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Dovunque è un italiano là è il tricolore. Da La Basilicata nel mondo

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Dovunque è un italiano là è il tricolore. Da La Basilicata nel mondo
DOVUNQUE È UN ITALIANO
LÀ È IL TRICOLORE
da “Basilicata nel mondo” a “Italiani pel mondo”
F
erdinando Santoro,
parlando del rapporto tra le redazioni
delle riviste “La Basilicata
nel mondo”, poi “Italiani
pel mondo” e il fascismo
scriveva nel 1964: “Noi si
camminava sul filo di un
rasoio, anche se protetti
dal consenso che alla seconda rivista aveva dato
Arnaldo Mussolini (fratello del Duce), e garantiti in
qualche modo dalla direzione, meno che simbolica, di Nicola Sansanelli”.1
Ma il Fascismo aveva
tutto l’interesse di utilizzare l’attività editoriale di
Giovanni Riviello, specie
negli anni 1927-1930,
epoca del consolidamento
del Regime, giacché doveva proteggere ed esaltare la
moltitudine di italiani in
giro per il mondo.
Nella sua concezione di
italianità, costante impegno delle proprie didattiche, il Fascismo aveva bisogno di collegarsi ad essi
per ripristinare il legame
con la nazione e restaurare
più tardi il culto della
razza.
Lamentava perciò l’assenza del senso di nazione
e del sentimento di patria
politica negli italiani emigrati: “I nostri fratelli
d’oltralpe e d’oltremare
sono slegati tra loro completamente, i più ricorda-
no l’Italia non come una
patria comune nel suo
complesso, ma ristrettamente come il paesello
natìo, come il campanile
cui sono attaccati da sentimenti e da affetti personali
e familiari; alcuni pochi
conoscono il valore intero
del loro essere italiano ma
quasi nessuno si cura degli
altri emigrati, quelli che
vivono lontani dai paesi di
ogni singola residenza.
Questa la situazione odierna, ieri era peggio assai, che la maggioranza o
dimenticava completamente la patria o molto
spesso la bestemmiava rinnegandola”.2
“L’organizzazione dei
Fasci all’estero non basta:
non basta la Dante Alighieri che pur tante benemerenza ha in materia.
Occorre fare di più, occorre una propaganda continua, ripetuta, instancabile,
di conferenzieri e di persone adatte, ...occorre una
lunghissima diffusione di
pubblicazioni che illustrino l’Italia e la presentino
nella sua vera luce, senza
esagerazioni di grancassa
che ottengono l’effetto
contrario, ...occorrono
contatti frequentissimi fra
la madrepatria e le sue colonie sparse e contatti tra
colonia e colonia di modo
che gli uni emigrati cono-
scano gli altri, occorrono
congressi in Italia di espatriati, non perciò che dai
congressi possa scaturire,
ma per la conoscenza e
l’amalgama fra i vari elementi che ne deriva”3.
Così il Fascismo, nel
considerare l’emigrazione
italiana come un elemento
di valore per l’economia di
altri paesi, un’emigrazione
ormai di qualità rispetto a
quella solo di massa, si adoperava per l’inserimento
dei temi dell’emigrazione
nella politica dei “primati”.
E quale primati potevano avere gli italiani all’estero se non quelli del
lavoro, dell’imprenditoria
e dell’arte, della inventiva
e del genio, che Giovanni
Riviello aveva già ravvisato
ed esaltato nei lucani emigrati de “La Basilicata nel
mondo” dal 1924 al 1927.
Uomini come Giovanni
Riviello, direttore de “La
Basilicata nel mondo” non
potevano non destare la
curiosità e l’interesse per
simili progetti attuati con
una rivista che, anche se
non eccessivamente impregnata di annali e di
propaganda per un regime
che non era ancora ben
saldo nelle sue radici (a
poca distanza dal delitto
Matteotti) visse e prosperò
con grande tiratura e dif-
— 61 —
di Lucio Tufano
fusione, limitandosi a
qualche cronaca sulle opere di bonifica e a qualche
biografia di uomini del
Fascio, ai fatti politici di
grande portata come il numero dedicato alle manifestazioni per i caduti del
1915-18 e alle questioni
economiche e culturali.
Il Regime si accorse
quindi dell’esistenza e
delle qualità “manageriali”
di Giovanni Riviello, della
sua cultura ed esperienza
professionale. Se ne accorse proprio Arnaldo Mussolini, già giornalista e
fondatore della rivista illustrata “Il Popolo d’Italia” e
volle che ad una sola regione, la Basilicata, si sostituisse la nazione per
questa insigne funzione di
raccordo fra l’Italia e gli
Stati Uniti e tra l’Italia e
gli Stati dove vi fossero
italiani emigrati.
A Giovanni Riviello fu
concesso di fondare gli
“Italiani pel mondo” e di
esserne il direttore responsabile, con la direzione politica dell’on. Nicola Sansanelli, già amico del Riviello e capo del Fascismo
napoletano.
In data 1° gennaio 1928
se ne stampava il primo
numero 4 . Conteneva la
pubblicità della più importante banca italiana
degli Stati Uniti “Bank of
Italy National Trust &
Savings Association” di
San Francisco, California.
In copertina la bandiera
americana e quella italiana
sventolavano lambendo il
marmoreo cimiero di un’Italia che aveva la lupa, il
fascio e il libro alla base.
A Guglielmo Marconi
veniva dedicato il ritratto
in prima pagina.
Solo nel secondo fascicolo, quello del febbraio
1928, un editoriale spiega-
va come “Italiani pel mondo” fosse figlia di una passione e di un’idea, nata dal
sacrificio della sua minor
sorella “La Basilicata nel
mondo”, intorno alla quale si erano raccolti tutti i
lucani disseminati operosamente per i Paesi esteri.
“A tutti costoro -si spiegava nell’editoriale- noi chiediamo perdono, sicuri che
essi comprenderanno le
più vaste ragioni ideali che
ci hanno consigliato di
allargare il campo della
nostra pubblicazione a
tutti gli italiani”.
Nell’esprimere come la
rivista avesse ottenuto, al
suo apparire, il previsto
successo e dato ai suoi redattori la misura della responsabilità assunta verso
l’Italia e verso gli italiani,
in quanto “organo puro e
forte della comunione spirituale fra tutti i figli della
patria”, l’arma del loro diritto, la rivendicatrice dell’azione e del contributo
di pensiero e di lavoro
degli emigrati, l’editoriale
non mancava di rivolgere
a Benito Mussolini il grato
pensiero per aver “ridato
agli italiani la coscienza
integrale del loro destino”.
Un editoriale sufficientemente pervaso di retorica
dal momento che allude al
fatto che la rivista avrebbe
squillato “dalle sue pagine
bellissime il grande inno
corale del lavoro italiano
in Patria e all’estero” e che
il successo sarebbe stato
ottenuto “seguendo l’ope-
— 62 —
ra del Regime” nella certezza di aver alimentato
nel cuore di tutti gli italiani, ovunque essi vivessero,
“la lampada votiva del
sentimento di devozione
per la loro patria immortale”.
È qui che si arguisce
come il Riviello, estensore
della nota, fosse ormai
completamente pervaso
dallo spirito del Regime,
nel pieno esercizio di quella funzione, demandatagli
dal Fascismo, di riscatto
delle nostre comunità nazionali all’estero. Egli si
rendeva artefice di tale
missione perché folgorato
dall’ausilio e dalla tutela,
tramite l’azione coordinatrice dell’amico Sansanelli,
di grosse personalità del
Fascismo, che volevano
realizzare quell’ambizioso
proposito di Mussolini,
pubblicizzato dal Regime
persino sui francobolli con
lo slogan “dovunque è un
italiano là è il tricolore”.5
Il tutto era da relazionare a quei dieci milioni di
italiani che, secondo il Regime, rischiavano di smarrire la loro coscienza nazionale e di disgregare la
loro compagine etnica e
che, invece, dovevano rappresentare la continuazione “spirituale ed ideale”
della Patria oltre i suoi
confini naturali.
Per Riviello la fatica non
fu improba nel proseguire
con la seconda rivista. Si
trattava di animare tutti
gli elementi che erano alla
base della sua fertile opera
di coagulo già compiuta
nella prima rivista: contattare gli amici italoamericani e lucani, tratteggiarne i
caratteri, le doti e le posizioni sociali ed economiche, dare notorietà e prestigio ai “basilicatesi” di
America, così come amava
definirli, nella convinzione
che il popolo lucano, per
il suo nomadismo, avesse
molto in comune con il
popolo ebreo. Ma ora il
panorama era ancora più
vasto per un giornalista,
grande biografo degli emigrati, nel dover tratteggiare personaggi come Antonio Campagna, Antonio
D’Angelo, i costruttori
Paterno, i banchieri più
noti quali l’avv. Pietro
Dinnella presidente della
“Security State Bank” di
New York, re dei mattoni,
importatori ed alti professionisti, tutti coloro che
gli organizzavano i banchetti al “Commodore
Hotel”, e perfino di artisti
quali Cesare Colasuonno,
Angelo Brando, Joseph
Stella e molti altri.
Si trattava di intensificare i contatti con la Casa
Italiana di Cultura in New
York, con la Dante Alighieri, con la Columbia
University, con le Ambasciate e i Consolati, con i
governatori degli Stati.
Nella nuova esperienza
Riviello veniva validamente aiutato dall’on. Sansanelli, direttore politico e
quotato giornalista, lucano
di nascita e segretario
federale del Fascio napoletano, presidente della
Federazione Internazionale Alleati Ex Combattenti (FIDAC), che nel
1928 assunse anche la
direzione de “Il Mattino”,
con Francesco Paoloni, già
collaboratore di “Italiani
pel mondo” per la parte
politica e grossa personalità del Fascismo, fondatore, con Benito Mussolini,
de “Il Popolo d’Italia”. “È
con orgoglio -scrisse Giovanni Riviello all’atto della
loro nomina- che “Italiani
pel mondo” vede assurgere
i suoi migliori a capo del
più autorevole e diffuso
quotidiano del Mezzogiorno d’Italia.” Ma a differenza di quanto sostiene
Ferdinando Santoro nel
1964, l’autorevole personalità di Sansanelli viene
fuori dalle cronache della
sua visita negli Stati Uniti,
in ottemperanza all’impegno assunto sia rispetto al
Regime che rispetto allo
spirito della rivista: “documento di passione e di
fede” come egli stesso scriveva nell’articolo di apertura al primo numero (che
porta ai fratelli lontani e
prediletti le notizie della
Patria, ravviva i ricordi del
passato, illustra le tappe
del cammino millenario
della nostra razza...).
In qualità di “messaggero d’amore agli italiani
degli Stati Uniti” Sansanelli fu ricevuto in manie-
ra grandiosa. Visitò i principali centri dell’Unione e
venne solennemente ospitato a Washington dal
Congresso americano e dal
presidente Coolidge, ufficialmente accompagnato
dall’ambasciatore De Martino e dal comm. Enrico
Carlo Sartorio.6
Su iniziativa dell’avv.
Antonio Campagna gli fu
organizzato a New York,
nella serata del 31 maggio1928, un grande banchetto che si trasformò in
una grande adunata fascista alla quale intervennero
oltre mille italiani e numerosi esponenti del mondo
americano, tra i quali S.E.
Child, rappresentante del
mondo operaio, e il sig.
Paolo Vaccarelli, vicepresidente dell’Unione Internazionale dei Longshoremen, che portò a San-
— 63 —
sanelli il saluto dei sei milioni di iscritti alla Federazione Americana del Lavoro.
A New Haven, a Philadelphia, a Washington, a
Cleveland, a Detroit, a
Chicago, a Indianapolis
Sansanelli furoreggiò nell’entusiasmo delirante delle comunità italiane.
A Greenvich Sansanelli
fu ospite di Mrs. Ray H.
Awold; a Newhaven, alla
Yale University con “luncheon” d’onore; al Quinnipriak Club; al meeting
della Camera di Commercio; al sontuoso banchetto
con le personalità più eminenti del Connecticut; alla
“Indipendence Hall”; al
Carpenter Club; al Batscy
Ross; al Penn Atletic
Club; alla tomba del milite ignoto americano, quale
presidente della FIDAC;
ad Annapolis presso l’Accademia Navale, a Culver
Ind ove fu eletto capotribù
onorario e dove gli allievi,
nella cerimonia dell’investitura, eseguirono una
manovra militare al suo
comando, al grande Congresso della FIDAC; alla
sede del Fascio italiano,
con l’on. Ciarlantini; alla
mostra del libro italiano;
in visita all’Ospedale italiano ed infine alla Casa
Italiana di Cultura, Sansanelli fu accolto con grandi
onori.
La rivista riporta espressioni di gratitudine per
tutti coloro che si prodigarono e si distinsero “in fervore di patriottismo e di
ospitalità signorile” per
Antonio Campagna, per i
fratelli Paterno, per il gr.
uff. G. Vicario, per il cav.
Pasquale Margarella, per il
cav. Raimondo Guarino,
per l’avv. Favoino Di Giura,
per il dott. Viggiano, per il
cav. Vito Cantasano, per i
fratelli Maronna, per il sig.
Nicola Scelzi, per Giovanni
La Greca, per il viceconsole
cav. uff. Pasquale De Cicco,
ecc...
Ma gli antichi legami e
il rapporto di amicizia pazientemente tessuti da
Giovanni Riviello, consigliere delegato di “Italiani
pel mondo” e fondatore
della rivista, si rivelano ancora quando, nel quadro
programmatico delle iniziative editoriali, gli fu affidata la missione di prendere contatto e di osservare da vicino l’organizzazione delle maggiori comunità italiane all’estero, di
raccogliere dati circa la
loro entità economica, le
loro forme di associazione,
la loro attività ed il loro
sistema di vita.
Riviello tornò negli Stati
Uniti nell’aprile 1929,
completamente investito
del ruolo di animatore del
sentimento nazionale e di
grande agente della pubblicità del Regime.
Nei suoi contatti quasi
quotidiani con le nostre
comunità italiane, di New
York e di altri centri degli
Stati Uniti, egli illustrò
costantemente con discorsi pubblici e conversazioni
private, le grandi opere del
Regime Fascista, la mirabile unificazione degli spiriti di tutti gli italiani che
“solo l’enorme ascendente
personale di Benito Mussolini poteva conseguire”.7
“Gli emigrati italiani così è riportato nell’articolo di commento al viaggio
di Riviello- hanno compreso che “Italiani pel
mondo” è la loro pubblicazione e a mano a mano
che i nostri inviati, come
già si è fatto per l’Africa
romana e per gli Stati
Uniti d’America, e prossimamente per le Americhe
Collezione filatelica di Lucio Tufano
latine e per gli Stati europei ove sono più forti i
nuclei della nostra emigrazione, prenderanno diretto
contatto con le nostre comunità in tutti i Paesi
stranieri...”
Circondato dalle simpatie degli emigrati, specie
lucani, che conoscevano e
apprezzavano “il geniale
ideatore della nostra impresa editoriale”, Giovanni
Riviello, nell’impossibilità
di ringraziare tutti, invitò
ad un banchetto di commiato i maggiori esponenti della comunità italiana
di New York, che erano
stati larghi di cortesie durante il soggiorno in città.
Furono oltre cento i connazionali di New York (tra
i quali tutti i vecchi amici
ed ammiratori) che parteciparono al pranzo di addio nelle sale del “Vulcano
Restaurant”.
L’avv. Riviello ringraziò
tutti con parole semplici e
commosse, inviando un
vibrante messaggio cablografico a nome di tutti i
presenti al direttore on.
Nicola Sansanelli. Un anno dopo, nel gennaio del
1930, si spegneva l’ideatore e ingegnere del lungo
ponte tra la Basilicata,
l’Italia e il mondo.
Note
1
N. RAMAGLI, Santoro e la
“Basilicata nel mondo” , in
“Aspetti letterari”, XXXII, V,
Napoli 1972;
2
“Costruire”, febbraio 1927,
direttore-fondatore Darioski.
Rivista mensile del Fascismo
in rassegna coloniale;
3
“Costruire”, giugno 1927;
4
“Italiani pel mondo”. Rivista
mensile illustrata. Lire 8 la
copia in Italia, Lire 15 all’estero, edita dalla Società
Anonima Editrice “Italiani pel
mondo”, uffici in Napoli, via
Angiporto, Galleria 19 e via
Cisterna dell’Olio, 6. Ufficio di
corrispondenza in tutte le più
importanti città del mondo.
N. B. Quanto prima “Italiani
pel mondo” avrà nella capitale della Repubblica Argentina una sua sede di rappresentanza. Nel frattempo,
per quanto riguarda la nostra
rivista -pubblicità, abbonamenti, ecc. è gli Italiani possono rivolgersi al nostro corrispondente da Buenos Aires
Cav. José Chiummiento, posta restante (oppure) Charcas1071, Buenos Aires.
Alla rivista collaborarono:
Ferdinando Santoro, Francesco Paoloni, Nicola A.
Fiore, Maria Luisa Fiumi,
Corrado Levi, L. N. Di Giura,
Luigi Rava, John L. Gerig
— 64 —
(preside della Sezione di lingue romanze della Columbia
University), Giovanni Riviello,
Matilde Serao, J. C. (José
Chiummiento), Alfredo Pausini, Renato La Valle, Fausto
M. Martini, Lorenzo Di Poppa, Giuseppe A. Andriulli,
Gustavo Brigante Colonna,
G. Mingazzini, Clarice Tartufari, Manlio Cornazza,
Ferdinando Santoro, Giuseppe Tricarico, Federico Hermanin.
5
Serie del X° annuale- Poste
Italiane, valore L. 1,25;
6
Scrittore e combattente,
laureato in lettere all’Università di Pennsylvania, in
filosofia in quella di Roma,
autore di libri di sociologia in
inglese e in italiano, autore
anche di “Americani di oggigiorno” edito da Zanichelli;
7
“La nostra propaganda
negli Stati Uniti d’America”,
editoriale di “Italiani pel
mondo”, n. 3-4, anno II,
Marzo- Aprile 1929, pag.
271.
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