NEL SEGNO DI ROCKY IL GIGANTE DI STAR WARS L`UOMO E LA
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NEL SEGNO DI ROCKY IL GIGANTE DI STAR WARS L`UOMO E LA
MENSILE N.12 DICEMBRE 2015 € 3,50 fondazione ente™ dello spettacolo IL GIGANTE DI STAR WARS Gwen Christie: dal Trono di spade a J.J. Abrams “Il mio capitano Phasma vi sorprenderà” A N T E P R I M A NEL SEGNO DI ROCKY Michael Fassbender straordinario guru della Apple Stallone per Creed con l’asso Michael B. Jordan Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano STEVE JOBS L’UOMO E LA LEGGENDA NEL FILM DI BOYLE E SORKIN SU CHILI PER TE I PRIMI 6 FILM DELLA SAGA DI FANTASCIENZA PIÙ AMATA DI TUTTI I TEMPI 10 ORE DI CONTENUTI EXTRA CHILI è la più ampia videoteca on line con tutte le Prime 9iVioni miJliaia di ȴlm anche in H' e le più Eelle 6erie 79 da vedere dove e quando vuoi. Registrati gratuitamente su www.chili.79 avrai suEito un ȴlm in omaggio. SMART TV PC TABLET SMARTPHONE www.chili.tv I S A BELL A C O C UZ Z A A R T URO PAGLI A E R A I CINEM A P R E S E N TA N O JEREMY IRONS OLGA KURYLENKO LA CORRISPONDENZA un film di GIUSEPPE TORNATORE DAL 14 GENNAIO AL CINEMA 01DISTRIBUTION rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Punti di vista Nuova serie - Anno 85 n. 12 dicembre 2015 In copertina Michael Fassbender per Steve Jobs Seguici anche su FACEBOOK Cinematografo.it EnteSpettacolo TWITTER @cinematografoIT YOUTUBE EnteSpettacolo Giro del mondo DIRETTORE RESPONSABILE Ivan Maffeis “Jobs”½GHGLFDWDDO²OPVXOJHQLDOHHFRQWURYHUVRLQYHQWRUHGHOOD Mela digitale, Steve Jobs, la copertina della Rivista di dicembre. Steve Jobs²UPDWRGDOUHJLVWDLQJOHVH'DQQ\%R\OHFRQODJDUDQ]LD GHOODVFHQHJJLDWXUDGL$DURQ6RUNLQCodice d’onore, The Social Network), e interpretato da un convincente Michael Fassbender LQDULDGLQRPLQDWLRQ"qXQ²OPVXOODULYROX]LRQHHVWHWLFDGL Jobs grazie a Mac/Apple. Nel nostro approfondimento c’è un articolo del Premio Strega Nicola Lagioia che si interroga sulla ²ORVR²DGHOO¬©,ªVHKDHIIHWWLYDPHQWHPLJOLRUDWRODQRVWUDYLWD( se dietro al processo di inclusione digitale, non ci fosse altro che un capitalismo sfrenato? Ci siamo occupati inoltre dell’atteso ritorno di Star Wars - Il risveglio della forza di J.J. Abrams, con la supervisione sempre di George Lucas, che sbarcherà nei cinema il 16 dicembre promettendo incassi record. CAPOREDATTORE Marina Sanna REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli, Andrea Chimento, Alessandro De Simone, Adriano Ercolani, Bruno Fornara, Gianlorenzo Franzì, Giuseppe Gariazzo, Massimo Giraldi, Gianfrancesco Iacono, Nicola Lagioia, Marco Letizia, Massimo Monteleone, Franco Montini, Mattia Pasquini, Manuela Pinetti, Emanuele Rauco, Guido Rovatti, Marco Spagnoli, Chiara Supplizi TFF che passione. Si è appena chiusa la 33. edizione del Torino Film Festival (20-28 novembre), che noi raccontiamo con un ricco speciale. La rassegna torinese si è confermata un successo, con i suoi 158 lungometraggi, tra cui 50 anteprime PRQGLDOLRSHUHSULPHVHFRQGHH con un omaggio a Orson Welles. REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA 9DULJUD²FD9LD&DVVLDNP Zona Ind. Settevene - 01036 Nepi (VT) Finita di stampare nel mese di novembre 2015 MARKETING E ADVERTISING (XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR 7HO)D[ &HOO HPDLOLQIR#HXUHNDLGHDLW DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. Milano ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo PER ABBONARSI [email protected] Tel. 06.96.519.200 PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Davide Milani DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA XI²FLRVWDPSD#HQWHVSHWWDFRORRUJ COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta - [email protected] COORDINAMENTO SEGRETERIA Marisa Meoni - [email protected] Roberto Santarelli - [email protected] A Cuba il Festival del Nuevo Cine Latinoamericano Italia-Cuba. Il cinema italiano volerà a Cuba dal 3 al 13 dicembre, in occasione del 37. Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano, e la Fondazione Ente dello Spettacolo si conferma in prima linea nel favorire la cooperazione tra le industrie culturali accanto alla Direzione Generale Cinema MiBACT, Istituto Luce-Cinecittà, Centro 6SHULPHQWDOHGL&LQHPDWRJUD²D/D%XVVRODGHO&LQHPD5RPD Lazio Film Commission, Ass.For.SEO, MOViE UP, LaserFilm, Anica H,&(7DQWLJOLHYHQWLLQSURJUDPPDDO)HVWLYDOODGRQD]LRQHGL un proiettore digitale alla Cinemateca de Cuba da Luce-Cinecittà grazie al contributo del MiBACT per la promozione del cinema italiano, così come la retrospettiva dedicata a Marco Bellocchio o la 0RVWUD©0DULR0RQLFHOOLH5$3DQQLGLFLQHPDª Sul fronte dell’industria, due importanti Convegni internazionali promossi da DGC MiBACT, Luce-Cinecittà, FEdS e Roma Lazio FC. Tutti gli eventi saranno seguiti da La Bussola del Cinema e &LQHFRQRP\FRP. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE 9LD$XUHOLD5RPD 7HO)D[ [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 in collaborazione con LA BUSSOLA DEL CINEMA Come girare film in Italia Find your way shooting in Italy www.bussoladelcinema.com seguici anche su SOMMARIO DICEMBRE 2015 8 In vetrina 22 News e tendenze: Cuba Libre 12 Brividi di genere Feste a tinte horror AMERICAN CHRISTMAS: JENNIFER LAWRENCE IN JOY 14 Capolavori di carta Save the script: Una vita al massimo 16 L’unicità di Torino TFF 33: la ricchezza dell’offerta e il problema della scelta 22 Natale a stelle e strisce Che titoli troveranno gli americani sotto l’albero? Tra i più attesi The Hateful Eight e Joy 30 Michael B. Jordan Sul ring con Stallone: arriva Creed, spin-off di Rocky 30 32 COVER STORY Chi era Steve Jobs? Lo svelano Aaron Sorkin e Danny Boyle. Con un Fassbender da Oscar. 36 iMac, iPhone, iPad: estetica dell’I 39 Alle origini di Moby Dick Heart of the Sea, Ron Howard in mare aperto CREED 42 Star Wars, New Entry Che (Il risveglio del)la forza sia con voi. E con la “grande” Gwendoline Christie 32 39 FASSBENDER È STEVE JOBS HEART OF THE SEA 49 Corsia della morte Lo sconvolgente 87 ore di Costanza Quatriglio 52 Ritratti Il centenario di Frank Sinatra 42 STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA 55,²OPGHOPHVH Recensioni, anteprime, colpi di fulmine 72 Dvd, Blu-ray & Serie Tv Amy Winehouse e regali per tutti 52 FRANK SINATRA 78 Borsa del cinema 80 Libri 82 Colonne sonore dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 7 a cura di Gianluca Arnone Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze Prossima fermata: Cuba Tutto sul progetto di cooperazione FLQHPDWRJUD²FDWUD l’Italia e l’isola caraibica 8 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo novembre 2015 Cinema italiano protagonista a Cuba, al Festival del Nuevo Cine Latinoamericano (313 dicembre). In un anno VLJQL²FDWLYRVXOSLDQRGHOOH relazioni internazionali tra l’isola caraibica e i paesi occidentali, l’Italia mette in campo numerose iniziative per favorire lo sviluppo e la cooperazione tra le reciproche industrie culturali, attraverso il cinema e l’audiovisivo. L’iniziativa è promossa da DGC MiBACT, Istituto Luce-Cinecittà, Fondazione Ente dello Spettacolo, Centro Sperimentale di &LQHPDWRJUD²D/D%XVVROD del Cinema, Roma Lazio Film Commission, Ass.For.SEO, MOViE UP e LaserFilm. L’Istituto Luce-Cinecittà, grazie al contributo del MiBACT, ha donato un proiettore digitale alla Cinemateca de Cuba - Sala 23 y 12, che diventerà spazio destinato anche alla programmazione del cinema italiano. Nella sala della Cinemateca si terrà la retrospettiva dedicata a Marco Bellocchio e curata dal Luce-Cinecittà: da I pugni in tasca a Sangue del mio sangue. Il regista piacentino sarà protagonista di una Masterclass. Verrà poi allestita la Mostra “Mario Monicelli e RAP, 100 anni di cinema” curata da Chiara Rapaccini, omaggio al regista toscano nel centenario dalla nascita. Saranno proiettati, restaurati, Vogliamo i colonnelli di Monicelli, Il giardino dei Finzi Contini di De Sica e Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. Il Festival de La Habana sarà la cornice di importanti convegni dedicati all’industria del cinema e dell’audiovisivo. La DGC MiBACT presenterà le diverse possibilità di coproduzione e collaborazione nel campo tra Italia e Cuba. Inoltre, verranno organizzati due incontri che metteranno a confronto i due paesi: una tavola rotonda sul mercato e dell’industria del cinema curata dalla Roma Lazio Film Commission e un Convegno sulla fruizione FLQHPDWRJUD²FDGHLJLRYDQL a cura di DGC MiBACT, FEdS e Luce-Cinecittà. Tutti gli eventi saranno seguiti dalle redazioni di Bussola News - La Bussola del Cinema e Cineconomy FEdS. Macchina d’epoca a Cuba. In alto a destra il famoso sigaro dell’isola, un murales de L’Avana e Marco Bellocchio novembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 9 inVetrinaNews Che succede in città? Eventi speciali, digitali, on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere Il cartellone La signora delle camelie Garm Wars ,OSULPR´OPLQ OLQJXDLQJOHVHGL 2VKLLDUULYDLQ ,WDOLD Il balletto, in tre atti, con le musiche di Chopin e le FRUHRJUD²HGL-RKQ Neumeier, in diretta via satellite dal Bolshoi di Mosca il 6 dicembre (ore 16). ,OSULPR´OPLQOLQJXD LQJOHVHGHOPDHVWUR JLDSSRQHVH0DPRUX2VKLL Garm WarsUDSSUHVHQWD XQSXQWRGLURWWXUDFRQ OHVXHUDGLFL¬animeHVL HYROYHYHUVRXQLEULGD]LRQH VWLOLVWLFDFKHVSD]LDGDO OLYHDFWLRQDOODJUD´FD FRPSXWHUL]]DWD5HFXSHUD DOFXQLGHLWHPLULFRUUHQWL GHOODVXD´OPRJUD´DWUD FXLODULFHUFDGHOOLGHQWLWj LQGLYLGXDOHLQXQFRQWHVWR GLJXHUUD(VDUjQHOOH QRVWUHVDOHFRQ1RWRULXV GDODOJHQQDLR L’Accademia Carrara Viaggio in uno dei tesori d’Italia rimasti a lungo chiusi al pubblico, con una collezione di oltre 600 dipinti, dal Rinascimento all’Ottocento. 9 e 10 dicembre. Il mio vicino Totoro Per il 30° compleanno dello Studio Ghibli torna nelle sale italiane (12 e 13 dicembre) LO²OPGL+D\DR Miyazaki che più di tutti ne rappresenta l’immagine. Masha e Orso 2WWRHSLVRGLLQHGLWLGHOFDUWRRQLQVDODD1DWDOH Il concerto di Natale Lo storico concerto a Vienna di Pavarotti, Domingo e Carreras, per celebrare il Natale e i suoi canti, da Ave Maria a Bianco Natale. 14 e 15 dicembre. Il grande dittatore Pietra miliare dell’antimilitarismo e tra i capolavori più amati di Chaplin, torna in sala l’11 gennaio nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna. 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 ,EHQLDPLQLGHLSLSLFFROLMasha e OrsoVEDUFDQRDOFLQHPDSHUOHIHVWH GL1DWDOH*UD]LHDOODFROODERUD]LRQH WUD:DUQHU%URV(QWHUWDLQPHQW ,WDOLD$QLPDFFRUGH,QN*OREDORWWR HSLVRGLGHOODQXRYDVHULHPDLYLVWL LQWYLQ,WDOLDVDUDQQRGLVSRQLELOL QHOOHQRVWUHVDOHGDOGLFHPEUH DOJHQQDLRLQVLHPHDGDOWUL FRQWHQXWLVSHFLDOL JAMIE BLACKLEY JOAQUIN PHOENIX PARKER POSEY EMMA STONE Irrational Man Scritto e Diretto da WOODY ALLEN warnerbros.it/irrationalman #IrrationalManIT DAL 16 DICEMBRE AL CINEMA brividi di genere I FESTIVAL a cura di Massimo Monteleone Agenda del mese: ecco gli appuntamenti da non perdere 1 FESTIVAL INTERNACIONAL DEL NUEVO CINE LATINOAMERICANO Località L’Avana, Cuba Periodo 3-13 dicembre Tel. Web KDEDQD²OPIHVWLYDOFRP Mail [email protected] Resp. Ivàn Giroud - INTERNATIONAL 2 IFFK FILM FESTIVAL OF KERALA Località Thiruvananthapuram (Kerala), India Periodo GLFHPEUH Web ZZZNHUDOD²OPFRP Mail LQIR#LIINLQ Resp. T Rajeevnath 3 ANCHORAGE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL Località $QFKRUDJH$ODVND USA Periodo GLFHPEUH (001-907) 3170731 Web DQFKRUDJH²OPIHVWLYDO org Mail info@ DQFKRUDJH²OPIHVWLYDOFRP Resp. Rebecca Pottebaum NATALE HORROR Da Black Christmas di Bob Clark alla saga Silent Night, Deadly Night. Feste splatter di Giuseppe Gariazzo ra gli horror d’ambientazione natalizia spicca Black Christmas, realizzato in Canada QHOGDOUHJLVWDVWDWXQLWHQVH %RE &ODUN &DPSLRQH G¬LQFDVVL GHOOD FLQHPDWRJUD²D FDQDGHVH HFXOWGHOJHQHUHLO²OPqLQQRvativo nel mettere in scena l’assedio di un maniaco a un college femminile nei giorni che precedono il Natale. Le soggettive GHO NLOOHU DQWLFLSDQR TXHOOH GL Halloween; la scena dell’omicidio di una studentessa montata su quella di bambini che cantano un brano natalizio sull’ingresso della casa è un gioiello T GL UHJLD H PRQWDJJLR LO ²QDOH che non svela l’identità dell’assassino, e con il piano sequenza che percorre il corridoio verso OD VRI²WWD q WHVR H PLVWHULRVR FRPHLOUHVWRGHO²OP Nel 2006 è stato girato un rePDNH GDOOR VWHVVR WLWROR GRYH GHO NLOOHU YHQJRQR GDWH LQIRUmazioni sulla sua personalità, assenti nel testo originale. La saga Silent Night, Deadly Night, composta di cinque caSLWROLYLHQHDYYLDWDQHO$ dirigere il terzo e quarto episodio, nel 1989 e nel 1990, sono stati un maestro del cinema moderno come Monte Hellman e un genio visionario dell’horror come Brian Yuzna. 7UDFRPPHGLDHKRUURULO©FODVVLFRª q Gremlins GL -RH Dante. Non aprite prima di Natale!LQFXLXQNLOOHUXFFLde chiunque sia vestito da Babbo Natale, è la sfortunata, per le vicende produttive, unica regia del grande attore Edmund Purdom. In Racconti dalla cripta (1972) l’inglese mago dell’horror Freddie Francis dedica uno dei cinque segmenti a una variazione sul tema delle festività macchiate di sangue. Gli imperdibili BLACK CHRISTMAS (1974) Vigilia di Natale horror. Un cult del genere. 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 SILENT NIGHT, DEADLY NIGHT (1984) GREMLINS (1984) Babbo Natale uccide. Saga in cinque episodi. Creature simpatiche e mostruose devastano il Natale. TO RIVER – 4 RIVER FLORENCE INDIAN FILM FESTIVAL La regista Deepa Mehta Località Firenze, Italia Periodo 5-10 dicembre Tel. (055) 286929 Web rivertoriver.it Mail [email protected] Resp. Selvaggia Velo NOIR IN 5 COURMAYEUR FESTIVAL Località &RXUPD\HXU,WDOLD Periodo 8-13 dicembre Tel. (06) 8603111 (rif. a Roma) Web noirfest.com Mail [email protected] Resp. Giorgio Gosetti, Marina Fabbri - KATHMANDU 6 KIMFF INTERNATIONAL MOUNTAIN FILM FESTIVAL Località Kathmandu, Nepal Periodo GLFHPEUH Tel. Web NLPIIRUJ Mail LQIR#NLPIIRUJ Resp.5DP\DWD/LPEX DAL MONDO – 7 VISIONI IMMAGINI DALLA REALTÀ Località Milano, Italia Periodo 11-13 dicembre Tel. (02) 80886811 Web visionidalmondo.it Mail [email protected] Resp. Francesco Bizzarri capolavori di carta Dietro ogni grande film c’è una magnifica sceneggiatura PAROLA A QUENTIN La prima volta di Tarantino: Una vita al massimo di Tony Scott di Guido Rovatti Le origini del regista di Pulp Fiction. In attesa di The Hateful Eight 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 Dennis Hopper nella famosa scena "siciliana". Sotto Christian Slater con Patricia Arquette C ominciamo questo viaggio alla riscoperta della sceneggiatura proprio con Quentin Tarantino. A dicembre negli Stati Uniti, a gennaio in Italia, arriva in sala The Hateful Eight (Gli odiabili otto) di Quentin Tarantino. E partiamo da lontano: Una vita al massimo (1993), prima sceneggiatura del giovane Tarantino (scritta insieme all’amico Roger Avary). Primo film della trilogia pulp, lancia Tarantino, che all’epoca lavorava in una videoteca (divorando film). La sceneggiatura viene venduta per 50.000 dollari e il film diretto da Tony Scott (Scott riceve da leggere sia Una vita al massimo che Le iene e si propone per dirigerli entrambi; Tarantino risponde di sceglierne uno poiché l’altro lo avrebbe girato lui, così Scott sceglie il primo). La prima versione della sceneggiatura di Tarantino era caratterizzata da una struttura narrativa non lineare stile Pulp Fiction ed includeva anche quello che sarebbe poi diventato Natural Born Killers (1994 - diretto da Oliver Stone). La linearità della trama è frutto di una modifica strutturale voluta da Tony Scott e la sceneggiatura risultante è uno splendido ibrido con struttura classica (unico protagonista, unità d’azione, chiara divisione in atti) e carattere alla Tarantino: violenta, intelligente, ironica. PROTAGONISTA: Clarence Worley ,ragazzo sui 25 anni che lavora in un negozio di fumetti/musica CARATTERIZZAZIONE: eroico, astuto, romantico, schizofrenico OBIETTIVO EXT: riuscire a vendere la cocaina rinvenuta accidentalmente, ricominciare una nuova vita in Messico con la sua ragazza (Alabama, ex prostituta) OBIETTIVO INT: riuscire a mantenere vivo l’amore (e quindi sopravvivere!) CONFLITTO CENTRALE: papponi, polizia, gangsters TEMA: l’amore è il carburante per affrontare ogni nemico. Dopo le modifiche volute da Tony Scott si possono rilevare molto nettamente gli snodi narrativi: Il primo atto termina con il rinvenimento della valigia piena di cocaina e proietta i protagonisti nel secondo, caratterizzato dalla fuga verso Hollywood e la ricerca di un compratore. Il terzo atto inizia quando il Tarantino si è sempre dichiarato contento delle modifiche allo script apportate da Tony Scott contatto è arrestato e quindi entra in gioco la polizia che irromperà nella scena al momento decisivo dello scambio. Nella sceneggiatura originale Clarence sarebbe dovuto morire durante la sparatoria e Alabama avrebbe proseguito da sola la fuga sulla mustang dopo aver contemplato il suicidio. Tarantino si dichiara tutt’oggi contento delle modifiche apportate da Tony Scott considerandole migliorative rispetto all’originale (compreso il lieto fine in cui i due sopravvivono e nell’epilogo si trovano in Messico: sani, salvi, ricchi e con un figlio). True Romance (titolo originale) è a oggi il film più autobiografico di Tarantino, e quello a cui forse è più legato in assoluto: si percepisce la sua identificazione nel protagonista, ed il sogno di viverne le vicende si riversa in una trama da vita al massimo. La scena “Siciliana” è divenuta cult e a detta di Tarantino è stata la migliore che abbia mai realizzato, superata solo dalla scena iniziale di Bastardi senza gloria. Christopher Walken, Christian Slater, Dennis Hopper, Gary Oldman (per dirne alcuni) accettarono con entusiasmo le parti senza volere modifiche (il che la dice lunga sulla qualità della sceneggiatura). dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 TFF 33 DOVE GUARDA TORINO Edizione esaltante e faticosa sotto la Mole, con i suoi 158 titoli e le tante (troppe?) anime della rassegna. Che si conferma però unica e insostituibile nel panorama italiano di Gianluca Arnone orino si conferma esperienza esaltante e faticosa. Una grande abbuffata cinefila di cucine lontane, diverse tra loro. Sul piatto opere prime e seconde (e bildungsroman, educazioni sentimentali, apprendistati vari), suddivise tra concorso e Onde, sezioni che si confermano spettrometro di nuove tendenze. Più specialità della casa. Quelle à la carte e quelle fuori menù. Torino ci ha abituati bene facendoci riassaporare, anno dopo anno, tutta la lucentezza di un passato mai realmente passato. Dopo il biennio della New Hollywood, Emanuela Martini e il suo staff ci hanno regalato una meravigliosa retrospettiva dedicata alla fantascienza distopica, “Cose che verranno. La terra vista dal cinema”, che ci terrà compagnia anche nella prossima edizione e che intanto ci ha permesso di gustare nuovamente su grande schermo le pietre miliari del genere (da Blade Runner ad Arancia meccanica) e alcune perle dimenticate, come quelle firmate dal pioniere Peter Watkins (The War Game, Privilege). Ciliegina sulla torta il prezioso lavoro di riscoperta, con l’omaggio alle figure trascurate del cinema italiano (l’anno scorso Giulio Questi, quest’anno Augusto Tretti, maestro unico e senza eredi, di cui abbiamo visto La legge della tromba e Il potere, ovvero due dei tre film da lui diretti in vent’anni di carriera) e la riproposizione di opere di cui si erano perse le tracce come West and Soda di Bruno Bozzetto e Tragica alba a Dongo, il film di Vittorio Crucillà sull’uccisione di Benito Mussolini e Claretta Petacci che la Dc andreottiana censurò nel 1950 condannandolo all’invisibilità. Considerato perduto per decenni, il film è T stato prima rintracciato da Alberto Farassino nel magazzino di uno dei produttori e poi restaurato dal Museo del Cinema di Torino. Senza contare il ricco contorno dei recuperi di altri festival (solo da Cannes: Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul, As mil e uma noites di Miguel Gomes, Treasure di Corneliu Porumboiu, The Assassin di Hou Hsiao-hsien), l’infornata di cult, scult e strucult di genere, con il salutare ritorno dell’horror (sezione After Hours) e l’offerta popolare di Festa Mobile. A ricordarci che il cinema è prima comunicazione e poi sperimentazione. Intrattenimento e, se possibile, arte. In tutto questo bailamme di titoli, a conferma di una rassegna oltremodo bulimica (158 i ti- Una grande abbuffata che fa gioire e disperare: per la ricchezza dell’offerta e la vertigine dell’indecisione toli presentati, il triplo di quelli proposti dalla Festa di Roma), c’è la delizia e la frustrazione di ogni cinefilo, allettato da cotanta offerta e insieme smarrito dietro la vertigine dell’indecisione. Che è anche la nostra esperienza di addetti ai lavori. Torino fa letteralmente girare la testa: guardare a 360 gradi significa rischiare anche il proprio baricentro prospettico. Un rischio che abbiamo la fortuna di correre. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 17 TFF 33 FUTURO ITALIANO ECCO SU CHI PUNTARE TRA I NOSTRI Low-budget, doc, domestico: il cinema tricolore si riscopre libero e artigianale Stefano Galli nel suo Lamerica. Sopra Lo scambio di Salvo Cuccia 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 TORINO è da sempre un talent scout del cinema italiano. Da qui sono passati Gaudino, Gaglianone, Sollima, De Lillo, Torre, Marcello, Pif, Danco. La 33ma edizione ha confermato di essere vetrina importante per una nuova generazione di filmaker. A partire dal concorso. Con le conferme Elisabetta Sgarbi (Colpa di comunismo è il suo terzo lungometraggio, operazione lirica e sociologica insieme) e Mario Balsamo (che dopo Noi non siamo come James Bond insiste sul doc in chiave autobiografica con Mia madre fa l’attrice), abbiamo assistito a due battesimi interessanti, quello nel lungometraggio di finzione di Salvo Cuccia, Lo scambio, e quello dietro la mdp di Samuele Sestieri e Olmo Amato, I racconti dell’orso. Il primo, già assistente alla regia di Raùl Ruiz, ha girato un finissimo thriller piscologico sullo sfondo della Palermo criminale. Sestieri e Amato sono invece due giovani visionari che, durante un viaggio di 40 giorni tra Finlandia e Norvegia, sono riusciti a girare un fantasy post-umano ricoprendo tutte le mansioni necessarie per le riprese, dalla produzione alla regia, dalla fotografia alla recitazione. Un progetto folle, completato grazie a una campagna di crowfunding, che rilancia l’idea di un cinema libero, puro e artigianale. A proposito di imprese da segnalare anche quella di Stefano Galli ne Lamerica, in cui il regista e fotografo intraprende un viaggio poetico attraverso gli States armato di bobine scadute e strumenti desueti. Uno dei tanti esempi del nuovo cinema documentario italiano, presente in questa edizione anche con lo struggente Prima che la vita cambi noi di Felice Pesoli, bilancio della stagione hippie in Italia tra gli anni ’60 e ’70. FUORI ORARIO Grande merito va dato ad Emanuela Martini per aver riportato l’horror in un festival cinematografico. Soprattutto per avercene restituito una dimensione matura, riflessiva, più fedele alla sua storia. Un risarcimento doveroso per un genere che più di ogni altro è stato forse snaturato e mortificato dal cinema mainstream. Un genere che per sopravvivere è mutato al punto da non essere più solo un genere, ma un fattore transgenico, l’ospite che entra nei codici espressivi di altri generi e li distorce. Dalla commedia (The Final Girls) al war-movie (Kilo Two Bravo), dal bildungsroman (We Are Fine ed Hellion) al mumblecore in stile Sundance (Lace Crater). Un destino di coabitazione non definitivo, non accettato da tutti (di classica fattura February di Osgood Perkins, figlio di Anthony, e The Hallow di Corin Hardy, ottimi entrambi), persino superato da chi ne fa tavolozza espressiva per opere d’avanguardia, come Guy Maddin nel caleidoscopico, conturbante e magnifico The Forbidden Room. ONDE Memoria personale e collettiva. Identità. E’ in questa triangolazione tematica che ricadono molti dei film selezionati per Onde, la sezione del TFF più imprevedibile e sperimentale, attenta a cogliere rotture, sconfinamenti e zone di fuga dello sguardo. Dalla vecchia Europa (Portogallo, Grecia, Scozia) alle Americhe (USA e Brasile, Argentina e Colombia) passando dall’Asia (Filippine, Tailandia e Cambogia) c’è una domanda di radici, appartenenze, perimetri culturali dentro cui riconoscersi e con cui scongiurare l’annientamento nel mondo globalizzato. C’è l’antimperialismo di Balikbayan #1 del filippino Tahimik, la fede nel logos del franco-basco Faire la parole di Eugène Green, il recupero ancestrale e mitico di una terra perduta, la Tailandia di Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul. Un peregrinare ansimante tra orizzonti lontani, in cui il tempo e le sue oscillazioni giocano un ruolo determinante come nei folgoranti A Morning Light di Ian Clark e Symptoma di Angelos Frantzis. DOCUMENTARI “Lo specchio in cui l’Occidente contempla il suo mattino”. Nelle parole di Pascal Bonitzer è il Mediterraneo ripreso da Jean-Daniel Pollet nel suo doc del ’63. Parole profetiche. A questo piccolo grande mare, tornato ad occupare un posto decisivo nella geografia politica e umana di oggi, è dedicato il focus del 33mo TFFdoc. Da ricordare Bla Cinima di Lamine Ammar-Khodjia, che parte da una piazza di Algeri per riflettere sul potere del cinema di raccontare il reale; Flotel Europa di Vladimir Tomic, altro bellissimo film sul cinema e metafora di un continente periclitante; Je suis le peuple di Anna Roussillon, su quel che resta delle primavere arabe; Show All This to the World di Andrea Deaglio, sulla fine dell’utopia dell’accoglienza a Ventimiglia, sui cui scogli sono stati confinati per settimane i migranti. Di scioccante attualità La France est nostre Patrie, il nuovo film di Rithy Pan, che prosegue il suo percorso di ricostruzione della memoria e di decostruzione coloniale. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 19 TFF 33 MAESTRI EMERGENTI Dal 2008 un milione di euro all’anno per realizzare, pensare e costruire progetti: il Film Lab è più vivo che mai Una scena di Mountain. In basso Family Film e, a destra, Underground Fragrance PER METTERE A TACERE una volta per tutte la polemica sull’utilità o meno dei festival di cinema, ci sono delle manifestazioni che hanno cominciato a produrre film, a mettere sul tavolo possibilità, conoscenze, mezzi per dare fiato alle giovani produzioni indipendenti. Il Torino Film Lab - diretto da Savina Neirotti - in questo senso è un’istituzione che dal 2008 mette a disposizione un milione di euro all’anno per realizzare, pensare e costruire progetti, dare il là a film che una volta realizzati vanno nei più importanti festival del mondo. E che ogni anno, si mostrano a Torino: quest’anno sono 8 i film del Lab presentati al TFF, curiosi e intraprendenti che seguono la ricerca di un cinema diverso, libero e anche impegnativo, che sappia sfidare e stimolare lo spettatore. Il più noto è Interruption, film del greco Zois presente negli Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, raffinato e risaputo gioco di meta-teatro e metacinema, sadismo greco e ambizioni pi- randelliane. Ma tra gli altri 7 film si trovano suggestioni forti e curiose come Ni le ciel ni la terre, opera prima del video artista Cogitore che esplora le zone di guerra afgane come terre di confine tra realtà, allucinazione e limbi spiritici, oppure opere che lavorano sul bianco e nero in modo espressivo e inventivo come The Garbage Helicopter (Augustèn), road movie in chiaroscuro recitato in romanì, lingua minoritaria svedese, o Tikkun (Sivan), in cui si riflette sulla natura e la volontà di Dio in modo paradossale. Privo di italiani, il Lab 2015 segue alcune delle tendenze geografiche del cinema degli ultimi tempi, come la forte presenza israeliana - come in Mountain di Kayam, opera prima sulla femminilità e la sessualità repressa - o l’apertura della Cina al mondo, come nella co-produzione con la Francia di Underground Fragrance che sonda il concetto di casa e proprietà nella nuova società cinese. Un laboratorio quindi non solo di possibilità, di prototipi del futuro, ma anche d’osservazione della realtà cinematografica contemporanea, da cui osservare germi e germogli. Non male per un festival che qualcuno vorrebbe “inutile”. EMANUELE RAUCO 20 ARRIVA SU CHILI L’ULTIMO CAPITOLO DELLA SAGA ACTION PER ECCELLENZA © 2015 Paramount Pictures. CON TANTI CONTENUTI EXTRA CHILI è la più ampia videoteca on line con tutte le Prime Visioni, migliaia di ȴlm anche in H' e le più Eelle 6erie 7V, da vedere dove e quando vuoi. Registrati gratuitamente su www.chili.7V, avrai suEito un ȴlm in omaggio. SMART TV PC TABLET SMARTPHONE www.chili.tv strenne&strisce Michael Moore in prima fila con Where to Invade Next: per un Natale di polemiche 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo I magnifici 7 delle Feste Usa: da Michael Moore a The Revenant, da The Hateful Eight a Joy. In Italia con il nuovo anno di Angela Bosetto A Natale sono tutti più buoni, tranne i distributori americani. Negli USA, la settimana natalizia (durante la quale ogni famiglia va al cinema almeno una volta) rappresenta il ring più spietato, perché è sia il periodo in cui le major calano il jolly, sia l’ultima possibilità di far debuttare gli Oscarable movies in tempo utile per le nomination. Ecco i sei titoli destinati a darsi battaglia a partire dal 25 dicembre nelle sale statunitensi (e nelle nostre a gennaio): due biopic (il dramedy Joy, sull’ex casalinga e imprenditrice di successo Joy Mangano, e il thriller sportivo Concussion, dedicato alla causa del dottor Bennet Omalu contro la NFL), due western d’autore (da una parte la struttura teatrale di The Hateful Eight, dall’altra The Revenant, kolossal estremo basato su una storia vera), una commedia (Daddy’s Home) e un remake ad alto rischio (Point Break). Pellicole stilisticamente assai diverse fra loro (a cui si unisce l’ultimo documentario di Michael Moore, anticipato al 23), ma accomunate da un pericolosissimo avversario: Star Wars: Il risveglio della Forza (servizio a pag. 42), che potrebbe dominare ininterrottamente i botteghini mondiali da metà dicembre a metà gennaio. strenne&strisce Moore all’attacco WHERE TO INVADE NEXT Sei anni dopo Capitalism: A Love Story torna Michael Moore, più polemico che mai. Il documentario mette a confronto il presunto sogno americano e lo stile di vita dei paesi europei (Italia inclusa), ma la Motion Pictures Assiociation of America gli ha tagliato le gambe in partenza, vietandolo ai minori non accompagnati (era già successo a Roger and Me e Fahrenheit 9/11). Le scene incriminate: il letale pestaggio subito da Eric Garner, la depenalizzazione dei narcotici in Portogallo, le parolacce degli islandesi e i tedeschi che fanno la sauna nudi. La reazione del regista non si è fatta attendere: “Nessun taglio! Agli adolescenti d’America dico: sapete cosa fare e sapete come entrare in sala”. CONCUSSION A tutto biopic 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 Da alcuni anni Hollywood ha trovato una nuova miniera a cui attingere per i soggetti dei biopic: le inchieste giornalistiche. In questo dramma sportivo a tinte thriller (prodotto da Ridley Scott), tutto è partito da Game Brain, un articolo pubblicato nel settembre 2009 sul mensile GQ, in cui Jeanne Marie Laskas raccontava di come il neuropatologo nigeriano Bennet Omalu avesse scoperto la CTE (encefalopatia cronica traumatica, malattia degenerativa cerebrale causata da ripetuti colpi alla testa) e accusato la National Football League di non preservare a sufficienza la salute dei propri giocatori. Scrive e dirige Peter Landesman (Parkland), mentre il coraggioso medico ha il volto di Will Smith. JOY Il regista David O. Russell chiama per la terza volta il suo dream team (Jennifer Lawrence, Robert De Niro e Bradley Cooper, a cui si unisce Elisabeth Röhm, già vista in American Hustle) per raccontare la storia di Joy Mangano, agguerrita madre single che, all’inizio degli anni novanta, costruì un impero grazie all’invenzione del “mocio” lavapavimenti e alle televendite. Questo film dalla forte componente femminile (Virginia Madsen, Diane Ladd e Isabella Rossellini interpretano rispettivamente mamma, nonna e “matrigna” di Joy) porta anche il marchio di Annie Mumolo (Le amiche della sposa), che produce insieme alla potentissima Megan Ellison e firma il soggetto in coppia con lo stesso Russell. Riscossa rosa dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 strenne&strisce Il più atteso THE REVENANT Nessuno pensava che Alejandro González Iñárritu, abituato a lavorare con budget medio-bassi (il suo film più caro sino a oggi, Babel, era costato 25 milioni di dollari) ne avrebbe mai sforato uno di 60, facendolo schizzare a 135. Ma nella corsa al box office, nonostante la presenza di Leonardo DiCaprio e Tom Hardy (nei rispettivi panni del leggendario trapper Hugh Glass, sopravvissuto miracolosamente all’attacco di un’orsa, e del traditore John Fitzgerald, che lo abbandonò credendolo spacciato) questo vendicativo kolossal western, girato fra Canada (con temperature scese a -30°) e Argentina, parte con un masso al piede: il divieto ai minori non accompagnati per scene reputate troppo cruente. 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 POINT BREAK Girare un remake senza rischi è possibile, basta rispettare una semplice regola: mai rifare i cult. Invece il direttore della fotografia Ericson Core ha deciso di giocarsi tutto alla sua seconda regia cinematografica, sfidando la regina dell’action Kathryn Bigelow. Gerard Butler, candidato n°1 al ruolo di Bodhi (qui riconvertito a moderno Robin Hood), non se l’è sentita di affrontare il fantasma di Patrick Swayze, lasciando così il posto a Édgar Ramírez. I nuovi Johnny Utah e Angelo Pappas hanno i volti di Luke Bracey e Ray Winstone, mentre la bella surfista (Teresa Palmer) che farà perdere la testa al primo non si chiama più Tyler, ma Samsara. Occhio, anzi orecchio alle musiche di Junkie XL. Remake cult Alert Tarantino THE HATEFUL EIGHT Come sfondo per il suo secondo western Quentin Tarantino sceglie il Wyoming invernale (anche se il film è stato girato in Colorado) e orchestra un sanguinoso rendez-vous fra otto sconosciuti rimasti bloccati dalla neve in un rifugio: due cacciatori di taglie (Samuel L. Jackson e Kurt Russell), la prigioniera del secondo (Jennifer Jason Leigh), il nuovo sceriffo appena arrivato (Walton Gog gins), il custode del posto (Demián Bichir), un boia (Tim Roth), un cowboy (Michael Madsen) e un vecchio generale (Bruce Dern). Ciliegina cinefila sulla torta, la presenza del maestro Ennio Morricone, che torna a comporre la colonna di un western a quarant’anni di distanza da Un genio, due compari, un pollo. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 strenne&strisce Che papà sei? DADDY’S HOME Se sino a oggi il mite Brad Taggart (Will Ferrell) ha fatto il possibile per conquistare i figli della moglie Sarah (Linda Cardellini), d’ora in avanti dovrà puntare all’impossibile perché è tornato a casa il vero padre dei ragazzi: Dusty Mayron (Mark Wahlberg), motociclista supercool con tutte le carte in regola per ammaliare i pargoli. Dopo aver combattuto insieme il crimine ne I poliziotti di riserva, in questa commedia Ferrell e Wahlberg si fanno la guerra per stabilire chi sia il miglior papà del mondo. Il duro mondo dei confronti genitoriali evidentemente piace al regista Sean Anders che sta già girando la controparte dedicata alla competizione fra madri: Mean Moms con Jennifer Aniston. 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 incontri Profumo di Michael B. Jordan, a destra con l'allenatore superstar Sylvester Stallone 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ABBIAMO COMINCIATO AD AMARLO la prima volta che ha indossato casco e divisa da football degli East Dillon Lions in Friday Night Lights, tra le migliori serie TV americane degli ultimi vent’anni. Lo ritroviamo oggi sul ring a raccogliere una delle eredità più importanti della storia del cinema contemporaneo, quella di Rocky Balboa. Michael B. Jordan è un attore che di fronte a simili sfide proprio non si tira indietro, al contrario. Perché Creed, nuova collaborazione con il regista Ryan Coogler dopo Prossima fermata Fruitvale Station, in uscita il 14 gennaio, ha rappresentato più di una semplice prova d’attore… Partiamo dal principio: cosa ha provato a entrare da protagonista nell’universo di Rocky? Prima di tutto sono stato onorato di essere stato chiamato a far parte di una serie così importante, che dura da quasi quarant’anni. Sylvester Stallone dicembre 2015 ci ha costruito una carriera fantastica, spero di riuscire a fare lo stesso. Il team e il cast che ha lavorato a Creed mi ha aiutato a sentirmi subito a mio agio, sicuro. Di conseguenza ho cercato di prendermi rischi e responsabilità nel costruire il personaggio di Adonis. Sly mi ha tolto subito ogni pressione di dosso, ha dimostrato immediatamente che non c’era alcuna competizione e mi ha spronato a essere me stesso. Ho fatto quello che dovevo fare. L’allenamento per entrare nella parte di Adonis è stato intenso? Per fortuna ho avuto molto tempo a disposizione per prepararmi. Con Ryan Coogler ho un grande rapporto da quando abbiamo girato Fruitvale Station, ne abbiamo iniziato a discuterne ancor prima che il film entrasse in produzione. La mia dieta è cambiata radicalmente e ho iniziato a fare esercizio fisico con maggiore intensità. Quando ho raggiun- Rocky di Adriano Ercolani to la forma perfetta sono cominciati gli allenamenti con i veri professionisti della boxe. Come attore poi, ho studiato i caratteri dei pugili: molti posseggono una psicologia complessa, come quella che il mio personaggio mostra in Creed. Nel film c’è una sequenza di bellezza impressionante, quella del primo incontro… Il merito è prima di tutto di Ryan Coogler, voleva fare qualcosa di mai visto prima nei film che parlano di boxe. Ci avevamo provato anche in Fruitvale Station ma le condizioni produttive erano diverse, abbiamo girato il film in meno di venti giorni, non c’era tempo per tentare qualcosa di così bello. Abbiamo provato moltissimo con il cameraman per comporre l’intera sequenza, alla fine abbiamo girato qualcosa come venticinque riprese, di cui solo quattro pianosequenza completi. L’ultimo combattimento a livello tecnico è stato però più estenuante, perché do- Michael B. Jordan sul ring nello spin-off Creed. Con una spalla d’eccezione: Sylvester Stallone vevamo girare più copertura di immagini e rifare ogni ciak da angolazioni differenti. Trattandosi come ha detto di esperienze produttive differenti tra loro, Coogler ha cambiato il suo approccio a Creed rispetto a quello avuto con Fruitvale Station? Ryan cerca di rendere un’esperienza unica ogni progetto a cui si avvicina, è questo che per me lo rende un regista speciale. Ovviamente ha un suo stile personale, si possono ritrovare delle similitudini a livello estetico nei suoi film. Entrando in un franchise importante come Rocky voleva tributare il doveroso omaggio alla storia di questo eroe ma anche proporre al pubblico qualcosa che proiettasse Creed verso il futuro. Penso che la forza principale del film sia proprio nell’equilibrio che è riuscito a trovare. E’ un lungometraggio che parlerà a più di una generazione di spettatori. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 COVER STORY OLTRE STEVE JOBS L’uomo e la leggenda: Danny Boyle e Aaron Sorkin lo raccontano in perfetta sintonia. Con uno script shakespeariano e Fassbender fenomenale di Marina Sanna 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 COVER STORY D u e t ra i p i ù b e i film di quest’anno condividono bizzarramente una p a ro l a , a n z i u n nome, Lisa. Lo spiraglio nella corazza di un uomo famoso, Steve Jobs di Danny Boyle (e soprattutto di Aaron Sorkin, uno degli scrittori di cinema e televisione più geniali in circolazione), in uscita il 21 gennaio, e in pole position nella corsa agli Oscar. La voce meravigliosa di una donna, che si chiama appunto Lisa, per il protagonista di Anomalisa di Charlie Kaufman. Un uomo di plastilina, che per un breve momento s’innamora, dimentica la famiglia, la fatica della routine, la mediocrità della vita. Opere diversissime, una in stop motion, eppure di una crudezza inimmaginabile, l’altra con attori fenomenali e uno script shakesperiano. Ma in entrambi è una Lisa a far prevalere o trapelare il sentimento. Si chiama così anche la figlia di Jobs: nonostante cerchi di rifiutare la paternità in tutti i modi, sostenendo con un algoritmo che ci sono ben 28 possibilità su cento che non sia il padre, non può infine ignorare l’evidenza: la prima volta che Lisa gioca con il programma di pittura del computer, dando prova di aver ereditato qualcosa in più dei meri tratti somatici. Per lei che ascolta sempre la musica, lui intravede un oggetto minuscolo che conterrà almeno 500 canzoni. L’iPod che verrà. Il film è diviso in tre parti, il lancio del Macintosh in un campus vicino a Cupertino nel 1984, quindi il Michael Fassbender con la piccola Ripley Sobo. Sopra Jeff Daniels e Kate Winslet. Pagine precedenti ancora Fassbender con Seth Rogen 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 cubo nero della Next nel ’88 e quello dell’iMac nel ’98. Boyle sceglie di girare in 16mm, quindi in 35mm e poi in HD, seguendo la rivoluzione estetica di Jobs e riprendendolo da vicino, da lontano, facendo sua la tecnica di Sorkin “Walk and talk”, che ha rivoluzionato il modo di fare le serie (prima tra tutte West Wing) e si basa essenzialmente sul dialogo, le persone camminano e parlano in continuazione, metodo tra l’altro vicino al Jobs pensiero. Sorkin e Boyle, all’apparenza pianeti lontani anni luce, hanno trovato la nota giusta, per raccontare quello che finora sembrava impossibile: la leggenda di Steve Jobs. Quando Boyle ha ricevuto la sceneggiatura di Sorkin, quasi 200 pagine, si è concentrato su ogni atto separatamente, facendo recitare gli attori e girando la storia cronologicamente. Questo ha permesso a Michael Fassbender di entrare totalmente nel personaggio: capelli lunghi, corti, ancora più radi, progressivamente sempre più Jobs nella mimica, nel fisico, nell’atteggiamento. Un uomo duro, a volte crudele, un visionario. Affascinante e anaffettivo, paranoico e convinto di essere Giulio Cesare assediato dai nemici. Non si fidava di nessuno, fatta eccezione per il capo marketing Joanna Hoffman (Kate Winslet, straordinaria, riesce persino a sembrare bruttina all’i- “METTI UN COMPUTER NELLE MANI GIUSTE, FALLO DIVENTARE UNO STRUMENTO BELLO, UNA PROTESI DI TE STESSO” nizio), che lo guida nei momenti più difficili, come la crisi con la figlia orm a i d i c i a n n ove n n e. I l ra p p o r to con Steve Wozniank (bravo anche Seth Rogen), l’amico con cui è incominciata l’avventura in un garage. Il giovane con il know how e il ragazzo con il sogno, o meglio la visione che avrebbe cambiato il futuro, la comunicazione, l’interazione a livello mondiale. La rivoluzione di Jobs è chiara fin dall’inizio, mentre parla con John Sculley (Jeff Daniels), ex executive della Pepsi: “Metti un computer nelle mani giuste. Fallo diventare uno strumento bello, elegante, una protesi di te stesso: trasforma il pc, una macchina oscura e inquietante, in qualcosa che possono e voglio usare tutti”. Jobs va avanti, imperterrito, sebbene ci siano le difficoltà con l’Apple: i Mac sono belli ma non rendono quanto dovrebbero. Inventa qualcos’altro: la scatola nera Next che ha un sistema operativo che si porterà dietro quando tornerà all’Apple come Ceo. Un capo feroce quanto appassionato che spinge i suoi a lavorare anche 20 ore al giorno, e dice ai designer: “Puoi fare di meglio”. Una, due, tre, quattro volte prima di guardare davvero che cosa ha davanti. Che sprona il team perché dia il meglio ma è incapace di essere gentile o almeno ”a decent man”, come gli rimprovera Steve. Ambizioso, audace, intelligente, elettrizzante, il ritratto di Sorkin deve qualcosa al libro di Walter Isaacson, ma si basa su altro: interviste, ricerche e invenzione. Un film impressionante in cui non ci sono sbavature, cliché: tutto si svolge senza perdere un colpo come una scintillante prova d’orchestra. Lo stesso Jobs se pensava a un equivalente, del resto, si vedeva come un direttore che esegue una partitura perfetta. Il regista Danny Boyle sul set del film. Sopra Katherine Waterstone con Ripley Sobo in una scena di Steve Jobs dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 COVER STORY MACCHÉ MONDO È La filosofia dell’I e l’estetica dell’individualizzazione esasperata di Nicola Lagioia 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 OGNI VOLTA CHE PENSO A STEVE JOBS, mi viene in mente un aneddoto di inizio Novecento che vede Indro Montanelli alle prese con Henry Ford. Siamo nel 1935: Ford ha più di settant’anni ed è in pensione, Montanelli è un giovane giornalista di stanza negli Usa che intervistandolo prova a segnare una tappa importante della sua carriera. A un certo punto del botta e risposta, Ford parte con un’interminabile lamentazione sull’America tradizionale che non esiste più, quella delle praterie e della natura incontaminata. Al che Montanelli gli fa notare che proprio le aziende come la sua hanno distrutto per sempre quel tipo di mondo. Ed Henry Ford: “In che senso, scusi? Non la capisco proprio”. Come accade talvolta a certi geni – scriverà il giornalista italiano nel suo ritratto del grande imprenditore – Ford non riusciva a cogliere neanche lontanamente le conseguenze delle proprie azioni. Mi sono sempre domandato se qualcosa di simile possa valere per Steve Jobs. Di sicuro comprendeva la portata rivoluzionaria dell’avventura di cui è stato protagonista. Ma riusciva a vedere anche nei coni d’ombra? Sono stati i colossi dell’informatica come Apple a cambiare per sempre il volto del capitalismo. Via l’immagine della fabbrica brutta, sporca e cattiva. Al suo posto aziende molto cool, eleganti, fascinose, traboccanti di gente creativa in odor di progressismo ed empatia. Poi, però, se dall’immagine di copertina passiamo ai numeri, qualche perplessità viene. Negli Anni Sessanta, General Motors raggiungeva i 7 miliardi di dollari di ricavi dando un salario a 600.000 dipendenti. Quest’anno Apple guadagnerà circa 80 miliardi di euro occupando 92.600 persone (fonte “Corriere della Sera”). La differenza tra il capitalismo del secondo Novecento e quello di inzio XXI secolo è all’osso tutta qua. La filosofia dell’”I” (iPhone, iMac, iPad...) ha assottigliato la distanza tra noi e gli oggetti con i quali conviviamo per tutta la giornata. Non abbiamo a che fare con rozzi macchinari anonimi, ma con qualcosa che non solo ci appartiene ma ci somiglia, talmente tanto da essere (sul piano estetico, sinestetico, emotivo) un nostro prolungamento. Benissimo. Ma tutto questo non rischia di fomentare anche un’estetica (e un’etica) dell’individualità esasperata? E alla lunga, in un mondo in cui il concetto di “beni comuni” sarà sempre più importante, risulterà davvero vantaggioso? Infine, la piacevolezza delle interfacce (sia fisiche, che virtuali) ci rende meno fastidiosa la circostanza di essere reperibili ventiquattr’ore al giorno. Rispondiamo alle mail di lavoro anche alle dieci di sera. Ai WhatsApp di lavoro fino all’una del mattino. E ritocchiamo fino alle due (sempre del mattino) la relazione che il nostro capo dovrà avere virtualmente sulla scrivania tra poche ore. Insomma, il techno-cool lavoro aumenta la nostra produttività da più di quindici anni a questa parte. Bene, ma adesso domandatevi: per aumentare la produzione vi pagano più di quanto in proporzione accadeva in età analogica? O, in alternativa, state lavorando di meno? La risposta è no. E la conseguenza – in modo più che ovvio – è che di quell’aumento di produttività sta beneficiando qualcun altro. Non so se Steve Jobs, al pari di Henry Ford, vedesse solo il bicchiere mezzo pieno. Voi, però, la prossima volta che vi trovate a carezzare il vostro iPhone come vostro padre sognava di fare con il cofano di una Jaguar, fatevi venire un sospetto sul perché nell’Imondo del XXI secolo quella Jaguar non la guiderete mai. Fassbender (al centro) con Michael Stuhlbarg e Kate Winslet. Sotto il vero Steve Jobs con il primo Mac e poi l'iPad dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 intervista incontri “La sfida più grande che ho affrontato fino a oggi”, dice Ron Howard. Che torna alla baleniera Essex e alle origini di un mito, quello di Moby Dick NOME IN CODICE: di Adriano Ercolani Dalla S di Sciarra alla E di (The) End, passando per la R di Roma: guida ragionata al 24esimo film di James Bond In mare aperto di Angela Bosetto FARE DA SEQUEL a Skyfall non è facile, ma Spectre punta a ripagare con incassi da capogiro il fatto di essere il film più lungogli e caro della saga Dopo sfavillanti anni di ’70007: del due suo ore ul- e mezza costate 300 milioni di dollari. timo Rush il grande Ron Howard si è Stavolta, insieme nuovi Mnel (Ralph spinto ancora piùaiindietro tempo, Fiennes), Q (Ben e grande fino al 1820, per Whishaw) portare sul Moneypenny (Naomie James schermo Heart of theHarris), Sea, racconto Bond (Daniel Craig) affrontare il del naufragio della deve baleniera Essex suo nemico supremo: causato all’attacco di l’organizzazione un’enorme baleinternazionale S.P.E.C.T.R.E. na bianca. Il fatto reale che L’acronimo ispirò Herideato da Ianper Fleming per SPecial man Melville il suosta capolavoro letExecutive for Counter-intelligence, terario Moby Dick. Un film sorprenTerrorism, Revenge and Extortion, dente e contemporaneo, che confertuttavia, se scandito in maniera ma le doti di grande narratore che alternativa, anche svelare l’autore di Apuò Beautiful Mind esette Cindeaspetti pellicola. rella Mandella ancora oggi possiede. S come Swann e Sciarra Ossia i cognomi delle due nuove Bond girl: la psicologa Madeleine (figlia del criminale Mr. White/Jesper Christensen, sfuggito all’MI6) e la vedova Lucia (il cui marito, membro della SPECTRE, muore per mano di 007), interpretate rispettivamente da Léa Seydoux e Monica Bellucci. La “francesizzazione” del personaggio di Madeleine ha messo da parte (almeno per il momento) l’idea di inserire un’attrice scandinava, mentre il cameo femminile iniziale è andato alla messicana Stephanie Sigman. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 intervista Che tipo di sfida ha rappresentato per lei il confronto con il mito di Moby Dick? A livello cinematografico è la sfida più grande che ho affrontato fino a oggi, sia per le scene d’azione che per l’attenzione ai particolari e l’approfondimento dei personaggi. Per fortuna avevo avuto già un paio di buone esperienze in mare aperto con Splash – Una sirena a Manhattan e Cocoon, perché l’unico modo per mantenere il film nel budget concordato era girare veramente nell’Oceano. Ogni inquadratura che non prevedeva effetti speciali meccanici o digitali è stata girata in mare. Questo ha anche cambiato il mio solito stile, invece di girare grandi inquadrature panoramiche ho lavorato più su quelle strette e sull’intimità dei rapporti tra i personaggi. Con la giusta preparazione ab- biamo potuto prevedere tutte le sfide che ciò comportava, e questo ha alleggerito la pressione durante le riprese. Una buona organizzazione permette poi anche di improvvisare: ad esempio quando cambiavano gli agenti atmosferici potevamo passare da una scena all’altra molto in fretta. La riproduzione digitale della balena è impressionante… Abbiamo puntato al massimo del realismo, non volevo che diventasse la solita creatura mostruosa che vediamo nei film oggi. Anche se adoro Lo squalo di Spielberg, non volevo che l’animale apparisse e sparisse subito come succede in quel film, la balena doveva essere ben presente, una minaccia costante e reale. Che cosa ha imparato da Heart of the Sea? E Qui e sopra, Chris Hemsworth. A destra Cillian Murphy e altre scene di Heart of the Sea. In apertura Ron Howard 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 “VOLEVO CHE LA BALENA FOSSE SEMPRE BEN PRESENTE: UNA MINACCIA COSTANTE E REALE” quali sono gli eroi nel suo film? Ho capito soprattutto che posso seguire il mio istinto con più tranquillità, quasi sempre funziona. C’è dell’eroismo nel film, certo: per me si tratta di affrontare le circostanze avverse e tenere duro fino al massimo possibile. Coloro che sopravvissero a tutti quei giorni in mare furono indubbiamente eroici. Il suo passato di attore l’aiuta a lavorare con il cast? Mi aiuta ad aprire un ponte di comunicazione con gli attori e a guadagnarmi la loro fiducia. So che sfide, che problemi devono affrontare e cerco di aiutarli, ma il più delle volte non ne hanno bisogno. La verità e che molte delle persone che hanno raggiunto la celebrità sono dei gran lavoratori, volevano avere successo e hanno sputato sangue per essere dove sono. Quando ero ragazzo in poco tempo ho recitato con Henry Fonda e John Wayne, e poi ho diretto Bette Davis. Personalità molto diverse tra loro con un unico denominatore comune: erano più professionali e disposti a dare il massimo di chiunque altro sul set. Questo è ciò che amo di più in Tom Hanks, e Chris Hemsworth ha la stessa predisposizione. Sono molto rispettosi delle opportunità che vengono loro concesse. Se dovesse fare una Top 5 dei suoi film, quali sceglierebbe? Apollo 13 di sicuro. Anche A Beautiful Mind e Cocoon. E Parenti amici e tanti guai, che considero un film molto personale. E poi metterei insieme Rush e quest’ultimo, due esperienze fantastiche. Diciamo che ho una prospettiva troppo personale nei confronti dei miei film per dire oggettivamente quali sono i migliori. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 RIVOLUZIONE SPAZIALE 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 star wars Nuove galassie e personaggi per il VII episodio firmato J.J. Abrams. Che affida il Capitano degli Stormtroopers a Gwendoline Christie. L’indomita guerriera del Trono di spade e la prima cattiva della serie di Alessandro De Simone dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 star wars ‘‘ T “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”. È sempre un’emozione ripensare all’incipit di Guerre Stellari, una saga che a 38 anni dalla sua nascita è ancora capace di scuotere il mondo, in trepidante attesa del 16 dicembre, quando finalmente Star Wars Episodio VII: il risveglio della Forza arriverà nelle sale. Responsabilità enorme per J.J. Abrams, che ha dalla sua la già vincente resurrezione cinematografica di Star Trek e, cosa ben più importante, un rispetto sacro nei confronti del materiale che gli è stato affidato dalla Walt Disney con il benestare di George Lucas. Il creatore di Lost non si è risparmiato, ha messo insieme un cast straordinario, richiamando in servizio gli interpreti originali, il cui fascino e carisma sono rimasti intatti, almeno da quello che si è potuto vedere in fase di promozione, e ha affiancato loro un gruppo di giovani leoni che faranno la storia dell’epopea nei prossimi anni. Daisy Ridley, John Boyega, Adam Driver, Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, il premio Oscar Lupita Nyong’o. E anche Gwendoline Christie, la guerriera Brienne di Tarth di Game of Thrones che dal mondo fantastico di Westeros è approdata p oi a quello futur-distopico di Panem nell’episodio conclusivo di Hunger Games e ora tra le stelle, non troppo lontane per lei, visti i suoi abbondanti 1,91 cm di altezza. L’abbiamo incontrata a Londra per farci raccontare della sua esperienza nel Risveglio della Forza. Miss Christie, ci parli prima di tutto del suo personaggio. Interpreto il capitano Phasma, sono a capo degli Stormtroopers ed è un personaggio che fa parte del Lato Oscuro. Si tratta della prima cattiva nella saga di Star Wars e sono molto fiera di avere questo privilegio. Come ci si sente a far parte di questa straordinaria avventura? Sopraffatta. Dal momento in cui era stata annunciata la nuova trilogia ho iniziato a chiedere al mio agente di fare di tutto per farne parte. Ovviamente non ero la sola, ma era così forte l’eredità che ha lasciato su così tante persone nel mondo, me compresa, che non potevo non provare con tutte le mie forze. Credo che C1-P8 sia stata la mia prima cotta cinematografica. La sua costanza è stata premiata. Può dirci com’è andata? Ero a New York per la premiere della quarta stagione di Trono di spade. Ho ricevuto una telefonata e ho dovuto mollare tutto per andare a firmare un patto di non divulgazione e incontrare J.J. Abrams. Non ho potuto dire niente a nessuno, devo essere sembrata molto maleducata. Le trattative sono andate avanti per mesi e bisognava risolvere il fatto che avrei girato il film in contemporanea alle riprese di Trono di spade. Ho capito di avercela fatta solo quando sono arrivata sul set. Se Phasma ci sarà anche nei prossimi film, la sua vita diventerà molto complicata. Bel tentativo, ma non posso rivelare ancora se sarà così o meno. In ogni caso, spero di avere sempre problemi di questo tipo. Come tutti gli Stormtroopers, nel film indossa una maschera. È stato difficile per la sua interpretazione? No, è stata una sfida. In GoT indosso sempre l’armatura, pesantissima, e questo mi ha insegnata a gestire il corpo per renderlo espressivo attraverso il costume di scena. Phasma ha il volto coperto dalla maschera, quindi ho lavorato ancora di più per trasmettere le mie sensazioni con i movimenti e la postura. Un’ultima curiosità: ha già giocato con la sua action figure? Assolutamente sì. E fa un bellissimo effetto. 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 Tutti i personaggi del VII episodio. Con le new entry Adam Driver (il malvagio Kylo Ren), Oscar Isaacs e John Boyega. A destra in basso il regista J.J. Abrams con Daisy Ridley “Sono sopraffatta. la mia prima cotta Credo che C1-P8 sia stata cinematografica” star wars LA FORZA DEL BRAND Da Annikin ad Anakin Skywalker a Poe Dameron: la space opera di Lucas tra fumetti e rivoluzione Abrams di Gianlorenzo Franzì P Prima di Guerre Stellari la fantascienza era relegata nella benemerita Serie B, se si eccettuano le sporadiche divagazioni filosofiche di Tarkovski e Kubrick, così dense di significato fino a diventare impenetrabili. Solo George Lucas, samurai solitario con una sua idea di cinema ben precisa, ebbe il coraggio di importare la space opera nei blockbuster d’autore, contaminandola con tutti i generi e ridefinendo in maniera assoluta il concetto di marketing applicato ad un prodotto presumibilmente artistico come quello cinematografico. E allora ecco che emerge la vera “forza” di Star Wars e del suo brand: essere un concentrato di fattori diversi e uguali, un contenitore capace di intercettare ieri il desiderio di evasione di una generazione sognante così come oggi la voglia di riscatto da un mondo concentrazionario modulata attraverso il canone della fuga e dell’inseguimento; e ancora, oggi più di ieri, la necessità dell’industria hollywoodiana di rinnovare il proprio imma- 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 ginario e ampliarlo. È per questo che la prima trilogia era frizzante e caratterizzata da una baldanza fumettistica che esuberava in uno scontro avventuroso e manicheo fra Bene e Male, colma di una spensierata naiveté impensabile oggigiorno, figlia dell’amministrazione a metà strada tra Ford e Reagan; mentre la seconda era più cupa e più legata all’amministrazione Bush e agli anni immediatamente successivi all’11/9. Dovrebbe essere storia nota che l’idea della “Forza” sia stata partorita da George Lucas durante una sua lunga degenza in ospedale. È invece meno risaputo che nello script originario di Lucas, Luke era un veterano di guerra, Han Solo non era umano, l’Imperatore Palpatine aveva sembianze ben diverse ma soprattutto era Annikin Skywalker (e non è un refuso), figlio del grande guerriero Jedi Bendu Kane Starkiller, il vero eroe della serie che lottava contro il Nuovo Impero. In questo particolare si innestava lo spirito della seconda trilogia: la figura di Anakin, angelo caduto e sacrificato sull’altare dell’opportunismo politico di un senatore assetato di potere, era allora centrale negli episodi I, II e III, che premevano l’acceleratore sull’allegoria politica, vestendo Star Wars di eleganti simbologie fuori fuoco negli episodi IV, V e VI, impregnandola di una cupezza, di un fatalismo struggente che prima mancavano. A dare compattezza al marasma narrativo, comunque, ci pensano gli altri media: con la Lucasfilm acquistata dalla Disney (che ha da poco inglobato anche la casa editrice Marvel), i fumetti tratti dall’universo lucasiano hanno oggi una rinnovata vitalità. Affidate ai migliori artisti in piazza - Mark Waid e Jason Aaron fra gli scrittori, John Cassaday, Sturart Immonen, l’italico Simone Bianchi fra gli illustratori -, i serial ambientati nell’universo classico dei film collegano storie e personaggi, trame e sottotrame, unendo politica e avventura, morti e resurrezioni. © 2015TWENTIETH CENTURY FOX FILM CORPORATION. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. PROPRIETÀ FOX. SOLO PER USO PROMOZIONALE. LA VENDITA, LA DUPLICAZIONE, O ALTRI TRASFERIMENTI DI QUESTO MATERIALE SONO SEVERAMENTE PROIBITI. IL GRANDE CINEMA TARGATO VIDEA MACBETH ABOUT RAY di Justin Kurzel - con Michael Fassbender, Marion Cotillard - Drammatico (aka THREE GENERATIONS) di Gaby Dellal - con Naomi Watts, Elle Fanning, Susan Sarandon - Commedia THE WHOLE TRUTH Courtney Hunt - Keanu Reeves, ILSusanna NOSTRO TRADITORE TIPO White - Ewan McGregor, Naomie Harris, di con Renée Zellweger, James Belushi - Thriller di con Stellan Skarsgård, Damian Lewis - Thriller CHOCOLAT di Roschdy Zem - con Omar Sy, James Thiérrée - Drammatico ELVIS & NIXON di Liza Johnson - con Kevin Spacey, Michael Shannon, Alex Pettyfer - Commedia Crediti non contrattuali A N T I C I P A Z I O N I HHhH di Cédric Jimenez - con Mia Wasikowska, Rosamund Pike, Jason Clarke - Drammatico LA GATTA CENERENTOLA Alessandro Rak, Ivan Cappiello, di Marino Guarnieri, Dario Sansone - Animazione ALWAYS ON MY MIND Chris D’Arienzo- Glenn Close, Nick Nolte, di con Laura Dern - Drammatico BALLERINA di Eric Summer, Eric Warin Animazione THE FOUNDER di John Lee Hancock - con Michael Keaton, Laura Dern, Nick Offerman - Biopic VIDEA S.p.A. - Via Livigno, 50 - 00188 Roma - Tel. +39 06.33.18.51 - Fax +39 06.33.18.52.55 [email protected] - www.videaspa.it - facebook.com/videa - youtube.com/videa - twitter.com/videaspa TSO criminale La regista Costanza Quatriglio documenta il caso gravissimo di Francesco Mastrogiovanni 87 ORE “Quando il potere non ha relazione umana”: l’ultimo, lancinante film di Costanza Quatriglio. Tra denuncia civile e ontologia dell’immagine di Federico Pontiggia “Quando il potere non ha nessuna relazione umana: 87 ore racconta un’altra banalità del male che si alimenta attraverso l’assuefazione e i comportamenti meccanici”. In onda il 28 dicembre in seconda serata su Rai Tre, 87 ore è il nuovo radicale, necessario e lancinante film di Costanza Quatriglio: inquadra l’agonia del maestro Francesco Mastrogiovanni, morto il 4 luglio 2009 dopo cinque giorni di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania in Cilento. Cinque giorni legato mani e piedi al letto, cinque giorni crocefisso nell’indifferenza di medici e infermieri, cinque giorni alla fine dell’umano. Prodotto da Doc Lab, già in cartellone al festival Arcipelago di Roma e poi in sala con Cineama, prende il titolo dalle ore registrate dalle nove videocamere di sorveglianza che documenta- dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 TSO criminale so applicato come un mandato di cattura: essere matto è tornato a essere un capo di imputazione, una colpa”, quello della Quatriglio non è (solo) cinema performativo, impegno civile fatto immagini e suoni, documento fatto documentario, bensì, un riportare in vita, un riaffidare all’umano le immagini meccaniche e mute della morte, la candid camera dell’aberrazione. 87 ore dimostra che il cinema può an- stato prelevato dal mare e, diciamo così, ricondotto al mare, perché è morto per annegamento interno, con i polmoni riempiti d’acqua”, e questa circolarità incornicia “non la storia di mio zio, ma solo i suoi ultimi giorni: mio zio – dice Grazia Serra - era una persona molto riservata, e questo rende quelle 87 ore ancora più dolorose. Ma credeva nella libertà e amava gli ultimi, e penso sarebbe d’accordo an- Alle camere di sorveglianza del CCTV si contrappone la cura fatta camera (e montaggio) della regista no l’agonia del maestro elementare. I 75’ del film ne sono costituiti pressoché per intero: riprese dall’alto e a passo uno, sono le immagini dell’apocalisse. Apocalisse laica: la sostituzione della cura umana in sorveglianza meccanica, l’annichilimento dell’umanità nella frammentazione della responsabilità (medici e infermieri), la morte come esternalità negativa, e mera conseguenza, dell’affrancamento dall’umano. Il processo di appello in primo grado condannati i 6 medici, prosciolti i 12 infermieri – è ancora in corso, del caso si sono occupati tv (Mi manda RaiTre), stampa (L’Espresso, che aveva mandato in loop quelle 87 ore), ma per la Quatriglio “la sfida era far diventare il documento materia di narrazione. L’osservazione è la chiave, perché l’osservazione disumana delle camere di sorveglianza può solo filmare il disumano che c’è nel reparto. Quello che accade appartiene alla logica dell’insensatezza, ma è legato al meccanismo di ciò che succede là dentro”. Se per Luigi Manconi di A buon diritto, qui soggettista con Valentina Calderone, “la contenzione meccanica andrebbe abolita - è uno strumento meccanico antiterapeutico e sostanzialmente disumano – e il TSO è spes- 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 cora cambiare il mondo perché cambia le immagini, la loro titolarità, il loro status ontologico – e dunque filantropico. Perché alle camere di sorveglianza del CCTV 87 ore contrappone la cura fatta camera (e montaggio) della Quatriglio. Osserva, la regista, come “Francesco Mastrogiovanni è che lui: che tutti vedano, perché bisogna cambiare la realtà”. La realtà di noi uomini e donne, la posizione di noi spettatori: dal “che cosa vede chi” del CCTV al “chi vede che cosa” di 87 ore, noi dove guardiamo? E che cosa – e chi – ci riguarda? Occhio per occhio e…? Le nove videocamere di sicurezza del reparto psichiatrico di Vallo della Lucania TRASMET TERE EMOZIONI È UN DONO. LISTINO KOCH MEDIA 1°SEMESTRE 2016 REGALI DA UNO SCONOSCIUTO - THE GIFT KNOCK KNOCK CONSEGNA PREVISTA:7 GENNAIO 2016 CONSEGNA PREVISTA: FEBBRAIO 2016 CONSEGNA PREVISTA: MARZO 2016 (Credits not Contractual) THE VATICAN TAPES ZETA 7 MINUTI L’OTTAVA NOTA - BOYCHOIR CONSEGNA PREVISTA: APRILE 2016 CONSEGNA PREVISTA: MAGGIO 2016 CONSEGNA PREVISTA: MAGGIO 2016 IL CASO FREDDY HEINEKEN CONSEGNA PREVISTA: GIUGNO 2016 facebook.com/Kmedia2 youtube.com/Kmedia2 Twitter: @KochMediaIT RITRATTI di Orio Caldiron THE VOICE Da qui all’eternità passando per i musical: l'icona Frank Sinatra, a cent'anni dalla nascita 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 In apertura Frank Sinatra nel ritratto di Marco Letizia. Qui in Colpo grosso (Ocean’s Eleven), film di Lewis Milestone del 1960 N Nessuno dei suoi film ha mai tentato di rievocare la serata del 30 dicembre 1942 al Paramount Theater di Manhattan, quando esplode il mito Sinatra accolto dalle urla delle bobby-soxers che svengono contagiate da un attacco di isteria collettiva. Frank Sinatra – nasce a Hoboken, New Jersey, il 12 dicembre 1915 da padre siciliano e madre ligure, e muore a Los Angeles il 14 maggio 1998 – s’impone nel corso di una carriera strepitosa come uno dei grandi interpreti della musica leggera americana, cantando con voce inconfondibile, calda e sommessa, i motivi del suo magico repertorio, da “Strangers in the Night” a “My Way”, da “Night and Day” a “The Lady Is a Tramp”, che coniuga l’influenza del jazz con i gusti del pubblico di massa. Nel dopoguerra la popolarità del re dello swing, sex symbol ma non ancora icona mediatica, rimbalza al cinema con una decina di musical, di cui il più trascinante è Un giorno a New York (1949), dove con Gene Kelly e Jules Munshin, rinnova il genere scatenandosi nelle coreografie in esterni al ritmo di “New York, New York”. Ma la piena affermazione dell’attore avviene soltanto con Da qui all’eternità (1953). Il ruolo del soldato Angelo Maggio – picchiato a sangue dal sergente Ernest Borgnine muore tra le braccia di Montgomery Clift – gli vale l’Oscar, mentre la sua vita privata è in crisi. Separatosi da Nancy Barbato, la prima moglie che gli ha dato Nancy, Frank Jr. e Tina, sposa Ava Gardner, da cui presto divorzia alimentando a lungo la curiosità dei rotocalchi. Se il batterista schiavo della droga di L’uomo dal braccio d’oro (1955) conferma le sue qualità drammatiche, il biscazziere di Bulli e pupe (1955) è il più disinvolto e ruba la scena a Marlon Brando in difficoltà con “A Woman in Love”. Il reporter di Alta società (1956) gli offre l’occasione di misurarsi con Bing Crosby, che era stato il suo idolo e di cantare “You’re Sensational” a Grace Kelly nel suo addio al cinema. Nel bellissimo Qualcuno verrà (1958) è lo scrittore disilluso che dopo la guerra ritorna nella sua città di provincia dove incontra la prostituta Shirley MacLaine che si sacrifica per salvargli la vita. Il clan Sinatra – di cui fanno parte Dean Martin, Sammy Davis Jr., Peter Lawford – partecipa a Colpo grosso (1960), Tre contro tutti (1962), I quattro del Texas (1963), I 4 di Chicago (1964), farsesche trasferte a Las Vegas, nel West, nella Chicago anni trenta che trionfano al box-office. Sovrappeso, sempre in odore di scandalo, in L’investigatore (1967), La signora nel cemento (1968), Inchiesta pericolosa (1968), tra incontri di boxe, scommesse alle corse, telefonate al bookmaker, si ricicla in chiave hardboiled, prima di dedicarsi alle sue imprese nello show-business e dintorni. Osteggiato dagli eredi, chissà se andrà mai in porto il biopic che Martin Scorsese vorrebbe dedicargli puntando sui lati oscuri di “The Voice”, dal sesso all’alcol, dalla rissosa litigiosità dell’uomo pubblico alle chiacchierate amicizie mafiose. MARTIN SCORSESE RIUSCIRÀ MAI A REALIZZARE IL BIOPIC SU DI LUI, RACCONTANDONE I LATI OSCURI? dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 LA MIGLIORE SULLA CARTA PROVALA PER UN ANNO A €19,90 Disponibile anche online su www.cinematografo.it I TOP 5 56 al Cinema OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Francofonia 60 64 Il piccolo principe 58 Il ponte delle spie 65 Our Little Sister Irrational Man 62 59 Regression Carol 65 La isla minima 68 56 Francofonia 58 Il ponte delle spie 59 Regression 59 Il labirinto del silenzio 60 Irrational Man 61 Macbeth 61 Il gesto delle mani 62 Carol 63 Mon roi 64 Il piccolo principe 65 Our Little Sister 65 La isla minima 66 Quel fantastico peggior anno della mia vita 68 Perfect Day 69 Preview Il figlio di Saul Quo vado L’abbiamo fatta grossa The Danish Girl La corrispondenza La grande scommessa Perfect Day dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 i film del mese Con i musei ci sa fare: dopo l’Hermitage e il Bojimans, stavolta tocca al Louvre FRANCOFONIA Sokurov va oltre il film per come lo conosciamo oggi: godardiano e umanista, il suo selfie per l’eternità In uscita Regia Aleksandr Sokurov Con Benjamin Utzerath, Louis Do de Lencquesaing Genere Drammatico (87’) N on ha vinto il Leone d’Oro di Venezia 72, ma voi ricordate chi ha vinto? Poco importa. Non solo per il talento cinematografico e lo spessore umano di Aleksandr Sokurov, Francofonia va oltre il film per come lo conosciamo oggi: si direbbe d’impronta godardiana, per quanto e come riflette sul linguaggio, ibrida e mashuppa filmico e profilmico, si destreggia tra formati, supporti, suoni, rumori, selezione e combinazione dei segni. “ Francofonia è meta-film e oltre il film, perché se l’arte è destinata a perire tra i marosi mondani, che sono insieme della natura e della politica umana, entrambe senza coscienza, non c’è tempo. Bisogna fare in fretta, bisogna fare cinema. Giugno 1940, i tedeschi hanno preso Parigi: il conte Franz Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath), capo del Kunstschutz, la commissione tedesca per la protezione delle opere d’arte in Francia, incontra Jacques Jaujard (Louis Do de Lencquesaing), il direttore del Louvre, colui che ha concepito il piano d’evacuazione dei musei francesi. La storia e la Storia, il film nel film, perché Sokurov non solo meta-testualizza, ma intertestualizza guidato da un solo faro: l’umanesimo. Con i musei ci sa fare: all’Hermitage di San Pietroburgo nel 2002 aveva realizzato Arca russa, l’anno precedente al Bojimans Museum di Rotterdam Elegy of a Voyage. Nei saloni di fronte ai quadri celeberrimi, gli spettatori eletti sono due, la Marianne libertèegalitèfraternitè e Napoleone, il vero fautore e, sì, pure custode del Louvre. Guarda la Mona Lisa e lo dice: “Sono io”. Difficile dargli torto, non c’è arte senza Marte. Mentre Palmira, e il suo custode, viene decapitata dalla barbarie dell’Isis, Sokurov accoglie la sfida suprema, far ragionare ragione di Stato e ragione dell’arte, far stringere la mano e il cuore all’art pour l’art e all’umanesimo, per un nuovo, ultimo e utopico Rinascimento. Che sia, questa, operazione contemporanea lo ribadisce lo stesso intreccio di dubsmash (Hitler…), skype, montaggio del suono, interpolazione digitale, CGI che fa di Francofonia una Babele linguistica in cui, però, tutto è congruente, parlante e comprensibile: sistema aperto, in cui il cinema per l’arte tutta cerca di difendersi dal mondo stando nel mondo e donandosi al mondo. Cos’è la Nike di Samotracia, se non questa vittoria possibile? Viva la Marianna, viva Napoleone, perché il fine ultimo, salvaguardare l’arte e dunque noi stessi, giustifica i mezzi, dice Sokurov, la collaborazione e il collaborazionismo. Sokurov ha la forza, e le palle, per dirlo, e ci mette la faccia: in Francofonia non c’è solo la sua voce, come nelle precedenti Elegie, ma lui stesso. Ben venga un selfie, se serve a salvarci. S’intende, un selfie per l’eternità: Francofonia. FEDERICO PONTIGGIA dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese IL PONTE DELLE SPIE Si rinnova il connubio tra Spielberg e Hanks: più dramma morale che spy story In uscita Regia Steven Spielberg Con Tom Hanks, Alan Alda Genere Thriller (141’) STEVEN SPIELBERG ci ha raccontato più volte di guerre ed eroi, soprattutto di quelli disarmati, quasi inconsapevoli, mossi da carità e cuore. E più volte ha portato sullo schermo storie di personaggi comuni ed esempi edificanti, soprattutto se inseriti in contesti difficili o avversi. Come il James B. Donovan interpretato da Tom Hanks, maschera perfetta per un ruolo che si offre come sintesi ideale delle precedenti collaborazioni con il regista di Cincinnati (Salvate il soldato Ryan, Prova a prendermi e The Terminal). Ci sono la dedizione e il coraggio, la capacità e la forza di andare oltre il proprio dovere, spirito e ironia nell’avvocato di Brooklyn costretto 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo novembre 2015 dalla coscienza a opporsi al suo stesso Paese, a cavallo tra maccartismo e Guerra Fredda, per difendere la presunta spia Rudolf Abel e trattare il rilascio di due prigionieri trattenuti da sovietici e tedeschi dell’Est. E nello scontro-confronto tra due giganti come Tom Hanks e Mark Rylance (pluripremiato interprete soprattutto teatrale, qui nei panni dell’accusato) sta la vera spina dorsale del film, forse meno equilibrato e ricco di tensione rispetto a precedenti Spielberg, ma che sotto la usuale patinata perfezione stilistica nasconde una anima grande. Indubbiamente più dramma morale che ‘legal’ o ‘spy movie’, Il ponte delle spie offre una materia unica alle sapienti mani del regista, e soprattutto dei fratelli Coen, eccezionalmente autori di una sceneggiatura fortemente marcata dal loro timbro. Si potrà restare spiazzati dallo humour inatteso di certe scene o delusi dalla mancanza di veri e propri cliffhanger, ma di certo non indifferenti al succedersi di momenti coerenti tra loro nel costruire una immagine di grande umanità e giustizia. E nell’offrire al pubblico - almeno a quello più maturo - un senso di particolare comunione, un coinvolgimento che si potrebbe scoprire usciti dalla sala, magari ripensando alle immagini (rare al cinema) della costruzione del Muro di Berlino. Soprattutto in una fase storica nella quale certe tentazioni tornano a diffondersi pericolosamente… MATTIA PASQUINI Script dei fratelli Coen, il loro timbro ironico si sente IL LABIRINTO DEL SILENZIO Processo ad Auschwitz: ricostruzione scialba Bartel, è una messa in scena elegante, dai colori saturi e vivaci come quelli che generalmente associamo agli anni ’50 (quelli dei mélo in technicolor, con una predominanza di toni rossi e verdi), che danno al film un look d’antan vagamente artefatto. Sotto il profilo visivo ricorda un altro film recente che si è occupato dei postumi del nazismo e della questione del risarcimento, Woman in Gold, anche se dal punto di vista narrativo sarebbe più un sequel di Vincitori e vinti di Stanley Kramer, sul processo di Norimberga. Quello contro i responsabili di Auschwitz arrivò parecchi anni dopo, nel 1960, grazie all’impegno di un giovane procuratore molto ambizioso e parecchio schifato dalla volontà di rimozione di un’intera nazione. Film giusto ma troppo didascalico. GIANLUCA ARNONE NON DEVE ESSERE STATO un anno eccezionale in Germania se il meglio che i tedeschi hanno trovato per farsi rappresentare agli Oscar è una scialba ricostruzione d’epoca sul primo processo contro gli aguzzini di Auschwitz. L’altra nota di colore è che il candidato in questione, Il labirinto del silenzio, è diretto da un italiano emigrato in Germania, il debuttante Giulio Ricciarelli. Quella di Ricciarelli, anche sceneggiatore con Elisabeth Anteprima Regia Giulio Ricciarelli Con André Szymanski, Alexander Fehling Genere Drammatico (124’) REGRESSION Horror paradossale e moderno. Al netto della suspense In sala Regia Alejandro Amenabàr Con Ethan Hawke, Emma Watson Genere Horror (106’) MINNESOTA, anni ’90. Un caso di abusi sessuali a danno di una minore (Emma Watson) si allarga e diventa un’indagine sull’esistenza di una presunta setta devota al diavolo e dedita a rituali particolarmente efferati. Se ne occupano un detective (Ethan Hawke), uno psicologo (David Thewlis) e un prete (Lothaire Bluteau). Il ritorno di Alejandro Amenàbar all’horror è solo apparente: atmosfere e look visuale rimandano al cinema degli anni ’70, epoca a cui ci riporta anche la pista demoniaca inseguita dal regista spagnola. Ma è una pista da prendere con le pinze così come bisogna fare attenzione a non scambiare Regression per un horror old style. È invece un’operazione smaliziata e moderna, mossa da un consapevole progetto antifrastico: ad Amenàbar non interessano gli effetti ma le cause, non che cosa fa paura ma perché facciamo di tutto per provarla. In questo modo è come se il film ci lasciasse guardare dentro i suoi segreti, smontando quello stesso meccanismo della suspense che nella prima parte sembra operare regolarmente. Con più ironia sarebbe piaciuto a Wes Craven, anche se per entrambi i cliché (letteralmente) si sprecano. Approccio inusuale, che merita considerazione. Per le palpitazioni però vedere altro. GIANLUCA ARNONE dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 59 i film del mese IRRATIONAL MAN Ennesima e originale rilettura del proprio cinema: Allen ancora più beffardo e spietato In uscita Regia Woody Allen Con Joaquin Phoenix, Emma Stone Genere Commedia (95’) MENTRE SI CONTINUA A BOLLARE il recente cinema di Woody Allen come minore e a denunciare ripetizioni e manierismi, si perde di vista un dato di fatto: che Allen nel corso degli anni ha continuato a rileggere, a criticare, a riformulare il proprio cinema e i suoi topoi. Irrational Man pare continuare con maggiore ironia e beffardo cinismo questa operazione, continuando non di meno a parlare di esseri umani. Il film racconta la relazione tra un professore di filosofia, sfatto e nichilista ma affascinante, e una studentessa: il cliché tipico si tingerà di nero quando l’idea di uccidere un giudice incompetente darà al professore nuova linfa vitale. Allen, autore ovviamente anche della 60 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 sceneggiatura, parte da Crimini e misfatti e Match Point per virarli in salsa beffarda, in chiave di commedia nera con la quale smitizzare alcuni degli elementi cardine del proprio cinema. A partire dalla depressione del protagonista, presentata come maschera sociale più che disagio umano, Irrational Man infila i luoghi comuni del cinema alleniano e li smonta con cura e spietatezza: l’amore per la filosofia e la psicoanalisi, i classici russi e il cinema d’epoca, le idiosincrasie borghesi, tutto mostra il suo vero volto alla luce della stupidità con cui Allen descrive i personaggi, mostrandoli come parvenu. È un cinismo che non è fine a se stesso, ma serve a fare i conti con la propria età e la propria idea di sé. Il tutto con una precisione di scrittura e regia ormai finissima, da cui bisognerebbe apprendere ogni tocco, ogni cambio di ritmo, ogni notazione: basti vedere la scena chiave del film, quando Joaquin Phoenix, bravissimo in vesti che ironizzano sul suo cliché, prende atto di voler uccidere il giudice. Come i veri maestri, coloro che fanno cinema come respirano, l’uso dei piani, dei campi, di musiche e movimenti è finalizzato all’idea che vogliono comunicare e al netto di categorizzazioni che hanno più a che fare col gusto che con la critica, vanno sempre a segno, come la luce che irradia dal volto di Emma Stone. EMANUELE RAUCO Un cinismo mai fine a se stesso, personaggi come parvenu IL GESTO DELLE MANI Il metodo della fusione a cera in un doc ipnotico IL METODO DELLA FUSIONE a cera persa nella creazione delle statue di bronzo: tecnica antichissima già in uso nella Grecia del quinto secolo (i Bronzi di Riace ne sono tra i più illustri testimoni), e tuttora quotidianamente dunque colonna sonora e voce narrante, e si affida alla forza documentaria delle immagini e dei rumori ambientali: scelta stilistica ostica, ma la pregnanza visiva è innegabile nell’affascinante resoconto del processo creativo di una scultura realizzata dall’artista Velasco Vitali. Si resta come ipnotizzati dinanzi al lavoro metodico e certosino degli artigiani, soprattutto delle loro mani, maieutiche guide che conducono lo spettatore attraverso tutte le fasi della lavorazione sino al risultato finale, dal modello in cera all’inossidabile opera di bronzo. Un appassionato elogio alla tradizione e all’arte manuale, intrigante e godibile anche per i profani (questo è forse il maggior merito) che è valso a Il gesto delle mani il Premio Fipresci a Berlino 2015. adoperata dalla Fonderia Artistica Battaglia di Milano. Per raccontare questa singolare realtà, nel suo doc Il gesto delle mani, il regista Francesco Clerici rinuncia coraggiosamente a qualunque tipo d’intervento, via GIANFRANCESCO IACONO “videoclippato” e post-postpostmoderno; le accelerazioni e decelerazioni continue che denotano il Movimento della Storia più che nella storia; la fluidità di certe carrellate, a ricordo di certi ralenti di Wong Kar-wai; il montaggio discontinuo, paradigmatico, configurante un unico flusso di coscienza, di immagini oniriche e di voci sibilate, di piccoli strappi, di vai e vieni temporali lungo l’asse cronologico. Di atmosfere spettrali, di terre e cieli letteralmente colorati di rosso. Rarefazioni alla Refn, senza quel malessere che preme sulla forma e la informa. Una versione smaccatamente cupa, smorta più che funerea, truculenta più che sanguigna, baraccona più che barocca. Muscolare ma senza attributi. Che brucia di un fuoco di scena. E lancia nuvoloni di fumo negli occhi. In sala Regia Francesco Clerici Genere Documentario (77’) MACBETH Versione sovraccarica e pop. Non avvince, semmai sfinisce Anteprima Regia Justin Kurzel Con Michael Fassbender, Marion Cotillard Genere Drammatico (113’) RISPETTARE IL DETTATO shakesperiano “a parole” cercando una modernità di facciata. L’obiettivo è scontata, il risultato scadente. Il restyling pop del Bardo voluto da Justin Kurzel con la complicità di Fassbender e Cotillard non funziona su diversi piani e non convince per molte ragioni. A partire dal processo di astrazione che impone su tutta la drammaturgia, la musicalità della composizione scenica, la chiave monologica, tutto esageratamente GIANLUCA ARNONE dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 61 i film del mese COLPO DI FULMINE CAROL Delicata storia d’amore con finale perfetto. Cate Blanchett e Rooney Mara al top Anteprima Regia Todd Haynes Con Cate Blanchett, Rooney Mara Genere Drammatico (118’) Q uante volte abbiamo desiderato leggere una storia d’amore che ci trascinasse nel vortice inspiegabile del primo incontro? Lo sguardo che incatena 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 uno al destino dell’altro o dell’altra malgrado volontà, circostanze, passato, presente e futuro? Con Carol, romanzo autobiografico, Patricia Highsmith c’e riuscita. Uno sguardo e poi lo svelarsi dei sentimenti lungo la narrazione, la magia del colpo di fulmine. Un’opera piuttosto rara nella carriera della scrittrice statunitense, nota più per trame dark, un piccolo scandalo nel suo percorso, tanto che Carol è stato pubblicato sotto pseudonimo. Poco conosciuto fino a oggi, quando Todd Haynes ha deciso di farne un film, così fedele nella sua essenza, che i personaggi sembrano usciti direttamente da quelle pagine. Cate Blanchett, bellissima ricca e sofisticata, ma Therese, Rooney Mara, la giovane che rimane folgorata da quella visione ai grandi magazzini in cui lavora, è semplicemente perfetta. Straordinaria. Tanto da essere lei il fulcro, da cui sgorgano inconsapevoli e confuse eppure sempre più abbaglianti, le emozioni: sorpresa, sconcerto, paura e infine completo abbandono alla vita. Al presente, al futuro incerto. Tanto da essere stata premiata con la Palma per la migliore attrice a Cannes. Todd Haynes incornicia In sala MON ROI Il fascino indiscreto del furbetto: il re Vincent Cassel alla corte di Maïwenn questa storia degli anni cinquanta in quadri perfetti, con i meravigliosi costumi di Sandy Powell, senza sbagliare una nota. Senza cedere, né eccedere. Riprende le due magnifiche attrici attraverso finestre, specchi, riflessi. Gabbie di vetro in cui sono rinchiuse e poi scompaiono quando sono insieme. I primi piani malinconici e potenti, come la forza che le attira inesorabilmente una verso l’altra. Non solo perché è il 1953 e Carol è sposata, ma ha una figlia che non può perdere. Therese, invece, non ha nulla, solo una macchina fotografica, con cui cattura momenti, volti, espressioni: Carol. Libera, sorridente, felice. Ci sono scene di grande bellezza, che fanno battere il cuore e un finale assolutamente perfetto. MARINA SANNA DICIAMOLO SUBITO, il Georgio – sì, scritto così di Vincent Cassel, pur fascinoso e a tratti irresistibile, lo prenderemmo a mazzate per quanto è, ipse dixit, “il re dei coglioni”, ma ciò non può, e non deve, ricadere negativamente sul film. Opera seconda di Maïwenn, Mon roi non condanna né fiancheggia: il racconto non è né morale né immorale, piuttosto amorale, in perfetta sintonia con il re che s’è scelto. Georgio è uno dei tanti ricchi di oggi: bella casa arredata con cattivo gusto, ristoranti e altri affari, un rapporto, ehm, contrastato con il fisco e un passato (presente?) da modellaro. Con le donne, ovvio, ci sa fare: buona penultima, ci casca Tony (Emmanuelle Bercot, migliore attrice ex aequo a Cannes 2015), che vediamo subito spaccarsi un ginocchio sugli sci. Tentato suicidio? Beh, l’ipotesi regge. Lasciamo perdere i paragoni che non reggono, da Un uomo, una donna in giù, Maïwenn canta la vita estetica, ed estetizzante, del re e della regina suo malgrado, appoggiandosi ai suoi due ottimi interpreti. Mon roi ha il merito fondamentale, tra qualche compiacimento e più di qualche lungaggine, di annusare l’aria che tira: già, quanto possono essere fascinosi i furbetti del quartierino? FEDERICO PONTIGGIA Regia Maïwenn Con Vincent Cassel, Emmanuelle Bercot Genere Drammatico (130’) dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese IL PICCOLO PRINCIPE Versione animata del celebre romanzo di Saint-Exupéry: operazione senza magia Anteprima Regia Mark Osborne Genere Animazione (108’) CIÒ CHE MARK OSBORNE e Bob Persichetti hanno fatto con il celebre romanzo di Antoine de Saint-Exupéry – alla terza versione big screen dopo quella del lituano Arunas Zebriunas (1967) e l’altra in chiave musical di Stanley Donan (1971) - è un tentativo di aggiornare la storia rendendola più acconcia alla moderna narrativa per l’infanzia di scuola DreamWorks (da cui proviene d’altra parte Osborne: suo era Kung Fu Panda). Intenzione per alcuni aspetti lodevole, risultato che invece lascia molto a desiderare. A questo Piccolo principe 2.0 manca quasi del tutto la magia dell’originale: se il romanzo era un capolavoro di “complessa” semplicità, con quel tono trasognato, la dimensione astratta e 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 una sovrastruttura favolistica dentro cui celava un nucleo filosofico profondo, il film sacrifica parte della ricchezza testuale accodandosi da un lato all’adagio sci-fi contro il solito incombente potere tecnocratico, dall’altro concedendosi una licenza facile e politicamente à la page riscrivendo un romanzo di “soli uomini” da un punto di vista femminile. Peccato che l’ancoraggio a un hic et nunc preciso – siamo in una città di una società capitalistica avanzata - tolga a una storia senza tempo un po’ del suo mistero. Le suggestive figure allegoriche del Piccolo principe - la rosa, il serpente, il pozzo - vengono sclerotizzate e “adattate” alla struttura banalmente manichea del film (che ovviamente non si spinge mai a teorizzare un superamento del modello sociale preso di mira, semmai un aggiustamento). Ma è sul piano visivo che il confronto è impietoso: l’algida esattezza del digitale nulla può contro l’animazione tradizionale del disegno originale di SaintExupéry, così come viene mostrato in un lungo flashback. Quel tratto così ingenuo, imperfetto, eppure autentico e poetico, unito alla dimensione della nostalgia (che è fare esperienza di una perduta innocenza), scioglie davvero il cuore e aumenta i rimpianti per un’operazione che, con un po’ di coraggio in più, avrebbe potuto essere meravigliosamente “fedele” all’originale. GIANLUCA ARNONE L’algido digitale nulla può contro la poesia del disegno originale LA ISLA MINIMA Un True Detective nella Spagna (post)franchista progressista, parla gentile e condiscendente con la moglie al telefono, dei due è il poliziotto buono. Non potrebbero essere più distanti, eppure, devono collaborare: la risoluzione del caso ipoteca il loro futuro. Indagano, e la realtà - prima che la verità: è rintracciabile la verità? - che viene letteralmente a galla sa di putrefazione allargata, connivenze e omertà: chi è colpevole, se non l’intero villaggio alla foce del Guadalquivir? Le ultime vittime, due sorelle, illuminano una palude che non è solo fisica, ma morale: padri correi, ragazzi dal coltello facile, ricchi depravati. Noir più che thriller da 10 premi Goya, La isla mínima ha regia pulita e calzante, interpreti senza fronzoli ed efficaci e, soprattutto, la capacità di fare del genere un grimaldello sociopolitico. FEDERICO PONTIGGIA 1980: la Spagna che (non) esce dal franchismo, un serial killer di ragazzine e due detective. Regia di Alberto Rodríguez, La isla mínima è una sorta di True Detective iberico, ma ad alto voltaggio politico: per fare carriera, che cosa siamo disposti a tacere, meglio, ignorare? A indagare sono Juan (Gutiérrez), che piscia sangue e ha tanti scheletri nell’armadio, e Pedro (Arévalo), l’uomo nuovo della Spagna post-franchista: è moderno, In sala Regia Alberto Rodríguez Con Raúl Arévalo, Javier Gutiérrez Genere Noir (105’) OUR LITTLE SISTER Ritratto di sorelle in interno giapponese: Kore-eda, ai suoi medi Anteprima Regia Hirokazu Kore-eda Con Haruka Ayase, Masami Nagasawa Genere Drammatico (126’) PICCOLE DONNE CRESCONO. Non il regista: il giapponese Kore-eda Hirokazu non si conferma ai livelli eccelsi di Like Father, like Son (2013), Our Little Sister (Umimachi Diary) non rapisce. Tre sorelle, Sachi (29 anni), Yoshino (25) e Chika (21), vivono insieme nell’avita casa a Kamakura: il padre non lo vedono da 15 anni, quando se ne andò di casa per un’altra donna, e pure la madre manca da parecchio. Insomma, tre ragazze sole al mondo, ma se ne aggiungerà una quarta alla morte del padre: Suzu (13 anni), la loro sorellastra, per giunta orfana. La convivenza aprirà nuove possibilità per tutte, la conservatrice Sachi e la fresca Yoshino, la sempliciotta Chika e la piccola Suzu, che al pari della maggiore Sachi potrà finalmente vivere l’infanzia che non ha avuto… L’abilità di Kore-eda nel cogliere e tratteggiare i moti dell’animo non si discute: ha occhio e cuore per le sfumature e le increspature, e il cast gli dà man forte in empatia. Eppure, Our Little Sister suona un po’ programmatico, se volete fiabesco – nel senso di una Cenerentola buonista – e lo spettro alcottiano (Louisa May Alcott), la sospensione in un tempo a tratti immoto e inamovibile non aiuta: belle le attrici, ma non basta. FEDERICO PONTIGGIA dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 i film del mese QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA Trionfatore al Sundance. Diverte e tocca il cuore l’opera seconda di Gomez-Rejon In uscita Regia Alfonso Gomez-Rejon Con Thomas Mann, Olivia Cooke Genere Commedia (105’) IL VINCITORE del Sundance Film Festival 2015. Si presenta con questa etichetta Quel fantastico peggior anno della mia vita (pessimo il titolo italiano, decisamente più appropriato l’originale Me and Earl and the Dying Girl), secondo lungometraggio di Alfonso Gomez-Rejon che durante l’ultima edizione della kermesse dedicata al cinema indipendente ha ottenuto il Premio del pubblico e il Gran Premio della Giuria: U.S. Dramatic. Protagonista è l’adolescente Greg che, durante il suo ultimo anno di liceo, passa le giornate dividendosi tra due coetanei: il “collega” Earl, con cui realizza strampalati film amatoriali, e la sfortunata Rachel, una ragazza malata 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 di leucemia che sua madre l’ha costretto a frequentare. Scritto da Jesse Andrews, che ha preso ispirazione dal suo omon imo romanzo, il film è un classico dramedy a stelle e strisce, capace di alternare efficacemente dramma e commedia. Non manca qualche ingenuità strutturale (la parte centrale è un po’ ripetitiva), ma è una pellicola che fa piuttosto bene il suo dovere, riuscendo a divertire (esilaranti i “remake” prodotti da Greg e Earl) e a toccare corde emotive profonde (la sequenza in ospedale) allo stesso tempo. Se qualch e scelta narrativa può sapere un po’ di maniera, la regia si mantiene comunque accattivante e suggestiva, con ambiziosi movimenti di macchina e scelte visive tutt’altro che banali. Gomez-Rejon si è fatto le ossa lavorando per la televisione, prima con Glee e poi con American Horror Story, ma il suo stile è ormai perfetto anche per il grande schermo e, smorzando qualche ingenuità, potrebbe diventare uno dei no mi nuovi del cinema americano su cui puntare. Talentuoso anche nel dirigere gli attori (nel suo prossimo lavoro, The Current War, ci saranno Jake Gyllenhaal e Benedict Cumberbatch, rispettivamente nei panni di George Westinghouse e Thomas Edison): sono perfetti, infatti, i giovani protagonisti, capaci di rendere credibili tre outsider non semplici da interpretare e con cui, anche grazie alla loro interpretaz ione, è facile empatizzare. ANDREA CHIMENTO L’empatia con i personaggi è assicurata, scelte visive mai banali & presentano © &™ STUDIO 100 OGNI SETTIMANA I CARTOON PIÙ BELLI IN REGALO PER TE Scopri quali e come averli su www.chili.corriere.it/cartoonmania SMART TV PC TABLET SMARTPHONE i film del mese PERFECT DAY Il dopoguerra nei Balcani? Aspro e spiazzante, con Benicio Del Toro e Tim Robbins In uscita Regia Fernando León Con Benicio Del Toro, Tim Robbins Genere Drammatico (106’) BOSNIA 1995. Mentre la guerra è appena arrivata alla conclusione, un gruppo di operatori umanitari si deve confrontare con un ostacolo imprevisto: rimuovere il cadavere di un soldato dal fondo di un pozzo per evitare che contamini l’acqua del villaggio. L’operazione, di per sé lineare, diventa inaspettatamente complicata… Parlare di una guerra, descriverne fatti e azioni può essere semplice, permette di muoversi lungo il già detto e di limitarsi a ripetere la cronaca. Oppure si può andare a cogliere il momento incerto e inafferrabile delle ostilità appena concluse, quella terra di nessuno nella quale non ci sono più nemici da combattere ma tante diverse realtà che si confrontano, ciascuna con 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 l’encomiabile obiettivo di pacificare e rimettere ordine nella vita civile. Su questo segmento si muove Perfect Day, diretto da Fernando León de Aranoa, affermatosi a livello internazionale con I lunedì al sole (2002) con Javier Bardem, film di insolita asprezza espressiva e di tenace plasticità drammatica. La capacità di raccontare il già molte volte raccontato (tanti i titoli sulla/e guerra/e nella ex Jugoslavia), di accostare un approccio insolito e originale, di restituire incertezze e spaesamenti mai artificiosi, è al centro di questa produzione anomala. Dentro la nazionalità spagnola e l’ambientazione in Bosnia si muovono infatti quattro protagonisti ben distinti tra loro: un americano (B/Tim Robbins), un portoricano (Mambrù/Benicio del Toro), una ucraina (Katya/Olga Kurylenko), una francese (Sophie/Melanie Thierry). Inciampi e imprevisti li mettono uno contro l’altro, favoriscono rivelazioni e confessioni, fanno emergere contrasti, paure, timori, cinismo. Sfumature caratteriali emergono nello scontro tra pubblico e privato, tra il dramma della guerra lontana e un amaro umorismo a cementare rinunce e rimpianti. Emerge la capacità del regista di imprimere all’inquadratura quel senso di verità che spacca la finzione e fa vivere la storia come un documento non più replicabile. MASSIMO GIRALDI Film ricco di dark humour e sfumature caratteriali i film del mese preview a cura di Manuela Pinetti IL FIGLIO DI SAUL QUO VADO LA CORRISPONDENZA AUSCHWITZ-BIRKENAU, ottobre 1944. All’orrore quotidiano del deportato ebreo ungherese Saul si aggiunge il dolore più grande: l’uomo riconosce tra i cadaveri del campo di concentramento il corpo di suo figlio. Ora Saul deve scegliere se partecipare alla rivolta con gli altri prigionieri o dedicarsi alla ricerca di un rabbino che dia degna sepoltura al ragazzo. In concorso all’ultimo Festival di Cannes, vincitore del Grand Prix. LA MOBILITÀ lavorativa e il welfare secondo Checco Zalone. Un impiegato pugliese detentore di posto fisso e con l’ufficio dietro casa vede a rischio per una riforma il proprio lavoro. Pur di salvarlo lascerà la provincia di Bari per una vera e propria odissea che lo condurrà a Lampedusa, in Val di Susa e in Sardegna, fino ad approdare in Norvegia. Sarà davvero la società perfetta di cui tutti parlano bene? COSA GUIDA le persone nella scelta di una professione? Una studentessa universitaria (Kurylenko) nei momenti liberi lavora come stuntwoman: le acrobazie e il pericolo sono realmente il suo mestiere. Eppure oltre la passione per l’azione c’è dell’altro, un passato che la ragazza non riesce a superare. L’aiuto giungerà da un suo docente (Irons). Riprese in Alto Adige, Trentino, Piemonte, Edimburgo e York. Regia László Nemes Con Géza Röhrig, Levente Molnar Regia Gennaro Nunziante Con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi Regia Giuseppe Tornatore Con Jeremy Irons, Olga Kurylenko LA GRANDE SCOMMESSA L’ABBIAMO FATTA GROSSA THE DANISH GIRL LE BANCHE non sono oneste, la crisi era prevedibile. Non è una teoria complottista, ma quel che alcuni investitori, in parte piuttosto scalcinati, avevano immaginato prima che la crisi finanziaria del 2007 esplodesse in tutta la sua potenza. Cast stellare: Christian Bale, Brad Pitt, Steve Carell, Ryan Gosling, Amy Adams. Tratto dal libro di Michael Lewis The Big Short: Inside the Doomsday Machine. YURI PELAGATTI (Albanese) è convinto che sua moglie abbia un altro. Ci sta così male che anche il suo lavoro di attore teatrale ne risente: dimentica le battute in scena. Fa dunque pedinare sua moglie dall’investigatore Arturo Merlino (Verdone), specializzato in ritrovamento animali, che però si imbatte in una valigia piena di soldi… È nato il nuovo duo della commedia (gialla) del cinema italiano. NEGLI ANNI VENTI e trenta del secolo scorso Lili Elbe – artista, modella, musa – era piuttosto nota un po’ in tutta Europa. Quello che quasi nessuno sapeva era che Lili era nato Einar Wegener, ovvero uomo, era sposato con una donna e che fu una delle prime persone ad essere identificate come transessuale. A interpretare Lili/Einar troviamo Eddie Redmayne, già acclamato protagonista de La teoria del tutto. Regia Adam McKay Con Christian Bale, Ryan Gosling Regia Carlo Verdone Con Carlo Verdone, Antonio Albanese Regia Tom Hooper Con Eddie Redmayne, Alicia Vikander dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore TELE A CURA DI VALERIO SAMMARCO DA NON PERDERE Amy Winehouse canta ancora. Tre passi nel delirio e Caligari La classe dei classici Saghe da collezione God Save the Queen Social Surfing Marlene Dietrich Musica da spie IN QUESTO NUMERO L’industria del cortometraggio nel report 2014 edito da FEdS. Youtuber vs. giornalisti? Nostalgia canaglia Cofanetto Mad Men e non solo: idee regalo per tutti 73 75 77 79 81 82 TELECOMANDO /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Amy - The Girl Behind the Name In Blu-ray e Dvd il commovente doc sulla Winehouse. Con molti extra opo la prima mondiale a Cannes e l’uscita evento in sala che ha riscosso enorme successo, arriva in homevideo (anche in Collector’s Edition che, oltre al film nei formati DVD e BluRay, contiene moltissimi contenuti extra inediti) il commovente documentario su Amy Winehouse diretto da Asif Kapadia, già artefice dello splendido ritratto su Ayrton Senna. Come da sottotitolo, il film scava nel dietro le quinte – grazie a moltissimo materiale di repertorio – di un’artista che, prima di finire nel D 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 maledetto Club 27 (quello delle rockstar morte a 27 anni, come Jim Morrison e Jimi Hendrix, Janis Joplin e Kurt Cobain), era una ragazzina paffutella che faceva le boccacce nei video amatoriali e cantava – per il puro piacere di farlo – di fronte ad un pubblico raccolto, intimo, al quale raccontare anche le proprie esperienze attraverso la musica. La Winehouse non c’è più, ma Amy e la sua voce non moriranno mai. DISTR. KOCH MEDIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Laclasse deiclassici a cura di Bruno Fornara I diabolici Omaggio a Caligari Mentre continuiamo a fare il tifo affinché Non essere cattivo raggiunga (quantomeno) la cinquina del miglior film straniero agli Oscar, il film postumo di Claudio Caligari arriva in homevideo. Con l’occasione, oltre all’edizione singola, è possibile tornare alle origini del cineasta di Arona con questo imperdibile cofanetto che contiene anche Amore tossico, suo primo (di solamente tre) lungometraggi, opera (del 1983) che ancora oggi fa parlare di sé. Dall’eroina di allora alle droghe sintetiche degli anni ’90, con Ostia sullo sfondo. DISTR. CG HOMEVIDEO/GOOD FILMS Tre passi nel delirio Collezione Ozu Il ragazzo invisibile “Il Piacere del Cinema”. La collana Teodora di Vieri Razzini arriva al 100° titolo e festeggia il traguardo con il celebre film a episodi - Metzengerstein (di Roger Vadim, con Jane Fonda e Peter Fonda), William Wilson (di Louis Malle, con Alain Delon e Brigitte Bardot) e Toby Dammit (di Federico Fellini, con Terence Stamp) ispirato a tre racconti di Edgar Allan Poe. Prosegue il recupero dei gioielli del cineasta nipponico. Da non perdere questo cofanetto Blu-ray “Ozu Yasujiro - Autunno e Primavera” - 6 dischi + Libro “Ozu Yasujiro” di Giorgio Placereani: in versione restaurata Tarda primavera (1949), Viaggio a Tokyo (1953), Fiori d’equinozio (1958), Buon giorno (1959), Tardo autunno (1960), Il gusto del sake (1962). In Dvd e Blu-ray l’ennesimo cambiamento di Gabriele Salvatores, che stavolta tenta la via del cinefumetto made in Italy. Molti gli extra (commento al film, effetti speciali invisibili, colonna sonora, backstage, la graphic novel) e booklet 16 pagine con vari interventi , tra i quali quelli del critico cinematografico Gianni Canova e del regista. DISTR. TEODORA FILM DISTR. CG HOMEVIDEO/TUCKER FILM Periferia parigina. Uno di quei funebri e cupi collegi francesi, privato, per ragazzi. Il direttore tirannico, che maltratta sia la moglie, insegnante e proprietaria dell’immobile, che l’amante, anche lei insegnante. L’amicizia ambigua tra le due donne che si accordano per ammazzarlo, pensano a un piano infallibile, lo ubriacano di whisky, lo avvelenano, lo annegano in una vasca da bagno, lo buttano nella piscina per simulare il suicidio. Intrigo lineare, semplice e sconvolgente. Non il miglior Clouzot ma un film efficace, soprattutto quando lo si vede per la prima volta: lucido, preciso, gelido. Gelido come l’acqua della piscina. Clima di suspense e di grettezza morale, deserti umani, cinismo e crudeltà, ambienti squallidi, intrighi che si vorrebbero risolutivi e che si rivelano inutili. Quello che gli allievi del collegio imparano ben presto è solo questo. Immagine pregnante: la barchetta di carta nella pozzanghera schiacciata dall’automobile. E la sequenza della mensa con i bocconi di pesce marcio da mandar giù... Regia Henri-Georges Clouzot Con S. Signoret, V. Clouzot Genere Drammatico (Usa, 1955) Distr. Dolmen Home Video DISTR. 01 DISTRIBUTION dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 TELECOMANDO /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ted & Ted 2 Orsetto di peluche? Sì, con variante anomala però… Oltre all’uscita del secondo capitolo di Ted, anche in Blu-ray edizione che raccoglie entrambi i film interpretati (e prodotti) da Mark Wahlberg e il suo inseparabile e sboccatissimo orsacchiotto. Con molti extra, tra i quali le scene eliminate e le papere. GIÀ DISPONIBILE Le prime quattro stagioni di Downton Abbey. E altre saghe: il Natale Universal House of Cards Per prepararsi alla quarta stagione di House of Cards (Netflix l’ha annunciata per il 2 aprile 2016), ecco boxset Blu-ray che racchiude le prime tre del political drama concepito e prodotto da Beau Willimon. Per capire – una volta di più, e meglio, anche grazie allo strepitoso Kevin Spacey – Gli intrighi del potere… GIÀ DISPONIBILE Minions Extra a non finire (compresi tre nuovi minifilm) e divertimento assicurato (oltre al boom d’incassi ottenuto in sala): i Minions arrivano in homevideo e, con l’occasione, è possibile ritrovare anche Cattivissimo Me e Cattivissimo Me 2. In cofanetto Blu-ray. DISPONIBILE DAL 10 DICEMBRE 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Feste seriali dicembre 2015 In attesa del “Christmas Special” con cui si chiuderà la straordinaria saga di Downton Abbey, ecco una preziosa idea regalo per convincere chi ancora non conosce i segreti dei Crawley (e della loro servitù): le prime quattro stagioni della serie tv creata da Julian Fellowes (Gosford Park di Robert Altman vi dice nulla?...) raccolte in un unico boxset da collezione. Vincitrice di 10 Em my Awards, 2 Golden Globes e 5 Bafta, Downton Abbey è tra le prime dieci serie tv più vendute nel mercato homevideo internazionale. Ambientata nello Yorkshire durante la fine dell’età edoardiana, nella tenuta di campagna del Conte e della Contessa di Grantham, la serie segue le vite dell’aristocratica famiglia Crawley e dei loro servitori a partire dal 15 aprile 1912, data di affondamento del Titanic. Alla notizia della tragedia, la famiglia Crawley è sconvolta nell’apprendere che il cugino del conte, James Crawley, e suo figlio Patrick, erede della loro proprietà, sono deceduti nel naufragio. DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE DALL’INIZIO ALLA FINE Non sapete cosa regalare? Ecco qualche prezioso suggerimento Sex and the City Dexter Probabilmente è impossibile, magari però qualche vostra giovane amica non ha ancora avuto modo di conoscere la storia di Carrie e le sue amiche. La serie con cui HBO, dal 1998 al 2004, rivoluzionò molte cose. 8 stagioni. Insieme al serial killer più ambiguo partorito dal piccolo schermo negli ultimi anni. Di giorno esperto forense della scientifica di Miami, di notte in cerca di prede che “meritano” di morire. Lo imparerete ad amare. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quentin Tarantino Bates Motel Mentre sta per uscire The Hateful Eight, ecco un imperdibile cofanetto Blu-ray (in edizione limitata) con Bastardi senza gloria e Django Unchained, due film di Quentin Tarantino che hanno raccolto complessivamente 3 Oscar. In regalo anche le vintage card di Bastardi senza gloria. Chi era Norman Bates prima di Psyco? Ecco – in boxset – le prime due stagioni della serie tv, sorta di prequel in salsa freudiana del capolavoro di Alfred Hitchcock. Con Freddie Highmore e Vera Farmiga: sì, è la mamma Norma Bates, quando era ancora viva e vegeta… Non abbiate paura. DISPONIBILE DAL 10 DICEMBRE DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE Mission: Impossible Da Brian De Palma a McQuarrie: i 5 film Fa quasi impressione pensare che il primo Mission: Impossible – quello diretto da Brian De Palma – sia del 1996, ormai quasi 20 anni fa. Allora Tom - Ethan Hunt – Cruise era poco più che trentenne. Oggi, quattro episodi dopo e a 53 anni compiuti, tiene ancora in mano le redini di una saga dura a morire. E che con il quinto, recente capitolo, Rogue Nation, diretto da Christopher McQuarrie, è riuscita a toccare forse il vertice della qualità. In cofanetto, e in Blu-ray, tutti i film del franchise: una maratona per rimanere col fiato sospeso, senza esclusione di colpi (di scena). Terminator Complete Collection Con l’arrivo in Dvd e Blu-ray del recente Terminator Genisys, è possibile rivivere l’intera saga cult grazie al cofanetto Blu-ray Terminator Complete Collection: dal 1984 al 2029, tutto d’un fiato. Col grande ritorno di Schwarzy! E molti contenuti speciali. DISPONIBILE DAL 2 DICEMBRE Mad Men Will & Grace Heroes Don Draper (Jon Hamm) e gli altri pubblicitari della New York anni ’60. Finalmente in cofanetto la serie di culto targata AMC e pluripremiata con 14 Emmy Awards e con 4 Golden Globe. Will Truman (Eric McCormack) e Grace Adler (Debra Messing): la loro amicizia al centro di una sit-com che in 8 stagioni (da fine anni ’90 a metà anni 2000) ci ha tenuto compagnia con brio e leggerezza. “Save the cheerleader, save the world”: il mantra ci ha accompagnato per quattro stagioni. Poi è finito (male) tutto. Per rinascere ora (dopo qualche tempo) con Heroes Reborn. Indimenticabile il Volume Uno: Genesi. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 TELECOMANDO /// Serie Tv ///------------------------------------------------------ ----------------------------------------------------------- AMERICAN ODYSSEY [CANALE 311 MEDIASET PREMIUM] Ogni venerdì, in anteprima esclusiva per l’Italia, a partire dall’11 dicembre S barca in anteprima esclusiva su Premium Action, a partire dall’11 dicembre, American Odyssey, la serie che accende i riflettori sui temi attualissimi degli attacchi terroristici e i finanziamenti più o meno occulti ad Al Qaeda. L’appuntamento è per ogni venerdì sera in prima serata. Il sergente Odelle Ballard (Anna Friel), tradita e rimasta l’unica piccolo schermo 76 sopravvissuta durante un’operazione speciale, scopre un segreto potenzialmente letale: Al Qaeda riceve finanziamenti proprio dagli Stati Uniti d’America. Da lì inizia il suo viaggio alla ricerca della verità e il suo ritorno verso casa che sarà pieno di ostacoli e che si incrocerà inaspettatamente con le vite dell’avvocato Peter Decker (Peter Facinelli) e dell’attivista politico Harrison Walters (Jake Robinson). Treat Williams interpreta il colonnello Stephen Glen, mentre come guest star troviamo Adewale Akinnuoye-Agbaje (già vista in Lost). Intrighi e complotti nati dalle menti creative di Peter Horton, Adam Armus e Kay Foster, che cavalcano la scia di planetari successi come il film American Sniper e la serie televisiva Homeland. a cura di Federico Pontiggia Sinatra Natale in azione Woody Allen Studio Universal AXN Studio Universal A 100 anni (12/12) dalla nascita, il lunedì si ricorda The Voice, con il doc in prima tv FBI: dossier Frank Sinatra e quattro film. Dal 24 al 27/12, ciak, si mena: Terapia d’urto, Charlie’s Angel – Più che mai, The Transporter, The Transporter: Extreme. Woody fa 80 anni, SU lo festeggia ogni martedì: Il dormiglione, Broadway Danny Rose, Hannah e le sue sorelle e Radio Days. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- WORLDWIDE Meanwhile, in the UK... L'inizio 2016 dei format Made in England. Dal nuovo adattamento di Guerra e pace alla prima miniserie diretta da Susanne Bier a cura di Angela Bosetto Sherlock: The Abominable Bride In attesa della quarta stagione, il 2016 inizia con una chicca imperdibile per gli amanti della serie: un episodio speciale che non solo porta la doppia firma di Mark Gatiss e Steven Moffat, ma ripristina pure l’ambientazione vittoriana di Sir Arthur Conan Doyle. La puntata debutterà su BBC One il 1° gennaio e quindi sarà nei cinema angloamericani il 5 e 6 gennaio. Pronti a seguire Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) e John Watson (Martin Freeman) nella Londra di fine Ottocento? The Game is On! The Night Manager War and Peace Dopo la storica versione firmata da John Davies nel 1972, la BBC offre ai propri spettatori un secondo adattamento di Guerra e pace, pensato per conquistare le nuove generazioni. Giovane il regista (Tom Harper) e ancor più i tre protagonisti: Paul Dano (Pierre Bezuchov), Lily James (Nataša Rostova) e James Norton (Andrej Bolkonskij). A incarnare gli altri personaggi creati da Lev Tolstoj saranno Jim Broadbent (Principe Bolkonskij), Stephen Rea (Principe Kuragin), Ade Edmondson e Greta Scacchi (i conti Rostov), Callum Turner (Anatole Kuragin), Tuppence Middleton (Hélène Kuragin), Jessie Buckley (Mar’ja Bolkonskaja), Jack Lowden (Nikolaj Rostov), Tom Burke (Fëdor Dolochov) e Aneurin Barnard (Boris Drubeckoj). Escluso Dano, l’unica presenza americana è Gillian Anderson (Anna Pavlovna Scherer). Dal romanzo Il direttore di notte di John le Carré, il triangolo pericoloso fra l’ex soldato Jonathan Pine (Tom Hiddleston), arruolato dai servizi segreti britannici, lo spietato trafficante d’armi Richard Onslow Roper (Hugh Laurie e la bella Jed (Elizabeth Debicki). AMC e BBC si uniscono per produrre la prima miniserie televisiva diretta da Susanne Bier, la quale ha trasformato in donna il personaggio cruciale di Leonard Burr per poterlo affidare a Olivia Colman, la Ellie Miller di Broadchurch. dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 77 TELECOMANDO /// Borsa del cinema ///----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- UNIVERSO CORTO Piccoli formati e grandi numeri: alla scoperta di un territorio finora poco esplorato, grazie alla pubblicazione di Jacopo Chessa di Franco Montini S e incassi e redditività dei lungometraggi sono quotidianamente monitorati e l’economia del settore è studiata e analizzata con dovizia di dati, non altrettanto si può dire del cortometraggio, un territorio finora quasi completamente i g n o ra to. Ad o f f r i re l’occasione di conoscenze e scoperte è un’interessantissima pubblicazione a cura di Jacopo Chessa L’industria del cortometraggio italiano - Report 2014, primo volume di una nuova collana “I Quaderni di Cineconomy”, edita dalla Fon- dazione Ente dello Spettacolo e dalla Direzione Cinema del MiBACT. Il volume fornisce una panoramica esauriente sulla realtà del cortometraggio, un’industria di piccoli formati e grandi numeri, perché i cortometraggi hanno una breve durata, solo il 6% dei titoli supera i 30 minuti, ma se ne producono un’infinità, circa 700 all’anno n e l n o st ro p a e s e. È un’industria senza soldi, perché la maggior p a r te d e i f i l m s o n o realizzati per passione. L’ammontare compless i vo d e i co n t r i b u t i pubblici per il settore, sommando l’intervento del Ministero dei Beni Culturali e degli enti locali ammonta complessivamente a circa 1,3 milioni di euro all’anno. Insomma da parte di autori e produttori c’è la consapevolezza che difficilmente ci sarà un ritorno economico, ma il numero delle persone che lavorano per la realizzazione dei cortometraggi, registi, attori, sceneggiatori, tecnici, maestranze, sono complessivamente alcune migliaia. Insomma, il settore è caratterizzato da enormi contraddizioni che riguardano anche il piano artistico e linguistico, perché il cortometraggio ha tempi televisivi, ma strutture visive e sintattiche assolutamente cinematografiche. Da qui le difficoltà del cortometrag- NASCE LA COLLANA “I QUADERNI DI CINECONOMY”, 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Surfing gio nel trovare spazio nelle sale, come in televisione. Infatti se da un lato la durata dei film poco si concilia con la tempistica della programmazione sul grande schermo, dall’altro l’attenzione che il documentario richiede poco si armonizza con il consumo ristretto dei teleutenti. Ciò nonostante, le iniziative per ampliare la visibilità dei corti sul grande schermo sono in crescita, si pensi al progetto “Cortometraggi che passione” promosso dalla FICE, la Federazione dei Cinema d’Essai, così come è in crescita anche l’attenzione delle televisioni, in particolare da parte dei canali Premium di Mediaset e Studio Universal. Mediaset in particolare acquista fra i 100 e i 140 cortometraggi all’anno per un investimento di circa 200mila euro, ma di questi solo una quota minoritaria, sotto il 20%, è di produzione nazionale e soprattutto le singole cifre di acquisto sono modestissime. Basti pensare che una rete come ARTE compra i corti ad un prezzo cinque volte superiore rispetto ai canali italiani. In proposito c’è da segnalare che da parte dei compratori stranieri, nonostante la mancanza di agenzie specializzate e attività di promozione, esiste un discreto interesse nei confronti dei cortometraggi italiani. Alla luce di questa realtà, i maggiori contenitori e distributori di corti nel nostro paese restano i festival e il canale YouTube. Di manifestazioni dedicate specificatamente al cortometraggio in Italia ne sono state individuate circa 250, il conteggio è complicato anche perché molte manifestazioni nascono e muoiono con grande rapidità. Quanto alla rete non c’è dubbio che si tratti del terreno su cui far crescere rapidamente la visibilità e l’economia del settore, con la prospettiva di avviare un ciclo virtuoso anche dal punto di vista meramente commerciale. @Marco_Spagnoli Youtuber o non Youtuber Critiche “dal basso” o “marchette”?... L i chiamano blogger, influencer, youtuber: tutte definizioni per ragazze e ragazzi che scrivono e recensiscono film, serie televisive, videogiochi. Un fenomeno mondiale che rappresenta una forma di editoria ‘dal basso’ e ‘diretta’. Ovvero giovani più o meno di talento che parlano di argomenti vari in maniera libera, in grado di essere capiti dai loro coetanei altrimenti in ‘fuga’ da mezzi tradizionali come la televisione o i giornali. Fino a qua niente di male. Anzi: la condivisione della cultura, nell’era digitale, diventa globale e si può parlare di tutto senza filtri e condizionamenti. Almeno in apparenza. Questi milioni di download e di ‘mi piace’ hanno colto l’attenzione di molte multinazionali e sono diverse le società chiamate in gergo ‘aggregatori’ che, come delle moderne agenzie di attori e attrici, mettono insieme questi ragazzi e gli trovano dei contratti alle volte per dei film, altre per l’inserimento di prodotti pubblicitari all’interno delle loro performance digitali. Adesso, però, si va “oltre”, invadendo il confine del branded entertainment al limite deontologico della televendita. Lontano da ogni ipocrisia, tutti i giornali sopravvivono con la pubblicità ed esistono dei veri e propri ‘redazionali’ per distinguere il giornalismo da quella che volgarmente viene chiamata una ‘marchetta’. Forse, alcune, testate non sono così trasparenti, ma – in genere – è difficile che certi confini vengano superati e ci sia un legame diretto tra il giornalismo e la pubblicità. Resta da dire, però, che il pubblico è tendenzialmente differente: gli adulti sono certamente più smaliziati e meno ingenui. Inoltre colpisce in negativo vedere dei ragazzini arruolati a pagamento per parlare bene di questo film o di quell’evento, perché è un modo di innalzare con una mano la bandiera della libertà della rete intascando con l’altra il prezzo di un compromesso. Un fenomeno in atto che sta prendendo proporzioni sempre più ampie con molte società di produzione e distribuzione più interessate allo Youtuber che all’inviato del grande quotidiano, lasciando così allungare un’ombra rispetto alla freschezza e sincerità dei commenti che troviamo. EDITA DA FEDS dicembre 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 TELECOMANDO /// Libri ///----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Divina Marlene Charles Higham Marlene Dietrich. L’angelo fatale Quale volume poteva inaugurare la collana “Donne fatali” meglio di una riedizione della biografia che Charles Higham dedicò a Marlene Dietrich nel 1977? La musa di Josef von Sternberg è diversa da qualunque star l’abbia mai preceduta e, come spiega l’autore, non rappresentava “né l’ingenua appiccicosa né la vamp indigesta, ma piuttosto una donna fredda e sicura di sé. È stata desiderabile ed elusiva, apparentemente tenera, ma in realtà dura come l’acciaio. Ha simboleggiato la donna libera della città che sceglie i propri uomini, si guadagna da vivere e vede il sesso non come una consolazione, ma come una sfida.” Ed è rimasta impareggiabile. (Ghibli, Pagg. 324, € 22,00) Donne fatali Riedizione della celebre biografia della Dietrich. Manuli rilegge Kaspar Hauser in graphic-novel ANGELA BOSETTO Kaspar fa il bis Davide Manuli, Gianluca Sigurani La leggenda di Kaspar Hauser Diretto da Davide Manuli e interpretato da Vincent Gallo, chi ricorda La leggenda di Kaspar Hauser? Un cult per palati fini e orecchi French Touch (Vitalic), capace di frullare mito e storia, allegoria e j’accuse, visione e visionarietà in bianco e nero caleidoscopico. Ora l’enigmati- 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo co e sempiterno Kaspar ha una nuova isola: un graphic novel, nero pece come la china di Gianluca Sigurani, abbacinante come la congruenza a geometria variabile tra schermo e carta, sorta di “trova le differenze” per esegeti cine-letterari. A completare la traduzione, Giuseppe Genna, già collaboratore al film, chiude immaginandosi un sequel, l’ennesimo UFO di una Leggenda che lungi dall’estinguersi si auto-rigenera e conquista nuovi supporti e territori. Lunga vita, Kaspar! (Il Saggiatore, Pagg. 112, € 19,00) FEDERICO PONTIGGIA dicembre 2015 Verso l’infinito... Pietro Grandi Pixar Story. Passione per il futuro tra arte e tecnologia La cosa sorprendente dei film Pixar è che godono già ora degli onori elargiti di norma a posteriori, gli onori del tempo, la gloria dei classici. Neanche la grandezza di Walt Disney fu così contemporanea con la sua epoca. Eppure John Lasseter, l’artefice di questa Disney 2.0, fa parte della stessa famiglia del suo mentore, entrambi della schiatta dei grandi sognatori della storia americana. Il fascino della Pixar Story raccontata con competenza da Pietro Grandi sta proprio nel saper ricomprendere l’avventura di Lasseter & Co, nella più grande epopea del Sogno Americano e di svelarne le analogiche ascendenze, dal modernismo grafico USA fino ai giochi ottici dell’Impressionismo e dell’Espressionismo. Una delle letture più insolite tra quelle dedicate alla Pixar. (Hoepli, Pagg. 158, € 9,90) GIANLUCA ARNONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Indimenticabile Marlene Dietrich Il risultato è una nostalgica passeggiata dal Duomo all’estrema periferia, dal centro alle fabbriche, lungo la quale si incontrano Mario Camerini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Ermanno Olmi, Carlo Lizzani, Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Liliana Cavani, Mario Monicelli, Fernando Di Leo, Umberto Lenzi, Maurizio Nichetti, Silvio Soldini, Garbiele Salvatores, Elio Petri, Marco Bellocchio, Luca Guadagnino e molti altri. (Mimesis, Pagg. 126, € 11,00) Carte spaziali Gattopardo Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana: ritorna la trilogia del mito Star Wars di Federico Pontiggia ANGELA BOSETTO Intrecci mediali Erica Negri La rivoluzione transmediale. Dal testo audiovisivo alla progettazione crossmediale di mondi narrativi Lungo i navigli Nazzareno Mazzini La nebbia non c’è più. Passeggiata lungo i film di Milano Dopo aver chiarito che non parlerà di tutti i “film di Milano”, ma di quelli che ama di più, l’autore spiega cosa intende: le pellicole italiane ambientate (anche solo parzialmente) nel capoluogo lombardo e quelle realizzate da registi milanesi (per nascita o adozione). Poter decidere non solo i contenuti, ma anche i modi e i tempi di fruizione è la conseguenza della trasformazione mediatica che viviamo. Cinema e tv si trovano scalzati dai new media: un “terremoto” che investe ogni ambito, dai format ai linguaggi, fino alle forme narrative, che si mescolano e si confondono. Ma cosa è stato a mettere in crisi la pratica di narrazione tradizionale, permettendo l’emergere di forme discorsive innovative e non lineari? Come si sono trasformati i concetti di “audience” e “autorialità”? Attraverso due esempi paradigmatici – Collider e Heroes –, l’autrice analizza il fenomeno anche dal punto di vista, aiutando a comprenderne pregi, limiti e questioni ancora aperte. (Lindau, Pagg. 397, € 29,00) CHIARA SUPPLIZI Star Wars Una nuova speranza Star Wars L’Impero colpisce ancora Star Wars Il ritorno dello Jedi “Nel dicembre del 1976, Ballantine Books pubblicò in paperback un romanzo intitolato Guerre stellari: dalle avventure di Luke Skywalker. Sulla quarta di copertina, a caratteri piccoli, si annunciava: “Presto un grande film della Twentieth Century Fox. Il primo approccio del pubblico al mondo di Star Wars, avvenne così, in sordina, e quella prima edizione del romanzo non fu un grande successo commerciale. Solo quando venne riproposto come tiein ufficiale del film vendette milioni di copie rompendo tutti i record, proprio come stava facendo il film nei cinema”. Parola del demiurgo George Lucas, autore uno e bino di libro e film. 40 anni dopo, la più grande saga fantascientifica della storia è pronta a conoscere un nuovo capitolo (vedi servizio a pag. 34), il settimo, e con ogni probabilità a infrangere l’ennesimo record al box office, forse addirittura a scalzare Avatar dalla vetta. Dunque, come non ritornare alle origini del mito? Detto, fatto: Mondadori riporta in libreria e in edicola la trilogia originale, avviata da Lucas nel ’76 con Una nuova speranza, proseguita da Donald F. Glut nel 1980 con L’Impero colpisce ancora, basato sulla sceneggiatura di Leigh Brackett e Lawrence Kasdan, e conclusa da James Kahn tre anni più tardi con Il ritorno dello Jedi, ispirato allo script di Kasdan e Lucas. In attesa del 16 dicembre, mettetevi comodi e ripassate: che la Forza sia con voi! TELECOMANDO /// Colonne sonore ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA Tanta roba! Sempre di playlist si tratta, ma il già celebrato Me and Earl and the Dying Girl ci porta all’orecchio musica eccellente, complice lo stesso regista Alfonso Gomez-Rejon: c’è tanto Brian Eno, che ha anche composto ad hoc, e c’è tanta audiostoria del cinema, da La conversazione a I 400 colpi, dal Disprezzo a La donna che visse due volte, fino al Morricone uno e bino di Navajo Joe a Per qualche dollaro in più. Ma il contributo italiano non finisce qui: della partita è il Minuetto Jeux d’enfance, scritto ed eseguito da Enzo Bosso, dalla colonna sonora di Rosso come il cielo di Cristiano Bortone. F.P. EMOZIONI SOSPESE IL PONTE DELLE SPIE è il primo titolo di Spielberg dai tempi de Il colore viola (musiche di Quincy Jones), a non essere commentato da John Williams, col quale il regista di Cincinnati ha formato uno dei sodalizi più lunghi e fruttuosi della storia del cinema. Thomas Newman, che sostituisce Williams a causa di problemi di salute, non lo fa rimpiangere. Parte con echi militari lontani, colori grigi, sonorità inquietanti; la guerra fredda è tutta qui, nei quasi cinque minuti di Hall of Trade Unions, Moscow e Sunlit Silence. Le tracce sono concise, due minuti o poco più: un marchio di fabbrica tipicamente newmaniano, il crescendo conciso e impetuoso di mistero, autointrospezione, incombente magniloquenza del nemico (la contrapposizione tra l’intimismo pianistico di Rain e i magniloquenti cori russi di The Wall). È un lungo preludio all’esplosione finale, con gli ultimi tre brani che vanno dai sette ai dieci minuti. Glienicke Bridge è una splendida esplosione muta di emozioni sospese, che rievoca lo score di Road to Perdition; Homecoming si apre alla speranza, con la melodia di piani e fiati che tengono le nubi sullo sfondo; la conclusiva End Title si richiude in se stessa, per poi esplodere a film ultimato in un medley che riassume all’ascoltatore/spettatore il proprio viaggio personale. GIANLUIGI CECCARELLI 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo dicembre 2015 IL RISVEGLIO DELLA PARTITURA! Alzi la mano chi non sa canticchiare la celeberrima Overture di Star Wars? Ebbene, il mitologico motivetto ritorna per la settima volta sul grande schermo, per bacchetta dello stesso compositore John Williams: già, Il risveglio della forza è anche il suo… F.P. LA FELICITÀ È UN SISTEMA COMPLESSO No, Felicità di Al Bano e Romina non c’è. Grazie a Dio. Ma nel sistema complesso di Gianni Zanasi, oltre alle musiche originali del cantautore romano Niccolò Contessa aka I Cani, trovano posto pezzi da novanta e sicure promesse: dai Rolling Stones di She’s a Rainbow ai Dead Can Dance di Children of the Sun, passando per la diegeticamente fondamentale – nel rapporto tra Valerio Mastandrea e Hadas Yaron – In a Manner of Speaking di Nouvelle Vague. E poi, ovvio, I cani, con Come Vera Nabokov, Asperger e la Torta di noi realizzata ad hoc. Bau! F.P.