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LA PROMOZIONE DELL`ALLATTAMENTO AL SENO NELLA

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LA PROMOZIONE DELL`ALLATTAMENTO AL SENO NELLA
CORSO DI FORMAZIONE SPECIFICA IN
MEDICINA GENERALE
TRIENNIO 2011 - 2014
LA PROMOZIONE DELL’ALLATTAMENTO AL SENO
NELLA PRATICA CLINICA
IL RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE
AUTORE: Dott.ssa Galluccio Carmen
FIRMA:
A TE che sei
SOSTANZA dei giorni miei
INDICE
Introduzione ……………………………………………………………………….1
1. Epidemiologia ………………………………………………………………….3
1.1 Dati sull’Allattamento al Seno
1.2 Determinanti dell’Allattamento al Seno
2. Anatomia della Mammella e Fisiologia dell’Allattamento ………………..11
3. Biochimica del Latte Materno ……………………………………………….14
4. Allattamento al Seno e Salute ………………………………………………16
4.1 Vantaggi dell’Allattamento al Seno
4.2 Svantaggi dell’Alimentazione Artificiale
4.3 Controindicazioni all’Allattamento al Seno
5. Valutazione della Buona Crescita del Bambino Allattato al Seno ………23
5.1 Attacco, Suzione e Posizione Materna
5.2 Segni di Adeguata Produzione e Assunzione di Latte
6. Ridotta Lattogenesi: Quando Usare i Galattogoghi ………………………28
6.1 Cause di Bassa Produzione Lattea nella Madre
6.2 Cause di Bassa Introduzione Lattea nel Neonato
6.3 Criteri per Definire una Ridotta Lattogenesi
6.4 Indicazione ai Galattogoghi
6.5 Galattogoghi in Commercio
7. Latti di Proseguimento ed Indicazione alle Integrazioni …………………34
8. La Salute della Donna che Allatta al Seno ………………………………..38
8.1 Alimentazione della Madre e Stili Salutari in Allattamento
8.2 Contraccezione durante l’Allattamento al Seno
9. Problemi in Corso di Allattamento al Seno ………………………………..42
9.1 Capezzoli Invertiti
9.2 Ragadi
9.3 Ingorgo Mammario
9.4 Blocco Dotto Galattoforo
9.5 Mastite
9.6 Infezioni da Candida Albicans
10. Farmaci e Allattamento al Seno …………………………………………..48
10.1 Caratteristiche del Farmaco e Farmacocinetica
10.2 Valutazione del Rischio dell’Uso dei Farmaci in Allattamento
10.3 Controindicazioni Assolute e Relative dei Farmaci in Allattamento
10.4 Farmacovigilanza e Gestione dell’Allattamento al Seno
11. La Strategia Europea ………………………………………………………57
11.1 Guadagnare Salute e Allattamento al Seno
11.2 Il Programma GenitoriPiù
11.3 Rischi Associati al Fumo e all’Alcol
12. Le Strategie Nazionali di Protezione, Promozione e Sostegno
dell’Allattamento al Seno……………………………………………………64
Conclusioni………………………………………………………………………...71
Siti e Contatti Utili…………………………………………………………………73
Bibliografia…………………………………………………………………………74
INTRODUZIONE
La promozione dell’allattamento al seno è considerata da tempo una priorità
di salute pubblica tale da essere espressamente indicata dall’United Nations
International Children’s Emergency Fund
(UNICEF) come un diritto
nell’articolo 24 della Convenzione per i Diritti per l’Infanzia del 1989. Nel
corso degli anni diversi interventi sono stati messi a punto per sostenere le
donne nell’allattamento. Un ruolo di primo piano è stato svolto dall’OMS e
dall’UNICEF, che nel 1992 hanno avviato, a livello mondiale, l’iniziativa
“Ospedale Amico dei Bambini” (BFHI, Baby Friendly Hospital Initiative) che
con i suoi “10 Passi” si propone di proteggere, promuovere e sostenere
l’allattamento nei punti nascita. La rapida diffusione a livello internazionale
delle iniziative Amiche dei Bambini si è accompagnata a una continua e
progressiva revisione di alcune strategie e obiettivi. Un primo cambiamento
di grande portata è stato il passaggio da un’attenzione prevalente alla fase
ospedaliera di avvio dell’allattamento, alla comunità in quanto contesto
culturale e di vita quotidiana delle mamme, dei bambini e delle famiglie. Così,
dopo una prima esperienza nel Regno Unito, nel 2007 anche in Italia è stata
attivata l’iniziativa “Comunità amica dei bambini” (BFCI, Baby Friendly
Community Initiative), che con “7 Passi” propone una focalizzazione sui
servizi territoriali e una spiccata attenzione al sostegno della genitorialità. Va
sottolineato che, in entrambe le iniziative, ogni “passo” è frutto di un’accurata
revisione della letteratura scientifica e costituisce quindi, al momento, la
migliore pratica in tema di accoglienza e alimentazione dei bambini. Nel 2009
le due strategie Baby Friendly sono state riviste e promosse in modo
integrato,con la nascita di una nuova iniziativa nota come “Insieme per
l’Allattamento” che pone l’accento sulla necessità di un approccio sinergico e
integrato delle iniziative all’interno dei servizi e della comunità.
Da qui l’avvio del Programma Nazionale “Guadagnare Salute” promosso
dall’Istituto Superiore di Sanità che tra i vari obiettivi si prefigge in primis
quello di Formare gli operatori sanitari di primo livello per la maternità (Medici
di Medicina Generale, ginecologi,ostetriche e pediatri di libera scelta) in
modo da fornire sia alle gestanti che alle neomadri una consulenza obiettiva,
1
professionale e costante nel tempo. In questo scenario si intuisce quanto
possa essere determinante l’intervento del medico di medicina generale nella
promozione e tutela dell’allattamento al seno, in quanto è il solo ad aver
modo di monitorare lo stato di salute della donna dal periodo gestazionale al
post-partum.
2
1. EPIDEMIOLOGIA
1.1 I DATI SULL’ALLATTAMENTO AL SENO
Secondo i dati dell’OMS a livello mondiale solo il 38% dei bambini con meno
di 6 mesi di vita è allattato esclusivamente al seno e il 39% prosegue fino ai
20-23 mesi di vita. Nei Paesi industrializzati, i tassi di allattamento al seno
sono in generale bassi sia per quanto riguarda l’allattamento al seno
esclusivo nei primi 6 mesi di vita, sia per il suo proseguimento
fino al
secondo anno di età, con l’eccezione dei Paesi scandinavi.
I dati italiani, assai limitati prima degli anni ’90 e tuttora non supportati da un
monitoraggio sistematico su tutto il territorio, mostrano una notevole
variabilità su base regionale. Questa disomogeneità è da correlare
verosimilmente all’eterogeneità nelle definizioni utilizzate per l’alimentazione
infantile, che ha reso difficile il confronto tra diverse realtà (sincronico) e nel
tempo (diacronico) della prevalenza dell’allattamento al seno. Per questo,
dagli anni ’90 l’OMS ha proposto un set di definizioni e di procedure per la
raccolta dei
dati
epidemiologici sull’alimentazione infantile, ponendo
l’allattamento al seno come standard di riferimento.
Tabella 1. Definizioni OMS sull’Alimentazione Infantile
Rispetto alla scelta di allattamento, il 96,5% delle italiane e il 95,7% delle
straniere ha dichiarato che era propria intenzione, prima del parto, di allattare
al seno. I dati sul tipo di allattamento si riferiscono alle indagini del 20082009 e 2010-2011, per le donne italiane e non italiane. Dai risultati emerge
3
una bassa aderenza alle raccomandazioni e un precoce svezzamento già a 3
mesi, mentre l’allattamento continuato almeno fino all’anno di vita con
aggiunta di altri alimenti, così come raccomandato, avviene solo nel 30%
circa delle intervistate.
Tabella 2. Tipo di Allattamento in Italia – Indagini 2008-2009 e 2010-2011
Figura 1. Indicatori Assistenziali al percorso nascita per Aree di Residenza:
Assistenza nel Punto Nascita
4
Figura 2. Indicatori Assistenziali al Percorso Nascita per Aree di Residenza:
Prevalenza dell’Allattamento al Seno
Le ragioni del mancato allattamento mostrano una diversa distribuzione tra
italiane e straniere, ma in entrambi i gruppi emerge una grossa percentuale
di donne che si è astenuta dall’allattamento per motivi non ben specificati.
Tabella 3. Motivo del mancato Allattamento al Seno (% Donne)
Nei primi mesi dopo il parto, hanno avuto problemi di allattamento il 37,7%
delle italiane e il 25,6% delle straniere. Hanno partecipato a gruppi di
sostegno dell’allattamento al seno il 12,2% delle donne italiane e l’11,2%
delle donne straniere. A sostenere la donna nell’allattamento al seno, una
volta rientrata a casa, è stato il marito/partner per il 30,7% delle italiane e
5
il 26,5% delle straniere. Il 35,2% delle straniere vs il 27,1% delle italiane
dichiara di non aver ricevuto alcun sostegno.
Per quanto riguarda l’uso di latte artificiale, la ragione principale per la
quale al bambino è stato somministrato entro i 3 mesi è la percezione di
mancanza di latte per circa il 33% delle donne di entrambe le cittadinanze.
Risaltano in modo significativo le ragioni di lavoro per le straniere, 22,1% vs il
2,4% delle italiane. La ragione principale per cui è stato somministrato latte
artificiale entro 6 ed entro 12 mesi è sempre la percezione di mancanza di
latte per entrambe le cittadinanze.
Figura 3. Motivo per cui al bambino è stato somministrato latte artificiale
(% Donne Italiane)
6
1.2 I DETERMINANTI DELL’ALLATTAMENTO AL SENO
Secondo un’indagine precedente dell’ISS (2002) sul percorso nascita i fattori
associati all’attacco al seno entro 2 ore sono:
• l’aver avuto un’assistenza pubblica
• l’aver partecipato a un corso di accompagnamento alla nascita nell’attuale
o nella precedente gravidanza
• la possibilità del rooming-in (che consiste nel sistemare il neonato nella
stessa stanza della madre dopo il parto in modo che trascorrano assieme
24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale)
• la pluriparità.
Sono associati a una maggiore prevalenza di attacco al seno oltre 2 ore:
• lo stato di casalinga
• l’età gestazionale ≤ 36 settimane
• il peso alla nascita < 2.500 grammi
• la gemellarità
• il parto operativo o con taglio cesareo (sia con anestesia generale che con
anestesia epidurale)
• il non aver avuto informazioni adeguate sull’allattamento in reparto
• la preferenza verso il parto con taglio cesareo e la residenza al Centro o
al Sud.
Tabella 4. Determinanti dell’Allattamento Esclusivo al seno tra Italiane,
subito dopo il parto e a 3 mesi – Indagini 2009-2011
7
Dall’indagine emerge che tutti questi fattori sono presenti con frequenza
minore al Sud rispetto al Nord, a conferma dei dati sulle prevalenze. I risultati
dello studio ISS avvalorano, dunque, l’importanza di continuare a
promuovere
l’allattamento
al
seno
secondo
le
raccomandazioni
internazionali, confermando l’efficacia dell’implementazione del Progetto
Obiettivo Materno Infantile e delle successive politiche a sostegno del
percorso nascita e dell’adeguata alimentazione infantile. In questo senso,
hanno un ruolo decisivo i consultori familiari che accompagnano i neogenitori durante la gravidanza e nei primi anni di vita dei bambini. Allo stesso
modo, le strategie “Amiche dei bambini” contribuiscono a un aumento della
consapevolezza dei genitori e si sono dimostrate efficaci per aumentare la
prevalenza dell’allattamento al seno.
La modalità di alimentazione del bambino è influenzata significativamente da
alcune variabili territoriali e socio-demografiche.Tra queste, hanno dimostrato
importanti influenze sulle modalità di alimentazione del bambino:
 il titolo di studio: la percentuale di mamme laureate che allatta
esclusivamente al seno e del 61% contro il 55% delle mamme con la
scuola superiore e il 48% di quelle con la scuola dell’obbligo
 la primiparità: nelle mamme primipare la percentuale di allattamento
esclusivo al seno è di 10 punti percentuali inferiore rispetto alle
mamme che hanno già avuto altri figli, 50,5% con i primi figli, 60,7%
con i secondi o successivi
 la cittadinanza della madre: le mamme europee ma non italiane sono
quelle che allattano di più (circa 65%); seguono le donne extraeuropee (57,2%) e infine le italiane (54,4%).
Dai dati del sistema di sorveglianza Passi emerge che le donne che non
allattano al seno sono quelle che riferiscono un maggiore disagio economico.
Questo colloca la promozione di pratiche adeguate di alimentazione infantile
non solo tra le priorità di salute pubblica ma anche in una prospettiva di lotta
alle disuguaglianze sociali.
8
I risultati delle indagini epidemiologiche forniscono importanti informazioni ai
decisori e ai professionisti che si occupano dell’assistenza alle mamme e ai
bambini. Le fasce più esposte al rischio di non allattare sono quelle con il
livello di istruzione e socio-economico più basso e le primipare. Oltre
all’offerta attiva di sostegno al percorso nascita generalizzata a tutte le
coppie, è su queste categorie a rischio che dovrebbero essere concentrati gli
interventi di ascolto e di sostegno, offerti dai servizi socio-sanitari, primi tra
tutti gli ambulatori di medicina generale ed i consultori familiari.
Secondo il modello OMS dei determinanti della scelta di allattamento la
pratica ottimale di allattamento al seno richiede la combinazione della scelta
materna con l’abilità di attuare tale scelta, abilità che a sua volta è influenzata
da fattori sociali, fisici e logistici. Questi fattori variano dalle politiche nazionali
agli aspetti culturali e possono influenzare in modo determinante l’esperienza
della madre in termini di sostegno o di ostacolo all’allattamento al seno.
Figura 4. Determinanti della scelta dell’Allattamento secondo il modello OMS
9
La scelta di allattamento non può essere ricondotta alla sola responsabilità
individuale, ma risente delle variabili di contesto ostacolanti o favorenti. La
Strategia Globale e le “Iniziative amiche dei bambini – Insieme per
l’allattamento” promuovono l’azione integrata e sinergica su tutti i
determinanti, in linea con le indicazioni della Carta di Ottawa e di quelle, più
recenti, della strategia europea Guadagnare Salute: rendere facili le scelte
salutari.
10
2.ANATOMIA DELLA MAMMELLA e FISIOLOGIA DELL’ALLATTAMENTO
AL SENO
La mammella è una ghiandola esocrina organizzata in lobi, a loro volta
costituiti da lobuli, la cui unità fondamentale è l’alveolo, all’interno del quale
viene prodotto il latte, che viene riversato nei duttuli enei dotti galattofori, che
si aprono sul capezzolo. L’alveolo, la “centrale del latte”, è costituito da due
tipi di cellule (cellule epiteliali o lattociti e cellule mioepiteliali). I lobi e i lobuli
sono circondati da tessuto adiposo, separati tra loro e sostenuti da tessuto
connettivo fibroso di sostegno.
Figura 5. Anatomia della Mammella
Non influiscono sulla possibilità di allattare le dimensioni, la forma e
l’eventuale presenza di modeste asimmetrie della mammella, mentre
possono comprometterla una spiccata ipoplasia del tessuto ghiandolare che
si associa in genere alla mancanza dei cambiamenti fisiologici di aumento
delle mammelle durante la gravidanza. Poiché la parte ghiandolare è
indispensabile per la produzione del latte, una qualsiasi alterazione sia della
quantità che dei circuiti necessari appunto per la produzione (sezioni di
terminazioni nervose o dei duttuli) può comprometterla, come è stato
segnalato in caso di mastoplastica riduttiva, biopsie estese, traumi importanti
o terapie radianti della mammella. La forma del capezzolo non ha influenza
11
sulla capacità di allattare, ma se ne deve tenere conto nella gestione
dell’allattamento materno.
La lattazione umana si suddivide in diverse fasi:
-
lattogenesi I (da metà gravidanza fino al 2° giorno dopo il parto):
inizia la sintesi del latte, la produzione del latte è sotto controllo
endocrino
-
lattogenesi II (dal 3° all’8° giorno): inizia la produzione abbondante di
latte (normalmente sono necessarie 30-40 ore dopo il parto), il seno è
caldo e turgido (mammella piena di latte), la produzione del latte è
ancora sotto controllo endocrino
-
galattopoiesi (dal 9° giorno all’inizio dell’involuzione): la produzione
del latte è regolata dalla suzione del bambino e dallo svuotamento del
seno ed è sotto controllo locale autocrino (meccanismo della domandaofferta). Normalmente la produzione di latte si adatta alle esigenze del
bambino e si stabilizza intorno a 4-6 settimane (calibrazione). La
dimensione del seno si riduce tra il 6° e il 9° mese dopo il parto
-
involuzione (circa 40 giorni dopo l’ultima poppata): quando si
introducono nella dieta del lattante cibi diversi dal latte (alimentazione
complementare), l’accumulo di peptidi inibitori la produzione del latte
(Feedback Inhibitor Factor – FIL) riduce via via la produzione.
Fin dalla prima mestruazione (menarca) e successivamente dall’inizio della
gravidanza, gli ormoni agiscono sul tessuto ghiandolare in modo diverso: gli
estrogeni stimolano la crescita del sistema dei dotti galattofori; il
progesterone aumenta le dimensioni degli alveoli e dei lobi; la prolattina
favorisce l’aumento di volume della mammella. Anche i vasi sanguigni
sottocutanei diventano visibili e aumenta la pigmentazione e la grandezza
dell’areola e del capezzolo.
Dopo il parto, avviene una riduzione dei livelli di estrogeni e di progesterone
e un aumento della prolattina, che agisce sulle cellule epiteliali dell’alveolo
stimolando la produzione del latte, e dell’ossitocina, che agisce sulle cellule
12
mioepiteliali che circondano l’alveolo, che si contraggono e spingono il latte
verso il capezzolo (riflesso ossitocinico o riflesso di eiezione del latte).
La prolattina, che induce un senso di rilassamento nella madre, ha un ritmo
circadiano ed è più alta di notte, per cui allattare di notte consente una
maggiore produzione di questo ormone. L’ossitocina è prodotta in maggiore
quantità a seguito di stimoli visivi, tattili, uditivi, psicologici associati al
bambino e se la madre è in una situazione tranquilla, mentre la sua
secrezione è inibita da dolore, stress, disagio psico-fisico nonché da nicotina
e alcol. Esiste poi un terzo fattore importante sulla regolazione della
produzione di latte, il Fattore di Inibizione della Lattazione (FIL): prodotto
localmente dalle cellule alveolari fa diminuire la produzione di latte quando la
mammella è troppo piena. Solo la rimozione del latte, grazie a poppate
efficaci e frequenti o con la spremitura manuale o l’uso di un mastosuttore,
può ripristinare la produzione del latte.
13
3. LA BIOCHIMICA DEL LATTE MATERNO
Il latte materno non è un semplice alimento ma un tessuto vivo, con diverse
centinaia di componenti noti, tra cui cellule staminali, e molti altri non noti. In
una goccia di latte materno ci sono 4.000 cellule, nella maggior parte
macrofagi. Il latte materno è composto per l’88% di acqua. Il resto è
rappresentato da zuccheri (principalmente lattosio), grassi, proteine, azoto
non proteico, vitamine, sostanze minerali, oligoelementi, ormoni e cellule. Per
questa sua caratteristica, il latte materno, oltre a essere specie-specifico, è
anche individuo-specifico: questo significa che ogni madre produce un latte
adatto alle esigenze del proprio bambino. Il colostro, il latte materno di
transizione e il latte materno maturo sono infatti prodotti in funzione all’età
gestazionale e ai bisogni nutrizionali contingenti. La composizione del latte
varia durante la poppata, da poppata a poppata, di giorno in giorno e di mese
in mese, per rispondere ai bisogni del bambino.
Il colostro, un liquido denso e vischioso di colore variabile dal giallo
all’arancio, è prodotto dal seno a partire dal settimo mese di gravidanza e la
sua produzione continua durante i primi giorni dopo il parto. Il colostro è
perfetto come primo alimento dei neonati: è povero di grassi e ricco di
carboidrati, proteine, vitamina A e anticorpi. Ha un’alta digeribilità e nello
stesso tempo un elevato potere nutrizionale.Il suo effetto lassativo aiuta il
neonato a eliminare le prime feci (meconio) e ad espellere l’eccesso di
bilirubina, cosa che aiuta a prevenire l’ittero.Il colostro è prodotto in piccole
quantità, adeguate alle dimensioni dello stomaco del neonato e alla funzione
dei reni che, ancora immaturi, non sono in grado di gestire grandi volumi di
liquidi. Le IgA secretorie contenute nel colostro rivestono l’intestino del
neonato e rappresentano la prima immunizzazione contro molti virus e
batteri, favorendo la colonizzazione dell’intestino con batteri benefici. Se al
neonato si danno acqua o latte artificiale, una parte di questa protezione sarà
rimossa aprendo la strada alle infezioni. È interessante notare che i livelli di
IgA contenuti nel colostro arrivano fino a 5 mg/ml contro 1 mg/ml del latte
14
maturo, garantendo in questo modo un bolo iniziale e un apporto costante al
bambino nelle fasi successive dell’allattamento.
Nei 2-3 giorni successivi al parto il colostro si trasforma gradualmente per
diventare latte maturo. Il latte prodotto in questa fase si definisce latte di
transizione e, dati i cambiamenti della composizione in atto, diventa più
opaco e progressivamente più bianco. La formazione del latte maturo
avviene in genere dopo 3-4 giorni dal parto con la montata lattea che può
essere un po’ più tardiva in caso di parto cesareo. I tempi di evoluzione da
colostro a latte maturo sono comunque soggetti a grande variabilità
interindividuale.
Nei primi 6 mesi, il bambino soddisfa le proprie esigenze fisiologicamente: se
ha sete assume prevalentemente il primo latte, prodotto all’inizio della
poppata meno grasso e più ricco di acqua e lattosio; se ha fame rimane
attaccato più a lungo, fino a prendere anche il latte terminale, molto più
ricco di grassi e utile per la crescita dei bambini.
La composizione del latte varia da donna a donna e anche a seconda dello
stadio della lattazione e dell’allattamento. Il latte materno pretermine
(prodotto da una donna che ha partorito prima delle 37° settimana di
gravidanza) contiene una maggiore quantità di proteine, maggiori livelli di
alcuni minerali, come il ferro, e ha proprietà immunologiche più spiccate del
latte maturo, il che lo rende più adatto ai bisogni del neonato nato prima del
termine. Il latte materno maturo contiene tutti i nutrienti principali: proteine
(tra cui enzimi), carboidrati, grassi, ormoni, vitamine, minerali e acqua, in
quantità che rispecchiano i bisogni del bambino e in forma assimilabile. Esso
cambia in relazione all’ora del giorno, alla durata di una poppata, ai bisogni
del bambino e alle condizioni della madre, per esempio gli antigeni con cui la
madre ha avuto contatto. Il latte materno, con un valore energetico di 65
kcal/100 ml, a un volume di 200 ml/kg/die, permette un introito energetico di
130 kcal/kg/die.
15
4. ALLATTAMENTO AL SENO E SALUTE
4.1 VANTAGGI DELL’ALLATTAMENTO AL SENO
Il latte materno rappresenta il miglior alimento per i neonati, perchè fornisce
tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita, come per
esempio certi acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile. Non è un
semplice nutrimento, ma un tessuto vivo che si modifica sulla base delle
esigenze
del
singolo
bambino.
Contiene
poi
sostanze bioattive
e
immunologiche che non si trovano nei sostituti artificiali e che invece sono
fondamentali sia per proteggere il bambino da eventuali infezioni batteriche e
virali, sia per favorire lo sviluppo intestinale. L’allattamento al seno
rappresenta lo strumento principale per limitare gli esiti negativi di salute sia
nei Paesi a basso reddito, sia nelle categorie svantaggiate dal punto di vista
socio-economico che vivono nei Paesi ad alto reddito. I bambini nati in
situazioni di svantaggio socio-economico che grazie all’allattamento al seno
ricevono uno svezzamento più tardivo hanno infatti esiti simili a quelli di
bambininati in classi più abbienti che ricevono l’alimentazione artificiale e cibi
complementari dopo i 6 mesi compiuti.
Rispetto a qualsiasi altro intervento sanitario di prevenzione,l’allattamento al
seno fino ai 2 anni ha il maggiore impatto potenziale sulla sopravvivenza.
Inoltre, l’allattamento al seno aumenta di almeno 6 volte la probabilità di
sopravvivenza nei primi 6 mesi di vita e riduce la mortalità per infezioni
respiratorie e diarrea, due delle più frequenti cause di decesso in età
pediatrica.38 Pertanto allora come oggi, protezione, promozione e sostegno
dell’allattamento al seno sono considerati priorità di salute pubblica.
L’importanza dell’allattamento al seno è stata oggetto di numerose
pubblicazioni. La Tabella 5 dell’American Academy of Pediatrics sintetizza
questi vantaggi in termini di dose-risposta.
16
Tabella 5. Benefici dell’Allattamento al Seno (AAP 2012)
Pertanto l’OMS, l’UNICEF e più recentemente l’UE e i governi nazionali
hanno prodotto delle raccomandazioni per l’alimentazione infantile che sono
state oggetto di sviluppi e modifiche nel corso dell’ultimo ventennio.
17
Tabella 6. Raccomandazioni per l’Alimentazione Infantile
Le
raccomandazioni
sull’alimentazione infantile
sono
state integrate
all’interno delle principali politiche nazionali e regionali: dal Progetto Obiettivo
Materno Infantile alle Linee Guida Nazionali, il Piano Sanitario Nazionale, il
Piano Nazionale e i Piani Regionali di Prevenzione, la Strategia Guadagnare
Salute.
4.2 SVANTAGGI DELL’ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE
Le più recenti posizioni della comunità scientifica propongono di superare gli
sforzi tesi a raccogliere prove a favore dell’allattamento al seno, sulla base
del fatto che rappresenta
la norma biologica per la specie umana.
Propongono quindi che l’allattamento al seno venga considerato come lo
standard di riferimento per l’alimentazione del lattante, rispetto al quale
devono confrontarsi le alternative, tra cui l’uso di alimenti formulati e il non
allattamento. Di conseguenza, gli studi scientifici devono ricercare gli
eventuali rischi a breve, medio e lungo termine dell’esposizione ad altre
modalità di alimentazione che si discostano dalla norma biologica di
riferimento.I rischi della decisione di non allattare e gli svantaggi
dell’alimentazione artificiale sono riassunti nelle raccomandazioni standard
per l’Unione Europea per l’alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a 3
anni (Tabella 7).
18
Tabella 7. I Rischi della Decisione di Non Allattare e gli Svantaggi
dell’Alimentazione Artificiale
Secondo le ultime stime, ogni ora la morte di 95 bambini potrebbe essere
evitata (830 mila all’anno) se le madri allattassero subito dopo il parto.
Nel 2008 le pratiche di alimentazioni infantile sub-ottimali (ad esempio
alimentazione con sostituti del latte materno nei primi 6 mesi di vita o
interruzione dell’allattamento al primo anno) hanno causato la morte di 1,4
milioni di bambini. Tra i determinanti di questi decessi ci sono le discutibili
pratiche di marketing adottate da alcune aziende, soprattutto nei mercati
emergenti. I principali enti e società scientifiche raccomandano la corretta
comunicazione dei rischi associati al mancato allattamento al seno e
all’alimentazione artificiale, sia ai professionisti della salute sia alla
popolazione generale.
19
4.3 LE CONTROINDICAZIONI ALL’ALLATTAMENTO AL SENO
Sono poche le donne in salute non in grado di allattare e l’allattamento al
seno di rado è controindicato. Esistono comunque alcune situazioni in cui i
rischi superano i benefici, ed è questo bilancio l’unico criterio valido per
limitare la decisione dell’allattamento. Le condizioni della madre e del
bambino che possono giustificare il fatto di non allattare in forma temporanea
o permanente sono in numero relativamente ridotto e interessano poche
coppie mamma-bambino.
Per quanto riguarda le condizioni del bambino, l’allattamento al seno è
controindicato in:
 bambini minori di un anno che non dovrebbero ricevere latte materno
o altro latte, con l’eccezione di latti formulati speciali:
• bambini con galattosemia classica: formula lattea speciale senza
galattosio
• bambini con malattia delle urine a sciroppo d’acero: formula lattea
speciale senza leucina, isoleucina e valina
• bambini con fenilchetonuria: formula lattea speciale senza
fenilalanina
 bambini minori di un anno per i quali il latte materno è l’opzione
migliore, ma che possono aver bisogno di un supplemento per un
periodo limitato:
• nati con un peso inferiore ai 1.500 g (peso molto basso alla nascita)
• nati a meno di 32 settimane di gestazione (molto pretermine)
• neonati a rischio di ipoglicemia per un difetto di adattamento
metabolico o per un’aumentata richiesta di glucosio: nati pretermine,
piccoli per l’età gestazionale o con un importante stress ipossico
ischemico intrapartum; neonati ammalati e in quelli con madre
diabetica se la loro glicemia non risponde ad un allattamento al seno
o alimentazione con latte materno ottimale.
20
Per quanto riguarda le condizioni della madre, le linee guida distinguono:1
 condizioni che possono giustificare un’astensione permanente
dall’allattamento:
• infezione da HIV, solo nel caso in cui non sia disponibile il
trattamento farmacologico antiretrovirale e non esista un’alternativa
AFASS (ossia un’alimentazione sostitutiva del latte materno
Accettabile, Fattibile, Abbordabile, Sostenibile e Sicura).
 condizioni
materne
che
possono
giustificare
un’astensione
temporanea dall’allattamento:
• malattia grave che impedisce alla madre di prendersi cura del figlio,
per esempio una setticemia
• infezione da virus Herpes simplex tipo 1: va evitato il contatto diretto
tra le lesioni del seno della madre e la bocca del bambino fino a
guarigione completa delle lesioni attive. Alcune linee guida
sconsigliano l’allattamento anche in caso di varicella
• uso di alcuni farmaci da parte della madre: alcuni sedativi, anti
epilettici e oppiacei e le loro combinazioni possono dare
sonnolenza e depressione respiratoria e vanno evitati se sono
disponibili alternative più sicure; lo iodio131 va evitato in favore di
alternative più sicure oppure l’allattamento va ripreso dopo circa 2
mesi dall’assunzione; va evitato l’utilizzo eccessivo di composti iodati
per uso locale su ferite aperte o membrane mucose (rischio di
inibizione della funzione tiroidea e di squilibri elettrolitici nel bambino
allattato); l’uso di chemioterapici citotossici richiede la sospensione
dell’allattamento al seno.
 condizioni materne durante le quali l’allattamento al seno può
continuare, nonostante vi siano preoccupazioni per i problemi di
salute:
• ascesso mammario: l’allattamento deve continuare dal seno non
colpito e può riprendere da quello colpito non appena inizia il
trattamento
21
• mastite: se l’allattamento è molto doloroso, il latte materno deve
essere spremuto per alleviare il dolore ed evitare che la condizione
peggiori
• epatite B: i neonati devono ricevere il vaccino entro le prime 48 ore
dalla nascita o appena possibile
• epatite C
• tubercolosi: madre e bambino devono essere gestiti come da linee
guida nazionali per la tubercolosi
• uso di sostanze: l’uso da parte della madre di nicotina, alcool,
ecstasy, anfetamine, cocaina e altri stimolanti è dannoso per i
bambini allattati al seno; alcool, oppiacei, benzodiazepine
e cannabis possono avere effetti sedativi sia nella madre che
nel bambino. Le madri dovrebbero essere incoraggiate a non
usare queste sostanze, fornendo loro occasioni e sostegno
per astenersi.
In presenza di controindicazioni all’allattamento al seno della madre, la prima
opzione dovrebbe essere il latte umano donato e solo in assenza di questo si
deve ricorrere al latte artificiale.
22
5. VALUTAZIONE DELLA BUONA CRESCITA DEL BAMBINO
ALLATTATO AL SENO
Il mancato aumento di peso in un bambino va valutato con attenzione. È
importante distinguere il neonato che mangia poco o mostra segni di malattia
da quello che sembra desideroso di poppare e non mostra segni di malattia,
ma ha uno scarso aumento di peso. In quest’ultimo caso, infatti, la prima
strategia da adottare è rivedere la gestione dell’allattamento con la madre.
5.1 ATTACCO, SUZIONE E POSIZIONE MATERNA
Innanzitutto bisogna verificare se l’attacco al seno è corretto. La madre deve
assicurarsi che abbia la pancia a contatto con il corpo del bambino, che
l’orecchio, la spalla e il bacino siano in asse, che il naso del bambino sia di
fronte al capezzolo. Poi deve aspettare che la bocca del bambino sia ben
aperta per permettergli di prendere in bocca una buona porzione di seno
oltre al capezzolo e muovere il bambino verso la mammella (e non
viceversa). Queste indicazioni valgono per i neonati e nelle prime settimane
di avvio dell’allattamento. Successivamente, i bambini diventano esperti nel
poppare al seno e, in genere, gestiscono efficacemente l’attacco e la
posizione insieme alla madre. Quando il bambino si attacca al seno, si
attivano riflessi neurormonali che stimolano la produzione di latte (prolattina)
e la sua emissione (ossitocina).
Il bambino è attaccato correttamente al seno se:
-
la bocca è ben aperta e le labbra sono estroflesse
-
il bambino ha in bocca oltre al capezzolo anche buona parte dell’areola
(si deve vedere più areola libera sopra la bocca del bambino che sotto)
-
il mento del bambino è a contatto con la mammella.
Poi occorre osservare se la suzione è valida, ossia se sono presenti tutti i
riflessi che la determinano. Questi riflessi sono innati in un neonato sano a
termine mentre possono non essere così presenti in caso di bambini
prematuri, malati o se la madre ha avuto un parto medicalizzato. Quando il
23
seno tocca le sue labbra, il bambino sposta la testa leggermente all’indietro,
apre bene la bocca e posiziona la lingua in basso e in avanti per cercare il
seno
(riflesso
di
orientamento).
Appena
il
bambino
si
trova
sufficientemente vicino al seno e ne ha preso una porzione abbastanza
grande, il capezzolo arriva a toccare il palato molle stimolando il riflesso di
suzione. A questo punto i muscoli della lingua si contraggono in un’onda
interna alla bocca e diretta dal davanti verso il dietro e si crea un vuoto
all’interno della bocca, che spreme il latte dai dotti sotto l’areola verso la
bocca del bambino. Infine quando la parte posteriore della bocca si riempie
di latte il bambino deglutisce (riflesso di deglutizione).
I segni di una suzione valida sono:
-
una suzione lenta e profonda, a volte con una breve pausa
-
una deglutizione visibile e udibile, in assenza di altri rumori (schiocco o
scatto)
-
guance piene e arrotondate, non infossate
-
fine spontanea della poppata da parte del bambino, che lascia il seno da
solo e sembra soddisfatto.
Infine va osservata se è corretta la posizione della madre mentre allatta. Per
una buona riuscita dell’allattamento, particolarmente nei primi giorni dopo il
parto, la mamma deve assumere una posizione confortevole che sostenga la
schiena e tenere i piedi appoggiati al pavimento o su un rialzo, in modo che
le gambe siano rilassate. Recenti studi hanno infatti dimostrato che
permettere alla madre di assumere una posizione rilassata e semireclinata,
le consente di esprimere meglio le abilità istintive e di stimolare meglio i
riflessi antigravitari del bambino, con la conseguenza di avere meno problemi
con l’attacco e allattamento. Questo approccio, denominato “biological
nurturing”, dimostra che l’allattamento è una pratica innata per mamma e
bambino e quindi l’indicazione alle varie posizioni in allattamento non può
essere una prescrizione rigida.
Per la mamma sono descritte le seguenti posizioni di allattamento:
24
 posizione sdraiata (Figura 7a) o di lato aiuta la madre a riposare, è
quindi raccomandata nel primo periodo dopo il parto, soprattutto alle
donne che hanno avuto un parto cesareo. Mamma e bambino devono
essere sdraiati su un fianco;il corpo del bambino rivolto verso quello
della mamma; il bambino deve avere il naso a livello del capezzolo
della madre e non deve piegare il collo per raggiungere il seno
 posizione a culla (Figura 7b), la più classica, è quella in cui la
mamma è seduta e ha in braccio il bambino. La pancia del bambino è
a contatto con il corpo della mamma; il bambino è appoggiato al
braccio della mamma ed è ben sostenuto;la mamma deve tenere
sollevato il braccio dal lato del seno che viene offerto al bambino; il
braccio del bambino che sta in basso è infilato attorno al fianco della
madre, non tra il petto del bambino e la madre. Fare attenzione che la
testa del bambino non sia nella piega del gomito della madre,
altrimenti il seno viene stirato di lato per arrivare al bambino e questo
gli rende difficile rimanere attaccato
 posizione incrociata (Figura 7c), è utile per neonati piccoli o
ammalati e può essere utile per apprendere ad allattare. La madre,
infatti, ha un buon controllo della testa e del corpo del neonato. Fare
attenzione che la testa del bambino non sia afferrata troppo stretta
impedendone il movimento
 posizione rugby (Figura 7d), è utile quando la mammella è molto
piena di latte per drenarne tutte le regioni o nel caso si allattino 2
gemelli. Dà alla madre una buona visione dell’attacco. La donna tiene
il bambino con il braccio corrispondente al seno che offre; è utile
mettere un cuscino al fianco della mamma e appoggiarvi sopra il
bambino con il corpo sotto al braccio della mamma; con la mano
sostiene la testa del bambino e la avvicina alla mammella. Fare
attenzione che il bambino non pieghi il collo, forzando il mento in
basso verso il torace.
25
Figura 6. Le Posizioni per l’Allattamento al Seno
5.2 SEGNI DI ADEGUATA PRODUZIONE E ASSUNZIONE DI LATTE
Il neonato dovrebbe essere allattato al seno liberamente, senza orari fissi e
frequentemente. Una frequenza di 8-12 poppate al giorno è da ritenersi nella
norma, così come un ritmo irregolare delle poppate (per esempio 2-3
poppate a intervallo di un’ora l’una dall’altra, quindi concentrate nell’arco di
un paio d’ore, dette anche cluster feeds). La durata del pasto è molto
variabile, in rapporto alla velocità di flusso del latte e al comportamento del
neonato: quando il bambino è sazio si stacca da solo.
I segni affidabili di un’adeguata produzione e assunzione di latte sono
l’emissione di
urine e feci e un bambino vivace e che cresce bene. Se
l’allattamento procede bene, il bambino deve bagnare 5 o 6 pannolini al
giorno con urina chiara e diluita. Per quanto riguarda le feci, è normale il
passaggio dal meconio alle feci il quarto giorno di vita, e l’emissione di feci
molto liquide e giallastre (3-8 scariche al giorno per tutto il primo mese, poi in
media almeno una scarica ogni 3-4 giorni).
L’aumento di peso è un segno affidabile, se è disponibile una bilancia
accurata e si possono ripetere regolarmente i pesi con la stessa bilancia. I
neonati possono perdere il 7-10% del loro peso alla nascita nei primi giorni,
ma devono riguadagnare quanto perso in 2-3 settimane. Se le madri iniziano
ad allattare in maniera esclusiva subito dopo la nascita, con poppate
frequenti ed efficaci, possono perdere pochissimo peso. Data la variabilità
dell’assunzione di latte materno da poppata a poppata, l’utilizzo della doppia
pesata prima e dopo i pasti non è consigliata perché non dà indicazioni
affidabili e utili, ed è fonte di preoccupazione per le madri, può minare la
confidenza materna nella propria capacità di allattare al seno e insinua
26
tentazione di offrire delle aggiunte. Indicativamente, un lattante raddoppia
intorno al quarto-sesto mese il proprio peso corporeo alla nascita e lo triplica
all’anno. I bambini nutriti subito dopo la nascita esclusivamente con latte
materno,rispetto a quelli nutriti con latte artificiale, guadagnano più
rapidamente peso nei primi 3-4 mesi, poi l’andamento si fa relativamente più
lento. Per valutare la crescita di tutti i bambini, sia quelli allattati al seno sia
quelli alimentati con formula, sono disponibili gli standard dell’OMS, elaborati
raccogliendo le misure di crescita per i bambini allattati al seno fino a 4-6
mesi.
Figura 7. La Curva di Crescita OMS (Maschi)
Figura 8. La Curva di Crescita OMS (Femmine)
Va però sottolineato che per decidere un’integrazione di latte artificiale non è
importante il percentile di peso in cui si colloca il bambino, ma la diminuzione
della velocità di crescita verificata con almeno tre pesate a intervalli
appropriati. In ogni caso la decisione non va mai presa valutando solamente
la curva di crescita, ma bisogna considerare anche le condizioni generali di
salute del bambino.
27
6. RIDOTTA LATTOGENESI: QUANDO USARE I GALATTOGOGHI
6.1 CAUSE DI BASSA PRODUZIONE LATTEA NELLA MADRE
Le cause più frequenti di bassa produzione lattea sono legate ai fattori che
limitano la quantità di latte che il bambino estrae dal seno con conseguente
inadeguata produzione per la scarsa stimolazione della mammella (numero
ridotto di poppate, poppate troppo brevi o a orario rigido, attacco scorretto,
eliminazione delle poppate notturne, supplementazioni con latte artificiale,
uso del ciuccio). Meno frequenti sono le cause su base anatomica (sviluppo
inadeguato del seno durante la gravidanza con netta riduzione o assenza dei
lattociti; ritenzione di materiale placentare; chirurgia del seno quando
interrompe i dotti galattofori o l’innervazione del seno: mastoplastica riduttiva,
incisioni periareolari, biopsie escissionali, drenaggi di ascessi). Infine molto
rare sono le cause da correlare all’assunzione di farmaci (contraccettivi e
diuretici) e/o sostanze (alcool e fumo); la denutrizione grave; una nuova
gravidanza.
6.2 CAUSE DI BASSA INTRODUZIONE LATTEA NEL NEONATO
Le cause più frequenti sono la suzione inefficace per
prematurità ;la
presenza di un frenulo corto (3% dei neonati) che in alcuni casi può rendere
necessaria la frenulectomia; alterazioni minori della struttura della cavità
orale (es: la micrognatia) che possono comportare difficoltà nella suzione e
causare lesioni al capezzolo per effetto di un attacco non corretto; malattie
cardiache, respiratorie e/o neurologiche, di solito associate ad ipotonia o
ipertonia neonatale.
6.3 CRITERI PER DEFINIRE UNA RIDOTTA LATTOGENESI
Se dopo un’ attenta valutazione medica si osserva la presenza dei seguenti
28
segni, si può parlare propriamente di Insufficienza Lattea tale da giustificare il
ricorso a modalità alternative:

un calo ponderale oltre il 10% rispetto a quello alla nascita in un
lattante sotto le 2 settimane

un mancato recupero del calo ponderale fisiologico entro le prime 2
settimane

un’oliguria prolungata per oltre 24 ore, quantificabile con meno di 5
pannolini bagnati di urina in 24 ore dal 5° giorno di vita, 6-7 se si tratta
di pannolini di stoffa che vengono cambiati più frequentemente

la mancata produzione di feci entro la fine della prima settimana

la presenza di segni di disidratazione

un incremento ponderale medio < 20 grammi al giorno tra la seconda
settimana e il terzo mese o un calo ponderale inspiegabile

una curva di accrescimento piatta e in decelerazione in un lattante
sopra i 3 mesi.
6.4 INDICAZIONE AI GALATTOGOGHI
I galattogoghi (o lattogoghi) sono farmaci o altre sostanze ritenuti di aiuto
nell’aumento della produzione materna di latte e/o nell’inizio e mantenimento
dell’allattamento al seno. Come già sappiamo, la produzione di latte materno
è un processo fisiologico complesso che coinvolge fattori fisici ed emotivi e
l’interazione di molti ormoni, il più importante dei quali si ritiene che sia la
prolattina. Con il parto e l’espulsione della placenta, i livelli di progesterone
calano bruscamente ed inizia una copiosa produzione di latte (Lattogenesi
Secondaria). Attraverso l’interazione con l’ipotalamo e l’ipofisi anteriore, i
dopaminergici inibiscono, mentre gli anti-dopaminergici aumentano la
secrezione di prolattina e quindi la produzione di latte (controllo endocrino).
In seguito, i livelli di prolattina diminuiscono gradualmente ma la produzione
di latte viene mantenuta od aumentata da meccanismi locali di feed-back
(controllo autocrino). Pertanto, è necessario un aumento dei livelli di
prolattina per incrementare, ma non per mantenere, la produzione di latte.
29
Se le mammelle non sono svuotate regolarmente e completamente la
produzione di latte cala. Allo stesso modo, lo svuotamento più frequente e
completo del seno determina caratteristicamente un
aumento nella
produzione lattea. Pertanto l’uso dei galattogoghi per un’insufficiente
produzione di latte dovrebbe essere riservata soltanto alle situazioni nelle
quali, dopo un’accurata valutazione di cause trattabili (es. l’ipotiroidismo
materno o l’assunzione di farmaci), l’aumentata frequenza di poppate od il
ricorso a tiralatte o spremitura, non abbia dato successo. Ad oggi le
indicazioni più comuni per l’uso dei galattogoghi sono l’aumento di una
produzione insufficiente di latte a causa di malattie di madre o bambino, o di
separazione della diade, la rilattazione (cioè ristabilire la produzione di latte
dopo losvezzamento), e l’allattamento dei piccoli adottati (cioè l’induzione
della lattazione in una donna che non ha portato in grembo il bambino).
6.5 GALATTOGOGHI IN COMMERCIO
Metoclopramide
La metoclopramide risulta il farmaco più studiato ed usato per indurre od
aumentare la lattazione negli USA. E’ un’antagonista della
dopamina a
livello del sistema nervoso centrale e pertanto aumenta i livelli di prolattina.
E’ anche nota come antiemetico ed è frequentemente usata per il reflusso
gastro-esofageo nel lattante. La metoclopramide non sembra alterare in
modo significativo la composizione del latte.
Effetti collaterali nella madre: irrequietezza, sonnolenza, stanchezza e
diarrea, rari effetti extrapiramidali (insonnia, cefalea, confusione, vertigini,
depressione psichica o sensazione d’ansietà o agitazione). Solo in
quest’ultimo caso il farmaco va sospeso. Effetti collaterali nel bambino:
non noti. Controindicazioni all’uso: pazienti affetti da epilessia o in
trattamento anticonvulsivante, in caso di depressione significativa o di
trattamento con antidepressivi, in pazienti affetti da feocromocitoma o
ipertensione non controllata, in caso di emorragia od occlusione intestinale,
allergia nota o precedente reazione avversa alla metoclopramide. Dosaggio:
da 30 a 45 mg/die in tre o quattro dosi refratte, con un effetto dose-risposta
30
fino a 45 mg al giorno. Di solito viene somministrata per un periodo di 7-14
giorni a dosaggio pieno, con una riduzione graduale fino alla sospensione in
5-7 giorni. Periodi d’uso più prolungati possono essere associati ad
un’aumentata incidenza di depressione.
Domperidone
Il domperidone è l’unico galattagogo valutato in uno studio clinico
randomizzato che si è dimostrato sicuro ed efficace nell’aumentare la
produzione di latte materno. E’ un antagonista della dopamina ed un
antiemetico. A causa delle sue caratteristiche farmacologiche, è meno
probabile che il domperidone attraversi la barriera emato-cerebrale materna,
determinando così minori effetti collaterali di tipoextrapiramidale rispetto alla
metoclopramide. Non altera la composizione lattea.
Effetti collaterali nella madre: secchezza delle fauci, cefalea e crampi
addominali (sebbene tutti molto rari). Controindicazioni all’uso: emorragia
gastrointestinale, occlusione meccanica, perforazione intestinale. Dosaggio:
tra 10 e 20 mg, 3-4 volte al giorno per un periodo di 3-8 settimane.
Sulpiride e Clorpromazina
Entrambi i farmaci rientrano tra i neurolettici e determinano l’aumento dei
livelli di prolattina attraverso il blocco dei recettori della dopamina. Effetti
collaterali nella madre: insonnia, cefalea, confusione, vertigini, depressione
psichica o sensazione d’ansietà o agitazione, possibile aumento di peso.
Dosaggio Sulpiride: 50 mg 2-3 volte al giorno. Dosaggio Clorpromazina:
25 mg per tre volte al giorno per una settimana.
Ormone umano della crescita (HGH)
Uno studio randomizzato, a doppio cieco, controllato con placebo condotto
con la somministrazione di HGH per via sottocutanea ha evidenziato un
incremento significativo nel volume del latte a partire dal 7° giorno in 16
donne sane che allattavano. Non si sono riscontrate variazioni documentate
nella composizione lattea. Effetti collaterali nella madre: nessuno.
Dosaggio: 0.1U.I./kg/die s.c. Questo galattagogo iniettabile è molto costoso
e pertanto la sua pratica è limitata.
31
Ormone di rilascio della tirotropina (TRH)
Questo ormone comunemente usato per valutare la funzionalità tiroidea,
determina il rilascio da parte dell’ipofisi sia dell’ormone che stimola la tiroide
(TSH) che della prolattina. Lo studio più recente suggerisce che l’uso per
breve tempo è sicuro ed efficace, mentre quello per periodi prolungati non è
stato valutato. Dosaggio: un puff spray (1mg TRH) 4 volte al giorno oppure
200 μg e.v. oppure 5 mg x os (32). Nonostante ciò, il TRH non viene mai
usato nella pratica clinica.
Galattogoghi naturali
Nel corso della storia le donne hanno spesso usato delle erbe per aumentare
la loro produzione lattea. La maggior parte di queste sostanze non hanno
ricevuto una valutazione scientifica ma l’uso tradizionale ne suggerisce la
sicurezza ed una certa efficacia. Per tutte le sostanze i meccanismi di azione
sono sconosciuti. Non ci sono dosi, preparazioni o composizioni standard, ed
un pericolo può essere rappresentato dalle preparazioni fraudolenti.
Le erbe comunemente indicate come galattogoghi comprendono il fieno
greco, la ruta caprina, il cardo del latte, l’anice, il basilico, il cardo benedetto, i
semi di finocchio e la malva. Le più usate e conosciute tra queste sono:
-
Fieno Greco (Trigonella Foenum-Graecum): è il galattagogo erbaceo
consigliato più frequentemente. Fa parte della famiglia dei piselli, ed è
catalogato dalla Food and Drug Administration Statunitese (F.D.A)
Statunitense come GRAS (cioè in genere sicuro). Due recenti lavori
preliminari ne suggeriscono l’efficacia, riportando un significativo
aumento di produzione lattea entro 24-72 ore dall’assunzione.
Effetti collaterali nella madre: odore simil acero nel sudore, nel latte e
nell’urina;
diarrea;
aumento
dei
sintomi
asmatici;
ipoglicemie.
Controindicazioni all’uso: gravidanza (aumenta l’attività contrattile
dell’utero) e asma. Dosaggio: da 1 a 4 capsule (580-610 mg) tre o
quattro volte al giorno. In alternativa può essere assunto come una tazza
di infuso filtrato tre volte al giorno (1/4 di cucchiaino di semi messi in
infusione in 240 ml di acqua per 10 minuti).
32
-
Ruta Caprina (Galega Officinalis): è un galattagogo tradizionale,
ampiamente consigliato in Europa, sulla base dell’osservazione di un
aumento della produzione lattea nelle mucche che la assumevano come
alimento nel 900. Non sono stati effettuati studi clinici controllati
sull’uomo. Effetti collaterali nella madre: sonnolenza, ipotonia, letargia,
vomito, ipoglicemia. Effetti collaterali nel bambino: sonnolenza e
suzione debole. Dosaggio: si usa di solito come infuso (1 cucchiaino di
foglie essiccate messo in infusione in 240 ml di acqua per 10 minuti), con
l’assunzione di 1 tazza tre volte al giorno.
-
Cardo del Latte (Silibum Marianum): storicamente è stato utilizzato in
tutta Europa, ma non esistono studi clinici controllati per avvalorarne
l’uso. L’associazione Americana dei Prodotti a base di Erba la considera
sicura se usata in modo appropriato. Dosaggio: 2 o 3 tazze di infuso
filtrato al giorno (1 cucchiaino di semi macinati in 240 ml di acqua per 10
minuti).
33
7. LATTI DI PROSEGUIMENTO ED INDICAZIONE ALLE INTEGRAZIONI
Di recente l'OMS ha divulgato una nuova presa di posizione sull’uso dei “latti
di proseguimento” e ribadito la raccomandazione di allattare esclusivamente
per i primi 6 mesi di vita del bambino e proseguire poi l’allattamento al seno
integrandolo con i cibi della famiglia. Le formule di proseguimento e di
crescita non sono necessarie. Inoltre, questi latti formulati sono inadatti a
sostituire il latte materno oltre i 6 mesi di vita del bambino a causa della loro
composizione, che porta a un'eccessiva assunzione di proteine e ad un
ridotto apporto di acidi grassi essenziali, ferro, zinco e vitamina B.
Il pasto di Integrazione è un pasto fornito al posto dell’allattamento al seno e
può comprendere latte materno spremuto o di banca. Viene così definita
Integrazione qualsiasi tipo di alimento introdotto prima dei 6 mesi di vita,
durata raccomandata per l’allattamento al seno esclusivo. E’ necessario
sottolineare che il neonato sano non ha bisogno di integrazioni per scarsa
alimentazione nelle prime 24-48 ore di vita in quanto possiede un contenuto
di acqua corporea sufficiente per soddisfare le proprie necessità metaboliche
e prevenire così l’ipoglicemia neonatale. Le integrazioni, inoltre, possono
prevenire l’attuazione della produzione materna di latte e possiedono effetti
contrari sull’allattamento al seno (ad esempio lattogenesi ritardata e/o
ingorgo mammario); alterano la flora intestinale del neonato sensibilizzandolo
verso alcuni allergeni; interferiscono con il legame madre/bambino. Pertanto,
prima di iniziare qualsiasi tipo di integrazione, è importante eseguire una
attenta
valutazione
di
ogni
diade
madre/bambino,
compresa
una
osservazione diretta di una poppata. Nel caso fosse necessario occorre
favorire la spremitura del latte materno e provvedere alla somministrazione di
questo latte spremuto o del latte materno di banca. Di seguito si riportano le
giuste modalità di conservazione del latte materno spremuto.
 Latte materno fresco
• a 25-37 °C per 4 ore
• a 15-25 °C per 8 ore
• a meno di 15 °C per 24 ore
34
• non conservare a più di 37 °C
 Latte materno refrigerato
• 2-4 °C, nella parte più fredda del frigorifero fino a 8 giorni. Dal
momento che molti frigoriferi mantengono una temperatura
costante, è preferibile usare il latte entro 3-5 giorni e/o congelare
quello che non si userà.
 Latte materno congelato
• nel comparto congelatore di un frigorifero: 2 settimane
• nel comparto congelatore di un frigorifero congelatore: 3 mesi
• in un congelatore separato a bassa temperatura: 6 mesi
• scongelato lentamente in un frigorifero: 24 ore (non ricongelare),
o mettendo il contenitore in una pentola o terrina con acqua calda
per uno scongelamento più rapido.
Solo se queste opzioni non sono possibili, si deve ricorrere al latte
artificiale.Le seguenti linee guida rappresentano le indicazioni ed i metodi di
integrazione per il neonato sano, a termine (37-42 sett.), allattato al seno.
L’Integrazione NON è indicata in caso di:
1) Neonato sonnolento che fa meno di 8-12 poppate nelle prime 24-48 ore di
vita con un calo ponderale inferiore al 7% e senza segni di malattia
2) Neonato con valori di bilirubina totale inferiori a 20 mg/dl dopo 72 ore di
vita se il piccolo sta mangiando bene, emette feci in modo adeguato ed il
calo ponderale è inferiore al 7%
3) Neonato molto attivo di notte o che poppa costantemente per molte ore.
4) Madre che dorme
L’integrazione E’ indicata in caso di:
1) Ipoglicemia che non risponde a poppate al seno frequenti ed adeguate
2) Separazione dalla Madre
35
- Malattia materna che comporta separazione di madre e figlio
(es psicosi, eclampsia o shoch)
- Madre che non si trova nello stesso Ospedale (es. morte materna)
3) Neonato affetto da errori congeniti del metabolismo (es. galattosemia)
4) Neonato incapace di poppare al seno (es. malformazioni congenite,
malattia)
5) Farmaci assunti dalla madre (quelli controindicati in corso di allattamento
al seno)
L’integrazione E’ possibile in caso di:
1) Indicazioni neonatali
a) Ipoglicemia documentata da misurazioni della glicemia dal laboratorio
(non stick) dopo che il neonato ha avuto opportunità adeguata di
poppare al seno
b) Evidenza clinica di disidratazione significativa
c) Calo ponderale tra 8% e 10% accompagnato da ritardo della lattogenesi
(5° giornata o dopo)
d) Ritardo nei movimenti intestinali o emissione di feci meconiali in
5°giornata
e) Introduzione non sufficiente nonostante una produzione lattea adeguata
f) Iperbilirubinemia
i) Ittero da allattamento al seno in cui l’ingestione è scarsa nonostante
un intervento appropriato
ii) Ittero da latte materno quando i valori raggiungono e/o superano 2025mg% in un neonato che altrimenti cresce bene ed in cui può
essere utile una interruzione diagnostica dell’allattamento al seno
g) Basso peso alla nascita
i) Quando non è disponibile latte a sufficienza
ii) Quando è indicata una integrazione di nutrienti
36
2) Indicazioni materne
a) Ritardata lattogenesi (5° giornata o dopo) ed ingestione non adeguata
da parte del neonato
b) Dolore intollerabile durante la poppata non alleviato dalle misure prese
c) Indisponibilità della madre per grave malattia o per separazione
geografica
d) Insufficienza ghiandolare primitiva (insufficienza primitiva della
lattazione), come dimostrato dalla scarsa crescita del seno durante la
gravidanza e da minimi indizi di lattogenesi, patologia mammaria o
precedente chirurgia mammaria che comporta una scarsa produzione
di latte.
e) Ritardo nella lattogenesi
i) Placenta ritenuta (probabilmente la lattogenesi si verificherà dopo
la rimozione dei frammenti placentari)
ii) Sindrome di Sheehan (emorragia post-partum seguita da assenza
della lattogenesi)
37
8. LA SALUTE DELLA DONNA CHE ALLATTA AL SENO
8.1 ALIMENTAZIONE DELLA MADRE E STILI SALUTARI IN ALLATTAMENTO
I bisogni nutrizionali della donna che allatta sono da sempre oggetto di
attenzione particolare. In realtà per una mamma che allatta e non ha
problematiche cliniche particolari, è sufficiente introdurre alimenti e bevande
in quantità e di qualità adeguate a sentirsi bene ed essere in grado di
prendersi cura della famiglia, assumendo tutte le proteine, le vitamine e i
minerali di cui ha bisogno. Non è necessario mangiare alimenti speciali o
evitarne alcuni durante l’allattamento. La riserva di tessuto adiposo
accumulato in gravidanza associata all’energia introdotta con l’alimentazione
quotidiana assicurano la produzione di latte durante l’allattamento. Rispetto a
una donna che non allatta, servono solo circa 500 calorie in più al giorno per
produrre la quantità di latte (750-1.000 ml) che serve al bambino. Solo in
condizioni di grave malnutrizione la produzione del latte viene compromessa:
con una riduzione modesta di cibo entrano in gioco le scorte materne e, al
massimo, la produzione di latte si riduce di poco come quantità e come
contenuto di grassi. Quanto all’introito di liquidi, le madri che allattano al seno
sono spesso incoraggiate a bere molto.Tuttavia forzare questo meccanismo
fisiologico non aumenta l’apporto di latte ma può persino ridurlo. Una madre
deve perciò bere quando ha sete o se nota che le sue urine sono scarse o
concentrate. Molte affermazioni e raccomandazioni su comportamenti da
adottare o evitare durante l’allattamento sono prive di fondamento scientifico,
tanto da essere considerate dei veri e propri “miti da sfatare”, dimostrandone
la mancanza di prove scientifiche e opponendo considerazioni razionali.
Di seguito i principali.
 Quando si allatta si deve mangiare per due: FALSO
Una mamma produce da 750 ml a un litro di latte e necessita di 500-700
calorie aggiuntive, una quota di energia facilmente assimilabile con una
piccola porzione di cibo in più.
 Molti
cibi,
come
aglio,
cipolla,
cavoli,
controindicati durante l’allattamento: FALSO
38
broccoli,
sono
Una donna che allatta al seno deve sentirsi libera di mangiare secondo le
proprie abitudini. Non ci sono alimenti vietati, anche perché nella vita
intrauterina il bimbo già si abitua a sapori, gusti e/o spezie. Più
l’alimentazione della mamma è variata, più il latte cambia sapore e maggiore
è il gusto che prova il bambino. Inoltre, poiché il cibo fa parte della cultura,
rispettare le abitudini alimentari significa rispettare la cultura di una persona.
L’alimentazione vegetariana non pone problemi in allattamento, mentre
nell’alimentazione vegana il latte materno può essere carente di vitamine
B12, che la mamma deve assumere.
 Bere birra facilita la lattazione: FALSO
Non è documentato che alcun tipo di bevanda assunto in abbondanza faciliti
la produzione di latte, che dipende in gran parte dalla correttezza dell’attacco
e dall’efficacia della suzione.
 Un bicchiere di vino non fa male: VERO
Un bicchiere al pasto è consentito occasionalmente, ma è bene adottare la
semplice precauzione di non allattare il bambino subito dopo che si è bevuto.
 Il caffè e il tè vanno aboliti: FALSO
Non ci sono prove scientifiche sul fatto che siano dannosi e vadano quindi
aboliti. Va usato il buon senso, non superando le tre tazzine al giorno se
gradite. Solo con un consumo elevato (7-8 tazze) è descritto il rischio di
irritabilità nel lattante, ma non ci sono prove che determinino insonnia.
 È vietato fumare: VERO
Gravidanza e allattamento sono una buona occasione per smettere di
fumare. È importante creare un ambiente libero dal fumo, eliminando non
solo il fumo passivo, ma anche quello cosiddetto di “terza mano” e cioè
l’odore e le sostanze che rimangono sul corpo e sui vestiti dei fumatori e
vengono respirate e assorbite dai conviventi. L’impegno a non fumare vale
per entrambi i genitori che devono essere consapevoli che il fumo in casa è
più dannoso dell’inquinamento perché si respira in un ambiente più ristretto
e chiuso. Se una donna che allatta non riesce comunque a smettere di
39
fumare,questo non rappresenta una ragione per rinunciare all’allattamento al
seno.
 Durante il ciclo mestruale non si deve allattare: FALSO
Se si allatta in maniera corretta generalmente la ricomparsa delle
mestruazioni viene ritardata. È possibile che la madre noti un lieve calo nella
produzione di latte in prossimità della mestruazione.
 In caso di febbre, influenza, raffreddore o diarrea della mamma è
meglio non allattare: FALSO
Se è comparsa la febbre, l’infezione è già in corso e quindi il bambino ha già
reagito. Si possono prendere antipiretici come il paracetamolo o l’ibuprofene,
ma non l’aspirina. In caso di diarrea si può proseguire tranquillamente
l’allattamento.
 Durante l’allattamento, la madre deve evitare l’attività sportiva:
FALSO
La mamma può e deve fare attività motoria.
 Allattare indebolisce e depaupera le risorse dell’organismo
materno.In particolare danneggia i denti della mamma: FALSO
Basta mantenere una corretta igiene orale.
 Fa cadere i capelli: VERO
Si tratta dei capelli che non sono caduti durante la gravidanza per effetto
degli estrogeni e cadono tutti contemporaneamente dopo il parto con la
discesa del tasso ormonale: una donna non in gravidanza ha lo stesso
ricambio, ma più graduale.
 E’ controindicato nelle donne che soffrono di miopia: FALSO
Si tratta di una convinzione superata, non esistono controindicazioni al
riguardo.
40
8.2 CONTRACCEZIONE DURANTE L’ALLATAMENTO AL SENO
Le madri che allattano esclusivamente al seno e sono in amenorrea da
allattamento sono in teoria protette dalla gravidanza. Questa condizione
conferisce una protezione del 98%, cioè pari a quella della pillola
contraccettiva, soltanto se sono soddisfatte tutte le seguenti
condizioni:
-
la madre non ha ripreso a mestruare
-
la madre allatta in maniera esclusiva, con alta frequenza e anche con
poppate notturne
-
il bambino ha meno di 6 mesi.
Se una sola di queste condizioni non è soddisfatta, è consigliabile per la
madre usare un altro metodo di pianificazione familiare e comunque
proseguire con l’allattamento al seno. Dopo il sesto mese di vita del bambino
o se non sono soddisfatte le tre condizioni descritte, per evitare una
gravidanza sono indicati metodi contraccettivi.
Per favorire la scelta del metodo da parte della donna che allatta al seno,
occorre fornire una dettagliata e adeguata informazione su tutte le opzioni
disponibili. Tutti i metodi non ormonali (dispositivi intrauterini, profilattici,
diaframmi e spermicidi) sono adatti purché la coppia li utilizzi in modo
corretto, in quanto non hanno effetti sulla lattazione.
Per quanto riguarda la contraccezione ormonale, i contraccettivi contenenti
solo progestinici sono molto efficaci e non hanno effetti inibitori sulla
lattazione, mentre i contraccettivi combinati contenenti estrogeni determinano
una diminuzione della produzione di latte (questo effetto non è comunque da
considerare la regola con i contraccettivi più recenti a basse dosi di
estrogeni). I metodi ormonali andrebbero iniziati 6 settimane dopo il parto.
41
9. PROBLEMI IN CORSO DI ALLATTAMENTO AL SENO
Durante l’allattamento possono insorgere problemi o patologie che ne
compromettono
la
buona
riuscita
se
non
tempestivamente
e
appropriatamente trattati. Nella maggior parte dei casi derivano da una
gestione non corretta dell’allattamento materno (attacco al seno sbagliato,
posizione errata della diade madre-bambino, inadeguata frequenza ed
inefficienza delle poppate). Talvolta però possono complicarsi con processi
infettivi che il personale sanitario deve saper prevenire e gestire nei tempi e
nei modi adeguati, al fine di evitare l’interruzione dell’allattamento al seno o
l’integrazione con il latte artificiale.
9.1 CAPEZZOLI INVERTITI
In presenza di capezzoli invertiti, è necessario seguire con particolare
attenzione la donna che allatta, cominciando col fornirle una maggiore
rassicurazione. Nei primi due giorni bisogna garantirle aiuto per migliorare la
posizione e l’attacco al seno.
Consigli Utili: Si può pertanto suggerire di modificare delicatamente la forma
dell’areola per farla diventare “a cono” o “a sandwich” usando una presa a C,
in modo che il neonato possa attaccarsi meglio oppure può essere usato un
mastosuttore che eserciti una blanda trazione sul capezzolo. È anche
indicato il metodo della siringa (da utilizzare prima dell’attacco al seno del
bambino), che favorisce la fuoriuscita del capezzolo invertito e consente alla
madre di controllare la forza della suzione ed evitare dolore e danni al
capezzolo. È particolarmente importante prevenire l’ingorgo che renderebbe
ancora più difficile l’attacco al seno.
9.2 RAGADI
Nelle prime settimane di allattamento al seno è possibile la comparsa di
lesioni del capezzolo estremamente dolenti. Di solito le ragadi sono il
42
risultato di un cattivo attacco e di un’errata posizione durante l’allattamento
per cui il bambino, a fronte di una poppata inefficace, succhia con eccessiva
energia. Occorre pertanto in primis osservare la mammella e i capezzoli,
anche a fine poppata, e chiedere poi alla madre di descrivere ciò che sente:
un dolore all’inizio della poppata che tende a diminuire quando il bambino si
stacca è molto probabilmente dovuto a problemi con l’attacco; mentre un
dolore che peggiora durante la poppata e continua dopo che è terminata,
spesso descritto come bruciante o lancinante, potrebbe essere causato da
un’infezione da Candida Albicans.
Consigli Utili: Non limitare la frequenza delle poppate e tantomeno smettere
di allattare per far riposare il seno (l’apporto di latte diminuirà se non è
rimosso dal seno); iniziare ogni poppata dal seno meno colpito; applicare
latte spremuto sui capezzoli dopo le poppate per lubrificare e ammorbidire i
tessuti; applicare un impacco caldo al seno prima delle poppate per stimolare
il riflesso ossitocinico; se il bambino si addormenta e non succhia
attivamente pur rimanendo attaccato, staccarlo dolcemente dal seno; lavare i
capezzoli una sola volta al giorno per una normale igiene, e non ad ogni
poppata; evitare di applicare sui capezzoli sapone, unguenti e creme, poiché
rimuovono il grasso naturale; evitare l’uso del paracapezzolo in quanto
potrebbe interferire con i tentativi del neonato di coordinare i movimenti della
suzione. Trattamento: aiutare la madre a migliorare la posizione e l’attacco
al seno; terapia antalgica con Ibuprofene 400 mg ogni 6-8 ore in quanto il
dolore inibisce la produzione di ossitocina che è necessaria per la fuoriuscita
del latte dalla ghiandola; richiedere una consulenza ostetrica se la lesione
non tende a risolversi in 48-72 ore in quanto la madre potrebbe avere un
ingorgo mammario.
9.3 INGORGO MAMMARIO
Questo problema si verifica in tutte le situazioni in cui la mammella non viene
svuotata completamente e di frequente (ritardo nell’inizio dell’allattamento
dopo la nascita, attacco inadeguato, poppate poco frequenti o troppo brevi,
mancanza delle poppate notturne, assenza di rooming in). È facilitato anche
43
in presenza di dolore mammario, irritazione o ragadi(1,3).
Va trattato
tempestivamente altrimenti il fattore di inibizione della lattazione riduce la
produzione di latte e il latte non fuoriesce più.
Segni: Il seno diventa molto caldo, duro e dolente, e appare teso e lucente. Il
capezzolo può essere stirato, teso e appiattito, rendendo difficile l’attacco del
bambino e favorendo l’insorgere di ragadi, con tendenza a un circolo vizioso
che peggiora l’ingorgo. La madre solitamente non ha febbre e le sue
condizioni generali sono buone.
Consigli: facilitare l’attacco e incrementarne la frequenza (8-12 volte in
24 ore), offrendo al bambino per primo il seno con l’ingorgo; massaggiare
delicatamente il seno e spremerlo manualmente per rimuovere il latte e
favorire così la lattazione; applicare impacchi caldi prima e durante la
poppata per favorire la fuoriuscita di latte e impacchi freddi fra le poppate
per ridurre il dolore.1,4-6; indossare reggiseni comodi che non comprimano il
seno. Trattamento: correggere la posizione materna e l’attacco al seno;
terapia antalgica (Ibuprofene 400 mg ogni 4 ore per 2 giorni, poi ogni 6-8
ore).
9.4 BLOCCO DOTTO GALATTOFORO
A volte il latte non defluisce da una zona del seno per l’ostruzione di un dotto
galattoforo. Questo può causare infiammazione dei tessuti fino alla mastite
non infettiva, cui si può sovrapporre la forma infettiva. Anche questo
problema è riconducibile a poppate poco frequenti e ad una rimozione
inadeguata di latte da una zona del seno. Inoltre può essere favorito da una
eccessiva pressione ab estrinseco della mammella (reggiseni stretti; trauma;
posizione scorretta). Segni: si può palpare un nodulo talvolta doloroso e la
pelle sovrastante appare iperemica ed edematosa. La madre solitamente
non ha febbre e le sue condizioni generali sono buone.
Trattamento: aumentare le poppate, variando le posizioni in modo da
drenare la mammella nelle varie parti; massaggiare il seno ed applicare
impacchi caldi prima della poppata; terapia antalgica (Paracetamolo 3 g al
giorno o
Ibuprofene 400 mg ogni ogni 6-8 ore; richiedere Ecografia
44
Mammaria, se il sintomo persiste per più di 3 giorni per escludere la
formazione di un Ascesso Mammario.
9.5 MASTITE
L’estrema conseguenza dell’ingorgo mammario o dell’ostruzione di un dotto
galattoforo non trattati è la mastite,ossia una infiammazione del tessuto
mammario, di solito monolaterale, a cui può
sovrapporsi un’infezione
batterica. Di solito la flogosi viene favorita da concomitanti lesioni del
capezzolo che rappresentano quindi una porta di ingresso per i germi.
Si sviluppa in circa un terzo delle donne, più spesso in quelle che allattano
per la prima volta, ed è più frequente nel primo trimestre, anche se può
insorgere in qualsiasi momento. Riconosce come fattori predisponenti tutte le
situazioni che determinano un ingorgo mammario, come la riduzione della
frequenza e della durata delle poppate,legate sia a cause materne
(privazione di sonno, ripresa del lavoro, stress, stanchezza e affaticamento,
anemia, iperproduzione di latte, storia di chirurgia mammaria) sia al bambino
(malattie intercorrenti, fasi di sonno notturno progressivamente più lungo).
Segni e Sintomi: tensione mammaria, gonfiore, eritema locale, dolore che si
estende alla muscolatura toracica, febbre con brividi,cefalea, astenia.
Consigli: continuare l’allattamento offrendo il seno frequentemente (8-12
volte in 24 ore) e iniziando da quello con l’infezione; correggere l’attacco al
seno; evitare pressioni da parte di indumenti o delle dita; se il seno è molto
grande facilitare il deflusso del latte,oltre che con poppate frequenti, anche
con massaggi delicati in direzione del capezzolo e con impacchi caldi
dell’area colpita prima della poppata. Trattamento: riposo;1-3 idratazione;
drenaggio mammario (rimuovere il latte dalla mammella con la spremitura
manuale o con il mastosuttore); antipiretico (paracetamolo 3 g al giorno);
antinfiammatorio (Ibuprofene 400 mg ogni 4 ore per i primi 2 giorni, poi ogni
6-8 ore); se febbre per più di 24 ore è indicata terapia antibiotica. Dal
momento che il germe più frequentemente isolato è lo Staphylococcus
aureus (sono pochi i casi dovuti a Escherichia coli) si può ricorrere ad un
antibiotico delle classi delle penicilline o delle cefalosporine (ad esempio
45
amoxicillina + acido clavulanico; cefalexina; o dicloxacillina). I chinoloni
vanno invece usati con cautela per la segnalazione di danni articolari nei
bambini. La terapia antibiotica va prolungata fino a 10-14 giorni; è provato
infatti che cicli più brevi si associano al rischio di recidiva.
Complicanze: Nel 5-10% dei casi, se il trattamento non è adeguato o
tempestivo, la mastite evolve in uno ascesso mammario. La raccolta di pus
nel tessuto mammario si manifesta come un gonfiore doloroso, a volte con
l’aspetto di una contusione. L’ascesso deve essere aspirato con una siringa
o drenato chirurgicamente. La madre può continuare ad allattare dal seno
sano e anche dal seno interessato dall’ascesso, se il tubo di drenaggio o
l’incisione è abbastanza lontano dall’areola e non interferisce con l’attacco.
Se la madre non può o non vuole allattare dal seno colpito, deve spremere il
latte. Il bambino può riprendere ad allattare da quel seno non appena inizia a
guarire (di solito 2-3 giorni).
9.6 LE INFEZIONI DA CANDIDA ALBICANS
L’infezione del capezzolo da Candida albicans può derivare da un’infezione
presente nella bocca del bambino (candidiasi orale) o in seguito ad una
terapia antibiotica per il trattamento di una mastite o di un’altra infezione.
Sono a rischio anche le donne con un’infezione vaginale da Candida e quelle
che hanno subito un trauma del capezzolo.
Segni e Sintomi nella madre: capezzoli o areola rosa-arancio desquamati e
pruriginosi, oppure rossi e brucianti; capezzoli screpolati; dolori puntori e/o
fitte al seno durante o dopo l’allattamento. Segni e Sintomi nel bambino:
sfogo da pannolino; macchie bianche nella mucosa orale; riluttanza a
poppare. Consigli: mantenere il capezzolo asciutto perché l’ambiente caldo
umido favorisce la crescita del fungo; evitare di dare al bambino il ciuccio o le
tettarelle e di usare il mastosuttore perché potrebbe favorire il trasferimento
del fungo (se non si può evitare l’uso, lasciarli bollire per 20 minuti e
cambiarli settimanalmente); evitare di conservare il latte perché questa
procedura potrebbe favorire la reinfezione del bambino; cambiare il
reggiseno ogni giorno e lavarlo in acqua calda saponata; spiegare alla
46
mamma la tecnica corretta di lavaggio delle mani dopo aver cambiato il
pannolino per prevenire infezioni crociate tra mamma e bambino.
Trattamento: Nella madre Fluconazolo 400 mg il 1° giorno, poi 100 mg 2
volte al giorno per 2-3 settimane (è necessario continuare la terapia per
almeno 1 settimana dalla scomparsa della sintomatologia); Nel bambino
Diflucan sospensione orale 6 mg/Kg il 1° giorno, poi 3 mg/Kg per 2
settimane; se si sospetta una candidiasi vaginale è opportuno trattare anche
il padre o partner con Fluconazolo 150 mg il 1° giorno, da ripetere poi al 7°
giorno); se il quadro è lieve basta una terapia topica con Daktaryn gel orale 4
volte al giorno; in caso di fallimento del trattamento antimicotico, sospettare
un’infezione batterica ed iniziare subito una terapia antibiotica.
47
10. FARMACI E ALLATTAMENTO AL SENO
L’American Academy of Pediatrics ha dichiarato che una ragione comune per
la sospensione dell’allattamento al seno è l’uso dei farmaci e il conseguente
consiglio, nella maggior parte dei casi ingiustificato, da parte dei medici di
interrompere l’allattamento. L’AIFA sottolinea che, nonostante il crescente
numero di donne che richiedono informazioni sulla sicurezza dei farmaci in
allattamento,
le
compagnie
farmaceutiche
quasi
automaticamente
inseriscono nei foglietti illustrativi dei farmaci la dicitura “controindicato in
gravidanza e allattamento”. Da un’indagine effettuata nel 2004 in Italia, infatti,
emerge che degli oltre 11.000 farmaci disponibili sul mercato nazionale,
l’80% è controindicato durante l’allattamento, mentre solo per il 2% è stato
formulato un chiaro profilo di sicurezza. Questa raccomandazione spesso
non è basata su evidenze scientifiche, ma è solo finalizzata ad evitare
conseguenze medico-legali. Dai report del Servizio di informazione
teratologica degli Ospedali riuniti di Bergamo emerge il crescente bisogno di
informazioni accurate, facilmente accessibili e individualizzate sull’uso dei
farmaci in allattamento. Basti pensare che dal 2000 al 2011 le consulenze
sono aumentate da meno di 500 a più di 12.000. Nel 2011 il 52% delle
consulenze riguardava l’allattamento al seno. Gli studi epidemiologici hanno
infatti stimato che due terzi delle neomamme assumono almeno un
medicinale durante le prime settimane dopo il parto.
Nel 70% dei casi sono le stesse donne a chiamare il Servizio, nell’8% la
richiesta proviene da un familiare e solo il 20% dai medici di medicina
generale e/o pediatri. Per quanto riguarda il rischio stimato per i bambini
allattati, nel 71% dei casi il farmaco è stato considerato sicuro, mentre nei
restanti casi è stata necessaria una valutazione caso per caso per trovare
una valida alternativa farmacologica. In questo scenario, emerge la tendenza
a delegare alle donne la responsabilità della scelta tra il trattamento
farmacologico e l’allattamento al seno, senza considerare l’effettivo profilo di
beneficio-rischio
tra
la
terapia
farmacologica
e
la
sospensione
dell’allattamento. Il risultato è spesso l’inutile sospensione, o, al contrario, il
48
rifiuto della madre di curarsi, ma anche il ricorso a trattamenti cosiddetti
“naturali” o all’automedicazione, anche per farmaci considerati sicuri. Le
donne infatti ricevono spesso informazioni poco adeguate ed attendibili
sull’uso dei farmaci durante l’allattamento al seno. Si intuisce pertanto,
quanto possa essere determinante la figura del medico di medicina generale
nel fornire alla donna i giusti strumenti per facilitare una scelta informata e
consapevole. E’ l’unico operatore sanitario in grado di monitorare lo stato di
salute della madre durante l’assunzione di farmaci e pertanto il primo a poter
segnalare eventuali sintomi o reazioni avverse al farmaco. Per questo, è
essenziale che si crei una rete diretta tra il medico di medicina generale ed i
centri specializzati in modo da accedere a fonti informative attendibili e sicure
nel momento in cui si definisce con la madre il piano terapeutico.
10.1 CARATTERISTICHE DEL FARMACO E FARMACOCINETICA
I farmaci assunti dalla madre passano in genere nel latte materno e la loro
concentrazione varia secondo le concentrazioni nel sangue della madre, ma
anche secondo le caratteristiche del farmaco (per esempio l’emivita, il peso
molecolare, il legame con le proteine, la liposolubilità, il grado di ionizzazione
e la farmacocinetica). In genere, più è basso il peso molecolare di un
farmaco e maggiore sarà la probabilità che sia escreto nel latte materno,
semplicemente perché è più facile il passaggio attraverso le cellule epiteliali
degli alveoli mammari. Va tenuto presente che queste cellule sono più
permeabili nei primissimi giorni dell’allattamento e che questo è quindi il
momento in cui la probabilità del passaggio è massima. I farmaci circolano
per la maggior parte nel plasma materno legati all’albumina e solo la quota
libera passa nel latte: perciò i farmaci con un elevato legame proteico nel
plasma materno sono presenti in basse concentrazioni nel latte. Tendono
maggiormente a passare nel latte i farmaci liposolubili, ma la loro
concentrazione dipende dall’intervallo trascorso dal parto. La concentrazione
di questi farmaci è infatti maggiore nel colostro che nel latte maturo, data la
composizione più ricca in lipidi del primo, rispetto al secondo che invece è
più ricco di proteine.
49
Analogo ragionamento vale per l’acidità, dal momento che il pH del colostro
(7,45) è maggiore di quello del latte di transizione e maturo (7,0-7,1): le
molecole alcaline, a differenza di quelle debolmente acide, tendono a
concentrarsi di più nel colostro.
Per quanto riguarda i fattori relativi alla farmacocinetica nella madre, vanno
considerati il volume del latte prodotto (che determina una maggiore o
minore concentrazione/diluizione del farmaco) e il periodo dell’allattamento
(nel nato pretermine e nei primi giorni le giunzioni tra i lattociti sono aperte e
quindi avviene un maggior passaggio di farmaco). È importante anche la via
di somministrazione del farmaco usata: quella endovenosa o intramuscolare
aumenta la quota di farmaco presente nel latte rispetto alla via orale. Le vie
topica, inalatoria e intranasale determinano invece livelli estremamente bassi
nel plasma e quindi un’escrezione trascurabile nel latte.
Numerosi sono i cambiamenti che incidono sulla farmacocinetica nel
neonato: il pH gastrico è alcalino alla nascita, scende a valori di 2-3 entro 2
giorni e raggiunge i valori dell’adulto solo verso i 5-12 anni. La motilità
intestinale e lo svuotamento gastrico sono ritardati nel neonato e nel lattante,
meno con l’allattamento al seno che con quello artificiale. È inoltre ancora
modesta l’attività degli enzimi intestinali (come lipasi e alfa amilasi) che
possono influire sull’assorbimento dei farmaci e la capacità di legame alle
proteine relativamente più bassa, con un aumento della frazione libera del
farmaco. Nel periodo neonatale sono ridotti sia il metabolismo epatico sia la
filtrazione renale, le due principali vie con cui l’organismo smaltisce le
sostanze potenzialmente tossiche introdotte dall’esterno e nel metabolismo
prevalgono a volte vie alternative diverse da quelle dell’adulto. Ovviamente
tutte le funzioni fisiologiche che si osservano nel neonato a termine, sono
molto più ridotte nel neonato prematuro, con maggiore rischio di effetti
indesiderati da parte del farmaco.
Il lattante introduce i farmaci per bocca attraverso il latte e può avere effetti
indesiderati in genere gastrointestinali. Per esempio, in caso di assunzione
di antibiotici si può verificare diarrea o stitichezza. Sono frequenti le reazioni
50
cutanee (rash). Alcuni farmaci inibiscono il riflesso di suzione nel lattante
(come il fenobarbital), mentre altri inibiscono la produzione di latte (come la
bromocriptina). Va ricordato inoltre che un farmaco utilizzato senza problemi
o controindicato in gravidanza può avere un diverso profilo di rischio durante
l’allattamento. Mentre in gravidanza il problema prevalente è quello della
teratogenesi, nell’allattamento vanno considerati con maggiore cautela i
possibili effetti sul bambino. Per esempio le benzodiazepine, a rischio
teratogeno trascurabile, possono dare sedazione nel lattante; mentre gli
antiepilettici, a rischio teratogeno consistente, possono essere utilizzati
nell’allattamento.
10.2 VALUTAZIONE DEL RISCHIO DELL’USO DEI FARMACI IN ALLATTAMENTO
Un approccio pratico e ragionato sulla valutazione dell’uso di un farmaco
durante l’allattamento al seno deve tenere conto quindi di alcuni criteri di
riferimento, riconducibili sostanzialmente a due quesiti:
-
il farmaco assunto dalla madre passa nel latte materno?
-
in caso affermativo, questo passaggio può causare al lattante un rischio
a breve e a lungo termine?
Per rispondere al primo quesito, ricordiamo che il passaggio nel latte
materno (vale a dire un elevato rapporto tra la concentrazione del farmaco
nel latte materno e la sua concentrazione nel plasma materno) è favorito dai
seguenti fattori:
• caratteristiche farmacocinetiche del farmaco: lunga emivita, basso legame
alle proteine plasmatiche, basso perso molecolare, PH alcalino, elevata
liposolubilità
• momento dell’assunzione rispetto alla poppata: per molti farmaci tanto più
questi momenti sono distanziati, tanto minore è la concentrazione del
farmaco nel latte materno
• assorbimento da parte dell’intestino del lattante: scarso per alcuni farmaci
con scarsa biodisponibilità orale (aminoglicosidi, vancomicina, morfina),
51
nullo per farmaci somministrati per via sottocutanea (insulina ed eparina) e
comunque inattivati durante la digestione.
Per quanto riguarda il secondo quesito, hanno un’influenza significativa:
• le condizioni generali del bambino (prematurità, età e peso)
• la stima della dose teorica massima (C max) di farmaco che il bambino
potrebbe introdurre con il latte materno se lo assumesse in corrispondenza
del picco di concentrazione
• la dose relativa per il bambino che indica la quota di farmaco che il bambino
assume in riferimento alla dose somministrata alla madre. È considerato
sicuro un rapporto inferiore al 10%: per la maggior parte dei farmaci la dose
di farmaco che passa nel latte non supera l’1%.
Un importante riferimento per la valutazione del rischio dei farmaci in
allattamento è la Classificazione di Hale che, in base alla letteratura
disponibile, suddivide i farmaci in cinque categorie:
La classificazione di Hale, pur avendo una validità clinica nella scelta del
farmaco, deve sempre essere accompagnata da un’attenta valutazione fatta
dal medico caso per caso, che tenga conto delle necessità materne, del tipo
e modalità di allattamento e dei rischi potenziali per il bambino. Di solito si
raccomanda di assumere la terapia immediatamente dopo l’ultima poppata
ed evitare l’allattamento al seno nella prima ora dopo l’assunzione, periodo
che corrisponde al picco di concentrazione plasmatica per la maggior parte
dei farmaci.
52
10.3 CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE E RELATIVE DEI FARMACI IN
ALLATTAMENTO
Le classi di farmaci per cui esiste una controindicazione assoluta durante
l’allattamento sono relativamente poche e corrispondono in genere a quelle
utilizzate in caso di malattia grave, nota e conclamata della madre.
L’allattamento al seno è controindicato in modo assoluto quando si usano:
-
farmaci antitumorali (antimetaboliti)
-
sostanze radioattive (interruzione temporanea dell’allattamento per un
tempo pari a 5-6 emivite della sostanza)
L’allattamento va invece proseguito, adottando le opportune precauzioni,
quando si usano:
-
farmaci psicotropi e gli anticonvulsivanti
 sorvegliare il bambino per sonnolenza
-
cloramfenicolo, tetracicline, metronidazolo, chinolonici
 usare farmaci alternativi se possibile
-
antibiotici come sulfamidici, dapsone, sulfametossazolo+ trimetoprim
(cotrimossazolo), sulfadoxine+pirimetamine (fansidar):
 sorvegliare il bambino per ittero
-
estrogeni, inclusi anticoncezionali contenenti estrogeni, diuretici
tiazidici:
 usare farmaci alternativi se possibile in quanto possono inibire la
produzione di latte
L’ allattamento va invece proseguito senza rischi rilevanti nel lattante, con
comprovata evidenza scientifica, se si usano i seguenti farmaci ai dosaggi
abituali:
-
Antipiretici: PARACETAMOLO
53
-
Antinfiammatori: IBUPROFENE
-
Antibiotici: AMOXICILLINA, AMPICILLINA, CLOXACILLINA,
ERITROMICINA
-
Corticosteroidi: PREDNISOLONE, DESAMETASONE,
BETAMETASON, IDROCORTISONE
-
Antistaminici: LORATADINA
-
Antiacidi: IDROSSIDO DI ALLUMINIO E DI MAGNESIO
-
Ipoglicemizzanti: TUTTI
-
Anticoagulanti: TUTTI eccetto SOLFATO DI PROTAMINA
-
Glucosidi Cardiaci: DIGOSSINA
-
Antiipertensivi: CAPTOPRIL, PROPRANOLOLO, NIFEDIPINA
 Sorvegliare effetti secondari nel lattante: Bradicardia, Ipoglicemia,
Cianosi
-
Antimicotici: NISTATINA
-
Antielmintici: TUTTI
-
Antitubercolotici: TUTTI
 Sorvegliare effetti secondari nel lattante: Ittero, Eruzioni Cutanee
-
Antimalarici: TUTTI eccetto MEFLOCHINA e FANSIDAR
-
Analgesici Oppiacei: MORFINA, CODEINA ma solo in dosi occasionali
 Sorvegliare effetti secondari nel lattante: Apnea, Bradicardia,
Cianosi
54
-
Antiepilettici: ACIDO VALPROICO, CARBAMAZEPINA,
FENOBARBITAL
 Sorvegliare effetti secondari nel lattante: Ittero, Sonnolenza,
Insufficiente aumento di peso
-
Antipsicotici: PAROXETINA, SERTRALINA, AMITRIPTILINA
-
Anestetici: LIDOCAINA, BUPIVACAINA
-
Broncodilatatori: SALBUTAMOLO
-
Ormoni Tiroidei: LEVOTIROXINA, PROPILTIOURACILE
-
Sieri ed Immunoglobuline: TUTTI
-
Soluzioni per Disturbi Idrici, Elettrolitici ed Acido-Base: TUTTE
-
Vitamine e Minerali: TUTTI
-
Anticoncezionali: solo METODI di BARRIERA
 Non si raccomanda l’uso di anticoncezionali ormonali (inclusi quelli a
base di solo progesterone) durante le prime 6 settimane post-partum,
per evitare che i lattanti siano esposti agli stessi.
-
Vaccini: TUTTI
11.4 FARMACOVIGILANZA E GESTIONE DELL’ALLATTAMENTO AL SENO
Durante l’allattamento vanno messe in atto tutte le competenze cliniche
dell’uso più generale dei farmaci, inclusa l’individuazione delle eventuali
reazioni avverse (Adr) che devono essere segnalate al sistema nazionale di
Farmacovigilanza con l’apposita scheda. La segnalazione di reazioni avverse
di qualsiasi entità, anche lievi o note, contribuisce a migliorare le conoscenze
55
sul profilo di beneficio-rischio del farmaco. La segnalazione può essere fatta
utilizzando l’apposita scheda AIFA. Allo stesso modo, è possibile segnalare
le reazioni avverse ai prodotti naturali, spesso usati dalle madri in forma di
automedicazione, attraverso il sistema di sorveglianza delle reazioni avverse
ai prodotti naturali, coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia,
sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
Questo progetto detto “FARFALLA” (uso dei FARmaci, Farmacovigilanza e
gestione
dell’ALLAttamento)
ha
lo
scopo
di
creare
una
rete
di
farmacovigilanza sulla sicurezza dei farmaci durante l’allattamento al seno,
anche mediante momenti formativi, secondo un modello già sperimentato
presso il Centro Antiveleni di Bergamo.
Per quanto riguarda la gestione dell’allattamento durante il trattamento
farmacologico, lo schema seguente riassume le possibili azioni:
Figura 9. Uso dei Farmaci, Farmacovigilanza e gestione dell’Allattamento
56
11. LA STRATEGIA EUROPEA
Il programma “Guadagnare Salute” si basa sulla collaborazione del Ministero
della Salute con la Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) nella definizione di una strategia europea per la prevenzione e
il controllo delle malattie croniche di grande rilevanza epidemiologica,
attraverso la promozione di comportamenti e stili di vita salutari. All’interno
del programma Guadagnare Salute trova una sua specificità l’attenzione a un
buon inizio di vita, a “rendere facili le scelte salutari” cominciando dal
percorso della nascita.
11.1 GUADAGNARE SALUTE E ALLATTAMENTO AL SENO
La
promozione
dell’allattamento
al
seno
rientra
nel
sottoprogetto
“Guadagnare Salute rendendo più facile una dieta più salubre”. La strategia
prevede che l’allattamento esclusivo al seno, come alimentazione normale
dei neonati e dei bambini fino ai sei mesi di età dovrebbe essere sostenuto,
ampliando le iniziative che già sono in funzione in Italia, come gli Ospedali &
Comunità Amici dei Bambini. Prevede inoltre il costante controllo del rispetto
delle disposizioni legislative relative alla produzione e commercializzazione
dei sostituti del latte materno, con particolare attenzione ai contenuti derivanti
dal codice OMS.
L’impegno di Guadagnare Salute sull’allattamento al seno consiste in una
serie di interventi:
 informazione adeguata alle donne (coordinamento: ministero della
Salute)
 formazione degli operatori sanitari: ostetriche, medici di medicina
generale, ginecologi, pediatri di libera scelta (coordinamento:
ministero della Salute)
 programmazione e attuazione di interventi normativi a favore delle
mamme che lavorano e devono allattare (coordinamento: altri
ministeri ed enti nazionali)
57
 attuazione degli interventi previsti dal Piano Nazionale della
Prevenzione (coordinamento: Regioni ed enti locali)
 accordi per evitare la distribuzione gratuita di latti artificiali nei reparti
di ostetricia o nei consultori (coinvolgimento degli stakeholder)
 accordi
con
i
l’allattamento
al
professionisti
seno
coinvolti
(coordinamento:
affinché
società
promuovano
scientifiche
e
associazioni).
Nell’ambito della strategia globale del programma, la tutela della salute della
donna durante la gravidanza e l’allattamento va presa in considerazione nel
suo complesso. In particolare ogni momento di incontro, di ascolto e di
informazione può essere l’occasione per gli operatori sanitari per promuovere
l’allattamento al seno come stile di vita salutare nel suo insieme,
contrastando luoghi comuni e false credenze sulle richieste nutrizionali e
sulla necessità di uno stile di vita sedentario durante la gravidanza e
l’allattamento. Ci sono sempre maggiori evidenze, infatti, sull’importanza di
interventi
precoci
di
promozione
della
salute:
già
nel
periodo
preconcezionale, in gravidanza e nei primi anni di vita si creano condizioni
più o meno favorevoli a un sano sviluppo psicofisico degli adulti del futuro. La
tempestività e l’appropriatezza delle azioni rispetto al momento evolutivo
sono essenziali, come la loro sinergia e l’ineludibile carattere intersettoriale.
Ogni intervento deve però riconoscere la specificità del bambino come
soggetto in via di sviluppo, la sua forte interdipendenza con la madre e con
l’ambiente di vita e, infine, il peso amplificato delle disuguaglianze in salute
nell’avvio della vita.
L’allattamento in particolare costituisce un paradigma per diverse ragioni:
-
per l’empowerment: le risorse, formidabili, su cui si conta sono quelle
della madre e del bambino: l’intervento dell’operatore sanitario deve
mirare a sostenere senza sostituirsi
-
per l’intersettorialità, a piu livelli:
_
• la questione dell’allattamento non puo essere appannaggio di un solo
servizio: tutti gli attori istituzionali intorno a madre e bambino fin da
58
prima del concepimento per tutto il percorso nascita e i primi anni di vita
giocano un ruolo determinante
_
• la protezione e il sostegno dell’allattamento non riguardano solo la
sanità, ma implicano fortemente anche altri settori della società, per la
protezione da ogni tipo di interferenza, per una organizzazione della vita
e del lavoro consoni al compito biologico, per la promozione di una
cultura favorente e di accoglimento
-
per la qualità dei progetti di salute pubblica che lo promuovono. Le
Baby Friendly Hospital e Baby Friendly Community Initiative contengono
tutti gli ingredienti per essere un vero e proprio modello di riferimento:
prevedono il coinvolgimento attivo di tutte le componenti (madri,
operatori, decisori), la dichiarazione formale degli obiettivi, l’informazione
e la formazione, il cambiamento organizzativo, in particolare dei punti
nascita, l’accessibilita per tutti e la valutazione.
11.2 IL PROGRAMMA GENITORIPIU’
La protezione, promozione e sostegno dell’allattamento non possono essere
disgiunte da una complessiva promozione di una cultura della relazione e dal
sostegno della genitorialità, in una visione unitaria dei bisogni di salute e
delle risorse della coppia madre bambino e della famiglia. L’allattamento al
seno in questo senso ha un ruolo paradigmatico tra i determinanti promossi
dal Programma “Genitori Più”, che ha lo scopo di migliorare la salute della
comunità fin dal concepimento attraverso 8 azioni integrate di dimostrata
efficacia sui rischi prevalenti nei primi anni di vita, aumentando l’informazione
e incrementando le competenze dei genitori e formando parallelamente gli
operatori per scelte di salute consapevoli e praticabili.
Nato nel 2006 come campagna di comunicazione sociale, con l’idea di
superare modalità prescrittive o paternalistiche sulla salute a favore di una
scelta consapevole e partecipativa, il programma rappresenta
oggi
un’occasione di sensibilizzazione della popolazione e degli operatori sulle 8
59
azioni considerate da tempo prioritarie nell’ambito della salute perinatale e
infantile, e con robuste evidenze di efficacia sulla salute.
Le 8 azioni, in cui sono le famiglie le vere protagoniste, vanno oltre il loro
ruolo di fattori protettivi, perché in quanto “determinanti di salute” agiscono
positivamente su molti indicatori di qualità della vita.
Tabella 8. Le 8 Azioni di GenitoriPiù
La promozione sinergica delle azioni di GenitoriPiù comporta un’intersezione
tra determinanti che, oltre ai citati effetti positivi, costituisce anche
un’occasione per allineare gli interventi e superare una promozione centrata
sul singolo determinante o fattore di rischio, a favore di un intervento
armonizzato sulla persona e sulla fase di vita che sta attraversando.
Le raccomandazioni principali riguardano:
 la protezione dalla SIDS, sindrome della morte improvvisa del lattante
(Sudden Infant Death Syndrome): dato il contributo significativo offerto
dall’allattamento nella protezione dalla SIDS è importante ricordare
che l’uso del ciuccio, benchè considerato protettivo della SIDS, può
60
interferire in un corretto avvio dell’allattamento. In realtà dal punto di
vista dell’indicazione che va fornita ai genitori non vi sono
contraddizioni.
C’e consenso, infatti, tra chi si occupa di allattamento e chi si occupa di SIDS
sul fatto che se si decide di impiegare il ciuccio ciò deve avvenire osservando
le seguenti precauzioni:
-
introdurlo solo dopo il primo mese di vita per evitare ogni possibile
interferenza con l’allattamento al seno
-
tenerlo sempre ben pulito
-
evitare di immergerlo in sostanze edulcoranti
-
non forzare il bambino se lo rifiuta
-
non reintrodurlo necessariamente in bocca, se il bambino lo perde
durante il sonno
-
cercare di sospenderlo dopo il primo anno di vita.
Anche la condivisione del letto (bed-sharing), che favorisce l’allattamento a
domanda e un buon avvio dello stesso, può comportare un aumentato rischio
di SIDS. Alla madre che sceglie di condividere il letto dovranno essere
ricordate le situazioni in cui questa pratica è sconsigliata:
-
genitori fumatori
-
consumo di alcol da parte dei genitori o assunzione di farmaci che
vadano ad alterare la capacità di risveglio
-
condizioni di sovraffollamento in casa
-
condizioni di stanchezza inusuali e tali da rendere difficile la risposta alle
sollecitazioni del bambino.
 L’astensione dall’uso di bevande alcoliche durante la gravidanza e
durante l’allattamento. Nel caso di assunzione occasionale di modiche
quantità durante l’allattamento è necessario far trascorrere almeno
due ore e in ogni caso essere sobrie prima della poppata. Vi e infatti in
generale la tendenza a sottovalutare i danni dell’alcol e alcune false
convinzioni che possa essere salutare o galattagogo.
61
 L’astensione dal fumo, sia attivo che passivo durante la gravidanza e
durante l’allattamento. Nel caso la madre non riesca ad astenersi,
bisogna comunque concederle l’opportunità di continuare ad allattare,
incoraggiando eventualmente una diminuzione delle sigarette senza
però
scoraggiare
l’allattamento
e
mantenendo
una
forte
raccomandazione a proteggere il bambino dal fumo passivo.
11.3 I RISCHI ASSOCIATI AL FUMO E ALL’ALCOL
Oltre la promozione di stili alimentari salutari, è importante che la donna sia
informata sui rischi associati al fumo e al consumo di alcol.
La gravidanza è un momento in cui l’esposizione al fumo, anche passivo, è
particolarmente critica perché si associa ad un aumento del rischio di
complicanze come gravidanza extrauterina, rottura di placenta, placenta
previa, aborto spontaneo, parto prematuro. Inoltre, nei Paesi ad alto reddito è
la principale causa di basso peso alla nascita, che, a sua volta, determina
una maggiore morbilità e mortalità perinatale. Le sostanze contenute nel
fumo di sigaretta, assorbite dalla madre, passano direttamente al nascituro
attraverso il cordone ombelicale e la placenta. Nel sangue del feto giunge poi
monossido di carbonio che impedisce un’assunzione adeguata di sostanze
nutrienti, con conseguenze negative sullo sviluppo generale e dunque sulla
salute del bambino. L’esposizione al fumo passivo è inoltre associata a un
aumento del rischio di malattie respiratorie, soprattutto nei bambini, mentre le
conseguenze nocive del fumo durante la gravidanza includono un aumento
del rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita, mortalità perinatale e
sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS).
Quanto al consumo di alcol, il programma Guadagnare Salute è
particolarmente attento a tutelare i consumatori più a rischio, tra i quali
figurano le donne, intrinsecamente più predisposte al danno da alcol rispetto
agli uomini, e ancora più vulnerabili durante la gravidanza e l’allattamento.
L’esposizione prenatale all’alcol si associa infatti a un aumento del rischio di
conseguenze negative come aborto spontaneo, parto prematuro e basso
62
peso
alla
nascita,
ma
anche
a
disturbi
che
si
manifesteranno
successivamente nell’infanzia.
Il quadro completo alla nascita è la Sindrome Feto Alcolica (FAS, Fetal
Alcohol Syndrome), caratterizzata da deficit della crescita pre e/o postnatale,
anomalie cranio-facciali, anomalie cardiovascolari, disfunzioni del sistema
nervoso
centrale,
con
disturbi
di
tipo
neurologico,
cognitivo
e
comportamentale. Nella maggior parte dei casi la gravità di questi effetti è
correlata ai livelli di consumo alcolico materno, ma la difficoltà nel definire
con precisione quantità soglia e periodi di vulnerabilità rende consigliabile
un’astensione assoluta dal bere in tutte le fasi della gestazione e un
consumo moderato nell’allattamento.
Il consumo cronico di alcol non è compatibile con l’allattamento al seno. Il
feto e il lattante non hanno capacità di metabolizzare l’alcool, che agisce
come una sostanza tossica direttamente sull’organismo danneggiandolo
gravemente. La donna è più vulnerabile all’azione negativa dell’alcol in
quanto la sua capacità di metabolizzazione è dimezzata rispetto all’uomo.
Le conseguenze più gravi e clinicamente riconoscibili si riscontrano nei casi
di abituale consumo eccedente i limiti che l’organismo femminile può
metabolizzare, pari circa a 20 grammi di alcol al giorno. E’ importante sapere
che il consumo di elevate quantità di alcool (di solito 4-5 o più unità
alcooliche) in un arco di tempo molto ravvicinato (noto come binge drinking)
risulta essere più pericoloso del consumo della medesima quantità in un arco
di tempo dilazionato.
In caso di consumo occasionale non si dovrebbe superare una unità alcolica
lontano dalla poppata: un bicchiere di vino (da 125 ml), una birra (da 330 ml)
oppure un bicchiere di superalcolico (da 40 ml) contengono la stessa
quantità di alcol pari a circa 12 gr . Va infatti ricordato che il rapporto plasmalatte è di 1:1 e che la quantità di alcol contenuto nel latte dipende quindi dal
livello alcolico nel plasma materno. Per questo, si raccomanda di non
allattare nelle due ore successive all’assunzione di bevande alcoliche.Inoltre,
l’alcol e un inibitore dell’ossitocina e puo interferire con il riflesso di emissione
del latte.
63
12. STRATEGIE NAZIONALI DI PROTEZIONE, PROMOZIONE E
SOSTEGNO DELL’ALLATTAMENTO AL SENO
In Italia già nel 2000, il “Progetto Obiettivo Materno Infantile” (POMI D.M.
24-4-2000)
raccomandava
l’implementazione
di
buone
pratiche
per
l’allattamento al seno, come l’offerta attiva di incontri di accompagnamento
alla nascita, l’attacco precoce subito dopo la nascita, il rooming-in, il
sostegno a domicilio per il puerperio e la presa in carico precoce del neonato
da parte del pediatra di libera scelta. Nell’ambito dell’assistenza al percorso
nascita il POMI identifica quali prioritari i seguenti obiettivi, previsti anche dai
Livelli Essenziali di Assistenza (LEA):
-
“umanizzazione” del percorso nascita, attraverso la promozione dei corsi
pre-parto, la qualificazione del personale, la sperimentazione di percorsi
di demedicalizzazione del parto, la presenza di una persona scelta dalla
donna durante il travaglio e il parto, l’attivazione di percorsi facilitanti il
contatto madre-bambino, la promozione del rooming-in e l’assistenza in
puerperio
-
favorire
l’avvicinamento
e
il
contatto
puerpera-neonato
(anche
patologico), attraverso il collegamento funzionale-strutturale tra area
ostetrico-ginecologica e area pediatrico-neonatologica e l’adeguamento
strutturale al fine di facilitare il rooming-in e l’allattamento al seno
-
realizzare dimissioni protette e dimissioni precoci attraverso l’attivazione
della rete sanitaria ospedaliera territoriale e sociale per il rientro a
domicilio della madre e del bambino
-
promuovere l’allattamento al seno, attraverso corsi pre-parto e di
assistenza post-nascita
-
incrementare la percentuale di allattamento precoce al seno attraverso la
qualificazione del personale e l’attivazione di percorsi facilitanti il contatto
madre-bambino
-
verificare iniziative di promozione della pratica dell’allattamento al seno
oltre il terzo mese.
Il “Piano Nazionale di Prevenzione 2005-2007” ha previsto l’adozione di
interventi da considerarsi come maggiormente efficaci in termini di salute
64
pubblica, tra i quali figurava quello di promuovere, sostenere e proteggere
l’allattamento al seno.
Il “Piano Nazionale di Prevenzione 2010-2012” (prorogato anche al 2013)
14 ha riproposto e rinforzato la strategia di promozione dell’allattamento al
seno come stile di vita salutare. Seguendo le indicazioni nazionali, i “Piani
Regionali di Prevenzione” stanno rendendo operativi i progetti di promozione
della salute che includono il sostegno dell’allattamento al seno.
Le “Linee di Indirizzo Neonatali” emanate nel 2007, hanno ribadito
l’importanza
delle
azioni
di
protezione,
promozione
e
sostegno
dell’allattamento al seno, uno degli interventi di salute pubblica più rilevanti in
termini di efficacia e di rapporto costo/beneficio. In particolare, il ministero
della Salute raccomanda come misura di salute pubblica, che i bambini siano
allattati esclusivamente al seno fino a sei mesi e che l’allattamento al seno
continui poi, con adeguati alimenti complementari fino a che la madre e il
bambino lo desiderino, anche dopo l’anno di vita.
Tra le novità introdotte dalle linee di indirizzo, vanno segnalati il recepimento
degli standard per le buone pratiche previsti da due iniziative OMS-UNICEF:
“Ospedali Amici dei Bambini” (BFHI, Baby Friendly Hospital Initiative) e
“Comunità Amica dei Bambini” (BFCI, Baby Friendly Community Initiative).
La prima iniziativa propone “10 Passi”, con l’intento di creare le condizioni
affinché tutti gli ospedali accolgano nel migliore modo possibile i neonati e
divengano centri di sostegno per l’allattamento al seno. Va sottolineato che
ogni passo è frutto di un’accurata revisione della letteratura scientifica e
costituisce quindi, al momento, la migliore pratica in tema di accoglienza e
alimentazione dei bambini.
65
Figura 10. I 10 Passi BFHI per l’Allattamento al Seno
La seconda iniziativa, invece, con i suoi “7 Passi” sposta l’attenzione sulla
comunità, proponendo una focalizzazione sui servizi territoriali e sul sostegno
della genitorialità.
Figura 11. I 7 Passi BFCI per l’Allattamento al Seno
Dal 2009, le due iniziative “Ospedali & Comunità Amiche dei Bambini”
vengono promosse in modo integrato con l’intento di promuovere un
approccio sinergico all’interno dei servizi e della comunità. Nasce così la
strategia italiana “Insieme per l’Allattamento”, presentata nel 2010 a Milano
nell’ambito della Conferenza Nazionale della Famiglia.
66
Nello specifico le Raccomandazioni Nazionali promosse da questo
Programma includono:
 informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e della
gestione dell’allattamento al seno (passo 3 BFHI/BFCI)
È importante che gli operatori sanitari informino sui benefici e sulla pratica
dell’allattamento al seno le donne molto presto in gravidanza e identifichino
le madri e i bambini potenzialmente a rischio di successivi problemi con
l’allattamento. Una decisione informata comporta un’informazione accurata e
basata su prove scientifiche sull’importanza dell’allattamento al seno e sui
rischi dell’uso dei sostituti del latte materno, adattata alla situazione di
ciascuna donna e deve suscitare nella donna fiducia sulla propria capacità di
allattare al seno esclusivamente.
 facilitare il contatto pelle-a-pelle (passo 4 BFHI/BFCI)
È dimostrato che un contatto precoce pelle-a-pelle (skin to skin) tra madre e
bambino, insieme all’allattamento da subito, frequente e senza limitazioni,
garantiscono una produzione di latte costante e adeguata già dai primi giorni
e anche nei mesi successivi. Questo contatto deve durare quanto più a lungo
possibile, idealmente per almeno un paio d’ore o fino al completamento della
prima poppata. Il contatto con il corpo della madre, la mammella, il capezzolo
e l’areola causa il rilascio dell’ossitocina, che favorisce la contrazione
dell’utero e il controllo dell’emorragia post partum. Il corpo della madre aiuta
il bambino a mantenere una temperatura adeguata e il bambino è meno
stressato, più calmo e ha respiro e battito cardiaco più regolari.
 mostrare alle madri come attaccare al seno il neonato e come
spremere il seno (passo 5 BFHI/passo 4 BFCI)
La madre deve poter tenere con sé il bambino e avere assistenza per
l’allattamento nelle prime sei ore dopo la nascita, ricevendo sostegno e
informazioni su come posizionare e attaccare correttamente il bambino al
seno. La maggior parte dei problemi di allattamento hanno infatti le loro radici
in un attacco e posizione non corretti e potrebbero essere evitati o risolti se la
madre ne fosse correttamente informata.
67
 allattare in maniera esclusiva, senza acqua o aggiunte
(passo 6 BFHI/passo 5 BFCI)
In ospedale, ai bambini allattati al seno non dovrebbe essere dato nulla di
diverso da latte materno, ad eccezione dei casi in cui esista una chiara
indicazione medica. Le madri dovrebbero essere incoraggiate ad allattare
esclusivamente al seno e gli operatori devono garantire che qualsiasi
decisione di non allattare esclusivamente al seno sia risultato di una scelta
da parte della madre maturata in modo consapevole e in base a informazioni
corrette e indipendenti da interessi commerciali. Sono considerati alimenti
pre-lattei tutti i liquidi e gli alimenti dati al neonato prima della montata lattea:
acqua, soluzione glucosata, latte artificiale, altri cibi o bevande dati
tradizionalmente come miele, banana, datteri, tisane o altre sostanze.
 favorire il rooming in (passo 7 BFHI/passo 4 BFCI)
Questa pratica comporta benefici per il bambino, la madre e l’ospedale. Per
le madri che hanno avuto taglio cesareo con anestesia generale il roaming in
deve iniziare non appena sono sveglie e in grado di occuparsi del figlio.
Inoltre le poppate frequenti riducono l’incidenza di iperbilirubinemia e di ittero,
di infezioni del bambino e di sindrome della morte improvvisa (SIDS).
Il rooming in aumenta inoltre la sicurezza della madre sulle proprie capacità
di gestire il neonato, anche dopo la dimissione. In ospedale la condivisione
del letto facilita l’allattamento, ma deve avvenire in un contesto di sicurezza
con procedure rigorose. Gli operatori sia del punto nascita che dei servizi
territoriali
devono
trasmettere
informazioni
sulle
condizioni
per
la
condivisione del letto a casa: evitare di addormentarsi sui divani o superfici
troppo morbide, non addormentarsi con il bambino nel letto se fumatori o in
caso di ridotte condizioni di vigilanza (droga, alcool, stanchezza, malattie,
temperatura eccessiva, lattante prematuro o sottopeso).
 incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta o guidato dal
bambino (passo 8 BFHI/passo 4 BFCI)
Nei primi giorni un neonato tende a poppare a intervalli di 1-3 ore, ma le
poppate possono essere anche più frequenti. Una volta che il latte è arrivato
(lattogenesi II, “montata lattea”), è usuale allattare 8-12 volte nelle 24 ore.
68
La frequenza e la durata delle poppate devono essere determinate dai
bisogni e dai segnali del bambino. Le poppate notturne sono importanti per
assicurare un’adeguata stimolazione della produzione di latte e la sua
assunzione da parte del bambino, e per sopprimere l’ovulazione. Bisogna
pertanto aiutare le madri a riconoscere il temperamento del proprio bambino
e a imparare il modo migliore per soddisfarne le esigenze.
 non usare ciucci, tettarelle e biberon
(passo 9 BFHI/passo 4 BFCI)
Tettarelle artificiali e ciucci possono essere causa di difficoltà per un bambino
allattato al seno. Infatti, dopo aver usato una tettarella, il bambino potrebbe
preferire la tettarella artificiale e avere difficoltà con l’attacco al seno perché
si tratta di due diversi modi di usare la bocca. I ciucci sono spesso utilizzati
per calmare i bambini irrequieti, ma questo può essere il segnale di una
poppata inefficace o insufficiente, mascherando problemi di allattamento.
 creare ambienti accoglienti per l’allattamento al seno
(passo 6 BFCI)
È molto importante che la madre si senta accolta, quindi vanno sostenute
tutte le iniziative che favoriscono l’allattamento delle madri anche negli spazi
pubblici, compresi quelli commerciali. Per primi i servizi sanitari devono saper
accogliere le mamme che allattano i propri bambini, ma anche i nidi e gli
ambienti di lavoro dovrebbero allestire ambienti confortevoli, in cui la madre
possa estrarsi il latte, se lo desidera, o allattare il suo bambino, se possibile.
 sostegno nella comunità dopo la dimissione ospedaliera
(passo 10 BFHI/passo 7 BFCI)
I servizi territoriali, al primo incontro individuale con ogni madre, dovrebbero
effettuare una valutazione dell’allattamento che dovrebbe portare allo
sviluppo di un piano di assistenza personalizzato e comprendere una
discussione sulle questioni utili per allattare con successo, specie in caso di
problemi, al momento della ripresa del lavoro o di inserimento del bambino
al nido.
69
Altra iniziativa da considerare è quella proposta dalla Asl di Milano e Unicef
Italia detta “Baby Pit Stop Milano”, nata per creare degli ambienti in cui le
madri con i loro bambini si sentano le benvenute ad allattare al seno in
pubblico. Il baby pit stop è un’area allestita all’interno di un esercizio o spazio
pubblico (bar, farmacia, ristorante, supermercato, biblioteca, università,
stazione, ecc.), dove la mamma che allatta è la benvenuta e dove sono
garantiti accoglienza, riserbo e discrezione. È un servizio gratuito, non
obbliga all’utilizzo commerciale della struttura e la sua organizzazione e
idoneità sono garantite da Asl e Unicef con una verifica periodica da parte di
un’associazione dei consumatori (la “Baby Consumers”), in modo che
l’allattamento materno ritorni ad essere una pratica naturale e pubblica.
Sulla stessa linea si muove l’iniziativa “Farmacia Amica dell’Allattamento
Materno”, nata a Verona dall’idea di un farmacista e di operatrici
dell’associazione Il Melograno, Centro Informazione Maternità e Nascita, e
patrocinato dall’Unicef, dall’Ordine dei farmacisti e dalla ULSS 20 di Verona.
L’obiettivo primario di questo progetto è quello di sostenere le madri nel
proseguire l’allattamento al seno esclusivo a 6 mesi e mettere a punto un
meccanismo di rete tra operatori sanitari che, operando abitualmente nelle
vicinanze della farmacia, partecipano al progetto. Essendo la farmacia un
presidio sanitario sempre aperto, diffuso in modo capillare sul territorio e
dotato di personale sanitario formato e preparato, può, dedicando uno spazio
di accoglienza alle madri che allattano, contribuire al sostegno e alla
promozione dell’allattamento materno nel rispetto del Codice internazionale
per la commercializzazione dei sostituti del latte materno.
Infine l’iniziativa “Scuole Materne e Asili Nidi Amici dei Bambini” che
riprende un modello cileno, promossa da www.mami.org, sostenuta da un
protocollo per la conservazione del latte materno al nido già sperimentato
presso l’Asl di Ferrara.
70
CONCLUSIONI
L’allattamento al seno costituisce il miglior metodo alimentare per garantire
una sana crescita e un sano sviluppo dei neonati. In teoria, esso dovrebbe
rappresentare il normale metodo di allattamento per i primi 6 mesi di vita.
Negli ultimi decenni la diffusione e la continuità dell’allattamento materno
hanno subìto una riduzione in molte zone del mondo per una serie di motivi
sociali, economici e culturali. Con l’introduzione delle moderne tecnologie e
l’adozione di nuovi modelli di vita l’importanza attribuita a questa pratica
tradizionale è notevolmente diminuita. Per quanto involontariamente, i servizi
sanitari hanno finora contribuito a tale declino, trascurando l’assistenza e il
sostegno alle madri in tale direzione o introducendo metodi e procedure che
ostacolano il normale approccio e l’adozione dell’allattamento al seno.
Potenzialmente tutte le donne possono secernere latte; rare sono le cause
puramente fisiopatologiche che impediscono l’allattamento al seno.
L’ansia associata alla paura immotivata di una mancata lattazione (incapacità
di produrre latte) e/o di un’insufficienza lattea (quantità di latte materno
inadeguata a soddisfare le esigenze nutrizionali di un neonato normale) è il
motivo più comune che spinge le madri a non iniziare l’allattamento al seno,
ad interromperlo prematuramente o ad integrarlo con alimenti complementari
prima che sia necessario dal punto di vista nutrizionale. Altra ragione di
sospensione dell’allattamento al seno è l’uso dei farmaci . Da un’indagine
effettuata nel 2004 in Italia, infatti, emerge che degli oltre 11.000 farmaci
disponibili
sul
mercato
nazionale,
l’80%
è
“controindicato
durante
l’allattamento”, ma soltanto per il 2% è stato formulato un chiaro profilo di
sicurezza. Da ciò si evince che questa raccomandazione spesso non è
basata su evidenze scientifiche, ma è solo finalizzata ad evitare
conseguenze medico-legali.
I risultati delle indagini epidemiologiche indicano che le fasce più esposte al
rischio di non allattare sono quelle con il livello di istruzione e socioeconomico più basso e le primipare. Oltre all’offerta attiva di sostegno al
71
percorso nascita generalizzata a tutte le coppie, è su queste categorie a
rischio che dovrebbero pertanto essere concentrati gli interventi di ascolto e
di sostegno, offerti dai servizi socio-sanitari, primi tra tutti gli ambulatori di
medicina generale ed i consultori familiari.
La formazione degli operatori per la protezione, la promozione e il sostegno
dell’allattamento al seno è infatti uno dei punti chiave delle iniziative OMSUNICEF. In questo scenario, si focalizza l’attenzione sulla figura del medico
di medicina generale e su quanto possa essere efficace ed incisivo il suo
contributo alla promozione dell’allattamento materno. Perché questo
avvenga, è necessario che acquisisca tutte le competenze indispensabili per
offrire un sostegno attivo alla donna che diventa madre. Il medico di medicina
generale, infatti è l’unico operatore sanitario in grado di monitorare la storia
clinica della madre fin dall’epoca preconcezionale. Per questo, è essenziale
che si crei una rete diretta tra il medico di medicina generale ed i centri
specializzati in modo da accedere a fonti informative attendibili e sicure nel
momento in cui si definisce con la donna il piano terapeutico.
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SITI E CONTATTI UTILI
In Italia i principali centri ai quali rivolgersi per informazioni sull’uso di farmaci
nell’allattamento, sono:
• Centro Antiveleni di Bergamo
Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, tel. 800883300
• Telefono rosso del Policlinico Universitario Gemelli di Roma
tel. 06-3050077
• Tossicologia perinatale della Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze
tel. 055-4277731.
Tra le fonti informative in lingua inglese si segnalano:
• LactMed (Drugs and Lactation Database) è una banca dati della National
Library of Medicine’s/ National Institute of Health inclusa nella rete Toxnet.
Contiene informazioni relative a tutti i farmaci e alle sostanze a cui possono
essere esposte le donne che allattano, fornisce i livelli a rischio per la madre
e per il bambino, i possibili effetti negativi sul lattante e sull’allattamento e
indica i farmaci alternativi. Recentemente LactMed è stato integrato con una
sezione sui farmaci alternativi e complementari (complementary and
alternative medicine, Cam) come gli integratori e i prodotti erboristici.
• Lactnet è una mailing list dell’International Board Certified Lactation
Consultant (Ibclc), per creare una rete di supporto alle donne che allattano al
seno.
• Medications and Mothers’ Milk che è consultabile anche online
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