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I Ponti su Ticino a Sesto Calende di Cesare Tamborini Contributi di storia locale ASSOCIAZIONE PRO SESTO CALENDE
Contributi di storia locale Volume realizzato con il contributo del Comune di Sesto Calende In copertina: Ponte ferroviario in legno 1868 Edito da : Associazione Pro Sesto Calende Testo : Cesare Tamborini Foto : Archivio Pro Sesto Calende . Realizzazione e stampa a cura del centro progettazioni Selgraph Cocquio Trevisago (VA)
Questo è il secondo volume della collana "Strettamente Sestese"che la Pro Sesto Calende sta realizzando con cadenza annuale. Con questa iniziativa l’Associazione intende valorizzare la conoscenza della storia di Sesto Calende,convinta che, solo conoscendo il passato del proprio paese, si puo avere una visione del presente ed un pensiero all’avvenire. Anche quest'anno abbiamo utilizzato Internet per proporre una pre­publica­ zione a sfondo fotografico, tratta dal vastissimo archivio dell'Associazione Pro Sesto Calende, allo scopo di anticipare l'argomento trattato nel volume e cioè:"I Ponti sul Ticino a Sesto Calende": La veste tipografica di questa seconda realizzazione è identica a quella del­ l'anno scorso per quanto conceme la grafica e l'impostazione, con le modifi­ che di titolo, argomento, autore. I nostri volumi saranno riconoscibili a colpo d'occhio grazie a questo standard tipografico che connoterà le pubblicazioni di questa Associazione rispetto a quelli di altri editori. La presentazione su Intemet, collocata nel mese di Settembre 2002 non è stata altro che un estratto di questa pubblicazione che, come l'anno scorso, viene proposta nel mese di Dicembre 2002. La "vicenda fotografica" sarà consultabile attraverso il pulsante "Strettamente sestese", sul nostro sito www.prosestocalende.it. Anche quest'anno vi proponiamo un "quaderno" di rigoroso contenuto stori­ co, ottenuto con una riedizione fedelissima e di qualità di documenti e scritti lasciati da uno storico sestese e cioè da Cesare Tamborini. La storia sarà quella dei numerosi ponti che, da anni lontanissimi, hanno attraversato il Ticino proprio Sesto Calende. Associazione Pro Sesto Calende
Per la gentile collaborazione alla pubblicazione si ringrazia: Riccardo Brianzoni che ha curato la redazione di questa monografia Pietro Galdangelo per la documentazione del Primo Ponte in ferro Alessandro Rovetti pronipote dell’autore Giovanni Tagini per le notizie riguardanti la ditta Cirla di Milano Gli aventi diritto per le opere di Elso Varalli Foto Angelo Veronesi per le foto d’archivio
Cesare Tamborini , nasce a Sesto Calende nel 1902 ed è ricor­ dato come studioso attento e preciso della storia locale del nostro paese. Storico attento ed appassionato ha eseguito ricerche in Italia ed all’e­ stero. Con la sua opera è riuscito a portare alla luce documenti ine­ diti riguardanti la storia locale. La “storia” che l’associazione pubblica in questo volume è tratta integralmente dalla sua ricerca “I Ponti sul Ticino a Sesto Calende”. Fra le sue moltissime monografie vogliamo ricordare: ­ Uno strano contratto per un strana malattia dell’abate di Sesto Calende (1455). ­ Due priori sconosciuti del sec. XVIII. ­ Note di tponomastica di Sesto Calende. ­ L’ipotesi sul nome di Sesto Calende ­ Le campane e la torre campanaria di S. Donato ­ Vicende di affreschi nella chiesa di S. Donato. ­ L’ospedaletto dei morti per i pellegrini. ­ Dispersione di quadri e arredi di S. Donato. ­ L’infeudazione di Sesto Calende ai Visconti. ­ I Ponti sul Ticino a Sesto Calende. ­ La ferrovia da Gallarate a Sesto Calende. In particolare va sottolineata una sua monografia pubblicata nel 1964 su “L’Abbazia di S. Donato in Sesto Calende”, in quanto l’opera fu stampata e posta in vendita a sue spese con i ricavi a favore dei lavo­ ri per il restauro e la conservazione degli affreschi dell’Abbazia stessa. Morì a Milano nel 1975.
Sommario Presunto Ponte di Belloveso pag. 1 Presunto Ponte romano pag. 3 Altre ipotesi pag. 6 Inattendibilità delle varie ipotesi pag. 9 Presunto Ponte medioevale pag. 14 Traversa messa in luce dalla piena del 1868 pag. 19 Il porto pag. 25 Ponti provvisori pag. 31 Ponte ferroviario in legno pag. 33 Il primo Ponte in ferro pag. 37 Il Ponte di barche pag. 44 Il secondo Ponte in ferro pag. 45
I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Presunto Ponte di Belloveso II problema del passaggio da una sponda all'altra di un corso di acqua veniva risolto nell'antichità a mezzo di guadi scegliendo il punto ove minore era l'impeto della corrente, oppure posando tavole o tronchi su piccoli rivi oppure infine utilizzando pontoni, barche o chiatte sui fiumi più larghi. In seguito gli Etruschi costruirono dei piccoli ponti con strutture di grandi massi posati a secco gli uni sopra gli altri e perciò necessa­ riamente dovevano essere di apertura limitata. I primi ponti romani furono in legno: tale era il più antico tra i ponti di Roma, il Sublicio, e tale esso rimase sempre anche quando le pile furono rifatte in pietra e tali erano i due primitivi ponti che congiunge­ vano l'isola Tiberina con le due sponde anteriormente alla costruzio­ ne dei ponti Fabricio e Cestio. Anche dopo che fu costruito il primo ponte di pietra, l'Emilio (178 a.C.), i Romani non cessarono dal costruire ponti di legno sia lungo le strade (le vie consolari mostrano ponti di pietra costruiti nel II­III secolo dopo Cristo in luogo di preesi­ stenti ponti lignei) sia per usi militari; il più spesso questi non erano che ponti di barche, ma talvolta erano dei ponti veri e propri come quelli famosi di Giulio Cesare sul Reno o quelli figurati sulle colonna Traiana e Antonina. Ovvero erano ponti misti con piloni di pietra e gli archi e il tavolato di legno, come quello famoso, a 20 piloni, costruito sul Danubio per Traiano da Apollodoro di Damasco nel 104 d.C. Ciò premesso, appare stupefacente (tenuto conto che l'attribuzione della fondazine di Milano da parte di Belloveso risalirebbe all'anno 600 a.C.) quanto scrive l'Arista nelle sue "Memorie meravigliose di Castelletto sopra Tesino" (1). E’ vero che nel suo indirizzo "ai curiosi" premette : "Non voglio che sii data seria Fede a questa serie di Memorie: Dico esser solo effetto dell'Affetto, quod natura dat. Conosco che tutto è vanità senza frutto, e che merito d'essere cre­ duto Pazzo... ", però certe sue affermazioni meriterebbero una con­ ferma, sia pure indiretta, il che, purtroppo, manca. L'Arista, parlando dell'origine di Castelletto Ticino afferma: "Trasse l'origine sua dal picciolo Castello, posto di guardia al magnifico ponte fabricato da Belloveso primo Rè de Galli Cisalpini, come ricavo da contrasegni dati da Marco Litta, Orat. de Urbe Mediolani pag. 4, ...
1 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende E lasciando fuori una sua Parte verso Oriente, nominata Galliasco e Passo Alto, a causa che ivi sboccava l'alto passo del ponte fabricato da Galli... Sono visibili sino al presente li piedi del ponte nell'una, e altra riva del Fiume; e nella parte del Galliasco si comprendono tre contrafosse fatte ad arte in quadratura per sua difesa. Rimane anche un Torrione del Castello all'hora edificato, in grossezza stuporosa di muri, in forma quadrata, havendo ciascun lato ampiezza di 24 piedi, giusto alla misura delle 100 Torri fabricate da Beloveso ad intorno a Milano ...". Più cautamente scrive il Campana (2) : "Presso Sesto sono i ruderi di un ponte antichissimo. Se dobbiamo prestar fede alla tradizione, o agli scrittori che la seguono, quel ponte fu costruito sul Ticino da Belloveso. Permane ancora il nome di Gallisenti, che si interpreta Gallorum Semitam che meglio diresti Gallorum iter. Ma queste son cose così incerte da essere più prudenti differire il giudizio, piuttosto che esporlo". Più oltre prosegue "Fanno menzione di Castelletto il dottissimo Carlo Bascapè e Domenico Macaneo, uomini di grandissi­ ma erudizione. Mi meraviglia tuttavia che un più recente scrittore attribuisca l'origine di questo luogo al piccolo castello che dicesi essere stato posto un tempo a difesa del ponte che Belloveso costruì sul Ticino. Infatti, sebbene si vedano gli avanzi degli archi sui quali poggiava la mole dell'antichissimo ponte, chi tuttavia potrà dire che il ponte stesso fu piuttosto costruito dai Galli che non dai Romani? Sono visibili tuttora sopra ambedue le rive le rovine di questo memo­ rabile ponte, e i marmi sepolti nelle rovine, nei quali potresti ravvisa­ re non già i rudi tempi dei Galli, ma qualche cosa di più grande, degno della romana età. Ma in cose tanto incerte, non intendo nè affermare nè contraddire alcuno". "Riferirò ora le cose più certe che Giuseppe Arista, cittadino di Castelletto, ha veduto egli stesso, o ha tratto da documenti; lascian­ do sotto silenzio tutte l'altre cose che egli ci tramandò appoggiando­ si più a congetture che a monumenti storici, affinchè io non venga tacciato di voler accrescere o diminuire alcunché della fede dello scrittore ".
2 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Presunto Ponte romano II Giani (3) intitola il capo IV del suo lavoro: "Le Corneliane sono il luogo dove P. C. Scipione pose il campo Romano, vi arringò la trup­ pa e vi stette durante la costruzione del ponte sul Ticino". Il capo V porta questo lungo titolo: "Il ponte fabbricato da Scipione sul Ticino attraverso il fiume precisamente dalla torraccia di Passoalto al castello dell'illustrissima Casa Visconti d'Aragona, come ne indicano le vestigia esistenti. La torraccia di Passoalto e le fondamenta sotto­ poste al castello Visconti nella parte direttamente opposta al fiume sono il fortino eretto in difesa del ponte stesso" e continua: "Pel testo di Polibio si è già veduto di sopra che Scipione aveva ordinato ai pontonieri di gettare il ponte sul Ticino nel mentre che egli raccolto nel campo il restante delle truppe, la arringava. Egli è certo dunque che il campo doveva essere vicino al ponte, e questo a quello... Da que­ sta esposizione si raccoglie che non solo venne fabbricato il ponte (come anche si scrisse da Polibio) ma che fu eretto inoltre un fortino per assicurare il ponte medesimo, e questo fortino stava in luogo superiore al ponte. Ora contiguo alle Corneliane, dove vanno esse a terminare colla riva del fiume, tuttora trovansi e le vestigia di questo ponte e del sovrapposto fortino di assicurazione. Non mi fermerò qui a descrivere la forma e la misura del ponte che agevolmente si pos­ sono rilevare dall'incisione (tav. II) farò soltanto osservare che inco­ minciando dalla riva sinistra entrando nel fiume non si incontrano che grossi macigni rovinati dall'alto della sponda, ma non si veggono le palizzate, anzi il letto del fiume è profondissimo... avanzandosi poi verso il mezzo della corrente, quivi l'acqua riesce meno alta, ed inco­ minciansi a vedere i pali spuntare dal letto del fiume i primi 5 piedi, altri 4 (i pescatori li chiamano le colonne), indi di mano in mano inol­ trandosi, sporgono alcuni un palmo, altri un pollice, altri poi appena mostrano l'estrema superficie, ma così indurita che sembra fin anco pietrificata. Nel mezzo della corrente il fiume (contro la natura dei fiumi, che nel mezzo sono sempre più profondi) è assai basso, a tal segno che nell'inverno e talora nel principio della primavera, quando i fiumi sono estenuati, egli è asciutto affatto ed offre un'isoletta ossia banco di sabbia di circa 160 piedi di larghezza e 700 di lunghezza. Nella scorsa primavera (del 1822) essendo il fiume bassissimo ebbi
3 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende campo di esaminarlo a fondo e di rettificare le misure del ponte e delle rispettive distanze, ma riconobbi pure che i pali sono di rovere, ne staccai anche un pezzo, e feci il tentativo per estirpare un grosso palo, ma riempiutasi d'acqua la fossa fatta intorno ad esso, per man­ canza di macchine idrauliche e per essere il palo stesso molto pro­ fondamente confitto nel suolo non ho potuto riuscire nell'intento. Anche il sig. Minela di Castelletto sopra Ticino in occasione che vole­ va spurgare il letto della nuova vaghissima peschiera ivi costruita fece un simile tentativo, che dopo molti stenti e fatiche gli andò pure a vuoto. Seppi però che nel 1810 essendone stato levato uno dai pescatori, si trovò armato di grossa punta di ferro prolungato il calcio a guisa d'imbuto con quattro code. Il ferro pesava 7 libbre grosse (Kg. 3,416) e venne disfatto dal fabbro di Castelletto Carlo Francesco Introino. Un'altra circostanza non si deve omettere, ed è che mentre la parte dei pali che sporgesi dal letto del fiume è tutta corrosa dalle acque e dal tempo, o impietrita, la parte che trovasi nascosta nel suolo ghiaioso è così ben conservata che ad alcuni pali trovasi anco­ ra attaccata la corteccia, che o mantiene il natìo colore, o è diventa­ ta nericcia. Questo ponte è di forma diversa da quello costruito da Cesare sul Reno, perchè il ponte di Cesare aveva bensì i pali a due a due, ma posti l'uno parallelo all'altro non lungo, ma contro la cor­ rente. É però da notarsi che il medesimo era di una foggia straordi­ naria e come tale volle Cesare descriverlo. II ponte all'opposto di Scipione è d'una costruzione più semplice ma nello stesso tempo solidissima come possono i meccanici riconoscere ....". Il Giani prosegue cercando di dimostrare che il ponte era formato in parte da chiatte ancorate alle due rive del fiume ove l'acqua era più alta e quindi difficile piantare lunghi pali ed era invece su pali nella parte centrale ove l'alveo era più alto e continua: "Ma passiamo a par­ lare del castello ossia fortino sovrapposto al ponte per difesa del quale parla Livio: e per assicurare il ponte sovrappongono un fortino. È questa una circostanza che verificandosi non lascia più dubbio alcuno che il ponte descritto sia quell'identico eretto da Scipione". "Nella riva destra del fiume adunque, drittamente in faccia al ponte trovansi le fondamenta di grossissime muraglie somiglianti a quelle del torrazzo di Sesona, che indicano essere stato quivi anticamante eretto un fortino, ossia la testa d'un ponte. Sopra l'alta cima della
4 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende sponda stessa s'erge l'antichissimo castello del signor Marchese Visconti d'Aragona, il quale domina in linea così diretta il sottoposto ponte, che non si può dubitare che quivi fosse il fortino fabbricato dai Romani... ". Il Giani a questo punto in una nota a piè pagina chiarisce: "Io non vor­ rei già sostenere che il castello Visconti nello stato attuale sia preci­ samente quello costrutto da Scipione. Si conceda pure che sia " esso stato in seguito ampliato, restaurato ed adattato al comodo dei signo­ ri che vi abitarono; ma parmi di potere dalle circostanze dedurre che la sua origine si debba al fortino quivi fabbricato dai Romani... ". Lo stesso autore prosegue poi più sotto: " ... Nè piccolo doveva esse­ re questo fortino di difesa se Scipione credette necessario di metter­ vi 600 uomini di guarnigione, che, perduta poi la battaglia, caddero prigionieri di Annibale. Che più? Nella sponda sinistra per dirittura esattamente al ponte trovansi gli enormi macigni rovinati parte entro il fiume, parte giacenti sulla riva del medesimo; sull'alto poi della sponda sovrapposta pure al ponte rimane anche oggidì, una diroc­ cata torraccia in forma quadrata avendo ciascun lato l'ampiezza di ventiquattro piedi, e quattro di grossezza. I macigni rovinati sulla riva del fiume e dentro di esso sono le parti che mancano a questa torre, talché se fosse possibile il trasportare i vari pezzi a collocarli al loro posto, si tornerebbe a restituirla nel primitivo stato; parendomi che poco o nulla del materiale siasi disperso".
5 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Altre ipotesi II Biondelli (4) scrive: "Pochi passi oltre Presualdo, questa via attraversava il fiume per mezzo di un ponte, dal quale tuttavia scorgonsi non dubbie vestigia attraverso il letto del fiume stesso. Ambe le teste di questo ponte erano difese da due torri massiccie, che sorgevano nelle due sponde, e delle quali pure sus­ sistono ragguardevoli avanzi ". Il Rusconi (5) a sua volta aggiunge: "Fa duopo ricordare che nella località di Presualdo, cioè sotto Castelletto Ticino, nei tempi antichis­ simi esisteva un ponte, certamente romano, perché tale lo dimostra­ rono gli avanzi trovati dal Giani... e questa costruzione di ponte deve risalire all'epoca di Augusto e di Tiberio, e perché vi sono ancora gli avanzi della strada militare per la Rezia e pel Sempione ". Più sotto prosegue: "Il Campana aggiunge che presso Sesto Calende vi sono avanzi di un ponte antichissimo; e la regione chiamasi Gallisenti, che volgarmente s'interpreta Gallorum Semita, passo, strada dei galli. I Romani adunque non avevano fatto che approfitta­ re della strada già esistente, sistemandola, fortificandola e rico­ struendo il ponte in forma stabile, affine di assicurare il passaggio del fiume; imperocché prima dei Romani il ponte ivi già esisteva ab anti­ quo essendo da quella parte che gli Insubri, gli Etruschi ed i Celti comunicavano coi Levi, coi Libici e coi Taurisci. La tradizione è viva ancor oggidì in quei dintorni che ivi esistesse il ponte, per cui Belloveso penetrò nell'Insubria, sconfiggendo gli Etruschi, i quali ne stavano alla difesa. E dissi viva la tradizione del ponte di Belloveso non solo perché la richiama anche il Campana nei suoi monumenti di Somma, ma eziandio perché la tradizione colloca il ponte di Belloveso in luogo, che anche oggidì reca il nome di lui; infatti, mal­ grado i contorcimenti che dovette col lasso dei tempi subire, la loca­ lità dove Bellovesio stabilì il proprio passaggio Bellovesi vadum sin­ copato il nome di Bellovesio in Blesa e quello di vadum in vado o valdo chiamasi anche oggidì Blesuado o Presualdo. Per cui é affatto arbitraria e senza senso l'etimologia del Campana desunta da che ivi il passaggio fosse alto: mentre lungo la costa del Ticino il passaggio è alto dappertutto". Secondo lo Spinelli (6): "Ricordano la prima invasione Gallo Celtica, a seconda del Rusconi, il nome Presualdo (Presualdo era nome pro­
6 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende prio di uomo presso i Longobardi) (v. Trova, "Storia d'Italia") che non suona già Passo Alto ma sibbene Bellovesi vadum, Guado di Belloveso e l'altro portato dal Campana Gallisenti, Strada dei Galli. Io aggiungerò il nome di Galliasco di luogo presso il Monsorino, e le case campestri Belesa e Pìlesci. vicine a Sesto, poter assai meglio di Presualdo richiamare il nome di Belloveso" . Per quanto riguarda Sesto Calende: "…è indubitato che il suo guado od il suo ponte servirono alle operazioni militari di Cornelio Scipione, che nell'andare contro Annibale e ritornandone sconfitto, vuolsi ponesse le tende sopra Presualdo dove oggi si dice alle Corneliane... Intorno al Ponte di Sesto non sembraci assurdo il pensare che fosse costrutto e fortificato da Marcello, quando, vinti i Galli, passò il Ticino, nell'anno 232 a.C., per continuare la conquista della Gallia Transpadana. Difatti egli si lasciava a tergo i turbolenti Galli Insubri per marciare di fronte verso altri nemici. Era logico assicurarsi un varco sicuro in caso di ritorno. Durante l'epoca romana passava al di sotto di Sesto Calende la stra­ da militare per la Rezia e pel Sempione varcando il Ticino pel ponte suddetto e forse anche per il guado scoperto dopo la piena del 1868. (La piena del 1868 abbassando il letto del Ticino presso Sesto Calende, cioè a m. 1711 a valle del ponte di legno della ferrovia, pose allo scoperto un'opera murata, della quale non si aveva notizia alcu­ na nè scritta nè tradizionale, formata a guisa di platea a traverso l'al­ veo, depressa nel mezzo più che alla sponda. Gli idraulici la ritenne­ ro una soglia per impedire ulteriori escavazioni; altri la credono inve­ ce una platea di ponte ­ vedi Istanza della Provincia di Novara sul canale Villoresi ­ Novara 1873, citata dal Rusconi). Il tracciato di questa via appare evidente negli avanzi dei selciati e delle murature che si veggono nei colli che dividono Sesto da Somma. Grossi blocchi di muraglie rotolate nel fondo dei burroni che fiancheggiano l'abbandonata ferrovia a cavalli, accertano che le opere di sostegno di essa erano veramente robustissime e quali si usavano dai Romani per le loro vie militari. Poste di guardia a questa strada erano le torri di Sesona e Somma; al ponte, dalla parte di Sesto era quella di cui più non vedonsi ora che le fondamenta (in un campo dei Tenconi) minaccianti di precipitare nel fiume, di faccia a Castelletto; dall'altra il fortilizio, vera testa di ponte, che, secondo
7 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende l'Arista ("Memorie di Castelletto"), diede origine al castello dei Visconti d'Aragona ". Circa l'attendibilità delle Memorie dell'Arista, lo Spinelli, nel riportare un brano di esse, sottolineava che "lasciava all'autore la responsabi­ lità dei voli iperbolici di cui è infiorato ". Il Melzi (7) parlando delle torri scrive: "In vetta ai colli e situati per modo che possano facilmente comunicare fra di loro con segnali, altri due fortilizi (oltre a un castello che il Campana suppone esistesse in epoca assai remota per la difesa del borgo di Somma) si vedono lungo la via per Sesto Calende. Ma questi sono molto più piccoli (della costruzione sul colle di Monsordo) e destinati evidentemente a vedette. Quello collocato sulla più alta collina presso Sesona misura metri 3,10 su ciascuna fronte del quadrato e il muro è dello spessore di metri 1,08. Quello posto sul colle di Presualdo in faccia a Castelletto misura per ciascuna fronte metri 11 e le mura sono gros­ se metri 1,30. In quest'ultimo nel 1645 furono collocati quattro solda­ ti coll'ordine di tagliare al primo allarme il cordone del porto che quivi esisteva. Al porto della Torre vi erano dieci fanti e quaranta a Castelnovate. Queste disposizioni erano date da Francesco Maria Visconti per difendere il Ticino dai Francesi, mentre Teobaldo Visconti, pure dei signori di Somma, dirigeva le operazioni di guerra dal suo quartier generale d'Abbiategrasso. (Corrispondenza tra i due Visconti nell'Archivio Visconti di S. Vito) ... L'antica via Ducale segui­ va per la brughiera diritto fino ai Gruppetti e da quegli ameni poggi scendeva precipitosamente al lago. Qui trovansi non poche reliquie dell'antichissimo selciato con qualche tratto sottomurato che potreb­ be appartenere ad epoca romana ". Il Bellini (8) infine, ritiene che un ponte fu costruito da Annibale il quale proveniva da Torino, a Sesto Calende, per passare sulla spon­ da lombarda, accampandosi a Somma, nelle cui vicinanze sarebbe avvenuta, secondo la sua tesi, la battaglia sul Ticino. Confermerebbe in tal modo la tradizione o leggenda del riposo del condottiero carta­ ginese sotto il cipresso bimillenario, scomparso negli anni scorsi per­ ché colpito da fulmine.
8 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Inattendibilità delle varie ipotesi Esaminando quanto scritto dai vari autori, appare evidente essere assurdo quanto scritto dall'Arista circa il ponte che sarebbe stato costruito da Belloveso. Questi, nella sua marcia di trasferimento verso la pianura lombarda, ove avreb­ be fondato nel 600 a.C., Milano, non aveva certamente bisogno di un ponte in muratura, posto in un luogo ove era possibile un facile guado. Un simile ponte avrebbe richiesto, data la primitiva tecnica di costruzione e la larghezza del fiume (circa 200 metri) un certo numero di piloni intermedi con notevoli fonda­ zioni di cui però non vi è cenno che se ne siano trovate tracce. Inoltre avrebbe richiesto la lavorazione di una ingente quantità di materiale con un impiego di tempo sproporzionato al fine che si voleva raggiungere. Nel caso poi che il ponte fosse abbastanza elevato sul pelo dell'acqua (per giustificare la qualifica di "passo alto") la lunghezza si sarebbe notevolmente allungata oltre al dovere affrontare il problema di una costruzione ad archi di notevole altezza oppure sovrapposti. D'altra parte la costruzione di un ponte in muratura, pur prescindendo dalle dif­ ficoltà, non aveva una ragione d'essere in tale località neanche in seguito, non trovandosi sulla direttiva degli itinerari romani, giacché quello Antonino indica una strada che da Milano porta a Pavia indi a Lomello ecc., ed un'altra strada che da Milano si dirige verso Novara e Vercelli. La tavola Peutingeriana anch'essa non porta nessuna traccia di comunicazione che passasse dalle parti di Gallarate e di qui a Somma, Sesto ecc. L'itinerario Gerosolimitano, infi­ ne, presenta solo una via tra Milano e Pavia. L'ipotesi affacciata dal Rusconi del contorcimento del nome di "Bellovesi vadum" in "Blesuado" o "Presualdo ", sempre nel caso che si ammetta il pas­ saggio del condottiero barbaro a guado anziché su ponte in muratura, non con­ vince affatto. Troppe volte si scomodano personaggi più o meno illustri, si con­ torcono le parole per ricavare una etimologia di un nome per arrivare ad un risultato che spesso rasenta l'assurdo ed il ridicolo. II Rosmini (9) annota che il prof. Gentile Pagani, ricercatore delle antichità milanesi, trovò nientemeno che ventisei diverse etimologie del nome ""Milano", derivate dal tedesco, gallico, latino, celtico, gaelico, sequalo e persino sancrito. Per quanto riguarda Presualdo si rileva che nelle vicinanze di Arona, in prossi­ mità della strada per Sesto, vi è una necropoli denominata "Persualda" nella quale nel 1884 furono ritrovate tombe con urne e fittili (10). Per giustificare una derivazione gallo­celtica del nome di Persualdo, si fa richia­
9 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende mo anche ai nomi di Galliasco e di Gallisenti. Quest'ultimo è spiegato come "Gallorum semita", passo, strada dei Galli. Il Rusconi (11) ricavandola da un libro di Saluzzo sulle Alpi a pag. 250, porta la seguente suddivisione delle spe­ cie di strade nell'antichità: quelle lastricate chiamavansi "stratae" o "agger" = "via ". Dopo veniva l' "actus " = strada provinciale larga tre metri; poi l' "iter" di un metro e mezzo, quanto cioè bastasse per un uomo a cavallo, poi il "callis" largo 75 centimetri per bestie da soma, poi il "semita" per la gente a piedi ed infine il "trames o tramite", semplice, sentiero o cavezzaglia. Non è pensabile che sia stata trasmessa a noi come nome di locali­ tà la denominazione di un sentiero per la gente a piedi, specie quan­ do è notorio che le trasmigrazioni dei popoli antichi avvenivano per lo più con carri a trazione animale. Senza scomodare personaggi celebri, è più facile pensare che il nome sia quel­ lo usato in documenti del sec. XV che indicano la località come "Porto di Prato Sualdo" inteso il porto come traghetto che, come si vedrà, esisteva colà e dal quale e derivato il toponimo di "Praporto" a un prato posto immediatamente nelle vicinanze (prato del porto) (12). Perché non pensare anche ad una contrazione di "pra su in alt"? Potrebbe suscitare qualche perplessità la frase del Campana "sebbene si vedano gli avanzi degli archi sui quali poggiava la mole "dell'antichissimo ponte", ma di questi archi non ne parla il Giani che pure aveva scritto il suo libro circa 40 anni dopo. La dicitura "i marmi sepolti nelle macerie" può invece esse­ re spiegata facilmente perché in quei tempi molte volte si usava il vocabolo "marmo” . per indicare pietre lavorate. È infine da tener presente che si ha noti­ zia di numerosi naufragi avvenuti nella zona di Sesto Calende di barconi i quali trasportavano i marmi provenienti da Candoglia e destinati alla costruzione del Duomo di Milano (12bis). Passando ora alla versione del Giani (13) il quale afferma che Scipione aveva ordinato ai pontonieri di gettare un ponte sul Ticino nel mentre che egli, raccol­ to nel campo il restante delle truppe, pronunciava la sua arringa, Livio, dopo aver riportato il discorso di Scipione all'esercito al capo 45 del libro XXI, aggiun­ geva: "a queste esortazioni essendo e da una parte e dall'altra gli animi infiam­ mati alla pugna, i Romani gettano un ponte sul Ticino e per assicurare il ponte vi sovrappongono un fortino". Dal testo sembrerebbe che l'esecuzione di questa opera non richiedesse che qualche ora di tempo e che il combattimento sia seguito quasi immediata­ mente, mentre invece questo avvenne, sempre secondo il Giani, a qualche
10 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende decina di chilometri da Sesto, nella zona di Galliate, località che poteva essere raggiunta solo dopo la marcia di un giorno. Ammettendo la tesi del Giani che Scipione sia partito dalle Corneliane, si deve ammettere che il ponte non poteva che essere di barche perchè altrimenti la sola posa dei pali avrebbe richiesto parecchi giorni. Il ponte che Cesare lanciò sul Reno venne vantato come un prodigio di celerità ed intorno ad esso dis­ cussero gli eruditi del sec. XV e Leon Battista Alberti ne fece una dissertazione proponendolo come modello. Su questo ponte Napoleone così ebbe ad esprimersi, avendo però una espe­ rienza di quasi 20 secoli: " Vanta Plutarco il ponte di Cesare sul Reno come un prodigio: ma è un'opera che nulla ha di straordinario e che ogni esercito moder­ no avrebbe potuto fare con la stessa facilità. Egli non volle passare sopra un ponte di barche perché temeva la perfidia dei Galli e la rottura del ponte; se ne costruì uno di pali in dieci giorni; lo poteva fare perché il Reno a Colonia è largo 300 tese (14) e nella stagione d'allora è più basso, e puo averne 250. Così que­ sto ponte poteva avere 250 pali, con sei castelli per affondarli in sei giorni, che e l'operazione più malagevole, perché le travi e il tavolato si pongono nel mede­ simo tempo, essendo opera naturalmente più facile. Però invece di mettere i 5 pali in quella maniera, era meglio piantarli tutti e cinque in fila coordinandoli d'una trave lunga 18 a 20 piedi; in tal guisa si otteneva che se un palo fosse schiantato, gli altri quattro rimanevano a sostegno” (15). Se il piantare 250 pali richiese a Cesare sei giorni, più altri quattro per la posa delle travi e del tavolato, quanto tempo avrebbe dovuto impiegare Scipione per affondare i pali della sua opera (sempre che si ammetta che la tav. II annessa al volume del Giani rappresenti le vestigia di un ponte e non di un altro manu­ fatto) dato che la parte ivi segnata come munita di palificazione rappresenta solo un quarto circa della larghezza del fiume e che è costituita da 96 pezzi. Se invece Scipione piantò solo quelli di cui vi è traccia nel disegno, completan­ do il rimanente con chiatte, tanto valeva fare tutto un ponte di barche, magari più a monte ove la corrente è meno forte, come è in uso presso tutti gli eserciti. Ma soprattutto quanto tempo avrebbe impiegato a costruire i fortini di protezio­ ne in muratura, di cui uno sarebbe stato capace di contenere 600 soldati? Scipione in quel momento non aveva certamente tempo da perdere e d'altra parte di nessun valore strategico sarebbe stata la costruzione di così importanti opere difensive, dato che il suo scopo era soprattutto quello di tagliare la stra­ da ad Annibale che proveniva da Torino. Il Montanari (16) da un sunto cronologico della guerra lampo condotta da
11 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Annibale nell'anno 218 a.C., indicando, si può dire giorno per giorno i movi­ menti dei due avversari. Si trattava di una lotta col tempo il che non avrebbe certamente permesso a Scipione di sostare anche solo pochi giorni per costrui­ re un ponte come quello descritto dal Giani. Da questo sunto cronologico si ha: 10 agosto : Scipione salpa da Pisa per recarsi in Francia contro Annibale. 20 agosto : Annibale passa il Rodano. 30 agosto : Scipione non avendo potuto agganciare Annibale, si imbarca per Pisa dove giunge il 4 settembre. 1­15 settembre : Annibale attraversa le Alpi. 16 settembre : Scipione arriva a Parma, prosegue per Piacenza ove si trattiene fino al 23 per rendersi conto della situazione. 24­26 settembre : Annibale investe ed occupa Torino. 30 settembre : Scipione getta un ponte sul Po. 3 ottobre : Scipione getta un ponte sul Ticino e passa il fiume il giorno seguente. 5 ottobre : Scontro tra i due eserciti. 9­10 ottobre : Scipione arriva a Piacenza e si accampa sul Trebbia. Anche il Giani accenna alla rapida marcia di Annibale quando scrive: "Annibale... dopo 175 miglia di marcia fatta in otto giorni pervenne ai piedi delle Alpi; superate le quali in 15 giorni per la via del Piccolo S. Bernardo, dopo un laboriosissimo cammino di 150 miglia trovossi nelle Circonpadane regioni e tra i confini degli Insubri" (17). II Giani (18) afferma poi: "Sembra cosa naturalissima che la marcia di Scipione dal Po al Ticino sia avvenuta da Piacenza a S. Colombano, Lodi, Melegnano, Milano, Gallarate e Soma, e quivi giunto abbia egli posto i suoi accampamen­ ti in vicinanza del Ticino tra Golasecca e Vergiate nella brughiera detta in segui­ to da questo fatto le Corneliane". Ho già dimostrato (19) come questo nome derivi dal fatto che ivi abitava ed aveva possedimenti Gio Francesco Corniani o Corniliano che nel 1493 era podestà di Sesto Calende. Mi limiterò qui a riportare un brano di tale mio scritto (tratto da un registro compilato nel 1745, conservato nel castello di Chignolo Po,
12 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende culla della famiglia Cusani), dove si smentisce in pieno ogni riferimento al con­ dottiero romano. Istrumento di subinvestitura con l'insinuazione del Giudice di Margherita della Monza come erede di Gio Fra. Corniliano quale era stato investito a fitto livel­ lario di una pezza di terra nel territorio di Sesto Calende, dove dicesi al Motto, ossia alle Motte di Basso, indi poi detto alla Corniliana prendendo altro nome dello stesso Gio. Franc. Corniliano suddetto et inoltre di novi edifici campi e vigne con ragioni d'acqua sopra un fitto livellario perpetuo in ragione di L. 14, s. 20 al detto Comune et inoltre di L. 30 imp. L'anno alli eredi di detto Corniliano Gio Gerolamo, minori figli naturali e legittimi del suddetto Corniliano e detta Margherita. E tutto ciò con patto di grazia di anni 20 a redimersi del suddetto fitto livellario delle L. 30 imp. mediante lo sborso di L. 600 imp. Rogato da Andrea Piantanida Not. Pub. Milano, 11 agosto 1501". Il Rusconi, come si è visto, farebbe risalire la costruzione del ponte all'epoca di Augusto (vissuto dal 63 a.C. al 14 d.C.) o di Tiberio (42 a.C. ­ 37 d.C.), ma non porta alcun elemento per indicare che l'opera in questione sia un ponte, né per attribuire la datazione. Egli poi parla di una strada militare per la Rezia e pel Sempione. Qui probabilmente vi è una confusione: la Rezia era una regione delle Alpi centrali corrispondente pressapoco al Tirolo, parte della Baviera e della Svizzera. Evidentemente si voleva alludere alle "Alpes Atrectianae o Atractianae" il cui nome (che risulta solo da due lapidi citate dal De Vit) (20) era del tutto scomparso e obliterato a tal punto che non sapendosi dai moderni come chiamare, si denominarono Leponzie o LePontine". Nessuna strada militare passava nell'antichità da Sesto Calende in direzione del Sempione. Più attendibile potrebbe sembrare la notizia riportata dallo Spinelli secondo la quale un ponte sarebbe stato mantenuto per un certo tempo da Marcello nel 322 a.C. per garantirsi una via di ritorno nella guerra che egli conduceva per la conquista della Gallia Transpadana, ma per tale notizia non è citata la fonte; tutto però tende ad escludere tale probabilità.
13 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Presunto Ponte medioevale Il Melzi (21), tratto probabilmente in inganno dal fatto che sul fiume Ticino esistono almeno tre località aventi il medesimo nome e cioè: Castelletto Ticino, Castelletto di Cuggiono e Castelletto di Abbiategrasso, scrive: "Era Castelletto in potere dei Torriani nel 1271. Infatti Guido della Torre morendo nel 1312 lasciava ai suoi figli il castello e il transito sul Ticino. Che un ponte sia si fatto ai tempi della prima Repubblica Milanese lo sappiamo dal Corio il quale narra nella sua Storia di Milano che nel 1253 i Milanesi passarono sul novo ponte del Tesino e giunsero in Lomellina presso Divignano. E più oltre all'anno 1295 soggiunge che al 15 maggio il podestà di Milano colle genti stipendiate dal comune cavalcò verso il ponte di nuovo costrut­ to a Castelletto, onde i militi Romagnoli con altri cavalli scorsero sopra il Novarese, prendendo da ultimo Borgonovo dove con incen­ di e saccheggi arrecarono grandissimi danni. Il pretore andò per Somma ed il mercoledì, passando il Ticino, festinò a quella terra occupando la fortezza di Borgonovo. (Questo Borgonovo è da Giuseppe Arista, che scrisse le memorie su Castelletto, interpretato come il primo nome di Borgo Ticino). É molto probabile che tanto il testamento del Torriano quanto le cita­ zioni del Corio vogliono accennare ad un ponte situato fra Presualdo e Castelletto, fatto intorno al 1250 e rinnovato circa quarant'anni dopo. Il diritto di pedaggio passò nei discendenti di Ottorino Visconti, investito di quel feudo il 6 d'agosto 1329 dall'imperatore Lodovico. In quest'epoca Sesto Calende faceva ancora parte della signoria di Castelletto, e però è facile immaginare di quanto interesse fosse pei Visconti la comunicazione di una parte così importante del loro feudo e col resto della terra Lombarda. L'antica costruzione di cui abbiamo testè discorso trovandosi a monte di questo ponte, avrà probabil­ mente servito in seguito a proteggerlo dall'impeto delle acque e a diri­ gere il corso delle barche. Nel 1358 Galeazzo Visconti ordinò di distruggere molti castelli, fra i quali anche quello di Castelletto. È pre­ sumibile che nella stessa occasione siasi distrutto anche il ponte per levare la comodità al nemico di passare dall'una all'altra parte. Infatti da quell'epoca non vi è più memoria che il transito siasi esercitato che coi "porti" o barche per traghettare il fiume. I Visconti continuarono
14 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende ad esercitare il diritto di transito a Cicognola di Sesto, Bricola, Presualdo e Porto della Torre fino ai nostri giorni". Lo Spinelli (22) afferma che a detta del Corio, "il comune di Milano nel 1255 pose truppe a custodia del ponte o meglio del porto onde tenere a freno i partitanti dei Torriani che si sospettavano numerosi sul Lago Maggiore". Dove era questo ponte? Il Giulini (23) scrive: "Abbiamo dal Fiamma e dall'Autore degli Annali, che alli 20 di settembre (1252) i Nostri pian­ tarono nel Tesino la prima colonna del ponte di Vigevano... e che nel seguente ottobre quel ponte, ch'era presso a Cassolo venisse termi­ nato. Prima peraltro che fosse compito, il Corio dice, che i Milanesi passarono sopra di esso al di là del Fiume... e nella Valle del Tesino tagliarono grande quantità di legname. Alli 10 di maggio (1253) i Milanesi passarono di nuovo il ponte di Vigevano, ed entrati nella Lomellina presero Gambolò, ne gettarono a terra la Torre, e tre Campanili e distrussero ogni cosa. Di poi posero l'assedio a Mortara... ". Sotto la data del 1255 il Corio non accenna ad alcuna azione sul Ticino. È molto ricco invece di notizie per quanto riguarda il 1275. Il Giulini (24) riporta infatti sotto tale anno la notizia tratta dal Corio circa i presidi che la città di Milano manteneva per la sua sicurezza in diverse località e specifica: " ... e in molti luoghi del Vescovado di Novara : cioè nel borgo di Cozzano e in Borgonuovo o Borgo Tesino, nel castello di Castelletto, in quello di Pombia, nel luogo di Galliate e nella fortezza di Vigevano. Nel nostro contado poi per guardare i bor­ ghi di Monza, di Lonate di Canturio... di Settezano ora Siziano, di Melegnano e di Vico Maggiore, il ponte di Castelletto...". Gia in precedenza sotto l'anno 1274 il Giulini scrive: "Mentre colà i Nostri si ritrovavano oziosi, non istettero già in ozio i Novaresi che alli 15 del mese (di maggio) con tutte le loro forze e cogli Uomini d'armi di Pavia nella prima ora del giorno vennero ad un ponte nuovo sopra il Tesino, che i Milanesi avean formato, ma non ancora ben compito presso il luogo di Castelletto di Cugiono, non molto lungi dal castel­ lo di Turbigo. Fu così improvvisa la loro venuta che i nostri soldati destinati a guardare il luogo, dopo breve difesa furono fatti prigionie­ ri, eccetto alcuni pochi che si trovavano sul ponte medesimo, i quali generosamente si gettarono nel Tesino, e in parte annegarono, in
15 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende parte giunsero a salvamento. Al rumore trasse una grande quantità d'uomini di Cugiono per soccorrere il ponte... (Napo della Torre) non si mosse nel primo giorno di giugno, nel quale si portò col Carroccio a Cugiono e dopo due giorni passò il ponte del Tesino e pose il campo di là di quel Fiume" (25). Dal canto suo il Corio (26) ripete: "a quindici (maggio 1274) i Novaresi col popolo et con la lor militia nella prima hora del giorno cavalcarono insieme con gli huomini d'arme Pavesi e vennero al nuovo ponte del Tesino presso Castelletto vicino al Castello di Turbigo, il quale ancora non era fornito di fabricare... ". All'inizio dell'anno seguente (14 gennaio) "gli Spagnuoli che erano già venuti a Pavia e a Novara coi Novaresi e coi fuor'usciti milanesi giunsero al nuovo ponte del Tesino... Il ponte fu distrutto dagli Spagnuoli... gli Spagnuoli, i fuor'u­ sciti Milanesi e la parte di dentro di Novara al guado passarono il fiume del Tesino e ruppero l'argine del Tesinello e divertirono il letto. Costoro andarono fino a Cuzono e a Magenta, e non dimeno non diedero alcun danno" (27). Quanto il Melzi narra come avvenuto nel 1295, il Corio lo pone sotto l'anno 1290 (28) e il Giulini (29) specifica "che nel mese di agosto (1289) fece erige­ re un ponte sopra il Navilio a Castelletto di Abiate" e che l'anno seguente nel mese di giugno "(il podestà) si rivolse verso il borgo di Latterella (ora Lacchiarella) e fatto un ponte sopra il Tesinello nel giorno di S. Giovanni venne a Settezano (ora Siziano)" (30). Nello stesso mese di settembre (1290) i Milanesi diedero principio ad un nuovo ponte sul Tesino dirimpetto a Vigevano (31). Anche l'affermazione del Melzi che l'odierno Castelletto Ticino era in potere dei Torriani nel 1271 va rettificata perché il castello dei della Torre era più a valle, sulla sponda lombarda. Il testamento nel quale Guido Torriani istituì suoi eredi Francesco Simone, Amoreto e Guidone del castello di Castelletto col passo del ponte sopra il Ticino ecc. (32) è del 1312. Ora in quell'anno signore di Castelletto Ticino era Uberto Visconti detto Picco. Un documento del 7 settembre 1307 ci prova che Uguccione vescovo di Novara rin­ novò a Ottorino Visconti che accettava a nome del padre Uberto, le decime di Ornavasso e di Castelletto delle quali, nota il vescovo, già trovansi "ab antiquo" investiti i loro progenitori e maggiori e dai quali erano per successione ad essi pervenute (que quidem a progenitori­ bus seu Maioribus eius ab antiquo in feudum perpetuum ab
16 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Episcopatu predicto concesse fuerunt et que a maioribus eius ad eundem descendunt per successionem legitimam, et in tale feudum a predicto domino Othorino nomine ut supra, hodie iuste et legitime possidentur) (33). Notizie sull'esistenza del castello dei Torriani presso Turbigo si hanno dal Giulini (34): " ... i Pavesi ... nel mese di marzo (1268) si portaro­ no nelle terre del Monistero di Morimondo; per la qual cosa il pode­ stà di Milano colla milizia milanese andò ad accamparsi nelle cam­ pagne di Albairate, presso il ponte del Tesinello o Navilio, ch'era dirimpetto al Castello di Alberto Toriano". Nel 1290 (35) "il Marchese di Monferrato entrò coi signori della Torre nel Milanese. Di primo carico venne a Morimondo poi si avanzò fino ad una Terra di Alberto della Torre presso al Naviglio". Abbiamo già visto che nel 1274 il castello di Turbigo "ancora non era fornito di fabricare". Nel 1303 poi Sesto Calende era eretto in comune libero e indipen­ dente (35 bis) e fu infeudato ai Visconti solo un secolo dopo. Una riprova dell'inesistenza di un ponte nel sec. XIV si ha anche dal fatto che gli "Statuti di Castelletto" (redatti nel 1340 e quindi anterior­ mente alla presunta distruzione da parte di Galeazzo Visconti), non ne fanno alcun cenno. Eppure si tratta di un documento che nei suoi 141 articoli fotografa, si può dire, con minuzia la vita della comunità locale con riferimento alle peschiere, al diritto di pesca, alla manu­ tenzione delle strade, della circolazione su di esse, alla volontà di impedire ogni regia sulle acque del Ticino, di impedire le occupazio­ ni dei terreni lungo la riva del fiume, ai guadi, alla regolamentazione del bosco del Galliasco (che pur trovandosi sulla sponda lombarda apparteneva alla comunità di Castelletto) ai ponti sui torrenti ecc. ecc. In tali Statuti non si trova un accenno ad un qualsiasi ponte attraver­ so il Ticino, nessun accenno ad eventuali pedaggi (36). È vero che un diploma di Lodovico il Bavaro concedeva il 6 agosto 1329 a Ottorino Visconti "il possesso, o a guisa di mero e misto impe­ rio e di semplice giurisdizione, del castello e della terra di Castelletto della diocesi di Novara e dei loro territori e uomini, ossia sugli uomi­ ni degli stessi e di tutti i pedaggi o telonei soliti a raccogliersi ed ad esigersi e percepire, e delle peschiere del fiume Ticino entro il terri­ torio medesimo... revocando ogni privilegio, ogni conferma, conces­
17 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende sione o dazio quali che siano al comune o agli uomini di Castelletto o ad altra particolare persona o alla comunità... " (37). Come si vede, sia nel diploma, sia negli Statuti nessun accenno ad una eventuale esistenza di un ponte sul Ticino. È infine da esclude­ re, non solo perchè non risulta da nessun documento, ma anche per­ chè contraria alla indipendenza che i Visconti di Castelletto avevano nei confronti di quelli di Milano, l'ipotesi che la manutenzione del ponte ed i diritti di pedaggio appartenessero alla città di Milano od ai signori che la dominavano. Gli storici poi parlando della distruzione di alcuni castelli ordinata nel 1358 da Gian Galeazzo, non accennano a nessun ponte eliminato, misura che d'altra parte non sarebbe stata necessaria o utile per impedire il passaggio del fiume da parte di nemici potenziali. È inol­ tre da tener presente che nei secoli XIII e XIV frequenti erano le lotte tra i signori che si succedevano nel dominio di Milano ed i loro avver­ sari che spesso erano costretti ad andare in esilio chiedendo soccor­ so ora ai Pavesi, ora ai Novaresi ed ai signori del Monferrato incitan­ doli a muoversi per la riconquista della città che avevano dovuto abbandonare. Questo conflitto si risolveva spesso in vere guerre guerreggiate, oppure in colpi di mano isolati e le opposte forze miravano natural­ mente a colpire di sorpresa le parti vitali degli avversari. Dovevano perciò seguire le vie di comunicazioni più brevi allora esistenti per raggiungere più facilmente lo scopo. Sesto Calende era invece fuori delle principali vie di comunicazioni tra la metropoli lombarda ed il Piemonte. Ancora nel secolo XVIII il servizio postale e l'itinerario con­ sigliato per raggiungere Sesto da Milano, passava per Magenta, Boffalora, Turbigo oltre naturalmente la via d'acqua sul Ticino e sul Naviglio Grande detto anche Ticinello. Era quindi logico che la costru­ zione di un ponte che doveva unire le due sponde lombarda e pie­ montese avvenisse lungo la direzione più breve tra Milano e Novara.
18 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Traversa messa in luce dalla piena del 1868 Nell'ottobre 1868 si verificò una memorabile piena del Ticino le cui acque raggiunsero un'altezza mai registrata in precedenza vale a dire m. 6,94 sopra l'idrometro di Sesto Calende. La violenza della corrente distrusse quasi totalmente le peschiere disseminate lungo il fiume. Si determinò in tale occasione in alcuni tratti un repentino abbassamento dell'alveo che mise allo scoperto, in corrispondenza della località "Resega" le vestigia di un grandioso manufatto che a forma di chiusa attraversa ortagonalmente tutto il fiume e sulla cui esistenza prima non si avevano notizie di sorta. Questa chiusa misura una lunghezza di ben m. 191,40 con una lar­ ghezza varia dai m. 9,50 ai m. 10. L'intestatura verso la sponda sini­ stra per la lunghezza di m. 30 si conserva ancora intatta, formata da un basamento in bella muratura di mattoni divisa in regolari scomparti da correnti longitudinali in legname assicurati a pali infissi nel fondo ed a cui dovevano collegarsi delle tavole per coprimento della mura­ tura, tavole ora mancanti. Proseguendo verso il mezzo dell'alveo, cessa la muratura superiore che forse, per qualche causa straordinaria, deve essere andata distrutta, come lo indica la continuazione della parte ancora intatta, e si conservano solo i pali disposti sempre in file allineate ed in regola­ ri scomparti per quanto riguarda la parte che andò soggetta a mino­ re rovina verso la sponda sinistra, perché nel mezzo e verso la spon­ cia destra, dove il fiume ha maggiormente approfondito il suo fondo, e vi mantiene il filone principale, questi pali furono saltuariamente per la maggior parte scalzati ed asportati. La sommità poi di questa chiu­ sa si eleva fino a circa metri 0,40 sotto il pelo d'acqua del fiume che marca lo zero dell'idrometro di Sesto Calende. Ignota l'epoca della costruzione di questo grandioso manufatto, incerta la destinazione cui il medesimo poteva servire (38). L'ing. Bogni di Sesto misurò le dimensioni dei mattoni che risultarono di cm. 24 x 11 x 6, vale a dire quelle dei mattoni medioevali (39). Vi sono quindi attraverso l'alveo del Ticino a poca distanza l'uno dal­ l'altro, due manufatti: uno rappresentato da pali infissi nel terreno in file di otto ciascuna lungo la direzione della corrente e distanziate tra di loro circa quattro metri, come risulta dalla tav. n. 2 allegata all'opera
19 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende del Giani, l'altro dalla platea in mattoni pieni. Un altro Bogni (40) infine, parlando della platea, scrive: "Consiste in una strada trasversante esso fiume della larghezza di circa 10 metri, costrutta in mattoni e ripartita in corsi di circa un metro ciascuno, la quale, secondo un vecchio libro (che trovasi in Borgo Ticino presso il sig. Angelo Viola quale sua proprietà) concernente le memorie sul primitivo corso d'esso fiume (del quale anche oggidì corrono molti e disparati giudizi e veggonsi tuttora le traccie del suo primero letto nelle vicinanze di Borgo Ticino e da ciò probabilmente la denomina­ zione di detto Borgo) risulta esistere da moltissimi secoli (ed anche il suo stile ci induce a supporlo costrutto nei primordi della romana repubblica) e che fosse scomparsa l'anno 1868 e dell'era nostra in seguito ad una grande piena di questo che avrebbe oltrepassato metri 1,05 da quella in discorso ". Il Bogni prosegue poco sotto: "Il viatore... se avventurasse di muo­ vere uno sguardo al fondo del fiume che lieto gli scorre a fianco, dove prima v'era d'uopo inoltrarvisi con barca per scorgervi le dime di quei pali (già nominati dal Giani) ed anche ciò difficilmente, le sarebbe dato mirare da quella traversa posizione quasi completamente la ret­ tilinea traversante che questi formano". Anticamente si riteneva da alcuni autori che il livello del Lago Maggiore fosse molto più alto fino a raggiungere quello del Lago d'Orta (circa 100 metri di differenza) e che le colline ove sorgono le due Rocche di Angera e di Arona fossero unite e il corso del Ticino passasse anche per Borgo Ticino; le acque a poco a poco avrebbe­ ro allargato ed approfondito il varco facendo scendere di molto il livel­ lo delle acque, aiutate in ciò dalle piene. Ad una di queste si riferi­ rebbe il libro del sig. Viola. Una leggenda, riferita in seguito dal Morigia, afferma che allo scopo di rettificare il corso del fiume che scendeva molto tortuoso con grave danno per la navigazione, "i re longobardi fecero stoppare la bocca per la quale usciva dal lago il Ticino e fecero aprire una nuova bocca con letto più largo e diritto per cui il lago si abbassò di molto (40 bis). Confrontando quanto ebbe a scrivere Napoleone sul ponte sul Reno con la consistenza del manufatto su pali di Sesto, si nota un impiego di legname molto maggiore per quest'ultimo. Napoleone calcolava infatti un impiego di 250 pali su una larghezza del fiume di circa 500
20 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende metri (250 tese) mentre dal disegno del Giani, tav. II, sempre che la scala indicata in calce sia esatta, si rileva che piantando i pali come mostra la figura ne sarebbero occorsi circa 400 calcolando il Ticino largo circa 200 metri. Infatti nel disegno sono indicati 96 pali su un tratto di circa un quarto della distanza tra le due sponde e non si può pensare che la corrente del Ticino sia più forte di quella del Reno. La larghezza del manufatto è indicata in circa 40 piedi parigini (circa m. 13), larghezza che sembra eccessiva per un ponte di non prima­ ria importanza, molto superiore a quella dell'attuale ponte in ferro che serve per la strada del Sempione. Se l'opera descritta dal Giani riguarda i resti di un ponte, le colonne sporgenti dal letto del fiume, ma immerse nell'acqua anche nel perio­ do di magra, non potevano, così come sono, servire a sostenere un impiantito di asse destinato al transito delle persone e delle cose. Bisogna supporre che sovrapposto all'impiantito dovesse esservi un'altra impalcatura di travi, ben sollevata sull'alveo (per lasciare pas­ sare l'acqua in tempo di piena) su cui appoggiare l'assito che serviva al passaggio. Nulla però sta ad indicare l'esistenza di una simile soprastruttura e non si può escludere, anzi lo si potrebbe quasi affer­ mare con sicurezza, che facesse parte di un tentativo di sbarramen­ to del fiume allo scopo di derivare l'acqua o per irrigazione, oppure come navigazione o creazione di fossato di difesa della città. Il fatto che solo nel centro del fiume vi sia la palificazione e che il Giani spiega come opera per trattenere le chiatte poste tra la parte rialzata centrale e quelle laterali ove più profonda è l'acqua, non dà una prova sicura di questa asserzione perché se fosse valida si dovrebbe trovare sulle due opposte rive, traccia dei pali che unita­ mente a quelli collocati nella parte centrale dovevano servire a trat­ tenere le chiatte; invece non vi è alcun cenno. Tutto deve essere stato travolto dalla violenza dei filoni d'acqua, che contrariamente al solito, sono più forti ai lati che al centro. Si può anche pensare che la mancanza di resti di pali sia la conse­ guenza di opere eseguite su suggerimento della Fabbrica del Duomo di Milano per facilitare il trasporto dei marmi da Candoglia. Nel 1390 vennero decisi i lavori "estirpando e fendendo i sassi e facendo una buona strada nel letto del Ticino" (40ter). Come è facile immaginare le molte peschiere ed eventuali palifica­
21 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende zioni esistenti nell'alveo del fiume dovevano costituire un impaccio non indifferente alla navigazione; tre anni più tardi infatti si deliberò: " ... experire removeri certos lapides nimis impedientes iter navium quae conducuntur per Ticinum" (40 quater). Si è già vista del resto una analoga deliberazione in data 24 ottobre 1395. Tutto ciò starebbe a far presupporre due tentativi di sbarramento per derivazione di acque dal fiume, tentativi falliti, e di cui nessuna noti­ zia ci è pervenuta. Guardando lo schizzo fatto dal Melzi (41) si rileva che mentre la tra­ versa in muratura è indicata con numerosi segni, il manufatto che dovrebbe indicare il ponte, è appena accennato; evidentemente la palificazione di cui alla tav. II del Giani all'epoca in cui l'autore della storia di Somma schizzava l'alveo del fiume, era quasi scomparsa, sepolta forse sotto uno strato di terra, e più probabilmente asportata dalla corrente. L'opera scoperta in seguito all'abbassamento dell'alveo in conse­ guenza della piena del 1868 non può assolutamente essere consi­ derata come ponte, mancando completamente di passaggi per il deflusso delle acque. Si tratta certamente di una chiusa posta attra­ verso il fiume per una derivazione di acque. Era già attribuita ai Cistercensi di Morimondo l'idea di derivare un canale di irrigazione della bassa valle del Ticino ed un documento del 1138 ci attesta che i monaci di Chiaravalle acquistarono i diritti di derivare l'acqua della Vettabbia. Nel 1184 il monastero di Chiaravalle era in lite per certe chiuse che aveva posto attraverso l'Olona; a sua difesa adduceva che circa 30 anni prima il comune di Milano aveva fatto altrettanto quando aveva costruito il "fossato novo pro defensione Mediolanensium", fossato che terminava nel Lambro meridionale, ma che proveniva molto probabilmente dal Ticino e che faceva parte del sistema difensivo diretto dal maestro Guintelmo de Guintellino nel 1157 contro un probabile attacco del Barbarossa e dei Pavesi, fos­ sato fatto distruggere dal Barbarossa dopo la capitolazione della città il 7 settembre 1158. Rifatto subito dopo, il fossato fu di nuovo distrut­ to dopo la resa del 1162 e ripristinato nel 1167, venne infine, nel marzo del 1171, approfondito ed allargato. Si prospetta quindi la probabilità che almeno uno (se non tutti e due) dei manufatti attraverso il Ticino a Sesto, siano tentativi fatti per la
22 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende derivazione delle acque da portare a Milano. Che la posizione fosse adatta, lo si può desumere anche dal fatto che l'ing. Lombardini nel 1862 (ben sei anni prima della scoperta della tra­ versa in muratura) "espose in linea di massima un suo progetto con­ sistente nel derivare dal Ticino fra Presualdo e Golasecca un canale della portata di mc. 40 per minuto primo, incassandolo pei primi sette chilometri nella sponda sinistra del fiume, traducendolo quindi a mezza costa fino alla svolta di Vizzola, ove si internerebbe a sezione intera nella campagna fin oltre Castano, d'onde poi uscirebbe nell'al­ tipiano da irrigarsi" (42). Il Bellini (43) così ricapitola le varie opere che, sulla base anche di quanto scritto dal Biscaro (44), hanno attinenza con la derivazione delle acque dal Ticino a Sesto Calende: "Avanti il 1154 (data della prima dieta indetta a Roncaglia) ebbe inizio la costruzione della tra­ versa alla Resiga e fu intrappreso lo scavo del Panperduto, che dove­ va accogliere le acque (45). Nel 1177 la piena del Ticino obbligò all'abbandono della traversa alla Resiga. Probabilmente in quello stesso anno fu iniziata la presa del Navigliazzo alla foce della Strona (46). Nel 1179 abbandonando il fossato del Panperduto, si cominciò lo scavo del Ticinello". Da parte mia aggiungerò, sulla fede del Giulini (47), che nel 1203 i Milanesi costruirono due ponti, uno verso Vigevano, l'altro drimpetto a Morimondo, ponti che furono distrutti dalla piena di quell'anno "che alli 17 di ottobre incominciò una grande pioggia e seguitò per molte settimane; onde il Tesino crebbe in guisa che i due ponti si ruppero. Oltre a ciò molti Luoghi furono sommersi; e l'acque furono tante, che riempirono tutta la valle di quel fiume fino al piede delle Coste". Il Bellini (48) parlando della traversa afferma che: "la struttura e il materiale usato furono giudicati dai competenti pressoché identici a quelli della bocca del Naviglio a Tornavento, il che comprova che la traversa della Resiga fu eseguita presso a poco alla stessa epoca e con lo stesso intento di derivare acque dal Ticino; ma la scarsità dei mezzi disponibili, l'enorme difficoltà di lavorare in piena corrente e forse il sopraggiungere di rovinosa piena e di franamenti nelle sco­ gliere limitrofe, dimostrarono ai costruttori impossibilità di derivare un canale lungo quella sponda diruta e ghiaiosa, cosicché la traversa fu
23 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende abbandonata prima di essere portata a compimento. E poiché la sto­ ria registra una piena eccezionale del Ticino nel settembre 1177, cosi è presumibile che quella sia stata la causa precipua e la data preci­ sa dell'abbandono dell'opera". E più sotto (49): "Fu detto sopra che il fossato del Panperduto inizia nei pressi di Tornavento, e qualora fosse stato veramente, come lo dice il nome, un canale intrapreso e poi abbandonato, avrebbe dovu­ to necessariamente derivare l'acqua molto più a monte, perché a Tornavento il livello del Ticino è più basso di parecchi metri. Non è dunque fuor di luogo l'ammettere che si sia tentato di ottenere una prima derivazione d'acqua con la costruzione della suaccennata tra­ versa alla Resiga. Quando poi quella traversa dovette essere abban­ donata, è troppo naturale che i Milanesi abbiano cercato di sostiti­ tuirla con una presa d'acqua situata più a valle; e pare che l'abbiano trovata, prima ancora che a Tornavento, a livello del confluente della Strona. Ivi infatti, secondo una relazione dell'ing. Gerolamo Quadrio in data 25 febbraio 1668, riferita dal Melzi (50) esisteva un'isoletta che fu osservata come una delle spalle per Rimboccatura di un cana­ le, e quel canale, rappresentato in figura dal Quadrio, lambiva la sco­ gliera sommese, sostenuto verso il fiume da un argine a passonate; si scostava poscia dal Ticino, tagliava la punta di Castelnovate, per raggiungere la pianura a Tornavento. Ivi forse, invece di immetterlo nel Panperduto, per difetto di livellazione si finì a sfociarlo nel Ticino. Comunque, quel canale fu chiamato negli antichi documenti "Navigliazzo'', ed un tal nome fa supporre che abbia veramente ser­ vito alla navigazione delle barche, allo scopo di evitare le pericolose rapide del Ticino, corrispondenti alla Maddalena ed a Castelnovate".
24 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Il Porto II passaggio da una sponda all'altra di un corso d'acqua veniva effet­ tuato nell'antichità quasi esclusivamente a mezzo di barche o tra­ ghetti, chiamati volgarmente "porti" essendo rari i ponti gettati sopra fiumi di una certa larghezza, specialmente se soggetti a notevoli mutamenti nella portata. Il problema si rendeva ancora più difficile quando, a causa della corrente, non era possibile la traversata in linea retta, perché la barca poteva essere facil­ mente trascinata a valle, richiedendo poi una notevole energia per risalire il corso d'acqua e riportarla al punto di partenza. Si ricorreva allora a barche trattenute da una corda fissata alle due sponde. Un esempio di tale sistema è ancora visibile poco a valle di Sesto Calende, sul fiume Ticino nella frazione di Somma Lombardo, denominata Coarezza. La strada che dal paese conduce al fiume, si chiama ancora "Via al Porto della Torre". Una fune di ferro (che anticamente era di canapa) è lanciata tra le due sponde del Ticino e saldamente ancorata in posizione elevata sul pelo dell'acqua. Ad una carrucola che scorre sulla fune è attaccato un collegamento con due barconi saldamente uniti tra di loro e sui quali è posto un piano di assi e che attualmente servono per il traghetto delle automobili. Ora un motore muove il natante che segue forzata­ mente l'andamento della fune. Le attrezzature a terra sono di una semplicità elementare: un cavalletto in legno posto per traverso sostiene due travi su cui sono poggiate due assi che servono a faci­ litare il passaggio dal natante alla riva. In passato il porto era composto di un solo barcone o borchiello, come vengono denominati localmente. Le esigenze del traffico e la siste­ mazione dei veicoli a bordo imposero poi il raddoppio del natante. Si presentava però l'inconveniente quando le acque erano troppo alte nei confronti dell'approdo; vi si ovviava mettendo delle assi tra la barca ed il così detto imbarcadero. A Sesto Calende, in corrispondenza del porto della Briccola, essen­ dosi verificati incidenti a causa del fatto che le rampe di comunica­ zione tra il natante e la terra erano troppo erte, si provvide, nel seco­ lo scorso, tanto sulla sponda lombarda quanto su quella piemontese, alla costruzione di una scarpata digradante nel fiume calcolata in
25 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende modo da assicurare il necessario raccordo con le rive qualunque fosse il livello delle acque. Tale provvedimento si era reso indispen­ sabile perché in quel punto avveniva il traghetto dei veicoli, che sem­ pre più numerosi percorrevano la strada del Sempione, aperta appunto nei primi anni del secolo. In tale occasione si allargò anche il piazzale antistante il porto mediante l'abbattimento di una casa (51). Il primo documento nel quale si parla di un "porto" a Sesto Calende, è un diploma 1 agosto 1152 di Federico I imperatore col quale si con­ fermano ai conti di Castello i loro possedimenti "et mercatum de Scozule ex utraque parte fluminis. Portum etiam de Sexto eisdem Fidelibus nostris concedimus" (52). Tale dicitura viene ripetuta in un altro privilegio, sempre a favore dei conti di Castello, in data 15 apri­ le 1210 (53). Nella grave controversia tra il monastero di Scozola (antico nome dell'Abbazia di S. Donato di Sesto) e gli arcivescovi di Milano, con­ troversia durata parecchi anni e decisa definitivamente da papa Innocenzo III nel 1199, uno dei motivi del dissidio era il possesso del "porto". L'abate chiedeva la restituzione del "portus positi super flu­ men Ticini in eodem loco sexti seu scozole", però la sentenza del papa assegnava il "portum scozulae sive Sexti" all'arcivescovo di Milano (54). Risulterebbe quindi un "porto" in possesso dei conti di Castello ed un "porto" conteso tra due enti religiosi. Lo strano è che, nonostante la sentenza papale, mai nessun diritto venne vantato in seguito dagli arcivescovi di Milano i quali furono in possesso per vari secoli di dirit­ ti e possedimenti in Angera e Brebbia (55). Si potrebbe tentare di dare una spiegazione di quanto sembrerebbe un controsenso, avanzando l'ipotesi che in Sesto esistessero due "porti" (come in realtà si vedrà nel corso dei secoli successivi) uno in possesso dei conti di Castello a Presualdo che fino alla data della costruzione della strada del Sempione ebbe una importanza molto maggiore dell'altro, ed uno a Scozola, come semplice traghetto tra le due sponde e che facesse capo a una insenatura dei pressi dell'Abbazia, insenatura che potrebbe essere stata interrata dalla piena del 1203 rendendo difficile l'accesso alle barche. In seguito a tale evento gli arcivescovi di Milano avrebbero rinunciato al diritto di
26 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende rimettere in efficienza il "porto" di Scozola, il cui nome non viene mai più ripetuto da tale data in nessun documento a noi pervenuto. Per oltre due secoli non si hanno notizie circa l'esistenza di un "porto" a Sesto. Il già citato diploma di Lodovico il Bavaro del 1329 parla genericamente di concessione a Ottorino Visconti di pedaggi o telo­ nei, ma non specifica quali. L'infeudazione alla famiglia dei Visconti di Castelletto Ticino, concessa in data 10 maggio 1404, di Sesto Calende, permise di trasportare l'esazione dei dazi da Cicognola a quest'ultima località, come risulta dal "Datum datiorum de Cicognola Mag. D.D. Vicecomitum Castelletti, quae exiguntur in loco de Sexto Cal. 1404", ma non fa cenno ad alcun regolare traghetto, sebbene lo lasci sottintendere. Solamente nel 1428 (56) si ha la citazione di tre porti sul Ticino, a Sesto, Castlenovate e Galliate e nel 1434 vengono impartite a Lanzellotto Visconti (57) istruzioni "circa la sorveglianza dei passanti pel porto di Sesto". Il 18 novembre 1450 (58) vengono impartite agli ufficiali preposti alla custodia ordini perché "non lassi passare per quel porto alcuno che venisse senza bullettino signato della nostra corniola cum la cera rossa, o senza bullettino". Nel documento sono segnati i nomi dei porti "Sopra Ticino: el porto de Sexto, porto de Pratosualdo, et de la Briccola (59), porto de Castronovate...". Nel secolo XV alla sorveglianza e custodia dei porti posti sui fiumi era di solito addetto un ufficiale che durava in carica anche più anni. Quali fossero i suoi compiti ci risulta dalle istruzioni inviate il 7 novem­ bre 1497 all'ufficale del porto di Piacenza (60). "Era suo obbligo risiedere ininterrottamente nel porto, tanto di giorno che di notte, conoscere il nome ed il grado delle persone che passa­ vano, vedere le bollette, o le lettere di passaggio, facendo in modo che nulla fosse riscosso in più dello stabilito; libero e senza paga­ mento era invece il transito per i cavallanti e in specie per quelli duca­ li; con gli ambasciatori di qualunque potentato doveva usare modi riguardosi e non ricevere per sé alcuna somma, perché egli aveva per il disbrigo dei suoi doveri il salario ordinario" (61). A Sesto Calende però gli ufficiali, nel senso sopra indicato, vi furono solo per un periodo limitato alla seconda metà del secolo XV. Ogni porto aveva un "portinaio" che aveva il compito di traghettare
27 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende persone e merci da una sponda all'altra del fiume. Oltre a questo il portinaro doveva molto spesso svolgere mansioni di controllo sui tra­ sportati e sulle merci. Spessissime volte mancava l'ufficiale ed in tali casi il portinaro univa alle proprie, le di lui mansioni. Dall'esame complessivo dei documenti pervenutici, molti risultano essere stati i compiti suoi, compiti che rimasero pressoché immutati nel corso dei secoli. Si è già visto che egli doveva vigilare perché non transitassero per­ sone se non munite di apposito permesso; perché, durante il periodo di epidemie, non venissero traghettate persone malate o provenienti da zone infette, risiedere in luogo per essere pronto per ogni even­ tualità, a tale scopo aveva a disposizione dei locali nei quali poteva vendere pane e vino, rifiutare il traghetto a persone che avessero conti in sospeso con la giustizia, consegnare qualunque oggetto di un certo valore proveniente da naufragi, piene od altre cause, tenere una barchetta attraccata al suo porto per poter soccorrere chi fosse in pericolo o per procedere a riparazioni del porto stesso, tenere esposta la tariffa dei traghetti per dar modo ad ogni passeggero di conoscere l'importo esatto del pedaggio, tenere chiuso con catene e chiave il porto dall'Ave Maria della sera fino a quella del mattino seguente, durante la notte poteva trasportare solo i corrieri e le staf­ fette regie; quando esisteva l'ufficiale, le chiavi dovevano essere a lui consegnate. I porti di Presualdo e della Briccola erano di proprietà delle varie famiglie dei Visconti e venivano affittati a diversi appaltatori i quali pagavano un canone per le riscossioni che facevano, sia per il traghetto che per il dazio e per i proventi delle osterie che erano annesse ai porti. I proventi di tali affitti venivano suddivisi tra i vari proprietari che man mano si susseguivano e le carature spettanti a ciascun proprietario erano spesso oggetto di compra vendita, ma rimanevano quasi sem­ pre nell'ambito dei vari rami delle famiglie Visconti (di Castelletto, di Somma, di Massino, Masate, Oleggio ecc.). In seguito alcune cara­ ture pervennero nelle mani dei Borromei, dei poveri di Sesto e di altri. Dagli importi pagati dai vari affittuari si rileva che il porto di Presualdo aveva un traffico molto maggiore dell'altro. Nel 1560 l'affittuario del porto di Presualdo pagava annualmente L. 220 mentre quello della Briccola ne versava 70; nel 1593 il canone, era stato elevato rispetti­
28 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende vamente a L. 600 e 200 (62). La legge primo pratile dell'anno VI repubblicano (20 maggio 1798) dichiarò "richiamati alla Nazione tutti i diritti così detti in addietro fisca­ li o regali di esazione di qualsiasi Dazio Imposta sotto qualunque denominazione possa essere compresa, anche il Pedaggio, Transito, Passaggio di ponti, Fiumi, Laghi ed altri simili in qualunque modo e tempo alienati, od ipotecati". Venne però riconosciuto agli antichi possessori un compenso per il valore dei barconi, secondo perizia. Il diritto di esigere il pedaggio venne abolito, ma il servizio di traghet­ to venne appaltato a privati dietro canone a titolo di rimborso alla Finanza per le spese di esercizio e vennero fissate nuove tariffe. Nel 1816 i "porti", di Presualdo e di Sesto Calende furono ceduti, almeno per la parte posta sulla riva piemontese, alla R. Corte Sarda, con accordi relativi al diritto di pedaggio sul fiume. Il porto di Presualdo che all'inizio del secolo aveva perso gran parte della sua importanza perché l'apertura della nuova strada del Sempione (che in quei paraggi si allontana dall'antica via postale) aveva indirizzato il traffico verso il porto della Briccola, scomparve verso il 1830. Le case di Presualdo ed il vicino bosco detto del Galliasco che sem­ pre nei secoli avevano appartenuto anche amministrativamente a Castelletto, pur trovandosi sull'altra sponda del fiume, vennero in occasione della delimitazione dei confini avvenuta in quel frattempo, aggregati al Lombardo Veneto. Così pure nel 1828 la giurisdizione ecclesiastica di Presualdo si adeguò ai confini politici passando dalla diocesi di Novara a quella di Milano. Da tale data la sepoltura dei morti di Presualdo che era sempre avvenuta nel cimitero di Castelletto, usufruendo del traghetto, venne effettuata nel nuovo cimitero di Sesto. Il "porto" della Briccola continuò invece con numerosi miglioramenti richiesti dal crescente traffico che si svolgeva sulla strada del Sempione, che andava man mano crescendo d'importanza, fino al 1882, epoca in cui, come si vedrà, fu costruito il ponte in ferro a due ripiani, l'inferiore per la ferrovia, il superiore per la strada nazionale. Fra i miglioramenti apportati si annovera la modifica avvenuta nel 1816 dell'ac­ cesso al natante con la formazione di una rampa d'invito che si adattava alle
29 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende varie altezze dell'acqua. Tale opera si era resa necessaria a causa delle varie disgrazie succedute, tra le quali fece scalpore il fatto di una carrozza di viag­ giatori inglesi che si sfasciò completamente e che un cavallo del conte Borromeo precipitò nel fiume. Le disgrazie furono attribuite all'indolenza del­ l'appaltatore del pedaggio il quale evidentemente non si preoccupava troppo della manutenzione. Altro provvedimento importante fu l'abbattimento di una casa di fianco all'osteria dei Tre Re per allargare l'accesso dalla piazza al porto. All'Ospedale Maggiore, che ne era il proprietario furono pagate L. 7.944,20, mentre altre L. 344,83 furono corrisposte al salsamentario Angelo Barbieri per anticipata risoluzione del contratto di affitto. Fu inoltre rinnovato il cavo attraverso il Ticino e posto vicino all'oste­ ria dei Tre Re un nuovo pilone per l'ormeggio del cavo stesso. Queste opere furono imposte dal fatto che era stato abbandonato il progetto di collegare direttamente Arona con Somma Lombardo senza passare per Sesto Calende. Infatti il progetto iniziale prevede­ va che la strada del Sempione all'uscita da Arona proseguisse per Borgo Ticino valicando il fiume Ticino con un ponte grandioso che permettesse di raggiungere direttamente i sobborghi di Somma. Il ponte, oltre alle gravi difficoltà tecniche (per allora) dovute al fatto che si doveva superare una valle abbastanza larga in quel punto, comportava un notevole esborso finanziario. Un decreto, il n. 81 del 9 luglio 1809, impose una sovrimposta sull'estimo del dipartimento dell'Agogna per il concorso alla costruzione del ponte sul Ticino, in ragione di sei millesimi per ogni scudo. Le precarie condizioni finanziarie, le difficoltà per la progettazione del ponte stesso, gli eventi politici consigliarono di ripiegare per il momento sulla soluzione provvisoria che era stata data per la conti­ nuazione della strada del Sempione con l'attraversamento del Ticino a mezzo del traghetto a Sesto Calende. La provvisorietà durò molto a lungo; abbandonato il progetto di unire direttamente Borgo Ticino con Somma, venne utilizzato il porto della Briccola, dandogli, come si è visto, una sistemazione migliore nel 1816 e costruendo il ponte in ferro attraverso il fiume a Sesto abbi­ nando il passaggio della strada con quello della ferrovia (1882).
30 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Ponti provvisori In occasione di eventi speciali, numerosi furono i ponti provvisori get­ tati attraverso il Ticino, ponti di breve durata formati per lo più da bar­ che o barconi che gli eserciti in movimento portavano al loro seguito, oppure con requisizioni di materiali trovati sul luogo o nei paesi vicini. Trattandosi di ponti provvisori non rimane che qualche ricordo scritto quasi incidentalmente. In registri ducali (63) si trova che nel novem­ bre 1467 l'ingegnere e architetto militare ducale Maffeo da Como, unitamente a Danesio Maineri, Pietro Bescapè e Serafino de Gavazzi, costruirono un ponte speciale sul Ticino a Sesto Calende per poter effettuare il carico ed il trasporto a Pavia di pesantissime bombarde provenienti da Novara. L'importanza di questo ponte deve essere stata notevole perché agli inizi prese parte (ritirandosi per sopravvenuta malattia) anche l'inge­ gnere ducale Bartolomeo Gadio, quello che fra l'altro curò la rico­ struzione del castello di Milano. Nel 1746 gli Spagnuoli costruirono un ponte militare alla Torre sotto la direzione dell'ingegnere tenente colonnello Offrambarer. Le barche furono, more solito, tolte alla navigazione del Ticino ed il legname, cioè 267 alberi di quercia e 1375 pali di ontano, levati nei boschi nominati Passera, Sciarina, Vallone, Brugazzolo, Coriana, Boscero, Valmorta e dei Fossi (64). Sia le barche che il materiale devono essere andati distrutti o disper­ si (non si sa per quale motivo) perché l'8 novembre dello stesso anno il Vicario di Provvisione venne incaricato di provvedere alla costru­ zione di n. 10 barche da Terno, che erano le più capaci al maggiore carico, e di n. 20 borcelloni a spese della città di Milano, di cui dove­ vano portarne lo stemma, per aumentare quelle inservienti il Lago Maggiore, il Ticino e il Naviglio Grande. Queste costruzioni dovevano avvenire per la metà di ciascuna qualità nel termine di tre mesi e l'al­ tra metà nel termine di un semestre. Inoltre i Navaroli erano assicu­ rati, in caso di perdita per fatti bellici per la somma di L. 1.000 per ogni nave e L. 600 per borcellone a spese della città di Milano (65). Avvenuto il 1° marzo 1815 lo sbarco di Napoleone proveniente dal­ l'esilio nell'isola d'Elba, passato il primo momento di smarrimento, l'Austria incominciò a fare transitare per il Piemonte ingenti forze per
31 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende avviarle al confine francese. Le truppe austriache dirette verso il Sempione transitarono per Arona. Per il passaggio di tali ingenti reparti si rese necessaria la costruzione di un ponte di barche a Sesto Calende. Il Medoni (66) afferma che il passaggio ebbe inizio il giorno 3 di giugno, raggiun­ gendo il massimo nei giorni 15­16 e 17 giugno nei quali transitarono giornalmente più di 6.000 uomini e che nel periodo fino al 30 luglio passarono per Arona 75.000 uomini di truppa di linea, 10.000 caval­ li, 2.000 carri, 1.300 buoi, 180 pezzi di artiglieria di vario calibro coi loro cassoni ed attiragli, varie fucine coi loro operai e più di 6.000 altre persone inservienti all'armata con donne e fanciulli.
32 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Ponte ferroviario in legno Verso la metà del secolo XIX prese grande sviluppo la costruzione di linee ferroviarie che subito assunsero anche un indirizzo strategico. Nel Piemonte si diede inizio alla esecuzione, da parte del governo, di tre linee che, avendo per centro unico Alessandria, si dirigevano verso Genova, verso Torino e verso il Lago Maggiore, linee che si rivelarono di grande importanza quando nel 1859 nella guerra contro l'Austria, anche per l'esistenza di una ferrovia parallela al confine e per l'ordinato servizio da essa prestato, l'esercito francese giunto parte da Susa, parte da Genova potè essere concentrato ad Alessandria ed ivi riunito con quello italiano per fronteggiare le schie­ re nemiche. E' noto che la rapida manovra fruttò le vittorie di Palestro e di Magenta. Il tratto da Genova ad Alessandria fu proseguito passando per Mortara, Novara fino ad Arona e quest'ultimo tratto fu aperto all'eser­ cizio il 17 giugno 1855. Da parte austriaca nella Lombardia venivano costruite o progettate le linee Milano­Como, Milano­Monza, Bergamo­Desenzano, per raccor­ darsi con quella che proseguiva fino a Venezia, la Bergamo­Lecco, la Milano­Lodi­Piacenza con diramazione a Rogoredo per Pavia e la Milano­Ticino fino a Magenta passando per Rho. Questo tronco fu inaugurato il 10 ottobre 1858. Avvenuta la riunione della Lombardia al Piemonte si provvide all'al­ lacciamento delle reti delle due regioni: il ponte sul Ticino fra Magenta e Trecate fu aperto al traffico il 1° giugno 1859; il tratto Rho­Gallarate fu inaugurato il 20 dicembre 1860 ed il treno raggiunse Sesto Calende il 21 luglio 1865. Da questa località mancava per congiun­ gersi con la linea Arona­Alessandria­Genova un tratto di soli 9 chilo­ metri, che richiedeva però l'attraversamento del Ticino, fiume sog­ getto alternativamente a grandi magre ed a grandi piene. L'ostacolo fu superato mediante un ponte in legname costruito com­ pletamente in larice del Tirolo, della lunghezza complessiva di metri 270,10. La parte in alveo si componeva di sette travate maggiori intermedie da m. 20,39 e di due estreme da m. 18,06 cadauna, il che dava una lunghezza complessiva di m. 178,85. La parte in golena, destinata ad aumentare la luce libera nelle grandi piene, era costruita
33 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende a piccole travate da m. 7 circa ed aveva complessivamente la lun­ ghezza di m. 91,25. La costruzione delle travate in alveo presentava una certa difficoltà essendo il letto del fiume a m. 9 durante la massima magra e a m. 14 nelle massime piene. Ogni stillata di sostegno era costituita da 9 pali della lunghezza di m. 19 aventi una infissione di otto metri almeno sotto il basso fondo del fiume. La battitura dei pali venne eseguita mediante battipalo a vapo­ re il cui maglio pesava 1.400 Kg. Allo scopo di impedire l'inflettersi dei pali sotto l'azione della corren­ te, essi furono assicurati sotto il pelo dell'acqua nei loro tratti liberi, mediante diagonali di ferro. Un robusto castello a cavalletti munito di sparti acqua e disposto sulla testa dei pali della stillata serviva di appoggio alla impalcatura del ponte. Il livello delle rotaie era a m. 3,70 sopra quello della massima piena fino allora registrata. Nella costruzione si copiò il modello dell'impalcatura del ponte costruito nel 1866 a Pontelagoscuro per la linea Ferrara­Rovigo. L'impalcatura aveva sei metri di altezza e poteva dirsi continua da un capo all'altro del ponte, essendosi raggiunta la massima rigidità pos­ sibile del sistema operando l'incastro delle travi maestre sui punti di appoggio e rendendo possibile di stringere i giunti man mano che i legnami andavano disseccandosi, mediante cunei di rovere. L'impalcatura era robustamente tenuta in sesto, nel senso verticale da una armatura la quale, disposta superiormente, serviva in pari tempo di appoggio alla copertura, disposizione questa che richiama­ va i ponti della Svizzera. La copertura del ponte era in tegole di Marsiglia, le quali, quantunque leggere, contribuivano col loro peso alla stabilità del ponte. I dati tecnici della costruzione erano i seguenti: I Parte: IN ALVEO Stillate: volume totale del legname impiegato mc. 510 ossia mc. 2,85 per metro lineare di ponte Travate: volume del legname impiegato mc. 710 ossia mc. 3,95 per metro lineare di ponte Totale del legname impiegato mc. 1.220 ossia mc. 6,80 per metro lineare
34 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende II Parte: IN GOLENA Volume complessivo del legname impiegato mc. 220 cioè mc. 2,40 per metro lineare di ponte Volume complessivo del legname impiegato nell'intero ponte mc. 1.440 II peso di tutte le ferramenta adoperate nella costruzione del ponte fu di Kg. 24.500, vale a dire Kg. 17 per ogni metro cubo di legname posto in opera. Il peso della impalcatura compreso il coperto in tegole risultò di Kg. 3.800 per ogni metro lineare di ponte. Il materiale d'armamento impiegato fu il Vignole da Kg. 36 il metro che rappresentava quanto di più moderno veniva adoperato dalla Società delle Ferrovie dell'Alta Italia, costruttrice del polite, sia per la posa dei nuovi binari che per la sostituzione dei vecchi. Tutto il legname fu catramato per una maggiore resistenza agli agen­ ti atmosferici. Il ponte, pur rispondendo in pieno alla sicurezza di esercizio, non costò che la quarta parte di un ponte ad impalcatura metallica ed a fondazioni tubolari in muratura, come quelle del ponte sul Po a Piacenza, poiché i legnami del Tirolo erano abbondanti ed il larice, la cui durata è uguale a quella della quercia, si adattava meglio a simili lavori sia per le dimensioni dei pezzi che per la loro dirittezza. L'opera era stata progettata nella previsione di un servizio per 12 anni; durò invece egregiamente per ben 14 anni fino a quando, per l'apertura della linea del S. Gottardo, avvenuta nel 1880, si rese necessario collegare Genova col nuovo traforo. Il ponte sul Ticino fu collaudato il 31 agosto 1868 ed iniziò la sua atti­ vità l'8 settembre stesso anno. Per raggiungere Arona fu necessario anche un passaggio in isbieco sotto la strada postale del Sempione, di nuovo modello e di struttura esclusivamente laterizia, un ponte di sette metri di luce pure in mattoni e finalmente altri due piccoli ponti in isbieco ad impalcatura metallica (67). II collaudo fu eseguito facendo passare successivamente, a velocità differenti, prima una, poi due e quattro locomotive del modello più pesante, dando un carico medio di Kg. 3.700 per metro lineare di strada. In seguito a queste prove, le grandi travate hanno subito un abbassamento medio totale di soli 4 millimetri, limite migliore di quan­
35 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende to si poteva ottenere con travate metalliche. Coll'apertura di questo tratto di linea, Arona fu congiunta direttamen­ te con Milano, e mentre fino allora vi si giungeva toccando Novara, dopo una percorrenza di 86 Km., ora questa veniva ridotta di ben 19 Km. a soli 67 Km. Venivano inoltre facilitate le comunicazioni con Sesto Calende, località che era servita da una sola coppia giornalie­ ra di piroscafi sul lago; nei gioni di nebbia anche quella corsa era sospesa. Pel trasbordo poi delle merci dall'imbarcadero di Sesto fino alla stazione i viaggiatori dovevano subire una fermata di tre quarti d'ora. Il nuovo tronco abbreviava in tal modo il tragitto fra Arona e Milano, tragitto che allora richiedeva tre ore. Gli studi e l'esecuzione di questo tronco, compreso naturalmente il ponte, vennero intrapresi ed ultimati in un anno di tempo. Il nuovo ponte, a meno di un mese dalla sua inaugurazione fu sotto­ posto ad un nuovo e ben maggiore collaudo. Il giorno 2 ottobre 1868 si aprirono le cateratte del cielo e le acque salirono rapidamente fino ad un livello di m. 6,94 all'idrometro di Sesto, livello mai raggiunto in precedenza. Nonostante che nella progettazione si fosse tenuto conto delle maggiori piene fino allora verificatesi con un notevole margine, poco mancò che l'intera opera colpita in pieno dalla corren­ te fosse travolta; infatti l'acqua raggiunse un livello di soli 50 centi­ metri sotto il pavimento del ponte. A ciò si deve aggiungere il perico­ lo rappresentato dall'intralcio delle piante e dei materiali trascinati anche dalle più lontane sponde del lago e che tendevano ad ostruire la luce fra i sostegni delle travate. Per fortuna il terrapieno della ferrovia posto all'altezza di circa otto metri sopra il livello dei terreni circostanti resistette all'urto dell'onda di piena; se avesse ceduto, l'intero paese di Sesto sarebbe stato tra­ volto: invece l'acqua, dopo aver distrutto il locale ad uso dogana costruito in legino, lambì appena l'edificio della stazione pure costrui­ to in legno e finalmente cominciò a decrescere trascinando un po' del terreno che congiungeva il terrapieno al ponte. Alcuni treni di ghiaia portati sul luogo da Vergiate colmarono la falla ed il giorno 12 ottobre potè essere ripreso il servizio ferroviario dopo 10 giorni dall'inizio della grande piena (68).
36 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Il primo Ponte di ferro L'apertura dell'importantissima linea del S. Gottardo che mette in comunicazione tra l'altro Genova con Basilea e l'Europa centro set­ tentrionale (linee Basilea­Copenaghen­Stoccolma e Basilea­ Bruxelles) attraverso il traforo del medesimo nome lungo metri 14.984, aperto al traffico il 1° gennaio 1882 ed i cui lavori furono ini­ ziati nell'autunno 1872 con un forte concorso finanziario italiano, fece scorrere fiumi di inchiostro ed ovunque sorsero iniziative e progetti per fare in modo che il collegamento, che doveva avvenire sulla sponda sinistra del Lago Maggiore, toccasse le località preferite. Fin dal 1874 fu redatto un progetto di ponte attraversante il Lago Maggiore da Arona ad Angera per raggiungere da questa località il S. Gottardo (69), progetto che se permetteva il risparmio di qualche chi­ lometro nei confronti del percorso attuale richiedeva una opera di una grandiosità tale su acque abbastanza profonde da costituire una impresa molto costosa che non compensava certo il risparmio della lunghezza del percorso. Un progetto, studiato da un Comitato Varesino indicava la direzione da Pino (confine svizzero) a Gemonio, Sesto Calende, Oleggio, Mortara (Km. 113). Un progetto studiato da un Comitato Gallaratese, dirigeva il tracciato da Pino a Gemonio, Gallarate, Novara, Mortara (Km. 114). Un altro progetto, pure del Comitato Gallaratese preferiva il percorso Pino, Gemonio, Gallarate, Abbiategrasso, Mortara (Km. 115) (70). Tutti questi progetti prevedevano di lasciare in disparte Laveno per evitare un traforo di metri 1.142 ed uno di metri 2.934 presso questa stazione. Finalmente un progetto dell'ing. Angelo Giambastiani di Viareggio, già deputato di Pietrasanta, fu preso in considerazione dal compe­ tente ministero. Lo studio prevedeva l'inizio alla stazione di Oleggio sulla linea Novara­Arona, il proseguimento fino all'abitato di Castelletto, il valico del fiume Ticino a Sesto Calende. Da questa località si prospettavano tre soluzioni: una che raggiungendo Angera costeggiava il Lago Maggiore, la seconda, passando per Oneda, Ternate, Bardello, Cocquio, Cuvio, Voldomino, Luino e una terza che toccando Besozzo raggiungeva la precedente al colle di Gemonio.
37 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, nel mentre esprimeva pare­ re favorevole a tutti i tre tracciati, come egualmente apprezzabili dal punto di vista tecnico e nelle medesime condizioni di esecuzione, consigliava la costruzione della linea secondo il tracciato lacuale come quello che meglio corrispondeva agli interessi generali della Nazione, i quali avevano necessariamente per obiettivo di favorire il commercio del porto di Genova, e conseguentemente quello di trans­ ito. La linea lacuale, alquanto più breve e più pianeggiante rendeva più facile un migliore esercizio e questa circostanza era reputata di tale importanza da meritare la maggiore spesa che avrebbe importa­ ta quella linea in confronto alle altre due (rispettivamente 28.561.000, 25.758.000 e 24.984.000 lire). Il Ministero in ordine a tale parere nel gennaio 1881 stabiliva definiti­ vamente l'esecuzione del tracciato lacuale e ne appaltava i lavori. Contemporaneamente però, allo scopo di favorire anche gli interessi delle provincie lombarde col diminuire, per quanto era possibile, la distanza da Gallarate al Gottardo con una ferrovia pianeggiante sul territorio italiano, ordinava che si facessero gli studi in questo senso prevedendo già la possibilità di un congiungimento a Laveno piutto­ sto che a Monvalle del raccordo di Gallarate alla Novara­Pino. Decisa in seguito la costruzione della linea Gallarate­Ternate­Laveno ne venne la necessità della esecuzione a doppio binario della galleria di Mombello alla quale fu pure applicata, da una sola parte, la perfora­ zione meccanica. Si rese necessario anche un leggero spostamento della stazione di Laveno il che portò la lunghezza della galleria omo­ nima a circa tre chilometri (71). La lunghezza della ferrovia Novara­Pino, calcolata dalla derivazione a Oleggio sulla linea Novara­Arona è di Km. 65,571. I lavori, iniziati nella primavera del 1881 vennero ripartiti in 11 lotti affi­ dati ad altrettanti appaltatori. A noi interessa solo il tronco n. 2 della lunghezza di m. 320 riguardante la costruzione del ponte sul Ticino, costruzione che costituisce un'opera ragguardevole per importanza tecnica ed è, ancora oggi, tra le migliori d'Europa. Il lavoro fu appal­ tato all'Impresa Industriale Italiana per il prezzo di L. 1.343.000 com­ preso l'impalcatura in ferro. Il manufatto, ubicato in direzione alquanto obliqua e circa a 7 metri a monte del ponte in legno costruito nel 1868, consiste in una travatu­
38 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende ra in ferro continua, sostenuta da quattro appoggi in muratura: due spalle e due pile intermedie. Il ponte e quello di maggiore apertura esistente in Italia, avendo la travata centrale lunga m. 99 da asse ad asse delle pile, e m. 83 le due laterali, alle quali corrispondono m. 95,10 di luce netta per la campata centrale e m. 80,15 per ciascuna delle due laterali. Esso serve al doppio esercizio di due linee ferro­ viarie: la Novara­Pino e la Milano­Arona. Superiormente corre la stra­ da del Sempione. Alle due estremità del ponte sorgono costruzioni murarie a galleria in corrispondenza alle spalle a sostenere i piazzali ai quali fanno capo le due rampe che, in direzione obliqua raccordata con dolci curve si collegano alla strada carreggiabile collocata sul ponte. A motivo della natura dell'alveo costituito, quasi totalmente da sabbia argillosa con scarsa quantità di ghiaia, e della profondità dell'acqua che raggiunge nel mezzo l'altezza di circa m. 8 sull'alveo stesso, si dovette adottare il sistema delle fondazioni ad aria compressa. I cassoni di fondazione furono costruiti di forma analoga a quelli ado­ perati nei ponti sul Po. Essi furono infissi nel terreno alle seguenti profondità: spalla Novara m. 8,82, pila Novara m. 14,40, pila Pino m. 16,81, spalla Pino m. 17,12. Il lavoro venne eseguito col processo pneumatico ad aria compressa e di cui si danno le particolarità più rilevanti. Si colloca nella località stabilita per la fondazione sia di spalla sia di pila, un cassone vuoto di lamiera di ferro a bordo tagliente nel peri­ metro di contorno inferiore, munito, all'altezza di poco oltre due metri sopra il bordo inferiore, di un diaframma, pure di lamiera, orizzontale che forma sull'alveo, a cassone appoggiato una camera chiusa (camera di lavoro) e si immette in questo ambiente dell'aria com­ pressa alla pressione occorrente, la quale mantiene asciutta la camera. Nella camera di lavoro operai, abituati al lavoro in pressione, scava­ no agevolmente i materiali delimitati dal contorno del cassone, mate­ riali che vengono asportati da adatti recipienti che scendono e salgo­ no lungo appositi camini di ferro i quali dal coperto orizzontale della camera di lavoro si innalzano fuori d'acqua fino ad un congegno spe­ ciale detto camera di equilibrio. Queste camere, provvedendo al pas­ saggio fra la pressione interna e quella dell'aria esterna, consentono l'ascesa e la discesa dei materiali e il movimento degli operai e del
39 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende personale addetto ai lavori. Il cassone al quale viene smosso dal lavoro di scavo il materiale sotto il contorno, e viene invece aggravato dal peso dell'aggiunta della muratura che contemporaneamente, sempre al di sopra del pelo d'acqua si va costruendo sul cielo della camera di lavoro, scende sprofondandosi nell'alveo fino al livello stabilito, raggiunto il quale la cavità che ha servito da camera di lavoro viene riempita con muratu­ ra di calcestruzzo colato attraverso i camini delle camere di equilibrio, i quali vengono pure riempiti con calcestruzzo. L'estrazione dei materiali scavati era fatta, nella costruzione del ponte di Sesto Calende, mediante secchioni di lamiera di capacità di mc. 0,30 sollevati mediante catena alla quale il movimento in un senso o nel senso contrario era impresso, mediante convenienti ingranaggi, da una piccola motrice ad aria compressa a tre cilindri, posta esteriormente e sopra la campana. I secchioni, giunti in alto nella campana, erano vuotati entro il tubo di scarico che discendeva obliquamente dall'interno all'esterno, e da esso il materiale era scari­ cato coll'opportuna manovra di due porte: una orizzontale alla bocca superiore interna di introduzione, ed una verticale alla bocca inferio­ re esterna d'estrazione. Lo scavo in pressione era continuo e non veniva sospeso che quan­ do lo richiedeva l'andamento del lavoro. Due erano le squadre di sca­ vatori che lavoravano nel cassone, dandosi il cambio consueto dopo otto ore di lavoro non interrotto e senza risentirne alcun danno. Solo negli ultimi giorni della fondazione della pila Novara, essendosi dovu­ to superare la pressione di due atmosfere e raggiungere perfino le atmosfere 2,8, essendo il fiume nella piena ordinaria di primavera, si dovettero ridurre le ore di lavoro continuo a sei e poi a quattro poiché era eccessivamente gravoso il lavoro sotto forte pressione, e gli ope­ rai erano facilmente colpiti, in specie alle braccia e alle gambe, da dolori acutissimi. Ogni squadra per il lavoro in pressione era composta, oltre al perso­ nale addetto al cantiere di compressione e agli assistenti, di 25 uomi­ ni, dei quali 14 nella camera di lavoro eseguivano lo scavo e il carico nei secchioni, 5 nelle due campane scaricavano i secchioni e mano­ vravano le porte interne di scarico e le motrici ad aria compressa, e gli altri 5 esternamente alle due campane manovravano le porte
40 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende esterne di scarico, sgombravano il materiale di scavo ed accudivano al perfetto funzionamento e all'untura delle motrici ad aria compres­ sa, degli ingranaggi ecc. L'aria compressa era fornita da due compressori mossi da due motri­ ci semifisse di 15 cavalli vapore ciascuna. I due compressori conve­ nientemente raffreddati da una circolazione di acqua fredda, erano ad azione diretta. Essi erano indipendenti fra loro e comunicavano direttamente mediante due distinte condotte di tubo di ferro, colle due camere di equilibrio. La marcia dei compressori era regolata a norma delle indicazioni di due manometri collocati esternamente alle came­ re di equilibrio ed ai segnali all'uopo fatti dall'interno. L'interno delle camere di lavoro era sul principio illuminato con can­ dele steariche di prima qualità. Però l'aria già viziata dalla presenza continua di venti operai era ridotta pressoché irrespirabile dalla com­ bustione di 10 o più candele steariche, anche perchè la combustione nell'aria compressa si compie imperfettamente. Si pensò quindi ad un impianto di illuminazione elettrica con lampade ad incandescenza che presentavano i vantaggi di non consumare ossigeno, di non pro­ durre fumo ne calore, con un beneficio certo e notevolissimo per la salute degli operai ed inoltre di dare maggiore luce. Le lampade erano del tipo Swan di piccolo modello, cioè dell'intensi­ tà di otto candele normali, e se ne avevano otto convenientemente disposte nella camera di lavoro, una per ciascuna delle due camere di equilibrio ed alcune all'esterno. La macchina dinamo elettrica era del tipo Siemens a rocchetti orizzontali mossa da locomobile. Tutta la costruzione muraria è fatta in granito con rivestimenti a bugnato nei pezzi d'angolo e nei rostri, e a lavorazione a punta fina nelle residue facce a vista. Il granito proviene dalla valle del Toce ed è bianco nei pezzi a bugnato e rosso nelle specchiature. La travatura metallica, lunga fra gli estremi m. 265, è costituita da due travi principali a doppia parete e a graticcio composto, alte m. 11, distanti m. 9,20 fra gli assi di dette travi, rilegate fra di loro inferior­ mente da traversoni sui quali sono collocati i binari delle linee ferro­ viarie e da contraventi orizzontali disposti in senso diagonale. A metà altezza circa, altri traversoni collegano le travi principali servendo di sostegno alla massicciata della strada del Sempione e superiormen­ te altri collegamenti riuniscono rigidamente la parte superiore delle
41 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende travi principali, costituendo così dell'intera travatura una sovrapposi­ zione di due cavità tubolari, nell'inferiore delle quali passano le due linee ferroviarie e nella superiore la strada del Sempione. È meritevole di menzione infine il ponte provvisorio in legname che fu costruito per la montatura di tutte e tre le travate. Esso era appog­ giato sopra stilate di legno, distanti m. 16 da asse ad asse, composte di tre ordini di pali infitti nell'alveo, robustamente filagnati. I pali bat­ tuti con maglio a vapore, avevano lunghezza variabile da m. 10 a m. 22. Sopra queste stilate appoggiavano in ogni campata 5 capriate costituite da travi longitudinali robuste, sorrette da più ordini di rinfor­ zi a puntoni. La larghezza della impalcatura che questa rigida ossa­ tura costituiva era di m. 12,50. Il lavoro di montatura venne incominciato a partire dalla spalla Pino e la gru ed il castello, che erano scorrevoli su rotaie, retrocedevano continuamente lasciando il lavoro ultimato, cosicché furono poi smontati sulla spalla Novara. La montatura incominciata il 3 marzo, fu ultimata il 30 settembre 1882. Durante la montatura dell'ultima campata, quando tutto il mate­ riale era in cantiere e gli operai si erano bene addestrati nelle varie manovre, si giunse a montare in un giorno fino a 9 metri di ponte completo, lavorando la notte solo a trasportare i materiali dal cantie­ re sul ponte provvisorio. La chiodatura, incominciata il 18 marzo, seguì sempre di pari passo la montatura. Con un massimo di 25 squadre di ribattitori, si riuscì a ribadire in un giorno 3.000 chiodi. Il ponte fu eseguito su progetto dell'ing. G. B. Biadego, il più vicino collaboratore dell'ing. Giambastiani, dall'Impresa Industriale Italiana di Costruzioni Metalliche. Data l'arditezza e la mole dell'opera (sem­ pre riferendosi alla tecnica di quei tempi) il ponte fu montato provvi­ soriamente tra Castellamare di Stabia e Torre Annunziata, sulla spiaggia antistante il cantiere napoletano. Constatata la validità del­ l'opera, che nel suo complesso pesava oltre 3.000 tonnellate, venne smontato pezzo per pezzo e trasportato a Sesto Calende per la messa in opera definitiva. L'inaugurazione dell'intera linea Novara­Pino avvenne il giorno di sabato 18 novembre 1882. Rappresentava l'Italia il ministro dei LL.PP.; per la Svizzera era presente il vice presidentedella
42 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Confederazione; vi erano inoltre rappresentanti della Germania. II treno inaugurale partito da Pino, proseguì poi per Genova ove giun­ se nella serata e ove il giorno seguente si tenne il banchetto offerto dal municipio di quella città nella grande sala del Palazzo Ducale.
43 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Il Ponte di barche Durante l'ultimo conflitto (1940­1945) il ponte fu soggetto a diversi bombarda­ menti aerei di cui ben nove nel mese di settembre 1944. Colpito a morte il 3 ottobre successivo, fu reso inutilizzabile per diversi anni ,interrompendo in tal modo ogni comunicazione sia ferroviaria che stradale. Appena avvenuta la resa delle truppe tedesche in Italia nell'aprile 1945, la Società Siai Marchetti di Sesto Calende, allo scopo anche di occupare le mae­ stranze rese inoperose per mancanza di lavoro nel ramo aeronautico e can­ tieristico, si fece promotrice di un'intesa col Comitato di Liberazione della pro­ vincia di Varese, del ripristino del transito sulla strada del Sempione in luogo del ponte danneggiato. Al momento dell'inizio dei lavori, avvenuto pochi giorni dopo verso il 5 maggio 1945, la Siai Marchetti non disponeva che di una diecina di barche, residuo di una commessa del comando tedesco, ricuperate dopo il bombardamento del 24 febbraio 1945 che aveva praticamente distrutto il cantiere di S. Anna. Lavorando con lena si arrivò ad approntare il nuovo ponte per il giorno 12 luglio. Esso attraversava il Ticino circa 500 metri a valle del ponte di ferro ed aveva una lunghezza di m. 202 così distribuiti: due testate su sostegni fissi di cui quel­ lo di sinistra della lunghezza di m. 17,50 e quello di destra di m. 27,50. La parte centrale della lunghezza complessiva di m. 157 era composta da n.° 50 cop­ pie abbinate di barche di legno delle dimensioni cadauna di m. 7,50 di lun­ ghezza, m. 1,80 di larghezza e m. 0,98 di altezza. Il ponte a carreggiata unica della larghezza di m. 3 con due passerelle laterali pedonali di m. 1 ciascuna con parapetto di legno, era appoggiato su 18 travi longitudinali; il piano costituito da un doppio strato di tavole di abete di cui quel­ lo inferiore portante dello spessore di cm. 5 e quello superiore di usura di cm. 3 limitato alla sola carreggiata. I galleggianti erano costituiti da due coppie di barconi collegati da un telaio per ripartire sui bordi il peso del carico mobile; ogni coppia tenuta in sito da due ancoraggi: uno a valle ed uno a monte del ponte con ancore del peso di ql. 1 cadauna. Subito dopo la costruzione il ponte fu ceduto al Ministero dei Lavori Pubblici, ufficio speciale del Genio Civile per la viabilità per la somma di L. 17.036.500 come da contratto 2 settembre 1945.
44 I Ponti sul Ticino a Sesto Calende Il Secondo Ponte in ferro Prima della sua distruzione a causa degli eventi bellici, il ponte era costituito, come si è detto, da una trave di ferro continua su quattro appoggi con doppia impalcatura di cui una inferiore per la sede della ferrovia ed una mediana per la sede stradale. I lavori di ricostruzione, appoggiandosi sulle vecchie spalle e pile che erano rimaste intatte, sono consistiti nel rifacimento completo delle strutture metalliche del ponte con tre travate continue a struttura reticolare con triplice ordine di bri­ glie. L'impalcatura stradale, ubicata sulle briglie mediane delle travate è costi­ tuita da traversoni e travi longitudinali sorreggenti un solettone in cemento armato rinforzato con nervature. Vennero aggiunte ai lati della sede stradale esternamente due passerelle pedonali con parapetti in ferro. La ricostruzione delle travate e dell'impalcatura stradale in cemento armato venne eseguita dalle FF.SS. (costo complessivo L. 908.250.000) con un con­ tributo dell'ANAS di L. 413.300.000, la quale inoltre provvide direttamente alla costruzione delle rampe di accesso sulla sponda lombarda, nonché al rifaci­ mento del ponte con mattonelle di asfalto compresso, irruvidito con trattamen­ to in polvere di asfalto a freddo. I lavori di montaggio dell'intera struttura vennero iniziati il 16 gennaio 1950, pre­ via costruzione di un ponte laterale provvisorio di servizio, ed ultimato per ciò che concerne la parte ferroviaria il 10 gennaio dell'anno seguente in 240 gior­ nate lavorative. Il primo convoglio congiunse Sesto con Arona il 26 gennaio 1951 dopo che il ponte era stato collaudato due giorni prima col passaggio di quattro grosse locomotive tipo 690.000. Per quanto riguarda i lavori di finitura per la strada del Sempione, i lavori anda­ rono più a rilento; solo verso la fine del settembre 1951 si iniziò l'allestimento degli elementi di cemento armato precostruiti destinati al sottofondo stradale per la sistemazione delle piastrelle bitumose antisdrucciolevoli. Per tale opera non vi fu alcuna cerimonia di inaugurazione, nessuna presenza di autorità, ma solo il banale ordine dato ad un manovale di togliere l'ultimo ostacolo che sbar­ rava il passaggio dei veicoli diretti al passo del Sempione. Ciò avveniva il 28 maggio 1952 contemporaneamente alla chiusura del ponte di barche, il quale ebbe una ingloriosa fine a causa di un violento temporale nella notte dal 13 al 14 luglio, interrompendo la diatriba che stava sorgendo tra coloro che voleva­ no il mantenimento del passaggio ad uso esclusivo dei pedoni e coloro che pro­ ponevano lo smantellamento, destinando il legname agli asili infantili.
45 Note e bibliografia (1) (2) ARISTA, Memorie meravigliose di Castelletto sopra Tesino, Milano, 1716. FRANCESCO CAMPANA, Monumenta Somae locorumque circumjacentum, ristampa e traduzione a cura dell’Ing. Carlo Bellini, Somma L., 1927, pag. 55. (3) Battaglia del Ticino tra Annibale e Scipione ossia scoperta del campo di P. C. Scipione, delle vestigia del ponte sul Ticino, del sito della battaglia e delle tombe dei Galli e dei Romani in essa periti del prof. Gio Battista Giani, Milano, R. Stamperia, 1824. B. BIONDELLIi, sulla importanza degli studi archeologici in Lombardia, Milano, 1854, p. 16. A. RUSCONI, Origini Novaresi, Novara, 1877, II, p. 14. A. G. SPINELLI, Ricerche spettanti a Sesto Calende, Milano, 1880, p. 14. LODOVICO MELZI, Somma Lombardo, Milano, 1880, p.214. ANGELO BELLINI, Uomini e cose di Insubria, Como, 1937, p. 42. CARLO ROMUSSI, Milano nei suoi monumenti, Milano, 1912, vol.I, p. 24. FILIPPO PONTI, I Romani ed i lori precursori sulle rive del Verbano, Intra, 1896, vol. I, p.145. RUSCONI, o.c., II, p.15. C. TAMBORINI, Note di toponomastica di Sesto Calende, Ras. Gallaratese di Storia ed Arte, (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) 1964 (12bis) (13) (14) (15) (16) (17) (18) (19) (20) (21) (22) (23) Annali della Fabbrica del Duomo di Milano, 1877, vol. I, p.152, sotto la data 24 ottobre 1395. GIANI, o.c., p.94. La tesa, misura francese, era pari a m. 1,949. C. CANTU’, Documenti alla storia universale, Torino, 1863, tomo II, p.90. T. MONTANARI, Annibale, Rovigo, 19­1901, p.739. GIANI, o.c., p.3. GIANI, o.c., p.80. C. TAMBORINI, Note di Topomastica di Sesto Calende, I, R.G.S.A., 1963, p. 124. V. de VIT, Il Lago Maggiore, Prato, 1875, vol.I, p. 86. MELZI, o.c., p. 227. SPINELLI, o.c., p. 36. G. GIULINI, Memorie della città e della campagna di Milano nei secoli bassi, Milano, 1760, vol.VIII, P.103. (24) GIULINI, o.c., VIII,p. 286. (25) GIULINI, o.c., VIII, p.272. (26) B. CORIO, L’Historia di Milano, Venezia, 1565, p. 309. (27) CORIO, o.c., p. 312. (28) CORIO, o.c., p. 384. (29) GIULINI, o.c., VIII, p. 428. (30) GIULINI, o.c., VIII, p. 435. (31) GIULINI, o.c., VIII, p. 437. (32) CORIO, o.c., p. 412. (33) ENRICO BIANCHETTI, L’Ossola Inferiore, 1878, vol. I, p.218. (34) GIULINI, o.c., VIII, p. 235. (35) GIULINI, o.c., VIII, p. 435 (35bis) SPINELLI, o.c., p. 216. (36) Statuto di Castelletto Ticino dell’anno MCCCXL, publicato da S. BELFANTI in “Castelletto Ticino”, Milano, 1938. (37) Traduzione dal latino in BELFANTI, o.c., p. 183. (38) Ing. P. GALLIZIA, Relazione al Collegio degli Ingenieri ed Architetti di Milano in “Politecnico”, anno 1869, p. 465. (39) M. BERTOLONE in “Rassegna Archeologica Provincia e Diocesi di Como, 1931, p.151. (40) PAOLO BOGNI, L’innondazione di Sesto Calende, racconto storico, Milano, 1869, p. 48.
(40bis) P. MORIGIA, Historia della nobiltà et degne qualità del Lago Maggiore, Milano, 1603, p. 7. (40ter) Annali della Fabbrica del Duomo di Milano, o.c,., I, p. 30. (40quatr) Annali ecc., o.c., I, p. 93.(41) MELZI, o.c., p. 225. (42) Relazione della Commissione incaricata dell’esame dei progetti per l’irrigazione dell’Alta Lombardia con acque derivabili dal Lago Maggiore e di Lugano, Milano, 1866. (43) BELLINI, o.c., p. 347. (44) GEROLAMO BISCARO, Gli antichi Navigli Milanesi in “Archivio Storico Lombardo”, 1908, pp. 285­326. (45) Panperduto è il nome che venne dato anche ad altri canali del territorio lodigiano per indicare le grandi spese profuse per il loro escavo, non proporzionate ai vantaggi che se ne erano ottenuti. (46) La piena è così descritta dal CORIO (o.c., p. 412): “L’anno predetto del mese di settembre, venne si gran diluvio d’acqua, che il Lago Maggiore crebbe otto braccia e in questi giorni achora fu incominciato il Navilio di Gozano, il quale si cava dal Tesino a questa città navigabile e di grande utile”. (47) La piena è così descritta dal GIULINI (o.c., VI, p. 488) sulla base dell’attestazione di Sire Raul: “Narra questo storico che nel mese di settembre vi fu un diluvio di cui non se n’era veduto il maggiore dai tempi d i Noè fino allora. Inperocchè il Tesino aveva riempita tutta la sua valle, da una costa all’altra in guisa che molti alberi più non apparivano. Il Lago Maggiore crebbe duciotto braccia di altezza e ricrì le case di Lesa...”. (48) BELLINI, o.c., p. 338. (49) BELLINI, o.c., p. .341. (50) “L’Ing. Gerolamo Quadrio, chiamato il 25 febraio del 1668 a decidere una controversia fra gli utenti del Ticino, disegnò il corso del fiume in questa località, ed ebbe cura di trasmetterci con una particolareggiata relazione la popolare tradizione che lo riguardava (carta e disegno trovansi nel’Archivio Visconti di Modrone). All’imboccatura dello Strona era in quel tempo un’isoletta che divedeva il letto del torrente in due canali. In quello di destra verso Porto della Torre, vedansi due colonne di granito quasi sepolte sotto la ghiaia accumulata in quel punto dal torrente e dal fiume.E’ questo il luogo del Navigliazzo o Naviglio vecchio che per aver conservata memoria della sua esistenza nei contemporanei del Quadrio, è duopo credere abbia continuato a mantenersi utile al barcheggio molti anni dopo l’abbandono del canale Pamperduto di Tornavento (infatti, mentre le concessioni del 1368 per l’estrazione d’acqua indicano il luogo di Navigliazzo, quelle del 1492 si riferiscono al Ticino). E’ dunque da quell’epoca che il cavo è asciutto. Per giungere fin là il Navigliazzo proseguiva serpeggiando lungo l’alta sponda Lombarda e tagliando la punta di Castenovate raggiungeva la altezza del cavo poco sopra Tornavento”. (51) Arc. Stato Milano Acque p.m., cart. 815­816. (52) BIANCHETTI, o.c., II, p. 77. (53) GIULINI, o.c., VII, p. 239. (54) MIGNE, Patrologia latina, tomo 216 XXXVII. (55) C. TAMBORINI,L’Abbazia di S. Donato in Sesto Calende, Milano, 1964, p. 49. (56) A.S.M.,registri degli Archivi Panigarola, n. 3, c. 75. (57) SPINELLI, o.c., p. 217. (58) A.S.M., missive, cart. 2, pag. 61. (59) Il nome di Briccola, seconda l’ARISTA (o.c., p. 279), significa “che fosse un picciol forte, come lo dimostrano i fondamenti di grossi muri che ivi restano alle rive del Fiume. Le briccole erano certe macchine di travi sopra i quali erano accomodati artifizi a modo di balestre, o strabalzi che tesi e tirati con grosse corde a forza di mangani, lanciavano molto lontano saettoni e grossi sassi, essendo le Briccole prima che fossero inventate le Artiglierie da fuoco. E qui deve essere stata una di queste Briccole per sicurezza delle navi e del porto”.
(60) (61) (62) (63) (64) (65) (66) (67) (68) (69) (70) (71) A.S.M., Registro Ducale, c. 92, t. 30. C. SANTORO, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano, 1947, p. XXXIII. A.S.M., Feudi Camerali, cart. 184. A.S.M., Reg. Duc. 112,f. 117 e Reg. Duc. 107, f. 133. SPINELLI, o.c., p. 88. A.S.M., Acque p. a., cart. 290. MEDONI, o.c., p. 236. BOGNI PAOLO, o.c., p. 21 e Monitore delle Strade Ferrate e interessi industriali, Roma, settembre 1867, pp. 338­339 Monitore ecc. ecc. P. PERUCCHETTI, Arona­cenni storici, Arona, 1814, p.132. BIANCHI GIUSEPPE, Delle linee di raccordo col Gottardo per la sponda sinistra del Lago Maggiore, Milano, s.d. Queste notizie furono ricavate da due pubblicazioni: A. GIAMBASTIANI, La ferrovia Novara ­Pino­Genova, 1884 e Note descrittive sommarie sulle opere di costruzione della ferrovia Novara­Pino­Arona, 1882.
Foto e Documenti
Fra Sesto Calende e Golasecca esistono due località, una denominata “Resega”, l’altra “Muracci”; attraver­ so il letto del fiume Ticino, si notano dei resti di antichi lavori. Disegno ricavato da “Rivista Archeologica antica provincia e diocesi di Como”, fasc. 105­107 anni 1932­3, pag. 151. Disegno di M. Bertolone che indica le posizioni della traversa e del cosidetto “ponte”.
Fra i “Muracci” e il castello visconteo di Castelletto Ticino; sulla sponda destra del fiume, esistono con­ ficcati nel fondo del letto del Ticino, grossi pali armati in punta con capocchie di ferro; si devono riferirsi ad un ponte costruito attorno al 1250 e distrutto forse nel 1358.
Platea. Situata a valle della cascina Resiga (attuale casa Gialla) attraversa il fiume Ticino. L’intestatura sulla sponda sinistra è formata da un basamento in muratura, sulla sponda destra vedonsi alcuni pali disposti in file allineate. La larga platea (m. 6) è costituita da filari di pali e murature, le dimensioni dei mattoni sono di cm. 24,5 x 11 x6.
1816. Progetto lavori di adattamento del “porto”.
Rara fotografia di Sesto Calende con il “porto”rimasto in uso fino al 1882.
Ponte ferroviario in legno. Ponte costruito in larice del Tirolo, aveva una lunghezza totale di m 270,10. Il collaudo avvenne il 31 agosto e il successivo 8 settembre 1868 iniziò il regolare servizio ferroviario.
Primo Ponte in ferro. Il progetto del ponte studiato dall’Ing. Giovanni Battista Biadego, con la supervi­ sione dell’Ing. Angelo Giambastiani, ebbe come direttore dei lavori l’Ing. A. Pennacchio, coadiuvato dall’Ing. E. Ferrari, trovò la sua realizzazione presso il cantiere di Castellamare di Stabia.
La travatura del Ponte nell’officina di Castellamare. A sinistra vedasi la passerella che serve allo scarico e carico dei ferri, che dai vapori vengono portati su barconi piatti all’opificio. Sullo sfondo ammirasi il Vesuvio ed ai suoi piedi il paese di Torre Annunziata, Bosco Tre Case ed altri ancora. Montatura provvisoria del Ponte. Una parte di essa è già smontata ed il terreno è ingombro dei pezzi che prima uniti insieme formavano il grande colosso. Sala mediana della montatura. A destra le mole che servono per affilare i ferri, e toglier loro dai bordi le sbavature lasciate dalle cesoie. La parte sinistra è destina­ ta ai chiodatori. Qui sono gli operai che uniscono insieme con chiodi battuti a caldo i diversi pezzi.
La ditta A. Cirla & figli di Milano, con stabilimento a Gravellona Toce, produsse e lavorò i graniti per costruire le pile del ponte (fornì metri cubi 2500 di graniti). Risale al 1847 la data ufficiale di fondazione della ditta con l’acquisto a Milano della “Sostra (deposito con tettoia per la lavorazione delle pietre) sita nella cosidetta Ripa di Porta Ticinese al n°37” con portico e scorte di “diversi miaroli sgreggi e lavorati”, quadretti di Beola e attrezzature varie. In questa sede i carichi di granito giungevano dal Lago Maggiore su barconi percorrendo le vie fluviali del Ticino e del Naviglio Grande.
1882 ­ Primo Ponte in ferro. Le foto illustrano alcune fasi del montaggio delle travate, che iniziato dal lato di Sesto Calende il 3 marzo, viene ultimato il 30 settembre 1882.
Interno del Ponte sul Ticino. Lunghezza m.288 larghezza m.9,10
Primo Ponte in ferro. Il collaudo tecnico è effettuato il 18 ottobre 1882; 6 macchine motrici e 24 vagoni carichi di rotaie transitano senza causare scompensi. Sabato 18 novembre 1882 si innaugura il nuovo ponte e la linea ferroviaria Novara­Pino. 3 ottobre 1944. Ultimo attacco del 57°Stormo Bombardieri dell’aviazione USA. L’attacco finale inflisse gravi danni e rese inservibile il ponte.
Il Ponte è distrutto, i colpi indirizzati lo hanno reso inservibile al traffico stradale e ferroviario. L’arco meri­ dionale è crollato nel fiume Ticino.
Immagine aerea di Sesto Calende ripresa da ricognitori dell’aviazione USA il 5 dicembre 1944. 1­2­3­4 indicano l’avvenuta distruzione del ponte e della linea ferroviaria. 5­6 indicano probabili punti di attracco per traghetti.
1945 Ponte ferroviario provvisorio. Costruito a pochi metri a monte del ponte distrutto servì a riattivare tem­ poraneamente la ferrovia Milano­Domodossola. Realizzato con elementi di recupero difformi fra loro, misu­ rava m.286 ed era suddiviso in 13 arcate, si alternarono al lavoro circa 500 operai per complessive 195.000 ore lavorative.
10 gennaio 1946. Collaudo Ponte ferroviario provvisorio. Con l’entrata in servizio del secondo ponte in ferro viene smontato il ponte provvisorio.
Demolizione primo Ponte in ferro. A sinistra vedasi ponte ferroviario provvisorio, a destra ponte di bar­ che pedonale a servizio dei viaggiatori ferroviari.
1945 Ponte di barche pedonale, sostituì il servizio di traghetti istituito nel 1944 per collegare le due sponde. Allestimento Ponte di barche pedonale. Sulla sinistra vedasi passerella di accesso al ponte stesso.
Maggio 1945. Inizio lavori Ponte di barche per ripristino del transito sulla strada del Sempione. Promotrice dell’iniziativa fu la ditta Siai Marchetti.
1945­1952. Ponte di barche. Transito a senso unico alternato. Limitazioni: ­ Portata max: autocarri quintali 150, rimorchi quintali 100 ­ Velocità max: autocarri passo d’uomo, autovetture km ora 20
Secondo Ponte in ferro. I lavori di montaggio del ponte iniziarono il 16 gennaio 1950. (Carpenteria Bonfiglio & C. di Milano).
Secondo Ponte in ferro. L’apertura al transito ferroviario avvenne il 26 gennaio 1951, l’apertura al traf­ fico viario avvenne il 28 maggio 1952.
26 gennaio 1951. Inaugurazione della linea ferroviaria
Finito di stampare nel mese di dicembre 2002 dalla litografia Selgraph ­ Cocquio Trevisago (VA)
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