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Ruth alla guida della Comunità
N° 7 - LUGLIO 2015 - TAMMUZ 5775 • ANNO XLVIII - CONTIENE I.P. E I.R. - Una copia € 6,00 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 Roma MONDO USA ISRAELE BDS, TUTTI CONTRO ISRAELE QUANDO LA RELIGIONE È BUSINESS LUOGHI POCO CONOSCIUTI בס’’ד SHALOMשלום EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA Ruth alla guida della Comunità Dureghello è il nuovo presidente Germania e Israele: 50 anni di amicizia FOCUS V ENDITE E AFFITTI IN ISRAELE Gruppo immobiliare APPARTAMENTI - VILLE - PENTHOUSE - COTTAGE - DUPLEX INOLTRE FORNIAMO I SEGUENTI SERVIZI: VIV - GERU A L SA TE LE ME M HERZLIYA - RA A N A NA DOD - EILAT ASH ! לשנה הבאה בישראל 1. INVESTIMENTI IN NUOVI PROGETTI 2. GESTIONE DEI BENI IMMOBILIARI 3. VENDITA IMMOBILI DI LUSSO AARON SAADA IT: +39 02 8736 8313 IS: +972 54 906 1409 E-mail: [email protected] EDITORIALE L a campagna elettorale dello scorso maggio, per il rinnovo del Consiglio della Comunità, era stata segnata da molta polemica e in alcuni casi persino da veleno versato a più mani, sui concorrenti e sulle idee delle altre liste. Era quindi legittimo pensare che quei fatidici 30 giorni di campagna, avessero ulteriormente allargato lo spazio tra le diverse anime della Comunità, che la necessaria collaborazione alla gestione dell'interesse comune, fosse ancora più difficile da perseguire. Insomma che gli eccessi di una polemica elettorale avessero scavato ulteriormente il fossato tra il vertice comunitario e la base elettorale. Così invece non è stato. Innanzitutto è cresciuta la partecipazione al voto, segno di una cresciuta maturità del corpo elettorale che non intende delegare a pochi la scelta delle persone chiamate a rappresentare tutti. Nel corso della prima riunione di Consiglio, l'elezione unanime di Ruth Dureghello alla guida della Comunità, è stata poi il segno di una importante e significativa assunzione di responsabilità da parte di tutti i Consiglieri, in particolare dei rappresentanti delle altre tre liste. Nessun tatticismo, nessuna trattativa sottobanco, nessun candidato pilotato o di facciata, ma il riconoscimento del successo personale di Ruth che ora ha l'onere di guidare le politiche comunitarie e di rendere ancora più efficienti i servizi. È evidente che la larghissima maggioranza che ha votato per il nuovo presidente costituisce la logica premessa per attendersi che il governo della Comunità, ovvero la Giunta, sarà costituita da tutte le quattro liste (‘Per Israele’, Menorah’, Binah’ e ‘Noi Siamo Israele’), con una gestione condivisa e concordata che non si vedeva da molti anni. Davanti ai risultati elettorali la risposta che ne hanno dato tutti i Consiglieri eletti è stata quindi di grande responsabilità e serietà, molto lontana dalla soluzione (guiridicamente pazzesca) che è stata invece assunta dalla Comunità ebraica di Milano che per rompere il rompicapo dei risultati elettorali svoltisi un mese prima, hanno deciso di avere due presidenti, due assessori al bilancio, insomma una perfetta duplicazione di cariche che non si era mai vista prima. Chi decida in una Comunità bicefala non è chiaro. A Roma è invece chiarissima che la strada da percorrere sarà quella di un 'governo' unitario che non deve impedire il confronto delle idee e il dibattito sulle scelte da adottare, ma certamente garantirà soluzioni ragionate e condivise rispetto alle tante piccole o grandi emergenze con le quali bisognerà confrontarsi già a partire dalle prossime settimane: l'emergenza sociale, il potenziamento delle scuole ebraiche, la sana gestione economio-patrimoniale con il conteniemto dei costi, la ricerca di fonti di finanziamento alternative ai tributi, la crescita dell'offerta culturale, il mantenimento degli alti livelli di sorveglianza e sicurezza, la gestione positiva del mercato della kascherut. A questi temi che attengono alla specifica vita comunitaria, si aggiungono le sfide che verranno dal mondo esterno: proseguire nel cammino della conservazione della Memoria, difendere la legittimità dello Stato di Israele, rispondere alle minacce e alla protervia dei tradizionali antisemiti ma anche dei nuovi antisemiti che vanno sotto il nome di antisionisti. Insomma il lavoro che attende il nuovo Consiglio sarà certamente lungo ed impegnativo. A tutti gli auguri di buon lavoro. SHALOMשלום MEDIO ORIENTE PARLARE, PARLARE PER NON DECIDERE NULLA 4 6 FIAMMA NIRENSTEIN è dal 2002 che l’Iran prende in giro il mondo DANIELE TOSCANO MONDO Il caos islamico che sta cambiando il mondo 8 10 11 UGO VOLLI Bds, ovvero i nuovi odiatori di Israele ANGELO PEZZANA Il governo israeliano affronta (male) la sfida del boicottaggio ARIEL DAVID FOCUS Israele-Germania: 50 anni di un’amicizia “impossibile” 12 DANIEL MOSSERI 14 15 QUELLE RELAZIONI MOLTO SPECIALI CHE NON SARANNO MAI ‘NORMALI’ DANIELE TOSCANO I risarcimenti tedeschi: un questione che lacerò la società israeliana JONATAN DELLA ROCCA Forse è Made in Germany la garanzia definitiva PIERO DI NEPI PENSIERO Quello che (solo) gli ebrei possono fare per evitare il prossimo Olocausto 16 18 19 MICHAEL LAITMAN Cosa c’è dopo le elezioni comunitarie? La risposta è una: LA crescita condivisa CLELIA PIPERNO Per conoscere meglio Israele e il Medio Oriente DAVID MEGHNAGI LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 La responsabilità del nuovo Consiglio 3 Parlare, parlare per non decidere nulla Ancora va in scena la tragica-commedia delle trattative sul nucleare iraniano T LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 rattare, non trattare, accordo, non accordo, nucleare, non nucleare, sanzioni, non sanzioni.... mentre scriviamo gli americani e gli europei, i rappresentanti del 5 + 1 stanno ancora sfogliando la margherita appassita dell’accordo con l’Iran. Sono decenni ormai che va in scena la medesima commedia, e di certo l’aspetto più saliente della trattativa è stata l’offerta sempre crescente da parte dell’Occidente di soldi, di cancellazione rapida delle sanzioni, di più uranio da conservare nella cassaforte di casa, più centrifughe ad ogni incontro, anche di quelle che ad uno schioccare di dita possono diventare velocissimi motori per l’arricchimento nucleare, più missili sul campo senza che nessuno abbia da obiettare, meno intrusioni delle ispezioni internazionali. Obama ha deciso che l’accordo con l’Iran deve essere il retaggio principale della sua politica estera, Khamenei se ne è ben reso conto e la conseguenza è un tirammolla senza costrutto, di cui il mondo intero dovrebbe aver colto il significato preciso per la parte persiana. Ed esso è: questa trattativa è una farsa, è un modo di guadagnare tempo, tanto tempo per fare quello che ci serve. Col tempo e i sorrisi diplomatici si ammorbidiscono le sanzioni e il capitale internazionale si accomoda in tutte le pieghe di una trattativa aperta, mentre cresce all’aria aperta il 4 Allestimenti eventi con buffet dolci e salati Dolci per shabbath • Kiddushim per i Templi Torte e pasticceria tradizionale e monoporzioni Torte artistiche • Wedding cakes Via Michelangelo Pinto 10/16 - Tel. 06.6531328 Via del Portico d’Ottavia 1A - Tel. 06.69309396 www.koshercakes.it - cell. 393.8598192 potente sistema balistico degli ayatollah, si allarga senza remore la politica egemonica più volte strombazzata dall’Iran e molto evidente sul campo, e si guadagna tempo, tempo, un mare di tempo mentre si arricchisce l’uranio. Manco a dirlo che nel contempo si rafforza con mille proclami non solo la determinazione a distruggere Israele, ripetuta mille volte mentre le trattative venivano condite da un numero altrettanto notevole di sorrisi e cerimonie, ma anche da dichiarazioni d’odio nei confronti degli Stati Uniti stessi. Anche il record dei diritti umani violati seguita a essere drammatico, l’Isis non è molto peggiore dell’Iran se si pensa che il Paese degli Ayatollah giustizia in media una persona ogni due ore, che le sue persecuzioni di persone che la pensano in maniera autonoma, o sono per religione o per etnia diverse dal ceppo farsi-sciita sono micidiali; che le donne sono le prime vittime dal regime, controllate nell’abbigliamento, nel comportamento, nel lavoro. La libertà di opinione, sessuale, di movimento non esistono. Recentemente un avvocato è stato trattenuto in cella per tre giorni perché aveva stretto la mano alla sua difesa. Mentre gli americani danno prova continua di volere raggiungere l’accordo a tutti i costi, la delegazione guidata da Jayad Zarif si allarga continuamente, adesso è l’ONU a essere tempestato di bloccare l’arricchimento a uso bellico del plutonio e dell’uranio. L’Iran aveva già messo in piedi le centrali di Natanz e Arak in segreto, e non ha mai saputo spiegare perchè ha fatto tutto in silenzio, se la sua intenzione era, come sostenne, pacifica. Il primo tentativo gestito da Inghilterra, Francia, e Germania andò davvero maluccio, e la prova ce l’ha data Rowhani raccontando le trattaive: “Mentre negoziavamo con gli europei, a Teheran si installavano le strutture a Ishfahan. Siamo riusciti così a provvedere il tempo necessario per completare i lavori e così (una voltà completati) il mondo è stato costretto a prendere in considerazione un dato di fatto che avrebbe cambiato tutta la situazione”. E di fatto Rowhani lasciò il suo posto avendo portato il numero delle centrifughe da 164 a circa 1500. Il numero di centrifughe per produrre una bomba l’anno è di 3000, quelle che resterebbero ora in mano all’Iran sono 6000. Non c’è accordo che possa funzionare senza volontà politica se l’interlocutore viene messo in condizioni di perseguire i suoi sogni più selvaggi. Anche se per un momento si fermasse, presto si assisterebbe al suo risveglio. E qui purtroppo un fraintendimento di fondo rischia di metterci tutti nel peggiori guai: Obama pensa che l’aspirazione di Rouhani o del distinto Jayad Zarif sia simile a quella dei suoi amici di Chicago: una vita all’insegna del benessere, del futuro sicuro, della pace. E’ vero tutto il contrario. La spinta ideologica degli iraniani è religiosa e ideologica, tutta permeata delle indicazioni della rivoluzione del ‘79, quella in cui Khomeini tornò dall’esilio deciso a creare un regime shariatico shiita che avrebbe sgominato tutti i suoi nemici, e che avrebbe distrutto il “cancro sionista” e dato una lezione al “Satana americano”. E per favore, ascoltiamo con attenzione il continuo reiterarsi di queste minacce: per tutti questi anni di dialogo la prospettiva del nucleare iraniano è diventata sempre più forte, gli strumenti per renderlo operativo si sono consolidati, la presenza del terrorismo iraniano nel mondo è un grande dato di fatto, l’egemonia in Medio Oriente molto vasta e armata. L’odio per Israele e per gli USA, il motore che propelle l’egemonismo iraniano. FIAMMA NIRENSTEIN LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 richieste perchè siano tolte le sanzioni anche dal sistema missilistico, gli iraniani spiegano che non c’è nesso (ma che strano, si sarebbe detto tutto il contrario) fra nucleare e sistema balistico e che l’embargo deve cadere. Intanto l’Iran annuncia che pianifica di volere passare all’esportazione di 2,3 milioni di barili al giorno dall’1,2 e fa progetti molto in grande. Mentre Obama suda per dargli l’accordo storico, sembra appropriato il commento del presidente repubblicano della Commissione degli Affari Esteri del Congresso, Ed Royce, che nota come togliere le sanzioni all’Iran e il conseguente balzo della sua economia darà agli ayatollah nuovi fondi per finanziare gli alleati militari nel Medio Oriente: “Le decine di milioni di dollari che l’Iran intravede all’orizzonte del dopo sanzioni servirano a servire la volontà iraniana di armare i terroristi Hezbollah, assistere Assad in Siria, e aiutare gli Houty in Yemen”. Insomma, il popolo iraniano vedrà ben poco del denaro che deriverà eventualmente dall’accordo che dovrebbe restitutire l’Iran agli onori del mondo. Di nuovo saranno le Guardie della Rivoluzione a goderne per reprimere gli impulsi alla libertà del nobile popolo iraniano che già nel 2009 ha cercato di ribellarsi al regime, e soprattutto ne trarrà nuovo impulso più o meno nascostamene, al disegno iraniano di dominare il mondo a partire dal Medio Oriente. Non bisogna dimenticarsi mai, per capire la raltà odierna, che Ciro il Grande e Cambise (poi sconfitto da Alessandro Magno) e più tardi il secondo impero persiano si sono estesi in territori immensi fino al Pakistan, all’Afghanistan, all’Armeria passando per l’Iraq e la Siria e il Golfo Persico, e nel 570 anche lo Yemen cadde nelle sue mani. l’Islam sciita che sogna l’avvento del Mahdi e quindi avvolge di messianicità il futuro del mondo riconquistato all’Islam, sente insieme la sua missione religiosa e la sua memoria storica imperiale. E dunque mai e poi mai potrebbe rinunciare a combattere innanzitutto i traditori della fede musulmana vera, ovvero i sunniti (l’Arabia Saudita è il suo grande nemico), e i corrotti infedeli che impediscono con la prepotenza l’estensione del vero Islam, quello sciita. E’ dal 2002 che un gruppo di dissidenti iraniani ha reso noto i dettagli del programma nucleare iraniano, e da allora che si cerca di 5 MEDIO ORIENTE È dal 2002 che l’Iran prende in giro il mondo Quasi quindici anni di trattative inutili. Così Teheran può andare avanti con la costruzione della bomba atomica D al 30 giugno al 7 luglio, poi ancora al 10 luglio. I termini della scadenza del negoziato sul nucleare iraniano sono stati spostati più volte negli ultimi mesi. Ma si tratta di un processo partito tanti mesi fa e le cui radici affondano addirittura nei primi decenni del dopoguerra. Questi ultimi atti sono il frutto dell’accordo preliminare del 24 novembre 2013; il 2 aprile scorso l’Iran e i Paesi del 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) avevano raggiunto un’intesa preliminare per supervisionare le attività nucleari dell’Iran per almeno dieci anni. Tuttavia, già nel 1957 lo Scià aveva inaugurato un proprio programma per sviluppare energia nucleare civile. L’obiettivo era quello di realizzare un progresso economico e scientifico e di ottenere un’egemonia regionale: l’Occidente non interferiva nei piani di un Paese amico, ma dall’inizio degli anni ’70 iniziarono i primi sospetti dell’intelligence statunitense di secondi fini. Con la rivoluzione islamica nel 1979, gli aiuti occidentali si bloccarono, ma il programma nucleare proseguì clandestinamente. Dopo un’inevitabile arresto durante la guerra con l’Iraq, negli anni ’90 Teheran ottenne l’appoggio russo, non senza contributi da Pakistan, Cina, Nord Corea. Nell’agosto 2002, il progetto uscì alla luce del sole: un gruppo in esilio dell’opposizione al regime degli Ayatollah, il “Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana”, denunciò l’esistenza di siti nucleari clandestini per l’arricchimento dell’uranio a Natanz e una centrale nucleare ad acqua pesante ad Arak. A questa accusa, seguì, circa un anno dopo, quella dell’Agenzia Onu per l’Energia Atomica (AIEA), che affermava in un rapporto che l’Iran stesse violando il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), ratificato da Teheran nel 1970. A seguito di queste polemiche, nell’ottobre 2003, l’Iran firmò il protocollo aggiuntivo al TNP che permetteva ispezioni non annunciate dell’AIEA: passo tutt’altro che risolutivo, visto che nel giugno 2004 il Consiglio dei governatori dell’AIEA dichiarava “incompleta ed episodica” la cooperazione ANNGIGLI LAB RE - INVENT YOURSELF LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Bat Mitzvà 6 ANNGIGLI LAB ROMA - Via Cola Di Rienzo, 267 - Tel. 06 3210220 dell’Iran, che riprese così la produzione di centrifughe. Passato un altro anno, nel giugno 2005, il conservatore Mahmoud Ahmadinejad vinse le elezioni e diventò Presidente: il nucleare divenne così obiettivo esplicito del regime iraniano. Il dossier dell’AIEA passò dunque al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, l’unico organismo autorizzato a imporre sanzioni. Iniziò il lavoro di mediazione del Gruppo dei 5+1, basato sul duplice approccio fatto di minacce a Teheran di misure coercitive e offerte di incentivi per la cooperazione economica qualora l’Iran avesse rispettato le norme di non proliferazione nucleare. L’atteggiamento ostile di Teheran condusse alle prime sanzioni a fine 2006, seguite da altre risoluzioni (marzo 2007, marzo 2008, giugno 2010) che ne sancirono un inasprimento; ad essere colpito era soprattutto il settore petrolifero. L’Iran non si fece intimorire e, nel 2007, arrivò l’annuncio dell’inizio della “fase industriale” di produzione di combustibile nucleare. La svolta avvenne solo nel 2013: da un anno il peso delle sanzioni penalizzava notevolmente l’economia iraniana; l’elezione alla presidenza del moderato Hassan Rohuani (già capo negoziatore del nucleare e firmatario nel 2003 del protocollo con l’AIEA per la sospensione delle attività di arricchimento di uranio) presentava un interlocutore più flessibile. Il cuore del negoziato si è svolto nei contatti tra Iran e USA, i primi dopo il 1979. Il primo risultato è stato ottenuto il 24 novembre 2013, quando a Ginevra è stato raggiunto l’accordo preliminare in otto punti, riassumibili in uno scambio basato sulla riduzione dell’arricchimento dell’uranio (il cui diritto è stato però riconosciuto) in cambio di un’attenuazione delle sanzioni internazionali. La durata di questa prima intesa era semestrale, ma ha poi subito una serie di proroghe fino alle ultime di questa estate. In questo anno e mezzo si sono svolte serrate le trattative per un accordo definitivo; da parte israeliana (ma non solo, si pensi ad esempio ai Repubblicani in seno al Congresso o alle posizioni di alcuni stati come l’Arabia Saudita) sono venute forti critiche, visto che non si impedisce a Teheran di ottenere il nucleare, generando un’escalation di tensioni in tutta la regione. Emblematico a questo proposito il discorso del premier Netanyahu al Congresso americano nel marzo scorso, dopo che già all’indomani dell’accordo di novembre aveva parlato di “errore storico”. Anche l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon ha affermato in un’intervista di fine giugno che un accordo faciliterà la costruzione della bomba e aumenterà il rischio di proliferazione nucleare, con una corsa al riarmo degli Stati sunniti che potrà generare instabilità in tutta l’area. Nel frattempo, numerose compagnie petrolifere del mondo occidentale, tra cui le italiane ENI e SHELL, hanno ripreso ad accreditarsi in vista della possibile riapertura del mercato iraniano: le riserve iraniane di petrolio e gas sono le terze al mondo dopo Russia e Venezuela, con buona parte che devono ancora essere prodotte. DANIELE TOSCANO THE D VE A T S A E E C SOD A YE El ISRA DA GioveDì 29 ottobre A mArteDì 3 novembre ON Il KERE N H Vi abbiamo sempre soddisfatti a ottobre Vi stupiremo missione 2015: da giovedì 29 ottobre a martedì 3 novembre Il solo modo per conoscere quello che cambia in Israele è visitarlo con le missioni del Keren Hayesod. Non solo vediamo i luoghi, incontriamo la gente, e coloro che decidono. E quando li incontriamo siamo membri della più importante associazione ebraica del mondo. Quindi segnate le vostre curiosità pronti a meravigliarvi in un viaggio ogni volta unico nel paese dei miracoli. PROGRAMMA MISSIONE 29.10 Giovedì - Arrivo a Ben gurion - Visita a Euronautics: leader mondiale aerei senza pilota, a Yavneh - Ashdod/Palmahim: visita centro di potabilizzazione di acqua salata - Visita al progetto Net@ - Viaggio a Tel Aviv: Check point: leader mondiale di siber e sicurezza on net - Cena a Hertzelya: incontro con Yossi Vardi: com’e nata la start up nation 30.10 venerdì - Ytzhak Teshuba, propritario Delek ricerche gas, la rivoluzione del gas e l’economia Israeliana. - A Raanana: incontro con il ministro del’educazione Naftali Bennet - Viaggio a Gerusalemme - Pranzo al mercato Mahhane Yehuda - Visita al mercato - Cena Shabbat al albergo con ospite 1.11 domenica - Viaggio a Beer Sheva - Incontro con Rubik Danilovitz sindaco - Visita base aeronautica di Hatzerim (scuola aeronautica) - Visita al ospedale Soroka, Beer Sheva - Visita centro accoglienza Olim, Beer Sheva Sulamot, progetto Keren Hayesod - Notte a Ashkelon o Beer Sheva 31.10 Sabato - Shabbat al tempio Italiano - Visita citta vecchia - Havdala al Kotel - Cena al museo di Davide 2.11 Lunedì - Viaggio a Kibbuz Nirim, sul confine - Incontro ragazzi kibbutz - Incontro con il sindaco, Gadi Yarkoni, ferito gravamente a agosto 2014 - Agricultura sul confine - Incontro con col. Capo della divisione del sud, Idf - Incontro con la famiglia Tragherman, kibbutz Nahal Oz - Cena al albergo con Benny Gantz, ex capo dello stato maggiore 3.11 martedì - Visita a Intel Kiryat Gat: come sarà il mondo fra 10 anni - Chiusura del viaggio con Greg Mazel, direttore generale KH - Partenza KereN HaYesod appeLLo uNifiCato per israeLe Ufficio Centrale. Corso Vercelli, 9 – 20144 Milano. Tel. 02 48021691 – 02 48021027. Fax 02 48193376. E-mail: [email protected] C.so Vittorio Emanuele II, 173 00186 Roma. Tel 06 6868564 - 06 68805365. Fax 06 6875833. E-mail: [email protected] MONDO Il caos islamico che sta cambiando il mondo Una trasformazione radicale piena di pericoli ed incognite che l’Occidente non riesce a percepire C LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 he la situazione in Medio Oriente sia difficile e confusa, lo sanno anche i più distratti lettori di giornali. Con la sua accettazione dell’islamismo “moderato” nel discorso del Cairo del giugno 2009 e soprattutto con le politiche di appoggio ai ribelli conseguenti a quella posizione, Obama ha tirato fuori dalla bottiglia uno spirito rivoluzionario e pugnace che giaceva represso da decenni. C’è stato un massiccio tentativo degli islamisti di prendere il potere dove prima regnavano delle classi politiche laiche, militari, molto corrotte ma anche molto realiste, che erano progressivamente venute a patti con l’Occidente. Così è accaduto, con diversi esiti in Tunisia e Libia, Egitto e Yemen e Siria, con forti riflessi anche sugli altri paesi arabi. Salvo che in Egitto, dove i militari hanno ripreso il potere, dopo il tentativo dell’Alleanza Musulmana di forzare con un colpo di stato bianco, la costituzione di un regime islamista totalitario, e salvo la Tunisia, dove sembra reggere una democrazia non (troppo) confessionale, questo tentativo ha provocato sei anni di turbolenze violentissime, con centinaia di migliaia di morti. Si sono scontrati islamisti e militari, sciiti e sunniti, rivoluzionari e conservatori, diverse osservanze di islamismo militante. Sono saltati i confini e le unità nazionali. Stati che erano stati istituiti dopo la sconfitta della Turchia un secolo fa sono crollati all’interno e hanno perso anche i loro confini. Libia, Siria, Iraq, Yemen non sono più in alcun modo entità statali; altri sono minacciati come il Libano (che non riesce a eleggere il presidente della repubblica da un anno), gli stati del Golfo insidiati dall’Iran, la Giordania che potrebbe essere 8 il prossimo obiettivo dello Stato Islamico. L’Iran, forte dell’appoggio di Obama è all’attacco in tutto il Medio Oriente: egemone in Iraq, Siria, Libano, Yemen, con forti influenze in tutto il mondo arabo. E’ la prima volta da mille anni e passa che la minoranza sciita, relativamente piccola, e l’etnia farsi, anch’essa molto minoritaria, sembra in grado di prevalere su sunniti e arabi. La divisione fra Siria e Iraq, che era stata stabilita da Francia e Gran Bretagna per dividersi le risorse lasciate libere dalla fine del colonialismo turco, è ormai inesistente. Tutta questa situazione comporta evidentemente gravi rischi e disagi immensi per le popolazioni, stragi e distruzioni immani. L’opinione pubblica occidentale se ne accorge in maniera molto parziale e deviata: “vede” il rischio di distruzione di uno straordinario monumento storico-artistico come Palmira, “vede” anche le crudeltà dello Stato Islamico; ma “vede” molto meno i 200 mila morti della Siria, i fuggitivi sparsi negli stati confinanti, i rischi geopolitici. Tende a negare l’evidenza, cioè la continuità e la generalità dei comportamenti dello Stato Islamico, il loro fondamento nella pratica millenaria dei regimi arabi e nelle fonti islamiche; non capisce che la spinta a rompere le frontiere degli stati e a combattere contro i persiani sciiti all’attacco è massicciamente sostenuta nel mondo arabo, così come la reislamizzazione e la retribalizzazione della società. Un recente sondaggio, per quel che valgono queste inchieste in società così confuse e turbolente come quella araba attuale, dava l’appoggio allo Stato Islamico nel pubblico arabo intorno all’ottanta per cento. Israele si trova a vivere in mezzo a questa grande burrasca storico-sociale. Nel territorio che controlla ce ne sono tracce, nel rinnovarsi del terrorismo spicciolo che si ispira a un Islam combattente e ancor di più nella presenza di forze organicamente legate a quelle più grandi in gioco: Hamas parte della fratellanza islamica sconfitta e indotto dunque a cercare una tregua con Israele (forse) ma soprattutto a rifugiarsi di nuovo sotto la protezione dell’Iran; Hezbollah massicciamente armato e sostenuto dallo stesso Iran, ma usato come una forza mercenaria in Siria e Iraq; i salafiti e le forze per ora piccole direttamente legate allo Stato Islamico. Ma è certamente in grado di reggere alla guerriglia a bassa intensità che queste forze usano per logorarlo; la sua superiorità tecnologica è tale da indurlo ad affrontare con fiducia anche una guerra vera e propria con Hezbollah e l’Iran che lo appoggia - anche si in questo caso le vittime sarebbero molte, non solo da parte dei nemici ma anche dei cittadini di Israele. Per ora comunque lo stato ebraico è un’isola di tranquillità in mezzo ai grandi sconvolgimenti del territorio che lo circonda. Reggere in mezzo a questo sconvolgimento è un compito estremamente difficile, che richiede esperienza, spregiudicatezza, capacità di valutare freddamente rischi e opportunità. Anche perché il mondo occidentale, di cui Israele fa parte per il suo funzionamento sociale, economico e politico sembra aver deciso di fare tutto ciò che può per indebolire il suo solo naturale alleato in Medio Oriente, la sola democrazia, il solo Stato che con la tecnologia avanzata, l’agricoltura innovativa, l’esperienza in settori critici come la gestione dell’acqua e dell’energia, contribuisce utilmente all’economia mondiale, ben al di là del suo peso demografico e territoriale. Di tutte le stragi, le ingiustizie, le violenze del Medio Sar tor ia Oriente all’Unione Europea e all’America di Obama sembra non importare nulla; solo la costituzione di un ventitreesimo Stato arabo a spese dell’unico ebraico che c’è al mondo, la fondazione di un ennesimo Stato canaglia sembra costituire per loro un obiettivo importante. La grande confusione comporta però anche alcune opportunità. Alcuni dei più importanti eserciti nemici che minacciavano Israele (come quello siriano e gli Hezbollah) sono più o meno tutti in uno stato di prostrazione e disorganizzazione dovuti alle guerre civili che affrontano; altri (come l’Egitto, la Giordania e l’Arabia Saudita) hanno capito che gli avversari che devono affrontare (il terrorismo islamista e soprattutto l’Iran, sul piano politico l’amministrazione Obama che lo appoggia) sono più o meno gli stessi da cui deve difendersi Israele. Dunque sul terreno sono nate se non proprio alleanze, coordinamenti politici e militari, che potrebbero svilupparsi. Infine dalla dissoluzione dei vecchi stati sono emerse minoranze importanti, minacciate dagli stessi nemici di Israele, con cui potrebbe realizzarsi un “asse delle minoranze” molto significativo: i curdi, innanzitutto, ma anche i drusi, e magari in futuro, se saranno abbandonati dall’Iran e dovranno difendersi dallo Stato Islamico, anche gli alawiti, che erano già alleati di fatto al movimento sionista nei primi decenni del secolo scorso e poi hanno scelto invece la strada del nazionalismo arabo. Insomma, i pericoli sono molti e però non mancano le opportunità. Israele è attrezzato militarmente economicamente e intellettualmente per affrontare una turbolenza che senza dubbio durerà a lungo. E probabilmente anche di rafforzarsi e di superare anche le politiche antisemite che stanno emergendo in Europa. 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A chi si occupava di informazione veniva chiesto di cancellare la parola ‘hasbarà’, perché ricordava troppo ‘propaganda’, mentre Israele non ne aveva più bisogno, era Israel hayafà - la bella Israele - quella che bisognava mostrare. Non che non fosse giusto, era sempre valso prima e a maggior ragione continuava ad essere uno degli strumenti più importanti, il ‘brand’- come si dice - che faceva rimanere con gli occhi spalancati tutti quelli che avevano scelto di tenerli aperti. Guardavano, rimanevano incantati e applaudivano. Ma accanto a queste persone, sicuramente tante, in ogni caso più di quante pensiamo, aumentava la moltitudine degli odiatori, incurabili, perché l’odio è una malattia difficilmente curabile, la si può diagnosticare ma la sua natura irrazionale non contempla guarigioni. E l’odio ha partorito alla fine quella sigla BDS, indovinata, va ammesso, perché facile da capire ed essere ricordata - che riunisce in sé tutti gli attacchi di quella guerra asimmetrica contro Israele che sta avendo 10 PERIZIE E VINTAGE RESTYLING una straordinaria popolarità, in quanto fornisce indicazioni facili da seguire e applicare perché maschera con abilità l’anti-semitismo sostituendolo con uno spendibile anti-sionismo. In ultimo, ma non meno importante, i fruitori sono in gran parte intellettuali, accademici, giornalisti, studiosi, scienziati, ai quali non par vero di avere finalmente le spalle coperte da organizzazioni internazionali particolarmente potenti. Sindacati, università, chiese, gior- nali, tutti - anche se in diversa misura - diventati negli ultimi anni destinatari di enormi investimenti di provenienza arabo-musulmana. Di mezzo non c’è l’Iran - o almeno non c’è ancora, anche se è il primo nome che viene in mente - ci sono invece i suoi nemici, Arabia Saudita, Qatar, Emirati del Golfo, i quali finanziando ogni genere di iniziativa, dall’aspetto culturale, sono riusciti ad addomesticare istituzioni che oggi agiscono quasi apertamente quali agenti il cui compito è la diffusione dell’islam, primo passo indispensabile per porre poi le fondamenta di una civiltà in grado di sostituire quelle precedenti. I metodi non sono quelli criminali dello Stato Islamico, le tecniche sono raffinate, le menti pensanti che guidano il BDS vivono in Occidente, conoscono bene quali sono i punti deboli delle democrazie e li sfruttano senza incontrare ostilità. Per ora il nemico numero uno è Israele, ma dovremmo dire gli ebrei, visto il successo che il BDS ottiene emarginandoli nelle università, in Europa e in Usa. Non da meno è il disinvestimento, che vede uniti sindacati e chiese, che spostano da Israele i capitali che avevano investito, senza curarsi se magari le nuove scelte renderanno meno, ciò che conta è danneggiare l’economia israeliana. UE e Onu danno man forte, soggiogate come sono da una visione politica che vede nello Stato degli ebrei il responsabile di tutti i mali di questo mondo. Israele ha un esercito le cui leggi democratiche sono infinitamente superiori - imparagonabili - a quelle degli altri stati democratici. Eppure viene portata sul banco degli accusati per ‘crimini di guerra’. In Israele il rispetto verso tutte le religioni è totale, mentre nei paesi islamici si rischia la vita per apostasia se non si crede in Maometto. Eppure, anche in questo campo, ad essere diffamato è Israele, mentre quel che avviene nei paesi arabo-musulmani sembra non destare alcun interesse. In Israele i cristiani aumentano costantemente di numero, ma il Vaticano lo ignora platealmente, mescolando le persecuzioni e le stragi di cristiani che avvengono in tutto il Medio Oriente sotto il cappello ‘Terra Santa’, che per antonomasia significa poi Israele. I diritti civili sono rispettati più e meglio che in gran parte delle democrazie occidentali, ne è esempio ancora una volta l’esercito. La leva è obbligatoria per tre anni, dopo di che c’è annualmente un mese di addestramento, il miluim . Ebbene, i componenti di una famiglia omogenitoriale non vengono mai richiamati contemporaneamente per il miluim. Questo permette che uno dei due padri possa sempre essere al fianco dei figli senza che gli obblighi militari lo impediscano. Il provvedimento vale anche in caso di guerra, per assicurare ai bambini la presenza di una figura genitoriale. Succede in qualche altro paese occidentale? Eppure una parte rilevante dei movimenti LGBT, non ha ancora capito - per ignoranza o ostilità (chiamiamola così) - quanto avanzata sia la società israeliana. Non facciamo ovviamente paragoni con gli stati islamici, la cui attitudine criminale nei confronti dei diritti umani è ben nota. Sono solo alcuni esempi, ma molti altri possono essere citati, se solo chi non sa volesse incominciare a sapere. La battaglia sarà lunga, ma sarà Israele a vincerla, la libertà e la giustizia, prima o poi, sconfiggeranno tutte quelle ideologie, laiche o religiose, che oggi possono apparire minacciosamente incombenti. E la guerra contro la disinformazione è fondamentale per raggiungere l’obiettivo. ANGELO PEZZANA La campagna internazionale per delegittimare l’esistenza d’Israele prende forza, mentre i ministri di Netanyahu involontariamente fanno il gioco di chi vuole isolare lo Stato ebraico C ome un cancro che inesorabilmente si espande fino a minacciare l’intero organismo, come una crepa in una diga che si allarga fino a far crollare tutta la struttura, il movimento internazionale per il boicottaggio d’Israele è ormai uscito dalle assemblee studentesche, dai giornali di nicchia e dalle manifestazioni di piazza per entrare nelle aule dei parlamenti, nei consigli di amministrazione e nel “mainstream” dei media. Il movimento per il BDS, sigla che in inglese sta per “Boycott, Divestment and Sanctions”, punta a isolare e punire Israele per la sua presenza nei territori palestinesi e la continua espansione degli insediamenti in Cisgiordania. La sua crescita preoccupa lo Stato ebraico, che lo considera non solo dannoso per il raggiungimento della pace, ma vi identifica anche una preponderante corrente contraria all’esistenza stessa d’Israele, alimentata da temi e ideologie di stampo antisemita. Con la sua campagna per il boicottaggio politico, economico e culturale d’Israele, il movimento BDS prende di mira esclusivamente Israele, ignorando non solo numerose altre crisi internazionali, ma anche le responsabilità della leadership palestinese, che tuttora rifiuta di riprendere il negoziato con Gerusalemme, per l’allontanarsi di ogni possibile soluzione al conflitto. Malgrado ciò, il movimento continua a raccogliere consensi, trasformando ogni consesso internazionale, ogni decisione commerciale e politica che coinvolga Israele in un campo di battaglia. Per un soffio, il paese è riuscito a evitare l’espulsione dalla FIFA richiesta dai palestinesi per le limitazioni imposte ai loro giocatori dagli “occupanti” israeliani. La minaccia di un cartellino rosso da parte dell’organo supremo del calcio internazionale ha tenuto per giorni Israele col fiato sospeso, così come ha fatto la vicenda di Stephane Richard, amministratore delegato di Orange, il gigante della telefonia mobile francese, che ha annunciato durante una visita al Cairo l’intenzione di porre fine alla sua partnership in Israele con un operatore locale. Richard è stato poi travolto dalle critiche e costretto a fare marcia indietro durante un’umiliante visita a Gerusalemme, ma su altri fronti il governo israeliano ha avuto assai meno successo nel fermare gli attac- chi che rischiano di isolare lo Stato ebraico. Il Tribunale penale internazionale sta proseguendo le indagini che potrebbero portare ad accuse di crimini di guerra contro politici e membri dell’esercito israeliano a seguito del conflitto a Gaza dello scorso anno. Nei prossimi mesi, dovrebbe essere approvata una disposizione dell’Unione Europea che imporrà un’etichetta speciale per tutti i prodotti israeliani provenienti dai territori palestinesi e dalle alture del Golan. E poi non passa quasi giorno senza che si abbia notizia di un’altra iniziativa per isolare economicamente e culturalmente Israele: dagli Stati Uniti al Sud Africa diverse catene di supermercati boicottano i prodotti israeliani; in Francia, il Museo del Louvre ha rifiutato di organizzare una visita guidata per un gruppo di studenti dell’Università di Tel Aviv; il fondo assicurativo e pensionistico norvegese KLP ha addirittura annunciato un boicottaggio “per procura”, svendendo i suoi investimenti anche in società non israeliane che però fanno affari con gli insediamenti. A tutto questo, il nuovo governo del Premier Benjamin Netanyahu ha reagito con un misto di panico e irrazionalità. Il neo ministro della Giustizia Ayelet Shaked ha promesso di fare causa agli attivisti del BDS, in qualunque paese si trovino, aprendo un fronte giudiziario globale costoso e dall’esito incerto, che però non mancherà di portare ulteriore pubblicità al movimento. Netanyahu, per parte sua, ha invece creato un ministero per la “diplomazia pubblica” incaricato di combattere il boicottaggio. Il premier, dimenticando forse che presso il ministero degli Esteri esi- steva già un dipartimento con la stessa funzione, ha così aggiunto un’altra poltrona ad un esecutivo già talmente sovradimensionato che era stato necessario far modificare dal Parlamento la legge che limita il numero massimo di dicasteri. Oltre allo sperpero di denaro pubblico, questo tipo di reazioni rischia di sortire un effetto boomerang. Creare ministeri speciali, lanciare una campagna giudiziaria internazionale, non fa che dare ulteriore importanza e dignità al movimento per il boicottaggio, aiutandolo a dipingersi come vittima di un “Golia” israeliano arrogante, ricco, potente e persecutore dei deboli. Dopotutto non sarebbe questo il primo autogol segnato da Netanyahu a favore delle ragioni del boicottaggio. Quale migliore arma di propaganda si può consegnare a chi parla d’Israele come di un regime di apartheid del piano voluto dal ministro della Difesa israeliano Moshe Ya’alon (bocciato poi dal governo) di istituire linee di autobus separate per ebrei e palestinesi nella West Bank? Quale altra conferma alle accuse di razzismo si poteva dare oltre alle dichiarazioni di un premier che ha vinto le elezioni anche grazie ad un appello dell’ultimo momento in cui invitava i suoi elettori a votare perché “gli arabi si stanno recando in massa alle urne”? E in che altro modo si potevano smentire i sinceri sostenitori d’Israele, che cercano di convincere il mondo che lo Stato ebraico vuole la pace con i palestinesi, se non con la promessa dello stesso Netanyahu che in campagna elettorale ha giurato che finché ci sarà lui al governo non sorgerà uno stato palestinese e proseguirà l’espansione degli insediamenti? E come si poteva contribuire al clima di isolamento internazionale se non danneggiando i rapporti tra Gerusalemme e il suo alleato più importante, gli Stati Uniti, come continua a fare l’esecutivo Netanyahu con la sua aperta ostilità nei confronti del presidente americano Barack Obama? Invece di distribuire incarichi altisonanti e fare proclami rumorosi, il governo israeliano dovrebbe correggere il tiro e fare marcia indietro su quelle politiche e quelle dichiarazioni che lo hanno involontariamente trasformato nel migliore alleato di chi vuole isolare e, in ultima analisi distruggere, lo Stato d’Israele. ARIEL DAVID Nella foto: Stephane Richard, amministratore delegato di Orange con Netanyahu LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Il governo israeliano affronta (male) la sfida del boicottaggio 11 FOCUS Israele-Germania: 50 anni di un’amicizia “impossibile” A colloquio con Yakov Hadas-Handelsman, ambasciatore israeliano a Berlino LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 B 12 ERLINO – “Quando parliamo di sicurezza d’Israele, non abbiamo bisogno che la Germania combatta per noi. Quello di cui potremmo avere bisogno, però, è il sostegno della Germania”. È un ambasciatore, ma a differenza di altri suoi colleghi sa parlare fuor di metafora. Yakov Hadas-Handelsman (classe 1957) è il rappresentante di Israele presso la Repubblica federale tedesca. Sono settimane frenetiche per il diplomatico, in servizio a Berlino dal 2012. Lo scorso 12 maggio Germania e Israele hanno celebrato il 50esimo anniversario dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche. Per commemorare l’evento, il presidente Reuven Rivlin ha compiuto in quei giorni una visita di Stato nella capitale tedesca, ma le celebrazioni per il “giubileo” vanno avanti ormai dall’inizio dell’anno. E non sono ancora finite. Commercio, tecnologia, arte, cultura, università: ogni settore è coperto da visite bilaterali e incontri fra esperti. Due esempi: lo scorso 23 giugno una commissione mista israelo-tedesca ha presentato al ministero degli Esteri a Berlino l’analisi comparata dei libri di testo per capire quale impressione gli scolari tedeschi ricevano di Israele e viceversa; cinque giorni dopo il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha inaugurato a Tel Aviv una mostra sui prodotti “Made in Germany”, un evento che da solo spiega benissimo il superamento da parte degli israeliani dei tabù legati alla memoria del Terzo Reich. Relazioni normali? “Mai” Questo significa che il peso della Shoah è superato e che i rapporti GermaniaIsraele sono del tutto normali? “No”, risponde l’ambasciatore, “le nostre relazioni bilaterali si reggono su due pilastri. Il primo è il passato, ed è una cosa a sé. L’altro sono gli scambi in corso: commercio, cultura, politica, arte, medicina, turismo, programmi per i giovani. Questo è il pilastro di una crescita florida, ma le nostre relazioni si reggono su entrambi e, a causa del passato, non potranno mai essere definite ‘normali’”. Quando parla di floridità nel rapporto bilaterale, Hadas-Handelsman non usa parole di circostanza: la Germania è il terzo partner commerciale di Israele dopo Usa e Cina. Dai tedeschi gli israeliani comprano autovetture, componenti industriali e prodotti chimici. I tedeschi invece acquistano elettronica, soluzioni software e tante idee che “coltivano” sul posto, attraverso l’apertura in Israele di centri di Ricerca e Sviluppo come hanno fatto fra gli altri Siemens, Bosch e il gigante energetico Rwe. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, le relazioni israelo-tedesche hanno fatto passi da gigante. l’incontro a New York nel 1960 fra il primo ministro David Ben Gurion e il cancelliere Konrad Adenauer. È difficile ricostruire chi dette avvio all’avvicinamento fra i due Paesi – spiega l’ambasciatore – proprio perché fu una serie di eventi a portare a piene relazioni diplomatiche. Senza ombra di dubbio, entrambi gli Stati avevano un interesse strategico in quella direzione: noi dovevamo costruire un Paese dopo una guerra e assorbire milioni di ebrei, la Germania aveva bisogno di una legittimazione per tornare nella famiglia delle nazioni”. L’Europa ama Israele. A parole Sebbene il rapporto sia solido, nel corso dell’ultimo mezzo secolo anche le relazioni israelo-tedesche hanno conosciuto alti e bassi. Al pari di altri Paesi europei, anche la Germania è rimasta incantata dalle sirene del filoarabismo. Nel corso di un evento pubblico a Berlino nel 2013, l’allora ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle osò ricordare che la sicurezza di Israele è da sempre la stella polare della politica estera tedesca. Pronta la schiettissima risposta di Hadas-Handelsman: “Nel 1973 Qual è stato il percorso dalla liberazione dei campi di sterminio fino allo scambio degli ambasciatori? “L’avvio ufficiale delle relazioni nel 1965 è stato preceduto da una serie di eventi: dapprima l’Accordo di Lussemburgo del 1952 (con il quale la Repubblica Federale si è assunta la responsabilità per il genocidio degli ebrei d’Europa a opera dei nazisti, ndr), poi (guerra del Kippur) se non fosse stato per gli Stati Uniti che organizzarono un ponte aereo passando per le Azzorre, saremmo ancora in attesa di aiuti militari dell’Occidente”. Israele sa comunque apprezzare le parole di amicizia: “Rivolta alla Knesset nel 2008 – ricorda il diplomatico – la cancelliera Angela Merkel ha ribadito che il diritto di Germania i giornali non sono soliti attaccare Israele con la stessa intensità di quelli italiani, francesi o inglesi. Cionondimeno anche sui media tedeschi Israele è sempre visto attraverso il prisma della guerra. Gli israeliani a Berlino A differenza però di quanto avviene in Francia, da dove gli ebrei se ve vanno a migliaia in fuga dall’antisemitismo, la Repubblica federale tedesca continua ad attirare nuovi ebrei. E se negli anni ’90 ne ha accolti circa 150 mila in arrivo dall’ex Urss – tanto che oggi l’85% degli iscritti alle comunità tedesche è russofono –, da una decina d’anni Berlino è diventata la meta preferita per alcune migliaia di giovani israeliani. Fra i primi neoimmigrati moltissimi artisti, musicisti, dj e una manciata di accademici. In anni più recenti, però, sotto la Porta di Brandeburgo si sono trasferite anche molte famiglie con bambini: tant’è che in alcuni asili legati alla comunità, l’ebraico è diventato la seconda lingua ufficiale. A Berlino oggi gli israeliani sono anche imprenditori, agenti immobiliari, specialisti dell’hi-tech, ristoratori. Nella capitale tedesca gli hummus-bar israeliani non si contano più e solo da maggio ne sono stati inaugurati altri due: “Gordon” e “Der Kibuz”. Per gli israeliani immigrare è relativamente facile: molti hanno in tasca anche un passaporto europeo. Quelli senza, regolarmente registrati con un visto, sono solo 4 mila su una popolazione complessiva stimata di circa 12 mila anime. I media locali sono andati a nozze con il fenomeno dell’immigrazione israeliana: i tedeschi lo amplificano perché ci leggono il segnale che Israele ha superato il trauma della Shoah. Sui giornali e nelle trasmissioni tv tedesche, Diplomatico di grande esperienza, prima di prendere servizio a Berlino, Hadas-Handelsman è stato ambasciatore presso la Nato a Bruxelles, capo del Dipartimento Medio Oriente del ministero degli Esteri a Gerusalemme e prima ancora ambasciatore ad Amman, in Giordania. Nella sua carriera ha lavorato anche da Vienna, Doha (Qatar) e da Ankara. Oltre all’ebraico Hadas-Handelsman parla inglese, tedesco, arabo e turco. gli israeliani a Berlino sono onnipresenti. Chi con rabbia, chi con nostalgia, tutti concordano di aver trovato un clima più freddo ma una città più libera, più organizzata e più economica della caotica Tel Aviv. Vista da Gerusalemme, invece, l’emigrazione verso Berlino non è poi così “cool”. Israele favorisce l’immigrazione degli ebrei non certo la loro fuga. “Come tanti altri che sono attirati dall’atmosfera di Berlino, anche i giovani israeliani arrivano qua per esplorare una città che ha molto da offrire. Il rapporto è reciproco – conclude l’ambasciatore – perché ci sono anche molti tedeschi che visitano e che si trasferiscono in Israele”. DANIEL MOSSERI Gan Eden Agenzia di Onoranze Funebri ebraica Siamo Kosher nei modi e nei prezzi Massimo rispetto per i defunti e per gli avelim Assistenza legale e cimiteriale Via Casilina 1854/c - Roma Tel. 327/8181818 (24 ore su 24) [email protected] - www.ganeden.eu LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Israele a esistere in sicurezza fa parte della ragion di Stato della Germania e ogni incontro bilaterale è il segno della forza delle relazioni fra i nostri due Paesi”. Oggi la leader cristianodemocratica è in prima fila contro antisemitismo e antisionismo, tanto da essersi fatta promotrice lo scorso settembre di una manifestazione alla Porta di Brandeburgo contro l’odio antiebraico. “La nostra relazione con la Germania – riprende l’ambasciatore – è unica e non è paragonabile ad altre. Il nostro passato e il nostro destino sono segnati per sempre dalle immaginabili atrocità commesse dal nazismo. In 70 anni, però, siamo passati da un rapporto vittima-carnefice a una relazione fra eguali. Visto il passato, l’amicizia odierna sembra quasi un miracolo. Abbiamo reso possibile l’impossibile”. Certo, neppure la Germania odierna è immune dall’antisemitismo: “Che l’odio per gli ebrei esista ancora è una vergogna per l’Europa – riflette Hadas-Handelsman – ed è una vergogna ancor più grande per la Germania, rispetto a 70 anni fa, oggi però c’è una differenza: se un ebreo non si sente sicuro qua, sarà sempre benvenuto in Israele”. Un appello che il diplomatico senza peli sulla lingua ha lanciato anche un anno fa, quando nel pieno dell’ultimo conflitto Israele-Hamas, gli arabi di Germania sono scesi in piazza lanciando minacce di morte agli ebrei con il pretesto di solidarizzare con i palestinesi. A turbare invece il recente clima festivo del giubileo diplomatico, una serie di sondaggi nei due Paesi ha rivelato che se il 68% degli israeliani vede positivamente la Germania e Frau Merkel, lo stesso non si può dire dei tedeschi: 62 su 100 non vedono Israele con favore. In 13 FOCUS Germania e Israele: quelle relazioni molto speciali che non saranno mai ‘normali’ LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 L 14 Pesa nei rapporti tra i due Paesi l’inevitabile ricordo delle responsabilità tedesche per il genocidio degli ebrei d’Europa o scorso mese di maggio Israele e Germania hanno celebrato i primi 50 anni delle loro relazioni. Era infatti il 12 maggio 1965 quando il Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca Ludwig Erhard e il Primo Ministro dello Stato di Israele Levi Eshkol firmavano a Bonn l’accordo con cui avviavano rapporti diplomatici tra i due Paesi. Questo trattato si inseriva in un processo più ampio, visto che già nel 1952 con l’Accordo di Lussemburgo sulle riparazioni la Germania Ovest si impegnava a pagare a Israele i danni di guerra e la fornitura di beni e servizi per un valore totale di 3,5 miliardi di marchi tedeschi e si assumeva la responsabilità per i crimini commessi durante il nazismo. Un risultato importante anche per lo Stato tedesco, che siglava così uno dei suoi primi trattati bilaterali e avviava la normalizzazione della sua posizione nel contesto internazionale. Negli anni del dopoguerra, la Repubblica Federale contribuì anche alla costruzione di infrastrutture nello Stato ebraico; nel 1960, poi, l’incontro a New York tra il Cancelliere Konrad Adenauer e il Primo Ministro David Ben Gurion fu un momento particolarmente intenso e toccante. Nonostante queste importanti premesse, non si poteva dare per scontato l’avvio di relazioni diplomatiche tra Israele e Germania appena vent’anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Per questo sono state riservate le dovute celebrazioni all’anniversario, con il Presidente Rivlin ricevuto a Berlino dal suo omologo Joachim Gauck, oltreché dalla Cancelliera Angela Merkel e dal Ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier: una cerimonia speciale si è svolta per l’occasione. “Noi crediamo che la Germania debba fornire un particolare supporto a Israele” ha dichiarato la Merkel. “Oggi guardiamo il mondo che ci circonda e vediamo di nuovo l’aumento dell’antisemitismo e del razzismo” ha affermato Rivlin. “E’ nostro dovere come israeliani, come tedeschi, come democrazie, resistere a questi mali terribili”. Parallelamente, al termine della visita ufficiale del Ministro degli Esteri Steinmeier a Gerusalemme il 31 maggio, Netanyahu ha ribadito che i due Paesi sono legati da “50 anni di amicizia e cooperazione seguite al periodo più buio della nostra storia, [50 anni] che rappresentano una ragione di speranza e di ottimismo, in quanto, in questo mezzo secolo, la Germania ha mostrato un serio impegno nella difesa della sicurezza di Israele”. Non mera retorica: migliaia di giovani israeliani visitano la Germania ogni anno, mentre sono in circa 200mila ad avere la doppia cittadinanza. Inoltre, a differenza di altri Paesi europei, gli ebrei tedeschi non stanno emigrando, ma, anzi, negli ultimi 20 anni le comunità ebraiche tedesche hanno raddoppiato le loro dimensioni. In questi anni Israele ha potuto contare molto sul sostegno della Germania, anche nei consessi internazionali, dove, ad esempio, è stata uno dei 14 Paesi che, nell’ottobre 2011, ha votato contro l’ammissione della Palestina all’UNESCO. Ma un passo significativo è giunto proprio l’11 maggio scorso, quando i due governi hanno firmato una accordo con cui la Germania si impegna a vendere allo Stato ebraico navi da guerra per proteggere le sue piattaforme con cui estrae le risorse nel Mediterraneo orientale in cambio di 430 milioni di euro; non una novità, visto che Israele ha acquistato navi e sottomarini dalla Germania anche negli anni passati. La Germania si conferma così il primo partner commerciale di Israele in Europa. Le autorità tedesche si sono anche opposte al movimento di boicottaggio dei prodotti israeliani BDS, con solo 97 dei 751 Membri del Parlamento tedesco che si sono espressi in favore di simili azioni. Un rapporto inimmaginabile, almeno fino a 50 anni fa. Eppure oggi i rapporti politici, economici e culturali sono ottimi: per questo importante anniversario, è stato anche creato un sito ufficiale (https://www. de50il.org/en) destinato ad accompagnare la ricorrenza, offrendo informazioni su passato e presente, notizie sulle relazioni bilaterali e un calendario con elenca tutti gli eventi che si stanno realizzando di comune accordo in questo 2015. DANIELE TOSCANO “N I risarcimenti tedeschi: un questione che lacerò la società israeliana ella sua maggioranza il popolo tedesco ha condannato i crimini contro gli ebrei e non vi ha partecipato. Contro di essi furono commesse azioni indicibili in nome del popolo tedesco. Le riparazioni morali e materiali sono un dovere … Ci proponiamo di arrivare alla soluzione del problema delle riparazioni materiali agli ebrei per mezzo di negoziati con i rappresentanti del governo di Israele che ha assorbito un gran numero di rifugiati ebrei.” Così si espresse il cancelliere della Germania federale, Konrad Adenauer nel 1951 con una dichiarazione che sgombrava il campo da ogni equivoco, e rispondeva affermativamente alle richieste israeliane di qualche mese prima, espresse tramite il ministro degli Esteri dello stato ebraico, Moshe Sharett in cui, attraverso una nota diplomatica presentata alle quattro potenze che occupavano il territorio tedesco (Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Gran Bretagna) veniva richiesta alla Germania, a titolo di riparazione per gli eccidi nazisti, i lavori forzati e i costi sostenuti per l’assorbimento dei sopravvissuti, un miliardo e mezzo di dollari. A cui si aggiungevano mezzo miliardo di marchi per gli ebrei residenti fuori dallo Stato, grazie al lavoro infaticabile dell’allora presidente del Congresso mondiale ebraico, Nahum Goldmann. Si arrivò cosi al dibattito della Knesset, il 7 gennaio 1952 in cui il governo Ben Gurion, nel mezzo di gravi incidenti e tumulti, dentro e fuori il Parlamento, con 61 voti favorevoli e 50 contrari portò a casa una vittoria dell’esecutivo, garantendo al Paese, da poco nato, un’entrata annua di 80 milioni di dollari per dieci anni. A capo dell’opposizione del pagamento c’erano l’allora leader della destra Menahem Begin che guidò una tenace lotta contraria alle riparazioni ritenute “sacrileghe” e i vertici delle sinistre del Mapam che dichiararono "Il governo sta proponendo la distruzione della nostra indipendenza spirituale, vuole far seguire alla vendita delle nostre anime la vendita dei nostri corpi”. Fu un dibattito che lacerò le coscienze di uno Stato diviso tra il dolore del crimine immenso da poco subito e la consapevolezza che andavano ricercati nel mondo capitali economici per sostenere la crescita e lo sviluppo della Medinà. Grazie alla realpolitik di David Ben Gurion, pragmatico da sempre, come aveva già dimostrato durante gli anni della fondazione, si apri il negoziato a Wasner, in Olanda, nel marzo seguente, che portò alla firma dell’accordo che entrò in vigore nel marzo del 1953 con il nome di Heskem Hashillumim. Il denaro ricevuto fu investito in infrastrutture ed ebbe un peso significativo nella crescita del Paese. La scelta dello statista israeliano convergeva con gli interessi americani che premevano sulla Germania per una riconciliazione con il mondo ebraico, per dare un nuovo assetto all’ordine mondiale e alle relazioni occidentali sotto l’egida di Washington, in un quadro di guerra fredda e contrapposizione al blocco filosovietico che si andava delineando in quel periodo. JONATAN DELLA ROCCA C’ è probabilmente qualcosa che “non potete neppure immaginare” nel sorriso triste e nello sguardo malinconico di Angela Merkel. Sulla Cancelliera è caduto tutto il peso della storia. Geografia, demografia, tecnologia e organizzazione condannano 82, forse 85 milioni di tedeschi, immigrati inclusi, alla leadership continentale. Le guerre delle Borse e della finanza si combattono senza esclusione di colpi, ma risultano comunque più accettabili di quelle dei calibro 380 e dei bombardieri in picchiata. Nessuno, da Berlino o da Francoforte, andrà sulle spiagge di Normandia per difendere la Festung Europa (Fortezza Europa) blindata dai generali della Wehrmacht. I tedeschi, come tutti, preferiranno le vacanze in Grecia e nelle sue tremila isole a IVA ridotta. Ma non si sfugge al peso della propria storia. La storia presenta il conto, e i governi di Roma sostengono che sia destinato ai clienti del tavolo accanto. Con la Germania le cose vanno un po’ diversamente, e per affermarlo non c’è bisogno di esprimere ammirazione. Nella politica internazionale serietà e credibilità costituiscono un obbligo. Tra le ex-potenze dell’Asse definitivamente sconfitte nel 1945 dai vincitori (Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia, Cina) soltanto la Repubblica Federale Tedesca trova posto al tavolo dei grandi negoziati internazionali. La diplomazia europea è in questo momento a guida italiana, ma il caso della non rimpianta Baronessa Ashton ne dimostra lo scarsissimo peso operativo. La Merkel ha pazientemente insistito perché i 5 fossero affiancati dal +1 tedesco nella trattativa con gli ayatollah. Il tempo fa giustizia di tutto, e se qualcuno si domanderà quale possa essere il vero significato della presenza assidua e silenziosa dei delegati della Cancelliera durante ogni fase dei negoziati atomici con l’Iran, la risposta non la troverà scritta da nessuna parte. Ma forse è intuitiva, e la controprova consiste nel fatto che Netanyahu tuona contro Obama, tuona contro l’Europa, ma non rinfaccia nulla ai tedeschi, e vende al contempo buona tecnologia militare a Pechino. Il governo israeliano sta assumendo un profilo più basso. Sicuramente affila le armi, però è molto probabile che abbia ricevuto garanzie decisive contro coloro che predicano la distruzione dei “sionisti”. Sessanta anni dopo la normalizzazione dei rapporti diplomatici questa garanzia, per essere considerata affidabile, deve necessariamente provenire dalla nuova Germania. Dai nipoti di coloro che furono responsabili della Shoah. PIERO DI NEPI LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Forse è Made in Germany la garanzia definitiva 15 PENSIERO Quello che (solo) gli ebrei possono fare per evitare il prossimo Olocausto Siamo chiamati a rappresentare davanti al mondo il comandamento divino “Ama il prossimo tuo come te stesso” LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 C 16 i sono molti modi di esaminare la storia ebraica, a seconda del contesto e del messaggio che teniamo a sottolineare. Se si osserva la storia dell’odio verso gli ebrei dalla prospettiva di chi odia piuttosto che da quella degli ebrei, emerge un nuovo concetto. Da questa prospettiva, non solo l’antisemitismo è il risultato del comportamento degli ebrei, ma l'attenuazione del fenomeno e addirittura il suo sradicamento è totalmente nelle loro mani. Per capire come sia possibile, dobbiamo tornare indietro nel tempo, ai primi giorni dell'ebraismo così come lo conosciamo oggi. Dopo la distruzione del Tempio, gli ebrei esiliati cominciarono a disperdesi in tutto il mondo. Nella maggior parte dei paesi che li ospitarono, si svolse uno scenario simile: prima furono benvoluti, poi odiati ed infine espulsi o uccisi. Lo storico greco Flavio Giuseppe scrisse che "la nazione ebraica è ampiamente dispersa in tutto il mondo abitabile (la Siria ed il vicino Medio Oriente) dove i sovrani, dopo Antioco, gli avevano concesso asilo nella più assoluta tranquillità". Più tardi, furono espulsi da lì e fuggirono in Europa. In particolar modo in Spagna gli ebrei furono trattati con così tanto affetto che per descrivere la loro relazione con i cristiani veniva utilizzato un termine speciale: convivencia (che all'incirca significa "vivere insieme in affinità"). Eppure, nonostante secoli di affetto reciproco, nel 1492 fu emesso il verdetto di espellere gli ebrei o di ucciderli se non si fossero convertiti al Cristianesimo. Situazioni simili si manifestarono in tutta Europa ma la più cruda testimonianza di questo processo è certamente il crollo della "convivencia" in Germania tra i tedeschi e gli ebrei tedeschi, che si è concluso con lo sterminio di tutto il popolo ebraico europeo. Gli ebrei, da quella volta, sono tornati in Europa, ma chiaramente, gli europei li tollerano a malapena, e non esiste più convivencia. Se guardiamo quello che sta accadendo oggi in Europa Occidentale, è chiaro che l’antisemitismo sta riemergendo di nuovo e non c’è alcuna ragione logica di credere che finirà in maniera diversa dalle passate manifestazioni di esasperazione dell'odio verso gli ebrei. I due "paradisi" che gli ebrei europei potrebbero cercare sono gli Stati Uniti e Israele, ma oggigiorno, nessuno dei due è sicuro. Negli Stati Uniti, le somiglianze tra la condizione degli ebrei tedeschi prima della Seconda Guerra Mondiale e quella degli ebrei americani di oggi sono così evidenti che è quasi impossibile ignorarle mantenendo la calma, e in tempi di antisemitismo la calma non è un buon consiglio. Per quanto riguarda Israele, se l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovesse votare oggi per la fondazione dello stato d’Israele, non ci sono dubbi che il risultato sarebbe molto diverso da quello del voto nel 1947 e non sarebbe a favore di Israele. Quando Israele fu fondata era considerata svantaggiata, una vittima che stava combattendo per la sua sopravvivenza contro sei eserciti e tutto il mondo si rallegrò della vittoria di Israele. A partire dal 1967 tutto questo è cambiato, e oggi la maggior parte degli stati membri dell’ONU preferirebbe che lo stato di Israele non esistesse. La somiglianza tra la condizione degli ebrei tedeschi prima della guerra e degli ebrei americani di oggi però non implica necessariamente lo stesso destino. Allo stesso modo la curva di gradimento verso Israele rispetto alle relazioni internazionali, non implica che lo stato di Israele avrà lo stesso destino degli ebrei tedeschi. Il fattore decisivo non è l’aumento dell’antisemitismo in sé, ma la causa principale che lo risveglia e lo alimenta. Tanto per cominciare dobbiamo capire la ragione per cui esiste l’antisemitismo, poiché nonostante le numerose spiegazioni, non siamo riusciti a capire il motivo per cui sia durato per così tanti secoli, assumendo sempre nuove vesti e soprattutto, cosa si può fare per sradicarlo definitivamente. Prima di tutto, a rischio di essere etichettati come clan, credo che dobbiamo riconoscere un fatto: gli ebrei non sono come le altre nazioni. Una prova di questo è la sconcer- tante sproporzione tra la minuscola percentuale di popolazione che rappresentano nel mondo e il loro immenso contributo alle arti, alla cultura, alla scienza, all'economia per non parlare dell’etica e della religione. L'altra prova è l’attenzione che le nazioni del mondo danno agli Ebrei e ad Israele dalle celebrità ai generali di eserciti, fino all’ONU. In tutta la storia nessun’altra fede ha mai avuto così tanta attenzione, in gran parte negativa. Nessun’altra fede è stata accusata di così tante colpe, da così tanti popoli e nazioni, per così tanti secoli. Io quindi propongo di smettere per un momento di giustificarci e riflettere sulla situazione da un'angolatura diversa: quella degli accusatori. Chiaramente, tutti i contributi menzionati sopra non hanno alcun effetto sul mondo, non riceviamo ad esempio degli apprezzamenti per il nostro contributo all’economia, sentiamo invece ampie accuse agli ebrei che stanno utilizzando le loro capacità finanziarie per manipolare e sfruttare le altre nazioni. Non riceviamo plauso per il nostro contributo alla tecnologia, ma piuttosto riceviamo un costante rimprovero per l'uso che ne facciamo nel migliorare le capacità militari di Israele. C’è comunque una cosa che abbiamo dato al mondo e che al mondo serve disperatamente: "Ama il prossimo come te stesso". Ci siamo dimenticati per lungo tempo di questo principio, siamo diventati ironici a riguardo, ma è l'unica cosa ideata da noi che il mondo intero vorrebbe avere. Quello che voglio dire è che tutti sono d’accordo sul fatto che amare gli altri sia una buona idea, ma nessuna nazione o religione può realizzarla. Ne deriva che abbiamo dato al mondo un dono che potrebbe rendere le persone felici, ma che non possono utilizzare. Se foste dei malati terminali e qualcuno vi desse una scatola chiusa contenente la cura che salverebbe la vostra vita, ma nascondesse la chiave, cosa sentireste nei confronti di quella persona? Questo è ciò che le nazioni del mondo sentono verso di noi. Inconsciamente, sentono che abbiamo la chiave per risolvere i problemi del mondo, per questo quando ci stabiliamo nei loro paesi inizialmente ci accolgono, ma dal momento che involontariamente stiamo impedendo che arrivi a loro, finiscono con l’odiarci e si rivoltano contro di noi. È qui che cominciano ad accusarci di provocare tutti i loro problemi, perché se si ha la soluzione ad un problema ma la si rende inaccessibile a tutti, allora si è colpevoli dell’esistenza e della persistenza di quel problema. La nazione ebraica è stata fondata sul principio del profondo amore fraterno. Non siamo diventati una nazione finché non abbiamo promesso di unirci "Come un solo uomo con un solo cuore". Seguendo quella promessa, siamo riusciti a mantenere una società fiorente attraverso tante difficoltà, aggrappandoci al motto di "Ama il prossimo come te stesso". Mentre noi stavamo coltivando l'amore fraterno, il resto del mondo stava imparando il modo in cui celebrare e glorificare l'"io" e anche noi alla fine ci siamo arresi a quell’idea e siamo caduti nell’odio infondato che ora chiamiamo egoismo. Dato che abbiamo perso la nostra unione, abbiamo perso anche la capacità di mantenere la nostra sovranità e siamo stati esiliati, disperdendoci. Il mondo da allora è diventato sempre più egocentrico. L’egocentrismo dei giorni nostri è così intenso che si sta trasformando in narcisismo, fascismo ed estremismo religioso. Oggi sta crollando perfino la struttura fondamentale della società umana, l’istituto della famiglia. La maggior parte delle famiglie nei paesi occidentali sono composte da un genitore solo o da famiglie in cui i figli sono biologicamente o solo della madre o del padre, perché i genitori si sono risposati. Inoltre, sempre più adulti scelgono di non avere figli. L'estremismo che si intensifica e la diffusione della disoccupazione rendono ogni anno più difficile il mantenimento dell’ordine sociale, la necessità di consolidare la società sta diventando sempre più urgente. E più le nazioni ed i governi diventano frustrati, più rivolgeranno la loro rabbia contro gli ebrei. E questo non accadrà perché gli ebrei sono il capro espiratorio, ma perché gli ebrei hanno veramente la chiave, anche se non ne sono consapevoli. Ad un certo momento, la curva di gradimento tenderà totalmente al non gradimento verso gli ebrei fino al punto di non ritorno. Questo si verificherà quando probabilmente ci sarà un'altra distruzione. La nostra unica speranza per evitare un altro calvario è quindi ristabilire quell’unione che tutti cercano che una volta avevamo, mostrando loro come si fa, diventandone un esempio. Il divario tra gli ebrei non dovreb- be fermarci perché si tratta soltanto di un burrone in attesa di un ponte, non dobbiamo nascondere le nostre dispute, ma mostrare come possiamo superarle attraverso l’amore fraterno. Forse in questo momento potremmo non sentire questo amore tra di noi, ma non appena inizieremo a nutrirlo, l'opinione del mondo sugli ebrei in generale e sullo stato ebraico in particolare cambierà, e riceveremo ogni tipo di incoraggiamento per riuscirci. Se ricorderemo che non lo stiamo facendo per noi stessi ma per il mondo, in modo che la nostra società globalizzata possa fiorire e prosperare, riceveremo il sostegno internazionale e l’acclamazione mondiale. Quella qualità di unione è latente nei "geni" della nostra nazione. Il nostro compito è riattivarli e aprire la strada verso l’unione per il bene di tutta l’umanità. MICHAEL LAITMAN FONDO CLAIMS CONFERENCE PER I MINORI SOPRAVVISSUTI I negoziati di Claims Conference con il governo tedesco hanno condotto alla creazione di un fondo destinato a quei sopravvissuti dell’Olocausto che erano minori all’epoca delle persecuzioni. Il Child Survivor Fund corrisponderà pagamenti una tantum del valore di € 2.500 agli aventi diritto che si iscrivono al programma. L’idoneità è per tutti coloro che sono nati non prima del 1° gennaio 1928 E che sono stati perseguitati perché Ebrei nelle seguenti circostanze: (i) in un campo di concentramento; (ii) in un ghetto (o analogo luogo di incarcerazione riconosciuto come tale dal governo tedesco); (iii) vivendo o nascondendosi sotto una falsa identità o illegalmente per un periodo di almeno 6 mesi nel territorio occupato dai nazisti o nei territori dell’Asse. A quei sopravvissuti che hanno già ricevuto in precedenza pagamenti di risarcimento per altri programmi, verranno inviati moduli di richiesta personalizzati. Se avete ricevuto un modulo di richiesta personalizzato a mezzo posta, compilatelo e rispeditelo alla Claims Conference. Se ritenete di soddisfare i requisiti di idoneità del Child Survivor Fund ma non avete ricevuto la richiesta a mezzo posta, potete richiederla sul sito www.claimscon.de e rispedirla compilata alla Claims Conference. Le informazioni sul programma si trovano anche sul sito web. Se avete inoltrato una richiesta e avete ricevuto la conferma di ricezione da parte di Claims Conference, non dovete fare altro. Se invece avete inoltrato la richiesta ma non avete ricevuto la conferma di ricezione nel giro di 8 settimane dall’invio, contattate la Claims Conference. Hardship Fund Il governo tedesco ha recentemente ribadito che le vittime ebree naziste non hanno diritto a ricevere il pagamento dell’Hardship Fund se hanno fatto parte di un’evacuazione organizzata. I governo tedesco ha tuttavia chiarito che questa limitazione è valida esclusivamente per i richiedenti che sono stati personalmente oggetto di un’evacuazione organizzata. Per ulteriori informazioni contattare la Claims Conference. L’iscrizione al programma Claims Conference non comporta alcun costo. Per informazioni contattare: Claims Conference Fonds Sophienstr. 44 D 60487 Frankfurt am Main, Germania Tel: +49-69-713-748-30 Fax: +49-69-721-104 E-mail: [email protected] www.claimscon.de Claims Conference si avvale di un proprio Difensore civico designato. Per contattare l’ufficio del Difensore civico, è possibile inviare un’e-mail all’indirizzo [email protected] o scrivere a Claims Conference Ombudsman, Postfach 90 02 08, 60442 Frankfurt, Germania. LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Le richieste devono essere inoltrate dai sopravvissuti. Se un sopravvissuto idoneo fa richiesta e in seguito viene a mancare, la coniuge sopravvissuta ha diritto al pagamento. Se non vi sono coniugi sopravvissuti, i figli del minore sopravvissuto idoneo hanno diritto al pagamento. 17 PENSIERO Cosa c’è dopo le elezioni comunitarie? La risposta è una: la crescita condivisa F inita la campagna elettorale, ci possiamo concentrare anche su altri temi, che comunque interferiscono e intersecano la vita di questa Keillà. E’ stata una campagna in cui si è molto parlato di sviluppo e poco di progresso; si sono sentiti molti “vogliamo” e pochi “vorremmo”, “vogliamo lo sviluppo…”, frase declinata in una pluralità di definizioni ultimative, “vorremmo che questa piccola comunità progredisse, che il suo tessuto sociale migliorasse”, è una frase incontrata meno, e pressoché assente in molti programmi elettorali. Nel progresso si immagina si sogna, nello sviluppo si determina sulla base di contabilizzazione, anche numeriche, definite, ma oramai, mai, definitive, il punto cui si può arrivare. Il progresso non si prefigge mete, ma solidi obiettivi, raggiunti passo dopo passo. Il progresso è un patrimonio condiviso, lo sviluppo, troppo spesso è patrimonio di pochi, non condiviso, né condivisibile. Il progresso non è un obiettivo, né in sé né relativamente, ma un modo di immaginare il futuro in modalità dinamica, che non prevede né curve né grafici, perché al suo interno sono immaginabili variabili non quantificabili, l’incidentalità del genio, del talento, la virtuosità dei comportamenti: proviamo a pensare cosa succederebbe se smettessimo di immagazzinare cibo che non riusciamo a mangiare nelle nostre dispense e nei nostri frigoriferi, il risultato sarebbe un progresso impressionante per tanti indicatori di sviluppo. Siamo arrivati al punto: il progresso ricomprende e tiene conto dello sviluppo, mentre quest’ultimo non può contenerlo. L’uno è parte l’altro è un valore. Quanto danno può procurare ad un leader, ad una leadership condivisa, non percepire la differenza fra i due dati? La stessa che divide chi corre da solo e chi ama la staffetta. Il senso di responsabilità verso l’altro. Non sarà un caso che chi corre i cento metri, li corre da solo, ma si allena in squadra? Cosa c’entra tutto questo con quello che ci aspetta dopo queste elezioni? Forse perché un percorso di progressi condivisi porta meno strappi e lacerazioni e chissà magari anche una campagna elettorale meno divisiva e più pacata? Già sarebbero questi due traguardi importanti. Forse una percezione del panorama complessivo farebbe valutare e valorizzare meglio le professionalità di chi si mette in campo, ma anche scoprirne qualcuna fra chi non ci si mette, per i più vari motivi. Non è anche questo un modo per cercare di avvicinare quelli che con un termine veramente riduttivo, sono stati chiamati “gli ebrei lontani”? Che vuol dire lontani? Da dove? Da chi? Dalle istituzioni comunitarie? Se si avvicinassero tutti non si riuscirebbe a contenerli, né fisicamente né in termini di rappresentanza - rappresentato, (basterebbe immaginare le file che si potrebbero creare ai seggi elettorali se solo raddoppiasse la percentuale dei votanti, oppure quanti luoghi occorrerebbe individuare per contenere un pubblico raddoppiato alle diverse funzioni religiose, o agli eventi, di qualunque natura) quindi non può essere questo l’obiettivo, almeno nell’immediato, sebbene sarebbe auspicabile lo fosse in prospettiva. SALMONì OFFICINA SPECIALIZZATA VIA GALVANI 51C/D/E - 00153 ROMA ORARIO NO STOP 8,30 - 18,00 CHIUSO IL SABATO ELETTRAUTO LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 AUTO DIAGNOSI 18 MECCANICA GENERALE DIESEL E BENZINA INIEZIONE BENZINA E DIESEL FRENI ABS - ESP ASSISTENZA SCOOTER AMMORTIZZATORI ALZACRISTALLI ELETTRICI SERVIZIO CARRO ATTREZZI TAGLIANDI PROGRAMMATI E AUTORIZZATI DALLE CASE COSTRUTTRICI Tel. 06.5741137 Cell. 3394510504 - [email protected] Un ebreo lontano è un ebreo non ortodosso, un ebreo che ha fatto matrimonio misto? Definizioni un po’ rigide e riduttive, e, senza offendere nessuno, temi così delicati e attinenti alle sfere personali, si possono affrontare a colpi di programmi elettorali, in cui per altro, oltre agli enunciati, è stato difficile capire altro, oppure prendendo il tempo che una riflessione necessita. Talora arrivando a rimettere in discussione i propri percorsi consolidati nel confronto con persone che hanno compiuto scelte difficili, e quasi sempre accompagnate anche da momenti travagliati. Temi siffatti non possono essere affrontati nel corso di una campagna elettorale che vede esprimersi solo chi si candida a ruoli laici e non la Rabbanut, che pure su questi temi si esprime e con forza. Fare ora lo sviluppo di un programma elettorale, dipanarlo in un programma politico, dispiegarlo in una forma di progetto condiviso, questo sarebbe un progresso. Prima di iniziare la rissa sugli assessorati e sulle varie suddivisioni di ruolo, si condividerà un manifesto di valori comuni? Finita la rissa sugli assessorati, ciascuno portatore di un singolo indice di sviluppo della comunità, resterà una traccia di tutto questo, in qualche documento? Questi sono i criteri fondamentali su cui si costruisce un percorso progressivo, altra declinazione del concetto di progresso, ma forse ci vuole troppo tempo per pensare alle conseguenze del proprio agire, ed è spesso così faticoso e impegnativo, perché talora comporta anche delle richieste di cambi di percorso e revisioni strutturali del disegno complessivo tracciato all’inizio, che si rinuncia prima di arrivarci. Così ci si ferma all’agire, estemporaneo e si va alla caccia… di ebrei lontani… vicini, quanto, da che????? Domande accessorie. CLELIA PIPERNO Per conoscere meglio Israele e il Medio Oriente el gennaio di quest’anno, in occasione delle celebrazioni per la decima edizione del Master in didattica della Shoah, è stata avviata la costituzione dell’International Center for Modern Jewish Civilization and Israel Studies. Il centro istituito a Roma Tre si avvale della collaborazione scientifica di colleghi delle principali università europee, americane e israeliane. Tra gli obiettivi primari del centro vi è lo sviluppo della cooperazione accademica in un’area di studi rilevante per la storia europea e per la realtà del Mediterraneo. L’iniziativa che ha ricevuto il plauso del Presidente Napolitano, che ha inviato una medaglia di adesione per le celebrazioni della decima edizione del Master. Tra le adesioni quella di Piero Fassino, attuale sindaco di Torino. Tra i docenti, hanno tra gli altri aderito Steve Katz della Boston University; Menahem Hofnung, Shalva Weil, Cyril Aslanov e Shlomo Avineri, della Hebrew University; Dina Porat, della Tel Aviv University; di Giacomo Marramao, di Roma Tre; Paolo Mieli e Piergaetano Marchetti della Fondazione Corriere della Sera. Il Centro si propone di costituire un gruppo di lavoro su importanti aree di studio sulla realtà di Israele e del Vicino Oriente nei suoi molteplici aspetti culturali, filosofici, religiosi, politici e psicologici. Tra i prossimi incontri previsti: un seminario del prof. Hofnung sulla protezione dei diritti civili e umani in situazioni di guerra e di terrorismo, un seminario della prof. Weil su “femminicidio”, un seminario di Dina Porat sull’antisemitismo contem- L’Agenzia Ebraica (Sochnut) porta a conoscenza del Pubblico che è l’unico organo preposto al disbrigo delle pratiche di Alià. Il rapporto tra Agenzia Ebraica ed il potenziale Olè è un rapporto strettamente personale che deve essere svolto dal potenziale Olè di persona senza avvalersi dei servizi di alcun intermediario anche se a titolo gratuito. Il questionario deve essere compilato personalmente dal potenziale Olè che ne risponde personalmente. Le pratiche di Alià verranno evase dall’ Agenzia Ebraica solo dopo che l’ apposito questionario compilato sia stato trasmesso al Global Center (numero gratuito 00/800/47723528) e i documenti necessari siano stati spediti e si sia avuta conferma della ricezione. Si sottolinea che i servizi forniti dall’Agenzia Ebraica sono completamenti gratuiti. L’unico onere che deve sostenere il potenziale Olè è la tassa di apertura del fascicolo pari a € 50 per il singolo Olè o € 100 per nucleo famigliare. L’Agenzia Ebraica ha due uffici in Italia: poraneo; un seminario del prof. Meloni sulla teologia cattolica intorno alla Shoah; un seminario del prof. Yaron Harel della Bar Ilan sulla figura e sul pensiero del Rabbino Hazan, vissuto a Tripoli di Libia, nell’Ottocento. Tra i progetti per i prossimi due anni: un convegno sulla figura di Itzhaq Rabin, di cui ricorre a novembre il ventesimo anniversario dell’assassinio; un convegno internazionale sull’opera di Enzo Bonaventura. Docente di psicologia all’Università di Firenze, leader dei movimenti giovanili ebraici, Bonaventura fu uno dei grandi pionieri della psicoanalisi italiana. Dopo le leggi razziste del 1938 si trasferì a Gerusalemme dove ha ideato e diretto per dieci anni il Dipartimento di psicologia della Hebrew University. Bonaventura morì tragicamente nel corso della guerra di distruzione scatenata dagli eserciti della Lega araba per impedire la nascita di Israele. Era tra i membri del convoglio dei medici e del personale della Hebrew University; un convegno sull’esodo silenzioso degli ebrei dal mondo arabo; un convegno internazionale sui pericoli di una nuova deriva dell’antisemitismo. Infine un seminario internazionale sull’innovazione tecnologica in Israele. DAVID MEGHNAGI (Direttore dell’International Center for Modern Jewish Civilization and Israel Studies. Direttore del Master internazionale in didattica della Shoah; prof. di psicologia clinica presso l’Università Roma Tre) ROMA: Corso Vittorio Emanuele II 173, 00186 Roma tel. 06.6880-5290 - mail: [email protected] Gli orari di apertura: lunedì 14- 19 - martedì, mercoledì e giovedì: 10-15 MILANO: Via Sally Mayer 4, Milano tel. 02.48311-0209 - mail: [email protected] Gli orari di apertura: lunedì, martedì e giovedì 8.30-13.30 Qui di seguito la lista della documentazione necessaria per l’apertura della pratica di Alià: 1. Documento di appartenenza alla religione ebraica rilasciato dall’ufficio rabbinico della Comunità Ebraica di appartenenza in ebraico o in inglese. 2. Estratto di nascita plurilingue con i nomi dei genitori con appostile apposte in prefettura. Il Documento plurilingue viene rilasciato dall’Anagrafe. I tempi di attesa sono di almeno 10 giorni. Ogni membro della famiglia deve avere un certificato. 3. Estratto di matrimonio/divorzio plurilingue, con appostile apposte in Prefettura. Il documento plurilingue” viene rilasciato dall’Anagrafe. 4. Estratto di atto di morte plurilingue per vedovo/a, con appostile apposte in Prefettura. Il documento plurilingue viene rilasciato dall’Anagrafe. 5. 2 foto tessera per ogni membro della famiglia. 6. Passaporto valido per almeno un anno LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 N Nasce a Roma l’International Center for Modern Jewish Civilazion and Israel Studies 19 USA Usa: quando la religione fa spettacolo ma soprattutto soldi A Orlando in Florida, c’è Holy Land: un parco dei divertimenti a tema religioso. Si incontrano Gesù, gli Apostoli e il Sommo sacerdote di Gerusalemme H oly Land è un parco a tema religioso che si trova ad Orlando in Florida, a due passi da Disneyworld e che riproduce l’architettura e l’atmosfera dell’antica città di Gerusalemme. L’idea del parco nacque nel 1989 quando Marvin Rosenthal acquistò il terreno dove poi costruì l’Holy Land Experience e il Zion’s Hope. Il parco venne aperto nel febbraio 2001 e proprio il giorno dell’inaugurazione, la Jewish Defence Legue protestò accusando Rosenthal di voler convertire gli ebrei al cristianesimo. Nell’agosto 2002, a Holy Land venne inaugurato lo Scriptorum Museum, contenente la Van Kampen Collection: una mostra di manufatti biblici tra cui antiche pergamene e prime edizioni e stampa della bibbia offerte da Robert Van Kampen. Nel 2007, sotto la nuova gestione del Trinity Broadcasting Network che acquistò Holy Land per 37 milioni di dollari, sono state aperte nuove attrazioni che hanno consentito il boom di visite: il parco viene dotato di una sala proiezioni per trasmettere film religiosi e di un teatro per rappresentare scene di cristianità, e fornire sezioni di studi e funzioni. Il Tempio di Erode, la Via Dolorosa, il pozzo della Samaritana, tutto è ricostruito in cartapesta, come sul set di un film storico, con attori e figuranti vestiti da Gran Sacerdoti, soldati romani, ebrei religiosi; numerose sono le attrattive del parco che riguardano la vita cristiana come il Sepolcro e la riproduzione vivente dell’Ultima Cena, ma anche quella ebraica come: il Jerusalem Street Market, un mercato orientale in cui i venditori interagiscono con gli ospiti; il Wilderness Tabernacle dove il Coen Gadol racconta l’antico sacerdozio in Israele fino alla costruzione del Tabernacolo, contenente le Tavole della Legge, per poi arrivare al Dead Sea Qumran Caves, la replica delle grotte in cui sono stati scoperti i rotoli del Mar Morto. Non mancano le ricostruzioni dei primi momenti della vita ebraica sulla terra: si passa infatti dal Gan Eden all’Arca di Noè, per poi incontrare Jonah nel ventre della balena e rifocillarsi all’Esther’s Banquet Hall come fosse il banchetto di Purim. Ma la maggiore attrattiva del parco è sicuramente il Jerusalem Model 66 AD: una ricostruzione al coperto della città di Gerusalemme in cui vengono illustrati i luoghi più importanti della città e la vita dei cittadini. Insomma l’atmosfera di Holy Land fa si che i turisti si ritrovino catapultati in un viaggio nel tempo nella Gerusalemme del I secolo. GIORGIA CALÒ Scientology, una ‘religione’ che fa paura LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 G 20 razie alla forte tutela che l’ordinamento legale americano fornisce agli enti religiosi, negli Stati Uniti si sono diffuse numerose sette e culti dai tratti particolari. Tra queste ha avuto un discreto successo Scientology, un’organizzazione che diffonde dal 1954 le idee e le credenze dello scrittore di romanzi di fantascienza Ron Hubbard. Nato nel 1911 in Nebraska, nel 1950 pubblica “Dianetics”, un libro contenente i risultati dei suoi studi sulla mente umana che venne pesantemente criticato dalla comunità scientifica per la mancanza di prove empiriche a sostegno delle ipotesi formulate. Sulla base di "Dianetics" Hubbard fonda la Chiesa di Scientology, un movimento che proponeva soluzioni e pratiche concrete per risolvere problemi sociali come droga e mancanza di istruzione. Dopo circa quindici anni in giro per il mondo a diffondere il suo credo, Hubbard incontra i primi problemi quando nel 1975 l’Australia toglie a Scientology lo status di organizzazione religiosa e la Francia lo condanna per frode. Questi provvedimenti nascono a causa delle controversie presenti nell’ideologia di Scientology come, ad esempio, la credenza che tutte le malattie umane siano di natura psicosomatica e guaribili con la forza del pensiero. Un altro aspetto molto contestato di Scientology è il concetto di Thetan, una sorta di reincarnazione di cui l'uomo conserva in piccola parte la memoria e che risale a settantacinque milioni di anni fa quando un fantomatico tiranno spaziale di nome Xenu avrebbe costretto i Thetan a vivere nel nostro corpo. Per liberare il Thetan gli adepti utilizzano la tecnica dell'auditing, delle sessioni a pagamento in cui vengono collegati a un macchinario per certi versi simile a una macchina della verità e sottoposti a domande che variano a seconda del livello di studio della dottrina. Oltre alle riflessioni che sono state fatte in merito all'opportunità di chiedere denaro in cambio di educazione "religiosa", il gruppo si è attirato l'antipatia dell'opinione pubblica a causa dei continui inviti a troncare i rapporti tra i membri e le persone ostili al movimento, in molti casi genitori preoccupati per i comportamenti dei propri figli. Alcuni sono arrivati addirittura ad accusare l'organizzazione di compiere un vero e proprio lavaggio del cervello nei confronti di chi aderisce alla setta per estorcergli più denaro possibile. Il successo di Scientology deriva in larga parte dalla pubblicità che gli hanno fatto alcuni divi di Hollywod: John Travolta, Jason Lee, Tom Cruise e Nicole Kidman hanno tutti contribuito alla diffusione della setta nel mondo. Curiosamente però Scientology è stata la causa di tutte e tre le separazioni vissute da Tom Cruise, in particolare l'ultima relazione con Katie Holmes, secondo i più importanti siti di gossip, sarebbe naufragata in seguito a divergenze sull'educazione religiosa da dare alla figlia Suri. MARIO DEL MONTE S e il gay pride di Tel Aviv è al centro delle cronache ogni anno, esistono delle realtà meno note ma più continuative e altrettanto consolidate. È il caso della Congregation Beit Simchat Torah (CBST) di New York, che si trova nei pressi del Greenwich Village: “una voce progressiva nell’ebraismo” secondo la definizione che ne dà il sito ufficiale. La CBST attrae e accoglie gay, lesbiche, bisessuali, transgender, oltreché individui e famiglie che ne condividono i valori; l’obiettivo non è quello di dare un’impronta diversa all’ebraismo, ma di “gioire nella diversità, denunciare l’ingiustizia sociale e sforzarsi per i diritti umani di tutte le persone”. Un approccio per certi versi provocatorio, ma che non vuole allontanarsi dalle principali tradizioni dell’ebraismo, ribadendo anche il proprio sostegno a Israele. La CBST è stata fondata nel 1973 da Jacob Gubbay, un ebreo omosessuale indiano che viveva a New York. L’idea di una sinagoga per omosessuali gli venne durante il Seder di Pesach, quando durante la lettura dell’Haggadah fu ispirato dalla storia della liberazione degli ebrei dall’Egitto: circa un anno dopo, veniva annunciato il primo Shabbat di una comunità gay nel Village: si raggiungevano a malapena le dieci persone per il minian, mentre candele, vino, bicchiere del kiddush e challot erano portate dai presenti o comunque molto arrangiate. Nel 1975, ogni Shabbat si contavano circa un centinaio di persone, che raddoppiavano in occasione delle festività più importanti. Da quel momento la comunità cambiò sede, incrementando ogni anno gli iscritti, le attività e la visibilità. Quando negli anni ’80 scoppiò l’epidemia di AIDS, la comunità non rimase indifferente: nel 1982 organizzò un Simposio a cui parteciparono oltre 350 persone. Tuttavia, proprio il diffondersi del virus dell’HIV costò la vita a molti iscritti, tanto che nel 1992 la CBST sentì il bisogno di una nuova leadership, che fu individuata in Rabbi Sharon Kleinbaum, una donna omosessuale: era una scelta impegnativa, che apriva una pagina nuova anche per la CBTS in un momento particolarmente delicato per l’esigenza di una leadership spiritualmente forte. I risultati ottenuti con questa scelta si possono dire positivi, dato che Sharon Kleinbaum è stata più volte classificata dalla rivista Newsweek tra i 50 rabbini più influenti d’America. Negli anni ’90 e 2000 questa comunità è cresciuta ulteriormente: ad oggi, ogni anno ci sono circa 3600 persone ogni anno a Kippur, mentre sono aumentati i collegamenti con altre comunità e gruppi vari. DANIELE TOSCANO Ma quanti sono gli ebrei neri d’America? È un fenomeno religioso in crescita, difficile però da quantificare L e stime sul numero degli ebrei neri negli Stati Uniti sono molteplici: si va dai 40mila de L’Enciclopedia dei Neri d’America ai 500mila dichiarati nella storia degli ebrei neri pubblicata nella rivista Ascent; tuttavia, raramente queste fonti chiariscono le modalità con cui hanno ricostruito i loro dati. Il problema di fare riferimento a cifre attendibili è legato anche a chi è un “Black Jew”, visto che ci sono numerosi gruppi, con alcuni che hanno appena delle affinità con le norme bibliche e, pur seguendo solo genericamente alcuni usi e costumi, si definiscono ebrei; per contro, un regolare approccio basato sull’halackhah riduce drasticamente la categoria, viste anche le numerose conversioni. La Commandment Keepers Congregation (Congregazione dei Custodi dei Comandamenti), ad esempio, fu fondata ad Harlem, a New York, nel 1919 dal Rabbino Wentworth Arthur Matthew, ebreo di origine africana. L’ebraismo si diffuse nella prima metà del ‘900 presso la comunità afro-americana in virtù di diversi fattori: molti neri infatti si richiamavano a tradizioni appartenenti alle precedenti generazioni, come il rispetto dello Shabbat o di alcune norme di kasherut. Il presupposto da cui partiva Rav Matthew era che molti degli ebrei più antichi erano neri, o quantomeno non europei, quindi l’ebraismo era inevitabilmente una componente del loro patrimonio culturale e religioso: le loro origini risalivano al Re Salomone e alla Regina di Saba, la quale era etiope. Nei loro cuori e nelle loro menti non era neppure necessaria una conversione, in quanto questo processo era una mera riappropriazione di una loro eredità. Ciò non implicava una delegittimazione degli “ebrei bianchi”, coloro che avevano conservato e difeso l’ebraismo nel corso dei secoli, tanto che dalle comunità ortodosse già esistenti Matthew prese usanze e metodi per le preghiere, l’insegnamento rabbinico e la celebrazione delle ricorrenze. Contestava alcune “contaminazioni europee”, rivendicando il diritto di introdurre elementi africani, americani e caraibici nella sua comunità. Tuttavia, il dialogo tra gli ebrei di Harlem e le comunità ortodosse bianche non è mai decollato e, anzi, talvolta si sono verificate delle tensioni. Nel 1937 gli ebrei neri di Harlem erano circa 600, ma sono sempre stati un gruppo ristretto e indigente; talvolta ne è stata anche messa in dubbio la natura ebraica. Dopo la morte di Rav Matthew nel 1973, è stata smarrita la guida principale e con essa la necessaria coesione. Oggi la comunità è assai ridotta: come racconta un articolo di The Jewish Week del 2007, ha vissuto anche numerose vicissitudini, come quando il Consiglio della Sinagoga ha citato in giudizio presso la Corte Suprema di Manhattan il rabbino David Matthew Doré, nipote del fondatore, il quale rivendicava il ruolo di leader spirituale. Nonostante la vittoria del Consiglio, si è aperto subito dopo un nuovo caso legale, che ha penalizzato ulteriormente questa comunità. Restano comunque attive due sinagoghe, sebbene non condividano le stesse usanze. DANIELE TOSCANO LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Tutto è possibile a New York, anche una sinagoga per soli omosessuali 21 ISRAELE Alla scoperta di Israele Viaggio a puntate tra località non sempre conosciute B envenuti viaggiatori! In questo mese andiamo al Hagalil Haelion, in Alta Galilea, nel nord di Israele. Questo è uno dei posti preferiti dagli israeliani durante l’estate: pieno di verde, con molti posti dove fare campeggio e l’aria è fresca. Sono tanti i sentieri che attraversano le montagne e le valli. Allora, iniziamo il nostro viaggio e non dimenticate la bottiglia d’acqua e il cappello. lungo il fiume Hasbani. Se siete coraggiosi potete avventurarvi in quello di 6.5 chilometri. In entrambi i casi passerete sotto gli alberi di eucalipto, sbirciando il volo degli uccelli con la vista di un panorama bellissimo, percorrendo acque fresche e pulite. Potete “assaggiare” questa indimenticabile esperienza sul sito: http:// www.kayak.co.il/ Sulla strada 99, direzione Kiriat Shmona, nella valle di Hula, esiste una delle più belle riserve naturali in Israele, un percorso semplice, con la vista del Monte Hermon di fronte a voi e una cascata bellissima. Nel fiume Banias l’acqua fluisce anche durante l’estate, formando cascate e sorgenti sotto alberi enormi. Inoltre si possono visitare anche tanti resti archeologici del periodo romani e di quello delle Crociate. Sempre là vicino, a 11 chilometri dall’incrocio Metzudot, troviamo il Shmurat Tel Dan, la riserva Tel Dan vicino al Kibbutz Dan. E’ il luogo da cui inizia il “sentiero Israele”. Qui, nella riserva, l’acqua arriva da tante sorgenti che confluiscono formando un solo fiume, il Dan, che a sua volta, con altri due fiumi, dà origine al fiume LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Siete pronti ad entrare in acqua? Bene, iniziamo con la riserva del fiume Hasbani (fiume Snir), un panorama meraviglioso e percorsi che vi faranno scoprire anche grotte stupende. Ci sono anche piccole piscine naturali, cascate e piante bellissime. L’itinerario preferito è quello di un paio di chilometri che dura due ore e comprende anche una parte di cammino nell’acqua. Per arrivarci occorre viaggiare per cinque chilometri, dall’incrocio “Metzudot” a Kiryat Shmona, direzione est strada 99, fino a Kibbutz Hagoshrim e da là continuiamo a seguire la segnaletica. Il punto di inizio è il parcheggio del parco nazionale che è segnato dai colori arancione, 22 blu e bianco. Già all’inizio ci sono delle piccole piscine naturali sulle quali vi consiglio di soffermare la vostra attenzione perché sono molto divertenti. Continuiamo per una via disseminata di diversi alberi, vari tipi di fico e platani, ma anche di animali diversi, ad esempio uccelli e curiosi insetti come gli zigopteri e molti tipi di pesci nel fiume. Una meravigliosa esperienza per quelli di voi che sono avventurosi è fare il percorso in kayak di 5 chilometri, in “Kayakei Hagoshrim”, Giordano, il più abbondante del Medio Oriente. Il tour dura due ore. Vi segnalo poi un altro posto assolutamente da visitare. Tra le due località che sono state fondate all’inizio del secolo scorso, Kfar Ghiladi e Kibbutz Tel Hai, troviamo la statua del leone che ruggisce e le rocce di Manara. Il viaggio inizia con la visita del Museo Hashomer Vehaslik, la guardia e il nascondiglio delle armi, a Kfar Ghiladi, dove possiamo ascoltare la storia degli eroi di Hashomer Hatzair, che hanno fondato il posto e della statua del leone che è stata creata in memoria degli otto combattenti caduti durante la battaglia del Tel Hai nel 1920. Là vicino c’è una montagna su cui è possibile salire e godere di un panorama tra i più belli del nord di Israele: a est vediamo numerose gole che nella parte inferiore costituiscono l’Emek Hula, la valle di Hula, mentre a ovest scorgiamo il Monte Hermon. Al centro, le rocce di Manara dove c’è la funicolare più lunga di Israele, alta 742 metri e lunga 1940 metri. Un’occasione imperdibile per il paesaggio e i colori. C’è anche la possibilità di fare viaggi in bicicletta, andare a cavallo o per i più spericolati fare sport estremi. Gli interessati possono visitare questo sito: http://www.cliff.co.il/ Vi auguro buone vacanze e ci vediamo al prossimo viaggio! YAARIT RACHAMIM Un’originale opera, del giovane artista Simon Davide Brunori, esposta per la prima volta al Museo della Diaspora di Tel Aviv D opo i numerosi successi, nell’ambito delle Start Up, del liceo ebraico Renzo Levi, arriva un nuovo traguardo molto importante per la scuola media Angelo Sacerdoti a Roma. Questa volta, però, non in ambito imprenditoriale bensì artistico e culturale. Simon Davide Brunori è il primo ragazzo italiano che ha donato il proprio contributo al Museo della Diaspora di Tel Aviv. Questo giovane adolescente ha creato un’opera d’arte nello spirito dello street art, per poi trasformarlo in una pop art. L’unico albero posizionato all’interno della creazione è posizionato in modo da donare un effetto multidimensionale. La sua passione per la street art si è rivelata proprio con quest’opera che è stata realizzata grazie a spray e penne colorate: lui poi disegna e infine pubblica la foto su Instagram. Questo capolavoro rappresenta l’albero genealogico del ragazzo e di suo bisnonno Elia Benamozegh che è stato Capo Rabbino di Livorno. Le radici dell’albero genealogico sono nella Torah, che funziona da impronta per tutti gli ebrei attraverso tante generazioni. Accanto all’albero, il giovane artista, ha installato dei manufatti ebraici colmi di un significato che lega tutti gli ebrei del mondo: un bicchiere del kiddush, una menorah, la bandiera di Israele e due placche di bronzo in ricordo dei suoi due zii morti nei campi di sterminio. Non importa la lingua con cui quest’opera viene presentata. Basterà guardare tutte quelle piccole “simbologie” per capire a chi è rivolto e, soprattutto, chi lo ha fatto. È molto significativo il fatto che un ragazzo così giovane sia riuscito a realizzare un’opera che rimanda alle origini della nostra vita ebraica e, infine, ma non meno importante, familiare. È molto importante che sia riuscito ad arrivare al Museo della Diaspora di Tel Aviv, partendo da una piccola scuola ebraica come quella di Roma. Simon Davide Brunori è un esempio che non dovrà rimanere un caso isolato. Bravo! MIRIAM SPIZZICHINO LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 La street art con il cuore ebraico 23 ISRAELE F I fiori e l’Alyah: la storia di Emilia LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 are l’Alyah non è semplice. Ritrovarsi in un posto a noi così vicino, ma pur sempre diverso. Lo sa bene Emilia Astrologo, Zarfati da sposata, che il 4 luglio 2013 ha fatto il grande passo insieme a marito e tre figli. Nonostante i problemi iniziali, ora, a 40 anni, è un’organizzatrice di eventi ed è riuscita a riscoprire se stessa. “La mia Alyah non è stata fatta per scelta. Non amavo, né conoscevo Israele e non ero sionista. Lavoravo come maestra al Gan Rivka e la mia vita italiana mi piaceva molto. Allora perché sono partita? In primis era il sogno di mio marito che vedeva Eretz come l’unica patria di ogni ebreo nel mondo e poi per far avere ai miei figli quel futuro radioso che tanto sognavo per loro e che, a causa della crisi, in Italia non era possibile dargli. Ogni giorno per via di questa crisi economica il lavoro di mio marito calava mentre le spese aumentavano.” Così si è fatta coraggio ed è salita su quell’aereo. “Ricordo i pianti nel distacco con gli amici più cari, il dolore nel lasciare la mia casa pagata con 15 anni di sudore, il trauma dell’aeroporto con le valige in eccesso e la gente che urlava, la fatica e le mie lacrime nascoste sotto gli occhiali”. Emilia ricorda tutto, anche l’arrivo al centro di accoglienza per immigrati dove hanno vissuto per sette mesi in cinque persone dentro due piccole stanze. “La mia anima si è frantumata in milioni di pezzi, non ero più nessuno, non avevo una casa, ero un’analfabeta, non ero in grado di comprare neanche il pane… Ero imprigionata in un enorme torre di Babele dove tutti parlavano, ma nessuno mi capiva. Ero frustrata!”. Fu così che passò quasi un anno a piangere, ha perso nove chili… Era impazzita dalla rabbia. Si svegliava la mattina con un groppo in gola che l’accompagnava in qualsiasi cosa facesse. Piano piano, studiando all’Ulpan, si rese conto che la lingua migliorava e che cominciava a capire qualcosa, sentendosi però ancora sola. 24 PIZZA TONDA 6 € - TRANCIO DI PIZZA 2 € CONSEGNA A DOMICILIO 349.2525347 CHALAV ISRAEL Dopo questi nove mesi è tornata una settimana a Roma, ma al ritorno in Israele tornò più depressa di prima. “Solo quando tocchi il fondo poi trovi la forza di risalire e H. ci manda il suo aiuto nei modi più strani. Ero al telefono con una mia cara amica di Roma e piangevo disperata, mi mancava l’aria. Lei mi disse di calmarmi, uscire e andare a comprare un mazzo di fiori da mettere sulla tavola di Shabbat per sentirmi meglio. Comprai un bruttissimo mazzo di fiori da campo, lo misi in un vaso e apparecchiai la tavola. Mio marito, rientrando dal lavoro, mi ringraziò per la bella tavola e mi chiese di farla ogni venerdì. Inizia così la mia storia, Shabbat dopo Shabbat. Erano sempre più belle.” Dopo l’Ulpan Alef, suo marito le propose di cercare un corso che l’aiutasse a sviluppare questa piccola passione. All’inizio rifiutò pensando di avere un ebraico limitato e che non poteva andare a fare un corso professionale lì, in quella lingua, era fuori discussione! Il corso, inoltre, durava 7 mesi ed era a Tel Aviv dalle 17 alle 22. Ciò significava rientrare ad Ashdod, dove lei viveva, a mezzanotte. “Un giorno arrivò una frase che mi colpì e a pronunciarla fu mio marito dopo l’ennesima nottata passata a piangere. Mi disse che io avevo una grande opportunità, quella di ricominciare da capo la mia vita come un foglio bianco su cui scrivere ciò che più mi piaceva. Così iniziò il corso e scoprì di avere capacità e risorse che non credevo di avere.” Non è stato tutto rose e fiori. Emilia ha faticato il triplo degli altri e molte volte non riusciva a stare al passo con la classe, ma imparò a chiedere aiuto quando serviva e ha iniziato a vedere le cose in un’ottica più ottimistica. Il corso prevedeva due stage di 16 ore in aziende che si occupavano di realizzare eventi e, per caso, capitò a Iaroch Al Amaim. “Il Menaelet Irua mi propose un lavoro dopo il primo giorno di stage. Mi pagava una miseria, ma mi avrebbe insegnato un lavoro piuttosto che stare a casa! I primi giorni furono duri. Mi facevano lavare e pulire centinaia di vasi e pavimenti. Lavoravo 8 ore sotto il sole cocente di agosto per meno di 25 euro al giorno, ma ero felice, conoscevo tante persone e la mia lingua migliorava.” Dopo 15 giorni la misero a fare i fiori, il suo Menael aveva capito che quello era il suo talento. Ogni giorno riusciva a creare cose sempre più belle e fu così che diventò l’addetta ai fiori per la Cuppà, poi ai centri tavola ed infine la spedirono a fare un corso professionale da fiorista “dove ho conosciuto persone stupende che hanno arricchito la mia anima!”. Dopo il primo corso arrivò il secondo, la tecnica migliorava e le cose imparate erano sempre di più. In concomitanza con l’ingresso nel mondo del lavoro, Emilia ha iniziato a vedere le cose in modo diverso e a rinascere, ritrovando se stessa. “A quel punto ho capito di aver trovato la mia strada ed ho cercato di imparare ogni giorno di più dai professionisti che lavoravano con me fino a quando è arrivata l’opportunità di fare un matrimonio tutta da sola. Non solo i fiori, ma tutta la sua organizzazione! Avevo mille dubbi e paure, ma tirando fuori tutto quello che ho imparato, impegnandomi, è stato un grande successo e proprio quella sera mi è stato commissionato un altro matrimonio.” Oggi, Emilia ha aperto una sua azienda di organizzazione di eventi, continuando a collaborare con Iaroch Al Amaim come Shoseret. Anche se organizza i suoi matrimoni da sola, non lascerà mai il suo primo lavoro in quanto rappresenta la sua famiglia, la sua felicità e infine la sua vittoria. Tutto è bene quel che finisce bene, anche Emilia ha avuto il suo lieto fine nella terra promessa. MIRIAM SPIZZICHINO Nella base di Ashdod, dove operano i primi robot marini Daniel, italiano ebreo, che difende Israele sognando la pace rileva, gli ebrei sono stati continuamente costretti a combattere per la libertà e anche oggi i pericoli incombono da direzioni diverse su Israele. Quando da Gaza sono lanciati razzi - spiega - ad Ashdod centinaia di migliaia di persone hanno una manciata di secondi per raggiungere i rifugi. Il conflitto da queste parti non è astratto, ma reale. Nella operazione ‘Margine difensivo’ contro Hamas a Gaza, nella estate 2014, Daniel ha toccato con mano il prezzo delle proprie decisioni. Mentre a Roma i suoi amici e coetanei si dedicavano ad attività ricreative, lui - ricorda - non sapeva affatto se sarebbe tornato dalle missioni: ‘’Mi pesava il pensiero che la mia famiglia vivesse nell’incertezza, che i contatti fra di noi fossero interrotti’’. Ammette che il servizio militare in Italia non l’avrebbe fatto, ‘’forse - spiega - in una unità speciale’’. Ma non ha dubbi sul fatto che sia ‘’piuttosto Israele a dover essere difeso’’. Nel porto, i marinai scesi dalla Dvorà sono impegnati nella manutenzione dell’imbarcazione e anche Daniel dovrà verificare l’efficienza del cannoncino di bordo. L’età media è di 20 anni, o poco più. Qui i giovani di Israele, maschi e femmine, stanno terminando le operazioni di rodaggio del robot-’Protector’: un’imbarcazione della società ‘Rafael’ capace di navigare per giorni, anche in mare agitato, ad una velocità massima di 30 nodi. Dotato di grande manovrabilità, puo’ virare di 90 gradi senza ribaltarsi. Fra otto mesi, Daniel si congederà. Il suo futuro privato prevede un viaggio di distensione, poi studi accademici nel Centro inter-disciplinare di Herzlya. In linea di massima pensa a scienze politiche e mass media. E per il futuro di Israele? ‘’Sogno la pace. Sempre che non sia un’utopia’’. ALDO BAQUIS E MASSIMO LOMONACO (ANSA) LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 U n turno di 80 ore in mare è appena terminato e la Dvorà (la vedetta militare) attracca ad uno dei moli nel settore militare del porto di Ashdod, a sud di Tel Aviv, dove sono ancorati due ‘Protector’, i modernissimi robot marini messi a punto da Israele per difendere la costa e che sono manovrati da terra anche per risparmiare vite dei marinai. Dalla Dvorà scende un marinaio ed in buon italiano si presenta: ‘’Piacere, mi chiamo Daniel’’. Ma alle sue spalle i compagni lo salutano con calorosi ‘’Ciao, Mario’’. È un soprannome affibbiatogli da chi nella vedetta ha forse trascorso l’adolescenza manovrando i giochi Nintendo o apprezzando le prodezze calcistiche di Balotelli. Nato e cresciuto a Roma, da oltre due anni Daniel serve nella marina israeliana. La sua vita si svolge interamente sulla Dvorà: sono una dozzina di militari che escono in mare, mangiano, dormono, fanno manutenzione e, se necessario, combattono, assieme. Qui si legano amicizie che durano una vita. Qui ragazzi di 19-20 anni si assumono responsabilità (fra cui sventare possibili attentati) che i loro coetanei nei Paesi ‘normali’ nemmeno si sognano. ‘’Da bambino - racconta Daniel - non immaginavo che un giorno mi sarei trovato qui. Ma sono cresciuto in una famiglia ebraica, mi è stata sempre spiegata l’importanza di essere ebreo. Solo verso i 16 anni ho cominciato a pensare che forse avrei dovuto trasferirmi in Israele. Nel frattempo ero attivo nel movimento (giovanile religioso) dei Bene’ Aqiva, ne sono stato un istruttore. Gradualmente ho compreso l’importanza di difendere Israele’’. Da ragazzo, in Italia, dice di aver toccato con mano episodi di antisemitismo, anche perché non nasconde la propria identità e gira con la kippà, il copricapo rituale. Di pari passo ha maturato una visione storica più ampia. Dalla schiavitù di Egitto in poi, 25 LIBRI EDITORIA PER RAGAZZI Eroi dello sport, eroi della vita LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 N 26 ella letteratura e, a volte, anche nella realtà, per bambini e ragazzi l’estate è tempo di gioco e di crescita. In pausa dagli impegni scolastici, sportivi e quant’altro li impegna in sfibranti calendari densi di appuntamenti, nei mesi estivi un poco di noia potrebbe affacciarsi nel loro tempo e aprire finestre alla riflessione e alla lettura. Nei libri spesso l’estate segna un punto di svolta, un condensarsi di crescita, un punto di non ritorno dall’infanzia all’approssimarsi dell’età adulta. E’ a loro che si suggeriscono due titoli, uno recentissimo ed uno uscito quasi venti anni fa ma che non ha perso nulla della sua lingua bruciante. Libri che sembrano impegnativi solo alla trama ma che invece regalano ore e pensieri preziosi a chi non si sente più bambino. Il primo è “Reato di fuga” di Christophe Léon (Sinnos editore, 10.50 euro) attuale in questi tempi in cui si parla del reato di omicidio stradale: il volume racconta però di un’amicizia e lo scarto feroce che si consuma quando un genitore perde la stima di un figlio costretto a scegliere da solo, indipendentemente e contro suo padre. Due storie che si incontrano sul bordo di una strada, di notte: Sébastien ha quattordici anni e una sera suo padre investe una persona, e non si ferma. Loic ne ha diciassette e una macchina pirata investe sua madre, e non si ferma. “Come te lo devo dire? urla a Sébastien suo padre - Non è successo niente! Mi senti? Niente! Oppure vorresti che andassi in prigione, eh? E’ questo che vuoi?”. La madre di Loic invece è sdraiata sul letto: “Non ha più la fasciatura intorno alla testa che aveva i primi giorni. Le sono ricresciuti i capelli. Continua a tenere gli occhi chiusi (...) Con la tua mano nella sua le racconti la tua giornata. Sette giorni su sette”. Una sera di novembre diventa così il punto di incontro, inaspettato, tra due vite e la nascita di una amicizia improbabile, difficile, tenera eppure incredibilmente reale. E’ invece un’estate bruciante di un’isola del Mediterraneo che accoglie la crescita repentina del protagonista di “Tu, mio” di Erri De Luca (Feltrinelli, 5.25 euro, disponibile anche in e-book), non un volume destinato specificatamente ai ragazzi, lo si suggerisce a buoni lettori affacciati oltre il bordo dell’adolescenza. Il libro, uscito, lo si è detto, vari anni fa, resta il libro di formazione di un’estate, in cui le domande restano spesso in gola e quando escono non trovano risposta: “mi disse che cercare risposte dagli altri è come calzarsi al piede una scarpa d’altri, che le risposte uno se le deve dare da sé, su misura. Quelle degli altri sono scarpe scomode”. Così un pescatore che ha fatto la guerra, una ragazza giovane ma già quasi donna e con un nome, Haia, leggermente aspirato che lo rende inconsueto alla pronuncia, sono gli interlocutori di un’estate in cui il protagonista interroga il passato recente, la guerra, la fame, le uccisioni una memoria che su Shalom trova spesso spazio e riflessione - e se ne assume il carico e accende un “fuoco che non poteva correggere il passato”. Per lettori più giovani invece una grafic novel tutta da godere per pensare d’estate alle passioni dell’inverno: “Pesi massimi – storie di sport, razzismi e sfide” (anch’esso edito da Sinnos, 11 euro). Strane storie vengono raccontate se, a bordo di un campo di calcio, come accade solitamente nella realtà a non solo nei libri, gli epiteti che corrono dietro al pallone sono “negretti”, “tornatene a giocare in Africa” o simili perle che dagli stadi travasano fino ai cortili delle scuole o ai campetti di parrocchie e periferie. Così il fantasma nero e gigantesco di Muhammed Ali - “il pugile più forte di tutti i tempi” - si prende la briga e il gusto di raccontare storie di sport ad un campioncino: “non sei stato bravo proprio per niente. Un vero campione usa il cervello, almeno ogni tanto. Invece tu oggi te lo sei scordato a casa”. Il primo racconto - si consiglia ai ragazzi di cercarne gesta e immagini anche su YouTube poiché alcune vittorie, accendono l’animo e aumentano la propria forza con il passare del tempo e della consapevolezza - non può che essere dedicato a Jesse Owens, nero dell’Alabama, nipote di schiavi, che fa parte della rappresentanza nazionale statunitense di atletica alle olimpiadi di Berlino del 1936. Vinse tutto, lui nero contro gli ariani di Hitler. Storie di sport e di amicizia - per la prima volta nella staffetta corse una squadra ‘mista’, due bianchi e due neri - e fu Luz Long, il migliore saltatore della Germania, che nella gara di salto in lungo, spiegò ad Owen la tecnica corretta per il salto che lo condusse alla vittoria. Ma vi è anche la storia di Gino Bartali, ciclista italiano, insignito di recente del titolo di ‘Giusto tra le nazioni’ per l’aiuto prodigato durante la Shoah a molti ebrei. Con loro altri sportivi, noti e meno noti, la cui vicenda nelle competizioni internazionali ha segnato la storia dello sport e della battaglia antirazzista. Per insegnanti, educatori, allenatori e genitori che volessero una bibliografia aggiornata ed una riflessione ricca di contributi diversi sul valore e il senso dello sport per bambini e ragazzi c’è invece “Sport - figure e parole dai libri per ragazzi”, edito dalla Paninieditore (quello delle figurine, per intenderci) e dalla associazione culturale di Bologna Giannino Stoppani (13 euro), pubblicato con l’indicazione numero I/MMXIV. Il filo rosso della riflessione è che “ la fascia d’età compresa fra i sei e i quattordici anni è quella che comprende la popolazione italiana degli sportivi e dei lettori”: “Il gioco/sport e la lettura per bambini occupano spazi contigui - scrive Roberto Farné - se rientrano in campi d’esperienza basati su motivazioni positive”. E aggiunge “L’idea in base alla quale l’attività sportiva sia antitetica a quella intellettuale fa parte di quella stupidità pedagogica di cui la cultura pedagogica di tipo scolastico non si è ancora del tutto liberata”. LIA TAGLIACOZZO Un'estate da leggere Più forte della paura Marc Levy Rizzoli, p.302 €17 Questa volta Marc Levy ci conduce tra i meandri più oscuri dei palazzi del potere. Depistaggi, agguati, spie, bugiardi, nulla viene risparmiato ai due protagonisti di questo avvincente giallo da manuale. Lei, Suzie Baker, con l’ossessione di riabilitare il nome della nonna accusata di alto tradimento durante il delicato periodo della Guerra Fredda insieme a suo marito, senatore democratico degli Stati Uniti. Lui, Andrew Stilman, reporter d’assalto in crisi esistenziale in cerca di riscatto. Da Manhattan al Polo Nord, passando per i ghiacciai del Monte Bianco, senza mai tirare il fiato! Il posto migliore del mondo Ayelet Tsabari Nuova Editrice Berti, p.224 € 18 Segnaliamo questa opera prima di Ayelet Tsabari, israeliana di origini yemenite, menzionata tra i più promettenti scrittori canadesi nel 2013 e vincitrice di numerosi premi. Il libro, caratterizzato da una scrittura potente e immediata, racconta l’anima tormentata e vibrante di Israele: l’autrice allunga il suo sguardo su Tel Aviv, Gerusalemme, spingendosi anche oltreoceano, in un crocevia di nazionalità, religioni, esperienze. Tutti i personaggi descritti affrontano come possono le contraddizioni del posto migliore del mondo e sono quotidianamente messi alla prova, in un processo inarrestabile di trasformazione e perdita. La tentazione del rabbino Fix Jacquot Grunewald La Giuntina, p. 200 €15 Cosa succede quando un rabbino parigino esperto di Talmud indossa gli abiti di scaltro detective? Accorso dal nipotino ferito in un attentato a Gerusalemme, il rabbino Fix si ritrova alla prese con un vero giallo sul quale gli inquirenti, troppo affezionati alla “versione ufficiale”, non sono intenzionati ad indagare. Ma non si può im- pedire ad una mente acuta di ragionare, soprattutto quando la mente in questione è quella del testardo e caparbio rabbino Fix, provvidenziale per il disvelamento del giallo, salvare una vita e vedere la giustizia trionfare. Davvero originale! Soli e perduti Eshkol Nevo Neri Pozza – Bloom, p. 272 €17.50 Ultimo lavoro di Eshkol Nevo, “Soli e perduti” è ambientato nell’immaginaria Città dei Giusti, in cui il vedovo inconsolabile Geremia Mendelshtorm si trasferisce per finanziare la costruzione di un nuovo mikveh da dedicare alla memoria dell’amata. La realizzazione viene affidata a Moshe Ben Zuk, solerte funzionario comunale, anche lui approdato in città con l’intento di diventare un uomo retto, affrancato dalle passioni umane. Il risultato inspiegabilmente si rivelerà tutt’altro che ortodosso. Un’irresistibile commedia degli equivoci a sottolineare l’imprevedibilità della vita, soprattutto in Israele. La Dama rossa Giada Trebeschi Mondadori, p.225 € 16.50 Un libro avvincente, quello di Giada Trebeschi, che si svolge nel 1938 durante le leggi razziali. Durante il restauro di un palazzo nobiliare vicino Roma Letizia Cantarini e altri due colleghi scoprono una stanza segreta dove giacciono i resti di una donna murata viva circa cinquecento anni prima. E’ la Dama rossa vissuta alla corte di Alessandro VI Borgia. Sul pavimento si trovano alcuni fogli: sono le memorie della Dama e un enigma. Questo ritrovamento porterà i tre amici a una fuga dalle milizie fasciste fino in Spagna, all’Alhambra, sulle tracce della Dama rossa e di un inimmaginabile tesoro. I protagonisti, separati dagli eventi - uno dei tre è ebreo e dovrà nascondersi dal furore fascista-, rischieranno la vita per scoprire e proteggere lo straordinario segreto. Il caso Caravaggio Daniel Silva Neri Pozza, p.460 € 15 Dopo il successo de La ragazza inglese, Daniel Silva torna con le incredibili indagini dell’ex agente segreto Gabriel Allon. Questa volta il nostro è alle prese con un caso molto particolare: un omicidio legato alla scomparsa di un famoso quadro di Caravaggio “la Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi”. Chiamato dalla polizia italiana, l’investigatore arriva sul lago di Como, dove è avvenuto l’efferato omicidio per incontrare il suo amico e mercante d’arte Julian Isherwood accusato del delitto. Le indagini lo porteranno ad una minuscola banca privata in Austria sorvegliata dagli scagnozzi di uno dei dittatori più spietati del mondo. A voi il finale. A CURA DI JACQUELINE SERMONETA LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 La collina Assaf Gavron La Giuntina, p.528 € 19.50 In quest’ottavo romanzo di Assaf Gavron la componente corale del racconto è quella più caratterizzante. Ogni elemento presenta un aspetto “plurale”, una visione della vita e del suo stesso contrario; una costante ricerca di equilibrio tra senso del dovere collettivo e realizzazione personale. Un’occasione per i protagonisti e per lo stesso lettore di confrontarsi con l’infinita ambivalenza dell’esistenza, tra l’alto ed il basso, il sacro ed il profano, in una terra unica in cui “paradossalmente” per continuare a vivere talvolta è preferibile non esistere…”una piccola collina in mezzo al nulla, in mezzo al tutto.” 27 LIBRI In un grande saggio, Riccardo Calimani ripercorre la storia degli ebrei italiani nel Novecento D LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 avvero un grande libro, questa “Storia degli ebrei italiani”, volume terzo (dedicato a Otto e Novecento), di Riccardo Calimani, studioso già autore di parecchi saggi di storia e cultura ebraica, Premio europeo per la cultura 1997. Un libro che - sempre con precisi riferimenti documentari - focalizza gli ultimi duecento anni di storia dell’ebraismo italiano (chiudendo una trilogia iniziata nel 2013). Storia che, ai primi dell’Ottocento, s’apre con una ventata di almeno apparente libertà, con l’eliminazione napoleonica di molte delle antiche restrizioni volute soprattutto dalla Chiesa. La Restaurazione, tuttavia, segna, almeno in alcuni Stati italiani (Stato della Chiesa e Regno di Sardegna), il ritorno al vecchio regime di discriminazioni cui i primi, significativi colpi saranno inferti, col nuovo clima del Risorgimento, solo nel 1848 con le “Lettere patenti” di Carlo Alberto sull’emancipazione di ebrei e valdesi, e l’abbattimento di mura e porte del Ghetto romano deciso da un Pio IX “prima maniera”, favorevole a riforme liberali. L’Ottocento, così, per gli ebrei italiani (come, del resto, per quasi tutti i loro fratelli europei), è un secolo altalenante, con grandi passi avanti sulla strada dei diritti civili e politici, ma anche gravi battute d’arresto. A favore dell’emancipazione ebraica, scrivono Mazzini e Cattaneo, Cavour, Gioberti e Tommaseo; ma a fune- 28 stare la vita quotidiana di tante comunità israelite tornano le vecchie accuse di “omicidio rituale”, e l’indegna pratica dei battesimi forzati di bambini (vedi gli amari casi Mortara a Bologna, e Coen a Roma). Proprio a Roma nel 1907 viene eletto sindaco l’ebreo, d’origini inglesi, Ernesto Nathan, mazziniano, anticlericale, massone la cui Giunta, sino al 1913, passerà alla storia forse come l’unica davvero efficiente e lungimirante che l’Urbe abbia mai avuto. “Grande guerra” e avvento del fascismo (che, inizialmente, terrà buoni rapporti con le comunità ebraiche, riorganizzandole nel 1930 con la celebre “Legge Falco”) sono in Italia le tappe principali d’un primo Novecento che, nato all’insegna dell’ottimismo umanitario e positivista, genererà invece in tutta Europa mostri da “Sonno della ragione” goyesco. Sulla “vexata quaestio” se la politica antisemita iniziata con le leggi razziali del ‘38 sia stata o meno un logico, inevitabile prodotto del fascismo, Calimani (che ha ben presente il De Felice della celebre “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo”), propende per una tesi - per far il paragone con le analoghe discussioni sul nazismo - di “funzionalismo intenzionale”. E’ vero che molti ebrei aderirono sin dall’inizio a un movimento fascista che non era di per sé antisemita; ma è anche vero che, in esso, furono sempre attive anche forti correnti antiebraiche (catalizzate da per- sonaggi come Farinacci, Giovanni Preziosi, Telesio Interlandi), che presero il sopravvento con la deriva filonazista del regime soprattutto dal 1939. Molto dipese, poi, dalle note oscillazioni personali di Mussolini, portato a vistose giravolte sia per calcolo politico che per fattori caratteriali. L’Autore evidenzia lo scontro sull’antisemitismo - larvato ma comunque evidente - tra il regime e la Chiesa cattolica che però nei suoi vertici, soprattutto con Pio XII, non riuscirà ad uscire da una linea complessivamente ambigua, destinata a mutare veramente solo molto tempo dopo, col Concilio Vaticano II. Poi, il difficile ritorno alla vita, nell’Italia del 1945 “e dintorni”. Calimani non manca di ricordare le brillanti, italiche carriere che, incredibilmente, fecero, nel dopoguerra, molti degli scienziati firmatari dell’indegno “Manifesto” razzista del 1938; e persino Gaetano Azzariti, già presidente, dal ‘38 al ‘43, del “Tribunale della razza”, divenuto poi presidente della Corte Costituzionale (1957-’61). Mentre evidenzia le incredibili lungaggini burocratiche dei processi di reintegrazione nei diritti, risarcimenti e restituzione di beni mobili e immobili (comunque mai avvenuta d’ufficio, ma solo su diretta richiesta degli interessati) che si è protratta, in complesso, sino agli anni ‘90 con l’approvazione della “legge Bersani” del ‘97, parzialmente risolutiva. Un libro che non può mancare, per chi ha dentro di sé il senso del rapporto col proprio passato, individuale e di comunità. FABRIZO FEDERICI Riccardo Calimani “Storia degli ebrei italiani- Nel XIX e nel XX secolo”, Milano, Mondadori, 2015, pp. 837,€. 35,00. uesta è la storia di un padre raccontata dal figlio”, l’esordio è di grandissima tenerezza, e le righe che seguono ne rivelano, forse, la ragione: “Io non sapevo nulla della storia della famiglia di mio padre. Un giorno, da adolescente, riuscii a farmela raccontare (…) Ho atteso tanti anni, ma infine è giunto il tempo di raccontare la storia della mia famiglia, di mio padre, delle traversie e delle umiliazioni da lui subite e del grande coraggio con cui affrontò le difficoltà, la solitudine e il dolore per la perdita dei famigliari nei campi di sterminio”. E’ con questo viatico che Umberto Abenaim guida il lettore nelle vicende del padre Carlo e della sua famiglia, del fratello Ettore e della sorella Vanda, moglie del rabbino di Genova, Riccardo Pacifici e dei nipotini Raffaele e Emanuele, in “Abenaim - Una famiglia ebrea e le leggi razziali”, edizioni “Scritture” : storie di sommersi e salvati - come scriveva Primo Levi - raccontate con rigore e con grazia, con affetto e rimpianto. Nel volume si snoda la storia di una famiglia ebraica di Pisa, benestante e serena, rispettosa delle tradizioni ebraiche, che viene travolta dalle Leggi razziali fasciste e che attraversa il periodo della Repubblica Sociale, gli anni della persecuzioni delle vite, alla ricerca spasmodica di un rifugio, di una salvezza quando, come spiega Liliana Picciotto nella introduzione, “nella primavera del 1942 iniziano gli stermini di massa di ebrei nel campo di sterminio di Auschwitz, nella Polonia occupata. Questi tragici fatti sembrano lontani dall’Italia, le comunicazioni sono difficilissime e nessuno immagina che occupazione tedesca significhi estensione all’Italia della politica di sterminio”. Alla fine della guerra il conto per gli Abenaim sarà tragico: come per tante altre famiglie si contano i lutti delle deportazioni, la morte della madre di crepacuore alla fine della guerra, le umiliazioni, la paura e le fughe di un intero nucleo familiare la cui vicenda attraversa mezza Italia e, inizia, prima ancora, ad Alessandria d’Egitto per poi spostarsi a Pisa, Firenze, Genova, Piacenza e Torino, dalle città alle campagne: luogo di rifugio e accoglienza, dove alla sopravvivenza fisica si accompagna il conforto di un incontro tra uomini e donne capaci di offrire umanità e salvezza. Ad arricchire il volume le riproduzioni di lettere, pagine di diario, piccoli acquarelli che accompagnavano gli auguri, fotografie - bellissime - che restituiscono al lettore la normalità delle vite. Nel testo invece, al racconto partecipato di Umberto, si alternano pagine di taccuini, testi di lettere e di poesie d’occasione. Carlo si laureò in Ingegneria civile, chiamato alle armi nel 1929 frequentò il corso allievi ufficiali. Una volta nominato sottotenente “probabilmente fu la grande depressione americana del 1929 - scrive Umberto ipotizzando le ragioni delle scelte paterne - con quel devastante effetto domino che travolse tutti i paesi industrializzati, che convinse mio padre a proseguire la carriera militare non ancora osteggiata da alcuna legge razziale fascista”. Divenuto Tenente di artiglieria Carlo partecipa alla guerra d’Africa, ma è una vita intera che si racconta nelle pagine di Abenaim: le leggi razziali, la guerra, il faticoso recupero di una normalità, il matrimonio con Wanda Boselli, amica conosciuta a Torino che con la famiglia e i lavoranti della campagna offre a Carlo rifugio e salvezza. Pagine particolarmente intense sono quelle dedicate al ricordo del cugino Emanuele Pacifici, animatore instancabile di tante iniziative della Comunità ebraica di Roma, mancato pochi anni fa, un rapporto fatto di stima e di affetto, di condivisione - Umberto è il cugino che tenne per molti anni il catalogo informatico della grande biblioteca che Emanuele aveva raccolto - e ne ricostruisce la vita e le vicende dell’infanzia e della adolescenza, drammatica, durante la guerra. Si intuisce nella lettura del volume che la ricostruzione della memoria famigliare è anche un percorso alla ricerca dell’identità ebraica, di una sua possibile definizione tra storia, cultura e eredità famigliare. Un percorso che non si ferma con la fine della guerra - ed è questo uno dei pregi del libro - a corredare il volume infatti, anche un “Epilogo. Il dopoguerra e la vita di Carlo Abenaim”, che restituisce il ‘dopo’: la ripresa della vita, il lavoro, la famiglia, gli affetti, la stima dei colleghi e sottoposti. Carlo infatti riprenderà già nel 1945 la carriera militare. Non stupisce quindi il contributo dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Piacenza nell’Introduzione della direttrice Carla Antonini perché il libro racconta una vicenda e un lessico famigliare tutto interno alla vicenda ebraica italiana. Ebraica e italiana: qualcosa di più di due aggettivi. LIA TAGLIACOZZO “Abenaim – Una famiglia ebrea e le leggi razziali” Umberto Abenaim Scritture edizioni – Piacenza - 15 euro Dal 1982 operiamo con successo nel settore dei traslochi e dei trasporti nazionali e internazionali DIVISIONE TRASLOCHI Trasporti su tutto il territorio nazionale e internazionale PARCO AUTOMEZZI ATTREZZATURE SPECIALI Scale telescopiche fino a 15 piani braccio-gru semovente DIVISIONE DEPOSITO MERCI Magazzino di 18.000 mq coperti 60.000 mq scoperti SEDE DI ROMA: Via Volturno, 7 - Tel. 06.86321958 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 “Q Storia di una famiglia ebraica travolta dalla guerra SEDE DI FROSINONE: Via ASI, 4 Tel. 0775.89881 - Fax 0775.8988211 29 DIVISIONE ARCHIVI Catalogazione e gestione di archivi cartacei ed elettronici in ambienti sicuri ed idonei DIVISIONE AMBIENTE Gestione dei rifiuti, disinfestazioni, disinfezioni, derattizzazione sicurezza degli alimenti www.devellis.it - [email protected] ROMA EBRAICA Radiografia dei risultati elettorali A Cresce di quasi il 4% la partecipazione al voto d un mese dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio e della Consulta, possiamo azzardare un’analisi dei risultati emersi dalle urne. Innanzitutto il dato sulla partecipazione al voto segna un importante risultato in crescita, forse effetto della prolungata ed accesa campagna elettorale svoltasi soprattutto su Facebook, ma anche forse di un clima da 'ultima spiaggia' che si percepiva nelle ultime ore: su 10.885 aventi diritto, hanno votato in 3.931 (il 36,1%), in dieci seggi dislocati in tutta la città. Quattro anni fa la percentuale era stata del 32,3% (avevano votato in 3.548). Le schede nulle sono state 90, quelle bianche 32. La lista 1 ‘Per Israele’ ha ottenuto complessivamente 1.679 preferenze; la 4 ‘Noi Siamo Israele’ 874 preferenze; la lista 2 ‘Menorah’ 814 preferenze e la lista’ Binah’ 442 voti. La maggiore affluenza di voto si è avuta al seggio di via Pozzo Pantaleo, la minore ad Ostia. Rispetto a quattro anni fa, la lista ‘Per Israele’ (guidata da Ruth Dureghello) ottiene il 44,08% dei voti, ma non riesce a raggiungere il premio di maggioranza, e pertanto risultano eletti 12 candidati (nel 2011 aveva ottenuto il 47% dei consensi con 15 consiglieri eletti). Due fattori - però ampiamente preventivati - hanno penalizzato Ruth Dureghello. Il primo, l'assenza di Riccardo Pacifici che, pur partecipando alla campagna elettorale, non avrebbe mai potuto portare in dote i 'suoi' oltre 1.600 voti. Il secondo, la novità della Totale scesa in campo di Fiamma Nirenstein che, per vicinanza di programmi e di linea politica, avrebbe certamente sottratto una parte di elettori. Ed infatti la lista 'Noi Siamo Israele' (capolista Fiamma Nirenstein) si è affermata come seconda forza con il 22,95% di preferenze e con 6 eletti (di questi, quattro erano nella lista Efshar presenti nel Consiglio scorso). Il consenso ottenuto dalla lista di Fiamma Nirenestein coincide in termini di numerici con quel 21,9% con cui, quattro anni fa, proprio la lista Efshar portò in Consiglio 5 suoi rappresentanti. Viene da chiedersi: se Fiamma non si fosse candidata e stante la decisione di Efshar di non presentare una sua lista, il consenso dove sarebbe andato? Avrebbe premiato la lista di Ruth o le due liste di opposizione di Maurizio Tagliacozzo e Claudia Fellus? Pesantemente penalizzata dal voto la lista ‘Menorah’ che, nonostante abbia raccolto nuove forze ed anche ereditato parte del consenso della lista Hazak di quattro anni fa, raggiunge solo il 21,37% (6 consiglieri), lontano dal 30,8% di Hazak di quattro anni fa (che aveva 8 consiglieri). Il nuovo sistema di voto per liste contrapposte, che premia la rappresentatività, ha consentito alla lista che ha preso meno preferenze - Binah, con l'11,6% - di essere comunque presente in Consiglio, riuscendo a far eleggere con poco più di 200 voti, tre proprie rappresentanti (per contro, ad esempio, nella lista 1 'Per Israele', il primo dei non eletti ha ottenuto 369 voti). TempioPamphili BalboAsiliLiceo Riposo Riposo BethelOstiaTripolitania LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 RUTH DUREGHELLO PIERO BONFIGLIOLI 707 831523390 90651223013 29 GIORDANA MOSCATI 590 761153556 9448 744816 28 EUGENIOCALÒ 516 529316 59 7549100 416 25 MARCO GADIEL TACHE' GAJ 495 64 101 29 58 61 45 60 39 8 30 RUBEN DELLA ROCCA 489 661272663 6733 4430 7 26 MICOL FINZI 483 571043148 6541 7234 9 22 ANTONIO SPIZZICHINO 469 641001850 8442 4933 9 20 DANIEL FUNARO 463 62 80 2054 6733 654215 25 DANIELA DEBACH 453 68 82 3647 4926 2573 8 39 GIACOMO MOSCATI VP 421 75 76 1733 7141 562015 17 GIOVANNI ASCARELLI 406 55 91 3161 5121 5322 4 17 LELLO MIELI 369 35 57 636 5643 9720 3 16 EDOARDO AMATI 363 56 76 1531 4824 3548 5 25 CLAUDIO MOSCATI 343 411021235 4026 1742 7 21 ALAIN JONATHAN GELIBTER 339 36 69 2836 4938 3525 5 18 DONATELLA PAJALICH 331 48 73 1034 4228 591410 13 ISACCO LUZON 324 35 58 1928 4421 2162 3 33 ROBERTO DI PORTO 316 26 57 9 30 52 37 86 9 2 8 ANGELO SED 314 26 55 721 3247 9414 8 10 ROBERTO GUETTA (ROBY) 241 641915 11 1211 9772 21 SERENA DI NEPI 231 31 65 1026 3117 2115 4 11 STEFANIA ASTROLOGO 222 25 72 935 3113 1316 2 6 BRUNO DI GIOACCHINO 202 233513 28 3423208 4 14 CHERIE DYANA FADLUN 183 2016267 175 7640 21 EDITH ARBIB ANAV 162 16 20 1713 1311 1736 1 18 ELIO RACCAH 126 899 4 363 65 019 30 MAURIZIO TAGLIACOZZO GUIDO COEN 464 81 57 6348 3846 1758 5 51 ROBERTO COEN 322 44 51 5030 3032 1334 5 33 MASSIMO GAI 261 462644 33 1721 8331 32 CESARE ROGER HANNUNA 247 483931 29 1523 8263 25 ARIEL ARBIB 242 361954 19 2214 6297 36 AMOS TESCIUBA 240 462822 17 1016 8516 36 DAVID MEGHNAGI 239 412341 31 2420 2252 30 SERENA TERRACINA 215 462831 31 1915 2222 19 MASSIMO BASSAN 212 472238 24 912 1290 30 BARDA ILAN DAVID 182 371726 26 1212 9216 16 TESCIUBA SARA TIKVA' 175 28 9 23 18 714 4336 33 EMILIO NACAMULLI 172 292829 23 1511 2151 19 DI VEROLI ALESSANDRO 171 352522 15 1113 5176 22 DALIA SESTIERI 162 352328 22 1310 4105 12 RUBEN BENIGNO 157 193815 17 1612 9136 12 RUBEN SPIZZICHINO 132 2721 921 159 9112 8 FABRIZIO MANASSE 123 1621249 127 1164 13 SANDRO SERMONETA 102 111811 10 919 2101 11 ALESSANDRA PIPERNO 90 23141194 4 2101 12 DEBORAH GUETTA 86 23 5 57 126 0160 12 WALTER BEDUSSA 78 13 6 6 65 3 6 18 1 14 Il nuovo Consiglio: dall'alto verso il basso, da sinistra verso destra Ruth Dureghello Piero Bonfiglioli Giordana Moscati Eugenio Calò Marco Gadiel Tachè Gaj Ruben Della Rocca Micol Finzi Antonio (Toni) Spizzichino Daniel Funaro Daniela Debach Giacomo Moscati Giovanni (Gianni) Ascarelli Fiamma Nirensteijn Marco Sed (Yotvata) Giorgia Calo’ Questi risultati - insieme con il divieto di ricandidarsi dopo tre mandati - cambiano profondamente il nuovo consiglio che viene rinnovato per quasi due terzi: su 27 consiglieri, i volti nuovi sono 17. Cresciuta anche la presenza femminile, passata da 5 a 9 (dal 20 al 33%). Per quanto riguarda le singole preferenze, da segnalare nella lista 'Per Israele' gli ottimi risultati personali di tre 'new entry': l'ex presidente della Deputazione, Piero Bonfiglioli con 707 voti, Gadiel Gaj Taché con 495 voti e Micol Finzi con 483 voti; oltre alla riconferma DEBORAH FABRIZIO DORIS ASTROLOGO FIANO ARBIB Totale Alberto Ouazana Marco Sed (Avvocato) Alberto Piazza O Sed Maurizio Tagliacozzo Guido Coen Roberto Coen Massimo Gai Roger Hannuna Ariel Arbib Claudia Fellus Sabrina Coen Loredana Spagnoletto popolare di Giordana Moscati (590), Eugenio Calò (516) e Ruben Della Rocca (489). In crescita le preferenze, nella lista ‘Noi Siamo Israele’, per Marco Sed ‘Yotvata’ (406) e Marco Sed ‘Avvocato’ (287) e il successo di due volti nuovi Giorgia Calò (304) e Alberto Ouazana (294). Nella lista 'Menorah' i più votati sono stati Guido Coen (464) e Roberto Coen (322). Per 'Binah' successo personale per Sabrina Coen (228 voti). G.K. TempioPamphili BalboAsiliLiceo Riposo Riposo BethelOstiaTripolitania 71 7107 10 10 16440 3 71 14714 8 55 190 8 69 14612 10 17 271 9 FIAMMA NIRENSZTEJN MARCO SED 406 37 49 1650 7836 9821 4 17 GIORGIACALÒ 304 32 43 645 5226 6021 0 19 ALBERTO OUAZANA 294 23 40 1126 4929 8317 4 12 MARCO SED 287 36 43 1128 6427 5211 2 13 ALBERTO PIAZZA O SED 247 29 31 11 33 51 19 52 6 96 RAFFAELE PACE 221 142510 27 5621504 5 9 FABIO MIELI 175 15 26 715 2814 4515 2 8 ROBERT HASSAN 166 11 25 8 2036 9 22 20 2 13 ALDO ASTROLOGO 145 142811 12 3016212 1 10 PACIFICO DI NEPI 131 20 15 5 24 28 10 21 3 2 3 SANDRACALÒ 131 1117 615 365 267 2 6 GIORGIO ISRAEL 129 152116 13 2010156 0 13 ALBERTO SPIZZICHINO 127 2211 326 249 243 5 0 FABIO CRISTOFARI 122 41119 18 185522 2 BARBARA VIVANTI 121 12 15 517 1610 1223 1 10 MASSIMILIANOCALÒ 115 1328 710 268 144 0 5 GIANCARLO DI CASTRO 114 12 20 4 13 24 14 15 4 1 7 EMANUELE DI SEGNI 109 14 4 3 8 18 12 36 6 1 7 DAVIDE SPAGNOLETTO 106 7 12 318 226 283 1 6 FELICE GUETTA 104 8 10 5 81710 1320 0 13 DANIEL DI PORTO 103 6 13 1 14 19 21 17 8 2 2 ROBY DAGAN 101 10 10 3 119 9 16 20 0 13 TIZIANA DELLA ROCCA 83 51548 881792 7 MARCO DELLA ROCCA 67 5 14 2 5 15 7 9 5 2 3 ROBERTO PERUGIA 43 6 3 28 73 650 3 YACOV LEONARDO NAIM 39 322 5 456 10 0 2 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 CLAUDIA FELLUS SABRINA COEN 226 335318 34 2725 8112 15 LOREDANA SPAGNOLETTO 200 263218 30 2923 813120 SIMONA NACAMULLI 192 273612 28 2625 9131 15 CINTHIA SPIZZICHINO 186 194914 22 3022 7101 12 SILVIA MOSSERI 169 184314 22 2713 9120 11 ALESSANDRA SPIZZICHINO 156 163412 18 2618 8 9 2 13 FABIANA DI PORTO 152 14 35 825 2218 1011 0 9 LORELLA ASCOLI 149 19 33 1115 2014 1310 0 14 EVA RUTH PALMIERI 147 172612 19 2420 5130 11 ANNA PIPERNO 140 20 25 8 1613 20 7 15 4 12 FIORELLA CASTELNUOVO 137 173611 19 1714 4 6 4 9 SILVIA LUPERINI 135 123314 14 2016 2 8 2 14 BRUNELLA DI CASTRO 100 12 14 4 15 20 11 5 8 1 10 ARIELA MASSAREK 93 12 24 4 2213 4 3 7 0 4 STELLA SERMONETA 76 71278 11 13640 8 VALERIACALÒ 71 71888 145 300 8 LAURA PERUGIA 45 6 7 48 84 320 3 31 ROMA EBRAICA LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 T 32 Elezioni e consiglio, la quiete dopo la tempesta anto tuonò, che non piovve. Anzi, il tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi, ma sicuramente molto atteso al Centro Ebraico Pitigliani, e con il barometro che indicava tempesta imminente, ha segnato un momento storico per la nostra Comunità. C’è sempre una prima volta, e per la prima volta il più antico insediamento ebraico d’Occidente vede una donna occupare il seggio più prestigioso nel Consiglio, che sarà guidato - appunto - da Ruth Dureghello. Le settimane che avevano preceduto il turno elettorale del 14 giugno non erano state tra quelle da ricordare per serenità e compostezza nel dibattito. Vanno ascritte sicuramente a merito per i quattro capilista candidati alla Presidenza la capacità e la volontà di condurre un confronto serio, pacato, civile nei toni, attento alle questioni essenziali. Gli incontri pubblici non avevano infatti registrato cadute di stile, né deragliamenti. Ma non è misteriosa per nessuno la realtà delle campagne elettorali di questo primo scorcio del secolo XXI, secondo dell’era mediatica, che si combattono sui social a colpi di tweet. Quali che siano: per il Comune, per la Regione, per Montecitorio, per la Casa Bianca… E come è noto i leader incontrano qualche difficoltà a moderare la foga dei gregari più accesi. Aperte le urne e contate le schede la sera del 15 giugno, nei giorni successivi la “narrativa” prevalente risultava quella di trattative difficoltose, di scarsa o inesistente volontà di compromesso attribuita a quanti avrebbero dovuto allearsi con la lista prevalente “Per Israele”, di mancata presa d’atto di una vittoria indiscutibile da parte dei possibili o probabili oppositori. E invece, appena arrivati nel salone del Pitigliani destinato ai grandi eventi, i duecento ospiti - no, forse alla fine almeno trecento - che non intendevano mancare alla prima seduta pubblica del Consiglio eletto, convocata per le ore 18.30 del 23 giugno 2015, hanno percepito e visto immediatamente la quiete dopo la tempesta. Il gossip dei pessimisti non trovava riscontro. Alle 18.45 il Consigliere anziano Gianni Ascarelli assume la Presidenza provvisoria e dà la parola al Rabbino Capo Rav Riccardo Di Segni. Si ringrazia il Consiglio uscente per lo straordinario lavoro svolto. Il Rabbino Capo propone un breve commento alla Parashà della settimana appena trascorsa. La ribellione guidata da Corach contro Mosè viene punita da un intervento divino esplicito ed immediato. La tradizione ebraica incoraggia il dibattito, anche la protesta, non nega il dissenso, ma non è accomodante con i personalismi, con la dilatazione incontrollata dell’ego. Nelle “Massi- me dei Padri” (Pirkè Avòt) si insegna che resteranno solo le divergenze motivate da finalità superiori. La capacità di ascoltare gli altri è essenziale. All’Ordine del Giorno c’è un punto soltanto, la nomina del Presidente. Ascarelli conferma la proposta della lista più votata. Il momento è difficile e complesso, per il Paese e tanto più per gli ebrei. C’è bisogno di una guida salda, politica ma non “partitica”. Il coordinamento della seduta passa a Guido Coen. Piero Bonfiglioli prende la parola e sgombra il terreno: le voci che lo volevano candidato sono prive di fondamento. Propone Ruth Dureghello per l’incarico di Presidente. Claudia Fellus, per la lista Binah, si associa e sostiene caldamente la proposta di una Giunta unitaria nella quale tutti siano e si sentano rappresentati. Le competenze certo non mancano, bisogna valorizzarle. Fiamma Nirenstein (“Israele siamo noi”) ricorda a tutti le minacce che incombono sugli ebrei d’Europa, ancora una volta, e sull’esistenza stessa dello Stato di Israele. Ogni Comunità è chiamata in prima linea per la difesa di Israele. Ha avuto la possibilità - spiega - di conoscere da vicino la realtà romana, difficoltà, sofferenze. Non farà mancare l’appoggio suo personale e di quanti sono stati eletti insieme con lei. I consiglieri eletti nella lista Menorà, guidati da Maurizio Tagliacozzo, esprimono serenità, collaborazione, spirito costruttivo. Tagliacozzo afferma che il suo sarà sostegno leale, per una presidenza che comunque dovrà “voltare pagina”. Ariel Arbib e Roberto Coen invitano alla pacificazione, al rispetto reciproco secondo la migliore tradizione dell’etica ebraica. Ruben Della Rocca prende la parola a nome della maggioranza, e con soddisfazione verifica una grande unità di intenti, forse insperata: “Se non riusciremo a lavorare e produrre risultati, mandateci a casa”. Si passa alla votazione, sotto la chiama del Segretario Emanuele Di Porto. La tensione iniziale si è stemperata, non si temono sorprese. Daniel Funaro, Consigliere giovane, legge le schede. I votanti sono 26. Ruth Dureghello è eletta Presidente della Comunità Ebraica di Roma con 24 voti favorevoli e 2 schede bianche. Il discorso di accettazione si può leggere qui accanto. Ruth è commossa, commossa “che più non si potrebbe”, e lo dice proprio lei. Ma la voce è ferma. La sala e i corridoi sono stracolmi. Le parole che ricorderemo sono queste, soprattutto: “Dobbiamo fare in modo che proprio noi non siamo i peggiori nemici di noi stessi.”. Alle 20.15 la riunione si chiude e passa alla storia. Quella vera. PIERO DI NEPI “Ciascun ebreo è importante per questa Comunità” Il discorso di insediamento della Presidente Dureghello C ari amici, con il permesso del Rav e con il vostro permesso. Non vi nego una forte emozione nel presentarmi di fronte al Consiglio che rappresenta l'intera Comunità Ebraica di Roma. Ciascuno di noi è un piccolo tassello di una storia antichissima in cui abbiamo combattuto con dignità ed orgoglio per essere ebrei. Rappresentiamo ventidue secoli di storia. Abbiamo combattuto contro tanti nemici. Dai romani fino ai nazisti. Roma è la città dell'attentato alla sinagoga in cui morì un nostro piccolo bambino: Stefano Gaj Taché. Ma ce l'abbiamo fatta: i nostri nemici li abbiamo sconfitti tutti. Per questo lasciamo che non sia il Sinat Chinam (odio gratuito) a prendere il sopravvento e a minacciare la nostra Comunità. La campagna elettorale ha prodotto liti e divisioni, ma ora è arrivato il momento di voltare pagina. È arrivato il momento di mettere da parte ogni rivalità e lavorare insieme per il futuro di questa Comunità. Per questo ringrazio Maurizio Tagliacozzo, Fiamma Nirenstein e Claudia Fellus che hanno scelto di votarmi come Presidente della Comunità Ebraica di Roma. È un atto coraggioso che apprezzo e che testimonia come si possa e si debba lavorare insieme per il bene della collettività. Vorrei che la mia presidenza nascesse con questo spirito, con l'idea che e che abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti. Mentre noi siamo qui, tante famiglie ebree soffrono per la paura della perdita del lavoro, i giovani hanno perso la speranza di trovarne uno, il mondo dell'ambulantato rischia di scomparire e le notizie degli ultimi giorni sui giornali non ci lasciano ben sperare. Cresce l'antisemitismo in Europa e l'odio verso Israel ed il BDS ne è un chiaro esempio. Abbiamo il dovere di pensare alla Giunta di questa Comunità, mi impegnerò al massimo come ho fatto finora per realizzare un progetto che soddisfi tutti, ma a voi, cari amici, rivolgo un appello: quando sarà il momento di decidere quali responsabilità assumerci e quali incarichi prendere, oltre a pensare a ciò che vorremmo, proviamo a renderci conto di ciò che abbiamo intorno. Della sofferenza, delle difficoltà che molte persone hanno. Facciamo sì che questa sofferenza sia la Consulta: porte aperte ai giovani bussola che ci indica verso quale strada dobbiamo percorrere. Una Comunità unita, capace di affrontare le enormi sfide che ci aspettano e che solo uniti possiamo vincere. Concludo con un ringraziamento ad un amico: Riccardo Pacifici che ha guidato per sette anni questa Comunità con dedizione e passione, trascurando la famiglia, mettendo a repentaglio la sua incolumità. Riccardo più di ogni altro mi ha insegnato ad amare questa Comunità e merita la riconoscenza e il ringraziamento da parte di tutti noi. Ringrazio i miei amici, la mia famiglia, mio marito ed i miei figli che mi hanno sempre sostenuta. Ma soprattutto i miei genitori che mi hanno insegnato i valori del rispetto dell'educazione e la capacità di saper ascoltare per arricchire la conoscenza. Consapevoli che nella dialettica si può e si deve crescere. Il compito che mi è stato affidato non è certo facile, ma la mia promessa è quella di tenere unità questa Comunità alla quale ognuno di noi tiene anche se in modo differente. Rendiamo questa diversità un valore e un punto di partenza per cui iniziare il lavoro dei prossimi quattro anni. Behatzlahà e buon lavoro a tutti noi. RUTH DUREGHELLO Edoardo Terracina, Per Israele: "Mi sono candidato alla consulta per sostenere l'idea che ha Ruth Dureghello della nostra Comunità. E' il mio primo impegno di questo genere e spero di capire come funziona questo organo importantissimo per gli ebrei romani. L'ho fatto perché sento il bisogno di provare a dare una mano per migliorare il sistema. Negli anni ho provato a dare il mio contributo lavorando come volontario, ora voglio fare di più per i miei fratelli e sorelle di Roma. Non ho ancora deciso su quale tema specifico lavorerò, per ora mi interessa solo mettere a disposizione della collettività il mio tempo e le conoscenze che ho appreso studiando Marketing e Impresa Gestionale." Sharon Zarfati, Menorah: “I motivi che mi hanno spinto a presentare la mia candidatura sono molto semplici: sono cresciuta da sempre in questa comunità, e da sempre tramite la scuola e l’Hashomer Hatzair, di cui faccio parte da molti anni, sono stata abituata a non aspettare alla finestra che le cose cambiassero, ma ho capito che dobbiamo essere attivi e metterci in gioco. La lista Menorah mi ha offerto questa occasio- ne e condividendone gli ideali appieno ho deciso di candidarmi. Mi piacerebbe che venisse metto in atto il valore dell’accoglienza nel rispetto della morale ebraica. Il mio obiettivo è quello di una comunità plurale, che sia la voce di tutti e non solo dei “più forti”. Se anche solo una famiglia si priverà di cibo kosher per difficoltà economiche, se anche solo un ragazzo non verrà iscritto alle nostre scuole perché non crede nella nostra modalità di istruzione, o anche solo un Israel non verrà ascoltato, avremo fallito, e non si tratta del fallimento di una lista piuttosto che un’altra, avremo fallito tutti. Dovremo quindi impegnarci per trovare soluzioni, se necessario anche sbagliando per poi trovare una soluzione migliore, perché ne abbiamo bisogno e perché dobbiamo essere uniti". Daniel Tesciuba (Doddo), Israele siamo noi: “Sono in un momento della mia vita in cui sto affrontando diverse sfide, tra cui quella di candidarmi alle elezioni della Comunità; all'inizio mi era stato proposto di candidarmi come consigliere, ma non mi sentivo pronto per un impegno così grande, quindi ho optato per la Consulta per avere l'opportunità di crescere e di conoscere il sistema comunitario per poter poi impegnarmi e dare il mio contributo al benessere della Comunità." Carla Di Veroli, Binah: Tra i candidati eletti di Binah invece non ci sono giovani sotto i 30 anni. La lista della candidata Claudia Fellus però ha molte idee per quanto riguarda il mondo giovanile, ce lo spiega Carla Di Veroli che rappresenterà Binah nella Consulta della CER: "Ci impegneremo per creare una rappresentanza dei giovani permanente in seno alla Consulta, dando loro la possibilità di presentare proposte e fornire un contributo fattivo alla vita comunitaria, e favorire una nuova leadership consapevole. Proporremo a fianco di ogni assessore un giovane per cominciare sul terreno la formazione dei leader di domani, per ridare voce, appoggio e riconoscimento ai movimenti giovanili, anche quelli autogestiti che si rivolgono ai ragazzi da 18 anni in su, per supportare e finanziare iniziative per l'auto- imprenditoria e per lo start up d'imprese giovanili, mettendo a loro disposizione, anche tramite la Banca del Tempo, azioni di orientamento universitario e le esperienze più significative. Ci piacerebbe, in sinergia con la Scuola e l'Ufficio Giovani, realizzare iniziative educative e promuovere la creazione di nuovi spazi a loro dedicati (moadon).” A CURA DI GIORGIA CALÒ E MARIO DEL MONTE LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 L e recenti elezioni comunitarie hanno portato una serie di novità: non solo è terminato il mandato di Riccardo Pacifici, che ha governato con impegno e dedizione la Comunità per ben dodici anni, ma insieme ai quattro candidati presidenti sono scesi in campo ragazzi dai 19 anni in su, presentandosi alla Consulta per dare il loro contributo al benessere comunitario. Abbiamo posto due domande a quattro tra i giovani consultori eletti: “Come giovane eletto/a alla Consulta della Comunità Ebraica romana, quali sono i motivi che ti hanno spinto a candidarti? E che tipo di contributo ti piacerebbe dare per il benessere della collettività?" 33 ROMA EBRAICA I risultati delle elezioni per la Consulta BINAH JACQUELINEFELLUS 241 STEFANO NACAMULLI212 NOEMI DI SEGNI 207 CARLA DI VEROLI 181 DANIEL FEDERICO COEN 164 MIRIAM DELL'ARICCIA133 ESTHERLIVDI 130 DANIELA PAVONCELLO119 DAVIDE JONA FALCO 116 GIOIA SPIZZICHINO114 CARLO VALABREGA110 VITTORIO PAVONCELLO108 SERGIO TAGLIACOZZO105 SIMONE BELLUCCI83 EVER DI PORTO 73 FABIO CALO'70 AMEDEO TAGLIACOZZO67 MARGHERITAPERUGIA 66 PAOLA PERUGIA54 ALESSANDRO DI CASTRO 44 NICOLE SERMONETA41 MENORAH LIVIO ANTICOLI225 ALESSANDROGAI 222 SHARON AVIVA ZARFATI 193 GIULIA CALDERONI183 PIERO PIPERNO183 TAMARA TAGLIACOZZO174 CLAUDIO DELLA SETA 155 GIULIO SESTIERI153 JONATHANARBIB 134 DANIEL COLASANTI129 AVIRAMLEVI 127 ALBERTO PAVONCELLO 123 CESARE GATTEGNA117 ROBERTO DELL'ARICCIA115 JOEL TERRACINA112 SARA SERMONETA108 DAVIDE BERNABUCCI107 ALAN DAVID BAUMAN 93 MARCO FIORENTINO93 ALLEGRASEGRE' 93 MICOL FUNARO92 ALDO AMATI86 FEDERICA TEDESCHI84 BENEDETTO DI SEGNI 80 DANIELE SPIZZICHINO79 DANIEL (gondolino) SPIZZICHINO 78 GRAZIANO DI NEPI 75 STEFANOCAGLI 74 CHELSEA SERMONETA44 SHIRLEY ROSE EVERSFIELD 36 GIOVANI PER ISRAELE ALEX ZARFATI251 GIANLUCA PONTECORVO249 MICOL ANTICOLI232 ARIELA PIATTELLI175 RAFFAELLA SPIZZICHINO170 FABIO PERUGIA165 EDOARDO TERRACINA164 RUBEN DELL'ARICCIA160 GIORGIACALO' 156 RAFFAELLONAIM 154 DILETTA FUNARO149 BEN BENEDETTO KAHLUN 143 AMIT DABUSH122 SIMONE EFRATI105 DAVID MORESCO102 LEONARDOSABBAN 99 GIADA PIPERNO92 RUBEN MOSCATI87 MARIO DEL MONTE 78 ANDREA DI VEROLI 78 DANIEL PERUGIA50 MONIA SONNINO50 LUCA SPIZZICHINO48 GINEVRA CAVIGLIA46 GAVRIEL PIPERNO43 DONATO MOSCATI35 ANDREA DAVID MIELI 28 PER ISRAELE ANGELOSED 208 EMANUEL DUREGHELLO176 ALDO ANAV167 GIORDANA CAVIGLIA159 MARIO MIELI157 CLAUDIO SPIZZICHINO155 GINO MOSCATI 151 AMBRA CITONI137 LIVIA SONNINO133 DANIELA ANTICOLI125 MARIO SERMONETA108 DANIELA DI CONSIGLIO 104 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Bando borse di studio “Raffaele Cantoni” 34 La Fondazione per la Gioventù Ebraica “Raffaele Cantoni” e l` U.C.E.I hanno deciso di distribuire per l’anno accademico 20152016 alcune borse di studio di N.I.S. 5.000 ognuna a studenti provenienti dall’Italia. Tali borse di studio verranno conferite a giudizio insindacabile del Comitato Direttivo della Fondazione in Israele e dell’ U.CE.I e verranno consegnate a Gerusalemme. Le borse di studio si divideranno in due categorie. Possono concorrere a tali borse: 1) Studenti in possesso di Diploma di Maturità che intendano iscriversi ad una delle Università, scuole Talmudiche o altri Istituti di Studio superiore in Israele. Giovani già laureati che si iscrivano ad uno degli Istituti di cui sopra per corsi di perfezionamento o di ricerca. 2) Studenti italiani che intendano trascorrere un periodo di studio di almeno 2 mesi in Israele al fine di formazione linguistica, professionale, culturale o di hadrahà. Sarà data priorità a coloro che intendano perseguire un percorso di formazione per l’atti- GIOVANNI TERRACINA 101 MIRIAM DI CASTRO 100 SABRINAMIELI 95 RENATO SCIUNNACH94 EMANUELE CALO' 84 DAVID DI CONSIGLIO 84 LEONE VARON84 CLAUDIA SERMONETA79 ALBERTO TERRACINA 71 SIMONETTAMOSCATI 70 GIORGIO MOSCATO70 ROSSELLA DI TIVOLI 67 ALESSIA SONNINO66 MICHELE MARIO ASTROLOGO 62 EZIO SUFIR 62 UMBERTO DI VEROLI 57 PIERO DEL MONTE 54 TIZIANA DI VEROLI 54 FABRIZIO SONNINO53 FABIO MOSCATO51 LUCIANA DEL MONTE 50 CLAUDIO DI SEGNI 50 LEONE DI VEROLI 50 ALESSANDRO SPIZZICHINO46 ISRAELE SIAMO NOI ALBERTO MIELI 161 SAMUEL OUAZANA123 GIORGIA PAVONCELLO121 DANIEL TESCIUBA120 PAMELA DI SEGNI 113 MANUEL DI CASTRO 104 MARCO DI CONSIGLIO 103 AVNER ZARFATI101 GIOVANNIZARFATI99 ROSSELLA DI SEGNI 98 MARCO DEL MONTE 88 SETTIMIO PAVONCELLO80 MARIO DI PORTO 79 ATTILIO DI VEROLI 71 SARA SPIZZICHINO69 ANGELO VIVANTI69 ATTILIO PIAZZA O SED 66 MAGDA BONOMO60 ANGELOEFRATI60 DANIEL EFRATI60 ANGELINO FINEBERG 57 FABIO SONNINO 54 GABRIELE LISCIA 45 vità, anche temporanea, di madrich da svolgersi, al ritorno in Italia, presso le strutture educative dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. In tal caso, il DEC (Dipartimento Educazione e Cultura dell’UCEI) provvederà ai contatti e all’inserimento del candidato nelle istituzioni di formazione in Israele. I moduli per le domande per l’anno accademico 2015-2016 potranno essere richiesti via e-mail al seguente indirizzo: [email protected] e dovranno essere inviati alla Fondazione per la Gioventù Ebraica “Raffale Cantoni” – P.O.Box 4672 – Gerusalemme 91046 con copia all`U.C.E.I., Dipartimento educazione e cultura, Lungotevere Sanzio 9, 00153 Roma. Le domande dovranno pervenire entro e non oltre il 15 ottobre 2015. Per presentare la candidatura è necessario compilare l’apposito modulo allegando i seguenti documenti: 1. Documenti titoli di studio già ottenuti o da ottenere prima della partenza per Israele e fotocopia degli ultimi esami sostenuti. 2. Copia del documento di accettazione relativo all’Università od Istituto al quale lo studente si e’ iscritto o intende iscriversi in Israele. 3. Copia teudat zeut o teudat olè (solo per gli studenti che hanno già fatto l’Alyà). BNL gruppo Bnp Paribas presenta “mutuo BNL unico” La Banca ha dedicato un’offerta alla Comunità Ebraica che prevede una gamma di prodotti, servizi e soluzioni pensate per le diverse esigenze di persone, famiglie, professionisti e imprenditori. BNL Gruppo BNP Paribas ha lanciato il nuovo prestito per la casa “Mutuo BNL Unico”. Si tratta di una soluzione che consente al cliente di beneficiare dell’attuale fase di mercato con tassi ai minimi storici, senza rinunciare alla sostenibilità del finanziamento e alla certezza della rata nel lungo periodo. «La Banca, attraverso questa offerta – ha dichiarato Luca Bonansea, Responsabile Retail Banking BNL - conferma la propria capacità di ideare soluzioni innovative in grado di rendere realizzabili i progetti di vita delle persone come l’acquisto della prima casa o la ristrutturazione di un immobile». Nel dettaglio “Mutuo BNL Unico” - che permette di superare il tipico dilemma relativo alla scelta tra i diversi tipo di tasso - prevede per i primi cinque anni un tasso variabile con tetto massimo (spread 1,90 + Euribor 1M con cap al 2,40%) e, dopo il quinto, si passa ad un fisso con condizioni determinate al momento della stipula in modo da conoscere l’importo della rata sin da subito. In un’ipotesi di finanziamento da 100mila euro, durata 15 anni e rimborso mensile, la prima rata all’attuale tasso variabile (spread 1,90 + Euribor 1M rilevato per valuta il 30/04/2015) sarà di 623 € mentre dalla 61^ rata l’importo sarà di 688 € (TAN 3,20%; TAEG dell’operazione 2,74%). Le condizioni descritte sono valide per i mutui richiesti entro il 31 luglio e le stipule entro il 30 settembre del 2015. Il nuovo prodotto andrà a far parte in maniera stabile del portafoglio mutui BNL. I dettagli relativi a questa offerta sono disponibili su mutuobnlunico.bnl.it dove è possibile trovare, fra le altre informazioni, un simulatore che permetterà di effettuare le diverse ipotesi di finanziamento, individuando la soluzione che più risponde alle necessità personali. Conferita la cittadinanza onoraria agli ebrei che lasciarono la cittadina abruzzese A seguito dell’espulsione dal Regno di Napoli, intorno al 1515, la piccola, ma operosa Comunità ebraica di Tagliacozzo trova accoglienza a Roma, dove continua a svolgere, per lo più, le attività nelle quali era già impegnata in Abruzzo, assumendo come “cognome” il toponimico Tagliacozzo. A cinquecento anni da quella espulsione, gli eredi della Comunità ebraica sono tornati a Tagliacozzo per invito dell’Amministrazione comunale e della Pro Loco, con la collaborazione del Centro di cultura ebraica di Roma, della Comunità ebraica di Roma e dell’Unione delle Comunità ebraiche d’Italia. Per l’occasione, dopo i saluti di Maurizio Di Marco Testa, Sindaco di Tagliacozzo e del vice presidente della Cer Giacomo Moscati, il Consiglio Comunale ha deliberato il conferimento della cittadinanza onoraria collettiva ai Tagliacozzo. Inaugurato l’orto della Casa di Riposo artedì 23 Giugno in occasione della festa degli Orti Urbani, The Italian Council for a Beautiful Israel ha inaugurato un orto presso la Casa di Riposo Ebraica di Roma (ormai ufficialmente Residenza Sanitaria Assistita). L'evento è stato presieduto, oltre che dagli ospiti della residenza, da alcune personalità simbolo della nostra comunità e del panorama politico israeliano e romano, come l'ambasciatore d'Israele, Naor Gilon, l'Onorevole Maurizio Veloccia, il Rabbino Capo di Roma, Riccardo di Segni, l'Onorevole Michele Anzaldi, Carla di Veroli e il Presidente della casa di riposo David Hannuna. L'ebraismo in ogni sua scrittura, racconto o ricorrenza, ha un rapporto solido e di interdipendenza con la natura. Si racconta di un anziano, nel Talmud, che stava piantando un albero per i cui frutti avrebbe dovuto aspettare settant'anni, ma che con gioia continuò a prendersene cura, perché "io godo oggi dei frutti degli alberi che hanno piantato per me i miei genitori ed i miei nonni". Religiosamente è, dunque, un'iniziativa straordinaria, ma non si devono tralasciare due ulteriori implicazioni, come il rafforzamento della coscienza civica fondata sulla tutela dell'ambiente, e i benefici alla salute che tale orto può portare nelle vite degli anziani della comunità. Si parla di benefici cognitivi, di una continua stimolazione dei sensi quando si entra a contatto con le piante, di un miglioramento della capacità di concentrazione, dei benefici psicologici che derivano dalle reazioni di queste piante alla cura e alla negligenza, di un sicuro aumento dell'autostima, che stimola un sentimento di responsabilità sociale, e molto altro ancora. Anche il fisico degli ospiti ne trarrà beneficio, sia per l'attività in sé che per un'ulteriore valenza riabilitativa. La Residenza Sanitaria Assistita, o anche Casa di Riposo, dispone di giardini meravigliosi e che rendono l'ambiente sereno e allegro, e questo piccolo orto renderà il tutto ancora più colorato, fresco e giovanile. Si ringrazino Massimo Sonnino, Alberto Sonnino, Emilio Nacamulli, Fiammetta Segre, l'Azienda "Chopin" e un ancor più grande ringraziamento a Dario Coen, presidente dell'Italian Council for a Beautiful Israel, il ramo italiano della nota associazione ambientalista israeliana, al dottor Massimo Finzi e al dottor Walter Verrusio, fermo sostenitore della Green Therapy. REBECCA MIELI LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 M Da Tagliacozzo a Tagliacozzo 35 ROMA EBRAICA Una professoressa campionessa olimpica Deborah Pavoncello è giunta seconda, su tremila concorrenti, alle Olimpiadi della Matematica D eborah Pavoncello, insegnante di Lingua e Cultura ebraica per la scuola media Angelo Sacerdoti, si è classificata seconda nell'ultima edizione delle Olimpiadi della Matematica, svoltesi a Milano in occasione dell'Expo. La passione per la matematica di Deborah nasce quando ancora frequentava le scuole medie dove alcune insegnati che avevano intuito le sue potenzialità iniziarono a stimolarla sull'argomento. La sua prima partecipazione alle Olimpiadi della Matematica risale al Terzo Liceo, in quell'occasione si classificò fra i primi dieci partecipanti. Sebbene per lei la matematica sia solo un passatempo ha ottenuto dei buoni risultati sia a livello nazionale che internazionale. Quest'anno hanno partecipato alla competizione più di tremila persone provenienti da tutto il mondo. Fra questi i primi cento classificati dell'edizione precedente che sono stati ammessi direttamente senza la lettera di presentazione richiesta per gli altri iscritti. I primi dieci classificati riceveranno in premio una somma in denaro proporzionale al loro piazzamento, per i migliori tre è prevista anche una cerimonia ufficiale di consegna del premio. Il test, composto da cento quesiti a risposta multipla, ha una durata di cento minuti e la sua maggiore difficoltà consiste nel fatto che per ogni soluzione errata vengono detratti due punti dal punteggio DOMENICA 6 SETTEMBRE 2015 GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA DA PONTE A PONTE LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 PASSEGGIANDO TRA STORIA E LEGGENDA 36 Da Ponte Rotto a Ponte Garibaldi con partenza dal Pitigliani alle ore 11 Via Arco de’ Tolomei, 1 – Roma Per info e prenotazioni: [email protected] 06/5898061 (Micaela) finale. I controlli sono molto rigidi e tutto il materiale utile, come ad esempio la calcolatrice, viene fornito direttamente dall'organizzazione per evitare che qualcuno provi a fare il furbo. Gli esercizi sono prevalentemente incentrati sull'analisi matematica e sulla logica ma alcuni per essere risolti positivamente necessitano di alcune conoscenze base di fisica e chimica. Curiosamente tra i partecipanti ogni anno c'è un'alta percentuale di anziani: Deborah ci racconta divertita che uno di questi lo scorso anno interruppe il test per rimediare un biglietto dell'autobus per poter tornare a casa. "L'insegnamento che ho tratto da questa esperienza è che spesso bisogna buttarsi, sfidare le difficoltà. Sempre con la capacità di saper perdere con onore ma senza dimenticare la soddisfazione che deriva dalla vittoria. Ancor più di tutto però ho capito che le passioni vanno coltivate e portate avanti con amore", è stato il commento di Deborah riguardo al suo risultato. Ora Deborah potrà tornare a concentrarsi sul suo ruolo di insegnante e sul progetto, portato avanti insieme ad altre colleghe, "aiutami che io ti aiuto", un corso pomeridiano dove i ragazzi della scuola hanno l'opportunità di essere seguiti nel fare i compiti, di recuperare eventuali lacune e, soprattutto, di mettere a punto un metodo di studio che li aiuterà nella loro carriera scolastica. MARIO DEL MONTE L’uomo dà, la donna riceve ‘Il Giardino della pace’, un testo di Rav Shalom Arush sull’armonia familiare C ome il sole che emana la luce e la luna riflette, come un uomo di fronte ad uno specchio che gli restituisce l’immagine. E’ attraverso questo concetto che Rav Shalom Arush mostra a tutti gli uomini la strada per il conseguimento della shalom bait, l’armonia coniugale, per la quale passa necessariamente la finalità di questo mondo, la conoscenza di Hashem: è solo entrando nei legami di matrimonio, con le conseguenti prove che lo accompagnano, e sforzandosi di conquistare la serenità della propria famiglia, che l’uomo “compie” la Torah, mettendo in pratica effettivamente la virtù dell’emunà (la fede). L’autore prosegue la sua serie di “Giardini” dopo il famoso “Il Giardino della Fede - una guida pratica alla vita”, con un altro testo chiaro ed immediato, così pregno di biografia personale e allo stesso tempo capace di un profondo significato rivelatore che scuote le fondamenta della vita di ciascuno. Una “mappa” che ci accompagna per mano verso quello che sembra essere un viaggio lungo e tortuoso e che si rivela invece solo un tuffo nella nostra anima e nei nostri pensieri: senza nemmeno rendersene conto ci si sente alla fine cambiati, migliori. Un risveglio per tutti quelli che praticano “la politica dello struzzo” e credono di sfuggire così facendo alle proprie mancanze: è solo infatti lavorando su noi stessi e non cercando di correggere nostra moglie, che riusciremmo a vivere in un autentico “Giardino della Pace”. YURI DI CASTRO Alla scoperta dei segreti del roseto di Roma Vi sorgeva un tempio dedicato alla dea Flora, poi zona di orti e vigneti; infine cimitero ebraico dal ‘500 fino al 1894 Portese sorgeva il Campus Judeorum, luogo destinato alle sepolture degli ebrei almeno sino a quando con un decreto Papa Urbano VIII fece costruire un muro che rese di fatto inutilizzabile il cimitero. Nel 1645 Papa Innocenzo X concesse alla Compagnia Ebraica della Carità e della Morte di acquistare un nuovo terreno che sorgeva nei pressi di Circo Massimo, da dedicare alla sepoltura dei membri della Comunità Israelitica. Qui sorse il cimitero ebraico che fu utilizzato sino al 1894 quando fu aperta la sezione ebraica al Cimitero del Verano. L’Ortaccio degli ebrei’ (così come i romani indicavano in senso dispregiativo il cimitero ebraico - da hortum, giardino) fu demolito negli anni Trenta per consentire la costruzione di Via del Circo Massimo e rimase incolto sino agli anni Cinquanta. La travagliata storia di questo angolo romano si intreccia con un romantico capriccio di una contessa originaria della Pennsylvania, Mary Gayley Senni, un’appassionata collezionista di rose che coltivava nella sua proprietà di Grottaferrata. La contessa nel 1924 aveva donato le rose al comune che le concesse un piccolo spazio al Pincio, tuttavia, non soddisfatta della sistemazione, la contessa decise di riprendersi le rose per poi convincere il principe Boncompagni Ludovisi ad aprire, all’inizio degli anni Trenta, il primo Roseto Comunale di Roma sul Colle Oppio dove furono piantate circa trecento rose. Nel 1933 fu istituito il Premio Roma per le nuove varietà di rose e la contessa entrò a far parte della giuria che le avrebbe premiato. Durante la seconda guerra mondiale il roseto fu distrutto e solo nel 1950 il Comune di Roma in accordo con la Comunità Ebraica decise di ricreare il roseto nell’area dove sorgeva il Cimitero Ebraico all’Aventino. Oggi nel roseto si possono contare 1.100 specie diverse di rose che pochi giorni all’anno durante la primavera possono essere ammirate dai curiosi. In ricordo del cimitero ebraico, ai due ingressi del giardino romano è stata posta una stele raffigurante le Tavole della legge e all’architetto Angelo Di Castro (progettatore della Sinagoga di Livorno) è stato affidato il progetto di ricreare con i viali del giardino sul lato destro di via di Valle Murcia una grande Menorah. Ed è così che a pochi passi dall’odierna zona dell’ex-Ghetto in un luogo colorato e profumato da centinaia di rari esemplari di rose è nascosta una piccola e al tempo stesso importantissima parte della ultra-millenaria storia della Comunità Ebraica Romana. SARAH TAGLIACOZZO ASSOCIAZIONE D.A.N.I.E.L.A DI CASTRO AMICI MUSEO EBRAICO DI ROMA L’“Associazione Daniela Di Castro Amici del Museo Ebraico di Roma” è nata per aiutare il Museo Ebraico di Roma nella tutela, conservazione, promozione, diffusione e sviluppo della ricchezza del suo patrimonio. PER INFORMAZIONI E PER ISCRIZIONI: www.associazionedanieladicastro.org [email protected] Tel. 334 8265285 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 A poca distanza dal Ghetto, nel quartiere Aventino, c’è un piccolo angolo di Roma ebraica a molti sconosciuto, ma straordinariamente emozionante e singolare. Dal lato opposto alla Domus Aurea neroniana e al Circo Massimo si trova infatti quello che a prima vista sembra un bellissimo giardino gremito di rose dai colori più diversi. Ma avvicinandosi si può notare che ai due ingressi, separati da Via di Valle Murcia, è stata posta una stele con le Tavole della Legge. La peculiarità di questo luogo non si ferma qui. Osservando l’area sinistra del giardino dall’alto, si possono notare un insieme di vialetti che formano una Menorah. In quest’area l’Imperatore Tiberio consacrò un tempio dedicato alla dea Flora. La dea, secondo Marco Varrone, sarebbe stata introdotta a Roma da uno dei re, Tito Tazio, insieme ad altre divinità sabine ed Ovidio, il celebre poeta romano noto per la sua Ars Amatoria, aveva ipotizzato l’identificazione di Flora con la ninfa greca Cloride. Secondo la leggenda, il dio del vento Zefiro avrebbe visto Cloride ed innamoratosene la rapì e la sposò. Zefiro le donò la facoltà di regnare su tutti i fiori ed il miele, venne identificato come il dono di Cloride agli uomini. In onore di Flora furono introdotti nel III sec. a.C i Floralia, giochi celebrati fra la fine di aprile e l’inizio di maggio caratterizzati da rappresentazioni teatrali che si concludevano al Circo Massimo con la caccia ad animali quali lepri e capre. Con il passare dei secoli, il luogo dove sorgeva il tempio dedicato alla dea Flora, fu abbandonato e divenne una zona di orti e vigneti. Nel frattempo, nel 1555, gli ebrei romani erano stati rinchiusi nel ghetto e fra le numerose limitazioni di diritti, vi era il divieto di possedere proprietà. Un’eccezione era stata fatta alla Compagnia Ebraica della Carità e della Morte a cui era affidato il compito di provvedere alla sepoltura dei membri della Comunità Ebraica che non potevano essere sepolti nelle aree cristiane. La Compagnia possedeva alcuni terreni nei pressi della Chiesa di San Francesco a Ripa a Trastevere. Fra il XIII ed il XVII secolo nei pressi di Porta 37 ROMA EBRAICA Berto l’edicolante E Il Piave mormorò ra un prefestivo di inizio estate. Sulla città svuotata, aleggiava un’atmosfera sonnolenta e le porte dei negozi sembravano sbadigliare al cospetto del deprimente abbandono dei marciapiedi, disertati dai transfughi del turismo mordi e fuggi. Berto gettò lontano il mozzicone della sigaretta e rientrò annoiato nella sua garitta. La chiamava così l’edicola, quando la monotonia della giornata lo costringeva a montare inutilmente la guardia, come fosse un soldatino di Buzzati. Beh, i Tartari non sarebbero di certo arrivati ma quello che avanzava lo riconobbe da lontano. Il professore di storia del liceo del quartiere. Muzio Scevola lo chiamavano i ragazzi, un po’ per quelle dita immolate ai botti di un capodanno lontano, un po’ per la sua natura decisa e testarda, avulsa dai ripensamenti e poco incline ad accogliere le opinioni altrui. Berto gli porse il Messaggero prima ancora che glie lo chiedesse ma quello si fermò ad occhieggiare il banco delle riviste e ne estrasse qualcuna con fare distratto. “Cerca qualcosa, professore?” “La Grande Guerra. Sto preparando una lezione per i ragazzi… Sai le celebrazioni del Centenario… Non voglio che ci arrivino impreparati.” Berto annuì e senza dover troppo rovistare gli mise davanti le dispense di diversi quotidiani e settimanali. “Prendo queste” disse quello deciso, scartando tutte quelle legate alla stampa di sinistra. Berto trattenne a malapena una smorfia. “Prepara una lezione patriottica?” chiese con malcelata malizia. “No, preparo solo una lezione” rispose il professore già sulla difensiva. “Senza aggettivi. Patriottica fu solo la Grande Guerra. Una guerra di popolo e di emancipazione…” Berto rimase a fissarlo mentre si allontanava a piccoli passi, leggiucchiando i titoli del Messaggero. Una guerra di popolo, rimuginò fra sé e sé, risistemando riviste e dispense. Certo! Nel senso che politici corrotti e incapaci mandarono il popolo a morire in una carneficina senza senso. E si avval- LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Dott. ELISABETTA PEROSINO 38 Dermatologia Oncologia Dermatologica Chirurgia e Laser Chirurgia Dermatologia Plastica Via Cesare Pavese 300 - 00144 Roma Tel. 06.5003315-06.5001283-06.5000636 E-mail: [email protected] sero poi della retorica patriottica per celare il catastrofico fallimento della diplomazia. Aprì a caso una delle riviste e fece scorrere lo sguardo su foto, titoli e articoli. La memoria della Grande Guerra era sempre stata presente in casa sua. Tre anni in trincea aveva fatto suo nonno. Tre anni al fronte. Freddo, fame, pidocchi. E ovunque morte, sangue, sofferenza. Niente di patriottico, niente di esaltante. Uccidere per non morire. E piangere ogni volta gli amici, celando il sollievo di essere ancora vivi. Questo avrebbe dovuto raccontare il professore ai suoi ragazzi. Senza fanfare. Senza retorica. Il 24 maggio segnava l’inizio di una guerra e non c’era niente da celebrare se non la memoria dei caduti, delle vedove, degli orfani. Niente da celebrare se non la speranza tradita che quello fosse l’ultimo dei conflitti. La guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre. Berto non lo aveva conosciuto suo nonno. Quando lo avevano deportato, lui non era ancora nato ma ricordava bene i racconti che ne faceva suo padre. Lui la Grande Guerra l’aveva vissuta in presa diretta, nelle parole del papà e nel diario dei suoi giorni in trincea. Quante volte lui, Berto, aveva riascoltato quei racconti! Ufficiali e commilitoni, cialtroni ed amici, eroi e pusillanimi. Tutti tenuti insieme dal magma tragico del conflitto. Cosa avrebbe dato per poter rileggere lui stesso quel diario! Ma suo nonno lo aveva distrutto. Fatto a pezzi e bruciato il giorno stesso in cui le Leggi Razziali gli avevano strappato via la licenza da venditore ambulante e cacciato dalle scuole i suoi tre figli. Se l’Italia non mi vuole, aveva detto, io non voglio l’Italia. E mi vergogno di essere saltato fuori dalle trincee gridando Savoia! Berto gettò da una parte la rivista e uscì dall’edicola per accendersi una sigaretta. Celebrare la Grande Guerra, continuava a pensare. Raduni di Alpini e Bersaglieri. Reparti che sfilano con le divise del 15-18. Pellegrinaggi a base di salamelle presi in ostaggio dalla retorica di politici ignoranti. Uno scempio della memoria. Un oltraggio alle sofferenze di quei figli di mamma mandati a morire senza ragione. E poi un pensiero. L’interventismo di Mussolini aveva dato un esiziale contributo all’entrata in guerra dell’Italia. Ma sangue sofferenze e seicentomila morti non avevano quietato il delirio di onnipotenza di quel cialtrone. Non avevano frenato la sua retorica guerresca. No! Quella carneficina non era stata una lezione sufficiente. Non gli aveva impedito di affacciarsi al balcone di Palazzo Venezia il 10 Giugno del ’40. MARIO PACIFICI [email protected] La proposta semi-seria di un elettore ‘fantasma’ che nessuno ha mai cercato o invitato N on ho mai capito perché nessuno mi ha mai invitato ad una cena elettorale. Nemmeno un aperitivo, una merenda elettorale, una challà elettorale… niente! Qualcuno dirà magari sei andato a qualche evento, qualche serata di discussione? No! Non sono inserito in alcuna lista, quindi nessuno mi chiama. Sarei proprio curioso sapere di cosa parlano, o meglio di chi sparlano, ma non ho mai avuto il piacere di essere invitato. Me ne muoio, ma se dovessi andare a qualche serata, qualcuno penserebbe che io sia un infiltrato. No! Non è vero, è solo che sono curioso di sapere cosa dicono. Poi, peggio ancora, nessuno mi ha mai chiesto di candidarmi in qualche lista. Tutti insieme, centro, destra e sinistra, nessuno mi ha mai chiamato. Ma allora dirà qualcuno: ti hanno mai chiesto di presentare qualche lista? No! Nemmeno quello. Sono trasparente totalmente. Alla fine, preso dalla rabbia di sottostima, con la fantasia, ho immaginato di candidarmi con la mia lista. Unico candidato. Unico Presidente. Unico sostenitore. Ho perso tempo a trovare il nome. Dovevo sbaragliare tutti, senza che nessuno avesse alcun dubbio. Il nome che ho trovato era: “Sono sempre con Israele, tutti i giorni dell’anno, fino all’infinito, senza esitazioni, nemmeno per un secondo.” Con questo nome avrei sconfitto con un colpo solo tutte le altre liste che sostengono Israele. Il programma elettorale era semplice ma di effetto. Nel campo dell’economia, avrei catturato i religiosi e i laici con questo slogan: “Dobbiamo vivere come a Sukkoth, nelle capanne, risparmiando su tutto!”. Oppure ero indeciso su quest’altro: “Per il futuro, dobbiamo costruire un’arca di Noè, per proteggerci dalle alluvioni che verranno!”. Mi era venuta poi un’altra idea, tipo: “Dobbiamo seminare ora i componenti dei Lulavim, per raccoglierli l’anno prossimo.” Qui però ho avuto paura dei religiosi, sicuramente l’avrebbero presa a male, quindi l’ho scartata. Tasse comunitarie: l’Imu, la Tasi e la Tarsi sui posti al Tempio. Israele: avrei garantito un ombrellone con due sedie a tutti, nello stabilimento di Frishman a Tel Aviv. Il problema però era che nessuno mi conosce, e quindi nessuno mi avrebbe votato. Alla fine, su questo punto ho avuto un’altra brillante idea: un programma per acquisire i miei sostenitori! Mi immaginavo all’aeroporto di Fiumicino, davanti all’arrivo di un volo dell’El Al da Tel Aviv. Con un banchetto al gate, avrei offerto gratuitamente a tutti gli israeliani in arrivo a Roma l’iscrizione alla più antica Comunità Ebraica d’Europa. Una semplice firma e gratuita. Ogni aereo contiene 250 persone. Con sei voli avrei catturato 1.500 firme. Poi di corsa sarei andato in Comunità pagando la quota minima obbligatoria di 20 euro cadauno, pari a 30.000 euro. Me lo posso permettere, in cambio di una Presidenza. L’Ufficio Contributi me li avrebbe iscritti tutti con grande piacere, dandomi in cambio 1.500 certificati elettorali, pagati profumatamente. Il gioco era fatto 1.500 voti, più i miei familiari ed io, siamo a 1.504 voti. I fratelli non mi avrebbero votato, lo so. Poi se non bastano, visto che la concorrenza è forte, avrei sostenuto di voler raccogliere tutti i voti dei passeggeri che avrebbero volato El Al in direzione Spagna, o Usa che transitavano sui nostri cieli. Nessuno aveva mai pensato ai viaggiatori. Io sì. Secondo me quelli che volavano sul nostro spazio aereo avrebbero avuto il diritto di volare e quindi di votare. Per me naturalmente. Qualcuno mi avrebbe attaccato sostenendo che non è previsto nei regolamenti della Giunta Comunitaria, del Consiglio Comunitario, e della Consulta. Quindi era da bocciare. Io avrei affermato che non era espressamente previsto, ma nemmeno espressamente vietato. Qualcuno, per il mio inaspettato successo, mi avrebbe convocato al Tribunale Rabbinico. Io, contro tutte le liste di destra e sinistra e di centro. Nel frattempo centinaia di persone, mi avrebbero urlato contro ogni tipo di epiteto. In “Piazza” mi avrebbero messo dei poster giganti con la mia immagine e scritto: “non votate gli sconosciuti”. Poi i giovani mi avrebbero attaccato sui social network dicendo che ero uno scorretto a prendere i voti e soprattutto i voli dei passeggeri, io avrei contrattaccato postando sul facebook le risposte e sostenendo, con riferimento alle circolari dell’Agenzia delle Entrate, che loro in quel momento erano sul territorio nazionale e quindi momentaneamente residenti, pertanto avevano il dovere di pagare le tasse e il diritto di votare. Avrei impegnato tutti contro di me, idea brillantissima. Di sicuro successo. Poi un dubbio atroce: ma chi me lo fa fare di litigare con tutti? Passare il tempo a postare contro gli altri? Quanti amici mi sarei rovinato? Quante volte avrei dovuto difendermi sostenendo che i passeggeri del voli El Al erano miei e non di nessun altro? Poi, sicuro che mi avrebbero convocato di nuovo davanti al Tribunale Rabbinico: la sigla che avevo scelto era un’infamia ed una presa in giro per Israele. Quindi non meritavo essere degno di questa Comunità. Mi sarei difeso dicendo che l’amore per Israele volevo dichiararlo senza se e senza ma, le altre liste non erano chiare. La mia lo era di più. Alla fine mi avrebbero preso da una parte, mi avrebbero sconsigliato di continuare la mia vita politica, qualcuno mi avrebbe proposto di iscrivermi ad una lista con promessa di un assessorato. Ma sai che ti dico: preferisco la pace interiore, meglio avere tutti, da una parte e dall’altra, che ti rimangono amici, meglio non ingolfare il Tribunale Rabbinico con stupidaggini, meglio sorridere e non avvelenarsi, meglio perdere tempo leggendo libri. Danno molto di più. Credetemi. CLAUDIO COEN Prof. Silvestro Lucchese Chirurgo specialista CHIRURGIA ANO-RETTALE • CHIRURGIA DELLE ERNIE IN DAY HOSPITAL CHIRURGIA DEFINITIVA DEL PROLASSO EMORROIDARIO IN 1 GIORNO SENZA MEDICAZIONI - DOLORE E DISAGIO MINIMI RIPRESA DELLA FUNZIONE INTESTINALE IMMEDIATA ED INDOLORE Casa di Cura “Sanatrix” - Via di Trasone, 61 - Tel. 06.86.32.19.81 (24h) www.silvestrolucchese.com URGENZE: 336.786113 / 347.2698480 / 06.86321981 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Elezioni a Roma? Questa era la mia lista … ma non l’ho presentata 39 DOVE E QUANDO SETTEMBRE 03 SHABAT SHALOM 17.00 LE PALME Nuove ricette per festeggiare Rosh ha Shanà G I O V E D Ì Piccola esibizione culinaria fra i frequentatori del Centro Le Palme Isola Tiberina Anteprima PKF 2015, in collaborazione con l’Ambasciata d’Israele e L’Isola del Cinema: Kicking Out Shoshana di Shay Kanot. v.o. sottotitoli it. 100 minuti ------------------------------------------------------------------------------- Il Pitigliani Convegno di formazione: Le religioni come sistemi edu- MERCOLEDÌ cativi. L’ebraismo ed i grandi educatori del ‘900. Evento G I O V E D Ì in collaborazione con l’Istituto di Psicologia Interculturale 10 Onlus. Per partecipare è necessario accreditarsi scrivendo a: [email protected] http://convegni.wix.com/religioni-educazione Info: 3333288330 - 3405630918 ------------------------------------------------------------------------------- 17.00 LE PALME Rinnoviamoci rinnovando il nuovo anno: G I O V E D Ì conversazione con Rav Roberto Di Veroli su proposte, iniziative e progetti Comunità ebraica di Roma Borse di studio per la "John Cabot University" Cari ragazzi, La Comunità ebraica di Roma allo scopo di favorire la formazione universitaria dei propri studenti, mette a disposizione alcune Borse di Studio per i corsi di laurea presso la "John Cabot University" anche per l'anno accademico 2015-2016. Le vostre domande, correlate di breve curriculum contenente i dati personali ed il titolo di studio con la relativa votazione ed una breve lettera di motivazione dovranno pervenire in busta chiusa NOTES CENTRO DI CULTURA EBRAICA LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 SAVE THE DATE: domenica 6 settembre si terrà la Giornata Europea della Cultura Ebraica. Il tema di questa edizione sarà PONTI. Collegati al nostro sito per conoscere il programma della giornata! www.culturaebraica.roma.it 40 Parashà: Reè Venerdì 17 LUGLIO Venerdì 14 AGOSTO Nerot Shabath: h. 20:25 Sabato 18 LUGLIO 21.30 Il Pitigliani 9/10 Parashà: Mattot-Masè Partiranno ad ottobre i corsi di: • ebraico moderno a vari livelli e in diverse fasce orarie con Alumà Mieli , insegnante madrelingua • ebraico biblico con lettura del testo attraverso le radici delle parole con la Dott.ssa Hora Aboaf Info: 065897589 - [email protected] – www.culturaebraica.roma.it IL PITIGLIANI I nostri corsi: Ebraico moderno a vari livelli; ginnastica metodo Feldenkrais; ginnastica posturale; laboratorio voce canto; storia dell’arte contemporanea. Info: [email protected] o in sede (Micaela Vitale) Mozè Shabath: h. 21:32 -------------------------------------Parashà: Devarim Venerdì 24 LUGLIO Nerot Shabath: h. 20.20 Sabato 25 LUGLIO Mozè Shabath: h. 21.25 -------------------------------------Parashà: Vaetchanan Venerdì 31 LUGLIO Nerot Shabath: h. 20.13 Sabato 1 AGOSTO Mozè Shabath: h. 21.17 -------------------------------------Parashà: Ekev Venerdì 7 AGOSTO Nerot Shabath: h. 20.04 Sabato 8 AGOSTO Mozè Shabath: h. 21.07 -------------------------------------- Nerot Shabath: h. 19.55 Sabato 15 AGOSTO Mozè Shabath: h. 20.57 -------------------------------------Parashà: Shofetim Venerdì 21 AGOSTO Nerot Shabath: h. 19.45 Sabato 22 AGOSTO Mozè Shabath: h. 20.45 -------------------------------------Parashà: Ki Tetzè Venerdì 28 AGOSTO Nerot Shabath: h. 19.34 Sabato 29 AGOSTO Mozè Shabath: h. 19.52 -------------------------------------Parashà: Ki Tavò Venerdì 4 SETTEMBRE Nerot Shabath: h. 19.22 Sabato 5 SETTEMBRE Mozè Shabath: h. 20.21 -------------------------------------- entro e non oltre il 31 luglio 2015 presso Comunità Ebraica di Roma – Largo Stefano Gaj Tachè - Tempio con l'indicazione "Domanda di Borse di studio - John Cabot University". Titolo necessario per l'ammissione all'Università è la maturità italiana o la laurea americana equivalente. Requisito ulteriore richiesto è una buona conoscenza della lingua inglese (per informazioni rivolgersi ad [email protected]). Ogni ulteriore informazione circa la modalità di presentazione delle domande potrà essere richiesto a [email protected] o allo 06-68400636. Siamo certi risponderete numerosi a questa opportunità. LA PRESIDENTE Dott.ssa Ruth Dureghello Domenica 6 settembre Giornata Europea della Cultura Ebraica. Info: Micaela Vitale Da domenica 20 settembre Inizio corso Feuerstein PAS Standard I livello. Iscrizioni entro venerdì 4 settembre. Info: [email protected] Attività educative Fino a mercoledì 29 luglio centri estivi: dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 16.30 per tutti i bambini dai 3 ai 14 anni: piscina, calcio e tennis, ebraico, laboratori. Divertimento assicurato! Possibilità pulmino da/a piazza Bologna e Pitigliani. Da martedì 1 settembre a lunedì 7 settembre dalle 9.00 alle 16.30 centri pre scuola per i bambini dai 3 ai 10 anni: compiti delle vacanze, laboratori, pranzo e attività Da martedì 1 settembre riapre AttivaLaMente… posti limitati! Chiamaci per fissare un appuntamento! (Simona Zarfati) Da Martedì 8 settembre riaprono le attività dei Progetti Educativi pomeridiani del Pitigliani. Tutti i pomeriggi dal lunedì al giovedì, dalle 13.00 alle 19.00 per tutti i bambini e ragazzi dai 2 ai 16 anni. Laboratori, sport compiti e servizi alle famiglie, yoga, teatro, percussioni, canto e tante altre novità! CRESCI CON NOI! Info: Giorgia Di Veroli 065897756 [email protected] BAR/BAT MITZVÀ Jacob Josef Sonnino di Armando e Patrizia Spizzichino NASCITE Giorgia, Avigail Anticoli di Roberto, Vittorio e Enrica Pavoncello Sara, Josephine Anticoli di Roberto, Vittorio e Enrica Pavoncello Liam, Nathan Raphael Sabatello di Daniel e Carol Spizzichino Isacco David Mattei di Margherita Fellah MATRIMONI Shirley Fellah di Raffaello e Sara Tesciuba AUGURI Alessandro Di Castro – Micol Pace Simone Di Segni – Valentina Funaro Amos Javier Elkin – Morel Naim Gabriele, David Hassan – Karen Zuwaris David Pavoncello – Perla, Carol Pavoncello Gianluca , Nissim Pontecorvo – Sharon Piazza Sed Federico Nessim Raccah – Micol Spizzichino Le Palme Nei mesi estivi, il Centro Le Palme offrirà agli anziani della C.E.R. una piccola oasi di quiete e tranquillità nel suo giardino, vastamente ombreggiato, esclusivo a Roma. Continueranno incontri, conversazioni su temi di attualità, feste di compleanno, anniversari e giochi di società. Il Centro rimarrà aperto a tutti gli amici che desiderano frequentarlo, per godere di un ambiente familiare ed accogliente facilmente raggiungibile da ogni quartiere di Roma. I locali sono forniti di climatizzazione. È consentito l’ingresso ed il parcheggio è gratuito per le automobili. Aperto da domenica a giovedì dalle ore 15.30 alle 20.00. Info & contatti: Gabriella & Marina - 06 55135523 LA TOP TEN DELLA LIBRERIA KIRYAT SEFER 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 I migliori auguri a David Pavoncello e a Perla Pavoncello per il loro matrimonio. Si sono sposati Gianluca Pontecorvo, da sempre attivo nella Comunità ebraica e Sharon Piazza Sed. Mazal tov agli sposi! Sabato 27 giugno, parashà di Chuqqat, David Zarfati ha celebrato il suo Bar Mitzvà. Alla famiglia, e in particolare alla madre Jacqueline Sermoneta, colonna portante e responsabile della segreteria di Shalom da oltre due decenni, gli auguri della Direzione. Mazal tov a Charly Di Consiglio e Alessia Spizzichino per il loro matrimonio. Auguri a tutta la famiglia, in particolare al padre della sposa Gianni Spizzichino, fotografo di Shalom. RINGRAZIAMENTI Il Presidente della Deputazione Ebraica ed il Consiglio desiderano esprimere i loro più affettuosi auguri e sentiti ringraziamenti a Bruno e Letizia Pontecorvo, a Giacomo e Roberta Della Torre ed a Franco e Adriana Forti che in occasione rispettivamente delle loro Nozze d’Oro e d’Argento hanno generosamente devoluto quanto destinato ai lori regali al sostegno delle famiglie in grave difficoltà della nostra Comunità. I più affettuosi auguri e sentiti ringraziamenti a Leo e Rosa Terracina che in occasione delle loro Nozze d’Oro hanno generosamente devoluto quanto destinato ai lori regali al sostegno delle famiglie in grave difficoltà della nostra Comunità. Mazal Tov ci auguriamo di averVi sempre vicini e pronti a collaborare con noi per riuscire a portare un sorriso in tutte le case della nostra Comunità. (NON) SI PUO’ AVERE TUTTO di G. Canarutto Nemni, ed. Mondadori DENTRO E FUORI DAL GHETTO di M. Ferrara, ed. Mondadori Università IL MENDICANTE DI GERUSALEMME di E.Wiesel, ed.Terra Santa LA PECORA NERA di I.J.Singer, ed. Adelphi LA TORA ILLUSTRATA di Rav A.Falk, ed.Morashà IL POSTO MIGLIORE DEL MONDO, di A.Tsabari ed.Nuova Editrice Berti LA COLLINA di A. Gavron, ed Giuntina UNA VERGINE SCIOCCA di I.Simons ed. Rizzoli LA FISARMONICA DI MENDEL di H.S.Hyde, ed.Giuntina STORIA ILLUSTRATA DEGLI EBREI DI ROMA, di M.Camerini ed. Giuntina ERRATA CORRIGE Nello scorso numero di Shalom è stato pubblicato erroneamente tra i decessi il nome di Bruna Sonnino ved. Sonnino. La Sig.ra Sonnino (nata il 28/01/1942) ci fa sapere di essere “viva e vegeta”. Di questo siamo contenti e nello scusarci con lei, Le auguriamo tanti anni di benessere e felicità. CI HANNO LASCIATO Elisa Astrologo in Racalbuto 19/03/1924 – 15/06/2015 Roberto Italia 21/06/1943 – 12/06/2015 Lello Moresco 09/08/1926 – 29/05/2015 Benedetto Moscato 27/06/1955 – 07/06/2015 Ada, Mazal Sed in Di Consiglio 31/03/1941 – 30/05/2015 Marcella Sonnino ved. Teichner 07/04/1924 – 05/06/2015 Marco Veneziano 12/09/1934 – 06/06/2015 IFI 00153 ROMA - VIA ROMA LIBERA, 12 A TEL. 06 58.10.000 FAX 06 58.36.38.55 LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 Claudio Di Consiglio – Alessia Spizzichino 41 LETTERE AL DIRETTORE vocedeilettori La Una serata indimenticabile nel ricordo di Ilan Halimi Ho letto la lettera del Presidente dell’associazione Progetto Dreyfus, Alex Zarfati: bella e commovente, sia per il terribile tema che tratta sia, dal lato opposto, per l’entusiasmo suo e dei suoi collaboratori che denota. Solo un piccolo appunto vorrei fare: il coordinatore della serata, il giornalista Porro, ha avuto un atteggiamento di intensa partecipazione ed ha avuto espressioni che denotavano un’attenzione ai nostri problemi di solito totalmente assente; mi ha colpito soprattutto quando ha detto che si vuole far passare come critica al governo israeliano quello che altro non è che antisemitismo. Noi lo sappiamo fin troppo bene, ma il 95% della popolazione mondiale lo ignora o finge di ignorarlo. Considerando che non è che i nostri amici abbondino, penso che quando qualcuno ci dimostra simpatia e partecipazione sia giusto che ci ricordiamo anche di lui. Non ho scritto direttamente al presidente del Progetto Dreyfus perché non avevo il suo indirizzo email. Concludo augurando a tutti i membri del Progetto di continuare ad avere un grande, meritatissimo successo. SILVIA CONTI SUPINO LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 In ricordo di un amico sincero Vorrei approfittare delle pagine del suo giornale per ricordare un caro amico venuto prematuramente a mancare qualche mese fa. Alberto Di Segni z.l., conosciuto da tutti come ‘Trattolo’. Ho preferito attendere qualche settimana prima di scrivere, per evitare di fare una lettera sdolcinata e malinconica, cosa che Lui non avrebbe gradito. Alberto aveva tanti difetti, anche se non lo ammetteva mai, non era perfetto, ed anche questo gli risultava complicato da accettare, senza dubbio era come si dice a Roma e come spesso ripeteva la mamma Emma z.l., "lo spasso di strada ed il trivolo di casa" (sarcasticamente parlando, era ovviamente un padre ed un marito esemplare), probabilmente era in tante occasioni da 'calci in petto' per quanto era testardo ma . oltre ad essere un uomo puro, buono, bello (e sul bello non accettava confronti) un amico leale e sincero ed un sionista convinto che amava Israele, il popolo ebraico e Piazza con tutto se stesso, possedeva a mio avviso una delle più belle caratteristiche che una persona possa avere, faceva ridere. Quando si riesce a far ridere qualcuno, quel qualcuno in quel momento è sereno, i pensieri le preoccupazioni e le tristezze che capita purtroppo a tutti di avere durante la nostra vita, in quei secondi passano in secondo piano. Chiunque riesce in questa 42 [email protected] impresa, con tempi e modi giusti senza diventare un pagliaccio da circo, fa a mio avviso una grande mizvà. Lui senza troppo faticare ci riusciva meglio di chiunque altro e di questo, come di tante altre cose che mi ha donato nel tempo trascorso insieme, lo ringrazierò a vita. Le chiedo cortesemente di non mettere il mio nome su questa lettera. Quanto ho scritto, rappresenta sicuramente il pensiero di tante persone che gli volevano bene e che con lui sono cresciute. Firmare queste righe sarebbe una mancanza di rispetto nei loro confronti e nei confronti di chi oggi non c'è più. Il dolore per la sua morte è fisso, ma il modo di vivere e di porsi che ha avuto Alberto, mi porta a ricordarlo sempre con un sorriso, un sorriso che mi auguro al più presto torni nei cuori di Sua moglie, Suo fratello, e Suoi figli. Un cordiale Shalom LETTERA FIRMATA La filosofia e Auschwitz Alla cortese attenzione della Redazione, sono un insegnante di filosofia e antropologia filosofica, autore di diversi testi specialistici sulla materia. Scrivo per segnalare alla Vostra attenzione la pubblicazione di un mio libro dedicato ad Auschwitz e alla memoria dello sterminio. L’intento principale del libro è quello di indagare la solidità della memoria di Auschwitz e la natura del compito che la filosofia deve svolgere. Da Leibniz a Jonas, Levinas e Arendt, sono tanti i filosofi chiamati necessariamente in causa nel tentativo di dare risposta agli interrogativi che la memoria dello sterminio inevitabilmente suscita. Indico un link attraverso il quale si può entrare nel merito dei contenuti dell’opera: http://www.diogenemagazine.it/index.php?option=com_content&view=article&id=244:auschwitz-e-la-filosofia-il-migliore-dei-mondi-possibili&catid=157:letture&Itemid=557. Cordiali saluti GIUSEPPE PULINA Errata corrige Caro Direttore, segnalo con mio grande dispiacere ed amarezza la permanente censura dell’Ucei alle iniziative promosse per la Cer. Mi riferisco in questo caso particolare all’articolo apparso sull’ultimo numero di Shalom, n. 6 giugno 2015, firmato dalla collega Rebecca Mieli “Insieme si superano i momenti di crisi” pag. 35, in cui proprio all’ultimo capoverso si ringraziano i responsabili del progetto dell’Istituto Superiore dei Sanità ed in special modo il Rav Carucci e Ruth Dureghello, ma non si cita minimamente il ruolo dell’Ucei che ha permesso la realizzazione del progetto dal quale è scaturito un protocollo di intesa né tantomeno il nominativo dell’Assessore al Bilancio Noemi Di Segni e della sottoscritta che hanno seguito personalmente la piena riuscita dell’iniziativa. Purtroppo non è la prima volta che riscontro queste inadempienze. Si chiede, pertanto, gentilmente, per una corretta e chiara trasparenza delle informazioni di inserire nel prossimo numero un errata corrige. Cordialmente DANIELA PAVONCELLO Il ruolo del direttore "Il giornalista è lo storico dell'istante". Con questo efficace aforisma, lo scrittore e filosofo francese Albert Camus, aveva ben descritto il lavoro di una redazione: non quello di raccontare tutto e di essere completi (ciò appartiene allo storico e all'enciclopedico), ma di descrivere il contingente, sapendo che tutto è transitorio e che la realtà quotidiana può essere raccontata necessariamente solo in modo limitato. Lo spiegava altrettanto bene uno sceneggiatore americano dello scorso secolo, Ben Hecht, quando diceva: "Pretendere di stabilire quello che accade nel mondo leggendo il giornale è come cercare di capire che ora è osservando le lancette dei secondi di un orologio". Insomma un giornale è si fatto di notizie, ma soprattutto di vuoti, di cose non dette e di cui non sempre è possibile raccontare, per limitatezza dei tempi, degli spazi, ma anche per le nostre limitatezze umane poiché il sapere è per sua stessa natura limitato. Capita così che un lettore nello spazio delle lettere dello scorso numero, abbia invece voluto 'bacchettarci' per una dimenticanza, o meglio per una incompletezza. Nell'occasione ho replicato al lettore, senza dare erroneamente la possibilità al redattore dell'articolo, nella persona di Jonatan Della Rocca, di poter replicare e di esprimere le sue ragioni. Sono intervenuto di persona quale garante dell'intero corpo redazionale, condividendo in particolare quanto scritto da Jonatan, per tranquillizzare il lettore. Mi sono quindi fatto carico di ricevere io la 'bonaria tiratina di orecchie', credendo così di interpretare correttamente il ruolo di un direttore. Se ho sbagliato chiedo scusa, sia ai lettori, sia ovviamente a Jonatan. IL DIRETTORE Smokéd / affumicato: un gioco di parole. Una sfida nel segno di uno humor che non vuole offendere nessuno, ma sorridere di tutto. Un certo professorone sentenziò all’inizio dell’anno che il Liceo Classico è sorpassato dai tempi e non serve più. Ma invece… “Onestà di Aristide”, “Astuzia di Temistocle”, soprattutto “Sfrontatezza di Alcibiade”. Davvero, questi greci fanno strane sorprese. Sarebbe stato sufficiente aver letto Tucidide e Plutarco, sui banchi di scuola, servendosi di una buona traduzione. Adesso è un po’ tardi, comunque c’è Wikipedia. Smokéd SHALOMשלום EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA Giacomo Kahn Direttore responsabile Giorgia Calò Fiamma Nirenstein Ariel David Mario Pacifici Jonatan Della Rocca Angelo Pezzana Mario Del Monte Clelia Piperno Yuri Di Castro Yaarit Rachamim Claudio Coen Jacqueline Sermoneta Jacqueline Segretaria diSermoneta redazione Piero Di Nepi Miriam Spizzichino Fabrizio Federici Lia Tagliacozzo Ghidon Fiano Sarah Tagliacozzo Michael Laitman Francesca Tardella David Meghnagi Daniele Toscano Rebecca Mieli Ugo Volli [email protected] Cell. 392.9395910 Daniel Mosseri DIREZIONE, REDAZIONE Lungotevere Sanzio, 14 - 00153 Roma Tel. 06.87450205/6 - Fax 06.87450214 E-mail: [email protected] [email protected] - www.shalom.it Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposto a riconoscerne il giusto compenso. 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LUGLIO 2015 • TAMMUZ 5775 PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ 43 Qualcosa di nuovo bolle in pentola... love kosher meat Pascarella carni kasher since 2001 Roma - Via C. Pascarella, 24-26-28 Tel. +39 06/58.81.698