Verifiche di resistenza a fatica “Metodo semplificato”
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Verifiche di resistenza a fatica “Metodo semplificato”
Verifiche di resistenza a fatica “Metodo semplificato” Udine dicembre ‘08 ing. Andrea Starnini Indice 1 Introduzione ...................................................................................... 2 2 Un po’ di storia ................................................................................... 2 3 Generalità sulla rottura per fatica.......................................................... 4 4 Le curve di Whöler e limite a fatica del materiale .................................... 6 5 Determinazione della “tensione ammissibile a fatica”............................... 8 6 Coefficiente d’intaglio ........................................................................ 10 7 Effetto della tensione media ............................................................... 12 8 Sollecitazioni composte di fatica ......................................................... 14 9 Il diagramma di Haigh ....................................................................... 15 10 La verifica a fatica col metodo delle tensioni ammissibili...................... 15 11 Esercizi Svolti ................................................................................ 17 Le notazioni e la metodologia di approccio al problema sono quelle utilizzate nel: “Manuale di Meccanica, Hoepli”. 1 1 Introduzione Quando un componente meccanico è soggetto a carichi variabili nel tempo si è soliti definire il carico “affaticante” e la modalità di collasso che eventualmente ne segue “rottura per fatica”. Il fenomeno della fatica riveste dunque un notevole interesse nell’ambito del progetto delle costruzioni meccaniche in quanto la maggior parte degli organi delle macchine sono soggetti a movimento con conseguente variabilità nel tempo delle sollecitazioni. Successivamente, dopo un breve excursus storico sul fenomeno e su come sia stato affrontato agli albori, passeremo ad esaminare quali sono le cause principali che portano un organo meccanico al collasso se soggetto a carichi affaticanti, qual è la metodologia di progetto e verifica a fatica e quali sono gli accorgimenti più comuni per scongiurare una rottura a fatica. 2 Un po’ di storia Nel 1837, Wilhelm Albert, un amministratore di miniera, pubblica il primo articolo sulla fatica che cerca di istituire una correlazione tra carichi variabili e la durabilità del componente. Nel caso specifico egli cercò di risolvere il problema della rottura delle catene utilizzate nelle miniere per sollevare carichi. Il termine “fatica” compare per la prima volta due anni più tardi su una pubblicazione dell’ingegnere-matematico francese Jean Victor Poncelet il quale lo utilizzò per definire le sollecitazioni variabili nel tempo. Il termine derivava dal fatto che inizialmente si pensava ad una modifica delle proprietà meccaniche e cristalline dell’acciaio se soggetto a carichi dinamici, sollecitazioni capaci dunque di fiaccarne la reistenza. Il maggior impulso iniziale allo studio dei fenomeni di rottura per fatica furono dati però dall’ingegnere ferroviario tedesco Aughust Whöler, il quale fu il primo ad affrontare il problema in maniera sistematica. Wöhler riscontrò delle strane rotture negli assali ferroviari i quali collassavano molto prima del previsto, anche se dimensionati staticamente con coefficienti di sicurezza elevati. Osservando la figura sottostante si può intuire quale era il problema che si presentò a Wöhler: il sistema ruota – rotaia funge da cerniera mentre l’assale può essere considerato come una trave soggetta a due carichi in estremità dovuti alla carrozza sovrastante. Un problema dal punto di vista statico banale e che non presenta acute difficoltà di dimensionamento e/o verifica dell’asse. Nonostante ciò gli assi cedevano improvvisamente nella zona interna alla ruota, senza nessun preavviso e presentando una strana superficie di rottura contraddistinta da una parte liscia e un’altra rugosa, quest’ultima molto simile a quella che si ottiene con una prova di trazione. Tale problema fu praticamente un assillo per molti ingegneri dell’epoca in quanto numerosi furono i disastri ferroviari causati da rotture del genere; primo fra tutti quello accaduto a Versailles il 5 ottobre 1842 che causò circa 60 vittime. Il convoglio composto, da 17 carrozze e trainato da tre locomotive, con circa 1600 passeggeri a bordo, deragliò a causa della rottura di un asse della prima locomotiva. Tornando a Wöhler, egli costruì la prima macchina che sottoponeva i provini a flessione rotante, analogamente a quello che accade ad un assale ferroviario. 2 Con tale macchina l’ingegnere definì delle curve di durabilità, ancora oggi universalmente chiamate “curve di Wöhler”. Sempre a lui si deve la definizione di “Limite a fatica”, ovvero uno stato tensionale limite che se non superato consente al componente una vita indefinita. Zona di rottura a fatica CL CL Mf fig. 2.1: Assale ferroviario, schema statico e diagramma del momento flettente All’inizio del secolo scorso gli studi sul fenomeno della fatica nei materiali metallici si intensificano allo scopo di produrre una metodologia di progetto affidabile. Innumerevoli sono i nomi di ingegneri e ricercatori che hanno contribuito allo scopo e tra tutti ne ricordiamo alcuni: Gerber, Godmann, Ewing, Bauschinger, Griffith, Palmgreen e Miner. Al giorno d’oggi lo studio della fatica riveste notevole importanza non solo nei campi della progettazione meccanica in genere e delle costruzioni aeronautiche ma anche in settori un tempo impensabili quali ad esempio quello delle protesi ortopediche. 3 3 Generalità sulla rottura per fatica Consideriamo la situazione di fig. 3.1 ove ad una trave in acciaio a sezione rettangolare è stato praticato un leggero intaglio in mezzeria. martinetto F Intaglio Momento fig. 3.1 Il martinetto idraulico agisca con una forza F regolabile in intensità come rappresentato in figura 3.2. Forza +Fmax tempo -Fmax fig. 3.2: Andamento temporale della forza applicata dal martinetto A questo punto è facile immaginare che applicando anche forze modeste, e quindi proporzionalmente modeste risulteranno le sollecitazioni, la piccola fessura potrebbe iniziare a propagarsi riducendo via via la sezione resistente. Nel contempo le due superfici della fessura iniziano a martellarsi l’una con l’altra fino a rendere la superficie liscia. In base al valore massimo della forza ci si aspetta che la propagazione della fessura risulti più o meno rapida e che, quando la questa avrà raggiunto una certa estensione, la trave giunga a rottura in quanto la superficie resistente non è più in grado di resistere alle sollecitazioni esterne. La rottura finale risulta 4 essere di tipo fragile, ovvero con minima deformazione plastica e dunque la superficie di separazione a rottura avvenuta presenterà due zone: una liscia dovuta al martellamento e una ruvida dovuta alla rottura finale. Zona ruvida: rottura fragile Zona liscia: martellamento fig. 3.3: Propagazione della fessura e zone della superficie di rottura Nel caso esaminato la trave è stata dunque portata ad una rottura per fatica ed il motivo del collasso risiede ovviamente nel piccolo intaglio praticato volutamente. fig. 3.4: concentrazione degli sforzi nella sezione della trave dovuta all’intaglio Nei casi pratici la cricca di fatica può avere origine a partire da intagli quali filettature, gole, variazioni di diametro di un albero, fenomeni corrosivi locali ecc. La rottura per fatica è dunque dovuta alla formazione di una cricca, anche se inizialmente di dimensioni minime, che a causa della ciclicità dei carichi inizia a propagarsi fin quando la restante parte della sezione non è più in grado di 5 resistere alle sollecitazioni e si giunge allora alla rottura dell’organo, rottura che prevalentemente è di tipo fragile, ovvero senza apprezzabili deformazioni. A causa della metodologia con la quale si giunge alla rottura per fatica, alcuni studiosi affermano che la dicitura “rottura per frattura progressiva” sarebbe più corretta. 4 Le curve di Whöler e limite a fatica del materiale Accennato alle cause principali che portano ad una rottura a fatica, iniziamo a vedere come gli addetti al settore sono giunti negli anni, sulla base di innumerevoli esperienze, ad istituire un metodo affidabile che possa supportare il tecnico nel progetto di un organo meccanico soggetto a carichi affaticanti. Iniziamo con l’introdurre la macchina per la prova a fatica di R.R. Moore, la quale sottopone un provino di dimensioni unificate a “flessione rotante” pura, e dunque le tensioni risultano essere di sola compressione o trazione. Tale macchina è riportata in figura 4.1. fig. 4.1: Macchina per prove a fatica di R.R. Moore La macchina è dotata di un contatore che permette di conoscere il numero di cicli di carico che il provino sopporta prima di arrivare alla rottura. Da notare che il provino (vedi fig. 4.2) risulta essere dotato di un’ottima finitura superficiale (lucidatura) e di un ampio raggio di raccordo proprio per evitare che la cricca di fatica abbia inizio per causa di irregolarità superficiali non in generale imputabili al materiale. Predisposta la macchina e stabilito il momento flettente da applicare al provino, questa viene tenuta in funzione fin quando il provino non arriva a rottura; è allora possibile associare al momento flettente la tensione σ, il cui valore massimo lo si raggiungerà sulla sezione centrale del provino, con il numero di cicli compiuti fino alla rottura. 6 fig. 4.2: Provini per prova a fatica La tensione normale indotta dal momento flettente avrà volta un andamento di tipo sinusoidale con valor medio nullo come rappresentato in figura 4.3. fig. 4.3: Andamento delle tensioni nel tempo Riportando i risultati su di un grafico in scala bi-logaritmica si ottiene una curva con l’andamento tipico di figura 4.3 dove N indica il numero di cicli alla rottura. Tale curva è detta “curva di Wöhler” e stabilisce la resistenza a fatica di un materiale, ovvero prescinde dalla presenza di fattori quali intagli, temperatura, ambienti corrosivi ecc. che possono ridurne la resistenza a carichi variabili. log σ Rm σLF ~103 ~106 log N fig. 4.3: Curva di Whöler Da notare che per gli acciai l’ultimo tratto tende a divenire orizzontale oltre il milione di cicli indicando che per valori di tensione inferiori a σLF il provino non giunge mai a rottura. Al valore di tensione al di sotto del quale non si ha più rottura a fatica si da il nome di “tensione limite a fatica” e verrà indicata con la notazione σLF. 7 Riproducendo la prova per vari tipi di acciai è allora possibile determinare per ciascuno di essi la tensione limite a fatica per flessione alternata. Analogamente, cambiando la tipologia della sollecitazione, si definiscono i limiti a fatica per azione assiale alternata e per torsione alternata. Per la torsione alternata la tensione limite è ovviamente una tensione tangenziale. Per avere un’idea del legame tra tensione di rottura statica R m e limite di fatica a carichi alterni per vari tipi di acciai introduciamo il “rapporto di fatica”: LF Rm La tabella sottostante riporta i rapporti di fatica indicativi per varie macrocategorie di acciai. Materiale Acciai al carbonio Acciai legati bonificati Acciai ad alta resistenza Rm (MPa) Rapporto di fatica LF Rm Torsione alterna 0,34 0,27 400 650 Flessione alterna 0,55 0,47 1000 0,45 0,40 0,26 1600 0,35 0,32 0,19 Assiale alterna 0,50 0,42 Tab. 4.1: Rapporti di fatica per gli acciai (Manuale di meccanica Hoepli) 5 Determinazione della “tensione ammissibile a fatica” Quando ad essere soggetto a carichi affaticanti non è un provino ma un componente meccanico qualsiasi, compaiono dei fattori che influenzano la resistenza a fatica riducendola. L’approccio che si segue per determinare la tensione ammissibile a fatica è quello di introdurre dei coefficienti riduttivi della tensione limite a fatica del materiale secondo le equazioni sottostanti: CC amf LF 1 2 gf C3 C1C2 gf C3 I vari coefficienti servono per tenere in conto degli effetti di: amf LF Dimensioni dell’elemento Finitura superficiale Condizioni di esercizio Utilizzando provini di diametro crescente si nota che il limite a fatica decresce se le sollecitazioni sono di flessione e torsione alterna, mentre per azione assiale alterna non si riscontrano sostanziali diminuzioni. Per tener conto allora delle dimensioni si introduce un coefficiente riduttivo C1, riportato in figura 5.1. 8 fig. 5.1: Coefficiente dimensionale C1 (Per azione assiale alterna C1=1) La rugosità superficiale del componente può essere una delle cause che innescano la cricca di fatica. Al proposito si riscontra una diminuzione del limite a fatica all’aumentare della rugosità e del carico a rottura del materiale. Inoltre lo stato della superficie può modificarsi con il tempo se il componente lavora in ambienti corrosivi. La figura 5.2 assieme alla tabella successiva riassumono quantitativamente quanto affermato. fig. 5.2: Coefficiente di finitura superficiale C2 (Ghisa e rame C2=1) Curva 1 2 3 4 5 6 7 8 Rugosità superficiale 0,25 Lucidatura 0,4÷0,5 Rettifica fine 0,5÷1,6 Rettifica 1,6÷4 Tornitura - Fresatura 12 Sgrossatura Grezzo di laminazione Corrosione in acqua Corrosione in acqua salata 9 Altro aspetto che influisce sulla resistenza a fatica di un componente meccanico sono le sovrasollecitazioni di carattere dinamico, dovute ad eventuali sovraccarichi ai quali il componente sarà sottoposto nel corso della propria vita operativa. Per tener conto di ciò si introduce allora il coefficiente C 3. Tipo di sovraccarico Urto leggero Urto medio Urto forte Urto molto forte Campo di applicazione Turbine, pompe rotative, compressori, motori elettrici, mole, rettificatrici Macchine alternative, torni, piallatrici,limatrici, macchine di sollevamento Punzonatrici, troncatrici, presse Laminatoi, magli, frantoi Coefficiente C3 1,0÷1,1 1,2÷1,5 1,5÷2,0 2,0÷3,0 Infine, in concordanza con il metodo delle tensioni ammissibili, si introduce un coefficiente di sicurezza gf a seconda del comportamento del materiale: Grado di sicurezza gf Materiali duttili 1,2÷2,3 Materiali fragili 1,2÷3 6 Coefficiente d’intaglio Come noto la presenza di intagli in un componente meccanico comporta una concentrazione locale delle tensioni. Tale concentrazione è un’altra delle cause innescanti la cricca di fatica. Dalle prove sperimentali si nota però che l’intaglio, nel caso di carichi affaticanti, non è così severo come indicherebbe il fattore teorico di concentrazione degli sforzi. Al fine di poter utilizzare le stesse tabelle e grafici, il fattore di concentrazione degli sforzi teorico K t viene allora ridotto introducendo un “fattore di sensibilità all’intaglio η” il quale opera una diminuzione del Kt secondo l’equazione successiva: Kr Kf t r dove Kf prende il nome di “fattore di intaglio a fatica” e dove r è il raggio di raccordo nella zona d’intaglio. Ottenuto allora Kt in base ad esempio alle figure 5.3, 5.4 e il fattore di sensibilità all’intaglio dalla tabella, è possibile calcolare K f. Fattore di sensibilità all’intaglio η Rm 350 450 550 650 750 900 1100 η 0,36 0,29 0,23 0,19 0,15 0,11 0,07 Per le leghe Al-Cu e ottone η=0,62 1300 0,05 1500 0,06 10 fig. 5.3: Fattore di concentrazione degli sforzi per sollecitazione di trazione su sezione circolare 11 fig.5.4: Fattore di concentrazione degli sforzi per sollecitazioni di momento flettente e torsione su sezione circolare Per altre irregolarità geometriche e per diverse tipologie di sollecitazioni si può far riferimento ai diagrammi riportati sul manuale. 7 Effetto della tensione media Fino ad ora il ciclo delle tensioni è stato considerato di tipo simmetrico, ovvero con il massimo positivo della tensione pari, in valore assoluto, al minimo negativo. Nella realtà però si possono presentare sovente casi nei quali i due valori non sono uguali in valore assoluto. Definite le tensioni che caratterizzano le variazioni della sollecitazione come da figura 6.1, risulta: 1 Ampiezza dell’oscillazione: a max min 2 1 Tensione media: m max min 2 Dove le tensioni devono essere prese con i segni effettivi. Nota: In presenza di intagli il fattore di concentrazione degli sforzi deve essere sempre applicato alla componente alterna della sollecitazione mentre per materiali duttili può non essere applicato alla componente media. Negli esercizi svolti, a favore di sicurezza, verrà applicato anche alla componente media. 12 fig 6.1: Ciclo generico fig. 6.2: Ciclo alterno simmetrico e ciclo dallo zero Sperimentalmente si rileva che se la sollecitazione media è di trazione il limite a fatica σLF diminuisce all’aumentare della stessa. Infatti l’ampiezza di oscillazione va a sovrapporsi alla tensione media e il valore massimo della tensione di trazione vale: max m a ma è comunque consentito un superamento della σLF da parte della σmax. Per spiegare meglio il concetto facciamo riferimento al diagramma di GoodmanSmith riportato in figura 6.3. σ Rm B E σmax σamf A Ciclo alterno simmetrico F 45° 0 σmin -σamf σm σmax σmin Ciclo dallo zero σ'LF σmax Ciclo generico D ReL σm Rm C fig. 6.3: Diagramma di Goodman-Smith per tensioni medie di trazione 13 Tale diagramma si costruisce riportando in ordinate la tensione media mentre sull’asse delle ascisse è possibile leggere i corrispondenti valori di tensione massima e minima al variare della tensione media. I confini della regione entro la quale devono essere comprese le sollecitazioni si individua rapidamente una volta a conoscenza della tensione di rottura, di snervamento e del limite di fatica per carico alterno simmetrico. Tali valori consentono di determinare i punti A, B,C,D,E ed F di figura. Uniti i punti e definita una certa tensione media sulle ascisse, si individuano i valori ammissibili per le oscillazioni della componente alterna (σ max, σmin) mediante le intersezioni con i segmenti della spezzata A-D, D-E, E-F, F-C. In particolare si nota che se il ciclo è dallo zero (σmin=0) è ammessa una tensione massima, ivi indicata con σ’LF, che per gli acciai vale circa 1,5 volte la tensione limite a fatica per carichi alterni simmetrici. Da considerare che il diagramma di Goodman-Smith può essere costruito per azione assiale alterna, flessione alterna e torsione alterna come indicato in figura 6.4. fig. 6.3: Diagramma di Goodman-Smith per azione assiale, flessione e torsione alterne 8 Sollecitazioni composte di fatica In presenza di sollecitazioni composte di fatica (per esempio contemporanea presenza di flessione e torsione alterne) si determina una tensione ideale mediante l’utilizzo dei criteri di resistenza, tra i quali, per acciai di alta e media duttilità, quello di Von Mises. Lo scopo è di ottenere una tensione media equivalente (σm,eq) e una tensione alternata equivalente (σa,eq) per poi entrare nel diagramma di Goodman-Smith per la flessione alterna e verificare che σ m,eq ± σa,eq stia entro la spezzata del diagramma. Le tensioni equivalenti sono date dalle equazioni successive: 14 m,eq m 2 3m 2 a,eq a 2 3a 2 9 Il diagramma di Haigh Altro diagramma di uso comune per la verifica a fatica in presenza di tensioni medie non nulle è il diagramma di Haigh che può essere costruito in maniera più rapida del diagramma di Goodmann-Smith. La figura 8.1 indica il procedimento per la costruzione. σa ReL/gf σamf a m Rottura a fatica Linea di Sodeberg ReL/gf Rm/gf σm Punto di lavoro generico fig. 8.1: Diagramma di Haigh Una ulteriore esemplificazione, in favore di sicurezza, può essere effettuata considerando la linea di Sodeberg come criterio di rottura. Tale linea è infatti più bassa della spezzata a tratto grosso indicata a figura 8.1. 10 La verifica a fatica col metodo delle tensioni ammissibili Nei paragrafi precedenti si è visto come poter determinare le tensioni ammissibili a fatica e come effettuare la verifica, per via grafica, con i diagrammi. In caso di sollecitazioni composte le tensioni equivalenti sono invece calcolate con le equazioni del paragrafo 7 e con queste si deve entrare nel diagramma prescelto per la flessione rotante. Ora, in base al diagramma di Haigh, se si considera come criterio di rottura la linea di Sodeberg, è facile dimostrare che tale linea ha per equazione: a m 1 amf R eL / gf Cautelativamente si può allora assumere come criterio di verifica a fatica il seguente: a m 1 amf R eL / gf a m 1 amf R eL 3 / gf in presenza di sole tensioni normali o tangenziali oppure: 15 a,eq m,eq 1 amf ReL / gf in presenza di sollecitazioni composte. σa σamf Linea di rottura a fatica ReL/gf σm fig. 9.1: Diagramma per la verifica a fatica semplificata 16 11 Esercizi Svolti Esercizio 1) Considerata la porzione di albero di figura, si esegua la verifica a fatica per vita indefinita noto che il suo impiego è nel campo dei riduttori per motori elettrici, che la superficie è stata sottoposta ad una finitura al tornio e che l’acciaio utilizzato è un acciaio ad alto carico di snervamento con: Tensione di rottura a trazione: Rm=1200 N/mm2 Tensione di snervamento: ReL=900 N/mm2 Soluzione) Le sollecitazioni a cui è sottoposto sono inoltre le seguenti: Momento torcente: 200±60 Nm Momento flettente: 100±50Nm La tensione limite a fatica per flessione alterna e torsione alterna viene ricavata dai rapporti di fatica che valgono rispettivamente 0,45 e 0,26: LF 0,45 900 405 N/mm2 LF 0,28 900 252 N/mm2 Il coefficiente C1 vale 0,9 per la flessione e 0,84 per la torsione; il coefficiente C2 vale 0,85 mentre per ottenere il fattore teorico di concentrazione degli sforzi facciamo riferimento ai grafici del manuale. Si ha: D=40; d=30; r=1,5; t=5 r 0,3 t d 0,75 D Si ottiene indicativamente Kt pari a 2,85 per la flessione e 1,92 per la torsione. Il fattore di sensibilità all’intaglio vale invece circa 0,07. Quindi i fattori di intaglio per flessione e torsione valgono rispettivamente: K r K f,f t 2,77 r K r K f,t t 1,88 r 17 Assumiamo un coefficiente C3=1,1 e un coefficiente di sicurezza gf=1,5. Le tensioni ammissibili a fatica valgono: CC amf LF 1 2 175,3 N/mm2 gf C3 amf LF C1C2 109,0 N/mm2 gf C3 Calcoliamo i moduli di resistenza a flessione e torsione dell’albero in corrispondenza del diametro di gola: 18 d3 Wf 2651 mm3 32 d3 Wt 5301 mm3 16 La tensione normale massima e minima, dovute al momento flettente, valgono: (200 60)Nm max k f ,f 271,7 N/mm2 Wf (200 60)Nm 146,3 N/mm2 Wf mentre le tensioni tangenziali, massime e minime dovute al momento torcente valgono: (100 50)Nm max k f ,t 53,2 N/mm2 Wt min k f ,f (100 50)Nm 17,7 N/mm2 Wt Quindi le tensioni alterne e medie valgono: 1 a max min 62,7 N/mm2 2 1 m max min 209,0 N/mm2 2 1 a max min 17,8 N/mm2 2 1 m max min 35,5 N/mm2 2 min k f ,t m,eq m 2 3m 2 217,9 N/mm2 a,eq a 2 3a 2 69,9 N/mm2 Note le tensioni equivalenti è allora possibile entrare nel diagramma di Haigh semplificato dalla linea di Sodeberg e verificare che: a,eq m,eq 0,40 0,36 0,76 1 amf ReL / gf Il coefficiente di sicurezza globale nei confronti della rottura per fatica nel caso vale: 1 gsF gf 2 0,76 σa 175,3 69,9 σm 217,9 600 19 I.T.I. Arturo Malignani Udine Classe IV mec serale prog.Sirio Insegnante Andrea Starnini Data Compilato 12/2008 Controllato Foglio di calcolo pag. Esercizio 2) 1 di 3 Riferimenti Verificare a fatica l’albero di figura noto che è costituito in acciaio C60 e con finitura superficiale ottenuta con una tornitura fine. L’albero è un componente di un riduttore per motore elettrico. Manuale di Meccanica Hoepli 250 10 kN Ø80 R15 Ø50 0,8 kNm±0,25 R15 100 150 400 Calcoli di verifica Limiti a fatica per acciaio C60 LF 380 N/mm Tabella H.161 2 LF 215 N/mm2 ReL=450 N/mm2 Tabella H.161 Calcolo delle sollecitazioni di flessione 10 kN 250 0,94 kNm 0,63 kNm 400 0,56 kNm 20 I.T.I. Arturo Malignani Udine Classe IV mec serale prog.Sirio Insegnante Andrea Starnini Data Compilato 12/2008 Controllato Foglio di calcolo pag. 2 di 3 Riferimenti Individuazione delle sezioni critiche La sezione critica risulta essere quella in corrispondenza del raccordo di sinistra. Verifica a fatica della sezione in corrispondenza del raccordo di sinistra C1=0,76 a flessione Figura H.51 C1=0,62 a torsione C2=0,85 Figura H.52 D=80; d=50; r=15; t=15 r 1 t d 0,625 D Kt,f=1,8; Kt,t=1,4 η=0,11 Tabella H.10 K r K f,f t 1,8 r Kr K f,t t 1,4 r H.52 C3=1,1 Tabella H.11 Assumiamo inoltre gf=2 Le tensioni ammissibili a fatica risultano essere: CC amf LF 1 2 111,6 N/mm2 gf C3 amf CC LF 1 2 51,5 N/mm2 gf C3 H.156 H.157 503 12272 mm3 32 503 Wt 24544 mm3 16 Wf La sollecitazione di flessione provoca tensioni secondo un ciclo alterno simmetrico con valor massimo pari a: max a K f ,f 0,63 kNm 92,4 N/mm2 Wf e valor medio nullo. La sollecitazione di torsione presenta invece un valor medio non nullo: 21 I.T.I. Arturo Malignani Udine Classe IV mec serale prog.Sirio Insegnante Andrea Starnini Data Compilato 12/2008 Controllato Foglio di calcolo max K f ,t (0,8 0,25) kNm 59,9 N/mm2 Wt min K f ,t (0,8 0,25) kNm 31,4 N/mm 2 Wt pag. 3 di 3 Riferimenti 1 max min 14,3 N/mm2 2 1 m max min 45,7 N/mm2 2 a Le tensioni equivalenti valgono: m,eq m 2 3m 2 79,2 N/mm 2 a,eq a 2 3a 2 95,7 N/mm 2 Verifica della sezione 1: a,eq amf m,eq ReL / gf 0,86 0,35 1,2 Quindi la sezione risulta non essere verificata Il coefficiente di sicurezza globale a fatica vale: 1 1,65 1,21 inferiore al minimo imposto pari a 2. L’albero deve essere allora modificato nelle dimensioni o aumentando il raggio di raccordo in corrispondenza dello spallamento. gsF gf 22