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“ “ Così il comunismo divenne mito
VENERDÌ 24 GIUGNO 2005 LA REPUBBLICA 45 DIARIO DI DI CENTO ANNI FA L’INSURREZIONE RUSSA L’ammutinamento della corazzata finì il 26 giugno 1905. Lenin ne fece l’apologia i dice “mito dell’Urss”, ma la parola giusta da impiegare è quella di amore. Fu un grande amore quello che i comunisti e i socialisti italiani, e con loro una parte della cultura italiana, nutrirono per l’Urss, l’Urss di Stalin, l’Urss della guerra e del dopoguerra. E come tutti i grandi amori era assoluto, cieco, desideroso soltanto di conferme dall’oggetto amato». Scriveva così in un suo libro, Le passioni d’un decennio: 1945-1956, lo storico del Pci Paolo Spriano. E proseguiva spiegando come da quell’amore fosse poi scaturita «non soltanto una vasta opinione pubblica socialista-comunista, ma una concezione generale (culturale, filosofica, storica) che aveva il suo punto fermo, il suo discrimine, nell’Urss di Stalin». «Una concezione generale che aveva il suo punto fermo nell’Urss di Stalin»? Oggi suona assurdo, ma è vero, le cose andarono proprio così. Più o meno comprensibile tra i braccianti del Tavoliere e gli operai di Sesto San Giovanni, l’“amore per l’Urss” (per un sistema politico di «terrificante diversità rispetto alla storia e alla cultura dell’Europa», come avrebbe scritto più tardi Milan Kundera) s’era man mano trasformato in una demente, inspiegabile “concezione generale”. Tra la fine dei Quaranta e l’inizio dei Cinquanta c’erano miei coetanei ancora tenuti a salutare le loro nonne, dalle quali avrebbero un giorno ereditato grosse proprietà terriere, col baciamano: eppure fervevano di passione per Togliatti, Secchia e Stalin. I libri che portavano in spiaggia erano La giovane guardia di Alexandr Fadeev, I giorni e le notti di Konstantin Simonov, Il figlio del reggimento di Valentin Kadaev, vale a dire la ridicola letteratura sovietica esaltata dalla stampa del partito comunista. E quanto al cinema, inutile dirlo: quei miei amici deliravano per i film muti di Ejzenstejn e Pudovkin. Furono infatti loro a trascinarmi due o tre volte in un cineclub gestito da attivisti del Pci, per assistere alle proiezioni della Corazzata Potemkin. E ancora non ho dimenticato il tedio di quei pomeriggi. Le copie del film erano consunte, i proiettori gli stessi (ronzanti come una trebbiatrice, facili a incepparsi) che quindici anni prima erano serviti per i film con Emma Gramatica e Beniamino Gigli. Ma nella sala s’udivano mormorii d’ammirazione già alle prime inquadrature. Le onde che battevano sui moli di Odessa, il campo lungo sulla corazzata, l’entrata in scena dei marinai Matjuscenko e Vakulenciuk. Il film essendo muto, nessuno poteva sapere perché Vakulenciuk stesse parlando tanto concitatamente a Matjuscenko. Ma finalmente arrivava la didascalia: «Noi marinai della Potemkin dobbiamo sostenere la lotta dei nostri fratelli lavoratori, stare in prima fila nella marcia verso la rivoluzione». E Matjuscenko, inutile dirlo, assentiva entusiasta. Seguiva il resto. La scena della carne brulicante di vermi che Estetica e retorica di un evento che il nuovo regime pose alle origini della rivoluzione «S POTEMKIN Così il comunismo divenne mito SANDRO VIOLA i marinai rifiutavano di mangiare (didascalia: «Basta con la carne marcia»), la discussione con il medico di bordo, l’ammutinamento. Gli ufficiali scaraventati in mare, la morte di Vakulenciuk per mano del perfido comandante Giljarovskij (didascalia: «Lui che fu il primo a lanciare il grido della ribellione, fu la prima vittima del boia»), sinché i rivoltosi s’impadronivano della corazzata. A questo punto nella sala del cineclub, puntual- mente avviati dai giovani comunisti, scrosciavano gli applausi. E altri applausi si sarebbero ripetuti più volte, sino alla famosa sequenza della truppa zarista che scende la scalinata del porto sparando sulla folla e travolgendo l’altrettanto famosa carrozzina. Sì, Spriano ha descritto molto bene quel che era successo in quegli anni: l’imporsi, cioè, d’una «concezione generale che aveva il suo punto fermo nel- JOSEPH ROTH POTEMKIN. UNA dittatura reazionaria per sua natura si basa in prevalenza sui divieti. La dittatura proletaria russa per sua natura si basa più sui comandi che sui divieti, più sull’educazione che sulla punizione, più sulle misure profilattiche che su quelle di polizia. Perciò la censura bolscevica ostacola lo studioso, l’artista, il filosofo, lo scrittore: ma in cambio, per la prima volta, educa le masse all’uso pratico di un’opinione. Il giornale, per la prima volta il cinematografo, sono al servizio della censura: non perché soffochino la verità, ma perché diffondono la verità della censura. Volontà della censura è come dire volontà del governo. Si dia un po’ un’occhiata a La corazzata Potemkin. Ciò che mostra, l’intuizione di Lenin sulla forza rivoluzionaria dell’ingiustizia, è più di ciò che vieta: il diritto di critica, l’equilibrio tra necessità economiche, esigenze di principio e libertà delle persone. Qui, nella propaganda da Odessa, ha iniziato a fallire la rivoluzione: dopo il terrore rosso, esaltante, sanguinoso della rivolta attiva, venne in Russia il terrore ottuso, silenzioso, nero della burocrazia. Il terrore della penna, del calamaio e delle immagini di luce. “ “ l’Urss di Stalin». Io stesso, del resto, dovevo ormai partecipare di quella “concezione”. Altrimenti perché sarei restato a guardare le facce del marinaio Vakulenciuk e del fellone Giljarovskij, quando a pochi passi c’erano cinematografi con film meravigliosi, i film con Gary Cooper, Misha Auer, Hedy Lamarr e Cary Grant? Com’era più istruttivo del cinema sovietico, infatti, il cinema americano. In Scandalo a Filadelfia avevamo imparato, seguendo i gesti del padre di Katherine Hepburn, a preparare un Martini. Nella Signora Miniver, Walter Pidgeon indossava giacche stupende che studiavamo con attenzione spasmodica, nei pochi secondi in cui passavano sullo schermo, per poi farle riprodurre dai nostri sarti di provincia. Il gessato grigio-chiaro di Cary Grant in Sospetto ci aveva insegnato una volta per tutte come dovesse es- sere un abito da mattina. Ancora in Scandalo a Filadelfia, avevamo stabilito che cosa fosse il paradiso: ballare una notte con una ragazza elegante e un po’ sbronza sul bordo d’una piscina, come facevano James Stewart e la Hepburn. Queste sì, erano iniziazioni. Questo avrebbe contato, nella vita, assai più della «concezione generale che aveva il suo discrimine nell’Urss di Stalin». Ma gli amici, i discorsi più frequenti e accalorati tra coetanei - per esempio i dibattiti che seguivano le proiezioni della Corazzata Potemkin - era sempre da quella parte che tiravano. Ed era lì, verso l’arsenale ideologico del partito comunista, che tiravano anche le conversazioni con gli assistenti universitari all’università, con gli intellettuali e i letterati (gli «ingegneri dell’anima», come li chiamava il loro adorato Stalin) che cominciavamo a frequentare. Dalla parte cioè della gloriosa rivoluzione d’ottobre, di Stalin che s’ergeva a baluardo dei dannati della terra contro lo sfruttamento colonial-capitalista, dell’Urss che ci difendeva dalle bombe atomiche degli americani. A me piacevano i romanzi, soprattutto quelli d’amore e morte: ma c’era sempre un devoto di Stalin che alzava il dito per ammonire che sì, d’accordo la letteratura, purché secondo il principio Na literaturnom postu. Il giovane stalinista diceva proprio così, lo diceva in russo: Na literaturnom postu, che significa «al posto di guardia letterario». E così, tra l’eroico marinaio Vakulenciuk e il «posto di guardia letterario», tra Fadeev, Kataev e Il placido Don, si perdevano una quantità di occasioni preziose: un film con Carol Lombard, La bandera con Gabin e Viviane Romance, tanti bei libri di D’Annunzio, Morand, Maugham e Lucio d’Ambra. Perciò mi viene da ridere ogni volta che si riattizza la polemica sulla “egemonia culturale” del Pci. Ogni volta che saltano su quelli che negano ci sia stata un’egemonia, e lo negano argomentando che nessuno fu obbligato con la forza a incensare Stalin e Togliatti. Costoro dovrebbero spiegare come mai, allora, si fosse andata formando la “concezione generale” descritta da Spriano. Come si fosse potuto imporre quello che Furet chiamava «il fascino universale dell’Ottobre». E perché mai io mi facessi strappare a Ginger Rogers e Fred Astaire per sedere dinanzi ai plumbei, sonniferi primi piani della carne marcia nella cambusa del Potemkin. E un’ultima cosa. Adesso che so un po’ di storia, che non confondo più come allora il 1905 col Glorioso Ottobre e Odessa con Kronstadt, mi piacerebbe incontrare uno di quegli “ingegneri dell’anima” che orchestravano il dibattito dopo le proiezioni. Lo inviterei a riflettere sul fatto che dopo la rivolta della Potemkin la Russia ebbe un libero parlamento (zoppicante, è vero, un po’ aperto e un po’ chiuso), mentre dopo il ‘17, quando vinsero i Vakulenciuk e i Matjuscenko, la Russia restò muta e tremante per settant’anni. DIARIO 46 LA REPUBBLICA LE TAPPE LA STRAGE DEL GENNAIO 1905 A Pietroburgo, 150 mila operai, guidati dal pope Gapon, si dirigono verso il Palazzo d’inverno, residenza di Nicola II per chiedere aiuto. I cosacchi caricano la folla, causando centinaia i morti LA CORAZZATA, GIUGNO 1905 La Russia è sconvolta dagli scioperi. L’ammutinamento dell’incrociatore Potemkin a Odessa porta la rivoluzione nel cuore dell’esercito. L’episodio sarà al centro del film di Ejzenstejn del 1925 VENERDÌ 24 GIUGNO 2005 IL MANIFESTO DI OTTOBRE 1905 Lo zar concede una Costituzione e fa eleggere un’assemblea rappresentativa (la Duma). Il primo parlamento (aprile 1906) viene però sciolto a poche settimane dalla sua formazione L’INSURREZIONE FALLÌ. MA LENIN IN PERSONA CAMBIÒ IL FINALE DELLA STORIA MA QUEGLI EROI FURONO UN FALSO DEL REGIME GIAMPAOLO VISETTI I LIBRI JOHN REED Dieci giorni che sconvolsero il mondo Rizzoli 2001 ROBERT SERVICE Storia della Russia nel XX secolo Editori Riuniti 1999 NIKOLAJ BERDJAEV Gli spiriti della rivoluzione russa Bruno Mondadori 2001 VALDO ZILLI La rivoluzione russa del 1905 il Mulino 2000 RICHARD PIPES La rivoluzione russa Mondadori 1994 Repubblica Nazionale 46 24/06/2005 DMITRIJ SERGEEVIC LICHAECEV La mia Russia Einaudi 1999 VICTOR SERGE L’anno primo della rivoluzione russa Einaudi 1991 MARC FERRO Nicola II. L’ultimo zar Laterza 1990 EDWARD A. CARR Storia della Russia sovietica Einaudi 1970 LEV TROTSKY Storia della rivoluzione russa Mondadori 1969 NIKOLAJ N. SUCHANOV Cronache della rivoluzione russa Editori Riuniti 1967 Mosca n falso. Per un secolo il mito sull’origine della prima rivoluzione russa si è alimentato grazie a una reinvenzione della storia. È questa la conclusione a cui sono giunti ricercatori e storici dell’ex Urss, analizzando il simbolo iniziale della propaganda bolscevica. La corazzata Potemkin di Sergej Ejzenstejn, primo film di regime nella storia del cinema, fu presentato come un documentario: era in realtà un apologetico manifesto rivoluzionario, voluto da Lenin per il ventennale delle insurrezioni contro lo zar Nicola II. La ricostruzione dei fatti è stata approfondita in occasione del centesimo anniversario dei moti del 1905. Proprio oggi, il 24 giugno di un secolo fa, gli ammutinati sul gioiello della marina imperiale erano costretti ad arrendersi nel porto di Costanza, in Romania. La rivolta proletaria, affermatasi poi nell’ottobre del 1917, aveva però bisogno di ideali ed eroi. Per questo Lenin commissionò l’opera sull’insurrezione di Odessa, sulla quale Ejzenstejn costruì un capolavoro in gran parte di fantasia. La verità, sebbene La corazzata Potemkin sia oggi una pellicola ignota alla maggioranza dei russi, imbarazza le autorità. Di qui la scelta del Cremlino di passare sotto assoluto silenzio sia il centenario della prima rivoluzione che l’ottantesimo compleanno del film più famoso mai uscito dagli studi di Mosca. Oltre al fastidio per il crollo di un mito artistico, il basso profilo è dovuto ad almeno altre tre ragioni. Il presidente Putin non gradisce ricordare apoteosi rivoluzionarie, a pochi mesi dalle rivolte nello spazio post-sovietico, e per di più ambientate proprio nel territorio ucraino che ha appena rivendicato piena indipendenza; il Cremlino non intende più screditare gli zar Romanov, impegnato com’è nella ricostruzione di una tradizione russa unitaria attorno al folclore monarchico e alla Chiesa ortodossa; il governo sa bene infine che ancora oggi, nel Paese, c’è chi è costretto a mangiare cibi avariati, o immondizie, immagine adottata da Lenin e Ejzenstejn quale scintilla insurrezionale. La trama del film muto, proiettato per la prima volta al Bolscioi di Mosca nel dicembre del 1925, ma giunto nelle sale di tutto il mondo solo nel 1952, è basata sulla prima aperta ribellione contro gli zar. Il 14 giugno 1905, secondo Ejzenstejn, l’equipaggio della Potemkin si sarebbe ribellato contro i propri ufficiali. La nave, ancorata al largo dell’isola di Tendra nel Mar Nero, era impegnata in prove di bombardamenti. Commissionata ai cantieri di Nikolaev nel 1898, era stata varata da appena un mese. A bordo, 731 uomini e 26 comandanti. L’ammutinamento, a mezza mattina: il cuoco, sullo schermo, mostra i vermi che divorano la carne destinata al Borsh per i marinai. Seguono le scene degli ufficiali lanciati in mare, U ‘‘ ,, IL FILM Il capolavoro di Ejzenstejn fu presentato come se fosse un documentario, in realtà fu in larga parte un’opera di fantasia ispirata dal partito l’uccisione del medico che certificava la freschezza degli alimenti, il sacrificio del mozzo Grigorij Vakulenciuk, primo leader rivoluzionario dell’epoca sovietica. Sulla Potemkin, a fine giornata, sventola la bandiera rossa. Inizia da qui l’epopea delle due eroiche settimane che, fino alla fine degli anni Ottanta e al fallimento del comunismo, ogni scolaro dell’Urss doveva imparare pressoché a memoria. La corazzata entra nel porto di Odessa, dove la popolazione è insorta. Bombarda la flotta imperiale, consegna alla massa la salma di Vakulenciuk, riprende il largo evitando il primo attacco delle navi di Nicola II. Riprese epiche, corredate da didascalie propagandistiche tipo «Egli è morto per un cucchiaio di minestra»: e poi i cosacchi che caricano la folla inerme, i marinai sfiniti e luridi davanti agli ufficiali eleganti e inamidati, madri e neonati falciati dalla cavalleria imperiale, la storica sequenza della donna uccisa in cima alla scalinata e della carrozzina che precipita verso il mare lungo i 192 gradini. Una moderna strage degli innocenti, il manifesto internazionale della rivoluzione proletaria contro l’ingiustizia delle monarchie europee e dei nascenti capitalismi. Fino all’epilogo: l’equipaggio, piuttosto che arrendersi, sce- glie di morire di fame; la Potemkin riesce a oltrepassare la flotta russa grazie al rifiuto di sparare degli uomini di 11 incrociatori; altre navi sono scosse da ammutinamenti, la rivolta da Odessa si estende alla nazione; infine la corazzata e i suoi eroi navigano verso la libertà, mentre le prime bandiere rosse salgono i pennoni a San Pietroburgo e a Mosca. L’annuncio della Rivoluzione d’Ottobre. Nessuno mette oggi in dubbio la sostanza degli eventi, l’ingiustizia secolare all’origine del movimento bolscevico. Ciò che gli studiosi dell’Istituto di storia contemporanea di Mosca hanno svelato, sono invece i falsi artistici suggeriti da Lenin ad Ejzenstejn. In realtà moti rivoluzionari covavano da fine Ottocento nei cantieri di Nikolaev. Per questo la Potemkin fu trasferita e ultimata a Sebastopoli. Nel giugno 1905 l’ammutinamento e gli scioperi avrebbero dovuto coinvolgere l’intera flotta imperiale e tutte le fabbriche russe. Invece la rivolta non attecchì e la Potemkin si ritrovò sola. La ribellione non si scatenò a causa delle larve nel rancio di una nave, ma per la carenza di cibo e la schiavitù in tutto il Paese. Ad Odessa non ci fu alcun massacro: vistisi in minoranza, circondati dall’esercito fedele allo zar, gli insorti rinunciarono alla rivoluzione. Un fallimento, dunque, non il trionfo propagandato da Lenin. Il 26 giugno la Potemkin, intestata al principe preferito da Caterina II (famoso per i villaggi inesistenti), fu restituita dalla Romania alla Russia e lo zar la ribattezzò Panteleimon. ORLANDO FIGES Tutto cominciò per una partita di carne avariata che il medico di bordo della corazzata Potëmkin aveva dichiarato commestibile “La tragedia di un popolo. La rivoluzione russa” 1997 BORIS PASTERNAK Questa notte dei fucili/ insonnoliti dallo sciopero/ Questa notte è stata/ la nostra fanciullezza/ e la giovinezza dei nostri maestri “L’anno millenovecentocinque” 1905 LA POTEMKIN In alto, la locandina del film; a sinistra, un poster del 1905 e una vignetta che raffigura lo zar Nicola II con gli occhi bendati Dodici anni dopo Lenin le diede il nome di “Combattente per la libertà”. Fu fatta saltare in aria nel 1918, a Sebastapoli, dalla flotta anglo-francese in rotta. Un destino di sconfitte e sottomissioni, non di vittorie e rivoluzioni. Per questo nessuno ricorda più e nessuno celebra. «Un’invenzione di regime - dice Eduard Sheglov, capo del dipartimento di Storia del comune di Odessa - per fare concorrenza ai primi colossal hollywoodiani. Il monumento ai sei marinai della corazzata, presto sarà sostituito da una statua a Caterina la Grande». L’ultima beffa alla nave fantasma della rivoluzione. STORIA DI UN CLASSICO E DELLA SUA VITA POSTUMA SULLA SCALINATA DI ODESSA CON FANTOZZI E DE PALMA PIETRO MONTANI suoi 80 anni la Corazzata Potemkin li dimostra tutti. Nessun dubbio, infatti, che il più celebrato tra i film muti di Ejzenstejn sia anche il più rapidamente invecchiato. Sciopero (1924), per esempio, contiene sequenze degne del più inquietante Lynch, e Il vecchio e il nuovo (1929), l’ultimo film muto, è ancor oggi una miniera di esperimenti visivi tra i più spericolati del cinema di tutti i tempi. Alla Corazzatatuttavia resta la sanzione dell’eccellenza assoluta che spetta solo a pochi classici. Come mai? La risposta va cercata nella costruzione del film. Nella sua capacità di “incarnare il mito” della Rivoluzione dotandolo di una potenza comunicativa di straordinaria efficacia. La vicenda è nota: il marinaio Vakulenciuk si ribella all’oppressione del regime I militare zarista rifiutando del cibo avariato. Il suo gesto di rivolta, punito con la morte, innesca però un movimento di amplificazione che coinvolge via via l’intero equipaggio della nave, la popolazione civile di una città (Odessa) e da ultimo la stessa flotta inviata dai comandi militari a sedare la rivolta e annientare gli ammutinati. È l’inizio della rivoluzione abortita del 1905. Il preludio dell’Ottobre. Una storia semplice e ben nota (ma il mito è, per l’appunto, questo). Solo che Ejzenstejn non la fa eseguire, narrativamente, da un gruppo di personaggi ma la affida, come una complessa partitura polifonica, all’intero corpo sensibile del film, alla costruzione espressiva degli spazi, al gioco contrastivo dei movimenti, all’accuratissima produzione di effetti pateti- DIARIO VENERDÌ 24 GIUGNO 2005 LA RIVOLUZIONE, FEBBRAIO 1917 La rivolta degli operai di Pietrogrado provoca la caduta dello zar e la formazione di un governo provvisorio. Cresce il potere parallelo dei Soviet, i consigli eletti direttamente dai lavoratori LA REPUBBLICA 47 L’OTTOBRE ROSSO, 1917 L’assalto al Palazzo d’Inverno porta alla caduta del governo provvisorio. Viene costituito un nuovo governo rivoluzionario, composto esclusivamente da bolscevichi di cui Lenin è presidente L’URSS, 1922 Nasce l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. La nuova costituzione comporta di fatto la dittatura del partito comunista, l’unico ammesso. Nel 1924 muore Lenin. Inizia l’era Stalin TUTTO COMINCIÒ CON LA SCONFITTA NELLA GUERRA CONTRO IL GIAPPONE 1905, L’ANNO INCUBO DELLA RUSSIA ZARISTA IGOR KURUKIN l 14 giugno 1905, a bordo della corazzata di squadra della Flotta Militare del Mar Nero, scoppiò una rivolta. Una delle tante vampate, questa volta di fulgore particolare, in quell’anno durissimo per la Russia. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, un peso enorme sui problemi di carattere interno, l’impreparazione e l’incapacità della società e del potere, provocarono la prima rivoluzione russa degli anni 19051907. Questo stereotipo, accreditato dai vecchi manuali di storia, è noto a ogni persona adulta che viva nello spazio post-sovietico. La rivolta sulla nave da guerra divenne però il simbolo dell’epoca rivoluzionaria, anche a prescindere dalla grandezza del film di Sergej Ejzenstejn. Lo spazio chiuso di una nave militare seppe sintetizzare i tanti contrasti della vecchia Russia: il peso che gravava sull’impero, il Paese povero e sottosviluppato, l’oneroso periodo di guerra e l’arbitrio del potere non contenibile da nessuna legge, o istituzione pubblica. Si evidenziò in maniera strabiliante la spaccatura socio-culturale nella società russa: in nessun Paese europeo il barin (latifondista) e il muzhik (contadino e servo della gleba) avevano convissuto per secoli, ognuno nel proprio spazio culturale separato: parlando lingue diverse (spesso differenti in senso diretto), mangiando, vestendo, comportandosi, celebrando feste e sopravvivendo a sciagure in modo del tutto diverso. La crisi pannazionale in Russia, nel 1905 così straripò. In realtà ciò non può essere inquadrato negli schemi dei manuali, in cui ogni periodo viene chiaramente delineato, ogni schieramento delle forze sociali risulta messo in perfetto ordine e, immancabilmente, guidato da una qualche dirigenza di partito. Le forze sociali agivano in modo indipendente e a stento si comprendevano reciprocamente. Le singole esplosioni sociali non avevano alcuna direzione, né obbiettivi netti e chiari. Quando si ottennero i primi successi, tutti rimasero delusi. Le autorità non capiva- Repubblica Nazionale 47 24/06/2005 I GLI AUTORI I DIARI ONLINE Il Sillabario di Joseph Roth è tratto da Viaggio in Russia (Adelphi). Pietro Montani insegna Estetica alla Sapienza di Roma e ha curato l’edizione italiana delle Opere scelte di Ejzenstejn (Marsilio). Igor Kurukin insegna Storia contemporanea all’Università di Mosca. Tutti i numeri del “Diario” di Repubblica sono consultabili in Rete nel sito www.repubblica.it, nella sezione “Spettacoli e cultura”. I lettori troveranno riprodotte le pagine, comprensive di tutte le illustrazioni, di questo strumento di approfondimento sui temi chiave del nostro tempo. ‘‘ ,, RIVOLUZIONE Ciò che accadde all’inizio del XX secolo riguardò differenti gruppi sociali le cui forze esplosero in più direzioni Nessuno capì bene cosa stava accadendo no realmente cosa volesse dire “Costituzione”, anche se furono esse stesse a donarla al popolo in versione sintetica. Ma pure la società fu insoddisfatta: considerò la vittoria raggiunta (la fine dell’autocrazia plurisecolare e la formazione di un sistema politico, anche se imperfetto, con un parlamento e con i partiti) come una sconfitta. La popolazione iniziò così a sperare di poter togliere di mezzo il potere attraverso un attacco impetuoso. In scala minore, la stessa cosa accadde sulla leggendaria corazzata. Come raccontato nel film, ai marinai sarebbe stata portata una scorta di carne marcia. Gli ufficiali della flotta, la cosiddetta élite delle Forze Armate, non si diede da fare per ri- ODESSA Una delle più celebri immagini della Corazzata Potemkin, la madre con il figlio ucciso dai soldati zaristi RYSZARD KAPUSCINSKI La scalinata di Odessa oggi: la sequenza della “carrozzella di Odessa” della Corazzata Potemkin l’ha resa la scalinata forse più famosa della storia del cinema ci ottenuti col montaggio: la affida insomma - è questa la sua grande scoperta - a una trascinante “drammaturgia della forma cinematografica” tecnologicamente assistita, come si conviene a ogni autentica mitologia della modernità. Valga per tutti il celebre esempio della scalinata di Odessa, con quella fragilissima e traballante carrozzina che, sfuggita alle mani di una madre ferita a morte, comincia a rotolare giù per la scalinata contrastando col suo moto sconnesso e pericolante la marcia inesorabile e ottusa dei soldati zaristi (di cui vediamo solo gli stivali e le canne dei fucili), fino ad assumere su di sé il potere esorbitante di ricompattare il dilagare inconsulto della folla dispersa che ora si arresta, si ricompone e infine si rovescia trasformandosi in un movimento ascensionale, solenne e unitario, determinato e invincibile. Il cinema ha abbandonato da tempo queste movenze epico-mitiche, e tuttavia la carrozzina del Potemkin continua a esercitare la misteriosa “vita postuma” dei grandi classici ricomparendo nei contesti più diversi: chi non ricorda, oltre agli accanimenti aziendali inflitti al povero Fantozzi, la magnifica sequenza finale degli Intoccabili di De Palma? Nella storia contemporanea è la Russia ad aprire il XX secolo con la rivoluzione del 1905, a chiuderlo nel 1991 con la caduta dell’Urss “Imperium” 1994 PAOLO VILLAGGIO Per me... la corazzata Potemkin è... una cagata pazzesca “Il secondo tragico Fantozzi” 1976 solvere il problema. Il comandante della nave minacciò invece i marinai: «Se non sarete ubbidienti e se non mangerete questo borschvi farò assaggiare un’altra pietanza: quella delle cartucce». Ciò provocò la sommossa finita con l’annientamento reciproco, crudelissimo e insensato, di entrambi le parti. La verità però è un’altra: i marinai ribelli fecero saltare i piani elaborati dai bolscevichi, decisi a organizzare un’insurrezione totale della Flotta del Mar Nero solo nell’autunno del 1905. L’inebriante leggerezza della “vittoria sui tiranni”, produsse però un’inedita euforia. I marinari sperarono di far insorgere subito Odessa e tutta la Flotta. Riuscirono a oltrepassare gli schieramenti delle navi della squadra mandata per reprimerli, senza incontrare uno sparo e tra le grida entusiaste degli altri equipaggi: «Hurrà»!. Ma poi, come avveniva spesso nella maggior parte delle ribellioni contadine, la rivolta cominciò ad estinguersi. L’equipaggio di un’altra corazzata, la “San Giorgio Vincitore” che in un primo tempo si era unita alla Potemkinnella rivolta, ben presto si arrese alle autorità. La Potemkin, invece, per alcuni giorni continuò a vagare per il Mar Nero — ora verso Costanza in Romania, ora verso Feodossia — infine di nuovo verso Costanza. In fin dei conti, «l’invincibile territorio della rivoluzione», come definì Lenin la corazzata, dopo dieci giorni si era già arreso alle autorità romene. Una parte dei marinai tornarono in Russia e sempre nel 1905 furono arrestati e processati. Sia la sconfitta, che l’errore fatale, si trasformarono però in una vittoria. «Ci vuole un film sul 1905» — ordinò ai cineasti del tempo Mikhail Kalinin, «starosta dell’Unione» (capo villaggio). Il comando, suggerito da Lenin, fu eseguito in tempo, esattamente per l’anniversario. Divenne presto il modello dello spirito artistico sovietico. Dalla voluminosa sceneggiatura, intitolata Il 1905, Ejzenstejn scelse però, per entusiasmare le masse, proprio e solo l’episodio di Odessa: rese così la Potemkin immortale. Ora quell’epoca è finita e con essa sono spariti anche i suoi simboli: sia in Russia che immediatamente «oltre le frontiere». Adesso, nello spazio post sovietico, vanno di moda eroi intensamente colorati di tinte nazionali. Nel 2005 pochi ricordano così Potemkin: ma non la corrazzata, colui piuttosto a cui era dedicata e cioè il nobile principe Grigorij PotemkinTavriceskij, «marito» e intraprendente co-amministratore di Caterina II. Poco tempo fa, hanno visto la luce la sua corrispondenza con la zarina e una serie di biografie. In Russia le figure dei monarchi e dei loro favoriti, sembrano dunque essere richieste oggi molto più delle ribellioni popolari e degli eroi rivoluzionari: soprattutto alla luce del consolidamento della «verticale del potere» di Putin, e grazie alla recuperata tradizione con cui in Russia si concepiscono il passato e il presente. Il grande storico Vassilij Kljucevskij, lo spiegò in maniera brillante: «La Russia è una nazione kazjonnaja (dove tutto appartiene all’autorità e allo Stato ndr)». Non si può dunque cogliere, per ora, alcun segnale di gradimento verso i miti rivoluzionari: la stampa e la tivù hanno preferito ricordare la battaglia di Tsushima, altra sconfitta dello stesso 1905, anziché la grande sollevazione delle masse che già un secolo fa lottavano per un futuro migliore. Gli anni passano: ma il potere della propaganda, no. I FILM LA CORAZZATA POTEMKIN L’ammutinamento dei marinai sulla nave da guerra, i cosacchi che aprono il fuoco sulla folla di Odessa, la nave ribelle che riesce a passare in mezzo alla flotta perché dalle altre navi si rifiutano di sparare. Di Sergej M. Ejzenstejn, del 1925. LA MADRE Durante la rivoluzione del 1905 una vedova cerca di boicottare le aspirazioni del figlio rivoluzionario. Ma quando il giovane muore, la madre prende coscienza, raccoglie la bandiera rossa e viene uccisa dai soldati a cavallo. Di Vsevolod Pudovkin, del 1926. IL SECONDO TRAGICO FANTOZZI Tra le tante angherie subite dall’impiegato Fantozzi c’è anche l’obbligo di dover assistere al cineclub aziendale al film di Ejzenstejn (mentre gioca la nazionale di calcio). Si ribellerà con il famoso grido: “per me la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”. Regia di Luciano Salce, con Paolo Villaggio (1976).