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IL DOLORE NELLE NEUROPATIE PERIFERICHE POST-TRAUMATICHE
PATOGENESI
Michelangelo Buonocore e Antonella Bodini
Fondazione Salvatore Maugeri
Clinica del Lavoro e della Riabilitazione, IRCCS
Istituto Scientifico di Pavia
Servizio di Neurofisiopatologia
Neuropatie periferiche
Danno assonale
Per danno assonale si intende la degenerazione anatomica o funzionale dell’intero assone o di una sua
parte. Tale degenerazione può dipendere da diverse cause ma se ne riconoscono soprattutto due:
l’interruzione traumatica delle fibre nervose e un dismetabolismo della cellula nervosa. Nel primo caso si
parla di degenerazione walleriana, nel secondo di degenerazione simil-walleriana. In caso di patologia
metabolica, la patologia della cellula nervosa si ripercuote inizialmente sulle parti più distali del
prolungamento assonale, iniziando nelle fibre più lunghe, quali sono quelle del nervo sciatico. In entrambi
i casi le fibre degenerate sono impossibilitate a trasmettere gli impulsi nervosi attraverso il sito nervoso
interessato dalla lesione (18, 4, 5, 9, 10). E’ importante sottolineare come, per quanto riguarda le fibre
sensitive, la degenerazione avvenga nelle parti di assone più lontane dal corpo cellulare che è situato nel
ganglio sensitivo. Ciò è dovuto al fatto che la parte di assone che soffre è quella che rimane disconnessa
dal corpo cellulare, nelle lesioni traumatiche, oppure quella più lontana dal corpo cellulare stesso, nelle
lesioni metaboliche. Ne consegue che una lesione assonale che si verifichi a livello della radice nervosa,
cioè prossimalmente al ganglio sensitivo, si accompagna ad una disconnessione tra la fibra lesa e il
sistema nervoso centrale. Ciò si verifica nonostante la cellula periferica continui a sopravvivere perché
non è stata lesa nella sua parte più importante che è il corpo cellulare. Invece, in caso di lesione assonale
che avvenga a livello del tronco nervoso periferico, la cellula nervosa periferica rimane connessa con il
sistema nervoso centrale e il moncone prossimale dell’assone leso può ancora generare impulsi che
possono raggiungere i centri nervosi superiori e divenire coscienti (7).
Danno mielinico
Per danno mielinico si intende una perdita, generalmente incompleta, della guaina mielinica che riveste
gli assoni, lasciando integri questi ultimi. Anche in questo caso di riconoscono due cause più frequenti
che sono la compressione estrinseca e la presenza di anticorpi anti-mielina. Nel primo caso si evidenzia il
quadro di una demielinizzazione molto localizzata che viene denominata demielinizzazione focale. Nel
secondo caso il danno è più diffuso per cui si parla di demielinizzazione diffusa. Dal punto di vista
funzionale, la demielinizzazione focale generalmente si accompagna ad una interruzione, nel tratto di
nervo interessato, della conduzione saltatoria nelle fibre demielinizzate. Pertanto il potenziale composto
del nervo tende a decomporsi e a disperdersi e può anche scomparire. In caso di demielinizzazione
diffusa, più frequentemente si osserva un semplice rallentamento della velocità di conduzione del nervo,
associato o meno a fenomeni di blocco, parziale o totale, della conduzione delle fibre nervose
demielinizzate (4, 5, 9, 10).
Danno misto
Il danno misto è caratterizzato dalla presenza sia di degenerazione assonale, sia di demielinizzazione. E’
forse il tipo di danno più frequente in quanto la maggior parte delle cause di neuropatia periferica
finiscono, prima o poi, per interessare tutte le componenti del nervo periferico (4, 5, 9, 10) .
Neuronopatie
Il termine di neuronopatia si riferisce ad una patologia che interessi primitivamente il corpo cellulare delle
cellule nervose. Essa si accompagna frequentemente a morte cellulare con conseguente degenerazione dei
prolungamenti. In caso di neuronopatia, caratteristicamente, la degenerazione assonale non è lunghezzadipendente, per cui possono essere interessate le fibre nervose di qualsiasi distretto corporeo (4, 5, 9, 10).
Danno connettivale (neurotmesi)
Vale la pena di sottolineare quanto sia importante, a fini prognostici, la lesione del connettivo che
circonda il nervo. Infatti se il connettivo rimane integro e la causa della neuropatia viene rimossa, le
probabilità di un recupero funzionalmente corretto sono molto elevate. Al contrario, una lesione delle
guaine connettivali che circondano le fibre nervose (endonervio, perinervio, epinervio) si accompagna ad
un recupero incompleto o assente, a seconda che il danno interessi rispettivamente una parte o l’intero
compartimento connettivale corporeo (18, 4, 5, 9, 10, 7). Quando la lesione interessa anche le strutture
connettivali del nervo essa viene denominata anche neurotmesi.
Neuroma
Nel caso in cui il trauma provochi lesioni alle strutture connettivali di un nervo periferico, le fibre nervose
lese del moncone prossimale iniziano un processo di rigenerazione che si svolge in direzione prossimodistale. Tale processo è guidato dalle strutture connettivali per cui la lesione di dette strutture rende la
rigenerazione impossibile. Succede così che le fibre nervose perdono la loro organizzazione e si
distribuiscono in modo caotico nel sito di lesione, dirigendosi in ogni direzione. Il groviglio che ne
consegue porta ad un aumento macroscopico del volume del nervo nel punto di lesione (il neuroma),
frequentemente visibile anche macroscopicamente nel campo chirurgico.
Neuropatie periferiche post-traumatiche
Le lesioni traumatiche sono molto più frequenti nel sistema nervoso periferico che in quello centrale. Ciò
a causa del fatto che le strutture nervose periferiche sono più vulnerabili ai traumi (1). Il trauma può
creare una lesione nervosa periferica attraverso diversi meccanismi, diretti ed indiretti. Tra questi i più
importanti sono la compressione, lo stiramento, il taglio e l’ischemia. Non tutte le strutture che
compongono il nervo periferico hanno la stessa vulnerabilità. E’ noto infatti che gli assoni sono i più
vulnerabili, seguiti dalle guaine mieliniche e dalle strutture connettivali. Di queste, la più resistente è il
perinervio che frequentemente rappresenta la sola struttura che garantisce la continuità del nervo (1).
Quando un trauma interrompe interamente un nervo periferico, i due monconi tendono ad allontanarsi,
rendendo il recupero spontaneo impossibile.
Definizioni di dolore
Definire il dolore è difficile, vista l’enorme quota di soggettività ad esso connessa. Il riferimento ufficiale
rimane probabilmente la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain) che
definisce il dolore come “una esperienza spiacevole, sensoriale ed emozionale, correlata con un danno
tissutale o descritta in tali termini” (14). Tale definizione è giustamente generica ed omnicomprensiva in
quanto, dal punto di vista clinico, sotto il termine di dolore vengono raggruppate una serie di sensazioni
spiacevoli vissute come un danno tissutale, e non un’unica sensazione. Non è infatti infrequente che il
paziente si rifiuti di chiamare la sensazione spiacevole che vive con il termine dolore, termine che egli
associa al dolore familiare, quello del trauma o del mal di denti. In questi casi il paziente utilizza
denominazioni diverse per sua sofferenza come ad esempio bruciore, scossa elettrica, senso di gelo. In
genere il dolore con prevalente componente neuropatica tende ad essere descritto in modo diverso, cioè
come “non dolore”, dal paziente che non riconosce in questa sensazione spiacevole il dolore a lui
familiare. Questa regola però non è assoluta in quanto le forme di dolore ad esclusiva componente
neuropatica sono estremamente rare.
Dolore fisiologico e patologico
Dolore fisiologico
Il dolore fisiologico è solo evocato. Esso viene avvertito solo per stimoli di elevata intensità e non si
accompagna ad alcun danno tissutale (12). Anzi la sua comparsa ha proprio il significato di proteggere i
tessuti dalle lesioni. Dal punto di vista anatomico il dolore fisiologico è mediato da fibre nervose di
piccolo calibro che terminano liberamente nei tessuti, cioè senza che si possa riconoscere istologicamente
un recettore organizzato. In particolare, il dolore viene mediato da fibre amieliniche (fibre C) e da fibre
scarsamente mielinizzate (fibre A-delta) (3). Tenuto conto della esigenza di una risposta rapida
dell’organismo, sufficientemente veloce da permettere di allontanare la parte corporea dallo stimolo
nocivo, è necessario che le fibre dolorifiche abbiano, se si tratta di dolore fisiologico, una elevata velocità
di conduzione delle fibre sensitive. E’ per questo motivo che è possibile ritenere verosimile che il dolore
fisiologico sia mediato prevalentemente, se non esclusivamente, dalle fibre A-delta.
Quando nonostante l’insorgenza di dolore fisiologico il danno tissutale si verifica, allora iniziano dei
processi biologici che portano allo sviluppo di ipersensibilità agli stimoli dolorosi, dentro e fuori l’area
lesionale.
Sviluppo di ipersensibilità agli stimoli
Lo sviluppo di ipersensibilità agli stimoli rappresenta la condizione fisiopatogenetica che caratterizza il
dolore patologico. Esso è caratterizzato dallo spostamento a sinistra della curva intensità/risposta (FIG.1).
Quando la suddetta curva si sposta a sinistra si sviluppano due condizioni che vanno sotto il nome di
allodinia ed iperalgesia. La prima è definita come dolore che insorge per stimoli fisiologicamente non
dolorosi, la seconda come un’aumentata risposta (in termini di intensità del dolore o comportamenti
dolorosi) a stimoli fisiologicamente dolorosi (14).
Dolore evocato e spontaneo
Lo sviluppo di ipersensibilità agli stimoli nervosi fa pensare istintivamente esclusivamente al dolore
evocato. In realtà se lo spostamento a sinistra della curva intensità/risposta (FIG.1) è così marcato da far
nascere la curva a livello dell’intersezione degli assi si comprende come l’ipersensibilità sia diventata
talmente marcata che per evocare dolore non è più necessaria alcuna stimolazione. In altre parole il dolore
spontaneo può essere considerato, fisiopatologicamente, come un grave dolore evocato.
Dolore nocicettivo e dolore neuropatico
Il tessuto o l’apparato dove si sviluppa l’ipersensibilità agli stimoli dolorosi sono fondamentali per
discriminare tra dolore nocicettivo e dolore neuropatico. Infatti nel dolore nocicettivo la suddetta
ipersensibilità si sviluppa a livello delle terminazioni libere delle fibre nocicettive (A-delta e C) presenti
nel tessuto leso. In caso di dolore neuropatico si riconoscono due principali possibilità di genesi
dell’ipersensibilità agli stimoli. La prima è riferita alla possibilità di sviluppo di stimoli ectopici
direttamente dalle fibre nervose periferiche o centrali, senza cioè l’attivazione dei recettori. La seconda è
riferita all’aumentata trasmissione di impulsi nocicettivi a livello delle sinapsi nocicettive, lungo la via
nervosa dolorifica.
Il dolore neuropatico non andrebbe confuso con il dolore neurogeno. Quest’ultimo rappresenta tutti i tipi
di dolore che possono insorgere per sviluppo di ipersensibilità agli stimoli per lesioni o disfunzioni del
sistema nervoso. Il dolore neuropatico è caratterizzato da una genesi aberrante di impulsi nocicettivi (17)
cioè o da genesi ectopica di impulsi nocicettivi o da aumentata trasmissione trans-sinaptica degli stessi.
Esiste in realtà un terzo tipo di dolore che origina da lesioni nervose periferiche, neurogeno ma non
neuropatico, risultante dall’attivazione di recettori del dolore presenti nelle guaine connettivali dei nervi
periferici. Tale tipo di dolore viene anche denominato dolore del tronco nervoso (2).
Meccanismi algogeni periferici
Eccitazione dei nerva nervorum
Limitatamente al sistema nervoso periferico, nelle guaine connettivali che circondano le fibre nervose
sono state identificate delle terminazioni libere con verosimile funzione nocicettiva. Tali terminazioni
sono connesse a fibre nervose di piccolo calibro che costituiscono quelle diramazioni dei nervi periferici
che vanno sotto il nome di “nerva nervorum”. Attualmente si suppone che i suddetti recettori nocicettivi
vengano attivati da processi patologici che interessano il nervo periferico nel suo insieme, come ad
esempio i processi infiammatori o compressivi cronici (2) .
Genesi ectopica di impulsi da fibre nervose integre
Col termine ectopico si intende qualcosa che nasce “fuori posto”. Tale termine applicato alla genesi di
impulsi nervosi si riferisce a potenziali d’azione delle fibre nervose che originano direttamente dalle fibre
stesse, senza cioè l’attivazione dei recettori. La genesi ectopica di impulsi possiede diverse caratteristiche
peculiari che non si riscontrano nella genesi “normotopica”. Prima di tutto essa può verificarsi in qualsiasi
parte del sistema nervoso, sia centrale che periferico, e dà origine ad impulsi bidirezionali, cioè che si
propagano sia in direzione centripeta che centrifuga (15). Vale la pena di sottolineare che gli impulsi che
si propagano in direzione centrifuga si interrompono a livello della prima sinapsi che incontrano oppure,
se sono nati da fibre periferiche, a livello delle terminazioni delle stesse. Quelli centripeti seguono la via
fisiologica di cui le fibre coinvolte fanno parte e possono pertanto raggiungere i centri corticali. Un’altra
caratteristica importante della genesi ectopica è che gli impulsi così generati vengono trasmessi sin dalla
loro formazione con frequenze diverse da quelle che si osservano quando l’impulso nasce dal recettore.
Questa differenza è in grado di spiegare perché, a parità di fibre attivate, anche le sensazioni avvertite
sono differenti. In linea generale si può affermare che i dolori sostenuti da attivazione ectopica di fibre
hanno una caratteristica disestesica e vengono riferiti come punture di spilli, scossa elettrica e, più
raramente, come bruciore.
Genesi ectopica di impulsi da fibre nervose lese
Nelle lesioni che si accompagnano ad una interruzione delle fibre è noto da diversi decenni che le fibre
presenti nel moncone più vicino al corpo cellulare diventano ipersensibili nella loro parte terminale. Tale
ipersensibilità riguarda stimoli termici, chimici e meccanici è può da sola sostenere un dolore evocato.
Fino a pochi anni fa era opinione comune che un siffatto danno, con il conseguente sviluppo di
ipersensibilità, potesse sostenere anche un dolore spontaneo, perché nei modelli sperimentali sull’animale
si evidenziava la presenza di una scarica spontanea proveniente dal sito lesionale (19). Recenti studi
hanno evidenziato come tale scarica interessi quasi esclusivamente fibre di grande calibro, soprattutto
propriocettive, che normalmente non giocano un ruolo importante nella trasmissione degli impulsi
nocicettivi, ma soprattutto hanno evidenziato come questa scarica spontanea tenda ad esaurirsi nel tempo,
rendendo improbabile un suo ruolo patogenetico nelle forme di dolore cronico (8).
Moltiplicazione di impulsi (efapsi)
Un quadro particolare di genesi ectopica di impulsi è rappresentato dalla moltiplicazione di impulsi.
Questo meccanismo, identificato anche nell’uomo mediante tecniche microneurografiche, è caratterizzato
dal fatto che impulsi normalmente generati dai recettori periferici, giunti nel sito di lesione, cambiano la
loro frequenza di scarica, aumentandola (16). Pertanto nel tratto di fibra nervosa posta prossimalmente
rispetto al sito lesioneale è possibile registratare scariche di impulsi a frequenza più elevata. Questa
modificazione in frequenza fa si che la sensazione evocata dall’attivazione di codeste fibre non sia più
riferibile allo stimolo generante (tattile, termico, ecc.) ma sia di tipo parestesico-disestesico, come può
essere, per esempio un formicolio o una sensazione di scossa elettrica. E’ importante sottolineare come la
moltiplicazione di impulsi si verifichi prevalentemente per lesioni demielinizzanti che lasciano integri gli
assoni, almeno inizialmente. Alla base di tale meccanismo è possibile che vi sia una trasmissione efaptica
degli impulsi e cioè un passaggio di impulsi da una fibra all’altra, in conseguenza della perdita di
isolamento tra le fibre, normalmente garantito dalla presenza di una adeguata guaina mielinica.
Meccanismi algogeni centrali
Finora sono stati passati in rassegna i possibili meccanismi di genesi del dolore legati all’attivazione di
strutture periferiche. Ma il dolore può generare anche da lesioni o disfunzioni del sistema nervoso
centrale.
Ipersensibilità centrale da aumentate afferenze nocicettive
Negli ultimi vent’anni si è avuto un proliferare di studi che hanno evidenziato, inequivocabilmente, come
l’attivazione patologica di fibre nervose amieliniche afferenti, le fibre C che mediano le sensazioni
dolorose, sia in grado di indurre fenomeni di ipersensibilità nel sistema nervoso centrale (per una recente
review sull’argomento vedi 6). In altri termini, ogni lesione in grado di generare dolore porta all’innesco
di meccanismi centrali di amplificazione degli stimoli nocicettivi. Tale fenomeno, noto anche col termine
di sensibilizzazione centrale (dall’inglese central sensitisation), inizia dopo pochi minuti dalla genesi della
lesione e può persistere dopo la guarigione della stessa. Dal punto di vista clinico, questo tipo di
ipersensibilità è molto importante perché è il solo meccanismo fisiopatologico del dolore in grado, a
tutt’oggi, di giustificare la presenza di un dolore fuori dal territorio lesionale, sia esso un dolore spontaneo
che un’allodinia. Ciò è possibile perché il campo recettivo di alcuni neuroni nocicettivi centrali non è
costante e può espandersi grazie, probabilmente, all’attivazione di connessioni latenti con numerosi
neuroni periferici. I neuroni che possiedono tale capacità sono detti convergenti o ad ampio spettro
dinamico (dall’inglese wide dinamic range).
Ipersensibilità centrale da deafferentazione
Quando un neurone nocicettivo centrale perde il suo contatto con la periferia, esso può iniziare a scaricare
spontaneamente, dando origine ad una grave forma di dolore cronico che va comunemente sotto il nome
di dolore da deafferentazione (17). I neuroni che possono andare incontro a tale forma particolare di
ipersensibilità sono generalmente collocati nel corno posteriore del midollo o nel talamo. Nel primo caso
l’eziologia va ricercata in gravi lesioni interessanti le parti più prossimali del sistema nervoso periferico:
le radici nervose posteriori e i gangli sensitivi (11). Nel secondo, trattasi di lesioni interessanti il sistema
nervoso centrale distalmente al talamo: midollo spinale, tronco-encefalo e parte del mesencefalo. Le
lesioni devono interessare un gran numero di fibre adiacenti, perché altrimenti esistono meccanismi di
organizzazione delle sinapsi che evitano che un neurone rimanga disconnesso dai suoi collegamenti con
la periferia. E’ importante sottolineare come le lesioni interessanti i tronchi nervosi, per quanto molto
gravi, non possono indurre l’ipersensibilità da deafferentazione semplicemente perché le lesioni non
compromettono l’integrità anatomica dei collegamenti con il sistema nervoso centrale. Né si può parlare
di deafferentazione “fisiologica” per assenza di impulsi provenienti dalle fibre lese, visto che il moncone
prossimale delle lesioni nervose periferiche continua a funzionale come un terminale che può essere
eccitato da stimoli meccanici, termici e chimici.
Neuropatie periferiche post-traumatiche e dolore cronico
Un trauma che interessi il nervo periferico può generare un dolore cronico per ciascuno dei meccanismi
descritti nel paragrafo precedente, sia attraverso una lesione diretta, sia attraverso fenomeni che portano
ad una situazione di compressione e/o ischemia del nervo (8). Ma anche lesioni non nervose possono
generare situazioni simili che portano contemporaneamente ad una sindrome dolorosa ed un
interessamento del nervo periferico (20, 13, 6). Per un riassunto dei meccanismi possibili vedi la FIG.2.
E’ quindi sempre importante indagare sulla presenza di lesioni diverse da quelle nervose (18) . Anche
perché il trauma non è mai selettivo su un tessuto, a tal punto che una lesione post-traumatica non può
mai essere considerata identica ad un’altra. Non bisogna dimenticare che lesioni nocicettive che non
interessano strutture nervose possono dare origine a quadri clinici in cui prevale, dal punto di vista del
dolore, la presenza di allodinia allo sfioramento della cute, generalmente ed erroneamente considerata
patognomonica di una lesione nervosa. Tale allodinia può invece originare da lesioni non nervose che
inducono una ipersensibilità di neuroni centrali, cui si può accompagnare il suddetto tipo di allodinia. Se
si aggiunge il fatto che culturalmente si è portati ad identificare come neurogeno ogni tipo di dolore che
non passa, si capisce ancora di più dell’importanza di identificare con sicurezza il meccanismo sotteso
alla sindrome algica cronica. Anche perché i traumi frequentemente interessano anche tronchi nervosi
periferici e/o loro rami, più o meno grandi, ma ciò non vuol dire che il dolore venga generato da tale
lesioni. A riprova di tutto questo va ricordato che la stragrande maggioranza delle lesioni nervose
periferiche, anche gravi, non si accompagna a dolore (18). Va sottolineato come la formazione di un
neuroma sia spesso considerata responsabile del dolore che insorge nelle lesione nervose periferiche posttraumatiche. Ciò non è vero perché il neuroma si forma ogniqualvolta vi è una lesione del connettivo del
nervo e, per fortuna, tali lesioni si accompagnano molto raramente a dolore. Si può anzi affermare il
contrario e cioè che anche per le neuropatie periferiche post-traumatiche vale quanto sopra affermato per
le lesioni nervose in generale: nella stragrande maggioranza dei casi il dolore è assente dal quadro clinico.
Conclusioni
La patogenesi del dolore cronico conseguente ad un trauma tissutale è complessa perché interessa molti
tessuti contemporaneamente. Il ruolo giocato dalle lesioni interessanti il sistema nervoso periferico è mal
definibile perché ogni lesione è diversa dall’altra. I casi in cui la lesione nervosa periferica gioca un ruolo
importante nel mantenimento del dolore nel tempo sono probabilmente meno di quelli attualmente
creduti. Più spesso una lesione nervosa periferica si associa ad altri traumi tissutali senza però contribuire
alla patogenesi della sindrome algica cronica. Molto spesso il dolore cronico post-traumatico è sostenuto
da processi flogistici cronici, espressione di una incapacità da parte dell’organismo di guarire le lesioni
tissutali generate dal trauma.
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DIDASCALIE DELLE FIGURE
FIG. 1. Diagramma mostrante intensità/risposta. Sull’asse delle ascisse sono rappresentati le intensità
crescenti dello stimolo somministrato, sull’asse delle ordinate le relative risposte in termini di intensità
della sensazione dolorosa avvertita. La linea intera rappresenta la curva del dolore fisiologico. Si noti
come lo sviluppo di condizioni di ipersensibilità agli stimoli dolorosi sposti a sinistra la curva (linea
tratteggiata).
FIG. 2. Schema rappresentante una serie di passaggi fisiopatogenetici che dal trauma acuto possono
portare ad una condizione di dolore cronico, sia esso spontaneo che evocato.
FIG.1
FIG 2
TRAUMA ACUTO
LESIONE
NERVOSA
ASSONALE
E/O
NON NERVOSA
FLOGOSI
NON ASSONALE
TENTATIVO DI
REINNERVAZIONE
GUARIGIONE
SENZA ESITI
TENTATIVO DI
RIPARAZIONE
ECCESSIVA
CICATRIZZAZIONE
COMPRESSIONE STATICA e/o
DINAMICA DI TESSUTI
NEUROMA
VASCULOPATIE e/o
NEUROPATIE DA
COMPRESSIONE
?
DOLORE CRONICO
EVOCATO
DOLORE CRONICO
SPONTANEO
FLOGOSI
CRONICA
Fly UP