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NEL SEGNO DI ROCKY IL GIGANTE DI STAR WARS L`UOMO E LA

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NEL SEGNO DI ROCKY IL GIGANTE DI STAR WARS L`UOMO E LA
MENSILE N.12 DICEMBRE 2015 € 3,50
fondazione ente™
dello spettacolo
IL GIGANTE
DI STAR
WARS
Gwen Christie:
dal Trono di
spade a
J.J. Abrams
“Il mio capitano
Phasma vi
sorprenderà”
A N T E P R I M A
NEL SEGNO
DI ROCKY
Michael
Fassbender
straordinario
guru della
Apple
Stallone per Creed
con l’asso Michael
B. Jordan
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
STEVE
JOBS
L’UOMO E LA
LEGGENDA
NEL FILM DI
BOYLE
E SORKIN
SU CHILI PER TE I PRIMI 6 FILM
DELLA SAGA DI FANTASCIENZA
PIÙ AMATA DI TUTTI I TEMPI
10 ORE DI CONTENUTI EXTRA
CHILI è la più ampia videoteca on line con tutte le Prime
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R A I CINEM A
P R E S E N TA N O
JEREMY IRONS OLGA KURYLENKO
LA CORRISPONDENZA
un film di GIUSEPPE TORNATORE
DAL 14 GENNAIO AL CINEMA
01DISTRIBUTION
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Punti di vista
Nuova serie - Anno 85 n. 12 dicembre 2015
In copertina Michael Fassbender per Steve Jobs
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DIRETTORE RESPONSABILE
Ivan Maffeis
“Jobs”½GHGLFDWDDO²OPVXOJHQLDOHHFRQWURYHUVRLQYHQWRUHGHOOD
Mela digitale, Steve Jobs, la copertina della Rivista di dicembre.
Steve Jobs²UPDWRGDOUHJLVWDLQJOHVH'DQQ\%R\OHFRQODJDUDQ]LD
GHOODVFHQHJJLDWXUDGL$DURQ6RUNLQCodice d’onore, The Social
Network), e interpretato da un convincente Michael Fassbender
LQDULDGLQRPLQDWLRQ"qXQ²OPVXOODULYROX]LRQHHVWHWLFDGL
Jobs grazie a Mac/Apple. Nel nostro approfondimento c’è un
articolo del Premio Strega Nicola Lagioia che si interroga sulla
²ORVR²DGHOO¬©,ªVHKDHIIHWWLYDPHQWHPLJOLRUDWRODQRVWUDYLWD(
se dietro al processo di inclusione digitale, non ci fosse altro che
un capitalismo sfrenato? Ci siamo occupati inoltre dell’atteso
ritorno di Star Wars - Il risveglio della forza di J.J. Abrams, con la
supervisione sempre di George Lucas, che sbarcherà nei cinema il
16 dicembre promettendo incassi record.
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio
Sammarco
CONTATTI
[email protected]
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gianluigi
Ceccarelli, Andrea Chimento, Alessandro De
Simone, Adriano Ercolani, Bruno Fornara,
Gianlorenzo Franzì, Giuseppe Gariazzo, Massimo
Giraldi, Gianfrancesco Iacono, Nicola Lagioia,
Marco Letizia, Massimo Monteleone, Franco
Montini, Mattia Pasquini, Manuela Pinetti,
Emanuele Rauco, Guido Rovatti, Marco Spagnoli,
Chiara Supplizi
TFF che passione. Si è appena
chiusa la 33. edizione del Torino
Film Festival (20-28 novembre),
che noi raccontiamo con un ricco
speciale. La rassegna torinese si è
confermata un successo, con i suoi 158
lungometraggi, tra cui 50 anteprime
PRQGLDOLRSHUHSULPHVHFRQGHH
con un omaggio a Orson Welles.
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
9DULJUD²FD9LD&DVVLDNP
Zona Ind. Settevene - 01036 Nepi (VT)
Finita di stampare nel mese di novembre 2015
MARKETING E ADVERTISING
(XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR
7HO)D[
&HOO
HPDLOLQIR#HXUHNDLGHDLW
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
ME.PE. Milano
ABBONAMENTI
ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro
C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo
PER ABBONARSI
[email protected]
Tel. 06.96.519.200
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Davide Milani
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
XI²FLRVWDPSD#HQWHVSHWWDFRORRUJ
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta - [email protected]
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Marisa Meoni - [email protected]
Roberto Santarelli - [email protected]
A Cuba il
Festival
del Nuevo
Cine Latinoamericano
Italia-Cuba. Il cinema italiano volerà
a Cuba dal 3 al 13 dicembre, in
occasione del 37. Festival Internacional
del Nuevo Cine Latinoamericano, e
la Fondazione Ente dello Spettacolo si conferma in prima linea
nel favorire la cooperazione tra le industrie culturali accanto alla
Direzione Generale Cinema MiBACT, Istituto Luce-Cinecittà, Centro
6SHULPHQWDOHGL&LQHPDWRJUD²D/D%XVVRODGHO&LQHPD5RPD
Lazio Film Commission, Ass.For.SEO, MOViE UP, LaserFilm, Anica
H,&(7DQWLJOLHYHQWLLQSURJUDPPDDO)HVWLYDOODGRQD]LRQHGL
un proiettore digitale alla Cinemateca de Cuba da Luce-Cinecittà
grazie al contributo del MiBACT per la promozione del cinema
italiano, così come la retrospettiva dedicata a Marco Bellocchio o la
0RVWUD©0DULR0RQLFHOOLH5$3DQQLGLFLQHPDª
Sul fronte dell’industria, due importanti Convegni internazionali
promossi da DGC MiBACT, Luce-Cinecittà, FEdS e Roma Lazio
FC. Tutti gli eventi saranno seguiti da La Bussola del Cinema e
&LQHFRQRP\FRP.
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
9LD$XUHOLD5RPD
7HO)D[
[email protected]
Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della
Direzione Generale Cinema - Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
La testata fruisce dei contributi statali diretti
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
in collaborazione con
LA BUSSOLA DEL CINEMA
Come girare film in Italia
Find your way shooting in Italy
www.bussoladelcinema.com
seguici anche su
SOMMARIO
DICEMBRE 2015
8 In vetrina
22
News e tendenze: Cuba Libre
12 Brividi di genere
Feste a tinte horror
AMERICAN
CHRISTMAS:
JENNIFER
LAWRENCE
IN JOY
14 Capolavori di carta
Save the script: Una vita al
massimo
16 L’unicità di Torino
TFF 33: la ricchezza dell’offerta
e il problema della scelta
22 Natale a stelle e strisce
Che titoli troveranno gli
americani sotto l’albero? Tra i
più attesi The Hateful Eight e Joy
30 Michael B. Jordan
Sul ring con Stallone: arriva
Creed, spin-off di Rocky
30
32 COVER STORY
Chi era Steve Jobs?
Lo svelano Aaron Sorkin
e Danny Boyle. Con un
Fassbender da Oscar. 36 iMac,
iPhone, iPad: estetica dell’I
39 Alle origini di Moby Dick
Heart of the Sea, Ron Howard
in mare aperto
CREED
42 Star Wars, New Entry
Che (Il risveglio del)la forza
sia con voi. E con la “grande”
Gwendoline Christie
32
39
FASSBENDER È
STEVE JOBS
HEART OF THE
SEA
49 Corsia della morte
Lo sconvolgente 87 ore di
Costanza Quatriglio
52 Ritratti
Il centenario di Frank Sinatra
42
STAR WARS:
IL RISVEGLIO
DELLA
FORZA
55,²OPGHOPHVH
Recensioni, anteprime, colpi di
fulmine
72 Dvd, Blu-ray & Serie Tv
Amy Winehouse e regali per tutti
52
FRANK
SINATRA
78 Borsa del cinema
80 Libri
82 Colonne sonore
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
7
a cura di Gianluca Arnone
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
Prossima
fermata:
Cuba
Tutto sul progetto
di cooperazione
FLQHPDWRJUD²FDWUD
l’Italia e l’isola
caraibica
8
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Cinema italiano protagonista
a Cuba, al Festival del Nuevo
Cine Latinoamericano (313 dicembre). In un anno
VLJQL²FDWLYRVXOSLDQRGHOOH
relazioni internazionali
tra l’isola caraibica e i
paesi occidentali, l’Italia
mette in campo numerose
iniziative per favorire lo
sviluppo e la cooperazione
tra le reciproche industrie
culturali, attraverso il
cinema e l’audiovisivo.
L’iniziativa è promossa
da DGC MiBACT, Istituto
Luce-Cinecittà, Fondazione
Ente dello Spettacolo,
Centro Sperimentale di
&LQHPDWRJUD²D/D%XVVROD
del Cinema, Roma Lazio Film
Commission, Ass.For.SEO,
MOViE UP e LaserFilm.
L’Istituto Luce-Cinecittà,
grazie al contributo del
MiBACT, ha donato un
proiettore digitale alla
Cinemateca de Cuba - Sala
23 y 12, che diventerà
spazio destinato anche alla
programmazione del
cinema italiano. Nella
sala della Cinemateca
si terrà la retrospettiva
dedicata a Marco Bellocchio
e curata dal Luce-Cinecittà:
da I pugni in tasca a Sangue
del mio sangue. Il regista
piacentino sarà protagonista
di una Masterclass.
Verrà poi allestita la
Mostra “Mario Monicelli e
RAP, 100 anni di cinema”
curata da Chiara Rapaccini,
omaggio al regista toscano
nel centenario dalla
nascita. Saranno proiettati,
restaurati, Vogliamo i
colonnelli di Monicelli, Il
giardino dei Finzi Contini
di De Sica e Nuovo Cinema
Paradiso di Tornatore.
Il Festival de La Habana
sarà la cornice di importanti
convegni dedicati
all’industria del cinema
e dell’audiovisivo. La
DGC MiBACT presenterà
le diverse possibilità
di coproduzione e
collaborazione nel campo
tra Italia e Cuba. Inoltre,
verranno organizzati due
incontri che metteranno a
confronto i due paesi: una
tavola rotonda sul mercato
e dell’industria del cinema
curata dalla Roma Lazio
Film Commission e un
Convegno sulla fruizione
FLQHPDWRJUD²FDGHLJLRYDQL
a cura di DGC MiBACT, FEdS
e Luce-Cinecittà. Tutti gli
eventi saranno seguiti dalle
redazioni di Bussola News
- La Bussola del Cinema e
Cineconomy FEdS.
Macchina d’epoca
a Cuba. In alto a
destra il famoso
sigaro dell’isola, un
murales de L’Avana
e Marco Bellocchio
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
9
inVetrinaNews
Che succede in città? Eventi speciali, digitali,
on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere
Il cartellone
La signora delle camelie
Garm Wars
,OSULPR´OPLQ
OLQJXDLQJOHVHGL
2VKLLDUULYDLQ
,WDOLD
Il balletto, in tre
atti, con le musiche
di Chopin e le
FRUHRJUD²HGL-RKQ
Neumeier, in diretta via
satellite dal Bolshoi di
Mosca il 6 dicembre
(ore 16).
,OSULPR´OPLQOLQJXD
LQJOHVHGHOPDHVWUR
JLDSSRQHVH0DPRUX2VKLL
Garm WarsUDSSUHVHQWD
XQSXQWRGLURWWXUDFRQ
OHVXHUDGLFL¬anime­HVL
HYROYHYHUVRXQ­LEULGD]LRQH
VWLOLVWLFDFKHVSD]LDGDO
OLYHDFWLRQDOODJUD´FD
FRPSXWHUL]]DWD5HFXSHUD
DOFXQLGHLWHPLULFRUUHQWL
GHOODVXD´OPRJUD´DWUD
FXLODULFHUFDGHOO­LGHQWLWj
LQGLYLGXDOHLQXQFRQWHVWR
GLJXHUUD(VDUjQHOOH
QRVWUHVDOHFRQ1RWRULXV
GDODOJHQQDLR
L’Accademia Carrara
Viaggio in uno dei
tesori d’Italia rimasti a
lungo chiusi al pubblico,
con una collezione
di oltre 600 dipinti,
dal Rinascimento
all’Ottocento. 9 e 10
dicembre.
Il mio vicino Totoro
Per il 30° compleanno
dello Studio Ghibli
torna nelle sale italiane
(12 e 13 dicembre)
LO²OPGL+D\DR
Miyazaki che più di
tutti ne rappresenta
l’immagine.
Masha e Orso
2WWRHSLVRGLLQHGLWLGHOFDUWRRQLQVDODD1DWDOH
Il concerto di Natale
Lo storico concerto a
Vienna di Pavarotti,
Domingo e Carreras,
per celebrare
il Natale e i suoi
canti, da Ave Maria a
Bianco Natale. 14 e 15
dicembre.
Il grande dittatore
Pietra miliare
dell’antimilitarismo
e tra i capolavori più
amati di Chaplin,
torna in sala l’11
gennaio nella versione
restaurata dalla
Cineteca di Bologna.
10
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
,EHQLDPLQLGHLSLSLFFROLMasha e
OrsoVEDUFDQRDOFLQHPDSHUOHIHVWH
GL1DWDOH*UD]LHDOODFROODERUD]LRQH
WUD:DUQHU%URV(QWHUWDLQPHQW
,WDOLD$QLPDFFRUGH,QN*OREDORWWR
HSLVRGLGHOODQXRYDVHULHPDLYLVWL
LQWYLQ,WDOLDVDUDQQRGLVSRQLELOL
QHOOHQRVWUHVDOHGDOGLFHPEUH
DOJHQQDLRLQVLHPHDGDOWUL
FRQWHQXWLVSHFLDOL
JAMIE
BLACKLEY
JOAQUIN
PHOENIX
PARKER
POSEY
EMMA
STONE
Irrational Man
Scritto e Diretto da WOODY ALLEN
warnerbros.it/irrationalman #IrrationalManIT
DAL 16 DICEMBRE AL CINEMA
brividi di genere
I FESTIVAL
a cura di Massimo Monteleone
Agenda del mese:
ecco gli appuntamenti
da non perdere
1 FESTIVAL
INTERNACIONAL DEL
NUEVO CINE
LATINOAMERICANO
Località L’Avana, Cuba
Periodo 3-13 dicembre
Tel. Web KDEDQD²OPIHVWLYDOFRP
Mail [email protected]
Resp. Ivàn Giroud
- INTERNATIONAL
2 IFFK
FILM FESTIVAL OF
KERALA
Località Thiruvananthapuram
(Kerala), India
Periodo GLFHPEUH
Web ZZZNHUDOD²OPFRP
Mail LQIR#LIINLQ
Resp. T Rajeevnath
3 ANCHORAGE
INTERNATIONAL FILM
FESTIVAL
Località $QFKRUDJH$ODVND
USA
Periodo GLFHPEUH
(001-907) 3170731
Web DQFKRUDJH²OPIHVWLYDO
org
Mail info@
DQFKRUDJH²OPIHVWLYDOFRP
Resp. Rebecca Pottebaum
NATALE HORROR
Da Black Christmas di Bob Clark alla saga Silent Night,
Deadly Night. Feste splatter
di Giuseppe Gariazzo
ra gli horror d’ambientazione natalizia spicca Black
Christmas, realizzato in Canada
QHOGDOUHJLVWDVWDWXQLWHQVH
%RE &ODUN &DPSLRQH G¬LQFDVVL
GHOOD FLQHPDWRJUD²D FDQDGHVH
HFXOWGHOJHQHUHLO²OPqLQQRvativo nel mettere in scena l’assedio di un maniaco a un college femminile nei giorni che precedono il Natale. Le soggettive
GHO NLOOHU DQWLFLSDQR TXHOOH GL
Halloween; la scena dell’omicidio di una studentessa montata
su quella di bambini che cantano un brano natalizio sull’ingresso della casa è un gioiello
T
GL UHJLD H PRQWDJJLR LO ²QDOH
che non svela l’identità dell’assassino, e con il piano sequenza
che percorre il corridoio verso
OD VRI²WWD q WHVR H PLVWHULRVR
FRPHLOUHVWRGHO²OP
Nel 2006 è stato girato un rePDNH GDOOR VWHVVR WLWROR GRYH
GHO NLOOHU YHQJRQR GDWH LQIRUmazioni sulla sua personalità,
assenti nel testo originale.
La saga Silent Night, Deadly
Night, composta di cinque caSLWROLYLHQHDYYLDWDQHO$
dirigere il terzo e quarto episodio, nel 1989 e nel 1990, sono
stati un maestro del cinema
moderno come Monte Hellman
e un genio visionario dell’horror
come Brian Yuzna.
7UDFRPPHGLDHKRUURULO©FODVVLFRª q Gremlins GL -RH
Dante. Non aprite prima di Natale!LQFXLXQNLOOHUXFFLde chiunque sia vestito da Babbo Natale, è la sfortunata, per le
vicende produttive, unica regia
del grande attore Edmund Purdom. In Racconti dalla cripta
(1972) l’inglese mago dell’horror Freddie Francis dedica uno
dei cinque segmenti a una variazione sul tema delle festività
macchiate di sangue.
Gli imperdibili
BLACK CHRISTMAS
(1974)
Vigilia di Natale
horror. Un cult
del genere.
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
SILENT NIGHT, DEADLY NIGHT
(1984)
GREMLINS
(1984)
Babbo Natale
uccide. Saga
in cinque episodi.
Creature
simpatiche e
mostruose
devastano il Natale.
TO RIVER –
4 RIVER
FLORENCE INDIAN FILM
FESTIVAL
La regista
Deepa Mehta
Località Firenze, Italia
Periodo 5-10 dicembre
Tel. (055) 286929
Web rivertoriver.it
Mail [email protected]
Resp. Selvaggia Velo
NOIR IN
5 COURMAYEUR
FESTIVAL
Località &RXUPD\HXU,WDOLD
Periodo 8-13 dicembre
Tel. (06) 8603111 (rif. a
Roma)
Web noirfest.com
Mail [email protected]
Resp. Giorgio Gosetti, Marina
Fabbri
- KATHMANDU
6 KIMFF
INTERNATIONAL
MOUNTAIN FILM FESTIVAL
Località Kathmandu, Nepal
Periodo GLFHPEUH
Tel. Web NLPIIRUJ
Mail LQIR#NLPIIRUJ
Resp.5DP\DWD/LPEX
DAL MONDO –
7 VISIONI
IMMAGINI DALLA
REALTÀ
Località Milano, Italia
Periodo 11-13 dicembre
Tel. (02) 80886811
Web visionidalmondo.it
Mail [email protected]
Resp. Francesco Bizzarri
capolavori di carta
Dietro ogni grande film c’è una magnifica sceneggiatura
PAROLA A QUENTIN
La prima volta di Tarantino:
Una vita al massimo di
Tony Scott
di Guido Rovatti
Le origini del
regista di Pulp
Fiction. In attesa
di The Hateful
Eight
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
Dennis Hopper
nella famosa scena
"siciliana". Sotto
Christian Slater con
Patricia Arquette
C
ominciamo questo
viaggio alla riscoperta
della sceneggiatura
proprio con Quentin Tarantino.
A dicembre negli Stati Uniti, a
gennaio in Italia, arriva in sala
The Hateful Eight (Gli odiabili
otto) di Quentin Tarantino. E
partiamo da lontano: Una vita al
massimo (1993), prima
sceneggiatura del giovane
Tarantino (scritta insieme
all’amico Roger Avary).
Primo film della trilogia pulp,
lancia Tarantino, che all’epoca
lavorava in una videoteca
(divorando film). La
sceneggiatura viene venduta
per 50.000 dollari e il film
diretto da Tony Scott
(Scott riceve da leggere sia Una
vita al massimo che Le iene e si
propone per dirigerli entrambi;
Tarantino risponde di sceglierne
uno poiché l’altro lo avrebbe
girato lui, così Scott sceglie il
primo). La prima versione della
sceneggiatura di Tarantino era
caratterizzata da una struttura
narrativa non lineare stile Pulp
Fiction ed includeva anche
quello che sarebbe poi
diventato Natural Born Killers
(1994 - diretto da Oliver Stone).
La linearità della trama è frutto
di una modifica strutturale
voluta da Tony Scott e la
sceneggiatura risultante è uno
splendido ibrido con struttura
classica (unico protagonista,
unità d’azione, chiara divisione
in atti) e carattere alla
Tarantino: violenta, intelligente,
ironica.
PROTAGONISTA: Clarence
Worley ,ragazzo sui 25 anni che
lavora in un negozio di
fumetti/musica
CARATTERIZZAZIONE: eroico,
astuto, romantico, schizofrenico
OBIETTIVO EXT: riuscire a
vendere la cocaina rinvenuta
accidentalmente, ricominciare
una nuova vita in Messico con la
sua ragazza (Alabama, ex
prostituta)
OBIETTIVO INT: riuscire a
mantenere vivo l’amore (e
quindi sopravvivere!)
CONFLITTO CENTRALE:
papponi, polizia, gangsters
TEMA: l’amore è il carburante
per affrontare ogni nemico.
Dopo le modifiche volute da
Tony Scott si possono rilevare
molto nettamente gli snodi
narrativi:
Il primo atto termina con il
rinvenimento della valigia piena
di cocaina e proietta i
protagonisti nel secondo,
caratterizzato dalla fuga verso
Hollywood e la ricerca di un
compratore.
Il terzo atto inizia quando il
Tarantino
si è sempre
dichiarato
contento
delle
modifiche
allo script
apportate
da Tony
Scott
contatto è arrestato e quindi
entra in gioco la polizia che
irromperà nella scena al
momento decisivo dello
scambio.
Nella sceneggiatura originale
Clarence sarebbe dovuto morire
durante la sparatoria e
Alabama avrebbe proseguito da
sola la fuga sulla mustang dopo
aver contemplato il suicidio.
Tarantino si dichiara tutt’oggi
contento delle modifiche
apportate da Tony Scott
considerandole migliorative
rispetto all’originale (compreso
il lieto fine in cui i due
sopravvivono e nell’epilogo si
trovano in Messico: sani, salvi,
ricchi e con un figlio).
True Romance (titolo originale)
è a oggi il film più
autobiografico di Tarantino, e
quello a cui forse è più legato in
assoluto: si percepisce la sua
identificazione nel protagonista,
ed il sogno di viverne le vicende
si riversa in una trama da vita al
massimo.
La scena “Siciliana” è divenuta
cult e a detta di Tarantino è
stata la migliore che abbia mai
realizzato, superata solo dalla
scena iniziale di Bastardi senza
gloria.
Christopher Walken, Christian
Slater, Dennis Hopper, Gary
Oldman (per dirne alcuni)
accettarono con entusiasmo le
parti senza volere modifiche (il
che la dice lunga sulla qualità
della sceneggiatura).
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
15
TFF 33
DOVE
GUARDA
TORINO
Edizione esaltante e faticosa sotto la Mole, con i
suoi 158 titoli e le tante (troppe?) anime della
rassegna. Che si conferma però unica e insostituibile
nel panorama italiano
di Gianluca Arnone
orino si conferma esperienza esaltante e
faticosa. Una grande abbuffata cinefila di
cucine lontane, diverse tra loro. Sul piatto
opere prime e seconde (e bildungsroman,
educazioni sentimentali, apprendistati vari), suddivise tra concorso e Onde, sezioni che si
confermano spettrometro di nuove tendenze. Più
specialità della casa. Quelle à la carte e quelle fuori menù. Torino ci ha abituati bene facendoci riassaporare, anno dopo anno, tutta la lucentezza di
un passato mai realmente passato. Dopo il biennio
della New Hollywood, Emanuela Martini e il suo
staff ci hanno regalato una meravigliosa retrospettiva dedicata alla fantascienza distopica, “Cose
che verranno.
La terra vista dal cinema”, che ci terrà compagnia
anche nella prossima edizione e che intanto ci ha
permesso di gustare nuovamente su grande schermo le pietre miliari del genere (da Blade Runner
ad Arancia meccanica) e alcune perle dimenticate,
come quelle firmate dal pioniere Peter Watkins
(The War Game, Privilege). Ciliegina sulla torta il
prezioso lavoro di riscoperta, con l’omaggio alle figure trascurate del cinema italiano (l’anno scorso
Giulio Questi, quest’anno Augusto Tretti, maestro
unico e senza eredi, di cui abbiamo visto La legge
della tromba e Il potere, ovvero due dei tre film da
lui diretti in vent’anni di carriera) e la riproposizione di opere di cui si erano perse le tracce come
West and Soda di Bruno Bozzetto e Tragica alba a
Dongo, il film di Vittorio Crucillà sull’uccisione di
Benito Mussolini e Claretta Petacci che la Dc andreottiana censurò nel 1950 condannandolo all’invisibilità. Considerato perduto per decenni, il film è
T
stato prima rintracciato da Alberto Farassino nel
magazzino di uno dei produttori e poi restaurato
dal Museo del Cinema di Torino. Senza contare il
ricco contorno dei recuperi di altri festival (solo da
Cannes: Cemetery of Splendour di Apichatpong
Weerasethakul, As mil e uma noites di Miguel Gomes, Treasure di Corneliu Porumboiu, The Assassin
di Hou Hsiao-hsien), l’infornata di cult, scult e strucult di genere, con il salutare ritorno dell’horror
(sezione After Hours) e l’offerta popolare di Festa
Mobile.
A ricordarci che il cinema è prima comunicazione
e poi sperimentazione. Intrattenimento e, se possibile, arte. In tutto questo bailamme di titoli, a conferma di una rassegna oltremodo bulimica (158 i ti-
Una grande abbuffata che
fa gioire e disperare: per la
ricchezza dell’offerta e la
vertigine dell’indecisione
toli presentati, il triplo di quelli proposti dalla Festa di Roma), c’è la delizia e la frustrazione di ogni
cinefilo, allettato da cotanta offerta e insieme
smarrito dietro la vertigine dell’indecisione. Che è
anche la nostra esperienza di addetti ai lavori. Torino fa letteralmente girare la testa: guardare a
360 gradi significa rischiare anche il proprio baricentro prospettico. Un rischio che abbiamo la fortuna di correre.
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
17
TFF 33
FUTURO ITALIANO
ECCO SU CHI PUNTARE TRA I NOSTRI
Low-budget, doc,
domestico: il cinema
tricolore si riscopre
libero e artigianale
Stefano Galli nel
suo Lamerica.
Sopra Lo scambio
di Salvo Cuccia
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
TORINO è da sempre un talent scout
del cinema italiano. Da qui sono passati
Gaudino, Gaglianone, Sollima, De Lillo,
Torre, Marcello, Pif, Danco. La 33ma edizione ha confermato di essere vetrina
importante per una nuova generazione
di filmaker. A partire dal concorso. Con
le conferme Elisabetta Sgarbi (Colpa di
comunismo è il suo terzo lungometraggio, operazione lirica e sociologica insieme) e Mario Balsamo (che dopo Noi
non siamo come James Bond insiste sul
doc in chiave autobiografica con Mia
madre fa l’attrice), abbiamo assistito a
due battesimi interessanti, quello nel
lungometraggio di finzione di Salvo
Cuccia, Lo scambio, e quello dietro la
mdp di Samuele Sestieri e Olmo Amato,
I racconti dell’orso.
Il primo, già assistente alla regia di Raùl
Ruiz, ha girato un finissimo thriller piscologico sullo sfondo della Palermo
criminale. Sestieri e Amato sono invece
due giovani visionari che, durante un
viaggio di 40 giorni tra Finlandia e Norvegia, sono riusciti a girare un fantasy
post-umano ricoprendo tutte le mansioni necessarie per le riprese, dalla produzione alla regia, dalla fotografia alla
recitazione. Un progetto folle, completato grazie a una campagna di crowfunding, che rilancia l’idea di un cinema libero, puro e artigianale.
A proposito di imprese da segnalare anche quella di Stefano Galli ne Lamerica,
in cui il regista e fotografo intraprende
un viaggio poetico attraverso gli States
armato di bobine scadute e strumenti
desueti. Uno dei tanti esempi del nuovo
cinema documentario italiano, presente
in questa edizione anche con lo struggente Prima che la vita cambi noi di Felice Pesoli, bilancio della stagione hippie
in Italia tra gli anni ’60 e ’70.
FUORI ORARIO
Grande merito va dato ad Emanuela
Martini per aver riportato l’horror in un
festival cinematografico. Soprattutto
per avercene restituito una dimensione
matura, riflessiva, più fedele alla sua
storia. Un risarcimento doveroso per
un genere che più di ogni altro è stato
forse snaturato e mortificato dal
cinema mainstream. Un genere che per
sopravvivere è mutato al punto da non
essere più solo un genere, ma un
fattore transgenico, l’ospite che entra
nei codici espressivi di altri generi e li
distorce. Dalla commedia (The Final
Girls) al war-movie (Kilo Two Bravo),
dal bildungsroman (We Are Fine ed
Hellion) al mumblecore in stile
Sundance (Lace Crater). Un destino di
coabitazione non definitivo, non
accettato da tutti (di classica fattura
February di Osgood Perkins, figlio di
Anthony, e The Hallow di Corin Hardy,
ottimi entrambi), persino superato da
chi ne fa tavolozza espressiva per
opere d’avanguardia, come Guy
Maddin nel caleidoscopico,
conturbante e magnifico The
Forbidden Room.
ONDE
Memoria personale e collettiva. Identità.
E’ in questa triangolazione tematica che
ricadono molti dei film selezionati per
Onde, la sezione del TFF più
imprevedibile e sperimentale, attenta a
cogliere rotture, sconfinamenti e zone di
fuga dello sguardo. Dalla vecchia
Europa (Portogallo, Grecia, Scozia) alle
Americhe (USA e Brasile, Argentina e
Colombia) passando dall’Asia
(Filippine, Tailandia e Cambogia) c’è
una domanda di radici, appartenenze,
perimetri culturali dentro cui
riconoscersi e con cui scongiurare
l’annientamento nel mondo
globalizzato. C’è l’antimperialismo di
Balikbayan #1 del filippino Tahimik, la
fede nel logos del franco-basco Faire la
parole di Eugène Green, il recupero
ancestrale e mitico di una terra perduta,
la Tailandia di Cemetery of Splendour di
Apichatpong Weerasethakul. Un
peregrinare ansimante tra orizzonti
lontani, in cui il tempo e le sue
oscillazioni giocano un ruolo
determinante come nei folgoranti A
Morning Light di Ian Clark e Symptoma
di Angelos Frantzis.
DOCUMENTARI
“Lo specchio in cui l’Occidente
contempla il suo mattino”. Nelle
parole di Pascal Bonitzer è il
Mediterraneo ripreso da Jean-Daniel
Pollet nel suo doc del ’63. Parole
profetiche. A questo piccolo grande
mare, tornato ad occupare un posto
decisivo nella geografia politica e
umana di oggi, è dedicato il focus del
33mo TFFdoc. Da ricordare Bla Cinima
di Lamine Ammar-Khodjia, che parte
da una piazza di Algeri per riflettere
sul potere del cinema di raccontare il
reale; Flotel Europa di Vladimir Tomic,
altro bellissimo film sul cinema e
metafora di un continente
periclitante; Je suis le peuple di Anna
Roussillon, su quel che resta delle
primavere arabe; Show All This to the
World di Andrea Deaglio, sulla fine
dell’utopia dell’accoglienza a
Ventimiglia, sui cui scogli sono stati
confinati per settimane i migranti. Di
scioccante attualità La France est
nostre Patrie, il nuovo film di Rithy
Pan, che prosegue il suo percorso di
ricostruzione della memoria e di
decostruzione coloniale.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
19
TFF 33
MAESTRI EMERGENTI
Dal 2008 un milione di euro all’anno per realizzare, pensare e
costruire progetti: il Film Lab è più vivo che mai
Una scena di
Mountain. In basso
Family Film e, a
destra, Underground
Fragrance
PER METTERE A TACERE una volta per
tutte la polemica sull’utilità o meno dei
festival di cinema, ci sono delle manifestazioni che hanno cominciato a produrre film, a mettere sul tavolo possibilità, conoscenze, mezzi per dare fiato
alle giovani produzioni indipendenti. Il
Torino Film Lab - diretto da Savina Neirotti - in questo senso è un’istituzione
che dal 2008 mette a disposizione
un milione di euro all’anno per realizzare, pensare e costruire progetti, dare il là a film che una
volta realizzati vanno nei più
importanti festival del mondo. E che ogni anno, si
mostrano a Torino: quest’anno sono 8 i film
del Lab presentati al TFF, curiosi e intraprendenti che seguono la ricerca di
un cinema diverso, libero e anche impegnativo, che sappia sfidare e stimolare
lo spettatore.
Il più noto è Interruption, film del greco
Zois presente negli Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, raffinato e
risaputo gioco di meta-teatro e metacinema, sadismo greco e ambizioni pi-
randelliane. Ma tra gli altri 7 film si trovano suggestioni forti e curiose come
Ni le ciel ni la terre, opera prima del video artista Cogitore che esplora le zone di guerra afgane come terre di confine tra realtà, allucinazione e limbi spiritici, oppure opere che lavorano sul
bianco e nero in modo espressivo e inventivo come The Garbage Helicopter
(Augustèn), road movie in chiaroscuro
recitato in romanì, lingua minoritaria
svedese, o Tikkun (Sivan), in cui si riflette sulla natura e la volontà di Dio in modo paradossale. Privo di italiani, il Lab
2015 segue alcune delle tendenze geografiche del cinema degli ultimi tempi,
come la forte presenza israeliana - come in Mountain di Kayam, opera prima
sulla femminilità e la sessualità repressa - o l’apertura della Cina al mondo,
come nella co-produzione con la Francia di Underground Fragrance che sonda il concetto di casa e proprietà nella
nuova società cinese. Un laboratorio
quindi non solo di possibilità, di prototipi del futuro, ma anche d’osservazione della realtà cinematografica contemporanea, da cui osservare germi e
germogli. Non male per un festival che
qualcuno vorrebbe “inutile”.
EMANUELE RAUCO
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strenne&strisce
Michael Moore in
prima fila con
Where to Invade
Next: per un
Natale di
polemiche
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
I magnifici 7
delle Feste Usa: da
Michael Moore a
The Revenant, da
The Hateful Eight
a Joy. In Italia con
il nuovo anno
di Angela Bosetto
A Natale sono tutti più buoni, tranne i distributori americani.
Negli USA, la settimana natalizia (durante la quale ogni famiglia va al cinema almeno una volta) rappresenta il ring più
spietato, perché è sia il periodo in cui le major calano il jolly,
sia l’ultima possibilità di far debuttare gli Oscarable movies in
tempo utile per le nomination. Ecco i sei titoli destinati a
darsi battaglia a partire dal 25 dicembre nelle sale statunitensi (e nelle nostre a gennaio): due biopic (il dramedy Joy,
sull’ex casalinga e imprenditrice di successo Joy Mangano, e
il thriller sportivo Concussion, dedicato alla causa del dottor
Bennet Omalu contro la NFL), due western d’autore (da una
parte la struttura teatrale di The Hateful Eight, dall’altra The
Revenant, kolossal estremo basato su una storia vera), una
commedia (Daddy’s Home) e un remake ad alto rischio
(Point Break). Pellicole stilisticamente assai diverse fra loro
(a cui si unisce l’ultimo documentario di Michael Moore, anticipato al 23), ma accomunate da un pericolosissimo avversario: Star Wars: Il risveglio della Forza (servizio a pag. 42), che
potrebbe dominare ininterrottamente i botteghini mondiali
da metà dicembre a metà gennaio.
strenne&strisce
Moore all’attacco
WHERE TO INVADE NEXT
Sei anni dopo Capitalism: A Love Story torna Michael
Moore, più polemico che mai. Il documentario mette
a confronto il presunto sogno americano e lo stile di
vita dei paesi europei (Italia inclusa), ma la Motion
Pictures Assiociation of America gli ha tagliato le
gambe in partenza, vietandolo ai minori non
accompagnati (era già successo a Roger and Me e
Fahrenheit 9/11). Le scene incriminate: il letale
pestaggio subito da Eric Garner, la depenalizzazione
dei narcotici in Portogallo, le parolacce degli islandesi
e i tedeschi che fanno la sauna nudi. La reazione del
regista non si è fatta attendere: “Nessun taglio! Agli
adolescenti d’America dico: sapete cosa fare e sapete
come entrare in sala”.
CONCUSSION
A tutto biopic
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rivista del cinematografo
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Da alcuni anni Hollywood ha trovato una
nuova miniera a cui attingere per i
soggetti dei biopic: le inchieste
giornalistiche. In questo dramma sportivo
a tinte thriller (prodotto da Ridley Scott),
tutto è partito da Game Brain, un articolo
pubblicato nel settembre 2009 sul
mensile GQ, in cui Jeanne Marie Laskas
raccontava di come il neuropatologo
nigeriano Bennet Omalu avesse scoperto
la CTE (encefalopatia cronica traumatica,
malattia degenerativa cerebrale causata
da ripetuti colpi alla testa) e accusato la
National Football League di non
preservare a sufficienza la salute dei
propri giocatori. Scrive e dirige Peter
Landesman (Parkland), mentre il
coraggioso medico ha il volto di Will
Smith.
JOY
Il regista David O. Russell chiama per la terza volta il
suo dream team (Jennifer Lawrence, Robert De Niro
e Bradley Cooper, a cui si unisce Elisabeth Röhm, già
vista in American Hustle) per raccontare la storia di
Joy Mangano, agguerrita madre single che, all’inizio
degli anni novanta, costruì un impero grazie
all’invenzione del “mocio” lavapavimenti e alle
televendite. Questo film dalla forte componente
femminile (Virginia Madsen, Diane Ladd e Isabella
Rossellini interpretano rispettivamente mamma,
nonna e “matrigna” di Joy) porta anche il marchio di
Annie Mumolo (Le amiche della sposa), che produce
insieme alla potentissima Megan Ellison e firma il
soggetto in coppia con lo stesso Russell.
Riscossa rosa
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strenne&strisce
Il più atteso
THE REVENANT
Nessuno pensava che Alejandro
González Iñárritu, abituato a lavorare
con budget medio-bassi (il suo film più
caro sino a oggi, Babel, era costato 25
milioni di dollari) ne avrebbe mai
sforato uno di 60, facendolo schizzare
a 135. Ma nella corsa al box office,
nonostante la presenza di Leonardo
DiCaprio e Tom Hardy (nei rispettivi
panni del leggendario trapper Hugh
Glass, sopravvissuto miracolosamente
all’attacco di un’orsa, e del traditore
John Fitzgerald, che lo abbandonò
credendolo spacciato) questo
vendicativo kolossal western, girato fra
Canada (con temperature scese a -30°)
e Argentina, parte con un masso al
piede: il divieto ai minori non
accompagnati per scene reputate
troppo cruente.
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POINT BREAK
Girare un remake senza rischi è
possibile, basta rispettare una semplice
regola: mai rifare i cult. Invece il
direttore della fotografia Ericson Core
ha deciso di giocarsi tutto alla sua
seconda regia cinematografica,
sfidando la regina dell’action Kathryn
Bigelow. Gerard Butler, candidato n°1 al
ruolo di Bodhi (qui riconvertito a
moderno Robin Hood), non se l’è
sentita di affrontare il fantasma di
Patrick Swayze, lasciando così il posto
a Édgar Ramírez. I nuovi Johnny Utah e
Angelo Pappas hanno i volti di Luke
Bracey e Ray Winstone, mentre la bella
surfista (Teresa Palmer) che farà
perdere la testa al primo non si chiama
più Tyler, ma Samsara. Occhio, anzi
orecchio alle musiche di Junkie XL.
Remake cult
Alert Tarantino
THE HATEFUL EIGHT
Come sfondo per il suo secondo western Quentin
Tarantino sceglie il Wyoming invernale (anche se il
film è stato girato in Colorado) e orchestra un
sanguinoso rendez-vous fra otto sconosciuti rimasti
bloccati dalla neve in un rifugio: due cacciatori di
taglie (Samuel L. Jackson e Kurt Russell), la
prigioniera del secondo (Jennifer Jason Leigh), il
nuovo sceriffo appena arrivato (Walton Gog gins), il
custode del posto (Demián Bichir), un boia (Tim
Roth), un cowboy (Michael Madsen) e un vecchio
generale (Bruce Dern). Ciliegina cinefila sulla torta, la
presenza del maestro Ennio Morricone, che torna a
comporre la colonna di un western a quarant’anni di
distanza da Un genio, due compari, un pollo.
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strenne&strisce
Che papà sei?
DADDY’S HOME
Se sino a oggi il mite Brad Taggart (Will
Ferrell) ha fatto il possibile per
conquistare i figli della moglie Sarah
(Linda Cardellini), d’ora in avanti dovrà
puntare all’impossibile perché è tornato
a casa il vero padre dei ragazzi: Dusty
Mayron (Mark Wahlberg), motociclista
supercool con tutte le carte in regola
per ammaliare i pargoli. Dopo aver
combattuto insieme il crimine ne I
poliziotti di riserva, in questa commedia
Ferrell e Wahlberg si fanno la guerra per
stabilire chi sia il miglior papà del
mondo. Il duro mondo dei confronti
genitoriali evidentemente piace al
regista Sean Anders che sta già girando
la controparte dedicata alla
competizione fra madri: Mean Moms
con Jennifer Aniston.
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incontri
Profumo di
Michael B. Jordan, a
destra con
l'allenatore superstar
Sylvester Stallone
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ABBIAMO COMINCIATO AD AMARLO la prima
volta che ha indossato casco e divisa da football
degli East Dillon Lions in Friday Night Lights, tra le
migliori serie TV americane degli ultimi vent’anni.
Lo ritroviamo oggi sul ring a raccogliere una delle
eredità più importanti della storia del cinema contemporaneo, quella di Rocky Balboa. Michael B.
Jordan è un attore che di fronte a simili sfide proprio non si tira indietro, al contrario. Perché Creed,
nuova collaborazione con il regista Ryan Coogler
dopo Prossima fermata Fruitvale Station, in uscita
il 14 gennaio, ha rappresentato più di una semplice
prova d’attore…
Partiamo dal principio: cosa ha provato a entrare
da protagonista nell’universo di Rocky?
Prima di tutto sono stato onorato di essere stato
chiamato a far parte di una serie così importante,
che dura da quasi quarant’anni. Sylvester Stallone
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ci ha costruito una carriera fantastica, spero di riuscire a fare lo stesso. Il team e il cast che ha lavorato a Creed mi ha aiutato a sentirmi subito a mio
agio, sicuro. Di conseguenza ho cercato di prendermi rischi e responsabilità nel costruire il personaggio di Adonis. Sly mi ha tolto subito ogni pressione di dosso, ha dimostrato immediatamente che
non c’era alcuna competizione e mi ha spronato a
essere me stesso. Ho fatto quello che dovevo fare.
L’allenamento per entrare nella parte di Adonis è
stato intenso?
Per fortuna ho avuto molto tempo a disposizione
per prepararmi. Con Ryan Coogler ho un grande
rapporto da quando abbiamo girato Fruitvale Station, ne abbiamo iniziato a discuterne ancor prima
che il film entrasse in produzione. La mia dieta è
cambiata radicalmente e ho iniziato a fare esercizio
fisico con maggiore intensità. Quando ho raggiun-
Rocky
di Adriano Ercolani
to la forma perfetta sono cominciati gli allenamenti
con i veri professionisti della boxe. Come attore
poi, ho studiato i caratteri dei pugili: molti posseggono una psicologia complessa, come quella che il
mio personaggio mostra in Creed.
Nel film c’è una sequenza di bellezza impressionante, quella del primo incontro…
Il merito è prima di tutto di Ryan Coogler, voleva fare qualcosa di mai visto prima nei film che parlano
di boxe. Ci avevamo provato anche in Fruitvale Station ma le condizioni produttive erano diverse, abbiamo girato il film in meno di venti giorni, non c’era
tempo per tentare qualcosa di così bello. Abbiamo
provato moltissimo con il cameraman per comporre
l’intera sequenza, alla fine abbiamo girato qualcosa
come venticinque riprese, di cui solo quattro pianosequenza completi. L’ultimo combattimento a livello tecnico è stato però più estenuante, perché do-
Michael B. Jordan sul ring nello
spin-off Creed. Con una spalla
d’eccezione: Sylvester Stallone
vevamo girare più copertura di immagini e rifare
ogni ciak da angolazioni differenti.
Trattandosi come ha detto di esperienze produttive differenti tra loro, Coogler ha cambiato il suo
approccio a Creed rispetto a quello avuto con
Fruitvale Station?
Ryan cerca di rendere un’esperienza unica ogni progetto a cui si avvicina, è questo che per me lo rende
un regista speciale. Ovviamente ha un suo stile personale, si possono ritrovare delle similitudini a livello
estetico nei suoi film. Entrando in un franchise importante come Rocky voleva tributare il doveroso
omaggio alla storia di questo eroe ma anche proporre al pubblico qualcosa che proiettasse Creed
verso il futuro. Penso che la forza principale del film
sia proprio nell’equilibrio che è riuscito a trovare. E’
un lungometraggio che parlerà a più di una generazione di spettatori.
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COVER STORY
OLTRE
STEVE
JOBS
L’uomo e la leggenda: Danny Boyle e
Aaron Sorkin lo raccontano in perfetta
sintonia. Con uno script shakespeariano
e Fassbender fenomenale
di Marina Sanna
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COVER STORY
D
u e t ra i p i ù b e i
film di quest’anno
condividono bizzarramente una
p a ro l a , a n z i u n
nome, Lisa.
Lo spiraglio nella
corazza di un uomo famoso, Steve
Jobs di Danny Boyle (e soprattutto
di Aaron Sorkin, uno degli scrittori di
cinema e televisione più geniali in
circolazione), in uscita il 21 gennaio,
e in pole position nella corsa agli
Oscar. La voce meravigliosa di una donna,
che si chiama appunto Lisa, per il
protagonista di Anomalisa di Charlie
Kaufman. Un uomo di plastilina, che
per un breve momento s’innamora,
dimentica la famiglia, la fatica della
routine, la mediocrità della vita. Opere diversissime, una in stop motion,
eppure di una crudezza inimmaginabile, l’altra con attori fenomenali e
uno script shakesperiano. Ma in entrambi è una Lisa a far prevalere o
trapelare il sentimento. Si chiama così anche la figlia di Jobs: nonostante
cerchi di rifiutare la paternità in tutti i
modi, sostenendo con un algoritmo
che ci sono ben 28 possibilità su
cento che non sia il padre, non può
infine ignorare l’evidenza: la prima
volta che Lisa gioca con il programma di pittura del computer, dando
prova di aver ereditato qualcosa in
più dei meri tratti somatici. Per lei
che ascolta sempre la musica, lui intravede un oggetto minuscolo che
conterrà almeno 500 canzoni. L’iPod
che verrà. Il film è diviso in tre parti,
il lancio del Macintosh in un campus
vicino a Cupertino nel 1984, quindi il
Michael Fassbender con la
piccola Ripley Sobo. Sopra Jeff
Daniels e Kate Winslet. Pagine
precedenti ancora Fassbender
con Seth Rogen
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rivista del cinematografo
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cubo nero della Next nel ’88 e quello
dell’iMac nel ’98. Boyle sceglie di girare in 16mm, quindi in 35mm e poi
in HD, seguendo la rivoluzione estetica di Jobs e riprendendolo da vicino,
da lontano, facendo sua la tecnica di
Sorkin “Walk and talk”, che ha rivoluzionato il modo di fare le serie (prima tra tutte West Wing) e si basa
essenzialmente sul dialogo, le persone camminano e parlano in continuazione, metodo tra l’altro vicino al
Jobs pensiero. Sorkin e Boyle, all’apparenza pianeti lontani anni luce,
hanno trovato la nota giusta, per raccontare quello che finora sembrava
impossibile: la leggenda di Steve
Jobs. Quando Boyle ha ricevuto la
sceneggiatura di Sorkin, quasi 200
pagine, si è concentrato su ogni atto
separatamente, facendo recitare gli
attori e girando la storia cronologicamente. Questo ha permesso a Michael Fassbender di entrare totalmente nel personaggio: capelli lunghi, corti, ancora più radi, progressivamente sempre più Jobs nella mimica, nel fisico, nell’atteggiamento.
Un uomo duro, a volte crudele, un visionario. Affascinante e anaffettivo,
paranoico e convinto di essere Giulio
Cesare assediato dai nemici. Non si
fidava di nessuno, fatta eccezione
per il capo marketing Joanna Hoffman (Kate Winslet, straordinaria, riesce persino a sembrare bruttina all’i-
“METTI UN COMPUTER NELLE MANI
GIUSTE, FALLO DIVENTARE UNO
STRUMENTO BELLO, UNA PROTESI DI
TE STESSO”
nizio), che lo guida nei momenti più
difficili, come la crisi con la figlia orm a i d i c i a n n ove n n e. I l ra p p o r to
con Steve Wozniank (bravo anche
Seth Rogen), l’amico con cui è incominciata l’avventura in un garage. Il
giovane con il know how e il ragazzo
con il sogno, o meglio la visione che
avrebbe cambiato il futuro, la comunicazione, l’interazione a livello mondiale. La rivoluzione di Jobs è chiara
fin dall’inizio, mentre parla con John
Sculley (Jeff Daniels), ex executive
della Pepsi: “Metti un computer nelle
mani giuste. Fallo diventare uno strumento bello, elegante, una protesi di
te stesso: trasforma il pc, una macchina oscura e inquietante, in qualcosa
che possono e voglio usare tutti”.
Jobs va avanti, imperterrito, sebbene
ci siano le difficoltà con l’Apple: i Mac
sono belli ma non rendono quanto
dovrebbero. Inventa qualcos’altro: la
scatola nera Next che ha un sistema
operativo che si porterà dietro quando tornerà all’Apple come Ceo. Un
capo feroce quanto appassionato che
spinge i suoi a lavorare anche 20 ore
al giorno, e dice ai designer: “Puoi fare di meglio”. Una, due, tre, quattro
volte prima di guardare davvero che
cosa ha davanti.
Che sprona il team perché dia il meglio ma è incapace di essere gentile
o almeno ”a decent man”, come gli
rimprovera Steve. Ambizioso, audace, intelligente, elettrizzante, il ritratto di Sorkin deve qualcosa al libro di
Walter Isaacson, ma si basa su altro:
interviste, ricerche e invenzione. Un
film impressionante in cui non ci sono sbavature, cliché: tutto si svolge
senza perdere un colpo come una
scintillante prova d’orchestra. Lo
stesso Jobs se pensava a un equivalente, del resto, si vedeva come un
direttore che esegue una partitura
perfetta.
Il regista Danny Boyle sul set del film. Sopra
Katherine Waterstone con Ripley Sobo in una
scena di Steve Jobs
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COVER STORY
MACCHÉ
MONDO È
La filosofia dell’I e l’estetica
dell’individualizzazione esasperata
di Nicola Lagioia
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OGNI VOLTA CHE PENSO A STEVE JOBS,
mi viene in mente un aneddoto di inizio Novecento che vede Indro Montanelli alle prese con Henry Ford. Siamo nel 1935: Ford ha
più di settant’anni ed è in pensione, Montanelli è un giovane giornalista di stanza negli
Usa che intervistandolo prova a segnare
una tappa importante della sua carriera. A
un certo punto del botta e risposta, Ford
parte con un’interminabile lamentazione
sull’America tradizionale che non esiste più,
quella delle praterie e della natura incontaminata. Al che Montanelli gli fa notare che
proprio le aziende come la sua hanno distrutto per sempre quel tipo di mondo. Ed
Henry Ford: “In che senso, scusi? Non la capisco proprio”. Come accade talvolta a certi
geni – scriverà il giornalista italiano nel suo
ritratto del grande imprenditore – Ford non
riusciva a cogliere neanche lontanamente le
conseguenze delle proprie azioni.
Mi sono sempre domandato se qualcosa di
simile possa valere per Steve Jobs. Di sicuro comprendeva la portata rivoluzionaria
dell’avventura di cui è stato protagonista.
Ma riusciva a vedere anche nei coni d’ombra? Sono stati i colossi dell’informatica
come Apple a cambiare per sempre il volto del capitalismo. Via l’immagine della
fabbrica brutta, sporca e cattiva. Al suo
posto aziende molto cool, eleganti, fascinose, traboccanti di gente creativa in odor
di progressismo ed empatia. Poi, però, se
dall’immagine di copertina passiamo ai numeri, qualche perplessità viene. Negli Anni
Sessanta, General Motors raggiungeva i 7
miliardi di dollari di ricavi dando un salario
a 600.000 dipendenti. Quest’anno Apple
guadagnerà circa 80 miliardi di euro occupando 92.600 persone (fonte “Corriere
della Sera”). La differenza tra il capitalismo
del secondo Novecento e quello di inzio
XXI secolo è all’osso tutta qua. La filosofia
dell’”I” (iPhone, iMac, iPad...) ha assottigliato la distanza tra noi e gli oggetti con i
quali conviviamo per tutta la giornata. Non
abbiamo a che fare con rozzi macchinari
anonimi, ma con qualcosa che non solo ci
appartiene ma ci somiglia, talmente tanto
da essere (sul piano estetico, sinestetico,
emotivo) un nostro prolungamento. Benissimo. Ma tutto questo non rischia di fomentare anche un’estetica (e un’etica)
dell’individualità esasperata? E alla lunga,
in un mondo in cui il concetto di “beni comuni” sarà sempre più importante, risulterà davvero vantaggioso?
Infine, la piacevolezza delle interfacce (sia
fisiche, che virtuali) ci rende meno fastidiosa la circostanza di essere reperibili ventiquattr’ore al giorno. Rispondiamo alle mail
di lavoro anche alle dieci di sera.
Ai WhatsApp di lavoro fino all’una del mattino. E ritocchiamo fino alle due (sempre del
mattino) la relazione che il nostro capo dovrà avere virtualmente sulla scrivania tra poche ore. Insomma, il techno-cool lavoro aumenta la nostra produttività da più di quindici anni a questa parte. Bene, ma adesso
domandatevi: per aumentare la produzione
vi pagano più di quanto in proporzione accadeva in età analogica? O, in alternativa,
state lavorando di meno? La risposta è no. E
la conseguenza – in modo più che ovvio – è
che di quell’aumento di produttività sta beneficiando qualcun altro.
Non so se Steve Jobs, al pari di Henry Ford,
vedesse solo il bicchiere mezzo pieno. Voi,
però, la prossima volta che vi trovate a carezzare il vostro iPhone come vostro padre
sognava di fare con il cofano di una Jaguar,
fatevi venire un sospetto sul perché nell’Imondo del XXI secolo quella Jaguar non la
guiderete mai.
Fassbender (al centro) con
Michael Stuhlbarg e Kate Winslet.
Sotto il vero Steve Jobs con il
primo Mac e poi l'iPad
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intervista
incontri
“La sfida più grande che ho
affrontato fino a oggi”, dice Ron
Howard. Che torna alla baleniera
Essex e alle origini di un mito,
quello di Moby Dick
NOME IN CODICE:
di Adriano Ercolani
Dalla S di Sciarra alla E di
(The) End, passando per
la R di Roma: guida
ragionata al 24esimo film
di James Bond
In mare
aperto
di Angela Bosetto
FARE DA SEQUEL a Skyfall non è facile,
ma Spectre punta a ripagare con incassi
da capogiro il fatto di essere il film più
lungogli
e caro
della saga
Dopo
sfavillanti
anni di
’70007:
del due
suo ore
ul- e
mezza
costate
300 milioni
di dollari.
timo
Rush
il grande
Ron Howard
si è
Stavolta,
insieme
nuovi Mnel
(Ralph
spinto
ancora
piùaiindietro
tempo,
Fiennes),
Q (Ben
e grande
fino
al 1820,
per Whishaw)
portare sul
Moneypenny
(Naomie
James
schermo
Heart
of theHarris),
Sea, racconto
Bond
(Daniel Craig)
affrontare
il
del
naufragio
della deve
baleniera
Essex
suo nemico
supremo:
causato
all’attacco
di l’organizzazione
un’enorme baleinternazionale
S.P.E.C.T.R.E.
na
bianca. Il fatto
reale che L’acronimo
ispirò Herideato
da Ianper
Fleming
per SPecial
man
Melville
il suosta
capolavoro
letExecutive
for Counter-intelligence,
terario
Moby
Dick. Un film sorprenTerrorism,
Revenge and Extortion,
dente
e contemporaneo,
che confertuttavia,
se scandito
in maniera
ma
le doti
di grande
narratore che
alternativa,
anche svelare
l’autore
di Apuò
Beautiful
Mind esette
Cindeaspetti
pellicola.
rella
Mandella
ancora
oggi possiede.
S come Swann e Sciarra
Ossia i cognomi delle due nuove
Bond girl: la psicologa Madeleine (figlia del criminale Mr. White/Jesper
Christensen, sfuggito all’MI6) e la vedova Lucia (il cui marito, membro
della SPECTRE, muore per mano di
007), interpretate rispettivamente da
Léa Seydoux e Monica Bellucci. La
“francesizzazione” del personaggio
di Madeleine ha messo da parte (almeno per il momento) l’idea di inserire un’attrice scandinava, mentre il
cameo femminile iniziale è andato alla messicana Stephanie Sigman.
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
intervista
Che tipo di sfida ha rappresentato per lei il
confronto con il mito di Moby Dick?
A livello cinematografico è la sfida più grande
che ho affrontato fino a oggi, sia per le scene
d’azione che per l’attenzione ai particolari e
l’approfondimento dei personaggi. Per fortuna
avevo avuto già un paio di buone esperienze in
mare aperto con Splash – Una sirena a Manhattan e Cocoon, perché l’unico modo per mantenere il film nel budget concordato era girare
veramente nell’Oceano. Ogni inquadratura che
non prevedeva effetti speciali meccanici o digitali è stata girata in mare. Questo ha anche
cambiato il mio solito stile, invece di girare
grandi inquadrature panoramiche ho lavorato
più su quelle strette e sull’intimità dei rapporti
tra i personaggi. Con la giusta preparazione ab-
biamo potuto prevedere tutte le sfide che ciò
comportava, e questo ha alleggerito la pressione durante le riprese. Una buona organizzazione permette poi anche di improvvisare: ad
esempio quando cambiavano gli agenti atmosferici potevamo passare da una scena all’altra
molto in fretta.
La riproduzione digitale della balena è impressionante…
Abbiamo puntato al massimo del realismo, non
volevo che diventasse la solita creatura mostruosa che vediamo nei film oggi. Anche se
adoro Lo squalo di Spielberg, non volevo che
l’animale apparisse e sparisse subito come succede in quel film, la balena doveva essere ben
presente, una minaccia costante e reale.
Che cosa ha imparato da Heart of the Sea? E
Qui e sopra, Chris
Hemsworth. A destra
Cillian Murphy e altre
scene di Heart of the
Sea. In apertura Ron
Howard
40
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
“VOLEVO CHE LA BALENA
FOSSE SEMPRE BEN
PRESENTE: UNA MINACCIA
COSTANTE E REALE”
quali sono gli eroi nel suo film?
Ho capito soprattutto che posso seguire il mio
istinto con più tranquillità, quasi sempre funziona. C’è dell’eroismo nel film, certo: per me si
tratta di affrontare le circostanze avverse e tenere duro fino al massimo possibile. Coloro che
sopravvissero a tutti quei giorni in mare furono
indubbiamente eroici.
Il suo passato di attore l’aiuta a lavorare con il
cast?
Mi aiuta ad aprire un ponte di comunicazione
con gli attori e a guadagnarmi la loro fiducia.
So che sfide, che problemi devono affrontare e
cerco di aiutarli, ma il più delle volte non ne
hanno bisogno. La verità e che molte delle persone che hanno raggiunto la celebrità sono dei
gran lavoratori, volevano avere successo e hanno sputato sangue per essere dove sono.
Quando ero ragazzo in poco tempo ho recitato
con Henry Fonda e John Wayne, e poi ho diretto Bette Davis. Personalità molto diverse tra loro con un unico denominatore comune: erano
più professionali e disposti a dare il massimo di
chiunque altro sul set. Questo è ciò che amo di
più in Tom Hanks, e Chris Hemsworth ha la
stessa predisposizione. Sono molto rispettosi
delle opportunità che vengono loro concesse.
Se dovesse fare una Top 5 dei suoi film, quali
sceglierebbe?
Apollo 13 di sicuro. Anche A Beautiful Mind e
Cocoon. E Parenti amici e tanti guai, che considero un film molto personale. E poi metterei insieme Rush e quest’ultimo, due esperienze fantastiche. Diciamo che ho una prospettiva troppo personale nei confronti dei miei film per dire
oggettivamente quali sono i migliori.
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
41
RIVOLUZIONE
SPAZIALE
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
star wars
Nuove galassie e personaggi
per il VII episodio firmato
J.J. Abrams. Che affida il Capitano
degli Stormtroopers a
Gwendoline Christie. L’indomita
guerriera del Trono di spade e
la prima cattiva della serie
di Alessandro De Simone
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
43
star wars
‘‘
T
“Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”. È sempre
un’emozione ripensare all’incipit di Guerre Stellari, una saga che
a 38 anni dalla sua nascita è ancora capace di scuotere il mondo, in trepidante attesa del 16 dicembre, quando finalmente
Star Wars Episodio VII: il risveglio della Forza arriverà nelle sale.
Responsabilità enorme per J.J. Abrams, che ha dalla sua la già
vincente resurrezione cinematografica di Star Trek e, cosa ben
più importante, un rispetto sacro nei confronti del materiale
che gli è stato affidato dalla Walt Disney con il benestare di
George Lucas. Il creatore di Lost non si è risparmiato, ha messo
insieme un cast straordinario, richiamando in servizio gli interpreti originali, il cui fascino e carisma sono rimasti intatti, almeno da quello che si è potuto vedere in fase di promozione, e ha
affiancato loro un gruppo di giovani leoni che faranno la storia
dell’epopea nei prossimi anni. Daisy Ridley, John Boyega, Adam
Driver, Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, il premio Oscar Lupita
Nyong’o. E anche Gwendoline Christie, la guerriera Brienne di
Tarth di Game of Thrones che dal mondo fantastico di Westeros è approdata p oi a quello futur-distopico di Panem nell’episodio conclusivo di Hunger Games e ora tra le stelle, non troppo lontane per lei, visti i suoi abbondanti 1,91 cm di altezza.
L’abbiamo incontrata a Londra per farci raccontare della sua
esperienza nel Risveglio della Forza.
Miss Christie, ci parli prima di tutto del suo personaggio.
Interpreto il capitano Phasma, sono a capo degli Stormtroopers
ed è un personaggio che fa parte del Lato Oscuro. Si tratta della
prima cattiva nella saga di Star Wars e sono molto fiera di avere
questo privilegio.
Come ci si sente a far parte di questa straordinaria avventura?
Sopraffatta. Dal momento in cui era stata annunciata la nuova
trilogia ho iniziato a chiedere al mio agente di fare di tutto per
farne parte. Ovviamente non ero la sola, ma era così forte l’eredità che ha lasciato su così tante persone nel mondo, me compresa, che non potevo non provare con tutte le mie forze. Credo
che C1-P8 sia stata la mia prima cotta cinematografica.
La sua costanza è stata premiata. Può dirci com’è andata?
Ero a New York per la premiere della quarta stagione di Trono di
spade. Ho ricevuto una telefonata e ho dovuto mollare tutto per
andare a firmare un patto di non divulgazione e incontrare J.J.
Abrams. Non ho potuto dire niente a nessuno, devo essere sembrata molto maleducata. Le trattative sono andate avanti per
mesi e bisognava risolvere il fatto che avrei girato il film in contemporanea alle riprese di Trono di spade. Ho capito di avercela
fatta solo quando sono arrivata sul set.
Se Phasma ci sarà anche nei prossimi film, la sua vita diventerà
molto complicata.
Bel tentativo, ma non posso rivelare ancora se sarà così o meno.
In ogni caso, spero di avere sempre problemi di questo tipo.
Come tutti gli Stormtroopers, nel film indossa una maschera. È
stato difficile per la sua interpretazione?
No, è stata una sfida. In GoT indosso sempre l’armatura, pesantissima, e questo mi ha insegnata a gestire il corpo per renderlo
espressivo attraverso il costume di scena. Phasma ha il volto coperto dalla maschera, quindi ho lavorato ancora di più per trasmettere le mie sensazioni con i movimenti e la postura.
Un’ultima curiosità: ha già giocato con la sua action figure?
Assolutamente sì. E fa un bellissimo effetto.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
Tutti i personaggi del
VII episodio. Con le new
entry Adam Driver
(il malvagio Kylo Ren),
Oscar Isaacs e John
Boyega. A destra in
basso il regista J.J.
Abrams con Daisy Ridley
“Sono sopraffatta.
la mia prima cotta
Credo che C1-P8 sia stata
cinematografica”
star wars
LA FORZA
DEL BRAND
Da Annikin ad Anakin
Skywalker a Poe
Dameron: la space opera
di Lucas tra fumetti e
rivoluzione Abrams
di Gianlorenzo Franzì
P
Prima di Guerre Stellari la fantascienza
era relegata nella benemerita Serie B, se
si eccettuano le sporadiche divagazioni
filosofiche di Tarkovski e Kubrick, così
dense di significato fino a diventare impenetrabili. Solo George Lucas, samurai
solitario con una sua idea di cinema ben
precisa, ebbe il coraggio di importare la
space opera nei blockbuster d’autore,
contaminandola con tutti i generi e ridefinendo in maniera assoluta il concetto
di marketing applicato ad un prodotto
presumibilmente artistico come quello
cinematografico.
E allora ecco che emerge la vera “forza”
di Star Wars e del suo brand: essere un
concentrato di fattori diversi e uguali, un
contenitore capace di intercettare ieri il
desiderio di evasione di una generazione sognante così come oggi la voglia di
riscatto da un mondo concentrazionario
modulata attraverso il canone della fuga
e dell’inseguimento; e ancora, oggi più
di ieri, la necessità dell’industria hollywoodiana di rinnovare il proprio imma-
46
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
ginario e ampliarlo. È per questo che la
prima trilogia era frizzante e caratterizzata da una baldanza fumettistica che
esuberava in uno scontro avventuroso e
manicheo fra Bene e Male, colma di una
spensierata naiveté impensabile oggigiorno, figlia dell’amministrazione a
metà strada tra Ford e Reagan; mentre
la seconda era più cupa e più legata all’amministrazione Bush e agli anni immediatamente successivi all’11/9.
Dovrebbe essere storia nota che l’idea
della “Forza” sia stata partorita da George Lucas durante una sua lunga degenza in ospedale. È invece meno risaputo
che nello script originario di Lucas, Luke
era un veterano di guerra, Han Solo non
era umano, l’Imperatore Palpatine aveva
sembianze ben diverse ma soprattutto
era Annikin Skywalker (e non è un refuso), figlio del grande guerriero Jedi Bendu Kane Starkiller, il vero eroe della serie
che lottava contro il Nuovo Impero.
In questo particolare si innestava lo spirito della seconda trilogia: la figura di
Anakin, angelo caduto e sacrificato sull’altare dell’opportunismo politico di un
senatore assetato di potere, era allora
centrale negli episodi I, II e III, che premevano l’acceleratore sull’allegoria politica, vestendo Star Wars di eleganti simbologie fuori fuoco negli episodi IV, V e
VI, impregnandola di una cupezza, di un
fatalismo struggente che prima mancavano.
A dare compattezza al marasma narrativo, comunque, ci pensano gli altri media: con la Lucasfilm acquistata dalla Disney (che ha da poco inglobato anche la
casa editrice Marvel), i fumetti tratti
dall’universo lucasiano hanno oggi una
rinnovata vitalità. Affidate ai migliori artisti in piazza - Mark Waid e Jason Aaron fra gli scrittori, John Cassaday, Sturart Immonen, l’italico Simone Bianchi
fra gli illustratori -, i serial ambientati
nell’universo classico dei film collegano
storie e personaggi, trame e sottotrame,
unendo politica e avventura, morti e resurrezioni.
© 2015TWENTIETH CENTURY FOX FILM CORPORATION. TUTTI I DIRITTI RISERVATI.
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IL GRANDE CINEMA TARGATO
VIDEA
MACBETH
ABOUT RAY
di Justin Kurzel - con Michael Fassbender,
Marion Cotillard - Drammatico
(aka THREE GENERATIONS)
di Gaby Dellal - con Naomi Watts, Elle Fanning,
Susan Sarandon - Commedia
THE
WHOLE TRUTH
Courtney Hunt - Keanu Reeves,
ILSusanna
NOSTRO
TRADITORE TIPO
White - Ewan McGregor, Naomie Harris,
di
con
Renée Zellweger, James Belushi - Thriller
di
con
Stellan Skarsgård, Damian Lewis - Thriller
CHOCOLAT
di Roschdy Zem - con Omar Sy,
James Thiérrée - Drammatico
ELVIS & NIXON
di Liza Johnson - con Kevin Spacey,
Michael Shannon, Alex Pettyfer - Commedia
Crediti non contrattuali
A N T I C I P A Z I O N I
HHhH
di Cédric Jimenez - con Mia Wasikowska,
Rosamund Pike, Jason Clarke - Drammatico
LA GATTA
CENERENTOLA
Alessandro Rak, Ivan Cappiello,
di
Marino Guarnieri, Dario Sansone - Animazione
ALWAYS
ON MY MIND
Chris D’Arienzo- Glenn Close, Nick Nolte,
di
con
Laura Dern - Drammatico
BALLERINA
di Eric Summer, Eric Warin
Animazione
THE FOUNDER
di John Lee Hancock - con Michael Keaton,
Laura Dern, Nick Offerman - Biopic
VIDEA S.p.A. - Via Livigno, 50 - 00188 Roma - Tel. +39 06.33.18.51 - Fax +39 06.33.18.52.55
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TSO criminale
La regista
Costanza
Quatriglio
documenta il
caso gravissimo
di Francesco
Mastrogiovanni
87 ORE
“Quando il potere non ha
relazione umana”: l’ultimo,
lancinante film di Costanza
Quatriglio. Tra denuncia civile e
ontologia dell’immagine
di Federico Pontiggia
“Quando il potere non ha nessuna relazione umana: 87 ore racconta un’altra banalità del male che si alimenta
attraverso l’assuefazione e i comportamenti meccanici”. In onda il 28 dicembre in seconda serata su Rai Tre,
87 ore è il nuovo radicale, necessario
e lancinante film di Costanza Quatriglio: inquadra l’agonia del maestro
Francesco Mastrogiovanni, morto il 4
luglio 2009 dopo cinque giorni di
TSO (trattamento sanitario obbligatorio) nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania in Cilento.
Cinque giorni legato mani e piedi al
letto, cinque giorni crocefisso nell’indifferenza di medici e infermieri, cinque giorni alla fine dell’umano. Prodotto da Doc Lab, già in cartellone al
festival Arcipelago di Roma e poi in
sala con Cineama, prende il titolo dalle ore registrate dalle nove videocamere di sorveglianza che documenta-
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
49
TSO criminale
so applicato come un mandato di cattura: essere matto è tornato a essere
un capo di imputazione, una colpa”,
quello della Quatriglio non è (solo) cinema performativo, impegno civile
fatto immagini e suoni, documento
fatto documentario, bensì, un riportare in vita, un riaffidare all’umano le immagini meccaniche e mute della morte, la candid camera dell’aberrazione.
87 ore dimostra che il cinema può an-
stato prelevato dal mare e, diciamo
così, ricondotto al mare, perché è
morto per annegamento interno, con i
polmoni riempiti d’acqua”, e questa
circolarità incornicia “non la storia di
mio zio, ma solo i suoi ultimi giorni:
mio zio – dice Grazia Serra - era una
persona molto riservata, e questo rende quelle 87 ore ancora più dolorose.
Ma credeva nella libertà e amava gli
ultimi, e penso sarebbe d’accordo an-
Alle camere di sorveglianza del CCTV
si contrappone la cura fatta camera (e
montaggio) della regista
no l’agonia del maestro elementare. I
75’ del film ne sono costituiti pressoché per intero: riprese dall’alto e a
passo uno, sono le immagini dell’apocalisse. Apocalisse laica: la sostituzione della cura umana in sorveglianza
meccanica, l’annichilimento dell’umanità nella frammentazione della responsabilità (medici e infermieri), la
morte come esternalità negativa, e
mera conseguenza, dell’affrancamento dall’umano. Il processo di appello in primo grado condannati i 6 medici,
prosciolti i 12 infermieri – è ancora in
corso, del caso si sono occupati tv (Mi
manda RaiTre), stampa (L’Espresso,
che aveva mandato in loop quelle 87
ore), ma per la Quatriglio “la sfida era
far diventare il documento materia di
narrazione. L’osservazione è la chiave,
perché l’osservazione disumana delle
camere di sorveglianza può solo filmare il disumano che c’è nel reparto.
Quello che accade appartiene alla logica dell’insensatezza, ma è legato al
meccanismo di ciò che succede là
dentro”.
Se per Luigi Manconi di A buon diritto, qui soggettista con Valentina Calderone, “la contenzione meccanica
andrebbe abolita - è uno strumento
meccanico antiterapeutico e sostanzialmente disumano – e il TSO è spes-
50
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
cora cambiare il mondo perché cambia le immagini, la loro titolarità, il loro
status ontologico – e dunque filantropico. Perché alle camere di sorveglianza del CCTV 87 ore contrappone
la cura fatta camera (e montaggio)
della Quatriglio. Osserva, la regista,
come “Francesco Mastrogiovanni è
che lui: che tutti vedano, perché bisogna cambiare la realtà”. La realtà di
noi uomini e donne, la posizione di noi
spettatori: dal “che cosa vede chi” del
CCTV al “chi vede che cosa” di 87 ore,
noi dove guardiamo? E che cosa – e
chi – ci riguarda? Occhio per occhio
e…?
Le nove videocamere di sicurezza del reparto psichiatrico di Vallo della Lucania
TRASMET TERE EMOZIONI È UN DONO.
LISTINO KOCH MEDIA 1°SEMESTRE 2016
REGALI DA UNO SCONOSCIUTO - THE GIFT
KNOCK KNOCK
CONSEGNA PREVISTA:7 GENNAIO 2016
CONSEGNA PREVISTA: FEBBRAIO 2016
CONSEGNA PREVISTA: MARZO 2016
(Credits not Contractual)
THE VATICAN TAPES
ZETA
7 MINUTI
L’OTTAVA NOTA - BOYCHOIR
CONSEGNA PREVISTA: APRILE 2016
CONSEGNA PREVISTA: MAGGIO 2016
CONSEGNA PREVISTA: MAGGIO 2016
IL CASO FREDDY HEINEKEN
CONSEGNA PREVISTA: GIUGNO 2016
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Twitter: @KochMediaIT
RITRATTI
di Orio Caldiron
THE
VOICE
Da qui all’eternità passando
per i musical: l'icona Frank
Sinatra, a cent'anni dalla
nascita
52
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
In apertura Frank Sinatra nel ritratto di
Marco Letizia. Qui in Colpo grosso (Ocean’s
Eleven), film di Lewis Milestone del 1960
N
Nessuno dei suoi film ha mai tentato di rievocare la serata del 30 dicembre 1942 al Paramount Theater di Manhattan, quando esplode il mito Sinatra accolto dalle urla delle
bobby-soxers che svengono contagiate da
un attacco di isteria collettiva. Frank Sinatra –
nasce a Hoboken, New Jersey, il 12 dicembre
1915 da padre siciliano e madre ligure, e muore a Los Angeles il 14 maggio 1998 – s’impone nel corso di una carriera strepitosa come
uno dei grandi interpreti della musica leggera
americana, cantando con voce inconfondibile, calda e sommessa, i motivi del suo magico
repertorio, da “Strangers in the Night” a “My
Way”, da “Night and Day” a “The Lady Is a
Tramp”, che coniuga l’influenza del jazz con i
gusti del pubblico di massa.
Nel dopoguerra la popolarità del re dello
swing, sex symbol ma non ancora icona mediatica, rimbalza al cinema con una decina di
musical, di cui il più trascinante è Un giorno a
New York (1949), dove con Gene Kelly e Jules Munshin, rinnova il genere scatenandosi
nelle coreografie in esterni al ritmo di “New
York, New York”. Ma la piena affermazione
dell’attore avviene soltanto con Da qui all’eternità (1953). Il ruolo del soldato Angelo
Maggio – picchiato a sangue dal sergente Ernest Borgnine muore tra le braccia di Montgomery Clift – gli vale l’Oscar, mentre la sua
vita privata è in crisi. Separatosi da Nancy
Barbato, la prima moglie che gli ha dato
Nancy, Frank Jr. e Tina, sposa Ava Gardner,
da cui presto divorzia alimentando a lungo la
curiosità dei rotocalchi.
Se il batterista schiavo della droga di L’uomo
dal braccio d’oro (1955) conferma le sue qualità drammatiche, il biscazziere di Bulli e pupe
(1955) è il più disinvolto e ruba la scena a
Marlon Brando in difficoltà con “A Woman in
Love”. Il reporter di Alta società (1956) gli offre l’occasione di misurarsi con Bing Crosby,
che era stato il suo idolo e di cantare “You’re
Sensational” a Grace Kelly nel suo addio al cinema. Nel bellissimo Qualcuno verrà (1958) è
lo scrittore disilluso che dopo la guerra ritorna nella sua città di provincia dove incontra la
prostituta Shirley MacLaine che si sacrifica
per salvargli la vita. Il clan Sinatra – di cui fanno parte Dean Martin, Sammy Davis Jr., Peter
Lawford – partecipa a Colpo grosso (1960),
Tre contro tutti (1962), I quattro del Texas
(1963), I 4 di Chicago (1964), farsesche trasferte a Las Vegas, nel West, nella Chicago
anni trenta che trionfano al box-office.
Sovrappeso, sempre in odore di scandalo, in
L’investigatore (1967), La signora nel cemento (1968), Inchiesta pericolosa (1968), tra incontri di boxe, scommesse alle corse, telefonate al bookmaker, si ricicla in chiave hardboiled, prima di dedicarsi alle sue imprese
nello show-business e dintorni. Osteggiato
dagli eredi, chissà se andrà mai in porto il
biopic che Martin Scorsese vorrebbe dedicargli puntando sui lati oscuri di “The Voice”,
dal sesso all’alcol, dalla rissosa litigiosità
dell’uomo pubblico alle chiacchierate amicizie mafiose.
MARTIN SCORSESE RIUSCIRÀ MAI A
REALIZZARE IL BIOPIC SU DI LUI,
RACCONTANDONE I LATI OSCURI?
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
53
LA
MIGLIORE
SULLA
CARTA
PROVALA PER UN ANNO A €19,90
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I TOP 5
56
al Cinema
OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO
Francofonia
60
64
Il piccolo principe
58
Il ponte delle spie
65
Our Little Sister
Irrational Man
62
59
Regression
Carol
65
La isla minima
68
56 Francofonia
58 Il ponte delle spie
59 Regression
59 Il labirinto del silenzio
60 Irrational Man
61 Macbeth
61 Il gesto delle mani
62 Carol
63 Mon roi
64 Il piccolo principe
65 Our Little Sister
65 La isla minima
66 Quel fantastico peggior
anno della mia vita
68 Perfect Day
69 Preview
Il figlio di Saul
Quo vado
L’abbiamo fatta grossa
The Danish Girl
La corrispondenza
La grande scommessa
Perfect Day
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
55
i film del mese
Con i musei
ci sa fare: dopo
l’Hermitage e il
Bojimans, stavolta
tocca al Louvre
FRANCOFONIA
Sokurov va oltre il film per come lo conosciamo oggi:
godardiano e umanista, il suo selfie per l’eternità
In uscita
Regia Aleksandr Sokurov
Con Benjamin Utzerath,
Louis Do de Lencquesaing
Genere Drammatico (87’)
N
on ha vinto il Leone
d’Oro di Venezia 72,
ma voi ricordate chi
ha vinto? Poco importa.
Non solo per il talento
cinematografico e lo
spessore umano di
Aleksandr Sokurov,
Francofonia va oltre il film
per come lo conosciamo
oggi: si direbbe d’impronta
godardiana, per quanto e
come riflette sul linguaggio,
ibrida e mashuppa filmico e
profilmico, si destreggia tra
formati, supporti, suoni,
rumori, selezione e
combinazione dei segni.
“
Francofonia è meta-film e
oltre il film, perché se l’arte
è destinata a perire tra i
marosi mondani, che sono
insieme della natura e della
politica umana, entrambe
senza coscienza, non c’è
tempo. Bisogna fare in
fretta, bisogna fare cinema.
Giugno 1940, i tedeschi
hanno preso Parigi: il conte
Franz Wolff-Metternich
(Benjamin Utzerath), capo
del Kunstschutz, la
commissione tedesca per la
protezione delle opere
d’arte in Francia, incontra
Jacques Jaujard (Louis Do
de Lencquesaing), il
direttore del Louvre, colui
che ha concepito il piano
d’evacuazione dei musei
francesi. La storia e la
Storia, il film nel film,
perché Sokurov non solo
meta-testualizza, ma intertestualizza guidato da un
solo faro: l’umanesimo.
Con i musei ci sa fare:
all’Hermitage di San
Pietroburgo nel 2002 aveva
realizzato Arca russa, l’anno
precedente al Bojimans
Museum di Rotterdam
Elegy of a Voyage. Nei
saloni di fronte ai quadri
celeberrimi, gli spettatori
eletti sono due, la Marianne
libertèegalitèfraternitè e
Napoleone, il vero fautore e,
sì, pure custode del Louvre.
Guarda la Mona Lisa e lo
dice: “Sono io”. Difficile
dargli torto, non c’è arte
senza Marte.
Mentre Palmira, e il suo
custode, viene decapitata
dalla barbarie dell’Isis,
Sokurov accoglie la sfida
suprema, far ragionare
ragione di Stato e ragione
dell’arte, far stringere la
mano e il cuore all’art pour
l’art e all’umanesimo, per un
nuovo, ultimo e utopico
Rinascimento. Che sia,
questa, operazione
contemporanea lo ribadisce
lo stesso intreccio di
dubsmash (Hitler…), skype,
montaggio del suono,
interpolazione digitale, CGI
che fa di Francofonia una
Babele linguistica in cui,
però, tutto è congruente,
parlante e comprensibile:
sistema aperto, in cui il
cinema per l’arte tutta
cerca di difendersi dal
mondo stando nel mondo e
donandosi al mondo. Cos’è
la Nike di Samotracia, se
non questa vittoria
possibile?
Viva la Marianna, viva
Napoleone, perché il fine
ultimo, salvaguardare l’arte
e dunque noi stessi,
giustifica i mezzi, dice
Sokurov, la collaborazione e
il collaborazionismo.
Sokurov ha la forza, e le
palle, per dirlo, e ci mette la
faccia: in Francofonia non
c’è solo la sua voce, come
nelle precedenti Elegie, ma
lui stesso. Ben venga un
selfie, se serve a salvarci.
S’intende, un selfie per
l’eternità: Francofonia.
FEDERICO PONTIGGIA
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
i film del mese
IL PONTE DELLE SPIE
Si rinnova il connubio tra Spielberg e Hanks: più dramma morale che spy story
In uscita
Regia Steven Spielberg
Con Tom Hanks, Alan Alda
Genere Thriller (141’)
STEVEN SPIELBERG ci ha raccontato
più volte di guerre ed eroi, soprattutto
di quelli disarmati, quasi inconsapevoli,
mossi da carità e cuore. E più volte ha
portato sullo schermo storie di
personaggi comuni ed esempi
edificanti, soprattutto se inseriti in
contesti difficili o avversi. Come il
James B. Donovan interpretato da Tom
Hanks, maschera perfetta per un ruolo
che si offre come sintesi ideale delle
precedenti collaborazioni con il regista
di Cincinnati (Salvate il soldato Ryan,
Prova a prendermi e The Terminal).
Ci sono la dedizione e il coraggio, la
capacità e la forza di andare oltre il
proprio dovere, spirito e ironia
nell’avvocato di Brooklyn costretto
58
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
dalla coscienza a opporsi al suo stesso
Paese, a cavallo tra maccartismo e
Guerra Fredda, per difendere la
presunta spia Rudolf Abel e trattare il
rilascio di due prigionieri trattenuti da
sovietici e tedeschi dell’Est. E nello
scontro-confronto tra due giganti
come Tom Hanks e Mark Rylance
(pluripremiato interprete soprattutto
teatrale, qui nei panni dell’accusato) sta
la vera spina dorsale del film, forse
meno equilibrato e ricco di tensione
rispetto a precedenti Spielberg, ma che
sotto la usuale patinata perfezione
stilistica nasconde una anima grande.
Indubbiamente più dramma morale che
‘legal’ o ‘spy movie’, Il ponte delle spie
offre una materia unica alle sapienti
mani del regista, e soprattutto dei fratelli
Coen, eccezionalmente autori di una
sceneggiatura fortemente marcata dal
loro timbro. Si potrà restare spiazzati
dallo humour inatteso di certe scene o
delusi dalla mancanza di veri e propri
cliffhanger, ma di certo non indifferenti
al succedersi di momenti coerenti tra
loro nel costruire una immagine di
grande umanità e giustizia. E nell’offrire
al pubblico - almeno a quello più maturo
- un senso di particolare comunione, un
coinvolgimento che si potrebbe scoprire
usciti dalla sala, magari ripensando alle
immagini (rare al cinema) della
costruzione del Muro di Berlino.
Soprattutto in una fase storica nella
quale certe tentazioni tornano a
diffondersi pericolosamente…
MATTIA PASQUINI
Script dei fratelli Coen, il loro
timbro ironico si sente
IL LABIRINTO DEL SILENZIO
Processo ad Auschwitz: ricostruzione scialba
Bartel, è una messa in scena elegante,
dai colori saturi e vivaci come quelli che
generalmente associamo agli anni ’50
(quelli dei mélo in technicolor, con una
predominanza di toni rossi e verdi), che
danno al film un look d’antan
vagamente artefatto. Sotto il profilo
visivo ricorda un altro film recente che
si è occupato dei postumi del nazismo
e della questione del risarcimento,
Woman in Gold, anche se dal punto di
vista narrativo sarebbe più un sequel di
Vincitori e vinti di Stanley Kramer, sul
processo di Norimberga. Quello contro
i responsabili di Auschwitz arrivò
parecchi anni dopo, nel 1960, grazie
all’impegno di un giovane procuratore
molto ambizioso e parecchio schifato
dalla volontà di rimozione di un’intera
nazione. Film giusto ma troppo
didascalico.
GIANLUCA ARNONE
NON DEVE ESSERE STATO un anno
eccezionale in Germania se il meglio
che i tedeschi hanno trovato per farsi
rappresentare agli Oscar è una scialba
ricostruzione d’epoca sul primo
processo contro gli aguzzini di
Auschwitz. L’altra nota di colore è che il
candidato in questione, Il labirinto del
silenzio, è diretto da un italiano
emigrato in Germania, il debuttante
Giulio Ricciarelli. Quella di Ricciarelli,
anche sceneggiatore con Elisabeth
Anteprima
Regia Giulio Ricciarelli
Con André Szymanski, Alexander Fehling
Genere Drammatico (124’)
REGRESSION
Horror paradossale
e moderno. Al netto della
suspense
In sala
Regia Alejandro Amenabàr
Con Ethan Hawke, Emma Watson
Genere Horror (106’)
MINNESOTA, anni ’90. Un caso di abusi
sessuali a danno di una minore (Emma
Watson) si allarga e diventa
un’indagine sull’esistenza di una
presunta setta devota al diavolo e
dedita a rituali particolarmente efferati.
Se ne occupano un detective (Ethan
Hawke), uno psicologo (David Thewlis)
e un prete (Lothaire Bluteau). Il ritorno
di Alejandro Amenàbar all’horror è solo
apparente: atmosfere e look visuale
rimandano al cinema degli anni ’70,
epoca a cui ci riporta anche la pista
demoniaca inseguita dal regista
spagnola. Ma è una pista da prendere
con le pinze così come bisogna fare
attenzione a non scambiare Regression
per un horror old style. È invece
un’operazione smaliziata e moderna,
mossa da un consapevole progetto
antifrastico: ad Amenàbar non
interessano gli effetti ma le cause, non
che cosa fa paura ma perché facciamo
di tutto per provarla. In questo modo è
come se il film ci lasciasse guardare
dentro i suoi segreti, smontando quello
stesso meccanismo della suspense che
nella prima parte sembra operare
regolarmente. Con più ironia sarebbe
piaciuto a Wes Craven, anche se per
entrambi i cliché (letteralmente) si
sprecano. Approccio inusuale, che
merita considerazione. Per le
palpitazioni però vedere altro.
GIANLUCA ARNONE
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
59
i film del mese
IRRATIONAL MAN
Ennesima e originale rilettura del proprio cinema: Allen ancora più beffardo e spietato
In uscita
Regia Woody Allen
Con Joaquin Phoenix, Emma Stone
Genere Commedia (95’)
MENTRE SI CONTINUA A BOLLARE il
recente cinema di Woody Allen come
minore e a denunciare ripetizioni e
manierismi, si perde di vista un dato
di fatto: che Allen nel corso degli anni
ha continuato a rileggere, a criticare, a
riformulare il proprio cinema e i suoi
topoi. Irrational Man pare continuare
con maggiore ironia e beffardo
cinismo questa operazione,
continuando non di meno a parlare di
esseri umani.
Il film racconta la relazione tra un
professore di filosofia, sfatto e
nichilista ma affascinante, e una
studentessa: il cliché tipico si tingerà
di nero quando l’idea di uccidere un
giudice incompetente darà al
professore nuova linfa vitale. Allen,
autore ovviamente anche della
60
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
sceneggiatura, parte da Crimini e
misfatti e Match Point per virarli in
salsa beffarda, in chiave di commedia
nera con la quale smitizzare alcuni
degli elementi cardine del proprio
cinema.
A partire dalla depressione del
protagonista, presentata come
maschera sociale più che disagio
umano, Irrational Man infila i luoghi
comuni del cinema alleniano e li
smonta con cura e spietatezza:
l’amore per la filosofia e la
psicoanalisi, i classici russi e il cinema
d’epoca, le idiosincrasie borghesi,
tutto mostra il suo vero volto alla luce
della stupidità con cui Allen descrive i
personaggi, mostrandoli come
parvenu. È un cinismo che non è fine
a se stesso, ma serve a fare i conti con
la propria età e la propria idea di sé. Il
tutto con una precisione di scrittura e
regia ormai finissima, da cui
bisognerebbe apprendere ogni tocco,
ogni cambio di ritmo, ogni notazione:
basti vedere la scena chiave del film,
quando Joaquin Phoenix, bravissimo
in vesti che ironizzano sul suo cliché,
prende atto di voler uccidere il
giudice.
Come i veri maestri, coloro che fanno
cinema come respirano, l’uso dei
piani, dei campi, di musiche e
movimenti è finalizzato all’idea che
vogliono comunicare e al netto di
categorizzazioni che hanno più a che
fare col gusto che con la critica,
vanno sempre a segno, come la luce
che irradia dal volto di Emma Stone.
EMANUELE RAUCO
Un cinismo mai fine a se stesso,
personaggi come parvenu
IL GESTO DELLE MANI
Il metodo della fusione a cera in un doc ipnotico
IL METODO DELLA FUSIONE a cera
persa nella creazione delle statue di
bronzo: tecnica antichissima già in
uso nella Grecia del quinto secolo (i
Bronzi di Riace ne sono tra i più illustri
testimoni), e tuttora quotidianamente
dunque colonna sonora e voce
narrante, e si affida alla forza
documentaria delle immagini e dei
rumori ambientali: scelta stilistica
ostica, ma la pregnanza visiva è
innegabile nell’affascinante resoconto
del processo creativo di una scultura
realizzata dall’artista Velasco Vitali. Si
resta come ipnotizzati dinanzi al
lavoro metodico e certosino degli
artigiani, soprattutto delle loro mani,
maieutiche guide che conducono lo
spettatore attraverso tutte le fasi della
lavorazione sino al risultato finale, dal
modello in cera all’inossidabile opera
di bronzo. Un appassionato elogio alla
tradizione e all’arte manuale,
intrigante e godibile anche per i
profani (questo è forse il maggior
merito) che è valso a Il gesto delle
mani il Premio Fipresci a Berlino 2015.
adoperata dalla Fonderia Artistica
Battaglia di Milano. Per raccontare
questa singolare realtà, nel suo doc Il
gesto delle mani, il regista Francesco
Clerici rinuncia coraggiosamente a
qualunque tipo d’intervento, via
GIANFRANCESCO IACONO
“videoclippato” e post-postpostmoderno; le accelerazioni e
decelerazioni continue che denotano il
Movimento della Storia più che nella
storia; la fluidità di certe carrellate, a
ricordo di certi ralenti di Wong Kar-wai;
il montaggio discontinuo,
paradigmatico, configurante un unico
flusso di coscienza, di immagini oniriche
e di voci sibilate, di piccoli strappi, di vai
e vieni temporali lungo l’asse
cronologico. Di atmosfere spettrali, di
terre e cieli letteralmente colorati di
rosso. Rarefazioni alla Refn, senza quel
malessere che preme sulla forma e
la informa. Una versione smaccatamente
cupa, smorta più che funerea, truculenta
più che sanguigna, baraccona più che
barocca. Muscolare ma senza attributi.
Che brucia di un fuoco di scena. E lancia
nuvoloni di fumo negli occhi.
In sala
Regia Francesco Clerici
Genere Documentario (77’)
MACBETH
Versione sovraccarica e
pop. Non avvince,
semmai sfinisce
Anteprima
Regia Justin Kurzel
Con Michael Fassbender, Marion Cotillard
Genere Drammatico (113’)
RISPETTARE IL DETTATO
shakesperiano “a parole” cercando una
modernità di facciata. L’obiettivo è
scontata, il risultato scadente. Il
restyling pop del Bardo voluto da
Justin Kurzel con la complicità di
Fassbender e Cotillard non funziona su
diversi piani e non convince per molte
ragioni. A partire dal processo di
astrazione che impone su tutta la
drammaturgia, la musicalità della
composizione scenica, la chiave
monologica, tutto esageratamente
GIANLUCA ARNONE
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
61
i film del mese
COLPO DI
FULMINE
CAROL
Delicata storia d’amore
con finale perfetto. Cate
Blanchett e Rooney Mara
al top
Anteprima
Regia Todd Haynes
Con Cate Blanchett, Rooney
Mara
Genere Drammatico (118’)
Q
uante volte
abbiamo desiderato
leggere una storia
d’amore che ci trascinasse
nel vortice inspiegabile del
primo incontro?
Lo sguardo che incatena
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
uno al destino dell’altro o
dell’altra malgrado volontà,
circostanze, passato,
presente e futuro?
Con Carol, romanzo
autobiografico, Patricia
Highsmith c’e riuscita. Uno
sguardo e poi lo svelarsi dei
sentimenti lungo la
narrazione, la magia del
colpo di fulmine. Un’opera
piuttosto rara nella carriera
della scrittrice statunitense,
nota più per trame dark, un
piccolo scandalo nel suo
percorso, tanto che Carol è
stato pubblicato sotto
pseudonimo.
Poco conosciuto fino a oggi,
quando Todd Haynes ha
deciso di farne un film, così
fedele nella sua essenza,
che i personaggi sembrano
usciti direttamente da quelle
pagine. Cate Blanchett,
bellissima ricca e sofisticata,
ma Therese, Rooney Mara, la
giovane che rimane
folgorata da quella visione
ai grandi magazzini in cui
lavora, è semplicemente
perfetta. Straordinaria.
Tanto da essere lei il fulcro,
da cui sgorgano
inconsapevoli e confuse
eppure sempre più
abbaglianti, le emozioni:
sorpresa, sconcerto, paura e
infine completo abbandono
alla vita. Al presente, al
futuro incerto. Tanto da
essere stata premiata con la
Palma per la migliore attrice
a Cannes.
Todd Haynes incornicia
In sala
MON ROI Il fascino indiscreto del furbetto: il re
Vincent Cassel alla corte di Maïwenn
questa storia degli anni
cinquanta in quadri perfetti,
con i meravigliosi costumi
di Sandy Powell, senza
sbagliare una nota. Senza
cedere, né eccedere.
Riprende le due magnifiche
attrici attraverso finestre,
specchi, riflessi. Gabbie di
vetro in cui sono rinchiuse e
poi scompaiono quando
sono insieme.
I primi piani malinconici e
potenti, come la forza che
le attira inesorabilmente
una verso l’altra. Non solo
perché è il 1953 e Carol è
sposata, ma ha una figlia
che non può perdere.
Therese, invece, non ha
nulla, solo una macchina
fotografica, con cui cattura
momenti, volti, espressioni:
Carol. Libera, sorridente,
felice.
Ci sono scene di grande
bellezza, che fanno battere
il cuore e un finale
assolutamente perfetto.
MARINA SANNA
DICIAMOLO SUBITO, il
Georgio – sì, scritto così di Vincent Cassel, pur
fascinoso e a tratti
irresistibile, lo
prenderemmo a mazzate
per quanto è, ipse dixit, “il
re dei coglioni”, ma ciò non
può, e non deve, ricadere
negativamente sul film.
Opera seconda di Maïwenn,
Mon roi non condanna né
fiancheggia: il racconto
non è né morale né
immorale, piuttosto
amorale, in perfetta
sintonia con il re che s’è
scelto. Georgio è uno dei
tanti ricchi di oggi: bella
casa arredata con cattivo
gusto, ristoranti e altri
affari, un rapporto, ehm,
contrastato con il fisco e
un passato (presente?) da
modellaro. Con le donne,
ovvio, ci sa fare: buona
penultima, ci casca Tony
(Emmanuelle Bercot,
migliore attrice ex aequo a
Cannes 2015), che vediamo
subito spaccarsi un
ginocchio sugli sci.
Tentato suicidio? Beh,
l’ipotesi regge. Lasciamo
perdere i paragoni che non
reggono, da Un uomo, una
donna in giù, Maïwenn
canta la vita estetica, ed
estetizzante, del re e della
regina suo malgrado,
appoggiandosi ai suoi due
ottimi interpreti.
Mon roi ha il merito
fondamentale, tra qualche
compiacimento e più di
qualche lungaggine, di
annusare l’aria che tira: già,
quanto possono essere
fascinosi i furbetti del
quartierino?
FEDERICO PONTIGGIA
Regia Maïwenn
Con Vincent Cassel,
Emmanuelle Bercot
Genere Drammatico (130’)
dicembre 2015
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fondazione ente dello spettacolo
63
i film del mese
IL PICCOLO PRINCIPE
Versione animata del celebre romanzo di Saint-Exupéry: operazione senza magia
Anteprima
Regia Mark Osborne
Genere Animazione (108’)
CIÒ CHE MARK OSBORNE e Bob
Persichetti hanno fatto con il celebre
romanzo di Antoine de Saint-Exupéry
– alla terza versione big screen dopo
quella del lituano Arunas Zebriunas
(1967) e l’altra in chiave musical di
Stanley Donan (1971) - è un tentativo
di aggiornare la storia rendendola più
acconcia alla moderna narrativa per
l’infanzia di scuola DreamWorks (da
cui proviene d’altra parte Osborne:
suo era Kung Fu Panda).
Intenzione per alcuni aspetti lodevole,
risultato che invece lascia molto a
desiderare. A questo Piccolo
principe 2.0 manca quasi del tutto la
magia dell’originale: se il romanzo era
un capolavoro di “complessa”
semplicità, con quel tono trasognato,
la dimensione astratta e
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
una sovrastruttura favolistica dentro
cui celava un nucleo filosofico
profondo, il film sacrifica parte della
ricchezza testuale accodandosi da un
lato all’adagio sci-fi contro il solito
incombente potere tecnocratico,
dall’altro concedendosi una licenza
facile e politicamente à la page
riscrivendo un romanzo di “soli
uomini” da un punto di vista
femminile. Peccato che l’ancoraggio a
un hic et nunc preciso – siamo in una
città di una società capitalistica
avanzata - tolga a una storia senza
tempo un po’ del suo mistero.
Le suggestive figure allegoriche
del Piccolo principe - la rosa, il
serpente, il pozzo - vengono
sclerotizzate e “adattate” alla
struttura banalmente manichea del
film (che ovviamente non si spinge
mai a teorizzare un superamento del
modello sociale preso di mira, semmai
un aggiustamento). Ma è sul piano
visivo che il confronto è impietoso:
l’algida esattezza del digitale nulla
può contro l’animazione tradizionale
del disegno originale di SaintExupéry, così come viene mostrato in
un lungo flashback. Quel tratto così
ingenuo, imperfetto, eppure autentico
e poetico, unito alla dimensione della
nostalgia (che è fare esperienza di
una perduta innocenza), scioglie
davvero il cuore e aumenta i rimpianti
per un’operazione che, con un po’ di
coraggio in più, avrebbe potuto
essere meravigliosamente “fedele”
all’originale.
GIANLUCA ARNONE
L’algido digitale nulla può contro
la poesia del disegno originale
LA ISLA MINIMA
Un True Detective nella Spagna (post)franchista
progressista, parla gentile e
condiscendente con la moglie al
telefono, dei due è il poliziotto buono.
Non potrebbero essere più distanti,
eppure, devono collaborare: la
risoluzione del caso ipoteca il loro
futuro. Indagano, e la realtà - prima che
la verità: è rintracciabile la verità? - che
viene letteralmente a galla sa di
putrefazione allargata, connivenze e
omertà: chi è colpevole, se non l’intero
villaggio alla foce del Guadalquivir? Le
ultime vittime, due sorelle, illuminano
una palude che non è solo fisica, ma
morale: padri correi, ragazzi dal coltello
facile, ricchi depravati. Noir più che
thriller da 10 premi Goya, La isla
mínima ha regia pulita e calzante,
interpreti senza fronzoli ed efficaci e,
soprattutto, la capacità di fare del
genere un grimaldello sociopolitico.
FEDERICO PONTIGGIA
1980: la Spagna che (non) esce dal
franchismo, un serial killer di ragazzine
e due detective. Regia di Alberto
Rodríguez, La isla mínima è una sorta
di True Detective iberico, ma ad alto
voltaggio politico: per fare carriera, che
cosa siamo disposti a tacere, meglio,
ignorare? A indagare sono Juan
(Gutiérrez), che piscia sangue e ha
tanti scheletri nell’armadio, e Pedro
(Arévalo), l’uomo nuovo della Spagna
post-franchista: è moderno,
In sala
Regia Alberto Rodríguez
Con Raúl Arévalo, Javier Gutiérrez
Genere Noir (105’)
OUR LITTLE
SISTER
Ritratto di sorelle in
interno giapponese:
Kore-eda, ai suoi medi
Anteprima
Regia Hirokazu Kore-eda
Con Haruka Ayase, Masami Nagasawa
Genere Drammatico (126’)
PICCOLE DONNE CRESCONO. Non il
regista: il giapponese Kore-eda
Hirokazu non si conferma ai livelli
eccelsi di Like Father, like Son (2013),
Our Little Sister (Umimachi Diary) non
rapisce. Tre sorelle, Sachi (29 anni),
Yoshino (25) e Chika (21), vivono
insieme nell’avita casa a Kamakura: il
padre non lo vedono da 15 anni,
quando se ne andò di casa per
un’altra donna, e pure la madre manca
da parecchio. Insomma, tre ragazze
sole al mondo, ma se ne aggiungerà
una quarta alla morte del padre: Suzu
(13 anni), la loro sorellastra, per giunta
orfana. La convivenza aprirà nuove
possibilità per tutte, la conservatrice
Sachi e la fresca Yoshino, la
sempliciotta Chika e la piccola Suzu,
che al pari della maggiore Sachi potrà
finalmente vivere l’infanzia che non ha
avuto… L’abilità di Kore-eda nel
cogliere e tratteggiare i moti
dell’animo non si discute: ha occhio e
cuore per le sfumature e le
increspature, e il cast gli dà man forte
in empatia. Eppure, Our Little
Sister suona un po’ programmatico, se
volete fiabesco – nel senso di una
Cenerentola buonista – e lo spettro
alcottiano (Louisa May Alcott), la
sospensione in un tempo a tratti
immoto e inamovibile non aiuta: belle
le attrici, ma non basta.
FEDERICO PONTIGGIA
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65
i film del mese
QUEL FANTASTICO PEGGIOR
ANNO DELLA MIA VITA
Trionfatore al Sundance. Diverte e tocca il cuore l’opera seconda di Gomez-Rejon
In uscita
Regia Alfonso Gomez-Rejon
Con Thomas Mann, Olivia Cooke
Genere Commedia (105’)
IL VINCITORE del Sundance Film
Festival 2015. Si presenta con questa
etichetta Quel fantastico peggior anno
della mia vita (pessimo il titolo italiano,
decisamente più appropriato l’originale
Me and Earl and the Dying Girl),
secondo lungometraggio di Alfonso
Gomez-Rejon che durante l’ultima
edizione della kermesse dedicata al
cinema indipendente ha ottenuto il
Premio del pubblico e il Gran Premio
della Giuria: U.S. Dramatic.
Protagonista è l’adolescente Greg che,
durante il suo ultimo anno di liceo, passa
le giornate dividendosi tra due coetanei:
il “collega” Earl, con cui realizza
strampalati film amatoriali, e la
sfortunata Rachel, una ragazza malata
66
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
di leucemia che sua madre l’ha costretto
a frequentare. Scritto da Jesse Andrews,
che ha preso ispirazione dal suo
omon imo romanzo, il film è un classico
dramedy a stelle e strisce, capace di
alternare efficacemente dramma e
commedia. Non manca qualche
ingenuità strutturale (la parte centrale è
un po’ ripetitiva), ma è una pellicola che
fa piuttosto bene il suo dovere,
riuscendo a divertire (esilaranti i
“remake” prodotti da Greg e Earl) e a
toccare corde emotive profonde (la
sequenza in ospedale) allo stesso
tempo. Se qualch e scelta narrativa può
sapere un po’ di maniera, la regia si
mantiene comunque accattivante e
suggestiva, con ambiziosi movimenti di
macchina e scelte visive tutt’altro che
banali. Gomez-Rejon si è fatto le ossa
lavorando per la televisione, prima con
Glee e poi con American Horror Story,
ma il suo stile è ormai perfetto anche
per il grande schermo e, smorzando
qualche ingenuità, potrebbe diventare
uno dei no mi nuovi del cinema
americano su cui puntare. Talentuoso
anche nel dirigere gli attori (nel suo
prossimo lavoro, The Current War, ci
saranno Jake Gyllenhaal e Benedict
Cumberbatch, rispettivamente nei panni
di George Westinghouse e Thomas
Edison): sono perfetti, infatti, i giovani
protagonisti, capaci di rendere credibili
tre outsider non semplici da interpretare
e con cui, anche grazie alla loro
interpretaz ione, è facile empatizzare.
ANDREA CHIMENTO
L’empatia con i personaggi è
assicurata, scelte visive mai banali
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i film del mese
PERFECT DAY
Il dopoguerra nei Balcani? Aspro e spiazzante, con Benicio Del Toro e Tim Robbins
In uscita
Regia Fernando León
Con Benicio Del Toro, Tim Robbins
Genere Drammatico (106’)
BOSNIA 1995. Mentre la guerra è
appena arrivata alla conclusione, un
gruppo di operatori umanitari si deve
confrontare con un ostacolo
imprevisto: rimuovere il cadavere di un
soldato dal fondo di un pozzo per
evitare che contamini l’acqua del
villaggio. L’operazione, di per sé lineare,
diventa inaspettatamente complicata…
Parlare di una guerra, descriverne fatti
e azioni può essere semplice, permette
di muoversi lungo il già detto e di
limitarsi a ripetere la cronaca. Oppure si
può andare a cogliere il momento
incerto e inafferrabile delle ostilità
appena concluse, quella terra di
nessuno nella quale non ci sono più
nemici da combattere ma tante diverse
realtà che si confrontano, ciascuna con
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
l’encomiabile obiettivo di pacificare e
rimettere ordine nella vita civile. Su
questo segmento si muove Perfect
Day, diretto da Fernando León de
Aranoa, affermatosi a livello
internazionale con I lunedì al sole
(2002) con Javier Bardem, film di
insolita asprezza espressiva e di tenace
plasticità drammatica. La capacità di
raccontare il già molte volte raccontato
(tanti i titoli sulla/e guerra/e nella ex
Jugoslavia), di accostare un approccio
insolito e originale, di restituire
incertezze e spaesamenti mai
artificiosi, è al centro di questa
produzione anomala. Dentro la
nazionalità spagnola e l’ambientazione
in Bosnia si muovono infatti quattro
protagonisti ben distinti tra loro: un
americano (B/Tim Robbins), un
portoricano (Mambrù/Benicio del
Toro), una ucraina (Katya/Olga
Kurylenko), una francese
(Sophie/Melanie Thierry). Inciampi e
imprevisti li mettono uno contro l’altro,
favoriscono rivelazioni e confessioni,
fanno emergere contrasti, paure, timori,
cinismo. Sfumature caratteriali
emergono nello scontro tra pubblico e
privato, tra il dramma della guerra
lontana e un amaro umorismo a
cementare rinunce e rimpianti. Emerge
la capacità del regista di imprimere
all’inquadratura quel senso di verità che
spacca la finzione e fa vivere la storia
come un documento non più
replicabile.
MASSIMO GIRALDI
Film ricco di dark humour
e sfumature caratteriali
i film del mese preview
a cura di Manuela Pinetti
IL FIGLIO DI SAUL
QUO VADO
LA CORRISPONDENZA
AUSCHWITZ-BIRKENAU, ottobre
1944. All’orrore quotidiano del
deportato ebreo ungherese Saul si
aggiunge il dolore più grande: l’uomo
riconosce tra i cadaveri del campo di
concentramento il corpo di suo figlio.
Ora Saul deve scegliere se partecipare
alla rivolta con gli altri prigionieri o
dedicarsi alla ricerca di un rabbino
che dia degna sepoltura al ragazzo. In
concorso all’ultimo Festival di Cannes,
vincitore del Grand Prix.
LA MOBILITÀ lavorativa e il welfare
secondo Checco Zalone. Un
impiegato pugliese detentore di posto
fisso e con l’ufficio dietro casa vede a
rischio per una riforma il proprio
lavoro. Pur di salvarlo lascerà la
provincia di Bari per una vera e
propria odissea che lo condurrà a
Lampedusa, in Val di Susa e in
Sardegna, fino ad approdare in
Norvegia. Sarà davvero la società
perfetta di cui tutti parlano bene?
COSA GUIDA le persone nella scelta
di una professione? Una studentessa
universitaria (Kurylenko) nei momenti
liberi lavora come stuntwoman: le
acrobazie e il pericolo sono realmente
il suo mestiere. Eppure oltre la
passione per l’azione c’è dell’altro, un
passato che la ragazza non riesce a
superare. L’aiuto giungerà da un suo
docente (Irons). Riprese in Alto Adige,
Trentino, Piemonte, Edimburgo e
York.
Regia László Nemes
Con Géza Röhrig, Levente Molnar
Regia Gennaro Nunziante
Con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi
Regia Giuseppe Tornatore
Con Jeremy Irons, Olga Kurylenko
LA GRANDE
SCOMMESSA
L’ABBIAMO FATTA
GROSSA
THE DANISH GIRL
LE BANCHE non sono oneste, la crisi
era prevedibile. Non è una teoria
complottista, ma quel che alcuni
investitori, in parte piuttosto
scalcinati, avevano immaginato prima
che la crisi finanziaria del 2007
esplodesse in tutta la sua potenza.
Cast stellare: Christian Bale, Brad Pitt,
Steve Carell, Ryan Gosling, Amy
Adams. Tratto dal libro di Michael
Lewis The Big Short: Inside the
Doomsday Machine.
YURI PELAGATTI (Albanese) è
convinto che sua moglie abbia un
altro. Ci sta così male che anche il suo
lavoro di attore teatrale ne risente:
dimentica le battute in scena. Fa
dunque pedinare sua moglie
dall’investigatore Arturo Merlino
(Verdone), specializzato in
ritrovamento animali, che però si
imbatte in una valigia piena di soldi…
È nato il nuovo duo della commedia
(gialla) del cinema italiano.
NEGLI ANNI VENTI e trenta del
secolo scorso Lili Elbe – artista,
modella, musa – era piuttosto nota un
po’ in tutta Europa. Quello che quasi
nessuno sapeva era che Lili era nato
Einar Wegener, ovvero uomo, era
sposato con una donna e che fu una
delle prime persone ad essere
identificate come transessuale. A
interpretare Lili/Einar troviamo Eddie
Redmayne, già acclamato
protagonista de La teoria del tutto. Regia Adam McKay
Con Christian Bale, Ryan Gosling
Regia Carlo Verdone
Con Carlo Verdone, Antonio Albanese
Regia Tom Hooper
Con Eddie Redmayne, Alicia Vikander
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore
TELE
A CURA DI VALERIO SAMMARCO
DA NON PERDERE
Amy Winehouse canta
ancora. Tre passi
nel delirio e Caligari
La classe dei classici
Saghe da collezione
God Save the Queen
Social Surfing
Marlene Dietrich
Musica da spie
IN QUESTO
NUMERO
L’industria del
cortometraggio
nel report 2014
edito da FEdS.
Youtuber vs.
giornalisti?
Nostalgia
canaglia
Cofanetto Mad Men e non solo:
idee regalo per tutti
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TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Amy - The Girl
Behind the Name
In Blu-ray e Dvd il
commovente doc sulla
Winehouse. Con
molti extra
opo la prima mondiale a
Cannes e l’uscita evento in
sala che ha riscosso enorme
successo, arriva in homevideo
(anche in Collector’s Edition che,
oltre al film nei formati DVD e BluRay, contiene moltissimi contenuti
extra inediti) il commovente
documentario su Amy Winehouse
diretto da Asif Kapadia, già artefice
dello splendido ritratto su Ayrton
Senna. Come da sottotitolo, il film
scava nel dietro le quinte – grazie a
moltissimo materiale di repertorio –
di un’artista che, prima di finire nel
D
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
maledetto Club 27 (quello delle
rockstar morte a 27 anni, come Jim
Morrison e Jimi Hendrix, Janis
Joplin e Kurt Cobain), era una
ragazzina paffutella che faceva le
boccacce nei video amatoriali e
cantava – per il puro piacere di
farlo – di fronte ad un pubblico
raccolto, intimo, al quale raccontare
anche le proprie esperienze
attraverso la musica. La Winehouse
non c’è più, ma Amy e la sua voce
non moriranno mai.
DISTR. KOCH MEDIA
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Laclasse
deiclassici
a cura di Bruno Fornara
I diabolici
Omaggio a Caligari
Mentre continuiamo a fare il tifo
affinché Non essere cattivo
raggiunga (quantomeno) la
cinquina del miglior film straniero
agli Oscar, il film postumo di
Claudio Caligari arriva in
homevideo. Con l’occasione, oltre
all’edizione singola, è possibile
tornare alle origini del cineasta di
Arona con questo imperdibile
cofanetto che contiene anche
Amore tossico, suo primo (di
solamente tre) lungometraggi,
opera (del 1983) che ancora oggi
fa parlare di sé.
Dall’eroina di allora alle droghe
sintetiche degli anni ’90, con
Ostia sullo sfondo.
DISTR. CG HOMEVIDEO/GOOD FILMS
Tre passi nel delirio
Collezione Ozu
Il ragazzo invisibile
“Il Piacere del
Cinema”. La
collana
Teodora di
Vieri Razzini
arriva al 100°
titolo e festeggia il
traguardo con il celebre film
a episodi - Metzengerstein
(di Roger Vadim, con Jane
Fonda e Peter Fonda),
William Wilson (di Louis
Malle, con Alain Delon e
Brigitte Bardot) e Toby
Dammit (di Federico Fellini,
con Terence Stamp) ispirato a tre racconti di
Edgar Allan Poe.
Prosegue il
recupero dei
gioielli del
cineasta
nipponico. Da
non perdere
questo cofanetto Blu-ray
“Ozu Yasujiro - Autunno e
Primavera” - 6 dischi +
Libro “Ozu Yasujiro” di
Giorgio Placereani: in
versione restaurata Tarda
primavera (1949), Viaggio
a Tokyo (1953), Fiori
d’equinozio (1958), Buon
giorno (1959), Tardo
autunno (1960), Il gusto
del sake (1962).
In Dvd e
Blu-ray
l’ennesimo
cambiamento
di Gabriele
Salvatores,
che stavolta tenta la via
del cinefumetto made in
Italy. Molti gli extra
(commento al film, effetti
speciali invisibili, colonna
sonora, backstage, la
graphic novel) e booklet
16 pagine con vari
interventi , tra i quali quelli
del critico cinematografico
Gianni Canova e del
regista.
DISTR. TEODORA FILM
DISTR. CG HOMEVIDEO/TUCKER FILM
Periferia parigina. Uno di
quei funebri e cupi collegi
francesi, privato, per
ragazzi. Il direttore
tirannico, che maltratta sia
la moglie, insegnante e
proprietaria dell’immobile,
che l’amante, anche lei
insegnante. L’amicizia
ambigua tra le due donne
che si accordano per
ammazzarlo, pensano a
un piano infallibile, lo
ubriacano di whisky, lo
avvelenano, lo annegano
in una vasca da bagno, lo
buttano nella piscina per
simulare il suicidio. Intrigo
lineare, semplice e
sconvolgente. Non il
miglior Clouzot ma un film
efficace, soprattutto
quando lo si vede per la
prima volta: lucido,
preciso, gelido. Gelido
come l’acqua della piscina.
Clima di suspense e di
grettezza morale, deserti
umani, cinismo e crudeltà,
ambienti squallidi, intrighi
che si vorrebbero risolutivi
e che si rivelano inutili.
Quello che gli allievi del
collegio imparano ben
presto è solo questo.
Immagine pregnante: la
barchetta di carta nella
pozzanghera schiacciata
dall’automobile. E la
sequenza della mensa con
i bocconi di pesce marcio
da mandar giù...
Regia Henri-Georges Clouzot
Con S. Signoret, V. Clouzot
Genere Drammatico (Usa, 1955)
Distr. Dolmen Home Video
DISTR. 01 DISTRIBUTION
dicembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ted & Ted 2
Orsetto di
peluche? Sì,
con variante
anomala
però… Oltre
all’uscita del
secondo capitolo di Ted,
anche in Blu-ray edizione
che raccoglie entrambi i
film interpretati (e
prodotti) da Mark
Wahlberg e il suo
inseparabile e
sboccatissimo
orsacchiotto. Con molti
extra, tra i quali le scene
eliminate e le papere.
GIÀ DISPONIBILE
Le prime quattro stagioni di Downton Abbey.
E altre saghe: il Natale Universal
House of Cards
Per prepararsi
alla quarta
stagione di
House of
Cards (Netflix
l’ha
annunciata per il 2 aprile
2016), ecco boxset Blu-ray
che racchiude le prime tre
del political drama
concepito e prodotto da
Beau Willimon. Per capire
– una volta di più, e meglio,
anche grazie allo
strepitoso Kevin Spacey –
Gli intrighi del potere…
GIÀ DISPONIBILE
Minions
Extra a non
finire
(compresi tre
nuovi minifilm) e
divertimento
assicurato (oltre al boom
d’incassi ottenuto in sala):
i Minions arrivano in
homevideo e, con
l’occasione, è possibile
ritrovare anche
Cattivissimo Me e
Cattivissimo Me 2. In
cofanetto Blu-ray.
DISPONIBILE DAL 10 DICEMBRE
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Feste seriali
dicembre 2015
In attesa del “Christmas Special”
con cui si chiuderà la straordinaria
saga di Downton Abbey, ecco una
preziosa idea regalo per convincere
chi ancora non conosce i segreti
dei Crawley (e della loro servitù): le
prime quattro stagioni della serie tv
creata da Julian Fellowes (Gosford
Park di Robert Altman vi dice
nulla?...) raccolte in un unico boxset
da collezione. Vincitrice di 10
Em my Awards, 2 Golden Globes e
5 Bafta, Downton Abbey è tra le
prime dieci serie tv più vendute nel
mercato homevideo internazionale.
Ambientata nello Yorkshire
durante la fine dell’età edoardiana,
nella tenuta di campagna del
Conte e della Contessa di
Grantham, la serie segue le vite
dell’aristocratica famiglia Crawley
e dei loro servitori a partire dal 15
aprile 1912, data di affondamento
del Titanic. Alla notizia della
tragedia, la famiglia Crawley è
sconvolta nell’apprendere che il
cugino del conte, James Crawley, e
suo figlio Patrick, erede della loro
proprietà, sono deceduti nel
naufragio.
DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE
DALL’INIZIO ALLA FINE
Non sapete cosa regalare? Ecco qualche prezioso suggerimento
Sex and the City
Dexter
Probabilmente è
impossibile, magari
però qualche vostra
giovane amica non ha
ancora avuto modo di
conoscere la storia di
Carrie e le sue amiche.
La serie con cui HBO,
dal 1998 al 2004,
rivoluzionò molte
cose.
8 stagioni. Insieme al
serial killer più
ambiguo partorito dal
piccolo schermo negli
ultimi anni. Di giorno
esperto forense della
scientifica di Miami, di
notte in cerca di prede
che “meritano” di
morire. Lo imparerete
ad amare.
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Quentin Tarantino
Bates Motel
Mentre sta
per uscire
The Hateful
Eight,
ecco un
imperdibile
cofanetto Blu-ray (in
edizione limitata) con
Bastardi senza gloria e
Django Unchained, due
film di Quentin Tarantino
che hanno raccolto
complessivamente 3
Oscar. In regalo anche le
vintage card di Bastardi
senza gloria.
Chi era
Norman
Bates prima
di Psyco?
Ecco – in
boxset – le
prime due stagioni della
serie tv, sorta di prequel
in salsa freudiana del
capolavoro di Alfred
Hitchcock. Con Freddie
Highmore e Vera Farmiga:
sì, è la mamma Norma
Bates, quando era ancora
viva e vegeta…
Non abbiate paura.
DISPONIBILE DAL 10 DICEMBRE
DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE
Mission: Impossible
Da Brian De Palma a McQuarrie: i 5 film
Fa quasi impressione pensare
che il primo Mission: Impossible –
quello diretto da Brian De Palma –
sia del 1996, ormai quasi 20 anni
fa. Allora Tom - Ethan Hunt –
Cruise era poco più che trentenne.
Oggi, quattro episodi dopo e a 53 anni
compiuti, tiene ancora in mano le redini di una
saga dura a morire. E che con il quinto, recente
capitolo, Rogue Nation, diretto da Christopher
McQuarrie, è riuscita a toccare forse il vertice
della qualità. In cofanetto, e in Blu-ray, tutti i
film del franchise: una maratona per rimanere
col fiato sospeso, senza esclusione di colpi (di
scena).
Terminator Complete Collection
Con l’arrivo in Dvd e Blu-ray del recente Terminator
Genisys, è possibile rivivere l’intera saga cult grazie al
cofanetto Blu-ray Terminator Complete Collection: dal
1984 al 2029, tutto d’un fiato. Col grande ritorno di
Schwarzy! E molti contenuti speciali.
DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE
Mad Men
Will & Grace
Heroes
Don Draper (Jon
Hamm) e gli altri
pubblicitari della
New York anni ’60.
Finalmente in
cofanetto la serie di
culto targata AMC e
pluripremiata con
14 Emmy Awards e
con 4 Golden
Globe.
Will Truman (Eric
McCormack) e Grace
Adler (Debra
Messing): la loro
amicizia al centro di
una sit-com che in 8
stagioni (da fine anni
’90 a metà anni
2000) ci ha tenuto
compagnia con brio
e leggerezza.
“Save the cheerleader,
save the world”: il
mantra ci ha
accompagnato per
quattro stagioni. Poi è
finito (male) tutto. Per
rinascere ora (dopo
qualche tempo) con
Heroes Reborn.
Indimenticabile il
Volume Uno: Genesi.
dicembre 2015
rivista del cinematografo
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TELECOMANDO
/// Serie Tv ///------------------------------------------------------
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AMERICAN
ODYSSEY
[CANALE 311 MEDIASET PREMIUM]
Ogni venerdì, in anteprima esclusiva per l’Italia, a partire dall’11 dicembre
S
barca in anteprima esclusiva
su Premium Action, a partire
dall’11 dicembre, American
Odyssey, la serie che accende i
riflettori sui temi attualissimi degli
attacchi terroristici e i
finanziamenti più o meno occulti
ad Al Qaeda. L’appuntamento è
per ogni venerdì sera in prima
serata.
Il sergente Odelle Ballard (Anna
Friel), tradita e rimasta l’unica
piccolo schermo
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sopravvissuta durante
un’operazione speciale, scopre un
segreto potenzialmente letale: Al
Qaeda riceve finanziamenti proprio
dagli Stati Uniti d’America.
Da lì inizia il suo viaggio alla
ricerca della verità e il suo ritorno
verso casa che sarà pieno di
ostacoli e che si incrocerà
inaspettatamente con le vite
dell’avvocato Peter Decker (Peter
Facinelli) e dell’attivista politico
Harrison Walters (Jake Robinson).
Treat Williams interpreta il
colonnello Stephen Glen, mentre
come guest star troviamo Adewale
Akinnuoye-Agbaje (già vista in
Lost).
Intrighi e complotti nati dalle menti
creative di Peter Horton, Adam
Armus e Kay Foster, che cavalcano
la scia di planetari successi come il
film American Sniper e la serie
televisiva Homeland.
a cura di Federico Pontiggia
Sinatra
Natale in azione
Woody Allen
Studio Universal
AXN
Studio Universal
A 100 anni (12/12) dalla
nascita, il lunedì si
ricorda The Voice, con il
doc in prima tv FBI:
dossier Frank Sinatra e
quattro film.
Dal 24 al 27/12, ciak, si
mena: Terapia d’urto,
Charlie’s Angel – Più che
mai, The Transporter,
The Transporter:
Extreme.
Woody fa 80 anni, SU
lo festeggia ogni martedì: Il dormiglione,
Broadway Danny Rose,
Hannah e le sue sorelle
e Radio Days.
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
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WORLDWIDE
Meanwhile, in the UK...
L'inizio 2016 dei format Made in England.
Dal nuovo adattamento di Guerra e pace alla
prima miniserie diretta da Susanne Bier
a cura di Angela Bosetto
Sherlock: The
Abominable Bride
In attesa della quarta stagione,
il 2016 inizia con una chicca
imperdibile per gli amanti della
serie: un episodio speciale che
non solo porta la doppia firma
di Mark Gatiss e Steven Moffat,
ma ripristina pure
l’ambientazione vittoriana di
Sir Arthur Conan Doyle. La
puntata debutterà su BBC One
il 1° gennaio e quindi sarà nei
cinema angloamericani il 5 e 6
gennaio. Pronti a seguire
Sherlock Holmes (Benedict
Cumberbatch) e John Watson
(Martin Freeman) nella Londra
di fine Ottocento? The Game is
On!
The Night Manager
War and Peace
Dopo la storica versione firmata da
John Davies nel 1972, la BBC offre ai
propri spettatori un secondo adattamento di Guerra e pace, pensato per
conquistare le nuove generazioni. Giovane il regista (Tom Harper) e ancor più
i tre protagonisti: Paul Dano (Pierre Bezuchov), Lily James (Nataša Rostova) e
James Norton (Andrej Bolkonskij). A incarnare gli altri personaggi creati da
Lev Tolstoj saranno Jim Broadbent
(Principe Bolkonskij), Stephen Rea
(Principe Kuragin), Ade Edmondson e
Greta Scacchi (i conti Rostov), Callum
Turner (Anatole Kuragin), Tuppence
Middleton (Hélène Kuragin), Jessie
Buckley (Mar’ja Bolkonskaja), Jack
Lowden (Nikolaj Rostov), Tom Burke
(Fëdor Dolochov) e Aneurin Barnard
(Boris Drubeckoj). Escluso Dano, l’unica presenza americana è Gillian Anderson (Anna Pavlovna Scherer).
Dal romanzo Il direttore di
notte di John le Carré, il
triangolo pericoloso fra l’ex
soldato Jonathan Pine (Tom
Hiddleston), arruolato dai
servizi segreti britannici, lo
spietato trafficante d’armi
Richard Onslow Roper (Hugh
Laurie e la bella Jed (Elizabeth
Debicki). AMC e BBC si
uniscono per produrre la
prima miniserie televisiva
diretta da Susanne Bier, la
quale ha trasformato in donna
il personaggio cruciale di
Leonard Burr per poterlo
affidare a Olivia Colman, la
Ellie Miller di Broadchurch.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Borsa del cinema ///-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
UNIVERSO
CORTO
Piccoli formati e grandi numeri: alla scoperta di un
territorio finora poco esplorato, grazie alla pubblicazione
di Jacopo Chessa di Franco Montini
S
e incassi e redditività dei lungometraggi sono quotidianamente monitorati e l’economia
del settore è studiata e analizzata
con dovizia di dati, non altrettanto si
può dire del cortometraggio, un territorio finora quasi completamente
i g n o ra to. Ad o f f r i re
l’occasione di conoscenze e scoperte è
un’interessantissima
pubblicazione a cura di
Jacopo Chessa L’industria del cortometraggio italiano - Report
2014, primo volume di
una nuova collana “I
Quaderni di Cineconomy”, edita dalla Fon-
dazione Ente dello Spettacolo e dalla Direzione Cinema del MiBACT. Il
volume fornisce una panoramica
esauriente sulla realtà del cortometraggio, un’industria di piccoli formati e grandi numeri, perché i cortometraggi hanno una breve durata,
solo il 6% dei titoli supera i 30 minuti, ma se
ne producono un’infinità, circa 700 all’anno
n e l n o st ro p a e s e. È
un’industria senza soldi, perché la maggior
p a r te d e i f i l m s o n o
realizzati per passione.
L’ammontare compless i vo d e i co n t r i b u t i
pubblici per il settore,
sommando l’intervento del Ministero
dei Beni Culturali e degli enti locali
ammonta complessivamente a circa
1,3 milioni di euro all’anno. Insomma
da parte di autori e produttori c’è la
consapevolezza che difficilmente ci
sarà un ritorno economico, ma il numero delle persone che lavorano per
la realizzazione dei cortometraggi,
registi, attori, sceneggiatori, tecnici,
maestranze, sono complessivamente
alcune migliaia. Insomma, il settore
è caratterizzato da enormi contraddizioni che riguardano anche il piano artistico e linguistico, perché il
cortometraggio ha tempi televisivi,
ma strutture visive e sintattiche assolutamente cinematografiche.
Da qui le difficoltà del cortometrag-
NASCE LA COLLANA “I QUADERNI DI CINECONOMY”,
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
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Surfing
gio nel trovare spazio nelle sale, come in televisione. Infatti se da un lato la durata dei film poco si concilia
con la tempistica della programmazione sul grande schermo, dall’altro
l’attenzione che il documentario richiede poco si armonizza con il consumo ristretto dei teleutenti.
Ciò nonostante, le iniziative per ampliare la visibilità dei corti sul grande schermo sono in crescita, si pensi
al progetto “Cortometraggi che passione” promosso dalla FICE, la Federazione dei Cinema d’Essai, così
come è in crescita anche l’attenzione delle televisioni, in particolare da
parte dei canali Premium di Mediaset e Studio Universal. Mediaset in
particolare acquista fra i 100 e i 140
cortometraggi all’anno per un investimento di circa 200mila euro, ma
di questi solo una quota minoritaria,
sotto il 20%, è di produzione nazionale e soprattutto le singole cifre di
acquisto sono modestissime. Basti
pensare che una rete come ARTE
compra i corti ad un prezzo cinque
volte superiore rispetto ai canali italiani. In proposito c’è da segnalare
che da parte dei compratori stranieri, nonostante la mancanza di agenzie specializzate e attività di promozione, esiste un discreto interesse
nei confronti dei cortometraggi italiani.
Alla luce di questa realtà, i maggiori
contenitori e distributori di corti nel
nostro paese restano i festival e il
canale YouTube. Di manifestazioni
dedicate specificatamente al cortometraggio in Italia ne sono state individuate circa 250, il conteggio è
complicato anche perché molte manifestazioni nascono e muoiono con
grande rapidità. Quanto alla rete
non c’è dubbio che si tratti del terreno su cui far crescere rapidamente
la visibilità e l’economia del settore,
con la prospettiva di avviare un ciclo
virtuoso anche dal punto di vista
meramente commerciale.
@Marco_Spagnoli
Youtuber o non Youtuber
Critiche “dal basso” o “marchette”?...
L
i chiamano
blogger,
influencer,
youtuber: tutte
definizioni per ragazze
e ragazzi che scrivono
e recensiscono film,
serie televisive,
videogiochi. Un
fenomeno mondiale
che rappresenta una
forma di editoria ‘dal
basso’ e ‘diretta’.
Ovvero giovani più o
meno di talento che
parlano di argomenti
vari in maniera libera,
in grado di essere
capiti dai loro
coetanei altrimenti in
‘fuga’ da mezzi
tradizionali come la
televisione o i giornali.
Fino a qua niente di
male. Anzi: la
condivisione della
cultura, nell’era
digitale, diventa
globale e si può
parlare di tutto senza
filtri e
condizionamenti.
Almeno in apparenza.
Questi milioni di
download e di ‘mi
piace’ hanno colto
l’attenzione di molte
multinazionali e sono
diverse le società
chiamate in gergo
‘aggregatori’ che,
come delle moderne
agenzie di attori e
attrici, mettono
insieme questi ragazzi
e gli trovano dei
contratti alle volte per
dei film, altre per
l’inserimento di
prodotti pubblicitari
all’interno delle loro
performance digitali.
Adesso, però, si va
“oltre”, invadendo il
confine del branded
entertainment al limite
deontologico della
televendita. Lontano
da ogni ipocrisia, tutti
i giornali sopravvivono
con la pubblicità ed
esistono dei veri e
propri ‘redazionali’ per
distinguere il
giornalismo da quella
che volgarmente
viene chiamata una
‘marchetta’. Forse,
alcune, testate non
sono così trasparenti,
ma – in genere – è
difficile che certi
confini vengano
superati e ci sia un
legame diretto tra il
giornalismo e la
pubblicità.
Resta da dire, però,
che il pubblico è
tendenzialmente
differente: gli adulti
sono certamente più
smaliziati e meno
ingenui. Inoltre
colpisce in negativo
vedere dei ragazzini
arruolati a pagamento
per parlare bene di
questo film o di
quell’evento, perché è
un modo di innalzare
con una mano la
bandiera della libertà
della rete intascando
con l’altra il prezzo di
un compromesso.
Un fenomeno in atto
che sta prendendo
proporzioni sempre
più ampie con molte
società di produzione
e distribuzione più
interessate allo
Youtuber che
all’inviato del grande
quotidiano, lasciando
così allungare
un’ombra rispetto alla
freschezza e sincerità
dei commenti che
troviamo.
EDITA DA FEDS
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Libri ///-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Divina Marlene
Charles Higham
Marlene Dietrich.
L’angelo fatale
Quale volume poteva inaugurare la collana “Donne fatali”
meglio di una riedizione della
biografia che Charles Higham
dedicò a Marlene Dietrich nel
1977? La musa di Josef von
Sternberg è diversa da qualunque star l’abbia mai preceduta e, come spiega l’autore,
non rappresentava “né l’ingenua appiccicosa né la vamp indigesta, ma piuttosto una donna fredda e sicura di sé. È stata desiderabile ed elusiva, apparentemente tenera, ma in
realtà dura come l’acciaio. Ha
simboleggiato la donna libera
della città che sceglie i propri
uomini, si guadagna da vivere
e vede il sesso non come una
consolazione, ma come una
sfida.” Ed è rimasta impareggiabile.
(Ghibli, Pagg. 324, € 22,00)
Donne fatali
Riedizione della celebre biografia della
Dietrich. Manuli rilegge Kaspar Hauser
in graphic-novel
ANGELA BOSETTO
Kaspar fa il bis
Davide Manuli,
Gianluca
Sigurani
La leggenda di
Kaspar Hauser
Diretto da Davide Manuli e interpretato da Vincent Gallo, chi
ricorda La leggenda di Kaspar
Hauser? Un cult per palati fini e
orecchi French Touch (Vitalic),
capace di frullare mito e storia,
allegoria e j’accuse, visione e
visionarietà in bianco e nero
caleidoscopico. Ora l’enigmati-
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
co e sempiterno Kaspar ha una
nuova isola: un graphic novel,
nero pece come la china di
Gianluca Sigurani, abbacinante
come la congruenza a geometria variabile tra schermo e carta, sorta di “trova le differenze”
per esegeti cine-letterari. A
completare la traduzione, Giuseppe Genna, già collaboratore
al film, chiude immaginandosi
un sequel, l’ennesimo UFO di
una Leggenda che lungi dall’estinguersi si auto-rigenera e
conquista nuovi supporti e territori. Lunga vita, Kaspar!
(Il Saggiatore, Pagg. 112, €
19,00)
FEDERICO PONTIGGIA
dicembre 2015
Verso l’infinito...
Pietro Grandi
Pixar Story.
Passione per il
futuro tra arte e
tecnologia
La cosa sorprendente dei film
Pixar è che godono già ora degli onori elargiti di norma a posteriori, gli onori del tempo, la
gloria dei classici. Neanche la
grandezza di Walt Disney fu
così contemporanea con la sua
epoca. Eppure John Lasseter,
l’artefice di questa Disney 2.0,
fa parte della stessa famiglia
del suo mentore, entrambi della schiatta dei grandi sognatori
della storia americana. Il fascino della Pixar Story raccontata
con competenza da Pietro
Grandi sta proprio nel saper ricomprendere l’avventura di
Lasseter & Co, nella più grande
epopea del Sogno Americano
e di svelarne le analogiche
ascendenze, dal modernismo
grafico USA fino ai giochi ottici
dell’Impressionismo e dell’Espressionismo. Una delle letture più insolite tra quelle dedicate alla Pixar.
(Hoepli, Pagg. 158, € 9,90)
GIANLUCA ARNONE
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Indimenticabile
Marlene Dietrich
Il risultato è una nostalgica
passeggiata dal Duomo all’estrema periferia, dal centro alle
fabbriche, lungo la quale si incontrano Mario Camerini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti,
Ermanno Olmi, Carlo Lizzani,
Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Liliana Cavani,
Mario Monicelli, Fernando Di
Leo, Umberto Lenzi, Maurizio
Nichetti, Silvio Soldini, Garbiele
Salvatores, Elio Petri, Marco
Bellocchio, Luca Guadagnino e
molti altri.
(Mimesis, Pagg. 126, € 11,00)
Carte
spaziali
Gattopardo
Tanto tempo fa, in una galassia
lontana lontana: ritorna la trilogia
del mito Star Wars
di Federico Pontiggia
ANGELA BOSETTO
Intrecci mediali
Erica Negri
La rivoluzione
transmediale.
Dal testo
audiovisivo alla
progettazione
crossmediale di
mondi narrativi
Lungo i navigli
Nazzareno
Mazzini
La nebbia non
c’è più.
Passeggiata
lungo i film di
Milano
Dopo aver chiarito che non
parlerà di tutti i “film di Milano”, ma di quelli che ama di
più, l’autore spiega cosa intende: le pellicole italiane ambientate (anche solo parzialmente)
nel capoluogo lombardo e
quelle realizzate da registi milanesi (per nascita o adozione).
Poter decidere non solo i contenuti, ma anche i modi e i
tempi di fruizione è la conseguenza della trasformazione
mediatica che viviamo. Cinema
e tv si trovano scalzati dai new
media: un “terremoto” che investe ogni ambito, dai format
ai linguaggi, fino alle forme
narrative, che si mescolano e si
confondono. Ma cosa è stato a
mettere in crisi la pratica di
narrazione tradizionale, permettendo l’emergere di forme
discorsive innovative e non lineari? Come si sono trasformati i concetti di “audience” e
“autorialità”? Attraverso due
esempi paradigmatici – Collider e Heroes –, l’autrice analizza il fenomeno anche dal punto di vista, aiutando a comprenderne pregi, limiti e questioni ancora aperte.
(Lindau, Pagg. 397, € 29,00)
CHIARA SUPPLIZI
Star Wars Una
nuova speranza
Star Wars
L’Impero colpisce
ancora
Star Wars Il
ritorno dello Jedi
“Nel dicembre del 1976, Ballantine
Books pubblicò in paperback un
romanzo intitolato Guerre stellari:
dalle avventure di Luke Skywalker.
Sulla quarta di copertina, a caratteri
piccoli, si annunciava: “Presto un
grande film della Twentieth Century
Fox. Il primo approccio del pubblico
al mondo di Star Wars, avvenne
così, in sordina, e quella prima
edizione del romanzo non fu un
grande successo commerciale. Solo
quando venne riproposto come tiein ufficiale del film vendette milioni
di copie rompendo tutti i record,
proprio come stava facendo il film
nei cinema”. Parola del demiurgo
George Lucas, autore uno e bino di
libro e film. 40 anni dopo, la più
grande saga fantascientifica della
storia è pronta a conoscere un
nuovo capitolo (vedi servizio a pag.
34), il settimo, e con ogni
probabilità a infrangere l’ennesimo
record al box office, forse
addirittura a scalzare Avatar dalla
vetta. Dunque, come non ritornare
alle origini del mito? Detto, fatto:
Mondadori riporta in libreria e in
edicola la trilogia originale, avviata
da Lucas nel ’76 con Una nuova
speranza, proseguita da Donald F.
Glut nel 1980 con L’Impero colpisce
ancora, basato sulla sceneggiatura
di Leigh Brackett e Lawrence
Kasdan, e conclusa da James Kahn
tre anni più tardi con Il ritorno dello
Jedi, ispirato allo script di Kasdan e
Lucas. In attesa del 16 dicembre,
mettetevi comodi e ripassate: che la
Forza sia con voi!
TELECOMANDO
/// Colonne sonore ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
QUEL FANTASTICO
PEGGIOR ANNO DELLA
MIA VITA
Tanta roba! Sempre di playlist si tratta,
ma il già celebrato Me and Earl and
the Dying Girl ci porta all’orecchio
musica eccellente, complice lo stesso
regista Alfonso Gomez-Rejon: c’è
tanto Brian Eno, che ha anche
composto ad hoc, e c’è tanta audiostoria del cinema, da La
conversazione a I 400 colpi, dal
Disprezzo a La donna che visse due
volte, fino al Morricone uno e bino di
Navajo Joe a Per qualche dollaro in
più. Ma il contributo italiano non
finisce qui: della partita è il Minuetto
Jeux d’enfance, scritto ed eseguito da
Enzo Bosso, dalla colonna sonora di
Rosso come il cielo di Cristiano
Bortone.
F.P.
EMOZIONI SOSPESE
IL PONTE DELLE SPIE è il primo titolo di Spielberg
dai tempi de Il colore viola (musiche di Quincy
Jones), a non essere commentato da John
Williams, col quale il regista di Cincinnati ha
formato uno dei sodalizi più lunghi e fruttuosi della
storia del cinema. Thomas Newman, che
sostituisce Williams a causa di problemi di salute,
non lo fa rimpiangere. Parte con echi militari
lontani, colori grigi, sonorità inquietanti; la guerra
fredda è tutta qui, nei quasi cinque minuti di Hall of
Trade Unions, Moscow e Sunlit Silence. Le tracce
sono concise, due minuti o poco più: un marchio di
fabbrica tipicamente newmaniano, il crescendo
conciso e impetuoso di mistero, autointrospezione,
incombente magniloquenza del nemico (la
contrapposizione tra l’intimismo pianistico di Rain
e i magniloquenti cori russi di The Wall). È un
lungo preludio all’esplosione finale, con gli ultimi
tre brani che vanno dai sette ai dieci minuti.
Glienicke Bridge è una splendida esplosione muta
di emozioni sospese, che rievoca lo score di Road
to Perdition; Homecoming si apre alla speranza,
con la melodia di piani e fiati che tengono le nubi
sullo sfondo; la conclusiva End Title si richiude in
se stessa, per poi esplodere a film ultimato in un
medley che riassume all’ascoltatore/spettatore il
proprio viaggio personale.
GIANLUIGI CECCARELLI
82
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
dicembre 2015
IL RISVEGLIO DELLA
PARTITURA!
Alzi la mano chi non sa
canticchiare la
celeberrima Overture di
Star Wars? Ebbene, il
mitologico motivetto
ritorna per la settima volta
sul grande schermo, per
bacchetta dello stesso
compositore John
Williams: già, Il risveglio
della forza è anche il
suo…
F.P.
LA FELICITÀ È UN
SISTEMA COMPLESSO
No, Felicità di Al Bano e Romina non
c’è. Grazie a Dio. Ma nel sistema
complesso di Gianni Zanasi, oltre alle
musiche originali del cantautore
romano Niccolò Contessa aka I Cani,
trovano posto pezzi da novanta e
sicure promesse: dai Rolling Stones di
She’s a Rainbow ai Dead Can Dance
di Children of the Sun, passando per
la diegeticamente fondamentale – nel
rapporto tra Valerio Mastandrea e
Hadas Yaron – In a Manner of
Speaking di Nouvelle Vague. E poi,
ovvio, I cani, con Come Vera
Nabokov, Asperger e la Torta di noi
realizzata ad hoc. Bau!
F.P.
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