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Regolazione del comportamento alimentare
e correlati biochimici
dell’anoressia e bulimia nervosa
L’anoressia nervosa (AN) e la bulimia nervosa (BN) sono disturbi psichiatrici caratterizzati da alterazioni del comportamento alimentare e squilibrio dell’omeostasi energetica.
Modificazioni a carico dei neurotrasmettitori/neuromodulatori centrali e periferici, coinvolti nella regolazione dell’assunzione di cibo e della spesa energetica, sono state ampiamente osservate in pazienti in fase acuta di malattia. Al momento, i dati della letteratura
certamente suggeriscono un coinvolgimento di dette sostanze nella fisiopatologia dell’AN
e della BN, ma non consentono di stabilire se le alterazioni osservate siano indici di stato
o di tratto. È stato proposto che alcune di dette alterazioni, anche se secondarie alla malnutrizione e/o agli aberranti comportamenti alimentari, una volta manifestatisi, possano
contribuire al mantenimento di alcuni aspetti sintomatici del disturbo alimentare, influenzando il decorso e/o la prognosi del disturbo stesso. Studi futuri dovranno chiarire se le
alterazioni neurondocrine osservate nell’AN e nella BN siano, almeno in parte, geneticamente determinate e contribuiscano alla vulnerabilità biologica per detti disturbi.
1:2009; 21-41
RIASSUNTO
NÓOς
Dipartimento di Psichiatria,
Università di Napoli SUN, Napoli
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
ELOISA CASTALDO, PASQUALE SCOGNAMIGLIO,
PALMIERO MONTELEONE
Parole chiave: anoressia nervosa, bulimia nervosa, peptidi, fame, sazietà, neurotrasmettitori, neurobiologia.
SUMMARY
Anorexia nervosa (AN) and bulimia nervosa (BN) are psychiatric disorders characterized
by abnormal eating behaviours and imbalance of energy homeostasis. Changes of both
central and peripheral neuroendocrine substances involved in the modulation of food
intake and energy expenditure have been described in acutely ill patients with eating disorders. Literature data do suggest a dysregulation of neuroendocrine feeding regulators in
both AN and BN but, at the moment, they do not allow to establish the state or traitdependent nature of those aberrations. It has been proposed, although not definitively
proved, that neuroendocrine alterations, even when secondary to malnutrition and/or to
aberrant eating behaviours, might contribute to the genesis and the maintenance of some
symptomatic aspects of AN and BN, thus affecting the course and the prognosis of these
disorders. Future studies should clarify whether neuroendocrine alterations are part of the
genetically transmitted biological vulnerability to eating disorders.
Key words: anorexia nervosa, bulimia nervosa, peptides, hunger, satiety, neurotransmitters, neurobiology.
21
Indirizzo per la corrispondenza: Monteleone Palmiero, Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN, Largo Madonna delle Grazie, 80138 Napoli, e-mail: [email protected]
NÓOς
REGOLAZIONE DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE E CORRELATI BIOCHIMICI
DELL’ANORESSIA E BULIMIA NERVOSA
E. CASTALDO - P. SCOGNAMIGLIO
P. MONTELEONE
INTRODUZIONE
I disturbi del comportamento alimentare (DCA), anoressia nervosa (AN) e
bulimia nervosa (BN) sono attualmente considerati, dal punto di vista eziopatogenetico, disturbi multifattoriali, risultanti dalla complessa interazione
di fattori biologici, psicologici/personologici e ambientali socio-culturali.
Nell’ambito dei fattori biologici, distinguiamo fattori genetici e biochimici. I
primi comprendono la vasta gamma di varianti geniche che conferiscono ad
un individuo la vulnerabilità specifica allo sviluppo di un DCA; i secondi
sono rappresentati dai neurotrasmettitori, neuropeptidi e ormoni periferici
coinvolti nella regolazione del comportamento alimentare.
In questo articolo, descriveremo brevemente i meccanismi biologici di regolazione del comportamento alimentare e forniremo una revisione dei dati
della letteratura scientifica concernenti la neurobiologia dell’AN e della BN,
focalizzando l’attenzione sui fattori biochimici implicati nella regolazione
del comportamento alimentare.
REGOLAZIONE DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
La regolazione del comportamento alimentare e dell’omeostasi energetica
ha sede in alcuni nuclei discreti localizzati nell’ipotalamo, collegati tra di
loro da una rete di interconnessioni che trasportano segnali oressigeni o anoressizzanti. I principali componenti di questo sistema di regolazione dell’appetito sono rappresentati dal nucleo arcuato dell’ipotalamo (ARC), dal
nucleo ventro-mediale (VMN), dall’ipotalamo laterale (LH), dal nucleo
dorso-mediale (DMN), dal nucleo paraventricolare (PVN), dall’ipotalamo
perifornicale e dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo. Detto sistema
ipotalamico è, a sua volta, connesso con siti extraipotalamici mesencefalici,
localizzati nel nucleo dorsale del vago, nel nucleo del tratto solitario e nel
nucleo brachiale1-4 (figura 1).
Il nucleo arcuato contiene neuroni che elaborano peptidi oressigeni, quali il
neuropeptide Y (NPY), la dinorfina e gli altri oppioidi derivati dalla proopiomelanocortina (POMC), la proteina agouti-correlata (AgRP) e l’acido
gamma-amino-butirrico (GABA). Inoltre, sono stati localizzati al suo interno anche neuroni che sintetizzano peptidi anoressizzanti quali l’ormone αmelanocito-stimolante (α-MSH), e il cocaine-amphetamine regulated transcript (CART).
Il nucleo ventro-mediale dell’ipotalamo è stato classicamente identificato
come “il centro della sazietà”, in quanto le sue lesioni inducono iperfagia e
aumento di peso5. Oggi si ritiene che rappresenti piuttosto una stazione di
relais delle fibre oressigene e anoressizzanti del sistema di regolazione ipotalamico dal momento che non sono stati identificati, al suo interno, neuroni
che producono peptidi coinvolti nella regolazione dell’appetito.
L’ipotalamo laterale è stato, invece, identificato come “centro della fame”,
in quanto le sue lesioni inducono afagia, adipsia e calo ponderale6. Contiene due distinte popolazioni neuronali che sintetizzano peptidi oressigeni,
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Fi g ura 1 . Rappresentazione schematica del sistema di regolazione dell’appetito.
ARC = nucleo arcuato; DMN = nucleo dorso-mediale; LHA = area ipotalamica laterale; PVN
= nucleo paraventricolare; SNC = nucleo soprachiasmatico; VMN = nucleo ventro-mediale.
AGRP = proteina agouti-correlata; AVP = arginino-vasopressina; BDNF = fattore neurotrofico di derivazione cerebrale; CART = cocaine-amphetamine regulated transcript;
CKK = colecistochinina; CRH = ormone rilasciante la corticotropina; GIP = peptide
gastrointestinale; GLP = peptide glucagone-simile; MCH = melanocortina; NPY = neuropetide Y; OXY = ossitocina; POMC = pro-opiomelanocortina; PYY = peptide YY; TNFα =
fattore di necrosi tumorale-a; TRH = tireotropina.
quali l’orexina (ORX) e l’ormone concentrante la melanina (MCH).
Il nucleo paraventricolare rappresenta un sito cruciale per il rilascio di segnali oressigeni. Al suo interno sono presenti neuroni che secernono una grande
varietà di neuropeptidi, tra cui quelli che regolano l’attività dell’ipofisi anteriore, come l’ormone rilasciante la corticotropina (CRH) e l’ormone rilasciante la tireotropina (TRH) che hanno anche attività anoressizzante. L’ipotalamo perifornicale sembra essere coinvolto nei circuiti oressigeni.
Il nucleo soprachiasmatico è coinvolto nella regolazione circadiana dell’appetito. Le sensazioni di fame e sazietà, che modulano la spinta al consumo di
cibo, sono fenomeni accoppiati con i comportamenti di attività-vigilanza nell’ambito del ciclo notte-giorno. Infatti, nell’animale da esperimento, l’espressione genica di segnali anoressizzanti è elevata tra le 7.00 e le 15.00 del
giorno, ma è notevolmente ridotta durante la fase di buio, quando l’animale è
attivo dal punto di vista motorio7. Nell’uomo, alterazioni del ritmo circadiano del comportamento alimentare sono tipicamente rappresentate dall’iperfagia notturna8.
Questa complessa rete neuronale è responsabile del controllo a lungo termi23
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ne del bilancio energetico e ha lo scopo primario di garantire la stabilità del
peso corporeo. A tal fine i neuroni ipotalamici ricevono una serie di informazioni dalla periferia attraverso numerose sostanze ad azione oressigena,
quali, insulina e ghrelina, o anoressigena, quali leptina, obestatina, peptide
YY (PYY) e colecistochinina (CCK), elaborate dal tessuto adiposo e/o dal
tratto gastroenterico. Tali sostanze, insieme con neurotrasmettitori e neuropeptidi/neurormoni di origine centrale vanno a stimolare e/o inibire le due
principali vie efferenti del sistema di regolazione ipotalamico, quella oressigena, costituita dal NPY/ARP, e quella anoressizzante rappresentata dai
peptidi derivanti dal POMC, localizzate nel nucleo arcuato dell’ipotalamo
(figura 1).
Oltre a detta regolazione a lungo termine dell’omeostasi energetica, esiste
anche una regolazione a breve termine che regola l’assunzione quotidiana di
cibo, il numero dei pasti e la durata degli stessi. Tale regolazione è modulata
dall’insieme dei segnali fisico-chimici che si generano nel tratto gastroenterico in coincidenza col consumo dei pasti. A parte i segnali di natura meccanica e/o chimica, connessi con il transito dei nutrienti nel tratto gastroenterico
e trasmessi ai centri regolatori cerebrali da meccano- e chemo-cettori, tra i
segnali periferici, un ruolo chiave è svolto da alcuni peptidi quali, ad esempio, la ghrelina ad azione stimolatoria sull’appetito, i cui livelli ematici
aumentano drasticamente immediatamente prima dell’ingestione di cibo per
poi calare dopo il consumo del pasto. Tra le sostanze secrete in risposta al
consumo di cibo, che hanno la funzione di controllare le dimensioni dei
pasti, ricordiamo il PYY, la CCK e il glucagone-like peptide. Tali peptidi
sono elaborati dall’intestino e dal pancreas e, attraverso l’interazione con
recettori specifici localizzati sulle terminazioni vagali del tratto gastroenterico, inviano segnali a nuclei nervosi mesencefalici, che, attraverso l’integrazione con i centri ipotalamici, regolano l’assunzione di cibo determinando la
fine dei pasti e gli intervalli temporali tra un pasto e l’altro.
La regolazione a breve termine del comportamento alimentare avviene, dunque, a livello dei nuclei mesencefalici, quali il nucleo motore dorsale del
vago e il nucleo del tratto solitario, che inviano fibre al nucleo parabrachiale,
il quale, a sua volta, proietta al nucleo paraventricolare dell’ipotalamo9 (figura 1). I centri mesencefalici, implicati nella regolazione a breve termine del
comportamento alimentare, e quelli ipotalamici, responsabili della regolazione a lungo termine di detto comportamento, interagiscono tra di loro, in
maniera tale che quotidianamente si assuma quella quantità di cibo sufficiente a garantire la spesa energetica giornaliera e a mantenere un peso corporeo
abbastanza stabile nel lungo periodo.
FATTORI BIOCHIMICI
Negli ultimi anni, numerosi sono stati gli studi volti ad indagare, nell’AN e
nella BN, il ruolo eziopatogenetico di quei neurotrasmettitori, neuropeptidi e
ormoni periferici coinvolti nella regolazione del comportamento alimentare e
dell’omeostasi energetica.
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Tra i sistemi monoaminergici cerebrali, quello più ampiamente studiato e per
il quale esistono evidenze convalidate di un coinvolgimento nella fisiopatologia dei DCA è il sistema serotoninergico. La serotonina (5-HT) è implicata, infatti, non solo nella modulazione del comportamento alimentare attraverso la stimolazione della sazietà, ma anche nella regolazione di talune
dimensioni psicologiche, quali, depressione, ansia, aggressività, ossessività,
impulsività che si ritrovano tipicamente alterate nelle pazienti con DCA.
Le pazienti anoressiche in fase attiva di malattia presentano ridotti livelli
liquorali di acido 5-idrossi-indolacetico (5-HIAA)10, metabolita della 5-HT,
ridotte risposte ormonali alle stimolazioni con agenti serotoninergici11 e
ridotto numero dei siti di legame della 3[H]-imipramina sulle piastrine12.
Dopo il recupero del peso corporeo, esse esibiscono, invece, elevati livelli
liquorali di 5-HIAA10. Similmente, le pazienti bulimiche in fase attiva di
malattia presentano bassi livelli liquorali di 5-HIAA13, ridotte risposte ormonali alle stimolazioni serotoninergiche14 e una riduzione del numero dei siti
ipotalamici di trasportatore della 5-HT15. Dopo la guarigione clinica, anche
le pazienti bulimiche esibiscono elevati livelli liquorali di 5-HIAA16.
Le moderne tecniche di visualizzazione cerebrale hanno consentito di evidenziare una riduzione dei recettorii 5-HT2A in alcune aree cerebrali di soggetti con AN o BN, dopo la guarigione clinica17,18, e un aumento del numero
dei recettori 5-HT1A nelle sole pazienti con AN19,20. Per la precisione, un
aumento dei recettori 5-HT1A nel giro cingolato e nelle regioni frontale e
parietale è stato osservato in pazienti con AN del sottotipo binge purging
dopo la guarigione clinica, ma non in pazienti con AN appartenenti al sottotipo restrittivo20. In queste ultime, tuttavia, i recettori 5-HT1A, pur non essendo aumentati di numero, sono risultati correlati positivamente con l’evitamento del pericolo, tratto di personalità tipicamente alterato nell’AN. Infine,
a sostegno del coinvolgimento della neurotrasmissione serotoninergica nella
patofisiologia dei DCA, vi è l’osservazione clinica dell’efficacia terapeutica
degli inibitori selettivi della ricaptazione della 5-HT, soprattutto nelle pazienti bulimiche21.
Nel complesso, questi dati suggeriscono una riduzione della funzione serotoninergica durante la fase attiva di un DCA, verosimilmente secondaria alla
denutrizione e/o agli aberranti comportamenti di compenso, ed un suo
aumento dopo la guarigione clinica. È stato supposto che tale ipertono serotoninergico potrebbe rappresentare un tratto biologico di vulnerabilità a queste sindromi, che potrebbe appunto favorire la comparsa non solo dell’alterato comportamento alimentare ma anche delle dimensioni psicopatologiche
sottese da una trasmissione serotoninergica disregolata.
Nell’ambito delle monoamine, altra sostanza coinvolta nella regolazione del
comportamento alimentare è la noradrenalina, che stimola l’appetito e promuove l’assunzione preferenziale di carboidrati. I dati in letteratura suggeriscono una sua ridotta funzionalità nella fase sintomatica dell’AN e della BN
e una sua normalizzazione dopo il recupero del peso corporeo e la scomparsa
degli episodi di abbuffate/vomito22.
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Monoamine
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Per quanto concerne, infine, la dopamina, che inibisce la fame e riduce il
consumo di proteine, risultati discordanti sono stati forniti sia nell’AN sia
nella BN22. Il dato più rilevante al riguardo è rappresentato dall’evidenza di
ridotte concentrazioni liquorali di acido omovanillico, metabolita centrale
della dopamina, in anoressiche restrittive dopo la guarigione23. I livelli plasmatici di acido omovanillico, invece, sono stati ritrovati significativamente
aumentati in pazienti con AN in fase acuta24; in particolare, tale aumento è
risultato direttamente proporzionale alla gravità dei sintomi depressivi e si è
normalizzato in seguito alla ripresa del peso corporeo e al tono dell’umore.
Infine, uno studio basato su tecniche di visualizzazione cerebrale18 ha evidenziato in alcune aree cerebrali di pazienti con AN un aumento del numero
dei recettori D2/D3, correlato con alcuni tratti di personalità, tra cui l’evitamento del pericolo.
Neurosteroidi
I neurosteroidi, tra cui l’allopregnanolone, il deidroepiandrosterone (DEA) e
il deidroepiandrosterone-solfato (DEA-S), sono ormoni steroidei prodotti sia
a livello surrenalico periferico e trasportati nel cervello, sia sintetizzati in
situ nel sistema nervoso centrale (SNC). A livello del SNC, essi esercitano
azione ansiolitica, antidepressiva ed anticonvulsivante e sono coinvolti nella
differenziazione e sopravvivenza neuronale e nella modulazione delle funzioni cognitive e dell’umore25. Numerosi studi hanno evidenziato un ruolo di
detti ormoni nella regolazione del comportamento alimentare. Infatti, se
somministrati in topi sottoposti a digiuno prolungato, l’allopregnanolone
induce aumento dell’assunzione di cibo, mentre il DEA e il DEA-S inducono
riduzione dell’introito alimentare26,27.
Dal momento che la secrezione surrenalica di neurosteroidi è modulata dal
sistema CRH/ormone adrenocorticotropo (ACTH), che è stato ritrovato iperattivo nell’AN, è lecito supporre alterazioni dei livelli circolanti di allopregnenolone, DEA e DEA-S nella fase acuta dell’AN. Studi iniziali, effettuati
in piccoli campioni di pazienti anoressiche sottopeso, hanno riscontrato una
produzione ridotta di DEA e DEA-S28,29. Tale riduzione, insieme con l’aumento dei livelli di cortisolo, tipico delle pazienti anoressiche in fase acuta di
malattia, rispecchia una condizione ormonale simile a quella della fase prepuberale dello sviluppo sessuale; pertanto, è stato ipotizzato che nelle
pazienti anoressiche ci sia una regressione delle condizioni ormonali allo stadio prepuberale. Tale ipotesi, però, non è stata confermata da studi
successivi30,31, che hanno riscontrato, sia nelle pazienti con AN sottopeso sia
in quelle con BN, livelli plasmatici aumentati di DEA, DEA-S e cortisolo.
Una correlazione positiva è emersa, inoltre, tra neurosteroidi e funzioni
cognitive, suggerendo che variazioni di dette sostanze influenzino le capacità
cognitive nelle pazienti con DCA31.
Uno studio più recente32, infine, non ha riscontrato differenze significative
nei livelli plasmatici di cortisolo, DEA e DEA-S tra pazienti con AN di tipo
restrittivo e controlli sani. Il gruppo delle pazienti, però, presentava un rapporto cortisolo/DEA-S più basso rispetto ai soggetti sani, confermando la
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precedente ipotesi di regressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene a livelli
di funzionamento prepuberale. I livelli di cortisolo, ma non quelli di DEA e
DEA-S, sono risultati ancora ridotti nelle pazienti dopo 4 mesi dalla ripresa
di peso. Poiché il DEA e il DEA-S tendono a ridurre, mentre il cortisolo
tende ad aumentare l’introito calorico quotidiano33, gli autori hanno ipotizzato che la riduzione dei livelli di cortisolo abbia un ruolo chiave nella riduzione dell’assunzione di cibo nelle pazienti con AN.
La produzione di neurosteroidi è stata valutata dinamicamente tramite la
misurazione delle variazioni dei livelli plasmatici di allopregnenolone e
DEA, dopo la somministrazione di 1 mg di desametazone alle ore 8.00 del
mattino in pazienti anoressiche sottopeso34. Sebbene tali pazienti al mattino
mostrassero livelli di cortisolo aumentati rispetto ai controlli sani e il desametazone sopprimesse la secrezione di cortisolo in modo non differente nei
due gruppi, i livelli di DEA risultarono significativamente aumentati dopo 24
ore dalla somministrazione del desametazone. Ciò suggerisce che nell’AN,
l’aumentata produzione di DEA periferico non sia legata soltanto all’aumentata attività del sistema CRH/ACTH dal momento che, dopo la somministrazione di desametazone, il DEA circolante non si riduce ai valori dei controlli
sani, come sarebbe atteso data la completa inibizione del sistema
CRH/ACTH, testimoniata dalla completa soppressione del cortisolo. È probabile, quindi, che fattori diversi contribuiscano all’aumentata produzione di
DEA nell’AN, ma la loro natura non è ancora chiara.
Leptina
La leptina (il cui nome deriva del greco leptos che vuol dire magro) è un
ormone peptidico di 146 aminoacidi prodotto dalle cellule del tessuto adiposo periferico che, oltrepassando la barriera emato-encefalica e legandosi al
suo recettore ipotalamico, informa il SNC della quantità di energia presente
nell’organismo sotto forma di grasso35,36. Pertanto, le concentrazioni ematiche di questo ormone variano col variare della massa grassa35. La leptina,
inoltre, è in grado di segnalare anche le rapide variazioni negative del bilancio energetico; infatti, durante il digiuno, la leptina circolante diminuisce
drasticamente, nonostante le variazioni del peso corporeo siano non significative37. La leptina svolge un importante ruolo anche nella regolazione della
funzione riproduttiva in relazione alle disponibilità energetiche dell’organismo38. In particolare, essa esplica un’azione stimolatoria sull’asse ipotalamoipofisi-gonadi, e, nelle situazioni di iponutrizione, la diminuzione delle sue
concentrazioni ematiche conduce all’inibizione dell’attività riproduttiva, con
conseguente amenorrea nelle donne.
È stato ampiamente riportato che i livelli ematici e liquorali di leptina sono
marcatamente ridotti nelle pazienti anoressiche sottopeso rispetto ai controlli
sani39,40. Tali variazioni, pur essendo secondarie alla malnutrizione e alla
diminuzione dei depositi di grasso, possono contribuire alla genesi di alcune
complicanze fisiche e manifestazioni comportamentali dell’AN. L’ipoleptinemia, in particolare, può contribuire all’amenorrea, all’ipotiroidismo, all’ipercortisolismo, all’osteopenia e all’incremento di attività fisica tipici delle
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pazienti anoressiche41-44. È stato osservato, infatti, che una leptinemia al di
sotto di 1,85 mg/L è frequentemente associata ad amenorrea e a ridotte concentrazioni di ormone luteotropo nelle donne con AN; a mano a mano che le
pazienti recuperano peso e la leptinemia sale al di sopra di detto valore soglia
si assiste generalmente alla ricomparsa delle mestruazioni e alla riattivazione
dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi45,46. Tuttavia, l’osservazione clinica evidenzia che non sempre il recupero del peso corporeo si accompagna alla
ricomparsa della ciclicità mestruale. Nelle pazienti anoressiche che, nonostante il ristabilimento di un normale peso corporeo, continuano ad essere amenorroiche, i livelli circolanti di leptina sono risultati inferiori alla norma47.
Poiché la leptina stimola l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide e inibisce quello ipotalamo-ipofisi-surrene, l’ipoleptinemia delle pazienti anoressiche può contribuire all’ipotiroidismo e all’ipercortisolismo, tipico dell’AN acuta48. Limitare
la capacità riproduttiva, ridurre la termogenesi tiroidea e aumentare la secrezione degli steroidi surrenalici rientrano nell’ambito di risposte adattive che
garantiscono la sopravvivenza in condizioni di digiuno prolungato.
Un aumento dell’attività fisica è riportato nel 31%-80% delle pazienti con AN
ed è stata riscontrata una correlazione inversa tra l’introito calorico e l’attività
fisica durante la fase acuta di malattia49-51. È stato dimostrato che le concentrazioni di leptina sono inversamente proporzionali all’attività fisica, ed è probabile che l’ipoleptinemia rappresenti un fattore importante nel determinare
l’aumentata attività fisica in dette pazienti44. Nell’animale da esperimento,
infatti, l’iperattività fisica indotta dal digiuno (ritenuta, tra l’altro, un modello
sperimentale di AN) può essere bloccata dalla somministrazione di leptina50.
Infine, è stato posto in rilievo che l’attività fisica è più bassa in pazienti severamente emaciate, con livelli di leptina quasi non determinabili, rispetto a
pazienti con livelli di leptina un po’ più elevati52. Ciò suggerisce che la relazione tra leptina ed attività fisica segua un tipico andamento ad U, per cui
l’effetto dell’ipoleptinemia sull’attività fisica potrebbe declinare quando le
condizioni organiche diventano severamente compromesse.
Le donne con BN mostrano concentrazioni plasmatiche di leptina in alcuni
casi normali, in altri simili a quelle delle donne con AN, nonostante l’assenza di significative variazioni del peso corporeo53-57. Ciò suggerisce che la
leptina sia modulata non solo dalla quantità di tessuto adiposo, ma anche da
fattori nutrizionali, poiché le pazienti bulimiche presentano un’alterazione
sia dei pattern di alimentazione (alternanza di digiuni e abbuffate) sia della
quantità e della qualità dei nutrienti assunti. È stato dimostrato che le pazienti bulimiche con ipoleptinemia presentano una maggiore cronicità (espressa
come durata del disturbo) e gravità (espressa come frequenza degli episodi di
abbuffate/vomito) della malattia54. È possibile, inoltre, che l’iposecrezione
cronica di leptina possa favorire il comportamento di abbuffata attraverso
una riduzione della sensazione di sazietà. Infine, nelle pazienti bulimiche
sintomatiche, è stata osservata un’assenza della riduzione dei livelli circolanti di leptina in seguito a digiuno acuto, suggerendo un’alterazione dei meccanismi di segnalazione delle variazioni acute del bilancio energetico58.
Le variazioni dei livelli circolanti di leptina nell’AN e BN sono accompagnate da modificazioni compensatorie a carico del suo recettore. È noto,
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infatti, che la leptina esercita i suoi effetti attraverso l’interazione con specifici recettori di membrana, di cui esiste una forma solubile presente in circolo (OB-Re). In uno studio che ha misurato le concentrazioni ematiche di OBRe in pazienti con AN e BN sono state messe in evidenza modificazioni dell’OB-Re esattamente opposte a quelle della leptina, rappresentando verosimilmente l’espressione di fenomeni di ipersensibilizzazione o desensibilizzazione recettoriale di tipo compensatorio54.
Le alterazioni a carico della leptina, osservate nella fase acuta dell’AN, si
risolvono con la ripresa del peso corporeo. Infatti, nelle pazienti anoressiche
in fase di remissione, le concentrazioni di leptina nel plasma e nel fluido
cerebrospinale sono state ritrovate normali59-62. Studi longitudinali hanno
mostrato che, durante la fase di rialimentazione, i livelli di leptina aumentano progressivamente con la ripresa del peso corporeo e, in quei casi in cui si
verifichi una ripresa di peso troppo rapida, i livelli di leptina si innalzano
fino a raggiungere valori sproporzionatamente più alti rispetto ai controlli
sani59-61,63. È stato ipotizzato, pertanto, che l’iperleptinemia, che si verifica
in alcune pazienti nella fase di rialimentazione, sia uno dei fattori responsabili delle difficoltà nel mantenere uno stato di normopeso64. Infatti, poiché i
livelli circolanti del recettore solubile della leptina sono drasticamente
aumentati nelle pazienti anoressiche sottopeso54, un aumento troppo rapido
della leptina circolante potrebbe condurre ad un potenziamento della riduzione dell’appetito indotta dalla leptina, inficiando, quindi, il processo di guarigione ed aumentando il rischio di ricadute.
Ghrelina
La ghrelina è un ormone peptidico costituito da 28 aminoacidi, sintetizzato
prevalentemente a livello dello stomaco e del duodeno65. Sebbene sia stata
identificata originariamente come induttore della secrezione dell’ormone
della crescita65, essa rientra tra i fattori periferici implicati nella segnalazione
al SNC delle variazioni a breve termine del bilancio energetico e svolge funzione oressigena. Sembra, infatti, che un aumento dei livelli circolanti di
quest’ormone si realizzi nei periodi immediatamente precedenti i pasti e
favorisca l’inizio del consumo di cibo66,67. Al contrario, dopo l’ingestione di
cibo, i livelli circolanti di ghrelina si riducono drasticamente.
È stato riportato che le concentrazioni plasmatiche di ghrelina sono più elevate nelle pazienti anoressiche sottopeso rispetto ai controlli sani68,69. Tale
incremento è più pronunciato nelle anoressiche del sottotipo binge purging
rispetto a quelle del sottotipo restrittivo69, anche se tale differenza non è stata
confermata da tutti gli autori. Numerosi studi hanno valutato la risposta della
ghrelina all’ingestione di cibo. Alcuni autori hanno riportato che, nelle
pazienti anoressiche sottopeso, la soppressione della secrezione di ghrelina
indotta dall’ingestione di cibo è quasi completamente assente o ridotta o
ritardata69-71; altri, invece, hanno evidenziato che la produzione post-prandiale di ghrelina non sembra differire significativamente tra pazienti con AN
e controlli sani72. Tale discrepanza potrebbe essere spiegata dalle differenti
caratteristiche dei pazienti presi in esame, dalla differente composizione
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calorica e nutrizionale dei pasti-test, dai differenti tempi di raccolta dei campioni ematici. Inoltre, tutti gli studi appena menzionati hanno misurato la
concentrazione totale di ghrelina, senza tenere conto delle differenze tra
ghrelina attiva (cioè la ghrelina acetilata) e ghrelina inattiva (ossia deacetilata). Tuttavia, anche quando questo aspetto è stato tenuto in considerazione,
sono emersi risultati comunque contrastanti73,74.
Le aumentate concentrazioni di ghrelina, nelle pazienti anoressiche sottopeso, tendono a normalizzarsi con la ripresa di peso corporeo; più precisamente, la riduzione dei livelli di ghrelina sembra essere parallela al progressivo
aumento di peso75,76. Ciò supporta l’ipotesi che l’aumentata produzione di
tale ormone, nell’AN, sia un fenomeno secondario alle alterate condizioni
organiche. Recentemente, uno studio ha riportato che, dopo 3-6 mesi di rialimentazione, i livelli di ghrelina si riducono progressivamente fino a valori
anche più bassi rispetto ai controlli sani, sebbene l’indice di massa corporea
(IMC) sia ancora ridotto rispetto alla norma76. In questo studio, inoltre, dopo
6 mesi di trattamento, le variazioni della grelina sono risultate negativamente
correlate a quelle del peso corporeo; ciò suggerisce che tale ormone svolga il
suo ruolo di peptide oressigeno nella condizione di sottopeso, ma non quando il peso corporeo raggiunge la normalità .
Poiché la somministrazione intracerebroventricolare di ghrelina in ratti ovariectomizzati abolisce la frequenza dei picchi secretori di ormone luteinizzante77 e poiché le donne con amenorrea da esercizio fisico presentano livelli
di ghrelina più elevati di circa l’85% rispetto ai controlli78, è stato ipotizzato
che l’incremento di ghrelina nell’AN possa rappresentare anche un importante meccanismo per favorire la soppressione della funzione riproduttiva in
uno stato di carenza energetica cronica.
Nelle pazienti bulimiche, le concentrazioni plasmatiche mattutine di ghrelina
sono state inizialmente riportate aumentate, soprattutto nelle pazienti con
frequenti abbuffate e vomito79,80. In questi studi, tuttavia, il numero dei soggetti indagati era relativamente basso e non è chiaro se le pazienti fossero o
meno in trattamento farmacologico. Studi successivi coinvolgenti un numero
decisamente più ampio di pazienti, tutte drug-free e molte drug-naive, non
hanno evidenziato alcuna modificazione delle concentrazioni plasmatiche
mattutine di detto ormone81,82.
Nonostante i livelli basali di ghrelina sembrino pertanto normali nella BN, la
soppressione delle sue concentrazioni plasmatiche in risposta all’assunzione
di cibo è stata riportata decisamente ridotta in pazienti in fase acuta di malattia 83,84. Tale alterazione potrebbe avere un ruolo nella patogenesi delle
abbuffate in quanto responsabile di una riduzione della sensazione di sazietà
post-prandiale.
Colecistochinina
La CCK, prodotta sia perifericamente nell’intestino sia nel SNC, è considerata uno stimolatore fisiologico della sazietà85.
Nelle pazienti anoressiche in fase acuta di malattia, è stato riportato un più
rapido e più elevato incremento post-prandiale di CCK, posto in relazione
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Il NPY si ritrova in elevate concentrazioni soprattutto a livello ipotalamico
ed è il più potente stimolatore dell’appetito, promuovendo, in particolar
modo, l’ingestione di carboidrati.
Le pazienti anoressiche presentano elevati livelli liquorali di NPY, che si
normalizzano dopo il ripristino e la stabilizzazione del peso corporeo90. Elevate concentrazioni liquorali di NPY persistono, tuttavia, in quelle anoressiche che, pur avendo recuperato il peso corporeo, presentano ancora amenorrea90. Sebbene l’ipersecrezione di NPY possa rappresentare un meccanismo
omeostatico di stimolazione della fame e riduzione della spesa energetica,
secondario al digiuno cronico, è verosimile che essa contribuisca anche
all’ossessività per il cibo e per l’introito calorico, tipica di queste pazienti,
dal momento che il NPY interviene anche nella modulazione dell’ossessività-compulsività.
Nella BN, i livelli liquorali di questo peptide sono stati ritrovati normali, sia
in fase acuta di malattia sia a distanza di vario tempo dalla guarigione
clinica91,92; i livelli plasmatici, invece, sono stati trovati aumentati93.
Strutturalmente correlato col NPY, è il PYY, sintetizzato e rilasciato dalle
cellule della mucosa intestinale soprattutto dopo l’ingestione di cibo94 . Esistono due forme di questo peptide, una di 36 aminoacidi (PYY1-36) e un’altra
mancante dei primi due aminoacidi (PYY3-36); è stato dimostrato che soprattutto i livelli circolanti di PYY3-36 aumentano rapidamente in risposta all’ingestione di cibo in relazione sia alla quantità di cibo ingerito sia alla natura
dei macronutrienti contenuti nel cibo (i lipidi risultano i più potenti stimolatori della secrezione di questo peptide)95. In particolare, dopo un periodo di
digiuno, una singola somministrazione di PYY3-36 riduce di un terzo l’introito di cibo in volontari sani, sia obesi sia normopeso e, inoltre, riduce i livelli
di ghrelina per le successive 24 ore95. Appare evidente, quindi, che il PYY3-36
agisce come segnale di sazietà inducendo la terminazione dei pasti, in parte
anche attraverso l’inibizione della secrezione di ghrelina.
Gli studi effettuati sulla secrezione del PYY3-36 in pazienti con DCA sono
relativamente esigui. In pazienti con AN sottopeso, i livelli basali di PYY3-36
sono risultati normali o aumentati96-98, mentre la risposta all’assunzione di
cibo è risultata ritardata nel tempo o aumentata96, 97 . Infine, dopo una parziale ripresa del peso corporeo, la risposta all’assunzione di cibo è stata riportata migliorata, anche se non completamente normalizzata96.
È stato recentemente dimostrato che, nelle pazienti con BN, i livelli plasmatici e
liquorali preprandiali di PYY sono paragonabili a quelli dei controlli sani90,99,100.
NÓOς
Neuropeptide Y e peptide YY
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
col rifiuto del cibo tipico di queste pazienti86. Tale alterazione sembra normalizzarsi con la guarigione clinica87.
Nelle pazienti con BN, invece, sono stati ritrovati livelli ridotti di CCK nel
liquor e nei linfociti periferici88; è stato, inoltre, riscontrato un ridotto incremento di CCK dopo l’assunzione di un pasto-test89. Tale deficit, attraverso
una riduzione della sensazione di sazietà, potrebbe favorire le abbuffate alimentari.
31
Inoltre, la secrezione di PYY dopo l’assunzione di un pasto-test o di un pasto
ricco in grassi è significativamente ridotta nelle pazienti con BN in fase attiva di
malattia84,100. L’assenza di tale risposta fisiologica potrebbe giocare un ruolo
importante nel mantenimento del comportamento di abbuffata.
REGOLAZIONE DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE E CORRELATI BIOCHIMICI
DELL’ANORESSIA E BULIMIA NERVOSA
E. CASTALDO - P. SCOGNAMIGLIO
P. MONTELEONE
NÓOς
Adiponectina
L’adiponectina, sintetizzata esclusivamente dagli adipociti, svolge un ruolo
importante nella regolazione dell’omeostasi glucidica e lipidica. Essa, infatti,
incrementa l’ossidazione degli acidi grassi nel muscolo e nel fegato e può
regolare l’accumulo del grasso senza influire significativamente sull’assunzione di cibo; inoltre, è direttamente coinvolta nella regolazione della sensibilità all’insulina101.
Studi iniziali hanno riportato nelle pazienti con AN sottopeso livelli circolanti di adiponectina normali, aumentati o ridotti102-105. Negli ultimi due
anni, invece, tre studi indipendenti hanno riscontrato la presenza di aumentati livelli di adiponectina in pazienti con AN106-108. Inoltre, è stata confermata
l’esistenza di una correlazione inversa tra adiponectina, IMC e percentuale di
massa grassa. Infatti, in pazienti con AN di tipo bulimico-purgativo e un
meno grave stato di malnutrizione, è stato riscontrato un aumento più moderato dei livelli di adiponectina, rispetto a pazienti con AN di tipo restrittivo e
un più grave quadro di malnutrizione106. Inoltre, è stato osservato che, in un
campione di pazienti con AN in fase di guarigione, gli aumentati livelli di
adiponectina, presenti in fase acuta di malattia, si riducevano solo minimamente con la ripresa di peso corporeo, suggerendo che fattori diversi dalla
percentuale di massa grassa dell’organismo siano coinvolti nella disregolazione della produzione di tale sostanza nell’AN106.
Il significato fisiologico dell’aumentata produzione di adiponectina nell’AN
è ancora poco chiaro; essa potrebbe avere un ruolo eziopatogenetico o rappresentare, invece, un meccanismo di compenso all’aumentata sensibilità
all’insulina, presente in pazienti con AN, a causa della correlazione negativa
tra livelli di adiponectina ed insulina.
In pazienti con BN, un solo studio ha riportato un aumento dei livelli circolanti di adiponectina ed una correlazione diretta tra detti valori e la frequenza
di abbuffate/vomito109; altri studi, invece, hanno riscontrato valori ora normali o ridotti105,106. Tale discrepanza può essere spiegata dalle differenze nei
campioni in esame e nei metodi d’indagine.
Resistina
La resistina è un polipeptide di 114 aminoacidi, secreto dagli adipociti; esso
costituisce un segnale di sazietà ed è un fattore di regolazione dell’azione
dell’insulina, rappresentando un potenziale anello di congiunzione tra obesità e resistenza all’insulina.
In uno studio su pazienti con AN, i livelli plasmatici di resistina sono risultati simili a quelli dei controlli sani e delle pazienti con BN; inoltre, non sono
risultati correlati all’IMC o alla percentuale di massa grassa106. Al contrario,
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Il fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF) è un fattore trofico
neuronale noto soprattutto per il suo ruolo nello sviluppo e nella sopravvivenza del sistema nervoso, ove modula la crescita e la differenziazione neuronale, la connettività sinaptica e la riparazione neuronale112,113. Recenti
ricerche indicano un ruolo di questa neurotrofina anche nella modulazione
del comportamento alimentare. Gli animali con ridotta espressione del gene
del BDNF, infatti, presentano aumento del consumo di cibo e vanno incontro
ad una franca obesità114. Ciò suggerisce che il BDNF possa agire come uno
stimolatore della sazietà e della spesa energetica e che alterazioni della sua
funzione o della sua espressione genica possano rappresentare fattori di vulnerabilità per lo sviluppo dei DCA115,116.
Una riduzione dei livelli ematici di BDNF è stata riportata in pazienti con
AN e BN, molte delle quali in trattamento farmacologico117. Tale dato è stato
confermato da un recente studio, che ha misurato i livelli plasmatici di
BDNF in un ampio gruppo di pazienti con AN e BN, tutte drug-free, ed ha
osservato livelli circolanti di BDNF significativamente ridotti rispetto ai controlli sani; inoltre, tale riduzione del BDNF non era correlata con la presenza
di una concomitante depressione118.
Poiché il BDNF esercita un effetto stimolatorio sulla sensazione di sazietà, la
presenza di ridotti livelli nell’AN e nella BN è stata interpretata come espressione di un fenomeno adattativo, teso a compensare lo scarso introito calorico, che consegue all’anomalo comportamento alimentare di queste pazienti.
NÓOς
Fattore neurotrofico di derivazione centrale
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
Dostalova et al.108,110 hanno riscontrato livelli ridotti di resistina in pazienti
con AN, suggerendo che tale riduzione sia legata al deficit numerico e funzionale dei monociti-macrofagici, essendo tale sostanza, nell’uomo, secreta
anche dai macrofagi del midollo osseo111. Un aumento dei livelli di resistina
è stato, invece, riscontrato nelle cellule del tessuto adiposo sottocutaneo di
pazienti anoressiche sottopeso110, ma il significato di tale discrepanza tra le
alterazioni dei livelli di resistina nel plasma e nel tessuto adiposo è ancora
poco chiara.
Peptidi oppioidi
I peptidi oppioidi, quali la dinorfina, la β-endorfina e le encefaline, aumentano l’ingestione preferenziale di carboidrati, attraverso, un potenziamento
della sensazione di gratificazione connessa col consumo di cibo.
Le concentrazioni liquorali di β-endorfina sono state ritrovate ridotte nelle
pazienti anoressiche durante la fase di calo ponderale, ma normali dopo il
recupero del peso corporeo119.
Similmente, nella BN, le concentrazioni liquorali di β-endorfina sono state
ritrovate ridotte e inversamente correlate con la concomitante sintomatologia
depressiva120. Le concentrazioni liquorali di dinorfina, invece, sono risultate
normali120, 121. I livelli plasmatici di β-endorfina sono stati riportati ridotti e
correlati negativamente con la sintomatologia bulimica122.
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NÓOς
REGOLAZIONE DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE E CORRELATI BIOCHIMICI
DELL’ANORESSIA E BULIMIA NERVOSA
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Endocannabinoidi
Gli endocannabinoidi sono composti lipidici endogeni che agiscono attraverso l’interazione con recettori specifici denominati CB1 e CB2; i principali
componenti di questa famiglia sono l’anandamide (AEA) e il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG)123. È stato dimostrato che i recettori CB1, l’AEA, il 2-AG e
i loro precursori biosintetici sono espressi a livello del nucleo arcuato dell’ipotalamo, deputato al controllo della sazietà124. Inoltre, la somministrazione
di AEA nei ratti determina iperfagia125, mentre la delezione del gene del
recettore CB1 causa ipofagia126.
Attualmente, si ritiene che il sistema endocannabinoide controlli l’assunzione di cibo a due livelli. Innanzitutto, gli endocannabinoidi aumentano il desiderio e il consumo di cibo tramite il circuito mesolimbico, implicato nei
meccanismi di gratificazione. In secondo luogo, esso aumenta “su richiesta”
l’introito di cibo attraverso la stimolazione/inibizione a livello ipotalamico
delle sostanze oressigene o anoressizzanti regolatrici dell’appetito.
Allo stato attuale, un unico studio ha indagato la produzione di endocannabinoidi nell’ambito dei DCA, confrontando i livelli plasmatici di AEA e 2-AG
di donne con AN e BN con quelli di controlli sani127. È emerso, sorprendentemente, che le pazienti con AN presentano livelli plasmatici di AEA significativamente aumentati rispetto alle pazienti bulimiche e ai controlli sani. La
spiegazione di tale alterazione risiede probabilmente nelle concomitanti alterazioni a carico della leptina. Infatti, la leptina esercita un’azione inibitoria
sui livelli di AEA126, e, poiché la leptina plasmatica è drasticamente ridotta
nelle pazienti anoressiche sottopeso, è possibile che gli aumentati livelli di
AEA in queste pazienti siano secondari all’ipoleptinemia e rappresentino una
risposta adattativa tesa a contrastare la loro drastica restrizione alimentare.
Inoltre, poiché gli endocannabinoidi svolgono un ruolo cruciale nei meccanismi cerebrali che regolano i processi di gratificazione, è possibile che l’incremento dell’AEA sia implicato nella mediazione degli aspetti gratificanti
dell’anomalo comportamento alimentare di queste pazienti. In particolare,
nelle pazienti anoressiche, l’AEA potrebbe mediare, almeno in parte, la
dipendenza di queste pazienti dal digiuno, rendendole capaci di resistere alla
cronica sensazione di fame generata dalla prolungata restrizione alimentare.
Nelle pazienti bulimiche, infine, l’assenza di alterazioni a carico della leptina
potrebbe rendere conto dei loro normali livelli di AEA.
CONCLUSIONI
Dall’analisi dei dati esposti emerge che le alterazioni biochimiche, riscontrate nel corso della fase attiva di un DCA, si normalizzano in gran parte dopo
la guarigione clinica. Ciò suggerisce che esse sono secondarie alla malnutrizione/denutrizone e/o al calo ponderale e non sono la causa dell’alterato
comportamento alimentare. In ogni caso, anche se molte di dette alterazioni
insorgono secondariamente alla denutrizione/malnutrizione, non è escluso
che esse possano contribuire al mantenimento della sintomatologia ed
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NÓOς
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
influenzare in tal modo l’esito della malattia. Ad esempio, abbiamo sottolineato come la trasmissione serotoninergica sia deficitaria nel corso delle fasi
sintomatiche dell’AN e della BN e tale deficit, anche se secondariamente
indotto dalla malnutrizione e dalla pratiche di compenso improprie, può contribuire non solo al mantenimento dell’alterato comportamento alimentare
ma anche alla genesi di manifestazioni depressive, ansiose, ossessive e
aggressive. Inoltre, le modificazioni a carico dei peptidi periferici regolatori
della fame e della sazietà, anche se dovute agli squilibri nutrizionali, una
volta insorte, possono contribuire al mantenimento della disregolazione alimentare. Ad esempio, nella BN le disfunzioni a carico della CCK, della leptina, della ghrelina e del PYY possono contribuire alla genesi e/o al mantenimento delle abbuffate, mentre l’ipoleptinemia e l’aumento della ghrelina circolante, nell’AN, possono contribuire all’amenorrea e/o all’iperattività fisica. Di qui la necessità di correggere queste disfunzioni nel corso del trattamento della AN e della BN. La persistenza, poi, di alcune di queste alterazioni ben al di là della guarigione della malattia pone, da un lato, l’interrogativo del loro possibile ruolo patogenetico e, dall’altro, suggerisce la possibile
presenza di una persistente vulnerabilità alla malattia che, ovviamente, può
esporre le pazienti alle ricadute.
In conclusione, si può ritenere che l’AN e la BN insorgano in seguito ad una
complessa e ancora poco nota interazione tra fattori predisponenti (individuali e familiari) e fattori precipitanti (socio-culturali e familiari). Le modificazioni indotte dagli squilibri nutrizionali possono rinforzare e favorire il
mantenimento dei comportamenti aberranti secondo un circolo vizioso che si
automantiene. I modelli eziopatogenetici biologici, familiari e socio-culturali, singolarmente presi, difficilmente possono fornire una spiegazione esauriente dell’origine dei DCA. È necessario, dunque, guardare all’AN e alla
BN senza convinzioni preconcette circa le loro cause e tenere conto di tutte i
possibili fattori di rischio e di mantenimento di questi disturbi ai fini della
pianificazione di interventi terapeutici integrati e della messa a punto di efficaci strategie di prevenzione.
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ALIMENTARE E CORRELATI BIOCHIMICI
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