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“La parola ai giurati” di Sidney Lumet

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“La parola ai giurati” di Sidney Lumet
Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“In nome della legge”
Tre storie di diversa ambientazione per riflettere sul fenomeno mafioso.
1. martedì 13 gennaio 2015
2. martedì 20 gennaio 2015
3. martedì 27 gennaio 2015
“La parola ai giurati”
“Porte aperte”
“The Conspirator”
di Sidney Lumet
di Gianni Amelio
di Robert Redford
1
martedì 13 gennaio 2015 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“La parola ai giurati”
di Sidney Lumet
SCHEDA
titolo
La parola ai giurati (tit. orig.: 12
Angry Men)
distribuito da DEAR
Martin Balsam (giurato n° 1) [dopp. da
Pino Locchi], John Fiedler (giurato n°
2) [dopp. da Roberto Gicca], Lee J.
Cobb (giurato n° 3) [dopp. da Emilio
Cigoli], E. G. Marshall (giurato n° 4)
[dopp. da Nando Gazzolo], Jack
Klugman (giurato n° 5) [dopp. da
Renato Turi], Edward Binns (giurato n°
6, il sig. Scott) [dopp. da Gualtiero De
Angelis], Jack Warden (giurato n° 7)
[dopp. da Carlo Romano], Henry Fonda
(giurato n° 8, il sig. Davis) [dopp. da
interpreti Giulio Panicali], Joseph Sweeney
(giurato n° 9, il sig. McCardle) [dopp. da
Amilcare Pettinelli], Ed Begley (giurato
n° 10) [dopp. da Giorgio Capecchi],
George Voskovec (giurato n° 11)
[dopp. da Manlio Busoni], Robert
Webber (giurato n° 12) [dopp. da
Giuseppe 'Peppino' Rinaldi], Rudy Bond
(il giudice) [dopp. da Bruno Persa],
James Kelly (la guardia) [dopp. da Gino
Baghetti], Billy Nelson (l'impiegato)
[dopp. da Nino Bonanni], John Savoca
(l'accusato).
fotografia Boris Kaufman
musiche Kenyon Hopkins
sceneggiatura Reginald Rose
regia Sidney Lumet
produzione USA, 1957
gen. drammatico
durata 1h 35'
Un giovane ispano-americano è accusato dell'omicidio del padre e dopo il
dibattimento in aula, i giurati si riuniscono per decidere. La maggioranza è
convinta della colpevolezza del ragazzo, le prove sembrano inconfutabili e si
trama
vorrebbe liquidare in fretta la faccenda per poter poi tornare a casa. Ma uno
dei giurati è tenacemente convinto dell'innocenza del giovane e comincia ad
instillare dubbi negli altri …
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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30 edizione Academy of Motion Picture Arts and Sciences Awards (premio Oscar) (1958)
concorrendo nell* categori* miglior film dell'anno (a Henry Fonda, Reginald Rose), miglior
regia (a Sidney Lumet), migliore sceneggiatura non originale (a Reginald Rose);
13 edizione Bodil Awards (1960) vincendo nell* categori* miglior film americano (a
Sidney Lumet);
11 edizione British Academy of Film and Television Arts (1958) concorrendo nell*
categori* miglior film e vincendo nell* categori* migliore attore straniero (a Henry
Fonda);
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•
•
•
•
16 edizione Directors Guild of America (1958) concorrendo nell* categori* eccellenza nella
regia (a Sidney Lumet);
7 edizione Festival internazionale del cinema di Berlino (1957) vincendo nell* categori*
Orso d'oro (a Sidney Lumet), premio OCIC (a Sidney Lumet);
15 edizione Golden Globe Awards (1958) concorrendo nell* categori* miglior film
drammatico, migliore attore protagonista in un film drammatico (a Henry Fonda), migliore
attore non protagonista (a Lee J. Cobb), miglior regia (a Sidney Lumet);
13 edizione Nastro d'Argento (1958) vincendo nell* categori* regista del migliore film
straniero (a Sidney Lumet);
25 edizione National Board of Review (1957) vincendo nell* categori* migliori dieci film;
10 edizione Writers Guild of America (1958) vincendo nell* categori* migliore
sceneggiatura di un film drammatico americano (a Reginald Rose).
Recensioni.
Wikipedia
Un giovane ispano-americano è accusato dell'omicidio del padre e dopo il dibattimento in
aula, i giurati si riuniscono per decidere. La maggioranza è convinta della colpevolezza del
ragazzo, le prove sembrano inconfutabili e si vorrebbe liquidare in fretta la faccenda per
poter poi tornare a casa. Ma uno dei giurati è tenacemente convinto dell'innocenza del
giovane e comincia ad instillare dubbi negli altri...
La parola ai giurati (12 Angry Men) è un film del 1957 diretto da Sidney Lumet, alla sua
prima prova come
regista
cinematografico.
La sceneggiatura è
un
adattamento
dell'originale soggetto
di
Reginald
Rose
Twelve Angry Men,
scritto nel 1954 per
la TV, e racconta la
storia
di
un
componente di una
giuria che, sulla base
di un "ragionevole
dubbio",
tenta
di
persuadere gli altri
undici membri ad
assolvere un ragazzo
accusato di parricidio.
Il film si segnala per essere quasi interamente girato su un solo set: infatti, ad esclusione
di tre minuti suddivisi tra l'inizio e la fine e due brevi scene girate in una sala da bagno,
l'intera vicenda è ambientata nella stanza in cui si riunisce la giuria. A parte il giurato n. 6
che, a inizio film, firma un documento come "Scott" e i giurati n. 8 e n. 9, che si
presentano all'uscita dal tribunale, nessun nome è usato nel film: all'imputato ci si
riferisce con "il ragazzo", ai testimoni con "il vecchio" e "la donna dall'altra parte della
strada".
Nel 2007 l'American Film Institute l'ha inserito all'ottantasettesimo posto della classifica
dei cento migliori film americani di tutti i tempi (nella classifica originaria del 1998 non
era presente).
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Morandini
Dodici giurati devono giudicare un ragazzo accusato di parricidio. Uno solo di loro ha
qualche dubbio sulla condanna dell'imputato e, con una finezza psicologica pari alla
sagacia dialettica, riesce a convincere gli altri a votare per la non colpevolezza. Tratto da
un teledramma (1954) di Reginald Rose (diretto da F. Schaffner), è il 1°, eccellente film
di S. Lumet, fino a quel momento attivo in TV. Serrato, intelligente, acuto, senza cadute
né passaggi artificiosi sebbene l'azione si svolga interamente a porte chiuse. Fu prodotto
da H. Fonda e R. Rose con l'Orion e contribuì ad aprire le porte di Hollywood a una nuova
generazione di sceneggiatori e registi televisivi. Rifatto per la TV nel 1997 da William
Friedkin.
Mereghetti
Undici dei dodici giurati, certi della colpevolezza, sono pronti a liquidare rapidamente il
verdetto per il giovane mulatto accusato di omicidio: uno solo (Fonda) dubita e con
tenacia riesce a smantellare la superficialità e i pregiudizi dei suoi colleghi. Eccezionale
prova di esordio di Lumet che, partendo
da un originale televisivo di Reginald
Rose
(qui
anche
sceneggiatore),
denuncia il razzismo strisciante nella
soddisfatta middle class e le insidie del
sistema giudiziario. Straordinaria la
tensione dell’impianto narrativo la cui
unità di luogo e di tempo, lungi
dall’impoverire la vicenda, esalta la
dimensione inquieta e claustrofobica.
Grande prova di recitazione dei dodici
attori, tutti protagonisti di convincenti
ritratti psicologici. Un remake piuttosto
fedele nel 1997 (La parola ai giurati di
William Friedkin) e uno più libero nel
2007 (12 di Nikita Michalcov).
Segnalazioni
Cinematografiche (vol. 42,
1957)
"Si tratta di teatro filmato. Tutta
l'azione si svolge infatti entro una
stanza, in cui i dodici componenti di una
giuria di Corte d'Assise discutono il caso
di un imputato. Malgrado la staticità,
l'interesse non viene meno, data l'ottima
interpretazione
e
la
perfetta
caratterizzazione dei dodici personaggi.
È nel suo genere un lavoro pregevole.".
Alessia Starace (Movieplayer, 29 marzo 2005)
La regia di Lumet è trascinante e semplicemente geniale nel comporre le inquadrature
sui giurati: li avvolge in fluidi piani sequenza, li scruta dagli angoli della stanza, li appaia e
li separa, e poi passa ai dettagli, e li rivela.
Il valore del dubbio
Sei giorni di processo per un caso di parricidio, e i dodici giurati stanno per ritirarsi
per decidere il destino del giovanissimo imputato. Il giudice ricorda loro la grande
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responsabilità che il sistema ha deposto sulle loro spalle di persone qualunque: l'accusa è
di omicidio di primo grado, in caso di verdetto di colpevolezza la condanna sarà, per
legge, alla sedia elettrica.
Ma l'accusa è stata molto convincente e, apparentemente, nell'animo dei giurati non
c'è spazio per il "ragionevole dubbio": al voto preliminare, dopo che la giuria è stata
segregata in una torrida sala del tribunale, undici uomini sono già persuasi che l'imputato
sia colpevole. Il dodicesimo, il giurato numero 8 (Henry Fonda) crede che la vita di questo
ragazzo valga almeno una discussione e rifiuta di appoggiare la maggioranza, irritando
ovviamente coloro che
speravano di liberarsi
in
fretta
dalla
seccatura
senza
mettere in gioco la
propria coscienza. Il
giurato numero 8, al
contrario, l'ha messa
in gioco sin dall'inizio
del
processo,
ha
ascoltato
le
testimonianze
con
senso
critico
e
attenzione
ai
particolari e anche se
non sa se il giovane
sia
colpevole
o
innocente, sa che il
difensore di ufficio ha
fatto
un
lavoro
svogliato e mediocre, perché ha controinterrogato senza porre "le domande giuste". Lui, il
giurato numero 8, se le è poste, e fa altrettanto con i suoi compagni, rivelando le falle
nell'impianto dell'accusa, e rivelando il peso del pregiudizio nell'atteggiamento generale
nei confronti di un diciottenne cresciuto in un quartiere misero, con tanto di precedenti
penali per furto e violenze. E il pregiudizio ha radici tanto profonde in questi uomini
americani di cui non sappiamo il nome ma sappiamo molto, cittadini "rispettabili" con ben
avviate attività professionali, ma umanamente confusi e "arrabbiati" (Twelve Angry Men è
il titolo originale del film e del dramma da cui è tratto) che per eradicarlo serve un
miracolo; un miracolo che riesce al coraggioso numero 8.
E il miracolo riesce anche a Sidney Lumet, che confeziona un film vibrante, teso,
avvincente ed emozionante che si svolge tutto in una rovente camera di consiglio tra
dodici uomini come mille altri. La sua regia è trascinante e semplicemente geniale nel
comporre le inquadrature sui giurati: li avvolge in fluidi piani sequenza, li scruta dagli
angoli della stanza, li appaia e li separa, e poi passa ai dettagli, e li rivela. La
sceneggiatura, di un'intelligenza straordinaria, fa la sua parte nel creare un convincente
background per tutti i giurati (tranne forse che per il personaggio di Fonda, ma non ci
serve sapere nulla di lui se non che è l'eroe del dubbio), nel rendere plausibile il modo in
cui un uomo solo riesce a indurne undici a cambiare idea e nel cadenzare l'entusiasmante
progressione con cui l'elegante e razionale numero 8 affronta prima la comune ostilità e
poi apre le menti dei suoi compagni.
C'è chi è subito conquistato al valore del dubbio e lo abbraccia nell'istante in cui lo
incontra, ma c'è anche chi fatica immensamente a separarsi dalle proprie certezze;
certezze che sono state l'unico punto fermo di un'intera vita. Così è proprio il giurato più
ruvido e apparentemente insensibile, quello che ha il volto di Lee J. Cobb, a commuoverci
più di ogni altro nell'ultimo monologo del film. La sua interpretazione è forse il momento
più alto di una pellicola densa e memorabile dal primo all'ultimo fotogramma.
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Il regista
Figlio dell'attore Baruch Lumet e della ballerina Eugenia Wermus, Sidney Lumet è
nato a Filadelfia, in Pennsylvania, il 25 giugno 1924. Dopo il debutto sul palcoscenico
dello Yiddish Art Theatre di New York, all'età di quattro anni, Sidney ha studiato alla
Professional Children's School, e in seguito ha partecipato a diversi spettacoli di
Broadway. Nel 1939, ha fatto il suo esordio cinematografico nel film di propaganda bellica
One Third of a Nation, diretto da Dudley Murphy e interpretato da Sylvia Sidney. Dopo la
guerra, Sidney Lumet comincia ad occuparsi di produzione e dirige alcuni spettacoli
teatrali. All'inizio degli anni Cinquanta, è regista di famosi serial televisivi e nel 1957
realizza La parola ai giurati. Prodotto ed interpretato da Henry Fonda, il primo film diretto
da Lumet affronta temi come il razzismo e i diritti civili, che saranno spesso presenti nel
cinema del filmmaker
americano, e ottiene una
nomination all'Oscar per
la miglior regia. Negli
anni Sessanta, Sidney
Lumet dirige film come Il
lungo viaggio verso la
notte
(1962),
con
Katharine Hepburn e
Ralph
Richardson,
A
prova di errore (1964),
con Henry Fonda nel
ruolo
del
presidente
degli Stati Uniti, La
collina
del
disonore
(1965),
con
Sean
Connery, e L'uomo del
banco dei pegni (1965),
interpretato da Rod Steiger. Dopo Rapina record a New York (1971), Lumet realizza
Serpico (1973), con Al Pacino, seguito da Riflessi in uno specchio scuro (1973), con Sean
Connery, Assassinio sull'Orient Express (1974), Quel pomeriggio di un giorno da cani
(1975), con Al Pacino e John Cazale, e Il principe della città (1981). Nel 1982, Paul
Newman, Charlotte Rampling e James Mason sono i protagonisti del film Il verdetto,
tratto dal romanzo di Barry Reed e sceneggiato da David Mamet. Poi, Lumet dirige Daniel
(1983), tratto dal libro di Edgar L. Doctorow sul caso Rosenberg, e Vivere in fuga (1988),
con Christine Lahti, Judd Hirsch e River Phoenix.
Dopo Gloria (1999), con Sharon Stone, debole remake del film di John Cassavetes
Una notte d'estate ' Gloria (1980), Sidney Lumet ha girato Whistle (2000), tratto da un
romanzo di James Jones e sceneggiato da David Mamet. Dopo anni di assenza dalla
scena, nel 2005 è tornato alla regia con il film Prova a incastrarmi, un nuovo legal movie
sul processo più lungo della storia giudiziaria degli Stati Uniti. Nel 2008, a ben
ottantaquattro anni, ha inchiodato il pubblico alla poltrona con Onora il padre e la madre,
un film drammatico su una rapina in famiglia andata male, con un grande cast
magnificamente diretto: spiccano Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke e Albert Finney.
Sidney Lumet è morto il 9 aprile 2011, nella sua casa di Manhattan, per le
conseguenze di un linfoma. È stato sposato quattro volte: dal 1980 ha vissuto con la
quarta moglie, Mary Gimbel. Ha avuto due figlie, Amy e Jenny.
Arrivederci a martedì 20 gennaio, per vedere
“Porte aperte” di Gianni Amelio.
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo M. dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]
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