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ridurre i costi tecniche agronomiche e ambientali

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ridurre i costi tecniche agronomiche e ambientali
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RIDURRE I COSTI
TECNICHE AGRONOMICHE
E AMBIENTALI
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pubblicazione realizzata da
Agricoltori Srl
società unipersonale soggetta al controllo
di Confagricoltura Rovigo
piazza Duomo 2 - 45100 Rovigo
telefono 0425 204411 - fax 0425 204430
e-mail: [email protected]
con il contributo di
Autori:
prof. Luigi Sartori
professore associato confermato, Dipartimento territorio
e sistemi agroforestali TESAF, Facoltà di Agraria,
Università degli studi di Padova
dott.ssa Lucia Bortolini
ricercatore universitario confermato, Dipartimento territorio
e sistemi agroforestali TESAF, Facoltà di Agraria,
Università degli studi di Padova
dott. Andrea Pezzuolo
Dipartimento territorio e sistemi agroforestali TESAF,
Facoltà di Agraria, Università degli studi di Padova
Le imprese agricole professionali devono trovare nella propria gestione interna quei margini
di efficienza che sono stati sempre più compressi fra l’aumento dei costi di produzione, la
volatilità dei prezzi nella fase di commercializzazione e le difficoltà ambientali e climatiche.
Possiamo farlo utilizzando in modo attento i principali elementi della gestione agronomica:
lavorazione del terreno e semina, uso dei fertilizzanti e dei reflui zootecnici, irrigazione.
Le migliori tecniche agronomiche e ambientali hanno un effetto di mitigazione dei cambiamenti climatici, sollecitato dalla collettività al nostro settore, ma benefico per la stessa attività produttiva: le abbiamo raccolte in un manuale facilmente consultabile, realizzato
grazie al contributo della Camera di commercio di Rovigo.
Tutti i consigli intendono migliorare l’efficienza economica e ambientale delle imprese: con
la riduzione degli input, la riduzione dei costi di lavorazione, il mantenimento della qualità
del suolo, dell’acqua e dell’aria, il mantenimento della biodiversità, la riduzione delle emissioni.
Il manuale è stato redatto da un gruppo di lavoro del Dipartimento territorio e sistemi agroforestali dell’Università di Padova, composto dal prof. Luigi Sartori, dalla dott.ssa Lucia
Bortolini e dal dott. Andrea Pezzuolo.
L’adozione delle tecniche illustrate va oltre gli standard minimi imposti dalle norme europee
di condizionalità. Riteniamo possa costituire uno strumento efficace per un’evoluzione
delle nostre imprese e per la difesa del nostro territorio.
La fotografia di copertina è di Daniele Rudian
Progetto Grafico
Barbara Migliorini
Impaginazione e Stampa
Tipografia ArtestampA
Via B. T. Garofolo, 14/16 - 45100 Rovigo
telefono e fax 0425 31855
e-mail: [email protected]
© Agricoltori srl - 2012
Lorenzo Nicoli
presidente Confagricoltura Rovigo
INDICE
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Importanza e ruolo dell’agricoltura
Le pratiche di gestione del suolo agiscono sulla mitigazione del clima
8
Tecniche di lavorazione conservativa del terreno
Aspetti generali
La lavorazione del terreno senza l’inversione degli strati
Preparazione del letto di semina
Minima lavorazione del terreno
Seminatrici per la semina diretta
Semina su terreno sodo
La lavorazione delle stoppie
12
16
19
26
28
30
34
Problematiche della semina su sodo e rimedi
La non lavorazione del terreno
La gestione dei residui
Tecniche di gestione e controllo dei residui colturali
Le colture intercalari di copertura (cover-crops)
Il compattamento del terreno
La gestione delle malerbe
La gestione delle micotossine
38
40
42
44
47
52
54
Uso razionale dei concimi
Problematiche legate alle concimazioni
Taratura delle macchine
Agricoltura di precisione
60
62
67
Uso razionale dei reflui zootecnici
Reflui zootecnici: risorsa e non rifiuto
I cantieri di lavoro per la distribuzione dei reflui zootecnici liquidi
I cantieri di lavoro per la distribuzione dei reflui zootecnici palabili
Utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici
72
76
82
86
Obiettivo irrigazione razionale
Migliorare l’uniformità dell’irrigazione
Migliorare l’efficienza dell’irrigazione
94
99
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© freestock.ca
IMPORTANZA
E RUOLO DELL’AGRICOLTURA
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8
9
LE PRATICHE DI GESTIONE DEL SUOLO
AGISCONO SULLA MITIGAZIONE DEL CLIMA
Negli ultimi decenni la gestione del suolo agrario ha
convenzionalmente annoverato tecniche di coltivazione intensive basate su interventi che richiedono
elevati input energetici contribuendo all’aumento dei
consumi di gasolio, alla degradazione del suolo, attraverso la perdita del tenore di sostanza organica,
l’erosione e la compattazione.
Tutto ciò ha portato a ripercussioni negative sulla
qualità del suolo, dell’acqua e dell’aria, sull’ecosistema e sulla biodiversità, nonché sull’andamento
climatico a livello globale, producendo ulteriori aggravi di anidride carbonica nell’atmosfera. (1)
- Maggiore accumulo nel terreno: a causa della minore mineralizzazione della sostanza organica (il
passaggio all’agricoltura conservativa consente al
terreno di sequestrare un quantitativo di CO2 oscillante tra 0,5 e 2,8 t/ha per anno). Nel complesso si
arriva a emettere da 0,8 a 3 t/ha in meno di CO2 per
anno.
(1)
In altre parole, il terreno agricolo diventa attrattore e sequestratore di CO2 piuttosto che una
possibile fonte di inquinamento.
Considerando una superficie nazionale a seminativi di circa 12 milioni di ettari e una potenzialità nell’adozione delle tecniche di lavorazione
semplificata del suolo del 30%, si possono ridurre le emissioni di 3,3 a 12,5 Mt di CO2 all’anno
(17-65% della riduzione nazionale entro il 2012).
(5)
Il suolo potrebbe offrire importanti opportunità per
mitigare gli effetti dannosi dell’attività antropica e dei
cambiamenti climatici, attraverso azioni di “carbon
sequestration” ad esempio mediante la riduzione
dell’intensità e della profondità delle lavorazioni. (2)
L’agricoltura ha bisogno quindi di una gestione più
“conservativa” per l’ambiente in grado di avvalersi
di pratiche agricole che alterino il meno possibile la
composizione, la struttura e la naturale biodiversità
del suolo.
Pratiche ormai riconosciute a livello delle amministrazioni locali ed europee come la semina diretta,
la favorevole gestione superficiale dei residui colturali e l’introduzione delle colture di copertura possono favorire la protezione del suolo e dell’ambiente
attraverso (3):
RIDUZIONE DELL’EROSIONE (4)
È noto che l’erosione idrica causa una notevole perdita di suolo agrario (fino a 10 t/ha dopo un evento
piovoso di forte intensità, anche in pianura) e porta
all’inquinamento dei corpi idrici.
I residui colturali lasciati in superficie dalle lavorazioni conservative attenuano il fenomeno o lo eliminano nei casi di copertura totale del suolo.
(2)
(3)
CONTROLLO DELLA LISCIVIAZIONE
DEI NITRATI NELLA FALDA (6-7-8)
Con la semina su sodo, rispetto alle lavorazioni convenzionali, si ottiene un abbattimento del 40% della
concentrazione di nitrato nelle acque di falda (da 56
a 33 ppm) e una riduzione del 21% delle perdite di
azoto nelle acque.
Negli sviluppi futuri dell’agricoltura europea l’applicazione di questa serie di tecniche, che se correttamente inserite ottimizzano e non sconvolgono
l’attività di un’azienda agricola, potrà essere facilmente monitorata in modo da permettere l’individuazione degli agricoltori che si comportano in maniera
“virtuosa”.
(6)
(7)
SEQUESTRO DEL CARBONIO (5)
L’effetto positivo delle tecniche conservative
è duplice:
- Riduzione delle emissioni di CO 2: dovuto al minore
impiego di gasolio. Nel caso della minima lavorazione si arriva a ottenere un risparmio di emissione
di CO2 nell’atmosfera pari a 108-135 kg/ha che sale
a 162-243 kg/ha con l’utilizzo della non lavorazione
o semina su sodo.
(4)
(8)
A livello italiano, qualcosa si sta muovendo, la Regione Veneto, seguita poi dalla Regione Lombardia,
è stata la prima a predisporre una misura apposita
per la promozione di una gestione agro-compatibile
delle superfici agricole.
Infatti, all’interno del Programma di Sviluppo Rurale
del Veneto è stata redatta la misura 214/I con le
azioni 1 e 2, per cercare di favorire e radicare la diffusione della gestione agronomica del suolo
secondo i criteri dell’agricoltura conservativa prevedendo la corresponsione di un contributo per le
aziende che vi aderiscono.
Il fatto che le tecniche conservative abbiano fatto
breccia nelle menti dei decisori locali deve rappresentare da un lato un aspetto positivo ma dall’altro
deve essere visto come una maggiore responsabilità per tutte le figure del comparto agricolo italiano.
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©Unione Europea 2012
TECNICHE DI LAVORAZIONE
CONSERVATIVA DEL TERRENO
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13
ASPETTI GENERALI
Lo scopo principale delle lavorazioni del terreno è quello di creare un ambiente ottimale per la crescita e lo sviluppo della pianta.
Se tale finalità viene ottenuta semplificando al minimo il numero di interventi (minima lavorazione)
o seminando direttamente senza lavorare il terreno (semina su sodo), oltre a positive implicazioni
di carattere ambientale si possono raggiungere anche vantaggi di ordine economico e gestionale.
(1)
LE LAVORAZIONI RIDOTTE RIDUCONO I COSTI
La riduzione dei costi, al momento attuale, si dimostra sempre più un elemento strategico per la
sopravvivenza di molte aziende agricole, vista l’altalenante quotazione dei prezzi dei prodotti agricoli
e l’incerta politica agricola.
Generalmente, rispetto a una lavorazione convenzionale, l’applicazione di una minima lavorazione
porta a una riduzione del 10% circa sui costi mentre per quanto riguarda la semina su sodo si arriva
al 15-25%.
Questo si verifica grazie alla semplificazione del parco macchine e, nonostante le basse rese colturali iniziali, succede spesso che il reddito lordo (PLV-costi) sia superiore nelle gestioni più semplificate.
(1)
Si definiscono tecniche di “agricoltura conservativa” quelle che influiscono il meno
possibile sulla naturale composizione del suolo, sulla sua struttura e sulla biodiversità,
favoriscono l’infiltrazione dell’acqua e la conservazione dell’umidità, contrastando
l’erosione e contribuendo a migliorare la qualità delle acque.
Tali tecniche si identificano, in ordine di intensità decrescente, in:
Lavorazione superficiale
senza inversione degli strati
Semina diretta
Non lavorazione
Semina su sodo
L’AGRICOLTURA CONSERVATIVA
E LE COLTURE
FRUMENTO
I cereali autunno-vernini sono le colture che meglio
si adattano alle lavorazioni conservative.
Secondo sperimentazioni condotte nel Veneto, le
differenze produttive sono al massimo inferiori al 5%
rispetto alla tecnica colturale basata su lavorazioni
convenzionali. (2)
(2)
MAIS
È tra le colture più sensibili. La minima lavorazione
è ben sopportata, ma nella semina su sodo la contrazione produttiva può variare tra il 10 e oltre il
25%. A differenza del frumento, nel mais eventuali
fallanze o morie incidono profondamente sulla produttività finale: ecco perché le condizioni devono essere il più possibili ottimali, garantendo l’assenza di
compattamenti, la difesa nelle prime fasi di sviluppo
e l’ottimale gestione del residuo superficiale della
coltura precedente. (3)
SOIA
Non viene influenzata dalle lavorazioni ridotte e si
trova in una situazione intermedia per la semina su
sodo, con contrazioni che possono variare dal 5 al
10%. La quotazione dei prodotti agricoli gioca in
questa situazione un ruolo importante e conferma
l’importanza per l’imprenditore agricolo di mantenere alte le produzioni cercando però di ridurre i
costi di produzione. (4)
ATTENZIONE AL TERRENO PRIMA
DELLA SEMINA
Nella semina su sodo, ma in linea generale anche
per la minima lavorazione, per evitare indesiderate
variabilità produttive, la fase di impianto della coltura
deve essere eseguita oltre che su terreno in condizioni ottimali di umidità e da attrezzature idonee,
anche con particolare attenzione alle regolazioni in
relazione alle condizioni superficiali del terreno (5).
Se il terreno viene seminato senza nessuna lavorazione, le condizioni antecedenti, soprattutto
quelle derivate dalla raccolta, possono pesantemente influire sulle produzioni successive per
cui anche locali o temporanei compattamenti
sono importanti e devono essere evitati quando
si prevede di seminare su sodo.
(3)
(4)
(5)
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14
15
LA SCELTA DELLE TECNICHE DI LAVORAZIONE
Situazione
in superficie
(7)
Una superficie interessata da questo tipo di problema non deve essere lavorata con
le tecniche di semina diretta o di non lavorazione, anche se non sono presenti residui
colturali.
Se la coltura precedente è stata gestita nel migliore
dei modi, ossia si sono effettuate le operazioni colturali e la raccolta su terreno secco e portante, si
hanno buone probabilità di avere anche per la coltura successiva un terreno in condizioni favorevoli.
Per contro se alcuni interventi sono stati portati a
termine in condizioni limite (raccolta con terreno
umido) e per i quali è stata danneggiata la struttura,
occorre osservare direttamente lo strato profondo
tramite la creazione di un profilo del terreno (fino a
40 cm o più) o con strumenti particolari come il penetrometro che misura la resistenza alla penetrazione di un terreno. (8)
(8)
POCO REGOLARE O CON ORMAIE CHE NON SUPERANO I 10 CM
La disformità superficiale è generalmente provocata dalle corsie di transito delle macchine da raccolta che generano depressioni regolari ogni 2 m di larghezza con dislivelli che possono superare
anche i 10 cm. (6)
ORMAIE
PROFONDE
PIÙ DI 10 CM
La condizione superficiale influisce, soprattutto, sulla scelta delle macchine per la lavorazione semplificata del terreno.
REGOLARE E SENZA ORMAIE
La scelta deve essere fatta tenendo in considerazione anche la precessione colturale e lo stato
dell’appezzamento sia in superficie che in profondità.
Situazione
in profondità
Tipo
di lavorazione
Esiste in profondità
una struttura
non compattata
(presenza di biopori
e fessurazioni
di piccole dimensioni)
Non lavorazione
Zona compatta
in profondità
(suola di lavorazione
o compattamenti
naturali) generalmente
da 20 a 45 cm
Decompattazione
e semina diretta
Decompattazione
e non lavorazione
Semina diretta
Esiste in profondità
una struttura non
compattata (presenza
di biopori e fessurazioni
di piccole dimensioni)
Lavorazione delle
stoppie e semina
Decompattazione
e semina diretta
Zona compatta
in profondità
(suola di lavorazione
o compattamenti
naturali) generalmente
da 20 a 45 cm
Decompattazione
e minima lavorazione
Lavorazione senza
inversione strati,
affinamento e semina
tradizionale
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LA LAVORAZIONE DEL TERRENO SENZA L’INVERSIONE DEGLI STRATI
Rispetto all’aratura, alcune attrezzature sono da considerarsi alternative perché, pur lavorando a
profondità simili, non tendono a compattare le zolle e non provocano la suola di lavorazione.
Questa operazione, a parità di risultati produttivi, consente di ridurre i consumi energetici e di migliorare la capacità di lavoro, grazie alla maggior velocità di avanzamento rispetto all’aratura.
Dal punto di vista ambientale, la biomassa resta in superficie, viene ridotto il rischio di erosione e
di compattazione, aumenta la fertilità dei suoli.
ATTREZZI ALTERNATIVI ALL’ARATRO
Scarificatori o coltivatori pesanti: attrezzi discissori muniti di ancore con altezza compresa tra
0,6 e 1,1 m, di diversa forma e massa.
ARATURA (9)
Pregi:
u
buon controllo delle erbe infestanti
u
buon interramento dei residui e fertilizzanti
u
costanza produttiva
(11)
u
tecnica matura
Generalmente il telaio può essere costituito da 1 a 4 traverse diritte porta ancore opportunamente
collegate tra di loro (11-12) oppure da un telaio a “V” (13).
Inconvenienti:
u
costosa
u
eccessiva zollosità
u
formazione della suola di lavorazione
u
inversione degli strati
(9)
(si possono portare in superficie strati di terreno
inerte o portare in profondità i microrganismi
aerobici superficiali)
u
diluizione della sostanza organica
u
limitato sfruttamento della potenza del trattore e
(12)
(13)
Le ancore degli scarificatori possono essere:
Diritte: particolarmente indicate in terreni tenaci in quanto producono un ridotto sovralzo garantendo
una buona penetrazione.
Ricurve: presentano un ridotto sforzo di trazione ma favoriscono un sollevamento di terreno lavorato
che in terreni pesanti si traduce in un eccessiva zollosità.
Inclinate: richiedono un ridotto sforzo di trazione ma riporta in superficie una elevata quantità di
zolle. Sensibili al rischio intasamenti.
MOMENTO DI INTERVENTO
In terreni allo stato semi-plastico, soprattutto se di natura argillosa, si ha un aumento della forza di
trazione e slittamenti.
In alcune situazioni può risultare conveniente intervenire su terreno allo stato friabile.
alti consumi
CONDIZIONI DEL TERRENO
LAVORAZIONE SENZA INVERSIONE
DEGLI STRATI (10)
Pregi:
u
consumi ridotti
u
alta capacità di lavoro
u
zolle più friabili
u
no formazione della suola di lavorazione
u
mantenimento della stratigrafia
u
sostanza organica in superficie
u
scarsa influenza sulle produzioni
Inconvenienti:
u
scarso interramento dei residui
u
approssimativo controllo delle malerbe
(10)
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
consigliato
consigliato
possibile
Medio impasto
possibile
consigliato
sconsigliato
Tenace
sconsigliato
consigliato
sconsigliato
Presenza di residui colturali
Con elevata presenza di residui colturali, le tipologie di telaio a “V” riducono la possibilità di ingolfamenti. Risultano interessanti anche le soluzioni con dischi anteriori.
Parametri funzionali
(operando a 30 cm di profondità)
Velocità di avanzamento: tra 5 e 9 km/h
Tempo operativo: 1,3 – 1,7 h/ha
Consumo di combustibile: 5-9 kg/h
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19
PREPARAZIONE DEL LETTO DI SEMINA
VANGATRICE (14-15)
Gli organi lavoranti sono vanghe poste sulla parte terminale della biella di un meccanismo a parallelogramma articolato.
Non effettua un rovesciamento perfetto del terreno e l’interramento dei residui non è totale.
A dispetto dell’aratura offre un maggior grado di affinamento del terreno, non forma suola di lavorazione e causa un minore calpestamento (grazie alla larghezza di lavoro ed all’accoppiamento
centrato rispetto al trattore che consente un maggiore sfruttamento della potenza).
L’intervallo di taglio risulta in genere compreso tra 15 e 25 cm.
Il letto di semina si compone di un miscuglio di terra fine e di piccole zolle che deve assicurare una
circolazione rapida e continua dell’acqua e dell’aria all’interno del letto si semina e verso gli strati
più profondi. (16)
Parametri funzionali
(operando a 25 cm di profondità)
Le vangatrici devono avanzare a una velocità piuttosto contenuta (1-2,5 km/h), ma la larghezza di
lavoro è compresa tra 1 e 4 m.
Tempo operativo: 5-6 h/ha
Consumo di combustibile: 5-10 kg/h
(16)
Schematicamente deve comprendere le seguenti zone (17):
1. Zona superficiale zollosa, ma senza zolle con diametro maggiore di 5 cm
2. Zona intermedia con terra fine
(senza zolle con diametro maggiore di 1 cm)
3. Zona inferiore senza suola di lavorazione.
(14)
(15)
(17)
MOMENTO DI INTERVENTO
Oltre alle condizioni di tempera, in alcune situazioni può risultare conveniente intervenire su terreno
allo stato friabile, specialmente in presenza di terreni tenaci.
CONDIZIONI DEL TERRENO
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
possibile
consigliato
consigliato
Medio impasto
possibile
consigliato
possibile
Tenace
consigliato
consigliato
sconsigliato
La zollosità prodotta dalle lavorazioni senza l’inversione degli strati, quali la discissura, rende necessari, al fine della preparazione del letto di semina, interventi con attrezzi per la lavorazione secondaria del terreno.
Per una buona conservazione della struttura del terreno la disgregazione delle zolle non si deve
trasformare in “disfacimento” degli aggregati strutturali, come avviene spesso con l’utilizzo di attrezzature mosse dalla presa di potenza che, tra l’altro, hanno l’inconveniente della ridotta capacità
di lavoro. Con l’adozione delle tecniche alternative all’aratura, le lavorazioni secondarie vengono
facilitate perché la minor dimensione delle zolle e il limitato sovralzo rendono possibile l’impiego di
attrezzature semplici non azionate dalla presa di potenza oppure razionalizzano l’uso delle attrezzature rotative di elevata larghezza di lavoro con maggiore velocità di avanzamento.
Oltre all’utilizzo di attrezzature semplici, attualmente sono molto diffuse le combinazioni di attrezzi
(ancore, denti, dischi e rulli di varia foggia e variamente posizionati) in quanto adattabili alla maggior
parte dei suoli e delle varie tipologie di residui.
Tale tipologia di lavorazione può essere dunque eseguita mediante erpici a dischi, erpici a denti
elastici, erpici rotanti.
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21
ERPICI A DISCHI (18-19)
Il lavoro svolto dall’erpice a dischi determina una distribuzione abbastanza omogenea degli aggregati e della zollosità lungo il profilo verticale, lasciando sulla superficie una certa rugosità che risulta
efficace contro l’erosione, ma non sempre lo è per la preparazione di un ottimale letto di semina.
L’incremento dell’affinamento del terreno così come del grado di interramento dei residui vegetali
possono essere ottenuti aumentando l’inclinazione delle sezioni e la velocità di avanzamento dell’erpice.
ERPICI A DENTI ELASTICI (21-22)
Gli erpici a denti elastici sono costituiti da denti flessibili disposti su più ranghi e possono essere
allestiti in modo diverso a seconda delle esigenze. Le versioni portate presentano larghezze di
4-5 m, mentre per larghezze maggiori si ricorre a macchine trainate (eventualmente ripiegabili).
Con elevate larghezze di lavoro il telaio deve essere dotato di varie sezioni articolate e indipendenti
tra loro, in modo da potersi adattare alle irregolarità del terreno.
DISCHI (20)
I dischi possono avere un diametro variabile fra i 30 e i 50 cm e sono caratterizzati da diversi profili.
Essi possono avere profilo liscio, dentato, lobato. I secondi aumentano l’efficacia nell’aggressione
del residuo colturale rispetto ai dischi a profilo liscio. Mentre le tipologie lobate o a lame, aumentano
il grado di rivoltamento del terreno.
(21)
(22)
DENTI (23)
(19)
(18)
I denti possono presentare una diversa conformazione.
A semplice curvatura: la sua flessibilità permette un buon amminutamento delle zolle, tuttavia favorisce il riporto in superficie di zolle poste relativamente in profondità, oppure, in suoli umidi, l’arricciamento del terreno davanti al dente.
A doppia curvatura: presenta una buona flessibilità ma limita il riporto in superficie di zolle profonde. Particolarmente adatto ad aggredire anche terreni arati.
Ricurvo reversibile: presenta un’aggressività simile ai denti a semplice curvatura, ma è caratterizzato da minori dimensioni e quindi adatto per lavorazioni di rifinitura.
Elastico diritto: l’assenza di curvatura determina una minore aggressività, un maggiore approfondimento della terra fine e un effetto di separazione tra questa e le zollette.
(20)
MOMENTO DI INTERVENTO
È consigliabile intervenire con terreni dalla consistenza friabile. Sconsigliabile lavorare con un terreno allo stato plastico, eccetto in terreni particolarmente sciolti.
Canadese: adatto per lavori di rifinitura e poco profondi.
CONDIZIONI DEL TERRENO
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
consigliato
consigliato
possibile
Medio impasto
consigliato
consigliato
sconsigliato
Tenace
possibile
consigliato
sconsigliato
a semplice
curvatura
(23)
a doppia
curvatura
ricurvo
reversibile
elastico
diritto
canadese
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22
23
UTENSILI (24-25-26)
Nei modelli più leggeri molti costruttori non prevedono la presenza di utensile se non in suoli a
scheletro prevalente in cui viene proposto un utensile di tipo standard reversibile. Per gli erpici più
robusti le tipologie sono:
(24)
a scalpello
a lama
a zampa d’oca
a doppia punta
ERPICI ROTANTI (27)
Attrezzature caratterizzate da una serie di rotori ad asse verticale rotanti in senso alternativo al
rotore vicino e provvisti di una coppia di denti variamente conformata. Il moto deriva dalla presa di
potenza del trattore attraverso trasmissioni, uno o più rinvii ad angolo e pignoni.
Eseguono un buon lavoro di livellamento e finitura del letto di semina, con una notevole produzione
di terra fine distribuita omogeneamente su tutto lo strato lavorato, che può favorire però la compattazione e la formazione di crosta.
L’impiego dell’erpice rotante può avvenire anche in ambito conservativo con opportune modifiche
come l’allungamento delle lame e l’aumento delle distanze tra i rotori in modo tale da avere una
maggiore luce libera da terra. Inoltre la forma dell’utensile è preferibilmente ricurva in avanti per
migliorare l’interramento del residuo.
Con questi accorgimenti, buona parte del residuo colturale tenderà a galleggiare sulla superficie
del terreno continuando a effettuare un’ottima azione di copertura.
A scalpello: della larghezza di 30 – 40 mm è il più utilizzato nella preparazione del letto di semina
su terreno in tempera.
A lama: consigliato in suoli umidi o argillosi perché riesce ad aggredire sufficientemente la superficie, ma la sua capacità di affinamento è scarsa.
A zampa d’oca: ha una larghezza superiore all’utensile a scalpello e una maggior capacità di amminutamento delle zolle in suoli in tempera.
A doppia punta: tipologia che permette di ottenere un buon amminutamento e approfondimento
anche in terreni argillosi.
(27)
ORGANI LAVORANTI (28)
I denti della lunghezza variabile da 30 a 40 cm possono essere raggruppati in funzione delle loro
caratteristiche geometriche.
denti a lama
(25)
(26)
(28)
MOMENTO DI INTERVENTO
È consigliabile intervenire con terreni in condizioni di tempera. Sconsigliabile lavorare con un terreno
allo stato semi-plastico.
denti a sezione
quadrata
denti a sezione
triangolare
denti inclinati
A lama: lavorano per effetto di taglio, spostano relativamente poco il terreno lateralmente e hanno
scarsa azione livellante.
A sezione quadrata: la loro azione è soprattutto di rottura per impatto e sono adatti per terreni
sassosi. Richiedono una maggior potenza per l’azionamento.
CONDIZIONI DEL TERRENO
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
possibile/sconsigliato
consigliato
sconsigliato
Medio impasto
possibile/sconsigliato
consigliato
sconsigliato
Tenace
possibile/sconsigliato
consigliato
sconsigliato
A sezione triangolare: richiedono una minor energia per l’azionamento ma sono sconsigliabili in
terreni ricchi di scheletro.
Inclinati: lavorano con un certo angolo di inserzione con il terreno. Se questo è acuto si ha un
maggior approfondimento e penetrazione del dente, mentre se è ottuso predomina l’effetto di rimescolamento del terreno e dei residui.
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25
RULLO POSTERIORE
Viene utilizzato per regolare la profondità di lavoro, per completare l’affinamento dei denti rotanti e
per il pareggiamento superficiale. In funzione del tipo di terreno e del suo stato in superficie le principali tipologie che si possono distinguere sono:
Rullo a gabbia (29): presenta problemi di intasamento in terreni umidi, parzialmente evitabili con
rulli di elevato diametro e con barre ben spaziate tra di loro.
Rullo packer (30): è munito di denti per accrescere l’amminutamento e di un apparato di pulizia
regolabile. È tanto meno sensibile agli ingolfamenti quanto più elevato è il suo diametro e più lunghi
sono i denti.
Rullo a spirale (31): compatta in profondità lasciando quasi inalterata la superficie.
(31)
MOMENTO DI INTERVENTO
È consigliabile intervenire con terreni allo stato di tempera o di consistenza friabile. Sconsigliabile
lavorare con un terreno allo stato plastico, specialmente in terreni molto sciolti o tenaci.
CONDIZIONI DEL TERRENO
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
possibile
sconsigliato
sconsigliato
Medio impasto
possibile
consigliato
possibile
Tenace
possibile
consigliato
sconsigliato
(29)
TEST DELL’OROLOGIO
Per individuare il grado di affinamento ottimale del letto di semina è necessario individuare parametri semplici, sintetici e oggettivi che descrivano il grado di affinamento,
per giudicare la qualità del lavoro e regolare in modo corretto l’attrezzatura.
Per avere un’idea della qualità del lavoro, quando ci si trova in campo, gli strumenti
necessari sono un orologio da polso e un doppio metro rigido.
Dopo il passaggio dell’attrezzo, con il metro rigido si forma un quadrato di 40 cm di lato
e lo si depone casualmente sul terreno.
Con un dischetto di cartone rigido del diametro di 4 cm (oppure con l’orologio da polso),
si contano le zolle che hanno una superficie maggiore del dischetto e si ripete l’operazione 2 o 3 volte. Il numero di zolle con diametro superiore ai 4 cm si dovrebbe aggirare
attorno alle 15-20 unità (pari a 133 zolle/m2) corrispondenti a letti di semina con un
grado di affinamento intermedio.
(30)
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26
27
MINIMA LAVORAZIONE DEL TERRENO
La minima lavorazione comporta un’azione di rottura solamente degli strati più superficiali del terreno
per creare le condizioni adatte ad ospitare il seme,
senza ricorrere al rivoltamento della zolla. Questo
fatto consente un notevole risparmio energetico e
parallelamente risulta anche meno “traumatica” per
il terreno, evitando i danni che normalmente con le
lavorazioni tradizionali si causano alla pedofauna e
alle attività microbiche. Le lavorazioni ridotte si attuano smuovendo solamente gli strati più superficiali
del suolo (5-15 cm) impiegando semplici coltivatori
leggeri, erpici a dischi o attrezzature combinate o
addirittura solamente degli erpici a denti elastici.
Tale tipologia di lavorazione può essere eseguita
mediante attrezzature combinate, coltivatori combinati leggeri e erpici a dischi (32).
(32)
Attrezzature combinate (33-34): composte da denti e dischi di varia foggia e variamente posizionati
per adeguarsi alla maggior parte dei suoli.
Il dente provoca la discissura e il taglio (spesso anche orizzontale) del terreno, mentre il disco consente l’interramento di quanto presente sulla superficie; rulli e altri dischi possono completare la lavorazione o agevolare l’azione degli organi principali.
Queste attrezzature non sono azionate dalla presa di potenza del trattore e funzionano a elevate
velocità; inoltre sono caratterizzate da elevate larghezze di lavoro, in genere comprese fra i 3 e gli
8 metri, e da notevoli ingombri longitudinali.
La lunghezza è necessaria per poter disporre su ranghi separati i diversi organi in modo da evitare
l’effetto rastrello sul residuo colturale (soprattutto per le attrezzature ad ancore), o per attendere la
ricaduta sul suolo del residuo e del terreno prima dell’arrivo dei successivi utensili, o, infine per migliorare la manovrabilità. La dimensione di queste attrezzature e la loro massa, inevitabilmente elevata, impone quasi sempre l’adozione di un collegamento al trattore di tipo trainato.
(33)
Coltivatori leggeri (35): le ancore possono essere
rigide, e munite di dispositivi di sicurezza, o elastiche
e sempre destinate a lavorare in superficie. Sono
inoltre caratterizzate da forme in grado di contenere
l’azione di rovesciamento del terreno e di privilegiare
una blanda miscelazione. Data la ridotta profondità
di lavoro, il taglio orizzontale del terreno prodotto
dalle alette offre un’azione di diserbo meccanico
molto efficace. Infine, queste attrezzature sono sempre corredate da organi destinati a livellare il terreno,
ad affinarlo ulteriormente e ad assestarlo in modo da
permettere di eseguire la semina anche dopo un solo
passaggio di coltivatore. Sono sempre presenti dischi
convessi o stellati per chiudere il solco creato dalle
ancore, montati direttamente sul telaio e regolabili
nella profondità. Questi organi lavorano il terreno
smosso dalle ancore e non intaccano lo strato più
profondo.
Erpici a dischi (36-37): i modelli convenzionali sono
costituiti da calotte sferiche e parallele inserite folli su
assi disposti simmetricamente rispetto alla direzione
di avanzamento e angolati fra loro.
Vi sono poi gli erpici a dischi indipendenti, nei quali i
dischi, folli, sono collegati singolarmente a una barra
perpendicolare alla direzione di avanzamento.
I dischi possono essere caratterizzati da un profilo liscio o dentato. Questi ultimi sono in grado di aggredire con maggiore efficacia il residuo colturale rispetto
ai lisci, e per questo vengono privilegiati nelle attrezzature destinate alle minime lavorazioni.
Sugli erpici a dischi convenzionali, caratterizzati da
un’azione tendenzialmente più aggressiva, possono
invece essere proposti alternati ai dischi lisci.
Velocità di avanzamento molto elevate (10 – 20 km/h)
contribuiscono a migliorare la disgregazione delle
zolle e, più in generale la qualità della lavorazione.
(35)
(36)
Gli erpici a dischi convenzionali dispongono di assi
portadischi disposti a “X” oppure a “V”
(37)
Gli erpici a dischi indipendenti offrono un minor ingombro longitudinale (aspetto che ha contribuito al
loro successo) in quanto sono disposti su due linee
perpendicolari alla direzione di avanzamento
MOMENTO DI INTERVENTO
In terreni allo stato semi-plastico è preferibile non intervenire in quanto l’operatività delle macchine
sopracitate potrebbe non essere ottimale, soprattutto se in presenza di terreni tenaci. Con terreni
sciolti o di medio impasto può risultare conveniente intervenire su terreno allo stato friabile.
CONDIZIONI DEL TERRENO
(34)
TIPO DI TERRENO
COESIVO
IN TEMPERA
SEMI-PLASTICO
Sciolto
consigliato
consigliato
possibile
Medio impasto
possibile
consigliato
sconsigliato
Tenace
sconsigliato
consigliato
sconsigliato
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28
29
SEMINATRICI PER LA SEMINA DIRETTA
Le seminatrici per la semina diretta, combinate e
non, attuano in una sola passata oltre alla semina
anche una minima lavorazione del terreno lungo
tutto il fronte di lavoro. Questo permette di ridurre i
costi unitari, aumentare la produttività del lavoro e
limitare il compattamento del terreno rispetto a
quanto accade adottando sistemi convenzionali di
impianto. Rispetto alle seminatrici per la non lavorazione, queste macchine sono caratterizzate da
minor capacità di lavoro e richiedono una maggior (38)
potenza, ma per molte colture, offrono maggior garanzia di emergenza e di sviluppo e quindi costanza
delle produzioni.
La combinazione di più macchine non sempre garantisce le prestazioni ottimali delle singole attrezzature componenti e talvolta le modalità operative
risultano una soluzione di compromesso tra gli attrezzi. Ciò vale per la scelta della velocità di avanzamento che potrebbe peggiorare la qualità del
lavoro dell’utensile per la lavorazione del terreno o
la funzionalità della seminatrice; oppure per il dimensionamento del trattore o, ancora, per la tempestività di intervento che potrebbe essere
superiore se vengono utilizzate le stesse attrezzature, ma in momenti diversi. La combinazione con
la seminatrice può essere con utensili mossi dalla
presa di potenza oppure con utensili passivi. (38)
Seminatrici combinate mosse dalla presa di
potenza (39-40): sono caratterizzate dalla combinazione con erpici rotanti e più raramente zappatrici
rotative; necessitano di potenze ragguardevoli e
non possono eccedere nella velocità di lavoro.
Sono molto utilizzate nella semina dei cereali, su
terreni livellati, anche con una certa quantità di residui colturali, ma occorre riporre attenzione nell’evitare l’eccessivo amminutamento delle zolle che
porta al disfacimento degli aggregati strutturali e alla (39)
formazione della crosta superficiale. Positiva è la
miscelazione del terreno con i residui colturali che
ne favorisce la decomposizione e lo protegge dall’azione battente della pioggia.
Le tendenze evolutive per questa tipologia di combinate sono: la revisione della geometria e del numero dei rotori dell’erpice rotante in modo che
possa disimpegnarsi meglio sui residui colturali; la
ricerca di soluzioni tecniche per aumentare la velocità di lavoro soprattutto tramite utilizzo di organi
supplementari; la ricerca di modularità per esaltare
(40)
la polivalenza e quindi ridurre i costi di esercizio.
Seminatrici combinate con utensili passivi (41-42): sono prevalentemente dotate di uno o più
ranghi di dischi, più raramente con erpici a denti elastici. Rispetto alle tipologia con organi azionati
dalla presa di forza la lavorazione risulta meno intensa e più veloce, richiedono minore potenza, si
adattano sia su terreni sciolti che franchi anche in presenza di residui vegetali, mentre è problematico il loro impiego su terreno allo stato semi-plastico e in pendenza. Attualmente le attenzioni evolutive sono rivolte allo studio delle inclinazioni, delle forme e dimensioni dei dischi, al miglioramento
della ripartizione dinamica dei pesi e nella riduzione degli ingombri.
(41)
(42)
MOMENTO DI INTERVENTO
SOLUZIONE TECNICA
CONDIZIONE OPERATIVA
DISCHI
DENTI
ELASTICI
ERPICE
ROTANTE
(presa di potenza)
Residui abbondanti
Consigliato
Sconsigliato
Sconsigliato
Superficie non livellata
Possibile
Sconsigliato
Sconsigliato
Scheletro prevalente
Possibile
Consigliato
Possibile
Terreno sciolto
Consigliato
Consigliato
Consigliato
Terreno tenace in tempera
Consigliato
Consigliato
Consigliato
Terreno tenace semi-plastico
Sconsigliato
Possibile
Sconsigliato
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31
PRINCIPALI TIPOLOGIE DI DISCO
SEMINA SU TERRENO SODO
Le seminatrici per la non lavorazione operano una minima preparazione del terreno solo sulle file
da seminare consentendo la massima riduzione dei costi e risparmi energetici, il massimo controllo
dei fenomeni erosivi e il massimo sequestro del carbonio da parte del terreno.
Rispetto alle macchine convenzionali tali seminatrici sono generalmente dotate di organi lavoranti
specifici per la preparazione della fila e la gestione dei residui colturali (deviazione, taglio, incorporazione), organi assolcatori e chiudi solco e organi di compressione. (43)
(43)
(44)
Utensili per lo spostamento del residuo (44): sono sempre anteposti agli assolcatori e hanno la
funzione di formare una banda larga da 100 a 150 mm libera dai residui vegetali senza smuovere
il terreno a cavallo della linea di semina. In questo modo il lavoro degli assolcatori viene facilitato,
soprattutto in presenza di terreno umido.
In genere sono costituiti da dischi stellati montati folli su supporti elastici, in posizione leggermente
angolata rispetto all’avanzamento, attraverso dispositivi che consentano di regolare l’inclinazione
e l’altezza.
Utensili per il taglio del residuo (45-46): generalmente costituiti da un disco folle che ha il compito
di tagliare il residuo e produrre una minima lavorazione limitata alla linea di semina. Sono in genere
anteposti e in linea con i corpi seminatori: possono essere montati sull’elemento seminatore e, in
questo caso sfruttano il medesimo parallelogramma articolato per mantenere costante la profondità
di lavoro; oppure sono collegati direttamente al telaio e in questo caso devono almeno essere muniti
di un dispositivo a molla che gli permetta di adeguarsi alle irregolarità del terreno e di superare
eventuali ostacoli. Il disco esercita una forza peso che può oscillare fra i 100 e 200 kg e deve poter
essere regolata in funzione delle condizioni del terreno dove oltre alla tessitura, anche l’umidità
gioca un ruolo importante sulla resistenza alla penetrazione.
DISCO
LISCIO
Alta capacità di penetrazione
e di taglio. Il terreno non subisce
una lavorazione intensa.
DISCO
LISCIO
GOFFRATO
Smuove maggiormente il terreno
producendo un solco più largo.
Opera bene su terreni in tempera,
mentre in terreni umidi tende
a svuotare il solco.
DISCO
DENTATO
Presenta un’alta capacità di aggressione del residuo colturale, specie
se molto abbondante. L’intensa
lavorazione del solco di semina
fa sì che sia una delle tipologie
di disco più soggette a usura.
DISCO
ONDULATO
RADIALE
Effettua un’azione di taglio e una
minima lavorazione del terreno lungo
una banda di 2-3 cm.
All’aumentare della curvatura
delle ondulazioni e della profondità
dell’incisione sul disco si ha un
incremento dell’effetto sul suolo
a scapito delle azioni di taglio
e di penetrazione.
DISCO
ONDULATO
CORRUGATO
Dischi corrugati solo nella parte più
esterna tagliano e lavorano il terreno
in una zona che può essere inferiore
a quella interessata dal passaggio
dell’assolcatore.
DISCO
ONDULATO
TANGENZIALE
(45)
(46)
La presenza di rilievi inclinati amplifica
l’intensità della lavorazione
migliorando le azioni di taglio e
di estrazione di residui vegetali dal
solco di semina. Alte velocità di lavoro
potrebbero risultare sfavorevoli in
quanto portano a un eccessivo
svuotamento del solco di semina.
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33
ASSOLCATORE
Provvede a creare il solco e a deporre il seme alla
giusta profondità.
Assolcatori a dente (47): sono macchine semplici
ed economiche perché derivate da coltivatori a denti
elastici o erpici equipaggiati da sistemi di dosaggio
e distribuzione della semente che viene collocata a
valle del solco aperto dalle ancore. Di ridotta massa,
richiedono bassa potenza e sono consigliate nei terreni ricchi di scheletro. Data l’assenza di meccanismi validi per la chiusura dei solchi, l’impiego risulta
abbastanza problematico su terreno plastico e con
superficie non ben livellata, mentre esso è possibile
in presenza di abbondanti residui colturali.
Assolcatori a dischi (48): rappresentano la tipologia più diffusa e sono disponibili in ampie varietà di
tipologie per adattarsi a qualsiasi esigenza e situazione di terreno.
Queste macchine sono piuttosto pesanti anche perché le singole unità di semina (composte da tutti gli
elementi necessari) devono seguire perfettamente
il terreno per consentire la deposizione del seme a
profondità costante.
Il taglio del disco può non essere netto e quindi “intrappola” il residuo nel solco di semina impedendo
una normale germinazione dei semi.
Assolcatori sottosuperficiale (49-50): rappresentano un’evoluzione dell’organo assolcatore delle seminatrici a dente. Tali macchine eseguono anche il
taglio orizzontale impedendo che il seme venga deposto in stretta vicinanza con i residui colturali.
L’organo assolcatore è costituito da un’ancora diritta
portante due alette nella parte inferiore che sono ripiegate distalmente di 90° rispetto al piano orizzontale.Tale particolare conformazione impedisce che
le zolle create vengano proiettate lateralmente ed
evitano la formazione del classico solco di semina
conformato a “V”: in questo modo non sono necessari dispositivi meccanici di chiusura del solco a
tutto vantaggio della semplicità costruttiva e della
leggerezza. Non essendo necessario il peso per
creare il solco di semina possono essere usati trattori di ridotta potenza e causano minor compattamento del terreno.
Utensili chiudi solco e compressori (51-52): elemento molto importante perché deve garantire
la copertura del seme e il contatto fra il seme e il suolo in modo da assicurare una sua rapida e
continua umidificazione.Un’insufficiente chiusura del solco è una delle principali cause della mancata
emergenza, soprattutto in colture sensibili come il mais perché espone il seme alla predazione da
parte della fauna, ne impedisce l’umidificazione o lo sottopone ad un’alternanza di umido e di secco.
La chiusura del solco di semina e l’azione di compressione possono essere affidate ad organi distinti
o un unico dispositivo realizza entrambe le funzioni. Aspetto fondamentale è la regolazione del carico (attuato mediante una molla), dell’angolo e della posizione delle ruote.
(47)
(51)
(48)
(52)
MOMENTO DI INTERVENTO
SOLUZIONE TECNICA
(49)
CONDIZIONE OPERATIVA
DENTI
(50)
DISCO
SOTTO
SUPERFICIALE
Residui abbondanti
Possibile
Consigliato
Consigliato
Superficie non livellata
Sconsigliato
Consigliato
Sconsigliato/
Possibile
Scheletro prevalente
Consigliato
Sconsigliato
Possibile
Terreno sciolto
Sconsigliato
Consigliato
Consigliato
Terreno tenace in tempera
Sconsigliato
Consigliato
Consigliato
Terreno tenace semi-plastico
Sconsigliato
Possibile
Sconsigliato/
Possibile
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35
LA LAVORAZIONE DELLE STOPPIE
Gli interventi di lavorazione del terreno effettuati subito dopo la raccolta di un cereale autunno-vernino prendono il nome di lavorazione o rottura delle stoppie.
Questa operazione colturale non è obbligatoria, ma il suo interesse, in questi ultimi tempi, è stato
riscoperto perché permette il conseguimento dei seguenti obiettivi:
Interramento dei residui: migliora la struttura del terreno e aumenta il contenuto di sostanza organica del suolo, difende il terreno dai fenomeni erosivi e immobilizza i nitrati riducendo l’inquinamento delle acque di falda. La presenza di residui colturali in superficie può però causare
intasamenti durante la lavorazione del terreno e la semina, compromettendo l’ottimale contatto fra
seme e terreno e quindi pregiudicarne la germinazione se non vengono utilizzate idonee attrezzature. Per favorire la decomposizione del residuo, questo deve venire accuratamente trinciato e successivamente interrato. Oltre che dalla lunghezza di trinciatura, la velocità di decomposizione viene
influenzata anche dall’umidità, dalla temperatura e dalla porosità del terreno.
Controllo meccanico delle infestanti in pre-semina: con un terreno in condizioni secche, la lavorazione delle stoppie con utensili a denti, permette di inattivare i rizomi portandoli in superficie;
in condizioni umide si tende a frazionare i rizomi per favorire il loro ricaccio e attenuare la loro resistenza ai prodotti chimici. Si potranno così ridurre il numero di trattamenti diserbanti con evidente
riduzione del costo colturale e minor impatto ambientale.
Germinazione dei semi: favorisce la nascita delle infestanti e dei semi caduti in fase di raccolta
(falsa semina) permettendo di controllarli con successivi interventi meccanici. In questo modo, si
viene a ridurre il numero di semi presenti sul terreno, che potrebbero costituire una potenziale fonte
di infestazione.
ATTREZZATURA
buone capacità di lavoro
buona miscelazione dei
residui con il terreno
u efficace contro le avventizie
La lavorazione delle stoppie rappresenta sempre un compromesso nel quale è necessario decidere
di volta in volta per l’uno o per l’altro effetto di lavoro scegliendo tra i diversi tipi di attrezzatura e/o
giocando sulle loro regolazioni. Tale tipologia di lavorazione può essere eseguita mediante le attrezzature indicate nella tabella.
ASPETTI NEGATIVI
u
u
u
scabrosità superficiale
rilevante
Erpice a dischi
difficoltà di mantenimento
della profondità di lavoro se
non con ancore anteriori
u facilità di intasamenti con
ancore anteriori
u
lavorazione accurata
e omogenea
u polivalenza di impiego
u
Zappatrice rotativa
elevate capacità di lavoro
u lavorazione
soddisfacente
anche nel caso di lavorazione
superficiale
u polivalenza di impiego
u
Erpice a denti elastici
Livellamento superficiale del terreno dopo il passaggio delle macchine da raccolta. La lavorazione delle stoppie correggere i danni superficiali subiti dal terreno dopo il passaggio delle macchine
per la raccolta e il trasporto sugli appezzamenti (ormaie), favorendo la stabilità della trattrice e una
buona funzionalità delle macchine operatrici nelle successive operazioni colturali.
Lavorazione ridotta del terreno: le medesime attrezzature possono essere impiegate per la
coltivazione successiva, soprattutto se si tratta di cereali a semina autunnale o colture di secondo
raccolto.
ASPETTI POSITIVI
Coltivatore leggero
a profondità superiori a
10 cm difficoltà di mantenere
costante la profondità di
lavorazione soprattutto
nei terreni pesanti e secchi
u pericolo di intasamenti
u
u
versatile
bene su terreno pesante
e secco
u buon livellamento
(con accessori)
u buon effetto germinante
(con accessori)
u
u
u
u
controllo fisico delle malerbe
rottura della crosta superficiale
u omogeneizzazione del residuo
u
u
u
creazione di solchi
difficoltà di lavoro a ridotte
profondità
u maggior consumo di energia
(con accessori)
u pericolo di intasamenti con
elevati residui (con accessori)
scabrosità superficiale
necessità di alte velocità
di lavoro
Erpice a denti strigliatore
efficace per le malerbe
in superficie
u buon effetto di miscelazione
dei residui
u buon livellamento superficiale
u scarsi intasamenti
u versatile
u
Coltivatore combinato
alta capacità di sminuzzamento del residuo
u notevole effetto
di sradicamento
u buon contatto del residuo
con il terreno
u
MOMENTO DI INTERVENTO
È consigliabile intervenire con terreni dalla consistenza friabile. Difficile è effettuare tale lavorazione
in terreni duri, specie se di natura argillosa, mentre è sconsigliabile lavorare con una situazione
plastica.
Rullo decespugliatore
u
necessità di alte velocità di
lavoro
macchina dal peso piuttosto
elevato, dovuto al fatto che i
rulli vengono riempiti di acqua
u necessità alte velocità di
lavoro sia per un aspetto
qualitativo che per non creare
compattamenti
u
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Foto cortesia USDA NRCS
PROBLEMATICHE
DELLA SEMINA SU SODO E RIMEDI
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38
39
LA NON LAVORAZIONE DEL TERRENO
La tecnica prevede la lavorazione solamente nella zona interessata dal solco di semina. Poiché la
maggior parte della massa del terreno rimane praticamente indisturbata, i residui della coltura precedente restano integralmente in superficie.
La tecnica rappresenta uno degli strumenti più efficaci da un lato per ridurre i costi di produzione
e, dall’altro, per la conservazione del terreno e il miglioramento qualitativo delle sue caratteristiche.
È per questo che la tecnica della non lavorazione può spesso comportare un calo di produzione legato a molteplici cause inerenti il tipo di semente, le condizioni del terreno, il decorso stagionale,
gli attacchi di parassiti viventi nei residui colturali (limacce e uccelli) e nel terreno ecc. (1)
Nella tabella seguente sono riportate alcune raccomandazioni da tenere in considerazione in caso
di adozione della tecnica di non lavorazione.
La tecnica della non lavorazione consente di ridurre del 15-25% i costi di produzione rispetto
alla lavorazione tradizionale anche per effetto della riduzione del consumo di gasolio da
60-80 kg/ha a 10 kg/ha.
ASPETTI
DELLA TECNICA
CEREALI AUTUNNO-VERNINI
MAIS
SOIA
Compattamento
del terreno
Tecnica non praticabile.
Evitare terreni compattati
perché lo sviluppo è stentato.
In generale, il terreno, compattato
dopo la raccolta in autunno,
si rigenera dopo l’inverno.
Stato
superficiale
del terreno
In presenza di ormaie
o disformità evidenti si consiglia
di non adottare la tecnica.
In presenza di ormaie
o disformità evidenti si consiglia
di non adottare la tecnica.
In presenza di ormaie (o disformità evidenti)
si consiglia di non adottare la tecnica.
Umidità
del terreno
Tecnica non praticabile
con terreno allo stato plastico.
Evitare la semina in terreni umidi oltre
allo stato plastico, soprattutto
con seminatrici a disco. In questi casi il
solco, in fase di essiccamento,
si apre lasciando scoperto il seme.
Il terreno non deve essere eccessivamente
umido e mai sopra allo stato plastico.
L’ottimale è avere almeno uno strato
superficiale di 2 cm asciutto e sotto umido.
Gestione
dei residui
colturali
Praticabile su tutti i tipi di residuo.
La trinciatura può essere eseguita prima
della semina oppure dopo la semina
(minori problemi di ingolfamenti).
Nessun problema di residui colturali,
che sono decomposti dopo l’inverno.
Spesso sono favorevoli
per l’effetto pacciamante.
Non danno problemi perché sono
decomposti dopo l’inverno soprattutto
se vengono trinciati dopo la trebbiatura.
Epoca
di semina
Può essere anticipata rispetto
alla tecnica tradizionale.
Profondità
di semina
Con temperatura del terreno maggiore
di 9°-10°C. Questo comporta
un ritardo di 10-15 giorni
rispetto alla semina tradizionale
(il terreno sodo è più freddo del lavorato).
Viene ritardata di 10-15 giorni rispetto
alla semina tradizionale
(da fine aprile a fine maggio).
La più ridotta possibile in ogni periodo,
ma sempre e comunque il seme
deve risultare coperto.
Non meno di 5-6 cm. Spesso l’assolcatore
non riesce a mantenere costante questa
profondità con l’incoveniente
che i semi più superficiali hanno
uno sviluppo stentato.
Più la semina è anticipata, più superficiale
sarà la deposizione partendo da 1,5 cm
a metà marzo fino a 4-5 cm a metà maggio.
In terreni sciolti il seme va posto
più in superficie.
Quantità
di seme
Quanto più le semine sono posticipate,
tanto maggiore deve essere l’investimento.
Quanto consigliato dalle ditte sementiere,
perché la germinabilità del seme di mais
in terreno sodo è simile
a quella su terreno arato.
Più rada rispetto al tradizionale
(circa il 10% in meno). Questo provoca
maggiore allegagione e un maggior
numero di baccelli per pianta.
Velocità
di avanzamento
Inferiore ai 7 km/h in terreni argillosi,
inferiore a 12 km/h nei terreni sciolti.
Funzione delle condizioni del terreno
da 4 km/h a 10 km/h.
Molto penalizzanti sono le doppie
deposizioni causate da elevate velocità
di avanzamento e dal tipo di organo
di distribuzione.
Su terreno disforme la velocità deve essere
ridotta a 4 km/h per evitare le irregolarità di
deposizione; in terreni ben sistemati si può
arrivare anche a 10 km/h.
Si eseguono 2 trattamenti con Glyphosate
in autunno e in primavera
(per completamento) con dose di 0,5 l/ha
su 150-200 l/ha di acqua. Un eventuale
altro trattamento in post-emergenza
verrà eseguito solamente nel caso
di infestazioni di graminacee.
Quasi totalmente assente, tranne in rari
casi di carenza di azoto dove
si somministra urea in fase di fioritura.
Diserbo
Se necessario Glyphosate in pre semina,
altri prodotti specifici contro graminacee
o dicotiledoni in primavera.
Due trattamenti con Glyphosate
in autunno e in primavera con dose
di 0,5 l/ha su150-200 l/ha di acqua.
Il successivo controllo avviene
in post-emergenza
come per la tecnica tradizionale.
Concimazione
Eventualmente fosforo localizzato
nel solco di semina,
azoto frazionato in copertura.
La concimazione localizzata del fosforo
nel solco è auspicabile. La concimazione
azotata di copertura è assolutamente
necessaria. Essa va eseguita durante
la sarchiatura o mediante concimazione
liquida oppure con la fertirrigazione.
(1)
L’operazione è molto importante su terreno
sodo e va eseguita con macchine
specificatamente studiate
per lavorare in terreni ricchi di residui.
Sarchiatura
Produzione
Generalmente le differenze di produzione
non superano il 10%. Le rese del sodo
rispetto alla lavorazione tradizionale
aumentano all’aumentare della temperatura,
mentre all’aumentare della piovosità
la resa si riduce soprattutto in terreni pesanti.
Coltura sensibile dal punto di vista
produttivo. Nei primi anni si possono
registrare cali produttivi del 30-35%.
In tutti i tipi di terreno seminati a sodo,
la produzione è identica e in certi casi
superiore in confronto con terreno lavorato.
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40
41
LA GESTIONE DEI RESIDUI
La presenza di residuo colturale rappresenta uno degli aspetti più difficili da gestire nel caso di adozione della semina su sodo.
Un’ottimale gestione delle stoppie prevede tutte quelle operazioni agronomiche mirate a sfruttare i
benefici della presenza di residuo in superficie, ma allo stesso tempo atte ad agevolarne la decomposizione mediante la miscelazione con il terreno.
Colture che producono abbondanti residui sono i cereali autunno-vernini, il mais da granella, il
sorgo, i prati ecc., mentre residui poco abbondanti vengono forniti dal girasole, soia, cereali di cui
si è raccolta la paglia, il mais raccolto allo stato ceroso, la barbabietola, le patate ecc.
Oltre all’aspetto quantitativo occorre considerare se il loro stato di decomposizione è avanzato (paglie di cereali dopo l’inverno o vegetali distrutti chimicamente qualche settimana prima) oppure no
come la stessa paglia di cereale in autunno o la biomassa trattata da qualche giorno. (2)
CARATTERISTICHE VALUTATIVE
DEL RESIDUO (3-4)
Tipologia e consistenza: più aumentano le dimensioni (lunghezza e diametro) maggiori saranno
le difficoltà di gestione da parte dell’organo di lavoro della macchina operatrice.
Prodotti umidi e fibrosi, come lo stocco di mais, sono sicuramente più difficili da gestire rispetto a
un residuo secco e fragile come le stoppie di grano. Organi di lavoro ad ancora non presentano
problemi con i residui che sono già parzialmente degradati, mentre nel caso di un prodotto umido
e non sminuzzato alla raccolta, diventa molto più indicato un utensile a disco, a margine dentato.
(3)
(2)
(4)
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43
TECNICHE DI GESTIONE E DI CONTROLLO DEI RESIDUI COLTURALI
OMOGENEITÀ
DI COPERTURA
Il residuo deve essere il più possibile
omogeneo all’interno dell’appezzamento
al momento di eseguire la lavorazione o
la semina in modo da non influenzare in
modo negativo il risultato della lavorazione/semina. Oltre alla migliorata lavorabilità, i benefici di una omogenea
copertura residuale daranno anche un
positivo aspetto agronomico.
MISCELAZIONE
NEL TERRENO
Attrezzature ad ancore esercitano un disturbo maggiore e al contempo portano
alla formazione di una zollosità maggiore
rispetto invece ai dischi, che hanno una
maggior capacità di miscelazione, legata
alla contemporanea azione di taglio e di
mescolamento che riescono ad eseguire.
AVVICENDAMENTO
COLTURALE
DISTRIBUZIONE
E TRINCIATURA
DEI RESIDUI
IN FASE
DI RACCOLTA
REGOLAZIONE
DELL’ALTEZZA
DI TAGLIO
DURANTE
LA RACCOLTA
Alternare colture ma talvolta anche singole varietà con una diversa produzione
di residuo colturale ha lo scopo oltre che
di facilitare la degradazione del residuo
stesso anche di evitare la formazione di
un “materasso” di residui che comprometterebbe il corretto svolgimento delle
operazioni colturali.
Lavorazione meccanica dei residui: qualora la fase di raccolta del prodotto non sia sufficientemente in grado di uniformare il residuo colturale sulla superficie si può ricorrere a specifiche attrezzature come: trinciastocchi, rulli e strigliatori.
TRINCIASTOCCHI
È adatto anche in presenza di abbondanti residui non trinciati e di elevate
dimensioni. Tuttavia non entrando in
contatto con il terreno stesso non
agevola le decomposizioni microbiche e la veloce trasformazione in sostanza organica.
Durante la fase di lavoro è importante
garantire un’uniforme lunghezza di
trinciatura e altezza di lavoro al fine di
non creare zone con una quantità
residuale eterogenea. Preferibili sono
le tipologie dotate di elementi ripartitori e convogliatori.
RULLI
DECESPUGLIATORI
Attrezzature molto spesso appesantite
grazie al riempimento di acqua,
svolgono una evidente azione di
rottura e sradicamento del residuo.
Per una migliore qualità del lavoro
vanno utilizzati ad elevate velocità di
avanzamento.
ERPICI
STRIGLIATORI
Introdotti principalmente per il controllo fisico delle malerbe, per l’affinamento del terreno e per la rottura
della crosta superficiale, soprattutto
se pesanti, sono attrezzature in grado
di effettuare un condizionamento del
residuo con il terreno e la falsa
semina.
Le mietitrebbiatrici devono essere munite di spargipaglia e trinciatore per distribuire in modo omogeneo i residui su
tutto il fronte di lavoro della macchina.
Le valutazioni devono avvenire in funzione della coltura ma anche a seconda
della tipologia di attrezzo che effettuerà
la lavorazione del terreno.
Altezze di taglio elevate sono da preferirsi in caso di lavorazioni con attrezzature a disco mentre un’altezza più bassa
è consigliabile per lavorazioni con attrezzature ad ancora.
Epoca di lavorazione: riveste un ruolo di fondamentale importanza per il buon esito della gestione.
Residui molto umidi e terreni poco portanti non agevolano il lavoro di rottura, specialmente in presenza di attrezzature a disco.
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45
LE COLTURE INTERCALARI DI COPERTURA (COVER-CROPS)
Le colture di copertura chiamate anche “cover-crops” in genere si possono definire come quelle
specie erbacee inserite negli ordinamenti produttivi con lo scopo principale di mantenere il terreno
coperto da vegetazione in quei periodi dell’anno durante i quali, in relazione all’avvicendamento
praticato, il terreno rimarrebbe privo di ogni coltivazione.
La coltivazione delle cover-crops, nel lungo periodo, può condizionare anche in maniera significativa
la fertilità bio-chimica dei suoli.
BENEFICI
u
Azione preventiva contro l’erosione.
u
Accumulano nella biomassa prodotta dei nutrienti derivanti dalla mineralizzazione della sostanza
organica, che andrebbero altrimenti persi per lisciviazione o scorrimento superficiale.
u
Riducono gli inquinamenti di nitrato nelle acque profonde.
u
Fissano elementi nutritivi, in particolare l’azoto atmosferico che nel caso delle leguminose, sarà
mediamente disponibile per circa il 40% per la coltura successiva, mentre una minor quantità
verrà utilizzata dalle specie coltivate nella seconda e terza stagione.
u
Incrementano la capacità di infiltrazione dell’acqua sul terreno.
u
Limitano lo scorrimento superficiale dell’acqua sul suolo.
u
Facilitano la gestione delle erbe infestanti controllando la loro diffusione e il loro sviluppo.
u
Aumentano la biodiversità all’interno dell’agro-ecosistema.
u
Moderano la temperatura del terreno.
u
Mitigano gli effetti negativi della non lavorazione perché favoriscono la degradazione dei residui
colturali e riducono il compattamento del terreno.
VALUTAZIONI PRELIMINARI NELLA RISOLUZIONE DELLE PROBLEMATICHE (5-6)
u La posizione all’interno degli avvicendamenti.
u La scelta della specie.
u La gestione economica in un ordinamento produttivo.
Scelta della specie: è un aspetto di notevole importanza in quanto l’essenza utilizzata deve
presentare i seguenti requisiti.
u
u
u
u
u
u
u
PROBLEMATICHE
u
Lacunosa informazione che può creare problematiche di ordine agronomico-gestionale.
u
Difficoltà nella scelta delle essenze se non si hanno informazioni specifiche.
u
Reperimento della semente talvolta poco diffusa.
u
Possibilità di sottrazione di acqua dal suolo.
u
La loro soppressione (chimica, meccanica o naturale) può essere difficile.
u
Comportano una serie di operazioni colturali supplementari che aumentano i costi e i tempi di
lavoro.
(6)
(5)
Possedere un’elevata energia germinativa e rapidità di emergenza di campo.
Adeguato adattamento alle condizioni pedoclimatiche.
Rapido sviluppo.
Buona capacità di fissazione dell’azoto atmosferico o di assorbimento dell’azoto nitrico.
Buona capacità di competizione nei confronti delle piante infestanti.
Facilità di interramento, sfalcio, trinciatura o disseccamento.
Basso costo di impianto.
Le specie tradizionalmente impiegate sono quelle appartenenti alle famiglie delle leguminose (es.
veccia, favino, trifogli), delle graminacee (es. orzo, avena, segale, triticale) e delle crucifere (es.
brassica juncea e carinata, senape).
Le specie leguminose sono seminate principalmente allo scopo di fornire al terreno l’azoto fissato
per via simbiontica e renderlo disponibile per le colture da reddito in successione (in genere a ciclo
primaverile-estivo, come mais o girasole), mentre le graminacee sono impiegate per il loro effetto
di contenimento delle piante infestanti oppure come “catch-crops” di residui azotati. Le crucifere,
invece, sono maggiormente impiegate in ambito orticolo dove in virtù del rilascio di sostanze ad effetto bio-tossico, contribuiscono significativamente a ridurre la carica di nematodi e funghi patogeni
del terreno.
Per raggiungere contemporaneamente diversi obiettivi, è possibile coltivare insieme più specie di
cover-crops realizzando cosi un “miscuglio”.
ESEMPI DI COLTURE COVER-CROPS:
Specie estive: grano saraceno, sorgo, miglio perlato, miglio sudanese, panico.
Tuttavia un’oculata scelta della specie, della varietà e soprattutto della tecnica agronomica
corretta (spesso innovativa e originale) permette di conseguire piena soddisfazione economica e ambientale.
Specie autunnali: colza, loiessa, orzo.
Specie biocide/nematocide: brassica nigra, brassica rapa, rucola, rafano, senapi.
Erbai: avena, veccia, trifoglio, loiessa.
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47
IL COMPATTAMENTO DEL TERRENO
Gestione della cover crop (7-8): deve avvenire in rapporto alla coltura principale. Qualora la
coltura principale seguente sia un cereale autunno-vernino, si può seminare la cover-crop su
sodo subito dopo la raccolta della coltura precedente. La semina potrebbe essere eseguita anche
a spaglio se le condizioni del terreno sono buone. In prossimità della semina del cereale occorre
interrompere il suo ciclo in autunno meccanicamente (trinciatori o combinati per la lavorazione delle
stoppie) o chimicamente, per poi seminare il frumento con la minima lavorazione o semina diretta.
Qualora la coltura principale che segue sia il mais o una coltura a semina primaverile, la gestione
può prevedere:
Semina su sodo della cover-crop.
u Distruzione della cover crop in primavera
grazie alle lavorazioni del terreno (aratura).
u Preparazione del letto di semina e semina della
coltura principale.
Tale tecnica gestionale costringe ad effettuare una
lavorazione primaria (aratura o alternative all’aratura) in un periodo colturale poco idoneo. È quindi
consigliabile con terreni sciolti.
u
u
u
u
u
Il compattamento è una riduzione permanente del
volume apparente del terreno dovuta ad una sollecitazione di compressione provocata dall’azione lavorante di un attrezzo o dall’organo di propulsione
di un veicolo.
Negli ultimi anni il problema è andato via via aggravandosi man mano che la meccanizzazione agricola
si orientava verso l’introduzione di attrezzature con
dimensioni e massa sempre maggiori.
Se da un lato è comprensibile che non sempre sia
facile conciliare il tentativo di non entrare in campo
quando il terreno non è transitabile, dall’altro è importante considerare anche i possibili effetti che si
procurano quando si opera in condizioni al limite del
praticabile. (10)
(10)
EFFETTI NEGATIVI DEL COMPATTAMENTO
(11-12)
(7)
Effetti sulle caratteristiche fisiche
Lavorazione primaria del terreno in autunno
Semina della cover-crop.
Distruzione chimica o fisica dell’intercalare
Semina su sodo della coltura principale in
primavera.
u
Riduzione della porosità e della permeabilità del
terreno.
u
Aumento dei fenomeni erosivi.
u
Riduzione dell’aerazione.
u
Riduzione della temperatura (suoli più freddi).
(11)
(8)
Effetti agronomici
Avvicendamento e colture di copertura (9):
l’avvicendamento colturale si potrebbe basare su
una rotazione triennale: mais, soia e frumento. Tale
rotazione rispetta il principio basilare di un buon avvicendamento che prescrive l’alternanza di colture
con caratteristiche fisiologiche e di stagionalità differenziate. Questa scelta permette inoltre una gestione ottimale dei residui che in sistemi di
lavorazione ridotta potrebbero costituire un possibile
problema. Infatti, l’ampio periodo temporale tra mais
e frumento oltre a far sì che i residui non costituiscano un problema, consente di gestire le infestanti
e inserire una cover crop estiva e, eventualmente,
anche una specie autunnale.
MAIS
Cover invernale
Cover estiva + autunnale
u
Inidonee condizioni di crescita per le radici.
u
Difficile assorbimento degli elementi nutritivi.
u
Riduzione della produttività.
u
Incremento di energia richiesta per le lavora-
SOIA
zioni del terreno (+25-50%) dovuto al fatto che
il terreno compattato presenta una maggior resistenza al taglio.
FRUMENTO
(9)
Effetti biologici
u
Minore entità dei processi di ossidoriduzione.
u
Minore vitalità microbica.
(12)
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49
TECNICHE PER RIDURRE IL COMPATTAMENTO
Da un lato si devono porre in essere le tecniche volte a ristabilire e a mantenere la struttura del
suolo, che è stata sottoposta a fattori perturbanti, nelle condizioni di rigenerare in tempi brevi le
proprie condizioni ottimali; dall’altro si devono limitare le cause del compattamento provocato dal
traffico di veicoli sul terreno, adottando opportune modalità operative.
w
Interventi sulle caratteristiche costruttive e/o di prestazione delle macchine
Pressione di gonfiaggio (13): se si eccede nella
pressione di gonfiaggio si possono determinare
danni di compattamento e riduzione di aderenza.
Se invece si adottano valori inferiori ai livelli minimi
si verifica lo slittamento tra il cerchio e il tallone.
La pressione consigliata viene determinata in funzione del carico e della velocità di avanzamento.
(13)
Aumento della superficie di contatto: distribuendo lo stesso peso su una maggiore superficie
diminuisce la pressione esercitata sul suolo riducendo la pressione di gonfiaggio oppure aumentando la larghezza del pneumatico, come visualizzato nella tabella (la pressione di una persona
che cammina sul campo è circa 0,5 bar).
Tipologia di
pneumatico
Carico
(kg)
Pressione
di gonfiaggio
(bar)
Superficie
di contatto
(cm2)
Pressione
sul terreno
(bar)
Standard
2600
1,4
1490
1,7
Gemellato
2600
0,7
3100
0,8
Largo
2600
0,7
3002
0,8
“Terra-Tyre”
2600
0,4
5677
0,5
Gemellatura (14): accoppiamento di due pneumatici di ugual diametro esterno (anche se di diverso
diametro di calettamento) sullo stesso semiasse.
Rappresenta un buon compromesso tra l’esigenza
di ridurre il compattamento e gli elevati investimenti
che un pneumatico a larga sezione comporta. Inoltre, grazie a sistemi di attacco rapidi, garantisce
sempre un giusto adattamento del trattore all’operazione da svolgere.
L’inserimento di un pneumatico supplementare
consente di ridurre il carico gravante su ciascun
pneumatico e, di conseguenza, la pressione di gonfiaggio e la pressione scaricata.
Pneumatici a larga sezione (15): consentono di
adottare delle pressioni di gonfiaggio molto ridotte
(0,4-0,6 bar) e di aumentare la superficie di contatto
tra ruota e suolo.
Il loro campo di impiego è soprattutto nella preparazione del letto di semina, nella semina, nei trattamenti di alcune colture, nella raccolta e nel trasporto
dei prodotti agricoli.
Cingoli (16): consentono di aumentare notevolmente la superficie di contatto (esercitano una pressione media sul terreno di 0,25-0,40 bar) anche
quando la capacità portante del terreno è bassa.
Aumento della velocità di avanzamento (17):
operazioni più veloci riducono il tempo di permanenza della macchina in campo e quindi provocano
minori sollecitazioni al terreno.
(14)
(15)
(16)
(17)
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50
51
w
Interventi sulle operazioni colturali e/o la loro successione, il momento e le modalità
Riduzione del numero di passaggi (18): si può ottenere attraverso l’aumento della larghezza di lavoro o con l’utilizzo di attrezzature associate o
combinate.
Considerando che i maggiori pericoli si verificano
durante le lavorazioni del terreno, l’utilizzo di attrezzature alternative all’aratura consente di ridurre il
numero di interventi in campo.
Scelta del momento ottimale per l’operazione e
tempestività di intervento (20): lo stato idrico del
terreno è l’elemento che forse più di altri influisce
sul compattamento mentre la tessitura determina la
durata del periodo in cui un terreno è più o meno
sensibile alla compattazione.
Il transito dovrebbe essere evitato quando il terreno
sta raggiungendo lo stato semi-plastico, in quanto
la capacità portante risulta essere ridotta.
Organizzazione dei cantieri di trasporto (21):
molto spesso sono i mezzi di trasporto non agricoli
che, transitando sull’appezzamento, causano i maggiori problemi.
Ottimale sarebbe limitare il loro intervento sulle capezzagne, portanti e ben inerbite, e non affiancarli
alla macchina da raccolta.
Interventi per rendere il suolo più resistente alle sollecitazioni
CORRETTA GESTIONE DEI RESIDUI COLTURALI
E INTRODUZIONE DELLE COVER CROPS
(18)
Traffico controllato o tramline (19): sistema colturale nel quale la zona coltivata e le linee di transito
sono separate in modo distinto e permanente almeno durante la coltivazione.
Le linee diventano perciò compatte, migliorando l’efficienza di trazione, la portanza del terreno e la tempestività di esecuzione delle operazioni, mentre la
zona non calpestata tende a mantenere il proprio
stato strutturale.
La tempestività di intervento nelle operazioni di semina, difesa e concimazione, consentita dalla possibilità di poter transitare su corsie ben consolidate,
può in maniera significativa migliorare sia la qualità
che la quantità delle produzioni.
La distanza tra le linee di transito adiacenti è condizionata dalla larghezza di lavoro minore tra quelle
delle diverse macchine impiegabili, generalmente
quella della seminatrice. La larghezza di lavoro delle
altre attrezzature deve allora essere multipla di tale
larghezza base.
w
Allo scopo aumentare o preservare il contenuto
di sostanza organica al suolo.
Entrambi i tipi di biomassa devono essere lasciati il più possibile in superficie o comunque
essere interrati a profondità inferiori di 25 cm,
adottando sistemi di lavorazione primaria che
non prevedano l’inversione degli strati (tecniche alternative all’aratro, lavorazione ridotta,
semina diretta o non lavorazione).
FERTILIZZAZIONE ORGANICA
(19)
La crisi zootecnica ha allungato il ciclo della sostanza organica di origine animale, nel senso
che, a fronte dell’impossibilità di reperimento di
grandi quantità di letame, sono a disposizioni
altre fonti organiche, quali reflui, digestati e
compost che, se adeguatamente controllati
e certificati, potrebbero costituire una risorsa
importante di materiale organico.
INTRODUZIONE DI PRATI O COLTURE
(20)
MIGLIORATRICI NELLA ROTAZIONE
Una razionale rotazione delle colture, dettata
soprattutto da considerazioni agronomiche,
costituisce una delle basi su cui si fonda
l’agricoltura conservativa.
(21)
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52
53
LA GESTIONE DELLE MALERBE
La gestione delle infestanti è un’operazione fondamentale nel caso in cui si adotti la semina su sodo.
Sottovalutare l’infestazione di un terreno solo perché le infestanti sono poche e poco sviluppate, significa trovarsi successivamente, a coltura emersa,
in presenza di malerbe troppo sviluppate per essere
controllate con prodotti selettivi specifici e subire di
conseguenza danni produttivi rilevanti. Un terreno
non lavorato si inerbisce con netto anticipo rispetto
a quello lavorato convenzionalmente (perché i semi
non vengono disturbati nella fase di germinazione)
e prima dell’epoca di semina “sfoga” gran parte
della sua potenziale infestazione.
La gestione delle infestanti prima della semina, ad
esempio, è un’operazione fondamentale e avviene
in modo completo, con erbicidi sistemici ad azione
totale (es. Gliphosate).
Avvalersi di disseccanti privi di azione sistemica,
con efficacia limitata al solo apparato fogliare, senza
interessare le radici delle piante, è sconsigliato per
non ritrovarsi dopo un brevissimo periodo, a coltura
in atto, con le medesime infestanti che riescono a
ricacciare. Analoga considerazione vale anche se
si controllano con una sola lavorazione meccanica,
dove il ricaccio a coltura in atto, rende difficoltoso e
problematico il successivo controllo. (22-23-24-25)
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Dopo aver effettuato un trattamento con un erbicida
sistemico ad azione totale, qualora si intenda applicare un diserbo residuale di pre-emergenza ad
azione anti-germinello, è importante prestare attenzione alla presenza o meno di abbondanti residui
colturali, che potrebbero impedire al principio attivo
di raggiungere il terreno compromettendo l’efficacia
dell’intervento. Sarà poi importante anche ricordare
quali prodotti, ad azione residuale, siano stati impiegati per il diserbo della coltura precedente.
Un’attenzione particolare va prestata nel diserbo dei
medicai a fine ciclo che si vogliono seminare
su sodo. L’erba medica è una leguminosa perenne,
con abbondante apparato radicale e sensibile solo
ad elevati dosaggi di erbicida sistemico ad azione
totale. Per operare correttamente è indispensabile
programmare per tempo l’ultimo sfalcio, per avere
poi un sufficiente ricaccio di circa 15-20 cm che consenta un buon assorbimento del principio attivo (utilizzato a 5-6 l/ha) e successiva traslocazione ai
rizomi più profondi.
DINAMICHE EVOLUTIVE DELLE INFESTANTI CON LE LAVORAZIONI TRADIZIONALI
E CON LA SEMINA SU SODO
Nella sopravvivenza e diffusione delle erbe infestanti gioca un ruolo fondamentale la profondità di
interramento, in quanto è risaputo che la maggior parte delle plantule che emergono proviene da
semi disposti nei 5 cm di terreno più superficiali.
Inoltre, il diverso grado di dormienza posseduto dalle varie specie comporta un diverso rapporto
tra flora reale (plantule emerse) e potenziale (stock di semi interrati).
(22)
Così, mentre le lavorazioni tradizionali preservano gran parte dei semi dalla germinazione
(perché troppo interrati), le tecniche di minima o non lavorazione tendono a concentrare i
semi negli strati di terreno più superficiali, con il conseguente possibile aumento della porzione di semi potenzialmente in grado di germinare.
L’azione esercitata dagli interventi meccanici adottati nella minima lavorazione è variabile a seconda
degli strumenti utilizzati.
u
u
(23)
Gli erpici dotati di elementi flessibili terminanti con una zappetta a doppio tagliente sono in
grado di determinare il sollevamento e lo sradicamento della vegetazione presente sul terreno,
limitandone l’interramento. Essi sono generalmente molto efficaci nel controllo delle piante annuali e permettono, con interventi ripetuti, anche di contenere le malerbe vivaci.
Gli erpici a dischi e le frese, pur distruggendo le specie annuali, presentano il grave inconveniente di frammentare stoloni e rizomi, favorendo la possibile moltiplicazione delle piante a riproduzione vegetativa.
EFFETTI AMBIENTALI DEI RESIDUI COLTURALI
SUI PRODOTTI CHIMICI (26)
(24)
(25)
La presenza dei residui organici può condizionare
molti aspetti del diserbo chimico, come la scelta del
prodotto e la sua formulazione, la frequenza dei trattamenti, l’efficacia dell’azione erbicida, la velocità di
degradazione del principio attivo e la dinamica della
popolazione dei semi nel terreno.
Tra gli effetti principali ottenuti dall’adozione delle
tecniche di lavorazione conservativa si annovera
l’evitare le perdite e la degradazione del suolo dovute a fenomeni erosivi, con la conseguente limitazione del trasporto degli erbicidi con le acque di
ruscellamento. Infatti, i deflussi superficiali dei terreni lavorati convenzionalmente sono generalmente
molto maggiori rispetto a quelli dei terreni non lavorati e quest’ultimi possiedono anche un effetto di aumento dell’infiltrazione nel terreno dell’acqua
piovana.
(26)
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54
55
LA GESTIONE DELLE MICOTOSSINE
Durante la coltivazione è indispensabile realizzare condizioni agronomiche favorevoli all’accrescimento del cereale e sfavorevoli alla comparsa e sviluppo di funghi.
Infatti, se lo sviluppo di muffe non si realizza non si avrà formazione di micotossine e quindi il problema verrà risolto all’origine; tuttavia la presenza di muffe, in forma più o meno visibile, non è elemento sufficiente a testimoniare la presenza/assenza di tossine sul prodotto finale.
L’avvicendamento colturale, la provenienza e la sanità del seme, la gestione del residuo e
la qualità della semina devono essere attentamente e preventivamente valutati.
Una buona incisione del residuo insieme ad una corretta deposizione nel terreno (e non nei residui)
e a una buona copertura del solco riducono fortemente il rischio di infezioni.
Oltre alla qualità della semente e alla certificazione è utile prestare attenzione alla germinabilità e
all’energia germinativa che esprime il vigore e la velocità del seme stesso, ponendolo cosi al riparo
da attacchi di varia natura. (27)
ASPETTI COLTURALI
I residui colturali presenti sulla superficie del suolo rappresentano la principale fonte di inoculo dell’infezione; infatti, questi funghi sopravvivono e svernano nei residui non decomposti
della coltura precedente, mentre il suolo stesso o la presenza di semente infetta presentano
in genere una fonte secondaria di infezione.
(28)
Secondo recenti studi, il frumento in successione al mais o al sorgo presenta una maggior
esposizione alla contaminazione; pertanto, pur trovando una loro giustificazione nella riduzione dei
costi di produzione, sono proponibili soltanto negli ambienti con bassi rischi di infezione da fusariosi
della spiga e se non si intende coltivare frumento duro.
Assai più contenute sono risultate nell’ordine le contaminazioni nei campi di frumento in successione a barbabietola da zucchero, a leguminose (soia, favino, pisello), a erba medica, a girasole e a solanacee annuali.
Da un punto di vista colturale, le leguminose rappresentano la precessione ideale per il grano
tenero in quanto colture come il mais lasciano ingenti quantità di residuo che potrebbero rappresentare un ambiente ideale per una contaminazione fungina. (28)
Semina: in rapporto alla durata del ciclo vegetativo, l’epoca di semina dovrà essere correttamente
e adeguatamente anticipata. La densità di semina non deve essere eccessiva al fine di non instaurare stress, nel caso della coltura del mais è preferibile non andare oltre le 7 piante/mq.
Concimazioni equilibrate: dosare le concimazioni in funzione della fertilità, della disponibilità idrica
e delle caratteristiche dell’ibrido in modo da non avere comparsa di fenomeni di carenza/eccessi.
Scelta ibrido: usare ibridi a ciclo corto e rustici che si adattino bene all’ambiente e a fattori colturali
fondamentali come ad esempio l’acqua.
Specialmente in zone sensibili, è bene puntare sulla precocità dell’ibrido in modo da permettere la
raccolta prima che le condizioni siano favorevoli per i fusaria.
(27)
Raccolta: un efficiente sistema di trebbiatura e separazione rappresenta un aspetto di estrema importanza per un prodotto finale sano e esente da microfratture.
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57
Nel corso degli anni i sistemi di trebbiatura sono stati migliorati sia nelle mietitrebbiatrici tradizionali,
caratterizzate da gruppo di trebbiatura trasversale e separazione a scuotipaglia oscillanti, sia in
quelle delle cosiddette non convenzionali (assiali), dove le varie fasi di trebbiatura e separazione
vengono effettuate da uno o due rotori disposti longitudinalmente rispetto al corpo della macchina
e suddivisi in settori ognuno dei quali dedicato a una specifica funzione garantendo una maggiore
cura nel trattamento della granella. (29)
ASPETTI GESTIONALI DI POST-RACCOLTA
L’eliminazione di impurità, spezzati, polveri e pule, come la riduzione delle micro-fessurazioni e rottura delle cariossidi, permette un buon abbattimento del livello di micotossine e una migliore conservazione del prodotto.
Oltre a ridurre al massimo gli eventuali tempi di sosta del cereale verde prima della vera e propria
fase di essiccazione, è molto importante trasportare e lavorare partite di prodotto il più possibile
omogenee in termini di umidità, impurità, ed eventuale contaminazione fungina.
L’essiccazione sarà effettuata a basse temperature (max 90°C) al fine non creare fessurazioni nel
cereale. (31)
(29)
(31)
Un’ulteriore tipologia che in questi ultimi anni si sta facendo largo sono i sistemi di trebbiatura “ibridi”
ovvero quelli che presentano un battitore trasversale e nei quali gli scuotipaglia vengono sostituiti
da una coppia di rotori longitudinali di varia conformazione. Quest’ultima soluzione garantisce una
grande flessibilità operativa e un massimo recupero della granella residua che si traduce in un aumento delle prestazioni anche in condizioni limite. (30)
I silobags rappresentano una valida e sicura alternativa per lo stoccaggio di tutte le tipologie di granaglie. Questi contenitori tubolari sono costituiti da tre diversi strati di polietilene coestrusi che bloccano i raggi UV e garantiscono al tempo stesso una lunga durata fisica.
A bloccare lo sviluppo di organismi aerobi ci pensa l’anidride carbonica prodotta dal metabolismo
dei semi che va a sostituire l’ossigeno presente all’interno del sacco.
I silobags rappresentano una valida soluzione anche dal punto di vista tecnico-economico in quanto
oltre a non richiedere nessuna concessione edilizia questo sistema presenta costi fissi estremamente bassi in funzione delle reali esigenze del centro di raccolta o dell’azienda agricola.
Dal punto di vista meccanico per il riempimento del silobag è necessaria una macchina insaccatrice,
normalmente munita di ruote, che retrocede seguita di pari passo dal carro tramoggia. Per la successiva fase di “estrazione” della granella occorre un estrattore che avanza caricando il prodotto e
avvolgendo il silobag. (32)
(30)
L’umidità del prodotto rappresenta un aspetto molto importante che incide sia sulla qualità di trebbiatura che sulla qualità del prodotto finale. Sono da evitare infatti condizioni climatiche eccessivamente umide, nel caso del mais, la raccolta deve avvenire in modo tempestivo e ad una umidità
fisiologica compresa tra il 22-24% con mietitrebbiatrici opportunamente regolate e pulite al fine di
evitare lesioni o abrasioni alle cariossidi.
(32)
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USO RAZIONALE
DEI CONCIMI
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PROBLEMATICHE LEGATE ALLE CONCIMAZIONI
Una corretta e mirata distribuzione è una premessa indispensabile sia per garantire un’ottimale utilizzazione del nutriente da parte della coltura, sia per limitare i potenziali rischi ambientali legati al
loro impiego.
Le problematiche della concimazione riguardano, da un lato, la definizione della dose, la scelta del
tipo di fertilizzante, dell’epoca di distribuzione e dell’eventuale frazionamento delle dosi; dall’altro
la valutazione economica del programma di fertilizzazione in funzione delle produzioni, senza prescindere dalla valutazione dell’impatto ambientale. (1)
(1)
Bisogna considerare che, in funzione delle condizioni del terreno e delle modalità di distribuzione, l’utilizzazione del fertilizzante da parte della coltura generalmente non supera il 5060% e addirittura può scendere anche a livelli del 15% di quello distribuito.
Secondo studi economici dell’Unione europea, ogni anno circa 1 milione di tonnellate di azoto, pari
a circa 450 milioni di euro, non vengono utilizzate dalle colture a causa della non corretta distribuzione, comportando ingenti perdite economiche per l’agricoltore e la comparsa di forme di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee.
Inoltre si inquinano le acque superficiali e delle falde acquifere.
In effetti i fertilizzanti non utilizzati dalle colture possono essere lisciviati nelle acque di falda oppure,
se distribuiti in superficie e in concomitanza con eventi piovosi di una certa entità, trasportati per
ruscellamento nei corpi idrici.
Per quanto concerne l’inquinamento delle acque profonde si evidenzia come i nitrati non assorbiti
dalle colture possono essere facilmente dilavabili a causa dello scarso potere assorbente del terreno. Questo fenomeno varia in funzione delle condizioni climatiche, pedologiche e colturali, ma
può avere anche una elevata valenza.
Programmazione degli interventi (2): il terreno
agrario non è sempre in grado di accumulare i fertilizzanti in eccesso per metterli a disposizione della
coltura nei periodi di carenza. Oltrepassate certe
soglie il terreno reagisce, eliminando sia fisicamente
(dilavamento dell’azoto) sia chimicamente (retrogradazione del fosforo) i fertilizzanti somministrati.
Consegue pertanto che occorre, dove possibile, distribuire in modo frazionato durante la stagione vegetativa per aumentare l’efficienza da parte della
pianta.
Concimazioni localizzate (3-4): si riduce così la
dose mantenendo inalterate le disponibilità dell’elemento a livello della pianta.
L’utilizzo di fertilizzanti a titolo sempre più elevato,
se da un lato consente di ridurre i costi di trasporto
e di immagazzinamento, dall’altro richiede una maggiore attenzione nella scelta delle macchine per la
distribuzione. Si ricorda che il costo dei prodotti fertilizzanti utilizzati grava sui costi di produzione per
ben il 15-30%, mentre il costo delle macchine per
la distribuzione degli stessi concimi ha un’incidenza
di 10 volte inferiore.
Si tratta di un’incidenza molto ridotta se si considera
che dalle modalità di distribuzione dipendono la
buona utilizzazione dei fertilizzanti e l’esito della coltura. Val quindi la pena di adottare tutte quelle soluzioni tecnologiche e operative che consentano di
migliorare la qualità dell’operazione.
(2)
(3)
(4)
Ad esempio, per terreni lavorati e concimati con 100 unità di azoto, circa 23 kg/ha di azoto
vengono rilasciati nelle acque di percolazione.
FERTILIZZANTI A LENTO RILASCIO
Sono in grado di ritardare il rilascio dell’azoto in forma solubile con meccanismi diversi al fine di
aumentarne l’efficienza e di ridurne le perdite. Le modalità di attuazione del rilascio ritardato sono
di tipo fisico, ottenute ricoprendo i granuli di urea con membrane, resine, cere ecc.; di tipo chimico,
in cui agiscono inibitori chimici dell’ureasi o della nitrificazione. In altri casi vengono utilizzati polimeri
dell’urea (urea formaldeide) oppure la lenta cessione è dovuta alla matrice organica. Questi fertilizzanti permettono una sola somministrazione e una riduzione della dose. Per contro non è facile
individuare l’epoca di distribuzione perché il rilascio deve coincidere con il periodo di massimo
assorbimento delle colture. Inoltre è problematica la definizione della dose ottimale.
Regolazioni degli spandiconcime (5): è importante saper valutare la qualità di lavoro delle macchine agendo con corrette e frequenti tarature prima
del loro impiego e sulla idonea scelta della larghezza di lavoro evitando di basarsi unicamente su
considerazioni visive da parte dell’operatore in
modo tale da riuscire sempre più a far coincidere la
dose teorica con quella realmente distribuita.
(5)
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62
63
TARATURA DELLE MACCHINE
La taratura dello spandiconcime richiede la regolazione del sistema di distribuzione e del sistema
di regolazione della dose al fine di operare con precisione e con una sufficiente uniformità.
In primo luogo occorre attuare una regolazione della macchina (posizione delle alette, del punto di
caduta del concime sul piatto di distribuzione ecc.) in modo tale da raggiungere la larghezza di
lavoro desiderata e da garantire una sufficiente uniformità di distribuzione trasversale.
La successiva determinazione della portata del sistema di distribuzione permetterà di raggiungere
la dose prefissata in funzione della larghezza di lavoro e della velocità di lavoro utilizzata.
Nella realtà di campo, la “regolazione” si esegue molto spesso a posteriori quando già si è distribuito
o quando si sta finendo l’operazione, dividendo la quantità di prodotto distribuito per la superficie
lavorata. Se questo rapporto è diverso dalla dose prevista, si varia la velocità di avanzamento per
la restante superficie da lavorare. Ma questo modo di procedere non è corretto.
In Italia operano circa 200 mila spandiconcime che hanno un’età media superiore ai quindici
anni. Il 99,9% è di tipo centrifugo e oltre l’80% è dotato di un solo disco di distribuzione del
concime. Su un campione di spandiconcime testati in diverse aziende della Pianura padana,
l’80% delle attrezzature distribuisce male e metà di queste macchine distribuisce una quantità di concime diversa di oltre il 20% da quella prefissata.
La regolazione della macchina si effettua invece prima della messa in campo regolando il flusso
del prodotto (Q in kg/min) in relazione alla dose (D in kg/ha), alla velocità di avanzamento (Ve in
km/h) e alla larghezza di lavoro (Le in m), secondo la seguente relazione:
Q=
l
l
t1 + t2
2
135 6,5 12
l
l
600
17,6 kg/min
La taratura consiste nel regolare il flusso di prodotto per distribuire esattamente la dose prefissata,
misurando la velocità e la larghezza di lavoro.
MISURA DEL FLUSSO DI PRODOTTO
Si misura in vari modi. Non disponendo di sistemi elettronici presenti nei moderni spandiconcime,
il flusso viene misurato pesando la quantità di concime in uscita dal dosatore in un certo tempo. In
alternativa, cronometrando il tempo di svuotamento della tramoggia caricata con una quantità nota
di prodotto.
Ad esempio se è stata caricata nella tramoggia la quantità di 300 kg e il tempo per distribuirla tutta
è di 10 minuti, il flusso di prodotto è di:
3,6
Dove
d: distanza percorsa (m)
t1 e t2: tempo di percorrenza del primo e del secondo passaggio (s)
Supponendo di aver determinato un tratto di lunghezza nota (d) pari a 100 metri e di aver percorso
tale distanza in 56 secondi nell’andata (t1) e in 55 secondi nel ritorno (t2). La velocità di avanzamento
(V) è pari a:
100
l
56 + 55
2
600
Supponendo che la larghezza di lavoro (Le) sia pari a 12 metri, che la velocità di avanzamento
(Ve) sia di 6,5 km/h e che la dose di distribuzione (D) sia di 135 kg/ha di nitrato ammonico, la portata
del sistema di distribuzione dovrà essere pari a:
Q=
d
V=
V=
D Ve Le
l
DETERMINAZIONE DELLA VELOCITÀ DI AVANZAMENTO
Basterà prestabilire una distanza percorsa nota e calcolare il tempo necessario per percorrerla
mantenendo costante il regime di rotazione del motore durante tutto il percorso. Per una maggiore
attendibilità del dato è preferibile ripetere la misurazione con due passaggi (andata e ritorno).
3,6 = 6,5 km/h
DETERMINAZIONE DELLA LARGHEZZA DI LAVORO
La larghezza di distribuzione (Ld) rappresenta la lunghezza della linea trasversale a quella di
avanzamento dello spandiconcime interessata dalla distribuzione e che corrisponde agli estremi
del diagramma di distribuzione.
Il diagramma di distribuzione viene fornito dalle ditte costruttrici per i principali tipi di fertilizzanti;
per concimi particolari occorre costruirlo in campo piazzando una serie di vaschette trasversali,
come mostrato nella figura. (6)
La larghezza di lavoro (Le), invece, corrisponde alla distanza che viene lasciata tra un passaggio
e quello contiguo dello spandiconcime. Dalla sua corretta determinazione dipende l’uniformità di
distribuzione trasversale dello spandiconcime. (7)
area distribuzione
larghezza di distribuzione
quantità scaricata
tempo di scarico
=
300
15
= 20 kg/min
Il flusso è regolabile azionando le aperture alla base della tramoggia.
Con sistemi elettronici è tutto più facile perché direttamente la centralina regola il flusso sulla base
della velocità di avanzamento e della larghezza di lavoro.
diagramma
di distribuzione
dose (Kg/ma)
Flusso =
cassetta
di raccolta
distanza dal centro (m)
(6)
larghezza di lavoro
(7)
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Le = 50% Ld
in media
Le = 30-35% Ld
Larghezza di distribuzione
Larghezza
di lavoro
Media
50%
Larghezza di distribuzione
Spandiconcime centrifugo
(diagramma a “M” irregolare)
Spandiconcime centrifugo
(diagramma irregolare)
Larghezza
di lavoro
Larghezza
di lavoro
Larghezza di distribuzione
Spandiconcime centrifugo
(diagramma triangolare regolare)
Larghezza di distribuzione
Spandiconcime centrifugo o pneumatico
(diagramma trapezoidale)
60-70%
Le = 50% Ld
Larghezza
di lavoro
Larghezza
di lavoro
Larghezza di distribuzione
Spandiconcime pneumatico
(diagramma rettangolare)
(8)
50%
15-25%
Le = Ld
0
(Le)
Solo nel caso degli spandiconcime pneumatici il diagramma di distribuzione è di tipo rettangolare
in quanto la larghezza di lavoro che consente di ottenere la migliore uniformità di distribuzione trasversale coincide con quella di distribuzione.
Più attenta deve essere tale valutazione negli spandiconcime centrifughi in quanto c’è sempre una
sovrapposizione delle passate perché il diagramma di distribuzione non è costante per tutta la sua
larghezza. La sovrapposizione necessaria fra i diagrammi di distribuzione relativi a due passate
contigue dello spandiconcime risulta variare in funzione della sua forma che è caratteristica della
macchina: ci saranno diagrammi di distribuzione triangolari, trapezoidali o a forma di “M”, dove invece occorrerà considerare una quota di sovrapposizione nel successivo passaggio.
Per gli spandiconcime centrifughi, più il concime è omogeneo, più regolare è il diagramma di distribuzione (a forma triangolare). Questo significa che la larghezza di lavoro è la metà della larghezza
di distribuzione e che le sovrapposizioni sono del 50%.
Con un concime non omogeneo dal punto di vista granulometrico, la distribuzione è completamente
diversa e molto irregolare per cui quasi impossibile effettuare una corretta distribuzione. (8)
Sovrapposizione
La larghezza di lavoro non corrisponde quasi mai alla larghezza di distribuzione e in genere,
è sempre inferiore (Le < Ld).
Le = 75-85% Ld
65
Larghezza di lavoro
64
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67
AGRICOLTURA DI PRECISIONE
In campo queste variabili cambiano considerevolmente causando inesattezze rispetto alla dose
prefissata perché sia la larghezza che la velocità non vengono sempre mantenute costanti.
È per questo motivo che si consigliano, negli spandiconcime centrifughi più evoluti, sistemi di regolazione elettronica della dose proporzionali all’avanzamento, provvisti di sensori che misurano il
peso del concime sulla tramoggia istantaneamente e calcolano il flusso di prodotto che cade nei
distributori nell’unità di tempo.
Il dato di flusso insieme alla velocità effettiva, che viene misurata, e alla larghezza di lavoro introdotti
in un computer di bordo, sono in grado di regolare i distributori attraverso l’apertura e la chiusura
automatica delle serrande. In questo modo, anche variando la velocità di avanzamento, si ha la sicurezza di mantenere costante la dose distribuita.
Nelle figure è illustrato il sistema di regolazione elettronica della dose in modo proporzionale alla
velocità di avanzamento:
u
misurazione del flusso di prodotto che esce dalla tramoggia tramite una pesa elettronica (9);
u
unità di controllo che mette in relazioni tutte le variabili e confronta la dose istantanea con quella
stabilita (10);
u
attuatore che aziona le serrande di apertura ai dischi (11).
La navigazione con l’aiuto del satellite aiuta a mantenere strisciate parallele senza alcuna sovrapposizione o zone di mancato trattamento tra due passaggi consecutivi. Durante la distribuzione di
prodotti chimici una sovrapposizione o il mancato trattamento di una zona si traducono in una riduzione di produzione e quindi in un aumento dei costi. A questo si aggiunge anche l’eventuale danno
ambientale per il sovra-dosaggio del prodotto distribuito.
Le operazioni più a rischio sono quelle eseguite a velocità di avanzamento sostenuta e in assenza
di validi riferimenti alle testate ed efficaci sistemi tracciafile (es. concimazione con spandiconcime
centrifugo) o marcatori. Un altro elemento è dato dalle condizioni ambientali (scarsa visibilità per
mancanza di luce, presenza di nebbia) che spesso costringono ad una riduzione del periodo di lavoro proprio nei momenti più critici.
I SISTEMI DI GUIDA
Barra di guida (12): una serie di led luminosi o un
display aiutano l’operatore a mantenere il veicolo in
traiettoria. Sistema economico, viene utilizzato per
le distribuzioni di prodotti chimici solidi o liquidi.
L’accuratezza varia in genere da 15 a 30 cm in funzione del sistema utilizzato e delle condizioni operative.
(12)
(10)
(9)
(11)
Sterzatura assistita (13): il controllo della guida avviene mediante un motore elettrico attaccato al
piantone dello sterzo che comanda una ruota aderente al volante. Viene disattivata automaticamente
quando lo sterzo viene mosso dall’operatore.
L’installazione di tale sistema è semplice e veloce
e può interessare tutti i tipi di trattore. Tale sistema
riduce la fatica del trattorista che si concentra sull’attrezzo piuttosto che seguire le indicazioni della
barra ed economicamente si colloca per operazioni
che richiedono una non eccessiva precisione come
lavorazioni del terreno e concimazioni.
(13)
La guida semi-automatica (14): sistema che
prende il controllo dello sterzo e non richiede l’intervento dell’operatore durante il lavoro, ma solo in
fase di manovra. Il sistema è presente nei moderni
trattori e la sua precisione varia in funzione delle caratteristiche del ricevitore satellitare montato.
La precisione varia quindi da 30 cm (concimazioni)
fino a 2 cm (semina, trapianto, sarchiatura).
I dati di posizione possono essere utilizzati per la
tracciabilità.
(14)
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68
69
Alcune ricerche hanno dimostrato che la barra di guida è più efficiente dei marcatori tradizionali
perché aumenta del 13% la velocità di avanzamento o riduce gli errori di distribuzione fino al 10%.
Inoltre migliora la visibilità nelle operazioni con la coltura in atto e minori sono le interferenze del
clima (caldo, pioggia, gelo, buio, nebbia, polvere ecc.) e la richiesta di manutenzione (15-16).
(15)
(16)
Vantaggi
La possibilità di mantenere le strisciate parallele senza alcuna sovrapposizione o zone di mancato trattamento tra due passaggi consecutivi è utilissima perché, se alcune aree non vengono
trattate, viene vanificato il trattamento, mentre se si hanno sovrapposizioni si può andare
incontro a costi eccessivi e a danni alla coltura e all’ambiente.
I vantaggi sono:
u
riduzione della fatica e aumento dell’attenzione dell’operatore
u
aumento della larghezza di lavoro del 10%
u
aumento della velocità di avanzamento del 15%
u
aumento della capacità di lavoro del 20%
u
aumento del periodo utile a disposizione per la possibilità di operare all’alba o al tramonto
o addirittura durante le ore notturne
u
aumento della superficie trattata correttamente
u
riduzione delle perdite di produzione
u
risparmi economici del 15-45%
LA DISTRIBUZIONE VARIABILE (17)
La distribuzione a dose variabile permette di dare
ad ogni diversa zona o porzione di appezzamento
quantità diverse di fattori produttivi in funzione delle
esigenze delle piante. In altre parole si dà alla coltura solamente quello di cui necessita senza
sprechi.
Le metodologie per affrontare la distribuzione variabile sono fondamentalmente due: quella impostata
su mappe di prescrizione e quella che si avvale di
sensori.
(17)
Metodologia basata su mappe (18): modifica l’entità di prodotto da distribuire in base alle informazioni sulle caratteristiche dell’appezzamento
contenute nelle mappe di prescrizione presupponendo che vi sia un sistema di localizzazione satellitare nella macchina e che in quel punto sia
disponibile il dato della quantità di prodotto da distribuire. Il computer di bordo, una volta riconosciuto
il livello di concimazione da somministrare in quel
punto, comanda l’attuatore (idraulico o elettrico) che
provvederà a modulare il sistema di regolazione volumetrico del distributore.
Metodologia basata su sensori (19-20): utilizza
dispositivi che rilevano in tempo reale dati di interesse (caratteristiche chimico-fisiche del terreno,
stato della coltura, fase fenologica ecc.) che vengono utilizzati come indicatori per regolare la distribuzione di prodotti chimici o altro.
I valori rilevati dai sensori di riflessione, posti sulla
cabina del trattore e rivolti verso la vegetazione vengono trasmessi all’unità di elaborazione che a sua
volta comunica la quantità di fertilizzante da distribuire all’attuatore posto nello spandiconcime.
(19)
(18)
(20)
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Foto cortesia USDA NRCS
USO RAZIONALE
DEI REFLUI ZOOTECNICI
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73
REFLUI ZOOTECNICI: RISORSA E NON RIFIUTO
I reflui zootecnici devono essere distribuiti in campo non tanto per svuotare le vasche di stoccaggio,
ma per restituire al terreno nutrienti e sostanza organica.
La mancata valorizzazione agronomica dei reflui si è accompagnata a problematiche ambientali e
a obblighi legislativi sempre più vincolanti che cercano di porre rimedio alla contaminazione da
nitrati delle acque superficiali e sotterranee, all’eccessivo accumulo di fosforo e metalli pesanti nei
terreni, all’emissione di ammoniaca e altre sostanze maleodoranti in atmosfera.
Affinché si giunga a una corretta utilizzazione dei reflui zootecnici è necessario che l’agricoltore disponga d’idonee attrezzature per il loro trattamento, stoccaggio e distribuzione.
La distribuzione in campo in questo senso è importante in quanto da essa dipende la completa utilizzazione e la massimizzazione dell’efficienza degli elementi nutritivi da parte della coltura e la
possibilità di generare fenomeni di inquinamento. (1)
Fosforo totale Potassio totale
(P2O5)
(K2O)
(kg/m3 t.q.)
(kg/m3 t.q.)
Sostanza
secca s.s.
(% t.q.)
Solidi volatili
s.v.
(% s.s.)
Azoto totale
(N)
(kg/m3 t.q.)
Bovini da latte
7-10
75-85
2,5-3,5
0,8-1,5
3,5-7,0
Bovini da carne
10-16
75-85
3,5-4
0,8-2,5
4,5-7,0
Vitelli a carne bianca
0,6-2,9
60-75
1,2-3,0
0,6-2,5
1,8-4,5
Suini
1,5-6,0
65-80
1,5-3,5
1,1-2,7
1,3-3,0
Avicunicoli
19-25
70-75
1,8-14,0
1,5-11,0
1,2-6,0
Digestato da
liquame bovino
6,0-7,0
65-75
2,5-3,5
0,7-2,5
1,5-3,2
Digestato da silomais
20-30
80-95
3,5-5,0
Separato liquido bovino
Separato liquido suino
1,5-2,2
2,0-3,5
0,5-1,5
1,5-3,0
0,5-1,5
(1)
Tabella 1
Caratteristiche dei liquami
I liquami zootecnici sono caratterizzati da una composizione chimico-fisica che varia in relazione
alla specie animale e, nell’ambito della specie, allo stadio fisiologico, a quello di crescita, alle modalità di stabulazione, di pulizia dei ricoveri, alla presenza, al tipo, alla quantità di materiali di lettiera
e al regime alimentare a cui sono sottoposti (somministrazione a volontà o razionata, in forma
asciutta o bagnata, rapporto acqua/mangime).
Essenzialmente, i liquami contengono fattori di fertilità quali azoto, fosforo, potassio e sostanza organica in diverse concentrazioni che è utile conoscere singolarmente per sapere come meglio utilizzarli agronomicamente (tabella 1).
Le moderne attrezzature per la distribuzione devono rispondere a una serie di esigenze,
come:
Corretto apporto di elementi nutritivi (2): la situazione di incertezza sulle caratteristiche dei reflui
al momento della distribuzione ha conseguenze importanti non solo sulla loro accettabilità come
fertilizzanti rispetto ai concimi chimici da parte degli agricoltori (che accanto al costo desiderano
conoscere il contenuto di unità fertilizzanti dei prodotti che distribuiscono), ma anche sulla difficoltà
di calibrare accuratamente gli apporti di nutrienti alle colture. Inoltre, l’applicazione di coefficienti
inadeguati per il calcolo del contenuto di azoto delle deiezioni ha inevitabili conseguenze (sia in
senso positivo che negativo) sulla consistenza e sul numero di allevamenti che operano in una
data zona, con riflessi che si estendono su tutta la filiera agro-alimentare.
Qualora si voglia distribuire un quantitativo di azoto pari a 50 kg/ha utilizzando un liquame bovino
con un tenore di azoto totale pari a 0,3 % sul tal quale, occorreranno 16 tonnellate di liquame per
ogni ettaro di superficie.
50
(
100
(
(2)
0,3
= 16,67 kg/ha = 16,67m3
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Conoscenza del contenuto di elementi nutritivi (3): la necessità di rispettare i limiti di legge relativi alle dosi di azoto distribuibili in campo provenienti da effluenti zootecnici presuppone che si
conoscano i contenuti di questo elemento nei reflui al momento della loro distribuzione. Tuttavia,
questi contenuti sono molto variabili in funzione dei vari processi che hanno preceduto questa fase
a partire dalle modalità di alimentazione e di allevamento degli animali.
Sempre più utili saranno quindi quegli strumenti in grado di agevolare nella determinazione della
quantità e della composizione del refluo in tempo reale, magari abbinati a sistemi elettronici di bordo
che regolino il flusso di prodotto distribuito in funzione della velocità e della larghezza di lavoro per
somministrare sempre la dose di fertilizzante prefissata. Se questi strumenti vengono affiancati a
un ricevitore satellitare e a un sistema informatico di raccolta e registrazione di dati relativi ai quantitativi di reflui movimentati, ai percorsi seguiti e ai periodi di movimentazione, si persegue la tracciabilità.
Allungamento del periodo di distribuzione (4): le applicazioni prossime alla semina e in copertura, quando vi sia un’intensa attività vegetativa, forniscono i migliori risultati produttivi in quanto la
coltura stessa sfrutta al meglio gli elementi che le vengono messi a disposizione. Bene allora le
applicazioni con colture in atto, con dosi frequenti ma non eccessive attuate con speciali carribotte,
con sistemi di fertirrigazione più o meno localizzata. L’allargamento del periodo utile di distribuzione
consente anche una maggior utilizzazione delle macchine e una riduzione dei costi.
Distribuzione su colture arboree (5): la distribuzione di reflui può essere auspicata quindi anche
nelle colture arboree e nelle fasce tampone, ambienti particolari e spesso difficili. A questo proposito
(3)
(4)
(5)
le attrezzature ottimali sono provviste di barre distributrici rasoterra localizzate, di ridotto ingombro,
adattabili a carri di piccole dimensioni e richiedenti bassa potenza. Il sistema viene alimentato preferibilmente da pompe volumetriche, che mantengono costante la quantità distribuita in funzione
della velocità di avanzamento.
Riduzione del compattamento del terreno (6-7): le moderne macchine per la distribuzione dei liquami hanno a pieno carico una massa elevata, soprattutto a seguito della tendenza a utilizzare
attrezzature di grande capacità per ridurre i tempi di trasferimento. Tali aspetti inevitabilmente si ripercuotono sul terreno con problemi di compattamento e transitabilità variabili in funzione dell’epoca
di intervento, dell’andamento della stagione e delle lavorazioni successive. Tra le soluzioni proposte
per ovviare a questo problema, si possono ricordare: l’aumento della larghezza di distribuzione,
l’adozione di pneumatici a larga sezione con possibilità di regolarne la pressione e la separazione
della fase di trasporto da quella di distribuzione.
Minimizzare l’emissione di odori e di ammoniaca (8-9): le migliori tecniche di distribuzione per
controllare i processi di volatilizzazione sono quelle che limitano il tempo di esposizione e le superfici
di contatto tra il liquame e l’atmosfera.
u In presenza della coltura (prato o in copertura) anche se la presenza della vegetazione ostacola
sempre la distribuzione, l’applicazione rasoterra e l’incorporazione sottosuperficiale sono considerate buone tecniche di distribuzione dal momento che riducono le emissioni e allargano il
periodo anche in epoche primaverili ed estive.
u In assenza della coltura (terreno nudo) l’aspetto fondamentale è l’incorporazione che può essere
differita dalla distribuzione e abbinata con le lavorazioni del terreno, oppure effettuata in contemporanea attraverso una distribuzione sottosuperficiale o iniezione profonda.
(6)
(7)
(8)
(9)
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77
I CANTIERI DI LAVORO PER LA DISTRIBUZIONE
DEI REFLUI ZOOTECNICI LIQUIDI
L’operazione di spandimento prevede la combinazione di due fasi: il trasporto del prodotto dal luogo
di stoccaggio a quello di utilizzazione e la fase di distribuzione vera e propria. Queste fasi possono
avvenire in modo indipendente oppure in modo separato.
L’importante è distribuire secondo i fabbisogni agronomici, considerando il liquame come
un fertilizzante, senza impatti sull’atmosfera, sull’acqua e sul terreno.
MODALITÀ DI TRASPORTO DEL LIQUAME
Carri spandiliquame con serbatoio
in pressione (10)
Sono le macchine più diffuse, poiché possono effettuare tutte le operazioni connesse con l’omogeneizzazione, la ripresa e la distribuzione del liquame
creando, per mezzo di una pompa per l’aria, che
funziona come pompa del vuoto nella fase di carico
e come compressore nella fase di scarico, un differenziale di pressione fra il liquame contenuto nel
serbatoio e l’ambiente esterno.
Sistema ombelicale, assenza di serbatoio (12)
Il liquame viene trasportato dalla vasca di stoccaggio tramite tubazioni in pressione. In campo il
prodotto viene distribuito con trattori muniti di aspo idraulico o con irrigatori mobili. Le tubazioni
hanno diametro 75 mm e lunghezza di 100-200 m. Gli aspetti positivi sono riconducibili allo scarso
compattamento del terreno e alla riduzione dei tempi di lavoro in quanto la distribuzione avviene in
modo continuo, senza fasi di carico. Le criticità sono rappresentate da:
u Alta mobilitazione di personale
u Sistema poco adatto per grandi strutture
u Problemi nello svuotamento dei tubi a fine lavoro
u Liquame fino all’8% di s.s.
Consigliabile l’applicazione a circa 1-2 km di raggio dalla vasca di accumulo.
(10)
Gli elementi caratterizzanti sono:
u Basse pressioni (0,5-2 bar) e depressioni (0,5
bar) raggiunte solo in brevi periodi di funzionamento.
u Limitato numero di parti in movimento a diretto
contatto con il liquame.
u Ridotti problemi di corrosione, di intasamento e
rotture per la presenza di corpi estranei accidentalmente presenti nel refluo.
u Operano con liquami fino al 12% di s.s.
Carri spandiliquame con serbatoio a pressione
atmosferica (11)
Il serbatoio ha la sola funzione di contenimento del
liquame e non subisce variazioni di pressione. Ciò
consente l’utilizzo di materiali di minor spessore e
quindi meno massa a vuoto e costi inferiori. Una
pompa centrifuga o a lobi mette in pressione il liquido e lo avvia verso il sistema di distribuzione
posto nella parte posteriore della macchina. Gli elementi caratterizzanti sono:
u Assenza di sistemi per la ripresa del liquame.
u Il riempimento avviene per mezzo di un’apposita
pompa a turbina.
u Suscettibile a maggiori usure e pericoli di intasamento.
u Operano con liquami fino al 12% di s.s.
(12)
Irrigatore (13)
Intervento fattibile e piena risposta delle colture alla fertirrigazione in copertura. Solo con liquami
stabilizzati fino al 6% di s.s. mediante:
u irrigatori su impianto fisso o mobile
u irrigatori semoventi a pioggia o a barra
u pivot o ranger
Le pressioni devono essere basse per evitare fenomeni di deriva e di volatilizzazione di ammoniaca.
Il liquame deve essere diluito e stabilizzato.
(11)
(13)
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78
79
Fertirrigazione (14)
Prevede la distribuzione del liquame in contemporanea all’irrigazione.
Il liquame, per prestarsi ad essere distribuito mediante tale tecnica, deve essere opportunamente
trattato.
Tale sistema prevede l’utilizzo di impianti pre-esistenti o ex-novo costruiti ad hoc. Il sistema di pompaggio preleva l’effluente da un hub intermedio, o direttamente dalla vasca di stoccaggio aziendale,
e previo trattamento, attraverso tubature e valvole di smistamento, immette nella linea di irrigazione
il liquame.
Le linee di irrigazione utilizzabili, possono essere impianti a portata medio-bassa con manichette
diverse, oppure sistemi di irrigazione ranger o pivot.
MODALITÀ DI DISTRIBUZIONE DEL LIQUAME
Superficiale con piatto deviatore (17)
È il sistema più diffuso, caratterizzato da semplicità
costruttiva, un’insufficiente uniformità di distribuzione trasversale ed elevata polverizzazione del
getto.
Il suo uso non rientra tra le migliori pratiche di spandimento.
(17)
Superficiale con getti deviati (18)
Una barra con ugelli a getto deviato montati a distanza di 60-80 cm migliora la regolarità di distribuzione. I deflettori possono essere sostituiti con tubi
adduttori per la localizzazione superficiale del liquame.
Il sistema può essere utilizzato anche in copertura
per i cereali autunno-vernini e, con le dovute precauzioni, nelle colture a semina primaverile. Non
rientra tra le migliori pratiche di spandimento.
(18)
Rasoterra in banda (19)
(14)
Carico e scarico (15-16)
Il rifornimento di campo può avvenire direttamente dalla navetta, oppure prelevando il materiale da
un punto di stoccaggio temporaneo.
Nel primo caso possono essere utilizzati i normali carri spandiliquame, già equipaggiati con le proprie pompe, oppure “dumper” con cassone a tenuta stagna, in cui una pompa mobile effettua il carico dal centro di stoccaggio e il liquame contenuto in essa viene aspirato direttamente dalla
macchina operatrice di campo.
Nel secondo caso, invece, la formazione di un punto di stoccaggio temporaneo a bordo campo può
essere una soluzione economicamente vantaggiosa per eliminare i tempi morti dovuti alla diversità
fra i tempi di trasporto e le esigenze di distribuzione in campo.
Il liquame viene posizionato in prossimità del terreno
attraverso barre di elevata larghezza (12 m), dotate
di tubi adduttori flessibili distanziati di 30 cm.
Si ottiene un migliore utilizzo degli elementi nutritivi,
una minore contaminazione della parte aerea e la
possibilità di distribuire anche tra le file o su colture
in atto.
Per avere una buona omogeneità nella distribuzione
il carrobotte è provvisto di un ripartitore.
(19)
Rasoterra in banda con deflettore (20)
(15)
(16)
Le attrezzature hanno la stessa configurazione di
quelle per la distribuzione in banda (larghezza massima di 8 m) con in aggiunta un deflettore posto
nella parte distale del tubo adduttore che permette
di depositare il liquame sotto la coltura e sopra il
suolo, senza contaminazioni della parte aerea e riducendo le emissioni di ammoniaca e odori.
Questa tecnica è applicabile su prati e cereali autunno-vernini la cui vegetazione abbia un’altezza
minima di 8 cm.
(20)
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80
81
Incorporazione differita (21)
Superficiale a solco chiuso in copertura (24)
Si dovrebbe applicare quando non è possibile intervenire con altre tecniche.
L’incorporazione del liquame si realizza entro 4 ore
dall’intervento con attrezzature che provvedano al
completo rivoltamento degli strati e quindi con aratri
a versoio o erpici a dischi.
La profondità di lavoro deve essere commisurata
alla dose distribuita e non superare i 25 cm.
Gli utensili con alette larghe possono operare a minore profondità e garantiscono meglio la copertura
del liquame anche in copertura su colture sarchiate.
Si aumenta così l’epoca di spandimento durante il periodo estivo e si riduce il fabbisogno del fertilizzante minerale.
(21)
Sottosuperficiale a solco aperto (22)
Distribuzione adatta per prati con sviluppo non eccessivo e cereali autunno-vernini.
Il liquame viene depositato in un solco creato da dischi che lavorano a profondità non superiori a 5-6
cm. Gli assolcatori, spaziati di 20-40 cm, incidono il
terreno e lasciano aperto un profilo che viene poi
riempito dal liquame.
Oltre a ridurre ulteriormente l’entità delle perdite di
ammoniaca e non provocare contaminazioni con la
parte epigea della pianta, viene ridotto il rischio di
scorrimenti superficiali.
Occorre determinare con attenzione le dosi in modo
che il liquame non tracimi dal solco appena creato.
(24)
Interrata profonda (25)
(22)
Realizzata con ancore a profondità maggiori di 30 cm. Le ancore spaziate di oltre 50 cm sono
spesso dotate di accessori atti ad aumentare la sezione lavorata e quindi ad ospitare una maggior
quantità di prodotto.
L’abbattimento delle perdite di ammoniaca e odori è rilevante ma alcuni inconvenienti ne sconsigliano l’uso:
u bassa capacità di lavoro
u elevata spesa energetica per la trazione
u difficoltà su suoli compatti e ricchi di scheletro
u diffuso compattamento del terreno
u perdite di azoto in falda
u scarsa utilizzazione da parte delle colture.
Sottosuperficiale a solco chiuso
su terreno nudo (23)
Il liquame viene iniettato ad una profondità massima
di 15 cm in un solco creato da denti o dischi e successivamente coperto da dischi o rulli a valle dell’iniettore. La finalità è quella di ricoprire totalmente
il liquame in modo da ridurre al minimo le emissioni
e gli odori.
Si può quindi aumentare la quantità di prodotto distribuibile, perché maggiori sono la profondità di lavoro e la sezione lavorata.
Su terreno nudo lo spazio tra i denti è di 25-30 cm.
(23)
(25)
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83
I CANTIERI DI LAVORO PER LA DISTRIBUZIONE
DEI REFLUI ZOOTECNICI PALABILI
TIPOLOGIE DI MATERIALI PALABILI
Pollina: la pollina si può dividere in due tipi differenti in base alla modalità di allevamenti; negli impianti cosiddetti “in batteria” è composta dalle sole deiezioni prodotte dagli avicoli, mentre in quelli
a “tappeto” è composta dalle deiezioni mescolate a piume perse dagli animali e dalla lettiera che è
formata da paglia trinciata o segatura.
Il contenuto in elementi fertilizzanti è assai maggiore di quello del letame maturo e il suo contenuto
di umidità si aggira attorno al 50% (anche 30% negli allevamenti con lettiera), tanto da renderne
conveniente la disidratazione (fino al 10% di umidità) e la pellettatura per essere distribuita con
spandiconcime comuni.
Letame (26): è una mescolanza di deiezioni animali solide e liquide e materiali vegetali (paglia,
segatura di legno, stocchi di mais) che costituiscono la lettiera.
Viene distribuito sul terreno prima dell’aratura e interrato il più presto possibile per limitare le perdite
di azoto e il prolungarsi di odori molesti; si impiega in quantità che vanno dalle 40 alle 60 t/ha utilizzando carri spandiletame, che provvedono al trasporto del materiale dal cumulo al campo, alla
rottura e allo spargimento sul terreno.
Compost (27): è il prodotto della decomposizione aerobica di materiale organico di qualsiasi provenienza, purché rispetti alcuni parametri base.
Il compost viene fatto per ridurre i volumi di materiale organico che sarebbe destinato alla discarica,
e trova un impiego come ammendante per i terreni, o terriccio nelle attività vivaistiche.
A prima vista si presenta come un terriccio scuro, con un’umidità compresa tra il 30 e il 40%; la
composizione e le caratteristiche variano secondo il materiale di provenienza, così pure le problematiche riguardanti il suo utilizzo.
Separato solido: deriva dalla separazione di liquami zootecnici e da quelli digeriti in impianti di digestione anaerobica. Tal quale può essere utilizzato direttamente su colture o essere destinato alla
produzione di compost.
Ha scarso potere fertilizzante perché contiene azoto sotto forma organica, ma è caratterizzato da
elevata concentrazione di solidi totali e di sostanza organica e quindi è considerato un buon ammendante.
Umidità
(%)
N
(% )
P 2O 5
(%)
K2O
(%)
CaO
(%)
MgO
(%)
Sostanza
organica
(% t.q.)
Letame
75-85
0,4-0,6
0,2-0,3
0,6-0,8
0,5-0,6
0,15-0,25
17-23
Pollina
30-40
3,0
2,0
1,6
2,0
0,3
28-37
Compost
30-40
0,8-2,2
0,3-2,1
0,4-1,4
5-15
0,8-2,2
23-46
Separato solido
70-80
0,5-1
2-4
2-4
Principali caratteristiche chimiche dei materiali solidi palabili
MODALITÀ DI DISTRIBUZIONE DEI REFLUI
PALABILI (28)
(26)
(27)
I reflui zootecnici palabili vengono distribuiti sul terreno tramite apposite macchine spanditrici derivate
dagli spandiletame.
L’aspetto più interessante ai fini agronomici resta
l’uniformità di distribuzione sulla superficie del
campo: poco gradevoli e controproducenti ai fini
della produzione sono il presentarsi di una zona con
un sovradosaggio di materiale e altre con un dosaggio inferiore a quello prestabilito.
Ad influenzare questi parametri concorrono spesso
le caratteristiche fisiche del prodotto da distribuire,
come la pezzatura, il grado di maturazione e soprattutto l’umidità del materiale.
Le macchine possono essere distinte in base al posizionamento del sistema di distribuzione.
(28)
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85
SPANDILETAME A DISTRIBUZIONE
POSTERIORE
A disco singolo o doppio (29): sistema generalmente costituito da due dischi controrotanti che lanciano il prodotto posteriormente e lateralmente in
entrambi i lati. I dischi montati posteriormente, ad
asse di rotazione verticale, sono muniti di palette
che sfruttano la forza centrifuga per distribuire il prodotto. Questo sistema si può avvalere di un rullo
orizzontale per omogeneizzare la massa che cade
sui dischi.
A disco singolo orizzontale (33): formato da un
grosso disco, disposto anteriormente di diametro di
poco superiore a quello del pianale, su cui cade il
prodotto da distribuire già disgregato da un rullo ad
asse orizzontale che provvede anche a regolarizzare la massa; la distribuzione avviene lateralmente
da un lato.
(33)
(29)
A rotori orizzontali (30): il sistema presenta uno o
due rulli orizzontali, posti posteriormente al carro e
di pari larghezza, muniti di palette e vite senza fine
che spargono il materiale su una fascia poco superiore alla larghezza del carro, ponendo così il limite
di tale sistema.
A disco singolo verticale (34): rappresenta la tipologia tradizionale degli spandiletame, costituito
da un disco di grosso diametro (200-220 cm) con
asse di rotazione orizzontale, montato anteriormente, munito di palette che lanciano il materiale
lateralmente in un solo lato.
(34)
(30)
A rotore (35): costituito da una turbina rotante ad
asse di rotazione orizzontale e da un boccaporto
che indirizza il prodotto verso l’esterno. Nella parte
interna è spesso presente una serie di coclee che
garantiscono la corretta alimentazione.
A rotori verticali (31): l’apparato è costituito da rulli
verticali di altezza pari alle sponde, muniti di denti
o palette che lanciano il prodotto in una fascia posteriore di 6-8 metri.
(35)
I SISTEMI DI CARICO
(31)
A barra (32): prevede un sistema di regolazione
della dose per gravità (nei casi più evoluti anche per
estrazione forzata) e una coppia di coclee che scorrono all’interno di una tubazione provvista di aperture nella parte basale. La larghezza della barra è
di 6-8 m e la distribuzione che si ottiene piuttosto
regolare.
(32)
La distribuzione del materiale palabile prevede un
impegno organizzativo e logistico non di poco conto.
Infatti, si devono prendere decisioni sui mezzi più
adatti da utilizzare, creare una certa successione
logica e temporale tra le varie fasi, analizzare lo
stato del terreno per arrecarvi meno danno possibile
e nel caso del ricorso al noleggio concordare sulle
disponibilità dell’operatore (36).
Il carico è una delle fasi che grava sui tempi di distribuzione e sui costi, infatti le aziende non sempre
dispongono di pale meccaniche o escavatori per il
carico, o dispongono di mezzi inadeguati che allungano i tempi necessari per il riempimento del cassone. I risultati migliori si hanno con caricatori
dedicati ad elevata capacità di carico (37).
(36)
(37)
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UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEI REFLUI ZOOTECNICI
La crescita della coltura e, conseguentemente, l’assorbimento di nutrienti da un lato e le perdite di
elementi fertilizzanti nelle acque dall’altro, sono due processi contrapposti che vengono gestiti dall’agricoltore tramite le sue scelte operative.
In un’ottica rispettosa dell’ambiente, l’obiettivo principale dev’essere quello di massimizzare l’intercettazione dei nutrienti da parte della coltura, limitando quindi le quote che rimangono nel suolo e
che sono a rischio di perdita nell’ambiente.
Questa ottimizzazione richiede una tempistica di distribuzione ben precisa, in relazione al ritmo di
assorbimento dei nutrienti da parte delle colture, e una calibrazione degli apporti in base alle reali
esigenze.
Frequentemente l’ottimizzazione agronomica si scontra con le necessità gestionali dell’allevamento,
che deve riuscire ad allocare gli stoccaggi di reflui con una cadenza determinata dal ritmo di accumulo delle deiezioni e non dalle esigenze colturali.
In merito al periodo di applicazione va comunque sottolineata la differente efficienza del trattamento
di distribuzione in base alle diverse esigenze delle colture, essendo queste caratterizzate non solo
da differenti esigenze nutritive ma anche da diverse dinamiche di utilizzo degli elementi apportati
mediante la distribuzione dei reflui zootecnici.
La conoscenza delle caratteristiche qualitative dei liquami prodotti in allevamento è un elemento
fondamentale per poter poi determinare la giusta quantità da distribuire (38).
LIQUAME
SENZA LETTIERA
Sostanza
secca
%
Azoto
(N)
Fosforo
(P2O5)
Potassio
(K2O)
Bovini
5-20
0,3-0,5
0,1-0,4
0,3-0,6
Suini
5-15
0,2-0,5
0,2-0,4
0,2-0,5
Ovini
10-45
0,1-1,3
0,2-2,0
0,1-1,0
Polli
40-60
0,7-2,2
0,6-2,5
0,5-1,5
Tacchini
40-50
1,1-2,3
1,0-3,0
0,5-2,0
Conigli
40-60
0,8-1,6
1,4-2,4
0,5-2,4
Bovini
20-40
0,3-0,6
0,1-0,4
0,4-1,0
Suini
15-35
0,4-0,7
0,1-0,3
0,6-1,6
Cavalli
25-40
0,2-0,3
0,5-0,8
0,2-0,4
Polli
30-40
0,2-0,5
0,5-1,5
0,3-0,4
LETAMI
Composizione media percentuale delle principali tipologie di liquame e letame
Per fare ottimo uso dell’azoto contenuto nei liquami, questi devono essere applicati al massimo stadio di assorbimento della coltura che si verifica all’inizio della primavera per i cereali
e in primavera avanzata per il mais.
Due processi riducono l’efficienza dell’azoto contenuto nei liquami: la volatilizzazione dell’ammoniaca e la lisciviazione dei nitrati:
(38)
u
La volatilizzazione dell’ammoniaca viene ridotta dalla sua incorporazione che avviene con le
lavorazioni primarie nel caso dei materiali palabili o con l’incorporazione diretta con iniettori nel
caso dei liquami. Se non si interrano e vengono lasciati in superficie generalmente si perde dal
35 al 65% dell’azoto disponibile per il letame e anche oltre per il liquame.
u
Appena il refluo è distribuito l’ammonio viene convertito in nitrato che viene utilizzato dalle piante
o perso per lisciviazione. Il fenomeno della lisciviazione viene amplificato dalle piogge che portano il nitrato in profondità lontano dalle radici delle piante. Per questo occorre evitare le applicazioni tra l’autunno e l’inverno o nelle stagioni piovose a favore delle distribuzioni durante la
stagione vegetativa.
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Valore fertilizzante del liquame
Esempio:
Il valore fertilizzante del liquame è influenzato dalla tipologia, dal suo contenuto di sostanza secca,
dall’epoca di distribuzione, dal tipo di suolo e dal clima. La percentuale di azoto disponibile per la
pianta è riportata indicativamente nella tabella.
50 m3/ha di liquame suino al 4% di sostanza secca potranno fornire 200 kg/ha di N totale.
Se la distribuzione avviene interrata nel mese di dicembre su un suolo tenace, si forniranno alla
coltura successiva circa 90 kg/ha di N (45% di 200 kg/ha di N = 90) in vista delle fertilizzazioni chimiche primaverili.
Volendo integrare l’apporto di azoto fornito dai reflui con quello di origine chimica, di norma
e auspicabile sarebbe di fornire circa il 50-60% del fabbisogno azotato con liquami e completare poi con fertilizzanti inorganici.
DISTRIBUZIONE SUPERFICIALE IN BANDA
DISTRIBUZIONE INTERRATA
EPOCA DI DISTRIBUZIONE
Sostanza
secca
(%)
Liquame bovino
Liquame suino
INVERNO
Sostanza
secca
(%)
PRIMAVERA
terreno
sciolto
terreno
pesante
terreno
sciolto
terreno
pesante
tutti i suoli
30
10
20
15
30
35
60
10
20
15
25
30
2
5
20
25
40
50
6
5
15
20
30
10
5
10
10
2
5
25
4
5
6
5
TIPO DI REFLUO
Pollina
AUTUNNO
EPOCA DI DISTRIBUZIONE
AUTUNNO
INVERNO
PRIMAVERA
terreno
sciolto
terreno
pesante
terreno
sciolto
terreno
pesante
tutti i suoli
30
10
25
20
40
50
60
10
25
20
40
45
2
5
20
25
45
55
35
6
5
20
20
35
45
15
20
10
5
15
15
30
35
30
50
60
2
5
25
25
55
65
20
25
40
50
4
5
20
20
45
55
15
20
30
40
6
5
20
20
40
50
Percentuale di azoto disponibile alla coltura successiva
TIPO DI REFLUO
Pollina
Liquame bovino
Liquame suino
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90
91
COME STIMARE O MISURARE LA DOSE DISTRIBUITA
La quantità distribuita per i reflui sia liquidi che solidi dipende dalla portata della pompa o dal flusso
di prodotto scaricato, dalla larghezza di lavoro e dalla velocità di avanzamento. Una volta determinata la dose di liquame da distribuire, si può calcolare la velocità di avanzamento da mantenere
con la seguente relazione:
velocità di avanzamento (km/h) =
portata* (m3/s) x 36.000
larghezza di lavoro (m) x Dose (m3/ha)
Taratura e regolazione degli spandiletame (40): occorre procedere alla regolazione del sistema
di distribuzione e del sistema di regolazione della dose al fine di distribuire con una sufficiente uniformità e nella quantità voluta.
u Regolazione della macchina: in particolare, la posizione dei deflettori e il regime dei dischi o
rotori in modo tale da raggiungere la larghezza di lavoro desiderata e da garantire una sufficiente
uniformità di distribuzione trasversale.
u Determinazione della portata del sistema di distribuzione necessaria a raggiungere la dose prefissata in funzione della larghezza di lavoro e della velocità di avanzamento utilizzata.
* per gli spandiletame vale il flusso di prodotto in uscita espresso in t/s.
La portata, o il flusso di prodotto, viene determinata riempiendo al massimo il serbatoio o il cassone
(di volume noto) e cronometrando il tempo del suo svuotamento usando lo stesso regime della
presa di potenza.
La larghezza di lavoro è facile da misurare per i sistemi di distribuzione a barra o interrati, mentre
più difficoltosa è la sua determinazione nei carribotte a getto deviato e negli spandiletame. In questo
caso la larghezza di lavoro si può assumere come la metà della larghezza di distribuzione (39).
(40)
Per un’ottimale omogeneità di distribuzione è necessario (41-42):
(39)
u
Un accurato e regolare riempimento del cassone in modo da non avere un peggioramento dell’omogeneità della dose distribuita in senso longitudinale.
u
Considerare che la quantità distribuita in senso longitudinale diminuisce di norma a inizio e a
fine spandimento, in quanto il dispositivo distributore può venir alimentato in modo parziale o
irregolare. L’inconveniente può essere superato garantendo un carico idoneo e riducendo la
velocità di avanzamento del mezzo.
u
Mantenere un regime di rotazione costante e prossimo a quello nominale durante la fase di distribuzione, essendo il movimento dei vari organi derivato direttamente dalla presa di potenza
della trattrice.
Se si vuole applicare una dose di liquame pari a 25 m3/ha utilizzando un carrobotte da 10 m3 si impiegano 300 secondi per terminare completamente l’erogazione. La portata in uscita è la seguente
Portata (m3/s) =
10
300
= 0,033 m3/s
Se il carrobotte ha una larghezza di lavoro pari a 6 m, la velocità richiesta per ottenere una dose di
25 m3/ha è:
velocità di avanzamento (km/h) =
0,033 x 36.000
6,5 x 25
= 8 km/h
(41)
(42)
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Foto cortesia USDA NRCS
OBIETTIVO
IRRIGAZIONE RAZIONALE
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94
95
MIGLIORARE L’UNIFORMITÀ DELL’IRRIGAZIONE
Migliorare l’uniformità di distribuzione della pluvirrigazione può aiutare ad aumentare i profitti dell’azienda sostenendo l’ambiente.
In che modo si può sapere se si sta irrigando in modo uniforme? Con quali strumenti di può valutare
i sovra o sotto-adacquamenti delle colture?
Vediamo un percorso per ottenere l’uniformità dell’irrigazione.
IL PERCORSO VERSO L’UNIFORMITÀ
L’uniformità di distribuzione è la misura di quanto l’acqua è distribuita in modo uniforme sulla superficie del suolo. Già in fase di progettazione l’impianto di irrigazione deve essere studiato in modo
da assicurare un’elevata uniformità di distribuzione.
Le domande a cui si dovrebbe rispondere sono:
Qual è il problema?
Per assicurare la buona riuscita di una coltura, oltre ad effettuare con regolarità le bagnature è necessario che la distribuzione dell’acqua risulti il più uniforme possibile. In altre parole, tutte le piante
della zona irrigata devono essere rifornite con la stessa quantità di acqua.
Viceversa, si possono creare zone sovra-irrigate, dove si possono verificare ruscellamento, percolazioni profonde e ristagno idrico, e zone sotto-irrigate, dove l’apporto idrico è insufficiente a soddisfare le esigenze delle piante.
6
8
12
(mm)
30
72 metri
etria
Pluviom
10
5
0
9
6
12
12
14
8
6
10
7
8
6
10
10
6
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8
8
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2
2
8
1
2
12
6
8
8
4
5
6
a=b b=R√2
a=1.5R b=R√3
+
7
42 metri
4
6
8
10
12
14
16
Irrigatore a impatto boccaglio 8 mm pressione 3 bar
Sovrapposizione dei getti
24
22
20
18
16
pluviometria mm/=h
In molti casi le differenze di pluviometria tra le varie
zone del campo sono rilevanti e solo nei terreni più
argillosi si può sperare in una redistribuzione dell’acqua nella zona delle radici (movimento dell’acqua nei
micropori del suolo).
Le ditte produttrici forniscono valori di gitatta spesso
misurati in laboratorio e quindi generalmente superiori
a quelli reali in campo.
A TRIANGOLO
4
10
14
14
3
A QUDRATO
6
12
10
1
(m)
zza
ghe
Lun
8
6
Schema avanzamento
6
8
3
1
Diagramma pluviometrico
8
10
10
12
6
4
8
6
4
7
0
5
10
15
20
25
30
35
12 10
10
8
5
8
Corretto posizionamento degli irrigatori
Modalità di bagnatura dell’irrigatore
6
12
6
8
15
4
6
8
12
10
9
20
effettivamente l’irrigatore
(posizionamento in campo)?
14
10
25
10
8
11
35
Bisogna sapere come bagna
Come scegliere l’avanzamento
L’intensità di aspersione diminuisce all’aumentare della distanza dall’irrigatore. Questo perché, allontanandosi dall’irrigatore aumenta il raggio del cerchio di bagnatura e la superficie aumenta, mentre la portata del getto resta costante determinando una minore intensità di aspersione.
Solo con un’adeguata sovrapposizione dei getti degli irrigatori contigui si possono raggiungere livelli
di uniformità accettabili.
Da che cosa dipende?
u Mancata o non corretta sovrapposizione dei getti.
u Pressioni di funzionamento troppo alte o basse
u Errata regolazione dell’irrigatore (molla di ritorno, rompigetto ecc.).
u Irrigazione con vento.
13
Come scegliere il modello di irrigatore?
14
12
10
8
6
4
2
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
gittata (m)
campo
laboratorio
.
Uniformità irrigua
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96
97
Su impianto esistente si possono effettuare semplici misurazioni in campo e valutare la possibilità
di miglioramento dell’uniformità di bagnatura con aggiustamenti/modifiche agli irrigatori (ad esempio
cambio boccaglio, regolazione rompigetto, correzione pressione ecc.)
L’uniformità di distribuzione è un rapporto tra l’altezza media di acqua distribuita sulla porzione di
superficie peggio irrigata e il valore medio sull’intera superficie. La porzione di superficie a cui si fa
riferimento può variare, ma generalmente è pari al 25% (quartile inferiore).
Uniformità di distribuzione
Altezza media di acqua del quartile inferiore
ATTENZIONE A TUTTO QUELLO CHE PUÒ MODIFICARE IL MODO DI BAGNARE
DEL VOSTRO IRRIGATORE
Vento
Il vento agisce sul getto d’acqua modificando la forma e la posizione della zona bagnata, che
assume una forma ovoidale allungata in direzione del vento, e alterando l’andamento della curva
di caduta.
L’influenza del vento è maggiore quando il getto è più frantumato per:
u
presenza rompigetto
u
pressione di funzionamento elevata
Dulq =
Altezza media di acqua accumulata
sull’intera superficie
VENTO 3 m/s (brezza leggera)
11
0
2
4
6
8
10
10
COME SI MISURA
In pratica, si possono posizionare dei pluviometri (o altri contenitori, ma tutti uguali) e leggere i
valori dopo un’irrigazione, riportando i valori su un foglio. Se ad esempio si usano 20 pluviometri si
fa la media dei 5 valori più bassi (A) e la media di tutti i valori (B). L’uniformità di distribuzione sarà
pari a A/B). Il valore è buono se superiore a 0,7.
9
8
7
6
5
4
3
2
1
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
9
10
11
Rompigetto a 12 mm
11
10
9
8
7
6
5
4
0
10
20
30
40
3
2
1
1
La pluviometria reale dell’impianto può essere misurata ponendo dei pluviometri o dei semplici
contenuitori a uguale distanza tra loro sulla superficie del suolo e simulando una breve irrigazione
2
3
4
5
6
7
8
Rompigetto a 19 mm
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98
99
Boccaglio
A ogni boccaglio corrisponde una diversa gittata e una differente pluviometria.
MIGLIORARE L’EFFICIENZA DELL’IRRIGAZIONE
Per ottenere un’irrigazione razionale occorre migliorarne l’efficienza.
Ma in che modo si può valutare questo aspetto?
IRRIGATORE A IMPATTO, PRESSIONE 3 bar
IL PERCORSO VERSO GLI SPRECHI
Qual è il problema?
Pressione
Cambiando la pressione, oltre a cambiare la portata, si modifica la gittata ma soprattutto la pluviometria. Pressioni troppo basse producono un getto con gocce grosse che si concentrano alla stessa
distanza dall’irrigatore creando una “corona” di bagnatura.
IRRIGATORE A IMPATTO, BOCCAGLIO 8 mm
u
Scarsa uniformità di distribuzione
u
Pressioni di funzionamento troppo elevate
u
Elevata intensità di aspersione che provoca ruscellamento e ristagno idrico
u
Attrezzature vecchie o scarsa manutenzione
u
Percolazione e ruscellamento con inquinamento da nitrati e pesticidi
Qual è la soluzione?
Le buone pratiche irrigue:
u
Stime dei fabbisogni idrici (in base alla coltura, al clima e al tipo di suolo)
u
Corretta scelta delle attrezzature e periodica manutenzione
u
Scelta dei momenti di intervento irriguo (sensori umidità del suolo, previsioni meteo, bilancio
idrico ecc.)
Rompigetto
Aumentando la penetrazione del rompigetto diminuisce la pluviometria nei primi metri del getto.
IRRIGATORE A IMPATTO BOCCAGLIO 8 mm, PRESSIONE 3 bar
u
Controllo pressione (manometri) e volumi impiegati (es. contatori)
u
Invaso individuale o interaziendale
u
Recupero acque piovane e utilizzo dei reflui (acque non convenzionali)
u
Divulgazione e formazione tecnica (siate aperti alle novità!)
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100
101
IL PERCORSO VERSO L’IRRIGAZIONE EFFICIENTE
L’irrigazione è efficiente semplicemente se si mette la giusta quantità d’acqua richiesta dalle colture,
nel posto giusto e al momento giusto. In questo modo si minimizzano gli sprechi.
Comprendere meglio il proprio modo di irrigare
Ottimizzare le prestazioni della rete
Ottimizzare la gestione dell’acqua
di distribuzione e delle attrezzature irrigue
e del suolo
Verificare l’applicazione delle buone pratiche irrigue
IRRIGAZIONE EFFICIENTE
Questo percorso dimostra che un sistema irriguo è costituito da diverse componenti interconnesse
che svolgono tutte un ruolo fondamentale nel raggiungimento di un’irrigazione efficiente.
E scompone l’irrigazione in parti da esaminare separatamente per verifricare se ognuna funziona
correttamente.
Comprendere come si irriga
È il punto critico di partenza del percorso ed è la chiave per ottenere il meglio dalle vostre attrezzature e dalle vostre pratiche di gestione dell’acqua e del suolo. Provate il testo di valutazione nelle
pagine successive per vedere quanto davvero avete capito come funziona il vostro sistema.
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102
103
Foto cortesia USDA NRCS
Ottimizzare le prestazioni della rete di distribuzione e delle attrezzature irrigue
Significa concentrarsi su tre aspetti fondamentali: pressione, uso dell’acqua e uniformità. Il problema
più diffuso è la pressione insufficiente, spesso legata a un ampliamento degli impianti senza prestare
attenzione alle nuove caratteristiche richieste alla pompa, alla rete di distribuzione eccetera. Il risultato è la scarsa uniformità di applicazione con ripercussioni negative sulla resa e sulla qualità
delle colture.
Controlli regolari sono necessari sulla pressione e sui volumi effettivamente erogati dall’impianto
che devono essere confrontati con i dati forniti dalle ditte produttrici. Verifiche in campo dovrebbero
essere fatte sulla pressione (con manometri alla pompa, sull’irrigatore, sui filtri eccetera), sulle portate (con contatori), sulle regolazioni delle attrezzature (ad esempio: angolo di bagnatura e vite
rompigetto dell’irrigatore, spaziatura tra gli irrigatori o tra i passaggi del rotolone eccetera).
Ottimizzare la gestione dell’acqua e del suolo
Le irrigazioni devono essere gestite (programmate) a seconda delle esigenze delle colture e senza
inutili sprechi, evitando sovra-adacquamenti e/o deflusso superficiale. La maggior parte degli agricoltori si affida ancora all’istinto per determinare quando è giusto irrigare, di solito camminando in
campo e osservando lo stato della coltura e l’umidità del suolo. Tuttavia, la necessità di assicurare
raccolti stabili nel tempo e di qualità rende sempre più necessaria l’adozione di un mix di scelte
soggettive e applicazioni di tecniche più “scientifiche”.
Verificare l’applicazione delle buone pratiche irrigue
È il passo conclusivo verso l’irrigazione efficiente.
Le principali buone pratiche irrigue sono sinteticamente riportate a pagina 99.
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104
105
QUANTO BENE PENSATE DI IRRIGARE?
8. Qual è la condizione delle componenti del vostro sistema irriguo (pompa, tubazioni ecc.)?
Come primo passo per migliorare l’efficienza dell’irrigazione, provate a valutare quanto bene state irrigando e individuate le opportunità di miglioramentio.
Cerchiate la risposta che meglio rispecchia la vostra situazione. Poi fate la somma e confrontate il risultato
con il punteggio riportato nel box sotto. Valutate se ci sono margini di miglioramento.
1.
2.
3.
4.
1. I volumi d’acqua stagionali a disposizione soddisfano le richieste colturali?
9. Confrontate la produzione ottenuta con il volume di acqua utilizzato
1.
2.
3.
4.
1.
2.
3.
4.
Non so
No, sono inadeguati
Sì, in anni normali
Si, sempre
2. Potete derivare tutta l’acqua richiesta dalle colture nel periodo di punta?
1.
2.
3.
4.
Non so
Purtroppo no
Sì, in anni normali
Si, sempre
Non so
Necessitano riparazioni/sostituzioni
Solo qualche riparazione
Tutto a posto
No
Solo a livello globale
Talvolta su qualche appezzamento
Sempre su ogni appezzamento
10. Fate uso di strumenti (es. sensori umidità, bilancio idrico ecc.) per la programmazione
dell’irrigazione?
1. No, mi affido al controllo visivo
2. Solo per certe colture
3. Sì, in tutta l’azienda
3. Avete una strategia di gestione per i periodi con ridotta/insufficiente disponibilità d’acqua?
11. Utilizzate le previsioni meteo prima di programmare un intervento irriguo?
1. Nessuna
2. Provo a prendere qualche iniziativa
3. Ho una strategia dettagliata
1.
2.
3.
4.
No
Talvolta
Spesso
Sempre
4. Quanto è efficiente la rete di distribuzione?
12. Qual è la qualità dell’acqua utilizzata?
1.
2.
3.
4.
Non so
Ci sono molte perdite
Buona, solo poche perdite
Ottima
1.
2.
3.
4.
Non so
È inadeguata/scadente
È buona in certi periodi
È sempre buona
5. Il sistema irriguo (es. irrigatori, ala piovana ecc.) funziona alla corretta pressione in ogni appezzamento?
13. Pensate di poter risparmiare acqua e energia aumentando l’efficienza del vostro impianto?
1.
2.
3.
4.
1.
2.
3.
4.
Non so
No
Sì, solo in alcuni punti
Si, dappertutto
Sì, sicuramente
Forse
Non so
No, è già massima
6. Con quale uniformità il sistema irriguo distribuisce l’acqua nell’appezzamento?
1.
2.
3.
4.
Non so
Elevata difformità
Sufficiente uniformità
Buona uniformità
7. Sapete la quantità d’acqua distribuita (es. m3/ha) dall’impianto/irrigatore?
1.
2.
3.
4.
No
Conosco solo i dati forniti dalle ditte
Controllo talvolta i contatori
Sì, controllo sempre i contatori
VALUTATE LA POSSIBILITÀ DI MIGLIORARE LA VOSTRA EFFICIENZA DELL’IRRIGAZIONE
Punteggio
0 - 15
16 - 30
31 - 45
46 - 50
Decisamente da migliorare
Meglio rivedere qualcosa
Buono ma migliorabile
Praticamente perfetto
Se il punteggio è basso provate a rileggere il questionario e vedere se si potrebbero fare dei
miglioramenti al sistema irriguo e/o alle modalità di gestione dell’irrigazione.
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106
107
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