Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto
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Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto
www.ship2shore.it RO-RO Direttore Responsabile: Angelo Scorza TERMINAL OPERATOR Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto Indiscrezioni anche sull’acquisto di una quarta nave mentre Tirrenia CIN smentisce il noleggio di una nuova costruzione del cantiere Visentini prevista in consegna nel 2017 Il piano di potenziamento della flotta di Moby sta entrando nel vivo in questi giorni. Dopo le indiscrezioni di alcune settimane fa, quando circolavano voci secondo cui la compagnia della balena blu avesse sondato diversi cantieri navali per allungamenti di alcune navi ro-ro, giungono ora notizie relative a nuovi contratti firmati per noleggi a lungo termine con opzioni d’acquisto. L’operazione probabilmente più ‘costosa’ è Via XX Settembre, 21/10 16121 Genova Telefono 010 5761424 Fax 010 5535129 www.usclac.it [email protected] Siamo il Sindacato di Categoria più vecchio nella marineria d’Italia, la nostra storia ci dà la forza di adeguarci ai nuovi titoli professionali e alle mutate esigenze degli unici dirigenti naviganti, tanto da aver affiancato alle tradizionali USCLAC/UNCDiM anche la sigla SMACD (Stato Maggiore Abilitato al Comando e alla Direzione di macchina), dedicata agli Ufficiali in possesso dell’abilitazione al comando (Certificato IMO): Comandanti, Direttori di Macchina, Ufficiali venite da noi, siamo la Vostra casa naturale, siamo Voi stessi e uniti si vince! Basti l’esempio dell’epica battaglia per l’esposizione all’amianto che, senza tema di smentita, possiamo affermare di essere gli unici a condurre. UNA TAPPA IMPORTANTE: L’ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA! USCLAC/UNCDiM/SMACD, prime nel mondo della marina mercantile, hanno compreso che la copertura offerta dal Servizio Sanitario Nazionale non poteva considerarsi un presidio sufficiente e che in prospettiva lo sarebbe stato sempre meno. Ci siamo impegnati ed abbiamo costituito una Cassa di assistenza sanitaria integrativa per Comandanti, Direttori di Macchina e Ufficiali in possesso dell’abilitazione al comando (Certificato IMO): la CAS.CO.DI. In tale maniera abbiamo inteso garantire i livelli di assistenza che ci erano propri prima della nascita del S.S.N. Le coperture sanitarie sono erogate tramite una polizza assicurativa contratta con un primario Gruppo assicurativo nazionale. Il tuo sindacato di categoria, direttamente o tramite esperti ti può aiutare e consigliare sui seguenti temi: • • • • • contrattuali previdenziali legali assicurativi bancari “Comandante, Direttore di Macchina, Ufficiale cerca un porto sicuro per te e la tua famiglia. Approda da chi si occupa esclusivamente delle specificità del ruolo che rivesti a bordo e delle responsabilità che ti gravano, così diverse dal resto dell’Equipaggio.” Anno XII, N.46 - Genova, 7 Dicembre 2015 operazione non rilasciando però dettagli sul prezzo d’acquisto anche se la richiesta della parte venditrice era di circa 8 milioni di euro. Oltre a questo affare, Moby ha rinegoziato il contratto di bare boat charter relativo alla nave ro-ro Louise Russ che la società operava già in time charter da un paio d’anni. Il nuovo accordo dovrebbe prevedere un’opzione d’acquisto sul mezzo. Altra unità ro-ro che entrerà in servizio per Moby dal prossimo anno in virtù di un noleggio a www.ship2shore.it tempo con opzione d’acquisto è la Helena, nave del 1991, attualmente battente bandiera svedese, con una capacità di carico pari a 3.000 metri lineari. Questa unità pare sia destinata a rimpiazzare una o più delle navi (un po’ datate) che Moby Cargo impiega sui collegamenti con la Sardegna. Oltre alle unità citate, Onorato ha messo le mani anche su un’altra moderna unità ro-ro del 2003 attualmente ribattezzata Williamsborg (ex-Beachy Head), fino a qualche tempo fa noleggiata dalla compagnia di navigazione segue a pag.2 stata l’acquisto in Nord Europa del traghetto Wind Perfection, nave del 1982 costruita a Bremerhaven dal cantiere navale Weser Seebeckswerft. La società guidata da Vincenzo Onorato ha confermato questa TOP THREE GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DELLA SETTIMANA SCORSA 1° Pronto il decreto sulla governance dei porti LO-LO & RO-RO SERVICES: 2° Il Rina lancia una nuova certificazione per i marittimi 3° Onorato sbatte la porta e lascia Confitarma THE MULTIPURPOSE CHOICE IN GENOA Ponte Libia - 16149 Genova Tel. +39 010 0894102 - Fax +39 010 0894129 e-mail: [email protected] web: www.terminalsangiorgio.it Containers General Cargo Project Cargo Heavy Lift Yachts Trailers Cars and more... 2 segue dalla prima pagina danese Nordana. Non è tutto, però, perché il ro-pax Maria Grazia On dovrebbe aver terminato il suo noleggio in Spagna con Trasmediterranea e si prepara dunque a tornare in Italia (a meno di nuovi impieghi all’estero). Alcune indiscrezioni provenienti dalla Grecia e per l’esattezza dai cantieri navali di Perama dove si trova la nave, danno per acquisito da Moby (che non ha confermato né smentito) anche il ro-pax Banasa. L’unità, datata 1975, ha servito a lungo nella flotta della compagnia marocchina Comarit, dopo il cui default (e un lungo periodo di inattività) è stata acquisita un paio di mesi fa dalla greca European Seaways. Questa compagnia, però, attiva fra la Grecia e la Puglia sembrerebbe avere deciso di sospendere l’attività diretta (l’unica altra sua nave, il Bridge, è a noleggio per l’anconetana Adria Ferries che la sta impiegando fra Bari e Durazzo) e potrebbe aver deciso di cedere il Banasa per realizzare una plusvalenza, dato il probabile prezzo d’acquisto al rottame. Di certo la nave risulta entrata in classe Rina col nome Galaxy (quello scelto da European Seaways), ma secondo le fonti greche sarebbe destinata a cambiare nome in Moby Kiss e potenziare il collegamento fra Livorno e Bastia. Rimanendo, poi, sempre nel gruppo Moby, pare che la nave ro-ro Espresso Catania della flotta di Tirrenia Cin sia stato da poco messa sul mercato e sia quindi destinata alla vendita. L’ex compagnia di navigazione pubblica, però, sarebbe già alla ricerca di un nuovo mezzo e, sempre secondo indiscrezioni di mercato appena smentite però da Onorato, sembrava avesse individuato nel cantiere navale Visentini di Porto Viro il fornitore adatto. Tirrenia veniva infatti indicata come il nuovo noleggiatore (a lungo termine) della nuova costruzione ro-ro da 2.800 metri lineari di stiva, contraddistinta dal numero NB 232 e prevista in consegna dal cantiere rodigino nella primavera del 2017. Altra società potenzialmente interessata sarebbe Grandi Navi Veloci. Nicola Capuzzo www.ship2shore.it Lunedì 7 Dicembre 2015 CROCIERE CSSC e Fincantieri realizzeranno la prima nuova costruzione cinese per Carnival I lavori dovrebbero iniziare nel 2017 nei cantieri Waigaoqiao di Shanghai, con consegna nel 2020. Oltre un miliardo di dollari l’investimento stimato flotta mondiale di rinfusiere Capesize attualmente operativa, e l’8,3% di quella di petroliere VLCC), sarà la joint-venture che la stessa Carnival sta attualmente costituendo proprio in partnership con CSSC e con il fondo sovrano China Prende concretamente corpo l’alleanza a tre siglata a fine 2014 tra il colosso crocieristico Carnival, la corporation statale cinese China State Shipbuilding Corp. (CSSC) e Fincantieri. Secondo diverse fonti di stampa della Repubblica Popolare, infatti, è ormai in fase di chiusura l’accordo per la costruzione della prima newbuilding cinese frutto di questa partnership, che verrà realizzata da Shanghai Waigaoqiao Shipbuilding, controllata di CSSC, con il supporto tecnico e progettuale di Fincantieri. Secondo quanto avrebbe dichiarato Chen Jun, vice-president di Waigaoqiao Shipbuilding, la costruzione di questa nuova cruiseship, che avrà una stazza lorda di 140.000 tonnellate, una lunghezza di 300 metri e potrà ospitare tra i 3.000 e i 4.000 crocieristi, inizierà nel 2017 per terminare del 2020, e richiederà un investimento complessivo di circa un miliardo di dollari. Tali dati sono peraltro confermati da un report della società finanziaria Finpro Shanghai che circola in rete, secondo cui questa nave sarebbe la prima di una serie di 5 unità, e verrà classificata da Lloyd’s Register. Lo stesso documento aggiunge anche, com’era prevedibile, che a prendere in consegna questa prima cruiseship interamente realizzata in Cina, da un cantiere fino ad oggi attivo solo sul fronte cargo (ha costruito l’11,3% della Investment Corporation (CIC), la quale – come annunciato lo scorso ottobre – debutterà con un nuovo brand crocieristico multi-nave dedicato espressamente al mercato interno della Repubblica Popolare. Un’operazione congiunta ma parallela a quella sempre in fase di definizione tra CSSC, Carnival e Fincantieri, resa nota già alla fine dello scorso anno e destinata proprio alla sviluppo di un’industria navalmeccanica cinese specializzata nel segmento cruise, che a questo punto – in base ai report della stampa asiatica – dovrebbe concretizzarsi con una prima newbuilding pronta a salpare nel 2020. Francesco Bottino www.ship2shore.it 3 FERROVIE Lunedì 7 Dicembre 2015 TANKER Quinta vendita per i Zacchello nel 2015 Una ‘distrazione’ del MIT potrà costare 40 milioni di euro alle imprese ferroviarie italiane Anche la Handysize tanker Saffo è stata ceduta a Il dicastero di Delrio fino a pochi giorni fa non aveva inviato la notifica preventiva per avere l’ok da Bruxelles sugli sconti pedaggi previsti dalla Legge di Stabilità 2015 Milano - La cura del ferro promessa da mesi dal “medico dei trasporti” Graziano Delrio è partita con una terapia sbagliata. Le risorse finanziarie (fino a 100 milioni di euro all’anno) che l’ultima legge di Stabilità nel comma 294 ha stanziato, sotto forma di sconto del pedaggio da parte di RFI, a favore delle imprese ferroviarie nel triennio 2015-2017 per i servizi di trasporto cargo con le regioni del Sud Italia potrebbero essere da restituire. Da diverse fonti di settore risulta infatti che il Governo Renzi e, più nello specifico, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, fino a pochi giorni fa non aveva spedito a Bruxelles le necessaria notifica preventiva su una norma che si configura come aiuto di Stato. Non solo: nei mesi scorsi il contributo pubblico alle imprese ferroviarie private e pubbliche (Trenitalia) è stato già erogato sotto forma di sconti sui pedaggi da parte del gestore della rete RFI quando invece il diritto comunitario prevede che il contratto di servizio pubblico dovesse essere preventivamente sottoposto e approvato dalla Commissione Europea. Non a caso il dicastero guidato da Graziano Delrio negli ultimi giorni pare abbia in fretta e furia incaricato la società di consulenza Pricewaterhouse Coopers di redigere un dossier già spedito a Bruxelles nel quale vengono spiegate nel dettaglio le ragioni alla base di questi contributi pubblici. Se la Commissione Europea darà semaforo verde a questi aiuti di Stato verrà messa una pezza alla situazione, mentre se la risposta dovesse essere negativa si innescherebbe un procedimento d’infrazione che comporterebbe la restituzione di questi sconti da parte delle imprese ferroviarie con le prevedibili battaglie legali fra operatori e ministero. Giancarlo Laguzzi, presidente di Fercargo (l’associazione che rappresenta le imprese ferroviarie italiane), in un convegno dedicato al trasporto ferroviaria lungo i valichi fra Italia e Svizzera, parlando delle criticità italiane a tal proposito ha detto: “Non sono ancora utilizzabili i 100 milioni stanziati con la scorsa Legge di Stabilità a dicembre 2014” e ha aggiunto che “purtroppo, per un formulazione burocratica errata, si possono utilizzare solo in parte per incentivare il sud Italia e non l’intera rete ferroviaria nazionale”. Fercargo, infatti, chiede l’estensione a tutta la rete nazionale della riduzione del pedaggio per i treni merci ora prevista solo per il Meridione. Laguzzi sottolinea che “nella formulazione attuale restano inutilizzate risorse per circa il 60% del contributo stanziato” (dunque circa 60 milioni su 100) e quindi l’associazione vuole una modifica della norma in questione nella prossima Legge di Stabilità per “estendere lo stesso meccanismo di incentivo a tutte le Regioni d’Italia e rilanciare così, per la prima volta nella storia di questo Paese, in accordo con tutti gli attori del sistema, la logistica ferroviaria”. Il Presidente di Fercargo ha stigmatizzato il fatto che, nonostante tutte le assicurazioni ricevute, non sia stata ancora corretta nella nuova Legge di Stabilità in corso di esame alla Camera la clausola limitativa dello scorso anno, modifica che non comporta nessuna maggiore spesa oltre allo stanziamento di 100 milioni già previsto. “Sarebbe veramente un gravissimo errore proprio oggi che le maggiori associazioni di categoria - Anita di Confindustria, Assologistica di Confetra e Conftrasporto di Confcommercio – hanno recentemente condiviso con Fs e Fercargo il pieno utilizzo di tale finanziamento con l’applicazione all’intera rete ferroviaria”. Nicola Capuzzo Maersk Tankers per circa 18 milioni di dollari La famiglia Zacchello sta portando a termine un’altra dismissione che rappresenterebbe la quinta vendita di un asset navale quest’anno. Precisamente si tratta della nave cisterna Saffo, una Handysize da 38.400 tonnellate di portata lorda costruita nel 2008 dal cantiere China State Shipbuilding che è passata per circa 18 milioni di dollari nelle mani dei danesi di Maersk Tankers. Conferma implicita alla positiva conclusione dell’affare arriva dal fatto che la nave è stata appena ribattezzata Maersk Kara dal nuovo proprietario che la impiegherà commercialmente nell’Handytankers Pool. Società venditrice formalmente è stata l’olandese Bentonwood BV mentre gestore tecnico della nave era la Marwave Shipmanagement BV. Per la famiglia Zacchello si tratta della quinta vendita quest’anno coerentemente con il piano di ristrutturazione del gruppo. Lo scorso marzo, sempre ai danesi di Maersk Tankers, era stata ceduta la nave cisterna Giacinta al prezzo di 21,5 milioni di dollari. Un affare interessante per il compratore che infatti lo scorso settembre pare abbia rivenduto la stessa nave a circa 27 milioni di dollari. Dopo una lunga pausa estiva le dismissioni sono riprese a settembre quando è stata la volta della bulk carrier Tiare destinata alla cessione come confermato dall’a.d. di Motia di Navigazione, Claudio Baccichetti. Nel mese di ottobre la mini-cape Chiara e la nave cisterna Elia sono state anch’esse cedute rispettivamente ai greci di Golden Union per 13 milioni di dollari e di Polembros Shipping per circa 35 milioni. Oltre a queste unità, anche la Handysize tanker Elbtank Italy che fino a pochi anni fa era di una società riconducibile ai Zacchello è stata ceduta alla tedesca TB Marine Hamburg per 18,2 milioni di dollari. Con la nave cisterna Saffo la dismissioni della famiglia armatoriale veneta salgono a 5 quest’anno. Nicola Capuzzo www.ship2shore.it 4 BULKER Lunedì 7 Dicembre 2015 BUNKER Maxi conversione dry per d’Amico in Cina Napp azionista unico della Depositi Costieri Trieste La società sta negoziando la modifica degli ordini relativi a due Supramax con altrettante portacontainer da 2.250 TEUs La d’Amico di Navigazione vede nero nel dry bulk e decide di modificare in corsa alcune nuove costruzioni. C’era da aspettarselo considerando il pessimismo sui tempi di ripresa dei noli per le navi bulk carrier che poche settimane fa lo stesso armatore Cesare d’Amico aveva palesato a margine di un convegno del settore che si è tenuto a Genova. A una testata straniera lo stesso amministratore delegato del gruppo d’Amico ha confermato che stanno lavorando con il cantiere cinese Yangfan alla conversione di due ordini per navi Supramax bulk carrier in 2+2 navi portacontainer da 2.250 TEUs di capacità. Una volta completate, queste unità potranno essere noleggiate a terzi o impiegate dallo stesso gruppo sulle linee operate dalla controllata d’Amico Dry Maroc verso il Nord Africa. Cesare d’Amico avrebbe confermato che ci sono negoziazioni avanzate con il cantiere in questo senso e ha precisato che il prezzo per ciascuna nuova costruzione portacontainer sarebbe inferiore ai 30 milioni di dollari. Le consegne sarebbero previste tra fine 2017 e inizio 2018. Fra il cantiere navale cinese Yangfan e la d’Amico di Navigazione esiste un ormai consolidato rapporto d’affari se si considera che dal 2012 a oggi sono stati firmati ordini per 11 Handysize e 7 Ultramax bulk carrier. Quello delle navi portarinfuse secche da circa 60.000 tonnellate di portata rimane comunque un segmento d’attività nel quale crede il gruppo armatoriale romano tanto che lo scorso marzo era stata annunciata l’apertura di un nuovo pool chiamato Medi Supra Pool Managament Limited con sede a Singapore e specificamente dedicato alle navi classe Supramax. Oltre alle nuove costruzioni ordinate direttamente in proprio, il gruppo guidato dai cugini Paolo e Cesare d’Amico è più o meno direttamente coinvolto anche nelle nuove Supramax ordinate da Venice Shipping&Logistics e da un altro investitore straniero non meglio specificato (sempre a Yangfan), oltre alle quattro newbuilding commissionate da dACC Maritime in Giappone (Oshima Shipbuilding). N.C. L’armatore di Giuliana Bunkeraggi rileva dall’Eni l’altro 50% della società petrolifera portuale triestina Si compie la ‘giulianizzazione’ di una storica azienda triestina nel settore marittimo portuale. La Depositi Costieri Trieste S.p.A. (DCT), Società erede delle attività petrolifere insediatesi nel tessuto industriale giuliano sin dagli inizi del ‘900, passa interamente nelle mani della famiglia triestina Napp, proprietaria della Giuliana Bunkeraggi S.p.A., che ha rilevato dall’Ecofuel S.p.A. (Gruppo Eni) il 50% della società, così diventando l’unico azionista della DCT. “In un periodo storico costellato dalla sempre più frequente perdita di marchi nazionali passati in mani straniere, un’azienda blasonata resta ben salda in mani italiane” è il commento soddisfatto di Franco Napp, titolare dell’azienda di famiglia. DCT si occupa dello stoccaggio e della movimentazione di prodotti petroliferi a basso contenuto ambientale e di olii vegetali destinati al mercato energetico. Lo stabilimento situato nel Punto Franco Olii Minerali del porto di Trieste, consta di 28 serbatoi per una capacità complessiva di 145.000 metri cubi, serviti da un pontile in grado di ricevere navi cisterna con portata fino a 30.000 dwt ed è collegato al raccordo ferroviario di Trieste Servola ed alla Grande Viabilità Triestina. Lo scorso anno DCT ha movimentato circa 445.000 tonnellate, ed ha una previsione di chiusura a fine 2015 di 500.000 tonnellate. “La società, grazie alla posizione geografica e alla versatilità delle proprie strutture, rappresenta un importante polo logistico energetico nella regione del Centro-Est Europa. Per la nostra famiglia l’investimento rappresenta un rafforzamento della propria presenza nel mercato petrolifero” conclude Napp. A.S. www.ship2shore.it 5 INTERMODALE Lunedì 7 Dicembre 2015 CROCIERE Hupac ha aperto la sua prima sede in Cina MSC Crociere in trattative per comprare un’isola alle Bahamas Secondo l’a.d. Bernhard Kunz era necessario un presidio diretto in Estremo Oriente per offrire servizi ferroviaria fra Asia ed Europa Bernhard Kunz Milano – L’operatore intermodale svizzero Hupac adesso ha anche gli occhi a mandorla. In occasione del convegno organizzato dall’Università Bocconi a Milano e dedicato al corridoio ferroviario Reno – Alpi, l’amministratore delegato della società, Bernhard Kunz, ha annunciato l’apertura del primo presidio diretto in Estremo Oriente. “Sono appena tornato da due settimane in Cina dove abbiamo appena aperto il primo ufficio di Hupac a Shanghai”. L’operatore elvetico da qualche tempo offre, oltre ai tradizionali servizi ferroviari lungo l’asse nord-sud del vecchio continente, anche nuove relazioni su ferro tra Europa e Asia. “Attualmente – ha aggiunto Kunz - Hupac opera un treno a settimana con 30 vagoni in grado di trasportare 60 pezzi da 20 piedi ma i volumi di merci dalla Cina sono enormi e in prospettiva il business può crescere notevolmente. In questo momento è ad esempi allo studio anche la fornitura di treni completi per clienti industriali fra Asia ed Europa”. Intanto l’operatore intermodale svizzero ha ufficialmente comunicato che dal prossimo 12 dicembre attiverà un nuovo collegamento intermodale che collegherà il terminal di P&O Ferries nel porto di Zeebrugge con l’Interporto di Novara. Il servizio, con altezza di profilo P400 e in grado di trasportare megatrailer, avrà una frequenza di tre partenze alla settimana in entrambe le direzioni con tempo di percorrenza giorno A - giorno C. Dal porto belga le partenze avverranno nei giorni di martedì, giovedì e sabato, mentre dal terminal intermodale di Eurogateway nell’Interporto di da Novara il treno partirà nei medesimi giorni. Nicola Capuzzo BAMBINI s.r.l. Offshore Supply and Towage Services www.bambinisrl.it T +39 0544 530537 F +39 0544 538544 La compagnia pronta a investire 200 milioni di dollari per sviluppare una sua destinazione privata vicino a Bimini mentre arriva la programmazione a Cuba Anche MSC potrebbe avere presto il suo ‘posto al sole’ privato ai Caraibi. La compagnia - riferisce il Nassau Guardian, ripreso dal sito mscfans.it sarebbe infatti in trattative con il governo delle Bahamas per acquistare l’isolotto di Ocean Cay, circa 40 ettari situati a un centinaio di chilometri a est di Miami e poco a sud dell’isola di Bimini. La contrattazione sarebbe già ad una fase piuttosto avanzata se è vero che, come riferisce ancora la testata bahamense, la sua esistenza è stata comunicata dallo stesso Primo Ministro dello Stato insulare, Perry Christie. Il premier ha affermato che il progetto (naturalmente soggetto all’approvazione del governo) porterà alla creazione di un certo numero, non precisato, di nuovi posti di lavoro. Su quest’ultimo punto, così come sull’impatto economico che potrà generare lo sviluppo di Ocean Cay come destinazione crocieristica, ha chiesto però di vederci chiaro la Bahamas Chamber of Commerce and Employers’ Confederation (la locale Camera di Commercio). La BCCEC, per voce del suo presidente Gowon Bowe, ha richiesto all’esecutivo maggiori approfondimenti, in particolare un’analisi del rapporto costi/benefici del progetto, che ne indaghi anche l’impatto ambientale e sociale. Maggiori certezze ci sono invece sulla presenza di MSC in un’altra isola dei Caraibi, e cioè Cuba. Ufficializzando e precisando quanto già affermato da Onorato nelle scorse settimane, la compagnia ha confermato che dal novembre del 2016 schiererà nell’isola, avendo L’Avana come homeport, oltre alla MSC Opera (che vi debutterà a giorni) anche la MSC Armonia. La nave (lunga 275 metri, con capacità di ospitare 2.680 passeggeri) seguirà due diversi itinerari settimanali, che potranno essere combinati in un’unica vacanza di 14 giorni. Il primo, dopo una sosta di due giorni e una notte nella capitale cubana, prevede scali all’Isola di Roatan (Honduras), a Belize City (Belize), nella Costa Maya (Messico), e, di nuovo a Cuba, con toccate l’Isola della Gioventù e infine L’Avana. Stesso inizio, con due giorni e mezzo e due notti a L’Avana, anche per il secondo itinerario, che prevede poi soste a Montego Bay (Giamaica), Georgetown (Isole Cayman) e Cozumel al largo dello Yucatan in Messico, per poi fare ritorno a Cuba. F.M. www.ship2shore.it 6 CROCIERE Lunedì 7 Dicembre 2015 Costa Crociere sbarca anche in Giappone Nuovo ufficio inaugurato a Tokyo e debutto nell’estate del 2016 della Costa Victoria, con 10 crociere in partenza dal paese del Sol Levante Il Far East non è fatto di sola Cina: Costa Crociere, pur avendo stabilito per prima tra le cruise company internazionali una propria presenza nella Repubblica Popolare nell’ormai lontano 2006, poi seguita da quasi tutti i principali competitor, ha deciso di guardare adesso oltre la Grande Muraglia rivolgendo la propria attenzione verso il Sol Levante. Come riportato dalla stampa internazionale, la compagnia genovese parte del gruppo Carnival ha da poco inaugurato un nuovo ufficio commerciale a Tokyo, che verrà gestito direttamente dalla divisione Costa Asia, e che opererà in stretta collaborazione con tour operator locali per offrire il miglior prodotto crocieristico possibile ai turisti giapponesi. A tal fine verrà impiegata la cruiseship Costa Victoria, costruita in Germania nel 1996 (75.200 GT) ma sottoposta ad un completo refitting da 18 milioni di dollari nel 2013, presso il cantiere Sembawang di Singapore, e attualmente impiegata proprio in Cina. Da luglio a settembre 2016, nel periodo di alta stagione turistica per il Giappone, la nave di Costa, in grado di ospitare circa 2.400 passeggeri e di offrire un mix di ‘italian style’ e comfort orientale studiati appositamente per i futuri ospiti del Sol Levante, salperà regolarmente per 10 crociere da 6 notti (viaggi più lunghi non vengono apprezzati dal mercato asiatico) con toccate nei porti nazionali di Fukuoka, Maizuru, Kanazawa – in tutti e tre è possibile imbarcare – e toccata internazionale nello scalo sudcoreano di Pusan. Grande soddisfazione è stata espressa, in una nota diffusa da Costa Asia ai media della regione, dai due manager che guidano la divisione del Far East, Buhdy Bok (Costa Group Asia President) e Yusuke Itokawa (Costa Group Asia Japan Country Manager), entrambi convinti che l’apertura del nuovo ufficio a Tokyo consentirà a Costa Crociere di lavorare a stretto contatto con gli operatori locali per offrire una vera esperienza crocieristica italiana, ma appositamente adattata alle esigenze e alle necessità della clientela giapponese. Carnival è già presente sul mercato giapponese dal 2013, col posizionamento in loco della Sun Princess di Princess Cruises, brand di alta gamma che propone ai crocieristi nipponici itinerari da 12 notti, “un prodotto diverso da quello che caratterizzerà l’offerta di Costa, diretta – spiegano dalla compagnia genovese – espressamente alle famiglie e incentrata su uno stile casual, con viaggi di durata più breve per adattarsi al meglio a questo particolare target di ospiti”. F.B. Chantier Naval de Marseille completa il refitting della Costa Fortuna San Giorgio del Porto ha scelto gli stabilimenti francesi della sua controllata Chantier Naval de Marseille per effettuare lavori di refitting sulla Costa Fortuna. La cruiseship di Costa Crociere è rimasta due settimane circa nel bacino n.8 delle riparazioni navali marsigliesi, per svolgere – secondo quanto riportato dalla stampa d’Oltralpe – interventi di carenaggio e installazione di un nuovo generatore di bordo. Costruita nel 2003 da Fincantieri e dotata di 1.358 cabine in grado di accogliere 3.470 passeggeri, la Fortuna (102.000 GT e 272 metri di lunghezza), è pronta a salpare delle banchine di Marsiglia per la sua stagione invernale nel Mediterraneo orientale, prima di riposizionarsi in Cina, dove resterà stanziata tutta l’estate (a partire da aprile 2016) come terza unità della flotta Costa dedicata al mercato della Repubblica Popolare. www.ship2shore.it 7 TERMINAL OPERATOR Scontro tra terminalisti genovesi per le aree Derna Ricorso al TAR da parte di Ignazio Messina e Terminal San Giorgio contro l’affidamento a Spinelli degli spazi retrostanti il Ponte Canepa Cresce, sotto la Lanterna, la tensione tra i terminalisti Messina, San Giorgio e Spinelli, con i primi due che ricorrono alla giustizia amministrativa contro l’affidamento in concessione al secondo delle cosiddette aree Derna, perimetro di circa 14.000 mq retrostante Ponte Canepa, nel bacino di Sampierdarena. In parte ricostruita recentemente sulle pagine della stampa genovese, la vicenda ha origine ai tempi dell’affaire Multipurpose e si intreccia con l’inchiesta giudiziaria che ne seguì. In concessione alla società Centro Servizi Derna (controllata del gruppo Spinelli) fin dal 2006, tali aree vennero ricomprese nel compendio affidato all’ATI costituita da Ignazio Messina e Terminal San Giorgio dopo che l’authority decise di procedere a nuove gare in conseguenza dell’inchiesta della magistratura sul Multipurpose. In tale atto concessorio del 2009 – secondo quanto ricostruito da Ship2Shore – era però inserita una clausola in cui si precisava Lunedì 7 Dicembre 2015 che, qualora la magistratura non avesse rilevato in ultima istanza illeciti nella gestione del caso Multipurpose, sarebbero automaticamente tornate in vigore le concessioni precedenti, ovvero – per le aree Derna – quella del 2006 in favore di Spinelli. Gli spazi oggetto della diatriba tornano quindi nella diponibilità dell’imprenditore della logistica e presidente del Livorno Calcio nel luglio 2011, quando i titolari Messia e San Giorgio siglano un accordo di sub-concessione a favore di Centro Servizi Derna. Tutto procede senza intoppi fino a quando la Corte di Cassazione, il 14 marzo 2014, stabilisce definitivamente che non sono stati compiuti illeciti sul Multipurpose: a quel punto Spinelli si avvale della già citata e clausola e, il 24 marzo 2014, chiede di tornare concessionario diretto delle aree Derna, riattivando come previsto i precedenti contratti del 2006. L’Autorità portuale evade con esito positivo la richiesta di Spinelli, seppur con un anno di ritardo, e il 1° giugno 2015 comunica che Centro Servizi Derna è nuovamente titolare diretta delle aree in questione, come previsto dalla concessione del 2006 che torna così pienamente attiva cancellando gli effetti del successivo affidamento del 2009. Ma Messina e San Giorgio non ci stanno: secondo i due membri dell’ATI, firmando l’accordo di sub-concessione nel luglio 2011 Spinelli avrebbe, contestualmente e implicitamente, rinunciato al diritto sancito nella clausola dell’atto concessorio 2009, ovvero di poter riattivare le concessioni 2006 qualora la magistratura non avesse riscontrato illeciti nella gestione del Multipurpose. Per questo nel luglio 2015 le due società presentano contro l’atto dell’Autorità portuale che ripristina la concessione delle aree in favore di Centro Servizi Derna un ricorso al TAR della Liguria La tesi di Messina e San Giorgio è ovviamente avversata dal gruppo Spinelli, che attende di sapere come si muoveranno i giudici amministrativi nell’udienza prevista per il prossimo gennaio. Risulta invece per il momento infondata l’indiscrezione, riportata da alcuni quotidiani locali, secondo cui Ignazio Messina (che non ha fornito commenti sulla vicenda, ndr) avrebbe, parallelamente al menzionato ricorso al TAR, manifestato la propria opposizione all’istanza di rinnovo della concessione demaniale marittima per le aree del terminal avanzata da Spinelli la scorsa estate. L’Autorità portuale riferisce infatti che non è stata depositata alcuna opposizione, ma che per il momento Messina ha soltanto presentato richiesta dei accesso agli atti, ovvero ha chiesto di poter visionare tutti i documenti completi allegati all’istanza presentata da Spinelli, “che in ogni caso – chiarisce a Ship2Shore Roberto Spinelli, figlio del patron Aldo e manager del gruppo – riguarda esclusivamente il compendio del terminal e non le aree Derna, che sono oggetto di una concessione autonoma e separata”. Francesco Bottino www.ship2shore.it 8 FERROVIE Il Terzo Valico costerà all’Italia il doppio Secondo il Certet Bocconi il time to market ritardato di cinque anni rispetto al tunnel del Gottardo comporterà mancati introiti per 6 miliardi per i traffici dirottati nei porti del Nord Europa Milano – Non solo sarà completato (se lo sarà) in ritardo di oltre un secolo rispetto ai primi progetti elaborati, ma il Terzo Valico ferroviario che collegherà Genova con Milano lungo il corridoio europeo RenoAlpi praticamente l’Italia lo pagherà due volte. Il ritardo di 5 anni del time to market con cui questa infrastruttura arriverà Nord Ovest d’Italia. Oliviero Bacelli, docente direttore del Certet, ha spiegato che “quella cifra di 6 miliardi deriva dalla stima secondo cui ogni anno ‘costano’ circa 1,2 miliardi di euro (1,064 miliardi in import e 139 milioni in export) i mancati introiti per l’economia nazionale derivanti dall’utilizzo dei porti Lanfranco Senn, Giancarlo Kessler e Oliviero Baccelli sul mercato rispetto al tunnel di base del Gottardo ‘costerà’ all’Italia circa 6 miliardi di euro, esattamente il costo stimato per la costruzione del Terzo Valico stesso. Il dato emerge da una ricerca sul nuovo ‘Corridoio multimodale Svizzera-Italia’ elaborata dal Certet dell’Università Bocconi e presentata a Milano nel corso di un convegno dedicato ai nuovi valichi ferroviari alpini nel ridisegno dei trasporti e della logistica nel del Nord Europa, anziché degli scali italiani, per i traffici di merci diretti o provenienti dal Nord Italia. Moltiplicando questo valore per i 5 anni di ritardo con cui il Terzo Valico arriverà sul mercato (2021) rispetto al nuovo tunnel del Gottardo (2016) si ottiene la perdita potenziale di 6 miliardi di euro che per il 55% sarebbe peraltro destinata all’erario”. Non è tutto però, perché allargando lo sguardo all’intero continente (non solo all’Italia) la ricerca della Bocconi rivela che il ritardo relativo al time to market della parte italiana del corridoio RenoAlpi priva gli operatori economici europei di benefici pari almeno a 185,7 milioni di euro sottoforma di riduzione delle distanze marittime (82 milioni di euro), delle distanze ferroviarie terrestri (65 milioni) e dei costi di immobilizzo delle merci (38,7 milioni). Entro il 2020 la Svizzera completerà un piano d’investimenti sul “corridoio dei due mari” (dal mare del Nord al Mediterraneo) da 17,6 miliardi di euro (tutti già finanziati) mentre l’Italia ha in programma opere entro il 2025 per 11 miliardi di euro (di cui attualmente solo 3,75 miliardi effettivamente disponibili). L’apertura dei nuovi valichi ferroviari alpini, seppure avrebbe l’ambizione di favorire il riequilibrio fra gli scali marittimi del Nord e del Sud Europa, rischia di costare molto caro alla logistica italiana se dai tre porti liguri le merci non potranno raggiungere il Nord Italia e il Centro Europa alle stesse condizioni con cui i carichi viaggiano dai porti belgi e olandesi verso sud. Bacelli su questo ha aggiunto che “nel 2014 oltre 25 milioni di tonnellate di merci sono transitate attraverso i valichi del San Gottardo e del Sempione ma fra il 2010 e il 2030 è previsto un aumento dei flussi di circa il 40% (1,7% all’anno) e, se gli obiettivi politici legati al potenziamento del trasporto ferroviario saranno perseguiti, i traffici intermodali potranno aumentare del 55% nel ventennio. I fattori competitivi più importanti sono sostanzialmente tre: una riduzione delle percorrenze e delle pendenze derivanti dai tunnel di base svizzeri del Gottardo (fine 2016) e Lunedì 7 Dicembre 2015 del Ceneri (metà 2020), l’adeguamento delle sagome dei tunnel alle esigenze dei traffici di semirimorchi (P/C80) e infine l’estensione dei moduli allo standard europeo di lunghezza dei treni di 750 metri”. La ricerca del Certet Bocconi evidenzia infine che i tre porti liguri (Genova, Savona e La Spezia) hanno attivato cantieri in grado di aumentare del 53% in 5 anni la capacità di movimentazione dei container, passando dall’attuale capacità di 4,3 milioni di Teu (sfruttata all’80%) a una di 6,6 milioni di Teu al 2020. “Un incremento di capacità valorizzabile solo estendendo i bacini di mercato di riferimento anche oltre le Alpi con efficienti servizi intermodali” ha concluso il docente della Bocconi, secondo il quale sarebbe importante in prospettiva “sfruttare sinergie anche con il target dei semirimorchi delle linee di autostrade del mare e non solo dei container dunque”. Il mondo delle imprese ha fatto notare che in Italia il trasporto ferroviario è meno efficiente del 20% rispetto agli altri Paesi europei per quattro ragioni: il nostro Paese è l’unico in Europa a prevede il doppio macchinista a bordo, il limite di portata massima dei treni è di 1.600 tonnellate (2.000 tonnellate in Europa), la manovre ferroviarie in molti porti nazionali sono care e inefficienti, e infine lo standard europeo di lunghezza dei convogli merci da 750 metri nel nostro Paese non è realizzabile (per ragioni di pendenze, gallerie, ecc.). Nicola Capuzzo www.ship2shore.it 9 PORTI Ancona pronta alla riorganizzazione dei moli. Ricorsi permettendo A gennaio il nuovo regolamento sulle operazioni portuali e le gare per le concessioni, ma sull’operazione pende il contenzioso fra port authority e Ancona Merci Anno nuovo, vita nuova sulle banchine del porto di Ancona. Questo almeno è il proposito del presidente dell’Autorità Portuale marchigiana Rodolfo Giampieri, che ancora da commissario straordinario avviò nell’autunno 2014 un percorso di riorganizzazione del lavoro portuale nell’area commerciale dello scalo, costituita dalle banchina dalla 21 alla 26, partendo da una consultazione pubblica degli operatori. Perno centrale del riassetto è la scadenza, avvenuta lo scorso luglio, della concessione (per le banchine 23 e 25) dell’unico terminalista ex art.18 di Ancona, vale a dire Ancona Merci. Da allora questa concessione è stata prorogata con scadenze di breve termine, perché alcune problematiche tecniche impedivano l’effettiva fruibilità delle banchine e quindi la programmata riorganizzazione dei moli. L’ultimo Comitato portuale, però, ha deliberato che entro metà gennaio “sarà approvato un nuovo regolamento generale sulle operazioni portuali” e individuate “le banchine da assegnare in concessione e per quanto tempo. Successivamente saranno avviate le procedure ad evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessioni sulle banchine individuate”. Fino a fine febbraio Ancona Merci potrà operare in regime di proroga tecnica. Sull’operazione, però, incombono diversi interrogativi. Innanzitutto le suddette problematiche tecniche sono in buona parte ancora da risolvere. È vero che la banchina 26 è da pochi mesi divenuta finalmente operativa (con realizzazione anche di dragaggio a -10,5 metri), ma, come spiegato a Il Resto del Carlino da Giovanni Mascambruni, membro della commissione consultiva dell’AP in quota ai lavoratori delle imprese portuali, “la 22 è inutilizzabile” (e lo sarà a lungo: la scadenza del bando da 8,2 milioni di euro Lunedì 7 Dicembre 2015 per il relativo adeguamento strutturale è il prossimo 17 dicembre e i lavori dovrebbero durare 390 giorni), “la 24 è stata dichiarata inutilizzabile per le operazioni portuali” (ma è anche quella meno ambita per dimensioni e posizione), “l’operatività della 25 è incerta, la 23 è stata dichiarata non utilizzabile dalle gru semoventi e la 21, pur operativa, è stata oggetto di carotaggi di cui non si conosce ancora l’esito”. Tutto ciò potrebbe naturalmente inficiare il regolare svolgimento di gare per le concessioni, ma non è tutto, perché sull’intera procedura pende anche la scure della giustizia. Malgrado l’Autorità Portuale abbia rimarcato, anche nella nota relativa all’ultimo Comitato portuale, “la inderogabilità, in base alla normativa nazionale e comunitaria, di disporre proroghe a concessioni scadute”, il punto è infatti oggetto di controversia. Come ricostruito dai suoi legali (gli avvocati Giuseppe Giacomini, Giorgia Scuras e Greta Demartini dello studio legale genovese Conte&Giacomini), Ancona Merci, il concessionario scaduto a luglio e operante in forza di proroghe tecniche di breve durata, “presentò nel luglio 2012 un’istanza di rimodulazione ed estensione della propria concessione, dal cui rigettò scaturì un ricorso al Tar tuttora pendente”. Di conseguenza Ancona Merci “ha impugnato anche l’avviso di consultazione pubblica preliminare sul futuro assetto di banchine, perché incompatibile con la richiesta di rimodulazione formulata nel 2012”. L’udienza non è ancora stata fissata, ma se fossero riconosciute le ragioni di Ancona Merci il riassetto salterebbe prima di partire o, peggio, subito dopo. E non è detto peraltro che sia l’ultima azione legale del terminalista. Ancona Merci ritiene infatti che l’ipotesi ad oggi più gettonata – cioè che l’AP metta a gara la concessione per 18/24 mesi delle sole banchine provvisoriamente concesse in regime di proroga ad Ancona Merci, (le 23 e 25), pur in presenza di vincoli operativi e della necessità di eseguire lavori, e non anche la 26 che è già pienamente operativa – sarebbe “gravemente discriminatoria, immotivata e non giustificata”, perché, in caso di mancata aggiudicazione, “rischierebbe di estromettere la società da una operatività specialistica (gruaggio) che presuppone la concessione degli spazi sui quali le gru operano” proseguono gli avvocati. Il riferimento è al servizio di gruaggio svolto tradizionalmente in monopolio (con mezzi pubblici) da Ancona Merci, sebbene sul punto il Tar, nell’ambito di un contenzioso con ACT, abbia recentemente ricordato che ogni articolo 16 (come ACT) può in quanto tale svolgere operazioni portuali anche attraverso l’utilizzo di mezzi meccanici e attrezzature tecniche. Comunque, fatto salvo il pendente giudizio sulla rimodulazione, meglio sarebbe per il terminalista procedere con proroghe tecniche di breve durata, almeno fino a quando “la situazione fattuale e regolamentare sarà chiarita”, e solo dopo avviare le gare. In caso contrario, concludono i legali, “dovremo impugnare ogni atto che risulti lesivo della posizione della cliente, ancor più se collegato con il giudizio pendente”. In attesa del nuovo assetto l’Autorità Portuale di Ancona sta procedendo a ordinare altri tasselli dell’organizzazione portuale. È infatti in corso – il bando per la presentazione delle offerte scadeva a metà settembre – la gara per l’individuazione del fornitore di manodopera temporanea ex art.17 comma 2 della legge 84/94 per i prossimi cinque anni (il servizio è stato svolto finora dalla Compagnia Lavoratori Portuali di Ancona, srl controllata dal Trust Anconae Portus, il cui trustee è Riccardo Carloni). E poche settimane fa è stato riassegnato con un incremento tariffario del 15% il servizio di manovra ferroviaria portuale alla cooperativa Compagnia Portuali Servizi, già titolare di autorizzazione ex art.16 come impresa portuale. Andrea Moizo www.ship2shore.it 10 PORTI Lunedì 7 Dicembre 2015 Un buco nella Nuova Darsena di Catania Sull’opera realizzata da Tecnis e in uso da 4 mesi, riscontrato - durante le verifiche per il collaudo - uno svuotamento di parte del terreno d’appoggio della banchina La Port Authority etnea al lavoro per comprendere le cause e ripristinare l’operatività “Non vi è stato alcun cedimento, ma solo alcune verifiche in vista del prossimo e finale collaudo tecnico amministrativo dell’opera”. È questa la prima informazione che l’Autorità Portuale di Catania ha fornito ieri mediante una conferenza stampa (e una successiva nota) organizzata in risposta agli allarmi circolati su varie testate locali in relazione al transennamento e alla rimozione della pavimentazione notati su un’area della Nuova Darsena Commerciale. L’opera, costata una cifra compresa fra gli 80 e i 100 milioni di euro, fu inaugurata a fine luglio alla presenza del Ministro Graziano Delrio e, stando ai dati dell’Authority, ha finora lavorato a pieno regime, permettendo al porto di registrare nel trimestre luglio-settembre un imponente incremento di traffico rispetto allo stesso trimestre 2014 (76.000 pezzi movimentati, pari a un +29%, 1,74 milioni di tonnellate, +35%). Come spiegato dal commissario straordinario dell’ente Cosimo Indaco, “l’opera era ed è utilizzabile perché il collaudo statico è stato regolarmente eseguito. Quello tecnico-amministrativo si fa entro tre mesi dal completamento dei lavori”. È stato quindi nell’ambito delle verifiche sull’assestamento condotte a tal fine che l’Authority e gli altri soggetti coinvolti si sono resi conto di alcune problematiche. “Lavorando con l’Autorità Portuale e Rina Check (società del gruppo Rina incaricata della supervisione alla direzione dei lavori), ci siamo accorti che in una zona della banchina di riva vi era una lesione. Abbiamo rimosso una parte della pavimentazione che poggiava sulla sabbia: in questo tratto, ci siamo accorti però che parte del terreno non vi era più. È probabile che si sia formato una sorta di sifonamento, una sorta di buco, nel terrapieno, che ha determinato la fuoriuscita del materiale di riempimento, depositatosi al piede della banchina” ha spiegato il direttore dei lavori Pietro Viviano, dirigente del Provveditorato interregionale OO.PP. L’episodio ha indotto due senatori del Gruppo “L’altra Europa con Tsipras”, Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino, a presentare un’interrogazione parlamentare al riguardo a Delrio. Non la prima relativa alla Nuova Darsena: poche settimane fa il Governo rispose al deputato Walter Rizzetto garantendo di “non aver riscontrato irregolarità relativamente ai controlli amministrativo-procedurali legati al percorso di finanziamento e gestione del progetto”. Senz’altro il fatto che a svolgere i lavori sia Tecnis, agli onori delle cronache nelle ultime settimane per l’arresto dei fondatori Domenico Costanzo e Concetto Bosco, contribuisce alla rilevanza mediatica del fatto. Ma è anche vero che per un episodio simile (il presunto utilizzo di materiale non conforme) relativo ai lavori di allargamento e rettifica delle banchine Vespri e Colapesce del porto di Messina, a settembre la Procura di quella città ha chiesto e ottenuto dal Gip misure interdittive e sequestri per due dirigenti di Tecnis, tre subappaltatori e un dirigente del Provveditorato. Peraltro in queste stesse ore la testata Meridionews ha diffuso la notizia dell’esistenza di un’indagine della Procura (che avrebbe già notificato i relativi avvisi di chiusura delle indagini) relativa alla Nuova Darsena e in particolare ai lavori effettuati sulla foce del torrente Acquicella, indagine parrebbe scaturita dalle segnalazioni del comitato civico “Porto del sole”. Fra i cinque indagati ci sarebbero anche Riccardo Acernese, attuale presidente del consiglio di amministrazione di Tecnis, e Viviano. Obbligatorio l’uso del condizionale, dal momento che non è stato possibile rintracciare quest’ultimo. Indaco ha però fatto sapere che “nessuno in Autorità Portuale è a conoscenza di tale circostanza”. Quanto ai lavori sulla Darsena l’ente ha precisato che “si è subito provveduto ad attivare i necessari accertamenti e approfondimenti, cui seguiranno i pertinenti interventi di ripristino che si conta di completare entro circa un mese, con oneri interamente a carico della ditta appaltatrice. Per l’esecuzione in sicurezza delle attività di accertamento, è stata disposta l’interdizione delle banchina n.33 e 34, che verrà revocata entro pochi giorni, una volta completate le relative indagini”. Andrea Moizo www.ship2shore.it 11 Palermo, lavori urgenti al lato nord della banchina Vittorio Veneto L’Autorità Portuale di Palermo ha avviato un intervento “di somma urgenza” per ripristinare le condizioni originarie del lato nord della banchina Vittorio Veneto, dopo che un report commissionato dallo stesso ente ha riscontrato la presenza di “ingrottature” al piede del pilone dell’angolo nord causate “dalle turbolenze generate dalle eliche delle navi da crociera di grandi dimensioni durante le manovre di ormeggio”. I lavori, ha aggiunto l’authority, sono stati assegnati alla ditta Trevi, che era già presente con propri mezzi in porto in quanto appaltatrice delle opere in corso al bacino da 150.000 TPL e dureranno circa 45 giorni. Durante il loro svolgimento, l’ormeggio delle navi da crociera di MSC e Costa dovrà essere concordato preventivamente con l’Autorità Portuale, mentre per i ro-ro le manovre di entrata e uscita dovranno avvenire quando il cantiere non è operativo. Lavori di messa in sicurezza del lato nord della banchina (rafforzato anche da un sistema di palificazione) erano già stati svolti nel 2013, a seguito di un accertamento richiesto dalla stessa authority. Più precisamente, i nuovi interventi interesseranno il tratto compreso tra il ciglio banchina e la tensostruttura della Stazione marittima temporanea, limitatamente agli ultimi 25 metri. I lavori prevedono il riempimento delle “ingrottature” del cemento per mezzo di casseri in lamiera di ferro e sacchi di iuta riempiti con miscela per calcestruzzo. Vale la pena ricordare che solo poche settimane fa la Procura di Palermo aveva posto sotto sequestro il lato sud della stessa banchina, dove ormeggia abitualmente il traghetto di Tirrenia, in ragione di un “possibile, e astratto, pericolo di cedimento strutturale” e contestualmente aveva disposto lo stesso anche per il cantiere della So.Co. Stra.Mo, che lavorava al restyling della stazione marittima. Secondo quanto dichiarato all’epoca dai rappresentanti di So.Co.Stra.Mo alla stampa locale, era stata la stessa ditta (poi interessata dal provvedimento di sequestro per il rischio di inquinamento derivante dalle azioni di demolizioni) a richiedere un sopralluogo subacqueo sulla struttura al fine di verificare la presunta insicurezza della banchina, poi effettivamente confermata dall’indagine. Lunedì 7 Dicembre 2015 www.ship2shore.it 12 PORTI Il Consiglio di Stato ‘resuscita’ il progetto Contorta Accolto il ricorso del port authority lagunare che però ormai punta sull’opzione Tresse Nuovo in accordo con il Sindaco Brugnaro Il progetto del canale Contorta Sant’Angelo torna sul tavolo, almeno in linea teorica, grazie alla recente sentenza del Consiglio di Stato che – sovvertendo il precedentemente pronunciamento del TAR del Veneto – ne conferma la validità giuridica. Originariamente individuata dall’Autorità portuale veneziana (che ora si è allineata con la nuova giunta comunale di Luigi Brugnaro sull’opzione Tresse Nuovo) quale percorso alternativo rispetto al bacino di San Marco per le grandi navi da crociera, l’ipotesi Contorta era avversata dall’allora Sindaco Giorgio Orsoni e da diversi gruppi ambientalisti. Il fronte del ‘no’ aveva quindi presentato ricorso al TAR, che a luglio 2015 con sentenza di accoglimento stabiliva la sospensione del progetto poiché, era la motivazione, esso sarebbe stato sviluppato senza tener conto di possibili alternative. Da subito l’authority guidata da Paolo Costa aveva rigettato tale tesi, ricorrendo (assistita dallo Studio Legale Zunarelli & Associati) presso il Consiglio di Stato, che il 2 dicembre scorso si è pronunciato “sospendendo l’esecutività della sentenza impugnata (quella del TAR, ndr)” e rimandando un’analisi di merito della Lunedì 7 Dicembre 2015 questione il prossimo 10 marzo 2016. I supremi giudici amministrativi motivano tale decisione col fatto che “quanto al periculum in mora (ovvero il timore avanzato dai ricorrenti al TAR, e da quest’ultimo confermato, che lo sviluppo del Contorta potesse bloccare lo studio e l’elaborazione progettuale di nuove vie alternative)”, non sussisterebbe poiché “sono stati presentati ulteriori elaborati progettuali, in corso di valutazione, per cui il progetto proposto dall’Autorità portuale su cui si è pronunciata la gravata decisione non inibisce il progredire della ricerca di soluzioni alternative”. Sul fronte opposto, prosegue la motivazione della sentenza, “la omessa sospensione della gravata decisione finirebbe unicamente con il ledere l’interesse dell’Autorità affinché sul detto progetto si deliberi in punto di VIA (procedimento, questo, allo stato comunque parimenti sospeso, per ragioni diverse dalla avvenuta emissione della sentenza del Tar gravata)”. Uno dei punti determinanti è infatti la possibilità di procedere con la Valutazione di Impatto Ambientale, inibita dal pronunciamento del TAR dello scorso luglio. Inizialmente il Comitatone aveva deciso che eventuali progetti alternativi al Contorta avrebbero dovuto essere inseriti nel medesimo procedimento di VIA per poter effettuare un’analisi comparativa, motivo per cui la stessa Valutazione del Contorta era stata sospesa in attesa che fosse ultimata la fase progettuale dell’ipotesi Tresse da inserire anch’essa come allegato alla VIA originaria. In questo punto si inserisce la sentenza del TAR, che sospende il Contorta e la relativa VIA (già ferma per attendere l‘allegato Tresse), suscitando il timore che ciò possa ulteriormente dilatare i tempi imponendo una VIA separata per il Tresse, cosa che effettivamente poi avviene non tanto per effetto della sentenza del TAR quando per decisione autonoma dei ministeri competenti. Col Tresse che quindi viaggia su un proprio binario autonomo, la decisione del Consiglio di Stato sblocca anche il Contorta, che ormai l’authority considera non tanto un’alternativa reale, ma solo un piano di riserva da preservare soprattutto per non vedere cancellato il lavoro svolto per anni dalle persone che al suo sviluppo hanno lavorato. La soddisfazione dell’AP non riguarda quindi il ritorno sul tavolo del Contorta (cosa che molto probabilmente non succederà), ma piuttosto la legittimazione giuridica del suo iter e – riferiscono portavoce dell’ente – il fatto che la recente sentenza dimostri come le precedenti accuse nei confronti del progetto fossero del tutto strumentali e infondate. Anche se in realtà, come detto, il Consiglio di Stato non è entrato nel merito della questione, riservandosi di farlo nella sentenza del 10 marzo prossimo. Francesco Bottino www.ship2shore.it 13 POLITICA PORTUALE Lunedì 7 Dicembre 2015 INFRASTRUTTURE L’Antitrust cassa il Fondo Iva dei porti Collaborazione italo-fiamminga per le nuove opere portuali al Canale di Panama Mentre il riparto è fermo tra Ministero e Conferenza Stato-Regioni, il Garante attacca il sistema di distribuzione alla base dell’attuale autonomia finanziaria delle Autorità portuali, difettoso e anticoncorrenziale La società specialista dei dragaggi belga Jan de Nul si è assicurata un altro contratto per l’ampliamento del terminal container di PSA che sarà in parte eseguito con Saipem La materia, non a caso, non è entrata nella bozza di riforma sulla governance portuale pubblicata in anteprima da Ship2Shore la scorsa settimana e che fosse scottante era chiaro anche senza l’intervento odierno dell’Antitrust, destinato sicuramente a gettare benzina sul fuoco. Stiamo parlando dell’autonomia finanziaria dei porti o, più esattamente, di quel simulacro rappresentato dall’articolo 18 bis della Legge 84/94, relativo al fondo costituito dall’1% dell’IVA raccolta dagli scali italiani, che dovrebbe “agevolare la realizzazione delle opere previste nei piani regolatori portuali e nei piani operativi triennali”. Il fondo, in origine limitato a 90 milioni di euro (nel 2013 l’IVA raccolta ammontava a quasi 16 miliardi di euro) e poi ridotto a 70, fu ripartito solo relativamente all’anno 2013, dando vita immediatamente a polemiche e rilievi sul quantum e sulle modalità utilizzate. Capofila della protesta fu l’Autorità Portuale di Ravenna. Del ricorso evocato dal presidente Galliano Di Marco oggi non è ancora noto l’esito, ma nel frattempo il riparto per gli anni successivi non è mai stato effettuato. Più che il ricorso di Ravenna, secondo le indiscrezioni raccolte da Ship2Shore, avrebbero pesato le farraginosità della procedura. In particolare la pratica per il 2014 si sarebbe fermata durante gli scambi di documentazione con la Conferenza delle Regioni, che deve dare il proprio parere sulla proposta elaborata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (cui spetta l’emanazione del decreto di riparto) di concerto col Ministero dell’Economia e delle Finanze. Come accennato, oggi sul tema è intervenuta perentoriamente l’Antitrust, stigmatizzando duramente, con argomenti simili a quelli a suo tempo sollevati da Di Marco, la natura stessa del fondo. Un criterio basato sull’IVA, infatti, per il Garante appare “in contrasto con i principi posti a tutela della concorrenza e del mercato, in quanto inidoneo a quantificare equamente il reale flusso dei traffici portuali e, conseguentemente, inadatto a verificare l’effettivo utilizzo delle infrastrutture e le connesse esigenze di ammodernamento di ciascun porto”. In particolare “l’IVA sulle merci in entrata, da un lato, non considera quella parte dell’imposta che non viene riscossa in virtù di esenzioni fiscali” e “dall’altro favorisce i porti presso i quali viene movimentata merce ad alta aliquota IVA, come avviene nel caso dei prodotti petroliferi”. Il risultato è che il criterio dell’IVA risulta idoneo a determinare “un’alterazione delle dinamiche concorrenziali nel mercato portuale, determinando un’allocazione del fondo non commisurata alle reali esigenze delle realtà portuali”. Nel 2013 ad esempio Augusta fu il secondo porto maggiormente beneficiato dal fondo. Non è tutto, perché il Garante ha anche evidenziato la contraddizione dell’attuale criterio di determinazione del fondo con quanto enunciato nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica, in quanto lo stesso prevede “l’introduzione di un sistema di azioni che, attraverso la definizione di criteri equi e trasparenti, contribuisca a creare un sistema bilanciato con riferimento all’allocazione delle risorse economiche”. Ragion per cui l’Antitrust conclude suggerendo “una modifica normativa e regolamentare volta all’introduzione di un criterio di ripartizione di fondi ministeriali destinati alla realizzazione e/o alla riqualificazione di infrastrutture portuali che si basi non già esclusivamente sull’IVA dovuta sull’importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, ma anche su altre variabili relative all’effettiva incidenza del traffico complessivo di ciascun porto rispetto al traffico dell’intera portualità nazionale e alla sua evoluzione nel corso del tempo”. Andrea Moizo La società belga Jan de Nul, specialista dei dragaggi, si è assicurata un altro contratto del valore di 225 milioni di dollari a Panama per i lavori di ampliamento del terminal container di PSA, che sarà in parte eseguito con il contributo di Saipem. Al termine dei lavori di dragaggio e di pavimentazione, l’impianto – posto sulla sponda occidentale del Pacifico all’ingresso del Canale di Panama - aumenterà la propria capacità a 2 milioni di TEUs, moltiplicando quella attuale di 450.000 TEUs, così essendo in grado di gestire l’approdo di due mega portacontainer contemporaneamente. Allo stato attuale il terminal, che ha aperto i battenti nel 2010, offre 330 metri lineari di attracco ed è servito da 3 gru di banchina e da 9 gru di piazzale su rotaia. Le nuove attrezzature in arrivo per la movimentazione dei container contemplano 8 gru di banchina super-post Panamax e 12 gru di piazzale su rotaia. Questa nuova espansione, da realizzare con un investimento di 450 milioni di dollari, è stata approvata dall’Assemblea Nazionale di Panama all’inizio di quest’anno e dovrebbe essere operativa nel corso del primo semestre del 2017; i lavori comprendono il dragaggio e l’escavo di 4 milioni di metri cubi di materiale ad una profondità di 16,3 m, così come la costruzione di una banchina da 800 metri di lunghezza. Proprio quest’ultimo intervento è stato assegnato alla joint venture tra Saipem e Jan de Nul, la quale agisce nel settore specifico attraverso la Jan De Nul Dredging and Maritime Management SA. con sede in Lussemburgo. “Jan de Nul e Saipem hanno completato diversi grandi progetti di costruzione in America Latina, rendendo tale expertise combinata un grande valore aggiunto al fine di poter costruire una infrastruttura terminalistica più massiccia a Panama”, ha commentato Alessandro Cassinelli, Direttore Generale di PSA Panama. A.S. www.ship2shore.it 14 POLITICA MARITTIMA Anche Fedarlinea preoccupata per le modifiche alla Tonnage Tax Ruggieri: “Va bene adeguarsi a quanto chiede Bruxelles, ma occorre evitare dumping sociale nei confronti degli armatori che imbarcano marittimi italiani” decreto ministeriale circolata nelle scorse settimane, anche al personale imbarcato su navi battenti qualsiasi bandiera europea, purché armate da società con una stabile presenza in Italia. “Così rischiamo il dumping sociale, a danno degli armatori italiani che fino a oggi hanno sempre imbarcato marittimi Destinata certamente a suscitare meno clamore rispetto all’uscita, con tanto di proverbiale ‘porta sbattuta’, di Vincenzo Onorato da Confitarma (dove era presente con Moby), anche Fedarlinea ha preso nettamente posizione contro le modifiche che il Governo sta studiando per il regime italiano di Tonnage Tax, in risposta alle sollecitazioni di Bruxelles. L’organizzazione – che raggruppa tutte le compagnie marittime di cabotaggio ex pubbliche (tra cui Tirrenia e Toremar, entrambe di proprietà di Onorato) e alcuni armatori privati del settore come Delcomar, NGI, Alilauro e SNAV – ha diramato una nota in cui, sottolineando l’importanza di tutelare il cabotaggio nazionale, l’armamento e le professionalità dei marittimi italiani, definisce “un grave errore” adeguarsi “alle talvolta penalizzanti disposizioni europee”, se questo – come nel caso delle previste modifiche alla Tonnage Tax – vuol dire “estendere i benefici fiscali in maniera illogica, favorendo l’impiego di manodopera marittima non nazionale”. “Noi siamo convintamente europeisti – assicura a Ship2Shore l’Amministratore di Fedarlinea Michele Ruggieri – ma riteniamo anche che non sia possibile subire imposizioni che danneggerebbero le nostre aziende e i nostri lavoratori”. Il nodo è, ancora una volta, costituito della prevista estensione degli sgravi sull’Irpef dei marittimi, che dovrebbero essere applicati, secondo la bozza di Lunedì 7 Dicembre 2015 connazionali, che godono di maggiori tutele previste dal contratto di lavoro e che quindi, ovviamente, comportano un costo maggiore per il datore”. Il concreto rischio individuato da Ruggieri, lo stesso peraltro già paventato da varie organizzazioni sindacali e ribadito – con toni ben più accesi – anche da Vincenzo Onorato nel suo j’accuse contro Confitarma, è quello di una concorrenza ‘sleale’ portata da armatori che, grazie all’impiego di bandiere comunitarie con minori vincoli rispetto a quella italiana, impieghino su rotte di cabotaggio nazionale marittimi stranieri, meno tutelati a livello contrattuale (il riferimento è ai minimi ITF) e quindi meno costosi, beneficiando contemporaneamente degli stessi vantaggi fiscali che fino ad oggi erano riservati esclusivamente a chi impiegava marittimi italiani. “È chiaro che siamo contrari a modifiche della Tonnage Tax che genererebbero iniquità a danno del cabotaggio nazionale. Va bene recepire la richieste dell’Europa, e siamo d’accordo sulla parità di trattamento, ma essa allora deve valere su tutti i fronti, compreso quello delle tutele e del relativo costo del personale marittimo” chiarisce l’Amministratore di Fedarlinea. “Il punto chiave è che le condizioni devono essere uguali per tutti”. L’organizzazione, a conclusione della sua nota, “auspica una riflessione da parte di tutti gli operatori: imprenditoriali e sindacali, per far sì che si evitino errori che possano, nel medio e lungo periodo, portare a risultati negativi per gli interessi e per l’economia nazionali”. Francesco Bottino www.ship2shore.it 15 TERMINAL OPERATOR Venezia Terminal Passeggeri: le quote dell’authority a gara entro fine anno Polemica coi soci di minoranza sui diritti di prelazione, che però spettano in prima battuta alla Regione, azionista tramite Veneto Sviluppo Prosegue ormai da giorni, a mezzo stampa locale, la polemica innescata dal socio di minoranza SAVE (società di gestione dell’aeroporto veneziano Marco Polo) circa la prossima dismissione delle quote di Venezia Terminal Passeggeri in mano all’Autorità portuale della Serenissima. Azionista di maggioranza di VTP, col 53%, è APVS, joint-venture controllata per il 66,6% dall’authority, tramite la finanziaria APV Investimenti, e per il 33,4% dalla holding regionale Veneto Sviluppo. La restante quota del capitale del terminalista è suddivisa tra la già citata SAVE, il consorzio di agenti marittimi e operatori portuali Finpax (con il 22,18% ciascuno) e la locale Camera di Commercio con il residuale 2,6%. L’ente guidato da Paolo Costa, però, non può più mantenere le proprie partecipazioni, in base a quanto stabilito dalla stessa legge 84/94 e successivamente confermato nella legge di Stabilità 2015, e ha quindi avviato una procedura per mettere sul mercato la propria quota: lo scorso maggio APV Investimenti ha affidato allo studio legale Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners, la consulenza per la redazione del bando di gara, che – secondo fonti vicine all’authority – dovrebbe essere pubblicato entro la fine dell’anno e che metterà all’asta il 66,6% del capitale che l’AP detiene in APVS. Fin qui tutto lineare. A surriscaldare gli animi sarebbe stata però – riportano i quotidiani locali – una lettera inviata dal Presidente della stessa APSV Ugo Campaner ai soci di minoranza di VTP, in cui in sostanza si riferiva della cancellazione dei diritti di prelazione degli attuali azionisti sulle quote messe in vendita dall’AP, così come definiti da un precedente accordo del 2013. O almeno ciò era quanto aveva inteso, leggendo la missiva di Campaner, il numero uno di SAVE Enrico Marchi, già pronto a fare ricorso contro la privazione di un diritto a cui evidentemente il manager e gestore dell’aeroporto veneziano non intendeva rinunciare. Una polemica smontata però pochi Lunedì 7 Dicembre 2015 giorni dopo dai vertici di APSV, secondo cui si trattava di un fraintendimento, considerando che i diritti di prelazione – assicurava sempre a mezzo stampa Campaner – saranno previsti e fissati nel bando di gara, in fase di ultimazione in queste settimane. Al di là delle polemiche tra operatori, pubblici e privati, è opportuno precisare che – secondo quanto ricostruito da Ship2Shore – i diritti di prelazione, sanciti per legge, sono in capo innanzitutto a Veneto Sviluppo, che qualora lo ritenesse (non è stato possibile raggiungere la società per chiarimenti, ndr) avrà la priorità su altri eventuali offerenti per aggiudicarsi il 66,6% di APSV messo in vendita dall’Autorità portuale. Soltanto nel caso in cui la Regione decidesse di non far valere tale prerogativa, il diritto di prelazione passerebbe agli altri soci di minoranza di VTP SAVE e Finpax (e CCIA), che – almeno in base alla reazione manifestata da Marchi quando temeva di essere stato privato di tale opzione – potrebbero essere interessati ad esercitarlo. Se tuttavia ciò non si verificasse, entrerebbero in scena soggetti terzi eventualmente interessati a subentrare all’AP nel capitale di APSV, e quindi di Venezia Terminal Passeggeri, uno dei protagonisti del settore crocieristico in Italia – gestisce i terminal dedicati nei porti di Ravenna, Catania, Brindisi e Cagliari e ha manifestato interesse, in partnership con Cilp e con alcuni agenti locali, per entrare in Porto Livorno 2000 – e anche all’estero con progetti in fase di definizione in alcuni scali dell’Adriatico come Pola. Francesco Bottino Anche Venezia partner del progetto Fresh Food Corridors È partito il progetto Fresh Food Corridors (FFC), approvato dal bando di finanziamenti europei CEF 2014 e destinato a realizzare nuove catene logistiche multimodali per merci deperibili. Capofila del programma sperimentale (che durerà 2 anni) il porto sloveno di Koper, affiancato da Venezia e da Marsiglia nello studio, sostenuto con metà dell’esborso complessivo, 10 milioni su circa 21, dai fondi comunitari e mirato ed individuare un flusso logistico che consenta la spedizione efficiente di prodotti alimentari dai luoghi d’origine come Israele, Giordania e Palestina, verso le destinazioni finali suoi mercati europei, con i tre scali coinvolti che fungeranno da gateway per il trasbordo dei container reefer da nave a treno. Al porto della Serenissima toccherà sviluppare il ‘corridoio veneziano’, grazie ad un finanziamento di 1,5 milioni di euro (di cui 750.000 euro di provenienza europea) a sostegno delle attività dei tre partner coinvolti, ovvero l’Autorità portuale, lo spedizioniere VLS - Veneta Lombarda Srl e l’operatore ferroviario Rail Cargo Logistics – Italy Srl. Ed è proprio il General Manager di VLS Andrea Cosentino a spiegare che “questo progetto risulta particolarmente innovativo poiché consentirà per la prima volta in assoluto di trasportare merci refrigerate in arrivo dai luoghi di produzione direttamente al luogo di destino attraversando il continente europeo con l’utilizzo dello stesso mezzo di trasporto ‘container frigorifero marittimo’ senza alcuna manipolazione della merce garantendo quindi l’effettivo trasporto in condizioni di temperatura controllata senza soluzione di continuità”. www.ship2shore.it 16 FINANZA Saipem comincia la manovra di sgancio da Eni Deliberato l’aumento di capitale (fino a 3,5 miliardi di Euro) per riequilibrare il rapporto tra patrimonio e debito, e conseguire autonomia finanziaria dall’azionista incumbent Prende corpo il progetto di ‘emancipazione’ di Saipem dall’azionista incumbent Eni. L’Assemblea Straordinaria degli Azionisti, riunitasi a San Donato Milanese, ha deliberato l’annunciato aumento di capitale sociale, a pagamento e in via scindibile, per un importo complessivo massimo di 3,5 miliardi di Euro, comprensivo di eventuale sovrapprezzo, mediante emissione di azioni ordinarie aventi le stesse caratteristiche delle azioni ordinarie in circolazione e con godimento regolare, da offrirsi in opzione agli azionisti ordinari e di risparmio in proporzione al numero di azioni dagli stessi detenuto; vi sarà tempo sino al 31 marzo 2016 per darvi esecuzione. Il prezzo d’emissione sarà determinato applicando uno sconto sul prezzo teorico ex diritto (TERP. Theoretical Ex-Rights Price) delle azioni ordinarie esistenti, calcolato con le metodologie correnti. L’aumento di capitale è finalizzato a riequilibrare il rapporto tra patrimonio netto e posizione finanziaria netta, al fine di conseguire indipendenza e autonomia finanziaria da Eni, diversificando le fonti di finanziamento e incrementando la flessibilità operativa e finanziaria della Società. Saipem ha un indebitamento complessivo di 6,9 miliardi di euro, di cui il 93% con la capogruppo: precisamente per 2,83 miliardi (scadenza 30 giugno 2016) e per 3,71 miliardi (30 giugno 2020). Lunedì 7 Dicembre 2015 lead arrangers e bookrunners, Goldman Sachs International e J.P. Morgan Limited in qualità di Joint Lead Arrangers, Intesa Sanpaolo S.p.A., Citibank, N.A., Milan Branch, Deutsche Bank AG, Filiale Luxemburg, Mediobanca Banca di Credito Finanziario S.p.A, Unicredit S.p.A, Goldman Sachs Lending Partners LLC and J.P. Morgan Chase Bank, N.A., Milan Branch in qualità di original lenders. Il finanziamento di 4,7 miliardi di euro sarà ripartito secondo le seguenti linee di credito: Bridge to Bond Facility di 1,6 miliardi, Term Facility di 1,6 miliardi, Revolving Facility di 1,5 miliardi. Posticipato a gennaio il processo per corruzione in Algeria L’udienza al tribunale di Milano nell’ambito del processo che coinvolge Saipem per presunta corruzione internazionale in Algeria - fra gli imputati alcuni ex dirigenti della società italiana - è stata rinviata al 25 gennaio 2016 a causa di un sciopero dei penalisti italiani. Saipem è accusata di aver pagato Eni si è impegnato a sottoscrivere le azioni ordinarie di nuova emissione proporzionalmente alla propria partecipazione (42,9%) sottoscrivendo un contratto di compravendita col FSI Fondo Strategico Italiano SpA cui cederà il 12,5% del capitale sociale. Al termine dell’operazione resterà invariato il resto della compagine azionaria: Bank of China 2,03%, fondo Dodge & Cox 12,22%. L’aumento di capitale consentirà di ottenere la conferma del provisional public rating Investment Grade rilasciato il 28 ottobre da Moody’s e da Standard and Poor’s. Saipem ha sottoscritto una lettera di mandato con Banca IMI S.p.A, Citigroup Global Markets Limited, Deutsche Bank AG, London Branch, Mediobanca Banca di Credito Finanziario S.p.A e UniCredit S.p.A. in qualità di mandated 198 milioni di euro di tangenti per ottenere appalti del valore di 8 miliardi di euro. L’ente statale algerino per gli affari energetici Sonatrach, il ministero italiano dell’Economia e il Movimento cittadini algerini Italia-Europa hanno chiesto di costituirsi come parte civile. www.ship2shore.it 17 INTERMODALE Molto fumo e poco arrosto sui binari napoletani ISE sperimenta un convoglio di vuoti fra porto e Interporto di Marcianise, ma, con il traffico che langue, il test servirà più che altro per il contenzioso al Tar sul mantenimento delle aree. Altri problemi intanto sui lavori per il Terminal di Levante Una nota di Servizi ISE, la società titolare della manovra ferroviaria nel porto di Napoli, ha informato nei giorni scorsi di aver effettuato un “primo convoglio completo di 24 vagoni per l’Interporto di Maddaloni-Marcianise (gestito dalla controllante Interporto Sud Europa, nda) destinato ad assumere un ruolo sempre più importante in chiave logistica e di area polmone per lo scalo partenopeo”. Secondo la società, infatti, il collegamento, con trazione effettuata da Trenitalia, “atteso per anni e reso possibile dal ripristino della rete ferroviaria esistente, avrà una frequenza iniziale di due coppie (andata e ritorno) di convogli-shuttle a settimana. Successivamente la frequenza salirà a una coppia di treni al giorno, uno in entrata e uno in uscita dal porto”. In realtà, però, il treno dei giorni scorsi aveva una valenza esclusivamente di test e non c’è ancora alcun traffico consolidato per movimentare i volumi suddetti. Appurato infatti che né dal Conateco né dal Terminal Flavio Gioia (cioè i due terminal container dello scalo) erano o sono previsti contenitori in uscita via treno per l’Interporto di Marcianise (ad oggi gli unici contenitori che dal porto di Napoli arrivano a un interporto regionale sono quelli destinati all’Interporto Campano di Nola, dove arrivano via camion), ISE ha confermato che “i primi viaggi sono ‘sperimentali’. Contiamo presto di definire con i soggetti operativi i quantitativi e le caratteristiche”. L’annuncio ha quindi una valenza potenziale positiva per lo scalo partenopeo, che, dopo il passaggio da Ferport a ISE, è stato di fatto tagliato fuori dalla rete ferroviaria, complici anche Lunedì 7 Dicembre 2015 Pamoter e 4IT. La decisione sulla revoca, ritenuta critica dal Commissario Straordinario “perché - ha spiegato Basile - la revoca parziale risponde al principio di un superiore interesse pubblico a consentire all’impresa aggiudicatrice dei lavori di eseguirli, pur restando ferma la giusta richiesta dei concessionari di non venire pregiudicati nello svolgimento delle attività”, sarebbe stata presa, secondo quanto riferito dall’AP, per il ricorso contro la suddetta aggiudicazione depositato al Tar dalle altre partecipanti alla gara (IGR – Imprese Generali Riunite, Iterga Costruzioni e Pacifico Costruzioni). Ricorso contro cui l’AP si è costituita in giudizio. Il rappresentante delle imprese portuali ha chiesto la convocazione di una riunione tecnica per definire modalità organizzative del cantiere che riducano al minimo i disagi per gli operatori. il Comitato ha deciso di tenere a breve una seduta monotematica sulla revoca e su tutte le questioni tecniche ad essa connesse. Andrea Moizo When Safety Matters alcune problematiche infrastrutturali. Ma la ha soprattutto per ISE stessa. Sebbene, come confermato dall’Autorità Portuale, le pendenze pregresse in termini di canoni siano state positivamente risolte, la continua inattività potrebbe infatti risollevare il tema della revoca della concessione. Tanto più che innanzi il Tar è in corso un contenzioso proprio su parte dei 33.000 mq oggi assentiti a ISE in concessione. “Siccome ISE non lavorava – spiegano dall’Authority – il Terminal Flavio Gioia, cui dovranno essere tolti alcuni spazi per effettuare dei lavori, ci ha chiesto 5.000 mq occupati dalla società del Gruppo Barletta. L’ente ha acconsentito, specificando la temporaneità dell’occupazione e condizionandola all’eventuale ripresa dell’attività di ISE. Cosa che è ora avvenuta, per cui abbiamo ‘revocato la revoca’ a ISE prevedendo che mantenesse l’intera disponibilità dell’area assentitale”. TFG (che, essendo la vicenda in fieri, ha preferito non esprimersi), ha però impugnato la revoca della revoca. E il Tar un mese fa gli ha dato ragione sospendendola e fissando l’udienza di merito a febbraio. L’annuncio in pompa magna, ripreso effettivamente da vari media senza verificarne la reale portata, potrebbe quindi avere anche questa valenza per ISE. Intanto il Comitato portuale di Napoli ha approvato la proroga all’incarico di segretario generale per Emilio Squillante sino al mese successivo alla scadenza del mandato del commissario straordinario Antonio Basile, fissata al 30 aprile 2016, o all’elezione del nuovo presidente se antecedente. È stata invece rinviata – si apprende sempre dall’ente – la delibera di revoca parziale delle concessioni di Conateco, Soteco, Nuova Meccanica Navale e Fondazione Teatro San Carlo. Tale provvedimento sarebbe funzionale all’esecuzione dei lavori di realizzazione dei collegamenti viari e ferroviari a servizio del nuovo Terminal di Levante, appalto da 24 milioni di euro aggiudicato poche settimane fa all’Ati composta da Consilium solutions for Navigation, Safety & Environmental protection Consilium Italy Srl. Via Dell’Artigianato, 51 - 50056 Montelupo F.no, Florence Montelupo +3905711738930, Genova +390105533900, [email protected] www.consilium.se www.ship2shore.it 18 FORNITORI Lunedì 7 Dicembre 2015 FINANZA Rolls-Royce crede ancora nel Marine Augusta Due incorpora due società Il colosso britannico, attraverso nuovi investimenti, smentisce indirettamente le voci di Marship e Salina Shipping saranno fuse e assorbite ridimensionamento circolate, ma ammette la necessità di razionalizzare costi e funzioni al fine di semplificare la struttura del gruppo Nuovi fatti sembrerebbero smentire le voci diffuse in vari organi di stampa britannica che Rolls-Royce intenda disimpegnarsi dal settore Marine. Con il finanziamento annunciato ieri per il completamento della USS Cooperstown si avvicina l’entrata in servizio di altre 2 turbine Rolls-Royce MT30, la più potente e moderna turbina a gas marino che spinge a oltre 40 nodi le navi LCS costruite da Fincantieri Marinette Marine. Tale prodotto di punta della divisione Marine di RollsRoyce è stato scelto anche per il DDX americano, per le portaerei classe Queen Elizabeth, per le Type 26 Global Combat Ship della Royal Navy britannica e per le nuove fregate della Repubblica di Corea. Rolls-Royce è in gara con MT30 anche per equipaggiare le navi italiane previste dalla Legge Navale del 2014, a conferma che il gruppo britannico continua ad investire in R&S e per incrementare l’efficienza della divisione navale. Rimane pur sempre vero che il settore navale sta attraversando una congiuntura difficile per tutti i costruttori, in particolar modo per chi è impegnato nel settore di supporto all’industria oil & gas offshore, come VARD, la controllata di Fincantieri e Rolls-Royce, che progetta imbarcazioni UT, specializzate nel settore, e fornisce sia motori che altri sistemi hi-tech per tutto il comparto marino. Ma qual è la strategia della compagnia per affrontare questa situazione non facile? “Siamo essenzialmente una società d’ingegneria che opera con un’ampia gamma di applicazioni. Il mero fatto che alcune parti del nostro business operino Warren East in mercati attualmente poco attraenti non significa che siano in vendita. L’idea che venderemo i ‘pezzi grossi’ è dunque sbagliata” commenta un portavoce dalla sede Bristol, dove c’è una forte presenza della divisione marine. Una settimana fa Warren East, amministratore delegato dal giugno scorso, ha peraltro annunciato che la compagnia sta studiando un percorso di efficientamento più con lo scalpello che non con l’ascia, e ciò vale anche per la divisione marine. “Ci sarà una consistente riduzione dei ranghi dirigenziali in tutto il gruppo. Meno manager significa meno riunioni, meno burocrazia, processi decisionali più semplici e più veloci” ha spiegato East, arrivato a Rolls-Royce forte del suo passato di 10 anni a capo di ARM Holdings, il produttore di microchip che lui stesso ha trasformato in uno dei principali fornitori di Apple e, per alcuni osservatori, l’azienda tecnologica britannica di maggiore successo. “Tagliare ai piani alti significa anche ridurre i costi fissi. Negli ultimi 10 anni Rolls-Royce ha fatto grandissimi investimenti in R&S, in nuove fabbriche e macchinari, per rendere efficiente e competitiva la produzione, ma occorre ora ridurre i costi fissi, che diventano zavorra quando un mercato è fiacco, come l’oil & gas” spiega ancora il gruppo, che prevede un calo di domanda del 15-20% nel 2016 nella divisione marine, che dunque rinuncerà a 1.000 dipendenti entro la fine del anno, in base a decisioni prese negli ultimi mesi. Tuttavia, buona parte dei risparmi saranno reinvestiti in R&S. Con un portafoglio ordini (al 30 giugno) di 76,5 miliardi di sterline, prodotti e fabbriche nuove e un bilancio robusto, East può gestire la trasformazione con quella precisione per la quale Rolls-Royce è famosa da oltre 100 anni. A.S. Operazioni straordinarie in casa Mednav Group per favorire una maggiore semplificazione e trasparenza all’interno del gruppo. Il riferimento è all’operazione di cui ha dato notizia il sindacato Uil Trasporti parlando appunto di una fusione per incorporazione in Augusta Due delle società Marship Srl e Salina Shipping Srl (ciascuna di queste proprietaria di una nave). Dal quartier generale romano del gruppo armatoriale guidato da Raffaele Brullo fanno infatti sapere, tramite il direttore finanziario Luca Di Placido, che “le ragioni della fusione per incorporazione delle società Salina Shipping srl e Marship srl nella società incorporante Augusta Due srl, sono da ricercarsi esclusivamente nel perseguimento di una migliore organizzazione sociale volta a razionalizzare le attività svolte dalle due aziende. In particolare lo scopo è quello di perseguire una riduzione dei costi di gestione nonché un’ottimizzazione nell’impiego delle risorse, il cui numero complessivo non varierà a seguito dell’operazione di fusione”. La Marship era proprietaria fino alla scorsa primavera della nave cisterna Lisca Bianca ceduta da pochi mesi a una società terza per volontà della banca finanziatrice HSH Nordbank anche se Augusta Due continua a operare la nave. Salina Shipping, invece, è tuttora la società armatrice della nave Filicudi M. Da Augusta Due spiegano infine che “da un punto di vista tecnico si tratta di una fusione semplificata di incorporazione di società che saranno interamente possedute al momento della stipula dell’atto; inoltre non vi saranno modifiche rilevanti degli elementi dell’attivo e del passivo”. Di Placido precisa infine poi che questa “operazione di fusione consente al Gruppo Mednav di ottenere una semplificazione dell’organigramma, nonché una maggiore trasparenza nei confronti degli interlocutori esterni”. Nicola Capuzzo www.ship2shore.it 19 SPEDIZIONIERI Lunedì 7 Dicembre 2015 Hangartner punta sulle spedizioni via treno da Verona Il nuovo amministratore delegato Sacco ha ricevuto dall’azionista DB Schenker la mission di rimpinguare il business su rotaia a latere della tradizionale attività di logistica svolta dagli ex Magazzini Generali scaligeri e sta già per varare nuovi collegamenti in Italia e internazionali Verona – È piena di progetti e di idee di sviluppo soprattutto in ambito ferroviario la scrivania all’Interporto Quadrante Europa di Mario Sacco, da 6 mesi Managing Director di Hangartner Terminal Srl di Verona e dall’estate dell’anno prima Head of Rail Logistics e Forwarding per l’Italia del gigante DB Schenker (che controlla tra le altre società anche Hangartner, antica da DB Schenker a noleggio tramite Unicredit Leasing, che saranno utilizzati dalla società ferroviaria tedesca in Italia nella seconda metà del 2016. Si tratta di macchine simili alle 23 già usate in Polonia e che hanno ottenuto l’approvazione per operare in Italia, dotate di un concetto modulare, che erogano una potenza massima di 5200 kW atta a raggiungere Europa. Si tratta di rivitalizzare come hub un sito che finora faceva quasi esclusivamente logistica di magazzino disponendo di aree coperte per 45 mila mq. L’intenzione è quella di fare treni misti, convenzionali e intermodali; un obiettivo che mira a valorizzare una vocazione completa” spiega Sacco, ricordando che l’azienda capogruppo dall’anno prossimo unificherà le divisioni intermodale e ferrovia, andandole a chiamare semplicemente Multimodale. Piuttosto bellicosi i buoni propositi, che peraltro hanno già raggiunto uno stadio progettuale avanzato: “Da febbraio 2016 faremo 5 collegamenti settimanali con Chiasso di treni convenzionali e anche via Brennero dove il traffico attuale consta di 5 treni alla settimana che arrivano dall’industria manifatturiera tedesca e di 5 treni intermodali in discesa da Rostock con provenienza l’area dello short sea shipping dal Golfo di Finlandia. Dalla Germania arrivano quasi solo treni targati DB; il nostro mercato è il corridoio che parte dalla Mario Sacco Svezia e arriva in Italia. Presto tutti questi saranno treni misti perché aggiungeremo vagoni convenzionali a quelli intermodali; non siamo per la competizione sul mercato tra le due anime, crediamo che convenzionale e intermodale possano tranquillamente convivere, dunque non facciamo guerre di religione al riguardo. A Rostock abbiamo un magazzino per l’intermodale, perciò il connubio sarà un vantaggio per il convenzionale che avrà la velocità dell’intermodale, e forse costerà solo un poco di più”. Oltre a questi, nel mirino ci sono treni convenzionali dalla Slovacchia e treni intermodali dalla Polonia. “Entro giugno definiremo quali progetti andranno avanti” precisa Sacco. Ma l’estero non è tutto; sono previste importanti novità anche sul fronte domestico. “Svilupperemo un collegamento regolare tra interporti, Nola-Verona, con 5-6 treni convenzionali alla settimana in partenza dal prossimo mese di marzo. Grazie al nuovo servizio a frequenza giornaliera segue a pag.20 casa di spedizioni, assorbita dal gruppo tedesco e poi passata a gestire gli ex Magazzini Generali scaligeri). “Credo proprio che la mia nomina non sia stata casuale…” ammette senza glissare il baffuto top manager milanese. “Come amministratore delegato ho ricevuto dall’azionista DB Schenker la mission di rimpinguare il business su rotaia a latere della tradizionale logistica”. E forse non è un caso la notizia di oggi che Siemens ha annunciato la fornitura di 8 locomotori elettrici Vectron DC, acquisiti 160 km/h. Nel CV di Sacco molte esperienze in sintonia con l’incarico di implementare spedizioni ferroviarie: Railport Manager Italia per DB Schenker Rail, consigliere delegato di Ferroviasped Srl (Kuehne+Nagel Group) per 4 anni e con Innocenti Depositi, oltre a consulente di Omnia Logistica. “Siamo sostanzialmente una start up, pur poggiando su una esperienza consolidata, avendo a disposizione uno dei più bei magazzini raccordati multimodali in www.ship2shore.it 20 Lunedì 7 Dicembre 2015 segue da pag.19 riusciremo ad arrivare in Germania da Napoli in appena 72 ore. E anche se attualmente abbiamo servizi sull’altro interporto campano, ci sposteremo da Marcianise a Nola, dove abbiamo già una filiale, unificando la divisione rail con le altre business unit di DB Schenker. Inoltre sto lavorando per collegare Verona coi porti del Tirreno, a partire da Livorno; perché non mi pare logico che non esistano collegamenti ferroviari, tranne qualcosa solo su Genova (a cui peraltro DB Schenker non è assolutamente interessata, nda) e La Spezia, considerando anche come, coi collegamenti esistenti da Verona, si raggiungono destinazioni in Europa” prosegue Sacco, “Livorno è un territorio più vergine anche per fare acquisizione di clienti. DB Schenker ha già impiantato un bel sistema di traffico diffuso toccando nella sua rete destinazioni come Brescia, Desio, Anagni, Maddaloni ecc. E poi faremo 5 treni alla settimana con l’Interporto di Rivalta Scrivia, contando di sviluppare la collaborazione con i nuovi proprietari, la multinazionale belga Katoen Natie”. Nel prosieguo Hangartner punta a diventare padrone della ‘casa’ che abita da inquilino da tanti anni. “In futuro questo comprensorio sarà probabilmente ceduto dal Consorzio ZAI, e io vorrei convincere i miei azionisti a comprare, anche se credo ciò non avverrà prima del 2019. Parliamo di un’area di 250mila mq con 45mila mq di magazzini coperti, uno dei tre principali polmoni del Quadrante Europa, gli altri due essendo l’infrastruttura ferroviaria di Terminali Italia (ex Cemat) e la terza l’ampia area attrezzata in concessione a Bertani per la logistica dell’automotive”. A Verona la società ha 32 addetti diretti oltre a impiegare quelli delle cooperative, mentre il gruppo DB Schenker in Italia dispone di circa 1.500 addetti. “Come terminal ferroviario non abbiamo grande concorrenza, ogni terminal agisce nel suo territorio con sane politiche. E poi di spedizionieri ferroviari ce ne sono pochi in Italia; la concorrenza la soffre di più la sezione rail. Oggi a fine 2015 siamo ancora principalmente un magazzino, a giugno 2016 invece avremo alcuni prodotti ferroviari già posizionati” è la promessa conclusiva di Sacco. Angelo Scorza Dalla Svizzera alla Germania via Verona Era il luglio 2011 quando Magazzini Generali di Verona (ente fondato nel 1924 da Comune, Provincia e Camera di Commercio veronesi) passava al Consorzio ZAI concludendo un percorso iniziato nel maggio 2004, quando Immobiliare Magazzini srl, controllata al 100% dai Magazzini Generali, cedeva l’attività gestionale ad Hangartner, concedendo in locazione immobili e terreni di proprietà. L’ente era stato posto in liquidazione volontaria nel 1996; nel 2002 la controllata dall’ente aveva assunto la denominazione Immobiliare Magazzini Srl, mentre la società operativa prendeva quella di Magazzini Generali di Verona srl. Ma nel 2010 i tre soci decisero il conferimento degli asset di Immobiliare Magazzini srl al Consorzio ZAI. Il complesso logistico è collegato a un terminal ferroviario da 11 binari per la gestione di vagoni, casse mobili, semirimorchi e container. La gestione della piattaforma all’interno del Quadrante Europa è passata a Deutsche Bahn, che nel 2002 aveva già assorbito lo spedizioniere svizzero Hangartner (fondato nel 1890 ad Aarau), presente con due società: Hangartner Terminal Rail and Warehousing srl (logistica e movimentazione) in pratica i vecchi Magazzini Generali - e Hangartner srl (trasporto intermodale), dal 1° gennaio 2011 incorporata nella filiale italiana di DB Schenker (all’interno del Quadrante Europa). Nel maggio 2004 Hangartner Terminal Srl aveva acquistato la proprietà del ramo d’azienda della Magazzini Generali di Verona Srl, con garante Immobiliare Magazzini Srl, cui è vincolata da contratti di locazione. La società è controllata da DB Mobility Logistics AG (con sede a Berlino) proprietà del gruppo Deutsche Bahn, ma fa riferimento a Schenker Italiana SpA sotto il profilo commerciale, risorse umane, acquisti, budget e fiscale. Schenker era approdata in Italia nel 1961 con un Rappresentante Commerciale a Milano; nel gennaio 1963 nasceva Schenker Italiana come unità operativa del gruppo tedesco; nel 1997 la sede si trasferiva a Peschiera Borromeo, dove già operavano magazzini dedicati ai trasporti terrestri ed aerei. Con l’incorporazione di Castelletti nel 2000 e di Zuffo nel 2001, Schenker raddoppiava il numero di filiali in Italia; tra 2007 e 2011 infine procedeva all’integrazione di Bax Global, Railog e Hangartner sotto il cappello DB Schenker, la divisione Trasporti e Logistica di DB. A Verona Hangartner Terminal dispone di 4.500 metri di binari, di cui 600 coperti, a servizio di magazzino merci varie, per alimentare secco, bevande, carta, coils, lastre metalliche e legname (totale di 30.000 mq.) raccordato alla rete ferroviaria pubblica. Anche il magazzino frigorifero, con capacità di stoccaggio da 84.000 metri cubi per 17.500 posti pallet, è raccordato con binari. L’area occupata da Hangartner in locazione da Immobiliare Magazzini Srl e Consorzio ZAI copre 251.000 mq (77.500 mq da magazzini per il deposito di merci varie e magazzini frigoriferi; 20.500 mq da parcheggio autotreni), e nella medesima area sono presenti gli uffici di Schenker Italiana Spa e di altri spedizionieri, operatori logistici e trasportatori. Quale deposito doganale di tipo A, Hangartner può introdurre la merce allo stato estero, sdoganarla tramite Agenzia delle Dogane, mantenerla allo stato estero e compiere lavorazioni. Pur disponendo di mandato d’agenzia per spedizioni nazionali e internazionali, la società si occupa perlopiù di logistica, terminal ferroviari, magazzini e lavorazioni annesse in conto terzi a temperatura ambiente e frigo, deposito doganale e fiscale, trasporto intermodale, movimentazione merci. www.ship2shore.it 21 Lunedì 7 Dicembre 2015 FINANZA E l’Interporto Quadrante Europa si ‘gasa’: carburante LNG nel mirino Aveva l’obiettivo di promuovere e incentivare l’utilizzo del metano liquido nel trasporto di merci su strada il convegno al centro direzionale dell’Interporto Quadrante Europa “Il Gas Naturale Liquido: prospettive per gli Interporti”, durante il quale è stato presentato il progetto Rete LNG Italia Freight sostenuto dall’UIR Unione Interporti Riuniti, di cui è pure presidente il numero uno scaligero Matteo Gasparato. L’incontro, svoltosi negli stessi giorni in cui capi di stato e di governo di oltre 150 Paesi si sono riuniti a Parigi per la Conferenza sui cambiamenti climatici COP 21, è stato – secondo quanto riporta una nota diffusa dal Consorzio ZAI – un’occasione di scambio di best practices e di riflessione sul ruolo degli interporti, che non sono solo semplici nodi logistici ma anche luoghi di sviluppo di innovazione, pure in campo energetico, utile a raggiungere gli obiettivi posti a livello comunitario e mondiale. Il settore dei trasporti nel suo complesso è oggi responsabile del 14% della produzione di gas serra a livello mondiale, secondo solo alla produzione di energia e alla produzione industriale. La mobilità delle merci, in particolare, è una delle cause dell’effetto serra e contribuisce a determinare una serie di differenti tipologie di costi esterni che ricadono sui diversi attori coinvolti come: amministrazioni pubbliche, aziende di trasporti, utenti e collettività. L’uso del Gas Naturale Liquefatto come combustibile per il trasporto in alternativa al diesel e alla benzina si sta ampliando negli ultimi anni, ma i volumi sono ancora relativamente piccoli. Lo sfruttamento del gas naturale in ambito trasportistico riguarda la diffusione dei sistemi a Gas Naturale Compresso (CNG), che contano 1,2 milioni di veicoli in Europa (0,7% della flotta), di cui il 70% in Italia, con 3.000 stazioni di rifornimento di cui due terzi in Italia e Germania. Nel Mondo circolano 18 milioni di veicoli CNG che rappresentano l’1,2% della flotta mondiale. In Italia si contano 800.000 veicoli alimentati a metano (2% del totale), di cui 700.000 autovetture. L’offerta di mezzi alimentati a LNG è limitata a veicoli pesanti e autobus prodotti da Iveco, Scania e Mercedes. In Europa circolano 1.500 veicoli Euro V e Euro VI alimentati a GNL e vi sono 55 stazioni di rifornimento (Cina 240.000 veicoli e 2.400 stazioni, USA 5.000 veicoli e 100 stazioni). La nuova direttiva 2014/94/UE del 22 ottobre 2014 obbliga gli Stati membri ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2025, sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale della TEN-T; l’Interporto Quadrante Europa di Verona, all’intersezione di due Corridoi della rete TEN-T, intende ottemperare tale obbligo. Il potenziale utilizzo di LNG come carburante nei veicoli pesanti potrebbe raggiungere 10-15 miliardi di m3 nel 2020 e 25-30 miliardi di m3 nel 2030, a soddisfare il 20% del consumo finale di energia del settore. La domanda attuale di gas naturale come combustibile per i trasporti è 3 miliardi di m3 annui in Europa. La tecnologia GNL riguarderà il 5-10% delle vendite di veicoli pesanti in Europa entro il 2025. Il Ministero dello Sviluppo Economico stima, percorrendo 150.000 km/anno, un ritorno dell’investimento in 1 anno per la versione mono-fuel e in 2 anni per il dual fuel. CMA CGM si assicura i fondi finanziari per acquisire NOL Il liner francese avrebbe ottenuto credito da alcune banche internazionali per portare a termine il take-over della compagnia di Singapore Procede la trattativa in esclusiva tra il liner francese CMA CGM e la finanziaria statale di Singapore Temasek Holdings per l’acquisizione del 67% di Neptune Orient Lines (NOL) e, con essa, della sua controllata APL. La compagnia d’Oltralpe ha ancora poco tempo per trovare un accordo con gli azionisti del gruppo armatoriale asiatico, ma sembra che le cose stiano procedendo spedite: l’agenzia Reuters riferisce infatti di un accordo siglato da CMA CGM con una serie di banche internazionali per l’attivazione di un prestito di sindacato finalizzato a sostenere l’acquisizione del 67% di NOL, a cui potrebbe seguire anche l’obbligo di offerta pubblica e il conseguente delisting dal gruppo ‘target’ dai listini di Singapore. Gli istituti coinvolti, secondo la Reuters, sarebbero HSBC, BNP Paribas e JP Morgan e l’agreement siglato avrebbe giovato al valore del titolo di NOL, in costante crescita negli ultimi 2 anni con un incremento del 40% nell’intervallo tra febbraio 2013 e novembre 2015, in controtendenza rispetto agli indici della Borsa di Singapore che invece nel medesimo periodo hanno registrato cali a doppia cifra. Se il deal, che ora avrebbe trovato quindi l’appoggio di alcune tra le principali banche internazionali, dovesse andare in porto, la conseguente integrazione delle flotta di CMA CGM e APL (controllata di NOL attiva nel trasporto oceanico di container) non avrebbe comunque effetti particolarmente impattanti sul mercato del settore. Secondo analisti di DNB Markets citati da Tradewinds, infatti, la possibile fusione potrebbe portare beneficio alle performance operative di NOL, in considerazione dei buoni risultati raggiunti negli ultimi mesi da CMA CGM, ma non inciderebbe realmente sugli equilibri di un mercato ancora frammentato e in sofferenza a causa di problematica esogene, a partire dalla debolezza (o comunque da una crescita meno spinta rispetto agli anni passati) di alcune economie asiatiche. www.ship2shore.it 22 ASSOCIAZIONI Roberto Alberti al vertice degli spedizionieri italiani Nel 2014 il fatturato generato dalle 1.750 aziende di spedizioni attive in Italia è stato di 14 miliardi di euro, e il valore dei diritti doganali versati allo Stato è di 14,9 miliardi Milano - Piero Lazzeri lascia la poltrona di presidente di Fedespedi (Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali) a Roberto Alberti, nuovo numero uno dell’associazione per il triennio 2015/2018. Quest’ultimo è presidente e amministratore delegato della CIS S.p.A., impresa di famiglia livornese attiva nel settore delle spedizioni internazionali. “Nei prossimi anni la nostra categoria sarà chiamata ad aggiornare il proprio ruolo non solo agli occhi della clientela ma anche a quelli della Pubblica Amministrazione. Lo richiede il quadro economico internazionale e lo sollecitano i piani governativi nazionali di sviluppo del sistema logistico” sono state le prima parole di Roberto Alberti. “All’interno di uno scenario in continua evoluzione è necessario per le nostre aziende non solo ritagliarsi un nuovo ruolo ma anche dare ulteriore valore alle proprie competenze e alla propria professionalità. Per questo motivo sarà importante consolidare la capacità rappresentativa della Federazione e il suo ruolo ai tavoli internazionali e nazionali e nell’ambito del progetto governativo volto alla creazione di una Piattaforma Logistica Nazionale e dei progetti di process control system portuali e aeroportuali.” La nomina di Alberti è arrivata a seguito della tradizione assemblea generale di Fedespedi durante la quale sono stati forniti numeri interessanti sul comparto. Le case di spedizione attive in Italia sono 1.750, di cui oltre 1.500 associate a Roberto Alberti Fedespedi, per un totale di 30.000 addetti diretti, capaci di generare nel 2014 un fatturato complessivo di 14 miliardi di euro. Inoltre sono circa 14,9 miliardi di euro i diritti doganali (IVA e dazi) versati lo scorso anno nelle casse dello Stato per conto dei propri clienti. Il quadro emerge da una sorta di Libro bianco degli spedizionieri che in realtà è una vera e propria ricerca intitolata “Fast Forwarding Italy” elaborats dal C-log - Centro di Ricerca sulla Logistica dell’Università Cattaneo – LIUC. Realizzata da un team di ricercatori ed esperti di commercio internazionale guidato dal Prof. Fabrizio Dallari (Direttore del C-log), la ricerca evidenzia le caratteristiche, il ruolo e il contributo delle imprese di spedizioni all’economia italiana in particolare nelle complesse fasi di import/export delle merci con provenienze e destinazioni in tutto il mondo. Per quanto riguarda il profilo del comparto, lo studio evidenzia una struttura incentrata sulle piccole medie imprese (l’86% delle aziende realizza infatti un fatturato che arriva fino a 10 milioni di euro mentre solo il 2% supera i 50 milioni di euro) con forti specializzazioni merceologiche o geografiche e un buon numero di player strutturati che nel tempo si sono trasformati da case a imprese di spedizione (il 75% del mercato viene realizzato da meno del 15% delle aziende). Dal punto di vista della localizzazione geografica, la ricerca mostra una maggiore concentrazione delle imprese nel Nord Italia, dove è presente il 75% delle aziende di spedizione individuate. Milano, in particolare, risulta essere l’area privilegiata di insediamento degli spedizionieri, sia degli headquarters dei grandi gruppi nazionali e internazionali, sia delle unità operative di imprese con sede centrali fuori dalla Lombardia. Seguono per importanza le province caratterizzate da importanti cluster portuali, quali Genova, Livorno e Venezia e quelle che rivestono un ruolo trainante nel sistema manifatturiero italiano, come Bologna, Brescia, Firenze e Vicenza. Con riferimento al peso economico delle aziende del settore, i 14 miliardi di euro di fatturato complessivo generato nel 2014 sono pari a circa il 20% del fatturato italiano dell’intero settore dei trasporti e della logistica, un dato rilevante se si considera che è il contributo di sole 1.750 aziende su un totale di 100.000 imprese Lunedì 7 Dicembre 2015 della logistica attive nel nostro Paese. Inoltre, dei 14 miliardi di euro totali ben 12 miliardi di euro costituiscono l’indotto per i fornitori impegnati a vario titolo nella catena logistica (autotrasportatori, compagnie marittime e aeree, terminalisti, doganalisti e CAD, ecc.), a testimonianza del valore che l’attività di spedizione genera per tutti gli attori della supply chain del settore. In virtù della normativa nazionale in merito alla responsabilità in solido degli spedizionieri nei confronti dell’Erario, le imprese di spedizioni svolgono un ruolo di grande rilevanza anche per lo Stato. Nel 2014 infatti, considerando solo le merci in import, i diritti doganali versati dalle aziende del settore alle casse dello Stato ammontano a 14,9 miliardi di euro, di cui 12,9 miliardi di euro di IVA (versata trimestralmente) e 2 miliardi di euro di dazi (di cui il 25% incassato dall’Erario per effetto dell’ingresso di merce di origine extra UE attraverso porti e aeroporti italiani). La ricerca mostra anche come, per le aziende individuate, l’export costituisca una quota di fatturato superiore rispetto all’import e come il trasporto marittimo sia la modalità di trasporto più utilizzata seguita da quella terrestre e da quella aerea. Infine, in presenza di specializzazioni geografiche e merceologiche, la principale area di attività delle imprese di spedizione operanti in Italia risulta essere l’Asia, seguita dal Medio Oriente, Nord America e Centro Sud America e la tipologia di merce prevalentemente movimentata quella dei settori della meccanica, dell’automazione e dell’automotive, seguita dal tessile, dall’abbigliamento e dalle calzature e da quella legata al comparto dell’impiantistica. N.C. www.ship2shore.it 23 SPEDIZIONIERI Lunedì 7 Dicembre 2015 È veneto lo spedizioniere che calza bene la logistica dello Stivale Prisma Logistics di Verona, specialista nelle spedizioni di calzature, riorganizza l’architettura di gruppo e procede ad acquisizioni societarie in Italia e all’estero Verona – Sta procedendo progressivamente l’ambizioso progetto di creare un gruppo più solido e articolato, pronto a coagulare il business spedizionieristico e ad investire nel settore logistico, portato avanti da Stefano Pasinato, veronese, da quasi un quarto di secolo impegnato nel settore, dapprima sulle orme paterne e ora in autonomia, sebbene il padre Raffaele, figura storica delle spedizioni scaligere, a 79 anni sia sempre in vigile attività. Imprenditore di poche parole ma di idee molto nitide, il titolare di Prisma Logistics Spa – strategicamente collocata all’ingresso dell’Interporto Quadrante Europa di Verona, crocevia per le attività logistiche e di spedizione del nord descrive la genesi dell’iniziativa, partendo dalla storia di un’azienda da sempre specialista nel servire i tanti produttori di calzature del nord-est italiano. “La nostra società, fondata da un gruppo di soci con passate esperienze nel settore spedizioni e trasporti, tutti attivi come direttori di reparto nell’attività quotidiana, formalmente nasce il 1° gennaio 1990 come Prisma Spedizioni Trasporti Internazionali, nella quale mio padre era socio di maggioranza. Una sua affiliata era la Raule Marche, costituita nel 1985 a Civitanova Marche (Macerata) insieme al socio di minoranza Arnaldo Giacchetti (49%), poi trasformata in Prisma Srl. Dal 2014 è stato ceduto tutto il ramo industriale ad una newco che è appunto la Prisma Logistics Spa (nuova holding che rimpiazza la vecchia Atlantean Spa Holding), e che è artefice del progetto di aggregazione di varie società: ad essa faranno capo Prisma Srl di Treviso, agenti di spedizioni; la casa di spedizioni Prisma Srl di Civitanova Marche, la società di in Romania – società solo di trasporto, un’agenzia broker di carichi - in effetti stiamo proprio ora formalizzando il deal; in più stiamo portando avanti analoga iniziativa in Italia, con un’altra società di Milano”. Il progetto di aggregazione riguarda un gruppo di aziende che, tutte insieme, oggi fatturano circa 35 milioni di euro; 35 addetti sono nell’organico della sola capogruppo a Verona e 10 nella SCM. “Abbiamo un magazzino, il n. 5, in concessione al consorzio ZAI di 5mila mq, dove si effettua cross docking; e due magazzini di proprietà di 22mila mq complessivi per servizi logistici, ubicati nella provincia veronese, a Vallese di Oppeana e a Villafontana di Bovolone, segue a pag.24 Stefano Pasinato servizi SCM Logistics Srl di Verona e la immobiliare logistico e turisticoresidenziale Immobilog Srl, oltre a nuove società che entreranno prossimamente nella nostra orbita. È necessario aumentare i volumi per mantenere una certa redditività” spiega Pasinato, che individua in alcune prerogative vincenti le caratteristiche fondamentali della propria impresa. “L’autonomia finanziaria totale, la nostra forza anche nel periodo turbolento, sempre reinvestendo gli utili in azienda, creando delle efficienze, razionalizzando il personale, spingendo molto in tecnologie, con analisi di processi interni. Ma stiamo ancora razionalizzando, perché si può sempre fare meglio con meno”. Già delineate dall’amministratore delegato veronese le prossime mosse strategiche. “Stiamo procedendo ad una acquisizione www.ship2shore.it 24 segue da pag.23 entrambi con 20.000 mq di area, magazzino doganale e IVA. Il settore calzaturiero e quello dell’abbigliamento generano il 70% del business, il restante 30% essendo di natura industriale e di macchinari health care” spiega ancora Pasinato. “Non abbiamo una flotta gommata di proprietà ma appaltiamo il lavoro a autotrasportatori fidelizzati e brandizzati, tanto da avere quasi sempre un controllo GPS su questi mezzi, con la nostra consociata di Treviso quale subfornitore importante che segue gli autisti e le ditte individuali”. Prisma serve l’export dell’industria veneta in tutta Europa, dal nord ai paesi dell’est, dal Regno Unito fino alla Turchia e alla Russia, con servizi regolari bisettimanali e altri servizi giornalieri per Austria, Germania, Svizzera, Belgio e Olanda. “Offriamo 42 linee dirette groupage da e per 22 paesi europei ed extraeuropei in collaborazione con 42 corrispondenti, spedizioni aeree e marittime, logistica integrata e distributiva, servizi doganali e di consulenza. Complessivamente nel corso dell’anno effettuiamo 32mila spedizioni in groupage per 59.300 tonnellate in export nonché 6.500 spedizioni per 10.500 tonnellate in import. Abbiamo impiantato l’attività logistica a partire dal 1995, un’attività specializzata, con un altissimo numero di referenze, circa 600 mila per 10 milioni di paia di scarpe trattati, con un picco stagionale; il che richiede grande esperienza e organizzazione, con logiche di prelievo accurate e molti investimenti in software. A tal proposito siamo clienti di Nova Systems, società veronese che ha sviluppato insieme a noi da un anno e mezzo il tool ‘BeOne’, un nuovo software in cloud; e di Replica Sistemi, che ha predisposto lo Stock System Evolution per la gestione del magazzino”. L’imprenditore scaligero, che non predilige molto la vita associativa, è peraltro diventato da tre anni uno dei tre membri italiani di IFA International Freight Association (gli altri due sono la Nova Transports di Concorezzo e la Prisma Srl di Civitanova Marche), il network mondiale delle piccole e medie case di spedizione, con sede in Australia, che proprio quest’anno ha festeggiato i suoi primi 30 anni. Nella sua parabola evolutiva Prisma è diventato sempre meno operatore su rotaia rispetto al passato. “Siamo nati come azienda di spedizioni ferroviarie, il 95% del traffico per i paesi di lingua tedesca lo facevamo noi, utilizzando anche delle casse mobili, modalità di trasporto adesso in disuso. In passato ci affidavamo a nomi altisonanti come P&O, DFDS, ECS; ma i nostri vettori - tra i quali TNT, Ziegler, APL, Loxx, Gondrand, SMS Malta, Moldtrans ecc., nda - continuano a fare dell’intermodale” precisa ancora Pasinato, compiacendosi del fatto che “abbiamo clienti da 25 anni, molti dei quali sono venuti dall’estero a festeggiare le nostre nozze d’argento la scorsa estate”. Angelo Scorza Lunedì 7 Dicembre 2015 Tutta in famiglia la cugina marchigiana È guidata tuttora dalla famiglia cofondatrice - Arnaldo Giacchetti è Amministratore Unico, il genero Gino Canaletti Direttore Generale, il figlio Riccardo Giacchetti Direttore Commerciale - la Prisma Srl, fondata a Civitanova Marche nel 1985 (inizialmente con il nome di Raule Marche) da un gruppo di soci con alle spalle una solida esperienza nel settore delle spedizioni internazionali. “La prima sede era situata in un piccolo magazzino all’interno della zona Industriale di Civitanova Marche, a quel tempo costituita da una unica via. L’attività principale era rappresentata da spedizioni via camion di calzature prodotte in zona e destinate verso i principali Paesi Europei come Germania, Francia e Belgio” è l’incipit dell’amarcord societario. “Nel 1991 la società trasferisce gli uffici ed il magazzino a Porto S.Elpidio (Fermo), dove rimane fino al 2000 e consolida la propria attività di spedizioniere internazionale. Già in fase di crescita e vicina al cambiamento in atto, la Prisma nel 2000 si sposta a Montecosaro Scalo (Macerata) in un magazzino più grande munito di sponde idrauliche, piazzale adeguato e uffici più grandi”. Nel contempo, Prisma allarga i servizi mantenendo le stesse capacità di assistenza e collaborazione: “I risultati non tardano ad arrivare; dopo appena cinque anni la struttura non risulta più idonea alla mole di spedizioni e merci movimentate, per cui ad aprile del 2005 ritorna a Civitanova nella rinnovata Zona Industriale A, all’interno dell’Interporto Spedizionieri”. Nel corso degli anni, la Prisma ha saputo modificare il proprio status ma sopratutto è cresciuta nel settore camionistico/ terrestre internazionale, ampliando i vecchi servizi e introducendone nuovi, e oggi serve quasi tutti i Paesi della UE con partenze regolari via camion plurisettimanali groupage e completi, servizio espresso dedicato per Italia ed Europa, e trasporti via mare regolari da e per i Paesi del Maghreb, India e Cina. Gli spazi sono passati dai 500 mq del 1985 agli attuali 3000 mq; anche la merceologia è variata , non più solo calzature. Da alcuni anni è iniziata anche l’attività di logistica integrata. Dal dicembre 2012, il core business è stato trasferito - sempre nella Zona Industriale A di Civitanova Marche - in una nuova struttura, affiancata a quella già preesistente. A ottobre di quest’anno Prisma ha attivato un nuovo servizio definito “Last Minute”, mentre a marzo era stato stretto un accordo con la Galardi Srl (con sedi a Prato, Varese, Verona) iniziando una collaborazione bilaterale che permette a Prisma di avere una copertura capillare su tutto il territorio francese, e a Galardi di avere un punto di riferimento su tutta la dorsale adriatica italiana. www.ship2shore.it 25 FERRY Ennesima nuova vita per la ex ‘regina dello Ionio’ Il traghetto Ionian Queen, da tre anni sotto sequestro nel porto di Patrasso, è stato infine acquistato all’asta da Hellenic Seaways ad un prezzo di saldo Gli abitanti di Patrasso potranno tirare finalmente un sospiro di sollievo: per oltre tre anni, infatti, la Ionian Queen - un tempo ammiraglia della Endeavor Lines - è rimasta mestamente attraccata al molo San Nicola nel porto ellenico, suscitando incessanti polemiche. Da molto tempo i residenti dell’area, soggetta a un piano di riqualificazione urbana, chiedevano la rimozione della nave poiché ostacolava la visuale della vecchia banchina, impedendo la promozione turistica. Precedenti aste giudiziarie indette dal Tribunale distrettuale di Patrasso, del valore rispettivo di 6 e 4,8 milioni di euro, erano andate deserte, e sulla nave gravava lo spettro di una demolizione. Patranews.gr aveva realizzato un reportage che pareva confermare tale scenario: il traghetto si presentava privo di arredamenti e i gruppi propulsori giacevano smontati nel garage. Infine l’ennesima asta giudiziaria Lunedì 7 Dicembre 2015 indetta dal Tribunale di prima istanza del Pireo ha decretato un nuovo proprietario: Hellenic Seaways si è aggiudicata infatti la Ionian Queen ad un prezzo d’asta di 3 milioni di euro. Una piccola parte dell’incasso - 170.530 euro più interessi- è già prenotata per il pagamento degli stipendi arretrati dell’equipaggio di 18 persone: la nave è inoltre gravata da ben 4 ipoteche a favore della National Bank of Greece. Il ferry, costruito in Giappone nel 1988, 10.591 GT, battente la bandiera cipriota e con capacità di 1.725 passeggeri e 800 auto, ha operato dal 2005 al 2012 lungo l’Adriatico, collegando prima Bari e poi Brindisi con Corfù, Igoumenitsa e Patrasso. La nave era balzata agli onori della cronaca per essere una delle unità più lussuose e confortevoli lungo la linea adriatica: gli armatori Tzanetatos di Cefalonia avevano investito nel 2005, tra acquisto e ristrutturazione, una cifra superiore ai 25 milioni di dollari. Posto sotto sequestro nel gennaio 2012, il ro-pax era stato riportato da Endeavor Lines a Patrasso previo nulla osta delle autorità. Dopo l’interruzione dei collegamenti con Brindisi, Endeavor Lines aveva avviato, senza alcun successo, trattative per la cessione del traghetto: i soggetti interlocutori erano in un primo momento Ventouris Ferries e Grimaldi Lines. La prima aveva da poco dismesso le sue unità (Olympus e Aqua Hercules) e pareva intenzionata a mantenere un collegamento invernale lungo la linea Bari-Grecia. Le trattative col gruppo partenopeo, invece, sono state ad un passo dalla conclusione: Grimaldi aveva appena debuttato a Brindisi ed era alla ricerca di una degna sostituta per il ro-pax Sorrento. Ad impedire l’acquisto pare abbia l’influito l’anzianità del traghetto, non in linea con la politica aziendale di qualità del gruppo campano. Durante tutta la stagione 2013 si è avuta la percezione che il traghetto potesse tornare in linea. Nel giugno di quell’anno, infatti, la compagnia Alas International Holdings Inc-PV Enterprises International Inc di Fort Lauderdale (Florida) comunicò ai propri azionisti quanto segue: “Abbiamo il piacere di annunciare che abbiamo ottenuto tutti i permessi e le licenze governative per iniziare le attività di cruise ferry tra Port Everglades (Florida) e Nassau (Bahamas) con il ro-pax Ionian Queen impiegato sotto contratto di noleggio quinquennale stipulato con la società proprietaria cipriota Highpride Shipping Company Ltd. Questa lussuosa unità fornirà ai suoi ospiti un trattamento simile a quello delle navi da crociera nel corso del trasferimento di una sola notte”. Secondo i piani della compagnia guidata dal CEO Peter Villiotis, la nave sarebbe stata ribattezzata Bahamas Queen sotto il marchio societario Bahamas Seaways Ltd per poter svolgere sia attività di traghettamento che crocieristiche: nonostante i proclami, non si è concretizzata alcuna operazione. Svaniti i sogni di gloria caraibici, ora la Ionian Queen può ripartire daccapo: l’acquisto da parte di Hellenic Seaways può davvero fare la differenza. Stefano Carbonara www.ship2shore.it 26 CROCIERE Lunedì 7 Dicembre 2015 HANDLING Industria delle crociere verso una crescita record anche nel 2016 Ancora investimenti in handling per Bogazzi Secondo CLIA il prossimo anno i passeggeri a livello globale saranno 24 milioni Continua senza esitazioni la crescita globale dell’industria crocieristica. Anche per il 2016, secondo CLIA, il settore vedrà infatti un aumento nel numero globale dei passeggeri, che saliranno a quota 24 milioni - per il 2015 le stime dell’associazione, da confermare, parlavano di un ‘traffico’ di 23 milioni - , un balzo in avanti particolarmente significativo se raffrontato ai 15 milioni di crocieristi di soli 10 anni fa (nel 2006) e i 1,4 milioni del 1980, anno in cui iniziarono le rilevazioni. Anche dal punto di vista dell’offerta il settore è in piena espansione, innanzitutto per quel che riguarda la capacità. Nel 2016 saranno infatti 27 le nuove navi (di cui 9 oceaniche e 17 fluviali, ma comunque di compagnie affiliate a CLIA) che si uniranno alla flotta crocieristica mondiale, per un totale di 28.566 nuovi letti, grazie a un investimento che è stato pari a 6,5 miliardi di dollari per le sole unità oceaniche. Complessivamente, la flotta mondiale ammonterà nel 2016 a 471 navi, delle quali 301 oceaniche e 170 per crociere fluviali. Come spiega Cindy D’Aoust, Amministratore Delegato facente funzione di CLIA, a fare da traino alla crescita del settore è, in buona misura, l’industria stessa: “Tramite la creazione di navi uniche, di nuove esperienze e l’accesso a destinazioni in tutto il mondo, l’evoluzione, l’appeal e il valore del viaggio in crociera continuano a trainare la crescita complessiva del settore”. Proprio le navi sono oggi uno dei principali motori dello sviluppo, essendo viste sempre meno come un puro mezzo di trasporto ma ormai come delle destinazioni in sé, anche grazie alle caratterizzazioni sempre crescenti (ad esempio con la presenza sempre più marcata a bordo di grandi brand o alle personalizzazioni legate alla cultura d’origine dei passeggeri). Tra le tendenze in atto, per quel che riguarda l’offerta si rileva una crescente attenzione per le soste in overnight (cioè con la permanenza della nave in porto durante la notte), per i viaggi di cosiddetto ‘volontariato’ (segmento cui si rivolge ad esempio Carnival con il brand fathom, per gli itinerari a Cuba) e la presenza di servizi destinati a diverse fasce d’età. CLIA riscontra inoltre l’aumento di popolarità e domanda delle crociere fluviali (per soddisfare la quale, come visto, saranno 17 le nuove navi in acqua il prossimo anno). Altri trend già noti da tempo sono inoltre l’affermarsi di Asia e Australia come bacini di provenienza dei crocieristi (quest’ultima, in particolare, ha raggiunto nel 2014 il milione di passeggeri), così come la richiesta di connessione Internet a bordo, necessità ormai soddisfatta da quasi tutte le crociere con diverse soluzioni tecnologiche. La Porto di Carrara Spa potenzia la capacità di sollevamento con un reachstacker e due piattaforme a braccio articolato fornite da Terex Dopo la gru mobile Terex Gottwald modello 7 (G HMK 7608) arrivata nel terminal lo scorso luglio, la Porto di Carrara Spa è tornata a rifornirsi dal produttore statunitense TPS, da cui ha acquistato ora un reachstacker (modello Liftace 5-31) e due piattaforme a braccio articolato Genie Z-45J RT. Ricordando la collaborazione di lunga data che lega Porto di Carrara Spa a Terex (la prima fornitura risale infatti all’85), il Managing Director Paolo Dello Iacono ha sottolineato come i volumi del terminal toscano stiano crescendo continuamente e che i nuovi acquisti siano “la scelta giusta per affontare questa sfida”. “Con queste tre nuove macchine, il nostro rapporto di collaborazione con Porto di Carrara ha raggiunto un nuovo livello” ha aggiunto Giuseppe Di Lisa, Vice President Sales & Services per l’area EMEAR di Terex Port Solutions. Se il reachstacker è destinato in particolare alla gestione di project cargo, inclusi macchinari per l’industria pesante, i due sollevatori serviranno invece ad accelerare ed efficientare varie attività di manutenzione. Dotati di una capacità di sollevamento di 227 kg, i due boom lift semoventi a marchio Genie in particolare permettono di raggiungere un’altezza di 16,05 metri, hanno uno sbraccio di 1,52 metri e possono operare anche su terreno accidentato. Il reachstacker Liftace può invece sollevare fino a 45 tonnellate, con una velocità di spostamento massima di 25 km/h e una di sollevamento di 0,45 metri al secondo. Grazie a uno special frame, il mezzo inoltre è specificamente configurato per la gestione in sicurezza di project cargo e sarà veromilmente impiegato nelle attività in cui la Porto di Carrara è leader, ovvero la gestione in import e in export di graniti, manufatti in acciaio oltre appunto al project cargo, grazie a collegamenti attivi ad oggi verso 85 scali nei 5 continenti. www.ship2shore.it 27 HANDLING Lunedì 7 Dicembre 2015 Il rinoceronte delle banchine farà le prove tecniche in Alta Saona CES Italy presenta al pubblico l’innovativo reach stacker versatile VRS, un cui modello della nuova serie realizzato in Valpolicella andrà ad operare nel ‘terminal-giocattolo’ del partner francese Gaussin (che intanto imbarca un nuovo general manager) Domegliara (Verona) – Andrà ad operare nel ‘terminal-giocattolo’ che il nuovo partner francese Gaussin confida di poter completare entro la prima metà del 2016 l’innovativo VRS versatile reach stacker, il cui modello apripista della nuova serie, costruito in Valpolicella dalla nuova società CES Italy (filiale dell’omonima casamadre tedesca), è stato completato ed è ormai pronto per il collaudo. La notizia si è appresa a margine delle presentazione ufficiale dell’azienda veneta e dei prodotti innovativi che l’ambiziosa Srl ha tenuto nella prestigiosa cornice della secentesca Villa Quaranta nei dintorni di casa, tra la sede legale di Sant’Ambrogio di Valpolicella e l’impianto produttivo di Domegliara, entrambi in provincia di Verona. Una prima macchina sperimentale VRS-F (la più grande variante della gamma) era già stata realizzata lo scorso anno in Italia e consegnata nel porto di Amburgo a dicembre 2014 alla società Progeco, una succursale del colosso francese CMA CGM che gestisce terminal di deposito dove si scaricano container (perlopiù vuoti) da chiatte larghe fino alla terza fila. Ma quella che è stata mostrata ai visitatori, nella sua elegante livrea biancoazzurra con stampigliato il logo ufficiale – un rinoceronte in assetto da carica, a trasmettere un concetto di solidità e aggressività del prodotto – sarà la prima di CES col brand ufficializzato e parte della nuova serie. Per l’occasione Robert e Nicholas Huthloff, padre e figlio ideatori di questa ardita iniziativa imprenditoriale, hanno invitato una cinquantina di ospiti cui Nicholas e Robert Huthloff hanno illustrato tutte le loro entusiastiche aspirazioni in virtù delle prerogative delle proprie macchine di fresca concezione: clienti attuali e potenziali, fornitori e collaboratori, tra cui le aziende FSH, D-Cargo, Global Service, PTS, Movincar, PSA-VTE, Somefer, Terminal Intermodale Mortara, Max Solutions, Gap Piantoni, Consorzio Asterix, APM Vado, Synteco, Bosch Rexroth, Contec, Rigo, Urbani, e la citata Gaussin. “Oggi vediamo il coronamento di un progetto elaborato da 5 anni e che mi ha visto partorire il primo prototipo dopo due anni di gestazione” premette l’esperto Robert Huthloff, ricordando di essere in questo business da oltre 30 anni. “Ogni anno vengono prodotte circa 1.800 reach stacker in gran parte realizzate in serie da grandi produttori. C’è un grande mercato intermodale a disposizione nei rail terminal, per i quali il nostro VRS lungo 6,5 metri è ideale; ma grazie al telaio telescopico, allungando l’asse portante estensibile a 8,5 metri il mezzo può sollevare qualunque container fino a 33 tonnellate di peso dal secondo binario ferroviario”. L’impianto produttivo veneto - o per meglio dire, di assemblaggio – si trova in un ampio capannone a Domegliara da 18.000 mq coperti e occupa un’area di 50.000 mq complessivi dove operano 4 tecnici esperti sotto la direzione dell’Amministratore Delegato Giovanni Bolcato (che a sua volta ha passato 8 anni con Autogru Rigo, anche sotto la gestione giapponese di Kato), preso in affitto dalla storica Autogru Rigo (fondata nel 1953), produttore di autogru semoventi idrauliche telescopiche e piattaforme aeree semoventi, che deve l’inizio d’attività alla sua terra, l’ubertosa Valpolicella. Qui infatti, oltre a un ottimo vino, si produce un altro rosso famoso (il celebre marmo rosso veronese estratto nella zona di S. Ambrogio), e la prima nuova autogru fu realizzata nell’immediato dopoguerra proprio per sollevare lastre e blocchi di marmo. Oggi le rosse autogru Rigo, con portate da 50 a 130 tonnellate, coprono le esigenze di movimentazione in svariati settori. La vera novità di un mezzo che, da quando esiste fin dai primi anni ’70 (lanciato dalla Belotti di Genova nel 1975) è sostanzialmente rimasto invariato, è infatti proprio la modularità: nella filosofia di CES si può completamente smontare la macchina in 1 giorno, come fosse un giocattolo del Lego o Meccano, e dotarla di power pack, trasmissione e assi differenti, fino ad avere un mezzo del tutto differente: “possiamo spedire i componenti e mandare nostri assemblatori a fare il tutto nel giro di sole 24 ore” conferma Huthloff Jr. Non è sul prezzo che si gioca la competitività della newco. “Siamo allineati a quelli dei concorrenti, tra 400.000 e 450.000 euro per i modelli maggiori e più sofisticati; ma l’investimento iniziale incide poco rispetto al ciclo di vita e ai costi di manutenzione, quelli che fanno la vera differenza: abbiamo fatto una comparazione, si risparmia il 50% dei costi grazie alla garanzia estesa a 1.000 ore” spiega ancora il vero ‘padre’ del progetto, il quale ora si gode per sua stessa ammissione la “splendida posizione di consulente, che non implica alcuna grossa responsabilità”, segue a pag.28 www.ship2shore.it 28 Lunedì 7 Dicembre 2015 segue da pag.27 avendo delegato il figlio di 37 anni alla gestione della nuova azienda. “Sul mercato per ogni applicazione ci sono diverse lunghezze di chassis da 5 a 9 metri; questo significa che, se cambiano le tue esigenze, devi vendere la macchina. Con la nostra soluzione versatile invece no, perché la VRS ha 12 moduli, di cui 6 di base: chassis, boom, spreader, assi, trasmissione, software, e 6 a cambio rapido: motore, serbatoio, pneumatici, stabilizzatori, contrappesi, cabine. Dunque la macchina può essere upgraded o downgraded a proprio piacimento, con la garanzia di tempi rapidi di smantellamento e assemblaggio. Noi non siamo fornitori tout court di reach stacker ma bensì fornitori di moduli di reach stacker, che combiniamo sotto varie formule” conferma Nicholas Huthloff. “La nostra macchina sarà costruita con un motore adeguato da aziende che hanno sviluppato un sistema molto intelligente nell’idraulica. Usiamo i due moduli in parallelo all’inizio in accensione, poi un solo modulo in seconda marcia e quindi solo il più piccolo in terza, il che dà minore stress al motore perché non c’è bisogno di usare tanti HP. Così possiamo avere motori a spazio limitato. Finora siamo stati con Cummins 320 HP e con Volvo 280 HP”. Secondo gli imprenditori tedeschi sono tre i fattori di efficienza cruciali. “Ridotti costi di manutenzione ogni 1.000 ore, si risparmia il 40-50%; maggior disponibilità operativa al 95% del tempo (con l’opzione da 2.000 litri il serbatoio si deve rabboccare solo 1 volta al mese); grazie al software (nel caso specifico, il CES Eco Soft è stato realizzato appositamente) e al metodo di lavoro della trasmissione, rispetto ai diesel usuali possiamo usare un motore più piccolo (6,7 e 9 litri, invece di 11 o 13 litri). Inoltre siamo in grado di ridurre la velocità massima del motore di circa 300 rpm. Tutti i componenti (trasmissione, motori e software) consentono il funzionamento con un consumo di soli 10-15 litri di gasolio per ogni ora di lavoro”. Nel programma ideale di utilizzo del produttore sono ipotizzabili tre cicli di vita delle macchine: il primo da 2mila ore, il secondo da 600 ore e il terzo da 300 ore; ma ovviamente senza rigidità… “Il lifetime dipende sempre da quanto è intensivo l’impiego della macchina, che può variare da 100 a 250 ore al mese, per cui complessivamente in 4 anni, ad esempio, si può andare da 4mila a 12mila ore” puntualizza Nicholas Huthloff. La gamma produttiva, con la combinazione dei 12 moduli, vede al momento 6 macchine, modelli contrassegnati con una lettera dell’alfabeto crescente, da VRS-A fino a VRS-F, con 5 diverse lunghezze di telaio (6,5, 7, 7,5, 8 e 8,5 metri), per un totale complessivo di ben 60 varianti. A seconda del tipo variano alcuni parametri, come il contrappeso (fornito da So.me.fer. srl), da 8 a 25 tonnellate in sei diverse opzioni e la capacità: da 35/28/13 a 50/43/33 tonnellate (1°, 2° e 3° fila, rispettivamente). Robert Huthloff ribadisce quello che è un po’ il cruccio di tutti i costruttori, ovvero ridurre i costi. “Sul costo del lavoro non si può fare grande risparmio; il tempo di assemblaggio pesa dal 5% al 10% del costo finale, un risparmio del costo del lavoro del 20% è dunque irrisorio sul costo finale di produzione, da 1% al 2%. Per questo non capisco la logica di grandi aziende come Kalmar che hanno delocalizzato la produzione in Polonia costringendo loro ingegneri ad andare a Stettino tutte Nicholas Huthloff le settimane, creando in loro un moto di frustrazione e dunque una parziale demotivazione”. Anche il consumo di carburante e la manutenzione influenzano molto i cicli di vita delle macchine: “E noi possiamo incidere molto su queste variabili. Il segue a pag.29 www.ship2shore.it 29 Lunedì 7 Dicembre 2015 segue da pag.28 rabbocco del fuel costa tempo, ma abbiamo un serbatoio da 1.000 litri. Nella macchina venduta ad Amburgo che guida solo su brevi distanze, quindi accelera e decelera spesso, si risparmiano 50 litri di fuel in un turno, fino a 10-13 litri all’ora, il che corrisponde nel ciclo vita ad un risparmio di 50.000 euro. Inoltre siamo riusciti a passare da 2.100 a 1.800 rpm, dunque anche con una riduzione delle emissioni sonore, che sono un valore certificato di 68 decibel in cabina e di 71 decibel all’esterno. Possiamo farlo perché abbiamo un organo di trasmissione piccolo”. Per quanto riguarda l’energy box, l’ultima novità è che Gaussin è diventato partner per consegnare il power pack (e non solo). “Al momento, anche nella macchina appena approntata a Verona e che andrà prossimamente a Hericourt, il motore è un diesel, ma è già in progetto di sviluppare un motore ibrido diesel-elettrico e anche un full-electric power pack, sebbene non prima della fine dell’anno o più probabilmente a inizio 2016”. Nei successivi sviluppi già preventivati, Gaussin potrà sviluppare anche il quarto tipo a gas, che tuttavia rischia di scoraggiare, almeno inizialmente, l’utenza perché costa il 30% in più del modello ibrido. “Sono un fan dell’elettrico puro, che non è molto più caro del diesel, le batterie sono molto potenti” ammette Robert Huthloff. Infine sono mutevoli anche i pneumatici, che variano da 18-25 a 18-33, e possono ovviamente essere cambiati pure essi sulla stessa macchina. Ma perché una società tedesca, con 30 persone in organico, che non produce direttamente ma assembla componenti, ha scelto un paese non certo low cost come l’Italia per ubicare il suo sito? Ci sono anche delle ragioni sentimentali, oltre che di diversa convenienza, ammette Robert Hutloff. “Nel 1982 incontrai Giuseppe Ferrari di CVS e decidemmo di lavorare insieme. Ricordo ancora la prima macchina venduta in Italia nel 1987, era una reach stacker Hyco, marchio che rappresentavamo in un team affiatato composto anche da Elvio Simonetti, (che ha girato quasi tutti i produttori di reach stacker nella sua articolata carriera, nda), Larry Lam (poi fondatore di Portek, prematuramente scomparso), e l’australiano Alan Clark” rammenta Robert. “Poi nel 1983 diventai rappresentante di Battioni & Pagani il cui titolare parlava solo italiano; imparare la sua lingua era l’unico modo. E da allora seguo con affetto questo paese; da tanti anni vengo qua in Italia così ho maturato molta esperienza coi produttori tricolori; e sono convinto che una cooperazione italo-tedesca dia la miglior formula. Ho capito che gli italiani sono più flessibili e veloci dei tedeschi, perché in Germania siamo ossessionati da leggi e processi. Dunque ritornare qua è un mix di feeling sentimentale e di realismo pratico. E poi preferisco lavorare con aziende mediopiccole dove la proprietà è presente e puoi dialogare spesso”. Huthloff Sr. racconta di avere venduto circa 200 macchine nella sua lunga carriera. “E quasi tutte le macchine da noi vendute hanno portato in alto poi la nostra assistenza full service. Il costo di garanzia varia dallo 0,6% all’8% sul costo finale; si deve lavorare su questo. Noi lavoriamo solo coi fornitori che danno le migliori qualità e garanzie: assi Kessler, motori Volvo e Cummins, sistemi idraulici Bosch Rexroth, trasmissione di Dana Spicer, spreader Elme (anche se stiamo considerando di produrre il nostro spreader, che sarà più flessibile)” concludono Huthloff padre e figlio. Nello schema societario di Huthloff, FSH Flurfoerderfahrzeuge Service & Handels GmbH, società di proprietà con sede in Germania - dealer e distributori di vecchia data di marchi assai noti (CVS Ferrari, Sany, Gaussin, Trimoder, Zephir, RAM Spreaders; in passato anche Terex e partner di MAFO Maschinenhandel Forst Rober H. Huthloff GmbH) - è general dealer e service company per CES Italy, sister company di CES Container Handling Equipment & Solutions GmbH (sede a Langenfeld, Colonia, costituita nel 2004), controllata al 100%. Come dealer per la Francia e per i paesi di lingua francese agisce Gaussin, Robert Huthloff che proprio nelle scorse settimane ha ingaggiato quale nuovo general manager Jean-Luc Dejean, col preciso compito di sgravare di una parte dei suoi troppo numerosi impegni il titolare Christophe Gaussin. Il dirigente originario di Colmar in Alsazia, arruolato dopo una trattativa lampo di assunzione, ha esperienze pregresse nel settore dell’industria meccanica e della componentistica auto, presso nomi quali Alcatel, dove ha lavorato 11 anni. Dealer per il Belgio è la D-Cargo BVBA di Jan Wacker (che distribuisce anche i prodotti Gaussin), mentre per gli altri paesi, come l’Italia – dove la Movincar di Torino al momento non ancora ha siglato nessun accordo di partenariato – la caccia per nuovi dealers è aperta. Angelo Scorza www.ship2shore.it 30 TRADING Il metanolo secondo Bonetti L’AD di Metachem (e di Carmagnani) illustra pregi e possibili impieghi della commodity, a cominciare da quello come carburante marino ‘green’ al posto (o al fianco) dell’LNG Genova - “Metanolo come risorse energetica, metanolo e questioni climatiche, metanolo come marine fuel nel rispetto delle regolamentazioni IMO, e moltissimi altri interventi su ulteriori applicazioni”. Giorgio Bonetti, Amministratore Delegato (insieme al presidente Secondo Triboldi) di Metachem, è convinto che per il metanolo – commodity chimica prodotta principalmente dal gas naturale o dal carbone, sulla quale verte l’attività della società - “il meglio debba ancora arrivare”. A sostegno del suo punto di vista, il manager (che è anche AD di Attilio Carmagnani AC Spa, insieme ad Emilio Carmagnani) cita i titoli delle diverse sessioni in cui è articolato il ‘2015 Methanol Technology and Policy Congress’, convegno organizzato da MMSA in corso proprio in questi giorni a Francoforte, che mira a fare il punto sullo stato del settore analizzando le prospettive per le diverse, numerosissime, applicazioni finali del metanolo. Secondo la stessa MMSA (Methanol Market Services Asia) il giro d’affari generato a livello globale dal metanolo sarà pari quest’anno a 24 miliardi di dollari (contro i 16 del 2010) e toccherà i 38-40 nel 2020, grazie anche alla crescente domanda generata dalla Cina, dove si sta affermando come alternativa ai normali carburanti per autoveicoli. Ma – ammette ancora MMSA – in Occidente il suo utilizzo è permeato da un “certo mistero”. Tra le prospettive interessanti – sottolinea Bonetti - c’è il suo possibile utilizzo come combustibile marino (già sperimentato da Stena Line, v.box), date le emissioni nell’ambiente comparabili a quelle Giorgio Bonetti dell’LNG, a fronte di investimenti più bassi per le conversioni delle navi. Dall’altro lato, a rendere ancora più accattivante il suo impiego, c’è il fatto che – oltre che da gas naturale e carbone – il metanolo possa essere ricavato da prodotti come biomasse e addirittura dalle stesse emissioni di CO2. Questo è dunque lo scenario su cui si muove oggi la Metachem (che, a parte qualche fornitura occasionale di urea, centra appunto tutta la sua attività, sin dalla nascita, sulla commercializzazione di questa commodity, gestendone anche le fasi di stoccaggio, logistica e trasporto verso i destinatari finali). “La società nacque negli anni ’70 da una mia iniziativa in Libia” ricorda Bonetti, che intravide le opportunità di ‘aprire la strada’ all’importazione in Italia del metanolo prodotto nel Paese maghrebino dai due impianti gemelli di Marsa El Brega. Dopo alcuni avvicendamenti nella proprietà, la società nel 1986 (ancora sotto il nome di Chempetrol) aveva come socio di maggioranza (al 75%) NOC (National Oil Company, cioè la compagnia petrolifera di Stato libica), affiancata da AC con il restante 25%. La quota libica venne rilevata nel 1993 dalla DECAL di Triboldi, ma nonostante questo passaggio le cose continuarono a filare lisce nel Paese per Metachem. Sotto il regime di Gheddafi, ricorda Bonetti Lunedì 7 Dicembre 2015 con una punta di nostalgia, la società visse un periodo di grande prosperità: “Oltre alla leadership nel mercato italiano, dove ora abbiamo una fetta del 40%, in quel periodo ‘imperversavamo’ anche in altre aree del Mediterraneo. Ad esempio in Grecia, dove garantivamo il 98% del fabbisogno di metanolo del Paese”. Il crollo del regime del ‘Colonnello’ ha però cambiato le carte in tavola. La discontinuità nei flussi di forniture da parte degli impianti libici, venutasi a creare con la guerra civile, ha portato la Metachem a guardare altrove. “Da un paio d’anni ci riforniamo principalmente in Iran, appoggiandoci alla Chimitrade (società guidata da Flavio Basso e da Paolo Bonetti, figlio dello stesso Giorgio, ndr), che opera come distributore dell’iraniana PCC (Petrochemical Commercial Co.) e che, avendo già un contratto in essere con questa da prima del gennaio 2012, non è stata toccata dalle sanzioni UE contro le aziende che facevano affari nel Paese”. Altro mercato di approvigionamento è in questo momento l’Algeria, seppur per forniture decisamente più contenute, mentre per quanto riguarda la destinazione del prodotto, il focus è ovviamente sull’Italia, e a volte Slovenia e Svizzera. “I nostri clienti sono principalmente di due tipi: da un lato aziende del settore edile e dell’arredamento, che impiegano il metanolo per la produzione di formaldeide, e cioè in ultima battuta per realizzare pavimentazioni o mobili, in particolare da ufficio o per le cucine. Dall’altro lato, chi lo utilizza per la produzione di MTBE, e cioè raffinerie che lo aggiungono alle benzine”. Un ulteriore impiego è quello per l’industria famaceutica, ma i volumi sono decisamente inferiori dato che per molti clienti il fabbisogno “si limita a 2/3 autobotti al mese”. Dal punto di vista geografico, se si escludono le raffinerie, servite attraverso i porti di Sarroch (Saras) e Priolo e Milazzo, la cientela è dislocata principalmente nel Nord Italia, e di conseguenza anche i punti di approdo delle navi di cui si serve Metachem, con alcuni recenti e significativi cambiamenti. “Alcune aziende piemontesi e lombarde che rifornivamo hanno fermato le attività, quindi è dal 2014 che non facciamo arrivare navi a Genova. Non arriviamo nemmeno a Trieste, dove non disponiamo più di capacità di stoccaggio; il nostro fornitore ha preferito, abbastanza repentinamente, allocarla alla Methanex, gruppo canadese che è il principale produttore mondiale. Oggi ‘arriviamo’ e ‘stocchiamo’ a Livorno, a Marghera (nei depositi di DECAL) e Ravenna, scalo in cui ci appoggiamo a PIR. Tutti ‘approdi sicuri’, dati i rapporti di stretta collaborazione che abbiamo con tutti loro”. Con il gruppo di Ottolenghi questi rapporti dovrebbero poi consolidarsi ulteriormente quando dovesse concludersi la ‘storia infinita’ del trasferimento dei depositi di Carmagnani e Superba, dato che le due società prevedono per quella data di costituire, insieme, una società ad hoc. Tornando alla catena logistica di Metcahem, questa – ammette il suo Amministratore Delegato con rammarico – è quasi interamente gestita attraverso autobotti; solo la fornitura verso uno specifico cliente è servita tramite bettoline fluviali sul Po, via Mantova, mentre allo stato attuale non risulta conveniente utilizzare la ferrovia. Guardando invece ai volumi movimentati, negli tre ultimi anni questi sono stabili intorno alle 70/80.000 tonnellate/anno (nel 2010, cioè appena prima della caduta di Gheddafi, avevano raggiunto le 179.000 tonnellate), mentre il fatturato (che nel 2010 era stato pari a circa 41,6 milioni di euro) si è assestato lo scorso anno su circa 28,8 milioni. Sostanzialmente in linea, dunque, con quello previsto per il 2015, dato che a fine novembre i conti di Metachem avevano registrato un giro d’affari di 20 milioni. Francesca Marchesi www.ship2shore.it 31 REGISTRI Methanol as marine fuel, Waterfront Shipping (Methanex) e Stena Line in prima linea Prima al mondo a utilizzare il metanolo come combustibile marino su una propria nave, Stena Line è stata tra i protagonisti del MTPC di Francoforte, dove il suo direttore tecnico Per Stefenson ha tenuto un intervento dal titolo “Methanol as Marine Fuel” nel corso della quinta sessione del convegno. La compagnia svedese, vale la pena ricordare, lo scorso marzo ha rimesso in acqua – dopo un processo di riconversione durato un paio di mesi, svoltosi presso il cantiere Remontova di Gdansk - il ferry Stena Germanica, trasformato in una unità dual feul (dove il carburante principale è appunto il metanolo, affiancato, con funzione di back up, dal classico Marine Gas Oil). Secondo il CEO di Stena Line CarlJohan Hagman, le emissioni prodotte dal metanolo come combustibile marino sono “all’incirca le stesse dell’LNG, ma più facili da processare” e in aggiunta richiedono minori investimenti infrastrutturale. Rispetto ai combustibili standard, le emissioni zolfo (SOx) risultano ridotte del 99% circa, quelle di nitrogeno del 60%, quelle di PM del 95% e quelle di CO2 del 25%. Il progetto, Lunedì 7 Dicembre 2015 supportato dai fondi dell’iniziativa UE Motorways of the Seas, è costato complessivamente 22 milioni di euro ed è stato realizzato in collaborazione con Wartsila. Stena Line sarà presto però ‘superata a destra’ da Waterfront Shipping, compagnia interamente controllata da Methanex, il primo produttore al mondo di metanolo, con sede a Vancouver, in Canada. “Ne vendiamo 8,5 milioni di tonnellate all’anno” ha affermato il presidente di WFS, Jone Hognestad “perciò è stato naturale analizzare le possibilità di realizzare delle navi alimentate a metanolo”. La compagnia nel 2013 ha quindi firmato, in partership con Mitsui O.S.K Lines, WestfalLarsen Co A/S e la compagnia svedese Marinvest un accordo per la costruzione di 7 navi da 50.000 dwt “ad alimentazione flessibile” (metanolo, fuel oil, marine diesel oil, gas oil), che saranno realizzate da Hyundai Mipo Dockyard e da Minaminippon Shipbuilding. Le 7 unità, la cui consegna è prevista nel corso del 2016, saranno dotate di un motore MAN ME-LGI a due tempi ‘flessibile’. “Uno dei maggiori vantaggi del metanolo – ha aggiunto Hognestad – è che si trova già in forma liquida e quindi non necessita di quegli ‘aggiustamenti’ dal punto di vista della temperatura o della pressione di cui invece ha bisogno l’LNG”. F.M. Un giorno al Museo per gli armatori di BV (che si allea con Gas & Heat) Il XXV Comitato Italiano del registro navale francese si è tenuto nelle sale del Museo Filangieri a Napoli aperto eccezionalmente in anteprima In coerenza a una bella consuetudine che lo vede dare sempre il suo contributo alla conoscenza e sostenibilità dell’immenso patrimonio artistico della città partenopea, anche quest’anno Bureau Veritas ha nuovamente voluto tenere la sua tradizionale riunione di fine novembre in un palazzo storico di Napoli. Così, persino precedendo l’apertura ufficiale del museo al pubblico il 5 dicembre, dopo ben 16 anni di chiusura, il XXV Comitato Italiano del registro navale francese si è tenuto nelle sale del Museo Filangieri di Via Duomo, presieduto dal Prof. Antonio Sorrentino che ha brevemente ricordato la storia della famiglia Filangieri e del quattrocentesco palazzo rivelando le origini francesi di detta famiglia e simpaticamente intrecciando le origini della stessa con quelle della multinazionale BV. I risultati tecnico-economico-finanziari che registra la prima flotta mondiale classificata in numero di navi (11.300 unità) e la quinta per tonnellaggio (109 milioni di tonnellate) con un’età media di soli 13 anni e un fatturato nei primi 9 mesi del 2015 di 3,5 miliardi di euro (+14% rispetto allo stesso periodo del 2014), sono stati presentati da Didier Boutier, Senior Vice President a capo del Sud Europa Africa e Medio Oriente della Marine & Offshore Division, e dal Country Executive Vittorio Damonte, il quale ha rimarcato la ormai consolidata posizione di Bureau Veritas Italia che classifica il 20% del tonnellaggio tricolore e la quarta flotta mondiale dopo Cina, Grecia e Giappone, se espressa in termini di genuine link. I partecipanti hanno ascoltato le previsioni di Enrico Paglia (banchero costa) per i settori dry, oil, container coi trend di crescita della flotta, rate di demolizioni e trend politici/ economici/industriali. Si sono infine succedute diverse presentazioni tecniche su LNG propulsion, sulla compliance alle normative ambientali (nuovo MRV, Tier III e BWM, la cui adozione a seguito della firma dell’Indonesia è stata annunciata ai partecipanti proprio durante il comitato) e dei numerosi servizi che BV può offrire agli armatori per rispettare in maniera adeguata le numerose scadenze dei mesi a venire. Particolarmente interessanti le presentazioni di Antonio De Feo, Business Development Manager di Bureau Veritas, e di Mauro Evangelisti, presidente di Gas & Heat di Livorno, leader mondiale nella costruzione di sistemi di contenimento per liquified gas e recipienti a pressione. Il primo ha illustrato come sia le infrastrutture che le tecnologie siano ben sviluppate per assistere gli armatori nella costruzione o conversione di navi a propulsione a gas e ha brevemente presentato i progetti già completati sotto sorveglianza BV. L’imprenditore marittimo toscano ha anticipato i progetti futuri di Gas & Heat che includono una stazione di stoccaggio LNG in Sardegna. De Feo ed Evangelisti hanno annunciato una partnership BV- Gas & Heat per la costruzione di un test bench scala 1:1 per la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e materiali legati alla propulsione a gas e per l’istituzione di un training centre per la formazione del personale in vista dello sviluppo dei nuovi STCW requirements a seguito della recente adozione dell’IGF Code. www.ship2shore.it 32 DAL MERCATO C’è tanto ‘blue’ nelle prime 500 aziende liguri I dati della ricerca La Repubblica-PwC confermano il ruolo di primo piano dell’economia marittima, in una regione costiera che tuttavia soffre di cronica carenza di infrastrutture Genova – La Blue Economy – l’economia legata a tutte le attività marittime: armamento, porti, cantieristica, nautica e pesca – gioca un ruolo determinante per il PIL della Regione Liguria e per la tenuta del suo sistema industriale. Una verità ben nota, che ora viene ulteriormente confermata e certificata esperti di PwC: si va dai 4,8 miliardi di Erg, numero 1 in classifica, ai 9,2 milioni di euro di Inganunia, che chiude il ranking al 500° posto. In mezzo una galassia di società, il 70% in qualche modo ancora legate ad un singolo nucleo familiare, il cui fatturato aggregato lo scorso anno è stato pari a 47,8 miliardi (-2,34% sul dallo studio Top 500, commissionato a Price Waterhouse Coopers (PwC) dall’edizione genovese di Repubblica, e presentata con un evento dedicato presso il Palazzo della Borsa. L’analisi mette in fila, per valore dei ricavi relativi all’anno 2014, le prime 500 aziende liguri su circa 18.000 Spa (attualmente attive) prese in considerazione dagli 2013) mentre l’EBITDA ha raggiunto 3,7 miliardi (+2,86%). Come detto il peso dello shipping è certamente rilevante, non fosse altro per la presenza di due primarie aziende genovesi del settore nella top 10: Costa Crociere al 2° posto, con fatturato di 3,2 miliardi (in crescita rispetto a 3,1 miliardi nel 2013) e utile netto di 444 milioni di euro (balzo enorme rispetto ai 195 milioni dell’anno precedente), e del gruppo Cosulich (Cosulich International Srl) che ha chiuso il 2014 con 1,1 miliardi di fatturato e 6,1 milioni di euro di utile netto. Nella ricerca – in cui, precisano gli analisti di PwC, va considerato l’elevato livello di fatturato, non sempre significativo, delle società che svolgono trading di commodities – le top 500 vengono suddivise in 4 diversi cluster, a partire proprio dalla Blue Economy che svetta per buoni risultati, partendo anche da una precedente situazione di difficoltà e contando soprattutto sul contributo del comparto crocieristico: il fatturato aggregato di questa categoria è cresciuto del 3,3% su base annua, mentre l’EBITDA ha fatto segnare un +25%, indice appunto di una drastica riduzione delle perdite rispetto ai difficili anni precedenti. L’Oil & Energy, con -6,92% di fatturato e -14,9% di EBITDA, soffre per cause congiunturali, mentre tengono bene sia il Food (+1,73% il fatturato e +14% l’EBITDA) che l’Healthcare & Farma (-0,33% il fatturato e +2,76%). I risultati della ricerca sono stati quindi analizzati in una tavola rotonda animata da alcuni dei protagonisti dell’economia ligure: presenti Carlo Castellano, Presidente Dixet e Presidente Onorario di Esaote, il Presidente di Duferco Antonio Gozzi, l’Amministratore delegato di ERG Giovanni Mondini, il Presidente del RINA Lunedì 7 Dicembre 2015 Ugo Salerno e Giuseppe Zampini, CEO di Ansaldo Energia nonché Presidente di Confindustria Genova. Tutti i panelist hanno concordato nel rilevare la buona tenuta del sistema economico ligure, che certo ha sofferto della crisi ma che ha messo in atto politiche difensive con l’obbiettivo di poter poi ripartire con un miglioramento della situazione generale. Ora il momento è arrivato, ma la condizione fondamentale per tornare a crescere è lo sblocco delle infrastrutture. Su questo tema conclude, riassumendo il senso dell’evento, proprio Zampini, che ha chiesto (retoricamente) alla platea e ai rappresentanti istituzionali presenti in sala: “Le aziende sono state molto brave e hanno mantenuto la barra dritta nonostante i tumulti della crisi. Ma ora la politica sta facendo davvero tutto il possibile per metterci nelle condizioni di ripartire? Le occasioni ci sono, ma la crescita viene massa a rischio dalla mancanza di visione e dalla cronica carenza di infrastrutture adeguate, su cui per il momento stentiamo a vedere un reale cambio di passo”. Francesco Bottino www.ship2shore.it 33 ASSOCIAZIONI Non solo ingegneri, ma certificati e aggiornati professionalmente L’AIPAM Associazione Ingegneri Periti di Avaria Marittime continua nel suo percorso virtuoso per avere associati sempre più qualificati anche senza la laurea ‘giusta’. Concluso in maniera trionfale il biennio di Reggio alla presidenza italiana di FEMAS Federation of European Maritime Associations of Surveyors and Consultants Genova – È sempre più un must il tradizionale appuntamento di inizio dicembre con cui l’AIPAM, Associazione Ingegneri Periti di Avaria Marittime, ha inaugurato la nutrita serie di party natalizi dello shipping. Nella ormai consueta cornice delle Cisterne del Palazzo Ducale genovese, l’evento postAssemblea Generale ha visto partecipare circa 130 invitati divisi fra assicuratori h&m, p&i, legali, brokers, armatori, cantieri, liquidatori, rappresentanti di registri di classifica e, ovviamente, soci AIPAM. E se lo scorso anno l’incontro sotto l’albero era stata l’occasione per annunciare l’epocale cambio di statuto dell’associazione, in virtù del quale ora possono diventare soci anche professionisti attivi nell’ambito delle perizie ed avarie marittime che abbiamo maturato adeguate competenze, seppure sprovvisti di una laurea in ingegneria (requisito fino al 2014 imprescindibile), quest’anno Babbo Natale ha portato ai periti marittimi italiani altre buone notizie. “Nel corso dell’anno appena trascorso l’Associazione ha radicalmente cambiato il proprio Statuto, aprendo l’ingresso anche Alessio Gnecco a non ingegneri, ma contemporaneamente instaurando un metodo di valutazione per l’ingresso e per il mantenimento della qualifica di socio basato sull’effettiva attività professionale nell’ambito delle avarie marittime e su uno sforzo di aggiornamento professionale continuato” precisa Alessio Gnecco, presidente associativo in carica per il triennio 20132016. “Nella stessa scia, stiamo facendo una azione di lobbying per ottenere, da parte dell’Ordine degli Ingegneri, la disponibilità di corsi di aggiornamento professionali che siano attinenti alla nostra professione. Contemporaneamente, stiamo dando un apporto per l’avviamento del programma Cert’Ing volto alla creazione di una certificazione della professionalità specifica degli ingegneri liberi professionisti iscritti all’Ordine. Queste cose, per necessità basate sul solo ambito provinciale, stanno però costituendo una traccia di lavoro anche in campo nazionale”. Fervida, come sempre, l’attività internazionale, che avrà un importante episodio questa settimana: il 9 e 10 dicembre, nel corso della conferenza internazionale su ‘Education & Professional Development of Engineers in the Maritime Industry’, organizzata a Londra dalla RINA Royal Institution of Naval Architects, un trittico formato da Università di Genova, ATENA ed AIPAM presenteranno una relazione congiunta dal titolo ‘Italian Maritime Cluster and Genoa University: a Collaborative Partnership for the Education’, che descriverà l’ormai Lunedì 7 Dicembre 2015 ventennale esperienza che vede l’industria marittima collaborare con l’Università di Genova nell’effettuazione di seminari rivolti agli studenti dell’ultimo anno di corso di laurea. Durante il suo brevissimo speech alla ‘nazionale peritale tricolore’ - ma c’erano anche ospiti provenienti da Regno Unito e Grecia - Gnecco ha chiamato in causa, convocandolo sul proscenio, il collega Nicolò Reggio, che da due anni guida con perizia (è proprio il caso di dirlo…) FEMAS Federation of European Maritime Associations of Surveyors and Consultants, l’organizzazione europea che raggruppa tutte le associazioni omologhe ad AIPAM. Giunto a conclusione del suo biennio di turno di presidenza (a rotazione) in occasione dell’Annual General Meeting Nicolò Reggio del 5 novembre scorso a Rotterdam, quando ha passato le consegne al collega Olandese Henk Arntz, Reggio ha tracciato un bilancio del suo mandato di 24 mesi. “Nei due anni sotto la mia presidenza ho portato a modificare lo statuto della federazione al fine di aggiornarlo e di concedere l’affiliazione ad ‘isolated members’ secondo specifici criteri mirati all’allargamento della compagine” ha esordito il perito genovese il quale, come previsto dallo statuto di FEMAS, resterà membro dell’Executive Council per i prossimi 2 anni quale Immediate Past President, anche per dare un senso di continuità alle iniziative intraprese. “Oggi FEMAS comprende 8 associazioni nazionali, con la nona in arrivo dal gennaio 2016, per un totale di oltre 400 periti e consulenti. Nel corso della mia presidenza ho stabilito relazioni permanenti con: ECSA European Community Shipowners’ Association, MAIIF Maritime Authorities International Investigation Forum, EEEI European Expertise & Expert Institute, CMI Comité Maritime Internationale. Inoltre ho fatto visita ad associazioni nazionali e partecipato a loro eventi. Nel biennio trascorso, FEMAS ha quasi triplicato gli utili e il supporto di AIPAM (in particolare di Alessio Gnecco, Presidente) é stato forte ed importante sotto gli aspetti partecipativi, divulgativi e della comunicazione. Insomma, credo che noi italici abbiamo dato una bella immagine della nostre capacità e della nostra determinazione nell’assolvere al meglio l’incarico” ha chiosato, molto soddisfatto, Reggio, senza celare con orgoglio un piccolo aneddoto che ne esalta la ‘prestazione’ svolta. “In occasione dell’ultimo meeting a Rotterdam, un’associazione Francese ha esplicitamente chiesto se potessi essere confermato alla presidenza di FEMAS: mi ha fatto molto piacere, ma lo statuto non lo permette…” A.S. www.ship2shore.it 34 L’ANGOLO FISCALE IMU anche su posti barca e pontili Lo Studio CTS fornisce chiarimenti anche sull’imposizione sostitutiva per le imposte sui redditi nel caso del noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto Una recente pronuncia della Commissione tributaria regionale di Firenze (n. 1461/13/15 dell’8 settembre scorso) riapre il dibattito circa le condizioni d’impiego dei posti barca e pontili galleggianti, quali spazi antistanti le aree demaniali portuali avuti in concessione. Pur trattandosi di spazi creati sopra specchi d’acqua, che già il dato lessicale suggerirebbe essere beni mobili e, quindi, diversi da terreni e fabbricati, sono tuttavia suscettibili di autonomo accatastamento e, dunque, imponibili ai fini delle imposte locali, ICI (ora IMU) e TASI al pari di terreni e fabbricati. Nel caso esaminato un club navale concessionario di area demaniale adibiva degli specchi d’acqua a posto barca e pontili galleggianti dati poi ai propri soci armatori per l’ormeggio delle loro imbarcazioni, omettendone però l’accatastamento e ricevendo in seguito avvisi di accertamento da parte del locale Comune per il recupero degli omessi tributi locali supportato dall’Agenzia del Territorio. I giudici fiorentini hanno accolto la posizione dell’ente pubblico. La vicenda offre lo spunto per evidenziare che la legge considera gli specchi d’acqua, anche virtuali, adibiti a posto barca e pontili galleggianti come accatastabili al pari delle unità immobiliari, presentando quella che il DM 28/1998 art. 2 definisce come “potenzialità di autonomia funzionale e reddituale”. Successive circolari dell’Agenzia del Territorio hanno poi previsto l’obbligo di accatastamento Lunedì 7 Dicembre 2015 terzi per l’esercizio individuale dello sport, ad esempio, affitto di campi da tennis, gestione di piscine con ingressi a pagamento, affitto di campi da calcio a singoli o gruppi. L’evento sportivo a scopo ricreativo o agonistico deve essere svolto all’interno nell’immobile per il quale è richiesta l’esenzione. Di contro, l’ormeggio delle imbarcazioni all’interno dello specchio d’acqua in concessione insieme alla fornitura di servizi connessi, quali erogazione di acqua corrente ed elettricità alle imbarcazioni, restano fuori dall’ambito di applicazione dell’agevolazione tributaria, dimostrando per il loro impiego un’autonomia reddituale da assoggettare a imposizione. Dott. Stefano Quaglia Avv. Elio Sbisá Studio CTS Bolla Quaglia & Associati Noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto alla prova dell’imposta sostitutiva nella categoria D/8 con assoggettamento ad ICI (ora IMU) in capo al soggetto concessionario in base all’art. 18 comma 3 L. n. 388/2000. Altra ‘doccia fredda’ per il ricorrente è stato aver invocato senza successo il beneficio dell’esenzione dal tributo locale previsto in caso di esercizio di attività sportiva (art. 7 D.lgs. n. 504/92). Il beneficio è stato disconosciuto per riscontrata mancanza in capo al ricorrente dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti. Infatti, al riguardo la norma indicata riconosce l’esenzione dall’ICI solo in presenza di soggetto che sia ente non commerciale secondo le disposizioni del TUIR e quando i beni immobili siano utilizzati esclusivamente dallo stesso soggetto per svolgere attività sportive, tassativamente indicate tra le discipline riconosciute dal CONI e svolte da associazioni sportive senza scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti. Ma non basta. Come spesso accade in presenza di agevolazioni fiscali, le maglie di legge si rivelano particolarmente stringenti. L’attività sportiva agonistica deve essere svolta direttamente ed effettivamente dal beneficiario, nella forma di partite di campionato, organizzazione di corsi e tornei e non mediata. Non qualifica, quindi, ai fini dell’esenzione che l’immobile sia messo a disposizione di Si ricorda ai titolari o utilizzatori di imbarcazioni e navi da diporto la possibilità di beneficiare di un’imposizione sostitutiva per le imposte sui redditi e le relative addizionali nella misura del 20%, quando ritraggano proventi dall’attività di noleggio a terzi delle loro imbarcazioni ed unità da diporto esercitata in via occasionale. Il regime indicato è stato previsto dal D.L. n. 1/2012 ed è rivolto in particolar modo alle persone fisiche o alle società diverse da quelle che abbiano come oggetto sociale il noleggio o la locazione anche finanziaria, di imbarcazioni e navi da diporto. Al riguardo, occorre aver effettuato comunicazione preventiva di “effettuazione del noleggio in forma occasionale”, oltre che all’Agenzia delle Entrate anche alla Capitaneria di porto competente per territorio. Inoltre, quando si originano anche prestazioni di lavoro accessorio, la comunicazione va inoltrata anche all’INPS e all’INAIL. Occorre poi prestare attenzione alla durata complessiva del noleggio, affinché la durata complessiva dei contratti rimanga inferiore ai 42 giorni. Infatti, oltre tale periodo l’attività di noleggio viene a configurare come uso commerciale dell’unità, perdendosi il beneficio della tassazione sostitutiva indicata. È anche importante rilevare che la scelta di tale regime comporta in ogni caso l’esclusione della detraibilità o deducibilità dei costi e delle spese sostenute nell’attività di noleggio. Una copia del contratto e della comunicazione inviata all’Agenzia devono restare a bordo dell’imbarcazione in caso di controllo da parte delle autorità. Le somme dovute vanno versate entro il termine per il pagamento del saldo IRPEF con normale modello F24 (codice tributo 1847). www.ship2shore.it 35 PROJECT CARGO Lunedì 7 Dicembre 2015 Animp lancia corsi di educazione al trasporto eccezionale L’associazione nazionale di impiantistica industriale punta a sensibilizzare i suoi committenti di consegne mandando a scuola i propri manager Tempi per i permessi di trasporto che si dilatano, come si registra ad Abu Dhabi ad esempio; popolazioni locali che si oppongono al transito di determinati items sul territorio in cui risiedono, è successo negli Usa come nel Far East; condizioni metereologiche che scombussolano tempi e modi di spedizione. E ancora: normative in evoluzione che mutano in corso d’opera o accorgimenti tecnici al manufatto da spedire che division operation manager di ISS Palumbo), Emanuela Ventre (operation manager di Aprile), Alessandro Crocitto (general manager di Deugro), Luca Mazzucchelli (transportation & chartering subcontracting manager di Saipem) e Raffaele Lodati (global categorymanager logistics di Tenova). Sempre più centrale per la riuscita delle commesse nel cui ambito viene predisposto, il trasporto – è emerso dal costringono a riprogrammare le modalità di trasporto. Sono tutti casi concreti quelli illustrati da Animp, l’associazione nazionale di impiantistica industriale che – sotto la regia del nuovo presidente Claudio Andrea Gemme e di Massimo Zambon e Maria Teresa Berini, rispettivamente presidente e componente del comitato direttivo della sezione LTS (Logistica-TrasportiSpedizioni) – ha ospitato, nel nono convegno dedicato dal titolo “Logistica… Quo Vadis?” una tavola rotonda con Nadia Baroni (logistic regional leader di Tecnimont), Antonella Roselli (project confronto e dai casi concreti portati dai partecipanti alla tavola rotonda – rappresenta sempre più un’incognita in termini di costi; o meglio, è sempre più soggetto a situazioni che sfuggono alle previsioni e alle clausole contrattuali e che innescano di conseguenza veri e propri dilemmi legali su chi debba sopportare i costi dell’imprevisto e del connesso ritardo, rispetto ai quali è palpabile una crescente insofferenza degli operatori della logistica. Seppur non detto esplicitamente, dalla tavola rotonda è emerso piuttosto nitidamente il fatto che l’idea che il trasporto sia qualcosa di scontato – mentre così non è – è ancora troppo diffusa tra chi del trasporto è committente ma non esecutore. Saipem - come testimoniato da Daslav Brkic - punta a una revisione della sua intera supply chain nonché delle formule contrattuali utilizzate (verranno razionalizzati gli asset, la società si dedicherà un po’ più all’engineering e un po’ meno alla costruzione, attraverso il progamma ‘Fit for future’ si punta a conseguire risparmi per oltre 1 miliardo di euro sui costi), ma non fa mistero di ritenere impossibile un miglioramento delle performance nella misura attesa da chi commissiona un trasporto se non coinvolgendo proprio quel committente, così da migliorare il grado di coincidenza tra l’item che si progetta e realizza e la trasportabilità di quello stesso item fino al punto e per l’uso per il quale è pensato. Proprio in funzione di questo maggior coinvolgimento, per creare le condizioni di una domanda e di un’offerta più accorte e adeguate in tema di trasporti e logistica, Animp lancia dal prossimo gennaio una serie di corsi (a pagamento) a Milano, basati sull’apprendimento da esperienze come quelle affiorate alla tavola rotonda. Si inizia il 20 gennaio col workshop ‘Criticità nella gestione di un progetto, superamento e lesson learned’ (docenti Ugo Forghieri di Animp e Giordano Gariboldi, project control manager di EPD – SIIRTEC NIGI) e si prosegue il 28 del mese con ‘L’analisi dei rischi nella costruzione’ (docente Giuseppe Mancuso, responsabile del dipartimento di Contract Administration di Technip Italy). Dureranno invece tre giornate il corso ‘Proposal management per fornitori di Massimo Zambon componenti di impiantistica industriale’ (17-19 febbraio) e ‘Corso professionale sul project management secondo la metodologia Ipma’ (25-27 febbraio e 10-12 marzo). Il primo corso avrà come docenti Gesuino Vaccani (director of sales & custode service di Flowserve), Guido Maglionico (Animp), Ettore Maria Magnani (executive vice president della business unit onshore di Saipem) e Michele Pantaleoene (senior vice president tendering engineering & construction di Saipem), il secondo Ugo Forghieri, Roberto Mori (director special projects di Tenova), Giovanni Pisano (consulente di project management) e Paolo Sanvito (esperto di contract management in Saipem). Altri corsi si terranno in tutti gli altri mesi del 2016. Carlo Sala www.ship2shore.it 36 LOGISTICA Filotto di locazioni tricolori per gli immobiliaristi pan-europei P3 Logistic Parks impiega 80.000 mq di locali ad uso logistico in Italia Il P3 Castel San Giovanni, coi magazzini di Rajapack e di You Log Negli ultimi quattro mesi, PointPark Properties P3 Logistic Parks ha ceduto in locazione in Italia oltre 80.000 mq di magazzini, di cui la maggior parte (68.000 mq) fa capo ad Agorà Network. L’azienda pan-europea, proprietà di TPG Real Estate e Ivanhoé Cambridge, specializzata nell’acquisizione, sviluppo e gestione di immobili ad uso logistico in tutta Europa, ha notevolmente ampliato la propria presenza sul mercato logistico tricolore a partire da luglio 2014, quando ha aggiunto 5 capannoni prime all’immobile P3 Sala Bolognese nell’hinterland milanese già in portfolio. I nuovi immobili, la cui superficie complessiva supera i 200.000 mq, sono stati acquistati in operazioni distinte dal fondo Logistics gestito da AEW Europe e da CD Group, a proprietà familiare. I suoi clienti italiani comprendono Deufol, Difarco, Agorà Network, Geodis, Rajapack, Moncler, You Log e SDA. “Con le ultime locazioni il portfolio italiano, che comprende 6 immobili in 5 siti per un’area complessiva affittabile di 230.000 mq, è ora interamente occupato” commenta Jean-Luc Saporito, Amministratore Delegato P3 in Italia, il quale vanta 17 anni di esperienza per conto di Amazon, Prologis, HewlettPackard, Procter&Gamble. “Siamo alla ricerca di nuove opportunità per accrescere la presenza, acquistando sia terreni adatti al built-to-suit che immobili a uso logistico esistenti già locati.” Il più grande degli ultimi locali concessi in locazione si trova a P3 Brignano, ad est di Milano, dove Agorà Network ha siglato un contratto per la locazione di un edificio di 68.000 mq precedentemente occupato da Kuehne & Nagel. L’immobile, nella zona di Brignano Gera d’Adda, offre eccellenti collegamenti tramite la nuova autostrada A35 BreBeMi (Brescia - Bergamo Milano). Precedentemente subaffittuaria del Gruppo FBH nell’edificio P3 Castel San Lunedì 7 Dicembre 2015 Giovanni, Rajapack (parte di The Raja Group, fornitore di imballaggi leader in Europa) è subentrata nel contratto di locazione per 6.700 mq. P3 si occuperà di sviluppare altri 360 mq di uffici poiché la stessa desiderava restare nella zona logistica organizzata di Castel San Giovanni, vicina ai clienti e alla rete autostradale nazionale. Al P3 Castel San Giovanni, You Log - che fornisce servizi logistici e di trasporto ad un’ampia gamma di clienti, tra cui il Gruppo GLS - ha siglato un contratto di locazione per uno spazio di 6.200 mq. La crescita di P3 sul mercato italiano fa parte del più ampio piano di sviluppo perseguito dalla società negli ultimi 18 mesi, che l’ha vista diventare una delle maggiori immobiliariste logistiche in Europa. Oggi la società possiede 3 milioni di mq (in forte crescita rispetto ai 1.79 milioni ad agosto 2014) con 145 magazzini in 56 parchi logistici in 9 paesi: Repubblica Ceca (15), Francia (15), Germania (9), Italia (5), Olanda (4), Polonia (4), Romania (1), Slovacchia (2) e Spagna (4). P3 è inoltre proprietaria di terreni idonei allo sviluppo di altri 1.3 milioni di mq di immobili logistici. La storia aziendale data al 2001 allorquando Pinnacle, società di sviluppo internazionale, si stabilisce a Praga, Repubblica Ceca, e inizia ad acquisire terreni edificabili in Europa centrale e orientale. Nel 2007 Merrill Lynch acquisisce le quote di controllo di Pinnacle e nel 2008 le attività di sviluppo di magazzini e di gestione delle proprietà di Pinnacle vengono acquisite da Arcapita Industrial Management, Jean-Luc Saporito azienda di gestione degli investimenti in magazzini logistici, controllata da Arcapita Bank B.S.C.; un anno dopo l’integrazione nel nuovo gruppo societario è completata e la società viene rinominata PointPark Properties (P3), che assume la gestione del patrimonio di Arcapita in Europa. Nel 2013 P3 viene rilevata da TPG, società d’investimenti privata a livello mondiale, e dalla consociata Ivanhoé Cambridge, una delle maggiori società immobiliari del mondo; gli investitori s’impegnano ad apportare nuovi capitali per rafforzare il bilancio e fornire un sostegno alla crescita futura. In Italia P3 sbarca nel 2010 quando assume la gestione dell’immobile di 29.000 mq di Sala Bolognese all’interno del portfolio Arcapita; nel 2014 apre la sede di Milano e aggiunge al portfolio 5 immobili a uso logistico nell’hinterland milanese acquisiti in operazioni distinte da Logistis, fondo gestito da AEW Europe, e il CD Group di proprietà familiare. www.ship2shore.it 37 LOGISTICA Lunedì 7 Dicembre 2015 La scommessa intermodale premia Rubino Sante Trasporti Fatturato in crescita per l’azienda barese specializzata in trasporto di liquidi alimentari, che da alcuni anni punta soprattutto sulla modalità ferroviaria “L’intermodalità è stata l’arma che abbiamo utilizzato per combattere la crisi, e che ci ha permesso di recuperare competitività, riducendo i costi e aumentando il fatturato” afferma Sante Rubino, titolare della Rubino Sante Trasporti, società di Monopoli specializzata nel trasporto di prodotti liquidi alimentari in cisterne. L’azienda, nata su iniziativa del nonno Francesco Cofano, si è rivolta a questo segmento di prodotti negli anni ’60, sotto la gestione del padre Andrea, e oggi - spiega Rubino, che la guida in prima persona dal ’98 - tratta vini, oli di oliva, di semi e di palma, succhi, latte Sante Rubino glucosio e melassa. “Mai pensato di allargarci ad altri segmenti di attività, perché fortunatamente la diversa stagionalità delle merci gestite assicura carichi di lavoro durante tutto l’anno, anche se naturalmente ci sono dei picchi produttivi: ora ad esempio abbiamo quello dell’olio d’oliva, in primavera avremo quello dei succhi di frutta” spiega Rubino. Circa il 70% dei volumi gestiti da Sante Rubino Trasporti – aggiunge l’imprenditore – è però rappresentato proprio da olio extravergine d’oliva, prodotto da aziende della zona (ma anche importato via mare, dai porti di Bari e Brindisi, su navi Grimaldi, dalla vicina Grecia), che viene inviato verso il Nord Italia. La modalità del treno è quella preferibilmente utilizzata per raggiungere (attraverso i servizi garantiti da CEMAT, GTS Rail e Five Logistics) le destinazioni dell’Italia settentrionale, e, da lì, il Nord Europa (in particolare Olanda, Belgio, Regno Unito), mentre il trasporto su gomma è quello con cui vengono serviti i clienti dell’Italia centrale. All’intermodale l’azienda si è rivolta in particolare negli ultimi due anni. In questo periodo RS Trasporti ha approntato un significato programma di investimenti – del valore di circa 1,5 milioni di euro - che l’hanno portata a incrementare la sua dotazione di tank container nonché a dotarsi di un piazzale di proprietà di 5.000 metri quadri presso la sede operativa di Monopoli, inaugurato giusto due mesi fa, sul quale è stata anche impiantata una stazione di autolavaggio per le cisterne. Un investimento, spiega l’imprenditore pugliese, che è stato premiato da un aumento del fatturato, che nel 2015 registrerà un +50% sull’anno precedente, e anche dei volumi trasportati. L’anno in corso si chiuderà con circa 2.000 trasporti intermodali e circa 1.500 trasporti su strada. Nel complesso, RS Trasporti (il cui parco mezzi attualmente comprende 50 tank container, 17 semirimorchi portacontainer, 10 cisterne stradali e 10 motrici) avrà movimentato 160.000 tonnellate di liquidi, del valore complessivo di circa 400 milioni di euro. Anche per il 2016, ammette Rubino, il trend atteso è di un’ulteriore crescita, che l’azienda prevede di sostenere con nuovi investimenti: “L’idea è di raddoppiare ancora la flotta di tank container tra 2016 e 2017”. Francesca Marchesi www.ship2shore.it 38 PORTI Lunedì 7 Dicembre 2015 La rimodulazione della pianta organica non s’ha da fare La proposta di integrazione del personale all’Autorità Portuale di Brindisi è stata sonoramente bocciata da 12 membri del comitato La pianta organica dell’Autorità portuale di Brindisi continua a creare non pochi grattacapi negli uffici dell’ex stazione marittima: l’ennesima convocazione del comitato portuale, mirata all’approvazione della delibera riguardante “la riorganizzazione della pianta organica” non ha condotto ad alcuna pax romana. Anzi, sarebbe il caso di dire che la proposta di revisione-rimodulazione ha ricevuto una sonora contestazione. Tutti i componenti del comitato portuale, ad eccezione del commissario straordinario dell’Authority, hanno convenuto sulla necessità di rimandare la decisione a data da destinarsi. Tra i 1i voti contrari quello del primo cittadino Mimmo Consales, più che mai oltranzista, il quale aveva chiesto che “l’attuale pianta organica venisse cristallizzata sino all’entrata in vigore del nuovo decreto governativo sulla razionalizzazione delle Autorità portuali”. Oltretutto esistono nell’agenda dell’ente brindisino impellenze maggiori: degna di nota è la mancata approvazione del bilancio preventivo, in ritardo di oltre due mesi. Sussiste il ragionevole dubbio tra gli addetti ai lavori che l’intera operazione non sia altro che una sanatoria tout court per dirigenti e impiegati di natura ‘irregolare’. Lo conferma Michelangelo Greco (BIS), rappresentante delle imprese portuali: “in questi anni abbiamo assistito ad un valzer di assunzioni, promozioni, aumenti di livello al di sopra del reale fabbisogno dell’ente. Alcune assunzioni sono state effettuate attingendo dal concorso per segreteria tecnica di secondo livello; temo che alcuni componenti della segreteria tecnico-operativa possano avviare vertenze individuali a causa della mancata regolarizzazione dei rapporti di lavoro”. Greco è scettico sull’assunto che la modifica della pianta organica (attualmente 31 unità) non comporti oneri: “nella relazione illustrativa si vuole far passare il messaggio che l’area tecnica sia sottodimensionata e che il personale non possa svolgere mansioni di livello superiore. Ci è stato detto che la rimodulazione avrebbe avuto un costo non superiore ai 17mila euro ma come la mettiamo coi premi di produzione, premi incentivanti, indennità per passaggio di qualifica ad un livello superiore”? Dal rendiconto generale 2014, il costo della segreteria tecnico-operativa ha raggiunto la soglia dei 3.5 milioni di euro annui (di cui oltre 600mila euro di premi di produzione). La questione è stata rimandata a data da destinarsi e mai si saprà se l’Autorità portuale di Brindisi ne avrà il tempo: il prossimo comitato portuale sarà convocato entro fine anno ed avrà per oggetto un’altra patata bollente, il rilascio della concessione demaniale al gruppo Grimaldi. Dagli uffici di Piazza Vittorio Emanuele ci si continua a muovere sul filo del rasoio. Stefano Carbonara Direttore Responsabile Angelo Scorza Editore ESA Srl Via Assarotti 38/16 16122 Genova P.I./C.F. 01477140998 Sede operativa Via Felice Romani 8/2A 16122 Genova Tel. +39 010 2517945 Fax +39 010 8687478 e-mail: [email protected] www.ship2shore.it Iscriz. Trib. di Genova n. 19/2004 CCIAA di Genova, R.E.A. 412277 Cap. Soc. € 30.000 i.v.