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“ “ Così il comunismo divenne mito
VENERDÌ 24 GIUGNO 2005
LA REPUBBLICA 45
DIARIO
DI
DI
CENTO ANNI FA L’INSURREZIONE RUSSA
L’ammutinamento
della corazzata
finì il 26 giugno
1905. Lenin
ne fece l’apologia
i dice “mito dell’Urss”, ma la parola
giusta da impiegare è
quella di amore. Fu un grande
amore quello che i comunisti e i
socialisti italiani, e con loro una
parte della cultura italiana, nutrirono per l’Urss, l’Urss di Stalin, l’Urss della guerra e del dopoguerra. E come tutti i grandi
amori era assoluto, cieco, desideroso soltanto di conferme
dall’oggetto amato». Scriveva
così in un suo libro, Le passioni
d’un decennio: 1945-1956, lo
storico del Pci Paolo Spriano. E
proseguiva spiegando come da
quell’amore fosse poi scaturita
«non soltanto una vasta opinione pubblica socialista-comunista, ma una concezione generale (culturale, filosofica, storica)
che aveva il suo punto fermo, il
suo discrimine, nell’Urss di Stalin».
«Una concezione generale
che aveva il suo punto fermo
nell’Urss di Stalin»? Oggi suona
assurdo, ma è vero, le cose andarono proprio così. Più o meno
comprensibile tra i braccianti
del Tavoliere e gli operai di Sesto
San Giovanni, l’“amore per
l’Urss” (per un sistema politico
di «terrificante diversità rispetto alla storia e alla cultura dell’Europa», come avrebbe scritto
più tardi Milan Kundera) s’era
man mano trasformato in una
demente, inspiegabile “concezione generale”.
Tra la fine dei Quaranta e l’inizio dei Cinquanta c’erano
miei coetanei ancora tenuti a
salutare le loro nonne, dalle
quali avrebbero un giorno ereditato grosse proprietà terriere,
col baciamano: eppure fervevano di passione per Togliatti,
Secchia e Stalin. I libri che portavano in spiaggia erano La giovane guardia di Alexandr Fadeev, I giorni e le notti di Konstantin Simonov, Il figlio del reggimento di Valentin Kadaev, vale a dire la ridicola letteratura
sovietica esaltata dalla stampa
del partito comunista. E quanto
al cinema, inutile dirlo: quei
miei amici deliravano per i film
muti di Ejzenstejn e Pudovkin.
Furono infatti loro a trascinarmi due o tre volte in un cineclub gestito da attivisti del Pci,
per assistere alle proiezioni della Corazzata Potemkin. E ancora non ho dimenticato il tedio di
quei pomeriggi. Le copie del
film erano consunte, i proiettori gli stessi (ronzanti come una
trebbiatrice, facili a incepparsi)
che quindici anni prima erano
serviti per i film con Emma Gramatica e Beniamino Gigli. Ma
nella sala s’udivano mormorii
d’ammirazione già alle prime
inquadrature. Le onde che battevano sui moli di Odessa, il
campo lungo sulla corazzata,
l’entrata in scena dei marinai
Matjuscenko e Vakulenciuk. Il
film essendo muto, nessuno
poteva sapere perché Vakulenciuk stesse parlando tanto concitatamente a Matjuscenko. Ma
finalmente arrivava la didascalia: «Noi marinai della Potemkin dobbiamo sostenere la
lotta dei nostri fratelli lavoratori, stare in prima fila nella marcia verso la rivoluzione». E
Matjuscenko, inutile dirlo, assentiva entusiasta.
Seguiva il resto. La scena della carne brulicante di vermi che
Estetica e retorica
di un evento che
il nuovo regime
pose alle origini
della rivoluzione
«S
POTEMKIN
Così il comunismo divenne mito
SANDRO VIOLA
i marinai rifiutavano di mangiare (didascalia: «Basta con la carne marcia»), la discussione con
il medico di bordo, l’ammutinamento. Gli ufficiali scaraventati
in mare, la morte di Vakulenciuk per mano del perfido comandante Giljarovskij (didascalia: «Lui che fu il primo a lanciare il grido della ribellione, fu
la prima vittima del boia»), sinché i rivoltosi s’impadronivano
della corazzata. A questo punto
nella sala del cineclub, puntual-
mente avviati dai giovani comunisti, scrosciavano gli applausi. E altri applausi si sarebbero ripetuti più volte, sino alla
famosa sequenza della truppa
zarista che scende la scalinata
del porto sparando sulla folla e
travolgendo l’altrettanto famosa carrozzina.
Sì, Spriano ha descritto molto
bene quel che era successo in
quegli anni: l’imporsi, cioè, d’una «concezione generale che
aveva il suo punto fermo nel-
JOSEPH ROTH
POTEMKIN.
UNA dittatura reazionaria
per sua natura si basa in prevalenza sui divieti. La dittatura proletaria russa per sua natura si basa più sui comandi
che sui divieti, più sull’educazione che sulla punizione, più
sulle misure profilattiche che su quelle di polizia. Perciò la
censura bolscevica ostacola lo studioso, l’artista, il filosofo,
lo scrittore: ma in cambio, per la prima volta, educa le masse all’uso pratico di un’opinione. Il giornale, per la prima volta il cinematografo, sono al servizio della censura: non perché soffochino la verità, ma perché diffondono la verità della censura. Volontà della censura è come dire volontà del
governo. Si dia un po’ un’occhiata a La corazzata Potemkin.
Ciò che mostra, l’intuizione di Lenin sulla forza rivoluzionaria dell’ingiustizia, è più di ciò che vieta: il diritto di critica, l’equilibrio tra necessità economiche, esigenze di principio e
libertà delle persone. Qui, nella propaganda da Odessa, ha
iniziato a fallire la rivoluzione: dopo il terrore rosso, esaltante, sanguinoso della rivolta attiva, venne in Russia il
terrore ottuso, silenzioso, nero della burocrazia. Il terrore della penna, del calamaio e delle immagini di luce.
“
“
l’Urss di Stalin». Io stesso, del resto, dovevo ormai partecipare
di quella “concezione”. Altrimenti perché sarei restato a
guardare le facce del marinaio
Vakulenciuk e del fellone Giljarovskij, quando a pochi passi
c’erano cinematografi con film
meravigliosi, i film con Gary
Cooper, Misha Auer, Hedy Lamarr e Cary Grant?
Com’era più istruttivo del cinema sovietico, infatti, il cinema americano. In Scandalo a
Filadelfia avevamo imparato,
seguendo i gesti del padre di
Katherine Hepburn, a preparare un Martini. Nella Signora Miniver, Walter Pidgeon indossava giacche stupende che studiavamo con attenzione spasmodica, nei pochi secondi in cui
passavano sullo schermo, per
poi farle riprodurre dai nostri
sarti di provincia. Il gessato grigio-chiaro di Cary Grant in Sospetto ci aveva insegnato una
volta per tutte come dovesse es-
sere un abito da mattina. Ancora in Scandalo a Filadelfia, avevamo stabilito che cosa fosse il
paradiso: ballare una notte con
una ragazza elegante e un po’
sbronza sul bordo d’una piscina, come facevano James
Stewart e la Hepburn.
Queste sì, erano iniziazioni.
Questo avrebbe contato, nella
vita, assai più della «concezione
generale che aveva il suo discrimine nell’Urss di Stalin». Ma gli
amici, i discorsi più frequenti e
accalorati tra coetanei - per
esempio i dibattiti che seguivano le proiezioni della Corazzata
Potemkin - era sempre da quella parte che tiravano. Ed era lì,
verso l’arsenale ideologico del
partito comunista, che tiravano
anche le conversazioni con gli
assistenti universitari all’università, con gli intellettuali e i
letterati (gli «ingegneri dell’anima», come li chiamava il loro
adorato Stalin) che cominciavamo a frequentare. Dalla parte
cioè della gloriosa rivoluzione
d’ottobre, di Stalin che s’ergeva
a baluardo dei dannati della terra contro lo sfruttamento colonial-capitalista, dell’Urss che ci
difendeva dalle bombe atomiche degli americani.
A me piacevano i romanzi, soprattutto quelli d’amore e morte: ma c’era sempre un devoto di
Stalin che alzava il dito per ammonire che sì, d’accordo la letteratura, purché secondo il
principio Na literaturnom postu. Il giovane stalinista diceva
proprio così, lo diceva in russo:
Na literaturnom postu, che significa «al posto di guardia letterario». E così, tra l’eroico marinaio Vakulenciuk e il «posto di
guardia letterario», tra Fadeev,
Kataev e Il placido Don, si perdevano una quantità di occasioni preziose: un film con Carol
Lombard, La bandera con Gabin e Viviane Romance, tanti bei
libri di D’Annunzio, Morand,
Maugham e Lucio d’Ambra.
Perciò mi viene da ridere ogni
volta che si riattizza la polemica
sulla “egemonia culturale” del
Pci. Ogni volta che saltano su
quelli che negano ci sia stata
un’egemonia, e lo negano argomentando che nessuno fu obbligato con la forza a incensare
Stalin e Togliatti. Costoro dovrebbero spiegare come mai, allora, si fosse andata formando la
“concezione generale” descritta da Spriano. Come si fosse potuto imporre quello che Furet
chiamava «il fascino universale
dell’Ottobre». E perché mai io
mi facessi strappare a Ginger
Rogers e Fred Astaire per sedere
dinanzi ai plumbei, sonniferi
primi piani della carne marcia
nella cambusa del Potemkin.
E un’ultima cosa. Adesso che
so un po’ di storia, che non
confondo più come allora il
1905 col Glorioso Ottobre e
Odessa con Kronstadt, mi piacerebbe incontrare uno di quegli “ingegneri dell’anima” che
orchestravano il dibattito dopo
le proiezioni. Lo inviterei a riflettere sul fatto che dopo la rivolta della Potemkin la Russia
ebbe un libero parlamento
(zoppicante, è vero, un po’
aperto e un po’ chiuso), mentre
dopo il ‘17, quando vinsero i
Vakulenciuk e i Matjuscenko, la
Russia restò muta e tremante
per settant’anni.
DIARIO
46 LA REPUBBLICA
LE
TAPPE
LA STRAGE DEL GENNAIO 1905
A Pietroburgo, 150 mila operai, guidati dal
pope Gapon, si dirigono verso il Palazzo
d’inverno, residenza di Nicola II per
chiedere aiuto. I cosacchi caricano la folla,
causando centinaia i morti
LA CORAZZATA, GIUGNO 1905
La Russia è sconvolta dagli scioperi.
L’ammutinamento dell’incrociatore
Potemkin a Odessa porta la rivoluzione nel
cuore dell’esercito. L’episodio sarà al
centro del film di Ejzenstejn del 1925
VENERDÌ 24 GIUGNO 2005
IL MANIFESTO DI OTTOBRE 1905
Lo zar concede una Costituzione e fa
eleggere un’assemblea rappresentativa
(la Duma). Il primo parlamento (aprile
1906) viene però sciolto a poche
settimane dalla sua formazione
L’INSURREZIONE FALLÌ. MA LENIN IN PERSONA CAMBIÒ IL FINALE DELLA STORIA
MA QUEGLI EROI FURONO
UN FALSO DEL REGIME
GIAMPAOLO VISETTI
I LIBRI
JOHN REED
Dieci giorni
che
sconvolsero il
mondo
Rizzoli 2001
ROBERT
SERVICE
Storia della
Russia nel XX
secolo
Editori Riuniti
1999
NIKOLAJ
BERDJAEV
Gli spiriti della
rivoluzione
russa
Bruno
Mondadori
2001
VALDO
ZILLI
La rivoluzione
russa del
1905
il Mulino 2000
RICHARD
PIPES
La rivoluzione
russa
Mondadori
1994
Repubblica Nazionale 46 24/06/2005
DMITRIJ
SERGEEVIC
LICHAECEV
La mia
Russia
Einaudi 1999
VICTOR
SERGE
L’anno primo
della
rivoluzione
russa
Einaudi 1991
MARC
FERRO
Nicola II.
L’ultimo zar
Laterza 1990
EDWARD A.
CARR
Storia della
Russia
sovietica
Einaudi 1970
LEV
TROTSKY
Storia della
rivoluzione
russa
Mondadori
1969
NIKOLAJ N.
SUCHANOV
Cronache
della
rivoluzione
russa
Editori Riuniti
1967
Mosca
n falso. Per un secolo il mito sull’origine della prima
rivoluzione russa si è alimentato grazie a una reinvenzione della storia. È questa la conclusione a cui sono giunti ricercatori
e storici dell’ex Urss, analizzando
il simbolo iniziale della propaganda bolscevica. La corazzata
Potemkin di Sergej Ejzenstejn,
primo film di regime nella storia
del cinema, fu presentato come
un documentario: era in realtà un
apologetico manifesto rivoluzionario, voluto da Lenin per
il ventennale
delle insurrezioni contro lo
zar Nicola II. La
ricostruzione dei
fatti è stata approfondita in occasione del centesimo anniversario
dei moti del 1905.
Proprio oggi, il 24
giugno di un secolo
fa, gli ammutinati
sul gioiello della
marina imperiale
erano costretti ad arrendersi nel porto di
Costanza, in Romania. La rivolta proletaria, affermatasi poi
nell’ottobre del 1917,
aveva però bisogno di ideali ed
eroi. Per questo Lenin commissionò l’opera sull’insurrezione di
Odessa, sulla quale Ejzenstejn costruì un capolavoro in gran parte
di fantasia. La verità, sebbene La
corazzata Potemkin sia oggi una
pellicola ignota alla maggioranza
dei russi, imbarazza le autorità. Di
qui la scelta del Cremlino di passare sotto assoluto silenzio sia il
centenario della prima rivoluzione che l’ottantesimo compleanno
del film più famoso mai uscito dagli studi di Mosca. Oltre al fastidio
per il crollo di un mito artistico, il
basso profilo è dovuto ad almeno
altre tre ragioni. Il presidente Putin non gradisce ricordare apoteosi rivoluzionarie, a pochi mesi
dalle rivolte nello spazio post-sovietico, e per di più ambientate
proprio nel territorio ucraino che
ha appena rivendicato piena indipendenza; il Cremlino non intende più screditare gli zar Romanov,
impegnato com’è nella ricostruzione di una tradizione russa unitaria attorno al folclore monarchico e alla Chiesa ortodossa; il
governo sa bene infine che ancora oggi, nel Paese, c’è chi è costretto a mangiare cibi avariati, o immondizie, immagine adottata da
Lenin e Ejzenstejn quale scintilla
insurrezionale.
La trama del film muto, proiettato per la prima volta al Bolscioi
di Mosca nel dicembre del 1925,
ma giunto nelle sale di tutto il
mondo solo nel 1952, è basata sulla prima aperta ribellione contro
gli zar. Il 14 giugno 1905, secondo
Ejzenstejn, l’equipaggio della Potemkin si sarebbe ribellato contro
i propri ufficiali. La nave, ancorata al largo dell’isola di Tendra nel
Mar Nero, era impegnata in prove
di bombardamenti. Commissionata ai cantieri di Nikolaev nel
1898, era stata varata da appena
un mese. A bordo, 731 uomini e 26
comandanti. L’ammutinamento,
a mezza mattina: il cuoco, sullo
schermo, mostra i vermi che divorano la carne destinata al Borsh
per i marinai. Seguono le scene
degli ufficiali lanciati in mare,
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‘‘
,,
IL FILM
Il capolavoro di Ejzenstejn fu
presentato come se fosse un
documentario, in realtà fu in larga parte
un’opera di fantasia ispirata dal partito
l’uccisione del medico che certificava la freschezza degli alimenti,
il sacrificio del mozzo Grigorij
Vakulenciuk, primo leader rivoluzionario dell’epoca sovietica.
Sulla Potemkin, a fine giornata,
sventola la bandiera rossa.
Inizia da qui l’epopea delle due
eroiche settimane che, fino alla fine degli anni Ottanta e al fallimento del comunismo, ogni scolaro dell’Urss doveva imparare
pressoché a memoria. La corazzata entra nel porto di Odessa, dove
la popolazione è insorta. Bombarda la flotta imperiale, consegna
alla massa la salma di Vakulenciuk, riprende il largo evitando il
primo attacco delle navi di Nicola
II. Riprese epiche, corredate da didascalie propagandistiche tipo
«Egli è morto per un cucchiaio di
minestra»: e poi i cosacchi che caricano la folla inerme, i marinai
sfiniti e luridi davanti agli ufficiali
eleganti e inamidati, madri e neonati falciati dalla cavalleria imperiale, la storica sequenza della
donna uccisa in cima alla scalinata e della carrozzina che precipita
verso il mare lungo i 192 gradini.
Una moderna strage degli innocenti, il manifesto internazionale
della rivoluzione proletaria contro l’ingiustizia delle monarchie
europee e dei nascenti capitalismi. Fino all’epilogo: l’equipaggio, piuttosto che arrendersi, sce-
glie di morire di fame; la Potemkin
riesce a oltrepassare la flotta russa
grazie al rifiuto di sparare degli
uomini di 11 incrociatori; altre navi sono scosse da ammutinamenti, la rivolta da Odessa si estende
alla nazione; infine la corazzata e i
suoi eroi navigano verso la libertà,
mentre le prime bandiere rosse
salgono i pennoni a San Pietroburgo e a Mosca. L’annuncio della Rivoluzione d’Ottobre.
Nessuno mette oggi in dubbio
la sostanza degli eventi, l’ingiustizia secolare all’origine del movimento bolscevico. Ciò che gli
studiosi dell’Istituto di storia
contemporanea
di Mosca hanno
svelato, sono invece i falsi artistici suggeriti da Lenin ad Ejzenstejn.
In realtà moti rivoluzionari covavano da fine Ottocento nei cantieri di
Nikolaev. Per questo la Potemkin fu
trasferita e ultimata
a Sebastopoli. Nel
giugno 1905 l’ammutinamento e gli scioperi avrebbero dovuto coinvolgere l’intera
flotta imperiale e tutte
le fabbriche russe. Invece la rivolta non attecchì e la Potemkin si ritrovò sola. La ribellione non si scatenò a causa delle larve nel rancio di una nave, ma per
la carenza di cibo e la schiavitù in
tutto il Paese. Ad Odessa non ci fu
alcun massacro: vistisi in minoranza, circondati dall’esercito fedele allo zar, gli insorti rinunciarono alla rivoluzione. Un fallimento, dunque, non il trionfo
propagandato da Lenin. Il 26 giugno la Potemkin, intestata al principe preferito da Caterina II (famoso per i villaggi inesistenti), fu
restituita dalla Romania alla Russia e lo zar la ribattezzò Panteleimon.
ORLANDO FIGES
Tutto cominciò per una
partita di carne avariata
che il medico di bordo
della corazzata Potëmkin
aveva dichiarato
commestibile
“La tragedia di un popolo. La
rivoluzione russa” 1997
BORIS PASTERNAK
Questa notte dei fucili/
insonnoliti dallo sciopero/
Questa notte è stata/
la nostra fanciullezza/
e la giovinezza dei
nostri maestri
“L’anno
millenovecentocinque” 1905
LA POTEMKIN
In alto, la
locandina del
film; a sinistra,
un poster del
1905 e una
vignetta che
raffigura lo
zar Nicola II
con gli occhi
bendati
Dodici anni dopo Lenin le diede il nome di “Combattente per la
libertà”. Fu fatta saltare in aria nel
1918, a Sebastapoli, dalla flotta
anglo-francese in rotta. Un destino di sconfitte e sottomissioni,
non di vittorie e rivoluzioni. Per
questo nessuno ricorda più e nessuno celebra. «Un’invenzione di
regime - dice Eduard Sheglov, capo del dipartimento di Storia del
comune di Odessa - per fare concorrenza ai primi colossal hollywoodiani. Il monumento ai sei
marinai della corazzata, presto
sarà sostituito da una statua a Caterina la Grande». L’ultima beffa
alla nave fantasma della rivoluzione.
STORIA DI UN CLASSICO E DELLA SUA VITA POSTUMA
SULLA SCALINATA DI ODESSA
CON FANTOZZI E DE PALMA
PIETRO MONTANI
suoi 80 anni la Corazzata Potemkin
li dimostra tutti. Nessun dubbio,
infatti, che il più celebrato tra i film
muti di Ejzenstejn sia anche il più rapidamente invecchiato. Sciopero
(1924), per esempio, contiene sequenze degne del più inquietante
Lynch, e Il vecchio e il nuovo (1929),
l’ultimo film muto, è ancor oggi una
miniera di esperimenti visivi tra i più
spericolati del cinema di tutti i tempi.
Alla Corazzatatuttavia resta la sanzione dell’eccellenza assoluta che spetta
solo a pochi classici. Come mai?
La risposta va cercata nella costruzione del film. Nella sua capacità di
“incarnare il mito” della Rivoluzione
dotandolo di una potenza comunicativa di straordinaria efficacia. La vicenda è nota: il marinaio Vakulenciuk
si ribella all’oppressione del regime
I
militare zarista rifiutando del cibo
avariato. Il suo gesto di rivolta, punito
con la morte, innesca però un movimento di amplificazione che coinvolge via via l’intero equipaggio della nave, la popolazione civile di una città
(Odessa) e da ultimo la stessa flotta inviata dai comandi militari a sedare la
rivolta e annientare gli ammutinati. È
l’inizio della rivoluzione abortita del
1905. Il preludio dell’Ottobre.
Una storia semplice e ben nota (ma
il mito è, per l’appunto, questo). Solo
che Ejzenstejn non la fa eseguire, narrativamente, da un gruppo di personaggi ma la affida, come una complessa partitura polifonica, all’intero
corpo sensibile del film, alla costruzione espressiva degli spazi, al gioco
contrastivo dei movimenti, all’accuratissima produzione di effetti pateti-
DIARIO
VENERDÌ 24 GIUGNO 2005
LA RIVOLUZIONE, FEBBRAIO 1917
La rivolta degli operai di Pietrogrado
provoca la caduta dello zar e la
formazione di un governo provvisorio.
Cresce il potere parallelo dei Soviet, i
consigli eletti direttamente dai lavoratori
LA REPUBBLICA 47
L’OTTOBRE ROSSO, 1917
L’assalto al Palazzo d’Inverno porta alla
caduta del governo provvisorio. Viene
costituito un nuovo governo
rivoluzionario, composto esclusivamente
da bolscevichi di cui Lenin è presidente
L’URSS, 1922
Nasce l’Unione delle repubbliche
socialiste sovietiche. La nuova
costituzione comporta di fatto la dittatura
del partito comunista, l’unico ammesso.
Nel 1924 muore Lenin. Inizia l’era Stalin
TUTTO COMINCIÒ CON LA SCONFITTA NELLA GUERRA CONTRO IL GIAPPONE
1905, L’ANNO INCUBO
DELLA RUSSIA ZARISTA
IGOR KURUKIN
l 14 giugno 1905, a bordo della corazzata di squadra della Flotta
Militare del Mar Nero, scoppiò
una rivolta.
Una delle tante vampate, questa
volta di fulgore particolare, in quell’anno durissimo per la Russia. La
sconfitta nella guerra contro il Giappone, un peso enorme sui problemi
di carattere interno, l’impreparazione e l’incapacità della società e
del potere, provocarono la prima rivoluzione russa degli anni 19051907. Questo stereotipo, accreditato dai vecchi manuali di storia, è noto a ogni persona adulta che viva nello spazio post-sovietico.
La rivolta sulla nave da guerra divenne però il simbolo dell’epoca rivoluzionaria, anche a prescindere
dalla grandezza del film di Sergej Ejzenstejn. Lo spazio chiuso di una
nave militare seppe sintetizzare i
tanti contrasti della vecchia Russia:
il peso che gravava sull’impero, il
Paese povero e sottosviluppato, l’oneroso periodo di guerra e l’arbitrio
del potere non contenibile da nessuna legge, o istituzione pubblica. Si
evidenziò in maniera strabiliante la
spaccatura socio-culturale nella società russa: in nessun Paese europeo
il barin (latifondista) e il muzhik
(contadino e servo della gleba) avevano convissuto per secoli, ognuno
nel proprio spazio culturale separato: parlando lingue diverse (spesso
differenti in senso diretto), mangiando, vestendo, comportandosi,
celebrando feste e sopravvivendo a
sciagure in modo del tutto diverso.
La crisi pannazionale in Russia,
nel 1905 così straripò.
In realtà ciò non può essere inquadrato negli schemi dei manuali,
in cui ogni periodo viene chiaramente delineato, ogni schieramento delle forze sociali risulta messo in
perfetto ordine e, immancabilmente, guidato da una qualche dirigenza
di partito. Le forze sociali agivano in
modo indipendente e a stento si
comprendevano reciprocamente.
Le singole esplosioni sociali non
avevano alcuna direzione, né obbiettivi netti e chiari. Quando si ottennero i primi successi, tutti rimasero delusi. Le autorità non capiva-
Repubblica Nazionale 47 24/06/2005
I
GLI AUTORI
I DIARI ONLINE
Il Sillabario di Joseph Roth è tratto da
Viaggio in Russia
(Adelphi). Pietro
Montani insegna
Estetica alla Sapienza di Roma e ha curato l’edizione italiana delle Opere
scelte di Ejzenstejn
(Marsilio). Igor Kurukin insegna Storia
contemporanea all’Università di Mosca.
Tutti i numeri del
“Diario” di Repubblica sono consultabili
in Rete nel sito
www.repubblica.it,
nella sezione “Spettacoli e cultura”. I lettori troveranno riprodotte le pagine,
comprensive di tutte
le illustrazioni, di
questo strumento di
approfondimento
sui temi chiave del
nostro tempo.
‘‘
,,
RIVOLUZIONE
Ciò che accadde all’inizio del XX secolo
riguardò differenti gruppi sociali le cui
forze esplosero in più direzioni
Nessuno capì bene cosa stava accadendo
no realmente cosa volesse dire “Costituzione”, anche se furono esse
stesse a donarla al popolo in versione sintetica. Ma pure la società fu insoddisfatta: considerò la vittoria
raggiunta (la fine dell’autocrazia
plurisecolare e la formazione di un
sistema politico, anche se imperfetto, con un parlamento e con i partiti) come una sconfitta. La popolazione iniziò così a sperare di poter
togliere di mezzo il potere attraverso un attacco impetuoso.
In scala minore, la stessa cosa accadde sulla leggendaria corazzata.
Come raccontato nel film, ai marinai sarebbe stata portata una scorta
di carne marcia. Gli ufficiali della
flotta, la cosiddetta élite delle Forze
Armate, non si diede da fare per ri-
ODESSA
Una delle più
celebri
immagini della
Corazzata
Potemkin, la
madre con il
figlio ucciso
dai soldati
zaristi
RYSZARD KAPUSCINSKI
La scalinata di Odessa
oggi: la sequenza
della “carrozzella di
Odessa” della
Corazzata Potemkin
l’ha resa la scalinata
forse più famosa della
storia del cinema
ci ottenuti col montaggio: la affida insomma - è questa la sua grande scoperta - a una trascinante “drammaturgia della forma cinematografica”
tecnologicamente assistita, come si
conviene a ogni autentica mitologia
della modernità.
Valga per tutti il celebre esempio
della scalinata di Odessa, con quella
fragilissima e traballante carrozzina
che, sfuggita alle mani di una madre
ferita a morte, comincia a rotolare giù
per la scalinata contrastando col suo
moto sconnesso e pericolante la marcia inesorabile e ottusa dei soldati zaristi (di cui vediamo solo gli stivali e le
canne dei fucili), fino ad assumere su
di sé il potere esorbitante di ricompattare il dilagare inconsulto della folla
dispersa che ora si arresta, si ricompone e infine si rovescia trasformandosi in un movimento ascensionale,
solenne e unitario, determinato e invincibile.
Il cinema ha abbandonato da tempo queste movenze epico-mitiche, e
tuttavia la carrozzina del Potemkin
continua a esercitare la misteriosa
“vita postuma” dei grandi classici ricomparendo nei contesti più diversi:
chi non ricorda, oltre agli accanimenti aziendali inflitti al povero Fantozzi,
la magnifica sequenza finale degli Intoccabili di De Palma?
Nella storia
contemporanea è la Russia
ad aprire il XX secolo con
la rivoluzione del 1905, a
chiuderlo nel 1991 con la
caduta dell’Urss
“Imperium”
1994
PAOLO VILLAGGIO
Per me...
la corazzata
Potemkin
è...
una cagata
pazzesca
“Il secondo tragico Fantozzi”
1976
solvere il problema. Il comandante
della nave minacciò invece i marinai: «Se non sarete ubbidienti e se
non mangerete questo borschvi farò
assaggiare un’altra pietanza: quella
delle cartucce». Ciò provocò la sommossa finita con l’annientamento
reciproco, crudelissimo e insensato, di entrambi le parti. La verità però
è un’altra: i marinai ribelli fecero saltare i piani elaborati dai bolscevichi,
decisi a organizzare un’insurrezione totale della Flotta del Mar Nero
solo nell’autunno del 1905.
L’inebriante leggerezza della
“vittoria sui tiranni”, produsse però
un’inedita euforia. I marinari sperarono di far insorgere subito Odessa e
tutta la Flotta. Riuscirono a oltrepassare gli schieramenti delle navi della squadra mandata per reprimerli,
senza incontrare uno sparo e tra le
grida entusiaste degli altri equipaggi: «Hurrà»!. Ma poi, come avveniva
spesso nella maggior parte delle ribellioni contadine, la rivolta cominciò ad estinguersi.
L’equipaggio di un’altra corazzata, la “San Giorgio Vincitore” che in
un primo tempo si era unita alla Potemkinnella rivolta, ben presto si arrese alle autorità. La Potemkin, invece, per alcuni giorni continuò a vagare per il Mar Nero — ora verso Costanza in Romania, ora verso Feodossia — infine di nuovo verso Costanza. In fin dei conti, «l’invincibile
territorio della rivoluzione», come
definì Lenin la corazzata, dopo dieci
giorni si era già arreso alle autorità
romene. Una parte dei marinai tornarono in Russia e sempre nel 1905
furono arrestati e processati.
Sia la sconfitta, che l’errore fatale,
si trasformarono però in una vittoria. «Ci vuole un film sul 1905» — ordinò ai cineasti del tempo Mikhail
Kalinin, «starosta dell’Unione» (capo villaggio). Il comando, suggerito
da Lenin, fu eseguito in tempo, esattamente per l’anniversario. Divenne presto il modello dello spirito artistico sovietico. Dalla voluminosa
sceneggiatura, intitolata Il 1905, Ejzenstejn scelse però, per entusiasmare le masse, proprio e solo l’episodio di Odessa: rese così la Potemkin immortale. Ora quell’epoca
è finita e con essa sono spariti anche
i suoi simboli: sia in Russia che immediatamente «oltre le frontiere».
Adesso, nello spazio post sovietico,
vanno di moda eroi intensamente
colorati di tinte nazionali.
Nel 2005 pochi ricordano così Potemkin: ma non la corrazzata, colui
piuttosto a cui era dedicata e cioè il
nobile principe Grigorij PotemkinTavriceskij, «marito» e intraprendente co-amministratore di Caterina II. Poco tempo fa, hanno visto la
luce la sua corrispondenza con la zarina e una serie di biografie. In Russia le figure dei monarchi e dei loro
favoriti, sembrano dunque essere
richieste oggi molto più delle ribellioni popolari e degli eroi rivoluzionari: soprattutto alla luce del consolidamento della «verticale del potere» di Putin, e grazie alla recuperata
tradizione con cui in Russia si concepiscono il passato e il presente. Il
grande storico Vassilij Kljucevskij, lo
spiegò in maniera brillante: «La Russia è una nazione kazjonnaja (dove
tutto appartiene all’autorità e allo
Stato ndr)». Non si può dunque cogliere, per ora, alcun segnale di gradimento verso i miti rivoluzionari: la
stampa e la tivù hanno preferito ricordare la battaglia di Tsushima, altra sconfitta dello stesso 1905, anziché la grande sollevazione delle
masse che già un secolo fa lottavano
per un futuro migliore.
Gli anni passano: ma il potere della propaganda, no.
I FILM
LA
CORAZZATA
POTEMKIN
L’ammutinamento dei
marinai sulla
nave da
guerra, i
cosacchi che
aprono il
fuoco sulla
folla di
Odessa, la
nave ribelle
che riesce a
passare in
mezzo alla
flotta perché
dalle altre navi
si rifiutano di
sparare. Di
Sergej M.
Ejzenstejn,
del 1925.
LA MADRE
Durante la
rivoluzione
del 1905 una
vedova cerca
di boicottare
le aspirazioni
del figlio
rivoluzionario.
Ma quando il
giovane
muore, la
madre prende
coscienza,
raccoglie la
bandiera
rossa e viene
uccisa dai
soldati a
cavallo. Di
Vsevolod
Pudovkin, del
1926.
IL
SECONDO
TRAGICO
FANTOZZI
Tra le tante
angherie
subite
dall’impiegato Fantozzi
c’è anche
l’obbligo di
dover
assistere al
cineclub
aziendale al
film di
Ejzenstejn
(mentre gioca
la nazionale di
calcio). Si
ribellerà con il
famoso grido:
“per me la
Corazzata
Potemkin è
una cagata
pazzesca”.
Regia di
Luciano
Salce, con
Paolo
Villaggio
(1976).
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