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Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto

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Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto
www.ship2shore.it
RO-RO
Direttore Responsabile: Angelo Scorza
TERMINAL OPERATOR
Moby potenzia la flotta con due ro-ro e un traghetto
Indiscrezioni anche sull’acquisto di una quarta nave mentre Tirrenia CIN smentisce il
noleggio di una nuova costruzione del cantiere Visentini prevista in consegna nel 2017
Il piano di potenziamento della flotta di
Moby sta entrando nel vivo in questi giorni.
Dopo le indiscrezioni di alcune settimane
fa, quando circolavano voci secondo cui la
compagnia della balena blu avesse sondato
diversi cantieri navali per allungamenti
di alcune navi ro-ro, giungono ora notizie
relative a nuovi contratti firmati per noleggi
a lungo termine con opzioni d’acquisto.
L’operazione probabilmente più ‘costosa’ è
Via XX Settembre, 21/10 16121 Genova
Telefono 010 5761424 Fax 010 5535129
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Siamo il Sindacato di Categoria più vecchio nella marineria d’Italia, la nostra storia ci dà la forza
di adeguarci ai nuovi titoli professionali e alle mutate esigenze degli unici dirigenti naviganti,
tanto da aver affiancato alle tradizionali USCLAC/UNCDiM anche la sigla SMACD (Stato
Maggiore Abilitato al Comando e alla Direzione di macchina), dedicata agli Ufficiali in possesso
dell’abilitazione al comando (Certificato IMO): Comandanti, Direttori di Macchina, Ufficiali venite
da noi, siamo la Vostra casa naturale, siamo Voi stessi e uniti si vince! Basti l’esempio dell’epica
battaglia per l’esposizione all’amianto che, senza tema di smentita, possiamo affermare di
essere gli unici a condurre.
UNA TAPPA IMPORTANTE: L’ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA!
USCLAC/UNCDiM/SMACD, prime nel mondo della marina mercantile, hanno compreso che la
copertura offerta dal Servizio Sanitario Nazionale non poteva considerarsi un presidio sufficiente
e che in prospettiva lo sarebbe stato sempre meno. Ci siamo impegnati ed abbiamo costituito
una Cassa di assistenza sanitaria integrativa per Comandanti, Direttori di Macchina e Ufficiali in
possesso dell’abilitazione al comando (Certificato IMO): la CAS.CO.DI. In tale maniera abbiamo
inteso garantire i livelli di assistenza che ci erano propri prima della nascita del S.S.N.
Le coperture sanitarie sono erogate tramite una polizza assicurativa contratta con un primario
Gruppo assicurativo nazionale.
Il tuo sindacato di categoria, direttamente o tramite esperti ti può aiutare e consigliare sui seguenti temi:
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“Comandante, Direttore di Macchina, Ufficiale cerca un porto sicuro per te e la tua
famiglia. Approda da chi si occupa esclusivamente delle specificità del ruolo che rivesti a
bordo e delle responsabilità che ti gravano, così diverse dal resto dell’Equipaggio.”
Anno XII, N.46 - Genova, 7 Dicembre 2015
operazione non rilasciando però dettagli
sul prezzo d’acquisto anche se la richiesta
della parte venditrice era di circa 8 milioni
di euro.
Oltre a questo affare, Moby ha rinegoziato
il contratto di bare boat charter relativo
alla nave ro-ro Louise Russ che la società
operava già in time charter da un paio
d’anni. Il nuovo accordo dovrebbe prevedere
un’opzione d’acquisto sul mezzo. Altra
unità ro-ro che entrerà in servizio per Moby
dal prossimo anno in virtù di un noleggio a
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tempo con opzione d’acquisto è la Helena,
nave del 1991, attualmente battente bandiera
svedese, con una capacità di carico pari a
3.000 metri lineari. Questa unità pare sia
destinata a rimpiazzare una o più delle navi
(un po’ datate) che Moby Cargo impiega
sui collegamenti con la Sardegna. Oltre
alle unità citate, Onorato ha messo le mani
anche su un’altra moderna unità ro-ro del
2003 attualmente ribattezzata Williamsborg
(ex-Beachy Head), fino a qualche tempo fa
noleggiata dalla compagnia di navigazione
segue a pag.2
stata l’acquisto in Nord Europa del traghetto
Wind Perfection, nave del 1982 costruita
a Bremerhaven dal cantiere navale Weser
Seebeckswerft. La società guidata da
Vincenzo Onorato ha confermato questa
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e lascia Confitarma
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2
segue dalla prima pagina
danese Nordana. Non è tutto, però, perché
il ro-pax Maria Grazia On dovrebbe aver
terminato il suo noleggio in Spagna con
Trasmediterranea e si prepara dunque a
tornare in Italia (a meno di nuovi impieghi
all’estero).
Alcune indiscrezioni provenienti dalla
Grecia e per l’esattezza dai cantieri navali
di Perama dove si trova la nave, danno per
acquisito da Moby (che non ha confermato
né smentito) anche il ro-pax Banasa.
L’unità, datata 1975, ha servito a lungo nella
flotta della compagnia marocchina Comarit,
dopo il cui default (e un lungo periodo di
inattività) è stata acquisita un paio di mesi
fa dalla greca European Seaways. Questa
compagnia, però, attiva fra la Grecia e
la Puglia sembrerebbe avere deciso di
sospendere l’attività diretta (l’unica altra sua
nave, il Bridge, è a noleggio per l’anconetana
Adria Ferries che la sta impiegando fra Bari
e Durazzo) e potrebbe aver deciso di cedere
il Banasa per realizzare una plusvalenza,
dato il probabile prezzo d’acquisto al
rottame. Di certo la nave risulta entrata in
classe Rina col nome Galaxy (quello scelto
da European Seaways), ma secondo le fonti
greche sarebbe destinata a cambiare nome in
Moby Kiss e potenziare il collegamento fra
Livorno e Bastia.
Rimanendo, poi, sempre nel gruppo Moby,
pare che la nave ro-ro Espresso Catania
della flotta di Tirrenia Cin sia stato da
poco messa sul mercato e sia quindi
destinata alla vendita. L’ex compagnia di
navigazione pubblica, però, sarebbe già
alla ricerca di un nuovo mezzo e, sempre
secondo indiscrezioni di mercato appena
smentite però da Onorato, sembrava avesse
individuato nel cantiere navale Visentini
di Porto Viro il fornitore adatto. Tirrenia
veniva infatti indicata come il nuovo
noleggiatore (a lungo termine) della nuova
costruzione ro-ro da 2.800 metri lineari di
stiva, contraddistinta dal numero NB 232 e
prevista in consegna dal cantiere rodigino
nella primavera del 2017. Altra società
potenzialmente interessata sarebbe Grandi
Navi Veloci.
Nicola Capuzzo
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Lunedì 7 Dicembre 2015
CROCIERE
CSSC e Fincantieri realizzeranno la prima
nuova costruzione cinese per Carnival
I lavori dovrebbero iniziare nel 2017 nei cantieri Waigaoqiao di Shanghai,
con consegna nel 2020. Oltre un miliardo di dollari l’investimento stimato
flotta mondiale di rinfusiere Capesize
attualmente operativa, e l’8,3% di quella
di petroliere VLCC), sarà la joint-venture
che la stessa Carnival sta attualmente
costituendo proprio in partnership con
CSSC e con il fondo sovrano China
Prende concretamente corpo l’alleanza
a tre siglata a fine 2014 tra il colosso
crocieristico Carnival, la corporation
statale cinese China State Shipbuilding
Corp. (CSSC) e Fincantieri.
Secondo diverse fonti di stampa della
Repubblica Popolare, infatti, è ormai
in fase di chiusura l’accordo per la
costruzione della prima newbuilding
cinese frutto di questa partnership, che
verrà realizzata da Shanghai Waigaoqiao
Shipbuilding, controllata di CSSC,
con il supporto tecnico e progettuale di
Fincantieri. Secondo quanto avrebbe
dichiarato Chen Jun, vice-president di
Waigaoqiao Shipbuilding, la costruzione
di questa nuova cruiseship, che avrà una
stazza lorda di 140.000 tonnellate, una
lunghezza di 300 metri e potrà ospitare tra
i 3.000 e i 4.000 crocieristi, inizierà nel
2017 per terminare del 2020, e richiederà
un investimento complessivo di circa un
miliardo di dollari.
Tali dati sono peraltro confermati da un
report della società finanziaria Finpro
Shanghai che circola in rete, secondo
cui questa nave sarebbe la prima di una
serie di 5 unità, e verrà classificata da
Lloyd’s Register. Lo stesso documento
aggiunge anche, com’era prevedibile,
che a prendere in consegna questa prima
cruiseship interamente realizzata in Cina,
da un cantiere fino ad oggi attivo solo sul
fronte cargo (ha costruito l’11,3% della
Investment Corporation (CIC), la quale
– come annunciato lo scorso ottobre –
debutterà con un nuovo brand crocieristico
multi-nave dedicato espressamente al
mercato interno della Repubblica Popolare.
Un’operazione congiunta ma parallela
a quella sempre in fase di definizione tra
CSSC, Carnival e Fincantieri, resa nota
già alla fine dello scorso anno e destinata
proprio alla sviluppo di un’industria
navalmeccanica cinese specializzata nel
segmento cruise, che a questo punto – in
base ai report della stampa asiatica –
dovrebbe concretizzarsi con una prima
newbuilding pronta a salpare nel 2020.
Francesco Bottino
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3
FERROVIE
Lunedì 7 Dicembre 2015
TANKER
Quinta vendita per i Zacchello nel 2015
Una ‘distrazione’ del MIT potrà costare 40
milioni di euro alle imprese ferroviarie italiane Anche la Handysize tanker Saffo è stata ceduta a
Il dicastero di Delrio fino a pochi giorni fa non aveva inviato la notifica preventiva per
avere l’ok da Bruxelles sugli sconti pedaggi previsti dalla Legge di Stabilità 2015
Milano - La cura del ferro promessa da
mesi dal “medico dei trasporti” Graziano
Delrio è partita con una terapia sbagliata.
Le risorse finanziarie (fino a 100 milioni
di euro all’anno) che l’ultima legge di
Stabilità nel comma 294 ha stanziato, sotto
forma di sconto del pedaggio
da parte di RFI, a favore delle
imprese ferroviarie nel triennio
2015-2017 per i servizi di
trasporto cargo con le regioni
del Sud Italia potrebbero essere
da restituire. Da diverse fonti
di settore risulta infatti che il
Governo Renzi e, più nello
specifico, il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti,
fino a pochi giorni fa non aveva
spedito a Bruxelles le necessaria
notifica preventiva su una norma
che si configura come aiuto di
Stato.
Non solo: nei mesi scorsi il
contributo pubblico alle imprese
ferroviarie private e pubbliche
(Trenitalia) è stato già erogato sotto forma
di sconti sui pedaggi da parte del gestore
della rete RFI quando invece il diritto
comunitario prevede che il contratto
di servizio pubblico dovesse essere
preventivamente sottoposto e approvato
dalla Commissione Europea. Non a caso
il dicastero guidato da Graziano Delrio
negli ultimi giorni pare abbia in fretta e
furia incaricato la società di consulenza
Pricewaterhouse Coopers di redigere un
dossier già spedito a Bruxelles nel quale
vengono spiegate nel dettaglio le ragioni
alla base di questi contributi pubblici. Se
la Commissione Europea darà semaforo
verde a questi aiuti di Stato verrà messa una
pezza alla situazione, mentre se la risposta
dovesse essere negativa si innescherebbe
un procedimento d’infrazione che
comporterebbe la restituzione di questi
sconti da parte delle imprese ferroviarie
con le prevedibili battaglie legali fra
operatori e ministero.
Giancarlo Laguzzi, presidente di Fercargo
(l’associazione che rappresenta le imprese
ferroviarie italiane), in un convegno
dedicato al trasporto ferroviaria lungo
i valichi fra Italia e Svizzera, parlando
delle criticità italiane a tal proposito ha
detto: “Non sono ancora utilizzabili i 100
milioni stanziati con la scorsa Legge di
Stabilità a dicembre 2014” e ha aggiunto
che “purtroppo, per un formulazione
burocratica errata, si possono utilizzare
solo in parte per incentivare il sud Italia e
non l’intera rete ferroviaria nazionale”.
Fercargo, infatti, chiede l’estensione a
tutta la rete nazionale della riduzione del
pedaggio per i treni merci ora prevista
solo per il Meridione. Laguzzi sottolinea
che
“nella
formulazione
attuale
restano
inutilizzate
risorse per circa il 60% del
contributo stanziato” (dunque
circa 60 milioni su 100) e
quindi l’associazione vuole
una modifica della norma in
questione nella prossima Legge
di Stabilità per “estendere lo
stesso meccanismo di incentivo
a tutte le Regioni d’Italia e
rilanciare così, per la prima volta
nella storia di questo Paese, in
accordo con tutti gli attori del
sistema, la logistica ferroviaria”.
Il Presidente di Fercargo ha
stigmatizzato il fatto che,
nonostante tutte le assicurazioni
ricevute, non sia stata ancora
corretta nella nuova Legge di Stabilità in
corso di esame alla Camera la clausola
limitativa dello scorso anno, modifica che
non comporta nessuna maggiore spesa
oltre allo stanziamento di 100 milioni
già previsto. “Sarebbe veramente un
gravissimo errore proprio oggi che le
maggiori associazioni di categoria - Anita
di Confindustria, Assologistica di Confetra
e Conftrasporto di Confcommercio – hanno
recentemente condiviso con Fs e Fercargo
il pieno utilizzo di tale finanziamento con
l’applicazione all’intera rete ferroviaria”.
Nicola Capuzzo
Maersk Tankers per circa 18 milioni di dollari
La famiglia Zacchello sta portando
a termine un’altra dismissione che
rappresenterebbe la quinta vendita di un
asset navale quest’anno. Precisamente
si tratta della nave cisterna Saffo, una
Handysize da 38.400 tonnellate di portata
lorda costruita nel 2008 dal cantiere
China State Shipbuilding che è passata
per circa 18 milioni di dollari nelle mani
dei danesi di Maersk Tankers. Conferma
implicita alla positiva conclusione
dell’affare arriva dal fatto che la nave è
stata appena ribattezzata Maersk Kara
dal nuovo proprietario che la impiegherà
commercialmente
nell’Handytankers
Pool. Società venditrice formalmente è
stata l’olandese Bentonwood BV mentre
gestore tecnico della nave era la Marwave
Shipmanagement BV.
Per la famiglia Zacchello si tratta della
quinta vendita quest’anno coerentemente
con il piano di ristrutturazione del gruppo.
Lo scorso marzo, sempre ai danesi di
Maersk Tankers, era stata ceduta la nave
cisterna Giacinta al prezzo di 21,5 milioni
di dollari. Un affare interessante per il
compratore che infatti lo scorso settembre
pare abbia rivenduto la stessa nave a circa
27 milioni di dollari.
Dopo una lunga pausa estiva le dismissioni
sono riprese a settembre quando è stata
la volta della bulk carrier Tiare destinata
alla cessione come confermato dall’a.d. di
Motia di Navigazione, Claudio Baccichetti.
Nel mese di ottobre la mini-cape Chiara e
la nave cisterna Elia sono state anch’esse
cedute rispettivamente ai greci di Golden
Union per 13 milioni di dollari e di
Polembros Shipping per circa 35 milioni.
Oltre a queste unità, anche la Handysize
tanker Elbtank Italy che fino a pochi
anni fa era di una società riconducibile
ai Zacchello è stata ceduta alla tedesca
TB Marine Hamburg per 18,2 milioni
di dollari. Con la nave cisterna Saffo la
dismissioni della famiglia armatoriale
veneta salgono a 5 quest’anno.
Nicola Capuzzo
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4
BULKER
Lunedì 7 Dicembre 2015
BUNKER
Maxi conversione dry per d’Amico in Cina Napp azionista unico della Depositi Costieri Trieste
La società sta negoziando la modifica degli ordini relativi a due
Supramax con altrettante portacontainer da 2.250 TEUs
La d’Amico di Navigazione vede nero
nel dry bulk e decide di modificare
in corsa alcune nuove costruzioni.
C’era da aspettarselo considerando
il pessimismo sui tempi di ripresa dei
noli per le navi bulk carrier che poche
settimane fa lo stesso armatore Cesare
d’Amico aveva palesato a margine di
un convegno del settore che si è tenuto
a Genova.
A una testata straniera lo stesso
amministratore delegato del gruppo
d’Amico ha confermato che stanno
lavorando con il cantiere cinese
Yangfan alla conversione di due ordini
per navi Supramax bulk carrier in 2+2
navi portacontainer da 2.250 TEUs di
capacità. Una volta completate, queste
unità potranno essere noleggiate a terzi
o impiegate dallo stesso gruppo sulle
linee operate dalla controllata d’Amico
Dry Maroc verso il Nord Africa.
Cesare d’Amico avrebbe confermato
che ci sono negoziazioni avanzate con
il cantiere in questo senso e ha precisato
che il prezzo per ciascuna nuova
costruzione portacontainer sarebbe
inferiore ai 30 milioni di dollari. Le
consegne sarebbero previste tra fine
2017 e inizio 2018. Fra il cantiere
navale cinese Yangfan e la d’Amico di
Navigazione esiste un ormai consolidato
rapporto d’affari se si considera che dal
2012 a oggi sono stati firmati ordini per
11 Handysize e 7 Ultramax bulk carrier.
Quello
delle
navi
portarinfuse secche da
circa 60.000 tonnellate
di
portata
rimane
comunque un segmento
d’attività nel quale crede
il gruppo armatoriale
romano tanto che lo
scorso marzo era stata
annunciata l’apertura di
un nuovo pool chiamato
Medi
Supra
Pool
Managament
Limited
con sede a Singapore
e
specificamente
dedicato
alle
navi
classe Supramax. Oltre
alle nuove costruzioni
ordinate
direttamente
in proprio, il gruppo
guidato dai cugini Paolo
e Cesare d’Amico è più
o meno direttamente
coinvolto anche nelle
nuove
Supramax
ordinate da Venice Shipping&Logistics
e da un altro investitore straniero non
meglio specificato (sempre a Yangfan),
oltre
alle
quattro
newbuilding
commissionate da dACC Maritime in
Giappone (Oshima Shipbuilding).
N.C.
L’armatore di Giuliana Bunkeraggi rileva dall’Eni l’altro
50% della società petrolifera portuale triestina
Si compie la ‘giulianizzazione’ di una
storica azienda triestina nel settore
marittimo portuale.
La Depositi Costieri Trieste S.p.A. (DCT),
Società erede delle attività petrolifere
insediatesi nel tessuto industriale giuliano
sin dagli inizi del ‘900, passa interamente
nelle mani della famiglia triestina Napp,
proprietaria della Giuliana Bunkeraggi
S.p.A., che ha rilevato dall’Ecofuel S.p.A.
(Gruppo Eni) il 50% della società, così
diventando l’unico azionista della DCT.
“In un periodo storico costellato dalla
sempre più frequente perdita di marchi
nazionali passati in mani straniere,
un’azienda blasonata resta ben salda in
mani italiane” è il commento soddisfatto
di Franco Napp, titolare dell’azienda di
famiglia.
DCT si occupa dello stoccaggio e della
movimentazione di prodotti petroliferi
a basso contenuto ambientale e di olii
vegetali destinati al mercato energetico.
Lo stabilimento situato nel Punto Franco
Olii Minerali del porto di Trieste,
consta di 28 serbatoi per una capacità
complessiva di 145.000 metri cubi, serviti
da un pontile in grado di ricevere navi
cisterna con portata fino a 30.000 dwt ed è
collegato al raccordo ferroviario di Trieste
Servola ed alla Grande Viabilità Triestina.
Lo scorso anno DCT ha movimentato
circa 445.000 tonnellate, ed ha una
previsione di chiusura a fine 2015 di
500.000 tonnellate.
“La società, grazie alla posizione
geografica e alla versatilità delle proprie
strutture, rappresenta un importante
polo logistico energetico nella regione
del Centro-Est Europa. Per la nostra
famiglia l’investimento rappresenta un
rafforzamento della propria presenza nel
mercato petrolifero” conclude Napp.
A.S.
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5
INTERMODALE
Lunedì 7 Dicembre 2015
CROCIERE
Hupac ha aperto la sua prima sede in Cina MSC Crociere in trattative per comprare un’isola alle Bahamas
Secondo l’a.d. Bernhard Kunz era necessario un presidio diretto in
Estremo Oriente per offrire servizi ferroviaria fra Asia ed Europa
Bernhard Kunz
Milano – L’operatore intermodale
svizzero Hupac adesso ha anche gli
occhi a mandorla. In occasione del
convegno organizzato dall’Università
Bocconi a Milano e dedicato al corridoio
ferroviario Reno – Alpi, l’amministratore
delegato della società, Bernhard Kunz, ha
annunciato l’apertura del primo presidio
diretto in Estremo Oriente. “Sono appena
tornato da due settimane in Cina dove
abbiamo appena aperto il primo ufficio di
Hupac a Shanghai”.
L’operatore elvetico da qualche tempo
offre, oltre ai tradizionali servizi ferroviari
lungo l’asse nord-sud del vecchio
continente, anche nuove relazioni su
ferro tra Europa e Asia. “Attualmente
– ha aggiunto Kunz - Hupac opera un
treno a settimana con 30 vagoni in grado
di trasportare 60 pezzi da 20 piedi ma i
volumi di merci dalla Cina sono enormi
e in prospettiva il business può crescere
notevolmente. In questo momento è ad
esempi allo studio anche la fornitura di
treni completi per clienti industriali fra
Asia ed Europa”.
Intanto l’operatore intermodale svizzero
ha ufficialmente comunicato che dal
prossimo 12 dicembre attiverà un nuovo
collegamento intermodale che collegherà
il terminal di P&O Ferries nel porto di
Zeebrugge con l’Interporto di Novara. Il
servizio, con altezza di profilo P400 e in
grado di trasportare megatrailer, avrà una
frequenza di tre partenze alla settimana
in entrambe le direzioni con tempo di
percorrenza giorno A - giorno C. Dal porto
belga le partenze avverranno nei giorni
di martedì, giovedì e sabato, mentre dal
terminal intermodale di Eurogateway
nell’Interporto di da Novara il treno partirà
nei medesimi giorni.
Nicola Capuzzo
BAMBINI s.r.l.
Offshore Supply and Towage Services
www.bambinisrl.it
T +39 0544 530537 F +39 0544 538544
La compagnia pronta a investire 200 milioni di dollari per sviluppare una sua
destinazione privata vicino a Bimini mentre arriva la programmazione a Cuba
Anche MSC potrebbe avere presto il suo
‘posto al sole’ privato ai Caraibi.
La compagnia - riferisce il Nassau
Guardian, ripreso dal sito mscfans.it sarebbe infatti in trattative con il governo
delle Bahamas per acquistare l’isolotto
di Ocean Cay, circa 40 ettari situati a un
centinaio di chilometri a est di Miami e
poco a sud dell’isola di Bimini.
La contrattazione sarebbe già ad una fase
piuttosto avanzata se è vero che, come
riferisce ancora la testata bahamense,
la sua esistenza è stata comunicata
dallo stesso Primo Ministro dello Stato
insulare, Perry Christie. Il premier ha
affermato che il progetto (naturalmente
soggetto all’approvazione del governo)
porterà alla creazione di un certo
numero, non precisato, di nuovi posti
di lavoro. Su quest’ultimo punto, così
come sull’impatto economico che potrà
generare lo sviluppo di Ocean Cay come
destinazione crocieristica, ha chiesto però
di vederci chiaro la Bahamas Chamber of
Commerce and Employers’ Confederation
(la locale Camera di Commercio). La
BCCEC, per voce del suo presidente
Gowon Bowe, ha richiesto all’esecutivo
maggiori approfondimenti, in particolare
un’analisi del rapporto costi/benefici del
progetto, che ne indaghi anche l’impatto
ambientale e sociale.
Maggiori certezze ci sono invece sulla
presenza di MSC in un’altra isola dei
Caraibi, e cioè Cuba.
Ufficializzando e precisando quanto
già affermato da Onorato nelle scorse
settimane, la compagnia ha confermato che
dal novembre del 2016 schiererà nell’isola,
avendo L’Avana come homeport, oltre alla
MSC Opera (che vi debutterà a giorni)
anche la MSC Armonia.
La nave (lunga 275 metri, con capacità
di ospitare 2.680 passeggeri) seguirà due
diversi itinerari settimanali, che potranno
essere combinati in un’unica vacanza
di 14 giorni. Il primo, dopo una sosta
di due giorni e una notte nella capitale
cubana, prevede scali all’Isola di Roatan
(Honduras), a Belize City (Belize), nella
Costa Maya (Messico), e, di nuovo a Cuba,
con toccate l’Isola della Gioventù e infine
L’Avana. Stesso inizio, con due giorni e
mezzo e due notti a L’Avana, anche per il
secondo itinerario, che prevede poi soste
a Montego Bay (Giamaica), Georgetown
(Isole Cayman) e Cozumel al largo dello
Yucatan in Messico, per poi fare ritorno a
Cuba.
F.M.
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6
CROCIERE
Lunedì 7 Dicembre 2015
Costa Crociere sbarca anche in Giappone
Nuovo ufficio inaugurato a Tokyo e debutto nell’estate del 2016 della
Costa Victoria, con 10 crociere in partenza dal paese del Sol Levante
Il Far East non è fatto di sola Cina: Costa
Crociere, pur avendo stabilito per prima
tra le cruise company internazionali
una propria presenza nella Repubblica
Popolare nell’ormai lontano 2006,
poi seguita da quasi tutti i principali
competitor, ha deciso di guardare adesso
oltre la Grande Muraglia rivolgendo la
propria attenzione verso il Sol Levante.
Come
riportato
dalla
stampa
internazionale, la compagnia genovese
parte del gruppo Carnival ha da
poco inaugurato un nuovo ufficio
commerciale a Tokyo, che verrà gestito
direttamente dalla divisione Costa Asia,
e che opererà in stretta collaborazione
con tour operator locali per offrire il
miglior prodotto crocieristico possibile
ai turisti giapponesi.
A tal fine verrà impiegata la cruiseship
Costa Victoria, costruita in Germania
nel 1996 (75.200 GT) ma sottoposta
ad un completo refitting da 18 milioni
di dollari nel 2013, presso il cantiere
Sembawang di Singapore, e attualmente
impiegata proprio in Cina.
Da luglio a settembre 2016, nel periodo
di alta stagione turistica per il Giappone,
la nave di Costa, in grado di ospitare circa
2.400 passeggeri e di offrire un mix di
‘italian style’ e comfort orientale studiati
appositamente per i futuri ospiti del Sol
Levante, salperà regolarmente per 10
crociere da 6 notti (viaggi più lunghi non
vengono apprezzati dal mercato asiatico)
con toccate nei porti nazionali di
Fukuoka, Maizuru, Kanazawa – in tutti
e tre è possibile imbarcare – e toccata
internazionale nello scalo sudcoreano di
Pusan.
Grande soddisfazione è stata espressa,
in una nota diffusa da Costa Asia ai
media della regione, dai
due manager che guidano
la divisione del Far East,
Buhdy Bok (Costa Group
Asia President) e Yusuke
Itokawa (Costa Group Asia
Japan Country Manager),
entrambi convinti che
l’apertura
del
nuovo
ufficio a Tokyo consentirà
a Costa Crociere di
lavorare a stretto contatto
con gli operatori locali per
offrire una vera esperienza
crocieristica italiana, ma
appositamente
adattata
alle esigenze e alle
necessità della clientela
giapponese.
Carnival è già presente sul
mercato giapponese dal
2013, col posizionamento
in loco della Sun Princess
di Princess Cruises, brand
di alta gamma che propone
ai crocieristi nipponici itinerari da 12
notti, “un prodotto diverso da quello che
caratterizzerà l’offerta di Costa, diretta
– spiegano dalla compagnia genovese –
espressamente alle famiglie e incentrata
su uno stile casual, con viaggi di durata
più breve per adattarsi al meglio a questo
particolare target di ospiti”.
F.B.
Chantier Naval de Marseille completa
il refitting della Costa Fortuna
San Giorgio del Porto ha scelto
gli stabilimenti francesi della sua
controllata Chantier Naval de Marseille
per effettuare lavori di refitting sulla
Costa Fortuna.
La cruiseship di Costa Crociere è
rimasta due settimane circa nel bacino
n.8 delle riparazioni navali marsigliesi,
per svolgere – secondo quanto riportato
dalla stampa d’Oltralpe – interventi di
carenaggio e installazione di un nuovo
generatore di bordo.
Costruita nel 2003 da Fincantieri e
dotata di 1.358 cabine in grado di
accogliere 3.470 passeggeri, la Fortuna
(102.000 GT e 272 metri di lunghezza),
è pronta a salpare delle banchine di
Marsiglia per la sua stagione invernale
nel Mediterraneo orientale, prima di
riposizionarsi in Cina, dove resterà
stanziata tutta l’estate (a partire da aprile
2016) come terza unità della flotta Costa
dedicata al mercato della Repubblica
Popolare.
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TERMINAL OPERATOR
Scontro tra terminalisti genovesi per le aree Derna
Ricorso al TAR da parte di Ignazio Messina e Terminal San Giorgio
contro l’affidamento a Spinelli degli spazi retrostanti il Ponte Canepa
Cresce, sotto la Lanterna, la tensione
tra i terminalisti Messina, San Giorgio
e Spinelli, con i primi due che ricorrono
alla giustizia amministrativa contro
l’affidamento in concessione al secondo
delle cosiddette aree Derna, perimetro di
circa 14.000 mq retrostante Ponte Canepa,
nel bacino di Sampierdarena.
In parte ricostruita recentemente sulle
pagine della stampa genovese, la
vicenda ha origine ai tempi dell’affaire
Multipurpose e si intreccia con l’inchiesta
giudiziaria che ne seguì.
In concessione alla società Centro Servizi
Derna (controllata del gruppo Spinelli) fin
dal 2006, tali aree vennero ricomprese nel
compendio affidato all’ATI costituita da
Ignazio Messina e Terminal San Giorgio
dopo che l’authority decise di procedere a
nuove gare in conseguenza dell’inchiesta
della magistratura sul Multipurpose. In
tale atto concessorio del 2009 – secondo
quanto ricostruito da Ship2Shore – era però
inserita una clausola in cui si precisava
Lunedì 7 Dicembre 2015
che, qualora la magistratura non avesse
rilevato in ultima istanza illeciti nella
gestione del caso Multipurpose, sarebbero
automaticamente tornate in vigore le
concessioni precedenti, ovvero – per le
aree Derna – quella del 2006 in favore di
Spinelli.
Gli spazi oggetto della diatriba tornano
quindi nella diponibilità dell’imprenditore
della logistica e presidente del Livorno
Calcio nel luglio 2011, quando i titolari
Messia e San Giorgio siglano un accordo
di sub-concessione a favore di Centro
Servizi Derna.
Tutto procede senza intoppi fino a quando
la Corte di Cassazione, il 14 marzo 2014,
stabilisce definitivamente che non sono
stati compiuti illeciti sul Multipurpose:
a quel punto Spinelli si avvale della già
citata e clausola e, il 24 marzo 2014,
chiede di tornare concessionario diretto
delle aree Derna, riattivando come previsto
i precedenti contratti del 2006. L’Autorità
portuale evade con esito positivo la
richiesta di Spinelli, seppur con un anno
di ritardo, e il 1° giugno 2015 comunica
che Centro Servizi Derna è nuovamente
titolare diretta delle aree in questione, come
previsto dalla concessione del 2006 che
torna così pienamente attiva cancellando
gli effetti del successivo affidamento del
2009.
Ma Messina e San Giorgio non ci stanno:
secondo i due membri dell’ATI, firmando
l’accordo di sub-concessione nel luglio
2011 Spinelli avrebbe, contestualmente e
implicitamente, rinunciato al diritto sancito
nella clausola dell’atto concessorio 2009,
ovvero di poter riattivare le concessioni
2006 qualora la magistratura non avesse
riscontrato illeciti nella gestione del
Multipurpose. Per questo nel luglio 2015
le due società presentano contro l’atto
dell’Autorità portuale che ripristina la
concessione delle aree in favore di Centro
Servizi Derna un ricorso al TAR della
Liguria
La tesi di Messina e San Giorgio è
ovviamente avversata dal gruppo Spinelli,
che attende di sapere come si muoveranno
i giudici amministrativi nell’udienza
prevista per il prossimo gennaio.
Risulta invece per il momento infondata
l’indiscrezione, riportata da alcuni
quotidiani locali, secondo cui Ignazio
Messina (che non ha fornito commenti sulla
vicenda, ndr) avrebbe, parallelamente al
menzionato ricorso al TAR, manifestato la
propria opposizione all’istanza di rinnovo
della concessione demaniale marittima per
le aree del terminal avanzata da Spinelli la
scorsa estate.
L’Autorità portuale riferisce infatti che non
è stata depositata alcuna opposizione, ma
che per il momento Messina ha soltanto
presentato richiesta dei accesso agli atti,
ovvero ha chiesto di poter visionare tutti
i documenti completi allegati all’istanza
presentata da Spinelli, “che in ogni caso
– chiarisce a Ship2Shore Roberto Spinelli,
figlio del patron Aldo e manager del gruppo
– riguarda esclusivamente il compendio
del terminal e non le aree Derna, che sono
oggetto di una concessione autonoma e
separata”.
Francesco Bottino
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FERROVIE
Il Terzo Valico costerà all’Italia il doppio
Secondo il Certet Bocconi il time to market ritardato di cinque anni rispetto al tunnel del Gottardo
comporterà mancati introiti per 6 miliardi per i traffici dirottati nei porti del Nord Europa
Milano – Non solo sarà completato (se lo
sarà) in ritardo di oltre un secolo rispetto ai
primi progetti elaborati, ma il Terzo Valico
ferroviario che collegherà Genova con
Milano lungo il corridoio europeo RenoAlpi praticamente l’Italia lo pagherà due
volte. Il ritardo di 5 anni del time to market
con cui questa infrastruttura arriverà
Nord Ovest d’Italia.
Oliviero Bacelli, docente direttore del
Certet, ha spiegato che “quella cifra di 6
miliardi deriva dalla stima secondo cui
ogni anno ‘costano’ circa 1,2 miliardi di
euro (1,064 miliardi in import e 139 milioni
in export) i mancati introiti per l’economia
nazionale derivanti dall’utilizzo dei porti
Lanfranco Senn, Giancarlo Kessler e Oliviero Baccelli
sul mercato rispetto al tunnel di base del
Gottardo ‘costerà’ all’Italia circa 6 miliardi
di euro, esattamente il costo stimato per la
costruzione del Terzo Valico stesso. Il dato
emerge da una ricerca sul nuovo ‘Corridoio
multimodale Svizzera-Italia’ elaborata dal
Certet dell’Università Bocconi e presentata
a Milano nel corso di un convegno dedicato
ai nuovi valichi ferroviari alpini nel
ridisegno dei trasporti e della logistica nel
del Nord Europa, anziché degli scali
italiani, per i traffici di merci diretti o
provenienti dal Nord Italia. Moltiplicando
questo valore per i 5 anni di ritardo con cui
il Terzo Valico arriverà sul mercato (2021)
rispetto al nuovo tunnel del Gottardo
(2016) si ottiene la perdita potenziale di
6 miliardi di euro che per il 55% sarebbe
peraltro destinata all’erario”.
Non è tutto però, perché allargando lo
sguardo all’intero continente (non solo
all’Italia) la ricerca della Bocconi rivela
che il ritardo relativo al time to market
della parte italiana del corridoio RenoAlpi priva gli operatori economici europei
di benefici pari almeno a 185,7 milioni di
euro sottoforma di riduzione delle distanze
marittime (82 milioni di euro), delle
distanze ferroviarie terrestri (65 milioni)
e dei costi di immobilizzo delle merci
(38,7 milioni). Entro il 2020 la Svizzera
completerà un piano d’investimenti sul
“corridoio dei due mari” (dal mare del
Nord al Mediterraneo) da 17,6 miliardi di
euro (tutti già finanziati) mentre l’Italia ha
in programma opere entro il 2025 per 11
miliardi di euro (di cui attualmente solo
3,75 miliardi effettivamente disponibili).
L’apertura dei nuovi valichi ferroviari
alpini, seppure avrebbe l’ambizione di
favorire il riequilibrio fra gli scali marittimi
del Nord e del Sud Europa, rischia di
costare molto caro alla logistica italiana se
dai tre porti liguri le merci non potranno
raggiungere il Nord Italia e il Centro
Europa alle stesse condizioni con cui i
carichi viaggiano dai porti belgi e olandesi
verso sud. Bacelli su questo ha aggiunto
che “nel 2014 oltre 25 milioni di tonnellate
di merci sono transitate attraverso i valichi
del San Gottardo e del Sempione ma fra il
2010 e il 2030 è previsto un aumento dei
flussi di circa il 40% (1,7% all’anno) e, se
gli obiettivi politici legati al potenziamento
del trasporto ferroviario saranno perseguiti,
i traffici intermodali potranno aumentare
del 55% nel ventennio. I fattori competitivi
più importanti sono sostanzialmente
tre: una riduzione delle percorrenze e
delle pendenze derivanti dai tunnel di
base svizzeri del Gottardo (fine 2016) e
Lunedì 7 Dicembre 2015
del Ceneri (metà 2020), l’adeguamento
delle sagome dei tunnel alle esigenze dei
traffici di semirimorchi (P/C80) e infine
l’estensione dei moduli allo standard
europeo di lunghezza dei treni di 750
metri”.
La ricerca del Certet Bocconi evidenzia
infine che i tre porti liguri (Genova, Savona
e La Spezia) hanno attivato cantieri in grado
di aumentare del 53% in 5 anni la capacità
di movimentazione dei container, passando
dall’attuale capacità di 4,3 milioni di Teu
(sfruttata all’80%) a una di 6,6 milioni di
Teu al 2020. “Un incremento di capacità
valorizzabile solo estendendo i bacini
di mercato di riferimento anche oltre le
Alpi con efficienti servizi intermodali” ha
concluso il docente della Bocconi, secondo
il quale sarebbe importante in prospettiva
“sfruttare sinergie anche con il target dei
semirimorchi delle linee di autostrade del
mare e non solo dei container dunque”.
Il mondo delle imprese ha fatto notare che
in Italia il trasporto ferroviario è meno
efficiente del 20% rispetto agli altri Paesi
europei per quattro ragioni: il nostro Paese
è l’unico in Europa a prevede il doppio
macchinista a bordo, il limite di portata
massima dei treni è di 1.600 tonnellate
(2.000 tonnellate in Europa), la manovre
ferroviarie in molti porti nazionali sono care
e inefficienti, e infine lo standard europeo
di lunghezza dei convogli merci da 750
metri nel nostro Paese non è realizzabile
(per ragioni di pendenze, gallerie, ecc.).
Nicola Capuzzo
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PORTI
Ancona pronta alla riorganizzazione dei moli. Ricorsi permettendo
A gennaio il nuovo regolamento sulle operazioni portuali e le gare per le concessioni,
ma sull’operazione pende il contenzioso fra port authority e Ancona Merci
Anno nuovo, vita nuova sulle banchine del
porto di Ancona.
Questo almeno è il proposito del presidente
dell’Autorità Portuale marchigiana Rodolfo
Giampieri, che ancora da commissario
straordinario avviò nell’autunno 2014 un
percorso di riorganizzazione del lavoro
portuale nell’area commerciale dello
scalo, costituita dalle banchina dalla 21
alla 26, partendo da una consultazione
pubblica degli operatori.
Perno centrale del riassetto è la
scadenza, avvenuta lo scorso luglio,
della concessione (per le banchine 23 e
25) dell’unico terminalista ex art.18 di
Ancona, vale a dire Ancona Merci. Da
allora questa concessione è stata prorogata
con scadenze di breve termine, perché
alcune problematiche tecniche impedivano
l’effettiva fruibilità delle banchine e quindi
la programmata riorganizzazione dei moli.
L’ultimo Comitato portuale, però, ha
deliberato che entro metà gennaio “sarà
approvato un nuovo regolamento generale
sulle operazioni portuali” e individuate “le
banchine da assegnare in concessione e per
quanto tempo. Successivamente saranno
avviate le procedure ad evidenza pubblica
per l’assegnazione delle concessioni sulle
banchine individuate”. Fino a fine febbraio
Ancona Merci potrà operare in regime di
proroga tecnica.
Sull’operazione, però, incombono diversi
interrogativi. Innanzitutto le suddette
problematiche tecniche sono in buona
parte ancora da risolvere. È vero che la
banchina 26 è da pochi mesi divenuta
finalmente operativa (con realizzazione
anche di dragaggio a -10,5 metri), ma,
come spiegato a Il Resto del Carlino da
Giovanni Mascambruni, membro della
commissione consultiva dell’AP in quota
ai lavoratori delle imprese portuali, “la
22 è inutilizzabile” (e lo sarà a lungo: la
scadenza del bando da 8,2 milioni di euro
Lunedì 7 Dicembre 2015
per il relativo adeguamento strutturale
è il prossimo 17 dicembre e i lavori
dovrebbero durare 390 giorni), “la 24
è stata dichiarata inutilizzabile per le
operazioni portuali” (ma è anche quella
meno ambita per dimensioni e posizione),
“l’operatività della 25 è incerta, la 23 è
stata dichiarata non utilizzabile dalle gru
semoventi e la 21, pur operativa, è stata
oggetto di carotaggi di cui non si conosce
ancora l’esito”.
Tutto ciò potrebbe naturalmente inficiare
il regolare svolgimento di gare per le
concessioni, ma non è tutto, perché
sull’intera procedura pende anche la
scure della giustizia. Malgrado l’Autorità
Portuale abbia rimarcato, anche nella nota
relativa all’ultimo Comitato portuale,
“la inderogabilità, in base alla normativa
nazionale e comunitaria, di disporre
proroghe a concessioni scadute”, il punto
è infatti oggetto di controversia.
Come ricostruito dai suoi legali (gli
avvocati Giuseppe Giacomini, Giorgia
Scuras e Greta Demartini dello studio legale
genovese Conte&Giacomini), Ancona
Merci, il concessionario scaduto a luglio
e operante in forza di proroghe tecniche
di breve durata, “presentò nel luglio 2012
un’istanza di rimodulazione ed estensione
della propria concessione, dal cui rigettò
scaturì un ricorso al Tar tuttora pendente”.
Di conseguenza Ancona Merci “ha
impugnato anche l’avviso di consultazione
pubblica preliminare sul futuro assetto
di banchine, perché incompatibile con la
richiesta di rimodulazione formulata nel
2012”.
L’udienza non è ancora stata fissata,
ma se fossero riconosciute le ragioni
di Ancona Merci il riassetto salterebbe
prima di partire o, peggio, subito dopo.
E non è detto peraltro che sia l’ultima
azione legale del terminalista. Ancona
Merci ritiene infatti che l’ipotesi ad oggi
più gettonata – cioè che l’AP metta a gara
la concessione per 18/24 mesi delle sole
banchine provvisoriamente concesse in
regime di proroga ad Ancona Merci, (le 23
e 25), pur in presenza di vincoli operativi
e della necessità di eseguire lavori, e non
anche la 26 che è già pienamente operativa
– sarebbe “gravemente discriminatoria,
immotivata e non giustificata”, perché,
in caso di mancata aggiudicazione,
“rischierebbe di estromettere la società
da una operatività specialistica (gruaggio)
che presuppone la concessione degli spazi
sui quali le gru operano” proseguono
gli avvocati. Il riferimento è al servizio
di gruaggio svolto tradizionalmente
in monopolio (con mezzi pubblici) da
Ancona Merci, sebbene sul punto il Tar,
nell’ambito di un contenzioso con ACT,
abbia recentemente ricordato che ogni
articolo 16 (come ACT) può in quanto
tale svolgere operazioni portuali anche
attraverso l’utilizzo di mezzi meccanici e
attrezzature tecniche.
Comunque, fatto salvo il pendente
giudizio sulla rimodulazione, meglio
sarebbe per il terminalista procedere con
proroghe tecniche di breve durata, almeno
fino a quando “la situazione fattuale
e regolamentare sarà chiarita”, e solo
dopo avviare le gare. In caso contrario,
concludono i legali, “dovremo impugnare
ogni atto che risulti lesivo della posizione
della cliente, ancor più se collegato con il
giudizio pendente”.
In attesa del nuovo assetto l’Autorità
Portuale di Ancona sta procedendo a
ordinare altri tasselli dell’organizzazione
portuale. È infatti in corso – il bando per la
presentazione delle offerte scadeva a metà
settembre – la gara per l’individuazione
del fornitore di manodopera temporanea
ex art.17 comma 2 della legge 84/94 per
i prossimi cinque anni (il servizio è stato
svolto finora dalla Compagnia Lavoratori
Portuali di Ancona, srl controllata dal
Trust Anconae Portus, il cui trustee è
Riccardo Carloni). E poche settimane fa
è stato riassegnato con un incremento
tariffario del 15% il servizio di manovra
ferroviaria portuale alla cooperativa
Compagnia Portuali Servizi, già titolare
di autorizzazione ex art.16 come impresa
portuale.
Andrea Moizo
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PORTI
Lunedì 7 Dicembre 2015
Un buco nella Nuova Darsena di Catania
Sull’opera realizzata da Tecnis e in uso da 4 mesi, riscontrato - durante le verifiche
per il collaudo - uno svuotamento di parte del terreno d’appoggio della banchina
La Port Authority etnea al lavoro per comprendere le cause e ripristinare l’operatività
“Non vi è stato alcun cedimento, ma solo
alcune verifiche in vista del prossimo e
finale collaudo tecnico amministrativo
dell’opera”.
È questa la prima informazione che
l’Autorità Portuale di Catania ha fornito
ieri mediante una conferenza stampa (e una
successiva nota) organizzata in risposta
agli allarmi circolati su varie testate
locali in relazione al transennamento
e alla rimozione della pavimentazione
notati su un’area della Nuova Darsena
Commerciale.
L’opera, costata una cifra compresa
fra gli 80 e i 100 milioni di euro, fu
inaugurata a fine luglio alla presenza del
Ministro Graziano Delrio e, stando ai
dati dell’Authority, ha finora lavorato a
pieno regime, permettendo al porto di
registrare nel trimestre luglio-settembre
un imponente incremento di traffico
rispetto allo stesso trimestre 2014 (76.000
pezzi movimentati, pari a un +29%, 1,74
milioni di tonnellate, +35%).
Come
spiegato
dal
commissario
straordinario dell’ente Cosimo Indaco,
“l’opera era ed è utilizzabile perché il
collaudo statico è stato regolarmente
eseguito. Quello tecnico-amministrativo
si fa entro tre mesi dal completamento dei
lavori”. È stato quindi nell’ambito delle
verifiche sull’assestamento condotte a tal
fine che l’Authority e gli altri soggetti
coinvolti si sono resi conto di alcune
problematiche. “Lavorando con l’Autorità
Portuale e Rina Check (società del gruppo
Rina incaricata della supervisione alla
direzione dei lavori), ci siamo accorti che
in una zona della banchina di riva vi era
una lesione. Abbiamo rimosso una parte
della pavimentazione che poggiava sulla
sabbia: in questo tratto, ci siamo accorti
però che parte del terreno non vi era
più. È probabile che si sia formato una
sorta di sifonamento, una sorta di buco,
nel terrapieno, che ha determinato la
fuoriuscita del materiale di riempimento,
depositatosi al piede della banchina”
ha spiegato il direttore dei lavori Pietro
Viviano, dirigente del Provveditorato
interregionale OO.PP.
L’episodio ha indotto due senatori del
Gruppo “L’altra Europa con Tsipras”,
Francesco Campanella e Fabrizio
Bocchino, a presentare un’interrogazione
parlamentare al riguardo a Delrio. Non la
prima relativa alla Nuova Darsena: poche
settimane fa il Governo rispose al deputato
Walter Rizzetto garantendo di “non aver
riscontrato irregolarità relativamente
ai controlli amministrativo-procedurali
legati al percorso di finanziamento e
gestione del progetto”.
Senz’altro il fatto che a svolgere i lavori
sia Tecnis, agli onori delle cronache
nelle ultime settimane per l’arresto dei
fondatori Domenico Costanzo e Concetto
Bosco, contribuisce alla rilevanza
mediatica del fatto. Ma è anche vero che
per un episodio simile (il presunto utilizzo
di materiale non conforme) relativo ai
lavori di allargamento e rettifica delle
banchine Vespri e Colapesce del porto di
Messina, a settembre la Procura di quella
città ha chiesto e ottenuto dal Gip misure
interdittive e sequestri per due dirigenti di
Tecnis, tre subappaltatori e un dirigente
del Provveditorato.
Peraltro in queste stesse ore la testata
Meridionews ha diffuso la notizia
dell’esistenza di un’indagine della
Procura (che avrebbe già notificato
i relativi avvisi di chiusura delle
indagini) relativa alla Nuova Darsena
e in particolare ai lavori effettuati sulla
foce del torrente Acquicella, indagine
parrebbe scaturita dalle segnalazioni
del comitato civico “Porto del sole”.
Fra i cinque indagati ci sarebbero anche
Riccardo Acernese, attuale presidente del
consiglio di amministrazione di Tecnis,
e Viviano. Obbligatorio l’uso del
condizionale, dal momento che non è
stato possibile rintracciare quest’ultimo.
Indaco ha però fatto sapere che “nessuno
in Autorità Portuale è a conoscenza di tale
circostanza”.
Quanto ai lavori sulla Darsena l’ente
ha precisato che “si è subito provveduto
ad attivare i necessari accertamenti
e approfondimenti, cui seguiranno i
pertinenti interventi di ripristino che si
conta di completare entro circa un mese,
con oneri interamente a carico della ditta
appaltatrice. Per l’esecuzione in sicurezza
delle attività di accertamento, è stata
disposta l’interdizione delle banchina n.33
e 34, che verrà revocata entro pochi giorni,
una volta completate le relative indagini”.
Andrea Moizo
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Palermo, lavori urgenti al lato nord della banchina Vittorio Veneto
L’Autorità Portuale di Palermo ha
avviato un intervento “di somma
urgenza” per ripristinare le condizioni
originarie del lato nord della banchina
Vittorio Veneto, dopo che un report
commissionato dallo stesso ente ha
riscontrato la presenza di “ingrottature”
al piede del pilone dell’angolo nord
causate “dalle turbolenze generate dalle
eliche delle navi da crociera di grandi
dimensioni durante le manovre di
ormeggio”.
I lavori, ha aggiunto l’authority, sono
stati assegnati alla ditta Trevi, che era
già presente con propri mezzi in porto
in quanto appaltatrice delle opere in
corso al bacino da 150.000 TPL e
dureranno circa 45 giorni. Durante il
loro svolgimento, l’ormeggio delle
navi da crociera di MSC e Costa dovrà
essere concordato preventivamente con
l’Autorità Portuale, mentre per i ro-ro
le manovre di entrata e uscita dovranno
avvenire quando il cantiere non è
operativo. Lavori di messa in sicurezza
del lato nord della banchina (rafforzato
anche da un sistema di palificazione)
erano già stati svolti nel 2013, a seguito
di un accertamento richiesto dalla stessa
authority.
Più precisamente, i nuovi interventi
interesseranno il tratto compreso tra
il ciglio banchina e la tensostruttura
della Stazione marittima temporanea,
limitatamente agli ultimi 25 metri. I
lavori prevedono il riempimento delle
“ingrottature” del cemento per mezzo di
casseri in lamiera di ferro e sacchi di iuta
riempiti con miscela per calcestruzzo.
Vale la pena ricordare che solo poche
settimane fa la Procura di Palermo
aveva posto sotto sequestro il lato sud
della stessa banchina, dove ormeggia
abitualmente il traghetto di Tirrenia,
in ragione di un “possibile, e astratto,
pericolo di cedimento strutturale” e
contestualmente aveva disposto lo
stesso anche per il cantiere della So.Co.
Stra.Mo, che lavorava al restyling della
stazione marittima.
Secondo quanto dichiarato all’epoca dai
rappresentanti di So.Co.Stra.Mo alla
stampa locale, era stata la stessa ditta
(poi interessata dal provvedimento di
sequestro per il rischio di inquinamento
derivante dalle azioni di demolizioni)
a richiedere un sopralluogo subacqueo
sulla struttura al fine di verificare la
presunta insicurezza della banchina, poi
effettivamente confermata dall’indagine.
Lunedì 7 Dicembre 2015
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PORTI
Il Consiglio di Stato ‘resuscita’ il progetto Contorta
Accolto il ricorso del port authority lagunare che però ormai punta
sull’opzione Tresse Nuovo in accordo con il Sindaco Brugnaro
Il progetto del canale Contorta
Sant’Angelo torna sul tavolo, almeno in
linea teorica, grazie alla recente sentenza
del Consiglio di Stato che – sovvertendo
il precedentemente pronunciamento del
TAR del Veneto – ne conferma la validità
giuridica.
Originariamente individuata dall’Autorità
portuale veneziana (che ora si è allineata
con la nuova giunta comunale di Luigi
Brugnaro sull’opzione Tresse Nuovo)
quale percorso alternativo rispetto al
bacino di San Marco per le grandi navi da
crociera, l’ipotesi Contorta era avversata
dall’allora Sindaco Giorgio Orsoni e da
diversi gruppi ambientalisti. Il fronte del
‘no’ aveva quindi presentato ricorso al
TAR, che a luglio 2015 con sentenza di
accoglimento stabiliva la sospensione del
progetto poiché, era la motivazione, esso
sarebbe stato sviluppato senza tener conto
di possibili alternative.
Da subito l’authority guidata da Paolo
Costa aveva rigettato tale tesi, ricorrendo
(assistita dallo Studio Legale Zunarelli
& Associati) presso il Consiglio di Stato,
che il 2 dicembre scorso si è pronunciato
“sospendendo l’esecutività della sentenza
impugnata (quella del TAR, ndr)” e
rimandando un’analisi di merito della
Lunedì 7 Dicembre 2015
questione il prossimo 10 marzo 2016.
I supremi giudici amministrativi motivano
tale decisione col fatto che “quanto al
periculum in mora (ovvero il timore
avanzato dai ricorrenti al TAR, e da
quest’ultimo confermato, che lo sviluppo
del Contorta potesse bloccare lo studio e
l’elaborazione progettuale di nuove vie
alternative)”, non sussisterebbe poiché
“sono stati presentati ulteriori elaborati
progettuali, in corso di valutazione, per
cui il progetto proposto dall’Autorità
portuale su cui si è pronunciata la gravata
decisione non inibisce il progredire della
ricerca di soluzioni alternative”.
Sul fronte opposto, prosegue la
motivazione della sentenza, “la omessa
sospensione della gravata decisione
finirebbe unicamente con il ledere
l’interesse dell’Autorità affinché sul
detto progetto si deliberi in punto di
VIA (procedimento, questo, allo stato
comunque parimenti sospeso, per ragioni
diverse dalla avvenuta emissione della
sentenza del Tar gravata)”.
Uno dei punti determinanti è infatti la
possibilità di procedere con la Valutazione
di Impatto Ambientale, inibita dal
pronunciamento del TAR dello scorso
luglio. Inizialmente il Comitatone aveva
deciso che eventuali progetti alternativi al
Contorta avrebbero dovuto essere inseriti
nel medesimo procedimento di VIA per
poter effettuare un’analisi comparativa,
motivo per cui la stessa Valutazione
del Contorta era stata sospesa in attesa
che fosse ultimata la fase progettuale
dell’ipotesi Tresse da inserire anch’essa
come allegato alla VIA originaria.
In questo punto si inserisce la sentenza del
TAR, che sospende il Contorta e la relativa
VIA (già ferma per attendere l‘allegato
Tresse), suscitando il timore che ciò possa
ulteriormente dilatare i tempi imponendo
una VIA separata per il Tresse, cosa che
effettivamente poi avviene non tanto per
effetto della sentenza del TAR quando
per decisione autonoma dei ministeri
competenti.
Col Tresse che quindi viaggia su un
proprio binario autonomo, la decisione
del Consiglio di Stato sblocca anche il
Contorta, che ormai l’authority considera
non tanto un’alternativa reale, ma solo un
piano di riserva da preservare soprattutto
per non vedere cancellato il lavoro svolto
per anni dalle persone che al suo sviluppo
hanno lavorato.
La soddisfazione dell’AP non riguarda
quindi il ritorno sul tavolo del Contorta
(cosa che molto probabilmente non
succederà), ma piuttosto la legittimazione
giuridica del suo iter e – riferiscono
portavoce dell’ente – il fatto che la recente
sentenza dimostri come le precedenti
accuse nei confronti del progetto fossero
del tutto strumentali e infondate.
Anche se in realtà, come detto, il
Consiglio di Stato non è entrato nel merito
della questione, riservandosi di farlo nella
sentenza del 10 marzo prossimo.
Francesco Bottino
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POLITICA PORTUALE
Lunedì 7 Dicembre 2015
INFRASTRUTTURE
L’Antitrust cassa il Fondo Iva dei porti
Collaborazione italo-fiamminga per le nuove
opere portuali al Canale di Panama
Mentre il riparto è fermo tra Ministero e Conferenza Stato-Regioni,
il Garante attacca il sistema di distribuzione alla base dell’attuale
autonomia finanziaria delle Autorità portuali, difettoso e anticoncorrenziale
La società specialista dei dragaggi belga Jan de Nul si è
assicurata un altro contratto per l’ampliamento del terminal
container di PSA che sarà in parte eseguito con Saipem
La materia, non a caso, non è entrata nella
bozza di riforma sulla governance portuale
pubblicata in anteprima da Ship2Shore la
scorsa settimana e che fosse scottante era
chiaro anche senza l’intervento odierno
dell’Antitrust, destinato sicuramente a
gettare benzina sul fuoco.
Stiamo parlando dell’autonomia finanziaria
dei porti o, più esattamente, di quel
simulacro rappresentato dall’articolo 18
bis della Legge 84/94, relativo al fondo
costituito dall’1% dell’IVA raccolta dagli
scali italiani, che dovrebbe “agevolare la
realizzazione delle opere previste nei piani
regolatori portuali e nei piani operativi
triennali”. Il fondo, in origine limitato a
90 milioni di euro (nel 2013 l’IVA raccolta
ammontava a quasi 16 miliardi di euro) e poi
ridotto a 70, fu ripartito solo relativamente
all’anno 2013, dando vita immediatamente
a polemiche e rilievi sul quantum e sulle
modalità utilizzate.
Capofila della protesta fu l’Autorità
Portuale di Ravenna. Del ricorso evocato
dal presidente Galliano Di Marco oggi
non è ancora noto l’esito, ma nel frattempo
il riparto per gli anni successivi non è
mai stato effettuato. Più che il ricorso di
Ravenna, secondo le indiscrezioni raccolte
da Ship2Shore, avrebbero pesato le
farraginosità della procedura. In particolare
la pratica per il 2014 si sarebbe fermata
durante gli scambi di documentazione
con la Conferenza delle Regioni, che
deve dare il proprio parere sulla proposta
elaborata dal Ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti (cui spetta l’emanazione del
decreto di riparto) di concerto col Ministero
dell’Economia e delle Finanze.
Come accennato, oggi sul tema è intervenuta
perentoriamente l’Antitrust, stigmatizzando
duramente, con argomenti simili a quelli a
suo tempo sollevati da Di Marco, la natura
stessa del fondo. Un criterio basato sull’IVA,
infatti, per il Garante appare “in contrasto
con i principi posti a tutela della concorrenza
e del mercato, in quanto inidoneo a
quantificare equamente il reale flusso
dei traffici portuali e, conseguentemente,
inadatto a verificare l’effettivo utilizzo
delle infrastrutture e le connesse esigenze di
ammodernamento di ciascun porto”.
In particolare “l’IVA sulle merci in entrata,
da un lato, non considera quella parte
dell’imposta che non viene riscossa in virtù
di esenzioni fiscali” e “dall’altro favorisce
i porti presso i quali viene movimentata
merce ad alta aliquota IVA, come avviene
nel caso dei prodotti petroliferi”. Il risultato
è che il criterio dell’IVA risulta idoneo a
determinare “un’alterazione delle dinamiche
concorrenziali nel mercato portuale,
determinando un’allocazione del fondo non
commisurata alle reali esigenze delle realtà
portuali”. Nel 2013 ad esempio Augusta fu
il secondo porto maggiormente beneficiato
dal fondo.
Non è tutto, perché il Garante ha anche
evidenziato la contraddizione dell’attuale
criterio di determinazione del fondo con
quanto enunciato nel Piano Strategico
Nazionale della Portualità e della Logistica,
in quanto lo stesso prevede “l’introduzione
di un sistema di azioni che, attraverso la
definizione di criteri equi e trasparenti,
contribuisca a creare un sistema bilanciato
con riferimento all’allocazione delle risorse
economiche”.
Ragion per cui l’Antitrust conclude
suggerendo “una modifica normativa
e regolamentare volta all’introduzione
di un criterio di ripartizione di fondi
ministeriali destinati alla realizzazione
e/o alla riqualificazione di infrastrutture
portuali che si basi non già esclusivamente
sull’IVA dovuta sull’importazione delle
merci introdotte nel territorio nazionale
per il tramite di ciascun porto, ma anche su
altre variabili relative all’effettiva incidenza
del traffico complessivo di ciascun porto
rispetto al traffico dell’intera portualità
nazionale e alla sua evoluzione nel corso del
tempo”.
Andrea Moizo
La società belga Jan de Nul, specialista dei
dragaggi, si è assicurata un altro contratto
del valore di 225 milioni di dollari a
Panama per i lavori di ampliamento del
terminal container di PSA, che sarà in
parte eseguito con il contributo di Saipem.
Al termine dei lavori di dragaggio e
di pavimentazione, l’impianto – posto
sulla sponda occidentale del Pacifico
all’ingresso del Canale di Panama
- aumenterà la propria capacità a 2
milioni di TEUs, moltiplicando quella
attuale di 450.000 TEUs, così essendo in
grado di gestire l’approdo di due mega
portacontainer contemporaneamente.
Allo stato attuale il terminal, che ha
aperto i battenti nel 2010, offre 330
metri lineari di attracco ed è servito da
3 gru di banchina e da 9 gru di piazzale
su rotaia. Le nuove attrezzature in arrivo
per la movimentazione dei container
contemplano 8 gru di banchina super-post
Panamax e 12 gru di piazzale su rotaia.
Questa nuova espansione, da realizzare
con un investimento di 450 milioni di
dollari, è stata approvata dall’Assemblea
Nazionale di Panama all’inizio di
quest’anno e dovrebbe essere operativa nel
corso del primo semestre del 2017; i lavori
comprendono il dragaggio e l’escavo di
4 milioni di metri cubi di materiale ad
una profondità di 16,3 m, così come la
costruzione di una banchina da 800 metri di
lunghezza. Proprio quest’ultimo intervento
è stato assegnato alla joint venture tra
Saipem e Jan de Nul, la quale agisce nel
settore specifico attraverso la Jan De Nul
Dredging and Maritime Management SA.
con sede in Lussemburgo.
“Jan de Nul e Saipem hanno completato
diversi grandi progetti di costruzione in
America Latina, rendendo tale expertise
combinata un grande valore aggiunto al
fine di poter costruire una infrastruttura
terminalistica più massiccia a Panama”,
ha commentato Alessandro Cassinelli,
Direttore Generale di PSA Panama.
A.S.
www.ship2shore.it
14
POLITICA MARITTIMA
Anche Fedarlinea preoccupata per
le modifiche alla Tonnage Tax
Ruggieri: “Va bene adeguarsi a quanto chiede Bruxelles, ma occorre evitare
dumping sociale nei confronti degli armatori che imbarcano marittimi italiani”
decreto ministeriale circolata nelle
scorse settimane, anche al personale
imbarcato su navi battenti qualsiasi
bandiera europea, purché armate da
società con una stabile presenza in Italia.
“Così rischiamo il dumping sociale, a
danno degli armatori italiani che fino a
oggi hanno sempre imbarcato marittimi
Destinata certamente a suscitare meno
clamore rispetto all’uscita, con tanto di
proverbiale ‘porta sbattuta’, di Vincenzo
Onorato da Confitarma (dove era presente
con Moby), anche Fedarlinea ha preso
nettamente posizione contro le modifiche
che il Governo sta studiando per il regime
italiano di Tonnage Tax, in risposta alle
sollecitazioni di Bruxelles.
L’organizzazione – che raggruppa tutte
le compagnie marittime di cabotaggio
ex pubbliche (tra cui Tirrenia e Toremar,
entrambe di proprietà di Onorato)
e alcuni armatori privati del settore
come Delcomar, NGI, Alilauro e
SNAV – ha diramato una nota in cui,
sottolineando l’importanza di tutelare
il cabotaggio nazionale, l’armamento e
le professionalità dei marittimi italiani,
definisce “un grave errore” adeguarsi
“alle talvolta penalizzanti disposizioni
europee”, se questo – come nel caso delle
previste modifiche alla Tonnage Tax –
vuol dire “estendere i benefici fiscali in
maniera illogica, favorendo l’impiego di
manodopera marittima non nazionale”.
“Noi siamo convintamente europeisti –
assicura a Ship2Shore l’Amministratore
di Fedarlinea Michele Ruggieri – ma
riteniamo anche che non sia possibile
subire imposizioni che danneggerebbero
le nostre aziende e i nostri lavoratori”.
Il nodo è, ancora una volta, costituito
della prevista estensione degli sgravi
sull’Irpef dei marittimi, che dovrebbero
essere applicati, secondo la bozza di
Lunedì 7 Dicembre 2015
connazionali, che godono di maggiori
tutele previste dal contratto di lavoro e che
quindi, ovviamente, comportano un costo
maggiore per il datore”.
Il concreto rischio individuato da
Ruggieri, lo stesso peraltro già paventato
da varie organizzazioni sindacali e ribadito
– con toni ben più accesi – anche da
Vincenzo Onorato nel suo j’accuse contro
Confitarma, è quello di una concorrenza
‘sleale’ portata da armatori che, grazie
all’impiego di bandiere comunitarie con
minori vincoli rispetto a quella italiana,
impieghino su rotte di cabotaggio
nazionale marittimi stranieri, meno tutelati
a livello contrattuale (il riferimento è
ai minimi ITF) e quindi meno costosi,
beneficiando contemporaneamente degli
stessi vantaggi fiscali che fino ad oggi
erano riservati esclusivamente a chi
impiegava marittimi italiani.
“È chiaro che siamo contrari a modifiche
della Tonnage Tax che genererebbero
iniquità a danno del cabotaggio nazionale.
Va bene recepire la richieste dell’Europa,
e siamo d’accordo sulla parità di
trattamento, ma essa allora deve valere su
tutti i fronti, compreso quello delle tutele e
del relativo costo del personale marittimo”
chiarisce l’Amministratore di Fedarlinea.
“Il punto chiave è che le condizioni
devono essere uguali per tutti”.
L’organizzazione, a conclusione della sua
nota, “auspica una riflessione da parte
di tutti gli operatori: imprenditoriali e
sindacali, per far sì che si evitino errori
che possano, nel medio e lungo periodo,
portare a risultati negativi per gli interessi
e per l’economia nazionali”.
Francesco Bottino
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15
TERMINAL OPERATOR
Venezia Terminal Passeggeri: le quote
dell’authority a gara entro fine anno
Polemica coi soci di minoranza sui diritti di prelazione, che però spettano in
prima battuta alla Regione, azionista tramite Veneto Sviluppo
Prosegue ormai da giorni, a mezzo stampa
locale, la polemica innescata dal socio
di minoranza SAVE (società di gestione
dell’aeroporto veneziano Marco Polo)
circa la prossima dismissione delle quote
di Venezia Terminal Passeggeri in mano
all’Autorità portuale della Serenissima.
Azionista di maggioranza di VTP, col 53%,
è APVS, joint-venture controllata per il
66,6% dall’authority, tramite la finanziaria
APV Investimenti, e per il 33,4% dalla
holding regionale Veneto Sviluppo. La
restante quota del capitale del terminalista
è suddivisa tra la già citata SAVE, il
consorzio di agenti marittimi e operatori
portuali Finpax (con il 22,18% ciascuno)
e la locale Camera di Commercio con il
residuale 2,6%.
L’ente guidato da Paolo Costa, però,
non può più mantenere le proprie
partecipazioni, in base a quanto stabilito
dalla stessa legge 84/94 e successivamente
confermato nella legge di Stabilità 2015,
e ha quindi avviato una procedura per
mettere sul mercato la propria quota:
lo scorso maggio APV Investimenti ha
affidato allo studio legale Gianni Origoni
Grippo Cappelli & Partners, la consulenza
per la redazione del bando di gara, che
– secondo fonti vicine all’authority –
dovrebbe essere pubblicato entro la fine
dell’anno e che metterà all’asta il 66,6%
del capitale che l’AP detiene in APVS.
Fin qui tutto lineare. A surriscaldare gli
animi sarebbe stata però – riportano i
quotidiani locali – una lettera inviata
dal Presidente della stessa APSV Ugo
Campaner ai soci di minoranza di
VTP, in cui in sostanza si riferiva della
cancellazione dei diritti di prelazione
degli attuali azionisti sulle quote messe in
vendita dall’AP, così come definiti da un
precedente accordo del 2013. O almeno
ciò era quanto aveva inteso, leggendo la
missiva di Campaner, il numero uno di
SAVE Enrico Marchi, già pronto a fare
ricorso contro la privazione di un diritto
a cui evidentemente il manager e gestore
dell’aeroporto veneziano non intendeva
rinunciare.
Una polemica smontata però pochi
Lunedì 7 Dicembre 2015
giorni dopo dai vertici di APSV, secondo
cui si trattava di un fraintendimento,
considerando che i diritti di prelazione
– assicurava sempre a mezzo stampa
Campaner – saranno previsti e fissati nel
bando di gara, in fase di ultimazione in
queste settimane.
Al di là delle polemiche tra operatori,
pubblici e privati, è opportuno precisare
che – secondo quanto ricostruito da
Ship2Shore – i diritti di prelazione, sanciti
per legge, sono in capo innanzitutto a
Veneto Sviluppo, che qualora lo ritenesse
(non è stato possibile raggiungere la
società per chiarimenti, ndr) avrà la
priorità su altri eventuali offerenti per
aggiudicarsi il 66,6% di APSV messo in
vendita dall’Autorità portuale.
Soltanto nel caso in cui la Regione
decidesse di non far valere tale
prerogativa, il diritto di prelazione
passerebbe agli altri soci di minoranza
di VTP SAVE e Finpax (e CCIA), che –
almeno in base alla reazione manifestata
da Marchi quando temeva di essere stato
privato di tale opzione – potrebbero essere
interessati ad esercitarlo. Se tuttavia ciò
non si verificasse, entrerebbero in scena
soggetti terzi eventualmente interessati a
subentrare all’AP nel capitale di APSV, e
quindi di Venezia Terminal Passeggeri, uno
dei protagonisti del settore crocieristico in
Italia – gestisce i terminal dedicati nei porti
di Ravenna, Catania, Brindisi e Cagliari e
ha manifestato interesse, in partnership con
Cilp e con alcuni agenti locali, per entrare
in Porto Livorno 2000 – e anche all’estero
con progetti in fase di definizione in alcuni
scali dell’Adriatico come Pola.
Francesco Bottino
Anche Venezia partner del
progetto Fresh Food Corridors
È partito il progetto Fresh Food
Corridors (FFC), approvato dal bando
di finanziamenti europei CEF 2014
e destinato a realizzare nuove catene
logistiche multimodali per merci
deperibili.
Capofila del programma sperimentale
(che durerà 2 anni) il porto sloveno
di Koper, affiancato da Venezia e da
Marsiglia nello studio, sostenuto con
metà dell’esborso complessivo, 10
milioni su circa 21, dai fondi comunitari e
mirato ed individuare un flusso logistico
che consenta la spedizione efficiente di
prodotti alimentari dai luoghi d’origine
come Israele, Giordania e Palestina,
verso le destinazioni finali suoi mercati
europei, con i tre scali coinvolti che
fungeranno da gateway per il trasbordo
dei container reefer da nave a treno.
Al porto della Serenissima toccherà
sviluppare il ‘corridoio veneziano’,
grazie ad un finanziamento di 1,5
milioni di euro (di cui 750.000 euro di
provenienza europea) a sostegno delle
attività dei tre partner coinvolti, ovvero
l’Autorità portuale, lo spedizioniere
VLS - Veneta Lombarda Srl e l’operatore
ferroviario Rail Cargo Logistics – Italy
Srl.
Ed è proprio il General Manager di
VLS Andrea Cosentino a spiegare che
“questo progetto risulta particolarmente
innovativo poiché consentirà per la
prima volta in assoluto di trasportare
merci refrigerate in arrivo dai luoghi
di produzione direttamente al luogo
di destino attraversando il continente
europeo con l’utilizzo dello stesso
mezzo di trasporto ‘container frigorifero
marittimo’ senza alcuna manipolazione
della merce garantendo quindi l’effettivo
trasporto in condizioni di temperatura
controllata senza soluzione di continuità”.
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16
FINANZA
Saipem comincia la manovra di sgancio da Eni
Deliberato l’aumento di capitale (fino a 3,5 miliardi di Euro) per riequilibrare il rapporto
tra patrimonio e debito, e conseguire autonomia finanziaria dall’azionista incumbent
Prende
corpo
il
progetto
di
‘emancipazione’ di Saipem dall’azionista
incumbent Eni.
L’Assemblea
Straordinaria
degli
Azionisti, riunitasi a San Donato
Milanese, ha deliberato l’annunciato
aumento di capitale sociale, a pagamento
e in via scindibile, per un importo
complessivo massimo di 3,5 miliardi
di Euro, comprensivo di eventuale
sovrapprezzo, mediante emissione
di azioni ordinarie aventi le stesse
caratteristiche delle azioni ordinarie in
circolazione e con godimento regolare,
da offrirsi in opzione agli azionisti
ordinari e di risparmio in proporzione al
numero di azioni dagli stessi detenuto;
vi sarà tempo sino al 31 marzo 2016 per
darvi esecuzione.
Il prezzo d’emissione sarà determinato
applicando uno sconto sul prezzo teorico
ex diritto (TERP. Theoretical Ex-Rights
Price) delle azioni ordinarie esistenti,
calcolato con le metodologie correnti.
L’aumento di capitale è finalizzato a
riequilibrare il rapporto tra patrimonio
netto e posizione finanziaria netta, al fine
di conseguire indipendenza e autonomia
finanziaria da Eni, diversificando le fonti
di finanziamento e incrementando la
flessibilità operativa e finanziaria della
Società.
Saipem ha un indebitamento complessivo
di 6,9 miliardi di euro, di cui il 93% con
la capogruppo: precisamente per 2,83
miliardi (scadenza 30 giugno 2016) e
per 3,71 miliardi (30 giugno 2020).
Lunedì 7 Dicembre 2015
lead arrangers e bookrunners, Goldman
Sachs International e J.P. Morgan Limited
in qualità di Joint Lead Arrangers, Intesa
Sanpaolo S.p.A., Citibank, N.A., Milan
Branch, Deutsche Bank AG, Filiale
Luxemburg, Mediobanca Banca di
Credito Finanziario S.p.A, Unicredit
S.p.A, Goldman Sachs Lending Partners
LLC and J.P. Morgan Chase Bank, N.A.,
Milan Branch in qualità di original
lenders.
Il finanziamento di 4,7 miliardi di euro
sarà ripartito secondo le seguenti linee di
credito: Bridge to Bond Facility di 1,6
miliardi, Term Facility di 1,6 miliardi,
Revolving Facility di 1,5 miliardi.
Posticipato a gennaio il processo
per corruzione in Algeria
L’udienza al tribunale di Milano
nell’ambito del processo che coinvolge
Saipem per presunta corruzione
internazionale in Algeria - fra gli
imputati alcuni ex dirigenti della società
italiana - è stata rinviata al 25 gennaio
2016 a causa di un sciopero dei penalisti
italiani. Saipem è accusata di aver pagato
Eni si è impegnato a sottoscrivere le
azioni ordinarie di nuova emissione
proporzionalmente
alla
propria
partecipazione (42,9%) sottoscrivendo
un contratto di compravendita col FSI
Fondo Strategico Italiano SpA cui
cederà il 12,5% del capitale sociale. Al
termine dell’operazione resterà invariato
il resto della compagine azionaria: Bank
of China 2,03%, fondo Dodge & Cox
12,22%.
L’aumento di capitale consentirà di
ottenere la conferma del provisional
public rating Investment Grade
rilasciato il 28 ottobre da Moody’s e da
Standard and Poor’s.
Saipem ha sottoscritto una lettera di
mandato con Banca IMI S.p.A, Citigroup
Global Markets Limited, Deutsche
Bank AG, London Branch, Mediobanca
Banca di Credito Finanziario S.p.A e
UniCredit S.p.A. in qualità di mandated
198 milioni di euro di tangenti per
ottenere appalti del valore di 8 miliardi
di euro.
L’ente statale algerino per gli affari
energetici Sonatrach, il ministero italiano
dell’Economia e il Movimento cittadini
algerini Italia-Europa hanno chiesto di
costituirsi come parte civile.
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17
INTERMODALE
Molto fumo e poco arrosto sui binari napoletani
ISE sperimenta un convoglio di vuoti fra porto e Interporto di Marcianise, ma, con
il traffico che langue, il test servirà più che altro per il contenzioso al Tar sul
mantenimento delle aree. Altri problemi intanto sui lavori per il Terminal di Levante
Una nota di Servizi ISE, la società titolare
della manovra ferroviaria nel porto di
Napoli, ha informato nei giorni scorsi
di aver effettuato un “primo convoglio
completo di 24 vagoni per l’Interporto
di Maddaloni-Marcianise (gestito dalla
controllante Interporto Sud Europa, nda)
destinato ad assumere un ruolo sempre
più importante in chiave logistica e di area
polmone per lo scalo partenopeo”.
Secondo la società, infatti, il collegamento,
con trazione effettuata da Trenitalia,
“atteso per anni e reso possibile dal
ripristino della rete ferroviaria esistente,
avrà una frequenza iniziale di due coppie
(andata e ritorno) di convogli-shuttle a
settimana. Successivamente la frequenza
salirà a una coppia di treni al giorno, uno
in entrata e uno in uscita dal porto”.
In realtà, però, il treno dei giorni scorsi
aveva una valenza esclusivamente di test
e non c’è ancora alcun traffico consolidato
per movimentare i volumi suddetti.
Appurato infatti che né dal Conateco né
dal Terminal Flavio Gioia (cioè i due
terminal container dello scalo) erano o
sono previsti contenitori in uscita via treno
per l’Interporto di Marcianise (ad oggi gli
unici contenitori che dal porto di Napoli
arrivano a un interporto regionale sono
quelli destinati all’Interporto Campano
di Nola, dove arrivano via camion), ISE
ha confermato che “i primi viaggi sono
‘sperimentali’. Contiamo presto di definire
con i soggetti operativi i quantitativi e le
caratteristiche”.
L’annuncio ha quindi una valenza
potenziale positiva per lo scalo
partenopeo, che, dopo il passaggio da
Ferport a ISE, è stato di fatto tagliato
fuori dalla rete ferroviaria, complici anche
Lunedì 7 Dicembre 2015
Pamoter e 4IT.
La decisione sulla revoca, ritenuta critica
dal Commissario Straordinario “perché
- ha spiegato Basile - la revoca parziale
risponde al principio di un superiore
interesse pubblico a consentire all’impresa
aggiudicatrice dei lavori di eseguirli, pur
restando ferma la giusta richiesta dei
concessionari di non venire pregiudicati
nello svolgimento delle attività”, sarebbe
stata presa, secondo quanto riferito
dall’AP, per il ricorso contro la suddetta
aggiudicazione depositato al Tar dalle
altre partecipanti alla gara (IGR – Imprese
Generali Riunite, Iterga Costruzioni e
Pacifico Costruzioni). Ricorso contro cui
l’AP si è costituita in giudizio.
Il rappresentante delle imprese portuali ha
chiesto la convocazione di una riunione
tecnica per definire modalità organizzative
del cantiere che riducano al minimo
i disagi per gli operatori. il Comitato
ha deciso di tenere a breve una seduta
monotematica sulla revoca e su tutte le
questioni tecniche ad essa connesse.
Andrea Moizo
When Safety Matters
alcune problematiche infrastrutturali. Ma
la ha soprattutto per ISE stessa. Sebbene,
come confermato dall’Autorità Portuale,
le pendenze pregresse in termini di
canoni siano state positivamente risolte,
la continua inattività potrebbe infatti
risollevare il tema della revoca della
concessione.
Tanto più che innanzi il Tar è in corso
un contenzioso proprio su parte dei
33.000 mq oggi assentiti a ISE in
concessione. “Siccome ISE non lavorava
– spiegano dall’Authority – il Terminal
Flavio Gioia, cui dovranno essere tolti
alcuni spazi per effettuare dei lavori,
ci ha chiesto 5.000 mq occupati dalla
società del Gruppo Barletta. L’ente ha
acconsentito, specificando la temporaneità
dell’occupazione e condizionandola
all’eventuale ripresa dell’attività di ISE.
Cosa che è ora avvenuta, per cui abbiamo
‘revocato la revoca’ a ISE prevedendo che
mantenesse l’intera disponibilità dell’area
assentitale”.
TFG (che, essendo la vicenda in fieri,
ha preferito non esprimersi), ha però
impugnato la revoca della revoca. E
il Tar un mese fa gli ha dato ragione
sospendendola e fissando l’udienza di
merito a febbraio. L’annuncio in pompa
magna, ripreso effettivamente da vari
media senza verificarne la reale portata,
potrebbe quindi avere anche questa
valenza per ISE.
Intanto il Comitato portuale di Napoli
ha approvato la proroga all’incarico di
segretario generale per Emilio Squillante
sino al mese successivo alla scadenza del
mandato del commissario straordinario
Antonio Basile, fissata al 30 aprile 2016,
o all’elezione del nuovo presidente se
antecedente. È stata invece rinviata – si
apprende sempre dall’ente – la delibera
di revoca parziale delle concessioni di
Conateco, Soteco, Nuova Meccanica
Navale e Fondazione Teatro San Carlo.
Tale provvedimento sarebbe funzionale
all’esecuzione dei lavori di realizzazione
dei collegamenti viari e ferroviari a
servizio del nuovo Terminal di Levante,
appalto da 24 milioni di euro aggiudicato
poche settimane fa all’Ati composta da
Consilium solutions for
Navigation, Safety & Environmental protection
Consilium Italy Srl.
Via Dell’Artigianato, 51 - 50056 Montelupo F.no, Florence
Montelupo +3905711738930, Genova +390105533900, [email protected]
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18
FORNITORI
Lunedì 7 Dicembre 2015
FINANZA
Rolls-Royce crede ancora nel Marine
Augusta Due incorpora due società
Il colosso britannico, attraverso nuovi investimenti, smentisce indirettamente le voci di Marship e Salina Shipping saranno fuse e assorbite
ridimensionamento circolate, ma ammette la necessità di razionalizzare costi e funzioni
al fine di semplificare la struttura del gruppo
Nuovi fatti sembrerebbero smentire le voci
diffuse in vari organi di stampa britannica
che Rolls-Royce intenda disimpegnarsi dal
settore Marine.
Con il finanziamento annunciato ieri per
il completamento della USS Cooperstown
si avvicina l’entrata in servizio di altre 2
turbine Rolls-Royce MT30, la più potente
e moderna turbina a gas
marino che spinge a
oltre 40 nodi le navi LCS
costruite da Fincantieri
Marinette Marine. Tale
prodotto di punta della
divisione Marine di RollsRoyce è stato scelto anche
per il DDX americano,
per le portaerei classe
Queen Elizabeth, per le
Type 26 Global Combat
Ship della Royal Navy
britannica e per le nuove
fregate della Repubblica
di Corea.
Rolls-Royce è in gara
con MT30 anche per equipaggiare le navi
italiane previste dalla Legge Navale del
2014, a conferma che il gruppo britannico
continua ad investire in R&S e per
incrementare l’efficienza della divisione
navale.
Rimane pur sempre vero che il settore
navale sta attraversando una congiuntura
difficile per tutti i costruttori, in particolar
modo per chi è impegnato nel settore di
supporto all’industria oil & gas offshore,
come VARD, la controllata di Fincantieri
e Rolls-Royce, che progetta imbarcazioni
UT, specializzate nel settore, e fornisce sia
motori che altri sistemi hi-tech per tutto il
comparto marino.
Ma qual è la strategia della compagnia per
affrontare questa situazione non facile?
“Siamo essenzialmente una società
d’ingegneria che opera con un’ampia
gamma di applicazioni. Il mero fatto che
alcune parti del nostro business operino
Warren East
in mercati attualmente poco attraenti
non significa che siano in vendita. L’idea
che venderemo i ‘pezzi grossi’ è dunque
sbagliata” commenta un portavoce dalla
sede Bristol, dove c’è una forte presenza
della divisione marine.
Una settimana fa Warren East,
amministratore delegato dal giugno
scorso, ha peraltro annunciato che la
compagnia sta studiando un percorso di
efficientamento più con lo scalpello che
non con l’ascia, e ciò vale anche per la
divisione marine. “Ci sarà una consistente
riduzione dei ranghi dirigenziali in tutto
il gruppo. Meno manager significa meno
riunioni, meno burocrazia, processi
decisionali più semplici e più veloci” ha
spiegato East, arrivato a Rolls-Royce forte
del suo passato di 10 anni a capo di ARM
Holdings, il produttore di microchip che lui
stesso ha trasformato in uno dei principali
fornitori di Apple e, per alcuni osservatori,
l’azienda
tecnologica
britannica di maggiore
successo.
“Tagliare ai piani alti
significa anche ridurre i
costi fissi. Negli ultimi
10 anni Rolls-Royce
ha fatto grandissimi
investimenti in R&S,
in nuove fabbriche e
macchinari, per rendere
efficiente e competitiva
la produzione, ma occorre
ora ridurre i costi fissi,
che diventano zavorra
quando un mercato è
fiacco, come l’oil & gas”
spiega ancora il gruppo, che prevede un
calo di domanda del 15-20% nel 2016 nella
divisione marine, che dunque rinuncerà a
1.000 dipendenti entro la fine del anno, in
base a decisioni prese negli ultimi mesi.
Tuttavia, buona parte dei risparmi saranno
reinvestiti in R&S.
Con un portafoglio ordini (al 30 giugno)
di 76,5 miliardi di sterline, prodotti e
fabbriche nuove e un bilancio robusto,
East può gestire la trasformazione con
quella precisione per la quale Rolls-Royce
è famosa da oltre 100 anni.
A.S.
Operazioni straordinarie in casa
Mednav Group per favorire una
maggiore semplificazione e trasparenza
all’interno del gruppo. Il riferimento è
all’operazione di cui ha dato notizia il
sindacato Uil Trasporti parlando appunto
di una fusione per incorporazione in
Augusta Due delle
società Marship Srl
e Salina Shipping
Srl (ciascuna di
queste proprietaria
di una nave).
Dal
quartier
generale romano del
gruppo armatoriale
guidato da Raffaele
Brullo fanno infatti
sapere, tramite il
direttore finanziario
Luca Di Placido,
che “le ragioni
della fusione per
incorporazione delle società Salina
Shipping srl e Marship srl nella
società incorporante Augusta Due
srl, sono da ricercarsi esclusivamente
nel perseguimento di una migliore
organizzazione
sociale
volta
a
razionalizzare le attività svolte dalle due
aziende. In particolare lo scopo è quello
di perseguire una riduzione dei costi
di gestione nonché un’ottimizzazione
nell’impiego delle risorse, il cui numero
complessivo non varierà a seguito
dell’operazione di fusione”.
La Marship era proprietaria fino alla
scorsa primavera della nave cisterna
Lisca Bianca ceduta da pochi mesi a
una società terza per volontà della banca
finanziatrice HSH Nordbank anche se
Augusta Due continua a operare la nave.
Salina Shipping, invece, è tuttora la
società armatrice della nave Filicudi M.
Da Augusta Due spiegano infine che “da
un punto di vista tecnico si tratta di una
fusione semplificata di incorporazione
di società che saranno interamente
possedute al momento della stipula
dell’atto; inoltre non vi saranno modifiche
rilevanti degli elementi dell’attivo e
del passivo”. Di Placido precisa infine
poi che questa “operazione di fusione
consente al Gruppo Mednav di ottenere
una semplificazione dell’organigramma,
nonché una maggiore trasparenza nei
confronti degli interlocutori esterni”.
Nicola Capuzzo
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SPEDIZIONIERI
Lunedì 7 Dicembre 2015
Hangartner punta sulle spedizioni via treno da Verona
Il nuovo amministratore delegato Sacco ha ricevuto dall’azionista DB Schenker la mission di
rimpinguare il business su rotaia a latere della tradizionale attività di logistica svolta dagli ex
Magazzini Generali scaligeri e sta già per varare nuovi collegamenti in Italia e internazionali
Verona – È piena di progetti e di idee di
sviluppo soprattutto in ambito ferroviario la
scrivania all’Interporto Quadrante Europa
di Mario Sacco, da 6 mesi Managing
Director di Hangartner Terminal Srl di
Verona e dall’estate dell’anno prima Head
of Rail Logistics e Forwarding per l’Italia
del gigante DB Schenker (che controlla tra
le altre società anche Hangartner, antica
da DB Schenker a noleggio tramite
Unicredit Leasing, che saranno utilizzati
dalla società ferroviaria tedesca in Italia
nella seconda metà del 2016. Si tratta di
macchine simili alle 23 già usate in Polonia
e che hanno ottenuto l’approvazione per
operare in Italia, dotate di un concetto
modulare, che erogano una potenza
massima di 5200 kW atta a raggiungere
Europa. Si tratta di rivitalizzare come
hub un sito che finora faceva quasi
esclusivamente logistica di magazzino
disponendo di aree coperte per 45 mila mq.
L’intenzione è quella di fare treni misti,
convenzionali e intermodali; un obiettivo
che mira a valorizzare una vocazione
completa” spiega Sacco, ricordando che
l’azienda capogruppo dall’anno prossimo
unificherà le divisioni intermodale
e ferrovia, andandole a chiamare
semplicemente Multimodale.
Piuttosto bellicosi i buoni propositi, che
peraltro hanno già raggiunto uno stadio
progettuale avanzato: “Da febbraio
2016 faremo 5 collegamenti settimanali
con Chiasso di treni convenzionali e anche
via Brennero dove il traffico attuale consta
di 5 treni alla settimana che arrivano
dall’industria manifatturiera tedesca e di 5
treni intermodali in discesa da Rostock con
provenienza l’area dello short sea shipping
dal Golfo di Finlandia. Dalla Germania
arrivano quasi solo treni targati DB; il
nostro mercato è il corridoio che parte dalla
Mario Sacco
Svezia e arriva in Italia. Presto tutti questi
saranno treni misti perché aggiungeremo
vagoni convenzionali a quelli intermodali;
non siamo per la competizione sul
mercato tra le due anime, crediamo che
convenzionale e intermodale possano
tranquillamente convivere, dunque non
facciamo guerre di religione al riguardo.
A Rostock abbiamo un magazzino per
l’intermodale, perciò il connubio sarà un
vantaggio per il convenzionale che avrà la
velocità dell’intermodale, e forse costerà
solo un poco di più”.
Oltre a questi, nel mirino ci sono treni
convenzionali dalla Slovacchia e treni
intermodali dalla Polonia. “Entro giugno
definiremo quali progetti andranno avanti”
precisa Sacco.
Ma l’estero non è tutto; sono previste
importanti novità anche sul fronte
domestico.
“Svilupperemo un collegamento regolare
tra interporti, Nola-Verona, con 5-6 treni
convenzionali alla settimana in partenza
dal prossimo mese di marzo. Grazie al
nuovo servizio a frequenza giornaliera
segue a pag.20
casa di spedizioni, assorbita dal gruppo
tedesco e poi passata a gestire gli ex
Magazzini Generali scaligeri).
“Credo proprio che la mia nomina non sia
stata casuale…” ammette senza glissare
il baffuto top manager milanese. “Come
amministratore delegato ho ricevuto
dall’azionista DB Schenker la mission di
rimpinguare il business su rotaia a latere
della tradizionale logistica”.
E forse non è un caso la notizia di oggi che
Siemens ha annunciato la fornitura di 8
locomotori elettrici Vectron DC, acquisiti
160 km/h.
Nel CV di Sacco molte esperienze in
sintonia con l’incarico di implementare
spedizioni
ferroviarie:
Railport
Manager Italia per DB Schenker Rail,
consigliere delegato di Ferroviasped Srl
(Kuehne+Nagel Group) per 4 anni e con
Innocenti Depositi, oltre a consulente di
Omnia Logistica.
“Siamo sostanzialmente una start up, pur
poggiando su una esperienza consolidata,
avendo a disposizione uno dei più bei
magazzini raccordati multimodali in
www.ship2shore.it
20
Lunedì 7 Dicembre 2015
segue da pag.19
riusciremo ad arrivare in Germania da
Napoli in appena 72 ore. E anche se
attualmente abbiamo servizi sull’altro
interporto campano, ci sposteremo da
Marcianise a Nola, dove abbiamo già una
filiale, unificando la divisione rail con le
altre business unit di DB Schenker.
Inoltre sto lavorando per collegare Verona
coi porti del Tirreno, a partire da Livorno;
perché non mi pare logico che non esistano
collegamenti ferroviari, tranne qualcosa
solo su Genova (a cui peraltro DB
Schenker non è assolutamente interessata,
nda) e La Spezia, considerando anche
come, coi collegamenti esistenti da
Verona, si raggiungono destinazioni in
Europa” prosegue Sacco, “Livorno è
un territorio più vergine anche per fare
acquisizione di clienti. DB Schenker ha
già impiantato un bel sistema di traffico
diffuso toccando nella sua rete destinazioni
come Brescia, Desio, Anagni, Maddaloni
ecc. E poi faremo 5 treni alla settimana con
l’Interporto di Rivalta Scrivia, contando di
sviluppare la collaborazione con i nuovi
proprietari, la multinazionale belga Katoen
Natie”.
Nel prosieguo Hangartner punta a
diventare padrone della ‘casa’ che abita da
inquilino da tanti anni.
“In futuro questo comprensorio sarà
probabilmente ceduto dal Consorzio ZAI,
e io vorrei convincere i miei azionisti a
comprare, anche se credo ciò non avverrà
prima del 2019. Parliamo di un’area di
250mila mq con 45mila mq di magazzini
coperti, uno dei tre principali polmoni del
Quadrante Europa, gli altri due essendo
l’infrastruttura ferroviaria di Terminali
Italia (ex Cemat) e la terza l’ampia area
attrezzata in concessione a Bertani per la
logistica dell’automotive”.
A Verona la società ha 32 addetti diretti
oltre a impiegare quelli delle cooperative,
mentre il gruppo DB Schenker in Italia
dispone di circa 1.500 addetti. “Come
terminal ferroviario non abbiamo grande
concorrenza, ogni terminal agisce nel
suo territorio con sane politiche. E poi di
spedizionieri ferroviari ce ne sono pochi
in Italia; la concorrenza la soffre di più
la sezione rail. Oggi a fine 2015 siamo
ancora principalmente un magazzino, a
giugno 2016 invece avremo alcuni prodotti
ferroviari già posizionati” è la promessa
conclusiva di Sacco.
Angelo Scorza
Dalla Svizzera alla Germania via Verona
Era il luglio 2011 quando Magazzini
Generali di Verona (ente fondato nel
1924 da Comune, Provincia e Camera
di Commercio veronesi) passava al
Consorzio ZAI concludendo un percorso
iniziato nel maggio 2004, quando
Immobiliare Magazzini srl, controllata
al 100% dai Magazzini Generali, cedeva
l’attività gestionale ad Hangartner,
concedendo in locazione immobili e
terreni di proprietà. L’ente era stato posto
in liquidazione volontaria nel 1996;
nel 2002 la controllata dall’ente aveva
assunto la denominazione Immobiliare
Magazzini Srl, mentre la società operativa
prendeva quella di Magazzini Generali di
Verona srl. Ma nel 2010 i tre soci decisero
il conferimento degli asset di Immobiliare
Magazzini srl al Consorzio ZAI.
Il complesso logistico è collegato a un
terminal ferroviario da 11 binari per
la gestione di vagoni, casse mobili,
semirimorchi e container. La gestione
della piattaforma all’interno del Quadrante
Europa è passata a
Deutsche Bahn, che nel
2002 aveva già assorbito
lo spedizioniere svizzero
Hangartner
(fondato
nel 1890 ad Aarau),
presente con due società:
Hangartner
Terminal
Rail and Warehousing
srl
(logistica
e
movimentazione)
in pratica i vecchi
Magazzini
Generali
- e Hangartner srl
(trasporto intermodale),
dal 1° gennaio 2011
incorporata nella filiale italiana di DB
Schenker (all’interno del Quadrante
Europa).
Nel maggio 2004 Hangartner Terminal
Srl aveva acquistato la proprietà del ramo
d’azienda della Magazzini Generali di
Verona Srl, con garante Immobiliare
Magazzini Srl, cui è vincolata da contratti
di locazione. La società è controllata da
DB Mobility Logistics AG (con sede a
Berlino) proprietà del gruppo Deutsche
Bahn, ma fa riferimento a Schenker
Italiana SpA sotto il profilo commerciale,
risorse umane, acquisti, budget e fiscale.
Schenker era approdata in Italia nel 1961
con un Rappresentante Commerciale
a Milano; nel gennaio 1963 nasceva
Schenker Italiana come unità operativa
del gruppo tedesco; nel 1997 la sede si
trasferiva a Peschiera Borromeo, dove già
operavano magazzini dedicati ai trasporti
terrestri ed aerei. Con l’incorporazione
di Castelletti nel 2000 e di Zuffo nel
2001, Schenker raddoppiava il numero
di filiali in Italia; tra 2007 e 2011 infine
procedeva all’integrazione di Bax Global,
Railog e Hangartner sotto il cappello
DB Schenker, la divisione Trasporti e
Logistica di DB.
A Verona Hangartner Terminal dispone
di 4.500 metri di binari, di cui 600
coperti, a servizio di magazzino merci
varie, per alimentare secco, bevande,
carta, coils, lastre metalliche e legname
(totale di 30.000 mq.) raccordato alla rete
ferroviaria pubblica. Anche il magazzino
frigorifero, con capacità di stoccaggio da
84.000 metri cubi per 17.500 posti pallet,
è raccordato con binari.
L’area occupata da Hangartner in
locazione da Immobiliare Magazzini
Srl e Consorzio ZAI copre 251.000 mq
(77.500 mq da magazzini per il deposito
di merci varie e magazzini frigoriferi;
20.500 mq da parcheggio autotreni),
e nella medesima area sono presenti
gli uffici di Schenker Italiana Spa e di
altri spedizionieri, operatori logistici e
trasportatori. Quale deposito doganale di tipo A,
Hangartner può introdurre la merce
allo stato estero, sdoganarla tramite
Agenzia delle Dogane, mantenerla allo
stato estero e compiere lavorazioni. Pur
disponendo di mandato d’agenzia per
spedizioni nazionali e internazionali, la
società si occupa perlopiù di logistica,
terminal
ferroviari,
magazzini
e
lavorazioni annesse in conto terzi a
temperatura ambiente e frigo, deposito
doganale e fiscale, trasporto intermodale,
movimentazione merci.
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Lunedì 7 Dicembre 2015
FINANZA
E l’Interporto Quadrante Europa si
‘gasa’: carburante LNG nel mirino
Aveva l’obiettivo di promuovere e
incentivare l’utilizzo del metano liquido
nel trasporto di merci su strada il convegno
al centro direzionale dell’Interporto
Quadrante Europa “Il Gas Naturale
Liquido: prospettive per gli Interporti”,
durante il quale è stato presentato
il progetto Rete LNG Italia Freight
sostenuto dall’UIR Unione Interporti
Riuniti, di cui è pure presidente il numero
uno scaligero Matteo Gasparato.
L’incontro, svoltosi negli stessi giorni
in cui capi di stato e di governo di oltre
150 Paesi si sono riuniti a Parigi per la
Conferenza sui cambiamenti climatici
COP 21, è stato – secondo quanto
riporta una nota diffusa dal Consorzio
ZAI – un’occasione di scambio di best
practices e di riflessione sul ruolo degli
interporti, che non sono solo semplici
nodi logistici ma anche luoghi di sviluppo
di innovazione, pure in campo energetico,
utile a raggiungere gli obiettivi posti a
livello comunitario e mondiale.
Il settore dei trasporti nel suo complesso
è oggi responsabile del 14% della
produzione di gas serra a livello
mondiale, secondo solo alla produzione
di energia e alla produzione industriale.
La mobilità delle merci, in particolare,
è una delle cause dell’effetto serra e
contribuisce a determinare una serie di
differenti tipologie di costi esterni che
ricadono sui diversi attori coinvolti come:
amministrazioni pubbliche, aziende di
trasporti, utenti e collettività.
L’uso del Gas Naturale Liquefatto come
combustibile per il trasporto in alternativa
al diesel e alla benzina si sta ampliando
negli ultimi anni, ma i volumi sono ancora
relativamente piccoli.
Lo sfruttamento del gas naturale in ambito
trasportistico riguarda la diffusione dei
sistemi a Gas Naturale Compresso (CNG),
che contano 1,2 milioni di veicoli in
Europa (0,7% della flotta), di cui il 70% in
Italia, con 3.000 stazioni di rifornimento
di cui due terzi in Italia e Germania.
Nel Mondo circolano 18 milioni di veicoli
CNG che rappresentano l’1,2% della
flotta mondiale.
In Italia si contano 800.000 veicoli
alimentati a metano (2% del totale), di cui
700.000 autovetture.
L’offerta di mezzi alimentati a LNG
è limitata a veicoli pesanti e autobus
prodotti da Iveco, Scania e Mercedes. In
Europa circolano 1.500 veicoli Euro V e
Euro VI alimentati a GNL e vi sono 55
stazioni di rifornimento (Cina 240.000
veicoli e 2.400 stazioni, USA 5.000
veicoli e 100 stazioni).
La nuova direttiva 2014/94/UE del 22
ottobre 2014 obbliga gli Stati membri ad
assicurare che, entro il 31 dicembre 2025,
sia realizzato un numero adeguato di punti
di rifornimento per il GNL accessibili al
pubblico almeno lungo la rete centrale
della TEN-T; l’Interporto Quadrante
Europa di Verona, all’intersezione di
due Corridoi della rete TEN-T, intende
ottemperare tale obbligo.
Il potenziale utilizzo di LNG come
carburante nei veicoli pesanti potrebbe
raggiungere 10-15 miliardi di m3 nel
2020 e 25-30 miliardi di m3 nel 2030, a
soddisfare il 20% del consumo finale di
energia del settore. La domanda attuale
di gas naturale come combustibile per i
trasporti è 3 miliardi di m3 annui in Europa.
La tecnologia GNL riguarderà il 5-10%
delle vendite di veicoli pesanti in Europa
entro il 2025. Il Ministero dello Sviluppo
Economico stima, percorrendo 150.000
km/anno, un ritorno dell’investimento in
1 anno per la versione mono-fuel e in 2
anni per il dual fuel.
CMA CGM si assicura i fondi
finanziari per acquisire NOL
Il liner francese avrebbe ottenuto credito da alcune banche internazionali
per portare a termine il take-over della compagnia di Singapore
Procede la trattativa in esclusiva tra il
liner francese CMA CGM e la finanziaria
statale di Singapore Temasek Holdings
per l’acquisizione del 67% di Neptune
Orient Lines (NOL) e, con essa, della sua
controllata APL.
La compagnia d’Oltralpe ha ancora poco
tempo per trovare un accordo con gli
azionisti del gruppo armatoriale asiatico,
ma sembra che le cose stiano procedendo
spedite: l’agenzia Reuters riferisce infatti
di un accordo siglato da CMA CGM con
una serie di banche internazionali per
l’attivazione di un prestito di sindacato
finalizzato a sostenere l’acquisizione
del 67% di NOL, a cui potrebbe seguire
anche l’obbligo di offerta pubblica e il
conseguente delisting dal gruppo ‘target’
dai listini di Singapore. Gli istituti coinvolti,
secondo la Reuters, sarebbero HSBC, BNP
Paribas e JP Morgan e l’agreement siglato
avrebbe giovato al valore del titolo di NOL,
in costante crescita negli ultimi 2 anni con
un incremento del 40% nell’intervallo
tra febbraio 2013 e novembre 2015, in
controtendenza rispetto agli indici della
Borsa di Singapore che invece nel medesimo
periodo hanno registrato cali a doppia cifra.
Se il deal, che ora avrebbe trovato quindi
l’appoggio di alcune tra le principali
banche internazionali, dovesse andare in
porto, la conseguente integrazione delle
flotta di CMA CGM e APL (controllata
di NOL attiva nel trasporto oceanico di
container) non avrebbe comunque effetti
particolarmente impattanti sul mercato
del settore. Secondo analisti di DNB
Markets citati da Tradewinds, infatti, la
possibile fusione potrebbe portare beneficio
alle performance operative di NOL, in
considerazione dei buoni risultati raggiunti
negli ultimi mesi da CMA CGM, ma non
inciderebbe realmente sugli equilibri di un
mercato ancora frammentato e in sofferenza
a causa di problematica esogene, a partire
dalla debolezza (o comunque da una crescita
meno spinta rispetto agli anni passati) di
alcune economie asiatiche.
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22
ASSOCIAZIONI
Roberto Alberti al vertice degli spedizionieri italiani
Nel 2014 il fatturato generato dalle 1.750 aziende di spedizioni attive in Italia è stato
di 14 miliardi di euro, e il valore dei diritti doganali versati allo Stato è di 14,9 miliardi
Milano - Piero Lazzeri lascia la poltrona
di presidente di Fedespedi (Federazione
Nazionale delle Imprese di Spedizioni
Internazionali) a Roberto Alberti, nuovo
numero uno dell’associazione per il
triennio 2015/2018. Quest’ultimo è
presidente e amministratore delegato
della CIS S.p.A., impresa di famiglia
livornese attiva nel settore delle
spedizioni internazionali.
“Nei prossimi anni la nostra categoria
sarà chiamata ad aggiornare il proprio
ruolo non solo agli occhi della clientela
ma anche a quelli della Pubblica
Amministrazione. Lo richiede il quadro
economico internazionale e lo sollecitano
i piani governativi nazionali di sviluppo
del sistema logistico” sono state le prima
parole di Roberto Alberti. “All’interno
di uno scenario in continua evoluzione è
necessario per le nostre aziende non solo
ritagliarsi un nuovo ruolo ma anche dare
ulteriore valore alle proprie competenze
e alla propria professionalità. Per questo
motivo sarà importante consolidare
la capacità rappresentativa della
Federazione e il suo ruolo ai tavoli
internazionali e nazionali e nell’ambito
del progetto governativo volto alla
creazione di una Piattaforma Logistica
Nazionale e dei progetti di process
control system portuali e aeroportuali.”
La nomina di Alberti è arrivata a seguito
della tradizione assemblea generale di
Fedespedi durante la quale sono stati
forniti numeri interessanti sul comparto.
Le case di spedizione attive in Italia
sono 1.750, di cui oltre 1.500 associate a
Roberto Alberti
Fedespedi, per un totale di 30.000 addetti
diretti, capaci di generare nel 2014 un
fatturato complessivo di 14 miliardi di
euro. Inoltre sono circa 14,9 miliardi di
euro i diritti doganali (IVA e dazi) versati
lo scorso anno nelle casse dello Stato per
conto dei propri clienti.
Il quadro emerge da una sorta di Libro
bianco degli spedizionieri che in realtà
è una vera e propria ricerca intitolata
“Fast Forwarding Italy” elaborats dal
C-log - Centro di Ricerca sulla Logistica
dell’Università Cattaneo – LIUC.
Realizzata da un team di ricercatori ed
esperti di commercio internazionale
guidato dal Prof. Fabrizio Dallari
(Direttore del C-log), la ricerca evidenzia
le caratteristiche, il ruolo e il contributo
delle imprese di spedizioni all’economia
italiana in particolare nelle complesse
fasi di import/export delle merci con
provenienze e destinazioni in tutto il
mondo.
Per quanto riguarda il profilo del
comparto, lo studio evidenzia una struttura
incentrata sulle piccole medie imprese
(l’86% delle aziende realizza infatti un
fatturato che arriva fino a 10 milioni
di euro mentre solo il 2% supera i 50
milioni di euro) con forti specializzazioni
merceologiche o geografiche e un buon
numero di player strutturati che nel tempo
si sono trasformati da case a imprese
di spedizione (il 75% del mercato
viene realizzato da meno del 15% delle
aziende).
Dal punto di vista della localizzazione
geografica, la ricerca mostra una
maggiore concentrazione delle imprese
nel Nord Italia, dove è presente il 75%
delle aziende di spedizione individuate.
Milano, in particolare, risulta essere
l’area privilegiata di insediamento degli
spedizionieri, sia degli headquarters dei
grandi gruppi nazionali e internazionali,
sia delle unità operative di imprese con
sede centrali fuori dalla Lombardia.
Seguono per importanza le province
caratterizzate da importanti cluster
portuali, quali Genova, Livorno e Venezia
e quelle che rivestono un ruolo trainante
nel sistema manifatturiero italiano, come
Bologna, Brescia, Firenze e Vicenza.
Con riferimento al peso economico delle
aziende del settore, i 14 miliardi di euro
di fatturato complessivo generato nel
2014 sono pari a circa il 20% del fatturato
italiano dell’intero settore dei trasporti
e della logistica, un dato rilevante se si
considera che è il contributo di sole 1.750
aziende su un totale di 100.000 imprese
Lunedì 7 Dicembre 2015
della logistica attive nel nostro Paese.
Inoltre, dei 14 miliardi di euro totali ben
12 miliardi di euro costituiscono l’indotto
per i fornitori impegnati a vario titolo
nella catena logistica (autotrasportatori,
compagnie
marittime
e
aeree,
terminalisti, doganalisti e CAD, ecc.), a
testimonianza del valore che l’attività di
spedizione genera per tutti gli attori della
supply chain del settore.
In virtù della normativa nazionale in
merito alla responsabilità in solido degli
spedizionieri nei confronti dell’Erario, le
imprese di spedizioni svolgono un ruolo
di grande rilevanza anche per lo Stato.
Nel 2014 infatti, considerando solo le
merci in import, i diritti doganali versati
dalle aziende del settore alle casse dello
Stato ammontano a 14,9 miliardi di
euro, di cui 12,9 miliardi di euro di IVA
(versata trimestralmente) e 2 miliardi
di euro di dazi (di cui il 25% incassato
dall’Erario per effetto dell’ingresso di
merce di origine extra UE attraverso porti
e aeroporti italiani). La ricerca mostra
anche come, per le aziende individuate,
l’export costituisca una quota di fatturato
superiore rispetto all’import e come il
trasporto marittimo sia la modalità di
trasporto più utilizzata seguita da quella
terrestre e da quella aerea.
Infine, in presenza di specializzazioni
geografiche e merceologiche, la principale
area di attività delle imprese di spedizione
operanti in Italia risulta essere l’Asia,
seguita dal Medio Oriente, Nord America
e Centro Sud America e la tipologia di
merce prevalentemente movimentata
quella dei settori della meccanica,
dell’automazione e dell’automotive,
seguita dal tessile, dall’abbigliamento
e dalle calzature e da quella legata al
comparto dell’impiantistica.
N.C.
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23
SPEDIZIONIERI
Lunedì 7 Dicembre 2015
È veneto lo spedizioniere che calza bene la logistica dello Stivale
Prisma Logistics di Verona, specialista nelle spedizioni di calzature, riorganizza l’architettura di gruppo e procede ad acquisizioni societarie in Italia e all’estero
Verona – Sta procedendo progressivamente
l’ambizioso progetto di creare un gruppo
più solido e articolato, pronto a coagulare
il business spedizionieristico e ad investire
nel settore logistico, portato avanti da
Stefano Pasinato, veronese, da quasi un
quarto di secolo impegnato nel settore,
dapprima sulle orme paterne e ora in
autonomia, sebbene il padre Raffaele,
figura storica delle spedizioni scaligere, a
79 anni sia sempre in vigile attività.
Imprenditore di poche parole ma di
idee molto nitide, il titolare di Prisma
Logistics Spa – strategicamente collocata
all’ingresso dell’Interporto Quadrante
Europa di Verona, crocevia per le attività
logistiche e di spedizione del nord descrive la genesi dell’iniziativa, partendo
dalla storia di un’azienda da sempre
specialista nel servire i tanti produttori di
calzature del nord-est italiano.
“La nostra società, fondata da un gruppo
di soci con passate esperienze nel settore
spedizioni e trasporti, tutti attivi come
direttori di reparto nell’attività quotidiana,
formalmente nasce il 1° gennaio 1990
come Prisma Spedizioni Trasporti
Internazionali, nella quale mio padre era
socio di maggioranza. Una sua affiliata
era la Raule Marche, costituita nel 1985
a Civitanova Marche (Macerata) insieme
al socio di minoranza Arnaldo Giacchetti
(49%), poi trasformata in Prisma Srl.
Dal 2014 è stato ceduto tutto il ramo
industriale ad una newco che è appunto
la Prisma Logistics Spa (nuova holding
che rimpiazza la vecchia Atlantean Spa
Holding), e che è artefice del progetto
di aggregazione di varie società: ad essa
faranno capo Prisma Srl di Treviso, agenti
di spedizioni; la casa di spedizioni Prisma
Srl di Civitanova Marche, la società di
in Romania – società solo di trasporto,
un’agenzia broker di carichi - in effetti
stiamo proprio ora formalizzando il deal;
in più stiamo portando avanti analoga
iniziativa in Italia, con un’altra società di
Milano”.
Il progetto di aggregazione riguarda un
gruppo di aziende che, tutte insieme,
oggi fatturano circa 35 milioni di euro;
35 addetti sono nell’organico della sola
capogruppo a Verona e 10 nella SCM.
“Abbiamo un magazzino, il n. 5, in
concessione al consorzio ZAI di 5mila
mq, dove si effettua cross docking; e
due magazzini di proprietà di 22mila mq
complessivi per servizi logistici, ubicati
nella provincia veronese, a Vallese di
Oppeana e a Villafontana di Bovolone,
segue a pag.24
Stefano Pasinato
servizi SCM Logistics Srl di Verona
e la immobiliare logistico e turisticoresidenziale Immobilog Srl, oltre a nuove
società che entreranno prossimamente
nella nostra orbita. È necessario
aumentare i volumi per mantenere una
certa redditività” spiega Pasinato, che
individua in alcune prerogative vincenti
le caratteristiche fondamentali della
propria impresa. “L’autonomia finanziaria
totale, la nostra forza anche nel periodo
turbolento, sempre reinvestendo gli utili
in azienda, creando delle efficienze,
razionalizzando il personale, spingendo
molto in tecnologie, con analisi di processi
interni. Ma stiamo ancora razionalizzando,
perché si può sempre fare meglio con
meno”.
Già delineate dall’amministratore delegato
veronese le prossime mosse strategiche.
“Stiamo procedendo ad una acquisizione
www.ship2shore.it
24
segue da pag.23
entrambi con 20.000 mq di area, magazzino
doganale e IVA. Il settore calzaturiero
e quello dell’abbigliamento generano il
70% del business, il restante 30% essendo
di natura industriale e di macchinari
health care” spiega ancora Pasinato. “Non
abbiamo una flotta gommata di proprietà
ma appaltiamo il lavoro a autotrasportatori
fidelizzati e brandizzati, tanto da avere
quasi sempre un controllo GPS su questi
mezzi, con la nostra consociata di Treviso
quale subfornitore importante che segue
gli autisti e le ditte individuali”.
Prisma serve l’export dell’industria veneta
in tutta Europa, dal nord ai paesi dell’est,
dal Regno Unito fino alla Turchia e alla
Russia, con servizi regolari bisettimanali
e altri servizi giornalieri per Austria,
Germania, Svizzera, Belgio e Olanda.
“Offriamo 42 linee dirette groupage da
e per 22 paesi europei ed extraeuropei
in collaborazione con 42 corrispondenti,
spedizioni aeree e marittime, logistica
integrata e distributiva, servizi doganali e di
consulenza. Complessivamente nel corso
dell’anno effettuiamo 32mila spedizioni
in groupage per 59.300 tonnellate in
export nonché 6.500 spedizioni per 10.500
tonnellate in import. Abbiamo impiantato
l’attività logistica a partire dal 1995,
un’attività specializzata, con un altissimo
numero di referenze, circa 600 mila per
10 milioni di paia di scarpe trattati, con
un picco stagionale; il che richiede grande
esperienza e organizzazione, con logiche
di prelievo accurate e molti investimenti
in software. A tal proposito siamo clienti
di Nova Systems, società veronese che
ha sviluppato insieme a noi da un anno e
mezzo il tool ‘BeOne’, un nuovo software
in cloud; e di Replica Sistemi, che ha
predisposto lo Stock System Evolution per
la gestione del magazzino”.
L’imprenditore scaligero, che non
predilige molto la vita associativa, è
peraltro diventato da tre anni uno dei
tre membri italiani di IFA International
Freight Association (gli altri due sono
la Nova Transports di Concorezzo e la
Prisma Srl di Civitanova Marche), il
network mondiale delle piccole e medie
case di spedizione, con sede in Australia,
che proprio quest’anno ha festeggiato i
suoi primi 30 anni.
Nella sua parabola evolutiva Prisma è
diventato sempre meno operatore su rotaia
rispetto al passato.
“Siamo nati come azienda di spedizioni
ferroviarie, il 95% del traffico per i paesi di
lingua tedesca lo facevamo noi, utilizzando
anche delle casse mobili, modalità di
trasporto adesso in disuso. In passato ci
affidavamo a nomi altisonanti come P&O,
DFDS, ECS; ma i nostri vettori - tra i quali
TNT, Ziegler, APL, Loxx, Gondrand, SMS
Malta, Moldtrans ecc., nda - continuano
a fare dell’intermodale” precisa ancora
Pasinato, compiacendosi del fatto che
“abbiamo clienti da 25 anni, molti dei
quali sono venuti dall’estero a festeggiare
le nostre nozze d’argento la scorsa estate”.
Angelo Scorza
Lunedì 7 Dicembre 2015
Tutta in famiglia la cugina marchigiana
È guidata tuttora dalla famiglia
cofondatrice - Arnaldo Giacchetti
è Amministratore Unico, il genero
Gino Canaletti Direttore Generale, il
figlio Riccardo Giacchetti Direttore
Commerciale - la Prisma Srl, fondata
a Civitanova Marche nel 1985
(inizialmente con il nome di Raule
Marche) da un gruppo di soci con alle
spalle una solida esperienza nel settore
delle spedizioni internazionali.
“La prima sede era situata in un piccolo
magazzino all’interno della zona
Industriale di Civitanova Marche, a
quel tempo costituita da una unica via.
L’attività principale era rappresentata
da spedizioni via camion di calzature
prodotte in zona e destinate verso
i principali Paesi Europei come
Germania, Francia e Belgio” è l’incipit
dell’amarcord societario. “Nel 1991
la società trasferisce gli uffici ed il
magazzino a Porto S.Elpidio (Fermo),
dove rimane fino al 2000 e consolida
la propria attività di spedizioniere
internazionale. Già in fase di crescita e
vicina al cambiamento in atto, la Prisma
nel 2000 si sposta a Montecosaro Scalo
(Macerata) in un magazzino più grande
munito di sponde idrauliche, piazzale
adeguato e uffici più grandi”.
Nel contempo, Prisma allarga i servizi
mantenendo le stesse capacità di
assistenza e collaborazione: “I risultati
non tardano ad arrivare; dopo appena
cinque anni la struttura non risulta più
idonea alla mole di spedizioni e merci
movimentate, per cui ad aprile del 2005
ritorna a Civitanova nella rinnovata Zona
Industriale A, all’interno dell’Interporto
Spedizionieri”.
Nel corso degli anni, la Prisma ha saputo
modificare il proprio status ma sopratutto
è cresciuta nel settore camionistico/
terrestre internazionale, ampliando i
vecchi servizi e introducendone nuovi,
e oggi serve quasi tutti i Paesi della
UE con partenze regolari via camion
plurisettimanali groupage e completi,
servizio espresso dedicato per Italia ed
Europa, e trasporti via mare regolari da
e per i Paesi del Maghreb, India e Cina.
Gli spazi sono passati dai 500 mq del
1985 agli attuali 3000 mq; anche la
merceologia è variata , non più solo
calzature. Da alcuni anni è iniziata anche
l’attività di logistica integrata.
Dal dicembre 2012, il core business
è stato trasferito - sempre nella Zona
Industriale A di Civitanova Marche - in
una nuova struttura, affiancata a quella
già preesistente.
A ottobre di quest’anno Prisma ha
attivato un nuovo servizio definito “Last
Minute”, mentre a marzo era stato stretto
un accordo con la Galardi Srl (con sedi
a Prato, Varese, Verona) iniziando una
collaborazione bilaterale che permette a
Prisma di avere una copertura capillare
su tutto il territorio francese, e a Galardi
di avere un punto di riferimento su tutta
la dorsale adriatica italiana.
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25
FERRY
Ennesima nuova vita per la ex ‘regina dello Ionio’
Il traghetto Ionian Queen, da tre anni sotto sequestro nel porto di Patrasso,
è stato infine acquistato all’asta da Hellenic Seaways ad un prezzo di saldo
Gli abitanti di Patrasso potranno tirare
finalmente un sospiro di sollievo: per
oltre tre anni, infatti, la Ionian Queen
- un tempo ammiraglia della Endeavor
Lines - è rimasta mestamente attraccata
al molo San Nicola nel porto ellenico,
suscitando incessanti polemiche. Da
molto tempo i residenti dell’area,
soggetta a un piano di riqualificazione
urbana, chiedevano la rimozione della
nave poiché ostacolava la visuale
della vecchia banchina, impedendo la
promozione turistica.
Precedenti aste giudiziarie indette dal
Tribunale distrettuale di Patrasso, del
valore rispettivo di 6 e 4,8 milioni di
euro, erano andate deserte, e sulla nave
gravava lo spettro di una demolizione.
Patranews.gr aveva realizzato un
reportage che pareva confermare tale
scenario: il traghetto si presentava privo
di arredamenti e i gruppi propulsori
giacevano smontati nel garage.
Infine l’ennesima asta giudiziaria
Lunedì 7 Dicembre 2015
indetta dal Tribunale di prima istanza
del Pireo ha decretato un nuovo
proprietario: Hellenic Seaways si è
aggiudicata infatti la Ionian Queen ad
un prezzo d’asta di 3 milioni di euro.
Una piccola parte dell’incasso - 170.530
euro più interessi- è già prenotata per
il pagamento degli stipendi arretrati
dell’equipaggio di 18 persone: la nave
è inoltre gravata da ben 4 ipoteche a
favore della National Bank of Greece.
Il ferry, costruito in Giappone nel 1988,
10.591 GT, battente la bandiera cipriota
e con capacità di 1.725 passeggeri e 800
auto, ha operato dal 2005 al 2012 lungo
l’Adriatico, collegando prima Bari e
poi Brindisi con Corfù, Igoumenitsa e
Patrasso. La nave era balzata agli onori
della cronaca per essere una delle unità
più lussuose e confortevoli lungo la
linea adriatica: gli armatori Tzanetatos
di Cefalonia avevano investito nel
2005, tra acquisto e ristrutturazione,
una cifra superiore ai 25 milioni di
dollari.
Posto sotto sequestro nel gennaio 2012,
il ro-pax era stato riportato da Endeavor
Lines a Patrasso previo nulla osta
delle autorità. Dopo l’interruzione dei
collegamenti con Brindisi, Endeavor
Lines aveva avviato, senza alcun
successo, trattative per la cessione del
traghetto: i soggetti interlocutori erano
in un primo momento Ventouris Ferries
e Grimaldi Lines.
La prima aveva da poco dismesso le
sue unità (Olympus e Aqua Hercules)
e pareva intenzionata a mantenere un
collegamento invernale lungo la linea
Bari-Grecia.
Le trattative col gruppo partenopeo,
invece, sono state ad un passo dalla
conclusione: Grimaldi aveva appena
debuttato a Brindisi ed era alla ricerca
di una degna sostituta per il ro-pax
Sorrento. Ad impedire l’acquisto pare
abbia l’influito l’anzianità del traghetto,
non in linea con la politica aziendale di
qualità del gruppo campano.
Durante tutta la stagione 2013 si è
avuta la percezione che il traghetto
potesse tornare in linea.
Nel giugno di quell’anno, infatti,
la compagnia Alas International
Holdings
Inc-PV
Enterprises
International Inc di Fort Lauderdale
(Florida) comunicò ai propri azionisti
quanto segue: “Abbiamo il piacere di
annunciare che abbiamo ottenuto tutti
i permessi e le licenze governative per
iniziare le attività di cruise ferry tra
Port Everglades (Florida) e Nassau
(Bahamas) con il ro-pax Ionian
Queen impiegato sotto contratto di
noleggio quinquennale stipulato con la
società proprietaria cipriota Highpride
Shipping Company Ltd. Questa
lussuosa unità fornirà ai suoi ospiti un
trattamento simile a quello delle navi
da crociera nel corso del trasferimento
di una sola notte”. Secondo i piani
della compagnia guidata dal CEO
Peter Villiotis, la nave sarebbe stata
ribattezzata Bahamas Queen sotto il
marchio societario Bahamas Seaways
Ltd per poter svolgere sia attività di
traghettamento che crocieristiche:
nonostante i proclami, non si è
concretizzata alcuna operazione.
Svaniti i sogni di gloria caraibici, ora
la Ionian Queen può ripartire daccapo:
l’acquisto da parte di Hellenic Seaways
può davvero fare la differenza.
Stefano Carbonara
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CROCIERE
Lunedì 7 Dicembre 2015
HANDLING
Industria delle crociere verso una crescita record anche nel 2016 Ancora investimenti in handling per Bogazzi
Secondo CLIA il prossimo anno i passeggeri a livello globale saranno 24 milioni
Continua senza esitazioni la crescita
globale dell’industria crocieristica.
Anche per il 2016, secondo CLIA, il
settore vedrà infatti un aumento nel
numero globale dei passeggeri, che
saliranno a quota 24 milioni - per il
2015 le stime dell’associazione, da
confermare, parlavano di un ‘traffico’
di 23 milioni - , un balzo in avanti
particolarmente
significativo
se
raffrontato ai 15 milioni di crocieristi di
soli 10 anni fa (nel 2006) e i 1,4 milioni
del 1980, anno in cui iniziarono le
rilevazioni.
Anche dal punto di vista dell’offerta
il settore è in piena espansione,
innanzitutto per quel che riguarda la
capacità. Nel 2016 saranno infatti 27
le nuove navi (di cui 9 oceaniche e 17
fluviali, ma comunque di compagnie
affiliate a CLIA) che si uniranno alla
flotta crocieristica mondiale, per un
totale di 28.566 nuovi letti, grazie a
un investimento che è stato pari a 6,5
miliardi di dollari per le sole unità
oceaniche. Complessivamente, la flotta
mondiale ammonterà nel 2016 a 471
navi, delle quali 301 oceaniche e 170 per
crociere fluviali.
Come
spiega
Cindy
D’Aoust,
Amministratore
Delegato
facente
funzione di CLIA, a fare da traino alla
crescita del settore è, in buona misura,
l’industria stessa: “Tramite la creazione
di navi uniche, di nuove esperienze e
l’accesso a destinazioni in tutto il mondo,
l’evoluzione, l’appeal e il valore del
viaggio in crociera continuano a trainare
la crescita complessiva del settore”.
Proprio le navi sono oggi uno dei
principali motori dello sviluppo,
essendo viste sempre meno come un
puro mezzo di trasporto ma ormai come
delle destinazioni in sé, anche grazie
alle caratterizzazioni sempre crescenti
(ad esempio con la presenza sempre più
marcata a bordo di grandi brand o alle
personalizzazioni legate alla cultura
d’origine dei passeggeri).
Tra le tendenze in atto, per quel che
riguarda l’offerta si rileva una crescente
attenzione per le soste in overnight
(cioè con la permanenza della nave in
porto durante la notte), per i viaggi di
cosiddetto ‘volontariato’ (segmento cui
si rivolge ad esempio Carnival con il
brand fathom, per gli itinerari a Cuba) e
la presenza di servizi destinati a diverse
fasce d’età.
CLIA riscontra inoltre l’aumento di
popolarità e domanda delle crociere
fluviali (per soddisfare la quale, come
visto, saranno 17 le nuove navi in acqua
il prossimo anno).
Altri trend già noti da tempo
sono inoltre l’affermarsi di Asia e
Australia come bacini di provenienza
dei
crocieristi
(quest’ultima,
in
particolare, ha raggiunto nel 2014
il milione di passeggeri), così come
la richiesta di connessione Internet
a bordo, necessità ormai soddisfatta
da quasi tutte le crociere con diverse
soluzioni tecnologiche.
La Porto di Carrara Spa potenzia la capacità di sollevamento con un
reachstacker e due piattaforme a braccio articolato fornite da Terex
Dopo la gru mobile Terex Gottwald modello 7
(G HMK 7608) arrivata nel terminal lo scorso
luglio, la Porto di Carrara Spa è tornata a
rifornirsi dal produttore statunitense TPS, da
cui ha acquistato ora un reachstacker (modello
Liftace 5-31) e due piattaforme a braccio
articolato Genie Z-45J RT.
Ricordando la collaborazione di lunga data
che lega Porto di Carrara Spa a Terex (la prima
fornitura risale infatti all’85), il Managing
Director Paolo Dello Iacono ha sottolineato
come i volumi del terminal toscano stiano
crescendo continuamente e che i nuovi acquisti
siano “la scelta giusta per affontare questa sfida”.
“Con queste tre nuove macchine, il nostro
rapporto di collaborazione con Porto di Carrara
ha raggiunto un nuovo livello” ha aggiunto
Giuseppe Di Lisa, Vice President Sales &
Services per l’area EMEAR di Terex Port
Solutions.
Se il reachstacker è destinato in particolare alla
gestione di project cargo, inclusi macchinari
per l’industria pesante, i due sollevatori
serviranno invece ad accelerare ed efficientare
varie attività di manutenzione. Dotati di una
capacità di sollevamento di 227 kg, i due boom
lift semoventi a marchio Genie in particolare
permettono di raggiungere un’altezza di 16,05
metri, hanno uno sbraccio di 1,52 metri e
possono operare anche su terreno accidentato.
Il reachstacker Liftace può invece sollevare fino
a 45 tonnellate, con una velocità di spostamento
massima di 25 km/h e una di sollevamento di 0,45
metri al secondo. Grazie a uno special frame, il
mezzo inoltre è specificamente configurato per
la gestione in sicurezza di project cargo e sarà
veromilmente impiegato nelle attività in cui la
Porto di Carrara è leader, ovvero la gestione
in import e in export di graniti, manufatti in
acciaio oltre appunto al project cargo, grazie a
collegamenti attivi ad oggi verso 85 scali nei 5
continenti.
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27
HANDLING
Lunedì 7 Dicembre 2015
Il rinoceronte delle banchine farà le prove tecniche in Alta Saona
CES Italy presenta al pubblico l’innovativo reach stacker versatile VRS, un cui modello della nuova serie realizzato in Valpolicella
andrà ad operare nel ‘terminal-giocattolo’ del partner francese Gaussin (che intanto imbarca un nuovo general manager)
Domegliara (Verona) – Andrà ad operare
nel ‘terminal-giocattolo’ che il nuovo
partner francese Gaussin confida di poter
completare entro la prima metà del 2016
l’innovativo VRS versatile reach stacker,
il cui modello apripista della nuova serie,
costruito in Valpolicella dalla nuova
società CES Italy (filiale
dell’omonima
casamadre
tedesca), è stato completato ed
è ormai pronto per il collaudo.
La notizia si è appresa a
margine delle presentazione
ufficiale dell’azienda veneta
e dei prodotti innovativi che
l’ambiziosa Srl ha tenuto
nella prestigiosa cornice della
secentesca Villa Quaranta nei
dintorni di casa, tra la sede
legale di Sant’Ambrogio di
Valpolicella
e
l’impianto
produttivo di Domegliara,
entrambi in provincia di
Verona.
Una
prima
macchina
sperimentale VRS-F (la più
grande variante della gamma)
era già stata realizzata lo scorso
anno in Italia e consegnata nel
porto di Amburgo a dicembre
2014 alla società Progeco,
una succursale del colosso
francese CMA CGM che gestisce terminal
di deposito dove si scaricano container
(perlopiù vuoti) da chiatte larghe fino alla
terza fila.
Ma quella che è stata mostrata ai
visitatori, nella sua elegante livrea biancoazzurra con stampigliato il logo ufficiale
– un rinoceronte in assetto da carica,
a trasmettere un concetto di solidità e
aggressività del prodotto – sarà la prima di
CES col brand ufficializzato e parte della
nuova serie.
Per l’occasione Robert e Nicholas
Huthloff, padre e figlio ideatori di questa
ardita iniziativa imprenditoriale, hanno
invitato una cinquantina di ospiti cui
Nicholas e Robert Huthloff
hanno illustrato tutte le loro entusiastiche
aspirazioni in virtù delle prerogative delle
proprie macchine di fresca concezione:
clienti attuali e potenziali, fornitori
e collaboratori, tra cui le aziende
FSH, D-Cargo, Global Service, PTS,
Movincar, PSA-VTE, Somefer, Terminal
Intermodale Mortara, Max Solutions, Gap
Piantoni, Consorzio Asterix, APM Vado,
Synteco, Bosch Rexroth, Contec, Rigo,
Urbani, e la citata Gaussin.
“Oggi vediamo il coronamento di un
progetto elaborato da 5 anni e che mi ha
visto partorire il primo prototipo dopo
due anni di gestazione” premette l’esperto
Robert Huthloff, ricordando di essere in
questo business da oltre 30 anni.
“Ogni anno vengono prodotte
circa 1.800 reach stacker in
gran parte realizzate in serie
da grandi produttori. C’è un
grande mercato intermodale a
disposizione nei rail terminal,
per i quali il nostro VRS lungo
6,5 metri è ideale; ma grazie al
telaio telescopico, allungando
l’asse portante estensibile a 8,5
metri il mezzo può sollevare
qualunque container fino a 33
tonnellate di peso dal secondo
binario ferroviario”.
L’impianto
produttivo
veneto - o per meglio dire, di
assemblaggio – si trova in un
ampio capannone a Domegliara
da 18.000 mq coperti e
occupa un’area di 50.000 mq
complessivi dove operano 4
tecnici esperti sotto la direzione
dell’Amministratore Delegato
Giovanni Bolcato (che a sua
volta ha passato 8 anni con Autogru Rigo,
anche sotto la gestione giapponese di
Kato), preso in affitto dalla storica Autogru
Rigo (fondata nel 1953), produttore di
autogru semoventi idrauliche telescopiche
e piattaforme aeree semoventi, che deve
l’inizio d’attività alla sua terra, l’ubertosa
Valpolicella.
Qui infatti, oltre a un ottimo vino, si
produce un altro rosso famoso (il celebre
marmo rosso veronese estratto nella zona
di S. Ambrogio), e la prima nuova autogru
fu realizzata nell’immediato dopoguerra
proprio per sollevare lastre e blocchi di
marmo. Oggi le rosse autogru Rigo, con
portate da 50 a 130 tonnellate, coprono
le esigenze di movimentazione in svariati
settori.
La vera novità di un mezzo che, da
quando esiste fin dai primi anni ’70
(lanciato dalla Belotti di Genova nel
1975) è sostanzialmente rimasto invariato,
è infatti proprio la modularità: nella
filosofia di CES si può completamente
smontare la macchina in 1 giorno, come
fosse un giocattolo del Lego o Meccano,
e dotarla di power pack, trasmissione e
assi differenti, fino ad avere un mezzo
del tutto differente: “possiamo spedire i
componenti e mandare nostri assemblatori
a fare il tutto nel giro di sole 24 ore”
conferma Huthloff Jr.
Non è sul prezzo che si gioca la
competitività della newco.
“Siamo allineati a quelli dei concorrenti,
tra 400.000 e 450.000 euro per i
modelli maggiori e più sofisticati; ma
l’investimento iniziale incide poco rispetto
al ciclo di vita e ai costi di manutenzione,
quelli che fanno la vera differenza:
abbiamo fatto una comparazione, si
risparmia il 50% dei costi grazie alla
garanzia estesa a 1.000 ore” spiega ancora
il vero ‘padre’ del progetto, il quale ora
si gode per sua stessa ammissione la
“splendida posizione di consulente, che
non implica alcuna grossa responsabilità”,
segue a pag.28
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28
Lunedì 7 Dicembre 2015
segue da pag.27
avendo delegato il figlio di 37 anni alla
gestione della nuova azienda.
“Sul mercato per ogni applicazione ci
sono diverse lunghezze di chassis da
5 a 9 metri; questo significa che, se
cambiano le tue esigenze, devi vendere
la macchina. Con la nostra soluzione
versatile invece no, perché la VRS ha 12
moduli, di cui 6 di base: chassis, boom,
spreader, assi, trasmissione, software,
e 6 a cambio rapido: motore, serbatoio,
pneumatici, stabilizzatori, contrappesi,
cabine. Dunque la macchina può essere
upgraded o downgraded a proprio
piacimento, con la garanzia di tempi
rapidi di smantellamento e assemblaggio.
Noi non siamo fornitori tout court di reach
stacker ma bensì fornitori di moduli di
reach stacker, che combiniamo sotto varie
formule” conferma Nicholas Huthloff.
“La nostra macchina sarà costruita con un
motore adeguato da aziende che hanno
sviluppato un sistema molto intelligente
nell’idraulica. Usiamo i due moduli in
parallelo all’inizio in accensione, poi un
solo modulo in seconda marcia e quindi
solo il più piccolo in terza, il che dà
minore stress al motore perché non c’è
bisogno di usare tanti HP. Così possiamo
avere motori a spazio limitato. Finora
siamo stati con Cummins 320 HP e con
Volvo 280 HP”.
Secondo gli imprenditori tedeschi sono tre
i fattori di efficienza cruciali.
“Ridotti costi di manutenzione ogni 1.000
ore, si risparmia il 40-50%; maggior
disponibilità operativa al 95% del tempo
(con l’opzione da 2.000 litri il serbatoio
si deve rabboccare solo 1 volta al mese);
grazie al software (nel caso specifico,
il CES Eco Soft è stato realizzato
appositamente) e al metodo di lavoro
della trasmissione, rispetto ai diesel usuali
possiamo usare un motore più piccolo (6,7
e 9 litri, invece di 11 o 13 litri). Inoltre
siamo in grado di ridurre la velocità
massima del motore di circa 300 rpm.
Tutti i componenti (trasmissione, motori
e software) consentono il funzionamento
con un consumo di soli 10-15 litri di
gasolio per ogni ora di lavoro”.
Nel programma ideale di utilizzo del
produttore sono ipotizzabili tre cicli di
vita delle macchine: il primo da 2mila ore,
il secondo da 600 ore e il terzo da 300 ore;
ma ovviamente senza rigidità…
“Il lifetime dipende sempre da quanto è
intensivo l’impiego della macchina, che
può variare da 100 a 250 ore al mese,
per cui complessivamente in 4 anni, ad
esempio, si può andare da 4mila a 12mila
ore” puntualizza Nicholas Huthloff.
La gamma produttiva, con la combinazione
dei 12 moduli, vede al momento 6
macchine, modelli contrassegnati con una
lettera dell’alfabeto crescente, da VRS-A
fino a VRS-F, con 5 diverse
lunghezze di telaio (6,5, 7, 7,5,
8 e 8,5 metri), per un totale
complessivo di ben 60 varianti.
A seconda del tipo variano alcuni
parametri, come il contrappeso
(fornito da So.me.fer. srl), da
8 a 25 tonnellate in sei diverse
opzioni e la capacità: da
35/28/13 a 50/43/33 tonnellate
(1°, 2° e 3° fila, rispettivamente).
Robert Huthloff ribadisce quello
che è un po’ il cruccio di tutti
i costruttori, ovvero ridurre i
costi. “Sul costo del lavoro non
si può fare grande risparmio;
il tempo di assemblaggio pesa
dal 5% al 10% del costo finale,
un risparmio del costo del lavoro del
20% è dunque irrisorio sul costo finale
di produzione, da 1% al 2%. Per questo
non capisco la logica di grandi aziende
come Kalmar che hanno delocalizzato
la produzione in Polonia costringendo
loro ingegneri ad andare a Stettino tutte
Nicholas Huthloff
le settimane, creando in loro un moto
di frustrazione e dunque una parziale
demotivazione”.
Anche il consumo di carburante e la
manutenzione influenzano molto i cicli
di vita delle macchine: “E noi possiamo
incidere molto su queste variabili. Il
segue a pag.29
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Lunedì 7 Dicembre 2015
segue da pag.28
rabbocco del fuel costa
tempo, ma abbiamo
un serbatoio da 1.000
litri. Nella macchina
venduta ad Amburgo
che guida solo su brevi
distanze, quindi accelera
e decelera spesso, si
risparmiano 50 litri di
fuel in un turno, fino a
10-13 litri all’ora, il che
corrisponde nel ciclo
vita ad un risparmio
di 50.000 euro. Inoltre
siamo riusciti a passare da 2.100 a 1.800
rpm, dunque anche con una riduzione
delle emissioni sonore, che sono un
valore certificato di 68 decibel in cabina
e di 71 decibel all’esterno. Possiamo farlo
perché abbiamo un organo di trasmissione
piccolo”.
Per quanto riguarda l’energy box, l’ultima
novità è che Gaussin è diventato partner
per consegnare il power pack (e non solo).
“Al momento, anche nella macchina
appena approntata a Verona e che andrà
prossimamente a Hericourt, il motore è un
diesel, ma è già in progetto di sviluppare
un motore ibrido diesel-elettrico e anche
un full-electric power pack, sebbene
non prima della fine dell’anno o più
probabilmente a inizio 2016”.
Nei successivi sviluppi già preventivati,
Gaussin potrà sviluppare anche il
quarto tipo a gas, che tuttavia rischia di
scoraggiare, almeno inizialmente, l’utenza
perché ­costa il 30% in più del modello
ibrido. “Sono un fan dell’elettrico puro,
che non è molto più caro del diesel, le
batterie sono molto potenti” ammette
Robert Huthloff.
Infine sono mutevoli anche i pneumatici,
che variano da 18-25 a 18-33, e possono
ovviamente essere cambiati pure essi sulla
stessa macchina.
Ma perché una società tedesca, con 30
persone in organico, che non produce
direttamente ma assembla componenti, ha
scelto un paese non certo low cost come
l’Italia per ubicare il suo sito?
Ci sono anche delle ragioni sentimentali,
oltre che di diversa convenienza, ammette
Robert Hutloff.
“Nel 1982 incontrai
Giuseppe Ferrari di CVS
e decidemmo di lavorare
insieme. Ricordo ancora
la prima macchina
venduta in Italia nel
1987, era una reach
stacker Hyco, marchio
che
rappresentavamo
in un team affiatato
composto anche da Elvio
Simonetti, (che ha girato
quasi tutti i produttori
di reach stacker nella
sua articolata carriera,
nda), Larry Lam (poi
fondatore di Portek, prematuramente
scomparso), e l’australiano Alan Clark”
rammenta Robert. “Poi nel 1983 diventai
rappresentante di Battioni & Pagani il cui
titolare parlava solo italiano; imparare la
sua lingua era l’unico modo. E da allora
seguo con affetto questo paese; da tanti
anni vengo qua in Italia così ho maturato
molta esperienza coi produttori tricolori;
e sono convinto che una cooperazione
italo-tedesca dia la miglior formula. Ho
capito che gli italiani sono più flessibili
e veloci dei tedeschi, perché in Germania
siamo ossessionati da leggi e processi.
Dunque ritornare qua è un mix di feeling
sentimentale e di realismo pratico. E poi
preferisco lavorare con aziende mediopiccole dove la proprietà è presente e puoi
dialogare spesso”.
Huthloff Sr. racconta di avere venduto
circa 200 macchine nella sua lunga
carriera. “E quasi tutte le macchine da
noi vendute hanno portato in alto poi la
nostra assistenza full service. Il costo
di garanzia varia dallo 0,6% all’8% sul
costo finale; si deve lavorare su questo.
Noi lavoriamo solo coi fornitori che
danno le migliori qualità e garanzie: assi
Kessler, motori Volvo e Cummins, sistemi
idraulici Bosch Rexroth, trasmissione
di Dana Spicer, spreader Elme (anche
se stiamo considerando di produrre il
nostro spreader, che sarà più flessibile)”
concludono Huthloff padre e figlio.
Nello schema societario di Huthloff,
FSH Flurfoerderfahrzeuge Service &
Handels GmbH, società di proprietà con
sede in Germania - dealer e distributori
di vecchia data di marchi assai noti (CVS
Ferrari, Sany, Gaussin, Trimoder, Zephir,
RAM Spreaders; in passato anche Terex
e partner di MAFO Maschinenhandel
Forst Rober H. Huthloff GmbH) - è
general dealer e service company per CES
Italy, sister company di CES Container
Handling Equipment & Solutions GmbH
(sede a Langenfeld, Colonia, costituita nel
2004), controllata al 100%.
Come dealer per la Francia e per i paesi
di lingua francese agisce Gaussin,
Robert Huthloff
che proprio nelle scorse settimane ha
ingaggiato quale nuovo general manager
Jean-Luc Dejean, col preciso compito
di sgravare di una parte dei suoi troppo
numerosi impegni il titolare Christophe
Gaussin.
Il dirigente originario di Colmar in Alsazia,
arruolato dopo una trattativa lampo di
assunzione, ha esperienze pregresse nel
settore dell’industria meccanica e della
componentistica auto, presso nomi quali
Alcatel, dove ha lavorato 11 anni.
Dealer per il Belgio è la D-Cargo BVBA
di Jan Wacker (che distribuisce anche
i prodotti Gaussin), mentre per gli altri
paesi, come l’Italia – dove la Movincar di
Torino al momento non ancora ha siglato
nessun accordo di partenariato – la caccia
per nuovi dealers è aperta.
Angelo Scorza
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30
TRADING
Il metanolo secondo Bonetti
L’AD di Metachem (e di Carmagnani) illustra pregi e possibili impieghi della commodity, a
cominciare da quello come carburante marino ‘green’ al posto (o al fianco) dell’LNG
Genova - “Metanolo come risorse
energetica,
metanolo
e
questioni
climatiche, metanolo come marine fuel
nel rispetto delle regolamentazioni IMO,
e moltissimi altri interventi su ulteriori
applicazioni”.
Giorgio Bonetti, Amministratore Delegato
(insieme al presidente Secondo Triboldi)
di Metachem, è convinto che per il
metanolo – commodity chimica prodotta
principalmente dal gas naturale o dal
carbone, sulla quale verte l’attività della
società - “il meglio debba ancora arrivare”.
A sostegno del suo punto di vista, il
manager (che è anche AD di Attilio
Carmagnani AC Spa, insieme ad
Emilio Carmagnani) cita i titoli delle
diverse sessioni in cui è articolato il
‘2015 Methanol Technology and Policy
Congress’, convegno organizzato da
MMSA in corso proprio in questi giorni a
Francoforte, che mira a fare il punto sullo
stato del settore analizzando le prospettive
per le diverse, numerosissime, applicazioni
finali del metanolo.
Secondo la stessa MMSA (Methanol
Market Services Asia) il giro d’affari
generato a livello globale dal metanolo
sarà pari quest’anno a 24 miliardi di dollari
(contro i 16 del 2010) e toccherà i 38-40 nel
2020, grazie anche alla crescente domanda
generata dalla Cina, dove si sta affermando
come alternativa ai normali carburanti per
autoveicoli. Ma – ammette ancora MMSA
– in Occidente il suo utilizzo è permeato da
un “certo mistero”.
Tra le prospettive interessanti – sottolinea
Bonetti - c’è il suo possibile utilizzo come
combustibile marino (già sperimentato
da Stena Line, v.box), date le emissioni
nell’ambiente comparabili a quelle
Giorgio Bonetti
dell’LNG, a fronte di investimenti più
bassi per le conversioni delle navi.
Dall’altro lato, a rendere ancora più
accattivante il suo impiego, c’è il fatto che
– oltre che da gas naturale e carbone – il
metanolo possa essere ricavato da prodotti
come biomasse e addirittura dalle stesse
emissioni di CO2.
Questo è dunque lo scenario su cui si
muove oggi la Metachem (che, a parte
qualche fornitura occasionale di urea,
centra appunto tutta la sua attività, sin
dalla nascita, sulla commercializzazione
di questa commodity, gestendone anche
le fasi di stoccaggio, logistica e trasporto
verso i destinatari finali).
“La società nacque negli anni ’70 da una
mia iniziativa in Libia” ricorda Bonetti,
che intravide le opportunità di ‘aprire
la strada’ all’importazione in Italia del
metanolo prodotto nel Paese maghrebino
dai due impianti gemelli di Marsa El
Brega. Dopo alcuni avvicendamenti nella
proprietà, la società nel 1986 (ancora
sotto il nome di Chempetrol) aveva come
socio di maggioranza (al 75%) NOC
(National Oil Company, cioè la compagnia
petrolifera di Stato libica), affiancata da
AC con il restante 25%. La quota libica
venne rilevata nel 1993 dalla DECAL di
Triboldi, ma nonostante questo passaggio
le cose continuarono a filare lisce nel Paese
per Metachem.
Sotto il regime di Gheddafi, ricorda Bonetti
Lunedì 7 Dicembre 2015
con una punta di nostalgia, la società visse
un periodo di grande prosperità: “Oltre alla
leadership nel mercato italiano, dove ora
abbiamo una fetta del 40%, in quel periodo
‘imperversavamo’ anche in altre aree del
Mediterraneo. Ad esempio in Grecia, dove
garantivamo il 98% del fabbisogno di
metanolo del Paese”.
Il crollo del regime del ‘Colonnello’
ha però cambiato le carte in tavola. La
discontinuità nei flussi di forniture da
parte degli impianti libici, venutasi a
creare con la guerra civile, ha portato la
Metachem a guardare altrove. “Da un
paio d’anni ci riforniamo principalmente
in Iran, appoggiandoci alla Chimitrade
(società guidata da Flavio Basso e da Paolo
Bonetti, figlio dello stesso Giorgio, ndr),
che opera come distributore dell’iraniana
PCC (Petrochemical Commercial Co.) e
che, avendo già un contratto in essere con
questa da prima del gennaio 2012, non è
stata toccata dalle sanzioni UE contro le
aziende che facevano affari nel Paese”.
Altro mercato di approvigionamento è
in questo momento l’Algeria, seppur
per forniture decisamente più contenute,
mentre per quanto riguarda la destinazione
del prodotto, il focus è ovviamente
sull’Italia, e a volte Slovenia e Svizzera.
“I nostri clienti sono principalmente di
due tipi: da un lato aziende del settore
edile e dell’arredamento, che impiegano il
metanolo per la produzione di formaldeide,
e cioè in ultima battuta per realizzare
pavimentazioni o mobili, in particolare
da ufficio o per le cucine. Dall’altro lato,
chi lo utilizza per la produzione di MTBE,
e cioè raffinerie che lo aggiungono alle
benzine”.
Un ulteriore impiego è quello per
l’industria famaceutica, ma i volumi
sono decisamente inferiori dato che per
molti clienti il fabbisogno “si limita a 2/3
autobotti al mese”.
Dal punto di vista geografico, se si
escludono le raffinerie, servite attraverso i
porti di Sarroch (Saras) e Priolo e Milazzo,
la cientela è dislocata principalmente
nel Nord Italia, e di conseguenza anche
i punti di approdo delle navi di cui si
serve Metachem, con alcuni recenti e
significativi cambiamenti.
“Alcune aziende piemontesi e lombarde
che rifornivamo hanno fermato le attività,
quindi è dal 2014 che non facciamo arrivare
navi a Genova. Non arriviamo nemmeno
a Trieste, dove non disponiamo più di
capacità di stoccaggio; il nostro fornitore
ha preferito, abbastanza repentinamente,
allocarla alla Methanex, gruppo canadese
che è il principale produttore mondiale.
Oggi ‘arriviamo’ e ‘stocchiamo’ a Livorno,
a Marghera (nei depositi di DECAL) e
Ravenna, scalo in cui ci appoggiamo a
PIR. Tutti ‘approdi sicuri’, dati i rapporti
di stretta collaborazione che abbiamo con
tutti loro”.
Con il gruppo di Ottolenghi questi rapporti
dovrebbero poi consolidarsi ulteriormente
quando dovesse concludersi la ‘storia
infinita’ del trasferimento dei depositi
di Carmagnani e Superba, dato che le
due società prevedono per quella data di
costituire, insieme, una società ad hoc.
Tornando alla catena logistica di
Metcahem, questa – ammette il suo
Amministratore Delegato con rammarico
– è quasi interamente gestita attraverso
autobotti; solo la fornitura verso uno
specifico cliente è servita tramite bettoline
fluviali sul Po, via Mantova, mentre allo
stato attuale non risulta conveniente
utilizzare la ferrovia.
Guardando invece ai volumi movimentati,
negli tre ultimi anni questi sono stabili
intorno alle 70/80.000 tonnellate/anno (nel
2010, cioè appena prima della caduta di
Gheddafi, avevano raggiunto le 179.000
tonnellate), mentre il fatturato (che nel
2010 era stato pari a circa 41,6 milioni
di euro) si è assestato lo scorso anno su
circa 28,8 milioni. Sostanzialmente in
linea, dunque, con quello previsto per il
2015, dato che a fine novembre i conti
di Metachem avevano registrato un giro
d’affari di 20 milioni.
Francesca Marchesi
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REGISTRI
Methanol as marine fuel, Waterfront Shipping
(Methanex) e Stena Line in prima linea
Prima al mondo a utilizzare il metanolo
come combustibile marino su una propria
nave, Stena Line è stata tra i protagonisti
del MTPC di Francoforte, dove il suo
direttore tecnico Per Stefenson ha tenuto
un intervento dal titolo “Methanol as
Marine Fuel” nel corso della quinta
sessione del convegno.
La compagnia svedese, vale la pena
ricordare, lo scorso marzo ha rimesso
in acqua – dopo un processo di
riconversione durato un paio di mesi,
svoltosi presso il cantiere Remontova
di Gdansk - il ferry Stena Germanica,
trasformato in una unità dual feul (dove
il carburante principale è appunto il
metanolo, affiancato, con funzione di
back up, dal classico Marine Gas Oil).
Secondo il CEO di Stena Line CarlJohan Hagman, le emissioni prodotte
dal metanolo come combustibile marino
sono “all’incirca le stesse dell’LNG,
ma più facili da processare” e in
aggiunta richiedono minori investimenti
infrastrutturale. Rispetto ai combustibili
standard, le emissioni zolfo (SOx)
risultano ridotte del 99% circa, quelle di
nitrogeno del 60%, quelle di PM del 95%
e quelle di CO2 del 25%. Il progetto,
Lunedì 7 Dicembre 2015
supportato dai fondi dell’iniziativa
UE Motorways of the Seas, è costato
complessivamente 22 milioni di euro ed
è stato realizzato in collaborazione con
Wartsila.
Stena Line sarà presto però ‘superata
a destra’ da Waterfront Shipping,
compagnia interamente controllata da
Methanex, il primo produttore al mondo
di metanolo, con sede a Vancouver, in
Canada.
“Ne vendiamo 8,5 milioni di tonnellate
all’anno” ha affermato il presidente di
WFS, Jone Hognestad “perciò è stato
naturale analizzare le
possibilità di realizzare
delle navi alimentate a
metanolo”.
La compagnia nel 2013
ha quindi firmato, in
partership con Mitsui
O.S.K Lines, WestfalLarsen Co A/S e la
compagnia
svedese
Marinvest un accordo
per la costruzione di 7
navi da 50.000 dwt “ad
alimentazione flessibile” (metanolo, fuel
oil, marine diesel oil, gas oil), che saranno
realizzate da Hyundai Mipo Dockyard e
da Minaminippon Shipbuilding.
Le 7 unità, la cui consegna è prevista
nel corso del 2016, saranno dotate di
un motore MAN ME-LGI a due tempi
‘flessibile’. “Uno dei maggiori vantaggi
del metanolo – ha aggiunto Hognestad –
è che si trova già in forma liquida e quindi
non necessita di quegli ‘aggiustamenti’
dal punto di vista della temperatura o
della pressione di cui invece ha bisogno
l’LNG”.
F.M.
Un giorno al Museo per gli armatori
di BV (che si allea con Gas & Heat)
Il XXV Comitato Italiano del registro navale francese si è tenuto nelle
sale del Museo Filangieri a Napoli aperto eccezionalmente in anteprima
In coerenza a una bella consuetudine che
lo vede dare sempre il suo contributo alla
conoscenza e sostenibilità dell’immenso
patrimonio artistico della città partenopea,
anche quest’anno Bureau Veritas ha
nuovamente voluto tenere la sua tradizionale
riunione di fine novembre in un palazzo
storico di Napoli.
Così, persino precedendo l’apertura ufficiale
del museo al pubblico il 5 dicembre, dopo
ben 16 anni di chiusura, il XXV Comitato
Italiano del registro navale francese si è
tenuto nelle sale del Museo Filangieri di
Via Duomo, presieduto dal Prof. Antonio
Sorrentino che ha brevemente ricordato
la storia della famiglia Filangieri e del
quattrocentesco palazzo rivelando le origini
francesi di detta famiglia e simpaticamente
intrecciando le origini della stessa con
quelle della multinazionale BV.
I risultati tecnico-economico-finanziari che
registra la prima flotta mondiale classificata
in numero di navi (11.300 unità) e la quinta
per tonnellaggio (109 milioni di tonnellate)
con un’età media di soli 13 anni e un
fatturato nei primi 9 mesi del 2015 di 3,5
miliardi di euro (+14% rispetto allo stesso
periodo del 2014), sono stati presentati da
Didier Boutier, Senior Vice President a capo
del Sud Europa Africa e Medio Oriente della
Marine & Offshore Division, e dal Country
Executive Vittorio Damonte, il quale ha
rimarcato la ormai consolidata posizione di
Bureau Veritas Italia che classifica il 20%
del tonnellaggio tricolore e la quarta flotta
mondiale dopo Cina, Grecia e Giappone, se
espressa in termini di genuine link.
I partecipanti hanno ascoltato le previsioni di
Enrico Paglia (banchero costa) per i settori
dry, oil, container coi trend di crescita della
flotta, rate di demolizioni e trend politici/
economici/industriali.
Si sono infine succedute diverse
presentazioni tecniche su LNG propulsion,
sulla compliance alle normative ambientali
(nuovo MRV, Tier III e BWM, la cui adozione
a seguito della firma dell’Indonesia è stata
annunciata ai partecipanti proprio durante
il comitato) e dei numerosi servizi che BV
può offrire agli armatori per rispettare in
maniera adeguata le numerose scadenze dei
mesi a venire.
Particolarmente interessanti le presentazioni
di Antonio De Feo, Business Development
Manager di Bureau Veritas, e di Mauro
Evangelisti, presidente di Gas & Heat di
Livorno, leader mondiale nella costruzione
di sistemi di contenimento per liquified gas
e recipienti a pressione.
Il primo ha illustrato come sia le
infrastrutture che le tecnologie siano
ben sviluppate per assistere gli armatori
nella costruzione o conversione di navi
a propulsione a gas e ha brevemente
presentato i progetti già completati sotto
sorveglianza BV. L’imprenditore marittimo
toscano ha anticipato i progetti futuri di
Gas & Heat che includono una stazione di
stoccaggio LNG in Sardegna.
De Feo ed Evangelisti hanno annunciato
una partnership BV- Gas & Heat per la
costruzione di un test bench scala 1:1 per
la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie
e materiali legati alla propulsione a gas e
per l’istituzione di un training centre per
la formazione del personale in vista dello
sviluppo dei nuovi STCW requirements
a seguito della recente adozione dell’IGF
Code.
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DAL MERCATO
C’è tanto ‘blue’ nelle prime 500 aziende liguri
I dati della ricerca La Repubblica-PwC confermano il ruolo di primo piano dell’economia
marittima, in una regione costiera che tuttavia soffre di cronica carenza di infrastrutture
Genova – La Blue Economy – l’economia
legata a tutte le attività marittime:
armamento, porti, cantieristica, nautica e
pesca – gioca un ruolo determinante per il
PIL della Regione Liguria e per la tenuta
del suo sistema industriale.
Una verità ben nota, che ora viene
ulteriormente confermata e certificata
esperti di PwC: si va dai 4,8 miliardi di
Erg, numero 1 in classifica, ai 9,2 milioni
di euro di Inganunia, che chiude il ranking
al 500° posto. In mezzo una galassia di
società, il 70% in qualche modo ancora
legate ad un singolo nucleo familiare,
il cui fatturato aggregato lo scorso anno
è stato pari a 47,8 miliardi (-2,34% sul
dallo studio Top 500, commissionato
a Price Waterhouse Coopers (PwC)
dall’edizione genovese di Repubblica, e
presentata con un evento dedicato presso
il Palazzo della Borsa.
L’analisi mette in fila, per valore dei ricavi
relativi all’anno 2014, le prime 500 aziende
liguri su circa 18.000 Spa (attualmente
attive) prese in considerazione dagli
2013) mentre l’EBITDA ha raggiunto 3,7
miliardi (+2,86%).
Come detto il peso dello shipping è
certamente rilevante, non fosse altro per la
presenza di due primarie aziende genovesi
del settore nella top 10: Costa Crociere al
2° posto, con fatturato di 3,2 miliardi (in
crescita rispetto a 3,1 miliardi nel 2013)
e utile netto di 444 milioni di euro (balzo
enorme rispetto ai 195 milioni dell’anno
precedente), e del gruppo Cosulich
(Cosulich International Srl) che ha chiuso
il 2014 con 1,1 miliardi di fatturato e 6,1
milioni di euro di utile netto.
Nella ricerca – in cui, precisano gli analisti
di PwC, va considerato l’elevato livello di
fatturato, non sempre significativo, delle
società che svolgono trading
di commodities – le top 500
vengono suddivise in 4 diversi
cluster, a partire proprio dalla
Blue Economy che svetta per
buoni risultati, partendo anche
da una precedente situazione di
difficoltà e contando soprattutto
sul contributo del comparto
crocieristico:
il
fatturato
aggregato di questa categoria
è cresciuto del 3,3% su base
annua,
mentre
l’EBITDA
ha fatto segnare un +25%,
indice appunto di una drastica
riduzione delle perdite rispetto
ai difficili anni precedenti.
L’Oil & Energy, con -6,92% di
fatturato e -14,9% di EBITDA,
soffre per cause congiunturali,
mentre tengono bene sia il Food
(+1,73% il fatturato e +14%
l’EBITDA) che l’Healthcare
& Farma (-0,33% il fatturato e
+2,76%).
I risultati della ricerca sono stati quindi
analizzati in una tavola rotonda animata
da alcuni dei protagonisti dell’economia
ligure: presenti Carlo Castellano,
Presidente Dixet e Presidente Onorario di
Esaote, il Presidente di Duferco Antonio
Gozzi, l’Amministratore delegato di ERG
Giovanni Mondini, il Presidente del RINA
Lunedì 7 Dicembre 2015
Ugo Salerno e Giuseppe Zampini, CEO
di Ansaldo Energia nonché Presidente di
Confindustria Genova.
Tutti i panelist hanno concordato nel
rilevare la buona tenuta del sistema
economico ligure, che certo ha sofferto
della crisi ma che ha messo in atto
politiche difensive con l’obbiettivo di
poter poi ripartire con un miglioramento
della situazione generale. Ora il momento
è arrivato, ma la condizione fondamentale
per tornare a crescere è lo sblocco delle
infrastrutture.
Su questo tema conclude, riassumendo il
senso dell’evento, proprio Zampini, che
ha chiesto (retoricamente) alla platea e
ai rappresentanti istituzionali presenti in
sala: “Le aziende sono state molto brave e
hanno mantenuto la barra dritta nonostante
i tumulti della crisi. Ma ora la politica sta
facendo davvero tutto il possibile per
metterci nelle condizioni di ripartire? Le
occasioni ci sono, ma la crescita viene
massa a rischio dalla mancanza di visione
e dalla cronica carenza di infrastrutture
adeguate, su cui per il momento stentiamo
a vedere un reale cambio di passo”.
Francesco Bottino
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ASSOCIAZIONI
Non solo ingegneri, ma certificati
e aggiornati professionalmente
L’AIPAM Associazione Ingegneri Periti di Avaria Marittime continua nel suo percorso
virtuoso per avere associati sempre più qualificati anche senza la laurea ‘giusta’.
Concluso in maniera trionfale il biennio di Reggio alla presidenza italiana di FEMAS
Federation of European Maritime Associations of Surveyors and Consultants
Genova – È sempre più un must
il tradizionale appuntamento di
inizio dicembre con cui l’AIPAM,
Associazione Ingegneri Periti di
Avaria Marittime, ha inaugurato
la nutrita serie di party natalizi
dello shipping.
Nella ormai consueta cornice
delle Cisterne del Palazzo
Ducale genovese, l’evento postAssemblea Generale ha visto
partecipare circa 130 invitati
divisi fra assicuratori h&m, p&i,
legali, brokers, armatori, cantieri,
liquidatori,
rappresentanti
di registri di classifica e,
ovviamente, soci AIPAM.
E se lo scorso anno l’incontro sotto
l’albero era stata l’occasione per
annunciare l’epocale cambio di
statuto dell’associazione, in virtù
del quale ora possono diventare
soci anche professionisti attivi
nell’ambito delle perizie ed avarie
marittime che abbiamo maturato adeguate
competenze, seppure sprovvisti di una
laurea in ingegneria (requisito fino al 2014
imprescindibile), quest’anno Babbo Natale
ha portato ai periti marittimi italiani altre
buone notizie.
“Nel corso dell’anno appena trascorso
l’Associazione ha radicalmente cambiato
il proprio Statuto, aprendo l’ingresso anche
Alessio Gnecco
a non ingegneri, ma contemporaneamente
instaurando un metodo di valutazione per
l’ingresso e per il mantenimento della
qualifica di socio basato sull’effettiva
attività professionale nell’ambito delle
avarie marittime e su uno sforzo di
aggiornamento professionale continuato”
precisa Alessio Gnecco, presidente
associativo in carica per il triennio 20132016. “Nella stessa scia, stiamo facendo
una azione di lobbying per
ottenere, da parte dell’Ordine
degli Ingegneri, la disponibilità
di corsi di aggiornamento
professionali che siano attinenti
alla
nostra
professione.
Contemporaneamente,
stiamo dando un apporto per
l’avviamento del programma
Cert’Ing volto alla creazione
di una certificazione della
professionalità specifica degli
ingegneri liberi professionisti
iscritti all’Ordine. Queste cose,
per necessità basate sul solo
ambito provinciale, stanno però
costituendo una traccia di lavoro
anche in campo nazionale”.
Fervida, come sempre, l’attività
internazionale, che avrà un
importante
episodio
questa
settimana: il 9 e 10 dicembre,
nel corso della conferenza
internazionale
su
‘Education
&
Professional Development of Engineers
in the Maritime Industry’, organizzata a
Londra dalla RINA Royal Institution of
Naval Architects, un trittico formato da
Università di Genova, ATENA ed AIPAM
presenteranno una relazione congiunta dal
titolo ‘Italian Maritime Cluster and Genoa
University: a Collaborative Partnership
for the Education’, che descriverà l’ormai
Lunedì 7 Dicembre 2015
ventennale esperienza che vede l’industria
marittima collaborare con l’Università
di Genova nell’effettuazione di seminari
rivolti agli studenti dell’ultimo anno di
corso di laurea.
Durante il suo brevissimo speech alla
‘nazionale peritale tricolore’ - ma c’erano
anche ospiti provenienti da Regno
Unito e Grecia - Gnecco ha chiamato in
causa, convocandolo sul proscenio, il
collega Nicolò Reggio, che da due anni
guida con perizia (è proprio il caso di
dirlo…) FEMAS Federation of European
Maritime Associations of Surveyors and
Consultants, l’organizzazione europea che
raggruppa tutte le associazioni omologhe
ad AIPAM.
Giunto a conclusione del suo biennio
di turno di presidenza (a rotazione) in
occasione dell’Annual General Meeting
Nicolò Reggio
del 5 novembre scorso a Rotterdam,
quando ha passato le consegne al collega
Olandese Henk Arntz, Reggio ha tracciato
un bilancio del suo mandato di 24 mesi.
“Nei due anni sotto la mia presidenza
ho portato a modificare lo statuto della
federazione al fine di aggiornarlo e di
concedere l’affiliazione ad ‘isolated
members’ secondo specifici criteri mirati
all’allargamento della compagine” ha
esordito il perito genovese il quale, come
previsto dallo statuto di FEMAS, resterà
membro dell’Executive Council per i
prossimi 2 anni quale Immediate Past
President, anche per dare un senso di
continuità alle iniziative intraprese.
“Oggi FEMAS comprende 8 associazioni
nazionali, con la nona in arrivo dal gennaio
2016, per un totale di oltre 400 periti e
consulenti. Nel corso della mia presidenza
ho stabilito relazioni permanenti con:
ECSA European Community Shipowners’
Association, MAIIF Maritime Authorities
International Investigation Forum, EEEI
European Expertise & Expert Institute, CMI
Comité Maritime Internationale. Inoltre
ho fatto visita ad associazioni nazionali
e partecipato a loro eventi. Nel biennio
trascorso, FEMAS ha quasi triplicato gli
utili e il supporto di AIPAM (in particolare
di Alessio Gnecco, Presidente) é stato forte
ed importante sotto gli aspetti partecipativi,
divulgativi e della comunicazione.
Insomma, credo che noi italici abbiamo
dato una bella immagine della nostre
capacità e della nostra determinazione
nell’assolvere al meglio l’incarico” ha
chiosato, molto soddisfatto, Reggio,
senza celare con orgoglio un piccolo
aneddoto che ne esalta la ‘prestazione’
svolta. “In occasione dell’ultimo meeting
a Rotterdam, un’associazione Francese ha
esplicitamente chiesto se potessi essere
confermato alla presidenza di FEMAS: mi
ha fatto molto piacere, ma lo statuto non lo
permette…”
A.S.
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34
L’ANGOLO FISCALE
IMU anche su posti barca e pontili
Lo Studio CTS fornisce chiarimenti anche sull’imposizione sostitutiva per le imposte
sui redditi nel caso del noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto
Una
recente
pronuncia
della
Commissione
tributaria
regionale
di Firenze (n. 1461/13/15 dell’8
settembre scorso) riapre il dibattito
circa le condizioni d’impiego dei posti
barca e pontili galleggianti, quali spazi
antistanti le aree demaniali portuali
avuti in concessione. Pur trattandosi di
spazi creati sopra specchi d’acqua, che
già il dato lessicale suggerirebbe essere
beni mobili e, quindi, diversi da terreni
e fabbricati, sono tuttavia suscettibili
di autonomo accatastamento e, dunque,
imponibili ai fini delle imposte locali,
ICI (ora IMU) e TASI al pari di terreni
e fabbricati.
Nel caso esaminato un club navale
concessionario di area demaniale
adibiva degli specchi d’acqua a posto
barca e pontili galleggianti dati poi ai
propri soci armatori per l’ormeggio delle
loro imbarcazioni, omettendone però
l’accatastamento e ricevendo in seguito
avvisi di accertamento da parte del locale
Comune per il recupero degli omessi
tributi locali supportato dall’Agenzia
del Territorio. I giudici fiorentini hanno
accolto la posizione dell’ente pubblico.
La vicenda offre lo spunto per
evidenziare che la legge considera gli
specchi d’acqua, anche virtuali, adibiti
a posto barca e pontili galleggianti
come accatastabili al pari delle unità
immobiliari, presentando quella che
il DM 28/1998 art. 2 definisce come
“potenzialità di autonomia funzionale
e reddituale”. Successive circolari
dell’Agenzia del Territorio hanno poi
previsto l’obbligo di accatastamento
Lunedì 7 Dicembre 2015
terzi per l’esercizio individuale dello
sport, ad esempio, affitto di campi da
tennis, gestione di piscine con ingressi
a pagamento, affitto di campi da calcio
a singoli o gruppi. L’evento sportivo
a scopo ricreativo o agonistico deve
essere svolto all’interno nell’immobile
per il quale è richiesta l’esenzione. Di
contro, l’ormeggio delle imbarcazioni
all’interno dello specchio d’acqua in
concessione insieme alla fornitura
di servizi connessi, quali erogazione
di acqua corrente ed elettricità alle
imbarcazioni, restano fuori dall’ambito
di
applicazione
dell’agevolazione
tributaria, dimostrando per il loro
impiego un’autonomia reddituale da
assoggettare a imposizione.
Dott. Stefano Quaglia
Avv. Elio Sbisá
Studio CTS Bolla Quaglia & Associati
Noleggio occasionale di imbarcazioni e navi
da diporto alla prova dell’imposta sostitutiva
nella categoria D/8 con assoggettamento
ad ICI (ora IMU) in capo al soggetto
concessionario in base all’art. 18 comma
3 L. n. 388/2000.
Altra ‘doccia fredda’ per il ricorrente
è stato aver invocato senza successo
il beneficio dell’esenzione dal tributo
locale previsto in caso di esercizio di
attività sportiva (art. 7 D.lgs. n. 504/92).
Il beneficio è stato disconosciuto
per riscontrata mancanza in capo al
ricorrente dei requisiti soggettivi e
oggettivi richiesti. Infatti, al riguardo
la norma indicata riconosce l’esenzione
dall’ICI solo in presenza di soggetto che
sia ente non commerciale secondo le
disposizioni del TUIR e quando i beni
immobili siano utilizzati esclusivamente
dallo stesso soggetto per svolgere
attività sportive, tassativamente indicate
tra le discipline riconosciute dal CONI
e svolte da associazioni sportive senza
scopo di lucro, affiliate alle federazioni
sportive nazionali o agli enti nazionali di
promozione sportiva riconosciuti.
Ma non basta. Come spesso accade
in presenza di agevolazioni fiscali,
le maglie di legge si rivelano
particolarmente stringenti. L’attività
sportiva agonistica deve essere svolta
direttamente ed effettivamente dal
beneficiario, nella forma di partite di
campionato, organizzazione di corsi
e tornei e non mediata. Non qualifica,
quindi, ai fini dell’esenzione che
l’immobile sia messo a disposizione di
Si ricorda ai titolari o utilizzatori
di imbarcazioni e navi da diporto
la possibilità di beneficiare di
un’imposizione sostitutiva per le
imposte sui redditi e le relative
addizionali
nella
misura
del
20%, quando ritraggano proventi
dall’attività di noleggio a terzi delle
loro imbarcazioni ed unità da diporto
esercitata in via occasionale.
Il regime indicato è stato previsto dal
D.L. n. 1/2012 ed è rivolto in particolar
modo alle persone fisiche o alle società
diverse da quelle che abbiano come
oggetto sociale il noleggio o la locazione
anche finanziaria, di imbarcazioni e
navi da diporto. Al riguardo, occorre
aver
effettuato
comunicazione
preventiva di “effettuazione del
noleggio in forma occasionale”, oltre
che all’Agenzia delle Entrate anche alla
Capitaneria di porto competente per
territorio. Inoltre, quando si originano
anche prestazioni di lavoro accessorio,
la comunicazione va inoltrata anche
all’INPS e all’INAIL.
Occorre poi prestare attenzione alla
durata complessiva del noleggio,
affinché la durata complessiva dei
contratti rimanga inferiore ai 42 giorni.
Infatti, oltre tale periodo l’attività di
noleggio viene a configurare come uso
commerciale dell’unità, perdendosi il
beneficio della tassazione sostitutiva
indicata. È anche importante rilevare
che la scelta di tale regime comporta
in ogni caso l’esclusione della
detraibilità o deducibilità dei costi
e delle spese sostenute nell’attività
di noleggio. Una copia del contratto
e della comunicazione inviata
all’Agenzia devono restare a bordo
dell’imbarcazione in caso di controllo
da parte delle autorità. Le somme
dovute vanno versate entro il termine
per il pagamento del saldo IRPEF con
normale modello F24 (codice tributo
1847).
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PROJECT CARGO
Lunedì 7 Dicembre 2015
Animp lancia corsi di educazione al trasporto eccezionale
L’associazione nazionale di impiantistica industriale punta a sensibilizzare
i suoi committenti di consegne mandando a scuola i propri manager
Tempi per i permessi di trasporto che si
dilatano, come si registra ad Abu Dhabi
ad esempio; popolazioni locali che si
oppongono al transito di determinati items
sul territorio in cui risiedono, è successo
negli Usa come nel Far East; condizioni
metereologiche che scombussolano tempi
e modi di spedizione.
E ancora: normative in evoluzione che
mutano in corso d’opera o accorgimenti
tecnici al manufatto da spedire che
division operation manager di ISS
Palumbo), Emanuela Ventre (operation
manager di Aprile), Alessandro Crocitto
(general manager di Deugro), Luca
Mazzucchelli (transportation & chartering
subcontracting manager di Saipem) e
Raffaele Lodati (global categorymanager
logistics di Tenova).
Sempre più centrale per la riuscita
delle commesse nel cui ambito viene
predisposto, il trasporto – è emerso dal
costringono a riprogrammare le modalità
di trasporto.
Sono tutti casi concreti quelli illustrati
da Animp, l’associazione nazionale di
impiantistica industriale che – sotto la
regia del nuovo presidente Claudio Andrea
Gemme e di Massimo Zambon e Maria
Teresa Berini, rispettivamente presidente
e componente del comitato direttivo
della sezione LTS (Logistica-TrasportiSpedizioni) – ha ospitato, nel nono
convegno dedicato dal titolo “Logistica…
Quo Vadis?” una tavola rotonda con
Nadia Baroni (logistic regional leader di
Tecnimont), Antonella Roselli (project
confronto e dai casi concreti portati
dai partecipanti alla tavola rotonda –
rappresenta sempre più un’incognita in
termini di costi; o meglio, è sempre più
soggetto a situazioni che sfuggono alle
previsioni e alle clausole contrattuali e che
innescano di conseguenza veri e propri
dilemmi legali su chi debba sopportare
i costi dell’imprevisto e del connesso
ritardo, rispetto ai quali è palpabile una
crescente insofferenza degli operatori della
logistica.
Seppur non detto esplicitamente, dalla
tavola rotonda è emerso piuttosto
nitidamente il fatto che l’idea che il
trasporto sia qualcosa di scontato – mentre
così non è – è ancora troppo diffusa tra
chi del trasporto è committente ma non
esecutore.
Saipem - come testimoniato da Daslav
Brkic - punta a una revisione della
sua intera supply chain nonché delle
formule contrattuali utilizzate (verranno
razionalizzati gli asset, la società si
dedicherà un po’ più all’engineering e
un po’ meno alla costruzione, attraverso
il progamma ‘Fit for future’ si punta a
conseguire risparmi per oltre 1 miliardo
di euro sui costi), ma non fa mistero di
ritenere impossibile un miglioramento
delle performance nella misura attesa
da chi commissiona un trasporto se non
coinvolgendo proprio quel committente,
così da migliorare il grado di coincidenza
tra l’item che si progetta e realizza e la
trasportabilità di quello stesso item fino al
punto e per l’uso per il quale è pensato.
Proprio in funzione di questo maggior
coinvolgimento, per creare le condizioni
di una domanda e di un’offerta più accorte
e adeguate in tema di trasporti e logistica,
Animp lancia dal prossimo gennaio una
serie di corsi (a pagamento) a Milano,
basati sull’apprendimento da esperienze
come quelle affiorate alla tavola rotonda.
Si inizia il 20 gennaio col workshop
‘Criticità nella gestione di un progetto,
superamento e lesson learned’ (docenti
Ugo Forghieri di Animp e Giordano
Gariboldi, project control manager di
EPD – SIIRTEC NIGI) e si prosegue il
28 del mese con ‘L’analisi dei rischi nella
costruzione’ (docente Giuseppe Mancuso,
responsabile del dipartimento di Contract
Administration di Technip Italy).
Dureranno invece tre giornate il corso
‘Proposal management per fornitori di
Massimo Zambon
componenti di impiantistica industriale’
(17-19 febbraio) e ‘Corso professionale
sul project management secondo la
metodologia Ipma’ (25-27 febbraio e
10-12 marzo). Il primo corso avrà come
docenti Gesuino Vaccani (director of
sales & custode service di Flowserve),
Guido Maglionico (Animp), Ettore
Maria Magnani (executive vice president
della business unit onshore di Saipem) e
Michele Pantaleoene (senior vice president
tendering engineering & construction
di Saipem), il secondo Ugo Forghieri,
Roberto Mori (director special projects
di Tenova), Giovanni Pisano (consulente
di project management) e Paolo Sanvito
(esperto di contract management in
Saipem).
Altri corsi si terranno in tutti gli altri mesi
del 2016.
Carlo Sala
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LOGISTICA
Filotto di locazioni tricolori per gli immobiliaristi pan-europei
P3 Logistic Parks impiega 80.000 mq di locali ad uso logistico in Italia
Il P3 Castel San Giovanni, coi magazzini di Rajapack e di You Log
Negli ultimi quattro mesi, PointPark
Properties P3 Logistic Parks ha ceduto
in locazione in Italia oltre 80.000 mq
di magazzini, di cui la maggior parte
(68.000 mq) fa capo ad Agorà Network.
L’azienda pan-europea, proprietà di
TPG Real Estate e Ivanhoé Cambridge,
specializzata nell’acquisizione, sviluppo
e gestione di immobili ad uso logistico
in tutta Europa, ha notevolmente
ampliato la propria presenza sul mercato
logistico tricolore a partire da luglio
2014, quando ha aggiunto 5 capannoni
prime all’immobile P3 Sala Bolognese
nell’hinterland milanese già in portfolio.
I nuovi immobili, la cui superficie
complessiva supera i 200.000 mq, sono
stati acquistati in operazioni distinte dal
fondo Logistics gestito da AEW Europe
e da CD Group, a proprietà familiare.
I suoi clienti italiani comprendono
Deufol, Difarco, Agorà Network,
Geodis, Rajapack, Moncler, You Log e
SDA.
“Con le ultime locazioni il portfolio
italiano, che comprende 6 immobili in
5 siti per un’area complessiva affittabile
di 230.000 mq, è ora interamente
occupato” commenta Jean-Luc Saporito,
Amministratore Delegato P3 in Italia, il
quale vanta 17 anni di esperienza per
conto di Amazon, Prologis, HewlettPackard, Procter&Gamble. “Siamo
alla ricerca di nuove opportunità per
accrescere la presenza, acquistando
sia terreni adatti al built-to-suit che
immobili a uso logistico esistenti già
locati.”
Il più grande degli ultimi locali
concessi in locazione si trova a P3
Brignano, ad est di Milano, dove Agorà
Network ha siglato un contratto per la
locazione di un edificio di 68.000 mq
precedentemente occupato da Kuehne
& Nagel. L’immobile, nella zona di
Brignano Gera d’Adda, offre eccellenti
collegamenti tramite la nuova autostrada
A35 BreBeMi (Brescia - Bergamo Milano).
Precedentemente subaffittuaria del
Gruppo FBH nell’edificio P3 Castel San
Lunedì 7 Dicembre 2015
Giovanni, Rajapack (parte di The Raja
Group, fornitore di imballaggi leader
in Europa) è subentrata nel contratto di
locazione per 6.700 mq. P3 si occuperà
di sviluppare altri 360 mq di uffici
poiché la stessa desiderava restare nella
zona logistica organizzata di Castel San
Giovanni, vicina ai clienti e alla rete
autostradale nazionale.
Al P3 Castel San Giovanni, You Log
- che fornisce servizi logistici e di
trasporto ad un’ampia gamma di clienti,
tra cui il Gruppo GLS - ha siglato un
contratto di locazione per uno spazio di
6.200 mq.
La crescita di P3 sul mercato italiano fa
parte del più ampio piano di sviluppo
perseguito dalla società negli ultimi 18
mesi, che l’ha vista diventare una delle
maggiori immobiliariste logistiche
in Europa. Oggi la società possiede 3
milioni di mq (in forte crescita rispetto
ai 1.79 milioni ad agosto 2014) con
145 magazzini in 56 parchi logistici in
9 paesi: Repubblica Ceca (15), Francia
(15), Germania (9), Italia (5), Olanda (4),
Polonia (4), Romania (1), Slovacchia (2)
e Spagna (4).
P3 è inoltre proprietaria di terreni idonei
allo sviluppo di altri 1.3 milioni di mq di
immobili logistici.
La storia aziendale data al 2001
allorquando Pinnacle, società di
sviluppo internazionale, si stabilisce
a Praga, Repubblica Ceca, e inizia ad
acquisire terreni edificabili in Europa
centrale e orientale. Nel 2007 Merrill
Lynch acquisisce le quote di controllo
di Pinnacle e nel 2008 le attività di
sviluppo di magazzini e di gestione delle
proprietà di Pinnacle vengono acquisite
da Arcapita Industrial Management,
Jean-Luc Saporito
azienda di gestione degli investimenti
in magazzini logistici, controllata
da Arcapita Bank B.S.C.; un anno
dopo l’integrazione nel nuovo gruppo
societario è completata e la società viene
rinominata PointPark Properties (P3),
che assume la gestione del patrimonio di
Arcapita in Europa.
Nel 2013 P3 viene rilevata da TPG,
società d’investimenti privata a livello
mondiale, e dalla consociata Ivanhoé
Cambridge, una delle maggiori società
immobiliari del mondo; gli investitori
s’impegnano ad apportare nuovi capitali
per rafforzare il bilancio e fornire un
sostegno alla crescita futura.
In Italia P3 sbarca nel 2010 quando
assume la gestione dell’immobile di
29.000 mq di Sala Bolognese
all’interno del portfolio Arcapita; nel
2014 apre la sede di Milano e aggiunge
al portfolio 5 immobili a uso logistico
nell’hinterland milanese acquisiti in
operazioni distinte da Logistis, fondo
gestito da AEW Europe, e il CD Group
di proprietà familiare.
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LOGISTICA
Lunedì 7 Dicembre 2015
La scommessa intermodale premia Rubino Sante Trasporti
Fatturato in crescita per l’azienda barese specializzata in trasporto di liquidi
alimentari, che da alcuni anni punta soprattutto sulla modalità ferroviaria
“L’intermodalità è stata l’arma che
abbiamo utilizzato per combattere
la crisi, e che ci ha permesso di
recuperare competitività, riducendo i
costi e aumentando il fatturato” afferma
Sante Rubino, titolare della Rubino
Sante Trasporti, società di Monopoli
specializzata nel trasporto di prodotti
liquidi alimentari in cisterne.
L’azienda, nata su iniziativa del nonno
Francesco Cofano, si è rivolta a questo
segmento di prodotti negli anni ’60,
sotto la gestione del padre Andrea, e
oggi - spiega Rubino, che la guida in
prima persona dal ’98 - tratta vini, oli
di oliva, di semi e di palma, succhi, latte
Sante Rubino
glucosio e melassa.
“Mai pensato di allargarci ad
altri segmenti di attività, perché
fortunatamente la diversa stagionalità
delle merci gestite assicura carichi
di lavoro durante tutto l’anno, anche
se naturalmente ci sono dei picchi
produttivi: ora ad esempio abbiamo
quello dell’olio d’oliva, in primavera
avremo quello dei succhi di frutta” spiega
Rubino. Circa il 70% dei volumi gestiti
da Sante Rubino Trasporti – aggiunge
l’imprenditore – è però rappresentato
proprio da olio extravergine d’oliva,
prodotto da aziende della zona (ma
anche importato via mare, dai porti di
Bari e Brindisi, su navi Grimaldi, dalla
vicina Grecia), che viene inviato verso
il Nord Italia.
La modalità del treno è quella
preferibilmente
utilizzata
per
raggiungere (attraverso i servizi
garantiti da CEMAT, GTS Rail e Five
Logistics) le destinazioni dell’Italia
settentrionale, e, da lì, il Nord Europa
(in particolare Olanda, Belgio, Regno
Unito), mentre il trasporto su gomma è
quello con cui vengono serviti i clienti
dell’Italia centrale.
All’intermodale l’azienda si è rivolta
in particolare negli ultimi due anni.
In questo periodo RS Trasporti ha
approntato un significato programma
di investimenti – del valore di circa 1,5
milioni di euro - che l’hanno portata a
incrementare la sua dotazione di tank
container nonché a dotarsi di un piazzale
di proprietà di 5.000 metri quadri
presso la sede operativa di Monopoli,
inaugurato giusto due mesi fa, sul quale
è stata anche impiantata una stazione di
autolavaggio per le cisterne.
Un investimento, spiega l’imprenditore
pugliese, che è stato premiato da un
aumento del fatturato, che nel 2015
registrerà un +50% sull’anno precedente,
e anche dei volumi trasportati. L’anno
in corso si chiuderà con circa 2.000
trasporti intermodali e circa 1.500
trasporti su strada. Nel complesso, RS
Trasporti (il cui parco mezzi attualmente
comprende 50 tank container, 17 semirimorchi portacontainer, 10 cisterne
stradali e 10 motrici) avrà movimentato
160.000 tonnellate di liquidi, del valore
complessivo di circa 400 milioni di
euro.
Anche per il 2016, ammette Rubino, il
trend atteso è di un’ulteriore crescita,
che l’azienda prevede di sostenere
con nuovi investimenti: “L’idea è di
raddoppiare ancora la flotta di tank
container tra 2016 e 2017”.
Francesca Marchesi
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PORTI
Lunedì 7 Dicembre 2015
La rimodulazione della pianta organica non s’ha da fare
La proposta di integrazione del personale all’Autorità Portuale di Brindisi è stata sonoramente bocciata da 12 membri del comitato
La pianta organica dell’Autorità portuale
di Brindisi continua a creare non pochi
grattacapi negli uffici dell’ex stazione
marittima: l’ennesima convocazione del
comitato portuale, mirata all’approvazione
della
delibera
riguardante
“la
riorganizzazione della pianta organica”
non ha condotto ad alcuna pax romana.
Anzi, sarebbe il caso di dire che la proposta
di revisione-rimodulazione ha ricevuto
una sonora contestazione.
Tutti i componenti del comitato portuale,
ad eccezione del commissario straordinario
dell’Authority, hanno convenuto sulla
necessità di rimandare la decisione a data
da destinarsi.
Tra i 1i voti contrari quello del primo
cittadino Mimmo Consales, più che
mai oltranzista, il quale aveva chiesto
che “l’attuale pianta organica venisse
cristallizzata sino all’entrata in vigore
del nuovo decreto governativo sulla
razionalizzazione delle Autorità portuali”.
Oltretutto esistono nell’agenda dell’ente
brindisino impellenze maggiori: degna
di nota è la mancata approvazione del
bilancio preventivo, in ritardo di oltre due
mesi.
Sussiste il ragionevole dubbio tra gli
addetti ai lavori che l’intera operazione non
sia altro che una sanatoria tout court per
dirigenti e impiegati di natura ‘irregolare’.
Lo conferma Michelangelo Greco (BIS),
rappresentante delle imprese portuali:
“in questi anni abbiamo assistito ad un
valzer di assunzioni, promozioni, aumenti
di livello al di sopra del reale fabbisogno
dell’ente. Alcune assunzioni sono state
effettuate attingendo dal concorso per
segreteria tecnica di secondo livello; temo
che alcuni componenti della segreteria
tecnico-operativa
possano
avviare
vertenze individuali a causa della mancata
regolarizzazione dei rapporti di lavoro”.
Greco è scettico sull’assunto che
la modifica della pianta organica
(attualmente 31 unità) non comporti
oneri: “nella relazione illustrativa si
vuole far passare il messaggio che l’area
tecnica sia sottodimensionata e che il
personale non possa svolgere mansioni
di livello superiore. Ci è stato detto che
la rimodulazione avrebbe avuto un costo
non superiore ai 17mila euro ma come la
mettiamo coi premi di produzione, premi
incentivanti, indennità per passaggio di
qualifica ad un livello superiore”?
Dal rendiconto generale 2014, il costo
della segreteria tecnico-operativa ha
raggiunto la soglia dei 3.5 milioni di euro
annui (di cui oltre 600mila euro di premi
di produzione).
La questione è stata rimandata a data da
destinarsi e mai si saprà se l’Autorità
portuale di Brindisi ne avrà il tempo: il
prossimo comitato portuale sarà convocato
entro fine anno ed avrà per oggetto un’altra
patata bollente, il rilascio della concessione
demaniale al gruppo Grimaldi.
Dagli uffici di Piazza Vittorio Emanuele ci
si continua a muovere sul filo del rasoio.
Stefano Carbonara
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Iscriz. Trib. di Genova n. 19/2004
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