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APRI PDF - Processo Penale e Giustizia
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-11-2014) 17-02-2015, n. 6817 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo - Presidente Dott. GRILLO Renato - Consigliere Dott. GAZZARA Santi - Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone - rel. Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: S.S., n. a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma in data 03/10/2013; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Andreazza Gastone; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. F. Baldi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza; udite le conclusioni del Difensore di parte civile Avv. , che si è riportato alle conclusioni scritte; udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. , che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza. Svolgimento del processo 1. S.S. ha proposto, a mezzo del Difensore, ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma che, in riforma della sentenza di assoluzione del G.u.p. presso il Tribunale di Velletri resa all'esito di giudizio abbreviato, lo ha dichiarato responsabile, ai soli effetti civili, per il reato di cui all'art. 609 bis c.p. e condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile G.S.. 2. Con un unico motivo lamenta che la sentenza, trasgredendo ai principi elaborati dalla giurisprudenza, si è limitata, a fronte della pronuncia assolutoria di primo grado, ad offrire una diversa valutazione delle prove ed a rovesciare il giudizio di attendibilità sulle dichiarazioni della persona offesa nonostante le incongruenze segnalate dal giudice di prime cure, in tal modo non avendo confutato specificamente e rigorosamente gli argomenti della sentenza del Tribunale. In particolare la Corte ha superficialmente ritenuto superabili o, comunque, irrilevanti le molteplici e non secondarie contraddizioni con il narrato oggetto di denuncia presenti nelle dichiarazioni a sommarie informazioni della persona offesa. Segnatamente deduce che, con riguardo al primo episodio del (OMISSIS) mentre, in denuncia, la persona offesa aveva riferito di uno schiaffo ricevuto da S., a sommarie informazioni riferiva invece della pressione di un pugno e, con riguardo all'episodio del 14 agosto successivo, mentre in denuncia aveva riferito che, solo una volta giunti in casa, S. si era reso conto che egli e la G. erano soli, trovandosi i di lei genitori al mare, a sommarie informazioni riferiva invece che tale circostanza era nota all'imputato da diversi giorni. Altra discrepanza vi sarebbe in ordine al momento esatto di insorgenza tra i due della discussione che avrebbe condotto al secondo episodio; contesta inoltre la mancata considerazione della circostanza della totale assenza di segni o lesioni sul corpo della vittima, nonostante quanto indicato in querela, e posta del resto, dal primo giudice, a base della pronuncia assolutoria. Deduce poi la mancanza di riscontri probatori in ordine al contesto in cui inserire la condotta imputata all'odierno ricorrente e, in particolare, in ordine alla prevaricazione psicologica, tale, secondo la Corte, da avere dato luogo addirittura ad un totale asservimento, che l'imputato avrebbe attuato sulla G., oggettivamente incompatibile con le caratteristiche della persona offesa, inserita in un contesto sociale non degradato e di età adulta. 3. Ha presentato memoria la parte civile deducendo che già la sentenza di primo grado aveva riconosciuto l'intrinseca coerenza delle dichiarazioni rese in querela pur essendo poi pervenuta a sentenza assolutoria sulla base di alcuni elementi discordanti. Contesta poi il merito del ricorso deducendo che la Corte ha vagliato con scrupolo, come era necessario, tutti i punti critici della sentenza, tra cui anche i lividi e segni sul corpo della giovane, riferiti anche da testimoni escussi, e giustificando così ampiamente l'esito difforme anche in relazione al contesto in cui i fatti sono maturati. Motivi della decisione 4. Il ricorso è fondato. Questa Corte ha in più occasioni affermato il principio secondo cui, nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (da ultimo, tra le altre, Sez. 6, n. 45203 del 22/10/2013, Paparo e altri, Rv. 256869). Si è detto, cioè, in altri termini, che la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa la configurabilità del diverso apprezzamento come l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o di inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilità del primo giudizio (Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Farre e altro, Rv. 254113). Va aggiunto che di tali principi il giudice di appello deve fare applicazione anche quando, come nella specie, si tratti di giudizio che riguarda, a seguito di impugnazione svolta dalla sola parte civile, le sole statuizioni civilistiche, attesa comunque, anche in tal caso, la necessità di osservare la regula iuris espressa dall'art. 533 c.p.p. propria del processo penale nel quale la pretesa civilistica è, infatti, inserita, come del resto evidenziato dal collegamento ineludibile tra pronuncia di condanna e decisione sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno risultante dal testo dell'art. 538 c.p.p.. 5. Ciò posto, nella specie, a fronte di sentenza assolutoria di primo grado che ha fondamentalmente giudicato carente il profilo dell'attendibilità della persona offesa in ragione di elementi specificamente indicati, il giudice di appello è pervenuto ad esito difforme non tanto evidenziando la insostenibilità logica del ragionamento, anche probatorio, sul punto, del primo giudice, quanto, essenzialmente, dando una diversa lettura degli elementi già valutati alla luce, soprattutto, di una ritenuta condizione di assoggettamento psicologico della persona offesa nei confronti dell'imputato che già il Tribunale aveva preso in considerazione, ritenendola, però, motivatamente insussistente e dunque non idonea a spiegare le contraddizioni e le carenze rilevate. Il Tribunale aveva, riassuntivamente, individuato, quali punti critici della valutazione di riscontro della attendibilità della donna: 1) le diverse modalità, rispettivamente in sede di querela e in sede di sommarie informazioni, di resoconto di alcuni particolari della dinamica degli episodi di violenza e di alcune circostanze di contorno (in particolare la consapevolezza o meno da parte dell'imputato che egli e la donna fossero soli in casa); 2) la constatata assenza, in sede di visita effettuata in data 21/8/2009 presso il Pronto Soccorso, di ecchimosi od escoriazioni nè all'interno cosce, nè alla radice delle stesse, nè sui genitali esterni a fronte, invece, di riferite percosse consistite in uno schiaffo o pugno e dei vistosi lividi sul collo lamentati in querela sporta per il fatto di appena sei giorni prima; 3) la protratta permanenza della donna in compagnia dell'imputato, rimasto anche a dormire presso di lei dopo il secondo episodio, ed anzi l'assidua frequentazione di questi senza alcuna cautela, scarsamente giustificabili, se veri i fatti riferiti, in una persona di ventotto anni ordinariamente capace di determinarsi autonomamente; 4) il contenuto dei messaggi telefonici inviati dalla persona offesa all'imputato anche dopo i fatti, significativo di un inalterato rapporto di intenso affetto nei confronti dell'uomo (si vedano, a pagg. 4-5 della sentenza di primo grado, esemplificativamente, tra tutti, il messaggio del 3/8: "amore mio, già non vedo l'ora di riabbracciarti, baciarti e stringerti forte forte per tutta la notte mentre...il tuo profumo e ascolto il tuo respiro..mamma mia che bello Grazie della bella giornata sono stata benissimo" o quello del 15/8 poche ore dopo il secondo denunciato episodio di violenza: "ho sempre apprezzato tutto ciò che hai fatto per me...tutto ciò che volevo e che ancora vorrei è vederti sorridere farti felice e amarti...si sei e sei sempre stato nel mio cuore insieme con Gesù"). Nè, sempre il Tribunale, aveva trascurato di valutare gli elementi in prima battuta indicativi di riscontro dell'attendibilità, ovvero le dichiarazioni rese dalla zia M.L. e dall'amica B.G. circa le rivelazioni loro fatte dalla donna, tempo dopo, sulle violenze subite e circa, la seconda, i lividi sulle cosce e i graffi sul ventre riscontrati, ma le aveva giudicate non decisive atteso il tempo trascorso dai fatti e la incongruità dei fatti denunciati con il contenuto dei messaggi telefonici. Quanto poi ai cambiamenti riscontrati da terze persone nel comportamento della donna dopo l'iniziato rapporto con l'imputato, avendo questa preso a parlare sempre di religione e apparendo trascurata nell'abbigliamento, il Tribunale ne aveva ritenuto l'insufficienza dimostrativa di uno stato di soggezione psicologica, tenuto conto dell'età adulta della persona offesa, descritta dalla zia e dalle amiche come persona non debole nè affetta da problemi particolari, della brevità della relazione sentimentale con l'imputato, iniziata da soli due mesi, e della insussistenza di atti di soppressione della libertà e dell'autonomia della G., mai lamentati; oltre a ciò, aveva valorizzato le dichiarazioni di F.R., che, avuta sino al 2008 una relazione con l'imputato, non aveva mai riferito di violenze o aggressioni o pressioni al fine di avvicinarsi alla religione. 6. A fronte di ciò, la Corte, dopo avere premesso la necessità di collocare le dichiarazioni della persona offesa nel contesto adeguato e richiamando, a conforto, il metodo valutativo da usarsi nelle ipotesi di violenza sui minori, ha, come già anticipato sopra, letto gli elementi, già indicati dal giudice di primo grado come segno di incongruenza e inattendibilità, alla luce del rapporto instauratosi tra persona offesa ed imputato che avrebbe assunto, per la pratica religiosa particolarmente intensa dell'uomo, i tratti di una sostanziale imposizione sull'imputata causativa anche di una involuzione personologica della donna, appiattita sull'altrui persona; da qui, dunque, essendo derivata, pur all'interno di una coerente e non illogica impostazione, non già una confutazione degli elementi oggettivi valutati dalla Corte (se non, per quanto si dirà oltre, con riferimento alla effettiva sussistenza di segni di lesione), quanto una diversa interpretazione degli stessi, alla luce soprattutto della differente valutazione delle caratteristiche del rapporto sentimentale instaurato tra imputato e persona offesa. E' emblematico, del resto, della "chiave" interpretativa applicata dalla Corte territoriale per giungere al diverso esito, proprio quanto precisato, in premessa, a pag. 10 della sentenza, ove si afferma che "la vicenda deve essere collocata in una visione di insieme, in cui i particolari non prevalgano necessariamente sull'intero quadro, ma possano essere sistematicamente interpretati alla luce di un criterio di ragionevole plausibilità", in tal modo apparendo appunto indicato, a giustificazione della riforma, un diverso criterio di lettura dei dati che, però, per quanto già detto sopra, non può, da solo, valere a sovvertire l'epilogo assolutorio, sia pure limitatamente all'aspetto civilistico, di primo grado. Speculare a tale impostazione appare inoltre la valutazione di due degli elementi su cui maggiormente il Tribunale aveva appunto riposto, come visto, le ragioni di inaffidabilità della parte civile, ovvero il comportamento di protratta frequentazione con l'imputato ed il contenuto degli sms telefonici inviati dalla persona offesa all'imputato nei giorni successivi ai riferiti episodi di violenza, ritenuto, per le espressioni addirittura di riconoscenza verso l'uomo, emergenti dalla loro lettura, particolarmente significativo della intensità della relazione sentimentale tra i due; è sintomatico, anche in tal caso, che la Corte, a differenza del giudice di primo grado, giudichi come "compatibili", con le violenze asseritamente subite, la corrispondenza precedente e successiva ai due episodi narrati in ragione del particolare legame che tra i due si era formato idoneo a relegare in secondo piano anche i comportamenti più negativi, trascurando, però, di considerare come proprio il criterio di compatibilita non possa, per ciò solo, tradursi nel superamento del parametro del ragionevole dubbio quale metro di "legittimazione" di riforma della sentenza assolutoria. Anche la diversa lettura delle discordanze tra quanto narrato in querela e quanto riferito nelle sommarie dichiarazioni con riguardo ad alcune modalità dei fatti, legittimamente valutate come minimali differenze, resta, per quanto già detto, ininfluente al fine di sovvertire la sentenza di primo grado, mentre il fatto che dei lividi siano stati notati, secondo la Corte territoriale, dalla madre della persona offesa il 19/8, non può, per ciò solo, obliterare il dato, di eguale valenza, sottolineato dalla sentenza di primo grado, che alla visita medica, effettuata solo due giorni dopo, non siano state riscontrate lesioni apprezzabili. Nè appare, questa volta, logico affermare che le conclusioni dubitative in particolare in ordine a tali ultimi dati debbano necessariamente condurre a far ipotizzare, come affermato dalla sentenza impugnata al fine di enfatizzare l'erroneità delle analisi del primo giudice (vedi pagg. 15-16 e 22), la falsità delle accuse mosse dalla persona offesa od anche una "congiura" ordita nei confronti dell'imputato da parte di coloro che detti segni di lesioni avrebbero, invece, constatato, muovendosi la valutazione del giudice su di un esclusivo piano di inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, non equivalente perciò solo a falsità delle stesse. 7. In definitiva, la sentenza impugnata, nel riformare la decisione del Tribunale, non appare avere rispettato i principi sopra richiamati sicchè se ne impone, ex art. 622 c.p.p., essendo la dichiarazione di responsabilità circoscritta ai soli profili civili, l'annullamento con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado d'appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello. Così deciso in Roma, il 27 novembre 2014. Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2015