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13 XII Camilla offre il suo aiuto a Turno . . . . . . . . .pag. 40 II Metabo, Casmilla e Camilla . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 XIII Guerrieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 42-43 III Metabo lega Camilla alla sua lancia . . . . . . pag. 16 XIV Acca, Larina, Tulla e Tarpeia. . . . . . . . . . . . . .pag. 44 IV Metabo scaglia Camilla oltre il fiume . . . . . pag. 17-18 XV Camilla contro il cavaliere nemico . . . . . . . .pag. 47 V Metabo dedica Camilla alla Dea Diana . . . . pag. 20 XVI Morte di Camilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 50-51 VI Metabo nutre la piccola Camilla . . . . . . . . . .pag. 21 XVII Opi uccide Arunte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 52-53 VII Metabo cuce le pelli degli animali uccisi . . .pag. 23 XVIII Le ceneri di Camilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 55 VIII Camilla si reca al Tempio di Diana . . . . . . . .pag. 24 IX Morte di Metabo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31 X Camilla l’Amazzone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 36 XI Il dio Vulcano forgia le armi per Enea . . . . .pag. 39 Tavole illustrate Tavole illustrate 69 Propietà Letteraria riservata E. Angelini, M. Brucoli, Testo: Edmondo Angelini illustrazioni, progetto grafico, ricerche iconografiche e didascalie: Maurizio Brucoli Direzione editoriale: Gianni Pucci I Edizione 2006 - Artegraf Edizioni s.a.s. Finito di stampare presso la Tipografia Artegraf s.a.s. di Priverno nel mese di Aprile 2006 70 71 72