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DE MADDALENA II bozza

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DE MADDALENA II bozza
Giugno 2010
LO SQUALO BIANCO
NEL MEDITERRANEO
SUPPLEMENTO ALLA RIVISTA MARITTIMA GIUGNO 2010
Alessando De Maddalena
Lo squalo bianco nel Mediterraneo
ALESSANDRO DE MADDALENA
RIVISTA MARITTIMA
CONDIZIONI DI ABBONAMENTO ANNUALE
Italia ordinario
Estero zona 1
Estero zona 2
Un fascicolo (e/o
supplemento arretrato)
Annate arretrate
(intere o incomplete
fino a 6 numeri)
€ 25,00
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€ 6,00 + spese
Ministero Difesa - Direzione di
Commissariato Marina Militare - Roma
Causale: Abbonamento Rivista Marittima.
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SOLO IN CASO DI PAGAMENTO CON BONIFICO BANCARIO BISOGNA INVIARE
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Rivista Marittima - Via Taormina 4 - 00135 ROMA
Tel. 06/36807251
Fax 06/36807249
e-mail: [email protected]
Alessandro De Maddalena
LO SQUALO BIANCO
NEL MEDITERRANEO
RIVISTA MARITTIMA
RIVISTA
MARITTIMA
Mensile della Marina dal 1868
EDITORE
Ministero della Difesa
DIREZIONE E REDAZIONE
Via Taormina, 4 - 00135 Roma
Tel.: 06 36807 248
Telefax: 06 36807 249
Internet: www.marina.difesa.it/rivista/index.htm
e-mail redazione: [email protected]
DIRETTORE RESPONSABILE
Ammiraglio di divisione
Luciano Callini
LO SQUALO BIANCO
NEL MEDITERRANEO
ALESSANDRO DE MADDALENA
REDAZIONE
Attilio De Pamphilis
Maria Giacoma Vancheri
Tiziana Patrizi
Gaetano Lanzo
SEGRETERIA
Giovanni Ioannone
SEGRETERIA AMMINISTRATIVA
Fabio di Castri
Tel.: 06 36807 252
Codice fiscale: 80234970582
Partita IVA: 02135411003
ABBONAMENTI E SPEDIZIONI
Antonio Campestrina
Tel.: 06 36807 251
e-mail abbonamenti:
[email protected]
RIVISTA MARITTIMA
La classificazione dello squalo bianco, Carcharodon
carcharias, è la seguente: appartiene al Phylum
Chordata, al Subphylum Vertebrata, alla classe
Chondrichthyes, alla sottoclasse Elasmobranchii,
al superordine Selachimorpha, all'ordine
Lamniformes, alla famiglia Lamnidae e al genere
Carcharodon (© Emilio De Maddalena).
© Testo: Alessandro De Maddalena.
© Fotografie: vedasi didascalie.
Fotolito e stampa
Società Editrice Imago Media • 81010 Dragoni (CE)
Tel. 0823 866710 • e-mail: [email protected]
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
INDICE
Presentazione
Prefazione
Ringraziamenti
L’Autore
La ricerca
Classificazione
Evoluzione
Nomi comuni
Anatomia esterna
Specie simili
Rilevamento e stima delle dimensioni
Dimensioni massime
Dimensioni medie
Colorazione
Galleggiamento
Pelle
Apparato respiratorio
Apparato cardio-circolatorio
Apparato digerente
Sistema nervoso
Sistema scheletrico
Sistema muscolare
Sistema escretore
Sistema genitale
Riproduzione
Distribuzione geografica
Habitat, movimenti e stagionalità
Nuoto
Ruolo ecologico nelle comunità marine
Tasso di consumo di cibo
Dieta
Tattiche predatorie
Competizione
Predatori e parassiti
Mutualismi
Attacchi all’uomo
In caso di incontro con uno squalo bianco
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Pesca
Utilizzo
Abbondanza
Conservazione
Reperti conservati nei musei
Documentazione fotografica
Come collaborare alla raccolta dati
Bibliografia
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Questo libro è dedicato ad Alessandra e Antonio
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Presentazione
S
ebbene sia stato registrato in quasi
tutti i mari del mondo, quando si
parla dello squalo bianco (Carcharodon
carcharias) molti pensano inevitabilmente a luoghi molto lontani come la
California, l’Australia o il Sudafrica.
Per lo più, esiste l’opinione generalizzata che il Mediterraneo sia fuori dalla
portata di questi animali. Uno scarso
rilievo è stato dato ai lavori realizzati
nel corso di decadi dagli specialisti dei
paesi rivieraschi del bacino mediterraneo, i quali hanno sempre dimostrato
che la specie è residente nelle nostre
acque e non è una mera visitatrice occasionale, come è arrivata ad affermare
la comunità scientifica di lingua inglese, abituata a ignorare le opere che non
siano scritte in una lingua che non sia
la sua. È indubbio che i documentari
alla televisione e certi libri con fotografie spettacolari, quasi tutti stranieri,
abbiano contribuito a divulgare l’immagine dello squalo bianco. Tuttavia
hanno anche aiutato a creare un’idea I ricercatori, specialisti di squali, Joan Barrull e Isabel
abbastanza parziale della sua biologia e, Mate, del Museo di Scienze Naturali di Barcellona,
con le mascelle di una femmina di squalo bianco
soprattutto, hanno generalizzato le os- catturata il 17 Aprile 1987 a Filfla, Malta, per la quale
servazioni che sono state realizzate in è stata stimata una lunghezza totale di 668-681 cm
Maddalena et al., 2001) (© Joan Barrull e Isabel
altre parti del pianeta su tale specie. Lo (De
Mate).
squalo bianco, come la maggior parte
degli squali, non è un animale facile da studiare. Restiamo all’oscuro di molti aspetti
della sua biologia, per esempio riguardo all’accoppiamento, e ignoriamo quale sia lo
stato delle sue popolazioni, quanti esemplari vivano attualmente o alcuni aspetti della
crescita. Per il poco che sappiamo, possiamo dire che nel Mediterraneo lo squalo bianco si comporta come un tipico abitante di mare aperto che può avvicinarsi alla costa
seguendo le acque calde della piattaforma continentale e cercando le sue prede abituaGiugno 2010
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li. Il suo range batimetrico è stato stabilito principalmente tra la superficie e cento metri di profondità. E sappiamo che è solito nuotare da solo o in piccoli gruppi. Nelle nostre acque è frequente incontrarlo aggirarsi attorno alle isole vicine alla costa, agli
stretti e alle zone poco profonde. Non si ha la certezza, dato il carattere di grande migratore di questo animale in altri punti del pianeta, che la popolazione mediterranea sia
al cento per cento autoctona. Si è sempre parlato di un possibile transito di esemplari
attraverso lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez, dato che altri squali compiono
questo tipo di movimenti. Però la scarsezza di catture nelle acque succitate lascia pensare a una popolazione propria, che potrebbe realizzare rotte migratorie all’interno dell’area mediterranea. È stata anche segnalata la presenza di un’area di nursery, però
questa affermazione è un po’ precipitosa posto che per parlare con proprietà di area di
nursery debbano osservarsi una serie di costanti significative, tra queste la presenza
massiccia di femmine gravide, delle quali in realtà sino a oggi esistono pochi casi e alcuni di questi assai dubbi. Né si conosce sufficientemente il comportamento alimentare dello squalo bianco nel Mediterraneo, non sapendo se si comporti principalmente da
spazzino alimentandosi di carogne, né quali siano le sue prede preferite o la frequenza
di ingestione degli alimenti. Le frequenti comparse nelle tonnare calate per i tonni, lasciano pensare alla possibilità che possano seguire le rotte migratorie di questi pesci
con un tipico comportamento ittiofago. Le sue abitudini da spazzino e necrofago sono
state dimostrate dalle sue visite ai palangari e alle carcasse dei cetacei.
Le rispettabili dimensioni che possono raggiungere questi animali li portano a essere considerati potenzialmente pericolosi, sebbene in loro favore sia necessario dire
che, nella maggioranza dei casi, la loro aggressività non è gratuita e risponde a un
comportamento di tipo difensivo o alimentare. La fama di divoratore di uomini che si
porta dietro è del tutto ingiustificata, se teniamo conto del fatto che sebbene il numero
di bagnanti e utenti delle spiagge mediterranee sia considerevolmente aumentato nel
giro di pochi anni, questo non si è tradotto in un aumento di attacchi, cosa che dimostra che non siamo la preda preferita dello squalo bianco né di alcun altro squalo. Forse sarebbe ora di iniziare a demistificare questi animali, dandogli il loro giusto valore
di magnifici predatori e abbandonando la facile tendenza a etichettarli come mostruosi
e sanguinari.
Al rifugio della parola squalo bianco, e sotto le coperte rappresentate dall’immagine
cinematografica di questo essere acquatico, con le fauci spalancate e gli occhi dall’espressione gelida, gli editori cercano di venderci un prodotto non sempre convincente
posto che il contenuto solitamente si limita a una serie di magnifiche fotografie tratte
da archivi commerciali che unite a testi inconsistenti ci presentano una conoscenza
scarsa e superficiale di questi esseri. L’opera che il lettore tiene tra le sue mani è un’altra cosa.
Ci riempie di soddisfazione presentare questo nuovo libro del Dott. Alessandro De
Maddalena, autore che ha tanto contribuito con il suo lavoro alla divulgazione e alla
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
conoscenza di una materia tanto poco nota come la biologia degli squali. L’opera che
qui presentiamo risulta di grande interesse ed è estremamente pratica, estesa, precisa e
aggiornata, frutto dell’estensivo lavoro di indagine dell’autore. Tanto lo specialista
quanto il lettore non avvezzo al tema troveranno l’opera suggestivamente interessante
per l’approccio divulgativo di alcuni capitoli, senza che venga mai meno il rigore
scientifico. Così possiamo soltanto congratularci con l’autore per la pubblicazione di
questo nuovo libro, che arricchisce notevolmente la scarsa bibliografia esistente sopra
un tema tanto appassionante e di difficile studio come è la conoscenza degli squali,
esprimendogli le più sincere congratulazioni, e augurargli di continuare la sua impressionante carriera di ricerca e pubblicazioni.
Joan Barrull e Isabel Mate
Laboratorio dei Vertebrati - Sezione di Ittiologia
Museo di Scienze Naturali di Barcellona (Edificio di Zoologia)
Membri del Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli Squali
Novembre 2008
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Prefazione
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uesto libro condensa i risultati salienti di una ricerca iniziata ben tredici anni fa.
L'obiettivo iniziale era quello di raccogliere ogni informazione disponibile riguardo alla presenza del predatore marino per eccellenza, lo squalo bianco, Carcharodon carcharias, nelle acque dell'intero bacino mediterraneo. Il progetto aveva lo scopo
di andare a colmare una lacuna notevole a livello dello studio dell'ittiologia mediterranea poiché sino a quel momento nulla del genere era mai stato realizzato in maniera
estensiva, approfondita, ed esauriente. L'archivio di dati relativi a questa specie, che è
così nato e cresciuto nel corso del tempo, la «Banca Dati Italiana Squalo Bianco» (Italian Great White Shark Data Bank), costituisce il solo programma di ricerca a lungo
termine sulla presenza della specie nell'intero bacino mediterraneo che sia mai esistito.
La collaborazione di numerosi ricercatori, specialmente dei membri del Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli Squali (Mediterranean Shark Research Group), è stata fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo. Ma un apporto importantissimo è
giunto da osservatori occasionali, quali subacquei, naviganti, pescatori professionisti e
sportivi, guardia costiera. I risultati dello studio svolto sono stati oggetto di numerose
pubblicazioni scientifiche e divulgative che hanno contribuito a far conoscere la biologia, etologia ed ecologia degli squali bianchi che popolano il Mare Mediterraneo, sia
ai biologi marini che al grande pubblico. Per coloro che desiderino approfondire ulteriormente la materia affrontata in questo libro, rimando agli altri libri che ho realizzato
nel corso di questi anni sul medesimo tema, e che ne affrontano specifici aspetti: Lo
squalo bianco nei mari d’Italia (Ireco, 2002), Great white sharks preserved in european
museums (Cambridge Scholars Publishing, 2007), Le grand requin blanc sur les côtes
françaises (Turtle Prod Éditions / Média Plongée, 2008, con Anne-Lyse Révelart).
Dott. Alessandro De Maddalena
Presidente della Società Ittiologica Italiana
Curatore della Banca Dati Italiana Squalo Bianco
Membro del Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli Squali
Milano, Novembre 2008
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Ringraziamenti
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esidero ringraziare in primo luogo Joan Barrull (Museu de Zoologia, Barcelona,
Spain) e Isabel Mate (Museu de Zoologia, Barcelona, Spain), per i quali nutro
una profonda stima, per avere scritto la presentazione di questo volume.
Molte persone hanno contribuito al processo di creazione e sviluppo della Banca
Dati Italiana Squalo Bianco e, di conseguenza, alla preparazione di questo libro. Ringrazio quindi: Daniel Abed-Navandi (Haus des Meeres - Aqua Terra Zoo, Wien, Austria), Peter Adamik (Vlastivedné muzeum v Olomouci, Olomouc, Czech Republic),
Luigi Alberotanza (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo Studio delle Dinamica delle Grandi Masse, Venezia, Italia), Nicola Allegri (Italia), Luca Altichieri
(Museo di Geologia e Paleontologia, Università di Padova, Padova, Italia), Gérard Altman (Association Nationale de Moniteur de Plongée, Antibes, France), Hamzic Adem
(University of Sarajevo, Faculty of Science, Ichthyology and Fishing Center, Sarajevo,
Bosnie-Herzégovine), Scot Anderson (Inverness, California, USA), Riccardo Andreoli
(Italia), Ivano Ansaloni (Museo di Storia Naturale e della Strumentazione Scientifica,
Modena, Italia), Jean Attard (Apnéa, Toulouse, France), Gerhard Aubrecht (Biologiezentrum, Oberoesterreichische Landesmuseen, Linz/Dornach, Austria), Vittorio Ballerini (Cetaria Diving Center, Scopello, Italia), Emilio Balletto (Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università degli studi di Torino, Torino, Italia), Enrico Banfi (Museo Civico di Storia Naturale, Milano, Italia), Alessandro Barlettani (Italia),
Joan Barrull (Museu de Zoologia, Barcelona, Spain), Àlex Bartolí (CRAM - Fundació
per a la Conservació i Recuperació d’Animals Marins, Premià de Mar, Spain), Peter
Bartsch (Museum für Naturkunde, Humboldt-Universitaet zu Berlin, Berlin, Germany), Emilio Balletto (Dipartimento di Zoologia, Università di Torino, Torino, Italia), Edward R. Battisti (Panathlon Club, Brescia), David C. Bernvi (Caracal Publishing, Gothenburg, Sweden), Miguel Berrios (NOAA Fisheries, Pacific Islands Region
Observer Program, Honolulu, Hawaii, USA), Didier Berthet (Centre de Conservation
et d’Etude des Collection, Musée des Confluences, Lyon, France), Christian Bertok
(Trieste, Italia), Vinicio Biagi (alla memoria), Roberto Boracci (Italia), Giovanni Bosco (Italia), Mario Bozzi Editore (Genova, Italia), Mohamed Nejmeddine Bradaï (Laboratoire Biodiversité et Biotechnologie Marines, Institut National des Sciences et Technologies de la Mer, Sfax, Tunisie), Pierre Brocchi (Aquanaude, Nice, France), Andrea Bryk (Haus der Natur, Salzburg, Austria), John Clay Bruner (Department of Biological Sciences, University of Alberta, Edmonton, Alberta, Canada), Michèle Bruni
(Musée Océanographique, Monaco-Ville, Principauté de Monaco), Alex «The Sharkman» Buttigieg (Sharkman’s World Organization, San Gwann, Malta), Philippe Candegabe (Muséum d’histoire naturelle de Grenoble, Grenoble, France), Ernesto CapanGiugno 2010
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na (Museo di Anatomia Comparata, Roma, Italia), Capitaneria di Porto di Piombino
(Piombino, Italia), Christian Capapé (Laboratoire d’Ichtyologie, Université Montpellier II, Sciences et Techniques du Languedoc, Montpellier, France), Baldassare Carollo
(Alcamo, Italia), Gioacchino Cataldo (Tonnara di Favignana, Favignana, Italia), Luigi
Cavaleri (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo Studio delle Dinamica
delle Grandi Masse, Venezia, Italia), Antonio Celona (Aquastudio Research Institute,
Messina, Italia), Silvia Chicchi (Musei Civici, Reggio Emilia, Italia), Giuliano Chiocca (Italia), Salvatore Cilona (Italia), Geremy Cliff (Natal Sharks Board, Umhlanga
Rocks, South Africa), Vito Cofrancesco (Italia), Ralph Collier (Shark Research Committee, Van Nuys, California, U.S.A.), Stefano Alberto Colombo (Zara Point, Milano,
Italia), Giorgia Comparetto (Necton Marine Research Society, Catania, Italia), Mauro
Cottiglia (Istituto di Zoologia, Università degli Studi di Cagliari, Cagliari, Italia), Oliver Crimmen (British Museum of Natural History, London, England, United Kingdom), Gianluca Cugini (Mediterranean Shark Research Group, Pescara, Italia), Emiliano D’Andrea (Società di Ricerca Necton, Ganzirri, Italia), Leonardo Leone De Castris (Brindisi, Italia), Gianfranco Della Rovere (Milano, Italia), Isabella De Maddalena (Milano, Italia), Gregorio De Metrio (Dipartimento di Sanità e Benessere degli Animali, Università degli Studi di Bari, Valenzano, Bari), Pascal Deynat (Laboratoire d’Ichtyologie Générale et Appliquée, Museum National d’Histoire Naturelle de Paris, Paris, France), Sergio Dolce (Museo Civico di Storia Naturale, Trieste, Italia), Antonino
Donato (Ganzirri, Italia), Giuliano Doria (Museo Civico di Storia Naturale «Giacomo
Doria», Genova, Italia), Branko Dragicevic (Laboratory of Ichthyology and Coastal
Fishery, Institute of Oceanography and Fisheries, Split, Croatia), Clinton Duffy (Marine Conservation Unit, Department of Conservation, Auckland, New Zealand), Jakov
Dulcic (Laboratory of Ichthyology and Coastal Fishery, Institute of Oceanography and
Fisheries, Split, Croatia), Richard Ellis (American Museum of Natural History, New
York, U.S.A.), Jean-Claude Eugéne (club Marseille Sports, Marseille, France), Juan
Manuel Ezcurra (Monterey Bay Aquarium, Monterey Bay, California, U.S.A.), Riccardo Fanelli (Italia), Gino Felicioni (Italia), Fausto Fioretti (Italia), Pedro Fominaya
(Spagna), Donatella Foddai (Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Padova, Padova, Italia), Nicola Franzese (Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, Italia), Vittorio Gabriotti (Società Ittiologica Italiana, Brescia, Italia), Txema Galaz (Tuna
Farms of Mediterraneo, San Javier, Murcia, Spain), Gildo Gavanelli (Progetto Mola
mola, Imola, Italia), Elena Gavetti (Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, Italia), Christian Gelpi (Club Nausicaa, Nice, France), Roberto Gioia (Roma, Italia), Vincenzo Giudice (Italia), Olivier Glaizot (Musée cantonal de Zoologie, Lausanne, Switzerland), Gérard Gory (Muséum d’histoire naturelle de Nîmes, Nîmes, France), Luciana Grambo (Italia), Kurt Grossenbacher (Naturhistorisches Museum, Bern, Switzerland), John Gullaumier (Malta), Eric G. Haenni (Crossroads Environmental Consultants, Palm City, Florida, U.S.A.), Mohamed Hamdine (Faculté Centrale d’Alger, InSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
stitut des Sciences de la Mer et de l’Amenagement du Littoral, Alger, Algeria), Thomas Hammann (Pohlheim, Germany), Bill Heim (Alexandria, Virginia, U.S.A.), Walter Heim (San Diego, California, U.S.A.), Ernst Hofinger (Hofinger Tier-Präparationen, Steyrermühl, Austria), Ruggero Ilgrande (Milano, Italia), Hakan Kabasakal
(Ichthyological Research Society, Istanbul, Turkey), Zoran Kljajic (Institute of Marine
Biology, Kotor, Montenegro), Drazen Kotrosan (Zemaljski muzej Bosne i Hercegovine, Sarajevo, Bosnia and Herzergovina), Marcelo Kovaciç (Prirodoslovni muzej
Rijeka, Rijeka, Croatia), Michel Krafft (Musée cantonal de Zoologie, Lausanne, Switzerland), Friedhelm Krupp (Senckenberg Forschungsinstitut und Naturmuseum,
Frankfurt a. M., Germany), Boris Krystufek (Prirodoslovni muzej Slovenije, Ljubljana, Slovenija), Philippe Laulhe (Strasbourg, France), Georges Lenglet (Koninklijk
Belgisch Instituut voor Natuurwetenschappen, Brussels, Belgium), Dino Levi (Istituto
di Ricerca sulle Risorse Marine e l’Ambiente, Mazara del Vallo, Italia), Marie Levine
(Global Shark Attack File, Princeton, New Jersey, U.S.A.), Lovrenc Lipej (Marine
Biological Station, National Institute of Biology, Piran, Slovenia), Jeff Liston (Hunterian Museum, Glasgow, Scotland, United Kingdom), Giacomo Longhi (Italia), Walid
Maamouri (Tunisia), Nicola Maio (Museo Zoologico, Napoli, Italia), Tore Manca (Italia), Riccardo Manni (Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi «La
Sapienza», Roma, Italia), Gianni Marangoni (Museo Civico di Zoologia, Giardino
Zoologico, Roma, Italia), Domenico Marcianò (Italia), Mario Marconi (Museo di
Scienze Naturali, Università degli Studi di Camerino, Camerino, Italia), R. Aidan Martin (ReefQuest Centre for Shark Research, Vancouver, British Columbia, Canada),
Martín Martínez Lorca (Spagna), Adelaide Mastandrea (Istituto di Paleontologia, Università degli Studi di Modena, Modena, Italia), Isabel Mate (Museu de Zoologia, Barcelona, Spain), Elvio Mazzagufo (Italia), Glauco Micheli (Italia), Vincenzo Milanesi
(Università degli Studi di Padova, Padova, Italia), Lorenzo Millan (Tuna Farms of Mediterraneo, San Javier, Murcia, Spain), Alessandro Minelli (Dipartimento di Biologia,
Università degli Studi di Padova, Padova, Italia), Daniela Minelli (Museo di Anatomia
Comparata, Bologna, Italia), Roger Miniconi (Conseil scientifique régional du patrimoine naturel, Corse, France), Luca Mizzan (Museo Civico di Storia Naturale Fontego
dei Turchi, Venezia, Italia), Angelo Mojetta (Acquario e Civica Stazione Idrobiologica, Milano, Italia), Francesc Xavier Viñals Moncusi (Reus, Spagna), Neil Montoya
(U.S.A.), Jiri Moravec (Národní muzeum, Praha, Czech Republic), Nicolas Morel
(Musée Vert - Musée d’Histoire Naturelle du Mans, Le Mans, France), Alessandro
Morescalchi (Istituto di Anatomia Comparata, Università degli Studi di Genova, Genova, Italia), Gabriel Morey (Direcció General de Pesca, Conselleria d’Agricultura i
Pesca - Govern de les Illes Balears, Palma de Mallorca, Spain), Famiglia Murru (Capo
Testa, Italia), Lisa J. Natanson (National Marine Fisheries Service, Narragansett, Rhode Island, U.S.A.), Marco Maria Navoni (Biblioteca Ambrosiana, Milano, Italia), Paola Nicolosi (Museo di Zoologia, Università degli Studi di Padova, Padova, Italia), JørGiugno 2010
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gen Nielsen (Zoologisk Museum, University of Copenhagen, København, Denmark),
Guy Oliver (Laboratoire de Biologie Physico-Chimique, Université de Perpignan, Perpignan, France), Maurizio Omodei (Scopello, Italia), Lidia Orsi Relini (DIPTERIS,
Università di Genova, Genova, Italia), Richard Peirce (Richard Peirce Shark Conservation, Bude, Cornwall, UK), Claudio Perotti (Tritone Sub, Brescia, Italia), Carlo Pesarini (Museo Civico di Storia Naturale, Milano, Italia), la rivista Pesca in Mare (Italia), Luigi Piscitelli (Società Ittiologica Italiana, Milano, Italia), Angelo Pistorio (Italia), Jürgen Plass (Biologiezentrum, Oberoesterreichische Landesmuseen, Linz/Dornach, Austria), Michela Podestà (Museo Civico di Storia Naturale, Milano, Italia), Marta
Poggesi (Museo Zoologico «La Specola», Firenze, Italia), Roberto Poggi (Museo Civico di Storia Naturale «Giacomo Doria», Genova, Italia), Cesare Polidori (Italia), Vittorio Pomante (Italia), Antonella Preti (National Marine Fisheries Service, Southwest
Fisheries Science Center, La Jolla, California, U.S.A.), Peter Psomadakis (Museo Zoologico, Napoli, Italia), Gianfranco Purpura (Dipartimento di Storia del Diritto, Università di Palermo, Palermo, Italia), Ninni Ravazza (Cosedimare, Trapani, Italia), Alberto
Luca Recchi (RAL Gruppo srl, Roma, Italia), Giulio Relini (DIPTERIS, Università di
Genova, Genova, Italia), Anne-Lyse Révelart (Praga, Repubblica Ceca), Danilo Rezzolla (Mediterranean Shark Research Group, Milano, Italia), Klaus Riediger (Austria),
Rhian Rowson (Bristol Museum & Art Gallery, Bristol, England, United Kingdom),
Mauro Salomone (Società Capitani e Macchinisti Navali Camogli, Camogli, Italia),
Radek Sanda (Národní muzeum, Praha, Czech Republic), Paolo Santi (Italia), Maurizio Sarà (Museo di Zoologia Doderlein, Palermo, Italia), Teddi Sciurti (Italia), Fabrizio Serena (ARPAT-AREAMARE, Livorno, Italia), Bernard Séret (Laboratoire d’Ichtyologie Générale et Appliquée, Museum National d’Histoire Naturelle de Paris, Paris, France), Paolo Sibille (Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, Italia), Giovanni Sigovini (AUSL 12 Veneziana, Mercato Ittico all’Ingrosso di Venezia, Venezia,
Italia), Thomas Sohm (Inatura - Erlebnis Naturschau Dornbirn, Dornbirn, Austria),
Alen Soldo (Laboratory of Ichthyology and Coastal Fishery, Institute of Oceanography
and Fisheries, Split, Croatia), Mommo Solina (Bonagia, Italia), D. Sorrenti (Ganzirri,
Italia), Jerry Spagnolo (Lamezia Terme, Italia), Salvatore Spataro (Favignana, Italia),
Paolo Spinelli (Italia), Tiziano Storai (Museo Civico di Scienze Naturali della Valdinievole, Pescia, Italia), Jérôme Streng (France), Skip Theberge (NOAA Central Library, Silver Spring, Maryland, U.S.A.), Paolo Tongiorgi (Museo di Storia Naturale e
della Strumentazione Scientifica, Modena, Italia), Sam Trebilcock (Bristol Museum &
Art Gallery, Bristol, England, United Kingdom), Géry Van Grevelynghe (Stella, Piton
Saint-Leu, La Réunion, France), Stefano Vanni (Museo Zoologico «La Specola», Firenze, Italia), Paolo Virnicchi (Italia), Alessandro Vitturini (Italia), Helmut Wellendorf
(Naturhistorisches Museum Wien, Wien, Austria), Thomas Winkler (Tierpräparation
Thomas Winkler, Trebus, Germany), Sabine Wintner (Natal Sharks Board, Umhlanga
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Rocks, South Africa), Alfred Xuereb (Malta), Alberto Zaccagni (Italia), Alberto Zanoli
(Italia), Marco Zuffa (Museo Archeologico «Luigi Donini», Ozzano dell’Emilia, Italia), Marco Zuffi (Museo di Storia Naturale e del Territorio, Calci, Italia).
Per il loro aiuto, supporto e amicizia, esprimo inoltre la mia sincera gratitudine a
Alessandra Baldi, Antonio De Maddalena, Sauro Baldi, Pinuccia De Maddalena, Emilio De Maddalena, Eleonora De Maddalena, Elisabetta De Maddalena, Isabella De
Maddalena, Francesco Guerrazzi, Matteo Messa, Sean R. Van Sommeran, la Società
Ittiologica Italiana e il Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli Squali.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
L’Autore
Alessandro De Maddalena (Milano, 1970) è uno dei maggiori esperti di squali d’Europa. È il curatore della Banca Dati Italiana Squalo Bianco, il presidente della Società Ittiologica Italiana e un membro fondatore del Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli
Squali.
I risultati delle sue ricerche sono apparsi su numerose riviste scientifiche incluse
Annales Series historia naturalis, Museologia Scientifica, Annali del Museo Civico di
Storia Naturale di Genova, Bollettino del Museo civico di Storia naturale di Venezia,
Thalassia Salentina, Biljeske - Notes, Journal of the National Museum of Prague,
South African Journal of Science, Marine Life e Latin American Journal of Aquatic
Mammals.
È autore di altri dodici libri sugli squali: Squali delle acque italiane. Guida sintetica
al riconoscimento (Ireco, 2001), Lo squalo bianco nei mari d’Italia (Ireco, 2002),
Sharks of the Adriatic Sea (Knjiznica Annales Majora, 2004, con Lovrenc Lipej e
Alen Soldo), Mako sharks (Krieger Publishing, 2005, con Antonella Preti e Robert
Smith), Haie im Mittelmeer (Kosmos Verlag, 2005, con Harald Baensch) (edizione
italiana: Squali del Mare Mediterraneo, Class Editori, 2008), I grandi animali marini
del Mediterraneo. Guida al loro riconoscimento in mare (Rivista Marittima, 2005, con
Antonio Celona), Great white sharks preserved in european museums (Cambridge
Scholars Publishing, 2007), Sharks of the Pacific Northwest (Including Oregon,
Washington, British Columbia and Alaska) (Harbour Publishing, 2007, con Antonella
Preti e Tarik Polansky), 25 Haie (Verlagsedition nullzeit.eu, 2007), Sharks. The perfect
predators (Jacana Media, 2008), Pesci martello / Hammerhead sharks (Ireco, 2008,
con Alex «The Sharkman» Buttigieg), Le grand requin blanc sur les côtes françaises
(Média Plongée / Turtle Prod, 2008, con Anne-Lyse Révelart). Alessandro De Maddalena è anche uno dei migliori illustratori di scienze naturali del mondo; ha prodotto
oltre 800 tavole di pesci e cetacei. Tra i libri da lui illustrati vi sono Les requins des
côtes françaises di Bernard Séret (Editions Ouest-France, 1999), Field guide to the
great white shark di R. Aidan Martin (ReefQuest Centre for Shark Research, 2003),
Shark attacks of the twentieth Century from the Pacific coast of North America di
Ralph S. Collier (Scientia Publishing, 2003), Världens hajar di David C. Bernvi (Caracal Publishing, 2006), Standard survey methods for key habitats and key species in the
Red Sea and Gulf of Aden - Marine mammals di Anthony Preen (PERSGA, 2004),
Alaska’s great white sharks di Bruce A. Wright (Wright, 2007).
Suoi articoli e illustrazioni sono apparsi in numerose riviste, incluse The World and
I, Dive New Zealand, Dive Pacific, Annales, Biologie in unserer Zeit, Unterwasser,
Tauchen, Duiken, Apnéa, Plongeurs International, Océanorama, Enviromagazin, MonSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
do Sommerso, Il Pesce, EuroFishmarket, Aqva, Quark, Airone e Rivista Marittima.
Contatti:
Dott. Alessandro De Maddalena
Società Ittiologica Italiana
via L. Ariosto 4, 20145 Milano, Italia
Tel. 39/0248021454
E-mail: [email protected]
Web site: www.alessandro-de-maddalena.webs.com
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
La ricerca
P
er raccogliere e analizzare adeguatamente tutte le informazioni disponibili riguardo agli squali bianchi che vivono nel Mare Mediterraneo, tredici anni fa, nel 1996,
ho iniziato a svolgere la ricerca e l'analisi di tutte le segnalazioni reperibili di tale specie nell'area in esame. Tale banca dati è nata come fondamento per la mia Tesi di Laurea in Scienze Naturali presso l'Università degli Studi di Milano (De Maddalena,
1997), ma i risultati ottenuti, uniti agli entusiastici commenti al progetto ricevuti da
molti colleghi, mi hanno spinto in seguito a continuare tale studio. Ho quindi battezzato tale programma di ricerca col nome di Banca Dati Italiana Squalo Bianco (Italian
Great White Shark Data Bank). Negli anni, l'archivio così creato è andato espandendosi notevolmente. Sino a oggi è stato possibile raccogliere 549 segnalazioni di squali
bianchi, ripartite nell'intero bacino Mediterraneo. Una ricerca così estensiva, approfondita, ed esauriente sugli squali bianchi del Mediterraneo non era mai stata realizzata
prima. Attualmente la Banca Dati Italiana Squalo Bianco è il solo programma di ricerca sulla specie che copra l'intero bacino mediterraneo. Nel loro complesso i dati raccolti forniscono preziose informazioni sulla specie, relativamente a una moltitudine di
L'autore esamina un dente di squalo bianco (© Nicola Allegri).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
aspetti, quali dimensioni, distribuzione, habitat, comportamento, riproduzione, dieta,
pesca e pericolosità per l'uomo. I risultati dello studio svolto sono stati oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. In particolare articoli scientifici sono
stati pubblicati sulle riviste Annales Series historia naturalis, Museologia Scientifica,
Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, Bollettino del Museo civico di
Storia naturale di Venezia, Marine Life, Journal of the National Museum - Natural History Series (Celona et al., 2001; De Maddalena, 1998, 2000c, 2000b, 2002a, 2006a,
2006b; De Maddalena et al., 2001, 2003; De Maddalena e Piscitelli, 2001; Galaz e De
Maddalena, 2004; De Maddalena e Zuffa, 2008) e articoli divulgativi sono apparsi su
National Geographic Italia, Il Pesce, Rivista Marittima, Quark, Airone, Biologie in unserer Zeit, Unterwasser, Apnéa, Plongeurs International, Océanorama, Enviromagazin,
ElasmoInfo (Carrada, 1998; De Maddalena, 1999a, 1999b, 1999c, 1999d, 2000a,
2001a, 2001b, 2002b, 2002c; 2005; De Maddalena e Herber, 2002; De Maddalena e
Hollà, 2006; De Maddalena e Reckel, 2003a, 2003b). I libri pubblicati a seguito di tale
ricerca sono quattro. Nell'ultimo in ordine cronologico, ossia quello che il lettore ha
attualmente tra le mani, ho effettuato la prima analisi completa e dettagliata di tutti i
dati raccolti in questi tredici anni di lavoro. Negli altri tre testi che hanno preceduto
quest'opera ho invece affrontato di volta in volta singoli aspetti della ricerca: la presenza della specie nelle acque italiane in «Lo squalo bianco nei mari d’Italia» (Ireco,
2002), i reperti museali conservati in Europa in «Great white sharks preserved in european museums» (Cambridge Scholars Publishing, 2007) e la presenza della specie nelle acque francesi in «Le grand requin blanc sur les côtes françaises» (Média Plongée /
Turtle Prod, 2008, con Anne-Lyse Révelart).
La raccolta di dati e la seguente analisi svolte all'interno di tale programma non sono limitate alla situazione attuale, ma si estendono indietro nel tempo risalendo fino ai
tempi storici. Per ogni caso registrato vengono raccolti nella banca dati tutte le informazioni disponibili, in particolare relativamente a: tipo di segnalazione (avvistamento,
incontro subacqueo, cattura, attacco), data, ora e luogo dell'incontro possibilmente con
la posizione esatta (latitudine e longitudine), distanza dalla costa, profondità del fondale, profondità dell'esemplare, condizioni atmosferiche, stato del mare, numero di
esemplari osservati, lunghezza in cm (se possibile come lunghezza totale, TOT, o in
alternativa specificando la modalità di rilevamento), peso in kg (se possibile dell'animale intero, o in alternativa specificando la modalità di rilevamento), sesso e contenuto stomacale dell'esemplare, attività e comportamento dell'esemplare, presenza di altre
specie animali, attività dell'osservatore al momento dell'incontro, documentazione fotografica e filmata, nominativi dei testimoni oculari, fonti (bibliografiche, emerografiche e comunicazioni personali). Nei casi di reperti conservati in musei o collezioni private si raccolgono inoltre i seguenti dati: nome del museo/istituto o del privato cittadino proprietario del reperto, numero di catalogo, tipo di reperto, modalità di conservazione, stato di conservazione, misure del medesimo. Queste ultime vengono rilevate
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
seguendo le metodologie indicate in letteratura (Compagno, 1984; De Maddalena,
2000c; Mollet et al., 1996), rilevando le misure di tutte le parti del corpo inclusi tutti i
denti della prima serie quando possibile, o limitandosi a quelle essenziali (dimensioni
del dente anteriore di maggiori dimensioni della mascella superiore, perimetro della
mascella superiore, lunghezza totale). Nei casi di attacchi a esseri umani, si raccolgono inoltre i seguenti dati: nome della vittima, se l’attacco è stato fatale o non fatale, se
provocato o non provocato, parte del corpo lesa. Nel caso di femmina gravida, si raccolgono inoltre i seguenti dati: numero, lunghezza, peso e sesso degli embrioni.
La raccolta dei dati viene svolta attraverso differenti metodi d'indagine: effettuando
l'esame del pescato presso mercati ittici, attraverso l'individuazione e l'esame di reperti
conservati presso musei e altri istituti, valendosi della collaborazione di altri ricercatori (in tal senso è particolarmente importante l'apporto dei membri del Gruppo Mediterraneo di Ricerca sugli Squali), capitanerie di porto, subacquei, naviganti, pescatori
professionisti e sportivi, e inoltre per mezzo di un'ampia ricerca bibliografica (esaminando sia la letteratura scientifica che quella d'informazione e divulgativa per risalire
poi alle fonti originali).
Per quanto riguarda l'identificazione della specie, questa può essere ritenuta certa al
di fuori di ogni dubbio in tutti quei casi in cui esista documentazione fotografica o filmata, o quando siano stati conservati dei reperti, o anche allorquando venga data
un'accurata descrizione dell'animale che sottolinei le caratteristiche distintive della
specie. Vi sono infine delle segnalazioni che altri Autori riferiscono a squali bianchi
senza fornire ulteriori commenti.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Classificazione
L
a classificazione degli squali è la seguente. Appartengono al Phylum Chordata, al
Subphylum Vertebrata, alla classe Chondrichthyes, alla sottoclasse Elasmobranchii e al superordine Selachimorpha. Squali, assieme a razze e chimere, sono detti condritti o pesci cartilaginei. Questi pesci hanno lo scheletro costituito da cartilagine, un
tessuto leggero e flessibile che è presente anche nello scheletro umano ma in quantità
molto minore; in pratica il solo tessuto osseo presente nel corpo dello squalo si trova
nei loro denti e denticoli dermici. Gli altri pesci, gli osteitti o pesci ossei, hanno lo
scheletro costituito in prevalenza di tessuto osseo (De Maddalena e Baensch, 2008).
Gli squali vengono classificati in otto ordini: Hexanchiformes, Squaliformes, Pristiophoriformes, Squatiniformes, Heterodontiformes, Orectolobiformes, Lamniformes,
Carcharhiniformes. Questi ordini sono divisi in 31 famiglie che includono 479 specie
di squali. L’ordine Lamniformes include le famiglie Odontaspididae, Mitsukurinidae,
Pseudocarchariidae, Megachasmidae, Alopiidae, Cetorhinidae e Lamnidae. La famiglia Lamnidae include lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), lo squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), lo squalo mako dalle pinne lunghe (Isurus paucus),
lo smeriglio (Lamna nasus) e lo squalo salmone (Lamna ditropis) (Compagno, 1984).
Di queste specie, sono presenti in Mediterraneo lo squalo bianco, il mako dalle pinne
corte, il mako dalle pinne lunghe e lo smeriglio (De Maddalena e Baensch, 2008).
Fu Carlo Linneo, uno zoologo, botanico, ecologo e fisico sevedese che stabilì le basi della moderna nomenclatura scientifica, a battezzare lo squalo bianco con il nome di
Squalus carcharias nel 1758. Oggi, il nome dello squalo bianco che è accettato dalla
CLASSIFICAZIONE DELLO SQUALO BIANCO
Phylum
Subphylum
classe
sottoclasse
superordine
ordine
famiglia
genere
specie
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Chordata
Vertebrata
Chondrichthyes
Elasmobranchii
Selachimorpha
Lamniformes
Lamnidae
Carcharodon
Carcharodon carcharias
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
comunità scientifica è Carcharodon carcharias (Linnaeus, 1758). Le regole della tassonomia richiedono che si omaggi Linneo per essere stato il primo a descrivere propriamente lo squalo bianco, e si citi quindi il suo nome dopo il nome scientifico dello
squalo bianco, ma mettendo il nome di Linneo tra parentesi poiché il nome scientifico
che usiamo oggi non è lo stesso che fu proposto dall’autore svedese. Infatti oggi collochiamo lo squalo bianco in un altro genere, Carcharodon, che venne proposto da Andrew Smith in un lavoro datato 1838 di Johannes Müller e Friedrich Henle. Il nome
Carcharodon carcharias deriva dal greco «kàrkharos» che significa «seghettato» e
«odón» che significa «dente». Nel corso del tempo autori diversi hanno inoltre attribuito allo squalo bianco altri nomi: Carcharias lamia, Squalus lamia, Carcharias verus,
Squalus lamia, Carcharias rondeletti, Squalus vulgaris, Carcharodon smithii, Carcharodon rondeletii, Carcharodon capensis, Carcharias atwoodi, Carcharias vorax, Carcharias maso, Carcharodon albimors (Compagno, 1984).
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Evoluzione
M
entre lo scheletro cartilagineo dello
squalo si decompone rapidamente dopo la morte (gli scheletri completi si conservano solo in casi rarissimi), i denti, altamente calcificati, fossilizzano facilmente. I denti
di squalo sono tra i fossili di vertebrati più
numerosi (si veda il capitolo «Apparato digerente»). Le vertebre di squalo e i minuti
denticoli dermici (si veda il capitolo «Pelle») possono occasionalmente fossilizzare a
causa della loro parziale calcificazione. L’origine degli squali è molto antica dal momento che sono comparsi sulla Terra circa
425 milioni di anni fa, nel Siluriano (Martin,
1995). Gli squali si sono evoluti quasi sicuramente dai placodermi, un gruppo di pesci
ossei corazzati oggi estinti. Molte delle caratteristiche anatomiche e fisiologiche degli
squali che li hanno resi perfettamente adatti
1666 questa testa di squalo bianco
al loro ambiente erano già presenti nelle pri- Nell'Ottobre
venne acquisita dai Medici a Firenze, che la dieme forme comparse sul pianeta. Di conse- dero all'anatomista e naturalista danese Niccolò
guenza, possiamo considerare gli squali co- Stenone affinché la dissezionasse. Osservandone i
Stenone comprese che le cosiddette glossome un gruppo altamente evoluto (Long, denti
petrae, un tempo credute lingue di serpenti tramu1995; Maisey, 1987). I resti fossili del gene- tate in pietra da San Paolo durante la sua visita a
re Carcharodon si rinvengono a partire dal Malta, erano in realtà denti fossili di squali. Tale
illustrazione compare in Stenone (1667).
Paleocene. Carcharodon orientalis è la forma più antica della quale si sia rinvenuta
traccia. L’estinto megalodon (Carcharodon megalodon) raggiungeva una lunghezza
massima stimata di almeno 15.90 m e fu il più grande squalo macropredatore che sia
mai vissuto (Gottfried et al., 1996). Si hanno testimonianze fossili di Carcharodon carcharias fin dal tardo Miocene (Applegate e Espinosa-Arrubarrena, 1996). Quest’ultima
specie è la sola oggi vivente.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Nomi comuni
I
n inglese, i lamnidi vengono detti complessivamente «mackerel sharks» (squali sgombro), a causa di alcune somiglianze morfologiche con i pesci ossei della famiglia Scombridae, in particolare una forma fortemente affusolata, un peduncolo caudale sottile, la presenza di carene caudali, e una pinna caudale di
forma lunata.
Nell’area mediterranea, i nomi comuni dello
squalo bianco attualmente in uso sono i seguenti: peshkagen njeringrenes (albanese), kalb
(arabo), bijela ajkula (bosniaco), tauró blanc
(catalano), velika bijela psina, pas ljudozder
(croato), qarha levana (ebraico), wahsh (egiziano), grand requin blanc (francese), lefkos
karkarias (greco), great white shark, white
shark, white pointer, blue pointer, white death
(inglese), squalo bianco, grande squalo bianco,
pescecane (italiano), kelb abjad (maltese), kalb
Dente fossile di megalodon (Carcharodon
(marocchino), velika bijela ajkula (serbo), beli megalodon). Questo squalo preistorico ragmorski volk (sloveno), tiburón blanco, jaquetón giungeva una lunghezza massima stimata di
1590 cm e fu il più grande squalo
blanco (spagnolo), kelb el b’har (tunisino), ca- almeno
macropredatore che sia mai vissuto (Gottfried
navar köpekbaligi (turco) (Adem Hamzic, com. et al., 1996) (© Alessandro De Maddalena).
pers.; Barrull e Mate, 2002; De Maddalena e
Baensch, 2008; Ellis e McCosker, 1991; Zoran Kljajic, com. pers.; Lipej et al., 2004).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Anatomia esterna
L
o squalo bianco è immediatamente riconoscibile per i seguenti caratteri: grandi dimensioni, pinna caudale lunata (lobo inferiore della pinna caudale lungo quasi come il lobo superiore), fessure branchiali lunghe, corpo massiccio, pinne pettorali lunghe, carene caudali ampie, bocca ampia con denti grandi, triangolari e con i margini
seghettati, e quelli della mandibola sporgenti dalla bocca (De Maddalena e Baensch,
2008). Passiamo ora in rassegna più dettagliatamente le sue caratteristiche morfologiche.
Il corpo è affusolato, molto robusto e massiccio. Il muso è grande, conico e appuntito. Gli occhi sono tondi, relativamente grandi e scuri. Vi è la presenza di minuti spiracoli (si veda il capitolo «Apparato respiratorio»), posti ai lati della testa, posteriormente agli occhi e anteriormente alle fessure branchiali. Le fessure branchiali sono molto
ampie, e in numero di cinque paia, tutte poste davanti all’origine delle pinne pettorali.
La quinta fessura branchiale è lievemente più obliqua rispetto alle altre che sono più
parallele tra loro.
Così come la maggior parte di squali, anche lo squalo bianco è dotato di otto pinne:
un paio di pinne pettorali, un paio di pinne pelviche, prima pinna dorsale, seconda pin-
Morfologia dello squalo bianco (© Alessandro De Maddalena).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
na dorsale, pinna anale e pinna caudale. La pinna caudale è lunata e falcata, con il lobo
superiore lungo e il lobo inferiore leggermente più corto. La prima pinna dorsale è
grande, il margine anteriore convesso, quello posteriore più o meno accentuatamente
concavo, l’apice appuntito, la sua origine è posta sopra al margine interno delle pinne
pettorali. L’apice della prima pinna dorsale può essere arrotondato nei neonati. La seconda pinna dorsale è molto piccola. La pinna anale è di dimensioni simili alla seconda pinna dorsale, e la sua origine è leggermente arretrata rispetto all’origine della seconda pinna dorsale. Le pinne pelviche sono piccole ma più grandi della pinna anale.
Le pinne pettorali sono ampie e lunghe, falcate e appuntite, il margine anteriore convesso, quello posteriore concavo.
Per incrementare l’idrodinamicità, così come gli altri lamnidi, anche lo squalo bianco è dotato di carene caudali: il peduncolo caudale è marcatamente espanso lateralmente formando un paio di carene dermiche assai sviluppate che si estendono sino ai
lati della pinna caudale. Pozzetti precaudali sono presenti sulle superfici superiore e
inferiore del peduncolo caudale, in corrispondenza dell’origine della pinna caudale
(Bigelow e Schroeder, 1948; Compagno, 1984; De Maddalena, 2002a; Last e Stevens,
1994).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Specie simili
L
o squalo bianco è un animale inconfondibile. Tuttavia vi sono alcune specie che
presentano spiccate somiglianze con la specie in oggetto, in quanto sono a lei
strettamente imparentate. Si tratta delle specie appartenenti ai generi Isurus e Lamna,
che appartengono alla medesima famiglia Lamnidae: lo squalo mako dalle pinne corte
(Isurus oxyrinchus), lo squalo mako dalle pinne lunghe (Isurus paucus), lo smeriglio
(Lamna nasus) e lo squalo salmone (Lamna ditropis). Di queste, soltanto lo squalo
mako dalle pinne corte e lo smeriglio sono stabilmente presenti nel Mediterraneo,
mentre lo squalo mako dalle pinne lunghe vi è rarissimo e lo squalo salmone vi è del
tutto assente.
Tutti questi squali sono di grandi dimensioni, e presentano corpo di forma affusolata, muso conico, occhi scuri e rotondi da moderatamente grandi a grandi, denti della
mascella inferiore prominenti, peduncolo caudale espanso lateralmente a formare carene caudali, pinna caudale di forma lunata. Tuttavia le somiglianze tra le specie di questa famiglia non sono così marcate da creare problemi di identificazione, fatta eccezione per il caso in cui un osservatore poco esperto abbia a esaminare un esemplare di
Squalo
mako
dalle pinne
corte
(Isurus
oxyrinchus)
(© Walter
Heim).
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Squalo
mako dalle
pinne lunghe
(Isurus
paucus) (©
Miguel
Berrios /
NOAA
Fisheries,
Pacific
Islands
Region
Observer
Program).
squalo bianco molto giovane. Se è accaduto che gli squali bianchi, e specialmente gli
esemplari giovani, siano stati confusi dai pescatori locali con altri squali, ciò non è accaduto tanto per una spiccata somiglianza con altre specie, quanto piuttosto per il fatto
che lo squalo bianco è sempre stato poco comune in questa zona e di conseguenza i suoi
caratteri distintivi non sono mai stati ben noti alla grande maggioranza di pescatori.
Gli squali del genere Isurus (Isurus oxyrinchus e Isurus paucus) si distinguono per
avere corpo snello, muso stretto e appuntito, denti curvi, stretti e con i margini non seghettati, colorazione azzurra brillante con forti riflessi metallici (Isurus oxyrinchus)
oppure da blu-grigia a nera (Isurus paucus). Gli squali del genere Lamna (Lamna nasus e Lamna ditropis) si distinguono per avere due paia di carene caudali (che si osservano comunque anche in Isurus paucus ma non in Isurus oxyrinchus che ha un’unico
paio di carene), piccoli denti aventi margini non seghettati e due piccole cuspidi accessorie, colorazione da grigio-bluastra a nera e, in Lamna nasus, apice libero posteriore
della prima pinna dorsale con una cospicua macchia bianca (De Maddalena, 2007; De
Maddalena, et al., 2005; De Maddalena e Baensch, 2008).
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
CARATTERI DISTINTIVI DELLE SPECIE DELLA FAMIGLIA LAMNIDAE
Nome comune
Nome scientifico
squalo bianco
Carcharodon
carcharias
corpo
massiccio, muso
grande, un paio
di carene
caudali
grandi,
triangolari,
con margini
marcatamente
seghettati
blu scura, bruno
ardesia, grigiopiombo, nera,
con macchia
nera all'apice
delle pinne
pettorali sulla
superficie
ventrale
squalo mako
dalle pinne
corte
Isurus oxyrinchus
corpo snello,
muso stretto
e appuntito,
un paio di
carene caudali
curvi, stretti
e con margini
non seghettati
azzurra brillante
con forti riflessi
metallici
squalo mako
dalle pinne
lunghe
Isurus paucus
corpo snello,
muso stretto
e appuntito, due
paia di carene
caudali
curvi, stretti
e con i margini
non seghettati
da blu-grigia
a nera
smeriglio
Lamna nasus
corpo tozzo,
muso corto, due
paia di carene
caudali
piccoli, con i
margini non
seghettati e due
piccole cuspidi
accessorie
da grigiobluastra a nera,
con apice libero
posteriore della
prima pinna
dorsale con
cospicua
macchia bianca
squalo salmone
Lamna ditropis
corpo tozzo,
muso corto, due
paia di carene
caudali
piccoli, con i
da grigiomargini non
bluastra a nera
seghettati e due
piccole cuspidi
accessorie
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Morfologia
Denti
Colorazione
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Rilevamento e stima delle dimensioni
L
a lunghezza dell’animale può essere rilevata con diverse modalità. La lunghezza
totale (TL), ossia la lunghezza dell’animale dall’estremità del muso all’apice del
lobo superiore della pinna caudale, deve essere rilevata in linea retta, con la pinna caudale in posizione naturale (TLn) o con il lobo superiore della pinna caudale disposto in
linea sul prolungamento dell’asse del corpo dell’animale (TOT). Meno correttamente,
talora la lunghezza totale, anziché in linea retta, viene rilevata lungo il profilo dorsale
dell’animale. La lunghezza alla biforcazione caudale (FOR o FL) si rileva dall’estremità del muso all’incisura posteriore della pinna caudale. La lunghezza precaudale
(PRC o PL) si rileva dall’estremità del muso all’origine della pinna caudale.
Nella raccolta di dati svolta sugli squali bianchi delle acque mediterranee ho cercato
in linea di massima di utilizzare la lunghezza totale (TL), specificando quando possibile se si trattasse di TOT, in genere preferita, o di TLn.
Esistono diverse formule per correlare lunghezza e peso, come pure per correlare
lunghezza totale e lunghezza alla biforcazione caudale. Una relazione tra peso e lunghezza totale ottenuta dai dati di 327 squali bianchi di lunghezza compresa tra 0.96 e
Modalità di rilevamento della lunghezza
dello squalo bianco: lunghezza totale con il
lobo superiore della pinna caudale disposto
in linea sul prolungamento dell'asse del
corpo dell'animale (TOT), lunghezza totale
con la pinna caudale in posizione naturale
(TLn), lunghezza alla biforcazione caudale
(FOR o FL), lunghezza precaudale (PRC o
PL) (© Alessandro De Maddalena).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
La femmina di squalo bianco di 589 cm TOT che venne catturata al largo di Maguelone, Francia, il 13 Ottobre 1956, della quale è conservato un calco nel Museo cantonale di Zoologia di Losanna (senza numero
di catalogo), rappresenta lo squalo bianco più grande al mondo del quale siano stati rilevati dati morfometrici completi (De Maddalena et al., 2003) (© Michel Krafft; per gentile concessione del Museo Cantonale di Zoologia, Losanna).
4.65 m è la seguente: M = 7.914 TL3.0958 (dove M = peso in kg, e TL = lunghezza totale in m) (Mollet e Cailliet, 1996). Casey e Pratt (1985) hanno notato che le stime del
peso basate unicamente sulla lunghezza non sono attendibili poiché la circonferenza
del corpo dello squalo bianco può presentare un’ampia variabilità per una stessa lunghezza, pertanto Mollet e Cailliet (1996) hanno proposto un’altra equazione: M =
37.73(G2TL)0.9334 (dove M = peso in kg, G = circonferenza in m, e TL = lunghezza totale in m). La relazione tra lunghezza alla biforcazione caudale e lunghezza totale basata su 112 esemplari di lunghezza compresa tra 122 e 517 cm è la seguente: FL =
0.9442 TL -5.7441 (dove FL = lunghezza alla biforcazione caudale in cm, e TL = lunghezza totale in cm) (Kohler et al., 1996).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Metodi per ottenere la lunghezza dello squalo bianco dalle parti scheletriche comunemente conservate (denti, mascelle, vertebre) sono stati studiati e applicati da numerosi autori (De Maddalena, 2000c, 2002a; Gottfried et al. 1996; Mollet et al., 1996;
Randall, 1973, 1987; Zuffa et al., 2002). Tuttavia, come è risultato sia dai dati rilevati
durante questo programma di ricerca (De Maddalena, 2000c, 2002a, 2007) che dallo
studio svolto da altri autori (Mollet et al., 1996) le dimensioni dei denti di maggiori dimensioni possono essere usate per ottenere dati attendibili sulle dimensioni degli squali bianchi solo quando si tratti di esemplari molto giovani, mentre non possono essere
usate per stimare le dimensioni di esemplari di taglia media o grande. Devono essere
considerate con il beneficio del dubbio anche le stime grossolane ottenibili dal perimetro della mascella superiore. Sebbene sia stato scritto (Mollet et al., 1996) che tale misura incontra una diminuzione del 4% a causa del disseccamento seguente la preparazione, bisogna tenere conto che alcune delle mascelle di esemplari mediterranei risalgono a secoli addietro, e il disseccamento potrebbe essere di entità significativamente
maggiore, ma impossibile da determinare. Per quanto riguarda invece le vertebre degli
esemplari mediterranei, queste sono state conservate in casi assai rari. A seguito di tali
considerazioni, di norma i dati morfometrici dei reperti non sono stati utilizzati per
tentare di risalire alle dimensioni dell’esemplare se non in pochi casi particolari.
In taluni casi la documentazione fotografica disponibile è stata di notevole utilità
per stabilire le effettive dimensioni di alcuni esemplari di grandi dimensioni, permettendo così di confermare o di rifiutare le dimensioni riportate dalle fonti. La stima della lunghezza degli squali bianchi per mezzo del materiale fotografico è sempre da effettuarsi con cautela, potendo essere fonte di risultati fuorvianti. È indispensabile limitarsi a utilizzare le rare immagini nelle quali l’animale intero o una sua ampia parte
appare non essere deformata dall’obiettivo utilizzato dal fotografo o dalla prospettiva,
e nelle quali oggetti di dimensione nota e di una certa importanza sono posti sul medesimo piano dell’esemplare la cui lunghezza s’intende stimare. Le immagini che non
rientrano in tale categoria devono essere ritenute di valore nullo ai fini dell’ottenimento di una stima valida. La letteratura sugli squali bianchi mediterranei è purtroppo ricca di stime grossolane ottenute sommariamente da materiale fotografico non idoneo a
tale tipo di utilizzo. Una femmina di squalo bianco di 589 cm che venne catturata al
largo di Maguelone, Francia, il 13 Ottobre 1956, della quale è conservato un calco nel
Museo cantonale di Zoologia di Losanna (senza numero di catalogo), rappresenta lo
squalo bianco più grande al mondo del quale siano stati rilevati dati morfometrici
completi. Tali dati (rilevati peraltro nel corso del presente studio) sono stati quindi utilizzati per ricavare delle stime attendibili della lunghezza totale di alcuni degli squali
bianchi più grandi registrati nel Mediterraneo per mezzo della documentazione fotografica disponibile (De Maddalena et al., 2003).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Dimensioni massime
N
ello squalo bianco, così come nella
maggior parte di specie di squali,
le femmine raggiungono dimensioni
maggiori dei maschi. Le dimensioni
massime dello squalo bianco sono state
a lungo oggetto di controversia. La femmina di squalo bianco di 589 cm che
venne catturata al largo di Maguelone e
sbarcata a Sète, Francia, il 13 Ottobre
1956, della quale è ancora oggi conservato un calco nel Museo cantonale di
Zoologia di Losanna (senza numero di
catalogo), è lo squalo bianco più grande
ancora oggi tangibile e comprovabile
che esista al mondo (De Maddalena et
al., 2003). Detto questo, i dati raccolti
nel Mediterraneo includono segnalazioni relative a ben 74 esemplari la lunghezza dei quali venne riportata come
misurata o stimata oltrepassare le dimensioni del suddetto esemplare del
museo di Losanna. Per lo più l’attendibilità delle dimensioni degli esemplari
riportati in tali casi è però impossibile
da verificare. Tuttavia le dimensioni riportate per alcuni di tali casi devono essere ritenute perfettamente attendibili,
anche in base a un’attenta analisi della Femmina di squalo bianco di lunghezza stimata di
documentazione fotografica disponibile 668-681 cm TOT catturata a Filfla, Malta, il 17
1987 (De Maddalena et al., 2001) (© John
svolta nel corso di questo studio (si ve- Aprile
Gullaumier).
da il capitolo «Rilevamento e stima delle dimensioni»). Tali casi sono i seguenti: per una femmina catturata a Maiorca, Spagna, il 5 Febbraio 1976, venne stimata una lunghezza di 610 cm (Morey et al., 2003),
per una femmina catturata a Maiorca, Spagna, nel Marzo 1969, venne stimata una lunghezza di 620 cm (Morey et al., 2003), per una femmina di squalo bianco catturata a
Ganzirri, Italia, il 19 Giugno 1961 venne stimata una TOT di 666 cm (De Maddalena
et al., 2001), per una femmina catturata a Filfla, Malta, il 17 Aprile 1987 è stata stimata una lunghezza di 668-681 cm TOT (De Maddalena et al., 2001), per una femmina
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Femmina di squalo bianco di lunghezza stimata di 666 cm TOT catturata a Ganzirri, Italia, il 19 Giugno
1961 (De Maddalena et al., 2001) (© D. Sorrenti; per gentile concessione della Società di Ricerca Necton).
catturata a Maiden’s Tower, nel Bosforo, Turchia, il 28 Dicembre 1965 venne riportata
una lunghezza di 700 cm (Kabasakal, 2003). In base a tale studio ritengo comprovato
ormai al di fuori di ogni possibile dubbio che lo squalo bianco può raggiungere la lunghezza totale di 7 m e molto probabilmente anche lunghezze superiori.
Gli squali bianchi di maggiori dimensioni registrati in acque extra-mediterranee sono l’esemplare catturato a Dakar, Senegal, nel 1982, di lunghezza totale stimata oltre
800 cm (Barrull e Mate, 2001; De Maddalena et al., 2001), e la femmina catturata l’1
Aprile 1987 presso Kangaroo Island, Australia, stimata oltre 690 cm di lunghezza totale (Cappo, 1988; Mollet et al., 1996). Questi esemplari non furono però misurati, ma
solo stimati. Il più grande squalo bianco effettivamente misurato catturato in acque extra-mediterrane è l’esemplare di 640 cm preso nel 1945 a Castillo de Cojimar, Cuba
(Bigelow e Schroeder, 1948; Guitart-Manday e Milera, 1974), anche se non è noto come tale lunghezza totale sia stata rilevata (se si tratti cioè di TOT, TLn o di una lunghezza rilevata non in linea retta ma lungo il profilo del corpo dell’animale).
In definitiva, è emerso che la specie può raggiungere fino a 800 cm di lunghezza totale, se si ritiene valida la stima riportata per la lunghezza totale dell’esemplare catturato a Dakar, Senegal, nel 1982, e non vedo ragione per rifiutarla considerato che venne effettuata da Juan Antonio Moreno, uno dei massimi esperti mondiali nello studio
Supplemento alla Rivista Marittima
33
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Una femmina di squalo bianco di lunghezza stimata tra 597 e 613 cm catturata all'Enfola, Isola d'Elba, il
12 Agosto 1938 (De Maddalena et al., 2001) (© per gentile concessione di Alberto Zanoli).
degli squali (Barrull e Mate, 2001; De Maddalena et al., 2001). In alternativa, la lunghezza massima da considerarsi è di 700 cm, pari alla lunghezza totale della femmina
catturata a Maiden’s Tower, nel Bosforo, Turchia, il 28 Dicembre 1965 (Kabasakal,
2003).
SQUALI BIANCHI ATTENDIBILI DI LUNGHEZZA SUPERIORE
A 6 M REGISTRATI NEL MEDITERRAANEO
Sesso
Località
femmina
femmina
femmina
Maiorca, Spagna
Maiorca, Spagna
Ganzirri, Italia
5 Febbraio 1976
Marzo 1969
19 Giugno 1961
femmina
Filfla, Malta
17 Aprile 1987
femmina
Maiden’s Tower,
Turchia
28 Dicembre 1965
Giugno 2010
Data
Lunghezza
Fonte
Morey et al. (2003)
Morey et al. (2003)
De Maddalena
et al. (2001)
668-681 cm (stimata) De Maddalena
et al. (2001)
700 cm
Kabasakal (2003)
610 cm (stimata)
620 cm (stimata)
666 cm (stimata)
34
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Dimensioni medie
P
er quanto riguarda le lunghezze degli esemplari mediterranei, è stato necessario
concludere che le dimensioni medie che emergono dalle segnalazioni non possono
essere ritenute valide, perché le segnalazioni di individui di piccola taglia sono meno
numerose di quelli di grande mole, e questo per diversi motivi. In primo luogo è certo
che molti squali bianchi di piccole dimensioni, neonati o molto giovani, vengono identificati erroneamente come altri lamnidi, ossìa come smeriglio (Lamna nasus) e squalo
mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus). I tratti distintivi sono infatti meno marcati
nei giovani squali bianchi, e il riconoscimento richiede una maggiore attenzione. L'errore appare più difficile, seppur sempre possibile, quando a esaminare l'animale sia un
biologo, ma è indubbiamente assai più frequente quando l'esemplare sia identificato da
Neonato di squalo bianco di circa 130 cm di lunghezza catturato all'inizio di Luglio 2008 nella Baia
di Edremit, Turchia (Kabasakal, 2008b). Le dimensioni medie che emergono dalle segnalazioni non
possono essere ritenute valide, perché spesso gli squali bianchi neonati o molto giovani non vengono
correttamente identificati e tali catture vengono quindi riportate assai di rado (© Hakan Kabasakal).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
pescatori o naviganti, i quali per lo più non conoscono le caratteristiche morfologiche
dello squalo bianco, e specialmente del neonato, in maniera dettagliata, avendo assai
di rado l'opportunità di incontrare questi animali (si veda il capitolo «Specie simili»).
In secondo luogo vale la regola generale che, a prescindere dalla specie, la cattura o
l'avvistamento di uno squalo di grandi dimensioni ha sempre risonanza assai maggiore
rispetto al caso in cui si tratti di uno squalo di piccole dimensioni. Infatti spesso la cattura di uno squalo bianco viene segnalata non tanto perché si tratti di un esemplare di
tale specie, ma perché tale animale ha dimensioni eccezionali rispetto a quelle che sono le catture abituali dei pescatori. Uno squalo bianco di lunghezza inferiore a 2 m
passerà di norma inosservato, perché di squali di quelle dimensioni ne vengono catturati comunemente nel Mare Mediterraneo. Inoltre il ricordo di un animale molto grande e delle sue dimensioni precise (quando siano state rilevate) s'imprimono assai più
facilmente nella memoria dei testimoni oculari. Tutti questi fattori rendono impossibile stabilire le reali dimensioni medie degli esemplari registrati.
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36
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Colorazione
C
osì come nella maggior
parte di squali e di altri
animali marini, il corpo dello
squalo bianco è scuro sulla
parte dorsale e bianco sulla
parte ventrale. Questo tipo di
colorazione serve a rendere
l'animale poco visibile sia
agli occhi delle sue prede che
degli eventuali predatori, e
sia dall’alto che dal basso
(De Maddalena e Baensch,
2008). Questo è particolarmente importante per un prebianco di lunghezza stimata intorno a 600 cm avvistato il
datore che basa le sue tecni- Squalo
26 Settembre 1999 al largo di Giulianova. La colorazione,
che di caccia sull'attacco a superiormente varia dal blu scuro intenso, al bruno ardesia, al bigio,
sorpresa (si veda il capitolo al grigio-piombo, sino talora quasi al nero, mentre inferiormente è
bianca (© Elvio Mazzagufo).
«Tattiche predatorie»). La colorazione, superiormente varia dal blu scuro intenso, al bruno ardesia, al bigio, al grigio-piombo, sino talora quasi
al nero. Sui fianchi una linea netta e frastagliata separa la colorazione superiore dall'inferiore, che è bianca. Vi è una macchia nera o grigio scura all'ascella delle pinne pettorali, che può mancare negli individui di maggiori dimensioni. La superficie ventrale
delle pinne pettorali è bianca con una macchia nera dal contorno irregolare posta all'apice. Il margine anteriore del lobo inferiore della pinna caudale mostra una zona biancastra delimitata da una linea frastagliata. La colorazione dorsale si estende a coprire
parzialmente la regione pelvica formandovi delle macchie irregolari. La colorazione
dei neonati è simile a quella degli adulti. Negli esemplari mediterranei non si è notata
alcuna differenza di colorazione rispetto agli esemplari di altre aree geografiche.
Un caso di albinismo in Carcharodon carcharias, un esemplare completamente bianco con occhi rossi, è stato documentato nelle acque del Sud Africa (Smale e Heemstra,
1997). Nel Mediterraneo non è stato registrato nessun caso certo di esemplare albino.
Va tuttavia menzionato che un esemplare segnalato più volte nel Settembre 1986 al
largo di Rimini, venne definito da più di un testimone «di colore bianco». Sfortunatamente non è stato possibile reperire alcuna documentazione fotografica o testimonianza diretta che abbia permesso di confermare questo aspetto.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Galleggiamento
L
a maggior parte di pesci ossei è dotata di una vescica natatoria. Si tratta di una
sacca piena di gas posta nella parte superiore della cavità corporea per bilanciare
il peso dei tessuti più pesanti come quello osseo. Gli squali sono sprovvisti di una vescica natatoria, ma a causa della leggerezza dello scheletro cartilagineo e di un enorme
fegato oleoso di bassissima gravità specifica sono solo leggermente più pesanti dell’acqua di mare. In effetti l’olio del fegato di squalo ha una galleggiabilità pari a 5-6
volte quella dell’acqua di mare (De Maddalena, 2008). Meno è denso il corpo dello
squalo, minore è la spinta necessaria per mantenere la sua posizione nell’acqua. La
differenza di densità delle varie specie di squali è anche in relazione al loro habitat. Le
specie pelagiche sono meno dense di quelle bentoniche (Stevens, 1987). Definiamo
«bentonici» tutti gli animali che vivono sul fondo marino, e «pelagici» quelli che vivono in mare aperto o comunque non in stretta relazione col fondo marino. Nello squalo
Uno squalo bianco di 620-640 cm di lunghezza (stimata pari a 594 cm TOT) catturato all’Isola Formica,
Egadi, nel Maggio 1974. Il solo fegato pesava più di 300 kg (De Maddalena et al., 2001). L'enorme fegato
di bassissima gravità specifica è fondamentale per incrementare la galleggiabilità dello squalo bianco.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
bianco il fegato ha quindi dimensioni cospicue, che variano comunque notevolmente
anche a seconda dello stato fisico dell’animale (si veda il capitolo «Apparato digerente»). Per 6 degli esemplari registrati nel Mediterraneo è stato riportato il peso del fegato, e si è potuto stabilire un range di peso che va da 11,12% fino a 25,00-28,12% del
peso corporeo totale dell’animale. In particolare il fegato di maggiori dimensioni, sia
come peso assoluto che come peso relativo alle dimensioni dell’animale, è stato registrato per una femmina di 550 cm catturata a Favignana, Isole Egadi, nel 1953: il peso
dell’esemplare era di 1600 kg, e il fegato pesava «quasi mezza tonnellata» (Gioacchino Cataldo, com. pers.), che se stimato a 400-450 kg, equivale a 25,00-28,12% del peso totale. Un altro caso interessante, in quanto il peso venne rilevato con precisione, è
quello di un esemplare di 460 cm FOR catturato nell’Agosto 1893 a Pace, Sicilia, che
aveva un fegato di 225 kg, pari quindi al 20% del peso totale che ammontava a circa
1125 kg (Facciolà, 1894).
Un tempo si credeva che gli squali fossero meno efficienti dei pesci ossei perché
mancano di vescica natatoria, ma in realtà gli squali possono muoversi in su e in giù
nella colonna d’acqua con maggiore facilità dal momento che hanno una galleggiabilità quasi neutra per mezzo di un fegato oleoso che non è influenzato da variazioni
pressorie dipendenti dalla profondità (Stevens, 1987). Come tutti gli squali, anche lo
squalo bianco deve nuotare costantemente per galleggiare, poiché se si ferma affonda.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Pelle
C
ome nelle altre specie di squali, anche nello squalo bianco la pelle è rivestita da
minute strutture dette denticoli dermici o scaglie placoidi. Nello squalo bianco i
denticoli dermici sono di dimensioni microscopiche, pari a 0,25 mm. Di conseguenza
la pelle è solo lievemente ruvida e abrasiva. Un denticolo è composto da polpa, dentina e vitrodentina simile a smalto, con una piastra basale ossea o radice che è inserita
nella pelle e una cuspide che si sviluppa esternamente. I denticoli dermici riducono
l’attrito durante il nuoto e il rumore generato dal movimento dello squalo, e hanno anche una funzione protettiva. A mano a mano che l’animale cresce, le scaglie placoidi
non crescono in dimensioni ma aumentano di numero. La forma dei denticoli dermici
varia da specie a specie e da una parte del corpo all’altra. Pertanto la loro forma assume anche valore nell’identificazione delle specie quando non sia possibile esaminare
l’esemplare intero, come accade per esempio nei mercati ittici, dove gli squali, e in
particolare i lamnidi, sono spesso portati già tagliati in trance (De Maddalena e Baensch, 2008). Nello squalo bianco i denticoli dermici sono distribuiti densamente ed embricati, sovrapponendosi gli uni agli altri lungo i margini anteriore e laterali, e presentano forma appiattita, con tre carene longitudinali che formano tre punte in corrispondenza del margine posteriore (Bigelow e Schroeder, 1948).
La pelle
dello squalo bianco
è rivestita
da minute strutture
dette denticoli
dermici o scaglie
placoidi,
di dimensioni
microscopiche
ed embricati,
con tre carene
longitudinali che
formano tre punte
in corrispondenza
del margine
posteriore
(© Alessandro
De Maddalena).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Apparato respiratorio
L’
organo respiratorio degli
squali sono le branchie. Gli
squali hanno da cinque a sette
paia di fessure branchiali. Lo
squalo bianco, così come la quasi
totalità di specie di squali, presenta cinque paia di fessure branchiali. La bocca degli squali porta al cavo orale e alla faringe, dove si trovano le branchie. L’ossigeno viene estratto dall’acqua e
l’anidride carbonica viene rilasciata grazie a membrane altamente vascolarizzate dette lamelle branchiali. Mentre le branchie
dei pesci ossei sono coperte da
una lamina ossea detta opercolo,
gli squali ne sono sprovvisti (De
Maddalena e Baensch, 2008).
Così come molti altri squali, Fessure branchiali della femmina di squalo bianco di 589 cm
anche lo squalo bianco presenta TOT che venne catturata al largo di Maguelone, Francia, il
13 Ottobre 1956, della quale è conservato un calco nel
due piccole aperture, dette spira- Museo cantonale di Zoologia di Losanna (senza numero di
coli, poste ai lati della testa, in catalogo) (© Michel Krafft; per gentile concessione del
posizione arretrata rispetto agli Museo Cantonale di Zoologia, Losanna).
occhi e anteriore alle fessure
branchiali. Gli spiracoli sono aperture branchiali rudimentali e sono utilizzate come
via d’ingresso per l’acqua in alternativa alla bocca. Tali aperture sono utili alle specie
che vivono sul fondo marino e passano lungo tempo avendo la bocca a contatto con il
fondale e quindi con i sedimenti che lo ricoprono. Di conseguenza gli spiracoli sono
più grandi nelle specie bentoniche e piccolissimi o anche del tutto assenti nelle specie
pelagiche. Nello squalo bianco, che è una specie prettamente pelagica, gli spiracoli sono così minuti da essere visibili solo in seguito a un esame ravvicinato (De Maddalena, 2007).
Lo squalo bianco è una specie altamente attiva, pertanto ha bisogno di un’elevata
quantità di ossigeno per bruciare le riserve energetiche che gli sono necessarie; di conseguenza deve nuotare costantemente per ossigenare a sufficienza le branchie e restare
in vita. Molte specie di squali possono riposare sul fondo marino per lunghi periodi.
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Questo comportamento è stato osservato sia in specie bentoniche che in alcune specie
pelagiche, in determinate circostanze, ma non è mai stato osservato nello squalo bianco, né nel Mediterraneo, né altrove. È chiaro che il suo fabbisogno di ossigeno non gli
permette di restare fermo. Questo è anche evidenziato dal fatto che soltanto il 14,4%
degli squali bianchi furono trovati ancora in vita nelle reti protettive poste lungo le coste del KwaZulu-Natal, Sud Africa (Cliff et al., 1996). Un’analoga statistica è impossibile da effettuarsi per gli esemplari mediterranei in quanto di rado la fonte specifica se
l’esemplare fosse ancora in vita, morente o già morto al momento del rinvenimento.
Sempre a causa delle sue esigenze respiratorie, la specie non è adatta a essere tenuta in
cattività, e di fatto sino a oggi nessun esemplare è sopravvissuto in acquario per un periodo di tempo superiore a pochi mesi. La più lunga permanenza in cattività, nel momento in cui scrivo, venne registrata all’Acquario di Monterey Bay, California, per un
giovane esemplare che vi rimase per 6 mesi e mezzo, da Settembre 2004 a Marzo
2005, prima di venire liberato. Fortunatamente, per quanto è noto, nessun tentativo del
genere è mai stato compiuto nell’area mediterranea. L’unico caso di un esemplare rimasto per un tempo prolungato in una condizione di cattività in Mediterraneo è quello
di una probabile femmina di squalo bianco di lunghezza stimata intorno a 5 m penetrata in una gabbia per tonni di 50 m di diametro al largo di Tripoli, Libia, il 12 Giugno
2002: l’esemplare venne osservato per 2,5 ore mentre nuotava nella gabbia per tonni,
in apparenza perfettamente a suo agio, e due giorni dopo l’aveva abbandonata, ma non
è noto per quanto tempo vi sia rimasto (Galaz e De Maddalena, 2004).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Apparato cardio-circolatorio
C
osì come tutti gli squali,
lo squalo bianco ha un sistema circolatorio semplice. Il
cuore è posto nella cavità pericardica, che è situata ventralmente nella regione toracica,
anteriormente alle pinne pettorali. Il cuore è composto da
due parti principali, l’atrio e il
ventricolo, e inoltre da un cono
arterioso e un seno venoso. Il
sangue va dal ventricolo al cono arterioso e quindi entra nell’arteria aorta ventrale, sale al- Uno squalo bianco di lunghezza stimata tra 700 e 800 cm
le arterie branchiali, quindi avvistato il 9 Settembre 2002 al largo di Porto San Giorgio.
passa nei capillari posti nelle Lo squalo bianco presenta endotermia regionale, mantenendo la
corporea più elevata di quella dell’acqua
branchie (dove avvengono gli temperatura
circostante grazie a meccanisimi fisiologici di ritenzione del
scambi gassosi, ossia il sangue calore (© Glauco Micheli).
acquisisce l’ossigeno e si libera
dell’anidride carbonica), sale nell’arteria aorta dorsale e quindi raggiunge tutti i distretti corporei attraverso le arterie minori. Dopo che, attraverso i capillari, il sangue
ha consegnato l’ossigeno e le sostanze nutritive ai tessuti e ha raccolto da questi i prodotti di scarto (inclusa l’anidride carbonica), il sangue entra nel sistema venoso, passa
nei reni liberandosi dei prodotti di scarto (esclusa l’anidride carbonica), e quindi torna
verso il cuore, in particolare attraverso le vene cardinali, ed entra nel seno venoso che
lo immette infine nell’atrio (Castro, 1983; De Maddalena e Baensch, 2008; Randall,
1986).
Mentre la maggior parte degli squali ha una temperatura corporea che è uguale a
quella dell’acqua circostante, alcune specie dell’ordine Lamniformes, in particolare
delle famiglie Alopiidae e Lamnidae, incluso lo squalo bianco, presentano endotermia
regionale: ciò significa che mantengono la temperatura corporea più elevata di quella
dell’acqua circostante in quanto sono dotati di meccanisimi fisiologici di ritenzione
del calore. La muscolatura rossa è quella che sviluppa maggiore potenza durante il
nuoto. Gli squali endotermici hanno una maggiore quantità di tessuto muscolare rosso
situato in profondità nel tronco, vicino alla colonna vertebrale, mentre altre specie
hanno tale muscolatura situata più in superficie. La muscolatura rossa è connessa al sistema circolatorio da una complessa rete di arterie e vene detta «rete mirabile» e il caSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
lore generato dalla muscolatura rossa durante il nuoto riscalda il sangue. Nella rete mirabile, il sangue caldo passa attraverso le vene (che portano il sangue dagli organi verso il cuore) e trasferisce calore alle arterie parallele (che portano il sangue dalle branchie verso gli organi). In tal modo il calore viene conservato nel corpo dello squalo anziché dissiparsi nell’ambiente attraverso le branchie (Ellis e McCosker, 1991). Tale
particolare organizzazione anatomica dell’apparato cardio-circolatorio dello squalo
bianco gli permette di avere una temperatura corporea più alta di 4-14°C rispetto a
quella dell’ambiente circostante (Carey et al., 1985; McCosker, 1987; Goldman et al.,
1996). Il calore è una forma di energia, così lo squalo bianco ha una maggiore quantità
di energia a sua disposizione rispetto alla maggior parte di specie di squali, che sono a
sangue freddo, e questo lo rende particolarmente potente, veloce, capace di rapidissima accelerazione e in grado di spiccare grandi balzi fuor d’acqua (De Maddalena,
2007; 2008).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Apparato digerente
S
imilmente agli
altri vertebrati,
anche negli squali
l’apparato digerente è
costituito da cavo
orale, faringe, esofago, stomaco e intestino. La bocca dello
squalo bianco è situata sulla superficie
ventrale della testa, è
grande, e ha forma
parabolica in veduta
ventrale. Dagli angoli
della bocca si originano i solchi labiali
inferiori e superiori, Mascelle e denti di uno squalo bianco di 1400 kg catturato
nel Dicembre 1876 nel Canale di Piombino, che venne descritto
con i primi più lunghi e illustrato da A. Manzella in Lawley (1881).
dei secondi.
La posizione ventrale della bocca non costituisce un impedimento all’alimentazione. L’elevazione del muso e l’estroflessione della mascella superiore (si veda il capitolo «Apparato scheletrico») portano la bocca in posizione quasi terminale. L’azione del
morso dello squalo bianco comprende una sequenza di movimenti delle mascelle e del
muso. I componenti separati della sequenza sono i seguenti: a) innalzamento del muso,
b) abbassamento della mascella inferiore, c) estroflessione della mascella superiore, d)
innalzamento della mascella inferiore, e) abbassamento del muso. L’intera durata del
morso è di circa 0,9 secondi. Allorquando lo squalo bianco dà una serie di morsi multipli, il muso resta parzialmente alzato nell’intervallo tra un morso e il successivo (Tricas e McCosker, 1984). Lo squalo bianco rimuove grossi bocconi dalla preda mordendola e contemporaneamente scuotendo la testa lateralmente. Grandi individui possono
facilmente asportare alcune decine di chilogrammi di carne con un singolo morso: al
largo di Capo Vaticano uno squalo bianco di lunghezza stimata di ca. 600 cm tranciò
un pesce spada (Xiphias gladius) lungo ca. 1,5 m e pesante ca. 70 kg con un unico
morso, lasciandone la sola testa (Anonimo, 1998; Jerry Spagnolo, com. pers.).
I denti degli squali sono denticoli dermici ingranditi e modificati (si veda il capitolo
«Pelle»), di conseguenza la loro struttura è praticamente uguale a quella dei denticoli
dermici. Dall’interno verso l’esterno il dente è quindi composto da polpa, dentina e viSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
trodentina simile a smalto, su di una base ossea. Ogni dente ha una radice e una corona
e la sporgenza della corona è detta cuspide. La corona ha due margini: il margine laterale e il margine mediale. Il dente non è fissato in un alveolo ma è impiantato nel tessuto connettivo (letto dentario) della mascella con la radice. I denti degli squali si rompono spesso e si distaccano con relativa facilità. Ne sono un esempio i due frammenti
di denti reperiti nella ferita inferta a un subacqueo da uno squalo bianco di lunghezza
stimata tra 450 e 500 cm, il 6 Ottobre 2008 nella Baia di Mala Smokova, Isola di Lissa, Croazia (Branko Dragicevic, com. pers.; Jakov Dulcic, com. pers.). Tuttavia la rottura o la perdita di denti non costituisce un problema per tali animali, poiché i loro
denti non sono permanenti; infatti questi pesci hanno un perfetto sistema di sostituzione regolare dei denti. I denti si formano in una scanalatura lungo la superficie interna
delle mascelle, e dietro i denti in uso vi sono diverse serie parallele di denti di ricambio (De Maddalena e Baensch, 2008). Nello squalo bianco solo la prima e, in parte, la
seconda serie sono funzionali. Gradualmente si attua una rotazione per cui i denti della
prima serie cadono e quelli della serie successiva prendono il loro posto. Nello squalo
bianco, le serie di denti sono fino a sette in ogni mascella (De Maddalena, 2000c). I
denti vengono continuamente sostituiti durante tutta la vita. Nello squalo bianco ogni
dente della mascella superiore è sostituito ogni 106/113 giorni negli esemplari giovani,
ma negli adulti la sostituzione rallenta e ogni dente è sostituito ogni 225/242 giorni
(Bruner, 1998). Considerato che uno squalo bianco ha una media di 48 denti nella prima serie e che per tale specie è stata stimata un’età massima di 53 anni, uno squalo
bianco potrebbe cambiare fino a oltre 5000 denti nel corso della vita. Questo spiega
perché i denti fossili del genere Carcharodon siano così comuni.
In ogni specie di squalo, il numero di denti che forma la prima serie della mascella e
della mandibola varia entro un range definito, ed è pertanto usato come sussidio nell’identificazione delle specie. Al fine di rappresentare il numero di denti nella bocca di
uno squalo, così come per molti altri animali, si usa la formula dentaria, in cui viene
indicato il numero di denti in ognuno dei quattro quadranti, ossia in ogni emimascella
superiore e inferiore. La formula dentaria dello squalo bianco è solitamente 13-13/1111. Questa formula dentaria si legge come segue: 13 denti nell’emimascella superiore
destra - 13 denti nell’emimascella superiore sinistra / 11 denti nell’emimascella inferiore destra - 11 denti nell’emimascella inferiore sinistra. Inoltre la formula dentaria
mostra una certa variabilità: da 12 a 14 - da 12 a 14 / da 10 a 13 - da 10 a 13 (Cadenat
e Blache, 1981). La medesima formula dentaria è risultata valida anche per gli esemplari del Mediterraneo, che possono arrivare sino a 14 - 14 / 13 - 13 (De Maddalena,
2000c). Di recente è stato però sottolineato come, a causa della pronunciata variabilità
osservata in molte specie, la formula dentaria convenzionale è di scarsa utilità nell’identificazione delle specie di squali, pertanto descrizioni più dettagliate sono necessarie (Litvinov e Laptikhovsky, 2005). Va detto che però nel caso dello squalo bianco, la
morfologia dei denti è talmente caratteristica da risultare inconfondibile, eccezione
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Squalo bianco di lunghezza stimata di 492-547 cm TOT catturato il 22 Ottobre 1963 nel Golfo
di Pirano, Slovenia (De Maddalena et al., 2001). Si noti l'estroflessione della mascella
superiore (per gentile concessione di Lovrenc Lipej).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
fatta per i neonati. Lo spazio tra i denti in corrispondenza della sinfisi delle due arcate
emimascellari superiori o inferiori (si veda il capitolo «Sistema scheletrico») è più larga nella mascella inferiore che nella superiore.
Esistono tre forme principali di denti comuni agli squali aventi simili abitudini alimentari: a) denti adatti per tagliare pezzi da grandi animali: questi denti sono grandi,
triangolari, taglienti, con o senza margini seghettati; ne sono un esempio i denti dello
squalo bianco; b) denti adatti a strappare e ad afferrare prede più piccole e veloci: questi denti sono stretti e curvi, da moderatamente a molto lunghi; ne sono un esempio i
denti dello squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus); c) denti adatti a spezzare le parti dure di prede come molluschi e crostacei: questi denti sono lisci e spesso disposti a formare una struttura a pavimento; ne sono un esempio i denti dei palombi
(Mustelus sp.). Tali tre forme base sono poi notevolmente differenziate nelle diverse
specie di squali, rappresentando un carattere fondamentale per l’identificazione (De
Maddalena e Baensch, 2008). Descriviamo ora la morfologia dei denti dello squalo
bianco in dettaglio.
I denti dello squalo bianco sono dotati di un’unica grande cuspide, triangolare, con i
margini marcatamente seghettati. I denti dei neonati hanno una seghettatura che può
essere meno accentuata o parzialmente assente, e presentano due piccole cuspidi accessorie ai lati della cuspide principale (Uchida et al., 1996). Come nella maggior parte di specie, anche nello squalo bianco vi è una differenza della morfologia tra i denti
della mascella superiore e quelli della mascella inferiore, tuttavia non è molto marcata;
i denti inferiori sono leggermente più piccoli e più o meno marcatamente stretti dei superiori. I denti vengono suddivisi in anteriori, intermedi, laterali e posteriori nella mascella superiore, e in anteriori, laterali e posteriori nella mascella inferiore (Applegate
e Espinosa-Arrubarrena, 1996). I denti anteriori sono più lunghi degli altri, sia nella
mascella superiore che nell’inferiore. I denti decrescono in dimensioni andando verso
gli angoli della bocca, con quelli che occupano le ultime posizioni che sono di dimensioni assai minute. Il dente intermedio, presente solo nella mascella superiore, si distingue per avere dimensioni nettamente inferiori sia rispetto al dente anteriore che lo
precede, che rispetto al dente laterale che lo segue. I denti inferiori hanno la funzione
di fare presa sulla preda e di trattenerla, mentre quelli superiori hanno la funzione di
tagliare. I denti inferiori sono prominenti e visibili anche quando lo squalo ha la bocca
chiusa. Come si è già avuto modo di accennare, la forma dei denti è anche in relazione
all’età dell’individuo. I denti diventano sempre più robusti e ampi mano a mano che lo
squalo bianco cresce in modo tale che si possa alimentare di prede di dimensioni via
via maggiori.
Lo squalo bianco non usa i denti solo per catturare le prede. Così il maschio può
mordere «delicatamente» la femmina durante il corteggiamento e durante l’accoppiamento trattenendola: si tratta dei cosiddetti «morsi d’amore» che sono la causa delle
cicatrici d’accoppiamento (si veda il capitolo «Riproduzione»). La dentatura viene anGiugno 2010
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
che usata dallo squalo bianco come arma di difesa contro i predatori e nel corso delle
contese con individui della sua stessa specie (si vedano i capitoli «Predatori» e «Competizione»). Così come in altre regioni (Hubbell, 1996), anche negli esemplari mediterranei sono state riscontrate varie deformità a livello della dentatura.
Bocca, cavo orale, faringe ed esofago sono sufficientemente ampi da permettere allo squalo bianco di ingoiare prede molto grandi. Dal momento che il cavo orale porta
alla faringe e quindi alle branchie, nutrizione e respirazione sono strettamente collegate negli squali. L’esofago è tappezzato da numerose appendici digitiformi dette papille.
L’esofago conduce allo stomaco, dove il cibo è processato dagli enzimi. Lo stomaco è
provvisto di pliche longitudinali, ed è a forma di «U», in quanto presenta due porzioni:
lo stomaco cardiale e lo stomaco pilorico. Lo stomaco cardiale è molto grande e sacciforme, mentre lo stomaco pilorico è più stretto. Lo stomaco degli squali è molto ampio, al fine di mettere questi formidabili predatori nelle condizioni di ingerire grandi
animali interi, grandi bocconi e una quantità notevole di prede di medie e piccole dimensioni (De Maddalena, 2008). Alcuni squali bianchi catturati nel Mediterraneo avevano nello stomaco prede intere aventi anche dimensioni ragguardevoli, inclusi un uomo, un cavallo (Equus caballus), una capra (Capra hircus), una verdesca (Prionace
glauca) di 2,2 m, tre tonni, una tartaruga marina comune (Caretta caretta) con un carapace di 60 cm di diametro, un delfino di circa 80 kg (Abela, 1989; Cazeils, 1998; Nitto
Minneo, com. pers.; Perrier, 1938). Il cibo può essere immagazzinato nello stomaco
cardiale per lunghi periodi. Spesso, quando uno squalo bianco viene eviscerato, le prede vengono trovate in uno stato di conservazione quasi perfetto, intatte o segnate soltanto da pochi segni superficiali prodotti dai denti. Di conseguenza, gli squali bianchi
sono in grado di ingerire grandi quantità di cibo in una volta sola e non hanno bisogno
di alimentarsi spesso. Gli squali sono in grado di rivoltare lo stomaco, probabilmente
al fine di avere un mezzo col quale eliminare gli oggetti che non possono essere digeriti (De Maddalena, 2008).
Allo stomaco segue l’intestino, che è relativamente corto. La sua parte anteriore è
detta duodeno. Come negli esseri umani, il pancreas e il fegato sono strettamente collegati. Il pancreas è un’importante ghiandola digestiva, che secerne enzimi. Le secrezioni pancreatiche passano attraverso il dotto pancreatico, che le porta al duodeno. Il
fegato di uno squalo bianco è costituito da due lobi, ed è un organo enorme, che negli
squali bianchi registrati in Mediterraneo, va da 11,12% fino a 25,00-28,12% del peso
corporeo totale dell’animale. Il grande fegato degli squali, immagazzinando grandi
quantità di acidi grassi ad alto contenuto energetico, ha funzione sia di riserva energetica che di organo deputato al galleggiamento (si vedano i capitoli «Galleggiamento» e
«Tasso di consumo del cibo»). Inoltre le cellule del fegato secernono la bile che emulsiona i lipidi. La bile viene immagazzinata nella cistifellea, e viene riversata nel dotto
epatico direttamente dal fegato e nel dotto cistico dalla cistifellea, quindi i due dotti si
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
uniscono a formare il dotto coledoco che sbocca nel duodeno. Il duodeno porta alla
più importante porzione dell’intestino, l’ileo, che contiene la valvola intestinale, comunemente detta valvola spirale. Si tratta di una struttura che ha la funzione di aumentare la superficie di assorbimento dell’intestino senza aumentarne le dimensioni esterne: questo adattamento lascia lo spazio necessario per un fegato e uno stomaco grandissimi. La valvola intestinale può presentare tre forme: a) la valvola spirale vera e
propria, avente forma elicoidale, b) la valvola anulare, costituita da una serie di lamelle o coni forati al centro, c) la valvola a cartoccio, costituita da una struttura allungata
e arrotolata su sé stessa. La valvola intestinale dello squalo bianco è di tipo anulare ed
è costituita da 47 a 55 lamelle strettamente ravvicinate (Compagno, 2001). L’assorbimento dei prodotti finali della digestione si realizza in questo tratto. L’ileo porta all’ultima sezione dell’intestino, il retto. La ghiandola rettale, che è posta in questo tratto,
rimuove l’eccesso di sali dal sangue e lo riversa nel retto attraverso un dotto. L’apparato digerente termina con l’ano, che si apre nella cloaca. In questa piccola camera sfociano anche il sistema escretore e il sistema genitale (si vedano i capitoli «Sistema
escretore» e «Sistema genitale»). La cloaca si apre quindi all’esterno sulla superficie
ventrale dell’animale, tra la base delle pinne pelviche (Castro, 1983; De Maddalena,
2008; Randall, 1986).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Sistema nervoso
C
osì come negli esseri umani, il sistema nervoso degli
squali può essere diviso in due
parti: il sistema nervoso centrale,
che include l’encefalo e il midollo spinale, e il sistema nervoso
periferico, che include i nervi
cranici e spinali. L’encefalo è
contenuto nel condrocranio (scatola cranica) e il midollo spinale
è protetto dalla cartilagine dell’arco neurale di ogni vertebra
(Randall, 1986) (si veda il capiSqualo bianco di lunghezza stimata di 450 cm avvistato al
tolo «Sistema scheletrico»).
largo di Numana, nel Maggio 1988, attirato dalla pastura nel
L’organo principale dell’ence- corso di una gara di pesca sportiva (De Maddalena, 2000b).
falo è il cervello. Il complesso Gli squali bianchi hanno un fine senso dell'olfatto e il cibo è
localizzato per mezzo di questo senso (© Fausto
cervello è necessario allo squalo spesso
Fioretti).
per ricevere e analizzare una
grande quantità di informazioni sensoriali. Odori, suoni e simili vibrazioni a bassa frequenza, deboli correnti elettriche e stimoli visivi posso attrarre uno squalo bianco. Gli
squali hanno quattro sensi: chemorecezione, meccanorecezione, fotorecezione ed elettrorecezione. Lo squalo bianco usa tutti questi sensi come guida per raggiungere la
preda, ma ognuno di tali sensi ha un’importanza maggiore durante il diverso momento
di avvicinamento alla preda (De Maddalena, 2008).
Le aree di alimentazione sono localizzate per mezzo dell’olfatto. Gli squali hanno
un fine senso dell’olfatto, così la scìa prodotta da un pesce sanguinante o da una carcassa di balena, potrà attirare degli squali bianchi. Nel Mediterraneo sono stati registrati anche casi del genere, in cui gli squali bianchi sono stati attirati da una carcassa
di balenottera comune (Balaenoptera physalus), capodoglio (Physeter macrocephalus),
pesce volpe comune (Alopias vulpinus), vitello (Bos taurus) ed essere umano (Anonimo, 1951; Biagi, 1995; Budker, 1971; Mauro Cottiglia, com. pers.; Imarisio, 1998;
Montefiori, 1998; Parona, 1896; Soldo e Jardas, 2002). Le narici sono localizzate sulla
superficie ventrale del muso. La narice conduce al bulbo olfattivo, composto da una
serie di lamelle di tessuto sensibile alle sostanze chimiche. Le narici sono parzialmente coperte da un lembo nasale anteriore che separa l’acqua in ingresso dall’acqua in
uscita, in modo tale che il bulbo riceva un flusso costante di acqua mentre lo squalo
nuota (Hodgson, 1987).
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Il sistema della linea laterale e l’organo dell’udito rendono lo squalo capace di captare i movimenti nell’acqua. La linea laterale è una serie di recettori sensoriali, i neuromasti, formati da cellule ciliate, che si estende dalla coda alla testa, ed è sensibile alla pressione, in modo tale che lo squalo riesce ad avvertire le vibrazioni dell’acqua.
Gli squali sono in grado di percepire sia la direzione che l’entità del movimento a una
grande distanza. Vibrazioni a bassa frequenza come quelle prodotte da un animale ferito attraggono rapidamente il predatore se si trova ad alcune centinaia di metri di distanza. Gli squali bianchi usano tale senso anche per individuare le correnti marine
(De Maddalena, 2008). Gli squali hanno due orecchi interni, fondamentalmente simili
a quelli degli esseri umani, che sono connessi all’esterno da stretti canali detti dotti endolinfatici i quali si aprono alla sommità della testa. L’orecchio è costituito da tre canali semicircolari uniti ventralmente a tre sacche, l’utriculo, il sacculo e la lagena, che
sono coinvolti sia nella funzione uditiva che nell’equilibrio (Randall, 1986). Il funzionamento dell’organo dell’udito è simile a quello della linea laterale. Infatti, grazie alla
presenza di cellule ciliate, l’orecchio interno è assai sensibile alle vibrazioni a bassa
frequenza, come quelle prodotte da un animale agonizzante. L’individuazione della
preda dipende molto dalla vista. Lo
squalo bianco ha occhi relativamente
grandi. La vista degli squali è eccellente.
Gli occhi degli squali sono simili a quelli di molti altri vertebrati. Il bulbo oculare racchiude la retina, che è l’area recettrice foto-sensibile. Parti diverse della
retina sono adatte per l’illuminazione intensa e tenue, con la conseguenza che gli
squali sono capaci di vedere sia in condizioni di piena luce che in penombra.
La retina contiene fotorecettori detti coni
e bastoncelli: i coni funzionano con luce
intensa, mentre i bastoncelli funzionano
con la penombra. Il tapetum lucidum è
una struttura che si stende al di sotto della retina e che, in condizioni di scarsa illuminazione, riflette la luce in entrata inMaschio di squalo bianco di 320 cm catturato
sulla Secca del Quadro, al Circeo, il 23
Novembre 1964. In questo primo piano sono
ben visibili la narice e le aperture delle ampolle
di Lorenzini (© Gino Felicioni e Cesare
Polidori, da Maltini, 1965).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
dietro verso la retina per ristimolare i fotorecettori, aumentando così la sensibilità dell’occhio (De Maddalena e Baensch, 2008). Alcuni avvistamenti e catture registrate nel
Mediterraneo sono avvenute in ore notturne, sottolineando la capacità dello squalo
bianco di muoversi e cacciare anche in condizioni di completa oscurità. Si sa che lo
squalo bianco è dotato di visione a colori (Gruber e Cohen, 1978). Gli squali hanno
palpebre immobili, tuttavia molte specie possiedono una terza palpebra, detta membrana nittitante, formata da una piega addizionale della palpebra inferiore: questa struttura
è mobile e quando lo squalo si sta alimentando, la membrana nittitante si chiude a scopo protettivo. Lo squalo bianco è però privo di membrana nittitante e, al fine di ridurre
il rischio di subire ferite, ruota gli occhi all’indietro durante l’attacco a una preda (Tricas e McCosker, 1984).
Quando lo squalo bianco è vicinissimo alla preda, può captare le minute correnti
elettriche generate dal sistema nervoso di quest’ultima, utilizzando sensori elettrici
detti ampolle di Lorenzini. Le ampolle sono numerosi piccoli organi contenenti una
cellula ciliata e pieni di una gelatina elettricamente conduttiva. Le aperture esterne degli elettrorecettori sono piccoli pori localizzati sulla testa e particolarmente abbondanti
sulla superficie ventrale del muso (De Maddalena, 2008). Questi sofisticati sensori sono utili per trovare le prede al buio o quando siano nascoste sotto alla sabbia. Gli squali bianchi usano questo senso anche per orientarsi sfruttando il campo magnetico terrestre, probabilmente soprattutto quando intraprendono ampi movimenti migratori (si
veda il capitolo «Habitat, movimenti e stagionalità»). È a causa delle ampolle di Lorenzini che gli squali sono attratti dai metalli, in risposta alle correnti galvaniche prodotte dalle interazioni elettrochimiche tra l’acqua di mare e i metalli (De Maddalena,
2008). Verosimilmente è per tale motivo che un esemplare catturato in Mediterraneo
aveva ingoiato una targa d’automobile (Lineaweaver e Backus, 1969; Gianturco,
1978) e che un altro venne osservato mordere ripetutamente il motore di una barca
(Marco Zuffa, com. pers.).
Recettori del tatto sono posti sul corpo dello squalo e questo senso è usato per ottenere maggiori informazioni toccando o urtando la preda. Il gusto mette il predatore
nella condizione di discernere il cibo prima di ingerirlo: spesso lo squalo bianco, decide la commestibilità di un determinato oggetto allorquando lo prende in bocca (Collier
et al., 1996). Papille gustative sono localizzate nel cavo orale e nella faringe dello
squalo.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Sistema scheletrico
L
o squalo bianco, così come tutti gli squali, ha
uno scheletro composto da cartilagine (il tessuto osseo è presente solo nei denti e nelle scaglie
placoidi). La cartilagine è un tessuto connettivo
leggero e flessibile di cui è costituito anche lo
scheletro dell’embrione umano, ma che nella nostra specie è per la maggior parte rimpiazzato dal
tessuto osseo durante lo sviluppo (la cartilagine
persiste in molte parti dell’essere umano adulto,
come per esempio il naso, i padiglioni auricolari
e le articolazioni). Alcune cartilagini del corpo
dello squalo, come per esempio le mascelle, la
scatola cranica e le vertebre, sono comunque parzialmente calcificate, ossìa irrobustite dalla deposizione di sali di calcio. Lo scheletro degli squali
si divide in una porzione assiale e una porzione
appendicolare.
Lo scheletro assiale è costituito dal cranio e
Mascelle di uno squalo bianco conservate
dalla colonna vertebrale.
nel Museo di Storia Naturale di Mans,
Il cranio è costituito dal condrocranio (detto Francia (numero di catalogo MHN LM
anche neurocranio o scatola cranica) e dallo 2005.7.1). Le mascelle, ossìa mascella
e inferiore o, più correttamente,
splancnocranio. Il condrocranio racchiude l’ence- superiore
mascella e mandibola, costituiscono l'arco
falo (si veda il capitolo «Sistema nervoso»), ed è mandibolare (© Musei di Mans).
un osso unico, sprovvisto delle suture o di altre
articolazioni che uniscono le ossa del neurocranio degli altri vertebrati. Lo splancnocranio è formato dai sette archi viscerali: arco mandibolare (mascella superiore e inferiore o, più correttamente, mascella e mandibola), arco ioideo e cinque archi branchiali. Le due mascelle sono formate ognuna da due cartilagini che si articolano sulla linea
mediana (sinfisi). La mascella superiore (o semplicemente mascella) è formata dai palati quadrati destro e sinistro e la mascella inferiore (mandibola) è formata dalle cartilagini di Meckel destra e sinistra. La mascella superiore non si articola direttamente al
condrocranio ed è solo lassamente sospesa a questo per mezzo di legamenti. La cartilagine superiore dell’arco ioideo è detta iomandibolare (destro e sinistro) e forma un
ponte che unisce le mascelle al condrocranio. Ne risulta che la mascella superiore è assai mobile e può essere estroflessa. Questo tipo di sospensione mascellare è detta iostilica. Le mascelle e l’arco ioideo si sono sviluppate a partire da archi branchiali primitivi (Castro, 1983; Randall, 1986; Tortonese, 1956).
La colonna vertebrale è costituita da 172-187 vertebre (Last e Stevens, 1994). La
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
vertebra è composta da tre parti: l’arco neurale, il corpo e l’arco emale. L’arco neurale
è posto superiormente e racchiude il midollo spinale. Il corpo è la parte centrale e principale e racchiude la notocorda (il supporto assiale del corpo dei cordati inferiori e dell’embrione dei cordati superiori, i vertebrati). L’arco emale è posto inferiormente e
protegge importanti vasi sanguigni (Randall, 1986).
Lo scheletro appendicolare è formato dal cinto pettorale, dal cinto pelvico e dalle
cartilagini delle pinne. I cinti non si articolano con la colonna vertebrale. Lo scheletro
delle pinne consiste di supporti cartilaginei detti pterigiofori (basali e radiali), che portano raggi dermici paralleli di elastoidina detti ceratotrichi (Castro, 1983; Randall,
1986).
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Sistema muscolare
C
osì come gli esseri umani, lo
squalo bianco è dotato di muscolatura striata, cardiaca e liscia.
Per quanto riguarda la muscolatura
striata, gli squali hanno due tipi di
muscolatura scheletrica, rossa e
bianca. Il muscolo rosso ha una
buona irrorazione sanguigna e utilizza l’ossidazione aerobica dei
grassi come fonte di energia. I muscoli rossi funzionano nel nuoto lento sostenuto. Il muscolo bianco ha
una scarsa irrorazione sanguigna,
funziona per mezzo della rottura
anaerobica del glicogeno ed è usato
solo nel nuoto veloce. Poiché il muscolo bianco opera anaerobicamente, lo squalo bianco non può sostenere a lungo velocità elevate e si Maschio di squalo bianco di 320 cm catturato sulla Secca
del Quadro, al Circeo, il 23 Novembre 1964.
stanca rapidamente (Stevens, 1987). Nella regione della bocca, il muscolo più importante è
Nella maggior parte di squali, i mu- l'adduttore della mandibola che chiude con forza
mascelle (© Gino Felicioni e Cesare Polidori,
scoli rossi giacciono in un sottile le
da Maltini, 1965).
strato immediatamente al di sotto
della pelle ed esternamente ai muscoli bianchi. Gli squali endotermici come lo squalo
bianco hanno una maggiore quantità di tessuto muscolare rosso situato in profondità
nel tronco, vicino alla colonna vertebrale. La muscolatura rossa è in contatto con il sistema circolatorio grazie a una complessa rete di arterie e vene detta «rete mirabile»
cosicché il calore generato dalla muscolatura rossa durante il nuoto riscalda il sangue
(si veda il capitolo «Apparato cardio-circolatorio»).
La massa principale di tesssuto muscolare scheletrico dello squalo che produce la
forza propulsiva nel nuoto è metamerica, ossìa divisa in segmenti. Ogni segmento della muscolatura, detto miotomo, ha una disposizione a zig zag dorso-ventrale in veduta
laterale. I miotomi sono separati l’uno dall’altro da un divisorio di tessuto connettivo
detto miosetto. Un altro strato di tessuto connettivo, il setto laterale, corre lungo la
metà della parte laterale del corpo, dividendo la muscolatura nella porzione epiassiale
dorsale e nella porzione ipoassiale ventrale. La porzione epiassiale si inserisce alla
parte posteriore del condrocranio. La porzione ipoassiale si inserisce al cinto pettorale.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
I muscoli delle pinne sono derivazioni dei miotomi. Nella regione branchiale i muscoli più voluminosi sono i costrittori superficiali, che comprimono le camere branchiali, spingono l’acqua verso l’esterno e chiudono le fessure branchiali. Nella regione
della bocca, il muscolo più importante è l’adduttore della mandibola che chiude con
forza le mascelle (Randall, 1986).
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Sistema escretore
I
nsieme, il sistema escretore
e il sistema genitale formano
l’apparato urogenitale. I reni
degli squali sono lunghi, sottili
organi di colore rosso scuro
che sono posti ai lati della colonna vertebrale, essendo situati esternamente alla cavità corporea e separati da questa da
una membrana, il peritoneo
(Castro, 1983). Le unità fun- Maschio di squalo bianco di 580 cm catturato a Capo Testa,
nel 1977 (Cristo et al., 2006). È visible la regione
zionali del rene, i corpuscoli Sardegna,
ventrale con l'apertura della cloaca posta tra le pinne pelviche (©
renali, sono costituiti da due Famiglia
strutture: il glomerulo e la capsula di Bowman. Il glomerulo è un gomitolo di capillari che rilascia per filtrazione
parte delle sostanze contenute nel sangue alla capsula di Bowman che lo racchiude; il
fluido così generato passa poi in un tubulo dove le sostanze utili vengono riassorbite
lasciandovi le sostanze di scarto e formando così l’urina (Randall, 1986). L’urina fuoriesce dai reni attraverso gli ureteri. Nel maschio, gli ureteri sfociano direttamente nella cloaca. Nella femmina, gli ureteri si uniscono posteriormente per formare il seno
urinario, che è racchiuso in una struttura conica, la papilla urogenitale, che attraverso
un poro si apre nella cloaca. Nella femmina la parte anteriore del rene è molto ridotta,
e l’urina viene prodotta solo nella parte posteriore (Castro, 1983).
L’urina degli squali contiene una bassa quantità di urea. Gli squali sono unici nel
mantenere un’alta percentuale di urea nel sangue e nei liquidi interstiziali dei loro tessuti (dal 2,0 al 2,5% mentre negli altri vertebrati va da 0,01 a 0,03%). Il mantenimento
di un’elevata concentrazione di urea e cloruri nei tessuti degli squali ha la funzione di
risolvere il problema osmotico che è proprio degli organismi marini in genere, i quali,
avendo fluidi corporei solitamente ipotonici rispetto all’acqua di mare, tendono a perdere acqua attraverso le mucose, per esempio delle branchie. I pesci marini risolvono
questo problema osmotico per mezzo dell’ingestione di acqua di mare e dell’escrezione attiva di sali grazie a speciali cellule delle branchie (Randall, 1986). Invece gli
squali, avendo fluidi corporei ipertonici rispetto all’acqua di mare, non hanno bisogno
di berla, in quanto l’acqua diffonde verso l’interno del corpo attraverso le cellule esterne per osmosi (il passaggio di acqua attraverso una membrana semipermeabile da una
soluzione più diluita a una più concentrata).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Sistema genitale
N
ei maschi maturi, un paio di testicoli, grandi e allungati, può essere visto nella
parte anteriore della cavità corporea dorsalmente al fegato. Negli squali immaturi
i testicoli sono una massa incospicua. Gli spermatozoi vengono prodotti nei tubuli seminiferi in ogni testicolo e convogliati attraverso i dotti efferenti in due epididimi assai
contorti che si possono osservare lungo la colonna vertebrale su entrambi i lati dell’aorta dorsale. Posteriormente l’epididimo passa nel dotto deferente. Nello squalo
bianco lo sperma è racchiuso in pacchetti protettivi detti spermatofore, che contengono
un grandissimo numero di spermatozoi (Pratt, 1996). La funzione delle spermatofore è
di proteggere lo sperma e di prevenire la perdita di sperma per dispersione nell’acqua
durante l’accoppiamento. Il dotto deferente è sede di immagazzinamento delle spermatofore (Castro, 1983). Nei maschi sessualmente immaturi i dotti deferenti sono due
tubi dritti sulla superficie ventrale dei reni; nei maschi maturi la parte anteriore dei
Maschio di squalo bianco di circa 600 cm catturato il 18 Agosto 1960 a Rio Marina, Isola d'Elba (Chiocca, 1990; G. Chiocca, com. pers.). Sono ben visibili gli pterigopodi, organi copulatori tubiformi che si originano dal margine mediale delle pinne pelviche e permettono l'immediato riconoscimento del sesso maschile (© Gennaro Chiocca; per gentile concessione di Giuliano Chiocca).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
dotti deferenti è assai contorta, mentre la parte posteriore è dritta e si amplia per formare le vescicole seminali. L’estremità posteriore delle vescicole seminali forma le
sacche spermatiche, e le due sacche spermatiche si uniscono posteriormente per formare il seno urogenitale, una cavità racchiusa da una struttura conica, la papilla urogenitale, che sporge nella cloaca.
Lo squalo bianco maschio è dotato di due pterigopodi, organi copulatori tubiformi
che si originano dal margine mediale delle pinne pelviche. La presenza o assenza degli
pterigopodi permette quindi un immediato riconoscimento del sesso di uno squalo
bianco, specialmente negli esemplari maturi, in quanto i maschi adulti hanno pterigopodi assai lunghi e robusti, e quindi ben visibili anche a una certa distanza. Il miglior
indicatore della maturità sessuale maschile è ottenibile dall’esame degli pterigopodi,
osservandone la robustezza, il grado di calcificazione, e la presenza di uno sperone retrattile (Pratt, 1996). Durante l’accoppiamento uno degli pterigopodi viene girato in
avanti e inserito nella cloaca della femmina. Le spermatofore sono spinte dalla cloaca
del maschio attraverso gli pterigopodi e fuori da questi dentro alla femmina per mezzo
di una corrente d’acqua prodotta per contrazione di organi detti sacchi sifone (Castro,
1983).
Nelle femmine di squalo bianco, l’ovaia destra è solitamente ben sviluppata, mentre
l’ovaia sinistra è vestigiale (Ellis e McCosker, 1991). L’ovaia è visibile all’estremità
anteriore della cavità corporea dorsalmente al fegato. Nelle femmine sessualmente immature l’ovaia è piccola e liscia, ma nelle femmine mature è grande e presenta delle
protuberanze arrotondate costituite dalle uova in via di sviluppo. Ogni uovo è circondato da uno strato di cellule nutritive detto follicolo. Quando un uovo è maturo, viene
rilasciato nel celoma per rottura del follicolo e passa attraverso l’ostio, l’apertura dell’ovidotto. L’ostio si biforca negli ovidotti destro e sinistro. La ghiandola nidamentale
è un’espansione della parte anteriore di ogni ovidotto, che secerne una membrana che
riveste le uova nel momento in cui attraversano l’ovidotto. La ghiandola nidamentale
rappresenta anche il sito di immagazzinamento dello sperma e della fecondazione. Si
pensa però che la femmina di squalo bianco e i lamnidi in genere non siano in grado di
immagazzinare lo sperma per lunghi periodi come osservato invece in altre specie di
squali (Pratt, 1993). L’estremità posteriore di ogni ovidotto si allarga a formare l’utero,
dove gli embrioni si sviluppano. I due uteri si uniscono posteriormente a formare la
vagina, la quale si apre nella cloaca (Castro, 1983).
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Riproduzione
G
li squali hanno sviluppato una strategia
riproduttiva diversa rispetto ai pesci ossei, in quanto
producono i loro piccoli in
numero relativamente basso per figliata, praticamente morfologicamente identici all’adulto e completamente indipendenti sin
dalla nascita. Gli squali
bianchi appena nati possono quindi procacciarsi il
cibo senza che vi sia alcun
tipo di cura parentale.
di squalo bianco di 587 cm catturata nel Golfo di Gabès, TuL’età massima dello squa- Femmina
nisia, il 26 Febbraio 2004. Era gravida di 4 embrioni di lunghezza
lo bianco è stata stimata compresa tra 132 e 135 cm (© Mohamed Nejmeddine Bradaï).
pari a 53 anni (Sabine
Wintner, com. pers.). Lo squalo bianco maschio raggiunge la maturità sessuale da 3,5
a 4,1 m di lunghezza e da 9 a 10 anni di età, la femmina tra 4 e 5 m di lunghezza e da
12 a 14 anni di età (Compagno, 2004). Le femmine raggiungono quindi la maturità
sessuale a dimensioni ed età maggiori rispetto ai maschi. Il motivo della sorprendente
rarità di osservazioni relative a femmine gravide di tale specie rimane un mistero insoluto, sia per il Mare Mediterraneo che più in generale per l’intero areale di distribuzione della specie. È chiaro che le grandi dimensioni e il peso delle femmine gravide ne
devono rendere più difficile la cattura, ed è inoltre possibile che durante la gravidanza
le femmine si allontanino dal resto della popolazione e che forse al termine della gestazione smettano temporaneamente di alimentarsi, così come si osserva in altre specie, rendendo così più basse le possibilità di giungere in contatto con l’uomo (De
Maddalena, 2002). Chiaramente però tali spiegazioni non sono sufficientemente esaustive. Indubbiamente lo squalo bianco deve avere una fecondità eccezionalmente bassa. L’accoppiamento si verifica probabilmente in primavera - estate. L’accoppiamento
di due squali bianchi è stato osservato un’unica volta, in Nuova Zelanda. Lo squalo
bianco inizia il corteggiamento avvicinandosi alla femmina e afferrandola con i denti,
causandole di conseguenza delle ferite superficiali dette morsi d’amore. Quindi il maschio inserisce uno dei suoi due pterigopodi nella cloaca della femmina. Gli squali
stanno uno sotto l’altro, girandosi di tanto in tanto ventre contro ventre. L’accoppiamento dura circa quaranta minuti (Francis, 1996). Nessuna osservazione di accoppiaSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
mento di squali bianchi è stata riportata nel Mediterraneo. Cicatrici che si presume
fossero risultate da ferite di questo tipo sono state osservate anche su femmine avvistate o catturate nel Mediterraneo, in particolare sulla testa, sul tronco e sulle pinne pettorali. Negli squali sono state osservate tre diverse modalità riproduttive: a) oviparità: la
femmina depone capsule ovigere contenenti embrioni che traggono il nutrimento dal
loro sacco vitellino; b) viviparità aplacentale: la femmina produce piccoli che completano il loro sviluppo nell’utero traendo il nutrimento dal loro sacco vitellino; c) viviparità placentale: la femmina produce piccoli che completano il loro sviluppo nell’utero
alimentati tramite una placenta formata dal sacco vitellino modificato e attaccato alla
parete uterina. La viviparità aplacentale è la modalità riproduttiva più comune, ed è
quella che si osserva anche nello squalo bianco. In tale specie è inoltre presente l’oofagia: gli embrioni oltre a trarre il nutrimento dal loro sacco vitellino si alimentano di
addizionali uova non fecondate prodotte dalla madre (Uchida et al., 1996).
La durata della gestazione è ignota ma potrebbe essere di oltre un anno. Si era scritto
che il parto potrebbe avvenire dalla primavera all’estate nelle aree temperate di entrambi gli emisferi (Francis, 1996). I dati raccolti nel Mediterraneo hanno confermato questa
ipotesi. In totale i piccoli di lunghezza pari o inferiore a 150 cm registrati nell’area, ossìa gli esemplari che possiamo verosimilmente considerare neonati, sono 20 (per due di
questi è inoltre indicata la presenza di una recente cicatrice ombelicale - Kabasakal,
2008b -). Per 13 di questi è noto il periodo di cattura, e quasi tutti, ossìa 12 esemplari,
sono stati registrati nei mesi tra Maggio e Agosto (2 esemplari in Maggio di cui 1 dubbio, 3 in Giugno, 3 in Luglio e 4 in Agosto), con l’eccezione di 1 registrato in Novembre. È evidente che il periodo durante il quale vengono dati alla luce i piccoli squali
bianchi nell’area mediterranea va da Maggio ad Agosto. Dei 20 neonati, 9 sono stati registrati nel Canale di Sicilia (6 in Sicilia, 2 a Lampedusa e 1 in Algeria), 6 in Adriatico
Nord-Orientale (5 dei quali in Croazia e 1 in Adriatico Nord-Orientale senza indicazione più precisa), mentre gli altri sono distribuiti variamente tra Mare di Alboran (1), Mar
Ligure (1), Mare Tirreno (1) e Mar Egeo (2). I neonati registrati nel Canale di Sicilia,
unitamente alle 2 femmine gravide di piccoli a termine catturati nella medesima zona,
indicano che, nel Mediterraneo, il Canale di Sicilia è l’area primaria nella quale le femmine di squalo bianco danno alla luce i loro piccoli. I dati raccolti confermano quindi
un’ipotesi già formulata in precedenza da Cigala Fulgosi (1990). I neonati registrati
nelle acque dell’Adriatico Nord-Orientale, suggeriscono che lo squalo bianco un tempo,
fino agli inizi del XX Secolo, si riproducesse anche nelle acque croate, ma questo sembra non accadere più ai nostri giorni (si veda il capitolo «Pesca»).
Le figliate possono essere composte da 2 a oltre 14 piccoli, probabilmente fino a 17
piccoli (Cliff et al., 2000). In questo intervallo cadono anche le poche figliate registrate nel Mediterraneo, andando da un minimo di 2 a un massimo di 9 piccoli. Da precedenti studi è risultato che alla nascita i piccoli misurerebbero tra 120 e 151 cm (Francis, 1996; Uchida et al., 1996), tuttavia esemplari di 80 cm e 95 cm sono stati segnalati
nel Mediterraneo (Brusina, 1888; Angelo Mojetta, com. pers.; Mojetta et al., 1997):
sebbene questi casi siano scarsamente documentati, non possiamo escludere che i neoGiugno 2010
61
62
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
nati dello squalo bianco
possano avere dimensioni
alla nascita inferiori a 120
cm. Le dimensioni dello
squalo bianco, cospicue
già alla nascita, lo rendono difficile preda per qualsiasi predatore. Il Canale
di Sicilia, oltre che da area
preferita per il parto, potrebbe fungere da area di
nursery per i piccoli squali
bianchi. Infatti, su 15 Neonato di squalo bianco di circa 130 cm di lunghezza catturato all'idi Luglio 2008 nella Baia di Edremit, Turchia (Kabasakal,
esemplari registrati aventi nizio
2008b). È ben visibile la cicatrice ombelicale (© Hakan Kabasakal).
dimensioni comprese tra
151 e 200 cm, 7 sono stati registrati nel Canale di Sicilia, mentre gli altri sono variamente distribuiti tra Mare Tirreno (4), Croazia (2), Grecia (1), Israele (1). a eccezione
fatta per tale possibile area di nursery, dai dati raccolti nel Mediterraneo non sembra
esistere alcuna segregazione per taglia, ossìa non vi è divisione dell’areale di distribuzione in base alle dimensioni degli esemplari.
Nelle segnalazioni registrate in Mediterraneo, il sesso è stato riportato per 123
esemplari, suddivisi in 39 maschi e 84 femmine. Ciò equivale a 1 maschio ogni 2,15
femmine. Il rapporto tra i sessi è particolarmente sbilanciato in due aree: in Croazia,
dove è pari a 1 maschio ogni 6 femmine, e le acque delle Isole Baleari, dove arriva a 1
maschio ogni 9 femmine.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE RIPRODUTTIVE DELLO SQUALO BIANCO
Lunghezza alla nascita
120-151 cm
Lunghezza alla maturità
circa 350-410 cm (maschio) e 400-500 cm (femmina)
Età alla maturità
9-10 anni (maschio) e 12-14 anni (femmina)
Periodo dell'accoppiamento
primavera-estate
Sviluppo embrionale
viviparo aplacentale (embrioni nutriti per oofagia)
Gestazione
ignota (probabilmente oltre un anno)
Numero di piccoli per figliata
2-14 e probabilmente fino a 17 piccoli
Periodo del parto
primavera-estate
Area primaria di parto in Mediterraneo
Canale di Sicilia
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Distribuzione geografica
L
a distribuzione geografica di Carcharodon carcharias è la seguente. Oceano Atlantico
Occidentale: da Terranova alla Florida, Bahamas, Bermuda, Cuba, Golfo del Messico
Settentrionale; inoltre Brasile e Argentina. Oceano Atlantico Orientale: Inghilterra (presenza dubbia), dalla Francia e Baia di Biscaglia a Gibilterra, Mare Mediterraneo (incluso il
Mar di Marmara, escluso il Mar Nero), Madera, Isole Canarie, Senegal, Gambia, Ghana,
Zaire (presenza dubbia), inoltre Angola, Namibia, Sud Africa, Isola di Gough. Oceano Indo-Pacifico Occidentale: Sud Africa, Mozambico, Tanzania, Zanzibar, Kenya, Seychelles,
Madagascar, Réunion, Mauritius, Mar Rosso (presenza dubbia), Golfo Persico (presenza
dubbia), Sri Lanka, Indonesia (presenza dubbia), Australia (Queensland, Nuovo Galles del
Sud, Victoria, Tasmania, Australia Meridionale e Occidentale), Nuova Zelanda (incluse le
Isole di Norfolk, Stewart e Chatham), Nuova Caledonia, Filippine, Cina, Taiwan, Giappone, Corea del Nord, Corea del Sud, Russia (Siberia, Mare di Okhotsk e Mare di Bering),
Isole di Bonin. Oceano Pacifico Centrale: Isole Marshall, Isole Hawaii. Oceano Pacifico
Orientale: dal Mare di Bering e Golfo di Alaska al Golfo di California, incluso Canada
(Columbia Britannica) e l’intera costa Pacifica degli USA (Alaska, Washington, Oregon,
California), Messico, Panama, Ecuador, Peru, Cile e Isole Galapagos (Compagno, 2001;
Kabasakal, 2003; Zuffa et al., 2002). È noto che lo squalo bianco è una specie rara, sebbene il suo areale di distribuzione sia molto ampio. Tale predatore è relativamente abbondante nelle acque del Sud Africa, della California Centrale, del New England e dell’Australia
Meridionale. Per quanto riguarda il Mare Mediterraneo, lo studio svolto ha dimostrato che
la specie è presente nell’intero bacino di questo mare, ma che ai nostri giorni, a seconda
delle zone, deve essere considerato raro o rarissimo (si veda il capitolo «Abbondanza»).
La distribuzione dello squalo bianco nel Mare Mediterraneo è stata primariamente ripartita per nazioni. Per l’Italia, trattandosi della nazione con il maggior numero di segnalazioni e con le coste più estese, affacciandosi tra l’altro sul maggior numero di mari e comprendendo la maggiore varietà di ambienti marini, le segnalazioni sono state ripartite in zone. Il
totale dei 549 o più (74 dubbi) esemplari segnalati nel Mare Mediterraneo è ripartito come
segue, in ordine decrescente. Italia: 242 o più (23 o più dubbi) (Mar Ligure: 25 o più -3 o
più dubbi-, Sardegna: 22 -1 dubbio-, Mare Tirreno: 68 -14 dubbi-, Sicilia: 50 -2 dubbi-,
Isole Eolie: 1, Isole Egadi: 17, Pantelleria: 4, Isole Pelagie: 9 o più, Mar Ionio: 3 -1 dubbio,
Mare Adriatico: 41 o più -2 dubbi-, località ignota: 3); Croazia: 70 o più (1 dubbio); Spagna: 51 (5 dubbi) (Spagna continentale: 13 -2 dubbi-, Isole Baleari: 38 -3 dubbi-); Francia:
45 o più (2 dubbi) (Francia continentale: 43 o più -1 dubbio-, Corsica: 2 -1 dubbio-); Tunisia: 31 o più; Malta: 14 (3 dubbi); Grecia: 8; Turchia: 23 (1 dubbio); Algeria: 4; Slovenia:
3; Montenegro: 2; Cipro: 1; Israele: 1; Egitto: 1; Libia: 1; Marocco: 1; Bosnia: 0; Albania:
0; Siria: 0; Libano: 0. Vi sono poi le seguenti segnalazioni che sono prive di una localizzazione in una data nazione: Mare Mediterraneo senza specificazione della nazione:
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64
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
DISTRIBUZIONE DELLE SEGNALAZIONI DI SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Zone
SPAGNA (continentale)
SPAGNA (Isole Baleari)
FRANCIA (continentale)
FRANCIA (Corsica)
ITALIA (Mar Ligure)
ITALIA (Sardegna)
ITALIA (Mare Tirreno)
ITALIA (Sicilia)
ITALIA (Isole Eolie)
ITALIA (Isole Egadi)
ITALIA (Pantelleria)
ITALIA (Isole Pelagie)
ITALIA (Mar Ionio)
ITALIA (Mare Adriatico)
ITALIA (località ignota)
MARE ADRIATICO (località ignota)
SLOVENIA
CROAZIA
BOSNIA
MONTENEGRO
ALBANIA
GRECIA
TURCHIA
SIRIA
CIPRO
LIBANO
ISRAELE
EGITTO
LIBIA
MALTA
TUNISIA
ALGERIA
MAROCCO
MARE MEDITERRANEO (località ignota)
TOTALE
Esemplari
Totale
Dubbi
13
38
43
2
25
22
68
50
1
17
4
9
3
41
3
9
3
70
0
2
0
8
23
0
1
0
1
1
1
14
31
4
1
42
549
2
3
1
1
3
1
14
2
1
2
1
1
3
39
74
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Mappa di distribuzione nel Mediterraneo.
42 (39 dubbi); Mare Adriatico senza specificazione della nazione: 9. Quindi, calcolando complessivamente i dati attuali e storici, le segnalazioni sono più numerose, nell’ordine, nelle seguenti nazioni: Italia, Croazia, Spagna, Francia, Tunisia, Turchia e
Malta. Nelle altre nazioni il numero di esemplari segnalato è di entità trascurabile.
Per quanto riguarda le aree dalle quali proviene il maggior numero di segnalazioni,
sempre calcolando complessivamente i dati attuali e storici, queste sono, nell’ordine,
le seguenti: Mare Adriatico, Mare Tirreno, Canale di Sicilia, Mare delle Baleari, Golfo
del Leone, Mar Ligure, Mar Egeo, Mar di Marmara, Mar Ionio. Negli altri mari il numero di esemplari segnalato è di entità trascurabile. va però precisato che l’entità della
popolazione mediterranea di squali bianchi è andata mutando considerevolmente nel
corso del tempo. Alcune delle aree citate hanno visto diminuire maggiormente la consistenza numerica di segnalazioni della specie, specialmente il Mare Adriatico e in
particolare le acque croate (si veda il capitolo «Pesca»), e quindi il Golfo del Leone, il
Mar Ligure, il Mare delle Baleari e il Mar di Marmara. Ai nostri giorni la specie appare rara ovunque; zone dalle quali pervengono comunque più segnalazioni sono il Mare
Tirreno, il Canale di Sicilia e il Mare Adriatico.
Va comunque detto che in alcuni casi è ipotizzabile che l’estrema scarsità di dati raccolti
in una determinata zona, sia da attribuirsi non solo a una modesta presenza della specie
nell’area in oggetto, ma anche a una carenza di comunicazioni dovute a barriere linguistiche e culturali tra determinate nazioni e l’Italia, dalla quale è stata svolta la presente ricerca, come pure a una modesta presenza di ittiologi che abbiano studiato la specie e che nel
corso del tempo abbiano segnalato avvistamenti e catture della stessa.
Giugno 2010
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66
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Habitat, movimenti e stagionalità
L
o squalo bianco preferisce le acque costiere
e al largo delle piattaforme
continentali e insulari dei
mari temperati. Tuttavia lo
si rinviene spesso anche
nella zona epipelagica, ossìa quella zona posta esternamente alla piattaforma
continentale e illuminata,
che va dalla superficie fino
a circa 50 m, dove è possibile la fotosintesi e dove è
quindi maggiore la concentrazione di esseri viventi.
Raramente gli squali
bianchi si avvicinano molto
alla costa. Alcuni casi eccezionali, relativi a squali
Raramente gli squali bianchi si avvicinano molto alla costa. Il 9
bianchi giunti a meno di 50 Marzo 1965, a Ganzirri, Sicilia, questo esemplare di lunghezza
m dalla riva, provano co- stimata attorno a 560 cm, inseguendo un banco di cefali (Mugil sp.),
a soli pochi metri dalla riva su di un fondale di meno di 1 m
munque che questo può ac- arrivò
e venne poi arpionato a 40 m dalla riva (Celona et al., 2001) (©
cadere: un attacco a un su- Antonino Donato; per gentile concessione della Società di Ricerca
bacqueo avvenuto il 6 Ot- Necton).
tobre 2008 a 10 m dalla riva nella Baia di Mala Smokova, Isola di Lissa, Croazia (Branko Dragicevic, com.
pers.; Jakov Dulcic, com. pers.), un attacco a un kayak verificatosi il 30 Luglio 1991 a
20 m dalla riva a Portofino (Fergusson, 1996; Graffione, 1991), un incontro con dei
subacquei avvenuto il 20 Giugno 2002 a 20 m dalla riva a Cap Ferrat, Francia (De
Maddalena e Révelart, 2008), un esemplare arpionato il 9 Marzo 1965 a 40 m dalla riva a Ganzirri, Sicilia (Celona et al., 2001). Casi come questi possono verificarsi laddove la riva è molto vicina a una zona in cui il fondale è scosceso divenendo improvvisamente più profondo. Per quanto concerne la profondità minima registrata per la specie
nel Mediterraneo, dobbiamo citare nuovamente il caso verificatosi il 9 Marzo 1965 a
Ganzirri, Sicilia, dove l’esemplare, di lunghezza totale stimata attorno a 560 cm, inseguendo un banco di cefali (Mugil sp.) arrivò a soli pochi metri dalla riva su di un fondale di circa 1 m, dove la sua parte dorsale fuoriusciva dall’acqua mentre con la parte
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
ventrale toccava verosimilmente il fondo (Celona et al., 2001).
L’analisi dei dati ha dimostrato che questo predatore, nel Mediterraneo così come
altrove, frequenta le aree vicine alle secche, le isole, gli stretti, i canali, dove può
reperire facilmente un maggior numero di prede (Compagno, 2001; De Maddalena,
2002a). Lo squalo bianco predilige le acque superficiali, come è stato confermato da
uno studio condotto presso le Farallon Islands, California, ove un maschio adulto è
stato osservato mantenersi in una fascia di profondità compresa tra 13,9 e 32,1 m
(Goldman et al., 1996). Gli squali bianchi si possono spesso avvistare mentre nuotano
in superficie lasciando emergere gli apici della prima pinna dorsale e del lobo superiore della pinna caudale, e questa abitudine è stata riportata anche in molti casi registrati nel Mediterraneo. Lo squalo bianco può immergersi fino ad almeno 1280 m di
profondità (Compagno, 1984), ma nel Mediterraneo la massima profondità riportata
sino a oggi per un’immersione di tale specie è di 130 m, registrata al largo di Marzamemi, Sicilia, Italia (Marino, 1965; Celona, 2002). Come gli altri squali, lo squalo
bianco utilizza i campi elettrici e magnetici dell’ambiente per orientarsi. È stato osservato che al fine di interpretare i campi elettrici di superficie gli squali debbano occasionalmente esplorare il profilo di profondità del campo elettrico, come potrebbero appunto fare durante le immersioni profonde (Carey e Scharold, 1990).
In generale sembra che gli squali bianchi non abbiano un proprio territorio, possono
però mostrare filopatria, ossìa una speciale preferenza per una data area dove si mantengono o nella quale ritornano periodicamente. Gli squali bianchi sono animali nomadi e possono spendere periodi relativamente brevi in un dato sito o ritornarci a distanza
di pochi giorni. Casi registrati nel Mediterraneo nei quali sembra che un esemplare di
squalo bianco sia rimasto per più giorni in un medesimo luogo o che vi abbia fatto ritorno entro pochi giorni, sono stati riportati nelle seguenti località e periodi: nell’Agosto 2001 a Torre delle Stelle alias Capo Torre Finocchio in Sardegna, nel Giugno 1721
a Ponte della Maddalena a Napoli, nel Giugno 1978 nel Golfo di Venezia, nell’Agosto
1938 all’Enfola, Isola d’Elba, nel Settembre 1956 sulla Secca del Faro al Circeo, nell’Agosto-Settembre 1962 poi all’inizio dell’Estate 1960 e ancora nel Novembre 1964
sulla Secca del Quadro al Circeo, nel Gennaio-Maggio 1989 nel Canale di Piombino,
nel Maggio 1990 nello Stretto di Messina, a fine Settembre 1986 tra Rimini e Pesaro,
tra fine Agosto e inizio Settembre 1934 tra Rijeka, Kraljevica e Susak, Croazia, nel
1993 a Paphos, Cipro. Inoltre per lo meno alcuni individui rivisitano dati siti periodicamente, lungo periodi che possono essere anche di anni (Compagno, 2001). Esistono
testimonianze attestanti che un medesimo esemplare di squalo bianco può tornare in
un dato luogo per numerosi anni in una stessa stagione. Casi del genere sono stati segnalati anche in Mare Mediterrano, nel Golfo di Baratti, sulla Secca del Quadro al Circeo, e nel tratto di Adriatico tra Rimini e Pesaro. Tuttavia, nell’area di studio, sino a
oggi questi casi non possono essere comprovati in maniera certa. In nessuno di tali casi infatti c’è stato un comprovato riconoscimento dell’individuo. È tuttavia in corso di
Giugno 2010
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68
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Maschio di squalo bianco di 530 cm di lunghezza catturato il 23 Agosto 1937 a Marzamemi, Sicilia
(Celona, 2002). Nel Mediterraneo la massima profondità riportata sino ad oggi per un'immersione di
tale specie è di 130 m, registrata per tale esemplare (Marino, 1965; Celona, 2002) (© per gentile
concessione della Società di Ricerca Necton).
svolgimento un progetto di foto-identificazione degli esemplari mediterranei che dovrebbe portare a interessanti risultati nel corso dei prossimi anni.
Questo squalo è in grado di muoversi su lunghissime distanze, compiendo migrazioni transoceaniche ed è noto per tollerare temperature estreme, dal Mare di Bering e
le isole sub-Antartiche fino alle acque tropicali costiere (Compagno, 2001; Bonfil et
al., 2005). La periodicità nella comparsa di squali bianchi in alcune zone è correlata ai
cambiamenti di temperatura. In entrambi gli emisferi, gli squali bianchi si spostano alle più alte latitudini durante l’estate (Compagno, 1984; Leim e Scott, 1966). Tali spostamenti stagionali sono più ampi per gli esemplari più giovani, mentre crescendo gli
squali bianchi tendono ad avere un range di temperatura più ampio e quindi a sopportare meglio sia le basse che le alte temperature (Compagno, 1984).
Dallo studio svolto è emerso in maniera chiara che nel Mediterraneo, i movimenti
degli squali bianchi dipendono strettamente da quelli dei tonni. I tonni rossi Atlantici
(Thunnus thynnus) sono suddivisi in due stocks: uno orientale con area di riproduzione che comprende anche il Mediterraneo e uno occidentale, con area di riproduzione
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
nel Golfo del Messico (Dino Levi, com. pers.). Nel Mediterraneo, il tonno rosso raggiunge la maturità sessuale tra la fine del terzo e l’inizio del quarto anno di età, a una
lunghezza di circa 105 cm. I grossi tonni maturi dell’Atlantico orientale che si avvicinano alle coste europee a maggio sono detti «tonni genetici» o «tonni di corsa»; questi
passano attraverso lo Stretto di Gibilterra ed entrano nel Mare Mediterraneo, seguendo
poi le diramazioni della corrente di ingresso atlantica per raggiungere le diverse aree
di riproduzione, situate nella parte occidentale, centrale e orientale del bacino. Essi si
riproducono quando la temperatura raggiunge e supera 24°C, condizione che generalmente si realizza intorno alla metà di maggio nel Mar di Levante, a metà giugno nel
Mediterraneo centrale (Mar Tirreno meridionale e Malta) e a fine giugno intorno alle
Isole Baleari. Al termine della riproduzione i tonni, detti «tonni di ritorno» possono lasciare il Mediterraneo spostandosi in Atlantico, per ritornare nuovamente in Mediterraneo all’avvicinarsi del periodo riproduttivo. Quelli che restano nel Mediterraneo si
mantengono in prossimità delle aree di nascita (homing), trovandosi più frequentemente nelle acque delle Isole Eolie, nello Stretto di Messina, nel Golfo del Leone, nell’area delle Bocche di Bonifacio e dovunque vi sia un’imponente produttività primaria
(Gregorio De Metrio, com. pers.). Possibili differenze genetiche tra i tonni del Mare
Tirreno e quelli del Mare di Levante consentono di ipotizzare l’esistenza di una popolazione distinta nel Mediterraneo orientale rispetto a quella del Mediterraneo occidentale e centrale (Carlsson et al., 2004). Da quanto si è detto non sorprende quindi che le
segnalazioni di squali bianchi siano di gran lunga più frequenti nei mesi da Maggio a
Settembre, né che le aree dove la specie è più abbondante coincidano con le suddette
aree di maggiore abbondanza di tonni rossi. I movimenti dello squalo bianco nel Mediterraneo sono quindi strettamente legati a quelli dei tonni rossi. Dai dati disponibili
emerge che le rotte degli squali bianchi nel Mediterraneo non seguono un andamento
semplicemente schematizzabile, apparentemente adattandosi anche alla varietà di rotte
che percorrono i tonni rossi. Più che di rotte sarebbe quindi forse più corretto parlare
di differenti punti di aggregazione verso i quali i predatori convergono più o meno
puntualmente in determinati periodi dell’anno. Tuttavia dai dati raccolti in questo studio non abbiamo motivo di ritenere che gli squali bianchi siano soliti seguire i tonni
anche nelle loro migrazioni attraverso lo Stretto di Gibilterra. È senz’altro possibile
che questo accada di tanto in tanto, ma la scarsità di segnalazioni nel Mare di Alboran
sembra indicare che di norma gli squali bianchi si mantengano nel Mediterraneo. Credo che vi siano quindi le basi per ipotizzare l’esistenza di una popolazione di squali
bianchi mediterranea distinta da quella atlantica; però questa ipotesi dovrà indubbiamente essere comprovata da futuri studi basati sulla marcatura degli squali bianchi nel
Mediterraneo, come pure da studi comparativi della genetica degli esemplari atlantici
e mediterranei.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Nuoto
L
o squalo bianco si muove con grazia nell’acqua con le pinne pettorali ben aperte,
per mezzo di lenti e potenti colpi della coda, mantenendo una certa rigidità nel resto del corpo. La pinna caudale è usata come organo propulsore: lo squalo bianco nuota muovendo la pinna caudale da lato a lato. Le ampie pinne pettorali e, in misura minore, le pinne pelviche, assai più piccole, hanno la funzione di sostenimento e stabilizzazione. La grande prima pinna dorsale e, in misura assai minore, la seconda pinna
dorsale e la pinna anale, piccolissime, hanno funzione di stabilizzazione. Nella maggior parte degli squali, il lobo superiore della pinna caudale, più lungo dell’inferiore,
spinge lo squalo verso il basso durante il nuoto, ma questa tendenza è bilanciata dall’innalzamento generato dalla testa appiattita e dalle ampie pinne pettorali quasi orizzontali. Nello squalo bianco il lobo superiore della pinna caudale è solo di poco più
ampio di quello inferiore, di conseguenza tale fenomeno è assai meno accentuato rispetto alle specie che hanno una pinna caudale fortemente asimmetrica, e la testa non
è appiattita dorso-ventralmente come nella maggior parte delle specie, ma è invece di
forma conica. Lo squalo bianco ha un design altamente idrodinamico grazie a diverse
caratteristiche morfologiche: un corpo fortemente affusolato, un muso pronunciatamente conico, una pinna caudale ampia e lunata, un paio di ampie carene caudali sui
Femmina
di squalo bianco
di lunghezza
stimata di 490500 cm
incontrata
da un
subacqueo
intorno al 15-20
Luglio 1991
sul Banco
di Pantelleria
(Riccardo
Andreoli,
com. pers.)
(© Riccardo
Andreoli).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
lati del peduncolo caudale e pozzetti precaudali sulle superfici dorsale e ventrale del
peduncolo caudale (si veda il capitolo «Anatomia esterna»).
Anche in virtù del fatto che si tratta di una specie che presenta endotermia regionale
(si veda il capitolo «Apparato cardio-circolatorio») lo squalo bianco è un nuotatore attivo e potente. Questa specie può nuotare relativamente lentamente per lunghi periodi,
mantenendo una velocità media di crociera di 3,2 km all’ora (Carey et al., 1982). Tuttavia è capace di improvvise, rapidissime, accelerazioni ad alta velocità, ed è stato stimato che per brevi tratti possa raggiungere circa 40 km all’ora e forse più. Può talvolta
compiere salti fuor d’acqua, fino a oltre 3 metri di altezza, sia durante l’attacco a una
preda, sia forse come forma di gioco (De Maddalena, 2007; 2008; Martin, 2003). È interessante notare che tale comportamento, osservato di frequente nelle acque di False
Bay, Sud Africa, appare invece del tutto inusuale nel Mediterraneo, essendo stato riportato in un unico caso (Anonimo, 1908; Marco Zuffa, com. pers.).
Giugno 2010
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72
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Ruolo ecologico nelle comunità marine
P
ossiamo immaginare lo
squalo bianco alla
sommità di una piramide
immaginaria, detta piramide delle biomasse. Questa
piramide rappresenta la
quantità totale di energia e
massa vivente presente in
un ecosistema. La maggiore quantità di energia e biomassa si trova alla base
della piramide, occupata
dai produttori (organismi
autotrofi), mentre la minore quantità di energia e biomassa si trova alla sommità
della piramide, dove sono
posti i consumatori di livello più alto. Infatti, salendo
la piramide, a ogni livello
decrescono gradualmente
sia l’energia che la biomassa che tale energia può sostentare. Gli organismi più
piccoli sono i più numerosi, e costituiscono il nutrimento per gli organismi
più grandi e meno abbondanti che occupano il livello successivo. Mano a mano che si sale sulla piramide, gli organismi aumentano in dimensioni e diminuiscono in numero, fino
ad arrivare agli squali bianchi, consumatori di dimensioni enormi e rari quasi
ovunque nei mari del glo-
Femmina di squalo bianco di 520 cm catturata il 16 Maggio 1956 a
Sidi Daoud, Tunisia. Nello stomaco aveva resti di due delfini comuni
(Delphinus delphis), frammenti di carapace di tartaruga marina verde
(Chelonia mydas), e un giovane squalo mako (Isurus sp.) (Postel,
1958). Gli squali bianchi sono strumenti fondamentali della selezione
naturale (foto da Postel, 1958; per gentile concessione del Museo
Nazionale di Storia Naturale, Parigi).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
bo. Gli squali bianchi rivestono un ruolo importante nelle comunità marine. Questi pesci, quali predatori, sono strumenti fondamentali della selezione naturale. Così nel Mediterraneo gli squali bianchi svolgono in primo luogo un ruolo di controllo diretto delle popolazioni di animali quali tonni, delfini e tartarughe marine (si veda il capitolo
«Dieta») e, di conseguenza, esercitano un controllo indiretto sulle popolazioni delle
prede di tali grandi vertebrati. Inoltre, svolgendo anche un ruolo di spazzini, alimentandosi delle carcasse di animali quali per esempio balenottere e capodogli, aiutano a
processare la materia organica, in modo tale che possa venire utilizzata da altri organismi. In definitiva, gli squali bianchi influenzano la composizione degli ecosistemi marini, contribuiscono alla loro stabilità e mantengono la biodiversità. Questi pesci giocano un ruolo importantissimo nelle catene alimentari marine (De Maddalena, 2008).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Tasso di consumo di cibo
G
li squali bianchi consumano una quantità
relativamente limitata di
cibo. È stato stimato che
uno squalo bianco possa
resistere per tre mesi o più
senza alimentarsi (McCosker, 1981). Questi animali
si alimentano intensivamente per un breve periodo, quindi si alimentano
pochissimo per un periodo
più lungo. Si osserva un
breve periodo di attività
predatoria allorquando lo
squalo si trova in modalità
di caccia, e un periodo più Gli squali bianchi spendono notevole tempo ed energia dando
la caccia alle loro prede, di conseguenza per questi predatori è
lungo di digestione allor- conveniente scegliere prede di grandi dimensioni e facilmente
quando l’alimentazione è reperibili. Ecco perché nel Mediterraneo i tonni sono tra le prede
minima. Gli squali spendo- preferite dello squalo bianco (© Alessandro De Maddalena).
no notevole tempo ed energia cercando le prede e dando loro la caccia, di conseguenza è conveniente a uno squalo di grandi dimensioni consumare una preda di grandi dimensioni piuttosto che catturare numerose prede di piccole dimensioni. Questa tendenza è dimostrata anche dalla
preferenza degli squali bianchi mediterranei per i grandi vertebrati quali tonni, delfini
e tartarughe marine (si veda il capitolo «Dieta»). Ecco che allora la carcassa di un
grande cetaceo quale una balenottera o un capodoglio è chiaramente un’ideale fonte di
energia per gli squali bianchi, e per di più di proporzioni tali da sostentare numerosi
esemplari per un lungo periodo di tempo. Gli squali bianchi arrivano al punto di ottimizzare lo sfruttamento di tale fonte di cibo alimentandosi selettivamente del pannicolo adiposo ad alto contenuto energetico della carcassa del cetaceo.
Il tasso di consumo di cibo degli squali è stimato primariamente sulla base della
quantità di cibo trovato nei loro stomaci. Gli squali bianchi che hanno lo stomaco vuoto hanno mangiato probabilmente almeno 24 ore prima di venire catturati. Si deve anche tenere presente che gli squali bianchi sono in grado di rivoltare lo stomaco (si veda il capitolo «Apparato digerente»), così non si può essere certi che uno stomaco
vuoto indichi uno stato di digiuno. Nel Mediterraneo è stato registrato un unico caso in
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
cui è stato riportato che lo stomaco dello squalo bianco in questione era vuoto. Va comunque detto che tale unico dato non può avere alcuna rilevanza statistica: è chiaro
che altri esemplari con lo stomaco vuoto devono essere stati catturati nell’area ma che
semplicemente tale dato non è stato solitamente riportato perché non ritenuto d’interesse dagli osservatori o dai cronisti occasionali.
Il consumo di cibo deve compensare la quota di accrescimento e la quota di attività.
Ciò significa che le sostanze nutritive contenute negli alimenti dello squalo bianco devono consentirgli di crescere, ricostituire i tessuti, svolgere tutte le funzioni fisiologiche vitali, nuotare, procacciarsi il cibo, riprodursi. Ovviamente il consumo di cibo è in
relazione al livello di attività di una particolare specie, e il livello di attività è in relazione anche al tasso di digestione del cibo. Trattandosi di animali a sangue caldo, gli
squali bianchi hanno un metabolismo più elevato di molte altre specie che sono a sangue freddo. Così specie a sangue freddo come la verdesca (Prionace glauca) e lo squalo grigio (Carcharhinus plumbeus) consumano una quantità di cibo pari allo 0,2-0,6%
del loro peso corporeo per giorno; una specie a sangue caldo come lo squalo mako
dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), fileticamente più vicino allo squalo bianco, consuma l’equivalente del 3% del suo peso corporeo per giorno (Stillwell, 1991). Per
quanto riguarda lo squalo bianco, un esemplare di 1,5 m in cattività consumò l’equivalente dell’1,6% del suo peso corporeo per giorno (Ezcurra et al., 1996).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Dieta
L
o squalo bianco è un animale carnivoro e ha una dieta molto ampia. Questa inclu de infatti pesci ossei, elasmobranchi, mammiferi marini, molluschi, crostacei, tartarughe marine, uccelli e carcasse (Compagno, 1984; Cliff et al., 1989; Martin, 2003).
I 107 casi registrati recanti informazioni sull'alimentazione dello squalo bianco, includono: descrizione dei contenuti stomacali degli esemplari, osservazioni di eventi
predatori, osservazioni di alimentazione su carcasse, e segnalazioni di animali recanti
segni di morsi imputabili a squali bianchi. Delle categorie elencate, l'osservazione di
un evento predatorio è di gran lunga il caso meno frequente, poiché escludendo gli attacchi a esseri umani è stato osservato in soli 2 casi.
I dati inerenti alla dieta che emergono dai casi registrati nel Mediterraneo non possono essere considerati del tutto esaustivi, poiché usualmente il contenuto stomacale di
uno squalo bianco viene riportato soprattutto quando costituisce motivo di particolare
curiosità, quindi nei casi in cui si rinvengono prede di grandi dimensioni, soprattutto
Squalo bianco catturato nel 1956 tra i calanchi di Niolon e Figuerolles, Francia. Nello stomaco, oltre ai
resti di diversi delfini e tonni, venne trovato un piccolo di foca monaca (Monachus monachus). Si tratta
dell'unico caso registrato di alimentazione di squalo bianco su pinnipede nel Mediterraneo (Damonte,
1993) (© Agence Intercontinentale, Paris).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
se intere o pressoché complete, e inoltre oggetti inusuali (De Maddalena, 2002).
Nel Mediterraneo, l'elemento principale nella dieta dello squalo bianco sono i pesci.
Sono stati registrati 46 casi di alimentazione su pesci. Di questi, 7 sono relativi a pesci
non identificati, 34 a pesci ossei, e 5 a pesci cartilaginei.
I 34 casi relativi ad alimentazione su pesci ossei sono così suddivisi: 17 si riferiscono a tonni non identificati (Thunnus sp.) (incluso 1 caso dubbio), 1 a tonno rosso
(Thunnus thynnus), 1 a tonno alalunga (Thunnus alalunga), 3 a palamita (Sarda sarda),
1 a sgombro (Scomber scombrus) (dubbio), 6 a pesce spada (Xiphias gladius), 1 a cefalo (Mugil sp.), 1 a sardina (Sardina pilchardus), 1 a cernia (dubbio), 1 a scorfano
(Scorpaena sp.) e 1 a dentice (Dentex dentex). Il fondamentale rapporto tra squali
bianchi e tonni rossi è già stato trattato altrove in questo libro (si veda il capitolo «Habitat, movimenti e stagionalità»).
I 5 casi relativi a pesci cartilaginei sono così suddivisi: 1 si riferisce a raiforme
(manta o razza non meglio identificata), 1 a squalo mako dalle pinne corte (Isurus
oxyrinchus), 2 a pesce volpe (Alopias sp.) e 1 a verdesca (Prionace glauca).
I mammiferi marini rappresentano una parte importante della dieta degli squali
bianchi. Non sorprende quindi che nel Mediterraneo siano stati registrati 42 casi (dei
quali 3 dubbi) di alimentazione di squali bianchi su mammiferi marini. Di tali casi solo 1 si riferisce a un pinnipede, mentre i restanti 41, ossìa la quasi totalità, si riferiscono a cetacei. Nelle acque frequentate da pinnipedi, specialmente nei punti in cui se ne
trovano delle colonie, tali animali possono essere prede specialmente importanti per
gli squali bianchi. Le foche tendono a essere consumate più frequentemente delle otarie. Per quanto riguarda il Mediterraneo, la foca monaca (Monachus monachus) è l'unica specie di pinnipede presente nell'area. Vi è un unico caso registrato di alimentazione di squalo bianco su foca monaca nel Mediterraneo, risalente al 1956 (Damonte,
1993). Ai nostri giorni l'estrema rarità di questo pinnipede lo rende comunque una preda sì possibile ma comunque del tutto occasionale per gli squali bianchi del Mediterraneo (De Maddalena e Révelart, 2008).
I cetacei, inclusi quelli di medie e piccole dimensioni, vivi o morti, e le carcasse
delle grandi balene, rappresentano un elemento importante nella dieta degli squali
bianchi (Arnold, 1972; Compagno, 1984; Long e Jones, 1996). Per quanto concerne i
40 casi di alimentazione su cetacei registrati nel Mediterraneo, 22 casi si riferiscono a
delfini non meglio identificati, 1 a delfino comune (Delphinus delphis), 3 a stenella
striata (Stenella coeruleoalba), 6 a tursiope (Tursiops truncatus) (inclusi 2 casi dubbi),
2 a focena comune (Phocoena phocoena), 2 a capodoglio (Physeter macrocephalus), 1
a grampo (Grampus griseus), 2 a balenottera comune (Balaenoptera physalus) (incluso
un caso dubbio) e 2 a balenottera non meglio identificata.
Dai 34 casi registrati (inclusi 2 casi dubbi) relativi ad alimentazione su delfinidi
emerge chiaramente che nel Mediterraneo questi cetacei costituiscono un elemento
frequente nella dieta dello squalo bianco (si veda il capitolo «Tattiche predatorie»).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
PREDE DELLO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
SPECIE
Contenuto stomacale Predazione o carcasse
Totale
Totale Dubbi
Totale
Dubbi
Totale Dubbi
MAMMIFERI
delfini (senza specificazione)
21
1
delfino comune Delphinus delphis
1
stenella striata Stenella coeruleoalba
1
tursiope Tursiops truncatus
2
focena comune Phocoena phocoena
grampo Grampus griseus
capodoglio Physeter macrocephalus
balenottera (senza specificazione)
balenottera comune Balaenoptera physalus
1
foca monaca Monachus monachus
Mammiferi terrestri (cani -incluso
un probabile cane lupo, gatti, corna
di capra, pelli, agnello, maiale,
vitello, cavallo)
7
RETTILI
tartaruga marina (senza specificazione)
4
2
tartaruga marina comune Caretta caretta
1
tartaruga marina verde Chelonia mydas
UCCELLI
piume (senza specificazione)
1
gabbiano
1
PESCI
pesce (senza specificazione)
5
4
pesce spada Xiphias gladius
12
tonno Thunnus sp.
1
tonno rosso Thunnus thynnus
1
tonno alalunga Thunnus alalunga
2
palamita Sarda sarda
sgombro Scomber scombrus
cefalo Mugil sp.
1
dentice Dentex dentex
sardina Sardina pilchardus
cernie
scorfano Scorpaena sp.
manta o razza
1
1
squalo mako Isurus sp.
1
pesce volpe Alopias sp.
1
verdesca Prionace glauca
MOLLUSCHI
molluschi (senza specificazione)
1
calamari
OGGETTI NON COMMESTIBILI
oggetti non commestibili
15
1
2
5
2
1
2
2
2
1
2
9
3
4
5
1
2
1
2
2
5
1
1
1
1
1
1
1
1
22
1
3
6
2
1
2
2
2
1
1
3
7
6
17
1
1
3
1
1
1
1
1
1
1
1
2
1
1
1
1
2
17
2
1
2
1
1
1
1
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Sebbene in nessuno di tali casi sia stata direttamente osservata la predazione, ma si sia
sempre trattato di esemplari reperiti quali contenuti stomacali o osservati mentre venivano mangiati già morti, è comunque certo che il predatore non si limita ad alimentarsi di carcasse di tali cetacei. Il caso di un tursiope recante recenti ferite nella regione
dorsale causate da due morsi di squalo bianco di lunghezza stimata superiore a 400 cm
è la prova che lo squalo bianco attacca effettivamente tursiopi vivi in queste acque
(Celona et al., 2006). La focena comune (Phocoena phocoena) era un tempo considerata da alcuni autori come piuttosto comune in alcune zone del Mediterraneo. Vi sono
due casi registrati relativi a focene trovate negli stomaci di squali bianchi. Entrambi risalgano alla fine del XIX secolo. Ai nostri giorni l'estrema rarità di questo cetaceo lo
rende una preda solo eventuale e comunque del tutto occasionale per gli squali bianchi
del Mediterraneo (De Maddalena e Zuffa, 2008).
Nel Mediterraneo sono stati segnalati 6 casi di alimentazione di squali bianchi su
grandi cetacei, comprendenti 4 balenottere morte o morenti (incluso un caso dubbio) e
2 capodogli (Physeter macrocephalus). In due dei casi relativi ad alimentazione su carcasse di balenottere la fonte (Parona, 1919) riportò che si trattò di balenottere azzurre
(Balaenoptera musculus), ma questa specie non soltanto non è propria della fauna mediterranea ma non vi è nemmeno mai stata osservata, e i casi in cui delle balenottere
furono riconosciute come appartenenti a tale specie sarebbero da considerarsi errori di
identificazione. Poiché la Fonte indica in entrambe le segnalazioni le lunghezze degli
animali, pari rispettivamente a 18 e 21 metri, essendo altamente improbabile che fossero effettivamente balenottere azzurre, si deduce che fossero balenottere comuni (Balaenoptera physalus).
Sono stati inoltre registrati 9 casi di alimentazione su mammiferi terrestri. Questi includevano cane (Canis lupus familiaris), gatto (Felis silvestris catus), capra (Capra hircus), agnello (Ovis aries), maiale (Sus domesticus), vitello (Bos taurus) e cavallo
(Equus caballus). In questi casi si suppone che per lo più gli squali bianchi si siano limitati ad alimentarsi di carcasse, anche se non è da escludere che in qualche caso vi
sia stata predazione su mammiferi terrestri attaccati mentre nuotavano in superficie,
una situazione peraltro già osservata in altri mari (Lineaweaver e Backus, 1979).
Per quanto concerne i rettili marini, sono stati registrati 10 casi di alimentazione su
tartarughe marine. In 4 di questi casi la specie di tartaruga marina non è stata riportata,
mentre in 5 si è trattato di tartaruga marina comune (Caretta caretta) e in 1 di tartaruga
marina verde (Chelonia mydas). In 7 casi si è trattato di esemplari trovati nello stomaco di squali bianchi catturati, in 2 di carcasse e in 1 di una tartaruga viva recante segni
di un attacco predatorio.
I casi relativi ad alimentazione su molluschi sono solo 2: uno relativo a molluschi
non meglio identificati, l'altro a calamari.
Per quanto riguarda l'alimentazione su uccelli, si hanno 4 casi: 1 di questi relativo a
delle piume trovate nello stomaco di un esemplare, 1 relativo a un gabbiano trovato
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
come contenuto stomacale, e altri 2 relativi a predazione su gabbiani ma entrambi da
considerarsi casi non confermati.
Su 591 esemplari catturati tra il 1974 e il 1988 lungo le coste del Natal, Sud Africa,
il contenuto stomacale è risultato composto dalle seguenti parti: 41,1% di elasmobranchi, 34,7% di teleostei, 29,0% di mammiferi marini (Cliff et al., 1989). È probabile
che le popolazioni di elasmobranchi del Mare Mediterraneo siano state sempre di entità inferiore a quelle delle acque sudafricane, ed è inoltre certo che molte sono state
quasi completamente distrutte dalle attività di pesca nel corso degli ultimi 40 anni (De
Maddalena e Baensch, 2008). Appare quindi chiaro che non avendo a disposizione nel
Mediterraneo una grande abbondanza di elasmobranchi né una quantità sufficiente di
pinnipedi, il predatore basa la sua dieta in primo luogo sui pesci ossei (specialmente
tonni), in secondo luogo sui cetacei (specialmente delfini) e quindi sulle tartarughe
marine. In misura minore si rivolge poi a elasmobranchi (in particolare squali), molluschi e uccelli. È noto che la dieta dello squalo bianco varia a seconda della zona (De
Maddalena, 2002a). Daltronde molti squali sono predatori opportunisti, potendo alimentarsi di specie diverse a seconda della loro reperibilità in una data area e in un dato
periodo dell'anno, così quando una determinata preda è scarsa si rivolgono a un’altra.
Una specie che è particolarmente comune o che è facile da catturare può dominare la
dieta degli squali opportunisti (De Maddalena, 2008).
La dieta cambia anche con l'età. La forma dei denti cambia con la crescita mano a
mano che l'individuo amplia la propria dieta: gli adulti hanno cuspidi più ampie e robuste rispetto ai giovani, di conseguenza possono cacciare prede di maggiori dimensioni. Gli squali bianchi di lunghezza superiore a 3 m tendono a cacciare più facilmente i mammiferi marini rispetto agli squali che hanno una lunghezza inferiore ai 2 m, i
quali si alimentano più facilmente di pesci ossei e squali (Compagno, 2001). Tale osservazione può essere confermata solo in parte da questo studio, in quanto i dati raccolti nell'area in merito alla dieta degli esemplari sono unicamente riferibili per esemplari dai 4 m di lunghezza in su. Così se da una parte è emerso che i delfinidi e i tonni
rientrano nella dieta degli squali bianchi di lunghezza pari o superiore a 4 m, e che le
tartarughe marine costituscono un alimento degli esemplari di lunghezza pari o superiore a 5 m, è impossibile sapere se le medesime prede rientrino nella dieta degli squali
bianchi di lunghezza inferiore a 4 m.
Lo squalo bianco è sicuramente tra le specie più onnivore, e di fatto, osservando la
sua dieta a livello mondiale, è chiaro che può mangiare quasi ogni cosa. A volte lo
squalo bianco può anche ingoiare oggetti non commestibili (Lineaweaver e Backus,
1979; De Maddalena, 2002a). Sembra comunque che questa tendenza, pur essendo assai più marcata che in altre specie di squali, sia meno frequente di quanto si osserva
nello squalo tigre (Galeocerdo cuvier) (Compagno, 1984). Nel Mediterraneo sono stati
registrati 17 casi di esemplari che avevano ingerito oggetti non commestibili. Questi
comprendevano: pietre, un cavo metallico, una catena di boa, 31 ami, pantaloni, stivaSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
li, un canovaccio, bottiglie di plastica, sacchetti di plastica, scarpe, ceste, un impermeabile, 2 o 3 cappotti, una targa d'automobile, una tavoletta di sughero, un bidone di
plastica, un contenitore di plastica contenente rifiuti, scarpe da donna, vestiti, una parrucca, un manico di scopa, vari altri oggetti non specificati e altri rifiuti non meglio
identificati. Questi animali hanno una forte tendenza ad attaccare oggetti estranei.
Mentre sono attratti dagli oggetti metallici a causa dell'elettrorecezione (si veda il capitolo «Sistema nervoso»), come emerge anche dai dati raccolti nell'area in esame, ingoiano però anche oggetti di plastica e altri materiali che non generano alcun campo
elettrico. Secondo alcuni ricercatori, gli oggetti pesanti potrebbero venire ingeriti al fine di risolvere problemi legati al controllo del galleggiamento.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Tattiche predatorie
L
o squalo bianco è ugualmente attivo di notte come di giorno (Klimley et al.,
2001). Nel Mediterraneo però
solo pochissimi incontri si
sono verificati in ore notturne. Questo si spiega facilmente considerando che le attività umane in genere sono
assai più ridotte dopo il calare del sole, che l’avvistamento in condizioni di scarsa illuminazione diviene assai arduo, e che il riconoscimento
(Tursiops truncatus) di lunghezza stimata intorno a 350
della specie è allora comun- Tursiope
cm avvistato presso Lampedusa, Isole Pelagie, recante ferite
que assai più difficile. Gli inferte da due morsi di squalo bianco nella regione dorsale
squali bianchi sono cacciatori (Celona et al., 2006) (© Emiliano D’Andrea / Società di Ricerca
Necton).
solitari ma possono essere visti in paia o in gruppi da piccoli a grandi (fino a 10 esemplari o più) presso delle fonti di cibo (Compagno, 2001).
Nel Mediterraneo le segnalazioni di squali bianchi avvistati in paia o gruppi di 3 o più
individui sono in totale 17 (compresi 2 casi dubbi). In definitiva è chiaro che anche gli
squali bianchi mediterranei sono essenzialmente cacciatori solitari.
Sovente lo squalo bianco attacca senza alcun preavviso le sue veloci prede. L’attacco a sorpresa è necessario se si pensa che molte delle prede degli squali bianchi sono
dotate di grande agilità, velocità e forza, e per lo squalo sarebbe difficile catturarle con
un normale inseguimento (Strong, 1996). Inoltre l’attacco a sorpresa permette allo
squalo di catturare la preda con il minimo rischio di venire ferito da quest’ultima e con
il minimo dispendio energetico possibile. La vittima solitamente non vede lo squalo fino a quando il predatore le è già addosso con un attacco rapido e violento. Gli squali
bianchi sono stati osservati utilizzare tale tecnica contro foche, otarie, lontre, delfini,
tonni ed esseri umani (Miller e Collier, 1980; Tricas e McCosker, 1984, Long e Jones,
1996; Long et al., 1996; Ames et al., 1996; Levine, 1996; West, 1996; Collier, 2003).
D’altra parte attacchi a sorpresa a esseri umani, nei quali la vittima non ha visto lo
squalo fino al momento del contatto, sono stati registrati anche nel Mediterraneo. Lo
squalo bianco è anche in grado di avvicinarsi a una possibile preda usando un banco di
pesci come uno schermo per osservarla di nascosto, mantenendosi al limite della visiSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
bilità, nuotando su di un asse banco di pesci - preda; questo comportamento viene detto avvicinamento nascosto (Gabriotti e De Maddalena, 2004).
Lo squalo bianco può attaccare la preda avvicinandosi a questa orizzontalmente o
verticalmente. Il predatore usa la sua imponente massa e un’elevata velocità per colpire, disorientare e stordire la preda. Quest’ultima tattica è particolarmente efficace, in
quanto se la preda si trova in superficie e lo squalo arriva rapido da sotto, mentre per il
predatore la preda è ben visibile, per quest’ultima lo squalo risulta praticamente invisibile fino all’ultimo momento, e a quel punto la preda non ha comunque via di fuga.
Per eseguire un attacco verticale lo squalo bianco attacca partendo fino da 17 m di
profondità e nuotando quindi lungo una linea orientata a 45-90° rispetto alla preda.
Spesso la preda viene scagliata fuori dall’acqua a causa della violenza dell’impatto
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in esame i casi di alimentazione di squalo bianco su delfini(Strong, 1996).
euanlitè9dz,reaisqnm
npbi)o,sda’p
nterabE
dcoiuetslgnli
di registrati nel Mediterraneo, in 8 casi è specificata la regione nella quale il cetaceo è
stato morso dal predatore. Così in 6 casi si sono osservati segni di morsi alla regione
urogenitale, in 1 alla regione dorsale, e in 1 è stata asportata la pinna caudale (Celona
et al., 2006; Centro Studi Cetacei, 1988, 1989; Mauro Cottiglia, com. pers.; Morey et
al., 2003; Marco Zuffa, com. pers.). Si nota che tali risultati confermano quanto osservato in altri mari (Long e Jones, 1996), ossìa che al fine di evitare l’individuazione da
parte dei delfinidi, che hanno il sonar diretto anteriormente e il campo visivo laterale,
lo squalo bianco attacca questi cetacei dal basso, dall’alto o dal dietro. L’addome, la
regione urogenitale, il peduncolo caudale e il dorso vengono azzannati più spesso,
mentre la testa e i fianchi più di rado. I segni di morsi nella regione dorsale sono più
facilmente osservabili sui delfinidi vivi, poiché le possibilità di sopravvivere a un morso in questa regione meno vulnerabile sono più elevate. Ne è una prova anche un caso
registrato nel Mediterraneo, relativo a un tursiope (Tursiops truncatus) recante ferite
causate da due morsi di squalo bianco nella regione dorsale, che venne avvistato il 5
Maggio 2006 al largo di Lampedusa (Celona et al., 2006).
Lo squalo bianco è un predatore intelligente e dotato di notevoli capacità di osservazione e apprendimento che gli permettono di modificare il proprio comportamento sulla base di esperienze passate e quindi di affinare le proprie tecniche di caccia (Martin,
2003). Osservando che spesso lo squalo bianco attacca specie quali esseri umani, lontre marine (Enhydra lutris), pinguini africani (Spheniscus demersus) e otarie orsine
(Callorhinus orsinus) senza però mostrare alcun intento di mangiare le vittime, si è
ipotizzato che molti attacchi rappresentino in realtà un’attività ludica quale allenamento alla caccia (Collier, 2003; Martin, 2003) (si veda il capitolo «Attacchi all’uomo»).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Competizione
G
li squali bianchi possono interagire
socialmente attraverso una varietà di
comportamenti, spesso diretti a singoli
esemplari ma talora coinvolgenti più individui (Compagno, 2001). Questi animali
cercano spesso di comunicare con membri
della loro stessa specie e con altri animali,
incluso l’uomo, per mezzo di particolari
segnali prima di attaccare (Martin, 2003).
Questi comportamenti possono avere il fine di difendere lo squalo stesso, il suo territorio individuale o la sua preda.
Si ha competizione quando due o più
squali cercano di alimentarsi simultaneamente di una medesima preda. Negli squali
è stata osservata sia competizione interspecifica che intraspecifica. L’accesso al cibo
viene spesso stabilito attraverso comportamenti antagonistici, nei quali gli individui
sono molto aggressivi gli uni con gli altri
(De Maddalena, 2008). Ferite che sono il
risultato di aggressione intraspecifica sono
state osservate sul corpo degli squali bian- Questo squalo bianco di lunghezza stimata
chi, sia nei maschi che nelle femmine, e sia intorno a 600 cm avvistato il 26 Settembre 1999
largo di Giulianova (De Maddalena, 2000b)
negli esemplari maturi che in quelli imma- al
presenta una cicatrice sul lato sinistro della testa
turi. Queste ferite sono spesso più serie dei che potrebbe forse essere il risultato di
morsi d’amore. Segni di questo tipo sono aggressione intraspecifica (© Elvio Mazzagufo).
stati osservati anche su esemplari mediterranei. In casi rari i comportamenti antagonistici prendono la forma di veri combattimenti. La maggior parte di cicatrici derivanti da combattimenti intraspecifici non dura
più di pochi anni.
I comportamenti antagonistici hanno funzione di comunicazione: il predatore tenta
di comunicare con i conspecifici e gli individui di altre specie, informandoli di essere
pronto ad attaccare e in grado di infliggere serie ferite. Così, i comportamenti antagonistici possono prevenire i combattimenti diretti, costringendo gli altri individui a farsi
da parte senza ricorrere allo scontro (De Maddalena, 2008). Così come la maggior parte di squali, anche gli squali bianchi non sono animali altamente sociali. Tuttavia forSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
mano spesso strutture sociali temporanee (De Maddalena, 2008). Come si è detto (si
veda il capitolo «Tattiche predatorie») gli squali bianchi sono cacciatori solitari ma
possono talora essere trovati in paia o in gruppi da piccoli a grandi (fino a 10 esemplari o più) presso delle fonti di cibo (Compagno, 2001). Quando gli squali bianchi si alimentano sono state osservate gerarchie sociali sia tra gli squali bianchi stessi che tra
questi ultimi e altre specie. Le gerarchie sociali hanno la funzione di tattica anti-predatoria (De Maddalena, 2008). Queste gerarchie sono stabilite sulla base della specie e
delle dimensioni. Gli squali bianchi dominano le verdesche (Prionace glauca) quando
entrambe le specie si stanno alimentando, così le verdesche non si alimentano di una
carcassa di balena quando degli squali bianchi se ne stanno cibando (De Maddalena,
2008). Le gerarchie intraspecifiche sono stabilite in base alle dimensioni: gli individui
più piccoli si allontanano da quelli più grandi. Gli squali hanno una precisa consapevolezza delle loro dimensioni. Gli atteggiamenti di minaccia dello squalo bianco comprendono l’abbassamento parziale della mascella inferiore (Strong, 1996), e l’inarcamento del dorso con abbassamento delle pinne pettorali (Compagno, 2001). A volte,
quando due squali bianchi tentano di alimentarsi di una singola carcassa, uno innalza
la sua pinna caudale al di sopra della superficie e la percuote sollevando alti spruzzi in
direzione dell’altro squalo. Più raramente uno squalo bianco può saltare fuor d’acqua
con due terzi del corpo con un angolo di 30-60° rispetto alla superficie del mare, ricadendo poi di piatto e sollevando alti spruzzi. Questi comportamenti sono stati interpretati come atteggiamenti antagonistici, per mezzo dei quali uno squalo tenta di costringere l’avversario a fuggire per evitare il combattimento (Klimley et al., 1996).
In generale sembra che gli squali bianchi non abbiano un proprio territorio, e che
coesistano con altri membri della propria specie.
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86
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Predatori e parassiti
L
o squalo bianco è alla sommità della piramide delle biomasse (si veda il capitolo
‘Ruolo ecologico nelle comunità marine’), di
conseguenza ha pochissimi nemici. Solo pochissime creature sono in grado di predare uno
squalo bianco: altri squali bianchi, l’orca (Orcinus orca) (Pyle et al., 1999), e l’essere umano. Tuttavia, come le altre specie di squali, anche gli squali bianchi sono sempre infestati da
parassiti, per la maggior parte copepodi ectoparassiti, ossìa piccoli crostacei lunghi solo pochi millimetri o centimetri che vivono all’esterno del corpo del loro ospite e si alimentano
della sua pelle. Le larve di tali animali attraversano diversi stadi di sviluppo fino a quando si
attaccano al corpo di uno squalo, spesso alle
sue pinne, particolarmente ai loro margini posteriori, o alla regione intorno alla cloaca, alle
branchie e alla bocca. Le lesioni causate dall’attività parassitaria dei copepodi non sembrano essere gravi, limitandosi ad aree di abrasio- Copepodi ectoparassiti nella regione cloacale
ne della pelle relativamente limitate. Tuttavia è di una femmina di squalo bianco di 535 cm
catturata a Favignana, Isole Egadi, l'8
possibile che talora queste lesioni possano con- Maggio 1987 (De Maddalena, 2002a) (©
durre a infezioni batteriche secondarie risultan- Gioacchino Cataldo).
ti in malattie più gravi. Diversi parassiti sono
stati osservati anche su esemplari di squali bianchi catturati nel Mediterraneo: i copepodi Fehtrogaleus coleoptratus e Nemesis lamna, il cestode Tetrarhynchus megacephalus (Brian, 1906) e il trematode Distomum continuum (Tortonese, 1956).
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Mutualismi
C
hiamiamo «mutualismo» una relazione tra due individui appartenenti a specie differenti, in cui entrambi gli
organismi traggono beneficio dalla relazione.
Le relazioni tra squali
bianchi e pesci pilota
(famiglia Carangidae) e
tra squali e remore (famiglia Echeneidae) sono
casi di mutualismo, poiché sia nel primo che nel
secondo caso entrambe
le specie beneficiano
squalo bianco di lunghezza stimata tra 700 e 800 cm nuota accomdalla relazione. Le remo- Uno
pagnato da un gruppo di pesci pilota (Naucrates ductor) il 9 Settembre
re sono dotate di un di- 2002 al largo di Porto San Giorgio (Glauco Micheli, com. pers.) (©
sco suttorio (formato da Glauco Micheli).
una modificazione della
pinna dorsale) che usano per attaccarsi a squali, mante, tartarughe marine e altri grandi
animali, ma per lo più usano questo organo solo quando l’animale cambia direzione o
rallenta. Nel Mediterraneo è stata osservata in particolare la remora nera (Remora remora). Piuttosto stranamente, in nessuno dei casi registrati in Mediterraneo è stata riportata la presenza di remore sul corpo degli squali bianchi o in prossimità di questi. Il
pesce pilota (Naucrates ductor), trovato anche nel Mediterraneo, è frequentemente osservato vicino a grandi pesci cartilaginei, pesci ossei e tartarughe marine. Remore e
pesci pilota beneficiano da queste relazioni mangiando i resti del pasto degli squali
nonché i loro escrementi e parassiti (gli squali sono ospiti di diversi ectoparassiti), come pure cavalcando l’onda prodotta dal movimento dello squalo. Da parte sua, lo
squalo beneficia da queste relazioni venendo pulito dai parassiti che lo infestano. I pesci pilota sembrano comunque essere compagni sporadici degli squali bianchi nel Mediterraneo, considerato che la loro presenza accanto a uno di questi grandi predatori è
stata riportata solo in 5 casi.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Attacchi all’uomo
C
ome risultato di alcuni programmi di
raccolta dati, si hanno
numerose informazioni
sugli attacchi di squali
avvenuti in tempi storici e recenti. Uno di
questi programmi è
l’International Shark
Attack File (ISAF), con
base al Museo di Storia
Naturale della Florida a
Gainesville, USA. Sepubblicata in Ricciardi (1721) raffigurante una femmina di
condo l’ISAF, al mondo Illustrazione
squalo bianco di 527 cm di lunghezza catturata il 6 Giugno 1721, alcuni
si verificano da 70 a giorni dopo che aveva divorato un bagnante, nelle acque della spiaggia
100 attacchi di squali detta il Ponte della Maddalena, in Napoli.
all’anno e, di questi,
soltanto da 5 a 15 hanno esito fatale. Ma gli incidenti registrati dall’ISAF rappresentano soltanto una parte del totale reale, poiché in molte aree solitamente gli attacchi non
vengono registrati. L’ISAF è nato con lo scopo di creare un archivio di tutti i casi di attacchi di squali noti al mondo. Tuttavia, l’ISAF ha la sua base negli USA e in pratica
mentre si suppone che tale archivio sia quasi completo per quanto concerne gli attacchi avvenuti in acque nord americane, mostra notevole incompletezza per quanto riguarda il resto del mondo. Al fine di colmare le lacune dell’ISAF e di provvedere dati
utili anche ai medici, esiste un altro programma di raccolta dati, il Global Shark Attack
File (GSAF), mantenuto dallo Shark Research Institute (SRI), con base a Princeton,
USA. I dati quantitativi del GSAF sono a disposizioni dei medici, della comunità
scientifica, dei media e del pubblico affinché rappresentino una fonte accurata e aggiornata sul soggetto delle interazioni uomo-squalo. Inoltre il GSAF raccoglie dati medici in un formato tale da poter venire utilizzato da medici e chirurghi che sono chiamati a trattare le vittime degli attacchi di squali (De Maddalena et al., 2007). L’Autore
stesso collabora con il GSAF in qualità di investigatore regionale per il Mare Mediterraneo. La Banca Dati Italiana Squalo Bianco è quindi particolarmente importante come sede di archiviazione delle informazioni sui casi di attachi di squalo bianco avvenuti nel Mediterraneo. Nel caso degli attacchi avvenuti nella nostra area geografica
molto spesso i dati raccolti sono estremamente sintetici o lacunosi. La quasi totalità
degli attacchi avvenuti nell’area risalgono ormai a decenni or sono. Di conseguenza il
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
reperimento di fonti attendibili e soprattutto di testimoni oculari è assai arduo e spesso
impossibile. Una ricerca più dettagliata sui casi di attacchi di squali bianchi avvenuti
nel Mediterraneo è comunque pianificata per il futuro nell’ambito del lavoro svolto
per la Banca Dati Italiana Squalo Bianco.
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v8o.e,ain)tslountIqsoldaunoeiagl.ti di attacchi registrati nel Mediterraneo sono 51, dei quali comunque 13 devono
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essere considerati dubbi, o perché l’identità della specie non è confermata in maniera
certa, o perché esistono dubbi sull’autenticità del caso stesso. Per contro, in 4 casi lo
squalo avrebbe lasciato denti o frammenti di denti nell’imbarcazione attaccata e in 1
caso nel corpo della vittima; in 3 di questi casi i frammenti di denti sarebbero stati
esaminati da biologi marini e l’identità della specie confermata dagli stessi (Franco
Cigala Fulgosi, com. pers.; Mauro Cottiglia, com. pers.; Branko Dragicevic, com.
pers.; Jakov Dulcic, com. pers.).
L’esito dell’attacco è stato fatale in 17 casi, mentre gli attacchi che sono stati riportati come non fatali sono 16 (includendo 2 casi dubbi); per altri 18 casi (includendo 11
casi dubbi) l’esito dell’attacco non è indicato. Si osserva che la percentuale di casi fatali registrati nel Mediterraneo, pari al 33,33% è superiore a quella emersa da un altro
studio effettuato su scala mondiale, in base al quale la percentuale di attacchi fatali è
risultata del 26,1% (Burgess e Callahan, 1996). È risultato che nel Mediterraneo, così
come altrove, nella maggior parte dei casi l’attacco termina dopo il contatto iniziale e
lo squalo non mangia né uccide la vittima. È vero che il tasso di mortalità è piuttosto
elevato, ma il decesso è solitamente il risultato della perdita di sangue e dello shock. È
chiaro allora che lo squalo bianco non guarda all’essere umano come a una fonte di cibo e che la maggior parte di attacchi non possono essere motivati dalla fame.
A St. Thomas Bay,
Malta, il 20 Luglio
1956 si verificò
un attacco fatale
a un bagnante da parte
di uno squalo bianco
di lunghezza stimata
intorno a 500 cm
(Alfred Xuereb,
com. pers.)
(© Afred Xuereb).
Giugno 2010
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Gli incidenti dovuti agli squali si possono dividere in due categorie: attacchi provocati e non provocati. In questo studio abbiamo considerato come «provocati» gli attacchi suscitati da un comportamento violento, aggressivo o fisicamente molesto dell’uomo nei confronti dello squalo. Ne è risultato che per quanto riguarda i casi mediterranei, solo in 2 casi (dei quali 1 è dubbio) è stato riportato che l’attacco sarebbe stato
provocato, mentre gli attacchi riportati come non provocati sono 18 (dei quali 1 è dubbio). Per gli altri 31 attacchi (dei quali 11 sono dubbi) non è noto se siano stati provocati o non provocati.
Gli attacchi non provocati possono essere attribuiti a varie cause: attività ludica
quale allenamento alla caccia, minaccia, difesa, alimentazione, errore, esplorazione ai
fini della valutazione della commestibilità (Collier, 2003; Cousteau e Richards, 1992;
De Maddalena, 2008; Martin, 2003). In passato era stato anche ipotizzato che gli squali bianchi attaccassero i surfisti adagiati sulle loro tavole da surf scambiandoli per dei
pinnipedi (Tricas e McCosker, 1984), ma in seguito si è dimostrato che questi animali
possono attaccare oggetti di ogni forma, taglia e colore (Collier et al., 1996), sebbene
una sagoma a forma di foca venga preferita dallo squalo rispetto a una di forma quadrata (Strong, 1996). Viene da notare che nel Mediterraneo, dove i pinnipedi sono praticamente assenti, è stato registrato un unico caso di attacco a un surfista, peraltro dubbio. Paragonando tale situazione con quella descritta lungo la costa statunitense dell’Oceano Pacifico, dove i pinnipedi sono numerosi e gli attacchi a surfisti sono relativamente frequenti (Collier, 2003), si potrebbe concludere che vi sia effettivamente una
correlazione diretta tra la presenza dei pinnipedi e gli attacchi ai surfisti. Tuttavia è anche necessario tenere presente che il numero di surfisti lungo le coste mediterranee è
comunque assai più basso che lungo la costa pacifica degli Stati Uniti. Da parte mia
continuo a pensare che la teoria secondo la quale lo squalo confonderebbe un surfista
sulla sua tavola con un pinnipede è poco convincente e che le motivazioni degli attacchi debbano piuttosto essere ricercate tra quelle citate in precedenza.
Gli attacchi registrati nel Mediterraneo sono così distribuiti per nazioni: Spagna: 1
(dubbio); Francia: 5 (inclusi 2 dubbi), Italia: 26 (inclusi 7 dubbi), Slovenia: 1; Croazia:
10 (incluso 1 dubbio); Montenegro: 1; Grecia: 2; Turchia: 1 (dubbio); Malta: 4 (incluso 1 dubbio). Gli oggetti degli attacchi sono i seguenti: imbarcazioni: 22 (inclusi 8
dubbi); bagnanti: 13 (inclusi 2 dubbi); subacquei: 11; surfista: 1 (dubbio); oggetto non
specificato: 4.
I casi dei quali è stata reperita notizia vanno dal 1721 al 2008. Il caso più antico
del quale si abbia testimonianza è un attacco fatale verificatosi all’inizio di Giugno
1721 nelle acque antistanti al Ponte della Maddalena, a Napoli (Ricciardi, 1721). Il
caso più recente è un attacco non fatale verificatosi il 6 Ottobre 2008 nella Baia di
Mala Smokova, Isola di Lissa, Croazia (Branko Dragicevic, com. pers.; Jakov Dulcic,
com. pers.).
Ed ora, alcune considerazioni riguardo ai luoghi degli attacchi. Gli attacchi di squali
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
avvengono in acque basse, profonde, calde e fredde. Come abbiamo detto in precedenza, gli squali bianchi si avvicinano occasionalmente alla costa, più spesso in zone in
cui il fondo digrada improvvisamente (si veda il capitolo «Habitat, movimenti e stagionalità»); isole, stretti, canali, secche sono i più probabili luoghi di attacco. La maggioranza di attacchi avvenuti nel Mediterraneo è stata registrata lungo le coste italiane,
e questo per diverse ragioni: a) l’estensione della costa, che è più ampia di quella di
ogni altra nazione mediterranea, come pure la particolare posizione della penisola che
attraversa trasversalmente il Mediterraneo; b) la popolarità di queste acque per le località balneari e più in generale quale meta turistica; c) in passato, squali potenzialmente
pericolosi, in particolare lo squalo bianco, erano relativamente comuni in quest’area e
lungo la vicina costa croata; d) nei paesi nordafricani gli attacchi di squali vengono raramente segnalati; e) in alcuni paesi le notizie relative agli attacchi vengono intenzionalmente soppresse al fine di evitare danni all’industria del turismo (De Maddalena e
Baensch, 2008).
Così come nel caso di altre specie che restano vittima degli attacchi di squali bianchi, anche nel caso degli esseri umani gli attacchi frontali sono relativamente rari: il
predatore solitamente si avvicina alla vittima da sotto, da un lato, o da dietro. Tale specie predilige infatti l’attacco a sorpresa, contrariamente a molte altre specie che di norma nuotano in cerchio intorno alla vittima e la urtano prima di eseguire l’attacco (si
veda il capitolo «Tattiche predatorie») (Miller e Collier, 1980; Burgess e Callahan,
1996; Levine, 1996; Collier, 2003; De Maddalena, 2002a). In molti casi sfortunatamente le modalità dell’attacco non sono indicate, impedendo una più dettagliata analisi di questo aspetto.
Le reti anti-squalo sono il metodo più efficace per proteggere le spiagge da squali
pericolosi. Le reti vengono disposte parallelamente alla spiaggia impedendo agli
squali di accedere all’area retrostante. Si tratta di un metodo difficile e dispendioso
da mantenere: le reti devono essere controllate, pulite e riparate spesso, e possono
provocare danni rilevanti all’ecosistema (De Maddalena, 2008). La presenza rilevante
dello squalo bianco nel Mare Adriatico Nord-Orientale a cavallo tra il XIX e il XX
Secolo spinse le autorità locali all’installamento di reti a protezione delle spiagge nel
Golfo di Trieste, in Istria e nel Quarnero, contro il pericolo rappresentato dagli squali
pericolosi, e in particolare dagli squali bianchi, per i bagnanti (De Maddalena,
2002a). Oggi questo sistema non è più in uso né in Adriatico, né in altre parti del Mediterraneo per via dell’attuale scarsità di squali bianchi come pure di altre specie di
squali potenzialmente pericolose. Per la stessa ragione, anche alternative alle reti, come repellenti chimici ed elettrici o mute metalliche, sono virtualmente sconosciute
nei Paesi mediterranei.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
In caso di incontro con uno squalo bianco
P
er coloro che vanno per mare, siano naviganti, surfisti, pescatori professionisti, pescatori sportivi, apneisti, subacquei o semplici bagnanti, è qui stilato un semplice
elenco di raccomandazioni da rispettare al fine di ridurre le possibilità di un incontro
imprevisto con uno squalo bianco in acque mediterranee e, in caso di incontro, di ridurre ulteriormente il già remoto rischio di venire attaccati da tale animale. Tali raccomandazioni sono basate sia sulla casistica relativa al Mediterraneo, sia sulle dettagliate
indicazioni già proposte dallo Shark Research Committee, ente specializzato nello studio degli attacchi di squali a esseri umani nell’area del Pacifico Nord-Orientale (Collier, 2003).
Si eviti di immergersi da soli o di nuotare al largo a grande distanza da altre persone. Si eviti di immergersi o fare il bagno di notte. Si faccia molta attenzione allorquando ci si debba immergere in acque torbide. Si faccia attenzione quando ci si venga a
Femmina di squalo bianco di lunghezza stimata di 490-500 cm incontrata da un subacqueo intorno al 1520 Luglio 1991 sul Banco di Pantelleria (Riccardo Andreoli, com. pers.) (© Riccardo Andreoli).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
trovare in punti dove il fondale digrada bruscamente verso acque più fonde, soprattutto nel caso si tratti di zone particolarmente ricche di pesci. Si faccia attenzione nel caso gli animali presenti nell’area mostrino un comportamento anomalo (presentandosi
nervosi o impauriti, scomparendo subitaneamente, nuotando rasenti al fondo). Si faccia particolare attenzione quando siano da poco stati avvistati animali che possano essere considerati prede tipiche degli squali bianchi (tonni, delfini, tartarughe marine,
carcasse di grandi cetacei) e si esca dall’acqua nel momento in cui si incontrino tali
animali. Qualora si entri in acqua con un cane si resti in acque molto basse vicino a riva. Per quanto possibile si eviti l’uso di oggetti metallici in acqua. Si esca subito dall’acqua se si dovesse avvertire un improvviso senso d’inquietudine. Si faccia particolare attenzione alle secche, agli stretti, alle acque adiacenti alle isole. Si eviti tassativamente di praticare la pesca subacquea quando nelle vicinanze sia stata segnalata la presenza di uno squalo bianco o di un grosso squalo di specie non identificata, anche a distanza di giorni. Non si portino mai con sé i pesci fiocinati (tantomeno fissandoseli alla cintola), ma ci si affretti invece a portarli subito fuori dall’acqua. Non si resti in acqua se vi sia presenza di sangue. Se dovesse capitare di incontrare uno squalo bianco
si esca dall’acqua il prima possibile, con calma, senza fare rumore e senza compiere
movimenti bruschi o scomposti. Se l’incontro dovesse avvenire quando si sia in immersione lontani dalla superficie si rimanga sul fondo al riparo finché non si sia sicuri
che l’animale si sia allontanato. In ogni caso si evitino atteggiamenti aggressivi o che
l’animale possa percepire come tali se non nel caso in cui l’animale stia effettivamente
attaccando. Se si ha una fiocina ci si limiti a tenere lo squalo a distanza con la punta se
dovesse avvicinarsi troppo, ma non lo si colpisca a meno che non stia effettivamente
attaccando. Se dovesse capitare di avvistare uno squalo bianco mentre ci si trovi su di
una piccola imbarcazione, non si tenti in alcun modo di allontanarlo, né colpendolo né
gridando o facendo rumore. Se lo squalo dovesse contendere la proprietà di un pesce
catturato lo si abbandoni immediatamente al predatore. Se è possibile farlo in sicurezza, si scattino delle fotografie, si filmino delle scene e si raccolgano per lo meno i dati
essenziali dell’incontro (si veda il capitolo «Come collaborare alla raccolta dati»). Come si è visto in precedenza, in alcuni casi lo squalo bianco può mostrare particolari atteggiamenti di minaccia prima di sferrare un attacco (si veda il capitolo «Competizione»). Di conseguenza la corretta interpretazione del comportamento degli squali bianchi, e in particolare di tali atteggiamenti di minaccia, può evitare molti incidenti.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Pesca
N
ella maggior parte dei paesi mediterranei i pescatori hanno sempre pescato gli
squali e la gente ha sempre consumato la loro carne. Tuttavia questo tipo di commercio è drammaticamente aumentato negli ultimi decenni. Poiché la pesca è andata
via via esaurendo la risorsa più importante, rappresentata dai pesci ossei, i pescatori
hanno compensato aumentando le catture di squali (De Maddalena e Baensch, 2008).
Si stima che un 50% delle catture di squali sia da attribuirsi a cattura accidentale nel
corso di operazioni di pesca dirette ad altre specie, come tonni e pesci spada; questa
cattura di animali marini non pianificata è detta «bycatch» o cattura accessoria. Lo
squalo bianco è, ed è stato in passato, soprattutto vittima di cattura accessoria di diversi tipi di pesca. Tuttavia, come vedremo più avanti, un tempo nel Mediterraneo è esistita anche una pesca mirata, in particolare nel Mare Adriatico Orientale e nello Stretto
di Messina. A parte questi casi però, essendo sempre stato lo squalo bianco una specie
poco abbondante nella maggior parte del Mediterraneo, non vi è mai stato un forte interesse nei suoi confronti da parte dei pescatori.
Nel Mediterraneo gli squali bianchi sono stati pescati con gli attrezzi da pesca più
disparati. Il totale delle catture registrate ammonta a 375 esemplari. Queste vengono
divise come segue: 237 (includenti però 66 casi dubbi) sono stati catturati con attrezzo
non specificato, 27 con rete di tipo non specificato, 70 in tonnara e tonnarella (includenti 1 caso dubbio), 1 con rete a circuizione, 10 con rete da posta, 3 con palangaro,
13 con lenza, 1 con una nassa per gamberi, 9 con arpione, 2 con un cappio e 1 con fucile. Dei 10 catturati con rete da posta, 4 sono stati presi con tramaglio, 2 con spadara,
1 con thonaille, 1 con palamitara e 2 con tipo non specificato (ossìa 4 con rete da posta
fissa, 3 con rete da posta derivante, mentre in altri 3 casi non è specificato). Dei 3 catturati con palangari, in 1 caso si è trattato di un palangaro da fondo, e in 2 il tipo non è
specificato.
In base alla divisione tra «tonni di corsa», che migravano per raggiungere le aree di
riproduzione mediterranee, e «tonni di ritorno», che si spostavano dopo che la riproduzione aveva avuto luogo (si veda il capitolo «Habitat, movimenti e stagionalità»), esistevano «tonnare di corsa», che operavano prima che la riproduzione avesse luogo,
«tonnare di ritorno», che operavano dopo ed, eccezionalmente, tonnare che, mediante
piccole e rapide operazioni consistenti nell’inversione della posizione di alcune reti,
potevano essere utilizzate sia per la «corsa» che per il «ritorno». La tonnara è una lunga rete perpendicolare alla riva, chiamata costa, pedale o cura (coda), che intercetta i
banchi di tonni e li indirizza verso l’isola della tonnara, ossìa un parallelepipedo di rete diviso in compartimenti, detti camere o vasi, separati da «porte» che si chiudono alle spalle dei tonni che percorrono il corridoio credendo di trovare la libertà e giungono
così invece all’ultima «camera», quella della morte. Questa ha il fondo mobile, cosicSupplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Squalo
bianco
di 520 cm
catturato
il 27
Aprile
2001
nella
tonnara
di Sidi
Daoud,
Tunisia
(De
Maddalena
e Baensch,
2008)
(© Walid
Maamouri).
Giugno 2010
96
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
ché viene sollevato con i tonni
prigionieri quando si dà inizio alla
mattanza. Nei secoli hanno operato lungo le coste italiane 122 tonnare (delle quali 79 in Sicilia e 21
in Sardegna), e altre ne sono state
calate in quasi tutti i paesi mediterranei, inclusi Francia, Spagna,
Croazia, Turchia, Libia, Tunisia,
Malta, Marocco (Ravazza, 2005).
Le catture di squali bianchi nelle
tonnare erano un tempo relativamente frequenti. Ne sono state registrate nelle tonnare di Italia,
Spagna, Croazia, Tunisia e Malta.
L’ingresso di uno squalo bianco
nella tonnara era considerato comunque un evento negativo da
parte dei tonnaroti, in quanto il
grande predatore poteva provocare gravi danni alle reti della tonnara, terrorizzare i tonni e indurli
alla fuga. Alla tonnara di Scopello
un rais fece mettere un amo gigante all’ingresso della tonnara, e
vi fece agganciare una spalla di
mucca, così che lo squalo addentava quella e non entrava nella
tonnara (Baldassare Carollo, com.
pers.). Oggi le tonnare del MediMaschio di squalo bianco di 320 cm catturato sulla Secca
terraneo sono quasi scomparse a del Quadro, al Circeo, il 23 Novembre 1964 (Maltini, 1965)
causa dell’inquinamento, dei traf- (© Gino Felicioni e Cesare Polidori).
fici marittimi e della pesca indiscriminata, che hanno allontanato i tonni dalle acque costiere. Oggi in Italia hanno
un’attività di qualche entità soltanto le tonnare sarde di Isola Piana e Portoscuso, quelle siciliane di Favignana e Bonagia, e la tonnarella ligure di Camogli, mentre tutti gli
altri impianti hanno dovuto cessare la loro attività (Ravazza, 2005). Anche le catture di
squali bianchi nelle tonnare sono così andate via via declinando (De Maddalena,
2002).
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pelagici sono singole lenze lunghe da 18 a 72 km e armate con una meSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
dia di 1.500 ami. Questo terribile attrezzo da pesca è ampiamente usato in molte parti
del mondo, incluso il Mediterraneo, per catturare tonni e pesci spada. In alcune aree il
numero di squali catturati coi palangari raggiunge il 90% delle catture totali. Specie
come la verdesca ( Prionace glauca ) e lo squalo mako dalle pinne corte ( Isurus
oxyrinchus) sono le più colpite da questo attrezzo da pesca, ma molte altre vengono
catturate e lo squalo bianco (specialmente gli esemplari giovani) deve certamente essere tra queste, sebbene le segnalazioni a tale riguardo siano quasi del tutto assenti. La
specie è stata talora allamata e raramente catturata anche da pescatori sportivi.
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punto che è interessante toccare riguarda l’interazione tra industria dell’alleM
thlro0-azednim
vamento dei tonni e squali bianchi nel Mediterraneo. L’industria dell’allevamento dei
tonni è stata sviluppata solo di recente nel Mediterraneo, il primo allevamento di
questo tipo essendo stato installato nel 1995. Oggi l’allevamento di tonni nel Mediterraneo coinvolge Spagna, Italia, Croazia, Turchia, Cipro, Grecia, Tunisia, Libia e Malta. La scarsità di squali bianchi nel Mediterraneo rende la cattura di uno di questi animali in un allevamento per tonni o in una gabbia per tonni un evento raro. Tuttavia è
necessario un maggiore sforzo per stimare con accuratezza il numero di squali bianchi
che potrebbe restare preso in queste strutture, considerata l’importanza che i tonni
rivestono nella dieta dello squalo bianco (si veda il capitolo «Dieta»). Durante tale studio è stato registrato un unico caso di interazione tra la specie in esame e l’industria
dell’allevamento dei tonni, allorquando, il 12 Giugno 2002, una femmina di squalo
bianco di lunghezza stimata intorno a 500 cm ruppe la rete ed entrò in una gabbia per
tonni di 50 m di diametro contenente 60 tonnellate di tonni rossi che si trovava al largo
di Tripoli, Libia. Fortunatamente la situazione venne gestita nel modo migliore da
parte dello staff della tuna farm, la nave rimorchio continuò il suo viaggio e due giorni
dopo lo squalo aveva riguadagnato la libertà (Galaz e De Maddalena, 2004). Lo stato
vulnerabile dello squalo bianco nel Mediterraneo rende necessario monitorare le interazioni tra squali bianchi e allevamenti di tonni in modo tale da intraprendere azioni appropriate per rilasciare gli squali quando questi restino intrappolati nelle gabbie per
tonni. Considerato che la rimozione di uno squalo bianco da una gabbia per tonni è
difficile e rischiosa sia per l’animale che per l’uomo, c’è la possibilità di disegnare e
realizzare gabbie per tonni dotate di un’apposita «porta» per rendere agevole e sicura
un’operazione del genere (Galaz e De Maddalena, 2004).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Utilizzo
L’
uomo cattura gli squali al fine di ricavarne carne, cartilagine, pelle, olio e altri prodotti. La
carne di squalo viene consumata in
quasi tutti i paesi europei. In alcune
di queste nazioni la carne di squalo
rappresenta una parte significativa
della dieta umana. Secondo recenti
statistiche della FAO, la Spagna e
l’Italia assieme alla Cina sono i
maggiori importatori di carne di
squalo al mondo. Inoltre Spagna e
Francia sono tra le nazioni che catturano più squali al mondo. Nell’area mediterranea gli squali sono
commerciati freschi, surgelati, congelati, affumicati ed essiccati sotto
sale. La carne di qualità più alta è
quella dello squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), segue
lo smeriglio (Lamna nasus), vale a
dire le due specie più strettamente
imparentate con lo squalo bianco
tra quelle presenti nel Mediterraneo
e comunque sui nostri mercati. Nei
paesi mediterranei la maggior parte
degli squali è commerciata sotto
bianco di lunghezza stimata di 475 cm TOT
nomi scorretti, solitamente come Squalo
catturato a Portofino nel 1914.
palombo. In alcuni paesi, per esempio in Italia, questa situazione sta cambiando grazie a nuove regolamentazioni del
commercio ittico. Tuttavia la parola «squalo» non viene quasi mai utilizzata e la maggioranza degli acquirenti continua a consumare carne di squalo senza in realtà sapere
cosa stia mangiando. Così sebbene lo squalo bianco sia una specie protetta in Italia
sappiamo per certo che molti operatori del settore avrebbero difficoltà a distinguere un
giovane squalo bianco da uno smeriglio già quando l’animale sia intero, se poi si tratti
di un esemplare decapitato o privato delle mascelle potrebbe essere anche scambiato
per uno squalo mako. Così, a causa di errore involontario o di una vera e propria froSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
de, deriva che senza alcun dubbio in passato e, in misura assai minore attualmente, è
successo e succede ancora che in rari casi della carne di squalo bianco sia stata venduta o venga ancora venduta come carne di smeriglio, mako o palombo. Si aggiunga che
un tempo accadeva anche che le trance di squalo bianco, mako e smeriglio venissero
spacciate per il più pregiato pesce spada (Xiphias gladius). In ogni caso nei paesi mediterranei il commercio delle carni dello squalo bianco è sempre stato di entità modestissima a causa della presenza sporadica o rara della specie nell’area. a esclusione degli esemplari catturati a Maiorca, Isole Baleari, Spagna, tra il 1920 e il 1976, per i quali è stato riportato che la maggior parte furono venduti per il consumo umano (Morey
et al., 2003), solo per 9 dei 375 esemplari catturati nel Mediterraneo è stato esplicitamente riportato che le carni dell’animale vennero messe in vendita per tale utilizzo.
Curiosamente le carni sono dette di sapore sgradevole da parte di alcuni autori, malgrado siano di ottima qualità (Franco Cigala Fulgosi, com. pers.).
Riguardo all’utilizzo a scopo alimentare dello squalo bianco è bene sottolineare un
aspetto importante. Le sostanze chimiche tossiche possono venire assorbite o ingerite
dagli animali e passare nella catena alimentare attraverso l’alimentazione. Di conseguenza, i predatori al vertice delle piramidi delle biomasse come gli squali bianchi sono a rischio di avvelenamento assai di più di qualsiasi altro animale, poiché le varie
tossine si accumulano in ogni organismo in misura maggiore via via che si percorre la
catena alimentare. Per esempio, il mercurio, un elemento metallico tossico, è stato visto accumularsi specialmente nel tessuto muscolare dei predatori più longevi, poiché
l’accumulo di mercurio aumenta con l’età dell’esemplare, per via dell’inefficiente eliminazione di questo elemento dai tessuti (De Maddalena e Baensch, 2008). A causa
della sua ampia dieta e della sua longevità (essendo stata stimata un’età massima di 53
anni), le carni dello squalo bianco sono potenzialmente più che mai soggette a tale
contaminazione. Pertanto gli squali bianchi, se messi in commercio, potrebbero rappresentare una fonte di mercurio nella dieta degli esseri umani.
Così come per la maggior parte di specie di squali di grandi e medie dimensioni, anche le pinne di squalo bianco vengono usate nella cucina cinese per preparare l’ormai
tristemente celebre zuppa di pinne di pescecane. Recentemente la richiesta di pinne di
squalo è aumentata drammaticamente. Le pinne di squalo hanno raggiunto prezzi elevatissimi e questo ha portato al «finning», ossìa alla barbara pratica di amputare le
pinne agli squali ancora vivi, ributtando poi lo squalo agonizzante in mare, così destinato a una morte orribile. La ragione che ha condotto a una tale atrocità è semplice: la
carne di squalo è di scarso valore commerciale, cosicché i pescatori preferiscono riempire la barca delle sole preziose pinne o lasciare comunque spazio libero per altre specie di maggior valore come tonno e pesce spada (Watts, 2001). È del tutto ignoto se, e
in quale misura, il finning sia stato occasionalmente esercitato anche sugli squali bianchi nel Mediterraneo.
A volte tutto lo squalo, ma più spesso solo le parti non utili per il consumo umano,
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
vengono utilizzate come mangime per animali. Fortunatamente il commercio di denti
e mascelle di squalo bianco quali oggetti ornamentali o per collezionisti è stato sempre
di modesta entità nei paesi mediterranei. Vi è un unico caso registrato per il quale è
espressamente riportato che la mascella di un esemplare catturato nell’area di studio
venne effettivamente messa in commercio. È indubbio che questo sia accaduto molte
altre volte, ma appare anche chiaro che solitamente la dentatura venga conservata dai
pescatori che effettuano la cattura dell’esemplare oppure vada perduta (De Maddalena,
2002).
Altre parti degli squali sono state talora utilizzate dall’uomo: la cartilagine in farmacia, il fegato per ricavarne vitamina A (prima del 1950 quando la vitamina A non era
ancora stata sintetizzata artificialmente), olio e squalene come lubrificanti e inoltre in
cosmesi e in farmacia, la pelle per ricavarne un particolare cuoio, e le cornee per i trapianti di cornea nell’uomo. Sembra però che, per quanto riguarda gli squali bianchi
catturati nel Mediterraneo, l’utilizzo delle loro parti sia stato limitato quasi unicamente
alla carne per il consumo umano.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Abbondanza
G
li squali bianchi sono
assai vulnerabili alla
pesca, molto di più dei
pesci ossei e molto di più
di tante altre specie di
squali, in quanto hanno
dei tempi di maturazione
sessuale particolarmente
lunghi, sembrano avere
una bassissima fecondità,
una lunga gestazione e
producono un ridotto numero di piccoli. Inoltre
devono avere poche aree
di riproduzione e di nursery, così una pressione di
pesca anche modesta in Squalo bianco di circa 600 cm catturato il 21 Maggio 1903 a Senj,
una delle rare aree dove si Croazia.
rinvengono neonati e
femmine gravide, come il Canale di Sicilia, è già devastante. Questi pesci sono incapaci di fronteggiare pressioni di pesca anche modeste e queste hanno effetti a lungo termine poiché le popolazioni di squali bianchi impiegano decenni a ricostituirsi.
Tempo addietro gli avvistamenti e le catture di squali bianchi nel Mediterraneo sono
stati certamente molto più abbondanti di oggi. Tale problema non riguarda quindi unicamente lo squalo bianco. Esistono le prove che molte specie di squali hanno subito
un forte declino nel corso del ventesimo secolo, sia nel Mare Mediterraneo (De Maddalena e Baensch, 2008) che, più in generale, nei mari del globo (Watts, 2001). Di fatto, molte specie sono grandemente diminuite di numero a causa dell’eccessiva pesca
sia degli squali stessi che delle loro prede e del degrado dell’ambiente marino (De
Maddalena e Baensch, 2008).
Malauguratamente una raccolta di dati delle catture di squali bianchi non è mai stata
svolta nel Mare Mediterraneo in passato. I dati, scarsi e incompleti, solitamente raccolti nell’area includono solo poche categorie stabilite in maniera inadeguata: smeriglio (Lamna nasus), gattucci (Scyliorhinus sp.), palombi (Mustelus sp.), spinarolo
(Squalus acanthias), squalidi (famiglia Squalidae), pesci angelo (famiglia Squatinidae), grandi squali (Squaliformes) (Spagnolo, 1999). Lo squalo bianco non è nemmeno citato. Non avendo informazioni precise sull’ammontare passato e presente di catGiugno 2010
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
ture per specie, siamo incapaci di effettuare una dettagliata analisi statistica sullo stato
passato e presente dello squalo bianco nella nostra area. Possiamo però fare almeno
una semplice constatazione. Nel decennio 1989-1998, le segnalazioni di squali bianchi
nel Mediterraneo sono state 76, mentre nel decennio seguente, 1999-2008, sono state
42. C’è stata quindi una diminuzione del 44,74% delle segnalazioni, che potrebbe verosimilmente rispecchiare un simile decremento della specie nel Mediterraneo. Un’analisi simile delle segnalazioni antecedenti al 1989 non è possibile. È infatti necessario
tenere conto che la ricerca per la Banca Dati Italiana Squalo Bianco è stata avviata nel
1996 e sebbene molto sia stato fatto per reperire tutte le segnalazioni antecedenti, risalendo anche a tempi storici, è normale che il lavoro svolto risulti più dettagliato a partire dalla fine degli anni Ottanta in avanti, mentre sia via via più lacunoso risalendo indietro nel tempo. Ciò è inoltre dovuto in gran parte anche all’immenso sviluppo dei
media, e quindi alla circolazione delle informazioni, al quale abbiamo assistito nel corso degli ultimi decenni. Inoltre va tenuto conto anche della maggiore consapevolezza
da parte del pubblico dell’importanza di segnalare le catture e gli avvistamenti di
squali bianchi, in parte dovuta anche all’ampia opera di divulgazione dei risultati ottenuti attraverso la Banca Dati Italiana Squalo Bianco.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Conservazione
L’
uomo ha avuto e continua ad avere
anche un effetto dannoso sugli squali
bianchi del Mediterraneo a causa della pesca, dell’impoverimento delle risorse, dell’inquinamento ambientale, del riscaldamento globale e della distruzione degli habitat (De Maddalena, 2008). Che cosa è
stato fatto nel Mediterraneo per tutelare
questa specie, così gravemente danneggiata dalle attività umane? Lo squalo bianco
risulta incluso nell’appendice 2 del Protocollo sulle Aree Specialmente Protette e
sulla Biodiversità della Convenzione di Pinna dorsale di una femmina di squalo bianco
lunghezza stimata intorno a 500 cm, che nuota
Barcellona del 1996, e dal 1999 è formal- di
in una gabbia per tonni al largo di Tripoli, Libia,
mente protetto nelle acque italiane e mal- il 12 Giugno 2002 (Galaz e De Maddalena, 2004)
tesi. Nel 2007 il Consiglio della Comunità (© Lorenzo Millan).
Europea ha stabilito che alle navi comunitarie e di paesi terzi, in tutte le acque comunitarie, è vietata la pesca, la detenzione a
bordo, il trasbordo e lo sbarco degli squali bianchi. Il divieto si applica inoltre alle navi comunitarie anche in tutte le acque non comunitarie (Consiglio dell’Unione europea, 2007). Soltanto un’altra specie di squalo, il cetorino (Cetorhinus maximus), gode
della medesima protezione nella stessa area. Questo per lo meno sulla carta. Nell’area
mediterranea la conservazione degli squali e, più in generale, la regolamentazione della pesca vengono ancora considerati problemi di secondaria importanza. Sorprendentemente, nessuna nazione nell’area investe nella ricerca sugli squali bianchi, né incentiva le ricerche svolte dai pochissimi studiosi che se ne occupano per proprio conto per
pura dedizione verso la materia. Al contrario, assurdamente accade piuttosto che talora
queste ricerche indipendenti vengano ostacolate per ragioni puramente «politiche». È
indispensabile che questa situazione cambi immediatamente. È necessario un attento
monitoraggio della specie da parte di tutte le nazioni mediterranee, una protezione che
sia effettiva e alla quale si accompagnino pesanti sanzioni laddove non venga rispettata, una gestione attenta delle attività di pesca nelle quali gli squali bianchi e i grandi
squali in genere rappresentano una cattura accessoria, una reale tutela dell’ambiente
marino e delle sue creature anche al fine di tutelare le specie che rientrano nella dieta
del grande predatore. Spero che lo stato di protezione della specie introdotto dal Consiglio della Comunità Europea sia un primo passo verso un cambiamento reale.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Reperti conservati nei musei
I
l reperimento e lo studio
dei reperti di squalo bianco conservati nei musei dell’area è una parte fondamentale della ricerca su tale specie nel Mediterraneo. I risultati inerenti allo studio di tali
reperti sono stati pubblicati
recentemente (De Maddalena, 2006b, 2007; De Maddalena e Zuffa, 2008), illustrando i dati relativi a 109 squali
bianchi conservati presso 49
istituzioni di 14 nazioni. La
maggior parte di tale materiale è in ottime condizioni di
conservazione e vi sono inclusi numerosi esemplari di
notevole interesse. Però sfortunatamente molto spesso i
dati di questi esemplari sono
andati persi o sono comunque molto lacunosi.
La maggior parte di tale
Queste mascelle di squalo bianco appartenenti alla Biblioteca
materiale è rappresentato da Ambrosiana di Milano (senza numero di catalogo), che datano
esemplari tassidermizzati e come minimo al periodo 1640-1660, rappresentano il più antico
di squalo bianco conservato in Europa (De Maddalena,
mascelle, in qualche caso ac- reperto
2006a) (© Alessandro De Maddalena, per gentile concessione
compagnati da condrocrani e della Biblioteca Ambrosiana di Milano)
vertebre, mentre altre parti
anatomiche (singoli denti, testa, cervello, occhi, cuore e capsule olfattive) sono state
conservate assai di rado. I reperti sono stati conservati con differenti modalità: tassidermizzati, a secco, in liquido e come calco.
La maggior parte degli esemplari per i quali è nota la provenienza è mediterranea.
Così 38 esemplari sul totale di 109 conservati in Europa sono stati catturati nel Mediterraneo. È comunque facile ipotizzare che anche molti dei 49 reperti privi di località
di cattura siano di provenienza mediterranea. I reperti sono conservati nelle seguenti
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
nazioni: Austria (9), Belgio (2), Bosnia e Erzegovina (1), Croazia (1), Repubblica Ceca (3), Danimarca (4), Francia (23), Germania (6), Italia (42), Principato di Monaco
(3), Romania (1), Spagna (2), Svizzera (2), Regno Unito (10). La maggioranza dei reperti è molto antica e solo 12 appartengono a esemplari catturati dopo il 1950. Le mascelle appartenenti alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (senza numero di catalogo),
che datano come minimo al periodo 1640-1660, rappresentano il più antico reperto di
squalo bianco conservato in Europa (De Maddalena, 2006a). I più grandi esemplari dei
quali siano conservati reperti in Europa sembrerebbero essere quello del quale sono
conservati mascelle, condrocranio e vertebre nel Museo di Anatomia Comparata di
Roma (numero di catalogo: 111-95), e un altro del quale sono conservate le mascelle
nel Museo Zoologico «La Specola» di Firenze (numero di catalogo: 6032): entrambi
avrebbero avuto una lunghezza di circa 600 cm (De Maddalena, 1998). Il calco di una
femmina di squalo bianco di 589 cm TOT (565 cm TLn) conservata nel Museo cantonale di Zoologia di Losanna (senza numero di catalogo), è il più grande calco preparato direttamente da un esemplare intero che esista al mondo (De Maddalena et al.,
2003). Una femmina di 522 cm TLn conservata nel Museo Civico di Storia Naturale di
Trieste (senza numero di catalogo) è il più grande esemplare tassidermizzato come
pelle montata a secco che sia conservato in Europa (De Maddalena, 2006b). La femmina di 150 cm conservata nel Senckenberg Forschungsinstitut und Naturmuseum of
Frankfurt (senza numero di catalogo) è invece il più piccolo esemplare della specie
conservato in Europa (De Maddalena, 2006b).
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Documentazione fotografica e filmata
D
ocumentazione fotografica degli squali bianchi
registrati nel Mare Mediterraneo è stata rilevata per 112
esemplari, includendo documentazione di esemplari vivi,
morti e di loro parti anatomiche. È in corso di svolgimento
un progetto di foto-identificazione degli esemplari mediterranei che dovrebbe portare a
importanti risultati nel corso
dei prossimi anni. È interessante notare che sebbene la documentazione fotografica sia
cospicua, questa include soltanto tre casi nei quali le immagini sono foto subacquee
dell’animale vivo (Galaz e De
Maddalena, 2004). Una femmina di squalo bianco venne
filmata dal cameraman Michel
Lobreaux al largo di Favignana, Isole Egadi, alla fine degli
anni Sessanta e la sequenza
venne inclusa nel documentario «Uomini e squali» del regista italiano Bruno Vailati (Stefano Carletti, com. pers.); una Femmina di squalo bianco di lunghezza stimata intorno a 500
femmina di squalo bianco di cm, che nuota in una gabbia per tonni al largo di Tripoli, Libia,
lunghezza stimata intorno a il 12 Giugno 2002 (Galaz e De Maddalena, 2004) (© Lorenzo
500 cm venne fotografata sul Millan).
Banco di Pantelleria, tra il 15 e
il 20 Luglio 1991 (Riccardo Andreoli, com. pers.); una probabile femmina di squalo
bianco di lunghezza stimata intorno a 500 cm venne fotografata e filmata in una gabbia per tonni al largo di Tripoli, Libia, il 12 Giugno 2002 (Galaz e De Maddalena,
2004). In aggiunta, uno squalo bianco di lunghezza stimata intorno a 500 cm venne fotografato al largo di Strombolicchio, Isole Eolie, nel Giugno 1995 o 1996, ma sfortuSupplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
natamente la foto sembra essere andata persa (De Maddalena, 2001). È curioso notare
che di tali immagini subacquee, due, quelle scattate sul Banco di Pantelleria e al largo
di Tripoli, sono state realizzate dal fotografo immergendo la sola macchina fotografica
in acqua.
Per quanto riguarda la documentazione filmata di esemplari vivi, oltre ai due casi
sopracitati di brevissimi filmati realizzati in ambiente subacqueo al largo di Favignana
e Tripoli, ve ne sono altri realizzati fuor d’acqua. Si tratta di filmati che mostrano un
esemplare al largo di Giulianova nell’Estate 1998, un esemplare di lunghezza stimata
tra 500 e 600 cm al largo di Senigallia il 27 Agosto 1998 (De Maddalena, 2000b), e un
maschio di 475 cm morente sulla playa de la Mar Menuda a Tossa de Mar, Spagna, il
17 Novembre 1992 (Barrull e Mate, 2001). In aggiunta, esisterebbe un filmato ritraente un esemplare di lunghezza stimata intorno a 600 cm al largo di Rimini alla fine di
Settembre 1986 (De Maddalena, 2000b), tuttavia sino a oggi non è ancora stato possibile reperire tale documentazione.
A tutt’oggi nessuna équipe documentaristica ha potuto realizzare un intero filmato
subacqueo sullo squalo bianco nel Mare Mediterraneo. Anche recenti tentativi realizzati da differenti équipes in acque italiane e croate hanno hanno fallito nell’intento di
filmare anche solo un unico esemplare di squalo bianco nel suo ambiente naturale. In
un’epoca nella quale la tecnologia sembra rendere quasi ogni obiettivo facilmente raggiungibile, la realizzazione di un’estensiva documentazione filmata e fotografica subacquea degli squali bianchi mediterranei resta ancora un’appassionante traguardo per
il futuro.
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
Come collaborare alla raccolta dati
È
molto importante continuare a raccogliere dati relativi alla presenza storica e attuale dello squalo bianco nell’area mediterranea. Questo, col tempo, permetterà di
colmare le lacune che ancora esistono nella nostra conoscenza della biologia, etologia
ed ecologia della specie sia in generale che specificamente nell’area in esame.
Tutti possono essere d’aiuto allo svolgimento delle ricerche sugli squali bianchi delle acque mediterranee. Segnalare avvistamenti e catture di squali bianchi è la maniera
migliore per farlo. I dati raccolti grazie alla vostra collaborazione saranno archiviati
nella Banca Dati Italiana Squalo Bianco; inoltre i risultati che emergeranno dall’ampliamento e dai progressi di tale programma di ricerca saranno oggetto di nuove pubblicazioni scientifiche e divulgative.
Per aiutare i lettori nella raccolta dei dati, una scheda da compilare è stata inclusa in
questa sezione del libro. La compilazione deve essere il più accurata e completa possibile. Tuttavia non esitate a inviare anche schede incomplete. Ai pescatori professionisti
Squalo bianco di lunghezza stimata di 492-547 cm TOT catturato il 22 Ottobre 1963 nel Golfo di
Pirano, Slovenia (De Maddalena et al., 2001) (per gentile concessione di Lovrenc Lipej).
Supplemento alla Rivista Marittima
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
BANCA DATI ITALIANA SQUALO BIANCO
SCHEDA PER LA SEGNALAZIONE DI SQUALI BIANCHI
NEL MARE MEDITERRANEO
Tipo di segnalazione (avvistamento, incontro subacqueo, cattura, attacco):
Data dell'incontro:
Ora dell'incontro:
Luogo dell'incontro:
Posizione (latitudine e longitudine):
Distanza dalla costa:
Profondità del mare:
Condizioni atmosferiche:
Stato del mare:
Caratteri su cui è basato il riconoscimento della specie:
Numero di esemplari osservati:
Lunghezza totale (in linea retta dalla punta del muso all'apice del lobo superiore della pinna caudale):
Peso (specificare se intero o eviscerato):
Sesso (maschio riconoscibile dalla presenza di 2 appendici cilindriche alla base delle pinne pelviche):
Contenuto stomacale:
Attività dell'esemplare:
Se trattasi di femmina gravida conservare congelati gli embrioni e indicare:
— Numero di embrioni:
— Lunghezza totale di ciascun embrione:
— Peso di ciascun embrione:
— Sesso di ciascun embrione:
Presenza di altre specie animali nelle vicinanze al momento dell'incontro:
Attività degli osservatori al momento dell'incontro:
Testimoni oculari dell'incontro:
Commenti:
Esistenza di documentazione fotografica o filmata (se possibile, allegarla):
Specificare se si autorizza la pubblicazione dei dati ivi riportati e delle fotografie inviate:
Dati del compilatore
— Nome:
— Indirizzo:
— Telefono:
— E-mail:
Si prega di inviare la scheda compilata e il materiale fotografico e video al seguente indirizzo:
Dott. Alessandro De Maddalena - Società Ittiologica Italiana
via L. Ariosto 4, I-20145 Milano, Italia
E-mail: [email protected]
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e sportivi che dovessero catturare uno squalo bianco, raccomandiamo di lasciare sempre libero l’animale, anche in virtù del fatto che si tratta di una specie protetta sia a livello italiano che europeo (si veda il capitolo «Conservazione»). Ovviamente in questo caso non sarà importante se la scheda non sarà compilata per intero.
È importante chiarire alcuni punti al fine di far sì che il vostro contributo sia il più
utile possibile. Suggerisco fortemente di misurare la lunghezza totale dell’animale in
linea retta, dalla punta del muso all’apice del lobo superiore della pinna caudale. Se
non avete la possibilità di misurare l’esemplare è necessario che specifichiate che la
misura riportata è una stima.
Il peso è considerato di minore importanza. L’esemplare deve essere pesato completo; se non fosse possibile è necessario che specifichiate che l’esemplare è stato sviscerato, decapitato, privato delle pinne o quant’altro. Come per la lunghezza, se non avete
la possibilità di pesare l’esemplare, è necessario che specifichiate che il peso riportato
è una stima.
Ricordate che il sesso dell’esemplare è facilmente riconoscibile da un’osservazione
della regione ventrale dello squalo, a livello delle pinne pelviche (le pinne pari poste
nella regione pelvica), dove i maschi presentano due appendici cilindriche, gli pterigopodi (organi copulatori).
Fate il possibile per scattare una foto dello squalo: sarà utilissima per verificare la
corretta identificazione della specie, e per arricchire l’archivio fotografico creato in
questi anni, anche in vista della possibile foto-identificazione degli individui. Quando
fotografate uno squalo cercate di inquadrare l’intero esemplare, lateralmente; suggerisco inoltre di fare anche foto addizionali di dettagli, specialmente delle pinne e delle
cicatrici. Se possibile realizzate anche del materiale video, ad alta risoluzione, specialmente se abbiate occasione di filmare degli esemplari vivi.
Quando sia possibile è importante conservare le mascelle o per lo meno i denti di
maggiori dimensioni, le vertebre di maggiori dimensioni, campioni di tessuto, e gli
embrioni interi. La conservazione di piccole porzioni di tessuto congelato o in alcool renderà possibile l’analisi del DNA. La conservazione delle vertebre permetterà lo studio dell’età dell’esemplare. La conservazione degli embrioni permetterà di
effettuare osservazioni sulla riproduzione della specie. Segnalazioni relative a esemplari di grandi dimensioni, femmine gravide e neonati sono considerate di particolare importanza.
Supplemento alla Rivista Marittima
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LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO
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Giugno 2010
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Alessando De Maddalena
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