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Chi è Jememece

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Chi è Jememece
I
Chi è Jememece
(dell’avvocato Maurizio di Montiglio)
Era una giornata decisamente calda dello strano gennaio scorso. Mi trovavo a passare per quella via (non ricordo come si chiama) dietro il magazzino di Milanesio (il paradiso dello sciatore). Stavo rimuginando gli ingredienti di una causa mediocre e
noiosetta (non ho per le mani uno di quei casi che mi piacerebbe trattare). Improvvisamente non riuscivo più a pensare. Cioè mi cadevano addosso ricordi e frasi che non
c’entravano niente: “E come disse Enea al figlioletto Julo … ” … “Melétema to pan.”
… “Il pagliaccio Fanfarendum.” … Cose di trent’anni fa, completamente dimenticate.
Perché? Mi veniva incontro, alla distanza di un isolato, una figura curiosa: era vestito
pesante, come se fosse un gennaio vero; portava un giaccone husky blu di pessima
fattura e un berretto grigio terribilmente fuori moda, una bicicletta! Nessuno oggi
chiama il berretto bicicletta e io non porto mai niente in testa, eppure ho detto proprio
“una bicicletta”. Perché m’interessava tanto quel tipo?
«Ma è lui!» ormai ce l’avevo a un passo, «è … »
Ma non mi vedeva, camminava rigido e guardava un punto dietro le mie spalle.
«Non ti ricordi di me?»
Non si sorprende neanche un po’, non mi saluta, non mi chiama per nome, aggancia
immediatamente la conversazione a un’altra, ipotetica, di pochi giorni, no! di poche
ore prima: fa come mi avesse visto in mattinata e ci fossimo dati appuntamento proprio in quell’angolo di strada!? Non mi chiede niente di me, mi introduce subito dentro una delle sue storie.
«Eh si! anch’io avrei dovuto fare l’avvocato … ma ho fallito e mi sono messo a
scrivere, oppure il contrario: dovevo scrivere, ma il perbenismo borghese lo vieta: mi
serviva fallire per poter scrivere: “Perdere il treno mi dà un sicuro vantaggio: non rischio più di arrivare in ritardo” … avvocato? gli avvocati li odio! … in “Polvere di
proiezione” l’Avvocato è il mio nemico mortale: l’avvocato della massa contro
l’individuo … tu ti senti avvocato della massa?»
«No! … cioè … bisogna vedere cos’è la massa … io ho sempre scelto posizioni critiche … posizioni … »
«Ma per avere una ricca clientela … »
«Non ho una ricca clientela, però, insomma, mi difendo. Tu invece … ? … »
«Io non ho un pubblico di lettori, neanche venticinque, neanche … anzi, sono come
il protagonista de “La maschera”: invisibile; mi stupisco che tu mi abbia visto, oggi,
II
domani, forse, potresti non vedermi: mi sto fantasmizzando sempre di più … dopo
quel maledetto viaggio de “La macchina per la fine del mondo” ho rischiato quasi di
morire, come in “M. 40” … ce l’ho fatta chiedendo aiuto all’interpolazione fantastica: quando chiamo il duca de Blangis, quello de “Le centoventi giornate” di de Sade
…»
«Fermati! mi stai raccontando di te o mi stai raccontando una tua storia?»
«Ma è la stessa cosa!»
«Eh no, scusa, quel duca lì è un personaggio, tu sei una persona. Altrimenti mi viene da pensare … »
«Che sono pazzo … ne “La macchina” il fantastico sta per il desiderio, il sogno
svela i lati nascosti e inconfessati, la realtà è la realtà, negativa ma sfidabile: i piani
sono distinti e interagiscono: il desiderio sfida la realtà … l’ossessione d’amore può
innescare la pazzia, l’elaborazione letteraria è la revisione critica; sono convinto … »
«Uuuh, d’accordo, vedi le cose … com’è che le vedi? … ci guardi dietro. Un attimo
fa, guardando dietro di me, non mi vedevi.»
«Sì, un rischio del mio stile … è sempre una questione di stile.»
«Un rischio … se fai sempre così, per forza non trovi chi è interessato ai tuoi libri.»
«Per forza non lo trovo: non c’è.»
«Al mondo c’è tutto: non sempre al posto giusto e nel momento giusto.»
«Tu sei qui: al posto giusto e nel momento giusto, ma non ti interessano i miei libri.»
«È sempre una questione di stile: il mio autore è Cesare Pavese.»
«Eh, questione di stile! … ma Pavese è davvero diverso da me?: era ossessionato
dalle donne – anch’io; era tragicamente deluso dalle donne – anch’io; voleva possedere la donna – anch’io; era un solitario – anch’io; era disperato – anch’io; era … »
«Ma guarda che c’è una differenza enorme: le sue sono storie vere, non ci incontri
fantasmi, poi l’interesse sociale e politico, l’America, le novità … sì, alla fine … »
«Non alla fine, in principio: non è realista … il realismo! la più accademica delle
finzioni … non è più di moda? ma il novanta per cento continua a volerlo, perché garantisce una lettura tranquilla, gastronomica … anche tu vuoi una lettura gastronomica: non mi hai letto, ma hai capito che non sono gastronomico, anzi sono indigesto …
alla fine invece è realista, Pavese, perché si è messo in riga nel conformismo di quegli
anni, che si presentava come trasgressivo: il conformismo della trasgressione … io
conformista non lo sono mai stato; do l’impressione di stare coi retrogradi, ma sto
soltanto con me stesso … »
«Mmmh! mi hai messa una confusione in testa, che neanche so più da che parte sto
… quando eravamo al d’Azeglio … »
«Allora sembrava chiaro, perché la si buttava in politica … anche Pavese credeva di
salvarsi buttandola in politica … allora io sembravo di destra e tu di sinistra; adesso
io sono fuori e tu perfettamente allineato.»
«Lasciamo perdere destra e sinistra; anche Pavese, il realismo … qual è il contrario
III
del realismo … ? … »
«La verità.»
«Eh no! ma come? realismo e verità stanno dalla stessa parte.»
«Per niente: il mondo lo percepisco io che penso, senza di me potrebbe non esistere; la verità è la corrente delle mie percezioni, dei miei desideri, dei miei sogni, dei
miei ricordi e dei grandi miti.»
«Mammamia! che cocktail di tutte le cose più illeggibili degli ultimi cento anni, da
Joyce a Proust a Kafka a non so chi e poi tu con loro non c’entri un bel niente.»
«Infatti, io sono io: uso qualunque tecnica mi serva per esprimere quel che sento, da
Virgilio a Eliot, anche se preferisco sempre il mio maestro Hoffmann, il più geniale e
moderno di tutti.»
«Ma è superatissimo, non lo legge nessuno (io non l’ho mai letto).»
«In Italia sono tutti manzoniani, anche quei tantissimi che odiano “I promessi”: un
passo dietro l’altro, predicozzi, niente che esca dalla vita di tutti i giorni; anche Pavese è manzoniano.»
«Forse è vero, ma nel modo giusto: pessimista e decadentista che sia, mentre lo
leggi, fila liscio, semplice e pulito, senza mai barocchismi fastidiosi. Tu sei uno strabarocco.»
«Altroché! ma mi trucco una citazione: “Barocco è il mondo e Jememece ne rivela
la baroccaggine”; la frottola di de Sanctis, che il barocco è un’invenzione di preti oscurantisti: il vuoto mentale? copritelo di decorazioni e d’incenso.»
«Però è anche così.»
«No!: Gracián, uno degli inventori del barocco: la censura gli cucì la bocca (la penna), mica perché era tutto fronzoli e niente pensiero … il barocco … »
«Senti, bisogna che vada, ho già fatto tardissimo; mica come te, tu col tempo ci giochi.»
«Già: “Il poeta è un perdigiorno”; io sto lavorando in questo preciso momento, se
non l’hai capito.»
«Io no invece … fa così: vieni al mio studio uno di questi giorni e portami … cosa
mi porti?»
«“La macchina per la fine del mondo”.»
Credo di essermi ficcato in un antipatico guaio. Lui non mi ha chiesto niente, io mi
sono offerto di … L’ho visto così privo di senso pratico … Vorrebbe che i suoi libri
fossero dotati di personalità e facessero da soli, se valgono, se no … Il peggio è che
ho letto “La macchina per la fine del mondo”. Non mi è piaciuta; cioè il racconto
(racconto lungo – romanzo breve, proprio come in Pavese) non mi è piaciuto, ma mi
ha preso, ci ripenso di continuo … la macchina dà i brividi! … però non mi piace.
Devo credere che vale, anche se non mi piace? non lo so! Non rispetta nessuna regola, ma non ci sono regole in letteratura; è terribilmente sentimentale e ossessivo, ma
un mucchio di capolavori sono sentimentali e ossessivi; è terribilmente immorale, ma
IV
un mucchio di capolavori sarebbero immorali e l’arte mica si misura con la morale; è
terribilmente pazzo, ma parecchi geni hanno scritto da pazzi; le pagine reali sono
terribilmente noiose, ma la vita reale è noiosa; le pagine fantastiche sono
terribilmente esagerate, ma la fantasia deve essere esagerata; è terribilmente
infantile, ma i poeti sono tutti bambini; è terribilmente crudele, ma la crudeltà nei
libri (nei libri?) c’è dai tempi di Omero; salta terribilmente di palo in frasca, ma non
lo faceva anche Pindaro? (mai letto Pindaro); è terribilmente … fa tutto in modo
terribile (anche le foto che ci mette sono terribili) e ha delle idee che non mi vanno
giù, però … mah, non so definirlo, se non in negativo, però … ho deciso di
difenderlo, come avvocato delle cause perse voglio difenderlo (eh sì, è un guaio).
«Oggi il mercato editoriale è fermo; fuori da quei pochi titoli, molto spinti dai media, c’è il vuoto. Rimane solo da provare a metterti in un sito internet, non per vendere, per creare un’immagine.»
«Non ci penso neanche! gli internettari mi danno il giro ¡estúpidos!: cento sconosciuti decerebrati stanno ore a scambiarsi battute e a far finta di essere altri: nauseavomito!»
«Ti dovrebbe piacere: si creano come personaggi.»
«Si masturbano in pubblico come maiali, altroché! qualcuno con la videocamera lo
fa letteralmente: puah!»
«In un certo senso, si esercitano a diventare scrittori.»
«Eh sì! la loro musa è Kakíope … io ne ho avuto abbastanza quando ho parlato con
Valeria in videoconferenza e le ho scritto: “Quand coucherons ensemble?”: miseria e
povertà! … fattelo tu un sito.»
«A me non serve, mi basta la casella di posta elettronica. Tu invece, se ti metti
d’impegno … Devi assolutamente provare. Se io avessi scritto … »
«Se tu avessi scritto quello che ho scritto io … odio e nausea mi hanno costretto …
fossi un uomo realizzato come te, non avrei scritto una riga … tu hai scritto?»
«No, cioè … »
«Schifezze giuridiche.»
«Sì … ma, scusa, è la peggiore teoria di arte-malattia, arte-dannazione, roba … »
«Nessuna teoria: a me è capitato così … se ti diverte fare il mio sito, te lo regalo, ti
cedo tutti i diritti; a me non renderebbe un soldo, a te forse … e ti pago le spese.»
Detto come lo dice lui, è orribile: c’è del perverso in questa rinuncia che non è una
rinuncia. Fregarsene sarebbe peggio; non aspetta altro per dire: “Ho tutti contro!” Invece no, io non sono contro. Cioè, lui ha: “Le idee peggiori, tutte in un solo cervello”,
ma i libri non si leggono per trovarci le proprie idee, si leggono per come sono scritti.
Magari proprio io faccio il contrario: leggo Pavese perché ci trovo le mie idee: di sinistra e critiche, non dogmatiche; ma lo leggo soprattutto perché scrive bene. Jememece, già ai tempi del d’Azeglio, la pensava impossibile, neanche si poteva chiamare
di estrema destra, ultra-ultra; oggi, che vive in quasi completa solitudine, è peggiora-
V
to; certe volte, ecco com’è lui! salta dall’altra parte, diventa un libertario utopista:
quando, ne “La macchina”, se ne va nudo con Valeria nuda, tutti e due fantasmizzati,
verso “la fine del mondo” … è pieno di contraddizioni … sì, è un pregiudizio quello
che non bisogna contraddirsi: Goethe e Mann, che vanno avanti sempre precisi e sicuri, alla lunga … però Jememece mi esaspera con quei suoi puntini di sospensione,
che troncano il ragionamento quando dovrebbe stringere; Pavese non li adopera mai
… io … accidenti! io li sto adoperando in questo momento! … eh no! basta!
Mi ci trovo dentro. Lavoro per Jememece, mentre lui fa finta di fregarsene: “Io li
ho scritti, ci pensino loro a farsi valere”; ma non è vero!: “Il mio sangue scorre fra le
righe, il mio nome in copertina guarda coi miei occhi”; altro che fregarsene! Potrebbe
impazzire, se i suoi libri si ostinassero a restare invisibili; no! sarebbe già impazzito
(ma forse è pazzo). Potrebbe avere uno shock, se si accorgesse che sono apertamente
disprezzati. Allora rischio di fargli più male che bene; ma no! intanto il sito lo gestirò
io e gli dirò solo quello che voglio, lui non andrà mai a ficcarci il naso, se è vero, come è vero, che odia il telefono e anche i fili del telefono (in “M. 40” fa a pezzi il suo
Siemens degli anni ’50).
Ma perché lo faccio? Sarà che Jememece è un seduttore intellettuale, un “Illusionista”, come dice quel suo titolo? allora perché non ha successo? Invece sono io insoddisfatto del diritto penale, cerco un’altra strada per interposta persona; un po’ invidio
la situazione sbandata del mio amico. Ho sempre scelto la strada più razionale ed equilibrata, mi sono sempre comportato bene, ho ottenuto il giusto risultato. Lui è
sempre stato contro, in modo da sembrare a favore (una forma anomala di ipocrisia):
era per Hitler, per l’inquisizione, per i gesuiti, per Filippo II, senza mai frequentare i
nazisti, i gesuiti, i monarchici. Sceglie istintivamente figure improponibili, assenti e
assume la maschera del castigamatti, nasconde il suo estremo individualismo anarchico. Lui è un matto, non un castigamatti, è contro tutti e tutto, è per “la fine del
mondo”.
Se ho capito qual è, devo entrare nel mio ruolo, devo fornire dei dati a chi vuole
conoscere Jememece. È meglio che Jememece rimanga in parte misterioso. Lui è veramente misterioso, anche per me: quando ho letto “La macchina”, mi ha sbalordito:
lo credevo molto perbenista. Comunque è nato, come me, nel ’56, a Torino, in via Pigafetta n. 12 (c’è in “Polvere di proiezione”). Io l’ho conosciuto alle medie, alla Foscolo, poi ci siamo ritrovati al d’Azeglio, dove … (accidenti ai puntini, però ci vogliono) … disertava regolarmente le iniziative politiche degli studenti e si era messo
in collisione con l’insegnante di lettere: scrivere un tema ultra in puro stile barocco
non aiuta proprio con un prof. della CGL. C’è tutto lui in quelle due pericolose eccentricità: se ti metti contro, ti trovi solo; o invece: se sei solo, ti metti contro. Triste però
non lo è mai stato, facile a tirar fuori una battuta fulminante; la sua è una comicità
corrosiva, sarcastica, non agevole ma autentica. Ne “La macchina”, la scena nel boschetto della casa isolata, coi cani che abbaiano ma hanno paura, la ragazza sul bal-
VI
cone che non riesce a sentire e lui che deve urlare a squarciagola è comicissima.
Alla fine Jememece è … ah, non so chi è, non ho una parola per definirlo, che non
sia una delle volgari calunnie contro gli eccentrici … certo si sta avviando a diventare
un fantasma; per questo ha bisogno di me, una persona molto concreta, che può divertirsi, un quarto d’ora al giorno, con un pizzico di fantasmaticità: l’avvocato di
Montiglio.
Dimenticavo di spiegare il suo nome; a me sembra fuori posto, non lo capisce nessuno, ma lui dice di preferire che non lo si capisca. L’idea gliel’ha data un certo Fulcanelli, uno pseudo alchimista degli anni ’20: “È nella lingua degli uccelli, dove conta solo il suono: ho preso le quattro iniziali del mio nome, le ho lette in francese tutto
d’un fiato ed è venuto fuori Jememece = je même ce = Iomedesimoquesto = io sono
uno schifoso egotista e proprio questo mi fa così antipatico: capito?”.
No! no! capito cosa? non va per niente! questo lo devo togliere … ci metto … “Io
sono … un artista e” … che ci metto? … ah! “e l’artista, signore e padrone, fa quel
che vuole.” … (mi sembra che lo dicesse Leonardo).
avv.M. di Montiglio
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