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il battaglione dei cacciatori franchi dal 1859 al 1868

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il battaglione dei cacciatori franchi dal 1859 al 1868
IL BATTAGLIONE DEI CACCIATORI FRANCHI DAL 1859 AL 1868
Enrico Ricchiardi
Nell'aprile del 1859 l'esercito piemontese, fortemente sostenuto da quello francese, si trovò nella
necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili. Nel maggio di quell'anno, quindi, fu deciso di utilizzare
persino gli elementi migliori del Battaglione dei Cacciatori Franchi, il Corpo di punizione dell'esercito.
D'altronde il Corpo era già stato efficacemente utilizzato nella precedente guerra del 1848 con buoni
risultati.
Già nel gennaio del 1859, quindi, la 2a e 3a compagnia dei Cacciatori Franchi, per un totale di 157
uomini e nove ufficiali, furono mobilitate ed inviate alla frontiera con l'Austria con compiti di presidio.
I dettagli dell'impiego delle due compagnie di campagna sono riportati nella storia ufficiale del Corpo
(LINK). La soddisfazione dell'autorità militare per il comportamento dei Cacciatori Franchi durante le
operazioni belliche fece sì che al termine della guerra tutti gli uomini di 1a e 2a categoria delle due
compagnie, estesa a quelli di 1a categoria della compagnia rimasta nella Fortezza di Fenestrelle, furono
rinviati ai reggimenti o congedati. Con la perdita contemporanea di 113 uomini a seguito di questa
decisione, il Corpo fu diminuito a due sole compagnie, riducendosi ai minimi termini.
La distinzione tra le categorie era fondamentale per la funzione punitiva e rieducativa dei Cacciatori
Franchi. I soldati che incorrevano in pene non abbastanza lievi da essere comminate al reggimento ma
non così gravi da richiedere il carcere militare erano inviati ai Cacciatori Franchi. Vi erano assentati nella
terza categoria, quella dei "Cacciatori di rigore". Dopo una militanza irreprensibile per almeno
ventiquattro mesi, il cacciatore avanzava alla seconda categoria, quella dei "Cacciatori ordinari", dalla
quale dopo ulteriori dodici mesi irreprensibili poteva, finalmente accedere alla categoria dei Cacciatori
Scelti, la prima, anticamera del termine della loro pena e nella quale potevano persino usufruire di
licenza o essere promossi ai gradi di Caporale e Sergente ed essere dimessi dal Corpo, e rientrare in un
reggimento di fanteria1, per terminare la ferma interrotta.
Il sistema punitivo, che poteva durare molti anni, era congegnato in modo da gratificare i Cacciatori che
si comportavano bene, premiandoli anche con consentire loro di passare da una classe all'altra in un
periodo inferiore a quello previsto dal Regolamento di Disciplina del Corpo stesso. Ma, invece, di
punire molto severamente qualsiasi mancanza, allungando i tempi della pena facendo retrocedere il reo
alle categorie inferiori o, nei casi peggiori, inviare il militare recidivo al carcere militare.
1
Dalla lettura dei ruoli matricolari dei Cacciatori Franchi si deduce che i soldati dimessi dal Corpo per buona condotta erano
inviati un reggimento di fanteria, ma mai a quello di provenienza. Inoltre, i soldati provenienti dalle armi speciali, come
Cavalleria, Artiglieria, Bersaglieri, ecc, erano comunque inviati a un reggimento di fanteria di linea.
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Più tardi, nel 1864, a queste categorie di punizione se ne aggiunse una quarta, denominata "Classe
speciale", per riunirvi i militari giunti ai Cacciatori Franchi a seguito di una condanna regolata
dall'articolo 204 del Codice Penale Militare. Si trattava dei rei di furto nei riguardi nei commilitoni, che,
erano inviati ai Cacciatori Franchi a scontare la propria pena e terminarvi anche la ferma, essendo
ritenuti indegni di rientrare nei ranghi di un reparto diverso dell'esercito. Questi condannati non erano
gli unici a essere congedati direttamente dai Cacciatori: anche i quadri di truppe, caporali, sergenti e
furieri, lo erano.
Figura 1. Congedo militare rilasciato il 17 settembre 1822 al sergente Giuseppe Gonella, nativo di Carrù (CN), il quale,
provenendo dai Dragoni della Regina, dove rivestiva il grado di sergente, rimase nei Cacciatori Franchi per dieci mesi e tre
giorni. Si tratta di un documento molto raro, in quanto la maggior parte dei Cacciatori Franchi, al termine della punizione
erano inviato in un reggimento di fanteria di linea a terminare la ferma. AST, Sezioni Riunite, Regia Segreteria di Guerra,
Sezione Personale, mazzo 276.
Nel 1859, come era accaduto anche durante la prima guerra d'indipendenza del 1848 – 1849, i
Cacciatori Franchi mobilitarono due compagnie di guerra, la 2a e la 3a , e parteciparono alle operazioni.
In realtà esse erano già state trasferite più vicino alla zona delle possibili operazioni a gennaio, ben
prima della dichiarazione di guerra. La storia ufficiale del Corpo (LINK) ci informa infatti che: "[il 16
gennaio] Un Ordinanza a cavallo del Reggimento Cavalleggieri d’Aosta, giunge da Pinerolo alle ore 8 di
sera, reca l’Ordine di S.E. il Generale Divisionario con cui vien ingiunto che il mattino del 17 debbano
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in tutta fretta partire per Valenza Due Compagnie del Corpo, comandate dal loro Capitano più
anziano", Serafino Cuÿer2.
Lasciando alla storia del Corpo il raccontare nel dettaglio il ruolo che i Cacciatori Franchi ebbero nella
seconda guerra d'indipendenza, è però interessante evidenziare due momenti di questo.
Quando le due compagnie mobilitate si trovavano a Domodossola, sul Lago Maggiore, per contrastare
possibili sbarchi austriaci, rendendosi necessario e urgente riunire più truppe possibile per la difesa della
Capitale, che si temeva minacciata dagli austriaci, avanzati fino a Vercelli, i Cacciatori Franchi furono
inviati verso Varallo Sesia attraverso le montagne, con l'obiettivo di recarsi a Biella per difenderla. Era il
4 maggio 1859. Giunti a Varallo, i Cacciatori ebbero notizia del fatto che ormai Biella era stata occupata
dagli austriaci e che la difesa si stava concentrando su Ivrea, al di là della Serra omonima. Senza perdersi
d'animo, il maggiore Giovanni Battista Cordiglia3, dal 6 marzo comandante delle compagnie mobilitate,
ordinò una epica marcia che si svolse tra il 9 e il 12 maggio, recandosi nel capoluogo eporediese
attraversando le Alpi ancora innevate (il passo era a oltre 2400 m!) per Riva Valdobbia, Gressoney e
Pont Saint Martin. Una marcia problematica perché i soldati dei Cacciatori non erano certo equipaggiati
per attraversare montagne ancora innevate.
Il secondo episodio si svolse tra il 29 e il 30 maggio, quando le due compagnie furono dislocate a
Castelletto Ticino, sul Lago Maggiore, a proteggere il fianco dei Cacciatori delle Alpi, comandati dal
maggiore generale Giuseppe Garibaldi, che stavano traghettando verso la Lombardia, per liberare il
varesotto.
Nella tarda primavera del 1859, quando anche a quella di Fenestrelle, oltre ad altre fortezze del Regno
di Sardegna iniziarono a essere inviati alcuni prigionieri austriaci, la guarnigione era costituita dallo Stato
Maggiore e dalla sola prima compagnia Cacciatori, oltre a pochi artiglieri anziani adibiti alla
manutenzione dei pezzi. Al termine della guerra, il 18 agosto 1859, il maggiore Cordiglia fu assegnato a
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All'epoca cinquantaduenne, essendo nato a Sassari nel 1807. Vecchio soldato dei Cacciatori della Regina, aveva esperienza
bellica, avendo partecipato alla prima guerra d'indipendenza come luogotenente nei Cacciatori Franchi e successivamente,
nella campagna del 1849, come capitano del 6° reggimento di fanteria di linea della Brigata Aosta. Ruoli Matricolari del
Battaglione Cacciatori Franchi, mazzo 2110.
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All'epoca quarantunenne, essendo nato nel 1808 a Napoli, era anch'egli un veterano delle guerre risorgimentali. All'età di
diciannove anni si era però arruolato come sottotenente nel 1° reggimento (poi 9°) della Brigata Regina, dopo aver seguito i
corsi della Regia Accademia torinese. Era poi passato al 10° reggimento della stessa Brigata appena promosso capitano il 30
settembre 1848 e successivamente al 23° reggimento della Divisione Lombarda. Sciolto il reggimento a seguito del disastro
di Novara, Cordiglia fu trasferito nel 7° reggimento della Brigata Cuneo, con il quale partecipò alla guerra di Crimea per
giungere poi, nel 1859, nei Cacciatori Franchi. Il 27 luglio 1848, quando militava nel 10° Regina fu ferito al braccio destro
durante i fatti di Volta Mantovana del 27 luglio e ne ricevette la medaglia d'argento al valor militare. Era quindi ben degno di
comandare i Cacciatori Franchi durante la guerra del 1859.
Ruoli Matricolari del Battaglione Cacciatori Franchi, mazzo 2110.
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comandare il Battaglione dei Cacciatori Franchi. Fu quindi lui a gestire la riduzione del Corpo a due sole
compagnie, nuovamente collocate a Fenestrelle dall'8 ottobre.
Che la Sede del Battaglione dei Cacciatori Franchi fosse in quell'anno collocata nella Fortezza di
Fenestrelle, un luogo climaticamente disagiato, era casuale. Il Corpo, infatti, negli anni precedenti era
migrato tra varie sedi e fortezze, situate in Sardegna, Liguria, Piemonte e Alta Savoia.
Il Corpo, indebolito dalla decisione ministeriale di affrancare tutti i soldati delle prime due categorie, a
seguito degli eventi bellici, fu completamente rivoluzionato nella primavera del 1860, acquistando,
nell'arco del mese di aprile quattro nuove compagnie e quadri provenienti dalle altre regioni del nord
Italia. La decisione di includere nei confini del Regno di Sardegna anche l'Emilia – Romagna e la
Toscana, fondendo i loro eserciti con quello piemontese, comportò la scelta di accorpare al reparto di
punizione sabaudo anche quelli degli eserciti emiliano – romagnolo e toscano. Nel corso del mese di
aprile del 1860, quindi, le compagnie del Battaglione Cacciatori di Comacchio (LINK), il reparto
punitivo del''esercito emiliano - romagnolo, furono inviate, a marce scaglionate, a Fenestrelle. La 1a
compagnia giunse nella Fortezza il 13 aprile, la 2a il 14, la 3a il 15. La dei Cacciatori di Comacchio con i
Cacciatori Franchi comportò anche l'assorbimento in questi ultimi dei relativi quadri, per cui per un po'
di anni ci fu una preminenza di quadri di non nati negli "antichi Stati" del Regno di Sardegna. Sarebbe
troppo complesso analizzare anche la composizione e le esperienze dei quadri inferiori coinvolti nella
fusione4, ma analizzeremo le caratteristiche degli ufficiali, limitatamente, però, al maggiore comandante
del Corpo e ai capitani, comandanti delle compagnie dello stesso (Cacciatori di Comacchio).
Il maggiore comandante del reparto di punizione dell'esercito emiliano – romagnolo era il bolognese
Cesare Marchi, anch'egli un veterano delle guerre risorgimentali. Aveva iniziato la sua carriera militare
all'età di trentasei anni, arruolandosi come soldato semplice nel battaglione romagnolo dell'Alto Reno.
Il 7 luglio 1848 egli fu nominato sottotenente e nel 1849 si recò a Roma per contribuire alla difesa della
Repubblica romana contro il corpo di spedizione francese. Terminata quell'avventura con il ripristino
del potere temporale papale, il nostro ritornò alla vita civile, come moltissimi altri volontari della prima
guerra d'indipendenza italiana che non volevano abbracciare la carriera militare5. Ma, al pari di molti
altri, quando iniziò la seconda guerra d'indipendenza ne seguì con trepidazione gli eventi e, per
contribuire a impedire alle truppe papaline di riprendere possesso delle Romagne si arruolò con il grado
di capitano nei volontari denominati "Battaglione Volontari per la spedizione delle Romagne", dal quale
reparto, trasformatosi in normale fanteria di linea, ricevette il delicato incarico di organizzare (1°
gennaio 1860) il costituendo battaglione di punizione. Giunto a Fenestrelle con la prima compagnia dei
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Ma è agevole farlo consultando i fogli matricolari del Battaglione dei Cacciatori Franchi relativo al 1860 (mazzi 2122 e
2123), ora consultabili in rete. Si tratta di, includendo i quadri inferiori, 633 uomini.
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Cesare Marchi fu ferito gravemente alla coscia sinistra il 20 maggio 1860, durante la difesa di Vicenza e ne ricevette la
Menzione Onorevole.
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Cacciatori di Comacchio, Marchi vi restò per poco tempo, avendo i Cacciatori Franchi già un maggiore
comandante. Il 7 maggio egli fu trasferito, con lo stesso grado, al 47° reggimento di fanteria della
Brigata Ferrara, ora parte dell'esercito sardo. Anche egli, come molti altri, aveva deciso in quegli anni di
rimanere nell'esercito6.
Figura 2. Uniforme indossata dai Cacciatori Franchi dal 1860 al 1868. La stessa uniforme rimase in uso da
parte delle Compagnie di Correzione fino alla loro abolizione.
Un passato analogamente glorioso avevano i due capitani giunti a Fenestrelle con i Cacciatori di
Comacchio e un luogotenente, promosso però al grado superiore già il 20 ottobre 1860.
Il primo di essi, l'anconitano Giuseppe Clementi, era di carriera nell'esercito pontificio. Aveva iniziato
nel luglio del 1844 come soldato semplice nel 5° Battaglione Fucilieri. Fu coinvolto nella prima guerra
risorgimentale per essere stato parte, con il grado di sottotenente del 7° Battaglione di linea, delle
truppe pontificie recatisi in Veneto nel 1848. Seguendo poi le vicende di molti, nel 1849 si era ritrovato
alla sfortunata difesa di Roma ed al termine dell'avventura era stato congedato dall'esercito. Lo
ritroviamo il 26 aprile del 1859 in Piemonte, arruolato come capitano nei Cacciatori delle Alpi, in corso
di costituzione grazie alla collaborazione tra Camillo Benso di Cavour e Giuseppe Garibaldi. Dimessosi
dall'esercito sardo nel mesi di luglio del 1859, troviamo Clementi il primo agosto come capitano nella
Brigata Modena, alla difesa degli antichi stati estensi dal possibile rientro del duca. Assegnato ai
Cacciatori di Comacchio il 1° gennaio 1860, Clementi continuò la sua carriera militare nei Cacciatori
Franchi, divenendo maggiore il 14 agosto del 1864. Lasciò il Corpo di punizione quando questo fu
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Ed è possibile seguirne le vicende successive consultando i ruoli matricolari del 47° di linea, esistenti nell'Archivio di Stato
di Torino.
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sciolto, venendo trasferito come maggiore nell'8° reggimento di fanteria della Brigata Cuneo (24 marzo
1868). Clementi poteva annoverare nel suo stato di servizio le seguenti campagne di guerra: in Veneto
1848; per la difesa di Roma del 1849; 1860 (con i Cacciatori Franchi) ad Ancona; guerra del 1866 in
Lombardia (sempre con i Cacciatori Franchi).
Il secondo capitano proveniente dall'esercito emiliano – romagnolo, era il riminese Antonio Pedrizzi,
che aveva iniziato come sergente furiere della 3a Legione Romana del corpo di spedizione in Veneto ed
era stato presente alla capitolazione di Vicenza ottenuta dagli austriaci nel 1848. Lo ritroviamo nella
Guardia Nazionale romana con il grado di Tenente, fino alla caduta della Repubblica Romana del 1849.
Riprese il servizio dieci anni dopo, come luogotenente della Colonna Mobile Volontari delle Romagne
(successivamente 26° Ferrara) e con lo stesso grado, entrò nei Cacciatori di Comacchio il 1° aprile 1860,
giunto in tempo per marciare su Fenestrelle, da dove, il 24 marzo fu trasferito al 16° Acqui acquisendo
il grado di capitano. Rientrò a comandare una compagnia dei Cacciatori Franchi il 15 maggio 1861. Allo
scioglimento del Corpo fu posto in aspettativa (26 marzo 1868). Anche Pedrizzi poteva annoverare un
buon curriculum bellico: campagna 1848 in Veneto, dove ottenne la medaglia di bronzo e la campagna
1849 per la difesa di Roma.
Il terzo capitano era il suddito austriaco (era nato a Millach, nella parte della penisola balcanica allora
sotto il dominio austriaco), Giuseppe Mattoj, che aveva militato dal 1833 al 1848 nella Legione
Straniera francese e poi in quella spagnola. Iniziata la guerra in Lombardia, accorse ad arruolarsi nelle
truppe lombarde, militando in quello che divenne il 23° fanteria della Legione Lombarda. Dimesso
dopo la disfatta di Novara, Mattoj accorse nel 1856 come sottotenente della Legione Anglo – Italiana,
un reparto costituito in Piemonte dall'Inghilterra per l'utilizzo durante la guerra di Crimea. Sciolto il
Corpo il 28 luglio 1856, perché la guerra stava nel frattempo terminando, Mattoj fu congedato. Ritornò
a militare per la causa italiana nel 1859, entrando nel 21° reggimento piemontese, poi 39° Bologna e
parte dell'esercito romagnolo. Il 25 marzo 1860 fu trasferito come sottotenente nei Cacciatori di
Comacchio, dove, con il grado di luogotenente seguì le sorti del Corpo. Nei Cacciatori Franchi fu
promosso a capitano già il 20 ottobre 1860. Terminò il suo ruolo attivo in un incarico sedentario,
entrando a far parte l'8 marzo 1860 delle Stato Maggiore delle Piazze di Cosenza.
Il mese successivo, l'11 maggio, giunsero a Fenestrelle i soldati della Compagnia di Correzione Toscana,
probabilmente non al completo, perche i ruoli matricolari dei Cacciatori Franchi registrarono soltanto
14 assenti.
All'inizio dell'estate, quindi, la maggioranza degli ufficiali, dei quadri e dei soldati presenti a Fenestrelle
appartenevano alle provincie del nord e centro Italia. E questi furono gli uomini che accolsero nella
fortezza i poco meno di 500 prigionieri dell'esercito pontificio catturati dall'esercito sardo
principalmente nella Battaglia di Castelfidardo combattuta il 18 settembre 1860. Chissà che sorpresa per
questi italiani sudditi papalini trovare a Fenestrelle centinaia di loro compatrioti che avevano
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combattuto la stessa guerra schierati "dall'altra parte" ma che parlavano gli stessi dialetti e ricordavano
gli stessi luoghi. Comunque, la permanenza di questi prigionieri a Fenestrelle fu breve ed essi furono
presto rimpatriati a seguito degli accordi presi con il Governo francese e con le autorità pontificie.
In quei giorni, il maggiore comandante dei Cacciatori Franchi, Giovanni Cordiglia, passato al comando
di uno dei battaglioni mobilizzati della Guardia Nazionale del Regno, fu sostituito dall'ufficiale che
reggerà le sorti del Battaglione per lunghi anni. Si trattava del quarantatreenne maggiore Giovanni
Cesare Graglia, nativo di Chambéry, che sarà un degno comandante del Corpo per lunghi anni. In realtà
Graglia era già giunto a Fenestrelle da alcuni mesi e aveva affiancato il Comandante prima di rilevarne
l'incarico. Il nuovo maggiore aveva iniziato la sua carriera militare come semplice soldato volontario nel
reggimento Nizza Cavalleria (24 ottobre 1834) nel quale aveva militato per 25 anni per essere poi
assegnato, dopo essere transitato nel 13° Pinerolo) come Capitano alla Scuola di Fanteria di Ivrea (14
maggio 1859) e arrivare nei Cacciatori Franchi già con il grado di maggiore il 2 maggio 1860. Nei ranghi
di Nizza Cavalleria aveva partecipato alla battaglia di Sommacampagna (27 luglio 1848), dove aveva
ottenuto una Menzione Onorevole. Era stato anche presente, nei ranghi del 13° Pinerolo, alla Battaglia
di Novara. In quell'occasione alla bandiera del reggimento era stata assegnata la medaglia al Valor
Militare. Partecipò poi anche alle due guerre del 1859 e del 1866.
Come si può leggere, quando, nel 1861 iniziarono ad arrivare nella Fortezza i primi prigionieri
dell'esercito napoletano, la guarnigione di Fenestrelle era comandata da ufficiali di tutto rispetto,
avvalorando il fatto che l'assegnazione ai Cacciatori Franchi era considerata con la dovuta attenzione da
parte del Ministero della Guerra.
Ovviamente, la vita degli ufficiali e dei sott'ufficiali del Corpo, in quegli anni accasermato negli edifici
della Fortezza, in una località di montagna, per le caratteristiche della truppa e per l'isolamento del
piccolo paese di Fenestrelle era certamente disagevole, in parte compensata da un piccolo (circa il 10%)
supplemento di paga. Particolarmente dura doveva essere la vita delle famiglie degli ufficiali sposati e,
talvolta con prole.
Negli anni successivi all'unità d'Italia, l'aumento considerevole dell'esercito, passato da 60.000 a più di
350.000 uomini, portò al forte incremento del numero di compagnie di Cacciatori Franchi, le quali
furono dislocate anche in altre località, come quelle di Exilles e di Portoferraio, fino a quando la Sede
del Corpo fu spostata ad Alessandria e le compagnie, sempre più numerose furono dislocate, oltre che
in Piemonte, anche in Sardegna, Liguria, Toscana, Emilia Romagna ecc.
Quando il 1° aprile del 1868 fu deciso di sciogliere il Battaglione dei Cacciatori Franchi e di sostituirlo
con dodici compagnie autonome le quali furono dislocate in tutto il territorio (a Portoferraio,
Pizzighettone, Capri, Isola di San Nicola (Tremiti), Rocca d'Anfo, Osoppo, Lipari, Ponza, Peschiera,
Fenestrelle, Exilles e Venezia) dell'Italia ormai unificata.
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